Hai debiti contributivi con l’EPAP e non sai come affrontarli?
L’EPAP (Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale) gestisce i contributi previdenziali di diverse categorie professionali, come attuari, chimici, fisici, geologi e agronomi. Il mancato versamento dei contributi, anche solo per alcune annualità, può far crescere rapidamente il debito a causa di interessi e sanzioni, portando a cartelle esattoriali, pignoramenti e altre azioni di recupero. Conoscere i tuoi diritti e le strategie di difesa è essenziale per evitare conseguenze gravi.
Quando possono sorgere debiti con l’EPAP
– Quando non vengono pagati i contributi minimi obbligatori per difficoltà economiche o inattività
– Quando la cancellazione dall’albo o dall’ente non viene comunicata correttamente
– Quando ci sono errori di calcolo o vengono richiesti importi relativi a periodi prescritti
– Quando si accumulano più anni di arretrati senza attivare piani di rateizzazione
– Quando vengono applicate sanzioni elevate che fanno lievitare il debito originario
Cosa può accadere in caso di debiti EPAP
– Notifica di cartelle esattoriali e avvisi di addebito
– Applicazione di interessi e more che aumentano sensibilmente l’importo dovuto
– Pignoramento del conto corrente, dello stipendio o della pensione
– Iscrizione di ipoteche sugli immobili di proprietà
– Limitazioni nell’accesso a prestazioni previdenziali o assistenziali
Strategie per difendersi legalmente
– Far controllare da un avvocato la correttezza degli importi richiesti e la presenza di prescrizioni
– Contestare contributi non dovuti o riferiti a periodi di inattività dimostrabile
– Chiedere la rateizzazione del debito o negoziare un saldo e stralcio in caso di grave difficoltà economica
– Attivare la procedura di sovraindebitamento per ridurre o cancellare legalmente le somme dovute
– Impugnare cartelle e atti esecutivi viziati nei termini previsti dalla legge
– Avviare un dialogo con l’ente o con l’agente della riscossione per ottenere un piano di pagamento sostenibile
Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– L’annullamento totale o parziale di contributi prescritti o non dovuti
– La riduzione consistente dell’importo complessivo
– La sospensione di pignoramenti e altre procedure esecutive
– La protezione del reddito e del patrimonio personale
– La regolarizzazione della posizione previdenziale e la possibilità di ripartire senza debiti
Attenzione: ignorare le richieste di pagamento dell’EPAP peggiora la situazione. Intervenire subito è l’unico modo per fermare l’aumento del debito e difendersi da azioni esecutive aggressive.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti previdenziali, difesa dei professionisti e sovraindebitamento – ti spiega come affrontare i debiti con l’EPAP e quali strumenti legali usare per proteggerti.
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Introduzione
Chi esercita una professione autonoma in Italia sa quanto sia cruciale restare in regola con i contributi previdenziali. L’EPAP (Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale) è la cassa di previdenza obbligatoria per diverse categorie professionali – attuari, chimici, fisici, geologi, dottori agronomi e forestali – istituita per assicurare la tutela pensionistica di questi professionisti. Tuttavia, può capitare che un professionista si trovi con debiti contributivi verso EPAP a causa di pagamenti omessi o ritardati. In questa guida di livello avanzato – aggiornata a luglio 2025 – esamineremo dal punto di vista del debitore quali strategie possono essere adottate per difendersi e gestire al meglio tali debiti.
Affronteremo sia gli strumenti stragiudiziali (soluzioni bonarie e amministrative) sia quelli giudiziali (ricorsi e opposizioni in sede legale), con riferimenti alla normativa italiana vigente e alle più recenti sentenze rilevanti. Il taglio è pensato per avvocati, professionisti e imprenditori, con un linguaggio giuridico ma chiaro, arricchito da domande e risposte, tabelle riepilogative e simulazioni pratiche riferite al contesto italiano. L’obiettivo è fornire una panoramica completa delle strategie di difesa che un contribuente debitore verso EPAP può mettere in campo: dalla prevenzione (conoscere gli obblighi e le scadenze, utilizzare le opportunità di regolarizzazione) fino alle tecniche avanzate di contestazione del debito (ad esempio eccepire la prescrizione o irregolarità procedurali) supportate da fonti normative e giurisprudenziali aggiornate.
Nota: Sebbene questa guida sia focalizzata su EPAP, molte considerazioni si applicano in modo simile ad altre casse previdenziali professionali (come ad esempio l’ENPAP per gli Psicologi, la Cassa Forense per gli Avvocati, Inarcassa per Ingegneri e Architetti, ecc.), tenendo conto delle specificità normative di ciascuna. Nel caso dei Psicologi, ad esempio, l’ente di riferimento è l’ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi) e non EPAP, ma le problematiche dei debiti contributivi e le strategie difensive presentano analogie. Saranno segnalate eventuali differenze rilevanti caso per caso.
EPAP: chi deve iscriversi e quali sono i contributi dovuti
L’EPAP è l’ente previdenziale obbligatorio istituito dalla legge per alcune professioni tecniche e scientifiche. Devono iscriversi all’EPAP tutti i professionisti iscritti agli Albi delle seguenti categorie: Attuari, Chimici, Fisici, Geologi, Dottori Agronomi e Dottori Forestali. L’iscrizione è obbligatoria dal momento in cui si inizia ad esercitare la libera professione in una di queste categorie, anche in forma occasionale o secondaria. In pratica, se un soggetto è abilitato ed iscritto all’Ordine professionale competente e produce reddito dall’attività autonoma in quel campo, deve versare i contributi all’EPAP.
Chi non esercita la professione (ad esempio, un iscritto all’Albo ma che non ha partita IVA né redditi professionali) dovrebbe comunicare la non operatività o valutare la sospensione/cancellazione dall’Albo, poiché l’iscrizione all’Ordine comporta comunque l’obbligo contributivo minimo annuale verso l’EPAP anche in assenza di reddito【16†L89-L94**】. Infatti, come vedremo, sono previsti contributi minimi ogni anno per gli iscritti in attività, anche con reddito zero o negativo.
Vediamo sinteticamente quali sono i contributi obbligatori EPAP e come si calcolano:
- Contributo soggettivo – È il contributo principale per la propria pensione, determinato in misura percentuale sul reddito professionale netto dichiarato. L’aliquota ordinaria è del 10% del reddito netto professionale annuo (al netto delle spese). L’EPAP stabilisce anche un contributo soggettivo minimo annuale: ad esempio per il 2024 è pari a € 723,00. Ciò significa che se il 10% del reddito risulta inferiore a questa soglia, l’iscritto deve comunque versare il minimo. È inoltre previsto un massimale di reddito oltre il quale non sono dovuti ulteriori contributi soggettivi (per il 2024 il massimale reddituale è € 119.650,00).
- Contributo di solidarietà – È una piccola percentuale sul reddito netto destinata a scopi solidaristici interni al fondo. L’aliquota è 0,2% del reddito netto. Anch’esso ha importi minimi (per il 2024 circa € 14,00 annui). Questo contributo non incide sul montante pensionistico individuale, ma finanzia prestazioni assistenziali o mutualistiche dell’ente.
- Contributo integrativo – È un contributo calcolato sul volume d’affari (fatturato) IVA del professionista, generalmente addebitato ai clienti in fattura come rivalsa. Dal 16 aprile 2022 l’aliquota integrativa EPAP è passata dal 2% al 4% del volume d’affari IVA. In pratica, su ogni fattura il professionista EPAP applica un 4% in più (non soggetto ad IVA) a titolo di contributo integrativo, e tale importo va versato all’EPAP. Il contributo integrativo annuale ha un minimo (per il 2024 fissato in € 289,00), dovuto anche in assenza di fatturato o regime forfettario. Nota fiscale: il contributo integrativo non è un contributo “per la pensione” del singolo, ma alimenta la gestione dell’ente; esso non è deducibile dal reddito complessivo ai fini IRPEF, ma rappresenta comunque un costo aziendale deducibile nel calcolo del reddito di lavoro autonomo (in quanto giroconto delle somme addebitate al cliente).
- Contributo di maternità – È un importo fisso annuale destinato a finanziare le indennità di maternità/paternità per gli iscritti. Viene determinato ogni anno dall’Ente con approvazione ministeriale. Ad esempio, per l’anno 2023 l’EPAP ha fissato il contributo di maternità in € 21,00 pro capite. Si versa unitamente al saldo contributivo annuale, a prescindere dalla situazione personale (è dovuto da tutti gli iscritti, uomini e donne, come forma mutualistica).
Come possiamo notare, la struttura contributiva EPAP è simile a quella di altre casse professionali: un contributo soggettivo per la pensione, uno integrativo calcolato sul fatturato, ed eventualmente contributi di solidarietà e maternità.
Agevolazioni per i giovani neo-iscritti
Per incentivare i giovani professionisti, EPAP prevede una significativa agevolazione contributiva: per i primi 3 anni di iscrizione sotto i 30 anni di età, se il giovane professionista è tenuto al solo versamento dei minimi, può beneficiare di una riduzione del 70% dei contributi minimi dovuti. Ciò significa, ad esempio, che un under-30 neo-iscritto pagherà il 30% del contributo soggettivo minimo anziché l’intero importo, per i primi tre anni. Questa agevolazione non incide sulle strategie difensive per i debiti, ma è utile saperlo in ottica di prevenzione dell’insorgenza di debiti contributivi: i giovani che fatturano poco possono evitare accumulo di debiti sfruttando l’agevolazione, anziché ritrovarsi a fine anno con minimi interi non versati.
Scadenze e modalità di versamento dei contributi EPAP
Per comprendere come nascono i debiti contributivi, è fondamentale conoscere le scadenze entro cui i contributi EPAP devono essere pagati ogni anno, e le modalità previste. EPAP adotta un sistema di acconti e saldo, collegato alla dichiarazione annuale del reddito professionale (il modello denominato Modello 2). Ecco le scadenze ordinarie di versamento dei contributi per i professionisti EPAP:
- Primo acconto: entro il 5 aprile di ogni anno si versa il 30% dei contributi (soggettivo, integrativo, solidarietà) calcolati sul reddito dell’anno precedente (dichiarato nel Modello 2 presentato l’anno prima).
- Secondo acconto: entro il 5 agosto si versa un ulteriore 35% dei contributi dovuti, sempre calcolato sul medesimo reddito di riferimento utilizzato per il primo acconto.
- Saldo: entro il 15 novembre dell’anno (successivo all’anno di produzione del reddito) si versa il saldo dei contributi dovuti per l’anno precedente, a conguaglio sugli acconti già versati, unitamente al contributo di maternità dovuto per l’anno in corso.
- Rateizzazioni intra-annuali: EPAP consente di frazionare ciascuna scadenza di acconto/saldo in due rate mensili, senza interessi. Ad esempio, il primo acconto può essere pagato in due tranche: 50% entro il 5 aprile e 50% entro il 5 maggio; analogamente il secondo acconto in due rate (5 agosto e 5 settembre) e il saldo in due rate (15 novembre e 15 dicembre). Questa dilazione in rate brevi serve a dare un minimo di respiro finanziario durante l’anno, ma non esonera dal pagamento entro fine anno.
- Dichiarazione dei redditi professionali (Mod. 2): entro il 31 luglio di ogni anno, l’iscritto EPAP deve trasmettere all’Ente la dichiarazione del proprio reddito professionale dell’anno precedente (il cosiddetto Modello 2). Questo adempimento è fondamentale perché EPAP conosca la base di calcolo esatta dei contributi. In caso di mancata presentazione della dichiarazione reddituale, l’iscritto rimane comunque tenuto a versare i contributi minimi e a stimare da sé gli importi dovuti, con rischio di errori e sanzioni. EPAP invia normalmente per Posta Elettronica Certificata (PEC) le comunicazioni con il calcolo degli importi dovuti in base al Modello 2 dichiarato; se la dichiarazione manca, tale comunicazione non arriva e l’iscritto deve autocalcolarsi almeno i minimi dovuti.
