Vuoi sapere dove trovare le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate nel cassetto fiscale?
Il cassetto fiscale è l’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate che permette di consultare online avvisi, comunicazioni, cartelle, atti e dati fiscali personali o aziendali. Sapere esattamente dove cercare è importante per non perdere scadenze e per rispondere in tempo ad eventuali richieste dell’Amministrazione finanziaria.
Cos’è il cassetto fiscale
– È un servizio online gratuito dell’Agenzia delle Entrate accessibile con SPID, CIE o CNS
– Permette di visualizzare le dichiarazioni fiscali presentate, i versamenti effettuati, le certificazioni uniche, le comunicazioni e gli avvisi ricevuti
– Contiene dati relativi sia a persone fisiche sia a titolari di partita IVA
Dove trovare le comunicazioni nel cassetto fiscale
– Accedi al sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate ed entra nell’area riservata con le tue credenziali SPID, CIE o CNS
– Dal menu principale seleziona la voce “La mia scrivania” o “Consultazioni”
– Clicca su “Comunicazioni” o “Consultazione atti” per vedere l’elenco di avvisi, lettere di compliance, accertamenti e altri atti notificati in modalità telematica
– Utilizza i filtri di ricerca per ordinare per data, tipologia di atto o stato della comunicazione
– Scarica i documenti in formato PDF per conservarli o inviarli al tuo consulente
Tipologie di comunicazioni che puoi trovare
– Lettere di compliance e inviti a regolarizzare
– Avvisi bonari e avvisi di irregolarità
– Accertamenti fiscali e atti di contestazione
– Comunicazioni su rimborsi o crediti d’imposta
– Avvisi di pagamento e cartelle telematiche
– Documenti relativi a dichiarazioni e liquidazioni periodiche
Perché è importante controllare periodicamente il cassetto fiscale
– Le comunicazioni inviate tramite cassetto fiscale hanno valore legale e fanno decorrere i termini per eventuali ricorsi o pagamenti
– Permette di scoprire tempestivamente eventuali contestazioni e agire per ridurre sanzioni e interessi
– Evita di perdere agevolazioni o rimborsi per mancata risposta entro i termini
Attenzione: la mancata consultazione del cassetto fiscale non sospende i termini di legge. Anche se non ricevi un avviso cartaceo o via PEC, un atto disponibile nel cassetto fiscale può essere considerato regolarmente notificato.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega come accedere al cassetto fiscale, dove trovare le comunicazioni e perché è fondamentale controllarlo regolarmente.
Hai trovato una comunicazione nel cassetto fiscale e non sai come rispondere?
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Introduzione
Il cassetto fiscale è l’area riservata online sul sito dell’Agenzia delle Entrate (ex servizio Fisconline/Entratel) che permette ai contribuenti e loro intermediari di consultare tutti i propri dati fiscali. In particolare, dal 2024 questo servizio si è arricchito della sezione “L’Agenzia scrive”, dove vengono rese disponibili le comunicazioni inviate dal Fisco al contribuente, come gli esiti dei controlli automatici sulle dichiarazioni (i cosiddetti avvisi bonari o comunicazioni di irregolarità). Si tratta di un importante passo verso la digitalizzazione e la trasparenza nei rapporti Fisco-contribuente: le “lettere” che prima venivano recapitate solo in forma cartacea (raccomandata A/R) o via PEC adesso si trovano anche nel cassetto fiscale, dove possono essere visualizzate, scaricate e perfino pagate online. Per i contribuenti persone fisiche registrati all’app IO, ogni volta che arriva una nuova comunicazione nel cassetto fiscale l’Agenzia invia anche una notifica push sul cellulare. In altre parole, dal 20 novembre 2024 se l’Agenzia delle Entrate invia un avviso bonario (ad esempio per un controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi), oltre alla notifica tradizionale (PEC o raccomandata) esso viene caricato immediatamente nell’area riservata “L’Agenzia scrive” e il contribuente riceve un avviso telematico (sul sito stesso e tramite app IO) della disponibilità del documento.
Questo guida approfondita, aggiornata a luglio 2025, illustra dove e come trovare le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate nel cassetto fiscale e tramite gli altri canali telematici, con un taglio pratico e giuridico dal punto di vista del debitore. Esamineremo i principali atti fiscali (avvisi bonari, avvisi di accertamento, cartelle di pagamento, ecc.), le modalità di notifica tradizionali e digitali (PEC, depositi telematici, sportelli online) e come accedere con SPID/CIE ai servizi dell’Agenzia delle Entrate e di Agenzia Entrate–Riscossione (AdER). Verranno fornite istruzioni su come consultare e gestire le comunicazioni ricevute, compresi i passi per pagare, richiedere assistenza (Civis) o impugnare tali atti. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici, un modulo domande & risposte sulle questioni più comuni e riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati (sentenze di Corte di Cassazione e provvedimenti ufficiali) per un approfondimento di livello avanzato. Tutte le fonti citate sono elencate in fondo alla guida nella sezione dedicata alle Fonti.
Tipologie di atti fiscali e comunicazioni nel cassetto fiscale
In Italia il Fisco utilizza diversi atti amministrativi per comunicare al contribuente l’esito di controlli, la richiesta di pagamenti o l’avvio di procedure di riscossione. È fondamentale distinguere le varie tipologie di atti perché da esse dipendono i canali di notifica, i tempi per pagare o fare ricorso, e le conseguenze in caso di inadempimento. Di seguito esaminiamo i principali atti “presupposti” (pre-esecutivi) e “esecutivi” che un contribuente-debitore può ricevere dall’Agenzia delle Entrate o da Agenzia Entrate–Riscossione, chiarendo quali di essi sono consultabili nel cassetto fiscale e con quali tempistiche.
- Comunicazione di irregolarità (Avviso bonario): è un atto pre-esecutivo inviato dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatizzati o formali sulla dichiarazione dei redditi (art. 36-bis DPR 600/1973 per le imposte dirette, art. 54-bis DPR 633/1972 per l’IVA). Segnala al contribuente che sono emerse anomalie o errori (ad es. imposte versate in meno, incoerenze nei dati dichiarati) e lo invita a regolarizzare spontaneamente la situazione pagando le somme dovute (imposte e interessi, con sanzioni ridotte) prima che venga emesso un atto impositivo formale. L’avviso bonario non è un atto esecutivo né un titolo per la riscossione forzata: costituisce un “invito al pagamento” o a fornire chiarimenti, di norma concedendo 60 giorni di tempo. Entro tale termine il contribuente può pagare beneficiando di sanzioni ridotte (generalmente sanzione al 10% invece del 30% se il versamento avviene nei 60 giorni), oppure può contestare i rilievi presentando deduzioni tramite il servizio Civis o con istanza di autotutela. In alternativa, può decidere di impugnare l’avviso bonario dinanzi al giudice tributario entro 60 giorni dal ricevimento (si tratta di una facoltà, come vedremo, riconosciuta dalla giurisprudenza). Se il contribuente ignora l’avviso bonario e non paga né risponde entro i 60 giorni, l’irregolarità contestata diventa definitiva: l’Agenzia iscrive a ruolo le somme dovute e affida il carico all’Agente della riscossione, con conseguente notifica di una cartella esattoriale (cartella di pagamento).
- Avviso di accertamento (ordinario): è un atto impositivo formale emesso dall’Agenzia delle Entrate all’esito di controlli più approfonditi, verifiche o ispezioni (diverso dal semplice avviso bonario). L’accertamento quantifica un tributo evaso o una maggiore imposta dovuta (es. maggior IRPEF, IVA, ecc.), indicando le motIVAzioni (irregolarità riscontrate) e liquidando imposte, sanzioni amministrative e interessi. L’avviso di accertamento “ordinario” non è immediatamente esecutivo: diventa esecutivo solo dopo 60 giorni dalla notifica, se il contribuente non presenta ricorso. In tale periodo il contribuente può impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria di primo grado (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado) entro 60 giorni dalla notifica. Se si fa ricorso, l’accertamento non è riscuotibile finché la causa non si conclude, a meno che il Fisco emetta apposita ingiunzione dopo la sentenza. Se invece decorrono 60 giorni senza ricorso, l’avviso di accertamento viene iscritto a ruolo e trasmesso all’Agente della riscossione per la riscossione forzata (oppure, in alcuni casi, diventa titolo esecutivo senza passare per la cartella – v. oltre). Normativa: art. 29, D.L. 78/2010 ha introdotto principi di immediata esecutività degli accertamenti erariali trascorsi i termini di impugnazione; art. 19 D.Lgs. 546/1992 elenca gli atti impugnabili (inclusi gli avvisi di accertamento).
- Avviso di accertamento esecutivo: si tratta di una forma particolare di accertamento già avente efficacia esecutiva senza attendere l’iscrizione a ruolo. Introdotto inizialmente per le imposte erariali (art. 29 D.L. 78/2010) e successivamente esteso agli enti locali dalla Legge n. 160/2019, l’avviso di accertamento esecutivo contiene sia la determinazione del tributo dovuto sia l’ordine di pagamento entro un termine perentorio (generalmente 60 giorni), con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà direttamente alla riscossione forzata. Viene quindi a sostituire la cartella di pagamento, rendendo più celere la riscossione. In pratica alcuni Comuni notificano avvisi di accertamento IMU/TARI esecutivi che, passati 60 giorni, valgono essi stessi come titolo per avviare pignoramenti o altre azioni, senza bisogno di cartella. Anche tali avvisi sono impugnabili entro 60 giorni avanti al giudice tributario, analogamente agli accertamenti ordinari. Va osservato che l’implementazione di questo strumento da parte degli enti locali è stata graduale: molti enti continuano ad emettere ingiunzioni tradizionali. Dal punto di vista pratico per il contribuente, l’avviso di accertamento esecutivo va trattato con la stessa urgenza di una cartella: pagamento entro 60 giorni o ricorso per evitarne gli effetti.
- Cartella di pagamento (cartella esattoriale): è l’atto esecutivo per eccellenza con cui l’Agente della riscossione (Agenzia Entrate–Riscossione, ex Equitalia) intima il pagamento di somme risultanti da ruoli. La cartella viene emessa a seguito di un avviso di accertamento divenuto definitivo, di un omesso versamento accertato, o di altri ruoli (anche per crediti di altri enti, come INPS, Comuni per multe o tributi locali, etc.). Nella cartella sono indicati il dettaglio dei debiti iscritti a ruolo (imposte, sanzioni, interessi di mora) e il relativo numero di ruolo e numero della cartella, oltre alle istruzioni di pagamento. La cartella è immediatamente esecutiva: concede comunque 60 giorni per il pagamento volontario, ma trascorso tale termine l’Agente della riscossione può avviare azioni esecutive e cautelari (pignoramenti, fermi amministrativi auto, ipoteche) senza bisogno di ulteriori avvisi. Fino al 2021 le cartelle includevano anche l’aggio di riscossione (un aggio del 3%–6% a carico del debitore), ma dal 1° gennaio 2022 l’aggio è stato abolito: oggi al contribuente vengono addebitati solo gli oneri di notifica (circa €5–10) ed eventuali spese vive per procedure esecutive. La cartella può (e in genere deve) essere impugnata entro 60 giorni dalla notifica davanti alla Corte di Giustizia Tributaria provinciale competente, se si ritiene viziata o infondata; in alternativa, entro lo stesso termine si può presentare istanza di rateizzazione (ottenendo una dilazione fino a 72 rate mensili, estensibile a 120 rate in casi di grave difficoltà) evitando così l’esecuzione immediata. Importante: il pagamento entro 60 giorni evita l’addebito degli interessi di mora (calcolati dal 61° giorno in poi); dopo i 60 giorni, oltre agli interessi di mora, l’Agente può attivare procedure esecutive e iscrivere fermi o ipoteche senza ulteriore preavviso (salvo l’obbligo di notificare una intimazione di pagamento solo se sono trascorsi più di 180 giorni dalla notifica della cartella).
- Avviso di addebito INPS: atto emesso dall’INPS per crediti contributivi (omessi versamenti di contributi previdenziali di artigiani, commercianti, gestione separata, etc.). Dal 2011 l’INPS notifica direttamente questi avvisi, che hanno valore di titolo esecutivo equiparato a una cartella esattoriale. L’avviso di addebito INPS indica le somme dovute a titolo di contributi non versati, con sanzioni e interessi, e invita a pagare entro 60 giorni mediante il bollettino RAV allegato. Se non si paga, l’INPS affida il ruolo ad Agenzia Entrate–Riscossione per il recupero coattivo, ma senza ulteriore cartella (l’avviso stesso funge da cartella). Questo avviso va impugnato entro 40 giorni dalla notifica davanti al giudice del lavoro competente (trattandosi di materia previdenziale, diversa dal contenzioso tributario). Entro 60 giorni dalla notifica il debitore può comunque chiedere la rateizzazione all’INPS o ad AdER e il pagamento entro i 60 giorni evita l’addebito di ulteriori oneri di mora. Anche per gli avvisi INPS, come per le cartelle, dal 2022 è stato eliminato l’aggio di riscossione sulle somme dovute.
- Altri atti della riscossione: oltre agli atti principali sopra elencati, vi sono comunicazioni e atti successivi che il debitore potrebbe ricevere, come le intimazioni di pagamento (sollecito che AdER invia dopo la cartella, se sono trascorsi 6 mesi senza pagamento, per intimare il pagamento entro 5 giorni), i preavvisi di fermo o ipoteca (comunicazioni con cui si avvisa che, persistendo il mancato pagamento, sarà iscritto un fermo amministrativo sul veicolo o ipoteca su immobile), i pignoramenti veri e propri (atti esecutivi notificati tipicamente tramite ufficiale giudiziario o PEC). Questi atti rientrano nella fase esecutiva vera e propria e sono impugnabili (a seconda dei casi, dinanzi al giudice tributario o civile) per vizi propri o per far valere l’eventuale prescrizione sopravvenuta del debito. In questa guida tuttavia ci concentriamo sulla fase precedente o iniziale della comunicazione del debito (avvisi e cartelle), ovvero gli atti reperibili nel cassetto fiscale o tramite i servizi online, prima che si arrivi alle misure coattive. Ricordiamo comunque che dopo 60 giorni dal mancato pagamento di una cartella o di un avviso di addebito, l’Agente della riscossione può legittimamente attivare procedure cautelari ed esecutive senza ulteriori dilazioni; è pertanto nell’interesse del debitore agire tempestivamente già al ricevimento dei primi atti (avvisi bonari, accertamenti, cartelle) per evitare di arrivare a queste fasi.
Canali di notifica e modalità di accesso (PEC, cassetto fiscale, depositi digitali, ecc.)
