Accertamento Fiscale Per Donazioni E Guadagni Patreon E Crowdfunding: Come Difendersi

Hai ricevuto un accertamento fiscale per le donazioni ricevute su Patreon o per i guadagni da campagne di crowdfunding e non sai come reagire?
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui flussi di denaro provenienti da piattaforme online, considerandoli in molti casi come redditi imponibili. Se ti contestano tasse non pagate, IVA o imposte sulle somme ricevute, è fondamentale sapere come difenderti e quali strumenti utilizzare per ridurre sanzioni e interessi.

Quando puoi ricevere un accertamento fiscale su Patreon o crowdfunding
– Quando le somme ricevute sono considerate dall’Agenzia delle Entrate come reddito professionale o d’impresa
– Quando non sono state dichiarate nella dichiarazione dei redditi annuale
– Quando non è stata applicata IVA su importi che l’amministrazione ritiene soggetti a imposta
– Quando mancano documenti e tracciabilità per giustificare l’origine e la natura delle somme ricevute
– Quando le campagne di crowdfunding non sono state gestite tramite strutture associative o enti no profit riconosciuti e tracciati

Cosa può accadere dopo un accertamento fiscale
– Applicazione di sanzioni e interessi che aumentano notevolmente il debito fiscale
– Iscrizione a ruolo e ricezione di cartella esattoriale
– Blocco di rimborsi fiscali o crediti d’imposta
– Possibili azioni cautelari come ipoteche, fermi o pignoramenti
– Nei casi più gravi, segnalazioni per ipotesi di reati tributari

Cosa fare per difendersi da un accertamento su donazioni e crowdfunding
– Far esaminare da un avvocato tributarista o un commercialista esperto la contestazione e la normativa applicabile al tuo caso
– Richiedere copia degli atti e della documentazione utilizzata dall’Agenzia delle Entrate per l’accertamento
– Dimostrare, con prove documentali, la natura non imponibile delle somme ricevute, se si tratta di donazioni pure o liberalità
– Presentare memorie difensive nei termini di legge per ridurre o annullare la pretesa
– Valutare l’adesione all’accertamento con riduzione delle sanzioni, se conveniente
– Negoziare rateizzazioni o utilizzare definizioni agevolate per importi non contestabili

Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale e fiscale
– L’annullamento totale o parziale della pretesa tributaria
– La riduzione di sanzioni e interessi
– La sospensione di cartelle e procedure esecutive
– La tutela del patrimonio personale da pignoramenti e ipoteche
– La regolarizzazione della posizione fiscale per evitare futuri problemi con l’Agenzia delle Entrate

Attenzione: l’Agenzia delle Entrate tende a considerare come reddito imponibile gran parte dei flussi provenienti da Patreon e crowdfunding, ma non sempre è corretto. La distinzione tra donazione e compenso è fondamentale e può fare la differenza tra pagare migliaia di euro o nulla. Agire tempestivamente, con difese documentali e legali adeguate, è essenziale per proteggere i tuoi diritti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, fiscalità delle attività online e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se ricevi un accertamento fiscale per donazioni su Patreon o guadagni da crowdfunding, come proteggerti e come risolvere legalmente la controversia.

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Introduzione

Le nuove forme di guadagno online – dalle donazioni tra privati alle piattaforme come Patreon e i finanziamenti tramite crowdfunding – sono sempre più diffuse, ma possono attirare l’attenzione del Fisco. L’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli su queste entrate, grazie anche a sistemi di monitoraggio bancario e a normative europee recenti (come la direttiva DAC7 sulle piattaforme digitali) che, dal 2023, prevedono la comunicazione dei redditi generati online alle autorità fiscali. Molti contribuenti si chiedono come inquadrare correttamente queste somme e, nel caso di un avviso di accertamento, quali strumenti abbiano per difendersi e far valere le proprie ragioni.

Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – offre un’analisi avanzata ma divulgativa, con riferimenti normativi italiani e sentenze aggiornate, rivolta ad avvocati, imprenditori e privati cittadini. Verranno illustrate le regole civilistiche e fiscali su donazioni dirette, indirette e “informali”, la tassazione dei proventi da Patreon e crowdfunding, e le strategie difensive dal punto di vista del contribuente (debitore) che riceve un accertamento fiscale su tali somme. Non mancheranno esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione di Domande & Risposte, per chiarire i dubbi frequenti. L’obiettivo è fornire gli strumenti necessari per difendersi in modo efficace e legittimo dalle pretese fiscali, facendo valere esenzioni, errori dell’accertamento o riducendo sanzioni non dovute.

1. Donazioni tra privati: tipologie e inquadramento giuridico essenziale

Prima di addentrarci negli aspetti fiscali, è fondamentale capire cosa si intende per donazione e quali tipi di atti liberali esistono nell’ordinamento italiano. Sul piano civilistico, la donazione è il contratto con cui, per spirito di liberalità (animus donandi), un soggetto (donante) arricchisce un altro (donatario) trasferendo un bene o un diritto senza corrispettivo (art. 769 c.c.). Il Codice Civile prevede requisiti formali stringenti: la donazione diretta (tipica) richiede l’atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni, a pena di nullità (art. 782 c.c.), salvo che si tratti di bene di modico valore (art. 783 c.c.).

Tipologie di donazione: la Corte di Cassazione (Sez. Trib.) con la recente sentenza n. 7442 depositata il 20 marzo 2024 ha distinto tre categorie di liberalità:

  • Donazioni dirette (formali): sono le donazioni in senso classico, concluse con atto notarile tra donante e donatario (es. un genitore dona una casa al figlio con rogito notarile). Richiedono la forma solenne dell’atto pubblico e, quando valide, sono soggette all’ordinaria disciplina fiscale sulle donazioni (si vedano franchigie ed aliquote in §2).
  • Donazioni indirette: consistono in atti giuridici formalmente diversi ma che realizzano lo stesso effetto di arricchimento a titolo gratuito del beneficiario. Ad esempio, il pagamento di un debito altrui, il far intestare un immobile al figlio pagandone il prezzo, la rinuncia a un credito per favorire qualcuno, sono tutte liberalità indirette. Spesso sono perfezionate tramite atti formalmente onerosi (un contratto di compravendita, una rinuncia) e non attraverso un atto di donazione diretto.
  • Donazioni “informali” (liberalità non formali): sono quelle effettuate senza nessun formalismo, mediante il semplice trasferimento materiale di denaro o beni, animate da spirito di liberalità. L’esempio tipico è la dazione di denaro tramite bonifico o contanti, oppure la cointestazione di un conto corrente con versamento di somme a favore del cointestatario. In queste ipotesi non c’è alcun atto scritto o pubblico che documenti la donazione: il passaggio patrimoniale avviene e basta, spesso come regalo in senso lato.

Questa distinzione è cruciale perché forma e natura della donazione incidono su validità e tassazione. Le donazioni dirette sopra una certa entità sono nulle se mancano di atto pubblico (artt. 782–783 c.c.), mentre le donazioni di modico valore (che per prassi si intendono rapportate alla condizione economica del donante) sono valide anche senza atto, essendo esenti da requisiti formali. Ad esempio, regalare una somma modesta per le proprie possibilità economiche (un genitore benestante che dona 5.000€ a un figlio) rientra nella modicità: non serve il notaio e l’atto è valido. Invece, per donare cifre ingenti o beni immobili è necessario il notaio (pena nullità).

Le donazioni indirette spesso si realizzano con un atto formalmente diverso (es. atto di acquisto di un immobile intestato al beneficiario, ma pagato dal donante). Civilisticamente non serve l’atto pubblico di donazione, ma tali liberalità potrebbero essere soggette a impugnazione o collazione ereditaria come donazioni, e – come vedremo – la loro tassazione dipende dalla registrazione dell’atto che le sottende.