Modalità di pagamento: Il versamento si effettua tramite bonifico bancario o mediante il modello F24 nella sezione “Altri enti previdenziali” con uno specifico codice causale. EPAP è infatti integrato nel sistema F24: il codice Ente 0008 e la causale contributo E065 identificano i versamenti EPAP. Occorre prestare attenzione che non è ammessa la compensazione dei debiti contributivi EPAP con eventuali crediti d’imposta nello stesso F24 (i contributi previdenziali obbligatori non possono essere pagati utilizzando in compensazione crediti fiscali). Dunque, l’importo dovuto va effettivamente versato. L’uso dell’F24 tuttavia consente di unificare il pagamento con altre somme eventualmente dovute (es. si possono pagare contestualmente imposte e contributi, ma senza compensazioni tra loro).
Riepilogo scadenze contributive EPAP annuali
Per maggiore chiarezza, riportiamo in forma tabellare le principali scadenze ordinarie durante l’anno per un iscritto EPAP in attività:
Scadenza | Importo da versare | Note |
---|---|---|
5 aprile | 1º Acconto: 30% dei contributi dovuti sull’anno precedente | Rateizzabile in 2 rate (aprile-maggio) |
5 agosto | 2º Acconto: 35% dei contributi dovuti sull’anno precedente | Rateizzabile in 2 rate (agosto-settembre) |
15 novembre | Saldo contributi anno precedente + contributo maternità anno in corso | Rateizzabile in 2 rate (novembre-dicembre) |
31 luglio (dich.) | Invio Mod. 2 dichiarazione reddito prof. anno precedente | Obbligo dichiarativo annuale (via PEC) |
Tabella 1: Scadenze annuali EPAP per versamenti e dichiarazioni.
Quando nasce il debito contributivo? Se l’iscritto versa importi inferiori al dovuto o non versa affatto entro queste scadenze, oppure omette la dichiarazione reddituale, matura un’inadempienza verso l’EPAP. Ad esempio, se a novembre risulta un saldo ancora da pagare e l’iscritto non lo paga, quell’importo diventa un debito contributivo in capo al professionista. Lo stesso vale per i minimi: chi dichiara reddito zero ma non versa i contributi minimi, genera un debito. Anche il mancato invio del Modello 2 configura un’irregolarità, che può ostacolare il calcolo dei contributi e comportare sanzioni per omessa comunicazione. Nel seguito esamineremo come EPAP reagisce a queste situazioni e che strumenti ha il debitore per rimediare.
Conseguenze del mancato pagamento: interessi, sanzioni e altre penalità
Un mancato o ritardato pagamento dei contributi EPAP fa scattare una serie di sanzioni e oneri accessori a carico del professionista. È fondamentale comprenderne la logica, perché questi elementi determinano l’aumento dell’importo dovuto nel tempo. La disciplina attuale delle sanzioni EPAP è contenuta nel Regolamento dell’Ente (come da ultimo approvato dai Ministeri vigilanti e pubblicato in G.U. il 16 aprile 2022) e nelle relative Procedure sanzionatorie emanate dall’EPAP. I punti chiave sono i seguenti:
- Interessi di mora: sul debito contributivo maturano interessi legali (determinati ex art. 1284 c.c., aggiornati annualmente) calcolati giorno per giorno sull’importo dovuto. Il tasso di interesse legale in Italia è stato piuttosto basso negli ultimi anni (0,05% nel 2020; 1,25% nel 2022; poi aumentato al 5% nel 2023 e 5% anche nel 2024 a causa dell’inflazione), ma resta una componente di costo. Gli interessi decorrono dal giorno successivo alla scadenza prevista per il pagamento fino al giorno di pagamento effettivo.
- Maggiorazione per rivalutazione: l’EPAP prevede che chi paga in ritardo debba anche coprire le rivalutazioni del montante contributivo che sarebbero maturate. In altri termini, l’importo originario dei contributi è maggiorato delle rivalutazioni (per esempio rivalutazioni ISTAT o extrarendimenti) che sarebbero state accreditate sul montante individuale se il contributo fosse stato versato puntualmente. Questa maggiorazione viene trattata come capitale aggiuntivo dovuto (serve ad evitare che l’iscritto tragga un beneficio pensionistico da un pagamento tardivo senza aver sostenuto i relativi costi di rivalutazione).
- Sanzione per ritardato pagamento: oltre a interessi e rivalutazione, si applica una sanzione pecuniaria proporzionale al ritardo. In base al Regolamento aggiornato al 2022, la sanzione è pari allo 0,40% dell’importo dovuto (più rivalutazioni) per ogni mese o frazione di mese di ritardo. Su base annua, ciò equivale a circa un 4,8% annuo di sanzione. Questa sanzione mensile è cumulativa (si aggiunge agli interessi) e costituisce una sorta di “multa” per il ritardato pagamento. È previsto un meccanismo di adeguamento: la misura dello 0,40% mensile può aumentare o diminuire nel tempo in funzione del tasso legale di interesse – precisamente, viene modificata di ±0,1% ogni qualvolta il tasso legale varia di 2,4 punti percentuali rispetto al valore di riferimento del 16/4/2022. Ciò significa che se i tassi legali salgono molto, anche la sanzione EPAP per ritardo può essere incrementata (e viceversa in caso di forte ribasso dei tassi). Ad esempio, con il tasso legale salito dal 1,25% al 5%, la sanzione mensile potrebbe aver subito un rialzo (indicativamente allo 0,5% mese, se applicato il criterio dell’art.7 co.3 Regolamento).
- Sanzioni amministrative fisse: l’EPAP prevede anche sanzioni fisse per altri tipi di inadempienze, ad esempio:
- Omessa o tardiva comunicazione reddituale (Modello 2): una sanzione variabile da €25 a €75 se la dichiarazione è presentata entro l’anno, e una sanzione pari a 1/4 del contributo soggettivo minimo per ogni anno di ritardo se completamente omessa fino alla regolarizzazione. Ad esempio, se si dimentica di inviare il Mod.2 di un anno e lo si invia solo anni dopo, si pagherà una multa pari al 25% del minimo soggettivo per ogni anno di omissione.
- Mancata iscrizione all’EPAP quando obbligatorio: sanzione fissa pari a 1/3 del contributo soggettivo minimo per ogni anno di ritardo, oltre naturalmente al recupero dei contributi dovuti. Inoltre l’EPAP segnala l’inadempimento all’Ordine professionale di appartenenza, data la gravità del fatto (esercitare la professione senza regolare posizione previdenziale).
- Dichiarazione infedele del reddito: se il reddito comunicato all’EPAP risulta inferiore a quello effettivo (ad esempio emergono maggiori redditi dal confronto con l’Agenzia Entrate), scattano sia il recupero contributi sia una sanzione aggiuntiva. Attualmente, per dichiarazioni infedeli che comportano oltre €500 di contributi evasi, EPAP applica una sanzione del 50% del contributo minimo e segnala il caso all’Ordine. In generale, l’Ente ha intensificato i controlli incrociati con le banche dati fiscali per individuare discrepanze: dichiarare meno reddito all’EPAP di quanto dichiarato al Fisco è un gioco pericoloso che può portare sia sanzioni economiche sia conseguenze disciplinari.
- Comunicazione all’Ordine professionale: come accennato, EPAP collabora con gli Ordini di categoria per assicurare il rispetto degli obblighi. In caso di gravi o reiterate irregolarità contributive, l’EPAP invia segnalazioni agli Ordini territoriali di appartenenza. Ciò può innescare procedimenti disciplinari a carico del professionista (ad esempio per violazione del dovere deontologico di adempimento previdenziale). Per il debitore, oltre al danno economico, c’è quindi un potenziale danno reputazionale e professionale: il rischio di sospensioni o provvedimenti disciplinari dall’Ordine in casi estremi di evasione contributiva prolungata.
Riassumendo, un debito contributivo EPAP non saldato cresce nel tempo per effetto di interessi e sanzioni. Ad esempio, simulazione pratica: se un geologo doveva €1.000 di contributi a novembre 2023 e non paga, dopo un anno (novembre 2024) dovrà presumibilmente circa €1.000 + 5% di interessi legali + ~4,8% di sanzione = ~€1.100, oltre alla rivalutazione (diciamo altri pochi punti percentuali) che potrebbe portare il debito attorno a €1.120. Dopo due anni, continuerebbe a salire in modo cumulativo (interessi anche sulle sanzioni capitalizzate). Questo esempio semplificato rende l’idea: ignorare il debito non lo fa scomparire, anzi lo fa lievitare, aggravando la posizione del debitore.
Attenzione: esistono tuttavia limiti e tutele. La legge italiana prevede termini di prescrizione (estinzione) per i contributi non riscossi entro un certo tempo – di norma 5 anni, come vedremo in dettaglio – oltre il quale né EPAP può pretendere il pagamento né l’iscritto può versare volontariamente i contributi arretrati prescritti. Inoltre, eventuali sanzioni troppo onerose possono in alcuni casi essere ridotte dal giudice se sproporzionate o inique, in base ai principi generali (ad es. applicando l’art. 1382 c.c. in casi estremi di clausole penali eccessive). In generale però, le sanzioni EPAP descritte sono legittime in quanto previste da norme regolamentari approvate ministerialmente, e sono inferiori alle sanzioni INPS (basti pensare che per omissioni contributive INPS scatta una sanzione del 30% dopo la notifica di avviso bonario, come noto).
Procedura EPAP di recupero crediti: dai solleciti alle cartelle esattoriali
Vediamo ora come EPAP agisce concretamente per recuperare i contributi non pagati. L’Ente ha messo a punto una procedura interna che precede l’eventuale intervento dell’agente della riscossione (Agenzia Entrate – Riscossione). Lo scopo è sia sollecitare il pagamento bonario, sia formare un atto amministrativo che costituisca titolo per la riscossione coattiva. I passaggi principali della procedura di recupero EPAP sono i seguenti:
- Sollecito e contestazione formale dell’inadempienza: Quando risulta un’omissione (mancato pagamento contributi, mancata dichiarazione, ecc.), l’EPAP invia all’iscritto una comunicazione di contestazione del debito. Questa viene trasmessa via PEC o raccomandata A/R agli indirizzi ufficiali comunicati dall’iscritto. Nella comunicazione l’Ente:
- specifica la natura dell’inadempienza (es: “mancato versamento contributi 2022”),
- indica l’importo dovuto suddiviso per contributi, interessi e sanzioni maturate,
- concede un termine (tipicamente alcuni giorni o settimane) entro cui il professionista può presentare eventuali osservazioni o documentazione per contestare o giustificare la posizione,
- avverte che, in mancanza di osservazioni valide o pagamento, trascorso il termine indicato l’avviso diverrà un accertamento definitivo del debito,
- informa delle azioni successive: che, se il debito viene confermato, si procederà alla riscossione coattiva (anche mediante iscrizione a ruolo presso l’Agente della Riscossione),
- indica eventualmente i termini e le modalità di ricorso all’autorità competente (ad esempio, ricorso giudiziario) qualora l’iscritto intenda opporsi formalmente.