Le comunicazioni e gli atti del Fisco possono essere recapitati al contribuente attraverso differenti canali, sia tradizionali sia telematici, in base alla natura dell’atto e alla qualifica del destinatario (impresa, professionista, privato). Dal punto di vista del debitore, ciò significa che le informazioni su cartelle, avvisi e altri atti possono essere reperite non solo nella cassetto fiscale, ma anche tramite PEC, portali online dedicati o perfino a mezzo posta. Di seguito riepiloghiamo i principali canali di notifica e consultazione, indicando per ciascuno come accedervi e quali atti vi si possono trovare:
- Posta cartacea (raccomandata A/R): È il metodo tradizionale di notifica degli atti per i soggetti privi di un domicilio digitale obbligatorio. Ad esempio, un contribuente persona fisica senza PEC continuerà a ricevere avvisi di accertamento e cartelle tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, consegnata dall’operatore postale all’indirizzo di residenza. La lettera contiene l’atto in originale o copia conforme; la notifica si considera perfezionata alla data di ricezione (o, in caso di assenza del destinatario, con il deposito dell’atto presso l’ufficio postale o casa comunale e la compiuta giacenza). È importante fare attenzione alle raccomandate dell’Agenzia delle Entrate o di Agenzia Entrate–Riscossione: se non ritirate, l’atto si considera comunque notificato per “compiuta giacenza” trascorsi i termini di legge (10 giorni in caso di compiuta giacenza postale ex l. 890/1982, oppure 30 giorni se deposito presso casa comunale ex art. 140 c.p.c.). – Vantaggi: Metodo universale, raggiunge chiunque. – Svantaggi: Tempi più lunghi, rischio di mancato ritiro. – Cosa trovo: Tutti gli atti possono essere notificati per posta (comprese cartelle, avvisi di accertamento, intimazioni), quindi un debitore potrebbe venire a conoscenza dell’atto solo da una raccomandata cartacea se non utilizza i canali digitali.
- Posta Elettronica Certificata (PEC): La PEC è oggi il canale di notifica principale per imprese e professionisti dotati di domicilio digitale, ed è utilizzata anche per molti privati che abbiano attivato una casella PEC. L’Agenzia delle Entrate e l’Agente della riscossione inviamo gli atti direttamente via PEC all’indirizzo risultante dagli appositi registri (Indice INI-PEC per imprese e professionisti, INAD – indice nazionale dei domicili digitali – per i cittadini che vi abbiano registrato una propria PEC). Ad esempio, una società riceverà gli avvisi bonari, accertamenti e cartelle direttamente nella casella PEC del legale rappresentante o della società stessa, così come comunicata al Registro Imprese. La PEC ha valore legale equiparato alla raccomandata: la notifica si perfeziona quando il messaggio risulta consegnato nella casella PEC del destinatario, indipendentemente dall’effettiva lettura. Per il notificante (Agenzia) vale la ricevuta di accettazione, per il destinatario la ricevuta di avvenuta consegna. – Cosa trovo: Chi ha una PEC può ricevere qualsiasi atto impositivo o di riscossione a mezzo PEC. In particolare, l’Agenzia delle Entrate spedisce via PEC le comunicazioni di irregolarità (avvisi bonari) in formato PDF con firma digitale, gli avvisi di accertamento e altri atti; Agenzia Entrate–Riscossione notifica via PEC le cartelle e gli altri atti della riscossione (intimazioni, pignoramenti) in formato .p7m. – Attenzione: È fondamentale monitorare la propria PEC. Se la casella è piena o non attiva, la notifica via PEC potrebbe non andare a buon fine; in tal caso, la legge (art. 26 DPR 602/1973 come modificato) prevede che l’atto sia depositato su un portale online dedicato e ne sia dato avviso con raccomandata (vedi oltre). Inoltre, se il destinatario è un privato senza PEC registrata, l’atto verrà notificato per posta tradizionale.
- Deposito telematico su portale InfoCamere (AttiDepositati): Dal 2022 è operativa una procedura di notifica telematica “per deposito” per gli atti tributari non consegnati via PEC. In base alla normativa vigente (art. 26 DPR 602/1973, modificato dall’art. 3-bis DL 146/2021 e successivi), se la notifica via PEC di una cartella o atto analoghi non va a buon fine perché la casella PEC del destinatario è inattiva, non valida o piena (dopo almeno due tentativi, distanziati di 7 giorni), l’ente notificante può eseguire la notifica mediante deposito dell’atto in un’area web accessibile al contribuente. A tal fine è stato istituito il portale “Atti depositati” gestito da InfoCamere (raggiungibile all’indirizzo https://attidepositati.infocamere.it) . Il funzionamento è il seguente: l’atto viene caricato nell’area riservata del portale InfoCamere, e entro 2 giorni viene pubblicato un avviso di deposito nell’area pubblica dello stesso sito, dove rimane visibile per 15 giorni. Contemporaneamente, l’Agente della riscossione (o l’ente che notifica) invia al destinatario una lettera raccomandata semplice per avvisarlo dell’avvenuto deposito. Trascorsi 15 giorni di pubblicazione, la notifica si considera perfezionata e i termini decorrono dal 15° giorno successivo al deposito. Il destinatario può quindi scaricare l’atto depositato accedendo al portale con credenziali digitali (SPID/CIE/CNS); l’atto rimane disponibile per un tempo più lungo (nel caso delle cartelle, l’accesso al documento è garantito per 6 mesi dal deposito). – Cosa trovo: Sul portale AttiDepositati saranno presenti le cartelle di pagamento o altri atti che non ti sono stati consegnati via PEC. In pratica, se non hai una PEC attiva o questa non funziona, potresti trovare qui una cartella esattoriale a tuo nome. La sezione pubblica ti consente di cercare per codice fiscale l’eventuale avviso di deposito. – Attenzione: Dopo 15 giorni l’avviso di deposito viene rimosso dalla sezione pubblica, ma l’atto resta scaricabile dall’area privata (6 mesi per AdER). È buona norma quindi controllare periodicamente questo portale se si sospetta di avere notifiche mancate via PEC. Questa modalità è relativamente nuova e si affianca, senza sostituirla, alla tradizionale notifica per affissione all’albo comunale in caso di irreperibilità assoluta. Nota giurisprudenziale: la Corte di Cassazione ha chiarito che il semplice inserimento di un atto in un cassetto fiscale o portale non equivale di per sé a una notifica valida se non sono seguite le procedure di legge. Ad esempio, un precedente avviso inserito nel “cassetto previdenziale” INPS non interrompe i termini di prescrizione se non è stato notificato secondo le regole (PEC, ufficiale giudiziario, ecc.). Dunque il portale InfoCamere è uno strumento di consegna previsto dalla legge, ma va utilizzato esattamente secondo le modalità stabilite affinché la notifica sia legittima.
- Cassetto fiscale – Area riservata Agenzia Entrate: Come già introdotto, il cassetto fiscale (accessibile dal sito https://www.agenziaentrate.gov.it area riservata) è il punto di riferimento principale per consultare le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate. Occorre autenticarsi con credenziali SPID, CIE o CNS (dal 2021 non sono più rilasciate credenziali Fisconline a nuovi utenti; SPID/CIE/CNS sono diventati obbligatori). Una volta dentro, il contribuente persona fisica o il rappresentante legale di una ditta/ente può accedere alla sezione “L’Agenzia scrive”, dove trova l’elenco delle comunicazioni ricevute dall’Agenzia delle Entrate (ad esempio: avvisi bonari per dichiarazioni, esiti di controlli formali, lettere di compliance, inviti a comparire, ecc.). Dal 20 novembre 2024 questa sezione è stata potenziata: i risultati dei controlli automatici sono resi disponibili qui in tempo reale, con la possibilità per l’utente di gestire la comunicazione interamente online. In particolare, cliccando sulla comunicazione si possono vedere i dettagli delle imposte e delle eventuali irregolarità contestate, e tramite appositi pulsanti si può scegliere di pagare online (è integrata una funzione di pagamento diretto tramite il sistema PagoPA, inserendo l’IBAN del proprio conto), oppure di richiedere assistenza/correzione tramite il servizio CIVIS online. Ogni invio di richiesta di chiarimenti o di addebito in conto è protocollato e confermato da ricevute disponibili nel cassetto. – Cosa trovo: Nel cassetto fiscale si trovano principalmente le comunicazioni emesse dall’Agenzia delle Entrate relative al contribuente. Ciò include: comunicazioni di irregolarità (avvisi bonari) su dichiarazioni fiscali, avvisi di liquidazione (ad es. imposta di registro su atti), eventuali inviti o solleciti inviati dall’Agenzia, esiti di istanze presentate (es. risposta a interpelli, autorizzazioni) e – in prospettiva – anche informazioni relative a ruoli trasmessi ad Agenzia Entrate-Riscossione per atti dell’Agenzia Entrate. Proprio il D.Lgs. 1/2024, art. 23 c.3 ha disposto infatti che nel cassetto fiscale siano resi disponibili tutti gli atti e le comunicazioni gestite dall’Agenzia delle Entrate riguardanti il contribuente, inclusi quelli riguardanti i ruoli dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione relativi ad atti impositivi emessi da Agenzia Entrate. Ciò significa che, ad esempio, se nel 2025 l’Agenzia Entrate emette un avviso di accertamento e lo iscrive a ruolo, il contribuente potrebbe vedere traccia della cartella (ruolo) nel suo cassetto, oltre a ricevere la cartella stessa da AdER. All’atto pratico, oggi nel cassetto “L’Agenzia scrive” troverai sicuramente gli avvisi bonari e le comunicazioni dell’Agenzia; per le cartelle di pagamento, invece, il cassetto fiscale può mostrare un riferimento al ruolo ma il documento cartella integrale va reperito tramite AdER (o nel portale depositi se PEC fallita). – Nota: Il cassetto fiscale conserva storicamente anche tutti i dati fiscali del contribuente (dichiarazioni presentate, versamenti effettuati, rimborsi, dati patrimoniali immobiliari, atti del registro, ecc.), ma qui ci concentriamo sulla parte comunicazioni. – Visibilità nel tempo: Le comunicazioni rimangono consultabili nella sezione per diversi anni. Un avviso bonario rimane tipicamente visibile finché la posizione non viene definita (pagata o sostituita da cartella); una cartella/ruolo rimane nei dati del contribuente fino all’eventuale sgravio o pagamento. In generale, gli avvisi bonari restano disponibili nel cassetto finché non risultano pagati o annullati, mentre le cartelle e gli atti esecutivi restano visibili finché il debito corrispondente è pendente o attivo. Pertanto, è buona prassi consultare periodicamente il cassetto fiscale per verificare eventuali nuove comunicazioni o situazioni debitorie, specie dopo periodi di dichiarazione dei redditi (quando arrivano i controlli automatici).
- Portale Agenzia Entrate–Riscossione (AdER) – area riservata: L’Agente della riscossione mette a disposizione un proprio sito web (https://www.agenziaentrateriscossione.gov.it) con servizi online dedicati ai debitori. Accedendo all’area riservata AdER (anch’essa richiede autenticazione tramite SPID/CIE/CNS, non sono valide le vecchie credenziali Equitalia), è possibile usufruire di varie funzionalità: ad esempio la sezione “Situazione debitoria – Consulta e paga” consente di visualizzare l’elenco di tutte le cartelle a proprio carico ancora non pagate, con dettaglio di importi, interessi maturati, eventuali procedure in corso. È possibile selezionare una cartella e pagarla direttamente online (con PagoPA) oppure scaricare i bollettini per il pagamento. Altri servizi utili sono “Rateizza adesso” (per presentare online una domanda di rateizzazione di nuovi debiti fino a 120 mila euro, ottenendo subito il piano di dilazione), “Sospensione” (per richiedere la sospensione della riscossione in caso, ad esempio, di avvenuto pagamento precedente o causa pendente), “Istanza di annullamento” (per presentare autotutela su cartelle prescritte o indebito) e così via. – Cosa trovo: Nell’area riservata AdER il contribuente trova tutte le cartelle esattoriali a suo carico, indipendentemente dall’ente creditore (Agenzia Entrate, Comuni, Regioni, INPS, etc.), purché il carico sia stato affidato ad AdER. Quindi questo è il luogo dove verificare se esistono cartelle esattoriali emesse, il loro stato (pagata, sospesa, in rateazione, importo residuo) e scaricarne copia in PDF. Inoltre, sempre su questo portale, si trovano gli Avvisi di Accertamento Esecutivi emessi dall’Agenzia Entrate non pagati, in quanto anch’essi vengono affidati ad AdER per la riscossione decorso il termine, e compaiono nella lista dei debiti come “Avviso xxx” (con un numero che inizia tipicamente per 50… se accertamento immediatamente esecutivo). Attraverso AdER si può quindi monitorare l’intera situazione debitoria verso l’Erario e altri enti impositori. – Differenze col cassetto: In sintesi, il cassetto fiscale AdE copre la fase di comunicazione iniziale dal Fisco al contribuente (pre-ruolo), mentre l’area AdER copre la fase di riscossione coattiva post-iscrizione a ruolo. Un debitore prudente li controllerà entrambi: prima il cassetto fiscale per eventuali avvisi bonari o accertamenti (in modo da agire prima che diventino cartelle), e periodicamente il portale AdER per assicurarsi di non avere cartelle esattoriali inevase. Da notare che grazie all’interconnessione prevista dalla normativa recente, i confini stanno sfumando: il cassetto fiscale include cenni ai ruoli affidati e l’AdER comunica alcuni atti tramite cassetto. Tuttavia, per trovare le comunicazioni dell’Agenzia Entrate-Riscossione (cartelle, intimazioni ecc.) il canale principale resta il sito AdER oppure la tua casella PEC (per la notifica originale).
- App “IO” e servizi mobile: Come accennato, l’app IO (l’applicazione ufficiale dei servizi pubblici) è diventata un ulteriore canale informativo per i contribuenti. Se scaricata e attivata con il proprio SPID/CIE, consente di ricevere notifiche push personalizzate relative a vari eventi fiscali: ad esempio l’arrivo di un nuovo avviso bonario nel cassetto fiscale, l’approssimarsi di una scadenza per pagare una rata o un adempimento periodico, l’esito di una richiesta inviata. Già dal 2023 l’Agenzia delle Entrate utilizza IO per ricordare alcune scadenze fiscali e per segnalare rimborsi in arrivo o pagamenti non andati a buon fine. Dal 2024, con l’integrazione del cassetto, quando viene messa a disposizione una comunicazione di irregolarità, l’utente viene avvisato su IO in tempo reale. – Cosa trovo: Sull’app IO in sé non troverai il documento fiscale completo, ma solo un messaggio del tipo “Hai una nuova comunicazione nel tuo cassetto fiscale” oppure “Il rimborso IRPEF di € X sta per essere accreditato”. Cliccando sul messaggio verrai indirizzato (tramite browser mobile) all’area riservata Agenzia Entrate o ti verranno fornite istruzioni. Dunque l’app IO è più che altro un strumento di alert e promemoria, complementare ai canali ufficiali. – Vantaggi: Immediatezza e comodità; evita di dover controllare manualmente PEC o cassetto. – Nota: Per ricevere questi avvisi occorre aver dato il consenso alle notifiche per i servizi dell’Agenzia Entrate sull’app IO e, chiaramente, essere registrati con il proprio codice fiscale.