Le liberalità informali (come i meri versamenti di denaro) non prevedono per loro natura alcun atto scritto, e quindi sollevano questioni particolari dal punto di vista fiscale: essendo atti non documentati formalmente, come potrà il Fisco tassarli o contestarli? Su questo torneremo diffusamente, soprattutto in relazione agli accertamenti bancari e alla recente giurisprudenza (Cass. 7442/2024).

Infine, rientrano tra gli atti di liberalità anche le liberalità d’uso (art. 770 c.c. e art. 742 c.c.), ossia le regalie tipiche degli usi familiari o sociali (es. regali di compleanno, matrimonio, festività) fatte in conformità alle consuetudini: anch’esse, per loro natura e modesto importo relativo, non richiedono forma solenne e sono esenti da tassazione ai fini dell’imposta sulle donazioni. Ad esempio, un classico regalo di nozze in denaro rientra tra le liberalità d’uso: non va formalizzato né tassato.

2. Tassazione delle donazioni in Italia: imposta sulle donazioni e casi esenti

Dal punto di vista tributario, le donazioni (insieme alle successioni ereditarie) sono assoggettate a un’imposta specifica: l’Imposta sulle donazioni disciplinata dal D.Lgs. 346/1990 (Testo Unico Successioni e Donazioni, TUS). Dopo l’abolizione nei primi anni 2000 e la reintroduzione nel 2006, oggi l’imposta di donazione è in vigore con aliquote e franchigie che dipendono dal rapporto di parentela tra donante e donatario. La seguente tabella riepiloga il trattamento vigente:

Relazione tra donante e donatarioAliquota impostaFranchigia (soglia esente)
Coniuge e parenti in linea retta (figli, genitori)**4%€ 1.000.000 per beneficiario
Fratelli e sorelle6%€ 100.000 per beneficiario
Altri parenti fino al 4° grado * e affini fino al 3°6%Nessuna franchigia (tassazione da 0€)
Altri soggetti (qualsiasi non rientri sopra)8%Nessuna franchigia (tassazione da 0€)
Portatore di handicap grave (Legge 104) – beneficiario di donazione, indipendentemente dal rapporto col donanteAliquota come da grado di parentela€ 1.500.000 (franchigia aggiuntiva)

(**) Nota: per coniuge e linea retta (figli, nipoti in linea diretta, genitori, nonni) la franchigia di 1 milione di € si applica per ciascun donatario. Ciò significa, ad esempio, che un genitore può donare fino a 1 milione di euro a ciascun figlio senza imposta; oltre tale importo si paga il 4% sulla parte eccedente.

(*) Altri parenti fino al 4° grado: ad esempio zii/nipoti, cugini, etc. Affini fino al 3° grado: ad esempio suoceri-generi/nuore, cognati. In questi casi la tassazione è al 6% sull’intero valore donato (nessuna soglia esente).

Quando si paga l’imposta di donazione? In generale, se il valore della donazione supera la franchigia prevista, l’imposta è dovuta sulla parte eccedente; sotto tale soglia la donazione è esente. Inoltre, vi sono esenzioni oggettive: ad esempio, le donazioni a favore di enti pubblici, ONLUS, fondazioni e associazioni riconosciute con finalità benefiche, o il trasferimento d’azienda a discendenti tramite patti di famiglia, godono di esenzione ai sensi dell’art. 3 TUS (qui non approfondiamo questi casi particolari).

Occorre evidenziare che l’obbligato al pagamento dell’imposta di donazione è formalmente il donatario (chi riceve). In pratica, nelle donazioni dirette, il notaio che roga l’atto cura la registrazione entro 30 giorni e il versamento dell’imposta dovuta (se dovuta) contestualmente alla registrazione. Se la donazione rientra interamente nella franchigia (es. un padre dona 100.000€ al figlio), si registra l’atto ma non si paga alcuna imposta pecuniaria (si versa solo l’imposta fissa di registro €200 se dovuta). Se invece l’atto comporta imposta (es. un padre dona 1,5 milioni al figlio: eccedono 500.000€ quindi 4% su 500k = 20.000€), il notaio cura il pagamento di tale importo all’erario.