- Valutazione di eventuali osservazioni e accertamento definitivo: Se l’iscritto, entro il termine indicato, invia osservazioni o documenti (ad esempio contesta il calcolo, dimostra di aver pagato qualcosa, o segnala un errore), l’EPAP sospende temporaneamente la procedura e verifica quanto esposto. In caso le osservazioni vengano accolte (ad esempio emerge che parte del debito non era dovuto), l’ente ridetermina il dovuto e comunica l’esito al professionista. Se invece le osservazioni vengono respinte o se il professionista non ha inviato nulla entro i termini, l’EPAP procede a confermare il debito. Di norma, l’ente invia una lettera (sempre via PEC/Racc.) con l’esito del procedimento amministrativo e la conferma delle somme dovute. A questo punto, l’importo è considerato definitivamente accertato dall’Ente. In pratica, il sollecito iniziale si trasforma in un atto di accertamento del credito contributivo non contestato. Dal punto di vista legale, questo passaggio è cruciale perché in sostanza il debito diviene esigibile coattivamente. Non siamo ancora in tribunale: è un accertamento amministrativo. Tuttavia, l’iscritto ha ancora la possibilità di opporsi sul piano giudiziario (come spiegheremo in seguito, rivolgendosi al tribunale entro termini di legge) se ritiene infondato l’addebito. Se però non intraprende alcuna azione, l’EPAP può attivare la riscossione forzata.
- Iscrizione a ruolo e cartella esattoriale: Una volta formata la determinazione definitiva del debito, l’EPAP – in qualità di ente previdenziale obbligatorio – può avvalersi dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AER) per riscuotere coattivamente. Questo avviene tramite la cosiddetta iscrizione a ruolo esattoriale: l’EPAP trasmette il credito contributivo all’Agenzia Entrate Riscossione, che emette la relativa cartella di pagamento. La normativa consente infatti alle casse professionali di utilizzare la stessa procedura delle imposte dirette per la riscossione. La cartella esattoriale è un atto esecutivo che intima il pagamento entro 60 giorni. Nella cartella verranno indicati il dettaglio degli importi dovuti (capitale, interessi, sanzioni) e saranno aggiunti gli oneri di riscossione (l’aggio spettante all’Agente e gli interessi di mora ulteriori maturati dalla data di affidamento del ruolo). È importante sapere che il concessionario della riscossione carica automaticamente i propri interessi e compensi: per esempio, scaduti i 60 giorni, decorrono interessi di mora sulle somme a ruolo (diversi dagli interessi EPAP, ma in aggiunta) e un aggio percentuale viene dovuto al momento del pagamento. In sostanza, quando la posizione passa ad AER, il debito tende ad aumentare di qualche punto percentuale per coprire i costi di riscossione. L’EPAP, nel suo Regolamento, ha deliberato che di norma i debiti complessivi superiori a € 1.000 (comprensivi di interessi e sanzioni) verranno avviati a riscossione esattoriale. Questo implica che per importi molto piccoli (sotto €1000) l’ente potrebbe temporeggiare o accumularli: ad esempio se un professionista deve €200 di contributi, EPAP potrebbe decidere di non emettere subito una cartella per importo così basso, aspettando magari che si aggiungano ulteriori annualità impagate o adottando misure diverse. Inoltre, va ricordato che attualmente la legge di bilancio 2023 ha previsto la cancellazione automatica dei ruoli fino a €1000 per gli enti pubblici: ma le casse private come EPAP hanno scelto di non aderire a questo “stralcio” (vedi paragrafo sulle sanatorie). Quindi EPAP potrebbe ancora riscuotere anche importi bassi nonostante la soglia, eventualmente tramite mezzi alternativi. Una volta notificata la cartella esattoriale, se il debitore non paga entro 60 giorni né la contesta legalmente, la cartella diventa titolo esecutivo definitivo. L’Agenzia delle Entrate Riscossione potrà quindi procedere con le azioni esecutive previste dalla legge per recuperare il credito: ad esempio iscrizione di fermo amministrativo su un automezzo, pignoramento di conti correnti, stipendio o altri beni, ipoteca su immobili, ecc. Ovviamente queste misure (specie le più invasive come pignoramenti e ipoteche) vengono in genere attivate per debiti di un certo rilievo. Tuttavia, il solo fermo amministrativo dell’auto può scattare per somme anche relativamente modeste se il debitore ignora i solleciti. È bene evitare di giungere a questo stadio, se possibile.
- Intimazione di pagamento e atti esecutivi: Prima di procedere materialmente al pignoramento, l’Agente della Riscossione invia di solito un’intimazione di pagamento (atto che sollecita il pagamento entro 5 giorni, se la cartella è rimasta inevasa da tempo). Se trascorrono altri giorni senza pagamento, si passa all’esecuzione forzata vera e propria. A questo punto, l’unico rimedio è un’opposizione giudiziaria all’esecuzione per motivi molto specifici (per es. sopravvenuta prescrizione, vedi oltre). Siamo ormai nella fase finale e più spiacevole, che idealmente va scongiurata mettendo in atto prima le strategie difensive.
In sintesi, il flusso per un debitore contributivo EPAP sarà: lettera di contestazione EPAP → (eventuale fase di osservazioni/pagamento ridotto) → atto di accertamento EPAP → trasmissione ad AER → cartella di pagamento → eventuale esecuzione forzata. Ogni fase ha i suoi tempi e offre al debitore opportunità di intervento. Nel prossimo paragrafo esploreremo cosa può fare attivamente il debitore (in via stragiudiziale) per risolvere o attenuare il debito prima di arrivare allo scontro legale, mentre successivamente esamineremo le vere e proprie strategie di difesa legale (ricorsi e opposizioni giudiziarie).
Strategie stragiudiziali: prevenire, regolarizzare e negoziare con l’EPAP
Le strategie stragiudiziali sono tutte quelle azioni che il debitore può intraprendere al di fuori di un contenzioso giudiziario, per cercare di sistemare la propria posizione contributiva o ridurre l’esposizione debitoria. Queste opzioni sono generalmente preferibili come primo approccio, perché possono evitare i costi, i rischi e i tempi di una causa. Vediamo le principali:
1. Ravvedimento operoso prima della contestazione
Se il professionista si accorge autonomamente di non aver pagato un contributo o di aver omesso una dichiarazione prima di ricevere qualsiasi sollecito formale dall’EPAP, può ricorrere al ravvedimento operoso. L’EPAP, analogamente al fisco, prevede che l’iscritto inadempiente che spontaneamente regolarizza la propria posizione entro certi termini possa beneficiare di sanzioni ridotte. In particolare, il Regolamento EPAP (art. 10 comma 6) stabilisce che:
- Se viene presentata in ritardo la dichiarazione Mod. 2 prima che EPAP avvii la contestazione, la sanzione per omessa comunicazione è ridotta di due terzi (quindi, ad esempio, anziché 25% del contributo minimo per anno omesso, si pagherà circa l’8,3%).
- Se vengono pagati spontaneamente i contributi dovuti (precedentemente omessi) entro 12 mesi dalla loro scadenza originaria, la sanzione mensile dello 0,40% è ridotta di un terzo. In pratica, se uno paga entro un anno, la sanzione effettiva scende a circa lo 0,27% per mese di ritardo (cioè il 66% di 0,40%).
Queste misure premiano il comportamento proattivo. Ad esempio, se l’architetto Bianchi non ha versato il saldo a novembre ma decide di pagare spontaneamente a febbraio dell’anno dopo, prima di ricevere solleciti, pagherà interessi e una sanzione minore (0,27% al mese per ~3 mesi di ritardo, anziché 0,40%). È importante sottolineare che il ravvedimento è ammesso solo finché l’EPAP non ha ancora inviato una formale contestazione. Se arriva la PEC di sollecito, non si può più parlare di ravvedimento “operoso” ma al massimo di adesione agevolata pagando entro 5 giorni (sconto 25% sanzioni) come visto sopra. Quindi il consiglio è: appena ci si rende conto di un’omissione, agire subito – contattare l’EPAP, chiedere i conteggi e pagare il dovuto – piuttosto che aspettare.
2. Controllare e correggere la propria posizione contributiva
Prima di intraprendere qualsiasi azione difensiva, il debitore farebbe bene a ricostruire con esattezza la propria posizione:
- Verificare quali anni risultano non dichiarati o non pagati. Si può richiedere all’EPAP un estratto conto contributivo dettagliato, o accedere all’area riservata online (se disponibile) per vedere eventuali importi a debito.
- Controllare se per caso alcuni pagamenti sono stati effettuati ma non registrati (ad es. bonifici con causale errata, F24 compensati erroneamente, ecc.). Se si trovano prove di versamenti effettuati, vanno segnalate immediatamente all’EPAP come osservazioni in risposta al sollecito.
- Verificare le comunicazioni EPAP ricevute (PEC, raccomandate): date e contenuti. Questo servirà sia per calcolare la prescrizione sia per capire se l’EPAP ha commesso errori procedurali.
- Accertarsi di avere sempre comunicato all’EPAP eventuali variazioni di indirizzo, domicilio professionale, email e PEC. Se il debitore non ha aggiornato i dati e le comunicazioni EPAP non gli sono pervenute, non può semplicemente ignorarle: dovrebbe attivarsi per recuperarle (ad esempio controllando la propria casella PEC, anche se scaduta, o chiedendo copia all’Ente). La notifica PEC infatti è valida legalmente anche se la casella non viene più letta dall’interessato.
3. Richiedere una rateizzazione del debito all’EPAP
Una volta quantificato il debito totale, se questo è consistente e il professionista non è in grado di saldarlo in un’unica soluzione, è spesso possibile negoziare un pagamento rateale direttamente con l’EPAP. Negli anni scorsi, l’EPAP ha adottato specifiche delibere per consentire la rateizzazione dei debiti pregressi oltre il normale anno di competenza. Ad esempio, un provvedimento del 2016 ha permesso di rateizzare tutto il debito contributivo maturato fino all’anno 2014 in un piano di rientro mensile. Questo provvedimento aveva caratteristiche molto favorevoli:
- Sospensione di ulteriori interessi e sanzioni dalla data di domanda di rateizzazione.
- Applicazione solo di un interesse dilatorio pari al tasso legale sulle rate.
- Possibilità di dilazionare in un massimo di 60 rate mensili (5 anni) per debiti sopra €1.000, con importo rata commisurato al debito e al reddito medio dichiarato.
- Obbligo per l’iscritto di riconoscere il debito e presentare tutte le dichiarazioni Mod.2 mancanti fino al 2015.
- Clausola risolutiva: mancato pagamento di una rata comportava decadenza dalla rateazione e immediata riscossione coattiva dell’intero debito residuo, con ripristino di interessi e sanzioni come se non ci fosse mai stata la dilazione.
- DURC regolare con rate in corso: l’accettazione del piano di rientro e il pagamento puntuale della prima rata davano diritto al rilascio del certificato di regolarità contributiva (DURC), permettendo così al professionista di risultare “in regola” nonostante il debito, purché rispettasse il piano.
Questa iniziativa (ed altre simili negli anni successivi, es. estese ai debiti fino al 2017) mostrano la disponibilità dell’Ente a trovare soluzioni stragiudiziali per aiutare i professionisti in difficoltà, evitando misure drastiche. Oggi (2025), l’EPAP non ha aperto adesioni a definizioni agevolate statali (ad esempio non ha aderito alla “Rottamazione Quater” 2023 per i ruoli affidati all’Agente, a differenza di altre casse), ma continuano ad essere possibili piani di rateazione su richiesta individuale. Conviene quindi:
- Contattare tempestivamente l’EPAP (anche tramite i canali dedicati, o tramite i delegati EPAP regionali presso gli Ordini) per chiedere un piano di dilazione del debito. Bisogna presentare la domanda motivando la difficoltà economica e indicando in quante rate si propone di pagare.