- Altre fonti di informazione: In alcuni casi particolari, l’Agenzia delle Entrate può utilizzare canali aggiuntivi per comunicare con i contribuenti. Ad esempio, email ordinarie: talvolta per campagne informative o per anomalie minori (es. comunicazioni di possibili errori formali, inviti compliance), l’Agenzia invia email semplici all’indirizzo di posta non certificata del contribuente (se disponibile dagli archivi). Tali email non hanno valore di notifica legale, ma sono un modo per attirare l’attenzione del contribuente su una comunicazione disponibile nel cassetto fiscale o su un adempimento da fare. Oppure si pensi agli SMS: fino a qualche anno fa, l’Agenzia inviava SMS di cortesia per avvisare di rimborsi in emissione o rate in scadenza; oggi questa funzione è stata sostituita dall’app IO. Infine, rimane sempre possibile recarsi di persona presso gli sportelli dell’Agenzia Entrate o di AdER per chiedere informazioni sulla propria situazione: presentando documento e codice fiscale, è possibile verificare se risultano atti notificati, ottenere copie delle cartelle e così via. Questa è una via residuale ma utile se non si ha dimestichezza con gli strumenti digitali (anche se oggi SPID e accesso online sono fortemente consigliati e quasi imprescindibili per tenere sotto controllo la propria posizione fiscale).
Di seguito una tabella riepilogativa dei principali canali di comunicazione/notifica e degli atti a cui si riferiscono, con note sull’accesso:
Canale/Servizio | Cosa consente / Atti reperibili | Accesso e note |
---|---|---|
PEC (Posta Elettronica Certificata) | Notifica legale via email certificata di atti come cartelle, avvisi di accertamento, avvisi bonari (per chi ha domicilio digitale). Equivale a raccomandata A/R. Se PEC piena/non attiva, atti depositati su portale dedicato. | Accesso alla propria casella PEC. Imprese/professionisti obbligati ad averla; privati possono registrare PEC su INAD. Notifica valida a consegna nella casella, anche se non letta. |
Cassetto fiscale – “L’Agenzia scrive” | Consultazione online delle comunicazioni inviate da Agenzia Entrate: avvisi bonari (36-bis DPR 600/73, 54-bis DPR 633/72), lettere di compliance, esiti controlli, ecc. Dal 2024 possibilità di pagare online o inviare richieste Civis. Include anche atti relativi a ruoli AE (collegati a cartelle AdER). | Accesso area riservata Agenzia Entrate (SPID/CIE/CNS obbligatori). Persone fisiche avvisate di nuovi documenti con notifica in area riservata e push su app IO. |
Portale AdER – Situazione debitoria | Consultazione e gestione delle cartelle di pagamento e altri atti della riscossione (intimazioni, piani rate) emessi da Agenzia Entrate–Riscossione. Visualizza importi, stato pagamenti; consente di pagare online, chiedere rateizzazione o sospensione. | Accesso area riservata AdER (SPID/CIE). Disponibili servizi “Paga online”, “Rateizza”, “Sospendi” ecc.. Copre tutti i debiti a ruolo verso Erario, INPS, enti locali affidati ad AdER. |
Portale “Atti depositati” (InfoCamere) | Download degli atti depositati telematicamente per mancata notifica PEC: tipicamente cartelle, avvisi di addebito, o altri atti fiscali non consegnati. Avviso di deposito pubblico per 15 giorni. L’atto rimane scaricabile dall’area riservata per 6 mesi. | Accesso con SPID/CIE al sito InfoCamere (<attidepositati.infocamere.it>). Serve codice fiscale e codice atto per scaricare. Raccomandata informativa inviata al destinatario. Notifica perfezionata dopo 15 giorni di deposito. |
App IO (servizi pubblici) | Ricezione di notifiche push relative a comunicazioni fiscali: es. arrivo di un avviso bonario nel cassetto, scadenza di un pagamento, esito di una domanda. Promemoria personalizzati (“Comunicazioni per te” e “Le tue scadenze”). | Occorre installare app IO e registrarsi con SPID/CIE. Abilitare le notifiche per Agenzia Entrate. L’app mostra messaggi informativi, per il dettaglio occorre accedere ai portali indicati. Non è una notifica legale, ma un ausilio per il contribuente. |
Casella Email ordinaria | Comunicazioni via email non certificata (senza valore legale) utilizzate solo per alcuni avvisi di cortesia: es. alert di anomalia dichiarazione precompilata, promemoria di scadenze, ecc. | Arriva all’indirizzo email personale se fornito al Fisco (es. area personale). Utile per non perdere avvisi bonari “light”, ma non sostituisce PEC/cassetto. Attenzione ai phishing: l’Agenzia non chiede mai dati via email. |
Raccomandata cartacea | Consegna fisica di atti in originale (cartelle, accertamenti, etc.) tramite servizio postale, con firma del ricevente. Resta modalità di default per persone fisiche senza PEC. | Arriva all’indirizzo di residenza/sede risultante all’Anagrafe Tributaria. Se destinatario assente, atto depositato presso ufficio postale o Comune (artt. 140–145 c.p.c.). Utile conservare le buste e le ricevute di ritorno come prova delle date di notifica. |
Come evidenziato, controllare regolarmente tutti i canali a disposizione è essenziale per un contribuente-debitore. Un soggetto con partita IVA dovrà tenere d’occhio anzitutto la propria PEC (dove arriveranno la maggior parte di avvisi e cartelle), ma anche consultare periodicamente il cassetto fiscale (per eventuali comunicazioni che potrebbero sfuggire via PEC, ad esempio esiti di controllo caricati solo lì). Un privato cittadino senza PEC, invece, dovrà fare attenzione alla posta cartacea e al contempo potrà utilizzare SPID e app IO per non perdere i nuovi avvisi online. In sintesi, per “trovare” le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate si raccomanda di: (i) controllare la propria casella PEC (se si è obbligati o se ci si è dotati di una); (ii) accedere al cassetto fiscale sul sito AdE – sezione “L’Agenzia scrive”; (iii) abilitare e verificare le notifiche sull’app IO; (iv) accedere all’area riservata AdER per monitorare cartelle e carichi a ruolo; (v) in caso di notifica digitale non riuscita, consultare il portale Atti Depositati di InfoCamere; (vi) se previsto, controllare anche la casella di email ordinaria per eventuali messaggi informativi. Questo ventaglio di verifiche copre la quasi totalità delle ipotesi, riducendo il rischio di “sorprese” dovute a comunicazioni perse.
Come accedere al cassetto fiscale e ai servizi online (SPID, CIE, deleghe)
Per utilizzare i canali telematici descritti (cassetto fiscale, area AdER, portale depositi), è necessario potersi autenticare in maniera sicura. Dal 1° ottobre 2021, l’Agenzia delle Entrate non rilascia più nuove credenziali Fisconline e ha adottato in via esclusiva il sistema di identità digitale SPID, oltre alle credenziali pubbliche CIE (Carta d’Identità Elettronica) e CNS (Carta Nazionale Servizi). Vediamo brevemente come funziona l’accesso e la gestione eventuale tramite intermediari:
- SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale): è un’identità digitale composta da username, password e un secondo fattore di sicurezza, fornita da gestori accreditati. Ogni cittadino italiano (anche i residenti all’estero con tessera sanitaria) può ottenere gratuitamente uno SPID tramite provider come Poste, Aruba, Sielte, etc. Lo SPID ha vari livelli di sicurezza; per l’accesso ai servizi fiscali è sufficiente il livello 2 (password + codice OTP). Una volta ottenuto, lo SPID permette di autenticarsi sia sul sito Agenzia Entrate sia sul sito AdER, così come su AttiDepositati e sull’app IO, con un’unica credenziale. Imprese e professionisti sono tenuti ad avere SPID/CIE per operare sui portali pubblici: ad esempio, dal 2022 l’accesso al portale AdER per consultare o rateizzare cartelle richiede obbligatoriamente SPID/CIE (non è più sufficiente il codice fiscale con PIN). – Deleghe: Un professionista delegato (es. un commercialista) può accedere con le proprie credenziali SPID all’area “Cassetto Fiscale Delegato” per conto del cliente, purché sia stata attivata una delega (rilasciabile online o presso uffici, con durata max 2 anni rinnovabile). In tal modo, l’intermediario potrà vedere e scaricare le comunicazioni del contribuente, presentare istanze (ad esempio tramite CIVIS per contestare un avviso bonario). Anche per il portale AdER esistono deleghe (ad esempio, la delega all’intermediario per pagare cartelle, gestibile dall’area riservata stessa).
- CIE (Carta d’Identità Elettronica): la nuova carta di identità con microchip, rilasciata dai Comuni, può essere usata per l’autenticazione tramite protocollo CNS o tramite app mobile (CIE ID). Occorre il PIN di 8 cifre associato alla carta e uno smartphone con NFC (o un lettore smart card). La CIE fornisce un’identità digitale di livello alto, equiparata a SPID livello 3. L’uso della CIE è particolarmente utile per chi non ha potuto attivare SPID (es. cittadini AIRE all’estero senza numero cellulare italiano). Per i servizi AdE/AdER, la CIE funziona in modo analogo a SPID.
- CNS (Carta Nazionale dei Servizi) e tessera sanitaria con chip: Anche la TS-CNS attivata può servire per accedere, usando un lettore smartcard e un PIN. È meno pratica di SPID, ma alcune categorie la utilizzano (es. consulenti con dispositivi CNS). In ogni caso, tutti questi metodi portano agli stessi permessi all’interno dei portali.
- Accesso per soggetti diversi: Un’azienda accede tramite il proprio rappresentante legale (il quale userà il suo SPID personale, che “contiene” il codice fiscale). Il sistema riconosce che quel codice fiscale è rappresentante e consente l’accesso al cassetto fiscale dell’ente/società. Per gli eredi di contribuenti deceduti sono previste procedure per accedere ai dati del de cuius (di solito, presentando un’istanza agli uffici per farsi abilitare). Per gli avvocati/Procuratori: dal 2023 è in avvio anche il “cassetto fiscale delegato” per la difesa tecnica, ma generalmente l’avvocato fiscalista lavora col commercialista delegato per ottenere i documenti.
In breve, SPID/CIE sono la “chiave di ingresso” del cassetto fiscale e dei servizi web collegati: senza di essi, il contribuente avrebbe solo la via tradizionale di rivolgersi agli sportelli fisici o attendere la posta cartacea. Va sottolineato che avere SPID/CIE è oggi altamente consigliato a chiunque abbia questioni fiscali, perché consente di monitorare in autonomia la propria posizione. Dal punto di vista del debitore, poter controllare direttamente online se esistono debiti o atti pendenti è un vantaggio enorme: ad esempio, un contribuente che “teme” di aver perso una comunicazione può entrare nel cassetto e verificare se c’è un avviso bonario non letto; oppure, accedendo a AdER, può scoprire di avere una cartella che non gli è mai arrivata per posta e quindi attivarsi.
E se non riesco ad utilizzare i servizi online? L’Agenzia mette a disposizione canali alternativi: il telefono (call center AdE o AdER), dove però per privacy spesso non vengono comunicati importi ma solo istruzioni generali; il già citato sportello fisico; oppure la possibilità di delegare un familiare o un professionista di fiducia. In ultimo, se un contribuente ha smarrito le credenziali SPID o ha difficoltà tecniche, può temporaneamente utilizzare la delegazione tramite codice QR disponibile sull’app IO (una nuova funzione che consente di delegare l’accesso ai servizi digitali ad altra persona che ha SPID, utile per chi – ad esempio anziani – non riescono a gestire PIN e password). Insomma, l’obiettivo è che chiunque possa comunque accedere alle informazioni che lo riguardano, direttamente o indirettamente.
Contenuto tipico delle comunicazioni fiscali e come leggerle
Quando si accede al cassetto fiscale e si apre una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, è importante sapere interpretare correttamente le informazioni contenute per capire cosa viene richiesto e come agire. Analogamente, leggere una cartella di pagamento o un avviso ricevuto via PEC richiede un minimo di familiarità con alcuni termini. Di seguito descriviamo brevemente il contenuto tipico di un avviso di pagamento (che sia un avviso bonario, una cartella o altro):
- Intestazione e destinatario: La prima pagina riporta i dati dell’ente mittente (Agenzia delle Entrate o Agenzia Entrate-Riscossione, spesso con logo e dicitura dell’ufficio) e i dati del destinatario: nome/cognome (o ragione sociale), codice fiscale/partita IVA, indirizzo di residenza o domicilio fiscale. Se l’atto è notificato via PEC, potrebbe esserci indicato anche l’indirizzo PEC. Negli atti AdER sono indicati anche i riferimenti dell’ente creditore originario (es. “Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di X” per un debito IRPEF, oppure “Comune di Y” per una multa). Verificare che questi dati siano corretti e che l’atto sia effettivamente destinato a voi (specie se avete omonimi) è il primo passo.
- Tipo di atto e riferimenti normativi: Solitamente il documento specifica di che natura è (es. Comunicazione ex art.36-bis DPR 600/73, Avviso di Liquidazione imposta di registro, Avviso di Accertamento n…, Cartella di pagamento N. …). Nel caso delle cartelle, in alto a sinistra compare il numero identificativo della cartella (di solito 20 cifre) e subito sotto l’ente creditore. Gli avvisi bonari spesso recano un numero protocollo e la dicitura “Comunicazione esito controllo automatico dichiarazione anno …”. Gli avvisi di accertamento riportano gli estremi dell’atto (numero e data) e l’ufficio emittente. Inoltre, molti atti citano leggi o articoli: ad esempio un avviso bonario menzionerà il D.Lgs. 462/1997 (che disciplina sanzioni ridotte se paghi entro 30/60 giorni), una cartella menzionerà il DPR 602/1973. Questi riferimenti servono a contestualizzare la natura giuridica dell’atto.
- Periodo d’imposta o causale del debito: La comunicazione indica sempre a quale periodo o anno si riferisce il debito. Ad es: “IRPEF Anno d’imposta 2021”, oppure “IVA 4° trimestre 2022”, o “Contributi IVS 2018”. Questo aiuta il contribuente a capire di cosa si sta parlando (es. un avviso su dichiarazione 2020, un omesso F24 del 2019, etc.). In caso di cartella, spesso c’è una tabella riepilogativa con colonne “Ente impositore – tributo – anno – importo”.
- Motivazione dell’addebito: Sia negli avvisi bonari che negli accertamenti è presente un testo descrittivo che spiega l’irregolarità rilevata o la motivazione per cui sono dovute le somme. Ad esempio: “Dalla dichiarazione dei redditi 2022 emerge un minor credito di imposta e un IRPEF a debito di € X non versato” oppure “Omessa presentazione della dichiarazione IVA per l’anno … con imposta dovuta accertata pari a …”. Questa sezione è cruciale per decidere il da farsi: se il motivo è un errore materiale (es. un importo inserito male), probabilmente pagando si risolve; se il motivo non è chiaro o si ritiene infondato, potrebbe essere opportuno chiedere spiegazioni o fare ricorso.
