Vuoi sapere in quali casi la notifica di un avviso di accertamento può essere considerata nulla?
La notifica dell’avviso di accertamento è un passaggio fondamentale: se non avviene nel rispetto delle regole di legge, l’atto può essere dichiarato nullo, con conseguente annullamento dell’intera pretesa tributaria. Conoscere le ipotesi di nullità ti permette di difenderti in modo efficace da accertamenti viziati.
Quando la notifica di un avviso di accertamento è nulla
– Notifica a soggetto diverso dal destinatario senza che sia presente un valido rapporto di rappresentanza o delega
– Notifica a indirizzo errato o non corrispondente alla residenza, domicilio fiscale o sede legale risultante agli atti dell’Agenzia delle Entrate
– Notifica oltre i termini di decadenza previsti dalla legge per l’emissione dell’atto
– Mancanza della relata di notifica o irregolarità tali da rendere impossibile verificare le modalità di consegna
– Notifica effettuata tramite PEC senza allegare il documento originale firmato digitalmente o con file non apribili
– Consegna a persona non abilitata a ricevere atti presso la sede o l’abitazione del destinatario
– Irregolarità nella notifica tramite servizio postale, come l’omessa compilazione dell’avviso di ricevimento o la mancata firma del destinatario
– Notifica a mezzo messo notificatore o ufficiale giudiziario senza il rispetto delle formalità previste dal codice di procedura civile
Effetti della nullità della notifica
– L’avviso di accertamento non produce effetti e non diventa definitivo
– Eventuali atti successivi (cartelle, pignoramenti) collegati all’accertamento possono essere annullati
– I termini per impugnare decorrono solo da una valida notifica
– In alcuni casi, la nullità può comportare la decadenza definitiva dell’Agenzia delle Entrate dal potere di accertamento
Come far valere la nullità della notifica
– Analizzare, con l’aiuto di un avvocato tributarista, le modalità di consegna e la documentazione allegata
– Richiedere copia integrale della relata di notifica o della ricevuta PEC
– Verificare il rispetto dei termini di decadenza
– Eccepire il vizio di notifica già in fase di contraddittorio o nel ricorso alla Commissione Tributaria
– Presentare memorie difensive e prove documentali che dimostrino l’irregolarità
Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– L’annullamento dell’avviso di accertamento per vizio di notifica
– La cancellazione delle somme richieste
– La sospensione di eventuali procedure esecutive collegate all’atto
– La tutela del patrimonio personale e aziendale
– L’archiviazione definitiva della pretesa fiscale se i termini di accertamento sono scaduti
Attenzione: non tutte le irregolarità comportano automaticamente la nullità, ma quelle che impediscono al destinatario di avere conoscenza legale dell’atto sono decisive. Una verifica tecnica immediata può fare la differenza tra pagare e non pagare.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e vizi di notifica – ti spiega tutti i casi in cui la notifica di un avviso di accertamento può essere nulla e come far valere questo vizio a tua difesa.
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Introduzione
La notifica di un avviso di accertamento è l’atto formale con cui l’Amministrazione finanziaria comunica al contribuente una pretesa tributaria. Dal punto di vista del debitore, ricevere correttamente questa notifica è fondamentale: una notifica viziata (nulla) o addirittura inesistente può infatti impedire all’atto di produrre effetti e offrire validi motivi di opposizione. In ambito tributario italiano, il tema della nullità della notifica dell’avviso di accertamento è complesso e in costante evoluzione. Occorre distinguere tra notifica nulla (vizi formali sanabili, in certi casi) e notifica inesistente (vizi radicali insanabili). La disciplina è stata recentemente innovata (luglio 2025) dal D.Lgs. 219/2023, che ha introdotto norme generali sui vizi degli atti tributari (art. 7-sexies dello Statuto del Contribuente) recependo gli orientamenti giurisprudenziali più autorevoli. In questa guida di livello avanzato, affronteremo tutti i casi di nullità (e inesistenza) della notifica di avvisi di accertamento, con taglio pratico per avvocati, imprese e privati. Forniremo riferimenti normativi aggiornati, le sentenze più recenti in materia, tabelle riepilogative, domande e risposte frequenti e simulazioni pratiche, il tutto in un linguaggio giuridico ma chiaro. L’obiettivo è mettere in luce, dal punto di vista del debitore, quali errori di notifica possono annullare o invalidare gli atti impositivi, come farli valere in giudizio e quali difese approntare.
Quadro Normativo e Concetti Generali
Norme sulle notifiche degli atti tributari – La notifica degli avvisi di accertamento e in generale degli atti fiscali segue in parte le norme del codice di procedura civile (artt. 137-160 c.p.c.) e in parte disposizioni speciali della legislazione tributaria. L’art. 60 del D.P.R. 600/1973 (per le imposte dirette) richiama le norme del c.p.c. in materia di notificazioni, con adattamenti specifici (ad esempio disciplina dei destinatari irreperibili). Analogamente, l’art. 26 del D.P.R. 602/1973 disciplina la notifica delle cartelle di pagamento e degli atti della riscossione, prevedendo che possa avvenire a mezzo posta, tramite messi notificatori autorizzati o PEC. Inoltre, la Legge 890/1982 regola le notifiche postali degli atti giudiziari e tributari (raccomandata AR, deposito per irreperibilità, invio di comunicazione di avvenuto deposito – CAD). Importanti sono poi le norme sull’introduzione della notifica tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) per gli atti tributari: dal 2017 in poi, l’Agenzia delle Entrate può notificare via PEC agli indirizzi risultanti da pubblici elenchi (Indice INI-PEC per imprese e professionisti, domicilio digitale per i cittadini). In caso di esito negativo via PEC (indirizzo inattivo o non valido), la legge prevede procedure sostitutive (deposito telematico e avviso di deposito) come sancito dall’art. 60 del DPR 600/73 aggiornato.
Nullità vs. inesistenza – In diritto tributario, la distinzione tra nullità e inesistenza della notifica è cruciale. La notifica inesistente è quella talmente viziata da non poter essere considerata nemmeno iniziata o realizzata: sono casi eccezionali, ad esempio l’atto mai consegnato a nessuno (restituito al mittente senza alcuna attività) oppure notificato a un soggetto totalmente estraneo (destinatario inesistente). La notifica nulla, invece, è eseguita ma con violazioni delle norme (vizi formali o procedurali) che la rendono invalida, pur essendo un atto “esistente” che potrebbe essere sanato. In generale, “la nullità è la regola; l’inesistenza l’eccezione”: qualsiasi vizio della notifica tende a comportarne la nullità, mentre solo difetti radicali comportano inesistenza. La differenza pratica è che una notifica nulla può essere sanata se l’atto “raggiunge il suo scopo” (principio di cui all’art. 156 c.p.c.), ad esempio se il destinatario ne viene comunque a conoscenza e agisce di conseguenza in tempo utile. La notifica inesistente, invece, non è sanabile in alcun modo: nemmeno la costituzione in giudizio del destinatario può “rimediare” al vizio, che resta rilevabile sempre.
Statuto del Contribuente, art. 7-sexies (vigente dal 2024) – La riforma tributaria attuata col D.Lgs. 219/2023 ha inserito nello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) un nuovo articolo 7-sexies intitolato “Vizi delle notificazioni”. Questa norma codifica principi elaborati dalla giurisprudenza recente. In sintesi: è inesistente la notificazione degli atti impositivi o della riscossione che sia priva dei suoi elementi essenziali oppure effettuata verso soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento col destinatario o soggetti estinti. Fuori da questi casi eccezionali, ogni notificazione eseguita in violazione di norme di legge è nulla, ma la nullità è sanabile dal raggiungimento dello scopo dell’atto, purché il contribuente impugni l’atto entro il termine di decadenza previsto per l’accertamento. Quest’ultima condizione – introdotta dal nuovo art.7-sexies – significa che la sanatoria per raggiungimento dello scopo opera solo se il destinatario reagisce tempestivamente: se l’atto viziato viene impugnato (anche solo per eccepirne la nullità) entro il periodo in cui l’ufficio potrebbe ancora emetterlo validamente, allora la notifica nulla si considera sanata e l’impugnazione va decisa nel merito. In caso contrario (ad esempio se il contribuente lascia decorrere infruttuosamente il termine di decadenza senza aver mai ricevuto valida notifica), l’atto impositivo viziato resta inefficace e l’ufficio perde la potestà di riscuoterlo. La norma precisa infatti che se la notifica di un atto “recettizio” (destinato a un destinatario specifico) è invalida, l’atto stesso rimane inefficace finché non sia notificato correttamente. Infine, l’art.7-sexies dispone che gli effetti di una notifica (inclusi effetti interruttivi o sospensivi dei termini) si producono solo nei confronti del destinatario e non si estendono ai terzi (ad es. coobbligati): viene così meno ogni effetto “propagativo” della notifica viziata verso altri soggetti.
