Gelateria Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi

Hai una gelateria con debiti e la situazione finanziaria sta diventando insostenibile?
Cartelle esattoriali, pignoramenti, decreti ingiuntivi, solleciti da banche, fornitori o finanziarie possono mettere a rischio la continuità dell’attività e il tuo patrimonio personale. Sapere come agire subito è fondamentale per difenderti legalmente e trovare soluzioni sostenibili.

Quando una gelateria può trovarsi con debiti
– Quando ha contratto finanziamenti, leasing o mutui per avviare o ampliare il locale e non riesce più a sostenere le rate
– Quando ha accumulato debiti verso fornitori di materie prime, attrezzature o servizi
– Quando sono presenti arretrati fiscali o contributivi verso Agenzia delle Entrate, INPS o altri enti
– Quando il calo di vendite, la stagionalità o la concorrenza hanno ridotto drasticamente la liquidità
– Quando spese impreviste, contenziosi o aumenti nei costi di gestione hanno aggravato la situazione economica

Cosa può accadere a una gelateria con debiti
– Pignoramento dei conti correnti aziendali o personali, con blocco delle operazioni quotidiane
– Pignoramento presso terzi dei crediti verso clienti o piattaforme di pagamento
– Iscrizione di ipoteche sugli immobili di proprietà
– Revoca degli affidamenti bancari e difficoltà ad accedere a nuova liquidità
– Perdita di fornitori e interruzione delle forniture essenziali
– Nei casi più gravi, rischio di chiusura forzata o fallimento

Cosa può fare una gelateria per difendersi dai debiti
– Far analizzare da un avvocato la natura e la legittimità dei debiti, individuando quelli prescritti o contestabili
– Per i debiti fiscali e contributivi, valutare piani di rateizzazione, rottamazioni o saldo e stralcio
– Negoziare con fornitori e banche accordi di rientro sostenibili per ridurre interessi e penali
– Attivare procedure di composizione negoziata della crisi o sovraindebitamento per ristrutturare o azzerare i debiti
– Proteggere immobili, attrezzature e beni aziendali con strumenti giuridici legittimi
– Bloccare o sospendere pignoramenti e altre azioni esecutive quando ci sono i presupposti di legge

Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– La sospensione immediata di pignoramenti, ipoteche e altre procedure esecutive
– La riduzione significativa del debito complessivo tramite accordi o procedure giudiziarie
– La tutela degli immobili, delle attrezzature e del marchio commerciale
– La possibilità di mantenere la continuità operativa evitando la chiusura
– Il recupero della stabilità economica e gestionale
– La salvaguardia della reputazione commerciale e del rapporto con i clienti

Attenzione: anche un’attività ben avviata come una gelateria può trovarsi in difficoltà a causa di debiti mal gestiti o eventi imprevisti. Agire subito, con una strategia mirata e l’assistenza di professionisti esperti, è l’unico modo per evitare il tracollo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, ristrutturazione del debito e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se la tua gelateria ha debiti, come proteggerti e come risolvere legalmente la crisi finanziaria.

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Introduzione

Una gelateria in difficoltà economica può trovarsi gravata da vari tipi di debiti (verso fornitori, banche, Fisco, enti previdenziali, ecc.), con il rischio di subire azioni esecutive o addirittura procedure concorsuali. Come può difendersi il titolare debitore? In questa guida affronteremo in modo approfondito – aggiornato a luglio 2025 – gli strumenti legali di tutela e ristrutturazione del debito previsti dall’ordinamento italiano. L’obiettivo è fornire un quadro completo (con fonti normative e sentenze recenti) delle opzioni disponibili per un debitore (sia come privato che come piccolo imprenditore) di una gelateria in crisi. Il taglio è giuridico divulgativo: spiegheremo i concetti tecnici in modo comprensibile ma accurato, con un livello di dettaglio avanzato adatto anche a professionisti legali, imprenditori e consulenti. Troverete inoltre tabelle riepilogative, una sezione di domande e risposte frequenti (Q&A), ed esempi pratici (simulazioni) basati su casi tipici italiani. Il punto di vista adottato è sempre quello del debitore che cerca soluzioni per difendersi dai creditori e superare la crisi debitoria.

Contesto e tipologie di debito di una gelateria

Avviare o gestire una gelateria comporta obblighi finanziari di vario genere. È utile distinguere le principali tipologie di debiti che una gelateria può accumulare, perché ciascuna categoria può comportare differenti rischi e strumenti di gestione:

  • Debiti commerciali verso fornitori: derivano dall’acquisto di materie prime (latte, zucchero, ingredienti vari), packaging, attrezzature, utenze, ecc. Spesso sono non garantiti (chirografari) e, se insoluti, i fornitori possono agire legalmente per il pagamento (ingiunzioni, decreti ingiuntivi e pignoramenti su conti o beni mobili).
  • Debiti bancari e finanziari: come mutui, finanziamenti per i macchinari o linee di credito. Questi crediti di norma sono assistiti da garanzie reali (es. ipoteca su immobili, privilegio sui beni finanziati) o personali (fideiussioni dei proprietari). In caso di mancato pagamento, la banca può escutere le garanzie: ad esempio, escutere la fideiussione (colpendo il patrimonio personale del garante) o avviare un’esecuzione ipotecaria sull’immobile dato in garanzia. Alcuni finanziamenti bancari possono essere credito fondiario (mutui ipotecari fondiari): questi godono di uno speciale privilegio processuale che consente alla banca di procedere nell’esecuzione immobiliare anche durante eventuali procedure concorsuali, come chiarito dalla Cassazione (vedremo più avanti i dettagli di questa criticità).
  • Debiti tributari (Erario) e contributivi (previdenziali/assistenziali): includono imposte non pagate (IVA, IRPEF o IRES se la gelateria è societaria, IMU/TARI locali), ritenute su dipendenti non versate, contributi INPS per i titolari e dipendenti, premi INAIL, ecc. Questi debiti verso l’Agenzia delle Entrate e gli enti come INPS e INAIL godono spesso di privilegi (sono considerati crediti privilegiati nelle procedure concorsuali) e il loro recupero è affidato all’Agenzia Entrate–Riscossione (AER). Quest’ultima può emettere cartelle esattoriali e atti di precetto senza passare dal tribunale (la cartella esattoriale è già un titolo esecutivo), e attivare misure come fermi amministrativi su veicoli, ipoteche sugli immobili e pignoramenti. Vi sono tuttavia importanti limiti di legge a tutela del debitore: ad esempio, AER non può pignorare la “prima casa” se il debitore vi risiede, è l’unico immobile di proprietà e non è di lusso (categorie A/8 o A/9). In tal caso potrà solo iscrivere ipoteca (se il debito supera €20.000) ma non espropriare, salvo che il debito fiscale superi €120.000 e il contribuente possegga altri immobili. Questa protezione però vale solo per i debiti fiscali: i creditori privati (banche, fornitori) invece possono pignorare l’unica casa del debitore anche se vi abita (non esistono analoghi divieti per loro).
  • Debiti verso dipendenti e collaboratori: stipendi arretrati, TFR e simili. Hanno priorità altissima: in caso di procedure concorsuali o pignoramenti, i crediti da lavoro dipendente godono di privilegio generale sui mobili e spesso anche sul ricavato dell’attività, venendo soddisfatti prima di altri debiti chirografari. Il mancato pagamento sistematico di retribuzioni può inoltre esporre l’imprenditore a sanzioni (anche penali per omesso versamento di ritenute previdenziali oltre soglie di punibilità).
  • Debiti da locazione commerciale: molte gelaterie operano in locali in affitto. Se i canoni non vengono pagati, il locatore può sfrattare per morosità e chiedere decreti ingiuntivi per i canoni arretrati, eventualmente pignorando beni aziendali presenti nel locale (il locatore ha un privilegio speciale sui beni mobili dell’affittuario presenti nei locali affittati, ex art. 2764 c.c., nei limiti di due anni di canoni).
  • Altre passività: ad esempio eventuali multe amministrative (igiene, occupazione suolo pubblico) o debiti verso fornitori di utility (energia, gas) e leasing per macchinari. Anch’essi di norma non privilegiati (salvo eccezioni) e soggetti a esecuzione ordinaria in caso di morosità.

Riepilogo tipi di debiti e caratteristiche principali:

Tipo di debitoEsempiGaranzie/PrivilegiAzioni dei creditori
Fornitori (commerciali)materie prime, bollette, serviziDi solito chirografari (nessuna garanzia specifica)Decreto ingiuntivo e pignoramento di beni/conti
Banche/finanziariemutuo per macchinari, fido bancarioIpoteca su immobili, pegno su beni, fideiussione personale; credito fondiario con privilegio specialeEscussione garanzie; esecuzione immobiliare rapida se mutuo fondiario (anche in concorso)
Fisco (Agenzia Entrate)IVA, imposte reddito, IRAP, IMU ecc.Privilegio generale mobiliare e immobiliare su beni (per alcuni tributi); procedura esattoriale snellaCartella esattoriale; fermo auto; ipoteca; pignoramento senza giudice (no pignoramento prima casa abitazione unica)
Enti previdenziali (INPS)Contributi obbligatori titolari/dip.Privilegio generale (come il Fisco); azione esattoriale tramite AERCartella esattoriale; pignoramenti simili al Fisco
DipendentiStipendi non pagati, TFRPrivilegio di primo grado (su mobili e immobili azienda)Decreto ingiuntivo; insinuazione privilegiata in procedure; possibile denuncia penale per omesso versamento ritenute se applicabile
Locatore (affitto locali)Canoni di locazione arretratiPrivilegio speciale su beni del conduttore nei locali (art. 2764 c.c.)Sfratto per morosità; decreto ingiuntivo; pignoramento arredi/macchinari in loco
Altre multe e debiti variMulte ASL, sanzioni amministrativeDi solito chirografari (nessun privilegio)Ingiunzioni di pagamento via ente creditore (es. Comune) o iscrizione a ruolo esattoriale se previsto

Nota: La presenza di garanzie reali (ipoteche, pegni) o privilegi legali incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti: un creditore ipotecario o privilegiato sarà soddisfatto prima dei creditori chirografari (ordinari) sul ricavato dei beni vincolati o, nel caso di privilegio generale, su tutti i beni secondo prelazione di legge. Ciò influenza la strategia di difesa del debitore: ad esempio, un piano di rientro dovrà prevedere trattamento differenziato dei crediti privilegiati (che spesso vanno pagati integralmente o in misura non inferiore al realizzo in caso di liquidazione). Approfondiremo questi aspetti nelle sezioni sui piani di ristrutturazione e sulle procedure concorsuali.

Rischi per l’imprenditore indebitato (azioni dei creditori)

Vediamo ora quali rischi concreti corre il titolare della gelateria quando non riesce a far fronte ai debiti, e quali strumenti hanno a disposizione i creditori per recuperare le somme dovute. Conoscere in anticipo queste possibili mosse permette al debitore di giocare d’anticipo e adottare contromisure efficaci.

Azioni esecutive individuali (pignoramenti mobiliari e immobiliari)

In assenza di una gestione negoziata o concorsuale della crisi, ogni creditore può procedere singolarmente mediante azione esecutiva. Il percorso tipico per un creditore privato (es. fornitore o banca) è: ottenere un titolo esecutivo (solitamente un decreto ingiuntivo, se il debito non è già fondato su titolo stragiudiziale come una cambiale), poi notificare un atto di precetto e, trascorsi i termini, avviare il pignoramento dei beni del debitore. Le forme comuni sono:

  • Pignoramento mobiliare presso l’azienda o l’abitazione: l’ufficiale giudiziario può recarsi presso i locali della gelateria o la residenza del titolare e sequestrare macchinari, attrezzature, arredi o altri beni mobili di valore, che verranno poi messi all’asta. In una gelateria, questo può significare perdere vetrine refrigerate, frigoriferi, impastatrici, ecc., paralizzando l’attività. Va segnalato che i beni strumentali indispensabili all’esercizio dell’impresa individuale potrebbero essere pignorati ma con alcune cautele di legge (spesso il giudice dell’esecuzione può modulare il pignoramento di beni produttivi per consentire la continuazione minima dell’attività fino all’asta). In ogni caso, il danno operativo è rilevante.
  • Pignoramento presso terzi (crediti del debitore): una gelateria potrebbe avere crediti verso clienti (ad esempio catering, forniture ad altre imprese) o conti correnti attivi in banca. Il creditore può pignorare i conti correnti bancari (bloccando le somme fino a concorrenza del credito dovuto), oppure pignorare crediti della gelateria verso terzi (es. chiedendo al condominio che le aveva commissionato un rinfresco di versare a lui quanto doveva alla gelateria). Anche le somministrazioni di POS (incassi da carte) possono essere intercettate se il creditore notifica atto alla società che gestisce il POS o alla banca collegata. Nel caso di un’impresa individuale, persino uno stipendio che il titolare percepisse da altra attività potrebbe essere pignorato (con limiti: il 20% dello stipendio netto per creditori ordinari, percentuali minori per pignoramenti esattoriali secondo scaglioni di reddito).
  • Pignoramento immobiliare: se il proprietario della gelateria è titolare di beni immobili (ad esempio il locale stesso, se di proprietà, oppure la propria abitazione), i creditori possono iscrivere ipoteca giudiziale (dopo sentenza o decreto ingiuntivo) e successivamente procedere con esecuzione immobiliare mettendo all’asta l’immobile. Come visto, fa eccezione il Fisco sulla prima casa: Agenzia Entrate Riscossione non può espropriare l’unico immobile abitativo del debitore in cui egli risiede (non di lusso), mentre banche e altri creditori privati possono farlo (il divieto di pignoramento prima casa vale solo per i crediti esattoriali). Attenzione inoltre al caso di mutuo fondiario: la banca mutuante con ipoteca fondiaria può, in caso di insolvenza, procedere alla vendita immobiliare anche se il debitore apre poi una procedura concorsuale minore (ad es. una liquidazione controllata). La Cassazione n. 22914/2024 ha infatti stabilito che il privilegio processuale ex art. 41 TUB – che consente al creditore fondiario di agire in proprio sul bene ipotecato senza dover attendere la procedura fallimentare – si applica anche nella liquidazione controllata dei sovraindebitati. Ciò significa che, se la gelateria ha un mutuo ipotecario fondiario, la banca potrà continuare o iniziare il pignoramento dell’immobile ipotecato anche durante la procedura di sovraindebitamento, scavalcando di fatto il “blocco” concorsuale (questo orientamento, criticato da parte della dottrina, è visto come un indebolimento delle tutele del debitore sovraindebitato a vantaggio eccessivo delle banche).

Difese nelle esecuzioni individuali: il debitore ha comunque alcuni strumenti di difesa nelle singole esecuzioni. Può presentare opposizione al decreto ingiuntivo (se il credito non è certo o ci sono contestazioni sul suo ammontare), oppure opposizione all’esecuzione se ritiene che manchi il titolo esecutivo valido o che il bene pignorato sia impignorabile (es. beni indispensabili, beni di scarso valore rispetto ai costi). Può anche chiedere al giudice dell’esecuzione delle sospensioni se adduce gravi motivi o se sta cercando una soluzione concordata. Tuttavia, queste sono soluzioni tampone. Una difesa più strutturata consiste nel prevenire la frammentazione delle azioni esecutive (ogni creditore per conto suo) attivando per tempo una procedura unitaria (accordo di ristrutturazione o procedura concorsuale) che imponga un automatica stay (blocco delle azioni) generale.

Insolvenza e rischio di procedure concorsuali

Se l’indebitamento è grave e la gelateria versa in conclamata insolvenza (incapacità non transitoria di pagare i debiti alle scadenze regolari), oltre alle azioni dei singoli creditori vi è il rischio di attivazione di una procedura concorsuale. Le procedure concorsuali sono procedimenti giudiziari finalizzati a regolare la crisi o insolvenza in modo unitario, sotto controllo del tribunale, con la partecipazione di tutti i creditori. Nel nuovo ordinamento italiano (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022) esistono diverse procedure a seconda della dimensione del debitore:

  • Impresa soggettabile a liquidazione giudiziale (ex fallimento): se la gelateria è gestita in forma societaria o individuale sopra determinate soglie, i creditori possono chiedere al tribunale la liquidazione giudiziale (la nuova denominazione del fallimento). Le soglie che definiscono l’“imprenditore minore” (non fallibile) sono: attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 (valutati congiuntamente negli ultimi tre esercizi). Se la gelateria supera questi parametri (non comune ma possibile per gelaterie con più punti vendita o fatturati elevati), i creditori (o l’imprenditore stesso, o il PM in alcuni casi) possono chiedere l’apertura del concordato preventivo (se c’è un piano di risanamento da proporre) o, in caso di insolvenza conclamata, direttamente la liquidazione giudiziale. In tale procedura, un curatore nominato dal tribunale gestirà l’azienda e liquiderà i beni per pagare i creditori secondo la prelazione (è dunque la situazione più drastica, con spossessamento dell’imprenditore). Per il debitore ciò significa perdere la gestione dell’attività e vedere i propri beni aziendali venduti all’asta. Un aspetto positivo, tuttavia, è che al termine il fallito persona fisica può chiedere l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui non soddisfatti (salvo alcuni debiti non scaricabili per legge).
  • Impresa sotto soglia (sovraindebitato non fallibile): se la gelateria rientra nei parametri dell’“imprenditore minore” (molte gelaterie individuali o piccole società di persone rientrano qui), non è soggetta a fallimento o concordato preventivo. In passato questi debitori rimanevano esposti alle esecuzioni individuali senza una procedura concorsuale unitaria. Dal 2012 (L.3/2012) e ancor più con il nuovo Codice 2019, esistono procedure concorsuali speciali per i soggetti sovraindebitati non fallibili, come il concordato minore e la liquidazione controllata (analizzate più avanti). I creditori non possono chiedere il fallimento di un soggetto sotto-soglia, ma possono chiedere al tribunale l’apertura della liquidazione controllata se ricorre lo stato di insolvenza. Ad esempio, un fornitore della gelateria sotto-soglia potrebbe – invece di fare più pignoramenti infruttuosi – istigare una liquidazione controllata, che è l’equivalente del fallimento per i piccoli: il tribunale nomina un liquidatore, si aprono le vendite dei beni e a fine procedura il debitore può essere esdebitato (liberato dai debiti). Dunque, pur non rischiando tecnicamente il fallimento, anche il piccolo imprenditore insolvente può essere trascinato in una procedura concorsuale di liquidazione.
  • Istanza del Pubblico Ministero: oltre ai creditori, anche la Procura può, in presenza di certi presupposti (ad esempio se l’insolvenza emerge da procedimenti penali o se vi è interesse pubblico), chiedere l’apertura di liquidazione giudiziale per imprese grandi o di liquidazione controllata per sovraindebitati. Ciò è raro nel caso di una gelateria, ma ipotizzabile in casi di gravi irregolarità (es. frodi fiscali, bancarotta fraudolenta già in atto, ecc.).

