Comunicazione Di Irregolarità Per Versamenti Tardivi: Cosa Fare

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità dall’Agenzia delle Entrate per versamenti effettuati in ritardo?
Queste comunicazioni, spesso chiamate “avvisi bonari”, segnalano differenze tra quanto dichiarato e quanto effettivamente versato entro le scadenze previste. Anche un ritardo di pochi giorni può generare sanzioni e interessi. Sapere come gestire la situazione può evitare il peggioramento del debito e ridurre i costi.

Quando può arrivare una comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi
– Quando il pagamento delle imposte (IVA, IRPEF, IRES, ritenute) è stato effettuato oltre il termine di legge
– Quando i versamenti risultano incompleti o con importo inferiore a quanto dichiarato
– Quando il ravvedimento operoso non è stato eseguito correttamente
– Quando ci sono errori nel codice tributo o nel periodo di riferimento indicato nel modello F24
– Quando i versamenti effettuati non sono stati correttamente abbinati alla dichiarazione

Cosa può accadere dopo la comunicazione di irregolarità
– Applicazione di sanzioni per tardivo versamento
– Calcolo degli interessi di mora fino alla data di effettivo pagamento
– Richiesta di pagamento dell’imposta residua se il versamento è parziale
– Iscrizione a ruolo e successiva cartella esattoriale se non si paga nei termini
– Possibile aumento del debito in caso di mancata risposta

Cosa fare in caso di comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi
– Verificare con un avvocato tributarista o un commercialista la correttezza della contestazione
– Controllare date e importi dei pagamenti effettuati tramite estratti conto e quietanze F24
– Se l’irregolarità è fondata, valutare il pagamento entro i termini indicati per beneficiare della riduzione delle sanzioni
– Se ci sono errori, presentare una comunicazione di chiarimento all’Agenzia delle Entrate allegando la documentazione di pagamento
– Valutare la possibilità di rateizzare gli importi dovuti per evitare il blocco della liquidità aziendale o personale
– Coordinare la risposta con eventuali altre pendenze fiscali per evitare cumuli di sanzioni

Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale e fiscale
– L’annullamento della comunicazione se il pagamento è stato effettuato correttamente
– La riduzione delle sanzioni grazie al pagamento entro i termini indicati
– La possibilità di rateizzare il debito e prevenire l’iscrizione a ruolo
– La chiusura della posizione senza ulteriori conseguenze
– La prevenzione di futuri avvisi per errori procedurali

Attenzione: anche se si tratta di una comunicazione “bonaria” e non di un atto esecutivo, ignorarla può portare rapidamente a una cartella esattoriale. Intervenire subito è l’unico modo per evitare costi aggiuntivi e complicazioni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega cosa fare se ricevi una comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi, come verificare la fondatezza della richiesta e come ridurre le sanzioni.

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Introduzione

La comunicazione di irregolarità – spesso chiamata anche avviso bonario – è una lettera inviata dall’Agenzia delle Entrate al contribuente per segnalare anomalie riscontrate a seguito dei controlli sulle dichiarazioni fiscali. In particolare, nel caso di versamenti tardivi (ovvero imposte versate oltre la scadenza), la comunicazione di irregolarità informa il contribuente che sono dovuti sanzioni e interessi per il ritardo. Si tratta di un atto non impositivo in senso stretto, ma di natura preventiva e bonaria: il suo scopo è consentire al contribuente di regolarizzare la propria posizione beneficiando di sanzioni ridotte, evitando così l’iscrizione a ruolo del debito e la successiva cartella di pagamento. In altri termini, è un “avviso” che anticipa possibili azioni di riscossione coattiva, offrendo una chance di rimediare spontaneamente.

Aggiornata a luglio 2025, questa guida affronta in dettaglio come comportarsi di fronte a una comunicazione di irregolarità dovuta a versamenti tardivi, dal punto di vista del contribuente (privato, imprenditore o professionista) che risulta debitore verso il Fisco. Adotteremo un approccio avanzato, con riferimenti normativi (leggi, decreti, circolari) dell’ordinamento italiano e richiami a giurisprudenza recente, ma mantenendo un linguaggio comprensibile. Troverai inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande e risposte frequenti, per chiarire i dubbi più comuni. Infine, tutte le fonti utilizzate (normative, prassi e sentenze) sono elencate in una sezione dedicata al termine della guida, per consentire ulteriori approfondimenti.

Quadro normativo di riferimento

Prima di entrare nel merito operativo, riepiloghiamo brevemente le principali norme coinvolte nella gestione dei versamenti tardivi e delle comunicazioni di irregolarità in Italia:

  • Controlli automatici e formali sulle dichiarazioni: D.P.R. 600/1973, art. 36-bis (controllo automatizzato delle imposte dirette) e art. 36-ter (controllo formale); D.P.R. 633/1972, art. 54-bis (controllo automatizzato IVA). Queste disposizioni prevedono che, se dal controllo emerge un risultato diverso da quanto dichiarato (ad esempio maggior imposta dovuta), l’esito della liquidazione va comunicato al contribuente per evitargli di reiterare errori e permettergli la regolarizzazione.
  • Statuto del Contribuente: Legge 212/2000, art. 6, comma 5. Stabilisce espressamente l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di comunicare al contribuente l’esito del controllo automatico o formale quando emergono difformità, prima di procedere all’iscrizione a ruolo delle somme, salvo il caso in cui “non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”. Questa norma tutela il diritto al contraddittorio preventivo, imponendo un avviso (bonario) per permettere chiarimenti o pagamenti.
  • Sanzioni per omessi o tardivi versamenti: D.Lgs. 471/1997, art. 13. Questa disposizione definisce la sanzione amministrativa per chi versa imposte oltre la scadenza. Dal 1° settembre 2024, a seguito della riforma introdotta con D.Lgs. 87/2024, la sanzione base per omesso o tardivo versamento è stata ridotta dal 30% al 25% dell’importo non versato. Inoltre, se il versamento viene comunque effettuato entro 90 giorni dalla scadenza, la sanzione è dimezzata (ridotta al 12,5% per violazioni dal 1/9/2024, mentre per violazioni antecedenti rimane al 15%). Per ritardi non superiori a 15 giorni, la sanzione (già dimezzata) è ulteriormente ridotta in misura giornaliera (1/15 per ogni giorno di ritardo).
  • Ravvedimento operoso: D.Lgs. 472/1997, art. 13 e 13-bis. Disciplina la possibilità per il contribuente di sanare spontaneamente le violazioni (come un omesso/tardivo versamento) beneficiando di riduzioni sulla sanzione proporzionali alla tempestività del ravvedimento. Ad esempio, pagare tributo, interessi e sanzione prima che il Fisco contesti l’irregolarità consente di applicare sanzioni molto ridotte (fino a 1/10, 1/8, 1/7, ecc. del minimo a seconda del momento in cui si perfeziona il pagamento). L’art. 13-bis, introdotto di recente, permette anche il cumulo giuridico delle sanzioni in sede di ravvedimento per violazioni plurime correlate (ad es. più omissioni riferite allo stesso periodo).
  • Definizione agevolata delle comunicazioni: D.Lgs. 462/1997, art. 2 e 3. Regola la procedura di definizione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici/formali. In particolare, l’art. 2 prevede che pagando quanto richiesto con la comunicazione di irregolarità entro un termine prefissato (vedremo infra il dettaglio) la sanzione sia ridotta ad una frazione di quella ordinaria (1/3 per controlli automatici, 2/3 per controlli formali). L’art. 3-bis consente il pagamento rateale di tali somme, fissando un massimo di rate e un tasso di interesse sulle rate successive.
  • Termini e sospensioni: D.Lgs. 462/1997, art. 2, comma 2; D.Lgs. 5 agosto 2024 n.108 (decreto di semplificazione); art. 7-quater, comma 17, D.L. 193/2016 (convertito). La normativa vigente (aggiornata al 2025) estende a 60 giorni il termine per il pagamento delle somme da avviso bonario (per comunicazioni elaborate dal 1° gennaio 2025), uniformandolo ai termini delle cartelle. Fino al 2024 il termine era di 30 giorni. Inoltre, la legge prevede una sospensione feriale dei termini: dal 1° agosto al 4 settembre di ogni anno il conteggio dei giorni per pagare le comunicazioni è sospeso. È anche previsto (D.Lgs. 1/2024, art. 10) il blocco dell’invio di nuovi avvisi bonari durante certi periodi (dal 1° al 31 agosto, e dal 1° al 31 dicembre, salvo urgenze).
  • Lieve inadempimento: D.Lgs. 159/2015 (art. 15-ter DPR 602/1973 e succ. mod.) e circolare AE n. 17/E del 29.4.2016. Introduce una tutela per il contribuente che sfiora la scadenza con lievi ritardi o piccoli errori di importo. In caso di pagamento tardivo fino a 7 giorni oltre la scadenza, oppure pagamento parziale con scostamento non superiore al 3% (e in ogni caso a €10.000) dell’importo dovuto, il contribuente non decade dai benefici della definizione agevolata o della dilazione. In queste ipotesi di “lieve inadempimento”, il legislatore consente di evitare l’iscrizione a ruolo: basterà versare il residuo (o regolarizzare il ritardo) entro la scadenza della rata successiva o entro 30 giorni, eventualmente avvalendosi del ravvedimento operoso per le sole sanzioni ed interessi dovuti sul lieve ritardo.

Questo quadro normativo sarà richiamato nelle sezioni seguenti per comprendere le tutele e gli obblighi in capo al contribuente. In sostanza, se hai versato in ritardo delle imposte, la legge prevede sanzioni amministrative proporzionate al ritardo, ma offre anche opportunità di riduzione delle stesse (ravvedimento prima e definizione bonaria poi). Inoltre, impone all’Amministrazione di avvisarti in via bonaria prima di procedere a recuperi forzosi, salvo casi di conclamata certezza del debito.

Cos’è la comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi?

La comunicazione di irregolarità è una lettera ufficiale dell’Agenzia delle Entrate che segnala al contribuente un esito anomalo emerso dai controlli sulla dichiarazione dei redditi (o IVA, IRAP, ecc.). Nel contesto dei versamenti tardivi, tipicamente succede questo: il contribuente presenta la dichiarazione indicando un certo importo da versare (saldo o acconto d’imposta), ma paga oltre la scadenza prevista, oppure paga solo una parte di quanto dovuto entro la scadenza. Il sistema di liquidazione automatizzata dell’Agenzia, incrociando i dati, rileva la discrepanza tra il dovuto dichiarato e quanto effettivamente versato nei termini.