- Attendere la valutazione: l’ente potrebbe richiedere documentazione sul reddito per calibrare le rate. Se il debito è già in fase di riscossione con Agenzia Entrate Riscossione (cartella emessa), EPAP potrebbe indirizzare verso la rateizzazione presso l’Agente di Riscossione. Ma se è ancora in fase amministrativa EPAP, conviene risolvere in quella sede.
- Accettare formalmente il debito: di solito, ottenere la rateazione dall’Ente comporta riconoscere per iscritto l’importo dovuto. Ciò interrompe la prescrizione (riconosciuto il debito, decorre da capo) ma è un passo necessario per avere tempo di pagare.
Vantaggi di una soluzione rateale stragiudiziale: si evita l’insorgenza di ulteriori sanzioni, si evita la cartella esattoriale (o se già emessa, la si può bloccare con la comunicazione dell’Ente di accordo di rateazione in corso), e soprattutto il professionista torna regolare ai fini DURC finché rispetta le rate. Questo è cruciale, ad esempio, per chi lavora con la Pubblica Amministrazione o appalti: un DURC irregolare può precludere incarichi e pagamenti. Con il piano, invece, l’EPAP attesta la regolarità (dando respiro al professionista per proseguire l’attività e generare reddito per pagare il debito).
Va detto che l’adesione a un piano di rateazione preclude poi certe difese legali: firmare un accordo e riconoscere il debito significa in genere rinunciare a contestarlo in giudizio (salvo il caso di vizi radicali successivamente scoperti). È dunque una scelta che va ponderata: si consiglia di percorrerla quando il debito è effettivamente dovuto e si cerca solo una facilitazione di pagamento. Se invece ci sono dubbi sulla legittimità di quel debito, forse è meglio non vincolarsi con un riconoscimento ma passare alla fase di contestazione legale (di cui al prossimo paragrafo).
4. Negoziare una riduzione di sanzioni o un saldo e stralcio
In alcuni casi, soprattutto se il professionista versa in gravi difficoltà economiche, si può tentare di negoziare con l’Ente non solo il pagamento dilazionato ma anche una possibile riduzione degli importi dovuti a titolo di sanzioni e interessi. L’EPAP, come ente privato ma vigilato, non ha obbligo di concedere “sconti” oltre a quelli previsti (il 25% su pagamento immediato o i tagli del ravvedimento). Tuttavia, in sede di accordo transattivo, l’Ente può valutare di condonare parte delle sanzioni per ottenere il rientro del capitale. Ad esempio, nulla vieta che EPAP accetti di rinunciare agli interessi di mora maturati se il debitore propone di pagare tutto il capitale contributivo dovuto entro breve. Questo rientra nella discrezionalità amministrativa (con i limiti posti dai Ministeri vigilanti sulle casse).
Da notare: nessuna norma di legge impone all’EPAP di aderire a sanatorie generalizzate, e infatti l’Ente non ha aderito allo stralcio dei debiti fino 1000€ previsto dalla L. 197/2022 né alla definizione agevolata 2023 dei ruoli. Alcune altre casse (es. Cassa Forense, Cassa Biologi) invece hanno deliberato di aderire alla definizione agevolata permettendo ai loro iscritti di pagare solo il capitale senza sanzioni e interessi. L’EPAP ha optato per il no, preferendo gestire internamente i propri crediti. Ciò significa che, attualmente, non esiste uno “sconto di legge” automatico sulle cartelle EPAP: il debitore è tenuto al pagamento integrale, a meno che contratti direttamente con l’Ente una riduzione.
Conviene dunque, in situazioni particolari, presentare una richiesta motivata di esenzione parziale da sanzioni. Ad esempio, un chimico che abbia accumulato grosse sanzioni per tardiva iscrizione a EPAP, potrebbe scrivere all’Ente evidenziando che l’omissione non era dolosa (magari credeva erroneamente di dover pagare INPS) e chiedere almeno l’annullamento delle sole sanzioni amministrative, impegnandosi a pagare i contributi dovuti. Non c’è garanzia di successo, ma in passato vari Enti hanno mostrato flessibilità su base equitativa.
Un’altra strada di “saldo e stralcio” può essere percorsa all’esterno: se il professionista ha molteplici debiti (fiscali, contributivi, bancari) e versa in condizione di sovraindebitamento, può valutare le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (legge n.3/2012 e ora Codice della Crisi d’Impresa). Attraverso un piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione, anche i debiti contributivi verso casse possono essere inclusi e potenzialmente tagliati o dilazionati con l’approvazione del giudice. Ovviamente servono i requisiti di insolvenza e un professionista specializzato per preparare il piano. Ma è bene sapere che i debiti previdenziali non sono esclusi da queste procedure (anche se sono crediti privilegiati), come confermato di recente anche dall’associazione degli enti previdenziali privati (ADEPP) in riferimento al nuovo “concordato preventivo biennale” per i professionisti introdotto nel 2024, ribadendo che l’adesione a tale concordato non incide automaticamente sugli obblighi contributivi – vanno comunque onorati o specificamente ristrutturati nel piano.
Quindi, in casi estremi, l’ultima risorsa stragiudiziale può essere questa: trattare tutti i debiti (incluso EPAP) in una procedura concorsuale minore, ottenendo ad esempio di pagare solo una percentuale di ogni credito. Naturalmente, è un approccio complesso e non privo di conseguenze (il che esula da questa trattazione), ma è opportuno menzionarlo in un’analisi avanzata: nessun debito è veramente “inescusabile”, esistono strumenti legali per ridurlo se la situazione lo giustifica.
5. Interloquire con l’Ordine e i rappresentanti di categoria
Un consiglio spesso trascurato: il professionista in difficoltà con EPAP può anche rivolgersi al proprio Ordine professionale o ai delegati EPAP nel Consiglio di Indirizzo Generale (CIG) dell’ente. Queste figure rappresentano gli iscritti e talvolta possono farsi parte attiva nel trovare soluzioni. Ad esempio, l’Ordine territoriale potrebbe:
- Fornire supporto nel dialogo con EPAP, certificando eventualmente periodi di non esercizio o situazioni particolari (ad esempio un geologo che per qualche anno non ha esercitato pur rimanendo iscritto all’albo – l’Ordine può attestare un’eventuale esenzione se prevista).
- Segnalare al CIG dell’EPAP la necessità di nuove misure di sanatoria o rateizzazione per aiutare gruppi di iscritti (proprio come fu fatto nel 2016, su impulso anche dei rappresentanti regionali).
- Fornire consulenza deontologica: ricordiamo che il permanere di un grosso debito contributivo potrebbe, alla lunga, far emergere anche profili disciplinari. L’iscritto può evitare il peggio informando l’Ordine che è in corso un piano di rientro, dimostrando buona fede e volontà di regolarizzare.
In sintesi, prima di arrivare in tribunale, il debitore EPAP ha diverse leve da provare: ravvedersi e pagare il possibile, chiedere dilazioni o sconti all’Ente, coinvolgere l’Ordine per trovare una soluzione bonaria. Queste strategie richiedono proattività e dialogo, ma spesso portano a esiti più rapidi e meno onerosi di una battaglia legale. Quando però tali vie risultano inefficaci o non percorribili (ad esempio, EPAP rifiuta la rateazione, oppure il professionista ritiene il debito non dovuto), allora resta la strada giudiziaria, che affrontiamo nel prossimo capitolo.
Strategie giudiziali: opposizione e ricorsi per far valere i propri diritti
Quando il dialogo non basta o si ritiene che la pretesa contributiva sia in tutto o in parte illegittima, il professionista ha diritto a rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per ottenere giustizia. In materia di contributi previdenziali obbligatori, anche se dovuti a enti privatizzati come l’EPAP, la competenza a decidere è del Giudice Ordinario – Sezione Lavoro (trattandosi di materia previdenziale). Di seguito esamineremo le principali strategie difensive giudiziarie, tenendo presente che i procedimenti possono variare leggermente a seconda dello stadio (accertamento EPAP o cartella esattoriale) e che è generalmente opportuno farsi assistere da un avvocato esperto di diritto previdenziale.
1. Impugnare tempestivamente la cartella esattoriale o l’atto di EPAP
Il momento cruciale per attivare la difesa in giudizio è dopo la notifica di un atto esecutivo, tipicamente la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia Entrate Riscossione su incarico dell’EPAP. La legge prevede infatti termini molto stringenti:
- Entro 40 giorni dalla notifica della cartella esattoriale contenente crediti previdenziali, il debitore può proporre ricorso in opposizione dinanzi al tribunale competente (in funzione di giudice del lavoro). Questo ricorso mira a contestare nel merito la pretesa contributiva (es.: “non devo questi contributi perché…”, oppure “l’importo è errato”, etc.). Se non si agisce entro 40 giorni, la cartella diventa definitiva e non più impugnabile nel merito.
- Alcuni atti EPAP, come la contestazione finale del debito (accertamento interno) inviati dall’Ente, potrebbero anch’essi contenere l’indicazione di un termine per impugnare (ad esempio, 30 giorni o 60 giorni dalla notifica) avanti al giudice. In mancanza di specifica, prudenzialmente conviene considerare il termine di 40 giorni anche per l’atto EPAP, trattandolo come assimilabile a un avviso di addebito. Ad ogni modo, se si riceve un atto EPAP che dichiara definitivo un debito, è consigliabile non aspettare la cartella ma impugnarlo subito in tribunale, per evitare eccezioni di tardività.
Esempio pratico: la dott.ssa Verdi, chimico, riceve il 10 gennaio una cartella di pagamento per €5.000 di contributi EPAP anni 2017-2018. Ha tempo fino al 19 febbraio (40 giorni) per depositare un ricorso al Tribunale (sezione lavoro) per contestare quella cartella, ad esempio eccependo la prescrizione del 2017. Se lascia passare tale data senza fare nulla, dal 20 febbraio il debito si consolida definitivamente nei suoi confronti. Potrà eventualmente solo eccepire la prescrizione maturata dopo (cioè se passano altri 5 anni senza esecuzione), ma non contestare la fondatezza originaria di quel credito.
L’atto introduttivo è tecnicamente un ricorso in opposizione a cartella esattoriale (ex art. 24 D.lgs. 46/1999, e art. 6 D.lgs. 150/2011 per il rito del lavoro). Nel ricorso si possono far valere tutte le ragioni di contestazione del credito:
- Motivi di merito: ad esempio, “Non ero tenuto all’iscrizione EPAP in quell’anno”; “Ho già versato quei contributi a altro ente”; “Il calcolo dei contributi è sbagliato (reddito errato, aliquota non dovuta)”; “Le sanzioni applicate eccedono i limiti di legge”, ecc.
- Motivi procedurali: “La cartella è nulla perché l’EPAP non mi ha mai notificato l’accertamento”; “Difetto di motivazione nell’atto”; “Violazione del diritto di difesa perché la cartella è arrivata senza previo avviso” (quest’ultima di solito non è accolta, perché la legge non obbliga a preavvisi, ma può essere citata se EPAP ha saltato la fase di contestazione PEC prevista dal suo regolamento).
- Prescrizione maturata prima della cartella: questo è un motivo centrale (si veda paragrafo successivo). Si eccepisce che il credito era già prescritto alla data di emissione della cartella, poiché sono passati oltre 5 anni dall’ultima interruzione senza atti.