Donazioni di immobili: oltre all’imposta di donazione, se l’oggetto è un bene immobile o diritto reale immobiliare, si pagano anche imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%), salvo agevolazioni “prima casa” che riducono queste a €200 fisse. Ad esempio, donare una casa al figlio: se valore €200.000, l’imposta donazione è 0 (entro franchigia se figlio unico), ma si pagheranno €2.000 ipotecaria + €2.000 catastale, oppure €200+€200 se il figlio non possiede altre case e l’immobile donato ha i requisiti prima casa.

Liberalità escluse da imposta: Il legislatore e la giurisprudenza hanno chiarito che talune liberalità, per la loro natura, non scontano imposta di donazione. In particolare:

  • Le spese di mantenimento ed educazione e quelle sostenute per motivi di salute, nonché le spese ordinarie per abbigliamento e cerimonie (matrimoni), effettuate in conformità agli usi (art. 742 c.c.), non sono considerate donazioni tassabili. Si pensi ad un genitore che paga gli studi universitari del figlio o sostiene sue spese mediche: sono trasferimenti a titolo gratuito ma rientrano nei doveri di mantenimento o negli “usi” e non si tassano né vanno formalizzati.
  • Le donazioni di modico valore (art. 783 c.c.) sono escluse dall’applicazione dell’imposta (art. 1, co.4, TUS). Come detto, la modicità si valuta sia in base al valore economico oggettivo sia alla capacità patrimoniale del donante: 5.000€ possono non essere modici per un donante con patrimonio modesto, mentre 50.000€ potrebbero considerarsi modici per un donante miliardario – la valutazione è caso per caso, ma la Cassazione tende a considerare modico ciò che non impoverisce significativamente il donante. Se la donazione è di modico valore, è valida anche senza atto pubblico e, fiscalmente, non va né registrata né tassata.

Donazioni indirette e informali: tassabilità fiscale. Un punto nevralgico riguarda le donazioni che non passano per un atto formale registrato. L’art. 1, comma 4-bis, TUS (introdotto nel 2006) stabilisce che le donazioni indirette sono soggette a imposta solo se risultano da atti soggetti a registrazione (ad esempio, se vengono menzionate in un atto notarile). Inoltre, l’art. 56-bis TUS prevede l’imposta anche quando la donazione indiretta, non risultante da atto pubblico, venga “confessata” in un atto di accertamento tributario o registrata volontariamente. Ciò significa, ad esempio, che se in sede di verifica fiscale il contribuente ammette che certi movimenti finanziari erano in realtà donazioni indirette, tali liberalità possono essere tassate (come avvenuto nel caso della voluntary disclosure da cui origina Cass. 7442/2024).

La Cassazione 7442/2024 ha tratto un principio importante: le donazioni “informali” pure, ossia le liberalità attuate con meri atti materiali (come versamenti di denaro senza atto scritto), non scontano l’imposta sulle donazioni in assenza di un atto registrabile. In altri termini, il presupposto dell’imposta è la sussistenza di un atto pubblico o una scrittura registrata da cui risulti la donazione. Se il trasferimento a titolo di regalo non è formalizzato (come un bonifico), manca l’atto e dunque manca il presupposto per applicare l’imposta. Questa lettura, confermata anche da precedenti decisioni (Cass. 328/2023; Cass. 13133/2016), implica che le cosiddette “donazioni indirette o informali” generalmente sfuggono all’imposta salvo che il contribuente stesso non scelga di registrarle o rivelarle formalmente.