Effetti delle procedure concorsuali sulla gelateria: dal punto di vista del debitore, l’apertura di una procedura concorsuale liquidatoria (liquidazione giudiziale o controllata) comporta la perdita di disponibilità del patrimonio. Nella liquidazione giudiziale l’imprenditore individuale e gli amministratori sono spossessati dei beni dell’impresa (che passano al curatore); nella liquidazione controllata, similmente, il patrimonio del debitore (anche persona fisica) è amministrato da un liquidatore nominato, sebbene la legge non parli espressamente di spossessamento completo. In entrambi i casi, l’attività della gelateria normalmente cessa (salvo esercizio provvisorio autorizzato nel fallimento, eventualità rara per una piccola gelateria). L’aspetto positivo è la possibile liberazione dai debiti a fine procedura: nella liquidazione controllata il debitore persona fisica ha diritto, se meritevole e cooperativo, all’esdebitazione per i debiti concorsuali rimasti insoddisfatti (concetto di “fresh start”). Questo è un elemento chiave di difesa di lungo periodo: a fronte della perdita dei beni, il debitore ottiene la chance di ripartire senza la zavorra di debiti pregressi.

Nota: esiste anche la possibilità per il debitore sotto-soglia di accedere a procedure di composizione della crisi (non liquidatorie), come il concordato minore o il piano del consumatore, per evitare la liquidazione. Tali procedure richiedono l’iniziativa del debitore (non possono essere richieste dai creditori) e presuppongono un progetto di risanamento o pagamento parziale. Le analizzeremo dettagliatamente nella sezione successiva.

Conseguenze patrimoniali per il titolare (responsabilità)

Un punto fondamentale è capire chi risponde dei debiti della gelateria. La titolarità e la forma giuridica dell’attività incidono sulla difesa:

  • Se la gelateria è gestita come ditta individuale (impresa individuale di un soggetto) o come società di persone (S.n.c. o S.a.s.), i debiti dell’attività ricadono direttamente e illimitatamente sul patrimonio personale dell’imprenditore o dei soci illimitatamente responsabili. Ciò significa che i creditori possono attaccare sia i beni “aziendali” che quelli personali (conto corrente personale, auto privata, immobili personali, ecc.), fatto salvo il minimo vitale o i beni impignorabili (es. vestiti, utensili casa, ecc.). Anche in caso di procedure concorsuali, se si apre una liquidazione controllata o giudiziale, essa riguarderà il patrimonio anche personale del titolare (perché non c’è distinzione netta tra persona e impresa individuale). Ad esempio, se Tizio ha la gelateria come ditta individuale, un fornitore potrebbe pignorargli sia l’incasso della gelateria sia l’auto privata. E in liquidazione controllata, tutti i beni di Tizio confluiscono nella massa attiva, compresa la sua casa (salvo che rientri nella “prima casa impignorabile” per il Fisco, regola che però non vale nei concorsi ordinari: un liquidatore fallimentare può vendere anche la prima casa se non ci sono cause di prelazione che la proteggano).
  • Se la gelateria è gestita tramite una società di capitali (es. S.r.l.), la società è un soggetto giuridico distinto. I debiti sociali si soddisfano sul patrimonio della società, e non su quello personale dei soci (che hanno responsabilità limitata), a meno che questi abbiano prestato garanzie personali (molti istituti di credito fanno firmare fideiussioni ai soci/amministratori) o commesso irregolarità gravi (ad es. per i debiti tributari, amministratori colpevoli di certi illeciti potrebbero subire azioni di responsabilità o sanzioni personali, ma parliamo di situazioni eccezionali). In generale, quindi, la difesa è facilitata se la gelateria è in forma di S.r.l.: i soci rischiano il capitale investito e gli eventuali beni dati in garanzia, ma il loro patrimonio personale di regola è al riparo dalle azioni esecutive dei creditori sociali. Attenzione però: nelle procedure concorsuali, se la S.r.l. finisse in liquidazione giudiziale (fallimento), non c’è esdebitazione per la società (che verrà cancellata una volta terminata la liquidazione). I soci persone fisiche, non essendo debitori diretti, non hanno bisogno di esdebitazione; tuttavia, se avevano firmato fideiussioni, quelle rimangono in piedi e i creditori (es. la banca) potranno escutere i soci garanti anche dopo il fallimento della società, per la parte non soddisfatta nella procedura. In sintesi, la S.r.l. protegge i soci dall’esecuzione immediata, ma se essi hanno garantito i debiti, dovranno gestire personalmente quel profilo (magari con soluzioni da sovraindebitamento personali separate).
  • Vi sono poi situazioni ibride: ad esempio, socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo che sia persona sovraindebitata anche per debiti personali. La legge consente che tale socio acceda alle procedure da sovraindebitamento per i suoi debiti personali estranei alla società, ma se poi la società fallisce o entra in liquidazione giudiziale, la procedura del socio cede il passo per evitare sovrapposizioni di masse. Questo è un tema specialistico: il messaggio chiave è che il debitore deve considerare sia i debiti personali che quelli dell’attività in un quadro unico, perché spesso sono interconnessi (specialmente quando ci sono garanzie personali).

Strumenti stragiudiziali di risanamento e accordo

Prima di ricorrere alle vie concorsuali (giudiziali), un imprenditore in difficoltà dovrebbe valutare le soluzioni stragiudiziali (extragiudiziali) per regolare i debiti. Si tratta di percorsi basati sull’accordo con i creditori, che possono evitare o precedere un intervento del tribunale. La normativa italiana prevede alcuni strumenti di composizione negoziale della crisi che, se ben utilizzati, consentono di ristrutturare l’esposizione debitoria mantenendo il controllo dell’impresa e limitando i danni reputazionali. Vediamo i principali:

Piano attestato di risanamento

Il Piano attestato di risanamento è uno strumento contrattuale e unilaterale previsto dall’art. 56 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Consiste in un piano di risanamento aziendale predisposto dal debitore, corredato da una relazione di un professionista indipendente (“attestatore”) che certifica la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano. Il piano è rivolto ai creditori, ma non richiede omologazione o approvazione giudiziaria preventiva: è un accordo privatistico, sebbene possa coinvolgere più creditori.

Caratteristiche chiave:

  • È un atto unilaterale del debitore, con eventuali accordi bilaterali con i creditori esecutivi del piano. Quindi, il debitore elabora un progetto di ristrutturazione (ad es. dilazione dei debiti, nuovi apporti finanziari, vendita di beni non strategici, riorganizzazione dell’impresa) e cerca l’adesione dei creditori più significativi su base volontaria. Non c’è un quorum legale di adesioni richiesto come negli accordi di ristrutturazione; teoricamente il piano attestato potrebbe coinvolgere anche un solo creditore principale, mentre altri vengono pagati regolarmente secondo il piano senza un accordo formale con loro.
  • Attestazione indipendente: è il cuore del piano attestato. Un professionista (revisore, commercialista o altra figura prevista dalla legge) deve esaminare il piano e dichiarare per iscritto che i dati contabili sono veritieri e che le strategie proposte sono ragionevoli e idonee a risanare l’impresa. Questa attestazione serve a dare credibilità al piano verso i creditori (che altrimenti diffiderebbero di semplici promesse del debitore).
  • Data certa e pubblicazione facoltativa: il piano deve avere data certa (es. attraverso atto notarile o PEC). Può inoltre essere pubblicato nel Registro delle Imprese assieme all’attestazione e agli eventuali accordi con creditori. La pubblicazione non è obbligatoria ai fini di validità del piano, ma lo diventa se il debitore intende usufruire di un beneficio fiscale: la non tassabilità delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti (art. 88, co.4-ter TUIR) si applica solo se il piano di risanamento è pubblicato.
  • Effetti protettivi: il piano attestato, se rimane stragiudiziale (cioè non convertito in un accordo omologato), non attiva automaticamente un blocco generalizzato delle azioni esecutive (a differenza di concordato o accordi omologati). Tuttavia, la legge gli riconosce due importanti effetti a posteriori, in caso di eventuale successivo fallimento o procedura concorsuale:
    1. Esenzione da revocatoria fallimentare: gli atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del piano attestato non sono soggetti all’azione revocatoria in un successivo fallimento. Ciò significa che, se la gelateria paga un fornitore strategico secondo il piano o concede una nuova ipoteca a una banca che finanzia il risanamento, e poi purtroppo fallisce, il curatore non potrà far annullare quei pagamenti/garanzie, purché erano coerenti con il piano pubblicato. Questo scudo incentiva i creditori a aderire al piano senza la paura di dover restituire poi le somme.
    2. Esenzione da responsabilità penale per atti di gestione altrimenti qualificabili come bancarotta semplice o preferenziale: gli atti e pagamenti compiuti in esecuzione del piano attestato, se successivamente l’imprenditore dovesse fallire, non costituiscono reato di bancarotta semplice o bancarotta preferenziale. Ad esempio, pagare un creditore e non altri prima del fallimento potrebbe configurare bancarotta preferenziale; ma se il pagamento era previsto dal piano di risanamento attestato, la legge esclude la punibilità. Questo tutela l’imprenditore (e i terzi) che hanno operato secondo un piano serio.

In sintesi, il piano attestato di risanamento è adatto quando la gelateria ha prospettive di recupero e accordi negoziabili con i suoi creditori principali, e l’imprenditore vuole evitare la pubblicità e la formalità di un intervento giudiziario. È essenzialmente un accordo privato assistito da perizia indipendente e da taluni effetti legali protettivi. Per fare un esempio pratico: il titolare elabora con un professionista un piano a 5 anni in cui chiede alla banca di prorogare il mutuo, ai fornitori uno sconto del 20% sulle forniture passate in cambio del pagamento del restante 80% su 24 mesi, e si impegna a versare regolarmente le rate del debito fiscale in adesione a una dilazione con Equitalia. L’attestatore verifica i conti (incassi estivi, costi, etc.) e certifica che, riducendo certe spese e con quelle dilazioni, l’azienda può tornare in equilibrio. Banca e fornitori chiave aderiscono informalmente (magari firmando accordi bilaterali richiamati nel piano). Il piano viene datato e pubblicato per sicurezza. Da quel momento, il debitore opera seguendo il piano: se riuscirà, avrà evitato il default; se fallisce, almeno quei pagamenti effettuati non saranno revocati. Nessun giudice interviene in questa fase, salvo appunto se la cosa va male e si finisce in tribunale più avanti.

Va detto che il piano attestato non vincola i creditori dissenzienti: se qualche creditore non aderisce, potrà comunque agire per conto suo. Perciò funziona bene quando si ha un numero limitato di creditori o quando comunque la maggior parte è disponibile a una trattativa volontaria e i pochi estranei non compromettono il risanamento (magari perché vengono pagati integralmente comunque).

Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato

L’Accordo di ristrutturazione dei debiti (spesso abbreviato in ADR o A.R.D.) è uno strumento semi-stragiudiziale previsto dal CCII (artt. da 57 a 63 CCII). Si colloca a metà tra il piano attestato (interamente privatistico) e il concordato (interamente giudiziale): è un accordo negoziato con i creditori che tuttavia viene sottoposto all’omologazione del tribunale. La finalità è sempre il risanamento dell’impresa in crisi o insolvenza, mediante un accordo che coinvolge una parte significativa dei creditori, mentre altri creditori restano estranei ma – grazie all’omologazione – non possono intralciarne l’esecuzione.

Caratteristiche principali dell’accordo di ristrutturazione:

  • Soglia di adesioni: la legge richiede che l’accordo sia sottoscritto da creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (Accordo standard). Esistono varianti particolari: l’accordo agevolato se i creditori aderenti rappresentano il 30% (soglia ridotta introdotta dal 2021), e l’accordo ad efficacia estesa se aderisce almeno il 75% dei crediti di una certa categoria omogenea (in tal caso l’accordo, omologato, può essere esteso anche ai creditori di quella categoria che non hanno aderito, a certe condizioni). Queste percentuali permettono una flessibilità: la gelateria potrebbe convincere una maggioranza qualificata di creditori a un piano di rientro, accettando che magari qualcun altro resti fuori (e verrà pagato integralmente fuori accordo oppure escluso, a seconda dei casi).
  • Procedure di omologazione: l’accordo, una volta sottoscritto dai creditori necessari, viene presentato al Tribunale competente per l’omologazione. Il tribunale verifica la regolarità e soprattutto che, con l’accordo, i creditori estranei non vengano pregiudicati (devono essere pagati almeno quanto avrebbero ottenuto senza accordo). Se non vi sono opposizioni o se le opposizioni vengono respinte, il tribunale omologa l’accordo con sentenza. L’omologazione dà efficacia legale all’accordo, che così vincola anche eventuali creditori non firmatari (nei limiti di legge). Ad esempio, con l’omologa l’accordo può prevedere che i creditori estranei vengano comunque soddisfatti nei termini del piano e non possano agire esecutivamente fuori da esso.
  • Fase preparatoria “in bianco”: la legge consente di presentare un ricorso “con riserva” (detto anche in bianco) dove il debitore chiede il tempo di negoziare l’accordo prima di depositarlo formalmente. In tal caso il tribunale può dare fino a 60-120 giorni di tempo per depositare l’accordo definitivo, e nel frattempo il debitore può chiedere misure protettive provvisorie. Questa opzione serve per “congelare” la situazione mentre si finalizzano le trattative.
  • Misure protettive (stay): uno dei vantaggi dell’accordo di ristrutturazione è la possibilità di ottenere un blocco delle azioni esecutive e cautelari dei creditori durante la fase di omologazione. Su richiesta del debitore, dal momento della pubblicazione della domanda di omologa nel registro imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti né sequestri sul patrimonio, e le prescrizioni rimangono sospese. Inoltre non può essere dichiarato fallimento/liquidazione giudiziale nel frattempo. Queste misure protettive possono essere richieste sia col ricorso iniziale sia successivamente in corso di procedura. Importante: se l’accordo è della tipologia “agevolato” al 30%, la legge non consente le misure protettive (come contrappeso alla soglia bassa di consenso). Quindi, se la gelateria mira a un accordo con solo 30% di creditori, sappia che in quel caso non avrà un automatic stay, e i creditori non aderenti potrebbero comunque tentare pignoramenti (anche se poi, una volta omologato, l’accordo li vincolerà nei termini previsti per legge).
  • Contenuto dell’accordo: è libero, basta che assicuri il riequilibrio finanziario. Può prevedere dilazioni di pagamento, stralci parziali di credito (cioè rinuncia a una percentuale del credito da parte dei creditori aderenti), conversione di crediti in quote/azioni, cessione di asset non essenziali per pagare i creditori, ecc. Spesso l’accordo è accompagnato da un piano economico-finanziario che illustra come l’impresa potrà adempiere ai nuovi termini (questo piano deve anch’esso essere asseverato da un professionista attestatore, in maniera simile al piano attestato, a garanzia di fattibilità).
  • Effetti dell’omologa: con l’omologazione l’accordo diventa efficace erga omnes dal giorno della pubblicazione della sentenza. I creditori aderenti sono ovviamente vincolati ai nuovi termini concordati. I creditori estranei (non firmatari) restano fuori dall’accordo nel senso che conservano i loro diritti originari, ma l’omologa impedisce loro di intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali purché il debitore adempia regolarmente l’accordo. In alcuni casi, come detto, se l’accordo è ad efficacia estesa, alcuni creditori non aderenti di una categoria vengono trattati come se avessero aderito. Ad esempio, se il 80% delle banche aderisce accettando il 70% a saldo, e l’accordo è ad efficacia estesa su quella categoria, anche la banca dissenziente al 20% sarà costretta ad accettare il 70% a saldo (questo avviene solo con specifiche condizioni e previa valutazione del tribunale).
  • Opposizioni: durante l’omologazione, i creditori estranei o eventuali interessati possono proporre opposizione entro 30 giorni dalla pubblicazione della domanda. Il tribunale decide sulle opposizioni e omologa o rigetta. Se omologa, emette sentenza; i contrari possono fare reclamo in corte d’appello entro 30 giorni, ma ciò non sospende di per sé l’efficacia se non disposto diversamente.