Il tribunale, seguendo il rito del lavoro, esaminerà la causa in tempi relativamente rapidi (qualche mese o anno, a seconda del carico di lavoro). Nel frattempo, si può chiedere al giudice una sospensione dell’esecuzione se ci sono fondati motivi (es.: la cartella è chiaramente illegittima o c’è pericolo di un danno grave in caso di esecuzione immediata). Se il giudice accorda la sospensione, l’Agente di Riscossione dovrà congelare le azioni fino alla sentenza.
Va osservato che esiste un dibattito giurisprudenziale (ormai risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione) su cosa accada se non si impugna la cartella entro 40 giorni: la Cassazione ha stabilito che l’omessa impugnazione NON trasforma la natura del credito e non estende la prescrizione a 10 anni (come invece avviene per i diritti accertati con sentenza passata in giudicato, ex art. 2953 c.c.). In altre parole, se perdi i 40 giorni, non puoi più contestare l’esistenza del debito (diventa incontestabile nel merito), ma la prescrizione resta quella breve quinquennale e continua a decorrere dalla data in cui il credito doveva esser pagato, senza “allungarsi” a 10 anni solo perché c’è una cartella definitiva. La Cassazione (sent. n.14690/2021) ha chiarito che la cartella esattoriale non è equiparabile a una sentenza di condanna, ma è un atto amministrativo; pertanto non si applica l’art. 2953 c.c. e resta ferma la prescrizione breve del credito previdenziale.
Questa precisazione è molto utile in difesa del debitore: vuol dire che anche se ti sei lasciato sfuggire il termine di ricorso, puoi ancora giocarti la carta della prescrizione se EPAP/AER tardano a eseguire. Ad esempio, se una cartella EPAP non contestata risale a 2016, e nel 2023 l’Agente notifica un’intimazione di pagamento, il debitore può opporsi sostenendo che il credito è ormai prescritto perché sono passati oltre 5 anni senza atti interruttivi. Questo scenario rientra nelle opposizioni all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) di cui diremo tra poco.
Riassumendo: prima regola di difesa giudiziaria – non lasciare scadere i termini! Impugna l’atto nei 40 giorni, con l’aiuto legale adeguato, per tenere aperta la discussione sul debito.
2. Eccepire la prescrizione del credito contributivo
La prescrizione quinquennale è da sempre uno strumento centrale nella difesa dei debitori di contributi. Come stabilito dall’art. 3, comma 9, della L.335/1995 (riforma Dini), “le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono […] in cinque anni”. Questo vale per tutti i contributi obbligatori (eccetto casi particolari come il lavoro subordinato ante 1996 o alcune casse con norme speciali). Per l’EPAP in particolare, non esistono deroghe normative che estendano la prescrizione: ad esempio, a differenza di Cassa Forense che per legge ha prescrizione decennale dal 2012, l’EPAP rientra nella regola generale dei 5 anni.
Cosa significa in concreto? Che decorso inutilmente il termine di 5 anni dal giorno in cui il contributo doveva essere versato, il diritto dell’EPAP di riscuotere si estingue, salvo che intervenga un atto interruttivo prima della scadenza. Inoltre, la legge aggiunge (art.3 c.10 L.335/95) che i contributi prescritti non possono più essere versati dal contribuente né accettati dall’ente. Quindi la prescrizione opera come una decadenza sia per l’ente sia per l’iscritto: il credito “muore” e non si può resuscitare.
Esempio di calcolo: Il saldo contributi 2018 scadeva il 15 novembre 2019. Se entro il 15 novembre 2024 (5 anni) l’EPAP non ha compiuto alcun atto interruttivo valido verso il debitore, dal 16 novembre 2024 quei contributi 2018 sono prescritti e non più dovuti. Un pagamento spontaneo tardivo sarebbe addirittura rifiutato dall’ente (non potrebbe accreditarlo). Naturalmente, EPAP difficilmente resterà inerte per 5 anni interi: in genere invia almeno un sollecito scritto o una PEC che interrompe la prescrizione, facendo ripartire il termine da capo.
Atto interruttivo: cosa serve per interrompere la prescrizione? Deve trattarsi di un atto formale rivolto al debitore con chiara richiesta del credito. Nel caso di contributi, la giurisprudenza ha affermato che valgono come atti interruttivi:
- La notifica di una cartella esattoriale o di un avviso di addebito (equivalente INPS).
- La notifica di un sollecito scritto o intimazione di pagamento contenente l’indicazione del dovuto e la richiesta di adempiere.
- Anche una raccomandata A/R o PEC di costituzione in mora inviata dall’EPAP dovrebbe avere effetto interruttivo, purché proveniente dall’ente e contenente l’esplicita richiesta (non basta un estratto conto generico se non è accompagnato da richiesta di pagamento). Le procedure EPAP attuali esplicitamente qualificano i solleciti PEC come messe in mora interruttive.
Non interrompono invece la prescrizione eventuali ricordi informali o conoscenze ufficiose del debito. Ad esempio, se l’iscritto sa di avere un debito ma EPAP non lo sollecita formalmente, la prescrizione corre lo stesso. Anche un piano di ammortamento interno non notificato potrebbe non valere: per sicurezza EPAP notifica sempre qualcosa.
Difesa basata sulla prescrizione: il debitore deve:
- Individuare la data di scadenza dei contributi contestati (es. per contributi annui, coincide col saldo 15 novembre dell’anno successivo).
- Elencare tutti gli atti ricevuti dall’EPAP o dall’Agente e le loro date.
- Verificare se tra un atto e l’altro intercorrono periodi >5 anni senza alcun atto interruttivo.
Se sì, la prescrizione si è compiuta e il credito non è più esigibile. Questa eccezione va sollevata in giudizio: il giudice non la applica d’ufficio se il debitore non la eccepisce. Quindi, in un ricorso o in un’opposizione all’esecuzione, si dirà per esempio: “i contributi 2015 sono prescritti poiché dall’ultimo avviso di pagamento inviato nel 2016 alla cartella notificata nel 2022 sono trascorsi oltre 5 anni senza atti interruttivi”. In tal caso il giudice dichiarerà non dovute le somme relative al 2015.
Un punto già menzionato ma da ribadire: non opporre la cartella entro 40 giorni non impedisce di far valere la prescrizione breve decorso il quinquennio. Quindi, anche chi ha cartelle “consolidate” deve tenere d’occhio il calendario: ogni 5 anni bisogna che l’Agente compia qualcosa (una intimazione, un pignoramento) oppure il debito si estingue. La Cassazione ha smentito quel filone che applicava l’art.2953 c.c., quindi su questo i debitori hanno una tutela forte.
Attenzione però: basta un qualunque atto dell’ente o dell’agente notificato regolarmente entro i 5 anni per interrompere e far decorrere un nuovo quinquennio da capo. Anche una raccomandata con avviso di ricevimento è sufficiente. E se il debitore nel frattempo ha riconosciuto il debito, ad esempio firmando un piano di rateazione o presentando ricorso amministrativo interno, ciò costituisce atto di riconoscimento che azzera e ricomincia il termine (ex art. 2944 c.c.).
In giudizio, la prova della prescrizione richiede di produrre gli atti e le relative date di notifica. Spesso il concessionario esibirà un estratto di ruolo con l’elenco delle notifiche: il debitore può contestarlo se, ad esempio, risulta una notifica mai ricevuta o viziata (es. notifica a indirizzo errato). Se una notifica risulta inesistente o nulla, quell’atto non è idoneo a interrompere. Quindi a volte la prescrizione si gioca sul verificare la regolarità formale di qualche notifica passata.
In conclusione, la prescrizione è un’arma potente: può annullare totalmente il debito se EPAP è stata negligente a riscuotere. Non è raro che, complici ritardi o problemi organizzativi, le casse si facciano sfuggire contributi di 6-7 anni fa. Ad esempio, varie Corti d’Appello hanno confermato che per i contributi alle casse professionali si applica il termine quinquennale e che una semplice lettera di sollecito (se contestata la sua notifica) potrebbe non bastare, dunque la prescrizione decorre comunque. Nel dubbio, vale sempre la pena verificare le date: il risparmio può essere consistente.
3. Opposizione all’esecuzione forzata
Si tratta di un’azione giudiziaria successiva all’emissione di cartella e tipica quando:
- Il professionista non ha impugnato in tempo la cartella (o l’ha impugnata e ha perso) e ora subisce un atto di pignoramento o un’intimazione di pagamento.
- Vuole far valere circostanze sopravvenute o limitate all’esecuzione (ad es. prescrizione maturata dopo la cartella, pagamento già effettuato in parte, errore di persona, ecc.).
L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) si propone al tribunale competente (sempre sezione lavoro se riguarda contributi) e mira a far dichiarare che, per tutta o parte della somma, non si può procedere esecutivamente. I motivi frequenti sono:
- Prescrizione sopravvenuta: come detto, se la cartella è del 2016 e l’Agenzia si muove nel 2023, si eccepisce che il diritto a eseguire è prescritto (5 anni senza atti).
- Pagamento effettuato: il debitore dimostra di aver saldato nel frattempo, magari direttamente all’EPAP (può succedere ad esempio se uno paga l’ente dopo la cartella ma AER non ne viene notificata, e prosegue erroneamente).
- Difetto di notifiche: se la cartella o gli atti esecutivi non sono stati notificati regolarmente, si può contestare l’esecuzione in base a vizi di notifica (questo a metà tra opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.). Ad esempio, se la cartella non fu mai notificata e scopriamo l’esistenza solo dal pignoramento, possiamo contestare di non aver mai avuto titolo esecutivo regolare.
In opposizione all’esecuzione, se si fa valere la prescrizione, il giudice valuterà come sopra (5 anni dall’ultimo atto). Importante: occorre proporla prima che l’esecuzione si perfezioni (es: prima che il pignoramento si concluda con assegnazione). Si può anche chiedere la sospensione immediata dell’esecuzione al giudice dell’esecuzione, depositando il ricorso.
Un caso particolare: se l’EPAP avesse eventualmente scelto di non passare da AER ma di emettere un proprio decreto ingiuntivo o atto di precetto (ipotesi rara ma possibile per crediti non a ruolo), il debitore dovrebbe opporsi a quel decreto o precetto con gli strumenti del rito civile (opposizione a decreto ingiuntivo in 40 gg, ecc.). Ma come detto, EPAP usa quasi sempre i ruoli esattoriali, quindi il percorso tipico è quello sopra descritto.
4. Contestare l’obbligo contributivo (nei casi di doppia contribuzione)
Un aspetto peculiare che può sorgere è quando il professionista sostiene di non essere tenuto a iscriversi all’EPAP per determinate annualità, magari perché iscritto ad altra gestione previdenziale. Ad esempio:
- Un professionista che esercita attività mista: poniamo un agronomo che è anche lavoratore dipendente a tempo pieno. Fino al 2017 per alcuni enti c’erano esoneri (es. INARCASSA esonerava se c’era altra copertura). EPAP però non prevede esoneri: anche il dipendente che ha un reddito autonomo da agronomo deve l’iscrizione EPAP per quell’attività autonoma. Quindi questa difesa raramente regge: l’obbligo EPAP scatta per il solo fatto di essere iscritto all’Albo e di produrre reddito professionale, indipendentemente da altri inquadramenti.