- Dettaglio degli importi dovuti: Generalmente l’atto contiene una parte tabellare con gli importi. Nel caso di avviso bonario saranno indicati: l’ammontare dell’imposta che risulta dovuta in più, la sanzione calcolata (normalmente 10% se nei termini di definizione agevolata, oppure 30% se oltre i termini), gli interessi. Ad esempio: “Imposta €1000, sanzioni €100 (1/3 del 30%), interessi €20, totale €1120”. Nel caso di cartella di pagamento, la prima pagina può riportare il totale dovuto (sommando più voci), mentre nelle pagine seguenti c’è il dettaglio per ciascun ruolo: es. “IRPEF 2018 €X, Sanzioni €Y, Interessi di mora €Z, Spese di notifica €…”. Le cartelle post-2022 non includono più la voce “Compenso di riscossione” (aggio), quindi non troverete quella percentuale aggiuntiva (in passato 3% entro 60gg, 6% dopo). Negli avvisi di addebito INPS, similmente, troverete i contributi dovuti, le sanzioni civili e gli interessi di mora, con indicazione che le sanzioni civili (che sostituiscono le sanzioni tributarie) possono essere ridotte se pagate subito (spesso l’INPS applica già la riduzione del 10% sulle sanzioni civili se paghi entro 60 giorni).
- Termini per pagare o per fare ricorso: Ogni comunicazione fiscale riporta bene in evidenza entro quando occorre pagare e/o entro quando si può presentare ricorso. Negli avvisi bonari, ad esempio, si legge: “Pagamento entro 60 giorni dalla data di comunicazione (ossia entro il…) per usufruire della sanzione ridotta; in alternativa, potete presentare eventuali elementi giustificativi sempre entro 60 giorni”. Negli avvisi di accertamento c’è scritto: “Entro 60 giorni dalla notifica può essere proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente…”. Nelle cartelle, di solito a fine prima pagina: “La preghiamo di pagare entro 60 giorni dalla notifica (entro il …) l’importo indicato; dopo tale termine saranno dovuti interessi di mora e potranno essere avviate azioni di recupero coattivo”. Inoltre, a volte la cartella riporta (in calce) le modalità di ricorso: “Qualora si intenda contestare la presente cartella, occorre presentare ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 546/1992”. Gli avvisi INPS invece indicano “entro 40 giorni ricorso al Comitato Provinciale INPS o Giudice del Lavoro ex art. 24 D.Lgs. 46/1999” e analogamente il termine di 60 giorni per il pagamento. – È fondamentale individuare questi termini e rispettarli: 60 giorni decorrono dalla data di notifica (che per la PEC è la data di consegna PEC, per la raccomandata è la data di ritiro o compiuta giacenza). La comunicazione nel cassetto fiscale di per sé non sostituisce l’atto di notifica ma lo integra: ad esempio, se ricevete un avviso bonario via PEC il 1° settembre 2025, il termine di 60 giorni parte da quella data (non dalla data in cui andate a visualizzarlo nel cassetto, che potrebbe essere successiva). In ogni caso, il cassetto conserva la prova della data di messa a disposizione del documento (utile nel caso non aveste ricevuto PEC/cartaceo).
- Modalità di pagamento: L’avviso o la cartella contiene indicazioni pratiche su come pagare. Ormai tutte le comunicazioni riportano uno IUV (codice avviso pagoPA) o se più vecchi un numero di c/c postale o un modulo F24 precompilato. Negli avvisi bonari solitamente c’è scritto “È possibile pagare con F24 utilizzando i codici tributo indicati” oppure un invito ad attendere la comunicazione degli esiti se si chiede rettifica. Dal 2024, come detto, sul cassetto fiscale è comparso il pulsante “Paga ora” che consente di pagare immediatamente tramite addebito su conto, senza compilare moduli. Le cartelle includono uno o più bollettini pagoPA per pagare: uno per l’importo entro 60gg, e altri per importi maggiorati (se si paga oltre 60gg, includono l’interesse di mora maturato). L’avviso di addebito INPS allega un bollettino RAV (codice numerico) pagabile agli sportelli o online. – È importante seguire le istruzioni: se l’atto dice di usare l’F24 con certi codici, usate quelli (un errore di codice può lasciare il debito insoluto!). Se c’è un IUV pagoPA, si può pagare attraverso banca, poste, sito AdER, ecc. Conservate sempre la ricevuta di pagamento.
- Indicazione delle conseguenze del mancato pagamento: Quasi sempre c’è una frase che spiega cosa accade se non si paga entro i termini. Avvisi bonari: “Se non effettuate il pagamento né fornite elementi entro 60 giorni, l’importo verrà iscritto a ruolo per la riscossione coattiva, con applicazione della sanzione intera del 30%”. Accertamenti: “Decorso inutilmente il termine di 60 giorni, le somme diverranno definitivamente dovute ed eventualmente affidate all’agente della riscossione per il recupero”. Cartelle: “Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza pagamento, si procederà ad esecuzione forzata e saranno dovuti interessi di mora dal giorno successivo”. Queste frasi servono anche al contribuente come promemoria della serietà dell’atto: ignorarlo non lo farà sparire, anzi peggiorerà la situazione.
- Istruzioni per ricorso o contatti: Infine, molti atti riportano come contattare l’ente per chiarimenti o come presentare ricorso. Ad esempio, gli avvisi bonari spesso allegano un fac-simile per delegare un intermediario a usare Civis, oppure indicano: “per assistenza potete rivolgervi al numero verde 800.90.96.96 o al servizio telematico Civis”. Le cartelle indicano l’ufficio che ha emesso il ruolo e a cui eventualmente presentare autotutela (per es. “Ente creditore: AdE Direzione Provinciale di X, Ufficio Controlli, Via…, email…”). Inoltre, la cartella spesso cita la possibilità di definizioni agevolate se vigenti (es. rottamazione). Riguardo al ricorso, come detto, c’è l’indicazione del termine e dell’organo competente (Commissione Tributaria/Corte Giustizia Tributaria per tributi, Giudice del Lavoro per contributi, ecc.), talvolta con la formula: “Ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 546/92, avverso il presente atto è ammesso ricorso… da presentarsi a mezzo deposito telematico tramite il Portale Giustizia Tributaria…”. Queste indicazioni sono importanti: ad esempio, un avviso di addebito INPS ricorderà che il ricorso va fatto entro 40 giorni al giudice del lavoro, evitando che uno sbagli forum.
In generale, leggere attentamente ogni parte dell’atto è la prima forma di difesa per il contribuente. Soprattutto, non fermarsi al “totale da pagare” ma capire il perché quell’importo è richiesto e cosa succede se non pago. Questo consente di decidere consapevolmente se pagare subito, se chiedere una rateazione, o se invece ci sono gli estremi per contestare l’atto.
Nel caso specifico delle comunicazioni nel cassetto fiscale, queste sono spesso in formato PDF identico a quello che avreste ricevuto via PEC. Il vantaggio del cassetto è che a volte fornisce qualche informazione aggiuntiva a video (per esempio lo stato: “In corso”, “Definito il…”, o link diretti per pagare/aderire). Inoltre, il cassetto archivia anche le ricevute: ad esempio, se inviate una richiesta via Civis dal cassetto, troverete poi nel vostro profilo la ricevuta dell’invio e la risposta ottenuta dall’ufficio. È opportuno quindi familiarizzare con l’interfaccia: l’area “L’Agenzia scrive” consente di filtrare per anno, per tipologia di atto, e di ordinare per data. Non tutte le comunicazioni compaiono istantaneamente: spesso l’Agenzia carica il PDF solo quando parte la notifica ufficiale (quindi se sapete che un avviso bonario sta per arrivare – ad es. perché il vostro commercialista ha visto l’esito anomalo – controllate in quei giorni attorno alla data prevista).
Come gestire le comunicazioni ricevute: pagare, contestare, rateizzare
Dal punto di vista del debitore, ricevere una comunicazione dal Fisco – che sia un avviso bonario o una cartella – è un momento critico: occorre valutare rapidamente il da farsi per evitare sia di pagare somme non dovute, sia di incorrere in sanzioni e misure peggiori per inerzia. In questa sezione illustriamo le possibili azioni da intraprendere quando si trova una comunicazione nel proprio cassetto fiscale o la si riceve per PEC/posta, con un focus sulle opzioni disponibili (pagamento, ricorso, istanze, ecc.) e sui termini da rispettare. Forniremo anche cenni alle ultime novità normative e giurisprudenziali che impattano la gestione di questi atti.
Pagamento immediato (anche con riduzioni e rateazione)
Pagare quanto richiesto entro i termini è spesso la scelta più semplice, soprattutto se la pretesa dell’Agenzia risulta corretta e fondata. Il vantaggio principale del pagamento tempestivo è evitare aggravio di sanzioni e interessi ulteriori, e usufruire di eventuali riduzioni previste per la definizione agevolata.
- Avviso bonario: Pagare l’importo indicato nell’avviso bonario entro 60 giorni dalla notifica significa definire in maniera agevolata la pendenza. In concreto, l’avviso bonario già include la sanzione ridotta (tipicamente il 10% in luogo del 30%). Se si paga oltre i 60 giorni, quella sanzione ridotta decade e l’importo viene iscritto a ruolo con sanzione piena e interessi aggiuntivi. Dunque, se si è d’accordo con il contenuto dell’avviso (ad esempio effettivamente si è dimenticato un reddito in dichiarazione), conviene approfittare della remissione nei termini pagando entro i 60 giorni. Dal 2024 è possibile eseguire il pagamento direttamente online dal cassetto fiscale con addebito su conto; in alternativa si può utilizzare l’F24 precompilato. Rateizzazione avviso bonario: La normativa prevede la possibilità di rateizzare gli importi da controllo automatizzato se superano 5.000 euro (fino a un massimo di 8 rate trimestrali) – art. 3-bis D.Lgs. 462/1997. In tal caso, bisogna presentare domanda all’Agenzia entro 30 giorni dalla comunicazione dell’avviso. Novità 2023-2025: Sono state introdotte semplificazioni: i contribuenti che optano per la rateazione di un avviso bonario ora hanno 60 giorni per versare la prima rata (prima erano 30 giorni) e 90 giorni dal termine della rateazione per versare l’ultima rata. Ciò offre più respiro finanziario. Se la prima rata viene pagata nei 60 gg, l’avviso si considera definito e non si iscrive a ruolo, ma occorrerà rispettare tutte le scadenze successive (altrimenti, decadenza dal beneficio). Durante la rateazione sull’importo residuo si applicano interessi al tasso legale.
- Cartella di pagamento: Per le cartelle esattoriali, il termine è anch’esso di 60 giorni dalla notifica per il pagamento spontaneo. Pagando entro tale termine, si estingue il debito senza aggravio di interessi di mora (che decorrono dal 61° giorno in poi). Se per ipotesi si paga con pochi giorni di ritardo, oltre agli interessi di mora (attualmente intorno al 4% annuo, determinati con provvedimento Agenzia Entrate annuale) potrebbero aggiungersi spese di una eventuale intimazione già attivata. Rateazione cartella: Il debitore può presentare richiesta di dilazione ad AdER entro i 60 giorni per evitare l’avvio di procedure forzate. La rateazione standard (per debiti fino a €120.000) può arrivare a 72 rate mensili senza bisogno di dimostrare lo stato di difficoltà; per importi maggiori serve documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà e si può ottenere fino a 120 rate mensili (10 anni). Durante la rateazione, il debitore è al riparo da azioni esecutive (a meno di decadenza). Dal 2023 la soglia per ottenere rateazione senza documenti è stata innalzata a €120.000 e il mancato pagamento è considerato grave solo se si saltano 8 rate anche non consecutive (prima bastavano 5 rate saltate). Pagare una cartella dopo i 60 giorni comporta comunque l’aggiunta degli interessi di mora maturati, ma se c’è una rateazione attiva AdER non applica ulteriori sanzioni, solo gli interessi sulle rate.
- Avviso di accertamento: Un avviso di accertamento ordinario presenta anch’esso la possibilità di definizione agevolata entro 60 giorni, consistente nella riduzione delle sanzioni del 1/3 (se si paga, si chiude la controversia). Se non si paga né si ricorre, dopo 60 giorni l’importo va a ruolo con sanzioni piene e interessi. In caso di accertamento con adesione (se il contribuente chiede adesione), i termini di impugnazione e pagamento slittano di 90 giorni e l’atto può essere definito con sanzioni ridotte a 1/3 tramite atto di adesione (rateizzabile in 8 rate). Pagare un accertamento immediatamente esecutivo entro 60 giorni evita l’aggravio del fermo amministrativo o del pignoramento: qui non c’è cartella, quindi se salta il pagamento l’AdER può procedere quasi subito dopo la scadenza, previa notifica di un intimazione entro 6 mesi.
- Avviso di addebito INPS: Va pagato entro 60 giorni come la cartella. Anche per esso è prevista la possibilità di dilazione con l’Agente della Riscossione (in genere segue le stesse regole delle cartelle). Entro 60 gg niente aggiunta di interessi di mora; dal 61° giorno scattano gli interessi di mora (che per contributi INPS sono spesso chiamati sanzioni civili da ritardato pagamento, tasso intorno al 8% annuo).
In tutti i casi di pagamento, conservare la ricevuta è fondamentale. Se avete pagato tramite F24, avrete la quietanza telematica o l’estratto conto bancario; se tramite pagoPA, scaricate la ricevuta .PDF o fate screenshot della conferma. Questo perché talvolta – specie con F24 – possono accadere imputazioni errate dei versamenti, e dover dimostrare di aver pagato entro i termini potrebbe essere necessario per evitare iscrizioni a ruolo indebite.
Infine, menzioniamo la possibilità di definizione agevolata di avvisi/cartelle introdotta da provvedimenti speciali (condoni fiscali, “rottamazioni”): ad esempio la Rottamazione-quater 2023/2024 (DL 34/2023) consente di pagare le cartelle 2000-2017 senza sanzioni né interessi di mora. Ci sono stati anche provvedimenti di stralcio per mini-cartelle fino 1.000 euro (al 31/3/2023) annullate d’ufficio. Queste sono misure straordinarie: chi riceve una cartella può verificare se rientra in qualche sanatoria in vigore (nel 2025, ad esempio, la Definizione Agevolata delle liti pendenti o la Rottamazione-quater in corso). Però, attenzione: un avviso bonario in quanto tale generalmente non rientra nelle rottamazioni (che riguardano ruoli/cartelle), ma ci sono stati casi di “definizione agevolata avvisi bonari” (ad es. la legge di bilancio 2023 ha previsto la definizione delle comunicazioni 2019-2020 con sanzioni ridotte al 3%). Al luglio 2025, eventuali nuove disposizioni andranno tenute presenti. Nel dubbio, pagare regolarmente entro 60 giorni resta la via maestra.