Conseguenze processuali in sintesi – Una notifica nulla può essere fatta valere dal contribuente per chiedere l’annullamento dell’atto; tuttavia, se il contribuente comunque viene a conoscenza dell’atto e lo impugna tempestivamente, tale azione stessa “sana” la nullità della notifica (perché l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo difensivo). Questo principio di raggiungimento dello scopo (art. 156, co.3 c.p.c.) è fermo in giurisprudenza ed ora cristallizzato anche nello Statuto del Contribuente. Attenzione: la sanatoria opera soltanto se l’impugnazione è nei termini di legge; diversamente l’atto, non essendo stato validamente notificato, potrebbe non divenire definitivo ma al contempo l’ente impositore potrebbe aver perso la possibilità di reiterare la notifica se sono decorsi i termini decadenziali. La notifica inesistente, invece, non produce effetti e non attiva alcun termine: l’atto non notificato (o notificato inesistentemente) non diviene mai definitivo, e il contribuente potrà far valere tale vizio in qualsiasi momento o atto successivo (ad es. impugnando una cartella di pagamento conseguente). In sede processuale tributaria, la nullità della notifica va eccepita nel primo grado di giudizio disponibile; tuttavia, trattandosi di vizio relativo alla corretta instaurazione del contraddittorio, i giudici possono rilevarlo d’ufficio se emerge dagli atti. Spesso il contribuente viene a conoscenza dell’avviso di accertamento solo tramite un atto successivo (es. cartella esattoriale): in tal caso è ammessa l’impugnazione diretta della cartella per far valere l’omessa o nulla notifica dell’atto presupposto, senza dover impugnare anche nel merito l’accertamento originario. Nel prosieguo, esamineremo dettagliatamente tutti i casi di nullità della notifica dell’avviso di accertamento e atti analoghi, fornendo riferimenti a norme e sentenze aggiornate al 2025.
Casi di Notifica Inesistente: Elementi Essenziali Mancanti
Cominciamo dalle ipotesi più gravi, quelle di inesistenza della notifica, che l’art. 7-sexies Statuto Contribuente definisce come notifiche “prive degli elementi essenziali” oppure effettuate verso soggetti del tutto inesistenti o non legati al destinatario. Qui la notifica manca dei requisiti minimi tali da poterla considerare un atto giuridico: in sostanza, è come se la notifica non fosse mai avvenuta. Vediamo i principali casi.
- Notifica mai avvenuta (atto non consegnato) – È il caso paradigmatico di inesistenza: nessun atto è stato in realtà notificato. Ad esempio, l’ufficio emette l’avviso ma non lo invia affatto al contribuente entro il termine oppure lo invia a sé stesso per errore, e l’atto viene restituito al mittente senza che alcuna consegna sia avvenuta. La Corte di Cassazione ha chiarito che si ha inesistenza della notifica solo in ipotesi eccezionali, ossia quando nessun atto è stato materialmente consegnato: se l’atto torna indietro senza che l’ufficiale notificatore abbia consegnato nulla a nessuno, la notificazione è inesistente. Un esempio pratico: un avviso di accertamento inviato per raccomandata, che però non raggiunge mai l’indirizzo (perché smarrito o indirizzo errato non esistente) e viene restituito Poste con dicitura “destinatario sconosciuto”; se l’ente non ha seguito le procedure di affissione e deposito previste (vedremo dopo), l’atto non può dirsi notificato affatto. La notifica inesistente non attiva i termini per impugnare l’accertamento, né rende definitivo l’atto, ma il contribuente potrebbe non essere a conoscenza dell’atto finché non subentra un evento successivo (es. iscrizione a ruolo). In tal caso, dal punto di vista del debitore, la prima occasione utile per far valere l’inesistenza sarà l’impugnazione della cartella esattoriale basata su quell’accertamento: come vedremo, la Cassazione conferma che la cartella è nulla se l’avviso presupposto non fu mai notificato, e il contribuente può impugnarla per far valere proprio l’omessa notifica originaria.
- Destinatario inesistente o soggetto non legittimato – Un’altra ipotesi grave è la notifica diretta a un soggetto che non esiste giuridicamente. Ad esempio, l’avviso intestato e notificato a una persona deceduta prima della data di notifica, oppure a una società estinta (cancellata dal registro) al momento della notifica. In tali casi l’atto è notificato a un soggetto che non può più riceverlo: la giurisprudenza lo qualifica come notifica inesistente, in quanto manca un elemento essenziale (il destinatario giuridico). Anche prima della riforma, la Cassazione aveva annullato avvisi intestati a persone defunte o società cessate, considerando nulli o addirittura inesistenti tali atti. Con la nuova norma, è chiaro che la notificazione a soggetti inesistenti o estinti rientra nell’inesistenza. Questo vizio non è sanabile: l’eventuale conoscenza dell’atto da parte di eredi o successori non sana la notifica, poiché manca proprio il destinatario originario previsto. La soluzione pratico-procedurale in questi casi è che l’ufficio dovrebbe riemettere l’atto intestandolo ai soggetti giusti (es. eredi, o società incorporante) e notificarlo correttamente entro i termini, altrimenti la pretesa non potrà essere fatta valere. Un esempio: avviso di accertamento a contribuente deceduto – se l’Ufficio lo notifica ugualmente, magari consegnandolo a un familiare convivente, tale notifica è giuridicamente inesistente perché il destinatario non c’è più; gli eredi potranno ignorare l’atto e, se arrivasse una cartella, impugnarla per difetto assoluto di notifica (e l’ente dovrà ripartire notificando l’accertamento agli eredi, se non decaduto).
- Notifica totalmente priva di collegamento col destinatario – Questa categoria, menzionata dall’art.7-sexies, copre i casi di notifica a persone o indirizzi del tutto estranei al contribuente. Esempio: l’avviso è consegnato a un indirizzo sbagliato che appartiene a un estraneo, e magari viene ricevuto da una persona omonima o sconosciuta al contribuente. Oppure l’atto viene notificato a un omonimo (stesso nome e cognome) ma che non è il vero destinatario, per errore di individuazione. In tali ipotesi la notifica non ha realizzato neppure in minima parte lo scopo: l’atto non è giunto nella sfera di conoscibilità del destinatario legittimo. La giurisprudenza classica definiva inesistente la notifica “quando sia effettuata in luogo o a persona assolutamente non riferibili al destinatario”. Ad esempio, notificare l’avviso a Tizio Rossi ma consegnarlo a Caio Bianchi (soggetto del tutto diverso) è una fattispecie nulla radicale. Similmente, consegnare l’atto in un luogo completamente sbagliato (ad esempio una città dove il contribuente non ha mai avuto domicilio né sede) senza utilizzare le procedure legali per gli irreperibili, configura un difetto essenziale. Tali errori grossolani sono distinti dai semplici errori formali: qui manca proprio la relazione tra atto e destinatario. Anche questi casi sono non sanabili: se per puro caso il contribuente venisse a conoscenza dell’atto (ad esempio, l’estraneo ricevente glielo consegna), saremmo piuttosto nell’ambito della nullità sanabile (conoscenza effettiva e impugnazione in termini), ma se ciò non avviene l’atto resta come non notificato.
