Avviso Di Presa In Carico: Quando E Come Impugnarlo Davanti Alla Corte Di Giustizia Tributaria

Hai ricevuto un avviso di presa in carico e non sai se e come impugnarlo?
L’avviso di presa in carico è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunica di aver assunto in carico un credito iscritto a ruolo, in genere proveniente da un precedente accertamento o liquidazione. Questo documento può segnare l’inizio di azioni di riscossione forzata, ma non sempre è chiaro quando sia possibile contestarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria.

Cos’è l’avviso di presa in carico
– È la comunicazione ufficiale dell’avvenuto passaggio del debito dall’Agenzia delle Entrate alla sua struttura di riscossione
– Non è un nuovo accertamento, ma un atto con cui il contribuente viene informato che il debito è ora esigibile tramite procedure esecutive
– Può essere inviato prima della notifica della cartella di pagamento o contestualmente ad altre comunicazioni

Quando può essere impugnato
– Quando contiene errori sull’importo o sul soggetto debitore
– Quando si riferisce a un credito già prescritto o decaduto
– Quando il credito è stato già pagato o annullato in autotutela
– Quando si basa su un atto presupposto (accertamento, avviso di liquidazione) mai notificato o notificato in modo irregolare
– Quando vi sono vizi formali tali da impedire la comprensione o la legittimità della pretesa

Come impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria
Verificare la natura dell’atto con l’aiuto di un avvocato tributarista, per capire se ha contenuto impositivo o esecutivo
Raccogliere tutta la documentazione: atti precedenti, prove di pagamento, comunicazioni ricevute
Presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria competente entro 60 giorni dalla notifica
– Indicare con precisione i motivi di impugnazione (prescrizione, decadenza, vizi di notifica, pagamento già effettuato)
– Chiedere, se necessario, la sospensione cautelare per bloccare eventuali azioni esecutive in corso
– Seguire attentamente il procedimento per integrare la difesa con eventuali ulteriori prove

Cosa si può ottenere con una difesa efficace
– L’annullamento totale o parziale dell’avviso di presa in carico
– Il riconoscimento della prescrizione o della decadenza del credito
– La sospensione delle procedure esecutive e cautelari (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi)
– La tutela del patrimonio personale e aziendale
– La chiusura definitiva della posizione debitoria

Attenzione: l’avviso di presa in carico non va sottovalutato. Anche se non è un nuovo atto impositivo, può essere il presupposto immediato per azioni esecutive. Intervenire subito, verificando la legittimità della pretesa e impugnando nei termini, è l’unico modo per difendersi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega quando e come impugnare un avviso di presa in carico davanti alla Corte di Giustizia Tributaria e quali sono le strategie più efficaci per ottenere l’annullamento.

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Nozione e base normativa dell’avviso di presa in carico

L’avviso di presa in carico, pur essendo un atto dalla funzione apparentemente limitata, riveste un ruolo cruciale in alcune situazioni delicate. Spesso il contribuente riceve questa comunicazione a sorpresa, magari anni dopo la presunta emissione di un accertamento fiscale, chiedendosi se e come possa difendersi. Dal punto di vista del debitore tributario, è fondamentale capire se tale avviso rappresenti un semplice memo procedurale oppure un atto lesivo dei propri diritti, tale da poter essere impugnato in giudizio. La risposta, come vedremo, non è stata univoca fino a tempi recenti ed ha richiesto l’intervento chiarificatore della Corte di Cassazione, nonché l’adeguamento della normativa.

L’avviso di presa in carico è la comunicazione con cui l’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate-Riscossione, AdER) informa il contribuente di aver ricevuto dall’Agenzia delle Entrate l’incarico di riscuotere somme (viene anche chiamato “comunicazione (o nota) di presa in carico del ruolo”, intendendo con “ruolo” il carico affidato all’esattore, sebbene per gli accertamenti esecutivi non si formi un ruolo tradizionale) relative a un precedente avviso di accertamento. La previsione normativa si trova nell’art. 29, comma 1, lett. b) del D.L. 78/2010 (conv. in L. 122/2010), introduttivo del sistema dell’accertamento esecutivo dal 2011. Tale norma impone appunto la notifica al contribuente dell’avvenuta “presa in carico” del debito da parte dell’Agente della riscossione.

Questa innovazione si inserisce nella riforma della riscossione introdotta nel 2010: prima di allora, trascorsi i termini dall’accertamento, l’Amministrazione iscriveva il debito a ruolo ed emetteva una cartella di pagamento (atto autonomamente notificato e impugnabile). Con l’accertamento esecutivo, invece, la cartella è stata eliminata per velocizzare il recupero: l’accertamento stesso, decorsi 60 giorni, vale come titolo esecutivo per la riscossione, e l’unico ulteriore passaggio formale previsto è proprio la comunicazione di presa in carico del debito da parte dell’Agente della Riscossione. In assenza di tale avviso, il contribuente potrebbe non avere contezza del passaggio alla fase di riscossione coattiva fino all’arrivo di misure esecutive. Pertanto l’adempimento di darne notizia è un tassello di garanzia procedimentale, pur non avendo la struttura di un provvedimento impositivo classico.

L’avviso di presa in carico viene emesso successivamente alla notifica di un avviso di accertamento “immediatamente esecutivo” (ossia già idoneo a far decorrere i termini per la riscossione coattiva trascorsi 60 giorni) e serve a comunicare che la competenza per il recupero delle somme è passata dall’Agenzia delle Entrate ad AdER. In questa comunicazione sono indicati gli estremi del debito tributario affidato e la data di affidamento ad AdER; da tale data decorre un periodo di sospensione di 180 giorni durante il quale non si darà corso ad azioni di recupero forzoso. Ciò consente al contribuente di essere informato del trasferimento e di conoscere il termine iniziale di tale “grace period” di 180 giorni previsto dalla legge per evitare esecuzioni immediate.