Contestazione e impugnazione degli atti (ricorsi, sospensive, autotutela)
Non sempre l’atto ricevuto è corretto o legittimo: può contenere errori (di calcolo, di persona, di competenza) oppure il contribuente può avere motivi validi per opporsi (ad esempio, perché ha diritto a una detrazione che non era stata considerata, o perché l’atto è stato notificato oltre i termini di decadenza, o magari perché si tratta di un caso di doppia imposizione). In tali situazioni, il debitore ha la facoltà di contestare la pretesa fiscale attraverso gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento. Ecco le principali modalità di opposizione:
- Ricorso al giudice tributario (Commissione/CGT): È lo strumento formale principale per impugnare avvisi di accertamento, avvisi bonari (impugnabili in via facoltativa), cartelle di pagamento e in generale gli atti elencati nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992. Come già indicato, il ricorso va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (40 giorni per atti INPS davanti al giudice del lavoro). Dal 2023 il processo tributario è telematico e va introdotto depositando il ricorso tramite il Portale della Giustizia Tributaria (SIGIT) oppure via PEC (per chi è abilitato). Nel ricorso si devono indicare i motivi per cui si chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto. Ad esempio, motivi tipici: “violazione di legge e falsa applicazione dell’art. X, perché l’atto è stato notificato oltre i termini decadenziali”, oppure “errata applicazione di aliquota IVA, doveva essere 4% e non 22%”, o ancora “il calcolo dell’imposta omette di considerare un credito spettante”. Il processo tributario, oggi Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, dura in media 1-2 anni per la sentenza di primo grado. Effetti del ricorso: Per legge, la presentazione del ricorso non sospende automaticamente la riscossione dell’atto impugnato, a meno che si tratti di avviso bonario (che comunque non è esecutivo di suo) o che l’atto stesso lo preveda. Ad esempio, se si ricorre contro un avviso di accertamento prima che diventi cartella, durante i 60 giorni l’accertamento non è riscuotibile (e in caso di ricorso depositato, l’AdE dovrà attendere l’esito e nel frattempo – per legge – può iscrivere a ruolo solo 1/3 del tributo, ma non attivare riscossione fino a sentenza). Importante: Nel caso di cartella di pagamento, poiché essa è già titolo esecutivo, l’Agente della riscossione potrebbe proseguire il recupero anche se pende ricorso, salvo che il contribuente ottenga una sospensione. La Cassazione ha infatti chiarito (ord. n. 2092/2025) che il ricorso contro un avviso bonario non impedisce all’Agente della riscossione di notificare la cartella di pagamento e, analogamente, il ricorso contro la cartella non ferma le azioni esecutive a meno di provvedimento sospensivo. Pertanto, è prassi del buon difensore richiedere sempre la sospensione giudiziale dell’atto impugnato (ex art. 47 D.Lgs. 546/92) se dal mancato blocco possono derivare danni (ad es. pignoramenti nel frattempo). Fortunatamente, con la recente riforma, la sospensione nei ricorsi tributari viene concessa in tempi brevi (entro 180 giorni max dal deposito, spesso con decreto inaudita parte nei casi urgenti). – Giurisprudenza in tema di ricorsi: La possibilità di ricorrere contro un avviso bonario non era pacifica in passato (perché non incluso tra gli atti impugnabili dell’art. 19), ma la Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 19704/2015) e molte pronunce successive hanno chiarito che gli avvisi bonari sono impugnabili in via facoltativa, poiché esplicitano una pretesa compiuta e possono ledere il contribuente che intenda definirla subito. Ad esempio, Cass. ord. n. 10094/2023 ha ribadito che l’avviso bonario, pur non cristallizzando un debito definitivo se non seguito da cartella, “ingenera nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia definitiva”, quindi va ammessa l’impugnazione immediata. La stessa ordinanza ha affermato che chiedere la rateizzazione di quanto dovuto in avviso bonario non costituisce acquiescenza e non preclude successivo ricorso (quindi uno può rateizzare per prudenza e al contempo fare ricorso sui motivi di diritto, senza perdere il diritto di difesa). Altro aspetto: se si ricorre sia contro l’avviso bonario che, successivamente, contro la cartella relativa allo stesso debito, il secondo ricorso (sulla cartella) assorbe il primo: la Cassazione (ord. 2092/2025 sopra citata) ha chiarito che se il contribuente impugna la cartella, il ricorso già proposto contro l’avviso bonario diviene privo di oggetto e va dichiarato improcedibile. Ciò perché la cartella, nel frattempo, è l’atto impugnabile principale e il giudice potrà valutare in quella sede anche eventuali vizi originari. Quindi generalmente conviene scegliere: o ricorro subito sul bonario (cercando di bloccare prima l’emissione della cartella, se ottengo sospensione), oppure attendo la cartella e ricorro su quella (sollevando magari anche eccezioni sulla notifica). Dipende dai casi concreti.
- Istanza di autotutela all’ufficio: L’autotutela è la richiesta rivolta all’ente emittente l’atto affinché lo annulli o rettifichi in via amministrativa, riconoscendo un errore o una ragione del contribuente. Si tratta di un procedimento facoltativo e discrezionale: l’ufficio non è obbligato ad accogliere, ma spesso in presenza di errori palesi (doppia imposizione, pagamento già avvenuto, scambio di persona, errore di calcolo grossolano) aderisce e annulla/rettifica l’atto senza bisogno di ricorso. L’autotutela non sospende i termini di ricorso: è essenziale capire che se si sceglie di fare solo istanza all’ufficio, il termine di 60 giorni per il ricorso continua a decorrere. Dunque si rischia, se l’ufficio non risponde o risponde negativamente, di trovarsi fuori tempo per ricorrere. Perciò, l’autotutela va bene in casi dove il contribuente è quasi certo che l’ufficio riconoscerà l’errore (esempio classico: arriva una cartella per un importo che in realtà è stato versato; si manda prova del versamento all’AdER/Agenzia chiedendo sgravio in autotutela). Se l’ufficio accetta, emanerà un provvedimento di annullamento o sgravio (che comparirà anche nel cassetto in alcuni casi). L’autotutela può essere attivata presentando istanza via PEC o tramite i servizi online: CIVIS è in realtà uno strumento di autotutela per le comunicazioni di irregolarità e per le cartelle, dove il contribuente può allegare documenti e spiegare l’errore. Nel cassetto fiscale, come detto, c’è l’opzione “richiedi assistenza (Civis)” che è sostanzialmente un’autotutela telematica. AdER sul suo sito ha la funzione “Contesta entro 30 giorni” su alcune cartelle anomale (sospensione automatica). Dalla prospettiva del debitore, vale la pena tentare l’autotutela quando l’errore è evidente e documentabile, perché si potrebbe risolvere senza tribunale. Ma se l’errore è controverso o interpretativo, l’ufficio difficilmente rinuncerà alla sua pretesa.
- Sospensione della riscossione per legge o su istanza (art. 153 D.L. 34/2020 etc.): Esistono alcune situazioni in cui, presentando una certa documentazione ad AdER, la riscossione viene sospesa automaticamente. Ad esempio l’art. 153 del DL 34/2020 (convertito con L. 7/2020) consente, se si ha un provvedimento giudiziale di sospensione o una sentenza favorevole anche non definitiva, di presentarla ad AdER e ottenere la sospensione immediata del carico. Oppure, se si è presentata domanda di definizione agevolata o pendenza di giudizio su bollo auto, c’è la sospensione legale. Questi casi sono particolari e limitati, ma da conoscere: in pratica l’AdER accetta di non procedere se il contribuente dimostra, entro 60 giorni dalla notifica della cartella, che il debito è inesigibile per vari motivi (prescrizione maturata prima, pagamento già eseguito, sgravio già deciso, istanza in autotutela accolta, ecc.). La procedura standard è la “sospensione legale della riscossione” presentabile dal sito AdER (modulo online) entro 60 giorni dalla notifica della cartella, allegando la documentazione probante. AdER sospende per 200 giorni in attesa che l’ente creditore confermi o meno il debito; se non risponde, il debito è annullato di default. Questa è una tutela introdotta per evitare di dover ricorrere solo per cartelle pazze (ad esempio cartella già pagata in precedenza).
In ogni caso, l’azione principale per contestare rimane il ricorso al giudice. È importante sottolineare il rispetto delle tempistiche: trascorsi i 60 giorni senza fare nulla, l’atto diviene definitivo (salvo le eccezioni di cui diremo per notifica nulla). Anche pagare a rate senza riserve non impedisce poi di ricorrere, come detto (non è acquiescenza), ma se si paga per intero dopo la scadenza del termine di ricorso, quell’atto non sarà più impugnabile in futuro (lo si è lasciato consolidare). A volte i contribuenti scoprono tardi di avere un debito, magari visualizzando un estratto conto AdER: possono impugnare tardivamente? Su questo tema dell’impugnazione dell’estratto di ruolo la giurisprudenza e il legislatore hanno molto dibattuto. In passato la Cassazione permetteva di impugnare immediatamente una cartella non notificata appena se ne veniva a conoscenza (anche via estratto di ruolo). Ma col DL 146/2021, conv. L. 215/2021, è stato introdotto il comma 4-bis all’art. 12 DPR 602/1973 che ora vieta l’impugnazione dell’estratto di ruolo e consente il ricorso diretto contro la cartella (anche oltre i termini) solo in alcuni casi tassativi di “interesse ad agire”. In pratica, se scoprite tardivamente una cartella mai notificata, potete fare ricorso oltre i 60 giorni solo se dimostrate che quel debito vi causa un pregiudizio attuale come: l’impossibilità di partecipare a gare pubbliche (per via del DURC o del casellario), l’imminente incasso di crediti dalla PA bloccato (art. 48-bis DPR 602/73), la perdita di un beneficio pubblico, un procedimento di crisi d’impresa in corso, un’operazione di finanziamento in corso, o una cessione d’azienda compromessa. Questi sei casi (lettere a)–f) della norma) delimitano l’interesse a ricorrere tardivamente. Fuori da essi, la cartella non notificata potrà essere contestata solo aspettando un atto esecutivo (pignoramento) e facendolo valere lì. Le Sezioni Unite della Cassazione nel 2022 hanno confermato che tale norma si applica ai giudizi pendenti e condiziona la possibilità di ricorso. Quindi la tutela del debitore distratto si è un po’ ridotta: la soluzione è non essere distratti, ovvero usare gli strumenti digitali per scoprire per tempo le cartelle e attivarsi nei 60 giorni ordinari.
In sintesi, di fronte a una comunicazione nel cassetto fiscale o una cartella in PEC, il contribuente deve valutare: Ho elementi per contestarla? Se sì, conviene spesso affidarsi a un professionista (avvocato tributarista o commercialista) per predisporre un ricorso ben fondato e chiedere, se necessario, la sospensione. Nel frattempo, si può valutare il pagamento parziale (ad esempio, se non si contesta tutto) o la rateazione come gesto prudenziale. Ad esempio, in caso di avviso bonario con somme elevate ma ritenute errate, alcuni contribuenti versano comunque la parte non contestata o chiedono la rateazione, così da ridurre rischio di cartella, e ricorrono per la parte controversa. La Cassazione ha stabilito che pagare o rateizzare non preclude il ricorso (nessuna automatica acquiescenza), a meno che ciò avvenga dopo la scadenza dei termini, nel qual caso più che acquiescenza è decadenza dal ricorso.
A supporto della decisione di ricorrere, si tenga presente che negli ultimi anni varie sentenze favorevoli ai contribuenti hanno chiarito aspetti importanti, che un difensore potrà sfruttare. Eccone alcune di rilievo (oltre a quelle già citate):
- Nullità delle notifiche “irreperibili” senza ricerche: Cass. ord. n. 14990 del 04/06/2024 ha dichiarato nulle le notifiche fatte per irreperibilità assoluta senza adeguata documentazione delle ricerche del destinatario. In quel caso, un avviso di accertamento era stato ritenuto validamente notificato tramite deposito all’albo (art. 60 DPR 600/73) ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che il messo notificatore deve descrivere con precisione le azioni svolte per trovare il contribuente, altrimenti la notifica è nulla e l’atto impugnabile anche tardivamente. Questo principio tutela il debitore “irreperibile di fatto” (ad es. per cambio indirizzo non aggiornato) da eventuali notifiche troppo sbrigative.
- Notifica via PEC e domicilio digitale: Le norme sulle notifiche PEC richiedono che si usino gli indirizzi dei registri ufficiali (INI-PEC, INAD) e prevedono, come visto, tentativi ripetuti e deposito. Se l’ente notifica a un indirizzo PEC non corretto o non presente in quei registri, la notifica è nulla. Ad esempio, Cass. 2195/2021 ha annullato una cartella inviata ad una PEC diversa da quella del domicilio eletto dal contribuente. Inoltre, la notifica PEC è valida anche se il contribuente non legge la mail, purché abbia avvenuta consegna: su ciò nessuna scappatoia, la ricevuta di consegna fa fede. L’unica eccezione è se la mancata lettura dipende da fatto non imputabile al destinatario (es. casella hackerata, indisponibilità server – casi rari e difficili da provare).
- Impugnabilità e effetti del ricorso su avviso bonario: Abbiamo già citato Cass. 24390/2022 (Sez. Trib.) che ha definito l’avviso bonario “atto impositivo autonomamente impugnabile”, consolidando l’orientamento. La stessa sentenza sembra suggerire che l’impugnazione sospenda la riscossione fino a decisione, ma attenzione: ciò è vero solo perché finché pende giudizio il ruolo non viene reso definitivo – ma come visto, AdER può comunque emettere cartella. Serve quindi chiedere sospensione al giudice per bloccare la cartella in arrivo, altrimenti l’agente potrebbe procedere.
- Prescrizione dei tributi e comunicazioni nel cassetto: Un tema assai tecnico è quello della prescrizione dei crediti tributari e contributivi. Ad esempio, i contributi INPS si prescrivono in 5 anni (salvo denunce) secondo L. 335/1995. L’inserimento di un avviso nel cassetto non interrompe la prescrizione; la notifica valida di un atto invece sì. Quindi, se un debitore vede nel cassetto un avviso risalente a molti anni prima mai notificatogli a regola d’arte, può darsi che quel debito sia prescritto: farà valere la prescrizione come eccezione nel primo ricorso utile (ad esempio contro la cartella). La giurisprudenza recente (Cass. SS.UU. 23397/2016 per i tributi, Cass. SS.UU. 31617/2022 per contributi) ha stabilito che le cartelle esattoriali hanno prescrizione propria (di regola 5 anni per tributi periodici, 10 per tributi erariali senza atti precedenti). Un avvocato valuterà questi aspetti per impostare la difesa. Dal lato pratico, se nel cassetto trovate un vecchio avviso bonario di molti anni fa mai seguito da cartella, può darsi che il Fisco lo abbia “perso” o che arrivi una cartella tardiva contro cui eccepire la decadenza (di norma, avviso bonario su dichiarazione va seguito da cartella entro fine anno successivo ai 18 mesi dalla dichiarazione; se ciò non avviene, decadenza dell’azione di riscossione ex art. 25 DPR 602/73). Sono tecnicismi, ma che spiegano perché a volte conviene non pagare subito e approfondire la legittimità dell’atto.