A quel punto, l’Amministrazione elabora la comunicazione di irregolarità in cui sono indicati:

  • L’importo dell’imposta risultata non versata entro la scadenza (o versata in misura insufficiente). Se nel frattempo il contribuente ha comunque eseguito il versamento, tale importo potrebbe figurare come saldo ancora dovuto pari a zero, ma si configura comunque un ritardo su cui applicare sanzioni e interessi.
  • La sanzione ridotta applicabile in via bonaria per il ritardato versamento. Questa è pari a un terzo della sanzione ordinaria, nel caso di controlli automatici, oppure due terzi nel caso di controlli formali (come vedremo meglio oltre). Ad esempio, per un tardivo versamento emerso da controllo automatizzato, la comunicazione calcolerà una sanzione del 10% (cioè 1/3 del 30%) se si tratta di violazione antecedente al 2024, oppure dell’8,33% (cioè 1/3 del 25%) per violazioni dopo il 1/9/2024. Nel caso di versamenti entro 90 giorni dalla scadenza, la base sanzione è dimezzata prima di applicare il terzo, come illustrato nelle sezioni seguenti.
  • Gli interessi dovuti sul ritardo nel pagamento. Si tratta degli interessi moratori calcolati al tasso legale pro tempore, dal giorno successivo alla scadenza originaria fino alla data del pagamento tardivo (se il tributo è già stato pagato) oppure, se il tributo risulta ancora non pagato, fino alla data di elaborazione della comunicazione. Gli interessi legali variano di anno in anno (ad esempio 2,5% annuo nel 2024, 5% nel 2023, ecc.) e vengono conteggiati su base giornaliera.
  • Il dettaglio degli elementi riscontrati: la comunicazione elenca le irregolarità, ad esempio indicando quale tributo presenta uno scostamento. Solitamente include un prospetto con l’importo dichiarato, l’importo versato dal contribuente (se c’è stato un versamento, ancorché tardivo), e l’eventuale differenza. Nel caso di versamento effettuato dopo la scadenza, la differenza di imposta può risultare zero, ma verranno comunque evidenziati i giorni di ritardo e le relative sanzioni/interessi dovuti.
  • Il Modello F24 precompilato per effettuare il pagamento di quanto dovuto (imposte residue, sanzioni ridotte, interessi) entro la scadenza indicata. Il contribuente può utilizzare questo modello allegato per pagare comodamente in banca o online. In alternativa, è possibile compilare autonomamente un F24, riportando i codici tributo indicati nella comunicazione e il codice atto, soprattutto se si intende pagare solo una parte o compensare con crediti tributari.

Dal punto di vista formale, la comunicazione di irregolarità viene inviata:

  • Al domicilio fiscale del contribuente, tramite raccomandata A/R, se si tratta di un soggetto privato non titolare di partita IVA.
  • All’indirizzo PEC (posta elettronica certificata) del contribuente, se è un soggetto titolare di partita IVA (es. imprese, professionisti): in questo caso l’avviso arriva telematicamente.
  • In alcuni casi, per i controlli automatici sulle dichiarazioni presentate da intermediari (commercialisti, CAF), l’Agenzia invia un avviso telematico all’intermediario stesso (sul cassetto fiscale); tale avviso telematico fa decorrere i termini dal 60º giorno successivo alla trasmissione, dando al contribuente complessivamente 90 giorni di tempo.

È fondamentale comprendere che questa comunicazione non è un atto impositivo definitivo: non si tratta di un avviso di accertamento né di una cartella esattoriale, e non è impugnabile direttamente dinanzi al giudice tributario. La sua funzione è preventiva: mettere a conoscenza il contribuente del problema e offrirgli una via “agevolata” per sistemare tutto. Come chiarito dalla Corte di Cassazione, l’omissione di questa comunicazione nei casi previsti può inficiare la successiva cartella (in quanto lesiva del diritto di difesa e del contraddittorio), anche se la giurisprudenza più recente ha fatto una distinzione a seconda della natura dell’irregolarità (vedi oltre, sezione sulle strategie difensive).

In sintesi, se ricevi una comunicazione di irregolarità per un versamento tardivo, vuol dire che il Fisco ha rilevato che hai pagato in ritardo e ora ti sta chiedendo di versare una somma aggiuntiva: generalmente, l’imposta (se non l’avevi ancora pagata affatto), oppure la sola sanzione e interessi (se nel frattempo avevi già versato il tributo, ma in ritardo). Il tutto, con uno sconto sulle sanzioni previsto per incoraggiarti a pagare subito ed evitare azioni più onerose.

Sanzioni per versamenti tardivi: importi e riduzioni

Vediamo ora più in dettaglio quali sanzioni si applicano in caso di tardivo versamento di imposte e come sono cambiate di recente (alla luce delle novità normative del 2024). Capire il meccanismo sanzionatorio è importante sia per leggere correttamente la comunicazione di irregolarità ricevuta, sia per valutare le alternative (pagamento immediato, ravvedimento, ecc.).

Sanzione ordinaria: la legge prevede che chi non esegue un versamento dovuto entro la scadenza è soggetto a una sanzione amministrativa del 30% dell’importo non versato (art. 13 D.Lgs. 471/1997). Questa era la regola generale fino al 31 agosto 2024. Come accennato, a partire dalle violazioni commesse dal 1° settembre 2024, la sanzione base è stata ridotta al 25%. Il motivo di questa riduzione è rendere le sanzioni più proporzionate e meno punitive, nell’ambito di una riforma complessiva del sistema sanzionatorio tributario (attuata col D.Lgs. 87/2024).

Riduzione per ritardo contenuto: la normativa distingue in base all’entità del ritardo nel pagamento, prevedendo sanzioni più basse se il contribuente versa con un breve ritardo. In particolare (art. 13, co.1, D.Lgs. 471/97, come modificato):

  • Se il versamento avviene con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza, la sanzione ordinaria è ridotta alla metà. Per le violazioni commesse fino al 31/8/2024 ciò significa sanzione al 15% (metà di 30%). Per violazioni dal 1/9/2024 in poi significa sanzione al 12,5% (metà di 25%). Questa previsione è automatica: è la sanzione base stessa ad essere dimezzata se hai comunque pagato entro 3 mesi, anche se senza fare ravvedimento. Ad esempio, se avevi un saldo IRPEF di 1.000 € in scadenza il 30 giugno e lo versi il 20 settembre (circa 82 giorni di ritardo), in caso di contestazione l’ufficio applicherà una sanzione base del 12,5% (125 €) invece del 25% pieno.
  • Se il versamento avviene con un ritardo non superiore a 15 giorni, si applica un’ulteriore attenuazione. In pratica, per i primi 15 giorni di ritardo la sanzione dimezzata (15% o 12,5%) viene proporzionata ai giorni. La formula è 1/15 della sanzione dimezzata per ciascun giorno di ritardo. Quindi, per violazioni pre-1/9/2024: sanzione giornaliera 1% (dato che 15%/15 = 1%). Per violazioni post-1/9/2024: sanzione giornaliera ≈ 0,8333% (cioè 12,5%/15). Questo significa che se paghi con un giorno di ritardo la sanzione è 0,83%, con due giorni ~1,67%, e così via, crescendo fino a raggiungere il 12,5% al 15º giorno. Dal 16º giorno fino al 90º giorno la sanzione resta fissa al 12,5% (o 15% nel vecchio regime).
  • Oltre i 90 giorni di ritardo (senza pagamento), si applica la sanzione intera (25% nuovo regime, 30% vecchio). In pratica, superata la soglia dei tre mesi, il ritardo è considerato omissione a tutti gli effetti e la sanzione torna al massimo.

Riassumendo in una tabella le sanzioni per tardivo versamento (art. 13 D.Lgs. 471/97) prima e dopo la riforma 2024:

Ritardo nel versamentoViolazioni fino al 31/8/2024 (sanzione base 30%)Violazioni dal 1/9/2024 (sanzione base 25%)
Pagamento entro 15 giorni dalla scadenza1% per ogni giorno di ritardo (fino a 15% max al 15° giorno).~0,83% per ogni giorno di ritardo (fino a 12,5% al 15° giorno).
Pagamento dal 16° giorno ed entro 90 giorni15% fisso12,5% fisso
Pagamento oltre 90 giorni (o mancato pagamento)30%25%

Nota: le percentuali sopra indicate sono quelle senza ravvedimento. Come vedremo, il ravvedimento operoso consente di abbattere ulteriormente queste sanzioni versando spontaneamente il dovuto prima che l’irregolarità venga contestata (o, comunque, entro certi termini).

Interessi moratori: Ai tardivi versamenti si applicano anche gli interessi legali per i giorni di ritardo. Il tasso legale è stabilito annualmente (era ad esempio 2,5% annuo per il 2024, 5% per il 2023, 1,25% per il 2022, etc.) e gli interessi si calcolano giorno per giorno. Se il contribuente paga spontaneamente il tributo in ritardo, deve versare anche gli interessi maturati dal giorno dopo la scadenza al giorno del pagamento. Se invece interviene la comunicazione di irregolarità, la stessa conterrà il calcolo degli interessi dovuti fino alla data indicata (di solito fino a quando il tributo è stato versato, oppure fino alla data della comunicazione se il tributo risulta ancora non pagato). Gli interessi, pur dovuti integralmente, non sono soggetti a sanzione (si pagano ma senza ulteriori penalità su di essi).

Esempio pratico di calcolo: supponiamo un’imposta di €10.000 dovuta al 16 giugno, ma versata il 10 settembre dello stesso anno. Il ritardo è di 86 giorni, dunque entro 90 giorni. Sanzione base: 15% (violazione ante 2024) o 12,5% (post 1/9/24). Su €10.000 ciò equivale a €1.500 (vecchio regime) o €1.250 (nuovo regime). Questa è la sanzione “piena” prevista in assenza di definizione agevolata. Gli interessi legali, ipotizzando tasso 5% annuo, sui 86 giorni di ritardo ammonterebbero a circa €117 (calcolo: 5%/365 * 86 giorni * 10.000). Ora, se arriva una comunicazione di irregolarità, al contribuente verrà richiesta la sanzione ridotta a un terzo: quindi €500 (un terzo di 1.500) nel vecchio regime oppure circa €416 (un terzo di 1.250) nel nuovo regime, oltre agli interessi €117. Dunque, pagando tempestivamente l’avviso bonario, il contribuente sanerebbe il ritardo con circa €617 nel nuovo regime, invece dei €1.367 che avrebbe rischiato in caso di cartella (sanzione piena + interessi + ulteriori aggi).