Esito in caso di rigetto o revoca: Se l’accordo non viene omologato (perché ad esempio non raggiunge i requisiti di legge o perché il tribunale trova che i creditori estranei sarebbero pregiudicati), il tribunale dichiara aperta la liquidazione giudiziale su ricorso di un creditore o del PM (se c’erano i presupposti di insolvenza). Questo è un forte incentivo a proporre accordi seri: un fallimento in caso di fallimento dell’accordo. Anche se l’accordo viene omologato, se poi il debitore non rispetta gli impegni o vengono scoperte frodi, l’omologazione può essere revocata e su istanza si apre la liquidazione giudiziale.

Vantaggi dell’accordo di ristrutturazione: rispetto al piano attestato, l’ADR offre il crisma dell’autorità giudiziaria e quindi un maggiore effetto vincolante (si superano le eventuali resistenze di minoranze, e si ottiene lo stay protettivo generale durante la procedura). È più rapido e flessibile di un concordato preventivo: meno formalità, si coinvolgono solo alcuni creditori (non serve includere tutti, basta quel 60% o 30%). Inoltre è riservato: durante la trattativa e fino alla pubblicazione in tribunale, l’azienda può operare con discrezione. Va però coinvolto un giudice e c’è un controllo di merito (il tribunale deve valutare la fattibilità e la correttezza del trattamento dei creditori).

Nel contesto di una gelateria, un esempio di accordo potrebbe essere: la gelateria ha 10 fornitori e una banca. Propone di pagare integralmente banca e 6 fornitori strategici (che insieme sono il 65% del totale crediti) ma con dilazioni; gli altri 4 fornitori chirografari di minore importo propone di pagarli solo al 50% tra un anno. Se quelli 6 forti accettano e firmano, abbiamo >60%. Il tribunale omologa l’accordo che prevede queste percentuali. I 4 fornitori piccoli dissenzienti, che magari non hanno firmato, si trovano comunque di fatto soggetti all’accordo? Formalmente i loro crediti restano per intero, ma grazie all’omologa, finché il debitore paga loro il 50% come promesso in accordo, essi non possono agire esecutivamente per il resto perché il piano prevede così e il tribunale avrà verificato che comunque non avrebbero ottenuto di più altrove (ad es., se fossero andati in fallimento avrebbero forse preso zero, quindi il 50% è migliorativo). Di fatto, l’accordo si chiude pagando a tutti qualcosa e l’attività continua.

Transazione fiscale e con gli enti: Un punto particolare riguarda i debiti verso l’Erario e gli enti previdenziali. Essi possono rientrare in un accordo di ristrutturazione ma la loro adesione è necessaria se si vuole falcidiare o dilazionare oltre certe soglie tali crediti. Si parla di transazione fiscale e contributiva (art. 63 CCII, già art. 182-ter L.Fall.): il debitore può proporre il pagamento parziale e/o dilazionato dei tributi e contributi, ma l’accordo necessita del parere favorevole dell’Agenzia Entrate e degli enti. Se tali enti aderiscono formalmente, i loro crediti seguono il trattamento concordato (anche qui, devono avere almeno quanto il valore di realizzo in caso di liquidazione). Se invece non aderiscono, l’omologa dell’accordo non può imporre uno stralcio ai loro crediti: in passato questo bloccava molti concordati, ma il nuovo Codice e la riforma del 2022 hanno introdotto qualche flessibilità, prevedendo che il tribunale possa omologare ugualmente un accordo/concordato anche senza voto favorevole del Fisco se ritiene che la proposta è più conveniente per l’Erario rispetto alla liquidazione. Nel contesto del nostro discorso: il titolare di gelateria con debiti IVA, INPS ecc. può includerli nella ristrutturazione proponendo magari un pagamento del 100% del capitale ma abbattendo sanzioni e interessi (cosa consentita dalla transazione fiscale). Se l’Erario concorda, bene; se no, bisognerà prevedere di soddisfarlo comunque integralmente (o come da scenario liquidatorio) nell’accordo perché il giudice omologhi.

Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa

La Composizione negoziata della crisi è uno strumento nuovo, introdotto nel 2021 (D.L. 118/2021 conv. L.147/2021) e poi incorporato nel Codice della Crisi (artt. da 17 a 25-quinquies CCII). Non si tratta di un accordo in sé, ma di una procedura volontaria di negoziazione assistita da un esperto indipendente, finalizzata ad aiutare l’imprenditore a trovare una soluzione concordata con i creditori, prima che la crisi diventi insolvenza irreversibile. È, in sostanza, un percorso di risanamento stragiudiziale pilotato, pensato soprattutto per prevenire i fallimenti di PMI.

Caratteristiche della composizione negoziata:

  • Accesso su richiesta dell’imprenditore: possono accedervi imprese commerciali o agricole (di qualsiasi dimensione, anche medio-grandi) che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o insolvenza, ma per cui esistono ragionevoli prospettive di risanamento. Quindi serve un’azienda ancora “viva” ma in difficoltà prospettica. L’imprenditore presenta istanza tramite una piattaforma telematica nazionale, al Segretario Generale della Camera di Commercio competente.
  • Nomina dell’esperto indipendente: accolta l’istanza, viene nominato un esperto (di solito un professionista qualificato in crisi d’impresa, da un elenco) che avrà il compito di facilitare le trattative tra debitore e creditori. L’esperto studia la situazione aziendale, convoca i creditori principali e cerca di trovare con le parti una soluzione (che può essere un accordo stragiudiziale, un accordo di ristrutturazione, un concordato, la cessione dell’azienda, ecc.).
  • Procedura confidenziale e stragiudiziale: tutto avviene fuori dal tribunale, sulla piattaforma. La composizione negoziata non è pubblica finché l’imprenditore non decide di attivare misure protettive o altre pubblicità. L’esperto redige alla fine una relazione conclusiva sull’esito.
  • Misure protettive opzionali: l’imprenditore può chiedere, contestualmente o dopo l’avvio, che siano applicate delle misure protettive del patrimonio durante le trattative. In tal caso deposita un’istanza che viene pubblicata nel Registro delle Imprese insieme all’accettazione dell’esperto. Dal momento della pubblicazione, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari senza autorizzazione del tribunale (che interviene solo su questa specifica richiesta). Entro il giorno successivo alla pubblicazione, il debitore deve poi rivolgersi al tribunale per la conferma o modifica delle misure protettive e per eventuali provvedimenti cautelari. Se confermate, queste misure tipicamente bloccano i pignoramenti analogamente a quanto avviene nel concordato. Occorre poi, entro 30 giorni, rendere pubblico nel registro il numero di ruolo del procedimento cautelare. Dunque, anche la composizione negoziata può dare un respiro al debitore bloccando temporaneamente le aggressioni dei creditori mentre si negozia. (Da notare: se l’imprenditore compie atti pregiudizievoli durante le trattative senza informare l’esperto, quest’ultimo può far iscrivere il proprio dissenso nel registro imprese, segnalando ai creditori l’incoerenza del debitore).
  • Conclusione delle trattative: l’esito può essere diverso a seconda di ciò che le parti riescono a concordare, ed il Codice incentiva varie soluzioni:
    • Se si trova un accordo stragiudiziale soddisfacente, possono concludere un contratto con uno o più creditori che preveda interventi sul debito e garantisca la continuità aziendale ≥ 2 anni (ad esempio una nuova finanza e un piano di rientro concordato con le banche). Oppure possono concludere una convenzione di moratoria ex art. 62 CCII (accordo tipico per sospendere temporaneamente i pagamenti con l’assenso di determinate categorie di creditori). Oppure ancora, un accordo stragiudiziale assistito dall’esperto che produca alcuni effetti protettivi simili ai piani attestati (esenzione da revocatorie). Tutte queste ipotesi rientrano in soluzioni di tipo privato.
    • Se invece non si raggiunge un accordo extra-giudiziale con tutti, l’imprenditore può utilizzare l’esito delle trattative per accedere a una procedura concorsuale semplificata: può presentare un piano attestato (convertendo il lavoro fatto in un piano ex art.56 CCII); oppure può promuovere un accordo di ristrutturazione vero e proprio (e la legge in tal caso premia: se l’accordo è frutto della composizione negoziata, la soglia di adesioni necessaria scende al 60% anziché 75% per l’efficacia estesa); oppure, se la situazione è irrecuperabile, può presentare un concordato semplificato per la liquidazione (strumento speciale previsto dall’art. 25-sexies CCII, che consente di chiedere al tribunale l’omologa di un concordato solo liquidatorio senza voto dei creditori, ma solo se si è passati da una composizione negoziata fallita). Infine, può sempre ripiegare su qualsiasi altra procedura concorsuale (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, ecc., se ne ha i requisiti).
  • Benefici premiali: per incoraggiare l’uso della composizione negoziata, la legge prevede varie agevolazioni fiscali per chi la intraprende. Tra queste, la riduzione al tasso legale degli interessi maturati sui debiti fiscali durante le trattative se si perviene a certe soluzioni concordate; la riduzione delle sanzioni fiscali al minimo se vengono pagate entro termini stabiliti; la possibilità di rateizzare in 6 anni i debiti fiscali non ancora a ruolo a fine composizione, se si raggiunge un contratto che assicuri continuità; la riduzione della metà di sanzioni e interessi su debiti fiscali antecedenti per chi, dopo la composizione, accede a piano attestato, accordo, concordato semplificato o preventivo; la detassazione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti (non concorrono a reddito) e la piena deducibilità delle perdite su crediti per i creditori aderenti. Insomma, un pacchetto di incentivi economici.

Per una gelateria indebitata, la composizione negoziata può sembrare uno strumento più adatto ad aziende di dimensioni medio-grandi o strutturate (perché coinvolge una procedura camerale, un esperto, ecc.). Tuttavia, anche una PMI come una gelateria può attivarla se intravede di poter negoziare. Ad esempio, supponiamo una gelateria con problemi di liquidità post-covid: ha arretrati con la banca e col fisco, ma potrebbe tornare redditizia con due stagioni buone. Il titolare attiva la composizione negoziata; viene nominato un esperto che convoca la banca, l’Agenzia Entrate e l’INPS. Insieme studiano una soluzione: la banca accetta di prorogare i finanziamenti di 3 anni, l’Agenzia Entrate di spalmarle i debiti in 6 anni (magari sfruttando la rateazione ordinaria o la rottamazione se aperta), il titolare si impegna a versare un tot mensile e garantisce con un immobile dei familiari. Si formalizza un contratto con banca e un paio di fornitori chiave, e contestualmente il debitore aderisce a una definizione agevolata fiscale per le cartelle esattoriali, che riduce sanzioni e interessi (questi istituti possono coesistere). L’esperto nella relazione finale attesta che la continuità è assicurata almeno per 2 anni. In tal modo la composizione negoziata si chiude con successo stragiudiziale e la gelateria evita la crisi. Se invece le trattative fallissero (es. la banca rifiuta qualunque accordo), il titolare potrà ancora, grazie al lavoro svolto e ai documenti raccolti, predisporre magari un concordato semplificato liquidatorio (dove cede l’azienda magari ad un concorrente disponibile) ottenendo dal tribunale l’omologazione senza voti – estrema ratio per chiudere comunque la situazione senza fallimento tradizionale.

Importante: la composizione negoziata è volontaria. Non esiste obbligo di legge di attivarla, sebbene il Codice della Crisi introduca per le società l’obbligo degli adeguati assetti organizzativi per rilevare tempestivamente la crisi e attivarsi (ma questo va oltre la nostra trattazione). È comunque uno strumento prezioso nella cassetta degli attrezzi del debitore.

Procedure concorsuali per sovraindebitamento (debitori minori)

Passiamo ora alle procedure giudiziali vere e proprie destinate ai debitori “minori” (sotto soglia fallimentare) e ai privati. Il quadro normativo è profondamente rinnovato dal Codice della Crisi, che nel Titolo IV disciplina le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Tali procedure, già anticipate dalla Legge 3/2012, sono ora più integrate nel sistema concorsuale e comprendono:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il nuovo nome del “piano del consumatore”): riservata ai debitori persone fisiche che hanno contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività di impresa.
  • Concordato minore: destinato agli imprenditori minori e agli altri debitori non fallibili (es. professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli), escluso il consumatore. È simile a un concordato preventivo ma per platea di piccoli debitori.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: la procedura liquidatoria giudiziale per i sovraindebitati non soggetti a fallimento (sostituisce la “liquidazione del patrimonio” della legge 3/2012).

Analizziamo ciascuna, dal punto di vista del debitore gelatiere.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore

Questa procedura (artt. 67-73 CCII) è pensata per il consumatore sovraindebitato, cioè la persona fisica che ha debiti contratti per scopi personali e non professionali. Potrebbe non riguardare strettamente il titolare di una gelateria per i debiti d’impresa – a meno che taluno dei suoi debiti sia di natura personale (ad es. un prestito al consumo, debiti familiari) e si decida di trattarli separatamente. In generale, se il soggetto è un imprenditore, anche se piccolo, non può accedere alla procedura da consumatore per i debiti dell’attività (infatti il concordato minore è escluso al consumatore, e viceversa il piano del consumatore è precluso a chi ha debiti d’impresa). Vi è un concetto di indebitamento misto: la legge consente a chi ha sia debiti personali sia debiti da impresa cessata di usare la procedura consumatore limitandola ai debiti personali, a condizione che ciò non rechi pregiudizio ai creditori dell’eventuale impresa (in pratica si scindono le masse). Ma situazioni del genere vanno valutate con estrema attenzione legale.

Tratteremo brevemente la ristrutturazione del consumatore per completezza: il consumatore presenta, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), una proposta di piano ai creditori, nella quale indica come intende pagare (in tutto o in parte) i suoi debiti, in un periodo di tempo determinato, eventualmente con l’apporto di terzi o la cessione di parte del patrimonio. Non è richiesto il voto dei creditori: è il giudice che omologa il piano se ritiene che il consumatore sia meritevole (non abbia colpa grave, malafede o frode nella genesi dei debiti) e che il piano sia fattibile e conveniente per i creditori rispetto alle alternative. La Cassazione n. 22890/2023 ha chiarito che il giudizio di meritevolezza va fatto alla luce del nuovo criterio di legge (art. 69 CCII), basato essenzialmente sull’assenza di colpa grave o frode, superando i più rigidi criteri precedenti della “leggerezza nell’assunzione dei debiti”. Ciò favorisce l’accesso: il consumatore sovraindebitato non viene più escluso solo perché ha fatto spese avventate, salvo fossero gravemente imprudenti oltre la soglia della colpa grave.

Nel contesto della guida, potremmo avere interesse a questo strumento se, ad esempio, il proprietario della gelateria avesse garanzie personali o debiti familiari fuori dall’attività. Potrebbe allora proporre un piano del consumatore per risolvere quei debiti, tenendo separato l’ambito aziendale. Tuttavia, spesso i debiti imprenditoriali e personali si mescolano (es. la fideiussione per il mutuo aziendale è un debito personale legato all’attività). In tal caso, più che spezzare in due procedure (cosa tecnicamente possibile ma complessa), conviene considerare il concordato minore che può includere anche debiti personali purché l’origine prevalente sia imprenditoriale.

Concordato minore

Il concordato minore (artt. 74-83 CCII) è la procedura principale per un imprenditore minore sovraindebitato. Ne può accedere solo il debitore che esercita attività d’impresa (commerciale sotto-soglia, artigiana o agricola, o un professionista) – non il consumatore. In pratica, se la gelateria è un’impresa individuale o societaria non fallibile, questa è la procedura di “concordato preventivo in miniatura” a sua disposizione.