Da notare che in molti casi il contribuente, ricevendo l’avviso di presa in carico, può scambiarlo per una sorta di “cartella esattoriale” o di intimazione di pagamento: in realtà esso non svolge la stessa funzione di quegli atti (non intima il pagamento entro una scadenza immediata), ma segnala solo il passaggio del debito alla fase di riscossione. Questa differenza di funzione ha implicazioni sulla impugnabilità, come visto: la cartella è un atto impugnabile, l’avviso di presa in carico generalmente no.

Gli atti impugnabili nel processo tributario: principi generali

Nel processo tributario (ora dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado – nuova denominazione delle Commissioni Tributarie dopo la riforma del 2022 –), l’oggetto del ricorso è delimitato dagli atti impugnabili elencati dalla legge (un tempo dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, ora confluito nell’art. 65 del nuovo Codice di giustizia tributaria). La regola tradizionale era la tassatività: solo gli atti indicati espressamente dal legislatore possono essere impugnati autonomamente dinanzi al giudice tributario, poiché solo a essi è riconosciuta una portata provvedimentale incidente sui diritti-obblighi tributari del contribuente. Tra questi atti “tipici” rientrano, ad esempio, l’avviso di accertamento, l’avviso di liquidazione, la cartella di pagamento, l’intimazione di pagamento, i provvedimenti di iscrizione di ipoteca o di fermo, il rifiuto di rimborso, ecc. (ora elencati nell’art. 65, comma 1, D.Lgs. 175/2024).

Atti diversi da quelli elencati non sono di regola autonomamente impugnabili, in quanto considerati atti interni o meri atti informativi privi di effetti diretti per il contribuente. Da tale sistema discende che se il contribuente non impugna un atto impugnabile entro il termine, quell’atto diviene definitivo (salvo eccezioni specifiche), mentre se riceve un atto non impugnabile, non subisce preclusioni: potrà far valere le sue ragioni quando (e se) sopraggiungerà un atto successivo impugnabile legato a quello. In passato, la giurisprudenza aveva ammesso la possibilità di impugnare facoltativamente anche atti non inclusi nell’elenco, purché portassero a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria e purché l’eventuale mancata impugnazione di essi non gli pregiudicasse la difesa in futuro. Questa categoria degli “atti atipici impugnabili” in via facoltativa è servita proprio a garantire al contribuente la facoltà di anticipare il contenzioso su questioni sostanziali (ad esempio contestando un estratto di ruolo per far valere la nullità di una cartella mai notificata), senza però obbligarlo a farlo.

Il principio che delimita la giurisdizione tributaria in materia di impugnazione di atti è che solo gli atti di natura provvedimentale, idonei a incidere unilateralmente su posizioni giuridiche del contribuente (ad esempio quantificare una pretesa, intimare un pagamento, irrogare una sanzione), possono formare oggetto di ricorso. Al contrario, gli atti privi di tale natura autoritativa immediata – pur provenendo dall’amministrazione finanziaria o dall’Agente della riscossione – non possono essere oggetto di ricorso, salvo il caso particolare in cui costituiscano la prima comunicazione di un atto tributario di natura provvedimentale, espresso o tacito, di cui il contribuente non ha avuto notizia per omessa notifica. Questo principio generale (oggi recepito anche dal nuovo art. 65 del c.p.t.) è frutto sia dell’elaborazione giurisprudenziale sia dell’intervento normativo volto a superare vuoti di tutela. Tale previsione riflette il principio del “vizio proprio”: un atto impugnabile può essere censurato solo per i difetti suoi propri (di legittimità o merito), ma non può costituire un veicolo per impugnare, a posteriori, atti antecedenti che siano stati regolarmente notificati e non contestati nei termini.

Avviso di presa in carico: atto impugnabile o semplice comunicazione?

Sin dalla introduzione dell’accertamento esecutivo, la natura dell’avviso (o comunicazione) di presa in carico è stata oggetto di dibattito. Da un lato, l’amministrazione finanziaria e parte della giurisprudenza di merito hanno sostenuto che non si tratti di un atto impugnabile, trattandosi di un mero avviso privo di contenuto autoritativo e non incluso nell’elenco di legge. Questo orientamento “formalista” esclude la tutela giurisdizionale sull’avviso di presa in carico in quanto atto privo di effetti provvedimentali: esso non impone alcunché e non modifica unilateralmente la situazione del destinatario, limitandosi a ricapitolare una pretesa già cristallizzata altrove. Ad esempio, la CTP Asti (sent. 2/2/2014) e la CTR Piemonte (sent. 402/34/15) hanno escluso l’impugnabilità dell’avviso di presa in carico, evidenziando che né avrebbe natura provvedimentale né sarebbe paragonabile ad un atto di precetto.

Dall’altro lato, numerose pronunce di merito hanno invece ritenuto l’avviso di presa in carico impugnabile dal contribuente, evidenziando come esso non si limiti a informare ma abbia anche una funzione di contestazione della pretesa e di sollecito al pagamento. Molti esempi concreti confermano questa linea: la CTP Vicenza (sent. 431/2014), CTP Taranto (sent. 2043/2016), CTR Lombardia (sent. 3858/2017), CTP Milano (sent. 3387/2018) e altre pronunce hanno riconosciuto che l’avviso di presa in carico, pur in apparenza informativo, ha una funzione sostanziale di sollecito e quindi può essere assimilato a una vera intimazione di pagamento. In questa visione “sostanzialista”, l’avviso di presa in carico non avrebbe soltanto natura ricognitiva, ma costituirebbe il primo atto con cui si manifesta una pretesa tributaria in forma provvedimentale, aprendo la strada al contenzioso. Il riconoscimento dell’impugnabilità da parte di tali Corti è spesso collegato – come detto – alla circostanza che l’avviso di presa in carico sia il primo atto con cui il contribuente viene reso edotto del debito, in mancanza di notifica dell’accertamento esecutivo presupposto.