- Caso di doppia iscrizione obbligatoria: in teoria non può accadere, le leggi cercano di evitarlo. Tuttavia c’è stato un contenzioso a riguardo: per alcuni anni (prima dell’istituzione di EPAP nel 1996) i professionisti senza cassa venivano iscritti alla Gestione Separata INPS. Se qualcuno ha continuato a pagare INPS gestione separata per errore invece di iscriversi all’EPAP, si trova in una situazione critica: EPAP gli chiede contributi arretrati e l’INPS magari non vuole restituire quelli versati. La difesa qui è impostare che “non si può essere obbligati a pagare due volte su lo stesso reddito”. In genere la legge risolve assegnando competenza alla cassa di categoria: la Cassazione ha affermato che un professionista iscritto ad un Albo non deve contribuire alla Gestione Separata per i redditi professionali se esiste una cassa specifica, anche se non vi era iscritto. L’obbligo è di iscriversi alla cassa, non di ripiegare sull’INPS. Quindi l’INPS in questi casi dovrebbe rimborsare o trasferire le somme. In un’ordinanza del 2023 (Cass. n.3635/2023) è stato ribadito che non c’è divieto per un avvocato di ricongiungere i contributi versati per errore alla Gestione Separata con quelli della propria Cassa (Forense). Applicando l’analogia, un chimico che avesse pagato INPS può chiedere la ricongiunzione di quei contributi all’EPAP.
- Strategia giudiziaria: in questo scenario, il debitore dovrebbe parallelamente agire per ottenere la ricongiunzione/rimborso dall’INPS e nel giudizio con EPAP chiedere eventualmente il riconoscimento di un credito di imposta o una compensazione per evitare la doppia pretesa. Il giudice del lavoro potrebbe sospendere un procedimento in attesa dell’altro. Non è una difesa semplice, ma la giurisprudenza è favorevole al professionista: la Corte di Cassazione ha più volte sostenuto che il professionista non può essere penalizzato da conflitti tra enti, e ha dato via libera alla ricongiunzione contributiva cross-ente.
- Caso errore di iscrizione: se EPAP pretendesse contributi da qualcuno che in realtà non doveva proprio iscriversi (es: non era iscritto all’Albo in quell’anno, o l’attività svolta non rientrava nell’ambito professionale), si può far valere “difetto di obbligo”. Ad esempio, se un geologo non era ancora laureato/abilitato e svolgeva solo consulenze agrarie, EPAP non c’entra. Sono situazioni limite, ma vanno valutate. In giudizio si chiederebbe l’accertamento che “Tizio non era soggetto all’obbligo contributivo EPAP per l’anno X”.
- Caso sanzioni disciplinari: non attiene strettamente al debito, ma se l’Ordine sospende o radia un professionista, in quel periodo non può lavorare, quindi non dovrebbe maturare contributi. Se EPAP li pretendesse, si potrebbe eccepire che quell’anno non vi era attività professionale autorizzata.
5. Chiedere la riduzione delle sanzioni in sede giudiziale
Qualora il debito contributivo venga riconosciuto dovuto nel capitale, resta la questione delle sanzioni e interessi. In giudizio è possibile chiedere al giudice una valutazione di equità sulla somma delle sanzioni civili applicate. La Corte di Cassazione ha in passato assimilato le sanzioni per omesso versamento di contributi a una sorta di “clausola penale” civile, affermando che può esserne chiesta la riduzione se sono manifestamente eccessive (art. 1384 c.c.). Ad esempio, se per un debito modesto si fossero accumulate sanzioni sproporzionate per lungaggini non imputabili all’iscritto, il giudice potrebbe ridurle. Tuttavia, questa via è incerta e di rado praticata, poiché le sanzioni EPAP (0,4% mese) sono in linea con la legge e di solito non raggiungono livelli usuranti come certe sanzioni INPS del passato. Comunque, nulla vieta di domandare in via subordinata la riduzione delle sanzioni ex art. 35 co.8 L.689/1981 o in via equitativa, soprattutto se vi sono state cause di forza maggiore nel mancato pagamento (malattia grave, eventi imprevedibili). Il giudice potrebbe, ad esempio, confermare il capitale e interessi ma cancellare le sanzioni. È raro, ma possibile in casi ben documentati.
6. Costituzionalità ed altre eccezioni
In un panorama avanzato, si potrebbe valutare se sollevare questioni di legittimità costituzionale (ad esempio, sulla doppia imposizione contributiva, o sulla mancanza di sanatorie per enti privati quando lo Stato fa condoni generali). Finora, però, la Consulta ha riconosciuto la legittimità del regime delle casse privatizzate. Ad esempio, ha ritenuto non incostituzionale la differenza di trattamento in sede di “pace fiscale” tra enti pubblici e casse private: queste ultime, essendo autonome finanziariamente, possono decidere liberamente se aderire o no ai condoni di Stato. Quindi un ricorso lamentando discriminazione perché EPAP non ha fatto lo stralcio dei mini-debiti probabilmente non avrebbe successo, essendo frutto di scelta discrezionale dell’ente.
Un’ultima eccezione, se proprio c’è spazio, è verificare la regolarità formale degli atti: una cartella può essere nulla se priva di motivazione o se l’importo non era chiaro. Oppure se EPAP ha iscritto a ruolo somme in assenza di una preventiva determinazione (ma nei ruoli EPAP di solito allegano il dettaglio). Qualsiasi vizio formale va sollevato subito nel ricorso.
In conclusione, la difesa giudiziale ruota attorno a pochi punti cardine: prescrizione, mancanza di obbligo, errori procedurali e (in subordine) clemenza su sanzioni. È altamente consigliato, in questi contenziosi, allegare tutti i documenti possibili e magari farsi supportare da un consulente del lavoro esperto in contributi professionali, per validare i calcoli e fornire al giudice un quadro chiaro.
Aspetti fiscali connessi ai debiti contributivi EPAP
I debiti contributivi non hanno solo risvolti previdenziali, ma anche fiscali. Vediamo le principali connessioni:
- Deducibilità dei contributi versati tardivamente: I contributi previdenziali obbligatori (contributo soggettivo EPAP e contributo di maternità/solidarietà) sono oneri deducibili dal reddito complessivo IRPEF ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. e) del TUIR. Ciò vale sia che vengano versati regolarmente, sia che vengano versati in ritardo (purché dovuti per legge). Ad esempio, se nel 2025 il geologo paga €10.000 di contributi EPAP arretrati relativi a vari anni precedenti, potrà dedurli nella dichiarazione dei redditi 2025 (Unico 2026) come oneri deducibili. Non è però possibile dedurli retroattivamente negli anni cui si riferivano (a meno di riaprire quei periodi con dichiarazioni integrative a favore, operazione complessa e spesso non ammessa per oneri non pagati in tempo). In sostanza si applica il principio di cassa: conta l’anno di effettivo pagamento per avere la deduzione. Questo è un piccolo sollievo: pagare contributi arretrati riduce l’imponibile fiscale dell’anno di pagamento, alleggerendo un po’ il peso (fino al 43% dell’importo può ritornare sotto forma di minori imposte, se si è in aliquota IRPEF massima).
- Contributo integrativo e fisco: Come già accennato, il contributo integrativo del 4% non rientra tra gli oneri deducibili IRPEF (poiché non è contributo per previdenza obbligatoria per sé, ma rivalsa su clienti). Normalmente, però, per il professionista in contabilità semplificata, quel 4% applicato in fattura costituisce ricavo tassabile e parallelamente il versamento all’ente è un costo deducibile nell’ambito del reddito di lavoro autonomo. Quindi l’effetto si neutralizza nel calcolo del reddito professionale. Tuttavia, occorre fare attenzione: se il professionista non ha contabilizzato quel costo (ad es. in regime forfettario non può dedurlo affatto), non potrà poi dedurlo altrove. La Cassazione ha chiarito che “il contributo integrativo dovuto alle casse professionali non può essere dedotto dal reddito complessivo qualora abbia già concorso alla determinazione del reddito professionale”. Tradotto: niente doppia deduzione. In pratica, in regime fiscale ordinario il contributo integrativo EPAP pagato non va indicato tra gli oneri deducibili in dichiarazione, perché è già stato portato come spesa nel conto economico.
- Sanzioni e interessi non deducibili: Le somme pagate a titolo di interessi moratori e sanzioni per ritardato versamento non sono deducibili dal reddito. La normativa fiscale (art. 6 comma 4, L. 504/95 e orientamenti costanti) vieta la deduzione delle sanzioni pecuniarie irrogate per violazioni di norme (incluse quelle contributive). Anche gli interessi relativi a tali omissioni sono considerati indeducibili, in quanto accessori a un obbligo di legge inadempiuto. Ne consegue che se Tizio paga €1.000 di contributi e €200 di sanzioni/interessi, potrà dedurre solo i €1.000. I restanti €200 sono una perdita “netta”. (Nota: alcuni orientamenti ammettono la deducibilità degli interessi in quanto non aventi natura punitiva ma compensativa; tuttavia, l’Agenzia delle Entrate propende per la non deducibilità anche degli interessi da tardivo versamento di contributi, equiparandoli a quelli da tardivo versamento di imposte, sicuramente indeducibili).
- Crediti d’imposta e compensazioni: Come visto, non è possibile compensare debiti EPAP con crediti fiscali nel mod. F24. Se però un iscritto risulta creditore verso l’EPAP (cosa rara ma possibile, ad es. un ricalcolo a suo favore), quell’ammontare non può essere usato in compensazione di imposte statali. Può solo chiedere il rimborso o usarlo a compensazione di futuri contributi EPAP. In generale, c’è una separazione tra posizione fiscale e previdenziale.
- Cartella esattoriale mista: Se l’Agenzia Entrate Riscossione emette una cartella contenente sia importi EPAP sia imposte erariali, bisogna sapere che in caso di pagamento parziale, il debitore può specificare a cosa imputarlo. Ad esempio, se si aderisce a una definizione agevolata per la parte fiscale (che sconta sanzioni e interessi) ma l’EPAP non aderisce, il pagamento che si fa va prima a coprire la quota EPAP integralmente con relativi oneri, e solo poi il resto. Non c’è una norma chiara su come imputare, ma di solito conviene separare i pagamenti per non fare confusione.
- Impatto IVA: Il contributo integrativo EPAP al 4% non è soggetto ad IVA e non è nemmeno una ritenuta. Quindi a livello IVA non c’è effetto. Se un professionista forfettario non addebita IVA, addebita comunque il 4% EPAP ai clienti (tranne che verso privati non tenuti, dove è facoltativo) e quell’importo non modifica la sua imposta sostitutiva, ma è pur sempre un flusso finanziario. La mancata riscossione del 4% dai clienti non esime dal doverlo poi pagare di tasca propria all’Ente. Ciò può essere visto come un “costo fiscale”: se uno per scontare la prestazione non mette il 4%, dovrà togliere quell’importo dal proprio compenso.
- DURC fiscale e contributivo: In alcuni casi (appalti pubblici, ecc.), per essere pagato un professionista deve essere regolare sia con le imposte che con i contributi (Durc online). Un debito EPAP non ancora in fase di recupero coattivo potrebbe emergere in fase di richiesta DURC. Fortunatamente dal 2017 il DURC online per autonomi verifica solo INPS/INAIL e casse edili, mentre per le casse professionali vige un sistema a parte. EPAP rilascia il proprio certificato su richiesta. Se c’è un debito, come detto, lo rilascia solo se c’è un piano di rateazione attivo o se il debito è sotto soglia. Quindi dal punto di vista fiscale, avere un debito EPAP non incide direttamente sulle certificazioni tributarie, ma incide sul DURC professionale. Un imprenditore dovrà quindi considerare il costo opportunità: meglio fare un piano e ottenere DURC, perché senza potrebbe non poter lavorare con committenti pubblici.
In sintesi, dal lato fisco:
- Dedurre il più possibile i contributi pagati (ma attenzione a non dedurre due volte quelli integrativi).