Caratteristiche del concordato minore:

  • Iniziativa e decisione: spetta esclusivamente al debitore proporre il concordato minore. Se la gelateria è esercitata in forma societaria, la delibera di ricorrere a un concordato minore dev’essere presa dagli amministratori e risulta da verbale notarile da depositare al Registro Imprese (stessa formalità prevista per l’accesso a ogni strumento concorsuale ex art. 120-bis CCII).
  • Organismo di Composizione della Crisi (OCC): il debitore dev’essere affiancato da un OCC (di solito un professionista nominato dal tribunale o scelto dal debitore da un ente accreditato) fin dalla fase di preparazione. L’OCC aiuta a redigere il piano e la proposta e svolgerà il ruolo di gestore durante la procedura, simile a un commissario.
  • Presentazione della domanda: si deposita un ricorso in tribunale con la proposta di concordato e il piano dettagliato. Contestualmente, il debitore può chiedere le misure protettive (il blocco dei creditori). La cancelleria iscrive la presentazione nel Registro delle Imprese, dando pubblicità. Il tribunale, verificati i documenti e i requisiti (in particolare lo stato di crisi o insolvenza e la fattibilità del piano, e l’assenza di cause ostative tipo atti in frode), apre la procedura con decreto. Se erano richieste misure protettive, nel decreto il giudice ordina il blocco di esecuzioni e sequestri individuali (sanzionando con nullità eventuali atti compiuti in violazione) e vieta la costituzione di nuovi diritti di prelazione sui beni del debitore. Questo automatic stay dura fino all’omologazione definitiva (salvo revoca). Dunque, a differenza del piano attestato, qui c’è piena protezione: nessun creditore (anche fiscale) può procedere contro il patrimonio una volta aperto il concordato minore, a pena di nullità degli atti.
  • Coinvolgimento dei soci illimitatamente responsabili: se la gelateria è una SNC o SAS, il concordato della società si estende ai soci a responsabilità illimitata salvo patto contrario. Ciò significa che i debiti sociali vengono trattati nel concordato e i creditori sociali non possono agire sui soci separatamente (i soci illimitatamente responsabili beneficiano degli effetti se non diversamente concordato). Questo è importante per proteggere il patrimonio personale dei soci con un’unica procedura.
  • Adesione dei creditori (votazione): diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori hanno voce. Il giudice apre la fase di voto fissando un termine (max 30 giorni) entro cui i creditori devono inviare all’OCC la loro dichiarazione di adesione o mancata adesione alla proposta, con eventuali contestazioni. Non c’è assemblea fisica: è un voto per corrispondenza (PEC). Si conteggiano i voti sul totale dei crediti ammessi al voto (analogamente al concordato preventivo ma senza classi obbligatorie, salvo si voglia suddividere per facilitare). Il concordato minore si approva se ottiene il sì dalla maggioranza dei crediti votanti (più del 50% in valore). I crediti privilegiati entrano al voto solo se intaccati nei loro diritti (altrimenti si considerano come consenzienti se pagati per intero). Non c’è suddivisione in classi obbligatoria, ma nulla vieta di proporre classi.
  • Omologazione: se decorso il termine di voto la maggioranza c’è e non vi sono contestazioni giuridiche serie, il tribunale procede ad omologare il concordato con sentenza. Verifica l’ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano, e ovviamente il raggiungimento della percentuale di voto richiesta. Se tutto è regolare e magari nessun creditore ha contestato, l’omologa può avvenire velocemente. Con la sentenza di omologa, la procedura si chiude e il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori (aderenti e non aderenti).
  • Effetti dell’omologazione: il debitore deve eseguire il piano omologato, compiendo gli atti previsti (pagamenti, cessioni di beni, ecc.). I creditori per i debiti antecedenti restano sospesi: potranno riprendere azioni solo se il debitore non adempie al piano e la situazione degenera in risoluzione del concordato. Dopo l’omologazione, eventuali azioni esecutive individuali iniziate prima rimangono improcedibili e dovranno rifluire nel concordato (i beni pignorati vengono gestiti secondo il piano). Se il piano viene completato con successo, il debitore sarà liberato dei debiti residui stralciati secondo il piano (equivalente a un’esdebitazione contrattuale sancita dall’omologa).
  • In caso di mancata omologa o revoca: se i creditori non approvano la proposta (mancanza di maggioranza) o se il giudice ritiene non ammissibile l’omologa, il tribunale dichiara con decreto l’inefficacia delle misure protettive e, su istanza del debitore, apre contestualmente la procedura di liquidazione controllata. Cioè, se il concordato minore fallisce, si scivola in liquidazione (ma almeno ciò avviene su richiesta del debitore: se egli non la chiede, i creditori potrebbero poi attivarsi separatamente; tuttavia la prassi è che viene consigliato di optare per la liquidazione subito per attivare l’esdebitazione). In caso di frodi del debitore emerse (atti in frode ai creditori o simili), la liquidazione controllata può essere aperta su richiesta anche di un creditore o del PM. Similmente, se dopo l’omologa il debitore non rispetta il piano o emerge una situazione fraudolenta pregressa, il giudice può revocare l’omologa; in tal caso si apre la liquidazione controllata su istanza del debitore, oppure – se la revoca è dovuta a frodi o inadempimenti – anche un creditore o il PM possono chiedere la conversione in liquidazione. In pratica, il concordato minore offre protezione e soluzione, ma se il debitore bara o non ce la fa, la conseguenza è la liquidazione del patrimonio.
  • Meritevolezza e cause ostative: analogamente alla legge 3/2012, anche qui il debitore deve superare un vaglio di meritevolezza (nessuna colpa grave o frode nell’indebitamento, assenza di atti in frode nei 5 anni, ecc.) prima dell’ammissione. Ad esempio, aver aggravato dolosamente la crisi o fatto spese spropositate può essere causa di inammissibilità. Ci sono inoltre limitazioni: chi ha già usato procedure da sovraindebitamento nei 5 anni precedenti o ha già beneficiato di esdebitazione due volte, non può accedere.

Nel contesto di una gelateria, un ipotetico concordato minore potrebbe funzionare così: il titolare propone di pagare integralmente i debiti verso il Fisco e i dipendenti (perché privilegiati) nell’arco di 4 anni, pagando il 40% ai fornitori chirografari in 4 anni con rate trimestrali, grazie al contributo di un familiare che apporta liquidità e ai flussi futuri di cassa soprattutto estivi. Mette a disposizione, se necessario, la vendita di un secondo furgone o un macchinario non essenziale. Questo piano viene votato dai creditori: lo Stato (Agenzia Entrate) vota a favore perché recupera il 100% in 4 anni (magari già rateizzabili in quel periodo per legge), i dipendenti non votano nemmeno perché li paga al 100% (privilegiati soddisfatti integralmente di solito non votano), i fornitori votano in buona parte sì perché preferiscono il 40% dilazionato a un’incognita. Se si supera il 50% di crediti votanti pro, il tribunale omologa. Da quel momento il piano è vincolante: i fornitori dissenzienti saranno comunque costretti ad accettare il 40% a saldo (non possono agire per il resto), il Fisco e gli altri attendono i pagamenti come da piano. Il debitore esegue regolarmente e salva l’azienda, uscendo dalla procedura con i debiti tagliati e l’attività continuata.

Il concordato minore è quindi uno strumento potente per l’imprenditore onesto ma sfortunato: gli consente di evitare la liquidazione e di ristrutturare i debiti con una sorta di mini-concordato preventivo, adatto alle sue dimensioni e con meno complessità.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

La liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII e segg.) è l’equivalente del fallimento per i soggetti sovraindebitati non fallibili. È la procedura che mira a liquidare i beni del debitore per soddisfare i creditori, con in più la prospettiva della esdebitazione finale del debitore stesso.

Quando si ricorre alla liquidazione controllata: può avvenire in vari scenari:

  • Su istanza del debitore stesso, se ritiene di non avere possibilità di risanare ma vuole comunque liberarsi dai debiti tramite la liquidazione del suo patrimonio (scenario di insolvenza conclamata senza possibilità di accordo). In tal caso, la domanda deve essere presentata tramite l’OCC e non richiede l’assistenza di un avvocato per il debitore (semplificazione per incentivare i sovraindebitati a utilizzarla).
  • Su istanza di uno o più creditori, purché il debitore sia insolvente e sia un soggetto non fallibile. In questo caso serve un avvocato per i creditori, ma non l’OCC. È la “minaccia” di cui dicevamo: un creditore può rivolgersi al tribunale per far aprire la liquidazione di un suo debitore sovraindebitato, invece di inseguire esecuzioni individuali poco fruttuose.
  • Su istanza del Pubblico Ministero, in casi particolari (ad esempio, se emergono situazioni dal penale che lo richiedono), analogamente al fallimento.

Apertura della procedura: la domanda si deposita in tribunale. Nel caso di domanda del debitore, va allegata una relazione dettagliata dell’OCC che attesti la situazione economica, le cause dell’indebitamento e la completezza della documentazione. Il tribunale verifica i presupposti (il codice rinvia agli artt. 268 e 269 CCII: bisogna essere sovraindebitati e in crisi/insolvenza, e non aver accesso ad altre procedure in corso). Se tutto ok, dichiara l’apertura della liquidazione controllata con sentenza. Nella sentenza nomina un giudice delegato e un liquidatore. Di regola, se il debitore aveva già coinvolto un OCC, quel medesimo OCC diventa liquidatore per continuità. La sentenza viene pubblicata nel Registro Imprese (se il debitore ha un’attività iscritta) e, se ci sono immobili, viene trascritta nei registri immobiliari, così che gli atti dispositivi successivi sui beni siano opponibili. Dal 15 luglio 2022, l’apertura della liquidazione controllata è causa di scioglimento delle società (di persone e di capitali), analogamente a quanto avviene col fallimento. Inoltre, per le società di persone, la sentenza di liquidazione si estende ai soci illimitatamente responsabili automaticamente (il codice richiama l’art. 256 CCII in tema di estensione del fallimento ai soci: qui applicato alla liquidazione controllata). Quindi, se la nostra gelateria è una SNC, la liquidazione colpirà anche i soci.

Effetti della liquidazione controllata: con l’apertura, il debitore è privato della disponibilità dei suoi beni (non può più alienarli o gestirli, se non per atti di ordinaria amministrazione consentiti dal GD) – situazione analoga allo spossessamento fallimentare. I beni (presenti e futuri, salvo quelli impignorabili per legge) formano la massa attiva. Il liquidatore redige l’inventario, avvisa i creditori, e costoro presentano domanda di insinuazione al passivo (nel termine fissato). Si formano gli stati passivi con crediti e relativi privilegi, così come in fallimento. Il liquidatore poi procede a liquidare i beni: vendite all’asta di immobili, vendite di beni mobili, incasso di crediti. Il ricavato viene distribuito seguendo l’ordine di privilegi e cause di prelazione. La vita dell’impresa di fatto cessa (a meno di vendere l’azienda intera esercitandola provvisoriamente, ipotesi remota per microimprese).

Il debitore persona fisica subisce anche qui le conseguenze di un fallito: eventuali atti in frode ai creditori compiuti prima possono portare a revocatorie (la liquidazione controllata consente revocatoria di atti a titolo oneroso e pagamenti preferenziali simile al fallimento). Non è previsto l’automatica decadenza dalle cariche societarie come nel fallimento, perché formalmente non c’è un registro dei falliti, ma di fatto i suoi beni sono in mano al liquidatore.

Esdebitazione: l’enorme vantaggio per il debitore persona fisica è che, terminata la liquidazione e distribuiti i ricavi, viene liberato dai debiti residui (tranne obblighi di mantenimento, debiti da dolo o sanzioni penali/amministrative non pecuniarie). Questo avviene attraverso un decreto di esdebitazione su istanza del debitore. È quasi automatico se il debitore ha cooperato lealmente. Nel Codice attuale non c’è più la valutazione di meritevolezza per l’esdebitazione post-liquidazione (a differenza della legge 3/2012 che dava al giudice più discrezionalità): si ottiene salvo casi di frode grave. Quindi, pur dolorosa, la liquidazione controllata offre la pulizia completa: il gelatiere perderà beni e attività, ma potrà ricominciare senza debiti.

Esdebitazione del debitore incapiente: citiamo qui uno strumento parallelo, previsto dall’art. 283 CCII. Se il debitore persona fisica non ha proprio alcun patrimonio liquidabile (il cosiddetto incapiente), può chiedere al tribunale di essere esdebitato subito, senza liquidazione. Deve dimostrare che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità né ora né in futuro (oltre al minimo vitale). Il giudice, valutata l’assenza di frode e la meritevolezza (nessuna colpa grave), può concedere la cancellazione dei debiti immediata, con l’onere per il debitore di comunicare nei 3 anni successivi eventuali sopravvenienze attive rilevanti ai creditori. È un istituto pensato per i casi sociali: consente una seconda chance a chi proprio non ha nulla da liquidare. Tuttavia, non è accessibile all’imprenditore ancora attivo con beni: è proprio per chi è al “fondo” e non potrebbe nemmeno pagare una procedura di liquidazione. Lo menzioniamo perché completo il panorama delle tutele al debitore meritevole.

Confronto tra concordato minore e liquidazione controllata: dal punto di vista del nostro debitore gelatiere, il concordato minore è preferibile se c’è chance di risanamento parziale – egli conserva l’attività e paga i creditori secondo il piano, con eventuali stralci. La liquidazione controllata è l’ultima spiaggia: sacrifica l’attività e i beni, però garantisce la liberazione da ogni debito residuo. Nulla vieta comunque, anche in liquidazione, di tentare di salvare l’azienda vendendola a un terzo e magari continuando come affittuario o dipendente – ma queste sono soluzioni creative da valutare caso per caso.

Evidenziamo infine che, secondo la Cassazione n. 11448/2025, il decreto del tribunale che dichiara inammissibile l’accesso a una procedura di sovraindebitamento (ad esempio nega l’apertura del concordato minore per mancanza di requisiti) non è impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione ai sensi dell’art. 111, co.7 Cost.. Ciò significa che le decisioni prese dal tribunale (o dalla corte d’appello su reclamo interno) in tema di ammissione sono sostanzialmente definitive e non ricorribili ulteriormente, a tutela della celerità del procedimento. Il debitore deve quindi preparare al meglio l’istanza iniziale, perché non avrà un terzo grado di giudizio se questa viene rigettata.

Debiti fiscali e contributivi: strategie di difesa

Come richiesto, poniamo particolare attenzione ai debiti verso l’Erario (Agenzia Entrate-Riscossione) e verso gli enti previdenziali (INPS, INAIL), perché spesso sono tra i creditori più “duri” per un piccolo imprenditore. Le cartelle esattoriali, le addizionali e i contributi non pagati generano spese e interessi alti, e il braccio di ferro con l’agente della riscossione può mettere a rischio beni fondamentali. Fortunatamente, esistono strumenti specifici per gestire queste posizioni:

1. Rateizzazione delle cartelle esattoriali: È la forma più immediata di difesa. L’Agenzia Entrate-Riscossione consente, su istanza del debitore, di dilazionare il pagamento delle cartelle fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi anche rilevanti, senza bisogno di dare garanzie per debiti fino a €60.000 (sopra, servono requisiti). In caso di temporanea e grave difficoltà, si può chiedere fino a 120 rate mensili (10 anni) con piano di decrescenza controllato. Durante la rateizzazione, l’AER sospende le azioni esecutive e il debitore decade solo se salta più di 5 rate. Per una gelateria con debiti IVA o INPS, attivare la dilazione permette di uscire dal pericolo immediato di pignoramenti e distribuire lo sforzo nel tempo. Bisogna però essere realistici: la rata va poi pagata regolarmente, altrimenti si perdono i benefici e ripartono gli atti esecutivi. Questa soluzione è spesso complementare ad altre: ad esempio può essere parte di un piano attestato o di un concordato (il piano può prevedere che i debiti fiscali verranno pagati tramite rateazione già ottenuta).

2. Definizioni agevolate (“rottamazioni”): Negli ultimi anni il legislatore ha varato diverse misure di condono parziale per i debiti fiscali iscritti a ruolo. Ad esempio, la “rottamazione-quater” prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) consente di pagare le cartelle 2000-2017 senza sanzioni e interessi di mora, in un massimo di 18 rate fino al 2027. Altre norme hanno previsto lo stralcio automatico dei debiti fino a €1.000 affidati a ruolo prima del 2015. Un debitore deve stare attento a queste opportunità: se ha cartelle con sanzioni pesanti, aderire a una definizione agevolata può ridurre notevolmente l’importo dovuto. Ad esempio, se la gelateria ha €50.000 di cartelle IVA comprensive di €20.000 tra sanzioni e interessi, con la rottamazione potrebbe risparmiare quella parte e pagare solo €30.000 dilazionato in 5 anni senza interessi futuri. Queste misure sono temporanee e richiedono domanda entro termini fissati (ad es. per la rottamazione-quater era entro giugno 2023). Nel 2024-2025, il governo potrebbe introdurre nuove edizioni (si parla di una possibile “rottamazione-quinquies” per carichi 2018-2023). Consiglio pratico: il debitore segua sempre le novità normative in materia fiscale – spesso, nelle Leggi di Bilancio o “Decreti fiscali” di fine anno, ci sono disposizioni che possono cancellare sanzioni o addirittura debiti (come lo stralcio <€1.000). Queste norme possono cambiare la strategia: ad esempio, includere un debito in un concordato quando potrebbe essere annullato per legge sarebbe inutile. Un avvocato o commercialista aggiornato saprà consigliare l’adesione alla misura agevolativa se conviene.

3. Transazione fiscale e contributiva nelle procedure concorsuali: Come accennato, se si segue la via di un accordo di ristrutturazione o di un concordato (preventivo o minore), i debiti verso Agenzia delle Entrate, Agenzia della Riscossione, INPS, etc. possono essere trattati con proposta di pagamento parziale e/o dilazionato. Tuttavia, formalmente, il debitore deve includere una specifica “transazione fiscale” nella proposta, indicando come intende soddisfare quei crediti privilegiati. La regola generale (art. 63 CCII) è che i debiti fiscali e contributivi privilegiati possono essere falcidiati (ridotti) nel concordato solo se l’alternativa liquidatoria darebbe loro meno. Ad esempio, se nel concordato minore la gelateria vende tutto e i crediti Erario prenderebbero 30%, può proporre di pagarli 30% anche nel concordato in continuità. Se invece c’è patrimonio per pagarli al 60%, la proposta non può scendere sotto 60% senza consenso dell’ente. Serve dunque un calcolo attuariale e l’attestazione di un professionista che asseveri che la proposta al Fisco è migliorativa o almeno pari al best effort di liquidazione. L’ente pubblico (Agenzia Entrate o Riscossione) parteciperà alla votazione nel concordato con quel credito per il valore intero, ma voterà sì o no secondo convenienza e indirizzi interni. Una novità del Codice della Crisi, in attuazione della Direttiva UE 2019/1023, è che il tribunale può omologare il concordato anche senza il voto favorevole dell’Erario se ritiene la proposta equa e conveniente. Ciò per evitare il cosiddetto “potere di veto” del Fisco. Per il debitore, tuttavia, è sempre consigliabile cercare un dialogo con l’ente (tramite l’istituto della transazione fiscale introdotto dal D.Lgs. 5/2006) per ottenere un parere favorevole. Ad esempio, l’Agenzia Entrate – Ufficio Crisi d’Impresa – valuterà un piano e potrà dare assenso formale se il piano rispetta certe soglie e se il debitore è collaborativo. Dal 1° novembre 2024, peraltro, la competenza di esprimere il parere sulla transazione fiscale è accentrata in un apposito ufficio “Crisi d’Impresa” dell’Agenzia, per uniformare gli indirizzi.