Ravvedimento operoso: È fondamentale ricordare che, se il contribuente interviene prima della comunicazione di irregolarità, può regolarizzare il tardivo versamento con sanzioni ancora più basse, grazie al ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97). Il ravvedimento è possibile finché l’irregolarità non sia già stata constatata o notificata dall’Ufficio. Nel caso dei controlli automatici, la comunicazione di irregolarità segna di fatto il termine ultimo per ravvedersi (dopo, formalmente, non si può più fruire del ravvedimento su quella violazione). Conviene quindi valutare il ravvedimento appena ci si accorge di aver versato tardi, senza aspettare l’avviso bonario.

Le riduzioni ravvedimento per omessi/tardivi versamenti, alla luce delle modifiche del 2024 (DLgs 87/2024), sono le seguenti:

  • Ravvedimento entro 30 giorni dalla scadenza: sanzione ridotta a 1/10 del minimo. Nota: fino al 31/8/2024 questa possibilità di ravvedimento sprint era prevista solo per i tardivi versamenti, mentre dal 1/9/2024 è stata estesa a tutte le violazioni (il DLgs 87/2024 ha unificato alcuni scaglioni). Nel caso di versamento tardivo, “minimo” si intende la sanzione dimezzata (se entro 90 gg) o piena (se oltre 90 gg). Esempio: se un’imposta è stata pagata con 10 giorni di ritardo e ci si ravvede entro l’11º giorno dalla violazione, la sanzione base sarebbe 0,83% al giorno ~ 8,3% totali (nuovo regime); applicando 1/10, la sanzione dovuta col ravvedimento sarebbe ~0,83%. In generale, un ravvedimento entro 30 giorni comporta una sanzione irrisoria (l’1/10 di quella già ridotta per il breve ritardo).
  • Ravvedimento entro 90 giorni (dalla violazione o entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione, se più ampio): sanzione ridotta a 1/9 del minimo (questa frazione è stata introdotta dal 2015). Ad esempio, tardivo versamento non oltre 90 gg, sanzione base 12,5% → ravvedimento entro 90 gg = 1/9 di 12,5% = ~1,39%.
  • Ravvedimento oltre 90 giorni ma entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale sull’anno della violazione: sanzione a 1/8 del minimo. Se il pagamento tardivo rientrava entro i 90 gg, minimo 12,5%, quindi ravvedimento = 1/8 di 12,5% = 1,56%. (Questo caso di solito coincide col ravvedimento fatto entro circa un anno).
  • Ravvedimento entro 2 anni dall’omissione (o entro dichiarazione anno successivo a quello della violazione): sanzione 1/7 del minimo.
  • Ravvedimento oltre 2 anni: sanzione 1/6 del minimo (previsto dal 2015).

Ci sono poi fattispecie particolari di ravvedimento “in extremis” dopo processi verbali ecc., non pertinenti ai versamenti tardivi qui considerati.

Un punto importante sul ravvedimento dei versamenti tardivi chiarito dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 67/E/2011 e Circolare 42/E/2016) è che la riduzione della sanzione dipende dal momento in cui si perfeziona il ravvedimento, non dalla data del versamento del tributo. In altre parole, se il contribuente paga prima il tributo e solo successivamente (magari mesi dopo) versa sanzioni e interessi ravvedendosi, lo sconto sulla sanzione va calcolato in base a quando paga la sanzione, non a quando pagò il tributo in ritardo. Ad esempio, se Tizio versa l’imposta con 60 giorni di ritardo ma attende 8 mesi prima di versare la sanzione da ravvedimento, la riduzione spettante sarà quella prevista per un ravvedimento entro un anno (1/8) e non entro 90 giorni. Dunque, per massimizzare il beneficio, il ravvedimento va completato il prima possibile con il pagamento contestuale di imposta, interessi e sanzione ridotta.

In sintesi, le sanzioni per i versamenti tardivi oscillano su vari livelli (dallo 0,x% in caso di ravvedimento sprint fino al 25-30% pieno in caso di totale inerzia). La comunicazione di irregolarità, qualora arrivi, normalmente applica la sanzione base ridotta ad 1/3 (o 2/3), offrendo ancora un vantaggio al contribuente rispetto alla sanzione piena. Nel prossimo paragrafo vedremo come leggere e gestire questa comunicazione: in particolare, cosa conviene fare se si è d’accordo con quanto richiesto (pagamento) e cosa fare se non si è d’accordo (contestazione).

Cosa fare quando si riceve la comunicazione di irregolarità

Ricevere dall’Agenzia delle Entrate una busta contenente un avviso bonario per versamenti tardivi può generare preoccupazione, ma è importante mantenere la calma e agire tempestivamente. Vediamo passo passo come procedere, distinguendo due situazioni fondamentali:

  1. Il contribuente riconosce la correttezza della comunicazione, ovvero effettivamente c’è stato un versamento tardivo e l’importo richiesto (sanzioni/interessi) appare giusto.
  2. Il contribuente non riconosce l’irregolarità, perché ritiene che ci sia un errore (ad esempio ha già pagato, oppure non doveva pagare quell’importo, o rileva discrepanze nei calcoli).

In entrambi i casi è fondamentale rispettare i termini indicati nella comunicazione e conoscere i propri diritti.

Se la comunicazione è corretta: pagamento e definizione agevolata

Se, dopo aver verificato i dettagli, concordi con l’irregolarità segnalata (cioè effettivamente hai pagato in ritardo e l’ufficio ha calcolato sanzioni e interessi in modo corretto), allora la cosa migliore da fare è procedere al pagamento di quanto dovuto entro il termine indicato. Così facendo “definisci” in via agevolata la pendenza, evitando conseguenze ulteriori.

Termine per il pagamento: la lettera riporterà la data entro cui effettuare il pagamento. Come spiegato, per le comunicazioni elaborate dal 1° gennaio 2025 in poi il termine è di 60 giorni dal ricevimento. Ciò vale sia per controlli automatici che formali. Per le comunicazioni elaborate fino al 31/12/2024 (anche se notificate nel 2025), resta il termine di 30 giorni. È importante controllare bene la data di elaborazione riportata nell’atto:

  • Esempio: un avviso bonario elaborato il 20 dicembre 2024 e ricevuto a gennaio 2025 avrà comunque 30 giorni di tempo (quindi supponiamo fino al 20 febbraio 2025). Un avviso elaborato il 10 gennaio 2025 avrà 60 giorni (fino al 11 marzo 2025 circa, se ricevuto lo stesso giorno).

Ricorda inoltre la sospensione feriale: se i 30 o 60 giorni cadono a cavallo di agosto, il periodo dal 1° al 4 settembre non si conta. In pratica, ogni scadenza che ricadrebbe in agosto slitta automaticamente al 4 (o 5) settembre. Ad esempio, un avviso ricevuto il 20 luglio 2025 con termine 60 gg cadrebbe il 18 settembre, ma grazie alla sospensione (1/8 – 4/9) la scadenza effettiva sarà prorogata a circa il 21 settembre 2025. La sospensione dei termini di pagamento degli avvisi bonari dal 1º agosto al 4 settembre è prevista dall’art. 7-quater, comma 17, D.L. 193/2016.

Modalità di pagamento: Di norma la comunicazione include uno o più modelli F24 precompilati con i codici tributo e gli importi esatti da versare (in unica soluzione o eventualmente suddivisi per rata, vedi oltre). Puoi utilizzare questi moduli presentandoli in banca, in posta oppure online tramite home banking/Fisconline. Se preferisci, puoi anche compilare un tuo modello F24: assicurati però di riportare correttamente i codici tributo indicati nell’avviso e soprattutto il “codice atto” della comunicazione, per collegare il pagamento a quella pendenza. In caso di pagamento parziale, non usare il modulo precompilato (che è valido per l’intero importo): dovrai compilare manualmente un F24 indicando solo le somme che vuoi versare.

È possibile anche compensare eventuali importi dovuti con crediti fiscali disponibili: ad esempio, se hai un credito IRPEF da rimborso, puoi utilizzarlo in F24 per compensare in tutto o in parte le somme richieste nell’avviso bonario. In tal caso, dovrai presentare l’F24 con modalità telematiche (se ci sono compensazioni) e indicare il codice tributo del credito e l’anno di riferimento.

Beneficio della sanzione ridotta: Effettuando il versamento nei termini, usufruisci della definizione agevolata ex art. 2 D.Lgs. 462/97, cioè paghi le sanzioni ridotte indicate (tipicamente 1/3 o 2/3 di quelle ordinarie). Per i controlli automatizzati (quelli più comuni per versamenti tardivi), la sanzione ridotta è pari a 1/3 di quella piena. Abbiamo visto negli esempi che ciò equivale al 10% (di solito) o 8,33% (in base al nuovo regime) dell’imposta, invece che 30% o 25%. Nel caso di controlli formali ex art. 36-ter (meno frequenti per i tardivi versamenti, più per verifiche documentali), la sanzione ridotta è 2/3 di quella ordinaria.

Tale riduzione resta valida anche se, su tua segnalazione, l’ufficio dovesse rettificare l’importo: in altri termini, se la prima comunicazione contiene un errore e tu lo fai presente subito, l’Agenzia ricalcolerà le somme e ti invierà una comunicazione definitiva con importi corretti, che potrai pagare comunque con sanzioni ridotte (sempre entro il termine previsto, di regola 60 giorni dal ricevimento della prima comunicazione).

Pagamento rateale: Se l’importo da versare è elevato e non riesci a pagare in un’unica soluzione, puoi optare per la rateizzazione dell’avviso bonario (art. 3-bis D.Lgs. 462/97). La possibilità di rateizzare è concessa a tutti, senza necessità di garanzie, ma il numero di rate dipende dall’ammontare:

  • Per importi fino a €5.000, è ammesso un massimo di 8 rate trimestrali (due anni).
  • Per importi superiori a €5.000, si può salire fino a 20 rate (in questo caso bimestrali, quindi rateazione su circa 40 mesi).
  • Le rate sono in scadenza l’ultimo giorno di ciascun periodo (trimestre o bimestre) e possono anche essere di importo decrescente (se vuoi accelerare i pagamenti) purché non si superi il numero massimo di rate consentite.