Questa spaccatura giurisprudenziale ha creato incertezza applicativa e potenziali disparità di trattamento. Da un lato alcuni contribuenti si vedevano negata la possibilità di agire in giudizio (dovendo attendere le misure esecutive), dall’altro altri ottenevano l’accesso immediato al giudice tributario. Ciò ha portato la questione fino all’esame della Cassazione, per un necessario riassetto dei principi in materia.

L’intervento della Corte di Cassazione (2023–2025)

Di fronte al contrasto interpretativo emerso nelle commissioni tributarie, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire la questione. Una prima svolta si è avuta con la sentenza n. 21254/2023 (Sez. V, depositata il 19 luglio 2023), che ha affermato un importante principio di diritto: «L’avviso di presa in carico non è un atto impugnabile, a meno che il contribuente non intenda far valere l’omessa notifica dell’accertamento esecutivo presupposto». In altri termini, la Cassazione ha escluso l’impugnabilità autonoma dell’avviso in sé, ma ha riconosciuto un’eccezione quando esso costituisca il primo (e unico) atto portato a conoscenza del contribuente relativo a una pretesa tributaria. In tal caso, il contribuente può proporre ricorso per dedurre la mancata notifica dell’atto presupposto (l’accertamento) e contestare così in sede giurisdizionale la fondatezza o legittimità della pretesa fiscale originaria. La stessa Cassazione 21254/2023 ha rimarcato che ciò non mette in discussione la categoria delle impugnazioni facoltative di atti “atipici”: il contribuente può sempre scegliere di impugnare un atto non tassativamente elencato se ne ha interesse (ad esempio per definire subito una questione), ma non è obbligato a farlo a pena di decadenza. L’avviso di presa in carico rientra proprio tra questi atti atipici: può essere impugnato solo quando è necessario per evitare una lesione (mancata notifica precedente), mentre altrimenti non è richiesta né consentita un’impugnazione immediata.

Questo principio concilia la necessità di non ampliare arbitrariamente il novero degli atti impugnabili con l’esigenza di tutela effettiva del contribuente. In altre parole, si evita di costringere il contribuente a impugnare sempre atti interlocutori (gravandolo di oneri processuali inutili), ma al contempo gli si apre la via del ricorso quando ciò è indispensabile per non perdere il diritto alla difesa. La Cassazione ha dunque adottato una soluzione intermedia, già in nuce presente in alcune pronunce di merito, fondata sul concetto di interesse a ricorrere in senso sostanziale. In tema di atti impugnabili, viene mutuata un’impostazione simile a quella del processo amministrativo: va riconosciuto il diritto al ricorso contro atti immediatamente lesivi, mentre atti endoprocedimentali o meramente confermativi non vanno impugnati singolarmente. Applicando ciò al nostro tema, l’avviso di presa in carico diventa impugnabile solo se ha un impatto autonomo sulla sfera del contribuente (cioè lo rende edotto per la prima volta di un debito), altrimenti no.

Successive pronunce di legittimità hanno confermato e dettagliato tale orientamento. In particolare, con l’ordinanza n. 6589/2025 (depositata il 12 marzo 2025) la Suprema Corte ha ribadito che l’avviso di presa in carico è un atto meramente informativo e non provvedimentale, privo di autonoma efficacia lesiva, e come tale non rientra tra gli atti impugnabili ex art. 19 D.Lgs. 546/1992. Tuttavia – richiamando proprio la sentenza n. 21254/2023 – la Corte ha precisato che esso può essere impugnato “solo in caso di mancata notifica dell’atto presupposto e nell’ipotesi di vizi propri”. Ciò significa che le uniche contestazioni ammissibili sono: (a) la denuncia di omessa notifica dell’accertamento immediatamente esecutivo (caso in cui l’avviso di presa in carico funge da primo atto sostanziale utile per ricorrere); e (b) eventualmente, la presenza di vizi propri dell’avviso stesso, ossia difetti di legittimità inerenti alla comunicazione in sé (ad esempio, un avviso di presa in carico riferito a un debito già annullato potrebbe essere impugnato per farne dichiarare l’invalidità, se ciò fosse utile a evitare incertezze).

È importante notare che nella fattispecie decisa con l’ord. 6589/2025 la Cassazione ha poi dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente, poiché dai fatti risultava che l’accertamento presupposto era stato regolarmente notificato e che addirittura il contribuente aveva chiesto una rateazione dopo aver ricevuto un’intimazione di pagamento precedente. In quel caso, dunque, l’avviso di presa in carico svolgeva una funzione meramente ricognitiva di un debito già noto, senza creare alcun pregiudizio nuovo – circostanza in cui la sua impugnazione era ed è preclusa. Analogamente, un’altra pronuncia (Cass. ord. n. 4903/2025) aveva poco prima riaffermato la non impugnabilità della comunicazione di presa in carico in quanto tale, quando essa sia stata effettivamente preceduta da un atto impositivo notificato regolarmente. Ne emerge, dunque, un quadro giurisprudenziale oggi abbastanza consolidato: l’atto in parola non è impugnabile, salvo diventi lo strumento necessario per far valere l’omessa notifica di un precedente atto dovuto da parte del Fisco.

La soluzione prospettata dalla Cassazione – in attesa di eventuali interventi delle Sezioni Unite (al momento non necessari, data la convergenza registrata) – bilancia i valori in gioco: evita ricorsi “prematuri” contro atti non lesivi, ma garantisce al contribuente la tutela giurisdizionale effettiva quando questa rischia di essere compromessa. In sostanza, ogni contribuente che scopra per la prima volta un debito tributario tramite l’avviso di presa in carico ha ora la possibilità di reagire subito in giudizio, mentre chi era già a conoscenza del debito non deve (né può) impugnare l’avviso, potendo concentrare le proprie difese sugli atti sostanziali.