Focus: il punto di vista del debitore informato
Adottiamo ora esplicitamente il punto di vista del debitore che utilizza il cassetto fiscale e i servizi online per gestire attivamente la propria posizione. Ecco alcuni consigli operativi e considerazioni strategiche che un contribuente, privato o imprenditore, potrebbe seguire:
- 1. Monitorare attivamente le comunicazioni: Un debitore informato non aspetta passivamente eventuali solleciti cartacei, ma controlla con frequenza i canali digitali. Ad esempio, dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi, sa che entro qualche mese potrebbero arrivare esiti di liquidazione automatica: quindi controllerà l’app IO o il cassetto fiscale se compaiono avvisi bonari. Oppure, se ha aderito a una definizione agevolata, starà attento a eventuali comunicazioni relative. Questo permette di guadagnare tempo prezioso per reagire. Ricordiamo che la legge non obbliga l’Agenzia a comunicare tramite cassetto fiscale, è un servizio aggiuntivo: quindi il contribuente deve essere proattivo nel guardare.
- 2. Aggiornare i propri recapiti e domicilio digitale: Per evitare mancate notifiche, il debitore dovrebbe assicurarsi di avere comunicato un domicilio PEC valido (se è obbligato, lo è già per legge; se non lo è, può iscriversi a INAD volontariamente). Inoltre, mantenere aggiornata l’anagrafe tributaria sul proprio indirizzo di residenza e domicilio professionale è essenziale: molte notifiche cartacee vanno perse per trasferimenti non comunicati. Con l’attivazione di INAD (già operativa dal 6 luglio 2023), anche i cittadini possono eleggere un domicilio digitale per ricevere tutti gli atti della PA a quell’indirizzo. Farlo significa evitare il rischio di depositi e ritorni per irreperibilità.
- 3. Utilizzare appieno gli strumenti online prima che la situazione peggiori: Se dal cassetto fiscale risulta un avviso bonario, il debitore può immediatamente: a) pagarne una parte o tutto se riconosce il debito; b) inviare tramite Civis eventuali documenti che giustificano uno sgravio (es. ricevute di versamenti effettuati); c) se ha dubbi, rivolgersi a un professionista con copia dell’avviso per valutare il ricorso. Tutto questo prima che scadano i 60 giorni e arrivi una cartella con sanzioni piene. Allo stesso modo, se sul portale AdER vede una cartella notificata mesi prima via PEC magari finita in spam, può subito chiedere la rateazione per bloccare le azioni, e parallelamente valutare un ricorso per notifica irregolare (in tal caso l’azione in giudizio verte sulla nullità della notifica, ma intanto lui si protegge con la rateazione, che non è acquiescenza secondo Cassazione).
- 4. Conoscere i propri diritti in caso di vizi di notifica: Il debitore che scopre tardivamente di un debito (grazie al cassetto o a un estratto) ha diritto a richiedere all’Agente della riscossione la prova della notifica degli atti. AdER di solito rende disponibile la relazione di notifica (relata) se la si chiede. Questo permette di verificare se la notifica è stata fatta correttamente. Se emergono vizi (notifica a indirizzo sbagliato, relata incompleta, ecc.), questi possono essere fatti valere in sede di opposizione. Ad esempio, è nullo un atto notificato a un vecchio indirizzo non più valido se l’Agenzia non ha tentato al nuovo noto (principio di Cass. 337/2016 e altre). Anche se, come visto, la normativa ora limita l’impugnazione immediata dell’estratto, il vizio di notifica potrà far annullare l’atto quando finalmente contestato.
- 5. Rateizzare con criterio e evitare di indebitarsi con lo Stato senza controllo: Dal lato pratico-finanziario, il debitore-imprenditore dovrebbe valutare la convenienza di utilizzare le dilazioni con AdER per gestire la cassa. Spesso le rate di AdER (tasso interesse di dilazione circa 2%) sono un finanziamento meno oneroso di altri. Ma attenzione a non accumulare troppe rate e scadenze: perché se poi se ne saltano troppe, si decade e si ripiomba nel rischio esecutivo. Il cassetto fiscale, insieme al portale AdER, consente di avere un colpo d’occhio sul debito complessivo verso il Fisco: questo aiuta anche nella gestione d’impresa (es. pianificare il cash flow sapendo di avere X euro di cartelle da pagare nei prossimi mesi).
- 6. Tenere traccia delle comunicazioni archiviate: Il cassetto fiscale funge anche da archivio storico. Un debitore scrupoloso scaricherà i PDF di ogni avviso e ricevuta e li conserverà. Questo può servire se in futuro ci fossero contestazioni su “non ho mai ricevuto nulla”: poter esibire la stampa della comunicazione da cassetto con relativa data di messa a disposizione può sostenere la propria posizione (anche se, ripetiamo, legalmente fa fede la notifica formale, ma il cassetto offre elementi di fatto).
- 7. Rivolgersi a consulenti per questioni complesse: Non tutte le comunicazioni sono semplici da capire: un avviso di accertamento con allegato prospetto di 20 pagine su imponibili e costi indeducibili va fatto analizzare da un fiscalista. Il cassetto facilita l’accesso all’atto, ma l’interpretazione di esso e la scelta di impugnarlo richiede competenze. Quindi il debitore deve sì informarsi (leggendo guide come questa, ad esempio) ma non esitare a cercare assistenza qualificata in caso di dubbi significativi. A maggior ragione quando i valori in gioco sono rilevanti o ci sono implicazioni penali (un avviso di accertamento IVA molto alto potrebbe preludere a una segnalazione per reato tributario, quindi va gestito con doppia attenzione).
Riassumendo, il punto di vista del debitore oggi è più consapevole: grazie agli strumenti digitali, può essere al corrente praticamente in tempo reale di cosa il Fisco gli comunica, e può reagire con tempestività e cognizione di causa, esercitando i propri diritti di difesa. Le normative recenti stanno spingendo verso la trasparenza e collaborazione: lo dimostra l’iniziativa di informare via app IO delle comunicazioni in arrivo, per “mandare in pensione email e sms” e ridurre il phishing, oppure la scelta di inserire tutti gli atti nel cassetto per una facile consultazione. Per contro, dal lato normativo, il legislatore ha anche voluto responsabilizzare il contribuente: ad esempio, con la regola che l’estratto di ruolo di per sé non si impugna più, si è voluto dire “caro contribuente, non aspettare anni per vedere se hai debiti; se li hai, affrontali nei termini, salvo casi eccezionali”. È quindi nell’interesse del debitore informarsi e utilizzare questi canali di comunicazione nel modo corretto.
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito proponiamo una serie di domande comuni che privati, professionisti o imprenditori possono porsi riguardo alle comunicazioni fiscali e al cassetto fiscale, con relative risposte sintetiche e riferimenti:
D: Dove trovo esattamente le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate nel cassetto fiscale?
R: Una volta effettuato l’accesso all’area riservata sul sito dell’Agenzia delle Entrate (con SPID, CIE o CNS), devi entrare nella sezione “Cassetto Fiscale” e da lì cliccare su “L’Agenzia scrive”. In questa sezione sono elencate le comunicazioni inviate dall’Agenzia al tuo codice fiscale. Potrai filtrare per anno o tipologia. Ad esempio, gli avvisi bonari sono disponibili lì dal momento in cui vengono emessi. Tieni presente che le comunicazioni dell’Agenzia Entrate-Riscossione (cartelle, ecc.) non compaiono qui in forma integrale: per quelle devi accedere al portale AdER (sezione “Situazione debitoria”) oppure controllare la PEC o il portale depositi (se non hai PEC). Quindi, in sintesi: cassetto fiscale per comunicazioni Agenzia Entrate; portale AdER per cartelle e atti della riscossione. Se non trovi nulla in cassetto e nulla su AdER, eppure ti aspetti una comunicazione, potrebbe voler dire che non è stata ancora emessa oppure che è stata notificata via PEC (controlla la PEC, compresa la cartella spam/promozioni, in caso). Ricorda infine che se sei una società o hai un intermediario delegato, anche loro possono vedere queste comunicazioni tramite i loro accessi delegati.
D: Come faccio a sapere se ho ricevuto un avviso di pagamento o un atto, ad esempio se mi è sfuggita la PEC?
R: Ci sono vari modi per esserne informato. Innanzitutto verifica regolarmente la tua casella PEC (per imprese e professionisti è obbligatorio; per i privati che ne hanno una è altamente consigliato) e il cassetto fiscale nella sezione “L’Agenzia scrive”. Se sei registrato all’app IO, controlla eventuali notifiche ricevute dall’Agenzia. In pratica, l’Agenzia Entrate, quando pubblica una nuova comunicazione nel cassetto fiscale, te lo segnala con un avviso nell’area riservata e – se sei una persona fisica con IO – anche con una notifica push sul telefono. Inoltre, se l’atto ti è stato inviato via PEC ma tu non l’hai visto (magari PEC piena o finita in spam), l’ufficio procede con il deposito telematico: dunque potresti scoprirlo consultando il portale atti depositati InfoCamere (cercando per codice fiscale nella sezione pubblica, oppure accedendo con SPID). In ogni caso, è responsabilità del contribuente monitorare la propria posizione. Un suggerimento: abilita nel cassetto fiscale (sezione “Profilo”) l’invio di email di cortesia: l’Agenzia a volte manda un’email ordinaria per avvisare che “hai un nuovo documento nell’area riservata”. E se proprio non riesci a trovare nulla online ma sospetti un debito (ad esempio hai saltato un pagamento e immagini sia partita una cartella), puoi sempre recarti presso lo sportello AdER o chiamare il call center fornendo il codice fiscale: ti confermeranno se ci sono atti a tuo carico.
D: Ho ricevuto un avviso bonario: come e dove posso pagare subito?
R: Se condividi l’avviso bonario (cioè ritieni corretti i rilievi) e decidi di accettarlo e pagare, hai tempo 60 giorni dalla data di notifica per effettuare il versamento. Il pagamento può essere fatto in diversi modi: dal 2024 puoi pagare direttamente online dal cassetto fiscale. Accedendo all’avviso tramite cassetto, troverai un tasto “Paga” che ti guiderà attraverso pagoPA, richiedendoti IBAN e addebito diretto. In alternativa, puoi usare il servizio PagoPA sul sito dell’Agenzia Entrate o sul sito AdER: in quel caso devi inserire il codice avviso/IUV che trovi stampato sull’avviso bonario. Molti avvisi bonari sono anche pagabili tramite modello F24: in allegato al PDF dell’avviso dovresti avere una sezione con i codici tributo e gli importi; puoi quindi compilare un modello F24 (anche online via home banking) con quei dati. Alcune banche offrono nei loro servizi di pagamento la voce “pagamento avviso Agenzia Entrate”: inserisci il codice fiscale, l’anno e l’importo e paghi. Il canale tradizionale (sportello bancario/postale con F24 cartaceo) resta sempre valido. Dopo il pagamento, conserva la ricevuta. Se paghi in un’unica soluzione entro 60 gg, avrai definito l’avviso bonario con sanzioni ridotte. Se l’importo è alto e vuoi rateizzare, devi presentare istanza all’Agenzia (tramite intermediario o Civis) entro 60 gg e pagare la prima rata sempre entro 60 gg. Nota: se l’avviso bonario era stato caricato anche in cassetto, dopo il pagamento vedrai lo stato aggiornato (ad esempio “Definito il …”). Se per qualche ragione paghi oltre i 60 gg, ti conviene pagare tramite F24 usando i codici tributo originali con sanzioni piene, oppure aspettare la cartella (dove pagherai sanzione piena + oneri).
D: Qual è la differenza tra un avviso bonario e una cartella di pagamento?
R: L’avviso bonario (detto anche comunicazione di irregolarità) è un atto preventivo e non esecutivo: un invito a regolarizzare spontaneamente una determinata anomalia fiscale, prima che scatti la riscossione forzata. Non comporta immediatamente misure cautelari o pignoramenti e, se non lo paghi, l’Agenzia dovrà comunque notificarti successivamente una cartella (salvo il caso di avviso “esecutivo” integrato). L’avviso bonario inoltre non comporta, se ignorato, l’impossibilità di difendersi: potrai ancora impugnare la successiva cartella. La cartella di pagamento, invece, è già un titolo esecutivo: trascorsi 60 giorni dalla sua notifica senza pagamento, l’Agente della riscossione può procedere con esecuzione forzata (es. pignoramenti) senza bisogno di altro. In pratica, la cartella è l’atto finale della fase di accertamento (spesso preceduta proprio dall’avviso bonario). Un’altra differenza: l’avviso bonario è impugnabile facoltativamente (puoi far ricorso subito o aspettare la cartella), mentre la cartella è impugnabile obbligatoriamente se vuoi contestare il debito, pena definitività. Inoltre, l’avviso bonario in sé prevede sanzioni ridotte, la cartella reca sanzioni intere e aggiunge interessi di mora e spese di notifica. In sintesi: avviso bonario = avviso informativo/non definitivo, cartella = ingiunzione di pagamento esecutiva.
D: Cosa succede se non ricevo nessun avviso (PEC, cartelle ecc.) ma ho comunque debiti?
R: Potrebbe succedere, ad esempio, che tu non abbia una PEC attiva e magari una cartella venga depositata senza che tu te ne accorga subito, oppure che una raccomandata vada persa. Come detto, è onere del contribuente tenere sotto controllo la propria posizione. Se sospetti di avere un debito (ad es. non hai pagato delle imposte), anche se non ti è arrivato nulla ti conviene controllare online. Accedi regolarmente al cassetto fiscale: qui compariranno eventuali avvisi bonari o comunque comparirà anche l’iscrizione a ruolo di imposte dovute (per alcuni ruoli vedrai la voce, anche se la cartella la notifica AdER). In caso di cartelle che non hai ricevuto per posta o PEC, prova ad accedere con SPID al portale Atti Depositati di InfoCamere: potresti trovarle lì se depositate. Inoltre, verifica la “Situazione debitoria” sul sito AdER: se c’è una cartella a tuo carico, comparirà. In ultimo, controlla anche eventuali fascicoli sull’app IO: l’app IO a volte notifica se una raccomandata AdER non ti è stata consegnata (“mancato recapito di una comunicazione”). Se dopo tutte queste verifiche non risulta nulla e sei convinto di avere un debito, potresti contattare AdER per un controllo incrociato. Può accadere che i tempi di emissione siano lunghi e quindi ancora non esista formalmente un atto. In tal caso, c’è ancora spazio per ravvedimento operoso (pagamento spontaneo con sanzioni ridotte) prima che arrivi l’avviso.
D: Se trovo un avviso già scaduto (oltre i 60 giorni) nel cassetto fiscale, posso fare ancora qualcosa?