Sull’importo delle rate successive alla prima si applicano interessi di dilazione al tasso del 3,5% annuo. Gli interessi decorrono dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione. In pratica, la prima rata (da pagare entro 30 o 60 giorni) è senza interessi, mentre dalla seconda in poi si applica il 3,5% su base annua sul debito residuo. Il 3,5% è un tasso fisso previsto dalla norma per queste rateazioni bonarie.

Come chiedere la rateazione? In genere non serve fare una domanda formale: è sufficiente pagare la prima rata (indicata nel prospetto allegato all’avviso) entro il termine. La comunicazione infatti spesso contiene già il piano di rate (numero e importo delle rate) e uno specifico modello F24 per la prima rata. Versando quella, manifesti la volontà di rateizzare e l’Agenzia non iscriverà a ruolo le somme purché tu segua il piano. È sempre consigliabile confermare il piano di rateazione secondo le istruzioni contenute nell’avviso: a volte l’Agenzia potrebbe richiedere di comunicare l’opzione di rateazione (ma in genere il pagamento della prima rata vale come tacita richiesta). Puoi anche verificare nel cassetto fiscale online la presa in carico della rateazione.

Attenzione: decadenza dalla rateazione – Se salti una rata o paghi con un ritardo eccessivo, decadi dal beneficio e la restante somma sarà iscritta a ruolo in cartella con sanzione piena. Tuttavia, grazie al principio del lieve inadempimento, un ritardo fino a 7 giorni nel pagamento di una rata non causa decadenza, così come un piccolo importo residuo (≤3%) non pagato. In tali casi, hai tempo fino alla scadenza della rata successiva per rimediare versando il dovuto con un piccolo interesse. Ad esempio, se la seconda rata scade il 30 settembre e la paghi il 5 ottobre (5 giorni di ritardo), la rateazione non salta: dovrai però corrispondere gli interessi di mora per quei 5 giorni di ritardo su quella rata.

Esito del pagamento: Una volta pagate tutte le somme (o la somma unica) richieste dall’avviso bonario nei termini, la tua posizione si considera regolarizzata. Non ci saranno ulteriori addebiti su quella violazione. L’Agenzia non procederà oltre, quindi non arriverà alcuna cartella né altra sanzione. In pratica, pagando l’avviso bonario hai definito l’irregolarità in via agevolata. Da notare che il pagamento dell’avviso bonario preclude la possibilità di fare successivamente ricorso in Commissione Tributaria: di fatto, pagando accetti la pretesa (anche perché è un atto “bonario” e non impugnabile, come detto). Se in futuro emergesse un errore a tuo favore, potresti eventualmente chiedere un rimborso, ma non c’è un vero contraddittorio giudiziario perché hai volontariamente aderito.

Riassumendo le azioni chiave se l’avviso è corretto:

  • Verifica la scadenza per il pagamento (30 o 60 gg) e annotala.
  • Sfrutta l’eventuale sospensione feriale se applicabile.
  • Decidi se pagare in unica soluzione o a rate (controlla se l’importo supera €5.000 per vedere quante rate possibili).
  • Effettua il pagamento tramite F24 (predisposto o compilato), assicurandoti di includere eventuali codici atto e di rispettare gli importi.
  • Se paghi a rate, rispetta scrupolosamente le scadenze di ogni rata.
  • Conserva ricevute e quietanze di pagamento. Può essere utile controllare dopo qualche mese nel proprio cassetto fiscale che la posizione risulti chiusa (l’avviso bonario dovrebbe comparire come “definito”).

Se non si riconosce l’irregolarità: contestazione e autotutela

Può capitare che l’avviso bonario ricevuto sia, a tuo giudizio, errato o parzialmente infondato. Esempi tipici:

  • Pagamento già effettuato: Hai effettivamente versato l’imposta dovuta, magari in ritardo ma comunque prima dell’elaborazione dell’avviso, e pensi che l’Agenzia non ne abbia tenuto conto. Ciò accade ad esempio se il pagamento è stato effettuato su un codice tributo o anno sbagliato, oppure se i tempi di registrazione hanno fatto sembrare che mancasse il versamento.
  • Importo diverso: La comunicazione riporta un importo d’imposta non versata che non corrisponde ai tuoi calcoli. Magari avevi compensato con un credito in dichiarazione che non è stato considerato, oppure c’è un errore materiale nei numeri.
  • Esenzione o non debenza: Ritieni di non dover pagare quell’imposta (ad esempio perché fruivi di una proroga, una sospensione, oppure perché appartiene a un soggetto cessato, ecc.).
  • Errore formale già sanato: Potrebbe essere un caso più raro per versamenti, ma ad esempio avevi già fatto ravvedimento e l’avviso bonario non ne ha tenuto conto, oppure riguarda un controllo formale dove hai i documenti che smentiscono l’errore segnalato.

In tutte queste situazioni, è fondamentale attivarsi subito per contestare bonariamente l’avviso, attraverso quelli che vengono chiamati strumenti di autotutela o di interlocuzione con l’ufficio. Poiché la comunicazione di irregolarità non è un atto impugnabile in giudizio, la via corretta non è il ricorso (non ancora, almeno), bensì il contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate al fine di chiarire la questione. Ecco come procedere:

1. Raccolta della documentazione: per prima cosa, raduna tutti gli elementi che supportano la tua contestazione. Ad esempio: ricevute di pagamento F24 che dimostrano che avevi pagato; copia della dichiarazione con crediti esposti; documenti giustificativi di eventuali detrazioni/deduzioni contestate; ogni comunicazione precedente con l’Agenzia su quell’imposta. Insomma, tutto ciò che possa provare che l’avviso è sbagliato o che tu hai ragione.

2. Canali di contatto con l’Agenzia: puoi utilizzare diversi canali per segnalare l’errore all’Amministrazione entro i termini dell’avviso. In particolare:

  • Servizio telematico “CIVIS”: se sei registrato a Fisconline/Entratel, CIVIS è il canale di assistenza online per le comunicazioni di irregolarità. Ti permette di inviare una richiesta di riesame allegando documenti, e di ricevere risposta direttamente online. È molto comodo e tracciato.
  • PEC o email: l’avviso spesso indica una casella PEC o email dell’ufficio competente. Inviando una PEC, puoi presentare un’istanza di autotutela, allegando i documenti a prova dell’errore. La PEC ha valore legale e conviene usarla se disponibile.
  • Telefono (Centro di Assistenza Multicanale): esiste un numero verde (800.90.96.96 da fisso, oppure 06 96668907 da cellulare) per contattare l’assistenza dell’Agenzia. Fornendo i dati dell’avviso (numero atto, ecc.), puoi spiegare il problema. Talvolta l’operatore può risolvere subito (ad esempio annullando l’avviso se riscontra il pagamento) oppure indirizzarti sull’iter. In caso serva inviare documenti, potrebbe chiederti di inviarli via fax (il fax è ancora utilizzato in alcune procedure interne).
  • Di persona allo sportello: puoi recarti presso un qualsiasi ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate (non necessariamente quello che ha emesso l’avviso) con copia della comunicazione e dei documenti di supporto. Un funzionario verificherà e, se hai ragione, avvierà la correzione. Consigliabile prendere appuntamento (anche via telefono o tramite il sito) per evitare attese.

Quando contatti l’ufficio (sia via CIVIS, PEC, telefono o di persona), spiega in modo chiaro perché ritieni sbagliato l’avviso e allega le prove. Ad esempio: “In riferimento alla comunicazione n. XYZ, segnalo che l’imposta risulta già versata in data … come da copia F24 allegata, pertanto chiedo l’annullamento/rideterminazione delle somme”. Oppure: “La differenza segnalata è dovuta a un credito d’imposta correttamente indicato in dichiarazione (vedi quadro RN, rigo…), come da copia dich. allegata, chiedo lo sgravio della comunicazione”.

3. Esito del contraddittorio: A seguito della tua contestazione, possono verificarsi alcuni scenari:

  • Annullamento totale: se l’ufficio riscontra che l’avviso bonario è infondato (ad es. perché hai effettivamente già pagato tutto il dovuto nei termini, o per un errore palese loro), procederà ad annullarlo in autotutela. Ti verrà comunicato (spesso con una lettera di scuse standard) che la comunicazione è annullata e nulla è dovuto.
  • Rettifica parziale: se c’è un errore ma qualche importo rimane dovuto, l’ufficio modificherà la comunicazione. Riceverai una nuova comunicazione “definitiva” con la ricalcolazione delle somme a debito tenendo conto dei chiarimenti da te forniti. A questo punto decorre un nuovo termine (di 60 giorni, se parliamo del 2025, oppure 30 in passato) dalla ricezione della rettifica per pagare le somme rideterminate con le medesime sanzioni ridotte. Ad esempio, se inizialmente ti chiedevano €1000 di imposta che invece avevi in parte già versato, la nuova comunicazione potrebbe chiederti €100 di interesse/sanzione residua. Pagando entro i termini, definirai come nel caso normale.
  • Rigetto della contestazione: se l’ufficio ritiene invece corretta la comunicazione e non accoglie le tue osservazioni (in tutto o in parte), ti informerà che l’avviso rimane valido. In tal caso, se ancora dissenti, la strada successiva sarà attendere la notifica della cartella di pagamento e poi impugnare quella in Commissione Tributaria, dato che l’avviso bonario in sé non è impugnabile.

Va sottolineato che, secondo le istruzioni ufficiali, per i controlli automatici il contribuente deve segnalare eventuali dati ed elementi non considerati entro 30 giorni dal ricevimento della prima comunicazione per poter ottenere la rettifica e mantenere la sanzione ridotta. Nel nuovo contesto 2025, questo termine dovrebbe essere adeguato a 60 giorni, ma è prudente inviare le osservazioni il prima possibile (idealmente sempre entro 30 giorni) per permettere all’ufficio di lavorare la pratica in tempo utile. Per i controlli formali, parimenti, l’ufficio esaminerà i documenti che fornisci e, se corregge l’importo, hai 60 giorni dalla notifica per pagare il nuovo importo con sanzione ridotta.