Profili di illegittimità costituzionale e riforme normative

La questione dell’impugnabilità dell’avviso di presa in carico ha sollevato, nella sua fase di incertezza, anche interrogativi di legittimità costituzionale. In particolare, si è rilevato che negare al contribuente qualsiasi strumento per contestare una pretesa tributaria di cui venga a conoscenza solo tramite un atto interno (come una comunicazione di presa in carico) potrebbe violare il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’art. 24 Cost. (ricordiamo che l’art. 24 Cost. tutela il diritto all’azione in giudizio per la difesa dei propri diritti e interessi legittimi, e l’art. 113 Cost. assicura che contro gli atti della P.A. sia sempre ammessa la tutela giurisdizionale). Se l’amministrazione omette di notificare l’atto impositivo principale, precludere un ricorso contro la comunicazione successiva significherebbe privare il contribuente del diritto di difesa, sancendo un difetto di tutela. Inoltre, profili di disparità di trattamento (art. 3 Cost.) potevano emergere dal diverso orientamento dei giudici di merito: alcuni contribuenti vedevano accolto il loro ricorso contro l’avviso, altri no, a parità di situazione, per mera differenza di vedute giurisprudenziali.

La Cassazione, come visto, ha scelto un’interpretazione conforme a Costituzione, evitando il vuoto di tutela. Estendendo in via pretoria l’elenco degli atti impugnabili al caso in cui l’avviso di presa in carico sia il primo atto portato a conoscenza del contribuente, si è di fatto scongiurato un probabile intervento della Corte costituzionale. Quest’ultima non risulta ad oggi essersi pronunciata specificamente sull’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 in relazione all’avviso di presa in carico. Tuttavia, va segnalato che il legislatore stesso è intervenuto per chiarire e ampliare le possibilità di impugnazione nel processo tributario, anche alla luce di problematiche analoghe emerse (ad esempio, in tema di estratto di ruolo). Con il D.L. 146/2021 (conv. L. 215/2021) è stata inserita una norma (art. 3-bis) che consente al contribuente di impugnare gli atti della riscossione venuti a sua conoscenza tramite l’estratto di ruolo, quando la relativa cartella non sia stata notificata, entro certi limiti. Si trattava di un correttivo teso proprio a evitare che il contribuente restasse privo di tutela in caso di mancata notifica di atti presupposti, in linea con la soluzione poi adottata dalla giurisprudenza sull’avviso di presa in carico.

Ancora più significativa è la riforma del processo tributario attuata con il D.Lgs. 14 novembre 2024 n. 175 (in vigore dal 1° gennaio 2026). Questo provvedimento ha abrogato il vecchio art. 19 del D.Lgs. 546/1992 e lo ha sostituito con l’art. 65 del nuovo Codice di giustizia tributaria. Pur mantenendo un elenco di atti tipici impugnabili, la nuova norma codifica espressamente i principi elaborati dalla giurisprudenza: da un lato stabilisce che atti diversi da quelli indicati “non sono impugnabili autonomamente” (confermando la tassatività dell’elenco); dall’altro lato prevede che “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”. In aggiunta, viene sancito che ciascun atto può essere impugnato solo per vizi propri, cioè senza poter contestare in quella sede atti precedenti notificati (salvo appunto il caso di mancata notifica). Questa riforma, in pratica, recepisce la soluzione già affermata dalla Cassazione per l’avviso di presa in carico: il contribuente avrà sempre la facoltà di far valere l’omessa notifica di un atto, impugnandolo non appena ne abbia conoscenza attraverso un altro atto notificato, e i giudici tributari avranno una base testuale chiara per ammettere tali ricorsi.

Già oggi, peraltro, i principi di questa riforma sono stati in buona parte applicati dai giudici: di fatto, la Cassazione ha anticipato il legislatore e il nuovo art. 65 consolida una prassi interpretativa ormai assestata. Il risultato è che l’ordinamento tributario offre ora una tutela piena: nessuna pretesa fiscale può essere sottratta al vaglio giurisdizionale per motivi formali, e al contempo gli atti che non ledono autonomamente il contribuente non generano più contenziosi inutili. Si tratta di un equilibrio che concilia efficienza della riscossione e garanzie difensive, come richiesto anche dalla Corte Costituzionale in via di principio.

Come e quando impugnare l’avviso di presa in carico

Dal punto di vista pratico del contribuente, l’impugnazione di un avviso di presa in carico è un’eventualità da valutare solo in presenza delle condizioni sopra indicate. In generale, ricevendo un avviso di presa in carico occorre:

  1. Verificare la notifica dell’atto presupposto: se il contribuente ha effettivamente ricevuto l’avviso di accertamento esecutivo (o altro atto impositivo iniziale) a cui l’avviso di presa in carico si riferisce, allora l’avviso di presa in carico non costituisce il primo atto e non è impugnabile autonomamente. In tal caso, se l’accertamento era stato notificato e non è stato impugnato nei termini, la pretesa tributaria è ormai definitiva e l’avviso di presa in carico non apre alcun nuovo spiraglio per contestarla. Se invece l’accertamento è stato impugnato ed è pendente un ricorso, l’avviso di presa in carico non richiede un’ulteriore impugnazione (potrà semmai essere esibito al giudice tributario nel ricorso già in corso, ad es. per chiedere misure cautelari sulla riscossione).
  2. Verificare se l’avviso di presa in carico presenta vizi propri: ad esempio errori grossolani (è stato notificato alla persona sbagliata, riguarda un debito già annullato, contiene dati incoerenti, ecc.). Tali ipotesi sono rare, ma in linea teorica, rientrando nei “vizi propri”, potrebbero anch’esse giustificare un ricorso ad hoc. Va però considerato che spesso questi vizi potranno essere fatti valere anche con strumenti alternativi (es. richiedendo lo sgravio in autotutela se si tratta di un errore evidente o un duplicato). Un ricorso sull’avviso di presa in carico per vizi formali avrebbe come esito l’annullamento della comunicazione, lasciando però impregiudicata la sostanza del debito se l’atto presupposto era valido.
  3. Agire tempestivamente se l’accertamento non è stato notificato: questa è la situazione in cui l’impugnazione è ammessa. Il contribuente che riceve un avviso di presa in carico senza aver mai ricevuto prima l’accertamento esecutivo dovrà considerare l’avviso come la prima occasione utile di difesa. In tal caso è consigliabile presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (termine ordinario previsto dal D.Lgs. 546/1992 per i ricorsi tributari). Nel ricorso si dovrà:
    • indicare espressamente che si impugna l’avviso di presa in carico in quanto primo atto notificato relativo a quel debito;
    • eccepire la nullità (o inesistenza) della notifica dell’avviso di accertamento presupposto, chiedendo quindi al giudice di dichiarare che tale atto non è divenuto definitivo e che la pretesa tributaria non può essere riscossa;
    • eventualmente, contestare anche nel merito il tributo richiesto (qualora si ritenga infondato l’accertamento): infatti, trattandosi in sostanza di recuperare la possibilità di discutere dell’accertamento mai notificato, il contribuente può cogliere l’occasione del ricorso per svolgere contestazioni sostanziali sulla legittimità o correttezza della pretesa fiscale originaria;
    • citare in giudizio tanto l’ente impositore (Agenzia delle Entrate) quanto l’Agente della Riscossione (AdER), essendo i due soggetti coinvolti – rispettivamente – nella legittimità dell’atto presupposto e nell’emissione dell’avviso impugnato;
    • formulare, se opportuno, un’istanza di sospensione cautelare della riscossione: sebbene la legge preveda già 180 giorni di sospensione automatica, questa finestra potrebbe scadere prima della definizione della causa; inoltre, dopo i 180 giorni AdER potrebbe avviare azioni esecutive (come fermi o ipoteche). È quindi prudente chiedere al giudice tributario di sospendere l’efficacia esecutiva dell’accertamento presupposto fino alla decisione sul ricorso, per evitare che durante il processo vengano intraprese azioni di recupero forzoso.
  4. Notificare e depositare il ricorso secondo le regole del Processo Tributario Telematico (PTT), rispettando termini e formalità. Nel ricorso introduttivo andrà indicato chiaramente che si impugna l’“avviso di presa in carico prot. XYZ, notificato il [data]” e andranno allegati i documenti rilevanti (copia dell’avviso ricevuto, eventuale copia dell’accertamento se reperita, ecc.). La notifica telematica del ricorso va effettuata all’Agenzia delle Entrate e ad AdER tramite PEC, e il deposito telematico segue sul Portale della Giustizia Tributaria, il tutto entro 30 giorni dalla notifica stessa. Il processo è ormai integralmente telematico e soggetto alle regole tecniche vigenti, dunque è consigliabile farsi assistere da un professionista abilitato per la corretta predisposizione degli atti.

In sintesi, l’avviso di presa in carico va impugnato solo quando rappresenta la prima occasione per reagire a una pretesa fiscale, ossia tipicamente in caso di omessa notifica dell’accertamento. In tale scenario, il ricorso consente di far valere subito il vizio di notifica e prevenire l’avvio dell’esecuzione forzata su un atto impositivo mai comunicato. Negli altri scenari (accertamento notificato e non impugnato, oppure avviso di presa in carico successivo ad altri atti già notificati come intimazioni), il contribuente non ha interesse o titolo per impugnare l’avviso e dovrà piuttosto concentrarsi su altri strumenti (ad esempio, richiedere una dilazione di pagamento, proporre eventualmente istanze di autotutela, o attendere un atto esecutivo vero e proprio per impugnarlo nei limiti consentiti).

L’impugnazione indiretta e la tutela nei confronti di atti non impugnabili

Quando un atto non è direttamente impugnabile, la strategia difensiva del contribuente può consistere nell’impugnazione indiretta, ovvero nel far valere i vizi di quell’atto in occasione dell’impugnazione di un altro atto successivo che invece sia impugnabile. Questo principio è stato ora formalizzato dal nuovo art. 65 c.p.t., che consente appunto di impugnare un atto non notificato unitamente all’atto successivo notificato.

Nel caso dell’avviso di presa in carico, se tale avviso non è autonomamente impugnabile (ad esempio perché l’accertamento sottostante era stato notificato e non impugnato), il contribuente dovrà attendere eventuali successivi atti della riscossione contro cui potrà opporsi nei limiti consentiti. In concreto:

  • Se dopo l’avviso di presa in carico l’Agente della riscossione notifica un’intimazione di pagamento (ai sensi dell’art. 50 DPR 602/1973), questa intimazione è un atto impugnabile entro 60 giorni. In sede di ricorso contro l’intimazione, il contribuente potrà eccepire, ad esempio, la mancata notifica dell’atto presupposto (accertamento), chiedendo al giudice di dichiarare inefficace la procedura coattiva. Questo però sarà possibile solo se effettivamente l’accertamento non era stato notificato; se invece era stato notificato e divenuto definitivo, l’intimazione potrà essere contestata solo per vizi propri (es. notifica viziata, importi errati) e non per rimettere in discussione la debenza ormai consacrata nell’accertamento non impugnato.
  • Se l’Agente procede con misure cautelari come il fermo amministrativo di beni mobili registrati o l’ipoteca su immobili, tali provvedimenti (disciplinati dall’art. 86 e 77 DPR 602/1973) sono impugnabili in commissione tributaria (ora CGT) e il contribuente potrà far valere, anche in questo contesto, l’eventuale mancata notifica dell’atto presupposto o altri vizi (come la mancata comunicazione di preavviso). Ad esempio, contestando un’iscrizione di ipoteca, il contribuente potrà eccepire di non aver mai ricevuto l’accertamento su cui si fonda il debito, chiedendo quindi la cancellazione della garanzia.
  • Se si arriva all’esecuzione forzata (pignoramento), la fase ricade nelle competenze del giudice dell’esecuzione ordinario. Il contribuente potrà proporre un’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) per far valere che il titolo esecutivo è inesistente perché l’atto impositivo non gli fu notificato. La giurisprudenza ha in alcuni casi ammesso tale via nei limiti in cui la questione non poteva più essere sollevata in sede tributaria. Tuttavia, questa strada è complessa e sconsigliabile, dovendo idealmente la questione essere risolta prima, in sede tributaria, con l’impugnazione dell’avviso di presa in carico o dell’atto successivo come visto sopra.