4. Sospensione e impignorabilità prima casa (difesa sul fronte esecutivo): Abbiamo già trattato l’importante salvaguardia per la prima casa: se la gelateria è gestita in ditta individuale e il titolare risiede nell’unico immobile di sua proprietà, l’Agente della riscossione non può procedere all’espropriazione di tale immobile. Può solo iscrivere ipoteca (che comunque è preoccupante, ma almeno la casa non va all’asta). Questo consente al debitore di guadagnare tempo sul fronte fiscale: potrà dire “il Fisco non può vendermi casa, quindi mi concentro su come pagarlo a rate negli anni, mentre i fornitori li tratto nel concordato”. Tuttavia attenzione: se il debito fiscale supera €120.000 e il debitore ha anche altri immobili (es. un terreno ereditato, o la comproprietà di un altro immobile), allora anche la prima casa torna pignorabile. Inoltre, come notato, i creditori privati (banche, ecc.) non hanno questo limite: quindi se la casa è ipotecata da una banca, bisogna considerare di risolvere quel debito in altro modo (rifinanziamento, vendita volontaria, etc.), perché la banca può far partire l’asta anche se è prima casa (lo conferma la giurisprudenza: il divieto dell’art. 76 DPR 602/73 riguarda solo esattore pubblico).

5. Attenzione alle soglie penali: un aspetto difensivo spesso trascurato è che certi debiti fiscali, se superano soglie di importo e si protraggono oltre specifiche scadenze, possono costituire reato tributario. Ad esempio, omesso versamento di IVA oltre €250.000 per anno è reato penale (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000), così come omesso versamento di ritenute oltre €150.000 (art. 10-bis). Quindi, se la gelateria ha un debito IVA molto alto e non lo ha versato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale, il legale rappresentante rischia sanzioni penali. Difendersi significa cercare di versare almeno parzialmente prima delle scadenze rilevanti per ridurre sotto soglia, oppure (in sede giudiziaria) ravvedersi pagando il dovuto prima del dibattimento per estinguere il reato. Questo esula un po’ dall’ambito concorsuale, ma è cruciale: una strategia di risanamento dovrebbe prioritariamente coprire quei debiti “sensibili” al penale per evitare che il titolare si trovi, oltre che insolvente, anche imputato. L’avvocato di fiducia potrà segnalare se il cliente rientra in questi casi e valutare i rimedi (ad esempio, un concordato che preveda il pagamento integrale dell’IVA penale prima della sentenza di omologa, in modo da arrivare all’udienza penale con la prova dell’avvenuto versamento e fruire della causa di non punibilità).

6. Utilizzo di crediti d’imposta e compensazioni: come nota finale, a volte le imprese hanno crediti verso il Fisco (IVA a credito, crediti d’imposta per bonus, ecc.). In situazione di crisi, è importante compensare questi crediti con i debiti tributari se possibile, mediante modello F24 in compensazione, o cessione di crediti fiscali (se consentito). Una gelateria potrebbe ad esempio vantare un credito d’imposta (mettiamo per investimenti in macchinari) e avere debiti IVA: può chiedere la compensazione riducendo il debito effettivo da pagare. Sono tecnicismi fiscali, ma fanno parte del kit di difesa economica.

Riassumendo: per i debiti fiscali e contributivi, il debitore deve muoversi su due fronti – amministrativo (rateazioni, rottamazioni, richieste di sospensioni per autotutela se ci sono vizi nelle cartelle) e concorsuale (inserire correttamente questi crediti nei piani o nelle procedure, sapendo che hanno privilegi e regole proprie). Una gestione proattiva con l’aiuto di professionisti (dottore commercialista per la parte fiscale, legale per la parte concorsuale) è fondamentale per evitare che proprio il Fisco, magari per importi non enormi, faccia saltare ogni accordo o piani di risanamento.

Esdebitazione: liberarsi dei debiti residui

Abbiamo menzionato più volte il concetto di esdebitazione, che rappresenta la definitiva liberazione del debitore persona fisica dai debiti non pagati al termine di una procedura concorsuale liquidatoria. Vale la pena approfondire questo istituto, perché è la vera “difesa” finale del debitore onesto: il nostro gelatiere deve sapere che la legge italiana gli offre la possibilità di tornare “pulito” dai debiti, anche se non riuscirà a pagarli interamente, a patto che segua le procedure giuste e si comporti correttamente.

  • Esdebitazione post-liquidazione controllata: il caso tipico. Se la gelateria (impresa individuale) o il titolare persona fisica subisce la liquidazione controllata, una volta che il liquidatore ha venduto tutto e distribuito il (poco) attivo ai creditori, molti crediti resteranno insoddisfatti o parzialmente pagati. In passato questi restavano pendenti a vita sul debitore (infatti tanti ex falliti restavano oppressi dai debiti residui, pur non avendo più nulla). Ora l’art. 278 CCII stabilisce che su domanda del debitore il tribunale cancella tutti i debiti residui non soddisfatti, dichiarandoli inesigibili. Per ottenere questo beneficio, il debitore deve: aver cooperato durante la procedura (consegnato i beni, non occultato nulla), non aver commesso atti in frode o reati di bancarotta, e non esser stato esdebitato nei 5 anni precedenti. Il beneficio può essere negato se emergono irregolarità gravi, ma in generale l’orientamento è di concederlo per favorire il reinserimento economico. Dunque, se Tizio liquida tutto e paga i creditori al 10%, il restante 90% viene “abbuonato”: Tizio non potrà più essere perseguito per quei debiti. Nota: l’esdebitazione non copre eventuali debiti per risarcimenti danni da illecito extracontrattuale, multe penali, obblighi di mantenimento, e debiti sorti dopo l’apertura della procedura (ma questi ultimi di solito non esistono, perché la procedura congela la situazione).
  • Esdebitazione del debitore incapiente (senza beni): ne abbiamo parlato: è l’istituto eccezionale per chi non ha proprio nulla da liquidare. Invece di aprire una procedura vuota, il giudice può direttamente cancellare i debiti subito. Ci sono condizioni stringenti: massimo una volta nella vita, reddito al di sotto di certe soglie (assegno sociale aumentato metà per famiglia), e meritevolezza rigorosa. Inoltre, se nei 3 anni successivi l’esdebitato “incapiente” eredita qualcosa o vince alla lotteria, deve segnalarlo ai creditori che potranno pignorare quelle sopravvenienze fino a concorrenza dei loro crediti rimasti. È quindi un’ancora di salvezza per casi disperati (es. piccola gelateria chiusa, titolare nullatenente con solo debiti).
  • Esdebitazione nel concordato: nei concordati (minore o preventivo) non si parla tecnicamente di esdebitazione, perché lì c’è un’accordo che in sé vincola i creditori a rinunciare a una parte dei crediti (quindi il debitore ne è liberato per effetto dell’omologa). Tuttavia, si può assimilare l’effetto: se il concordato prevede che a un creditore venga pagato il 50% del suo credito, quando il debitore esegue e paga quel 50%, il creditore non ha più diritto al restante 50% per effetto della legge (omologa). Quindi, in un certo senso, l’esdebitazione è intrinseca all’esecuzione corretta del concordato. Un’eccezione: se il debitore non esegue il concordato, allora può chiedere di essere comunque esdebitato? No, purtroppo: se un concordato preventivo o minore fallisce inadempiuto, il debitore di solito finisce in liquidazione e spera nell’esdebitazione lì. Dunque, per avere la liberazione dai debiti, o esegue il concordato come promesso, o se non riesce, finisce in liquidazione e poi chiede esdebitazione post-liquidatoria.
  • Quali debiti restano anche dopo esdebitazione: come detto, alcune categorie non si cancellano: le obbligazioni alimentari (assegni di mantenimento), i debiti per multe o sanzioni penali (perché considerati punizioni, non vengono condonati), i debiti da dolo verso terzi (risarcimenti per danni da reato ad esempio). Il Fisco e l’INPS invece rientrano nell’esdebitazione: se uno deve 100k di tasse e ne paga 5 in liquidazione, gli altri 95 sono esdebitati, salvo che per eventuali parti derivanti da violazioni tributarie sanzionate penalmente (ma lì c’è dibattito: l’esdebitazione civile estingue il debito, ma la sanzione penale per omesso versamento era già eventualmente intervenuta). In ogni caso, a livello civile dopo esdebitazione il Fisco non può più pretendere nulla. Questo è uno dei motivi per cui Agenzia Entrate e INPS talvolta si oppongono strenuamente ai concordati o fanno resistenza: perché sanno che se il debitore finisce esdebitato, loro perdono la possibilità di incassare in futuro se la situazione del debitore migliorasse. Però questo è lo scopo stesso della normativa: dare pace al debitore e costringere i creditori a farsi parte diligente entro i limiti del possibile.

Conclusione sulla difesa del debitore: L’esdebitazione è la “rete di sicurezza” finale. Il debitore deve puntare a non averne neppure bisogno (meglio risolvere con accordi, mantenere l’attività e pagare il più possibile), ma deve anche sapere che fallire non è la fine del mondo: l’ordinamento gli consente di tornare ad essere economicamente attivo, senza restare perseguitato a vita. Si noti che l’esdebitazione non comporta riabilitazione immediata per accedere a nuovo credito: il fatto di aver fatto una procedura rimane nei registri per qualche tempo, le banche potrebbero essere prudenti, ecc. Tuttavia, legalmente parlando, il debitore esdebitato è libero dai vecchi debiti. Non c’è più la figura del “fallito in infamia” del passato. In questa ottica, la difesa del debitore consiste spesso nel scegliere la via giusta per massimizzare l’esdebitazione e minimizzare la perdita di asset e di reputazione. Ad esempio, se una gelateria proprio non è più sostenibile, trascinarla con espedienti può aggravare la posizione; talvolta è meglio optare subito per una liquidazione controllata ottenendo l’esdebitazione, e magari poi ripartire aprendo una nuova attività ex novo senza i fardelli passati (attenzione: non bisogna abusare di questo con frodi – spostare asset a prestanome e fallire puliti è reato. Ma in buona fede, se l’attività è destinata a chiudere comunque, la liquidazione concorsuale ordinata può essere una scelta di difesa legittima).

Domande frequenti (FAQ) su gelateria indebitata e strumenti di difesa

Di seguito proponiamo una serie di domande e risposte che sintetizzano in modo pratico i dubbi più comuni che può porsi il titolare di una gelateria alle prese con i debiti e le possibili soluzioni legali.

D: La mia gelateria ha forti debiti e incassi insufficienti, ma vorrei continuare l’attività. Come posso evitare di chiudere e al contempo difendermi dai creditori?
R: Se l’attività è potenzialmente redditiva (magari soffre di un periodo negativo ma ha prospettive), conviene tentare una ristrutturazione del debito senza liquidare l’azienda. Strumenti come il piano attestato di risanamento o un accordo di ristrutturazione omologato permettono di ridefinire scadenze e importi con i creditori mantenendo la continuità aziendale. In pratica, puoi proporre ai creditori un piano di pagamento graduale o parziale, facendolo attestare da un esperto per dar loro fiducia. Se ottieni l’accordo della maggioranza (60% dei crediti, per esempio), il tribunale può omologarlo e bloccare eventuali azioni esecutive nel frattempo. Questo ti dà respiro per proseguire l’attività, usando gli utili futuri per pagare i debiti pregressi secondo i nuovi patti. Importante è agire tempestivamente, prima che uno dei creditori perda la pazienza e tenti di pignorare i tuoi incassi o chieda la chiusura forzata.

D: Ho ricevuto diverse cartelle esattoriali da Agenzia Entrate-Riscossione per tasse e contributi non pagati. Ho paura che mi pignorino i conti o l’incasso estivo. Cosa posso fare?
R: Per i debiti fiscali e previdenziali la prima mossa è spesso chiedere una rateizzazione all’Agente della riscossione. Questo congela immediatamente le azioni esecutive: una volta concessa la dilazione e pagata la prima rata, AER non procede con fermi o pignoramenti se resti in regola. Puoi ottenere fino a 72 rate (o 120 in casi gravi), abbassando l’esborso mensile. Parallelamente, verifica se rientri in qualche definizione agevolata vigente (nel 2023 c’era la rottamazione-quater, ad esempio, che toglieva interessi e sanzioni). Se sì, aderire può ridurre l’importo dovuto e dilazionarlo comunque su vari anni. In ogni caso, mostra attivamente all’ente la volontà di pagare il dovuto pian piano: evita di ignorare le cartelle perché dopo 60 giorni dalla notifica possono attivare pignoramenti rapidi. Se il tuo conto corrente viene pignorato, rischi di non poter comprare neppure le materie prime. Meglio prevenire con un accordo di dilazione. In più, se possiedi solo la casa dove abiti, ricorda che per legge Agenzia Entrate non può pignorare la tua prima casa (purché tu non abbia altri immobili e non sia di lusso). Conoscere questo ti rassicura sul tetto sopra la testa, ma non evita ipoteca sullo stesso immobile se il debito supera 20 mila €. Quindi, muoviti per tempo con la rateazione e considera di includere il Fisco in un eventuale concordato minore: potresti ad esempio offrire di pagarli integralmente con calma, mentre riduci altri debiti, sapendo che loro in cambio ti concedono di non agire subito.

D: Posso perdere la mia casa a causa dei debiti della gelateria?
R: Dipende. Se la gelateria è un’impresa individuale o sei socio illimitatamente responsabile, i tuoi debiti d’impresa sono anche debiti personali. Creditori privati (banche, fornitori) possono aggredire la tua abitazione anche se è prima casa (ipotelandola o pignorandola dopo sentenza), salvo tu riesca a inserirla in una procedura concorsuale che ne eviti la vendita forzata – ad esempio, in un concordato puoi prevedere che la casa non venga toccata e i creditori accettino altre risorse in cambio. Il Fisco invece NON può pignorare la prima casa (unico immobile non di lusso dove risiedi), quindi quell’ente specifico non ti farà perdere la casa, anche se potrà metterci ipoteca. Se però hai ipotecato la casa a garanzia di un mutuo o di un fido, la banca mantiene il diritto di esecuzione: in caso di insolvenza del mutuo, può chiedere al tribunale la vendita all’asta dell’immobile ipotecato – e neanche il concordato preventivo può impedirlo del tutto, stando alla Cassazione 2024 (privilegio fondiario). Dunque la casa è a rischio in presenza di ipoteche attivate. Come difendersi? Trattando con la banca: magari vendere tu stesso la casa a prezzo di mercato per saldare il debito ed evitare l’asta (che svaluta molto), oppure far intervenire un familiare che paga la banca e subentra nell’ipoteca (soluzioni di consolidamento). Nelle procedure concorsuali puoi chiedere la sospensione temporanea delle esecuzioni, ma alla fine il creditore ipotecario ha diritto a soddisfarsi sul ricavato della casa. In sintesi: se la casa è l’unico bene e i debiti sono insostenibili, valuta di salvarla usando la liquidazione controllata (dove forse il liquidatore potrebbe venderla, ma tu avrai esdebitazione; oppure, se è prima casa e i debiti sono fiscali, potresti addirittura tenerla perché AER non può venderla e altri creditori potrebbero aver poco interesse se non c’è ipoteca). Ogni caso è a sé: consulta un legale per vedere se la casa rientra tra i beni aggredibili o meno.

D: Ho fornitori che minacciano azioni legali e una banca che vuole rientrare immediatamente. Come posso bloccare queste azioni mentre cerco una soluzione?
R: Gli strumenti concorsuali prevedono appunto delle “misure protettive” che bloccano le azioni esecutive dei creditori. Ad esempio, se presenti un ricorso per concordato minore o un’istanza di composizione negoziata con misure protettive, il tribunale (o tramite semplice iscrizione) dispone che nessun creditore possa avviare o proseguire pignoramenti, né sequestri. Questo è efficace: se un fornitore ti ha portato in tribunale, l’apertura della procedura concorsuale lo costringe a fermarsi e a trattare dentro la procedura. Anche nel caso di accordo di ristrutturazione puoi chiedere al tribunale misure protettive già quando depositi la domanda. Fuori dalle procedure, se ancora sei in fase di trattative private, potresti non avere uno “scudo” generale – però nulla vieta di negoziare un accordo standstill informale (es. persuadere i creditori ad aspettare tot mesi promettendo un piano attestato). In mancanza di ciò, lo strumento più rapido per congelare tutto è presentare ricorso in bianco per concordato (con riserva) o domanda di composizione negoziata e subito l’istanza di sospensione. Questo ti dà tempo (da 3 a 6 mesi circa) per finalizzare una ristrutturazione. Naturalmente, devi avere seriamente l’intenzione e la possibilità di trovare una soluzione in quel periodo, altrimenti trascorso il quale i creditori potranno di nuovo agire (o spingere per la tua liquidazione coatta).