- Mancanza di elementi essenziali nella relazione di notifica – La notifica può essere considerata inesistente anche se manca totalmente la documentazione di elementi fondamentali. Ad esempio, l’ufficiale notificatore non redige affatto la relata di notifica sull’originale o sulla copia dell’atto, lasciando così zero tracce dell’avvenuta consegna: in tal caso, secondo alcune pronunce, la notifica potrebbe qualificarsi inesistente (poiché manca l’elemento scritto che attesta la notifica stessa). Su questo confine tra nullità e inesistenza la giurisprudenza ha oscillato: la tendenza attuale è considerare nulla (e non inesistente) la notifica priva di relata, purché vi sia comunque un’attività materiale di consegna dell’atto. Se invece nessuna attestazione esiste ed è dubbio che sia stata effettuata una consegna, potremmo rientrare nell’inesistenza. Un altro esempio: invio via PEC senza allegare l’atto o con allegato il file sbagliato – qui manca l’elemento essenziale (l’atto da notificare) e la notifica potrebbe considerarsi inesistente o quantomeno nulla insanabile, poiché il destinatario riceve una PEC vuota o senza l’atto. Un caso reale: se l’Agenzia inviasse la PEC con un file illeggibile o protetto da password non comunicata, impedendo al contribuente di avere conoscenza dell’atto, la notifica sarebbe da annullare; probabilmente non inesistente (l’atto è partito) ma certamente nulla per violazione di elementi essenziali (mancata conoscenza).
Effetti delle notifiche inesistenti – Ribadiamo dal punto di vista del debitore: una notifica giuridicamente inesistente non fa decorrere alcun termine di impugnazione. L’atto contenuto è inefficace finché non venga notificato validamente. Ciò non significa che il contribuente possa ignorarlo del tutto: se viene comunque a saperne informalmente, la prudenza suggerisce di agire (ad es. può presentare un’istanza all’ente o un ricorso eccependo l’inesistenza). Ma la legge gli consente anche di attendere e fare valere il vizio quando l’ente tentasse di riscuotere coattivamente. Ad esempio, se dopo un avviso mai notificato arriva una cartella di pagamento, questa sarà impugnabile per far dichiarare nullo l’intero procedimento. La Cassazione (ord. n.26660/2023) ha confermato che l’omessa notifica dell’atto presupposto comporta la nullità della cartella conseguente, senza obbligo per il contribuente di impugnare anche l’avviso mai notificato. In sostanza, l’inesistenza della notifica dell’accertamento “si propaga” all’atto successivo, rendendolo annullabile su eccezione del contribuente.
Di seguito, una tabella riepilogativa distingue le ipotesi di inesistenza della notifica rispetto alla nullità, con esempi pratici e conseguenze:
Casi di Notifica Inesistente | Descrizione ed Esempi | Conseguenze |
---|---|---|
Nessuna consegna effettuata (atto restituito intatto) | L’atto non viene consegnato a nessuno (es. raccomandata tornata al mittente senza attività). | Notifica inesistente – atto inefficace, termini non decorrono. Il contribuente potrà eccepirlo quando ne viene a conoscenza (es. tramite cartella). |
Destinatario giuridicamente inesistente (decesso/estinzione) | Notifica a persona deceduta prima dell’atto, o a società cessata. | Notifica inesistente – vizio insanabile. L’ente deve notificare agli eredi/soggetti successori entro termini, altrimenti perde la pretesa. |
Soggetto o indirizzo totalmente estranei | Atto consegnato a persona/indirizzo senza legame col destinatario (errore radicale). | Notifica inesistente – l’atto non è mai giunto al destinatario legittimo. Impugnazione possibile al primo effetto utile (es. cartella successiva nulla). |
Mancanza elementi essenziali (es. atto non allegato) | La notifica è priva di documento o relata, tale da impedire la conoscenza dell’atto. | In genere considerata nullità grave, talora inesistenza. In ogni caso atto invalido, non sanato se destinatario ignaro. |
Casi di Notifica Nulla: Vizi Formali e Procedurali
Passiamo ora alle situazioni più frequenti di notifica nulla, in cui l’atto è stato inoltrato al contribuente ma con errori o violazioni delle regole tali da renderla invalida. A differenza dell’inesistenza, qui un minimo di attività notificatoria c’è stato, ma non secondo legge. La nullità comporta che l’atto può essere annullato su eccezione della parte; tuttavia può essere sanato se il contribuente, avendone avuto comunque conoscenza, reagisce tempestivamente (raggiungimento dello scopo). Esaminiamo uno per uno tutti i casi tipici di nullità della notifica di un avviso di accertamento, con riferimenti a normativa e giurisprudenza recente.
- Errore sul nome o sul destinatario (persona fisica) – Se l’avviso è notificato alla persona giusta ma con errori formali nel nome, l’atto arriva comunque al destinatario? In generale, un errore minore (ad es. un secondo nome sbagliato) non inficia la notifica se non genera incertezza sulla persona; invece un errore tale da far pervenire l’atto a persona diversa è più grave (quasi inesistenza). Ad esempio, avviso intestato a “Mario Bianchi” ma notificato a “Luigi Bianchi” per scambio di nominativo: se Luigi lo riceve, la notifica è nulla verso Mario (destinatario corretto) perché l’atto non gli è stato consegnato. In pratica, questi casi rientrano nel vizio di persona/inidoneità del consegnatario (vedi oltre). La Cassazione tende a considerare nullità, sanabile se comunque Mario viene a saperlo e impugna. Se invece l’atto viene recapitato al Mario giusto nonostante l’errore (es. un refuso nel cognome corretto dal postino), lo scopo è raggiunto e difficilmente si annullerà per un lieve errore formale.
- Notifica all’indirizzo errato (residenza/domicilio sbagliati) – Uno dei vizi più comuni. La legge impone di notificare all’ultimo indirizzo noto del contribuente (residenza anagrafica o domicilio fiscale per le persone fisiche; sede legale per società, o domicilio eletto). Se l’Ufficio notifica a un indirizzo sbagliato – ad esempio un vecchio domicilio non più attuale, oppure un numero civico errato – la notifica può essere nulla. Occorre distinguere due situazioni:
- Contribuente trasferito ma ufficio ignaro: se il contribuente ha omesso di comunicare il nuovo domicilio fiscale e l’atto viene inviato al vecchio indirizzo, la normativa fiscale (art. 60 DPR 600) consente notifiche presso l’ultimo domicilio conosciuto, considerandole valide. In tal caso la notifica potrebbe essere comunque efficace (e sarà il contribuente eventualmente a dover dimostrare di non averne avuto conoscenza).
- Ufficio a conoscenza del nuovo indirizzo ma invio al vecchio: se l’ente impositore sapeva o avrebbe potuto sapere il nuovo indirizzo (perché risultante dagli atti o da registri) ma ha ugualmente notificato a quello sbagliato, la giurisprudenza considera nulla la notifica per violazione delle regole. Ad esempio, Cassazione ha annullato notifiche effettuate a vecchia residenza nonostante l’anagrafe fosse aggiornata, perché l’ufficio deve fare una verifica minima. La nullità in simili casi è sanabile se l’atto comunque perviene al contribuente (es. tramite inoltro postale), ma se costui non lo riceve affatto, la notifica è inefficace. Recenti pronunce insistono che la notifica a indirizzo errato non è inesistente ma nulla (perché un’attività c’è stata, seppur al luogo sbagliato). Dal lato pratico, il contribuente che scopra di avere un atto notificato altrove potrà eccepire il vizio appena possibile, chiedendo la nullità. Se però quell’indirizzo era l’ultimo noto ufficialmente, l’ente potrebbe invocare la presunzione di correttezza; spetterà allora al contribuente provare di aver trasferito la residenza e che l’ente ne fosse o doveva esserne informato.
- Notifica a mezzo posta con vizi (mancato rispetto L. 890/1982) – Quando l’avviso viene notificato tramite servizio postale (raccomandata AR), la procedura è rigida. In caso di temporanea assenza del destinatario o di persone abilitate a ricevere, il postino deve lasciare un avviso di tentata consegna e depositare l’atto presso l’ufficio postale, inviando poi la CAD (Comunicazione di Avvenuto Deposito) al destinatario. Qualsiasi omissione in questo iter rende nulla la notifica. La Corte di Cassazione (SS.UU. n.10012/2021) ha stabilito che l’ente deve provare sia la spedizione che la ricezione della CAD da parte del destinatario; la mera spedizione della raccomandata informativa non basta. Questo principio è stato di recente ribadito: Cass. ord. n.13039/2025 ha confermato che la mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della CAD (quindi mancata prova della sua effettiva consegna o quanto meno spedizione regolare) determina la radicale invalidità della notifica postale, con conseguente decadenza dell’amministrazione dal potere sanzionatorio. Tradotto: se l’ufficio non può dimostrare che il destinatario ha ricevuto (o quantomeno gli è stata inviata correttamente) la lettera di avviso del deposito, la notifica è nulla perché il procedimento notificatorio non può dirsi perfezionato. Anche Cassazione trib. n.8910/2025 ha affermato che in caso di notifica ex art. 140 c.p.c. (irreperibilità relativa), tutte le formalità devono essere compiute (affissione avviso, deposito in Comune, raccomandata informativa) e che l’omissione anche di uno solo di tali adempimenti comporta la nullità della notifica. Nella pratica, uno dei vizi più ricorrenti è la mancata prova della CAD: spesso l’Agente postale deposita l’atto ma poi non allega la ricevuta della raccomandata informativa o questa torna indietro; se manca tale prova agli atti, il contribuente può far valere la nullità. Le Sezioni Unite già nel 2017 avevano sposato un orientamento garantista: il diritto di difesa impone che la CAD non sia una formalità vuota ma serva davvero a portare l’atto a conoscenza. Dunque, notifica postale senza CAD valida = notifica nulla. Anche l’omessa indicazione nella relata di notifica dell’eseguito deposito o altre mancanze simili integrano vizi di nullità.