In sostanza, l’impugnazione differita (o indiretta) permette di recuperare la tutela su atti non impugnati perché non conosciuti: appena un atto successivo notificato rivela l’esistenza di precedenti provvedimenti non comunicati, il contribuente deve attivarsi per contestare quell’atto successivo e, con esso, far caducare anche i precedenti per difetto di notifica. Questa è la logica che la Cassazione ha applicato all’avviso di presa in carico, evitando di considerarlo fine a se stesso ma legandolo all’atto sostanziale sottostante. Il nuovo impianto normativo conferma che l’omessa notifica di un atto impositivo può sempre essere fatta valere: ciò garantisce che nessuna pretesa tributaria sfugga al vaglio giurisdizionale per mere questioni procedurali di notificazione.

Esempi pratici

Esempio 1: Accertamento mai notificato e avviso di presa in carico come primo atto.
La sig.ra Rossi riceve un avviso di presa in carico dall’AdER che le comunica un debito di Euro 10.000 relativo a un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate due anni prima. La contribuente però non ha mai ricevuto tale avviso di accertamento. In questo caso l’avviso di presa in carico è il primo atto che le rende nota la pretesa tributaria. La sig.ra Rossi, per tutelarsi, dovrà presentare ricorso alla CGT entro 60 giorni, eccependo l’inesistenza o nullità della notifica dell’accertamento e chiedendone l’annullamento. Il giudice, verificato che effettivamente non vi fu notifica (o fu nulla), potrà annullare l’accertamento presupposto e di conseguenza dichiarare inefficace la presa in carico. La pretesa fiscale, così, non potrà essere riscossa. Questo esito è coerente con gli orientamenti della Cassazione che ammettono l’impugnazione in tali circostanze.

Esempio 2: Avviso di accertamento notificato regolarmente, contribuente inerte.
Il sig. Bianchi riceve nel 2022 un avviso di accertamento IRPEF per € 5.000, ma non lo impugna né paga. Nel 2023 riceve dall’AdER l’avviso di presa in carico relativo a quell’accertamento. Essendo l’accertamento stato notificato e non contestato, l’avviso di presa in carico in sé non è impugnabile (non essendo il primo atto né presentando vizi particolari). Il sig. Bianchi non può riaprire i termini del ricorso tramite questo avviso. Dovrà invece attendere eventuali atti successivi: ad esempio, se riceve un’intimazione di pagamento o subisce un fermo amministrativo, potrà impugnare tali atti solo per questioni formali, senza poter contestare il merito del tributo (che è definitivo). In pratica, l’avviso di presa in carico per lui è solo un promemoria; il “treno” per contestare il merito è perso con la mancata impugnazione dell’accertamento nei termini.

Esempio 3: Avviso di presa in carico e accertamento già impugnato dal contribuente.
La società Alfa Srl riceve un avviso di accertamento IVA e lo impugna davanti alla CGT nei termini. Durante la pendenza del giudizio (che dura oltre un anno) l’Agenzia delle Entrate affida comunque il carico all’AdER trascorsi i 90 giorni, e AdER notifica alla società l’avviso di presa in carico, pur essendo già stato proposto ricorso. In questa situazione, l’avviso di presa in carico non deve essere impugnato separatamente: la società Alfa sta già contestando in giudizio la fondatezza dell’accertamento. Tuttavia, la società potrà, nel processo in corso, informare il giudice dell’avvenuta presa in carico e magari chiedere la sospensione della riscossione (se non già disposta) oltre i 180 giorni, per evitare che AdER proceda durante il processo. L’avviso qui ha natura meramente informativa e non aggiunge nuove pretese, quindi un ricorso autonomo sarebbe dichiarato inammissibile. La società dovrà attendere l’esito del giudizio sull’accertamento; se vincerà, il debito verrà annullato e con esso decadrà anche la presa in carico.

Esempio 4: Avviso di presa in carico con affidamento “a titolo straordinario”.
La ditta Beta riceve un avviso di accertamento esecutivo di importo molto elevato. Prima ancora che scadano i 60 giorni, l’ufficio – temendo che la ditta si sottragga al pagamento – dispone l’affidamento in carico a titolo straordinario ad AdER dopo soli 30 giorni (come consentito in casi eccezionali). AdER notifica dunque un avviso di presa in carico “straordinario” prima del termine ordinario. In questo caso, la ditta Beta ha già ricevuto l’accertamento (quindi conosce la pretesa) ed è ancora nei termini per impugnarlo. L’avviso di presa in carico non è autonomamente impugnabile. La ditta Beta dovrà comunque presentare ricorso contro l’accertamento entro i 60 giorni originari, potendo nel ricorso contestare anche l’illegittimità dell’affidamento straordinario (qualora manchino i presupposti di legge per la deroga). Nel frattempo potrà chiedere al giudice tributario misure cautelari per sospendere la riscossione immediata. Se il giudice accerterà che l’affidamento anticipato non era legittimo (ad esempio perché non ricorrevano i pericula previsti dalla norma), ciò non annullerà l’accertamento (che dipende dai motivi di merito) ma potrà far dichiarare invalide le azioni esecutive intraprese prematuramente. Questo esempio mostra come l’impugnazione dell’avviso di presa in carico di per sé non sia prevista nemmeno in casi straordinari: la difesa del contribuente passa sempre attraverso l’impugnazione dell’atto sostanziale (accertamento) e l’eventuale richiesta di tutela cautelare per bloccare iniziative esecutive anomale.