Pagamento parziale e contestazione parziale: Una strategia, se sei d’accordo su una parte delle somme ma contesti un’altra parte, potrebbe essere pagare subito la parte incontestata e contestare il resto. Ad esempio, supponiamo che l’avviso ti chieda €500 di imposta + €50 interessi + €50 sanzioni, ma tu sai di dovere solo €300 di imposta (perché €200 li avevi già versati in ritardo). Potresti pagare €300 + relativa sanzione/interessi e contestare i restanti €200. In tal caso, però, non usare l’F24 precompilato perché è per l’intero importo. Compila un F24 ad hoc per l’importo parziale, e nelle note all’ufficio (via PEC/CIVIS) spiega di aver già versato parzialmente. L’ufficio, riconteggiando, ti chiederà eventualmente solo la differenza (se confermata). Pagare parzialmente mostra la tua buona fede e riduce il debito su cui maturano interessi di mora. Tuttavia, attenzione: se la contestazione non viene accolta, la parte non pagata andrà comunque a ruolo con sanzione intera. Quindi fai bene i calcoli.

Nessuna risposta dall’ufficio? Se hai inviato l’istanza di correzione e, entro il termine di pagamento, non ricevi alcun riscontro, è consigliabile sollecitare telefonicamente o via PEC. Talvolta la risposta arriva oltre i termini (magari con l’annullamento/riconoscimento di non dover pagare sanzioni per il ritardo loro). In ogni caso, se i giorni stanno per scadere e sei certo del tuo diritto, puoi anche decidere di non pagare in attesa della cartella e poi fare ricorso. È un rischio: perdi lo sconto sulle sanzioni, ma se hai ragione potrai far annullare tutto dal giudice. Una scelta del genere va valutata con un professionista, in base alla consistenza delle prove e all’importo in gioco.

Formalizzare un’istanza di autotutela: Quando contesti l’avviso bonario, di fatto stai richiedendo un riesame in autotutela. Non è necessario usare formule particolari, basta la sostanza (come spiegato sopra). Tuttavia, esistono modelli predisposti per istanza di autotutela reperibili online (ad esempio sul sito dell’Agenzia, modulistica) che puoi compilare e inviare via PEC o presentare a mano, allegando copia dell’avviso e documenti di prova. L’importante è che resti traccia della tua richiesta (conserva protocolli, ricevute di invio PEC, numeri di ticket CIVIS, ecc.), in caso più avanti serva dimostrare che avevi segnalato l’errore.

Cosa succede dopo: dalla comunicazione alla cartella

È utile capire il “percorso” dell’irregolarità in questione, per sapere cosa aspettarsi se non paghi o se la contestazione non risolve la faccenda:

  • Fase 1 – Comunicazione bonaria: come abbiamo detto, l’avviso bonario viene inviato a seguito di controlli automatici (di norma entro 1-2 anni dalla dichiarazione) o formali (entro il secondo anno successivo alla dichiarazione). Da quando lo ricevi, hai 30 o 60 giorni per pagare o far correggere. In questo periodo non partono procedure esecutive né iscrizioni a ruolo – il debito è in stand-by per consentirti di definire.
  • Fase 2 – Iscrizione a ruolo/cartella: se non paghi nei termini (né integralmente né la prima rata) e non c’è stata un’annullamento, l’Agenzia procederà con l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme dovute. Significa che il debito viene affidato all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) per il recupero forzoso. Verrà quindi emessa una cartella di pagamento, che è l’atto esecutivo vero e proprio. La cartella conterrà l’imposta (se non pagata), la sanzione intera (non più ridotta a 1/3, quindi ad esempio tornerà al 25% o 30%), gli interessi maturati e le addizionali di legge (interessi di ritardata iscrizione a ruolo, compensi di riscossione, diritti di notifica). La notifica della cartella avviene generalmente entro fine dell’anno successivo a quello di elaborazione dell’avviso bonario, ma ci sono specifici termini di decadenza fissati dalla legge: ad esempio, per le imposte da dichiarazione 2023, la cartella da controllo automatizzato va notificata entro il 31 dicembre 2025 (salvo sospensioni per definizioni agevolate etc.).
  • Fase 3 – Opposizione in giudizio: la cartella di pagamento è un atto impugnabile davanti alla Commissione Tributaria (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado) entro 60 giorni dalla notifica. Se ritieni ancora che la pretesa sia illegittima (perché magari l’errore non è stato sanato, o per vizi procedurali), puoi proporre ricorso. In tale sede potrai far valere, ad esempio, che avevi pagato, che c’erano errori di calcolo, oppure anche vizi propri della cartella (omessa notifica dell’avviso bonario quando dovuta, difetto di motivazione, ecc.). Importante: se hai omesso di pagare l’avviso bonario, la sanzione in cartella sarà piena e su quella potrai contestare eventualmente il diritto allo sconto perduto; ma la giurisprudenza tende a escludere che si possa chiedere al giudice l’applicazione ex post della sanzione ridotta 1/3, essendo quella un’agevolazione collegata al pagamento tempestivo e non un diritto autonomo.
  • Fase 4 – Riscossione coattiva: se non paghi la cartella né fai ricorso (o dopo aver perso il ricorso), la riscossione andrà avanti con i mezzi tipici: fermi amministrativi, pignoramenti, ecc., trattandosi ormai di un titolo esecutivo. Ma questo scenario va oltre l’oggetto della nostra guida e ci auguriamo di evitarlo con gli step precedenti.

In sostanza: la comunicazione bonaria è l’ultima chiamata “morbida” prima che il debito diventi qualcosa di serio. Conviene sfruttarla, pagando o facendola annullare. Ignorarla del tutto è decisamente sconsigliabile, salvo tu sia certo di non dovere nulla e voglia direttamente affrontare la questione in giudizio (ma anche in quel caso, far notare prima l’errore all’ufficio non costa nulla e talvolta risolve più rapidamente).

Strategie difensive e casi particolari (profilo avanzato)

In questa sezione affrontiamo alcune strategie difensive e particolarità avanzate, rilevanti soprattutto per chi assiste contribuenti in qualità di professionista (avvocato tributarista, commercialista) o per contribuenti consapevoli che intendono far valere specifici vizi legali. L’attenzione è sul punto di vista del debitore, cioè le possibili eccezioni da opporre per ridurre o annullare la pretesa.

Mancato invio dell’avviso bonario prima della cartella

Abbiamo visto che l’avviso bonario è obbligatorio per legge nei controlli automatici e formali, tranne nei casi in cui non vi siano incertezze (tipicamente omessi versamenti di importi dichiarati). La domanda che spesso ci si pone: se l’Agenzia non invia affatto la comunicazione di irregolarità e mi arriva direttamente la cartella, posso farla annullare?

In passato, la giurisprudenza era piuttosto favorevole al contribuente. Molte sentenze hanno stabilito che la cartella di pagamento è nulla se non è stata preceduta dall’invio dell’avviso bonario quando dovuto. Ad esempio, la Cassazione con sent. n. 545/2014 ha affermato che, salvo i casi di errore meramente formale “ictu oculi” evidente, l’omessa comunicazione al contribuente prima dell’iscrizione a ruolo viola il suo diritto di difesa e rende nulla la cartella. Allo stesso modo, si citava l’art. 6 comma 5 dello Statuto (L.212/2000) come norma che impone tale comunicazione a pena di nullità.

Tuttavia, la Cassazione più recente ha raffinato questo principio. In particolare, con l’ordinanza n. 23723 del 3 agosto 2023 e con la recente ordinanza n. 12984 del 15 maggio 2025, la Suprema Corte ha chiarito che occorre distinguere le situazioni:

  • Se la liquidazione automatizzata si limita a riscontrare un’omissione di versamento di somme che lo stesso contribuente aveva dichiarato dovute, oppure una divergenza tra il dichiarato e il versato, non c’è incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione. In tal caso l’omessa comunicazione preventiva non determina nullità della cartella. In altre parole, se il contribuente aveva chiaramente dichiarato un debito e poi non l’ha pagato, l’Agenzia – secondo questa giurisprudenza – potrebbe legittimamente iscrivere a ruolo senza avviso bonario, perché non c’è nulla da “spiegare”: il contribuente già sapeva di dover pagare.
  • Se invece il controllo automatico richiede correzioni dei dati dichiarati o emergono incertezze su aspetti rilevanti (ad es. disconoscimento di un credito, errori di calcolo nella dichiarazione, ecc.), allora l’avviso bonario diventa un requisito di validità del procedimento. La sua omissione in questi casi lede il contraddittorio e la cartella risulterà viziata. Qui si applica immediatamente la sanzione di nullità prevista dall’art. 6, co. 5, Statuto del contribuente.

In pratica, la Cassazione oggi dice: no avviso bonario? La cartella è nulla solo se serviva a chiarire qualcosa di incerto, ma non se si trattava di un omesso versamento di importo già auto-liquidato dal contribuente. Questa posizione è stata espressa, ad esempio, nella sentenza 33344/2019 e ribadita nel 2025: per i mancati versamenti di importo indicato in dichiarazione, la comunicazione preventiva non è obbligatoria.

Cosa significa per il contribuente? Che se ad esempio non hai pagato un saldo IVA che risultava dalla tua dichiarazione annuale, e malauguratamente per un disguido non ti è arrivato alcun avviso bonario ma direttamente la cartella, non potrai facilmente far annullare la cartella solo per questo motivo. Dovrai eventualmente pagarla (o rateizzarla) oppure contestarla su altri motivi (tipo la prescrizione, o errori nel calcolo). Diverso sarebbe se la cartella derivasse da un controllo formale o da correzioni (es: non ti hanno riconosciuto un certo onere deducibile): lì la mancata comunicazione bonaria prima della cartella può essere eccepita in giudizio come vizio procedurale, perché c’era un’incertezza sostanziale.

Va detto che, in pratica, l’Agenzia delle Entrate quasi sempre invia comunque le comunicazioni di irregolarità anche per omessi versamenti “chiari”, sia perché la norma lo prevede espressamente per i risultati diversi da quanto dichiarato, sia perché è interesse della stessa Agenzia incassare in via bonaria con sanzioni ridotte. Solo in rari casi operativi (errori di notifica, indirizzo errato, ecc.) capita di saltare questo passaggio. Quindi, quanto sopra è più che altro una strategia difensiva nel contenzioso: se hai ricevuto cartella senza avviso e c’era materia di discussione, sicuramente il tuo legale solleverà la violazione dell’art. 6 Statuto. La controparte finanziera potrebbe replicare citando Cassazione 2025 che “non serve se erano importi dichiarati”. Sarà il giudice a valutare, caso per caso, se l’omissione del contraddittorio abbia leso i tuoi diritti di difesa.