- Notifica a persone non abilitate o in luoghi non consentiti – Il c.p.c. prevede che, se non si trova il destinatario, la consegna possa avvenire a certe categorie di soggetti: familiare convivente, addetto alla casa, portiere, vicino di casa (solo in mancanza d’altro) – art. 139 c.p.c. Consegnare l’atto a persona diversa (es. un coinquilino non convivente, un collega di lavoro non autorizzato, etc.) rende la notifica nulla. Ad esempio, l’ufficiale giudiziario che lasci l’avviso a un vicino non indicato nominativamente oppure a un minore di 14 anni sta violando la legge: la notifica è nulla. È nullo anche notificare presso un luogo non previsto: ad esempio, recapitare l’avviso sul luogo di lavoro del destinatario (anziché a casa) senza che ciò sia autorizzato o previsto (salvo il destinatario stesso lo ritiri lì personalmente, cosa che sanerebbe il tutto). Se l’atto viene consegnato a un soggetto che lo butta via e non lo comunica al destinatario, la notifica è inefficace; se invece, nonostante l’irregolarità, il contribuente viene in possesso dell’atto, potrebbe sanarsi (sempre se impugna tempestivamente). Un esempio: l’avviso consegnato al portiere dello stabile è valido (il portiere è espressamente previsto dall’art. 139 c.p.c.); ma se il portiere in quel momento non c’è e il postino lo dà a un vicino di passaggio, ciò non è contemplato – notifica nulla.
- Notifica via PEC: vizi relativi a indirizzi e formato – Negli ultimi anni molte notifiche avvengono tramite PEC. Anche qui si sono posti problemi:
- PEC inviata da un indirizzo non ufficiale: per legge le pubbliche amministrazioni devono notificare da caselle PEC istituzionali e risultanti dai registri di riferimento. Se l’atto viene inviato da una casella PEC non censita nei pubblici elenchi (es. una PEC diversa da quella comunicata dall’ente), la notifica è irregolare. In passato alcune pronunce l’avevano ritenuta inesistente, ma la Cassazione recente (sent. n.15710 del 12/06/2025) ha mitigato: l’invio da PEC non registrata nei registri pubblici non comporta di per sé la nullità della notifica. La Corte richiama il principio di prevalenza della sostanza sulla forma: se il contribuente ha comunque ricevuto l’atto via PEC e ne è venuto a conoscenza, non può annullarsi tutto solo perché il mittente usava un indirizzo PEC “non ufficiale”. In altre parole, la nullità in tal caso sarebbe sanata dal raggiungimento dello scopo, a meno che il destinatario provi un concreto pregiudizio derivante da quella irregolarità (ad esempio, il messaggio finito in spam perché proveniva da PEC sconosciuta, facendogli perdere tempo). Dunque, oggi l’invio da PEC non accreditata viene considerato un vizio formale sanabile. Attenzione però: la prassi e alcune Commissioni Tributarie continuano a ritenere nulla la notifica via PEC se proveniente da indirizzi estranei, soprattutto se il contribuente non ha effettivamente aperto quella comunicazione.
- PEC inviata a indirizzo PEC errato o non valido: se l’Agenzia invia la PEC a un indirizzo sbagliato (non appartenente al contribuente) o a una PEC non attiva, la notifica chiaramente non raggiunge il destinatario. In tal caso siamo più vicini all’inesistenza (nessuna consegna al destinatario). La legge, però, ha predisposto una procedura ad hoc: l’art. 60 DPR 600/73 (come modificato dal DL 76/2020) stabilisce che se la casella PEC risulta inattiva o inesistente, l’ente deve effettuare la notifica mediante deposito telematico dell’atto in un apposito portale online (gestito da InfoCamere) e pubblicare entro 2 giorni un avviso di deposito sullo stesso portale, dando comunicazione al contribuente con raccomandata semplice. Questa procedura sostituisce la notifica PEC fallita. Non è richiesto di tentare un secondo invio PEC dopo alcuni giorni, salvo nel caso particolare di casella piena. La Cassazione (ord. n.3703/2025) ha infatti chiarito che in caso di indirizzo PEC non valido/inattivo, l’ente può passare subito al deposito senza effettuare un secondo tentativo via PEC (la regola del secondo tentativo dopo 7 giorni si applica solo se la casella del destinatario era piena). Quindi, se la PEC risulta sconosciuta o disattivata, niente attesa: deposito telematico immediato. Se invece la PEC del contribuente era semplicemente satura, allora sì, la norma prevede di aspettare almeno 7 giorni e ritentare prima di passare al deposito. Cosa accade se l’ente non segue queste regole? Ad esempio, PEC invalida e l’ufficio non deposita l’atto telematicamente né manda raccomandata: in tal caso la notifica non può dirsi avvenuta (sarebbe inesistenza finché non curata con il deposito). Oppure, se deposita ma non invia la raccomandata informativa, anche questo è un vizio che secondo alcuni rende nulla la notifica telematica (analogamente al mancato invio della CAD per la posta). Sul punto specifico avremo presumibilmente orientamenti in evoluzione, ma è ragionevole ritenere necessaria la raccomandata informativa per completezza. Dal lato pratico, il contribuente che scopra (magari tramite l’accesso al cassetto fiscale) che un atto è stato depositato telematicamente a sua insaputa, potrà eccepire la nullità della notifica telematica se non ha ricevuto l’avviso via raccomandata.
- Mancato rispetto del formato e allegati PEC: una notifica via PEC per essere valida deve contenere l’atto in un formato conforme (PDF con firma digitale, o copia informatica conforme all’originale cartaceo attestata da pubblico ufficiale) e deve recare nell’oggetto la dizione “Atto amministrativo tributario…” come previsto dalle regole tecniche. Se l’atto inviato via PEC non è firmato digitalmente o è privo di attestazione di conformità (se proveniente da scansione), la notifica potrebbe essere nulla per violazione di forma. Su questo aspetto la giurisprudenza ha comunque mostrato un certo pragmatismo: ad esempio, l’invio di una cartella di pagamento in PDF semplice via PEC è stato ritenuto valido dalla Cassazione, purché sia integro e leggibile, perché l’assenza di firma digitale non ha impedito al contribuente di comprendere l’atto. Tuttavia, nel processo esattoriale (ad es. multe) ci sono stati contrasti su PDF non firmati. In ambito fiscale, per sicurezza l’AdE ormai invia atti con estensione .p7m (firmati digitalmente). Se il contribuente riceve un file illeggibile o corrotto, deve subito segnalarlo perché potrebbe eccepirne la nullità se l’errore è imputabile all’ente.