Domande frequenti (FAQ)

  • Che cos’è l’avviso di presa in carico? È una comunicazione inviata dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) che informa il contribuente di aver preso in carico un debito tributario, a seguito di un avviso di accertamento esecutivo emesso dall’Agenzia delle Entrate. In pratica segnala che la riscossione di quella somma è passata all’esattore.
  • Cosa contiene questo avviso? Indica gli estremi del debito (tipo di imposta, anno, importo) e comunica la data in cui il carico è stato affidato all’Agente della Riscossione. Inoltre, informa che da tale data decorrono 180 giorni durante i quali non saranno avviate azioni esecutive forzate.
  • È un atto di pagamento immediato? No, non intima un pagamento entro un termine breve (come fa invece l’intimazione di pagamento). È un atto con funzione per lo più informativa e di avviso preliminare. Non richiede al contribuente di pagare immediatamente, ma mette al corrente che, scaduti i 180 giorni, in assenza di interventi (pagamento, ricorso, sospensione), si potrà procedere con la riscossione coattiva.
  • L’avviso di presa in carico è impugnabile? Di regola no, non figura tra gli atti impugnabili elencati dalla legge. Fa eccezione il caso in cui rappresenti il primo atto con cui il contribuente viene informato del debito tributario, perché l’atto precedente (es. l’accertamento) non gli è stato notificato. In tale situazione, la giurisprudenza ammette il ricorso.
  • Perché normalmente non si può impugnare? Perché è considerato un atto privo di contenuto provvedimentale proprio: non crea o modifica obblighi, non impone sanzioni o pagamenti immediati, ma si limita a ricognoscere un debito già risultante altrove. In sostanza, non è l’atto che “crea” la pretesa fiscale, ma una sua eco procedurale.
  • In quali casi si può impugnare allora? Si può ricorrere contro l’avviso di presa in carico solo se non si è mai ricevuto l’atto presupposto (accertamento esecutivo) oppure se l’avviso stesso presenta vizi formali propri molto gravi. L’ipotesi tipica è la prima: omessa notifica dell’accertamento, con l’avviso come primo atto noto.
  • Che cosa si ottiene impugnandolo in quel caso? Si chiede al giudice di dichiarare la nullità della notifica dell’accertamento e quindi di eliminare il debito dal ruolo della riscossione. In pratica, si blocca la riscossione perché l’atto principale non è mai divenuto efficace. Il giudice può annullare l’accertamento non notificato, e l’Agente della riscossione non potrà procedere oltre (se l’ente vorrà ancora esigere il tributo dovrà emettere un nuovo atto e notificarlo regolarmente).
  • Qual è il termine per impugnare? 60 giorni dalla notifica dell’avviso di presa in carico (lo stesso termine previsto per gli atti impugnabili). Conviene però muoversi subito, anche per eventualmente chiedere la sospensione della riscossione prima che trascorrano i 180 giorni di sospensione automatica.
  • Davanti a chi si fa ricorso? Davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente (generalmente quella relativa al domicilio fiscale del contribuente, o diversa se si tratta di tributi locali). Il ricorso segue le regole ordinarie del processo tributario, oggi integralmente telematico.
  • Devo citare sia Agenzia Entrate che Agenzia Riscossione? Sì, è opportuno notificare il ricorso ad entrambi: l’Agenzia delle Entrate, in qualità di ente impositore (interessato alla validità dell’accertamento), e l’Agenzia Entrate-Riscossione, in qualità di emittente dell’avviso e titolare della procedura di riscossione. Così il giudizio potrà incidere su entrambi i fronti.
  • E se l’accertamento mi era arrivato ma non ho fatto ricorso? Allora l’avviso di presa in carico non può essere usato per riaprire i termini. Il debito è ormai definitivo. Potrai eventualmente contestare solo vizi formali di futuri atti di riscossione (come errori nelle intimazioni, ecc.), ma non la fondatezza del tributo. In altre parole, l’avviso di presa in carico non “resuscita” possibilità di difesa ormai decadute.
  • L’avviso di presa in carico può essere oggetto di autotutela? Si può certamente chiedere all’ente creditore o all’AdER l’annullamento in autotutela se si ravvisano errori (ad esempio, se l’accertamento era stato annullato ma l’avviso è arrivato lo stesso). Tuttavia, un’istanza di autotutela non sospende i termini di ricorso. Quindi, se siete in tempo per ricorrere e la questione è rilevante, presentate comunque ricorso nei termini, eventualmente segnalando nel ricorso di aver chiesto autotutela.
  • Cosa accade se ignoro l’avviso di presa in carico? Se l’accertamento era valido e definitivo, trascorsi 180 giorni l’Agente può procedere con le azioni di recupero (fermo, ipoteca, pignoramento) senza bisogno di altri preavvisi (salvo l’intimazione se prevista nei casi di lunga inerzia). Ignorare l’avviso, in sé, non comporta sanzioni immediate, ma significa trovarsi poi di fronte alle misure esecutive senza averle prevenute. Se invece l’accertamento non era stato notificato e non impugnate l’avviso, rischiate che passati i termini si ritenga “sanata” la notifica per conoscenza e diventi tutto definitivo (anche se su questa eventualità ci sono riserve, è pericoloso attendere). Dunque, se ritenete di avere motivo, è bene reagire tempestivamente.
  • Cosa succede se in giudizio emerge che l’accertamento in realtà era stato notificato? Può capitare che il contribuente non abbia ricevuto l’atto perché, ad esempio, notificato presso un indirizzo errato o un precedente domicilio: in sede di causa, l’ente impositore ha l’onere di dimostrare la notifica esibendo la relata o l’avviso di ricevimento. Se riesce a provare una notifica valida (ad esempio consegna a familiare convivente, deposito per irreperibilità, ecc.), il giudice dichiarerà inammissibile il ricorso contro l’avviso di presa in carico, poiché si tratta di un atto non impugnabile autonomamente (essendovi un atto presupposto notificato). Il contribuente in tal caso resta vincolato all’atto principale, che nel frattempo sarà definitivo. Se invece la notifica risulta effettivamente mancante o nulla, allora il ricorso verrà accolto e l’accertamento annullato, con conseguente caducazione del debito iscritto.
  • La normativa sta cambiando su questo punto? Sì, dal 2026 entra in vigore il nuovo Codice di giustizia tributaria (D.Lgs. 175/2024) che conferma questi principi: non tutti gli atti interlocutori saranno impugnabili, ma se un atto presupposto non è stato notificato, si potrà impugnarlo insieme al successivo notificato. Questo dovrebbe eliminare i dubbi interpretativi e garantire che casi come l’avviso di presa in carico (primo atto conosciuto) abbiano sempre uno sbocco processuale.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Impugnabilità dell’avviso di presa in carico: casi e rimedi