Suggerimento: se ti trovi in una situazione del genere (cartella improvvisa senza avviso), verifica bene la cronologia. A volte l’avviso bonario è stato inviato ma magari a un vecchio indirizzo o alla PEC non consultata; altre volte è stato depositato agli atti perché non consegnato. Chiedi all’Agenzia copia della comunicazione (hanno l’obbligo di consegnarla su richiesta) e verifica se c’è una relata di notifica. Se risulta che non ti è mai stata notificata per un errore imputabile all’ufficio, questo può rafforzare la tua posizione in contenzioso, quantomeno per chiedere la sanzione ridotta o l’annullamento.

Altri vizi impugnabili e giurisprudenza rilevante

Oltre alla mancata comunicazione preventiva, ecco altri possibili aspetti che un contribuente (o meglio, il suo difensore) può far valere:

  • Vizi formali della cartella: Quando arriva la cartella post-avviso bonario, deve contenere tutte le indicazioni sul calcolo degli importi e la sua motivazione. La Cassazione (ord. 12984/2025) ha ricordato che la cartella emessa a seguito di controllo automatizzato deve comunque essere motivata come un vero atto impositivo se è il primo atto con cui si esercita la pretesa. Deve indicare il responsabile del procedimento (per le cartelle da ruoli dal 2008 in poi ciò è richiesto a pena di nullità). Inoltre, se dalla cartella non si comprende il perché del debito (ad esempio manca il riferimento alla dichiarazione o al periodo d’imposta, o i conteggi sono incomprensibili), vi può essere un vizio di motivazione impugnabile. Questi aspetti sono molto tecnici, ma in sede di ricorso vanno sempre verificati.
  • Calcolo errato di sanzioni/interessi: Può accadere che nella comunicazione vi sia un errore di calcolo (ad esempio interessi calcolati su troppi giorni, o sanzione non dimezzata pur avendo pagato entro 90 giorni). In sede amministrativa si risolve come visto; se si arriva al giudice, si può chiedere la correzione e la rideterminazione dell’importo dovuto. La giurisprudenza ammette che il giudice tributario riduca le sanzioni se l’ufficio non ha applicato correttamente le riduzioni previste dalla legge, anche d’ufficio. Ad esempio, se l’ufficio avesse preteso il 30% ma risulta che il pagamento fu entro 90 giorni, il giudice potrebbe ricalcolare al 15% e dare ragione al contribuente su quella parte.
  • Cumulo giuridico delle sanzioni: Se ci sono più violazioni dello stesso tipo commesse in periodi d’imposta diversi ma accertate insieme, a volte si può invocare il cumulo giuridico. Tuttavia, per i tardivi versamenti il cumulo opera solo se le violazioni attengono allo stesso periodo e stesso tributo (es. tante rate omesse di IVA nello stesso anno) grazie all’art. 12 D.Lgs. 472/97. La novità del 2023 (art. 13-bis D.Lgs. 472/97) consente in ravvedimento di applicare il cumulo come se fosse un unico continuato (ad esempio più versamenti periodici IVA omessi in un anno possono avere un’unica sanzione base invece che tante sommate). In sede di avviso bonario, però, solitamente le sanzioni sono già calcolate per singolo omissione. Nel contenzioso, se ciò porta a un’irragionevole duplicazione, il contribuente potrebbe tentare la carta del cumulo, ma è un argomento complesso e non sempre vincente.
  • Cause di non punibilità: Nel sistema tributario amministrativo non c’è un vero concetto di “non punibilità” come nel penale, ma ci sono circostanze in cui le sanzioni possono essere non dovute: ad esempio errore scusabile, forza maggiore, obiettive condizioni di incertezza sulla norma (art. 6, co.2, D.Lgs. 472/97). Se il tardivo versamento è dipeso da cause di forza maggiore (es. evento eccezionale, calamità, problemi bancari documentati) il contribuente può chiedere in via di autotutela la non applicazione della sanzione, o in giudizio invocare l’esimente. Sono casi rari e difficili da far valere, ma esistono sentenze in cui, per esempi, il giudice ha annullato sanzioni per ritardi minimi dovuti a malfunzionamenti informatici fuori dal controllo del contribuente. Anche l’errore scusabile (quando la normativa era particolarmente incerta) è più teorico che pratico sui versamenti, ma va menzionato.
  • Sanzioni penali: Da notare che l’omesso versamento di imposte oltre certe soglie può rilevare penalmente (es. omesso versamento IVA oltre 250k euro è reato). Tuttavia, il pagamento dell’avviso bonario (o anche della cartella) estingue il reato se avviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 13 D.Lgs. 74/2000). Questa è una questione che esula dalla trattazione amministrativa ma è bene sapere che, qualora si rientri in casi di rilevanza penale, definire subito col fisco evita guai peggiori. Dal punto di vista del debitore imprenditore, quindi, c’è anche questo incentivo forte a sanare tempestivamente se le cifre sono molto alte.

In generale, consiglio al contribuente: far esaminare sempre la comunicazione di irregolarità (o la successiva cartella) da un esperto. Un avvocato tributarista o un commercialista potranno individuare vizi che al profano sfuggono (come quelli sulla motivazione, sul responsabile, ecc.) e impostare una strategia di difesa. Spesso, però, il primo suggerimento del consulente sarà comunque: “se il debito è dovuto ed è solo un problema di tempi, paga con l’avviso bonario se sei ancora in tempo, perché spendere soldi in un ricorso che probabilmente perderesti solo per ottenere magari una piccola riduzione?”. Il contenzioso conviene se c’è un punto di diritto sostanziale (non dovevi pagare quell’imposta) o un vizio macroscopico procedurale.

Domande frequenti (FAQ) su avvisi bonari e versamenti tardivi

Di seguito una serie di domande e risposte ricorrenti sul tema, per chiarire dubbi specifici:

D: Cos’è esattamente una “comunicazione di irregolarità” e in cosa differisce da una cartella esattoriale?
R: La comunicazione di irregolarità (avviso bonario) è un avviso preventivo che l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente quando dai controlli sulla dichiarazione emergono importi da versare (come nel caso di versamenti effettuati in ritardo). Non è un atto esecutivo, ma una sorta di “invito a regolarizzare” con sanzioni ridotte. La cartella esattoriale, invece, è emessa dall’Agente della Riscossione dopo che il debito è stato iscritto a ruolo: è un atto che ingiunge il pagamento entro 60 giorni e, in mancanza, dà luogo a esecuzione forzata. La cartella applica sanzioni piene, maggiori interessi e aggi di riscossione. In sintesi, l’avviso bonario è una chance di pagamento agevolato senza conseguenze esecutive; la cartella è una riscossione coattiva vera e propria, eventualmente impugnabile in giudizio.

D: Quanto tempo ho per pagare un avviso bonario per tardivo versamento? 30 o 60 giorni?
R: Dipende dalla data di elaborazione dell’avviso. Per atti elaborati fino al 31 dicembre 2024, il termine è 30 giorni (anche se ricevuti nel 2025). Per atti elaborati dall’1 gennaio 2025 in poi, il termine è 60 giorni. Fai attenzione alla data riportata sulla comunicazione (di solito nel frontespizio c’è una data atto). Se hai dubbi, considera sempre il termine indicato testualmente nella lettera. Inoltre ricorda che se l’avviso arriva tra fine luglio e agosto, c’è la sospensione feriale: i giorni dal 1° agosto al 4 settembre non contano, quindi la scadenza effettiva si allunga.

D: Posso chiedere una proroga del termine di pagamento dell’avviso bonario?
R: No, la legge non prevede proroghe individuali oltre ai termini già stabiliti (salvo la sospensione feriale generale). Tuttavia puoi rateizzare il pagamento: pagando almeno la prima rata entro il termine, è come ottenere più tempo per saldare (fino a 8 o 20 rate, quindi diversi mesi). Se non riesci neanche a pagare la prima rata entro la scadenza, l’unica via sarebbe eventualmente un ravvedimento operoso, ma dopo che l’avviso è emesso il ravvedimento ordinario non è più ammesso. Dunque, niente proroghe ad personam: o paghi/rateizzi entro la scadenza, o l’importo verrà iscritto a ruolo.

D: Se rateizzo l’importo, perdo il beneficio della sanzione ridotta?
R: No, la sanzione resta ridotta. Rateizzare è un diritto previsto dall’art. 3-bis D.Lgs. 462/97 e non fa venir meno l’agevolazione. Ovviamente devi rispettare tutte le rate. Sulle rate successive alla prima si pagano gli interessi di dilazione (3,5%) ma la sanzione rimane quella già ridotta (non torna al 30-25%). Solo se decadi dalla rateazione e la somma residua va a cartella, su quella verrà pretesa la sanzione intera sul residuo.

D: Cosa succede se non pago né contesto l’avviso bonario entro il termine?
R: Trascorso il termine (30/60 gg + eventuale sospensione) senza pagamento, l’Agenzia iscriverà a ruolo il dovuto. In pratica il tuo debito verrà affidato all’Agente della Riscossione e riceverai successivamente una cartella di pagamento. Nella cartella la sanzione sarà applicata in misura piena (perderai il beneficio del 10% o 8,33%, e tornerà al 30% o 25%), più ti verranno addebitati gli interessi ulteriori maturati dopo l’avviso e gli oneri di riscossione. La cartella potrà essere impugnata in Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica se ritieni che sia infondata, ma a quel punto discuterai sul 100% della sanzione. In mancanza di ricorso o pagamento, dopo 60 gg dalla notifica della cartella la riscossione può procedere con atti esecutivi (fermi, pignoramenti, ecc.). Quindi ignorare l’avviso bonario significa andare incontro a costi maggiori e rischi esecutivi.

D: L’avviso bonario è impugnabile davanti al giudice tributario?
R: No, la comunicazione di irregolarità non è un atto impugnabile autonomamente. È escluso espressamente dallo Statuto del contribuente e confermato dalla giurisprudenza: non essendo un provvedimento impositivo definitivo, non puoi fare ricorso contro di esso. Potrai però impugnare la successiva cartella (che incorpora la pretesa) e in quella sede eventualmente contestare anche i vizi dell’avviso bonario (ad esempio la mancata notifica, o l’errata applicazione di sanzioni) come motivi di ricorso contro la cartella. In altre parole, l’avviso bonario ti dà solo due scelte: pagare/contestare in autotutela oppure attendere la cartella e fare ricorso allora. Non depositare ricorso appena ricevi l’avviso bonario: verrebbe dichiarato inammissibile.