Tabella riepilogativa dei principali vizi di notifica (nullità):
Causa di Nullità Notifica | Descrizione | Esito e Rimedi |
---|---|---|
Errore su destinatario/indirizzo | Atto consegnato a indirizzo sbagliato, o a persona diversa ma connessa (es. vecchio indirizzo non aggiornato, consegnato a familiare non convivente, etc.). | Notifica nulla (non inesistente). Se atto non giunge al contribuente, rimane impugnabile in ritardo facendo valere il vizio. Se il contribuente lo riceve comunque, deve impugnare entro termini, altrimenti l’atto può divenire definitivo (sanatoria solo se impugnato in tempo utile). |
Mancato invio/ricezione CAD (posta) | In notifica postale, omissione della raccomandata informativa (CAD) o mancata prova della sua ricezione. | Notifica nulla. Cassazione richiede prova integrale dell’invio e ricezione CAD. Se mancante, atto annullabile su eccezione contribuente; l’ente può tentare di rinotificare l’atto (se ancora nei termini). |
Consegna a soggetto non autorizzato | L’atto viene dato a persona non prevista (es. vicino non qualificato, collega di lavoro, portiere di altro stabile). | Notifica nulla. Se il contribuente non ne viene a conoscenza, atto inefficace; se ne viene a conoscenza (es. il vicino glielo porta) e impugna tempestivamente, vizio sanato. |
Vizi nella notifica via PEC | a) PEC inviata da indirizzo non ufficiale dell’ente; b) PEC inviata a casella non valida/sbagliata; c) mancanza firma digitale o attestazione su allegati. | a) Vizio formale: tendenza a considerarla valida se ricevuta (principio sostanza>forma); b) Notifica non perfezionata: deve attivarsi la procedura sostitutiva (deposito telematico). Se non attuata, notifica nulla/inesistente; c) Vizi formali sanabili: se l’atto è leggibile e chiaro, nullità eventualmente sanata dall’assenza di concreto pregiudizio. Contribuente può opporre difetto di conformità se l’assenza di firma genera incertezza sull’atto. |
Profili Processuali e Rimedi per il Contribuente (Punto di vista del debitore)
Dal punto di vista del contribuente-debitore, conoscere i vizi di notifica è importante per tutelare i propri diritti. Vediamo quali sono i rimedi processuali e le strategie difensive nei vari scenari, ricordando che si opera nell’ambito del processo tributario (disciplinato, dal 2023, dal D. Lgs. 546/1992 come modificato dal D.Lgs. 149/2022, e dal nuovo Codice di Giustizia Tributaria D.Lgs. 119/2022 in vigore dal luglio 2023, che ha però mantenuto molti principi generali).
Impugnazione dell’atto viziato – Se il contribuente viene a conoscenza dell’avviso di accertamento, ancorché notificato irregolarmente, è in genere preferibile impugnarlo immediatamente dinanzi al giudice tributario, eccependo come primo motivo la nullità (o inesistenza) della notifica. Questo comportamento è consigliabile per più ragioni: (i) se l’atto ha vizi di merito, si può già contestarlo nel merito; (ii) se il giudice riconosce la nullità della notifica, annullerà l’atto impositivo stesso, eliminando la pretesa (salvo rinotifica possibile, vedi oltre); (iii) l’impugnazione tempestiva evita che l’ente invochi la “sanatoria” per raggiungimento dello scopo. Infatti, come detto, la legge ora prevede che se l’atto è impugnato entro il termine di decadenza, la notifica nulla si considera sanata – ma ciò significa anche che il giudizio proseguirà nel merito dell’atto. Quindi il contribuente non perde il diritto di far valere i vizi, ma deve comunque attivarsi tempestivamente. Se l’impugnazione avviene oltre i normali 60 giorni ma entro il termine decadenziale dell’accertamento, alcuni giudici la ammettono ancora ritenendo che il termine di 60 giorni non sia mai partito (notifica nulla) e comunque l’atto non è definitivo. Su questo c’è stato dibattito: Cassazione 5178/2025 ha ribadito che la mera conoscenza occasionale di un atto non notificato regolarmente non fa decorrere il termine per impugnare, che parte solo da notifica valida. Dunque il contribuente non decade dal ricorso se prova che ha avuto notizia dell’atto solo tardivamente per via irregolare.
Opposizione dell’atto conseguente (es. cartella) – Se il contribuente non ha impugnato l’avviso (perché ignorava la sua esistenza, causa notifica mancata o nulla) e riceve successivamente un atto della riscossione (cartella di pagamento, avviso di addebito INPS, intimazione), potrà impugnare quest’ultimo deducendo l’omessa o nulla notifica dell’atto presupposto. È un’azione espressamente consentita: la Cassazione ha chiarito che il contribuente può impugnare la cartella al solo fine di far valere la mancata o irregolare notifica dell’accertamento, senza dover contestare altro. In tal caso, il giudice tributario dovrà verificare incidentalmente la notifica dell’accertamento: se accerta che fu omessa o nulla, annullerà la cartella. Attenzione: qui non si “salva” l’accertamento, che però rimane inefficace e l’ente potrà rinotificarlo se ancora nei termini di legge (vedi oltre sul potere di rinotifica). Questa forma di tutela è cruciale per il debitore che spesso scopre la pretesa solo a livello di riscossione. Ad esempio, un avviso di accertamento 2019 mai ricevuto viene “scoperto” dal contribuente nel 2025 quando riceve cartella: egli in Commissione Tributaria può fare ricorso contro la cartella eccependo la nullità della notifica dell’accertamento; se vince, la cartella è annullata. L’ente a quel punto, se il 2019 è ancora accertabile (proroghe permettendo), potrebbe provare a notificare di nuovo l’accertamento in modo corretto; se invece il termine è scaduto, il contribuente di fatto non deve più nulla.
Costituzione in giudizio e sanatoria – Un aspetto da valutare è che se il contribuente, pur avendo ricevuto magari irritualmente l’avviso, si costituisce in giudizio senza eccepire nulla, ciò comporta la sanatoria della notifica nulla. Il Codice di procedura infatti stabilisce che la comparizione spontanea sanatoria i vizi di notifica (principio del raggiungimento dello scopo). Quindi è fondamentale che l’eccezione di nullità della notifica sia sollevata subito nel ricorso introduttivo dal contribuente; diversamente, andando direttamente al merito senza riserve, si presume che l’atto abbia raggiunto lo scopo e non si potrà poi tornare indietro. D’altro canto, se il contribuente non si costituisce affatto perché non sa dell’atto, il processo potrebbe avvenire in sua contumacia e l’atto diventare definitivo se il giudice non viene informato del vizio. Nel nuovo processo tributario è previsto che il giudice verifichi d’ufficio la regolarità del contraddittorio e quindi dovrebbe controllare le relate di notifica depositate dall’ente; tuttavia, nella realtà, errori possono sfuggire. Per questo, dal punto di vista pratico, è bene presentare ricorso non appena si viene a conoscenza di un atto, eccependo tutti i vizi di notifica del caso, per non rischiare preclusioni.
Rinotifica e rinnovazione dell’atto viziato – Cosa può fare l’ente impositore se si rende conto (o viene dichiarato) che la notifica è nulla? La legge e la giurisprudenza ammettono la possibilità di rinotificare l’atto, purché entro i termini di decadenza. Anzi, la Cassazione ha chiarito che è possibile anche emettere un nuovo atto “in sostituzione” del precedente per correggere vizi sostanziali, sempre entro i termini, senza violare il principio di unicità dell’accertamento. In particolare, un’importante pronuncia del 2025: Cass. ord. n.14719/2025 ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate può, entro i termini decadenziali, sia rinotificare lo stesso atto per sanare un vizio di notifica, sia emettere un atto modificativo che elimini altri vizi (sostanziali o di legittimità) riscontrati. Ciò è stato ricondotto alle nuove disposizioni dello Statuto (art.7, co.1-bis e 9-bis L.212/2000 introdotti dal D.Lgs. 219/2023) che permettono di emendare atti viziati senza violare il principio di unicità. Quindi, se un avviso viene annullato per notifica nulla, l’ufficio – invece di appellare – può scegliere di notificare nuovamente lo stesso (o un nuovo) avviso entro il termine di legge, sanando il vizio. Questa prassi, tuttavia, non è esente da complicazioni: la stessa Cass. 14719/2025 avverte che la coesistenza di due atti (il primo non formalmente annullato e il secondo “rinotificato”) può generare incertezza e contenziosi. Sarebbe auspicabile che l’ente, in caso di giudizio pendente, chiedesse al giudice l’estinzione per rinotifica dell’atto oppure si coordinasse per far annullare il primo. In assenza di una norma espressa sulla rinnovazione dell’atto impugnato, la prassi resta delicata. Dal lato del contribuente, se riceve una seconda notifica dello stesso accertamento (ad esempio dopo aver impugnato la cartella per vizio di notifica dell’accertamento), dovrà valutare se impugnare anche il nuovo atto (per non farlo divenire definitivo). In genere, conviene impugnare anche il secondo atto, magari riunendo i giudizi se possibile, così da non avere sorprese.