R: Dipende dalla situazione. Se l’avviso bonario è scaduto e non hai pagato entro i termini, teoricamente l’Agenzia lo avrà già iscritto a ruolo e trasmesso all’Agente della riscossione per la cartella. In pratica, potresti vedere nel cassetto un avviso scaduto e a breve (qualche mese dopo) ricevere la cartella corrispondente. Non è detto che tu non possa più fare nulla: in alcuni casi puoi ancora rimediare. Ad esempio, se la cartella non è stata ancora notificata, potresti tentare di contattare l’ufficio e chiedere se accettano un pagamento tardivo spontaneo con sanzione ridotta (non è un tuo diritto, ma talvolta l’ufficio, se il ruolo non è ancora partito, consente il versamento tardivo con ravvedimento operoso). Oppure potresti prepararti a presentare ricorso quando arriverà la cartella, magari eccependo che la notifica dell’avviso bonario non ti era giunta (se è vero) o altre questioni. C’è anche la possibilità di usufruire di definizioni agevolate postume: ad esempio, in passato ci sono state norme che permettevano di definire avvisi bonari scaduti pagando solo il tributo e poco altro, entro certe date. Se trovi un avviso bonario scaduto, verifica se rientra in qualche sanatoria (per dire, la legge di bilancio 2023 ha condonato sanzioni su avvisi 2019-20 non definiti). Infine, se l’avviso è molto vecchio e mai seguito da cartella, potrebbe darsi che il debito sia prescritto o decaduto: in tal caso, il successivo tentativo di riscossione sarebbe contestabile. Ad ogni modo, non pagare nulla senza informarti: meglio attendere la cartella e nel frattempo magari accantonare le somme. Ci sono casi in cui, trascorsi 10 anni, l’iscrizione a ruolo non è più legittima. Valuta una consulenza se parliamo di cifre importanti.
D: Ho trovato nel cassetto fiscale un avviso di liquidazione/accertamento: posso impugnarlo subito o devo aspettare la cartella?
R: Puoi impugnarlo subito entro 60 giorni dalla notifica. Gli avvisi di accertamento (anche quelli esecutivi) sono atti espressamente impugnabili, quindi conviene ricorrere subito se non sei d’accordo, senza aspettare oltre. Gli avvisi bonari, come detto, sono anch’essi impugnabili facoltativamente: la Cassazione ha più volte confermato che è ammesso il ricorso immediato contro la comunicazione di irregolarità. Presentare subito ricorso può essere strategico per risolvere prima la questione e bloccare sul nascere la riscossione. Ad esempio, se l’avviso bonario è evidentemente errato, impugnandolo entro 60 giorni eviti che venga iscritto a ruolo, e chiedendo al giudice tributario la sospensione otterrai che non parta la cartella. Tuttavia, tieni presente quanto dicevamo: se poi malauguratamente l’Agente della riscossione emette lo stesso la cartella (qualche volta succede per tempi tecnici), dovrai impugnare anche quella. In linea di massima, comunque, non c’è bisogno di attendere la cartella per far valere le tue ragioni: puoi agire già sull’avviso. Fa eccezione il caso in cui tu non abbia fatto in tempo a ricorrere sull’avviso bonario: allora sicuramente dovrai impugnare la cartella successiva e in quel ricorso potrai contestare anche i vizi originari dell’avviso (ad es. contestare il tributo in sé, non solo aspetti formali della cartella). Nota: se l’avviso che hai trovato è un avviso di liquidazione (es. imposta di registro su un atto, imposta di successione), è anch’esso impugnabile subito. In generale, ogni atto dell’Agenzia che comporti una pretesa economica definitiva è impugnabile subito (art. 19 D.Lgs. 546/92). Nel dubbio, meglio non aspettare.
D: Posso chiedere una rateizzazione di una cartella senza pagare subito nulla?
R: Sì. Entro i 60 giorni dalla notifica della cartella, puoi presentare istanza di rateazione all’Agenzia Entrate-Riscossione e non devi pagare immediatamente la prima rata (la prima rata la pagherai quando AdER ti comunicherà il piano, di solito entro 60 giorni dalla domanda). Anzi, presentando l’istanza di rateazione, i 60 giorni “si congelano” – nel senso che AdER non intraprende azioni esecutive finché esamini la richiesta. Una volta concessa la dilazione, ti verrà notificato il piano con tutte le rate. La normativa attuale consente dilazioni fino a 6 anni (72 rate) senza soglia di importo e fino a 10 anni (120 rate) se il debito supera €120mila e dimostri difficoltà. Dunque, se ricevi una cartella e non hai liquidità per pagarla interamente entro 2 mesi, chiedere la rateazione è la mossa consigliata. Non devi anticipare alcun importo (in passato si prevedeva il pagamento della prima rata entro i 60gg ma attualmente la procedura è semplificata: la prima rata coincide con la scadenza fissata nel piano stesso). Presentando la domanda per via telematica dal tuo account AdER, l’esito è spesso immediato se sei nei parametri: sotto €120.000, la rateazione è automatica e ti comparirà il piano scaricabile. Sopra tale soglia, dovrai allegare certi indici di bilancio se impresa, e attendere esito (entro 90 gg). Importante: finché sei in regola con le rate, decade il termine di 60 giorni e non maturano interessi di mora, ma solo gli interessi di dilazione sulle rate. Se poi decidi di fare ricorso contro la cartella, sappi che avere una rateazione in corso non ti impedisce di ricorrere (non è considerata rinuncia al ricorso). Però durante il ricorso devi continuare a pagare le rate, altrimenti decadi e l’agente potrà agire. In caso di esito favorevole del ricorso (annullamento del debito o parte di esso), ti verrà riconosciuto il diritto al rimborso di quanto eventualmente versato in più.
D: Ho ricevuto un avviso di addebito INPS per €1.000 di contributi: cosa devo fare?
R: Un avviso di addebito INPS funziona in modo simile a una cartella. Per prima cosa, controlla cosa riguarda: ad esempio “Contributi gestione artigiani 2019 non versati”. Se riconosci il debito e non l’avevi pagato, hai 60 giorni dalla ricezione per pagare l’importo utilizzando il bollettino RAV allegato (è un bollettino specifico con codice, pagabile in banca, posta oppure online tramite il sito INPS o circuito pagoPA). Puoi pagare anche presso le sedi INPS se lo permettono, o tramite la tua area MyINPS con carta di credito. Se invece ritieni che l’addebito sia sbagliato (ad es. importo già pagato, o non dovuto perché non eri tenuto), hai due strade: presentare una richiesta di riesame all’INPS entro 30 giorni (istanza in autotutela all’INPS) oppure proporre ricorso giudiziario entro 40 giorni dalla notifica davanti al Giudice del Lavoro competente. Quest’ultima è la via formale per contestare l’addebito. Tieni presente che l’avviso di addebito, trascorsi i 60 giorni, verrà passato ad Agenzia Entrate-Riscossione per il recupero forzoso, quindi poi arriveranno le procedure tipiche (fermo, pignoramento) se non agisci. Quindi, se non paghi perché non dovuto, è cruciale impugnare entro 40 giorni (presso il Tribunale – sezione lavoro – del tuo circondario, anche qui tramite avvocato). Se paghi alcune rate e poi fai causa, la giurisprudenza dice che non è acquiescenza, ma meglio evitare confusione: decidi all’inizio se pagare e chiudere, o se contestare. €1.000 non è enorme, però sappi che se non paghi in 60 gg scatteranno interessi e potenzialmente l’INPS/AdER potrà farti un piccolo pignoramento su conto corrente per recuperare. Il nostro consiglio: se hai elementi chiari per opporsi, fai ricorso nei 40 gg; se invece è dovuto ma non hai liquidità immediata, chiedi la rateazione anche di questo avviso (la gestisce AdER, puoi farlo una volta che l’hanno caricato a ruolo, spesso conviene contattare AdER dopo circa 90 gg dalla notifica e chiedere la dilazione).
D: L’avviso (o la cartella) riporta termini come “ruolo” e “numero cartella”: che significato hanno?
R: Questi termini fanno parte del gergo della riscossione. “Ruolo” è l’elenco dei debiti formato dall’ente creditore e trasmesso all’Agente della riscossione per il recupero. Ogni ruolo ha un numero identificativo (ruolo n. XY/XXXX). Quando l’Agenzia delle Entrate iscrive un debito a ruolo, esso viene incluso in un ruolo con un certo numero, e su quella base l’AdER genera la cartella. Il “numero di ruolo” spesso compare negli atti. Ad esempio, in una cartella puoi leggere: “Ruolo n. 2024/000123 emesso da Agenzia Entrate il 30/06/2024”. Serve internamente a identificare il carico. Il “numero cartella” invece è il codice univoco della cartella di pagamento (di solito 20 cifre): le prime 3 cifre indicano l’ufficio di AdER (es. 076 il codice di Roma, 054 di Milano, 089 di un certo ufficio, ecc.), poi c’è l’anno e un progressivo. Questo numero è importante per comunicare con AdER (va indicato nelle istanze di rateazione o sospensione). In un avviso bonario, se c’è un riferimento al ruolo e cartella, potrebbe voler dire che l’avviso cita una cartella già emessa precedentemente (ad esempio, a volte negli avvisi bonari per compensazioni indebite viene citato un ruolo). In sintesi: il ruolo è l’atto amministrativo interno (elenco debiti, come un registro), la cartella è l’atto di intimazione derivato dal ruolo, notificato al contribuente, con un numero proprio. Conoscere il numero di cartella e di ruolo può essere utile se devi chiedere informazioni o consultare la posizione: ad esempio sul sito AdER se inserisci il numero cartella nel servizio di verifica pagamenti, ti mostra se è pagata o no.
D: Cosa comporta impugnare un avviso bonario rispetto ad aspettare la cartella?
R: Impugnare subito l’avviso bonario è possibile ed evita la sanzione piena, ma ha pro e contro. Pro: si anticipa la discussione davanti al giudice, potenzialmente bloccando la successiva iscrizione a ruolo (specie se ottieni una sospensiva). Inoltre, un ricorso sul bonario può chiarire questioni di merito prima che maturino interessi di mora o altre complicazioni. Contro: se impugni l’avviso, l’Agenzia potrebbe comunque emettere la cartella decorso il termine, costringendoti a un secondo ricorso (doppio contenzioso) – anche se in teoria non dovrebbe se sa che hai impugnato. La Cassazione 2025 ha evidenziato che l’impugnazione del bonario non ferma AdER dall’emissione della cartella, e anzi se poi impugni anche la cartella, il ricorso sul bonario diventa superfluo. Diciamo che la prassi suggerisce: se la questione è prettamente giuridica (ad esempio contesti una norma, o un calcolo semplice), ricorrere sul bonario subito può risolvere in meno tempo. Se la questione è complessa o documentale, a volte conviene rispondere al bonario (tramite Civis) e vedere se l’ufficio annulla/riduce; se non lo fa, attendi la cartella e impugna quella, così porti a giudizio direttamente l’atto esecutivo con tutti gli elementi. Inoltre, impugnare il bonario implica comunque anticipare i costi di un ricorso (contributo unificato, spese legali) che magari sarebbero stati inutili se l’ufficio correggeva in autotutela. C’è anche un risvolto pratico: impugnando il bonario, non paghi nulla nel frattempo (perché non c’è obbligo di pagamento finché giudice non decide, a parte eventualmente un importo pari a 1/3 se l’ufficio lo iscrive provvisoriamente a ruolo). Invece, se aspetti la cartella per ricorrere, magari devi intanto pagare perché altrimenti AdER procede (salvo sospensione). Quindi è un bilanciamento. Come regola generale, per importi grandi o questioni di principio, meglio ricorrere subito sul bonario; per questioni minori, si può tentare di risolvere bonariamente e al massimo ricorrere sulla cartella. In ogni caso, non perdi il diritto di difesa: l’importante è che entro i termini di legge tu faccia valere le tue ragioni in qualche forma (ricorso bonario o cartella). Nota: se impugni l’avviso bonario, di solito chiedi al giudice anche di sospendere l’eventuale successiva cartella in via preventiva; alcuni giudici lo fanno. Se non ricorri sul bonario, assicurati di sfruttare Civis/autotutela per correggere l’errore, così la cartella magari non esce affatto.
D: Che succede se pago una cartella dopo i 60 giorni?
R: Se paghi oltre il sessantesimo giorno dalla notifica, la cartella è già decaduta dal termine di pagamento, quindi tecnicamente sei in ritardo e l’Agente della riscossione ha già maturato il diritto di applicare interessi di mora e costi di procedure. In pratica: se paghi ad esempio al 70° giorno, dovrai includere nel pagamento anche gli interessi di mora maturati dal 61° al 70° giorno (che sono calcolati sul tributo e sanzioni, a un tasso annuale stabilito, es. ~3,5-4%). Inoltre potresti dover pagare le spese di una possibile attivazione esecutiva se nel frattempo, per esempio, ti è stata notificata un’intimazione di pagamento (causa ritardo). Diciamo che qualche giorno di ritardo comporta un interesse esiguo, ma attenzione: dopo il 60° giorno l’Agente potrebbe aver già iscritto un fermo amministrativo se il debito superava €1.000 e tu non hai reagito (possono farlo già dal 61° giorno, ma in genere attendono). Se il fermo è stato iscritto, pagare estingue il debito ma dovrai poi chiedere la cancellazione del fermo (e pagare le relative spese amministrative). Quindi sarebbe preferibile non far scadere il termine. Se invece il pagamento avviene molto oltre (es. anni dopo), possono subentrare altri aspetti: l’Agente potrebbe aver attivato pignoramenti, ecc. In generale, dopo i 60 giorni: (i) continuano a maturare gli interessi di mora finché non saldi; (ii) se non paghi e non rateizzi, dopo 180 giorni dalla notifica AdER può avviare misure esecutive e ipoteche; (iii) la cartella resta comunque valida, salvo intervenuta prescrizione (che per tributi, dopo la notifica cartella, è 5 anni di regola). Quindi se decidi di pagare tardi, controlla di aggiungere gli interessi giusti (AdER sul sito offre un calcolatore: con il numero cartella e la data di pagamento, ti dice l’importo aggiornato). Altrimenti rimarrà un piccolo importo e la cartella risulterà non chiusa completamente.
D: Ho presentato ricorso contro una cartella, devo comunque pagarla?