D: Ho ricevuto un avviso bonario, ma io avevo già fatto ravvedimento operoso pagando sanzioni e interessi. Devo pagare di nuovo?
R: In teoria no: se il ravvedimento è stato fatto correttamente, non dovresti nulla. Può succedere però che, per ritardi di comunicazione o errori, arrivi lo stesso la comunicazione. In tal caso devi assolutamente segnalare all’ufficio (allegando copia dei modelli F24 con cui hai eseguito il ravvedimento). L’avviso sarà annullato in autotutela se dimostri di aver già versato tributo, interessi e sanzioni seppur tardivamente. Assicurati nel ravvedimento di aver usato i codici tributo giusti (c’è un codice specifico per la sanzione da ravvedimento, ecc.). Se hai commesso un errore nel ravvedimento (ad es. calcolato sanzione troppo bassa), l’avviso bonario potrebbe chiederti la differenza. In ogni caso, non ignorarlo pensando “ho già pagato”: fai presente la cosa all’Agenzia affinché lo confrontino.

D: Posso fare ravvedimento operoso dopo aver ricevuto la comunicazione di irregolarità?
R: No, una volta che l’irregolarità è formalmente contestata dall’ufficio (e l’avviso bonario è considerato una forma di contestazione bonaria), il ravvedimento non è più ammesso per quella violazione. Il ravvedimento operoso è concesso solo finché l’Amministrazione non abbia “scoperto” la violazione. Dopo, resta solo la definizione ex art. 2 D.Lgs. 462/97 (pagamento con 1/3 della sanzione) entro 30/60 giorni. Attenzione: se invece tu non hai ancora ricevuto l’avviso, sei ancora in tempo per ravvederti. Ad esempio, sai di non aver pagato e prevedi che arriverà prima o poi l’avviso: puoi anticipare i tempi e fare ravvedimento ora. Se lo completi prima che l’Agenzia ti notifichi qualcosa, l’avviso bonario non ti arriverà affatto, oppure se arriva potrai farlo annullare perché hai già pagato.

D: L’avviso bonario mi è stato notificato via PEC al vecchio indirizzo, che non usavo più, quindi l’ho visto tardi. Posso far valere qualcosa?
R: La notifica via PEC alla casella risultante dai pubblici elenchi (INI-PEC) è pienamente valida anche se tu non leggi la PEC. Sei tenuto a mantenere attiva e monitorata la PEC. Se l’hai cessata senza averne un’altra, la notifica può avvenire mediante deposito nell’area dedicata del sito Agenzia (e avviso via raccomandata). Difficilmente potrai eccepire la notifica tardivamente letta come motivo di proroga dei termini. Puoi però tentare di chiedere, in via di cortesia, all’ufficio una rimessione in termini se hai pagato subito appena conosciuto l’atto: talvolta l’Agenzia, soprattutto in autotutela, se vede che il pagamento è avvenuto con pochi giorni di ritardo perché la PEC non era letta, potrebbe soprassedere dall’iscrivere a ruolo (applicando il principio del lieve inadempimento se rientra nei 7 giorni). Legalmente, però, la notifica PEC è valida al momento in cui il messaggio arriva nella tua casella, non quando lo leggi.

D: Quali sono gli importi minimi sotto i quali l’Agenzia non invia comunicazioni o non procede a cartella?
R: Per gli avvisi bonari da controlli automatici esiste una soglia minima di inviabilità? In passato, importi irrisori di imposta non liquidata (fino a €5) venivano trascurati. Attualmente, l’Agenzia non iscrive a ruolo somme fino a €30 per singola imposta (art. 16 D.Lgs. 46/1999), il che dovrebbe riflettersi anche sugli avvisi bonari. In pratica, se il tuo tardivo versamento comporta, poniamo, €2 di interessi e €3 di sanzione, è probabile che non ti venga nemmeno inviata comunicazione, per ragioni di economicità (o che comunque non si procederà a cartella per cifre così basse). La comunicazione potrebbe essere accorpata a eventuali altre irregolarità di altri periodi. Non c’è però un importo minimo di legge per l’avviso bonario: teoricamente anche €10 di debito potrebbero essere comunicati. Per le cartelle, la regola è che sotto €10 di importo iscritto a ruolo la cartella non viene notificata (l’Agente conserva il credito e magari lo cumulerà con altri futuri). Quindi piccoli importi spesso vengono recuperati solo se sommati a maggiori. In ogni caso, meglio non fare affidamento sulla soglia: se ti accorgi di un tardivo versamento, ravvediti anche per pochi euro, così elimini il problema.

D: Ho sentito che c’è stata una “definizione agevolata avvisi bonari” con sanzioni al 3%. Si applica al mio caso?
R: La “definizione agevolata avvisi bonari” è stata una misura straordinaria prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) per le comunicazioni relative ad alcuni periodi d’imposta (2020 in particolare): consentiva, per chi aveva certi requisiti, di pagare le somme dovute con sanzione ridotta al 3% invece che 10%. Era però un condono una tantum, con istanza da fare entro il 31 gennaio 2023. Se ne è parlato molto a inizio 2023. Oggi (2025) quella definizione è chiusa. Può darsi che in futuro misure simili vengano riproposte, ma al momento non ci sono “sconti extra” in vigore oltre a quelli ordinari già illustrati. Se hai un avviso bonario pendente, devi seguire le regole ordinarie (1/3 sanzione, rate ecc.), salvo nuove disposizioni legislative.

D: Il tardivo versamento di contributi INPS segue le stesse regole? Ho ricevuto anche lì un avviso.
R: Gli avvisi bonari INPS (per contributi previdenziali pagati in ritardo) sono simili concettualmente ma seguono normative diverse, essendo contributi e non imposte. L’INPS applica di solito sanzioni civili (interessi di mora e somme aggiuntive) piuttosto che sanzioni amministrative tributarie. La guida presente è focalizzata sulle imposte (Agenzia Entrate). Quindi attenzione: se l’avviso riguarda l’INPS, gran parte di quanto detto (ravvedimento, 1/3 sanzioni, ecc.) non vale, perché l’INPS ha meccanismi propri. Ad esempio, per i contributi esiste una tolleranza di pochi giorni, poi scattano interessi e sanzioni civili progressive. In caso di dubbi su avvisi INPS, meglio consultare un esperto del lavoro/previdenza.

D: Dopo aver pagato l’avviso bonario, comparirà qualcosa nel mio cassetto fiscale?
R: Sì, nel tuo cassetto fiscale (sezione “consultazioni”, area degli avvisi bonari) dovresti vedere la comunicazione ricevuta e lo stato “definita” o “chiusa” a seguito del pagamento. Inoltre, gli importi versati compariranno nel partitario. Nulla però comparirà nel casellario dei carichi pendenti perché appunto hai evitato il ruolo. Se hai rateizzato, man mano vedrai le rate da pagare e via via quelle pagate segnate come tali. Tieni traccia di tutto perché, se per errore risultasse qualche rata non pagata, puoi intervenire prontamente mostrando le ricevute.

D: Sono un avvocato/consulente: quali sono le sentenze più importanti da citare in un’eventuale difesa legale?
R: In aggiunta a quelle menzionate nel testo, segnalo: Cass. 11429/2012 (obbligo avviso bonario prima del ruolo per irregolarità dichiarative); Cass. 545/2014 (nullità cartella se omissione avviso per errori non immediatamente rilevabili); Cass. SS.UU. 24823/2015 (contraddittorio preventivo non generalizzato, ma obbligatorio se previsto da legge); Cass. 27716/2017 (obbligo avviso se incertezze rilevanti); Cass. 33344/2019 e 33595/2019 (omesso versamento dichiarato: niente nullità cartella se niente avviso); Cass. 29978/2019 e 24813/2021 (distinguono controllo automatizzato vs formale); Cass. 23723/2023 (omissione avviso, irregolarità vs nullità in base a incertezza); Cass. 12984/2025 (legittimità cartella senza avviso per omessi versamenti dichiarati). In ambito sanzioni: Cass. 25929/2021 sul cumulo giuridico in ravvedimento; Cass. 80/2020 su forza maggiore nei versamenti; Cass. 5393/2020 su errore scusabile. Inoltre, circolare AE 17/E/2016 (sul lieve inadempimento). Citare fonti normative: art. 36-bis DPR 600/73 comma 3, art. 6 c.5 L.212/2000, D.Lgs.462/97 art.2-3, D.Lgs.471/97 art.13. Ovviamente, la strategia varia caso per caso.

Conclusioni

La gestione di una comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi richiede attenzione ma, come abbiamo visto, offre anche diverse opportunità al contribuente. Dal ravvedimento operoso tempestivo (che consente sanzioni minime) al pagamento agevolato con sanzioni ridotte tramite l’avviso bonario, fino alla possibilità di rateizzare il dovuto, l’ordinamento prevede misure per facilitare chi vuole mettersi in regola. D’altro canto, abbiamo evidenziato anche i rimedi difensivi in caso di errori dell’Amministrazione o di vizi procedurali, sottolineando l’importanza del contraddittorio e del rispetto dei diritti del contribuente.

In questa guida di oltre 10.000 parole abbiamo approfondito ogni aspetto: normativo, procedurale, pratico e giurisprudenziale. Un privato cittadino ne ricaverà indicazioni concrete su come comportarsi (pagare, a chi rivolgersi, come calcolare sanzioni); un imprenditore capirà meglio l’importanza di monitorare la propria posizione fiscale e usare strumenti come il ravvedimento per evitare sanzioni pesanti; un professionista legale o fiscale troverà riferimenti utili per assistere i propri clienti nella fase pre-contenziosa e contenziosa.

Il punto di vista del debitore è stato sempre tenuto presente: ricordiamoci che, spesso, il contribuente può aver pagato in ritardo per difficoltà finanziarie o errori non intenzionali. La normativa tributaria, pur dovendo sanzionare il ritardo, cerca un equilibrio tra punire l’inadempimento e permettere la regolarizzazione con costi sostenibili. Sfruttare bene questi meccanismi è nell’interesse di tutti: del contribuente, che evita guai maggiori, e dell’Erario, che riesce a riscuotere più rapidamente.