SituazioneImpugnabilità dell’avvisoRimedio per il contribuente
Accertamento presupposto mai notificato (avviso di presa in carico = primo atto conosciuto)SÌ, impugnabile in sede tributariaRicorso alla CGT entro 60 gg per nullità notifica accertamento e annullamento del debito. Possibile chiedere sospensione cautelare.
Accertamento notificato regolarmente, contribuente non ha impugnatoNO, non impugnabilePretesa ormai definitiva. Avviso meramente informativo. Possibili solo difese su eventuali atti esecutivi successivi (es. contestare intimazione per vizi formali, ma non il merito del tributo).
Accertamento notificato e già impugnato (giudizio pendente)NO, avviso non autonomamente impugnabileAvviso a funzione ricognitiva. Il contribuente prosegue il giudizio sull’accertamento; può comunicare l’avvenuta presa in carico al giudice e chiedere sospensione della riscossione oltre 180 gg.
Affidamento del carico straordinario (accertamento notificato da < 60 gg)NO, non autonomamente impugnabileImpugnare l’accertamento nei termini, eccependo l’eventuale illegittimità dell’affidamento anticipato. Chiedere sospensione al giudice contro l’esecuzione prematura.

Tabella 2 – Iter temporale dell’accertamento esecutivo e della presa in carico

FaseDescrizioneTempistiche
Notifica avviso di accertamento esecutivoL’atto impositivo principale, da pagare o impugnare entro 60 giorni. Se non impugnato, diviene titolo esecutivo trascorso tale termine.Giorno 0: decorrono 60 giorni per pagamento/ricorso.
Affidamento del carico all’AdERTrasmissione del debito all’Agente della Riscossione da parte dell’ente impositore.Trascorsi 90 giorni dalla notifica dell’accertamento (termine ordinario). (In casi straordinari di urgenza: dopo 30 giorni).
Avviso di presa in caricoComunicazione da AdER al contribuente dell’avvenuto affidamento in carico. Contiene data affidamento e importo.Subito dopo l’affidamento (inviato senza ritardo).
Sospensione legale della riscossionePeriodo durante il quale AdER non può iniziare esecuzione forzata, per garantire al contribuente tempo di pagare o ottenere giudizio.180 giorni dalla data di presa in carico (decorso questo termine, esecuzione possibile se non interviene sospensione giudiziale).
Intimazione di pagamento(Se necessario) Atto con cui AdER intima il pagamento entro 5 giorni, prima di avviare l’esecuzione, se sono passati >180 giorni dalla notifica del titolo esecutivo.Può essere notificata dopo i 180 gg e prima dell’esecuzione (obbligatoria se >180 gg dal titolo). Impugnabile entro 60 gg.
Azioni cautelari/esecutiveMisure di garanzia o esecuzione: fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti.Possibili dopo i 180 giorni (e dopo eventuale intimazione). Fermo/ipoteca impugnabili entro 60 gg; pignoramento opponibile immediatamente in sede civile.

In conclusione, l’avviso di presa in carico è un atto per lo più interlocutorio, che raramente dovrà essere impugnato. Il contribuente/debitore dovrà distinguere le situazioni: se quell’avviso rappresenta solo la prosecuzione di un iter già noto, non costituisce un nuovo “bersaglio” processuale, ma se invece è la prima notizia di una pretesa fiscale, diventa la chiave per attivare il giudice tributario e far valere i propri diritti. Grazie all’evoluzione della giurisprudenza e ora anche della normativa, il punto di equilibrio raggiunto garantisce che nessun debito tributario possa sfuggire al contraddittorio: ogni atto realmente incidente può essere portato davanti al giudice, mentre le mere comunicazioni restano sullo sfondo, senza appesantire inutilmente il contenzioso. Il debitore accorto, assistito possibilmente da un professionista, saprà quindi riconoscere quando impugnare l’avviso di presa in carico e come farlo efficacemente, secondo le linee guida approfondite in questa trattazione.

Fonti e riferimenti

Art. 65, D.Lgs. 14/11/2024 n. 175 – (nuovo) Codice giustizia tributaria, atti impugnabili.

Corte di Cassazione – Sez. V, sentenza 19 luglio 2023 n. 21254.

Corte di Cassazione – Sez. V, ordinanza 12 marzo 2025 n. 6589.

Corte di Cassazione – Sez. V, ordinanza 25 febbraio 2025 n. 4903.

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L’avviso di presa in carico è la comunicazione con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ti informa di aver preso in gestione un debito iscritto a ruolo o derivante da un atto esecutivo. Non sempre è impugnabile, poiché di norma ha funzione meramente informativa. Tuttavia, se contiene elementi lesivi o nuove pretese non presenti nell’atto originario, può essere oggetto di ricorso entro i termini di legge. Conoscere i casi in cui è possibile opporsi è fondamentale per tutelare i propri diritti.


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Conclusione
Un avviso di presa in carico non è sempre impugnabile, ma in alcuni casi può contenere elementi che giustificano un ricorso.
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