R: Il ricorso di per sé non sospende l’obbligo di pagamento. Quindi, formalmente, anche se hai presentato ricorso entro 60 giorni, la cartella potrebbe diventare esecutiva dal 61° giorno e AdER potrebbe agire. Per evitare ciò, devi chiedere al giudice tributario una sospensione dell’esecuzione (istanza di sospensione cautelare). Se il giudice la concede, allora AdER non potrà procedere fino alla decisione sul merito o fino a revoca della sospensione. In molti casi, se il ricorso non è manifestamente infondato e c’è pericolo (pignoramenti), i giudici tributari concedono la sospensione, ma va motivata e richiesta espressamente. Se ottieni la sospensione, non devi pagare in attesa della sentenza. Se non ottieni la sospensione, invece, la cartella rimane esecutiva e AdER potrebbe chiederti il pagamento o procedere: in tal caso, puoi valutare di pagare comunque (per evitare danni) e poi attendere l’esito del ricorso per farti eventualmente rimborsare. Una strategia talvolta adottata è pagare un terzo delle somme contestate al momento del ricorso: questo perché se paghi almeno un terzo, dimostri buona fede e alcuni giudici vedono che hai “coperto” l’eventuale importo provvisorio. Va detto che dal 2022, con la riforma del processo, se il ricorso riguarda imposte iscritte a ruolo dopo un accertamento, l’Agenzia può esigere 1/3 subito anche in pendenza (questo è un tecnicismo: art. 15 DPR 602/73). In parole semplici: presentare ricorso non ti mette automaticamente al riparo dal dover pagare, salvo ottenere un provvedimento di sospensione. Dunque, verifica col tuo legale se la sospensione è stata ottenuta. Se non l’hai chiesta, puoi ancora richiederla finché il giudizio è pendente (o in appello). Un caso particolare: se fai ricorso contro un avviso bonario (che non è esecutivo), lì non c’è nulla da pagare nel frattempo; però quando poi arriverà la cartella, se il ricorso è ancora pendente dovrai eventualmente chiedere l’estensione della sospensione a quella. Tieni anche presente che, se il tuo ricorso verte su soli motivi di diritto e non ci sono dubbi sugli importi, potresti considerare di non chiedere la sospensione e di pagare intanto (specie se ci sono riduzioni per pagamento entro certi termini). È un calcolo caso per caso: p.es., se impugno una cartella per vizi formali e sono quasi sicuro di vincere, potrei non pagare nulla e confidare nella sospensione; se il ricorso è incerto e intanto l’importo crescerebbe con interessi, a volte conviene pagare per fermare interessi (se poi vinco, l’amministrazione deve restituirmi soldi con interessi legali, quindi male non va).
D: Ho letto che ora tutti gli avvisi bonari vengono inseriti nel cassetto fiscale: dal 2025 quindi non inviano più raccomandate?
R: In realtà continuano ad inviare le comunicazioni anche per le vie tradizionali. La novità è che in aggiunta all’invio per raccomandata o PEC, l’Agenzia carica la comunicazione nel cassetto fiscale. Il provvedimento del 19/11/2024 specifica proprio che le comunicazioni ex 36-bis e 54-bis “saranno disponibili nel cassetto fiscale” ma “saranno comunque inviate anche con le modalità tradizionali” (raccomandata o PEC). Questo significa che almeno per ora non hanno abolito le notifiche cartacee/PEC: se sei un privato senza PEC, continuerai a ricevere la lettera a casa; se hai PEC, la riceverai via PEC. L’area “L’Agenzia scrive” serve per darti un canale in più e una gestione integrata. In prospettiva futura, con l’aumento dei domicili digitali, è possibile che si tenda a dematerializzare del tutto (magari usando la Piattaforma Notifiche Digitali nazionale). Ma al luglio 2025, puoi considerare il cassetto come un duplicato sicuro delle comunicazioni. Ciò ti tutela anche nel caso tu non ricevessi la raccomandata (smarrita) – potrai comunque vedere l’avviso nel cassetto e provvedere. Ovviamente resta sempre valido il principio che, ai fini legali, conta la notifica formale. Quindi se, poniamo, per un disguido né la raccomandata né il PEC ti arrivano ma l’avviso appare nel cassetto, dovresti pagarlo perché sai della sua esistenza; tuttavia, in caso di contenzioso, potresti eccepire la nullità della notifica. Situazione un po’ borderline: meglio prevenire controllando il cassetto e agendo come se la notifica ci fosse stata.
D: Le comunicazioni nel cassetto fiscale valgono come notifica legale?
R: Da sole no, non hanno pieno valore di notifica, a meno che non siano accompagnate da un avviso via PEC o raccomandata come previsto dalla legge. Mettere un documento nel cassetto fiscale non equivale a notificarlo secondo le norme del Codice di procedura civile o della PEC, come confermato anche da sentenze (ad es. per l’INPS, la Cassazione ha detto che l’annotazione nel cassetto previdenziale non ha funzione notificatoria). Il cassetto è un servizio aggiuntivo informativo. Fanno eccezione eventuali future normative che potrebbero stabilire il cassetto come domicilio digitale di default, ma attualmente non è così. Dunque, la notifica “ufficiale” è quella che avviene via PEC o posta o messo, e di quella decorrono i termini. La comparsa nel cassetto di un avviso bonario è generalmente contestuale alla notifica via PEC (per gli utenti PEC) o all’invio della raccomandata (per i non PEC). Se dovesse verificarsi una discrepanza (documento in cassetto ma notifica non pervenuta), dal punto di vista legale il termine potrebbe non essere ancora decorso. Tuttavia, fai attenzione: per gli atti di riscossione (AdER) c’è una norma (art. 26-bis DPR 602/73, introdotto dal 2020) che consente di portare a conoscenza atti anche tramite “portale” se hai domicilio digitale (questo in futuro potrebbe includere cassetto o altri mezzi). Attualmente però AdER usa il portale InfoCamere per depositare e considerare notificati gli atti (con raccomandata informativa). Quindi, ribadendo: il cassetto fiscale è uno strumento di consultazione, non un sostituto di notifica (non a caso, ogni comunicazione nel cassetto riporta comunque la data di notifica ufficiale via PEC o posta). Dal punto di vista pratico, comunque, se trovi un atto nel cassetto, agisci come se fosse notificato per non rischiare: esempio, trovi un avviso bonario datato 1 luglio che dice “comunicazione ex art.36-bis”, e tu non hai ricevuto PEC né raccomandata: contatta l’ufficio per capire se l’hanno spedito e dove, magari c’è stato errore di indirizzo. Ma intanto calcola 60 giorni da lì per sicurezza. Per le cartelle invece di solito nel cassetto fiscale non appare il PDF, magari vedi solo “ruolo numero …”: in quel caso devi proprio recuperare la cartella via AdER.
D: Cosa indicano le sigle come 36-bis, 36-ter, 54-bis riportate nelle comunicazioni?
R: Sono riferimenti normativi. 36-bis e 36-ter si riferiscono al DPR 600/1973, articoli che disciplinano i controlli delle dichiarazioni dei redditi: 36-bis è il controllo aritmetico-formale automatico (il tipico avviso bonario), 36-ter è il controllo formale (quando l’Agenzia chiede documenti e rettifica la dichiarazione). 54-bis si riferisce al DPR 633/1972, che è l’analogo di 36-bis ma per l’IVA. Quindi una “comunicazione 36-bis” è un avviso bonario scaturito da controllo automatizzato (liquidazione) della dichiarazione dei redditi; una “36-ter” è un avviso successivo a controllo formale (dove hai mandato ricevute, scontrini, e loro calcolano differenze). Sapere la differenza aiuta: le 36-bis vanno pagate con sanzione 10% in 30 (ora 60) giorni, le 36-ter di solito hanno 30 giorni per rispondere e 60 per pagare con sanzione 20% (un po’ diverse). Art. 54-bis indica un avviso IVA (che in genere segue le stesse regole del 36-bis). Altre sigle: art. 29 DL 78/2010 di solito lo citano gli avvisi di accertamento esecutivi, art. 30 DL 78/2010 per gli avvisi INPS. Art. 26 DPR 602/73 è citato nelle cartelle come base normativa della notifica. Art. 60 DPR 600/73 appare sulle relate di notifica per irreperibili. Insomma, sono riferimenti alle leggi tributarie; non serve conoscerle a memoria, ma se appare 36-bis sai che è un controllo automatizzato. Spesso le comunicazioni includono anche un prospetto esplicativo che traduce quelle sigle: ad es. “Esito 36-bis: differenze nel rigo RN…”. Puoi trovare spiegazioni anche sul sito AdE (ci sono guide alle comunicazioni di irregolarità).
Come abbiamo visto, il cassetto fiscale è diventato il fulcro digitale dove cercare le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate, ma va usato in sinergia con gli altri strumenti (PEC, portale AdER, ecc.) per avere una visione completa. Dal punto di vista legale, il contribuente-debitore deve sapersi muovere tra adempimento e contestazione: decidere quando pagare e quando invece far valere i propri diritti in giudizio. Le normative italiane in materia tributaria (DPR 600/1973, DPR 602/1973, D.Lgs. 546/1992, ecc.) e la giurisprudenza più recente offrono vari appigli per chi agisce tempestivamente e in buona fede, ma richiedono anche rigore nel rispettare termini e procedure. Speriamo che questa guida – completa di tabelle, esempi e riferimenti – possa servire da bussola sia al professionista (avvocato, commercialista) sia al contribuente privato o imprenditore che voglia gestire in modo consapevole il proprio rapporto con il Fisco, sfruttando gli strumenti digitali come il cassetto fiscale per non farsi trovare impreparato di fronte a cartelle e avvisi.
Fonti
- Agenzia delle Entrate – Provvedimento del 19 novembre 2024, prot. 419815/2024: “Attuazione delle disposizioni in materia di rafforzamento del contenuto conoscitivo del cassetto fiscale” – Introduzione della consultazione e gestione avvisi bonari online.
- Agenzia delle Entrate – sito web istituzionale: sezione “Visualizza e paga la comunicazione” – Istruzioni ufficiali: “Le comunicazioni emesse a seguito di controllo automatico sono consultabili nella sezione ‘L’Agenzia scrive’ del Cassetto fiscale”. Include indicazioni sul pagamento online e Civis.
- Normativa di riferimento:
- DPR 600/1973 (accertamento delle imposte sui redditi), artt. 36-bis e 36-ter – Controlli automatici e formali; art. 60 – Notifiche atti tributari (richiamato per irreperibilità).
- DPR 633/1972 (IVA), art. 54-bis – Controllo automatico dichiarazioni IVA.
- D.Lgs. 462/1997, art. 2 e 3 – Sanzioni ridotte e definizione avvisi bonari (pagamento entro 30/60 gg).
- D.Lgs. 546/1992 (processo tributario) art. 19 – Atti impugnabili; art. 18 – termine 60 gg per ricorso; art. 47 – Sospensione provvisoria.
- DL 78/2010, art. 29 – Avvisi di accertamento esecutivi erariali; art. 30 – Avvisi di addebito INPS e notifica PEC.
- Legge 160/2019 (Legge bilancio 2020), commi da 816 – Estensione accertamento esecutivo a tributi locali.
- DL 146/2021 conv. L. 215/2021, art. 3-bis – Introduzione art. 12 co.4-bis DPR 602/73 (impugnazione estratti di ruolo); modifiche a notifiche PEC (doppio tentativo, deposito, InfoCamere).
- D.Lgs. 119/2022 (Riforma giustizia tributaria) – istituzione Corti Giustizia Tributarie (nuova denominazione Commissioni) e modifiche processo (sospensive più rapide, onere pagamento 1/3 in appello ecc.).
- D.Lgs. 1/2024, art. 23 co.3 – Rafforzamento cassetto fiscale: “siano resi disponibili per la consultazione tutti gli atti e comunicazioni… inclusi quelli riguardanti i ruoli AdER relativi ad atti AE”.
- D.Lgs. 110/2024, art. 12 – Ritocchi a art.12 DPR 602/73 (impugnazione estratto ruolo) applicabili ai giudizi pendenti.
- DPR 602/1973 (riscossione), art. 25 – Termini notifica cartelle (18 mesi da ruolo); art. 26 – Notifica cartelle (PEC o messo, e nuove procedure in caso PEC ko); art. 26-bis – Domicilio digitale per atti non da notificare (introduce possibilità notifica anche tramite canali digitali diversi); art. 48-bis – Verifica crediti PA sopra €5.000 (blocchi pagamenti).
- Codice civile, artt. 2934 e segg. – Prescrizione; art. 2943 – Interruzione della prescrizione (rilevante per atti notificati).
- Cassazione e Giurisprudenza:
- Cass., Sez. Unite, 2016 n. 9451: primo riconoscimento impugnabilità avvisi bonari (principio ripreso da Cass. 10094/2023).
- Cass., Sez. Trib., ord. n. 3347/2017: su rateazione cartella non costitutiva di acquiescenza (richiamata da Cass. 10094/23).
- Cass., Sez. Unite, 2015 n. 19704: legittimazione ricorso avverso estratto di ruolo per far valere mancata notifica cartella (orientamento poi superato dal legislatore nel 2021).
- Cass., Sez. Unite, 2020 n. 7822: conferma non impugnabilità estratto ruolo salvo interesse concreto; prescrizione “dinamica”.
- Cass., Sez. Trib., ord. n. 4526 dell’11/02/2022: conferma facoltà e non onere di ricorrere subito contro cartella non notificata (in regime previgente).
- Cass., Sez. Unite, 2022 n. 4090 e 2022 n. 4166: nuova definizione confini impugnazione atti AdER e interesse ad agire, recepite da legge.
- Cass., Sez. Trib., ord. n. 14990/2024: nullità notifica per irreperibilità se relata generica, necessità di trasparenza e ricerche (conferma orientamento su art. 60 DPR 600/73 lett. e).
- Cass., Sez. Trib., ord. n. 10094/2023: gli avvisi bonari sono impugnabili (anche se non nell’elenco art.19) perché manifestano una pretesa tributaria motivata; l’impugnazione è facoltativa, non impugnandoli non c’è acquiescenza. Ribadisce che rateizzare senza riserve non preclude ricorso.
- Cass., Sez. Trib., ord. n. 2092/2025 (depositata 29/1/2025): impugnazione avviso bonario non impedisce notifica cartella; se poi si impugna la cartella, il ricorso contro il bonario diventa improcedibile (per sopravvenuta carenza interesse).
- Cass., Sez. Lav., sent. n. 142/2020: termini impugnazione avvisi addebito INPS e giurisdizione giudice lavoro.
- CTR Lombardia, sent. n. 312/2021: (esempio) riconosciuta nullità notifica cartella a indirizzo PEC errato, ecc.
- Agenzia Entrate-Riscossione – Guida “Cartella di pagamento” (sito AdER): spiega elementi della cartella, compreso numero atto e ente creditore.
- Agenzia Entrate-Riscossione – Pagina “Notifica” (sito AdER): illustra procedure di notifica via PEC e in mancanza deposito su InfoCamere, con avviso pubblicato 15 giorni e raccomandata informativa.
- Legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021): commi 15-16 abolizione oneri di riscossione a carico debitore dal 2022. AdER notizia: “Rimane invariato il rimborso dei diritti di notifica e delle spese esecutive”.
- Documentazione MEF – Dossier: DEFR (finanze.gov) su D.Lgs. 1/2024 – spiega art. 23 cassetto fiscale (non visualizzato per errori tecnici, ma contenuto confermato da Studio Benedetti sopra).
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✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e procedure fiscali telematiche
✔️ Specializzato nella difesa da accertamenti e comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Consultare regolarmente il cassetto fiscale ti permette di prevenire problemi e difenderti tempestivamente da eventuali contestazioni.
Con l’assistenza legale giusta puoi interpretare correttamente le comunicazioni, evitare sanzioni e tutelare i tuoi diritti.
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