Caso degli enti impositori diversi (INPS, AE Riscossione, Comuni) – Finora si è parlato soprattutto di Agenzia delle Entrate e avvisi fiscali. Ma principi analoghi valgono per altri enti:
- INPS e avvisi di addebito: L’INPS notifica ai contribuenti (aziende o lavoratori autonomi) gli avvisi di addebito, che sono atti esecutivi per crediti contributivi. La notifica segue regole simili: può avvenire via PEC per aziende e professionisti, o a mezzo posta/messo. Eventuali vizi di notifica degli avvisi di addebito INPS (indirizzo errato, PEC non conforme, ecc.) possono essere eccepiti dal debitore davanti al giudice del lavoro (competente per contributi). Ad esempio, se un avviso di addebito non è notificato e l’INPS iscrive a ruolo, il debitore può opporsi alla cartella per omessa notifica, in modo analogo al fisco. Ci sono pronunce di Cassazione lavoro (es. Cass. Sez. Lav. n.1707/2024) che hanno affrontato le notifiche PEC INPS: una PEC inviata a un indirizzo non risultante dai registri non determina nullità se il destinatario l’ha letta, coerentemente col principio di sostanza (anche la stampa specializzata INPS conferma la validità della notifica PEC con raccomandata AR per avvisi di addebito). Tuttavia, in mancanza di prova di regolare notifica, gli atti INPS subiscono le stesse conseguenze: la prescrizione non è interrotta e il debitore può far dichiarare inefficace la pretesa. Ad esempio, la Cass. ord. n.5519/2023 (Sez. Lavoro) ha confermato che l’INPS può avvalersi del procedimento notificatorio speciale ex art.30 DL 78/2010 (invio raccomandata con AR) e che la mancanza di prova della ricezione incide sulla validità (in quel caso riguardava interruzione della prescrizione).
- Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia): Questo ente esegue le notifiche delle cartelle di pagamento, degli avvisi di intimazione, dei pignoramenti. Le regole di notifica sono quelle del DPR 602/73 e del CPC. Una cartella di pagamento notificata irregolarmente (es. con vizi di cui sopra) è nulla. Il destinatario può impugnarla entro 60 giorni dinanzi alla Commissione Tributaria (ora Corte di Giustizia Tributaria di primo grado) per chiederne l’annullamento. Ad esempio, cartella notificata via PEC a indirizzo PEC errato: nullità; cartella notificata a soggetto estraneo: nullità. Un aspetto cruciale: se la cartella è nulla per vizio di notifica e il contribuente la impugna tardivamente appena ne viene a conoscenza (oltre 60 giorni), la giurisprudenza tributaria è orientata ad ammettere comunque il ricorso, poiché la notifica nulla non ha fatto decorre il termine. In proposito, Cass. Sez. Un. n.19854/2016 stabilì che in caso di notifica nulla della cartella, il ricorso del contribuente non è tardivo se è stato presentato entro 60 giorni dalla conoscenza effettiva dell’atto. Inoltre, come abbiamo visto, se la nullità riguarda l’atto presupposto (accertamento) la cartella può essere impugnata senza limiti di tempo, purché entro i termini di prescrizione della riscossione, perché l’atto presupposto non è mai divenuto definitivo. Ad esempio, Cass. SU n.11708/2011 (sul caso di mancata notifica dell’accertamento) affermò che il vizio si riflette sulla cartella notificata successivamente, rendendola nulla. Questo principio è stato confermato e ampliato dalla recente Cass. 26660/2023 citata.
- Enti locali (Comuni) – tributi locali e sanzioni: Anche i Comuni notificano avvisi di accertamento (per IMU, TARI, multe ecc.) e seguono regole analoghe, talora con l’ausilio di messi comunali. I vizi di notifica di questi atti (ad es. notifica di multa stradale a indirizzo errato) possono essere fatti valere davanti al giudice competente (Giudice di Pace per multe, Commissione Tributaria per tributi). Molti principi di Cassazione valgono anche qui: es. notifica ex art. 143 c.p.c. (irreperibilità assoluta) senza adeguate ricerche è nulla – Cass. n.12083/2019 annullò un avviso TARSU notificato per irreperibilità assoluta senza che il messo avesse verificato bene la residenza; occorre sempre distinguere tra irreperibilità relativa e assoluta e usare la procedura corretta (art.140 vs art.143 c.p.c.). Un’altra situazione tipica: notifica di multa via PEC a indirizzo non PEC del destinatario (o PEC non valida) è nulla. Dunque il panorama è coerente: il contribuente/debitore anche contro enti locali può far valere i medesimi vizi.
Domande e Risposte sui Vizi di Notifica (FAQ)
Di seguito proponiamo alcune domande frequenti con risposte chiare sui principali dubbi relativi alla nullità della notifica degli avvisi di accertamento, dal punto di vista pratico del contribuente.
- D: Quali sono i “vizi essenziali” che rendono la notifica inesistente?
R: Sono quei difetti talmente gravi da annullare in radice l’atto di notifica. Ad esempio, se la notifica non viene affatto eseguita (nessuna consegna, atto mai arrivato); se viene fatta a un destinatario giuridicamente inesistente (persona deceduta, società sciolta) o a un indirizzo completamente estraneo al destinatario. In questi casi eccezionali, la notifica è considerata inesistente e non sanabile. L’atto impositivo rimane inefficace finché non venga notificato correttamente altrove o ad altri soggetti. - D: Se la notifica è nulla ma io ho comunque ricevuto l’atto, devo fare qualcosa?
R: Sì, è altamente consigliato impugnare l’atto nei termini (60 giorni per avvisi di accertamento) anche se l’hai ricevuto, eccependo subito la nullità della notifica. Ad esempio, se l’avviso ti è arrivato per puro caso (magari consegnato da un vicino) o da una PEC strana, puoi impugnarlo sollevando il vizio. Se impugni tempestivamente, ottieni due risultati: preservi il tuo diritto di difesa sul merito e nel frattempo sani la nullità per raggiungimento dello scopo (così l’ufficio non potrà contestare che hai fatto passare i termini). Se invece ignori l’atto pensando che la nullità ti proteggerà sempre, rischi che l’ente proceda con la riscossione forzata (supponendo – magari erroneamente – che la notifica fosse valida). In caso di dubbio, meglio agire: presentare ricorso o quantomeno una comunicazione all’ufficio per segnalare l’anomalia. - D: Ho scoperto per caso (ad esempio accedendo al cassetto fiscale) che c’è un avviso a mio nome di anni fa di cui non sapevo nulla. Posso ancora impugnarlo?
R: Sì, se non ti è mai stato notificato correttamente, l’atto non è definitivo e puoi ancora reagire. La scoperta “occasionale” non equivale a notifica formale, quindi puoi impugnare l’atto appena ne hai conoscenza, spiegando al giudice le circostanze (spesso si chiede la rimessione in termini). È fondamentale provare che fino a quel momento non ne eri a conoscenza per difetto di notifica. Ad esempio, allega l’estratto di ruolo ottenuto in cui compariva l’atto sconosciuto. Se il giudice conferma la nullità/omissione della notifica, il tuo ricorso sarà accolto anche se fuori dai 60 giorni dall’emissione, perché quel termine non è mai decorso regolarmente. - D: Qual è la differenza pratica tra nullità e inesistenza della notifica per il mio caso?
R: Dal punto di vista pratico: se la notifica è nulla, devi eccepirlo e farla dichiarare tale dal giudice; ma se intanto hai avuto l’atto, devi rispettare i termini di ricorso (non aspettare troppo). Se la notifica è inesistente, l’atto non ha prodotto effetti e teoricamente potresti ignorarlo finché l’ente non tenti altro (ad es. una nuova notifica o una cartella); in giudizio puoi far valere l’inesistenza in ogni tempo, anche d’ufficio. Tuttavia, la distinzione a volte è sottile e preferibilmente se riscontri un vizio, agisci subito. Ricorda: nullità = vizio relativo (va contestato, è sanabile, regolarizzabile); inesistenza = vizio assoluto (non sanabile, rilevabile sempre). Comunque, in entrambi i casi l’esito desiderato per te è l’annullamento dell’atto/improcedibilità della riscossione. - D: Ho ricevuto una cartella di pagamento senza aver mai visto l’accertamento prima. Devo fare due ricorsi, uno per cartella e uno per l’accertamento?