D: La mia è una piccola SNC familiare. Possiamo utilizzare le procedure da sovraindebitamento? E i soci come sono coinvolti?
R: Sì, le società di persone non fallibili (perché sotto soglia) possono accedere, in quanto imprese minori, al concordato minore e alla liquidazione controllata. La domanda di concordato minore va deliberata dagli amministratori (qui di solito tutti i soci di SNC lo sono) e depositata al registro imprese. Con l’apertura, il tribunale estende gli effetti protettivi anche ai soci illimitatamente responsabili: quindi i creditori sociali non potranno agire sul patrimonio personale dei soci durante la procedura, e se il concordato viene omologato, vincola anche i soci. In pratica, la SNC e soci sono trattati unitariamente. Se poi si passa a liquidazione controllata, essa viene aperta anche a carico dei soci illimitatamente responsabili ex lege (si liquida sia la società che i patrimoni personali dei soci insieme, come avverrebbe in un fallimento esteso). Dunque, attenzione: i soci non possono salvarsi se la società entra in queste procedure, ma la buona notizia è che anche i soci persone fisiche potranno godere dell’esdebitazione finale dopo la liquidazione, liberandosi dei debiti personali derivanti da quelli sociali. In alternativa, se i debiti sociali sono prevalenti e i soci hanno anche piccoli debiti personali, conviene presentare unico concordato minore per la società, includendo la responsabilità dei soci (non due procedure separate). Se invece un socio avesse tanti debiti personali estranei alla società, potrebbe – parallelamente o successivamente – usare la ristrutturazione del consumatore per quelli, purché non coinvolga i creditori sociali in suo favore. È un terreno complesso, ma in generale l’approccio consigliato è: trattare i debiti societari e connessi con un’unica procedura, così da evitare conflitti e doppie masse attive/passive.

D: Quali sono i costi di queste procedure? Posso permettermele se sono già indebitato?
R: Domanda importante. Le procedure concorsuali e negoziali hanno dei costi (compensi di professionisti, spese legali e amministrative). Tuttavia, per i sovraindebitati sono pensate con criteri di contenimento:

  • Il composizione negoziata ha un costo relativamente basso: l’esperto nominato dev’essere pagato in base a tariffe stabilite (spesso cofinanziate dalle CCIAA in parte) e comunque è un percorso breve. Inoltre, se non porta a soluzione, puoi interrompere senza dover pagare procedimenti giudiziari costosi.
  • Il piano attestato: qui il costo è quello dell’attestatore e dei consulenti che ti aiutano a redigere il piano. Può variare molto (qualche migliaio di euro per piccole imprese). Dato che è stragiudiziale, non hai costi di giustizia, solo professionisti di tua scelta.
  • L’accordo di ristrutturazione: oltre all’attestatore del piano, c’è il costo del legale per preparare il ricorso e seguire l’omologa, e un contributo unificato di qualche centinaio di euro per il tribunale. Nel complesso, per un piccolo debitore può essere una spesa importante ma affrontabile con dilazioni (spesso i professionisti accettano di essere pagati parzialmente nell’ambito del piano stesso).
  • Il concordato minore: comporta le spese dell’OCC (gestore) e quelle di procedura. Il CCII prevede che i compensi dell’OCC nel piano del consumatore e affini siano ridotti della metà rispetto a tariffe standard, proprio per venire incontro. Inoltre, il debitore in crisi spesso non anticipa nulla di rilievo: i professionisti possono essere pagati in prededuzione (cioè come spese della procedura con priorità, attingendo dalle risorse messe a disposizione nel piano). Ad esempio, se vendi un bene come parte del concordato, una parte andrà a pagare i costi di procedura e il resto ai creditori. Certo, se non hai alcuna liquidità iniziale, può essere difficile avviare – ma gli OCC in genere aiutano i debitori anche in situazioni modeste, suggerendo soluzioni (a volte le CCIAA hanno fondi di solidarietà per anticipare spese OCC in casi estremi).
  • La liquidazione controllata: qui i costi (liquidatore, giustizia) vengono in teoria anch’essi dalla massa attiva. Se la massa è nulla e il debitore non anticipa, la procedura può chiudersi per insufficienza. Ma se non c’è attivo, conviene chiedere l’esdebitazione incapiente invece. Se c’è attivo, il liquidatore prende un compenso percentuale sulle somme ricavate, quindi è auto-liquidante.
  • In generale, anche una trattativa privata ha costi: esempio, c’è da registrare accordi, consulente fiscale, etc. La regola è: inserisci sempre i costi del professionista nel piano di ristrutturazione. I creditori lo accettano perché sanno che senza quell’expertise non avrebbero nulla. Il tribunale pure li ammette come spese prededucibili.

Quindi, pur indebitato, non rinunciare a cercare aiuto professionale per timore dei costi: spesso questi verranno pagati nel quadro della soluzione (un po’ come un investimento per salvare il resto). Molti OCC e professionisti adottano tariffe agevolate o salderanno a esito raggiunto. Informati magari presso l’Ordine dei Commercialisti locale se ci sono convenzioni.

D: Ho saputo di persone che con la legge “anti suicidi” (legge 3/2012) sono riuscite a cancellare tutti i debiti. È davvero possibile?
R: Sì, la legge 3/2012 (oggi assorbita nel Codice della Crisi) ha proprio introdotto la possibilità di esdebitazione per i sovraindebitati. Abbiamo visto che:

  • Se sei nullatenente (incapiente), puoi ottenere la cancellazione di tutti i debiti subito con il meccanismo di esdebitazione del debitore incapiente. Ovviamente è una situazione limite: devi dimostrare che proprio non hai nulla da dare ai creditori, neanche in futuro, il che non è comune per chi ha un’attività (più facile per un disoccupato pieno di debiti, ad esempio).
  • Altrimenti, se fai una liquidazione controllata vendendo ciò che hai, al termine puoi liberarti di tutti i debiti residui. Quindi sì, c’è chi – a costo di perdere beni o casa – ha poi “ricominciato da zero” senza più debiti, grazie all’esdebitazione post procedura. È un potente antidoto contro il cosiddetto suicidio da debiti, perché offre speranza di risolvere.
  • Anche con il piano del consumatore (oggi ristrutturazione del consumatore) c’era la possibilità di pagare una parte e farsi omologare lo stralcio del resto. Ad esempio, persone fisiche indebitate con finanziarie hanno presentato piani pagando il 20% del dovuto, e il giudice li ha omologati, cancellando l’80% che non potevano pagare – tutto ciò se erano meritevoli (non truffaldini) e se i creditori in un’alternativa liquidatoria avrebbero preso anche meno. Ci sono state sentenze famose, come un caso in cui un debitore fu esdebitato pur pagando solo pochi millesimi perché non poteva di più e i creditori non avrebbero avuto nulla comunque.

Quindi è vero: la normativa sul sovraindebitamento consente di cancellare i debiti, totale o parzialmente. Ma attenzione, non è automatica né gratuita: devi passare attraverso una procedura, con controlli e con il sacrificio di ciò che puoi dare (il legislatore non ti regala l’esdebitazione se hai beni occultati o se potresti pagare di più). Inoltre, non puoi abusarne: ad esempio presentare artatamente un piano da consumatore dopo aver creato debiti volontariamente sarebbe considerato in malafede e rigettato. La chiave è la buona fede e trasparenza. I tribunali guardano se hai provato a ristrutturare onestamente la tua posizione. Se sì, e se proprio non ce la fai, allora preferiscono liberarti per darti modo di tornare produttivo, piuttosto che lasciarti in nero per sempre.

D: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento?
R: La durata varia con lo strumento:

  • Una composizione negoziata dura al massimo 6 mesi (prorogabile di altri 3 in circostanze eccezionali). È quindi breve.
  • Un piano attestato dipende dagli accordi, ma il processo di predisposizione e trattativa di solito si risolve in qualche mese; poi l’esecuzione può durare anni secondo il piano (es. pagare in 5 anni), però formalmente non c’è procedura pendente dopo che hai firmato accordi – sei solo vincolato ai nuovi termini.
  • Un accordo di ristrutturazione omologato: la fase di trattativa magari richiede 3-6 mesi, l’omologazione in tribunale altri 2-4 mesi (se ci sono opposizioni si allunga). Direi in media in <1 anno hai l’accordo omologato operativo. Poi il piano di pagamento può durare, ma la procedura giudiziale è chiusa all’omologa.
  • Un concordato minore: tempi simili a un concordato preventivo semplificato. Dalla domanda all’omologa potrebbe passare circa 4-6 mesi (30 giorni per voti, qualche udienza se opposizioni). Spesso sono procedure più snelle, magari in 4 mesi si chiude con omologa se fila liscio. L’esecuzione del piano poi può durare alcuni anni, ma quella non è più fase giudiziaria, salvo controllo OCC sull’adempimento.
  • Una liquidazione controllata è la più lunga potenzialmente: dipende dal patrimonio da liquidare. Se ci sono immobili da vendere, potrebbe richiedere 1-2 anni per completare tutte le aste e incassare. Se il patrimonio è modesto (es. solo pochi beni mobili) può chiudersi anche in <1 anno. La legge incoraggia la chiusura rapida: ad esempio, il liquidatore può procedere a riparto finale appena realizzato l’attivo. Dopo la chiusura, devi attendere la scadenza per eventuali opposizioni prima di avere l’esdebitazione, ma parliamo di mesi, non anni.
  • L’esdebitazione post-liquidazione nel Codice nuovo è quasi contestuale alla chiusura: il liquidatore stende rapporto finale, i creditori possono fare osservazioni, poi il giudice dichiara chiusa la procedura e concede l’esdebitazione se tutto ok, con decreto. Nei 4 anni successivi il liquidatore vigila su possibili sopravvenienze, ma se appare qualcosa la comunica ai creditori e quelli potranno agire su quelle utilità, non riapre la procedura.

Quindi, ad esempio, se la gelateria presenta concordato minore oggi, potrebbe avere l’omologa entro inizio 2024 (6 mesi), e piano eseguito entro 2026, per dire. Se fa liquidazione oggi, entro fine 2024 magari vende il grosso e nel 2025 ottiene esdebitazione. Tempi ragionevoli rispetto a restare nei guai indefinitamente. Tieni conto però che la pazienza è necessaria: non esiste soluzione overnight se il buco è grande. Anche i creditori se accettano piani vorranno tempi giusti (non eccessivi, ma neanche brevissimi). L’importante è avere una prospettiva certa: meglio sapere di uscire dai debiti in 4 anni seguendo un piano, che vivacchiare 10 anni tra decreti ingiuntivi e pignoramenti senza mai risolvere nulla.

D: E se apro una nuova attività intestata a un familiare e lascio morire la vecchia gelateria coi debiti? È un modo per salvarmi?
R: Questa via (intestare ad altri per sfuggire ai debiti) può sembrare allettante ma è illegale e pericolosa. Compiere atti per sottrarre beni ai creditori (ad esempio svendere l’azienda a un parente a prezzo irrisorio, o continuare sotto altra insegna trasferendo i beni senza soddisfare i creditori) configura gli atti in frode che precludono l’accesso alle procedure e portano a sanzioni penali (bancarotta fraudolenta, se poi si fallisce). Inoltre, i creditori possono revocare quelle operazioni con azione revocatoria ordinaria o fallimentare. In pratica rischi di aggravare la tua posizione: non solo i debiti restano, ma potresti perdere la possibilità di esdebitarti (perché chi compie frodi non è meritevole) e incorrere in condanne. Molto meglio usare le soluzioni legali di cui sopra. Se hai un familiare disposto ad aiutare, impiega quell’aiuto dentro un piano: ad esempio il parente finanzia la nuova società che rileva l’azienda pagando un corrispettivo che finisce ai creditori nel concordato. Così salvi l’attività trasferendola ma in modo regolare, e i creditori non vengono danneggiati (o sono soddisfatti in parte). Ci sono stati casi di concordati familiari dove un prossimo congiunto costituiva una newco e comprava l’azienda dal debitore per un prezzo che alimentava i creditori, cosicché il debitore usciva pulito e la famiglia teneva la gelateria. Questo è fattibile e legittimo se fatto in trasparenza e valore equo. Diverso è scappare nottetempo lasciando debiti: i creditori possono inseguirti per anni (finché non hai esdebitazione o prescrizione, ma le prescrizioni si interrompono con atti giudiziari, quindi di fatto non si liberano facilmente). In sintesi: non tentare scorciatoie fraudolente, affidati piuttosto a una procedura ufficiale che – se ben usata – tutela anche i tuoi interessi in modo definitivo.

D: Ho già un mutuo sulla casa e un prestito personale: posso includere anche quelli nel concordato o altre procedure?
R: Sì, tutti i debiti che hai vanno dichiarati e inclusi nelle procedure concorsuali. Nel concordato minore, devi elencare l’intera tua esposizione debitoria, sia aziendale che personale (tranne i debiti eventuali esclusivamente consumatori non connessi, ma per prudenza si inseriscono tutti e poi si valuta il trattamento). Ad esempio, il tuo mutuo casa: la banca avrà un’ipoteca, è un creditore che partecipa. Dovrai decidere come trattarlo nel piano: puoi prevedere di continuare a pagare regolarmente le rate (allora lo metti come “fuori piano ma pagato correntemente”, la banca in genere sta a posto così e non disturba), oppure se non riesci, potresti prevedere di vendere la casa e saldare il mutuo (e la banca voterà su questa proposta). Un prestito personale chirografario invece può essere trattato come gli altri fornitori: ad esempio, offrirgli il 40% come agli altri chirografari. Nel piano del consumatore (se fossi un consumatore) certamente includi mutui e prestiti. Nella liquidazione controllata, automaticamente tutti i debiti personali e di impresa confluiscono e i creditori ipotecari avranno prelazione sui beni dati in garanzia. Quindi assolutamente: non escludere i debiti finanziari privati, vanno affrontati anch’essi. A volte sono proprio quelli a schiacciare (es. le finanziarie che chiamano ogni giorno). La procedura di sovraindebitamento darà uno stop anche a loro e una soluzione strutturale. Tieni conto però: se non sei un consumatore (perché hai impresa in esercizio), il concordato minore richiede che tu tratti tutti i debiti insieme. Non potrai fare, ad esempio, concordato minore per fornitori e a parte tenerti fuori il mutuo: devi inserire anche il mutuo, e nel piano puoi dire “lo continuo a pagare alle scadenze originarie, quindi questo creditore non subisce modifiche sostanziali e non vota”. Così di fatto lo togli dal tavolo (il che è saggio se riesci a gestirlo: un creditore ipotecario integralmente pagato non crea problemi e ti permetterà di tenere la casa se rispetti i pagamenti).

D: Dopo la procedura (concordato o liquidazione) potrò aprire un’altra attività o chiedere prestiti?
R: Legalmente sì, salvo brevi restrizioni. Ad esempio, durante il concordato non puoi assumere nuova imprenditorialità senza tribunale, ma dopo l’omologa sei libero. Se fai liquidazione controllata, la società viene sciolta ma tu persona fisica non hai una interdizione come l’ex fallito di una volta (non essendoci più fallimento, non c’è stigma giuridico forte). C’è solo una preclusione a proporre un’altra procedura concorsuale da sovraindebitamento per i prossimi 5 anni se hai già beneficiato di esdebitazione. E chiaramente, se hai commesso irregolarità potresti avere guai penali pendenti. Ma supponendo tutto regolare: potrai tornare a fare impresa. Ad esempio, potresti aprire un’altra gelateria o riacquistare la vecchia da liquidatore (con soldi nuovi) – attenzione che questo a volte è vietato in certe procedure (il fallito non può ricomprare i beni dalla curatela, ma per sovraindebitato non c’è scritto, comunque sarebbe poco etico se non tramite un familiare e con prezzo di mercato). Le banche e fornitori privati, però, di fatto terranno conto del tuo passato: se la tua precedente attività è saltata lasciando debiti, è probabile che per un po’ ti considerino un cliente rischioso. Per esempio, ottenere un nuovo prestito da una banca subito dopo esdebitazione può essere arduo, dovrai ricostruire la credit history. Questo è un aspetto extragiuridico: la legge ti dà la fedina finanziaria pulita (nessuno può più esigere i vecchi debiti), ma la reputazione economica la devi riguadagnare. Esempio: se fallisci e poi apri un’altra società, quando chiederà fidi, il sistema bancario vede chi c’è dietro e nota la precedente procedura – magari ti chiederà più garanzie. Col tempo, mostrando gestione sana, questo si supera.