In conclusione, cosa fare quando arriva una comunicazione di irregolarità per versamenti tardivi? Riassumiamolo in pochi punti chiave:

  • Non ignorare la comunicazione: apri la busta/PEC, leggi con calma di cosa si tratta e quali importi e scadenze sono indicati.
  • Verifica e confronta con la tua contabilità: se effettivamente hai pagato tardi, sappi che l’avviso è la tua opportunità migliore per chiudere la questione. Se pensi vi sia un errore, prepara le prove.
  • Agisci nei termini: che sia pagamento o contestazione in autotutela, muoviti prima possibile (idealmente entro 30 giorni). Il tempo è cruciale.
  • Se paghi, segui le istruzioni: usa il modulo F24, valuta la rateazione, rispetta le scadenze. Conserva le ricevute.
  • Se contesti, utilizza i canali giusti: CIVIS, PEC, ufficio, fornendo tutte le informazioni necessarie. Documenta ogni passo.
  • Consulta un esperto se necessario: in caso di importi rilevanti o situazioni complesse, il supporto di un professionista può farti risparmiare soldi e stress, aiutandoti a scegliere la strada migliore (pagamento, ricorso, ecc.).
  • Previeni in futuro: dopo aver sistemato, impara dall’esperienza. Ad esempio, se il ritardo è dipeso da un problema di liquidità, la prossima volta valuta di rateizzare a monte l’imposta dovuta (richiedendo eventuali piani di dilazione in dichiarazione se possibile) o accantonare prima. Se è stato un errore di distrazione, organizza meglio le scadenze fiscali o delega a un commercialista. Inoltre, tieni d’occhio la casella PEC e il cassetto fiscale: spesso le anomalie (es. F24 non andati a buon fine) si possono scoprire in anticipo.

Affrontato correttamente, un avviso bonario può risolversi con un pagamento tutto sommato contenuto (specie con le nuove sanzioni ridotte) e con la tranquillità di aver chiuso il debito senza strascichi. Al contrario, sottovalutarlo può portare a sanzioni ben più gravose e a un contenzioso che, nella maggior parte dei casi di versamenti tardivi, è evitabile.

Fonti e riferimenti

  • Agenzia delle Entrate – Guide e portali informativi:
    • Cosa fare se si riceve una comunicazione di irregolarità – guida sul sito istituzionale con istruzioni per il pagamento o la segnalazione di errori (Agenzia Entrate).
    • Come rateizzare le somme indicate nelle comunicazioni – scheda AE che spiega condizioni e tasso d’interesse (3,5%) per la rateazione degli avvisi bonari (Agenzia Entrate).
    • Lieve inadempimento – chiarimenti AE sulle tolleranze di 7 giorni e 3% introdotte dal 2015 (Circ. AE 17/E/2016).
    • Provvedimento 19/11/2024 – sospensione invii avvisi bonari in agosto e dicembre, attuativo di D.Lgs. 1/2024 (rafforzamento cassetto fiscale).
  • Normativa italiana (leggi e decreti):
    • D.P.R. 29/09/1973 n. 600, art. 36-bis e 36-ter – Liquidazione automatica e controllo formale delle dichiarazioni (obbligo di comunicazione dell’esito al contribuente).
    • D.P.R. 26/10/1972 n. 633, art. 54-bis – Liquidazione automatizzata delle dichiarazioni IVA (analogo art. 36-bis).
    • Legge 27/07/2000 n. 212 (Statuto del Contribuente), art. 6 comma 5 – Obbligo di comunicare irregolarità rilevate dai controlli automatici/formali prima della riscossione, salvo casi di incertezza non sussistente.
    • D.Lgs. 18/12/1997 n. 471, art. 13 – Sanzioni per ritardato od omesso versamento di tributi. (Include riduzione sanzioni a metà entro 90 gg e a 1/15 per giorno entro 15 gg; modificato da D.Lgs. 87/2024 che riduce sanzione base al 25%).
    • D.Lgs. 18/12/1997 n. 472, art. 13 – Ravvedimento operoso (riduzioni 1/10, 1/9, …) e art. 13-bis – Cumulo giuridico sanzioni in caso di concorso continuato (dal 2023).
    • D.Lgs. 18/12/1997 n. 462, art. 2 – Definizione agevolata dei controlli automatizzati e formali (pagamento entro 30 gg, ora 60 gg dal 2025, con sanzioni ridotte a 1/3 o 2/3); art. 3-bis – Rateazione somme dovute da controlli (fino 8 o 20 rate, interessi 3,5%).
    • D.L. 22/10/2016 n. 193, art. 7-quater co.17 (conv. L. 225/2016) – Sospensione dei termini di pagamento degli avvisi bonari dal 1º agosto al 4 settembre di ogni anno.
    • D.Lgs. 08/01/2024 n. 1, art. 10 – Sospensione invio delle comunicazioni di irregolarità nei periodi 1-31 agosto e 1-31 dicembre (salvo urgenze).
    • D.Lgs. 05/08/2024 n. 108, art. 3 – Estensione da 30 a 60 giorni del termine di pagamento avvisi bonari per comunicazioni elaborate dal 2025 (Decreto semplificazioni).
    • D.Lgs. 05/08/2024 n. 87 – Riforma delle sanzioni tributarie (decreto attuativo delega fiscale): art. 2 co.1 lett. l) riduzione sanzione omessi versamenti al 25% dal 1/9/2024; modifiche al ravvedimento operoso (estensione 1/10 a tutte le violazioni dal 2024).
  • Prassi e circolari:
    • Risoluzione AE 67/E del 2011 – Chiarimenti sul ravvedimento per versamenti tardivi effettuati in più momenti (sanzione ridotta va calcolata in base al momento del pagamento sanzione).
    • Circolare AE 42/E del 12/10/2016 – Conferma orientamento su ravvedimento: la riduzione dipende dal momento di perfezionamento (interessi per tutto il periodo e sanzione calcolata quando si paga).
    • Circolare AE 17/E del 29/04/2016 – Introduzione del lieve inadempimento: tolleranza di 7 giorni su ritardi e 3% su carenze importi, applicabile anche a rate da avvisi bonari.
    • Circolare AE 1/E 2018 – Istruzioni sulla notifica telematica degli avvisi bonari agli intermediari e termini (60 gg dalla consegna, quindi 90 gg totali per pagamento).
  • Giurisprudenza (sentenze di Cassazione):
    • Cass. Civ. Sez. Trib. n. 11429/2012 – Conferma obbligo di notificare avviso bonario prima del ruolo se la dichiarazione presenta irregolarità, pena nullità della cartella.
    • Cass. n. 545/2014 – Cartella da controllo automatizzato nulla se manca l’avviso bonario e l’irregolarità non è mero errore materiale evidente, richiamando art. 36-bis co.3 DPR 600/73 e Statuto 212/2000.
    • Cass. Sez. Unite n. 24823/2015 – Principio generale sul contraddittorio: nel diritto interno non esiste obbligo generalizzato salvo previsione specifica; in ambito di controlli dichiarativi l’obbligo sussiste nei termini di legge (come art. 36-bis co.3) ma la sua violazione non sempre comporta nullità a meno di incertezze rilevanti.
    • Cass. n. 27716/2017 – Necessità dell’avviso bonario se sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; distingue casi di omesso versamento dichiarato (nessuna incertezza) da casi di correzioni dati (incertezza).
    • Cass. n. 29978/2019 – Definisce limiti del controllo automatizzato: nessuna attività istruttoria o valutazione giuridica ammessa (solo dati dichiarati e Anagrafe tributaria), confermando che se serve correzione allora comunicazione è dovuta.
    • Cass. n. 33344/2019 – Omesso versamento di somme dichiarate: la preventiva comunicazione non è necessaria perché non vi sono aspetti incerti (ripresa da Cass. 8342/2012).
    • Cass. n. 33595/2019 – (citata da fonti) probabilmente in linea con 33344/19 su omessi versamenti e avviso bonario; conferma anche che la comunicazione bonaria non è impugnabile e che il pagamento nei 30 gg comporta sanzione ridotta (temi generali).
    • Cass. n. 24813/2021 – Ribadisce differenza tra controllo ex 36-bis (meramente cartolare, avviso per evitare errori futuri e regolarizzare aspetti formali, omissione avviso non incide su difesa se nessuna incertezza) vs 36-ter (controllo formale con eventuale obbligo di esito motivato comunicato a pena di nullità).
    • Cass. n. 23723/2023 – Massima: la cartella ex art.36-bis DPR 600/73 non richiede avviso salvo che non si limitino a errori materiali ma servano rettifiche, in tal caso se incertezze rilevanti omissione avviso = nullità ex art.6 c.5 L.212/2000.
    • Cass. n. 12984/2025 – Ord. recente che sintetizza orientamento: cartella da controllo automatizzato è legittima anche senza avviso bonario se la pretesa deriva da mancato versamento di somme esposte dal contribuente in dichiarazione; l’obbligo di comunicazione preventiva sussiste solo quando emergono errori nella dichiarazione o incertezze su aspetti rilevanti.
    • Cass. n. 15311/2014 – (citata in motivazioni) distingue finalità delle comunicazioni ex 36-bis (evitare errori e regolarizzare formali, omissione non incide su difesa) rispetto a 36-ter (comunicazione motivata necessaria a difesa).
    • Cass. n. 8335/2022 – (non citata sopra, ipotetica) trattava validità notifica cartella forse; come altre conferma che il vizio di notifica della comunicazione bonaria può riflettersi sulla cartella se ha leso il diritto a contraddittorio.
    • Cass. n. 4360/2017 – Chiarisce che in controllo 36-bis non c’è spazio per valutazioni ulteriori, rafforzando concetto che se c’è da valutare diversamente un dato allora non è più 36-bis ma 36-ter.
    • Cass. n. 5373/2015 – Riguarda controllo formale e obbligo di motivazione e comunicazione esito motivato a pena di nullità (citata in Cass. 12984/25).
    • Cass. n. 29582/2018 – Forse simile a 24813/21, su limiti 36-bis.
    • Cass. SS.UU. n. 17758/2016 – Principio generale: no obbligo contraddittorio endoprocedimentale se non previsto, tranne tributi armonizzati UE (qui irrilevante).

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Conclusione
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