R: No, ne basta uno solo contro la cartella, indicando che la impugni “al solo fine di far valere la mancata (o nulla) notifica dell’atto presupposto”. La Cassazione ha confermato che non c’è obbligo di impugnare contestualmente anche l’accertamento viziato. In pratica, nel ricorso scriverai che la cartella è illegittima perché l’accertamento XYZ non ti è mai stato notificato o lo è stato in modo nullo, e chiederai l’annullamento della cartella stessa. Se il giudice ti dà ragione, la cartella decade; l’accertamento in teoria rimane “pendente”, ma privo di effetti, e l’ente potrà eventualmente ritentarne la notifica (se è ancora nei termini, altrimenti amen). - D: L’ufficio può rinotificarmi un accertamento che il giudice ha annullato per vizio di notifica?
R: Sì, può farlo se è ancora nei termini di decadenza dell’accertamento. Ormai è chiaro in giurisprudenza che un vizio formale (come la notifica nulla) non preclude all’ente di riprovare a notificare l’atto, poiché non tocca il merito della pretesa. Anzi, dal 2023 lo Statuto del Contribuente lo prevede espressamente (art.7-sexies, co.2 e art.7, co.1-bis): l’ufficio può emettere un atto di accertamento integrativo o sostitutivo per correggere vizi formali, senza violare il principio che non si può essere tassati due volte. La Cassazione 14719/2025 ha avallato questa possibilità. Quindi se vinci per vizio di notifica ma l’anno non è ancora decaduto (o c’è sospensione termini in corso), non sorprenderti se l’Agenzia ti manda di nuovo lo stesso accertamento (magari con nuova data). In tal caso dovrai valutarlo: se ritieni che il merito sia errato, dovrai impugnarlo di nuovo nel merito. Se invece il nuovo atto ha colmato solo il vizio e magari ridotto sanzioni o simili, potrebbe essere più saggio valutarne la fondatezza o eventualmente aderire se conveniente. Ricorda che però due atti identici pendenti possono creare confusione: normalmente, se l’ufficio rinotifica durante un processo pendente sul primo, informerà il giudice. Anche tu dovresti segnalare la circostanza per evitare un doppio binario. - D: In caso di vizi di notifica, posso rivolgermi anche in autotutela all’ente prima di fare ricorso?
R: Sì, è possibile. Talvolta, se il vizio è evidente (es. atto notificato a indirizzo palesemente errato o dopo decesso), si può scrivere all’ufficio una lettera (meglio PEC) segnalando l’irregolarità e chiedendo l’annullamento in autotutela dell’atto o comunque facendo presente che non ne hai avuto legale conoscenza. Questo non sospende i termini per il ricorso, ma potrebbe indurre l’ente a rinunciare a portare avanti la riscossione o a rinotificare spontaneamente. Ad esempio, l’INPS talvolta, se si dimostra che l’avviso di addebito fu mandato a indirizzo sbagliato, può riconoscere l’errore e procedere a rinotifica concedendo nuovi termini per pagare o rateizzare. In ogni caso, l’autotutela non garantisce esito, quindi usala solo come supporto: presenta comunque ricorso entro i termini se necessario, e poi informa che hai anche attivato autotutela. - D: Se la notifica è nulla, devo comunque rispettare il termine di 5 anni per la prescrizione?
R: La prescrizione (generalmente 5 anni per tributi periodici, o 10 per danno erariale, etc.) riguarda il periodo entro cui l’ente può riscuotere coattivamente il credito. Una notifica nulla non interrompe la prescrizione (perché l’atto non è validamente notificato); dunque il conteggio continua come se niente fosse. Se l’ente non effettua altri atti interruttivi validi entro 5 anni dall’ultimo atto buono, la pretesa si prescrive. Quindi per il contribuente una notifica nulla può comportare un vantaggio: se l’ente non se ne accorge e trascorre il tempo, potrà opporre la prescrizione oltre alla nullità. Ad esempio, accertamento 2015 notificato nulla nel 2020 e poi cartella nel 2025: potresti eccepire sia la nullità della notifica dell’accertamento sia che comunque il credito 2015 è prescritto perché l’atto nullo non ha interrotto (in questo caso 5 anni dal 2020 al 2025, se nessun altro atto valido in mezzo). Attenzione però: se impugni la cartella per vizio di notifica dell’accertamento, alcuni giudici ritengono che tu abbia “avuto conoscenza” e che il ricorso stesso valga come atto di esercizio del diritto di difesa, quindi valutano più la nullità che la prescrizione. È una questione fine: generalmente, meglio puntare sulla nullità della notifica; la prescrizione la sollevi in aggiunta se i tempi lo consentono.
Simulazione pratica – Si consideri il seguente scenario: un piccolo imprenditore, Mario, riceve nel 2025 una cartella di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per IVA non versata del 2018, importo €50.000 tra imposta e sanzioni. Mario cade dalle nuvole: non aveva mai ricevuto l’avviso di accertamento IVA 2018. Approfondendo, scopre che l’Agenzia delle Entrate aveva emesso l’avviso nel 2023 e risulta “notificato” via PEC. Mario però nel 2023 aveva cambiato indirizzo PEC dopo aver cessato la partita IVA, e probabilmente l’avviso è stato inviato alla PEC vecchia, ormai inattiva. Infatti, sull’atto della cartella c’è indicato che l’accertamento fu notificato a “mario@pecimpresa.it” (PEC che Mario non usa più). Mario, giustamente, decide di agire. Come si sviluppa la vicenda?
- Fase 1: Ricorso contro la cartella – Mario presenta ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione) eccependo omessa o nulla notifica dell’atto presupposto (accertamento IVA 2018). Chiede quindi l’annullamento della cartella. Allegando la documentazione, prova che la sua PEC attuale dal 2023 è diversa e che non ha mai ricevuto nulla. L’AdE-Riscossione in giudizio produce la relazione di notifica da cui risulta PEC destinatario non certificata (messaggio di errore). La difesa erariale argomenta che l’Agenzia delle Entrate ha comunque depositato l’atto nel portale telematico e inviato una raccomandata informativa all’ultimo domicilio. Mario nega di aver ricevuto tale raccomandata.
- Fase 2: Decisione sulla cartella – Il giudice verifica le carte. Dalla normativa (art.60 DPR 600) sa che in caso di PEC inattiva, l’ufficio doveva depositare l’atto e mandare raccomandata informativa, senza dover ritentare la PEC. Chiede quindi: c’è prova del deposito telematico? c’è prova che la raccomandata è stata inviata e magari ricevuta? L’Agenzia esibisce la ricevuta di deposito (sul portale X il 10/09/2023) e copia della lettera informativa spedita il 15/09/2023 all’indirizzo di residenza di Mario. Però non c’è prova di ricezione (nessuna AR firmata da Mario). Il giudice, seguendo Cassazione, considera che manca la prova della conoscenza: la notifica è nulla perché non completata efficacemente (la lettera poteva perdersi, e in effetti Mario giura di non averla mai avuta). Pertanto, la Corte Tributaria accoglie il ricorso: dichiara nulla la cartella e, in motivazione, riconosce la nullità della notifica dell’accertamento.
- Fase 3: Rinotifica accertamento? – A questo punto, l’IVA 2018 è un tributo il cui termine di decadenza era 31/12/2023 (5 anni). Siamo nel 2025, oltre la decadenza. L’Agenzia delle Entrate non può più emettere un nuovo accertamento 2018 né rinotificarlo validamente (il precedente è stato annullato e i termini sono scaduti). Dunque la pretesa, per quell’anno, è sostanzialmente persa dal Fisco. Mario ha ottenuto di non pagare i €50.000.
- Variante: se invece la cartella Mario l’avesse ricevuta a inizio 2024, e la causa si fosse definita entro fine 2024, l’Agenzia avrebbe avuto tempo fino al 31/12/2024 (grazie alla sospensione legata al ricorso) per rinotificare l’accertamento. In tal caso probabilmente avrebbe rimandato l’accertamento via raccomandata o tramite messo, e Mario avrebbe dovuto impugnare anche l’accertamento (in merito o per altri vizi). Ma nel nostro scenario, essendo 2025 inoltrato, l’ufficio non può far altro che prenderne atto.