D: Ho già avuto un fallimento in passato: posso ancora accedere a queste procedure?
R: Sì, una precedente esperienza di fallimento non ti preclude l’accesso al sovraindebitamento ora, se attualmente la tua impresa è sotto soglia. L’unico limite è per l’esdebitazione: se in passato hai già ottenuto un’esdebitazione fallimentare, per averne un’altra devono trascorrere almeno 5 anni. E se avevi fatto una procedura ex L.3/2012 già, per 5 anni non puoi chiederne un’altra. Ma se il tuo fallimento passato non ti aveva concesso esdebitazione (perché prima del 2006 non esisteva o perché non l’hai chiesta), adesso potresti pulire anche quei residui attraverso la nuova procedura. In pratica, il sistema cerca di evitare che uno faccia “concorso di esdebitazioni” troppo ravvicinate, ma non ti impedisce di usare gli strumenti una seconda volta in assoluto. Valuta però l’aiuto di un professionista per presentare bene la storia: dovrai spiegare perché questa volta la cosa andrà meglio, o perché meriti ancora clemenza. Se invece il tuo passato fallimento era abbastanza recente e magari conteneva già i debiti attuali (per dire, la procedura era stata chiusa da poco), potresti incorrere in eccezioni procedurali (ne bis in idem). È materia fine, ma in generale non sei escluso a priori.

D: I debiti verso fornitori si possono ridurre per legge? E quelli verso lo Stato?
R: Sì, attraverso concordati o accordi omologati, i crediti chirografari (come i fornitori) possono essere pagati in parte e la parte restante viene perdonata legalmente con l’omologa (diventa inesigibile). Ad esempio, un accordo di ristrutturazione omologato può prevedere che i fornitori ricevono il 50% e rinunciano al resto; dopo l’omologa, quei fornitori non possono più pretendere il restante 50%. Analogamente, in un concordato minore potresti offrire ai fornitori una percentuale concordata e, omologato il piano, essi sono tenuti ad accettarla a saldo e stralcio. Quindi sì, la legge consente il cram-down dei debiti commerciali. Per i debiti privilegiati verso lo Stato (IVA, ritenute) è più complicato: la regola teorica è che vanno pagati integralmente salvo che il valore di liquidazione dei beni su cui hanno privilegio sia insufficiente. Però, se c’è capienza sui beni, normalmente IVA e contributi vanno pagati al 100% (magari dilazionati o con abbattimento di sanzioni). Le sanzioni tributarie invece nei concordati possono essere trattate come chirografarie (spesso falcidiate al minimo). Alcune imposte come l’IVA l’UE non vede di buon occhio che vengano falcidiate (c’è giurisprudenza europea che lo vietava, ma la nuova direttiva UE ha parzialmente aperto). Comunque: nel tuo piano considera di pagare il capitale delle imposte dovute quasi sempre. Potresti ridurre interessi e sanzioni. Se la massa attiva non basta a coprire interamente, allora puoi proporre un pagamento parziale dimostrando che è quanto otterrebbe in liquidazione (questo è il concetto di convenienza). Gli enti valuteranno. In un contesto di piccola gelateria, spesso i debiti fiscali sono di entità contenuta e con privilegio su beni mobili pochi (quindi di fatto chirografari per la parte eccedente il realizzo). Un esempio: €10k di IVA non pagata, nessun bene mobile di valore – quel credito IVA è privilegiato sui beni mobili aziendali, ma se i beni valgono 2k euro, per 8k quell’IVA di fatto è scoperta e in un fallimento sarebbe insoluta. Quindi un concordato potrebbe offrire di pagare 2k (100% di quanto avrebbe preso su quei beni) e stralciare 8k, con argomento convincente. È complesso, ma la legge non esclude più di tagliare anche l’IVA se giustificato (la riforma lo consente con valutazione del giudice).

D: Se in futuro avessi possibilità, posso volontariamente pagare i creditori a cui ho stralciato il debito?
R: Dal punto di vista giuridico, dopo esdebitazione o concordato omologato, non hai più alcun obbligo verso i creditori per la parte falciata. Ma nulla vieta moralmente di fare un gesto volontario se un giorno sarai in grado e lo desideri. Ad esempio, supponi che tra 5 anni la gelateria decolli e guadagni molto, e vuoi saldare anche quel fornitore al 50% che aveva perso soldi: puoi farlo spontaneamente, è una tua scelta. Non c’è obbligo legale; anzi, i creditori potrebbero anche essere sorpresi. Attento però: se ti esdebitano come incapiente e nei 3 anni successivi hai “utilità sopravvenute” rilevanti, quelle devono essere messe a disposizione dei vecchi creditori per legge. Fuori da quel caso, ogni pagamento extra sarebbe considerato atto di generosità. Tieni presente infine che, se li paghi spontaneamente, non potrai poi chiederne la restituzione: quindi valutane bene la sostenibilità. Ma sono riflessioni a posteriori: di base, il sistema concorsuale esiste proprio perché tu possa ripartire senza doverti sentire moralmente obbligato a vita (anche se alcuni debitori, per ethos personale, decidono di risarcire col tempo chi era rimasto a bocca asciutta, e questo è encomiabile ma appunto extralegale).

D: A chi posso rivolgermi per avviare queste procedure?
R: Puoi rivolgerti agli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) istituiti presso vari enti (Camere di Commercio, Ordini professionali, Comuni convenzionati). Gli OCC forniscono consulenza e nominano un gestore per seguirti. Molte Camere di Commercio hanno sportelli OCC dedicati (ad esempio OCC della Camera di Prato-Pistoia è nel nostro riferimento con ultimo aggiornamento luglio 2025). In alternativa, un avvocato o commercialista di tua fiducia esperto in crisi d’impresa può assisterti: spesso costoro collaborano con gli OCC. Per la composizione negoziata, c’è una piattaforma web nazionale dove fare domanda (eventualmente fatti aiutare da un esperto per prepararla). Per piani attestati e accordi, serve un professionista attestatore: solitamente un commercialista specializzato. In sintesi: cerca nella tua zona se esiste un “OCC” pubblico (alcuni Tribunali pubblicano elenchi di OCC convenzionati sul sito, o li trovi presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti locale). Un altro canale sono le associazioni di categoria o le Camere di Commercio, che organizzano anche seminari e hanno sportelli informativi. Data la delicatezza, evita il fai-da-te: affidati a professionisti con esperienza nel settore concorsuale. La buona riuscita di un concordato o accordo dipende molto da come viene presentato e gestito tecnicamente.

Tabelle riepilogative delle soluzioni di difesa

Per aiutare a sintetizzare le caratteristiche delle diverse procedure e strumenti esaminati, forniamo alcune tabelle riepilogative di confronto. Queste tabelle permettono di cogliere a colpo d’occhio le differenze chiave (ad esempio, chi le avvia, se prevedono il blocco dei creditori, se richiedono consenso, l’effetto sui debiti, ecc.).

Tabella 1 – Soluzioni stragiudiziali vs. concorsuali (principali differenze):

CaratteristicaPiano attestato di risanamentoAccordo di ristrutturazione (60%/30%)Composizione negoziataConcordato minoreLiquidazione controllata
Iniziativa diDebitore (unilaterale)Debitore (adesione creditori ≥60% o 30%)Debitore (istanza in CCIAA)Debitore (impr. minore)Debitore/creditore/PM
Ruolo del tribunaleNessuno (stragiudiziale puro)Omologa necessaria (Tribunale omologa se requisiti)Nessuno (salvo misure protettive confermate da Trib.)Controllo completo (apertura, omologa)Controllo completo (sentenza di apertura)
Coinvolgimento creditoriSolo accordi privatistici (no voto formale)Adesione volontaria ≥ soglia; opposizione possibileTrattative assistite (no voto)Voto maggioranza >50% creditiNessun voto (creditori insinuano passivo)
Misure protettive (automatic stay)No automatico (eventuale accordo moratoria privato)Sì, se richieste al Tribunale (salvo accordo 30% dove non concesse)Sì, se richieste (tribunale conferma)Sì, automatiche dopo aperturaSì, dalla sentenza di apertura (tutte azioni sospese)
Attestazione indipendenteSì (veridicità dati e fattibilità)Sì (piano e accordo vanno asseverati)Non formalmente obbligatoria, ma di fatto l’esperto valuta sostenibilitàSì (OCC fa relazione su fattibilità)OCC fa relazione preliminare (se domanda deb.)
Percentuale di pagamento debitiLibera (accordo tra parti; creditori possono accettare stralci)Concordata con creditori aderenti; estranei almeno quanto in liquidazioneDa definire caso per caso (non predeterminata)Può prevedere anche pagamenti parziali ai chirografari (minimo non fissato, ma serve convenienza rispetto a liquidazione)Determinata da realizzo effettivo dei beni (creditori privilegiati spesso parziali, chirografari probabilmente zero o poco)
Effetto sui creditori dissenzienti/estraneiNessuno vincolo: possono agire per conto loro (ma atti esecutivi in esecuzione piano protetti da revocatoria)Vincolati se omologa: non possono agire in modo difforme, accordo può estendersi parzialmente a loro (classi 75%)Nessun vincolo diretto (è strumento pre-accordo; si punta a trovare accordo o procedura successiva)Vincolati dall’omologa: i dissenzienti subiscono la falcidia/ dilazione prevista, purché maggioranza approvaTutti i creditori partecipano obbligatoriamente, anche forzatamente (concorso pieno); al termine i residui inesigibili (esdebitazione)
Durata tipica proceduraBreve per predisposizione (1-3 mesi); esecuzione secondo piano (1-5 anni tipicamente)Trattative 3-6 mesi; omologa ~4 mesi; esecuzione 1-5 anni secondo accordoProcedura in senso stretto max 6-9 mesi; conclusione con accordo/piano successivo entro ~1 annoProcedura giudiziale ~4-6 mesi fino a omologa; esecuzione piano 3-5 anni se continuità (variabile)Procedura aperta finché beni liquidati: 1-2 anni se pochi beni, anche 3 se complessa; chiusura con esdebitazione subito dopo (effetti su debiti immediati)
Vantaggi per debitoreNessuna pubblicità giudiziale; controllo totale su piano; tutela da revocatorie e reatiOmologa = sicurezza giuridica, blocco pignoramenti, accordo modulabile (soglia < fallimento); no pubblicità negativa di fallimentoRiservata e flessibile; coinvolge terzo esperto per mediare; possibili misure fiscali premiali (riduzione interessi, sanzioni)Mantiene l’attività operativa (continuità); riduce debiti a quota sostenibile; protezione da azioni e da istanze liquidatorie; esdebitazione de facto su parte falcidiataPulisce completamente da debiti con esdebitazione; debitore coopera ma non è imputato di reati preferenziali se segue regole; possibilità di fresh start; procedura gestita da professionista (meno stress gestionale)
Svantaggi/limitiNon vincola i non aderenti (rischio azioni esterne se non tutti concordano); nessun giudice a “imporre” parità di trattamento (è tutto volontario)Necessario consenso qualificato di creditori (può essere difficile ottenerlo); iter giudiziario (tempi e costi legali); creditori estranei hanno termine per opporsi; misure protettive non ammesse se soglia adesione solo 30%Non risolve di per sé la crisi: è un percorso, richiede la volontà di tutti di trovare soluzione; se azienda già insolvente grave, può solo preludere a liquidazione; costi dell’esperto (comunque contenuti)Richiede meritevolezza e rispetto formale di regole; bisogna convincere >50% crediti (se pochi creditori, uno grande può bloccare); eventuali falimenti del piano portano a liquidazione; pubblicità nel registro imprese (ma meno infamante di fallimento); costi OCC e legali in prededuzionePerde l’azienda e i beni (sacrificali); eventuali soci o garanti coinvolti perdono anche loro; durata non brevissima; rimane traccia storica (il debitore è noto ai creditori come insolvente pregresso); durante procedura limitazioni a gestione patrimonio, spossessamento

Tabella 2 – Procedure da sovraindebitamento (concordato minore vs ristrutt. consumatore vs liquidazione controllata):

ElementoConcordato MinorePiano/ristrutturazione ConsumatoreLiquidazione Controllata
Soggetti ammessiImprenditore minore, professionista, ente non fallibile (NO consumatore)Consumatore persona fisica (debiti personali)Qualsiasi sovraindebitato non fallibile (consumatore o no)
Continuazione attivitàSì, se piano in continuità (può prevedere prosecuzione impresa)N/A (consumatore non ha impresa)No, finalità liquidatoria (cessazione attività, salvo esercizio provvisorio raro)
Voto dei creditoriSì, maggioranza >50% crediti votanti approvaNo voto, decide il giudice su omologaNo voto, creditori insinuano e partecipano a distribuzione
Ruolo OCCOCC assiste debitore e diventa commissario (gestore)OCC assiste debitore e redige relazione per giudiceOCC interviene se istanza deb., poi liquidatore (spesso stesso OCC)
Misure protettiveSì, automatiche dal decreto apertura (stop azioni esecutive)Sì, dal ricorso il giudice può sospendere azioni fino a decisione (prassi analoga alle altre)Sì, dalla sentenza apertura (tutte azioni individuali cessano)
Riduzione debiti (stralcio)Possibile per chirografari, privilegiati possono essere degradati se incapienza (serve convenienza)Possibile, giudice omologa anche forte riduzione purché deb. meritevole e creditori non pregiudicati rispetto ad alternativaNon in senso negoziale: i creditori ricevono quanto ricavato dalla vendita beni; debiti residui cancellati ex lege in esdebitazione
Durata pagamentiFlessibile: piano di solito 3-5 anni, può prevedere dilazioni anche più lunghe se creditori acconsentonoFlessibile: il piano del consumatore può articolare pagamenti anche su più anni secondo le capacità del debitoreLiquidazione in sé avviene vendendo appena possibile. Dopo chiusura, niente pagamenti futuri (debiti estinti) salvo eventuali sopravvenienze entro 4 anni
Esdebitazione finaleN/A (intrinseca all’omologa per quota falcidiata: debitore liberato dai debiti esclusi dal piano)N/A (se omologato il piano e adempito, il resto è inesigibile)Sì, su istanza debitore, di regola concessa salvo frodi (libera da debiti rimasti)
Meritevolezza richiestaSì, no atti in frode o mala fede; cause ostative simil concordato (es: se già usato procedura di recente)Sì, esame stretto di meritevolezza (assenza colpa grave o dolo nell’indebitarsi). Cass. 22890/23: valutare ex art.69 CCII (colpa grave/mala fede) non criteri più rigidiNon espressamente per ammissione, ma per esdebitazione finale sì (niente frode, cooperazione richiesta). Atti in frode possono portare a diniego di apertura.
Effetti sui garanti/coobbligatiNon libera i coobbligati (es. fideiussori) dall’adempiere per la quota non pagata nel piano, salvo abbiano loro procedureUguale: la legge 3/2012 esplicitava che omologa non libera eventuali garanti. Quindi banche possono escutere il fideiussore per la parte falcidiata.L’esdebitazione è personale: non toglie ai creditori diritti verso eventuali coobbligati/avallanti che non siano anch’essi esdebitati.
PubblicitàIscrizione al Registro Imprese dell’apertura e dell’omologa (per imprese); comunicazione ai creditori notaProcedura non pubblicata su reg. imprese (consumatori non iscritti), ma omologa è provvedimento pubblico; possibile pubblicità su siti tribunaliSentenza di apertura pubblicata R.I. (se imprenditore) e avviso ai creditori; chiusura con esdebitazione è decreto pubblico.

Tabella 3 – Gestione dei debiti fiscali in vari strumenti:

StrumentoTrattamento debiti fiscaliNote
Piano attestatoDebiti fiscali di solito pagati integralmente o mediante accordo diretto con Agenzia (non essendo procedura, serve adesione volontaria). Possibile beneficio fiscale se piano pubblicato: sopravvenienze attive da remissione debiti non tassate.AER tende a voler almeno dilazione integrale. Si può chiedere rateazione ordinaria parallela. Tax benefit art.88 TUIR se pubblicato.
Accordo ristrutturaz.Possibile transazione fiscale: proporre pagamento parziale/dilazionato. Necessario parere favorevole Agenzia Entrate per tributi erariali e INPS per contributi. Omologa anche senza adesione se trattamento ≥ scenario liquidatorio.Art. 63 CCII. Adesione ente = credito incluso nel 60/30%. Dal 2024 competenza pareri unificata (Ufficio Crisi AE).
Composizione negoziataPossibile accordo stragiudiziale con Fisco: ad es. ottenere dilazione massima o accordo ad hoc su sanzioni. Inoltre misure premiali: interessi ridotti a legale durante trattative se poi accordo raggiunto; sanzioni ridotte al minimo se pagamento in misura ridotta post-istanza; possibile rateazione 72 mesi di debiti fiscali non a ruolo a fine negoziazione riuscita; riduzione 50% sanzioni/interessi se poi si accede a concordato, accordo o liquidazione.La comp. negoziata permette di coinvolgere Agenzia Entrate in tavolo informale. Spesso si usa per ottenere ok a dilazioni extra-giudiziali. Misure premiali art.25-bis CCII come incentivo fiscale.
Concordato minoreNecessaria proposta di transazione fiscale per tributi/contributi: in pratica devi prevedere quanto paghi su IVA, ritenute, contributi. Regola: almeno il valore di realizzo dei beni su cui hanno privilegio, salvo adesione ente per meno. Se ente non accorda, giudice può omologare ugualmente se soddisfatto requisito di convenienza.L’ente pubblico partecipa al voto per l’importo del suo credito. Se voto contrario, giudice valuta se comunque imporre (cram-down fiscale). Frequentemente si propongono dilazioni e stralcio interessi/sanzioni, pagando capitale IVA/INPS quasi intero su anni.
Liquidazione controllataI debiti fiscali seguono la legge di graduazione: di solito hanno privilegio generale sui mobili (e speciale su eventuali immobili per imposte ipotecarie). Riceveranno riparto in quella percentuale. Le sanzioni pecuniarie sono chirografarie (quindi spesso zero). Al termine, la parte non soddisfatta è esdebitata come le altre (lo Stato non potrà più esigere il residuo). Attenzione: debiti per IVA evasa o indebita ritenuta, se non pagati, lasciano aperto il profilo penale (l’esdebitazione cancella il debito civile ma non il reato commesso).È opportuno che, se possibile, il debitore in liquidazione paghi almeno in parte l’IVA entro certe soglie per evitare condanne penali. In alternativa, può sperare nella non punibilità per particolare tenuità o altre cause se applicabili, ma è un rischio a parte. Dal punto di vista civile, esdebitazione chiude anche col Fisco.