- Sapere che sanzioni e interessi sono a “fondo perduto” fiscalmente (valutazione: pagare prima evita di generare costi non deducibili).
- Usare eventuali pagamenti contributivi consistenti in anni di reddito alto per ridurre il carico fiscale di quell’anno (può valere la pena concentrarli in un anno di aliquota alta, se si ha questa flessibilità, per massimizzare il risparmio fiscale).
- Un debito EPAP, se viene annullato per prescrizione o condono, non genera alcuna tassazione (non è sopravvenienza attiva tassabile, in quanto è l’estinzione di un debito di natura non commerciale ma previdenziale). Allo stesso modo, se venisse “condonato” (cosa ipotetica al momento), il risparmio sulle sanzioni non avrebbe effetti fiscali diretti (le sanzioni non erano dedotte, quindi niente da rettificare).
Esempi pratici e casi risolti
Di seguito, proponiamo alcune simulazioni pratiche per chiarire come applicare le strategie descritte a situazioni reali:
- Esempio 1: Debito recente saldato con ravvedimento e rate interne. L’attuario Marco, 35 anni, si accorge a settembre 2025 di non aver versato il saldo contributi 2024 (scaduto il 15/11/2024, importo €2.000). Non ha ricevuto ancora alcun sollecito dall’EPAP. Decide di attivarsi: invia subito il Modello 2 2024 (che aveva dimenticato) e chiede all’EPAP il conteggio per regolarizzare. L’EPAP calcola interessi e sanzione ridotta (essendo entro 12 mesi dal termine, sanzione 0,27% mese). Marco si accorda per pagare in 3 rate mensili direttamente all’EPAP (settembre-ottobre-novembre 2025) l’importo di circa €2.100 totali (capitale 2000 + interessi ~50 + sanzione ~50). L’Ente accetta e formalizza un mini-piano. Marco paga la prima rata: ottiene immediatamente il DURC regolare perché risulta “in regola con rateazione”. Entro novembre paga tutte le rate. Esito: debito estinto senza cartelle, sanzioni ridotte, nessuna azione legale necessaria. L’anno seguente dedurrà quei €2.000 di contributi nella dichiarazione dei redditi 2025.
- Esempio 2: Debito prescrizione quinquennale. La chimica Anna riceve a luglio 2025 una cartella da Agenzia Riscossione per “Contributi EPAP anno 2019 non pagati” importo €800 (minimi 2019) + €200 di sanzioni e interessi = €1.000 totali. Verifica le date: i contributi 2019 scadevano a novembre 2020. L’EPAP non le aveva inviato alcuna comunicazione fino alla cartella, notificata in data 10/07/2025. Dal 15/11/2020 al 15/11/2025 intercorrono 5 anni precisi. La cartella è arrivata poco prima che maturassero, ma attenzione: fa fede la data di formazione del ruolo. Se l’EPAP ha affidato il ruolo entro novembre 2025, è nei 5 anni; se invece per ritardi vari il ruolo è datato dicembre 2025, allora al momento dell’affidamento il credito era già prescritto. Anna presenta ricorso al Tribunale entro 40 giorni eccependo la prescrizione del credito al 15/11/2025. Se dall’istruttoria risulta che l’EPAP ha deliberato il ruolo solo il 20/11/2025, il giudice le darà ragione dichiarando non dovuto il pagamento (prescrizione maturata). Se invece EPAP prova di aver emesso atto interruttivo (es. lettera PEC del 2023 che Anna non ha visto perché PEC inattiva), allora la prescrizione sarebbe interrotta. In quel caso, se l’atto risulta notificato correttamente (es. deposito in inbox PEC), Anna perderebbe la causa e dovrebbe pagare. Se invece quell’atto PEC aveva un vizio (PEC inviata a vecchio indirizzo non valido), potrebbe non essere ritenuto idoneo e la prescrizione starebbe ancora dalla sua parte. Esito possibile: Anna ottiene l’annullamento della cartella per intervenuta prescrizione, risparmiando €1.000.
- Esempio 3: Doppia contribuzione e ricongiunzione. L’agronomo Luigi dal 2010 al 2015 non ha mai inviato Mod.2 a EPAP né versato contributi, credendo erroneamente di dover pagare l’INPS gestione separata (non era informato dell’EPAP). Infatti dal 2010 al 2015 ha versato alla Gestione Separata INPS contributi sul suo reddito di agronomo per circa €15.000. Nel 2016 l’EPAP si accorge, lo iscrive d’ufficio retroattivamente e gli chiede con lettera raccomandata €20.000 (contributi 2010-2015 + sanzioni). Luigi è sconvolto: si ritrova a dover pagare due volte per lo stesso periodo. Fa ricorso al Comitato dei Delegati EPAP per via amministrativa (nel 2016 c’era questa procedura interna), ma viene rigettato. Allora nel 2017 Luigi fa ricorso al Tribunale chiedendo di annullare la richiesta EPAP perché aveva già versato all’INPS. In parallelo, chiede all’INPS la ricongiunzione dei contributi versati (ex L.45/1990). Il Tribunale sospende il giudizio in attesa di vedere l’esito con INPS. L’INPS inizialmente nega la ricongiunzione sostenendo che la legge non la prevedrebbe per Gestione Separata. Luigi insiste e arriva in Corte d’Appello, che invece gli dà ragione richiamando la Cassazione: “nessun divieto di ricongiunzione tra contributi cassa e gestione separata”. Nel 2020 Luigi ottiene quindi il trasferimento dei €15.000 da INPS a EPAP, coprendo così buona parte del dovuto. A questo punto EPAP ridetermina il suo debito: restano €5.000 di differenza (probabilmente le sanzioni EPAP). Luigi concorda di pagare questi €5.000 a rate e chiede al giudice di cessare la materia del contendere, avendo sostanzialmente risolto. Esito: Luigi alla fine non ha pagato due volte: ha trasferito i contributi già versati e pagato solo le sanzioni EPAP residue. Questo caso mostra che la difesa coordinata su due fronti (EPAP e INPS) può evitare la doppia contribuzione.
- Esempio 4: Rateazione e DURC in appalto. La geologa Marta ha un debito di €8.000 verso EPAP (anni 2018-2020 non pagati). Nel 2024 vince un bando pubblico per consulenza geologica, ma la PA richiede DURC regolare. Marta non ce l’ha. Siamo a marzo 2024: l’EPAP non ha ancora mandato cartella ma la sua posizione risulta irregolare. Marta contatta subito EPAP e ottiene un piano di rateizzazione in 48 rate mensili (4 anni) ai sensi della delibera vigente. Firma il piano, riconosce il debito e paga la prima rata di circa €170. L’EPAP a quel punto emette il certificato di regolarità contributiva indicando che c’è un piano attivo e l’iscritta è in regola con le scadenze. Marta riesce così a consegnare il DURC e ad iniziare il lavoro. Continuerà a pagare le rate; se dovesse saltarne una, verrebbe meno il DURC e scatterebbe la riscossione coattiva immediata del residuo. Esito: grazie alla strategia stragiudiziale della rateazione, Marta ha salvato il contratto di lavoro e diluito l’esborso, pur rinunciando a contestazioni legali (il debito era effettivamente dovuto).
Domande frequenti (FAQ) su debiti EPAP
Di seguito una serie di domande comuni sul tema, con risposte sintetiche:
D: Chi è obbligato a iscriversi all’EPAP e pagare i relativi contributi?
R: Sono obbligati tutti i liberi professionisti iscritti agli Ordini degli Attuari, Chimici, Fisici, Geologi, Dottori Agronomi e Forestali che esercitano la professione in forma autonoma. L’obbligo scatta dal momento dell’abilitazione e iscrizione all’Albo e produzione di reddito professionale. Anche se il reddito è zero o modesto, è dovuto il contributo minimo annuale. Non sono tenuti all’EPAP i professionisti dipendenti che non svolgono attività autonoma o chi, pur laureato, non è iscritto all’Albo (es: chimico che lavora come dipendente e non è nell’Ordine). I Psicologi non rientrano in EPAP ma in ENPAP, la loro cassa specifica.
D: Cosa succede se dimentico o non riesco a pagare un contributo EPAP?
R: Si attiva la procedura sanzionatoria: l’importo non versato accumula interessi legali e sanzioni dello 0,4% al mese dal giorno dopo la scadenza. L’EPAP prima o poi invierà un sollecito formale tramite PEC: a quel punto hai un breve termine per pagare (con sconto 25% sanzioni se paghi entro 5 giorni) oppure per fare osservazioni. Se ignori anche questo, l’EPAP iscriverà il debito a ruolo presso l’Agenzia Entrate – Riscossione, che ti notificherà una cartella esattoriale. Se nemmeno la cartella viene pagata, dopo 60 giorni potranno esserci azioni esecutive (fermi, pignoramenti). Inoltre, finché sei irregolare, non avrai il DURC e l’EPAP può segnalarlo al tuo Ordine (rischio di provvedimenti disciplinari per morosità grave).
D: Esiste la prescrizione per i contributi EPAP? Entro quanto tempo si estinguono i debiti contributivi non riscossi?
R: Sì, vige la prescrizione quinquennale ex art. 3 L.335/1995. Dopo 5 anni dalla scadenza di un contributo, se nessun atto scritto di richiesta ti è stato notificato in quel frattempo, non sei più tenuto a pagarlo e anzi l’EPAP non può più accettarlo. Ogni atto interruttivo (sollecito EPAP, cartella, intimazione) fa ripartire il termine di 5 anni. Importante: se non impugni una cartella entro 40 giorni, il debito diventa definitivo ma la prescrizione resta 5 anni (non diventa 10). Quindi puoi sempre opporre che il credito è prescritto se trascorrono 5 anni senza ulteriori atti.
D: Come posso fare ricorso contro una cartella EPAP che ritengo ingiusta?
R: Devi agire entro 40 giorni dalla notifica della cartella, presentando un ricorso in opposizione al Tribunale – Sezione Lavoro competente (di solito quello della tua sede lavorativa). Nel ricorso, da depositare in tribunale (meglio tramite un avvocato), indicherai i motivi per cui la cartella è illegittima: es. prescrizione, errori di calcolo, non debenza, ecc. Il giudizio seguirà il rito del lavoro, con udienza, scambio memorie e sentenza. Entro i 40 giorni puoi anche chiedere all’Agente di Riscossione la sospensione in autotutela presentando la documentazione: se l’Agente non sospende, è comunque il giudice a poter sospendere su tua istanza (ma devi proporre il ricorso e fare istanza al giudice). In breve: 40 giorni è il termine chiave per non perdere il diritto al ricorso.
D: Posso rateizzare il debito contributivo con l’EPAP?
R: Sì, l’EPAP consente forme di rateizzazione straordinaria per debiti pregressi. Devi presentare richiesta motivata all’Ente. Se accettata, di solito dovrai versare un piccolo acconto e poi rate mensili (possono arrivare fino a 5 anni di dilazione in casi gravi). Durante la rateizzazione, l’EPAP sospende sanzioni ulteriori e applica solo interessi dilatori al tasso legale. Attenzione: dovrai riconoscere il debito e rinunciare a contestarlo, e rispettare le rate altrimenti decade tutto. Se il debito è già in cartella, puoi anche chiedere la rateazione all’Agente Riscossione: standard fino a 72 rate (6 anni) senza bisogno di documentare nulla se sotto €120.000, oppure piani fino a 120 rate con prova di difficoltà. La rateazione con l’Agenzia però non riduce sanzioni o interessi, mentre quella EPAP può congelare le sanzioni future. Inoltre, con la rateazione EPAP ottieni il DURC regolare subito pagando la prima rata, cosa importante se lavori con enti pubblici.