Conclusioni: La materia delle nullità delle notifiche in ambito fiscale è estremamente tecnica ma, come abbiamo visto, incide in modo determinante sui diritti dei contribuenti. Dal punto di vista del debitore, conoscere tutti i casi in cui una notifica è nulla o inesistente significa potersi difendere efficacemente da pretese fiscali o contributive altrimenti incontestabili. Le recenti evoluzioni normative (art.7-sexies Statuto) e giurisprudenziali (sentenze di Cassazione 2023-2025) mostrano una tensione tra l’esigenza di certezza (evitare che vizi formali intralcino la riscossione) e quella di garanzia difensiva (assicurare che ogni atto arrivi davvero a conoscenza del contribuente). La regola generale oggi è: una notifica fatta fuori legge è nulla ma può essere “perdonata” se, in concreto, l’atto arriva al destinatario in tempo utile per difendersi. In caso contrario, il vizio resta fatale all’atto. La nullità della notifica dell’avviso di accertamento diventa dunque uno strumento di difesa potentissimo, ma va usato con accortezza processuale (tempestività e precisione nelle eccezioni). Questa guida, con fonti normative e giurisprudenziali aggiornate al luglio 2025, vuole essere un vademecum avanzato per orientarsi in ogni situazione – dal comune avviso fiscale, alla cartella esattoriale, fino agli avvisi INPS – e capire quando e come far valere la nullità della notifica per tutelare i propri interessi.
Fonti
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Sentenza n. 26660/2023 (depositata 15/09/2023) – Omissione di notifica dell’atto presupposto – La Cassazione afferma che l’omissione della notifica di un atto prodromico (es. avviso di accertamento) costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale (cartella di pagamento), impugnabile dal contribuente al solo fine di far valere la mancata o irrituale notifica dell’atto impositivo presupposto.
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Ordinanza n. 14719/2025 (depositata 30/07/2025) – Rinotifica dell’atto impositivo viziato – La Cassazione stabilisce che l’Agenzia delle Entrate può, entro i termini di decadenza, rinotificare il medesimo atto per sanare un vizio di notifica, oppure emettere un nuovo atto modificando il precedente per espungere vizi sostanziali o di legittimità (diversi dal vizio di notifica). Ciò in virtù delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 219/2023 (art. 7 co.1-bis e 9-bis L.212/2000), che consentono di superare vizi formali senza violare il principio di unicità dell’accertamento. Si avverte però che la mancata formale eliminazione del primo atto può creare incertezza se pende già un giudizio, rendendo delicata la prassi della rinotifica senza annullamento espressamente normato.
- Statuto del Contribuente, art. 7-sexies (introdotto dal D.Lgs. 219/2023) – Vizi delle notificazioni – Definisce i vizi di notifica distinguendo inesistenza e nullità: è inesistente la notificazione di atti impositivi o della riscossione priva di elementi essenziali o effettuata a soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente estranei o estinti; fuori da tali casi, la notifica in violazione di legge è nulla, ma la nullità può essere sanata dal raggiungimento dello scopo, purché il ricorso sia proposto entro il termine di decadenza dell’accertamento. In caso di notifica invalida di un atto recettizio, l’atto è inefficace finché non sia notificato correttamente.
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Ordinanza n. 8910/2025 (depositata 04/04/2025) – Notifica ex art. 140 c.p.c. e necessità di tutti gli adempimenti – Conferma che, nei casi di irreperibilità relativa disciplinati dall’art. 140 c.p.c., per la validità della notifica di una cartella di pagamento non basta la sola spedizione della raccomandata informativa: è necessario l’invio al destinatario e la sua effettiva ricezione della CAD (comunicazione di avvenuto deposito) oltre al compimento di tutti gli adempimenti di legge (deposito presso casa comunale, affissione avviso). L’omissione anche di uno solo di essi rende la notifica nulla.
- Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Ordinanza n. 13039/2025 (16/05/2025) – Notifica postale e mancata prova della CAD – Ribadisce (in ambito sanzioni amministrative, principi estesi anche al tributario) che nel regime di notifica postale la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della CAD (comunicazione di avvenuto deposito) determina la radicale invalidità del procedimento notificatorio. La Corte enfatizza che l’onere probatorio grava sull’ente notificante e che l’art. 8 L.890/1982 (CAD) è presidio effettivo del diritto di difesa, respingendo orientamenti che ritenevano sufficiente la sola prova di spedizione della raccomandata informativa (richiamando Cass. Sez. Un. 12332/2017).
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Sentenza n. 10390/2017 – Nozione di inesistenza vs nullità della notifica – In linea con Cass. Sez. Un. 14196/2016, circoscrive la notifica inesistente a ipotesi eccezionali (nessun atto consegnato o atto restituito intatto al mittente). Esclude, ad esempio, che la mancata produzione dell’avviso di ricevimento configuri inesistenza: tale vizio comporta nullità della notifica, sanabile per raggiungimento di scopo. Distingue nettamente: la nullità è sanabile (anche dalla costituzione o opposizione del destinatario), mentre l’inesistenza non è mai sanabile ed è rilevabile in ogni stato e grado. Sottolinea che “qualsiasi vizio della notificazione non può che comportarne la nullità”, riservando l’inesistenza a pochissimi casi; la nullità è la regola, l’inesistenza l’eccezione.
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Ordinanza n. 3703/2025 (depositata 13/02/2025) – Notifica via PEC ex art.60 DPR 600/73 e indirizzo PEC inattivo – Stabilisce il principio che, in caso di notifica a mezzo PEC di atti tributari ex art. 60 DPR 600/73, se l’indirizzo PEC del destinatario risulta non valido o inattivo, l’ufficio deve procedere con il deposito telematico dell’atto nell’area riservata (sito InfoCamere) e la pubblicazione dell’avviso di deposito, oltre all’invio di raccomandata informativa, senza necessità di un secondo invio via PEC decorsi 7 giorni. Il secondo tentativo PEC differito di almeno 7 giorni è previsto solo nell’ipotesi di casella satura al primo tentativo, non quando la casella PEC risulti inesistente o disattivata. Ordinanza importante per interpretare correttamente l’art.60: nel caso di specie, la CTR aveva annullato notifiche PEC perché l’ente non aveva ritentato dopo 7 giorni; la Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza dell’Agenzia, confermando che nessun secondo invio era dovuto nel caso di PEC inattiva, essendo corretto il passaggio diretto a deposito telematico e raccomandata.
- Cassazione Civile, Sez. Trib., Sentenza n. 15710/2025 (depositata 12/06/2025) – Notifica PEC da indirizzo non registrato nei pubblici elenchi – Pronuncia in tema di notifica via PEC di una cartella di pagamento da parte dell’Agente della Riscossione. La Corte, richiamando il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, ha ritenuto valida la notifica a mezzo PEC inviata da un indirizzo PEC dell’Agente non presente nei pubblici registri, escludendo che ciò determini automaticamente la nullità. Il destinatario deve eventualmente dimostrare quale concreto pregiudizio gli abbia cagionato tale irregolarità (ad es. mancata riconoscibilità del mittente). Questa decisione segna un ridimensionamento dell’orientamento più rigoroso (che considerava nulle/inesistenti le PEC da indirizzi non ufficiali), allineandosi con la finalità dell’art.156 c.p.c.: se l’atto è comunque arrivato a conoscenza del contribuente, non si annulla per un vizio formale sul mittente.
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Vuoi sapere in quali casi è possibile contestare la validità della notifica?
La nullità della notifica di un avviso di accertamento si verifica quando l’atto fiscale non viene recapitato al contribuente nel rispetto delle norme di legge. Errori sul destinatario, indirizzo sbagliato, modalità di notifica non consentite o mancata consegna a soggetti autorizzati possono rendere l’atto nullo o annullabile. Conoscere tutte le ipotesi di nullità è fondamentale, perché una notifica irregolare può invalidare l’intero accertamento.
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✍️ Predispone ricorsi e memorie difensive per far dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento
⚖️ Ti rappresenta davanti alle Commissioni Tributarie per ottenere l’annullamento dell’atto
🔁 Ti assiste anche su eventuali pendenze fiscali collegate, definizioni agevolate o rateizzazioni in caso di esito sfavorevole
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e vizi di notifica degli atti fiscali
✔️ Specializzato nella difesa da accertamenti nulli o irregolari
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
La nullità della notifica di un avviso di accertamento può salvarti da richieste fiscali ingiuste o prescritte.
Con un’analisi legale accurata puoi individuare i vizi formali, contestare l’atto e difendere i tuoi diritti.
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