Simulazioni pratiche (casi esemplificativi)

Caso 1: Gelateria individuale con debiti sostenibili ristrutturabili (concordato minore in continuità)
Tizio è un gelataio artigiano in ditta individuale. Dopo due estati di incassi deludenti, si trova con €80.000 di debiti: €20k con fornitori (latte, frutta), €15k bollette arretrate, €25k di debito IVA e INPS, €20k residuo di un prestito bancario (garantito da ipoteca su un piccolo magazzino). La gelateria però ha ripreso lavoro e potrebbe generare €15k annui di utile. Tizio vuole evitare di chiudere.Soluzione: Tizio si rivolge a un OCC e predispone un concordato minore in continuità. Propone di pagare integralmente i debiti fiscali (€25k) in 5 anni, utilizzando i futuri utili (circa €5k/anno) – in pratica impegnando una parte degli incassi futuri a rate semestrali verso AER (magari sfruttando la dilazione ordinaria). Offre inoltre alla banca di continuare a pagare regolarmente le rate del prestito (che scadono tra 4 anni, importo compatibile con gli utili). Ai fornitori e alle utility propone un saldo al 50%: €17.5k da pagare pro-rata in 4 anni (circa €4.4k/anno, distribuiti trimestralmente). Prevede di conferire al piano anche €5.000 che un parente gli presta a fondo perduto all’inizio, da distribuire subito ai fornitori come acconto iniziale (per incentivarli a votare sì). Il piano è attestato fattibile dall’OCC: in estate fa buon incasso, quindi quell’utile annuale è realistico. Il tribunale apre la procedura, blocca eventuali azioni (una società elettrica minacciava il distacco, ma con il concordato non può e accetta il piano). Si raccolgono i voti: l’Agenzia Entrate Riscossione vota a favore (avrà 100% seppur dilazionato, e comunque in liquidazione forzata forse avrebbe preso meno e più tardi), i principali fornitori (che magari temevano di non vedere niente altrimenti) votano sì, la banca è indifferente perché continua a incassare come da contratto (e tanto ha garanzia ipotecaria). Alla fine, il 75% in valore dei crediti vota sì – abbondante maggioranza. Il giudice omologa. Risultato: Tizio continua la sua gelateria, ogni mese accantona i fondi per pagare le rate a fisco, banca e fornitori come da piano. Dopo 4 anni, fornitori e bollette sono stati saldati al 50% e non possono più pretendere altro (il resto del loro credito è perdonato). Dopo 5 anni, finisce di pagare l’IVA e i contributi ed è a posto col Fisco. La banca era già a posto. Tizio ha così evitato pignoramenti e non ha perso il magazzino (ipotecato) perché la banca l’ha lasciato stare. Ha potuto rateizzare il debito complessivo secondo le sue realistiche capacità. I creditori hanno accettato una perdita moderata (fornitori 50%) o solo un’attesa (Fisco). Se Tizio non avesse fatto nulla, rischiava che uno dei fornitori lo portasse a liquidazione o che il fisco pignorasse incassi, portandolo magari alla chiusura forzata.

Caso 2: Gelateria in forma di S.n.c. con debito elevato e nessuna possibilità di continuare (liquidazione controllata con cessione dell’attività)
La Gelati&Co è una SNC di due soci, che gestiva 3 punti vendita. A causa di cattive scelte e un competitor forte, accumula €300.000 di debiti: €100k banca (mutuo ipotecario su uno dei negozi di proprietà di un socio), €50k fornitori, €50k dipendenti TFR e stipendi arretrati, €70k Fisco/INPS (di cui €20k IVA, €50k contributi dipendenti), €30k vari. L’attività purtroppo non genera più utili, i soci decidono di chiudere 2 punti vendita e tenere solo il principale, ma comunque sono in sofferenza.* – Soluzione: I soci valutano che non riescono a fare un concordato perché non hanno flussi per pagare. Decidono allora per la liquidazione controllata. Con l’aiuto di un OCC presentano istanza al tribunale. Il tribunale apre la procedura, nominando lo stesso OCC come liquidatore. Effetti immediati: le azioni esecutive dei creditori si fermano (avevano già ricevuto ingiunzioni da fornitori e avvisi dal Fisco, ora tutto sospeso). Il liquidatore prende in mano la situazione: continua ad esercitare la gelateria principale per un breve periodo, nel frattempo la mette in vendita come azienda funzionante. Trova un acquirente (un concorrente) disposto a rilevare il punto vendita principale (macchinari, avviamento) per €50k. Il tribunale approva la cessione. Gli altri due punti vendita erano in affitto: sono stati chiusi e si vendono all’asta i macchinari usati rimasti, ricavando €10k. L’immobile di proprietà del socio (dove c’era uno dei negozi) viene venduto tramite procedura al prezzo di €120k. Quindi, la liquidazione raccoglie circa €180k in totale. Il liquidatore redige lo stato passivo: banca con ipoteca prende privilegio sull’immobile venduto (€90k netti dopo spese) che va quasi tutto a lei (per €100k di credito, incassa €90k, resterà €10k chirografo insoddisfatto). I dipendenti hanno privilegio per TFR e stipendi: ricevono prima di altri circa €50k (integralmente soddisfatti grazie al Fondo di Garanzia INPS e parzialmente dal realizzo sull’attivo mobiliare). Il Fisco/INPS ha privilegi sui beni mobili, ma quelli hanno reso poco: magari ottengono €5k su €70k. I fornitori e altri chirografari si spartiscono quel che resta, diciamo €15k proporzionalmente su €80k di crediti chirografi (circa 18%). Al termine, la società viene sciolta. I soci, dal canto loro, essendo illimitatamente responsabili, erano anch’essi coinvolti: anche i loro beni personali non legati all’impresa (tranne prima casa impignorabile di uno) sono liquidati se necessario. In questo caso, il socio che aveva l’immobile ha già contribuito vendendolo; l’altro socio non aveva molto a parte un’auto modesta (che non è stata neppure pignorata perché di valore minimo). Chiusura ed esdebitazione: dopo la distribuzione di €180k, rimangono debiti insoluti per circa €120k (soprattutto fisco residuo, banca €10k, fornitori €35k non soddisfatti interamente, ecc.). Il giudice, verificata la collaborazione dei soci (hanno consegnato documenti, non frodi), emette decreto di esdebitazione per entrambi. Ciò significa che i creditori, pur non integralmente pagati, non possono più pretendere nulla da società (estinta) né da soci. I soci hanno perso il negozio, ma quello è stato venduto come azienda e continua con altro proprietario (magari uno dei soci viene assunto dal compratore come gelataio, potendo così avere un reddito). Hanno perso l’immobile ipotecato, venduto per pagare banca, ma tengono le prime case se non ipotecate grazie all’impignorabilità per il Fisco (in questo caso ipotesi: la prima casa di uno non è stata toccata perché i crediti chirografi non la possono prendere, e il Fisco non poteva). In definitiva, hanno sacrificato patrimonio e attività ma azzerato i debiti, evitato istanze di fallimento (che comunque sarebbe stato improbabile perché sotto soglia, ma il risultato simile). Dopo alcuni anni, potrebbero anche aprire un piccolo chiosco gelati da zero se vogliono, liberi dal passato – dovranno solo affrontare difficoltà di credito per i trascorsi, ma legalmente sono puliti.

Caso 3: Sovraindebitamento personale del titolare (piano del consumatore)
Caio, ex titolare di una gelateria ceduta anni fa, ha però accumulato debiti personali: €30k di carte di credito, €20k di finanziamenti per acquisto auto, e €15k di garanzie escusse (aveva fatto da fideiussore a un amico, ed è rimasto incastrato). Ora fa il dipendente part-time e può offrire al massimo €300 al mese ai creditori, il che in 5 anni fa €18k totali, molto meno del dovuto. Caio rischia pignoramenti sullo stipendio.Soluzione: Caio può presentare una ristrutturazione dei debiti del consumatore. Con l’aiuto di un OCC, propone al giudice un piano in cui si impegna a versare €300/mese per 5 anni in un fondo gestito dall’OCC, più destinare subito €2k che riesce a farsi prestare dai genitori, da distribuire ai creditori chirografari. In totale, circa €20k (diciamo il 40% dei €50k debiti). Dimostra di non poter fare di più perché il suo stipendio è di €800/mese e ha a carico un figlio minorenne. L’OCC nella relazione evidenzia che Caio è meritevole: i debiti derivano in parte da eventi sfortunati (ha dovuto usare carte di credito per spese mediche familiari, la fideiussione era un gesto di ingenuità ma non dolo) e non ha colpe gravi né atti in frode. Inoltre, se i creditori lo pignorassero, prenderebbero 1/5 dello stipendio (€160/mese) e forse Caio perderebbe il lavoro per lo stress, quindi la proposta al 40% in 5 anni è migliore dell’alternativa. Nessun creditore si oppone formalmente. Il tribunale omologa il piano del consumatore stabilendo che: Caio verserà €300/mese all’OCC, il quale ogni anno distribuirà pro quota ai finanziatori e banche; dopo 5 anni, i creditori saranno stati soddisfatti parzialmente e il giudice dichiarerà adempiuto il piano. Effetti: i creditori finanziari non possono nel frattempo fare pignoramenti (sono sospesi dall’omologa) e alla fine devono considerare estinti i crediti residui. Caio non subisce ulteriore pressione, mantiene il suo stipendio salvo la quota destinata al piano e può vivere dignitosamente. A fine piano, è libero dai debiti (se ne è andato circa il 40%, il resto cancellato). Ha salvato anche l’auto dal pignoramento e soprattutto la pace familiare. Questo caso mostra come anche senza un’attività in corso, un privato sovraindebitato può trovare sollievo grazie alla procedura.

Caso 4: Composizione negoziata con esito positivo (accordo stragiudiziale)
Sempronio gestisce una gelateria-pasticceria in forma di SRL. A causa del Covid ha accumulato arretrati: €100k di debiti vari. L’attività però è ripartita bene e ha bisogno di rinnovare dei macchinari per crescere. Sempronio teme che chiedendo un concordato etichetti negativamente l’azienda, e preferirebbe evitare tribunale. Prova allora la via negoziale.Soluzione: Sempronio avvia la composizione negoziata sulla piattaforma nazionale. Viene nominato un esperto. Sempronio esprime il bisogno di liquidità per investire ma è frenato dai debiti pregressi e da posizioni bloccate (la banca ha congelato il fido). L’esperto convoca la banca, il fornitore di farine (creditore 20k) e l’Agenzia Entrate (ha 30k di IVA dilazionata ma a rischio decadenza). Dopo varie riunioni, e mostrando i dati incoraggianti degli ultimi mesi:

  • La banca accetta di mantenere la linea di fido e anzi concedere un piccolo finanziamento aggiuntivo di €20k per comprare i macchinari, a condizione che l’imprenditore ricapitalizzi la società con almeno €10k (Sempronio trova i 10k dai soci) e che gli altri creditori accettino di non creare grane.
  • Il fornitore 20k accetta una convenzione di moratoria: non pretende pagamenti per 6 mesi e poi ripresa in 12 rate, in cambio viene coinvolto come fornitore preferenziale per quei 6 mesi (continua a vendere ingredienti per le torte).
  • L’Agenzia Entrate: durante la negoziazione, era partita una cartella per IVA 2021; l’esperto suggerisce a Sempronio di aderire alla definizione agevolata 2023 per le vecchie cartelle (che abbatte sanzioni), e l’Agenzia conferma che con la rateazione agevolata in 18 rate può stare nei flussi. In più, come misura premiale, grazie alla composizione, gli interessi sulle somme in trattativa sono al tasso legale basso.
  • Con i principali attori soddisfatti, l’esperto redige una relazione finale positiva: soluzione individuata. Non c’è bisogno di omologa perché è tutto su base contrattuale:
    • Viene firmato un contratto di risanamento fra la SRL e la banca + fornitore + socio: banca dà soldi, socio ricapitalizza, fornitore attende, SRL promette investimenti e pagamenti come da accordo. L’esperto certifica che ciò assicura continuità ≥2 anni.
    • Questo contratto viene pubblicato brevemente al Registro Imprese come previsto per beneficiare delle misure fiscali (sopravvenienze detassate ecc.).
  • Sempronio esce dalla composizione negoziata in 4 mesi totali, senza passare dal tribunale. Ottiene i soldi per i macchinari, i creditori sono rassicurati e sospendono le azioni. Nel frattempo, i ricavi crescono grazie ai nuovi macchinari (gelato stecco innovativo) e tutto procede.
  • I debiti fiscali vengono pagati secondo la rottamazione (sanzioni dimezzate per via delle norme).
  • Come “premio”, l’art.25-bis CCII applica: gli interessi di mora sui debiti fiscali maturati durante la negoziazione sono ridotti a zero (tasso legale quasi nullo); e dato che l’accordo con banca e fornitore è idoneo a continuità, Sempronio può rateizzare anche alcuni debiti tributari correnti non a ruolo in 6 anni.
    Risultato: la SRL ha evitato un’insolvenza, ha ristrutturato i debiti in modo informale ma efficace, e i creditori hanno collaborato perché hanno intravisto convenienza rispetto a un possibile fallimento (avrebbero perso di più). Questa composizione negoziata è un esempio di come il nuovo strumento può salvare imprese prima che precipitino.

Queste simulazioni, pur semplificate, mostrano situazioni realistiche e le soluzioni adottabili. Ovviamente ogni caso concreto richiede un’analisi attenta di numeri e circostanze, ma la morale comune è: anche una piccola impresa come una gelateria ha a disposizione vie legali per gestire e ridurre i debiti, e non è mai “finita” finché c’è volontà di affrontare il problema. La cosa peggiore è l’inazione o i tentativi illegali; la cosa migliore è informarsi, scegliere lo strumento giusto e agire per tempo.

In conclusione, “difendersi” dai debiti per un gelatiere significa conoscere e sfruttare appieno la normativa sul sovraindebitamento e sulla crisi d’impresa. Con l’aiuto di professionisti e della legge, egli può rinegoziare i debiti, proteggere i beni essenziali, e perfino ottenere l’esdebitazione completa se la situazione lo richiede, salvaguardando al contempo la propria dignità e la continuità aziendale quando possibile. La legge italiana, aggiornata al 2025, offre un ventaglio di opzioni – dal tavolo negoziale protetto fino alla seconda opportunità post liquidazione – che, se ben utilizzate, permettono al debitore di uscire dal tunnel dei debiti in modo ordinato e ripartire su basi sostenibili.

Fonti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in vigore dal 15 luglio 2022) – art. 2 (definizioni di sovraindebitamento), art. 56 (piano attestato), art. 57-63 (accordi di ristrutturazione), art. 17-25 (composizione negoziata), art. 74-83 (concordato minore), art. 67-73 (piano del consumatore), art. 268-277 (liquidazione controllata), art. 283 (esdebitazione incapiente).
  • Camera di Commercio di Torino – Guide pratiche sulle procedure da sovraindebitamento e strumenti di crisi (aggiornate al dicembre 2023): “Piano attestato di risanamento”, “Accordi di ristrutturazione dei debiti”, “Concordato minore”, “Liquidazione controllata del sovraindebitato”, “Composizione negoziata della crisi”.
  • Portale OCC Pistoia-Prato (Cam. Com.) – Criteri di accesso alle procedure di sovraindebitamento: definizione di imprenditore minore con soglie dimensionali (attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k); elenco soggetti ammessi (consumatore, imprenditore minore, start-up innovativa, ecc.); condizioni di inammissibilità (procedura già usata nei 5 anni, colpa grave, malafede).
  • Corte di Cassazione – Giurisprudenza recente:
    • Cass. civ. Sez. I, 27/07/2023 n. 22890: criteri di meritevolezza del consumatore ex art. 69 CCII (abolizione criteri di indebitamento sproporzionato, rileva solo colpa grave/mala fede).
    • Cass. civ. Sez. I, 19/08/2024 n. 22914: applicazione art. 41 TUB (privilegio fondiario – banca può agire esecutivamente) anche in liquidazione controllata dei sovraindebitati. Conferma tutela forte per creditori fondiari, criticata in dottrina.
    • Cass. civ. Sez. I, 30/04/2025 n. 11448: il provvedimento che dichiara inammissibile l’apertura della liquidazione (ex art. 14 ter L.3/2012, ora liquidaz. controllata) non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. (non ha natura decisoria finale).
    • Cass. civ., ord. 16/12/2024 n. 32759: conferma l’impignorabilità prima casa da parte di Agenzia Entrate-Riscossione se unica e non di lusso, con applicazione retroattiva DL 69/2013.

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