D: I contributi EPAP pagati in ritardo li posso dedurre dalle tasse?
R: Sì, i contributi previdenziali obbligatori (soggettivo, maternità, solidarietà) sono deducibili IRPEF nell’anno in cui li paghi. Se paghi oggi arretrati di 3 anni fa, li deduci nella dichiarazione dei redditi di quest’anno. Invece gli interessi di mora e le sanzioni pagati non sono deducibili (sono considerati oneri sanzionatori, non oneri previdenziali). Il contributo integrativo 4% non è deducibile dal reddito complessivo, ma in regime di contabilità ordinaria è stato già portato come costo nel calcolo del reddito professionale (quindi di fatto dedotto lì). Fai attenzione a non dedurre due volte nulla: se hai dubbi, il tuo commercialista potrà indicare l’importo esatto deducibile (in genere quello certificato dall’EPAP ogni anno). E ricorda: se un contributo è prescritto e non lo versi più, non puoi certo dedurlo (non lo hai pagato), ma se lo avessi dedotto in passato erroneamente senza pagarlo, dovresti regolarizzare quella dichiarazione.
D: Ho smesso di esercitare la professione, devo pagare comunque i contributi arretrati?
R: Sì. L’obbligo contributivo è legato al periodo in cui eri iscritto e esercitavi. Se ora hai chiuso la partita IVA o ti sei cancellato dall’Albo, non maturi nuovi contributi, ma i debiti pregressi rimangono dovuti. L’EPAP continuerà a esigerli, eventualmente con cartella, e potrà agire sul tuo patrimonio anche se non fai più il professionista (può pignorare beni personali). L’unica eccezione è se quei contributi cadono in prescrizione, come detto, ma solo dopo 5 anni senza atti. Quindi smettere di lavorare non estingue magicamente i debiti precedenti. Conviene piuttosto trovare un accordo di saldo/stralcio o rateazione. Nota: se non sei più iscritto all’Albo e quindi all’EPAP, potresti avere difficoltà a ricevere comunicazioni (PEC disattivata ecc.), ma l’ente cercherà comunque di notificarti atti via raccomandata all’ultimo indirizzo noto o residenza.
D: Esistono “condoni” o sanatorie per i debiti EPAP?
R: Al momento no, non in senso pieno. L’EPAP non ha aderito alla sanatoria nazionale del 2023 (cosiddetta Rottamazione-quater), quindi i suoi iscritti non hanno potuto beneficiare dell’azzeramento di sanzioni e interessi previsto dallo Stato per i carichi affidati dal 2000-2022. In passato però l’Ente ha autonomamente concesso agevolazioni: ad esempio la rateizzazione del 2016 per i debiti fino al 2014 comportava di fatto un condono di sanzioni future (venivano sospese). Non è escluso che in futuro EPAP vari nuove misure agevolative interne – bisogna tenersi aggiornati sulle delibere EPAP o sulle comunicazioni del proprio Ordine. Quindi, attualmente, nessun condono automatico. Se hai mini-debiti < €1000 antecedenti al 2015, sappi che lo Stato li ha cancellati per le sue entrate, ma l’EPAP ha deliberato di non cancellarli, dunque li vuole ancora. Dovrai pagarli o farli prescrivere.
D: L’EPAP può davvero farmi pignoramenti o ipoteche?
R: Sì, attraverso l’Agenzia delle Entrate Riscossione. Se il debito arriva a fase esecutiva e non paghi, l’Agente può disporre un fermo amministrativo sul tuo veicolo (con preavviso 30gg), può iscrivere ipoteca su immobili di proprietà (se il debito supera €5.000), o procedere a pignoramento di conti correnti, stipendi, case, ecc. Naturalmente queste azioni seguono le regole generali: non possono pignorarti l’unica casa se non è di lusso e ci abiti; sul conto lasciando minimo vitale; stipendio max 1/10 se basso… Tuttavia, il rischio di azioni esecutive esiste e va preso sul serio. L’Agente della Riscossione ha poteri ampi (senza bisogno di autorizzazione giudice per iniziare). Dunque, se ricevi una cartella EPAP e non riesci a pagarla, non restare passivo: chiedi rateazione oppure valuta ricorso, ma non pensare che non agiranno mai. Tra l’altro, i sistemi informativi oggi segnalano in tempo reale molti dati (conti, auto) al riscossore, rendendo i pignoramenti abbastanza automatizzati per i crediti sopra qualche migliaio di euro.
D: Sono un giovane under 30 iscritto all’EPAP, è vero che pago meno contributi?
R: Sì, se sei nei primi 3 anni di iscrizione e hai optato per i soli minimi (ossia se non superi il minimo di reddito), l’EPAP ti concede la riduzione del 70% dei contributi minimi. Quindi ad esempio invece di €723 di minimo soggettivo ne paghi circa €217, e integrativo invece di €289 ne paghi €86, ecc. Questo ti aiuta a non accumulare debiti nei primissimi anni di attività. Ricorda però che devi comunque fare il Modello 2 e indicare che vuoi avvalerti di quell’agevolazione, e soprattutto pagare i contributi ridotti entro le scadenze. Se non li paghi, pur ridotti, matureranno debito e sanzioni sui ridotti (non sull’intero minimo, perché la riduzione è un diritto acquisito se ne avevi i requisiti di età e anzianità). Dunque sfrutta le agevolazioni ma non considerarle un lasciapassare per non pagare: anche €300 di contributi non pagati per 3 anni possono diventare €1.000 di cartella con sanzioni dopo un po’!
D: Ho ricevuto dall’Ordine una comunicazione che mi segnalano come moroso EPAP, cosa rischio?
R: Diversi Ordini professionali (es. Ordine Geologi) hanno norme deontologiche che prevedono sanzioni disciplinari per chi non è in regola con la cassa previdenziale. La segnalazione EPAP all’Ordine è un campanello d’allarme: potresti rischiare una censura o persino la sospensione dall’Albo se non sistemi la situazione. Il nostro consiglio è di metterti subito in contatto con l’Ordine, spiegare magari le difficoltà e informare che stai attivando un piano di rientro con EPAP. L’Ordine di solito privilegia il recupero bonario: potrebbe darti tempo prima di avviare un procedimento disciplinare, purché tu faccia passi concreti (es. consegni copia dell’accordo di rateazione o della richiesta presentata all’Ente). Il peggior scenario è essere sospesi dall’Albo per morosità: non potresti più esercitare finché non paghi, il che crea un circolo vizioso. Meglio evitarlo mostrando collaborazione.
D: Ho un contenzioso aperto con l’EPAP, nel frattempo posso farmi restituire i contributi versati o sospendere di pagarli?
R: No, i contributi obbligatori una volta versati restano dovuti – non esiste il rimborso a meno che emergesse un errore (es. EPAP ti chiede contributi non dovuti e tu li hai pagati erroneamente, allora dopo il contenzioso te li restituirà se vinci). Ma se li dovevi, non li rivedrai indietro. Quanto a sospendere i versamenti correnti in attesa dell’esito del ricorso, è altamente sconsigliato. Ad esempio, se fai ricorso sostenendo che non dovevi iscriverti nel 2021, comunque per gli anni successivi l’obbligo rimane finché la legge non cambia o finché non ottieni una sentenza che ti esonera. Se smetti di pagare anche i contributi correnti, allarghi solo il buco. Il tribunale potrebbe sospendere l’esecuzione della cartella impugnata, ma non ti autorizzerà a non pagare futuri contributi. Quindi continua a pagare il corrente, magari con riserva scritta se vuoi (puoi comunicare che paghi “senza acquiescenza, salvo rimborso in caso di esito favorevole del giudizio”), per evitare nuovi problemi.
Conclusioni
I debiti contributivi con l’EPAP rappresentano una sfida complessa per il professionista debitore, ma come abbiamo visto esistono molte strategie di difesa e gestione. La chiave è agire in modo tempestivo e informato: conoscere i propri diritti (ad esempio la prescrizione quinquennale) e i doveri, sfruttare gli strumenti stragiudiziali (ravvedimento, piani di rientro) e, se necessario, ricorrere ai mezzi giudiziari per far valere le proprie ragioni. Abbiamo affrontato aspetti tecnici come le procedure EPAP, le normative fiscali, le ultime pronunce giurisprudenziali – tutti elementi che un professionista o il suo legale difensore dovrebbero padroneggiare per ottenere il miglior risultato possibile.
Dal punto di vista del debitore, è importante mantenere un atteggiamento proattivo e trasparente: comunicare con l’EPAP (o tramite il proprio Ordine) alle prime difficoltà, cercare soluzioni concordate, e allo stesso tempo non esitare a contestare pretese infondate o illegittime nelle sedi opportune. La legge e i tribunali, come abbiamo visto, offrono tutela a chi subisce richieste tardive o irregolari (pensiamo al caso di contributi già prescritti e tuttavia pretesi, che possono essere annullati in giudizio).
È auspicabile che lo stesso EPAP, nel suo ruolo pubblico/privato, continui a bilanciare fermezza e comprensione: fermezza verso chi evade deliberatamente, ma comprensione verso chi attraversa momenti di difficoltà e buona fede. Le misure di rateizzazione e la collaborazione con gli Ordini vanno in questa direzione e devono essere sfruttate dal debitore diligente.
In conclusione, affrontare un debito contributivo EPAP richiede un mix di conoscenze normative, pianificazione finanziaria e talvolta assistenza legale specializzata. Con le informazioni fornite in questa guida – aggiornate a luglio 2025 – si spera di aver messo il professionista debitore in condizione di orientarsi meglio, evitando passi falsi e individuando la strategia più adatta alla propria situazione, verso una soluzione sostenibile e legalmente solida.
Fonti e riferimenti
- Legge 8 agosto 1995, n.335, art. 3 comma 9 – Termine di prescrizione quinquennale dei contributi obbligatori.
- Cassazione Civile, Sez. Lav., sent. n.14690/2021 (ord.) – Conferma che la mancata impugnazione della cartella non converte la prescrizione breve in decennale.
- Tribunale di Cassino, sent. 07/03/2019 – Applicazione dell’art.3, co.9 L.335/95: trascorsi 5 anni senza atti il contributo non è più dovuto né versabile.
- EPAP – Regolamento e Procedure Sanzionatorie (in vigore dal 16/4/2022) – Art.7 (maggiorazioni per ritardato pagamento); Art.10 (contestazioni formalizzate e messa in mora); Art.11 (riscossione coattiva tramite ruoli).
- Sito EPAP – Pagina “Adempimenti dichiarativi e contributivi” – Indicazioni sulle scadenze (Modello 2 entro 31 luglio) e obbligo PEC per ricevere gli avvisi di pagamento.
- Agenzia Entrate – Interpello (Risp. n.17/2020) – Principio di deducibilità contributi obbligatori ex art.10 TUIR e non deducibilità sanzioni (richiamato in sintesi).
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L’Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale (EPAP) gestisce la previdenza di professionisti come agronomi, geologi, chimici e attuari. In molti casi, contributi non versati, sanzioni e interessi possono far crescere rapidamente l’esposizione debitoria. A questo si aggiungono spesso altre pendenze fiscali o finanziarie, con il rischio di compromettere la stabilità economica e l’esercizio dell’attività professionale. Tuttavia, la legge prevede strumenti concreti per ridurre, rateizzare o cancellare i debiti e bloccare azioni esecutive.
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Conclusione
Anche un professionista con debiti contributivi EPAP può trovare una via d’uscita e riprendere la propria attività senza il peso delle passività.
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