Esempio: uno zio trasferisce 50.000 € con bonifico al nipote senza atto notarile. Secondo la Cassazione, trattandosi di una liberalità informale, non c’è obbligo di pagare imposta di donazione. Ovviamente, se lo zio volesse “ufficializzare” la donazione (per sicurezza giuridica), andando da un notaio, allora al momento della registrazione scatterebbe l’imposta (6% oltre 100.000 € per i nipoti, soglia che in questo caso non viene superata). Ma se rimane un bonifico privato, né lo zio né il nipote sono tenuti a nulla, a meno che il fisco, in sede di controlli, non intercetti quella somma e sospetti altre finalità (ad es. un pagamento occulto). Da notare: resta un tema civilistico: una donazione non formalizzata sopra modico valore sarebbe nulla (art. 782 c.c.), ma in molti casi ciò rileva solo tra privati (ad es. in caso di liti ereditarie), mentre il fisco, come detto, non può da solo qualificare e tassare un atto nullo se manca un atto registrato.

Alla luce di queste regole, possiamo sintetizzare: non tutte le somme regalate sono tassate. Le donazioni tra parenti stretti entro le franchigie sono esenti; le liberalità di modico valore o d’uso non si tassano; i semplici aiuti economici informali (specie in ambito familiare) non generano imposta di donazione né obbligo dichiarativo. Il Fisco può però contestare alcune di queste situazioni, come vedremo, tramite accertamenti mirati, specie quando i flussi di denaro sono ingenti o non giustificati dal reddito dichiarato del donante/donatario.

Prima di passare ai controlli, è importante chiarire un aspetto: le donazioni (come tali) non costituiscono “reddito” per chi le riceve. In linea di principio, un arricchimento per mera liberalità non è inquadrato dal TUIR (D.P.R. 917/86) tra le categorie di reddito imponibile IRPEF. Il nostro sistema prevede un’imposta sui redditi e un’imposta sui trasferimenti gratuiti (successioni/donazioni); dunque una somma ricevuta a titolo di regalo non va dichiarata come reddito IRPEF (salvo casi particolari di elargizioni a enti con obblighi di rendicontazione). Tuttavia, questa distinzione teorica può complicarsi quando l’Amministrazione finanziaria mette in dubbio che si tratti di vera donazione e ritiene piuttosto che la somma celasse un corrispettivo o un reddito non dichiarato. Da qui nascono molti contenziosi, in cui il contribuente deve provare l’animus donandi (intento di regalo) per evitare che il denaro venga tassato come reddito occulto.

3. Controlli fiscali e accertamenti sulle donazioni: quando scattano e cosa può contestare l’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate (anche tramite la Guardia di Finanza) dispone di ampi poteri per controllare i flussi finanziari e il patrimonio dei contribuenti. In particolare, i movimenti bancari sono monitorati: esiste una comunicazione sistematica all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) per operazioni in denaro superiori a determinate soglie (circa €5.000 in entrata o uscita, anche frazionati) ritenute “anomale”, e l’Archivio dei Rapporti Finanziari consente al fisco di verificare saldi e movimenti sui conti. Inoltre, dal 2023 le piattaforme digitali (comprese quelle di crowdfunding e membership) raccolgono i dati dei guadagni percepiti dai loro utenti e li trasmettono alle autorità fiscali nazionali ogni anno. Ciò significa che compensi ricevuti tramite Patreon, PayPal, GoFundMe, ecc. potrebbero essere conosciuti dal fisco anche senza un controllo sul singolo conto, nell’ambito dello scambio automatico di informazioni (direttiva DAC7).

Nel contesto delle donazioni tradizionali, l’Agenzia delle Entrate tipicamente avvia un accertamento quando emergono movimenti di denaro “sospetti” che potrebbero celare una liberalità non tassata o un reddito occulto. Ecco alcuni casi tipici in cui il fisco interviene:

  • Bonifici o trasferimenti consistenti tra privati, specialmente tra parenti o amici, senza una causale commerciale chiara. Ad es., se su un conto corrente compaiono accrediti di decine di migliaia di euro provenienti da un familiare, l’Agenzia può chiedere spiegazioni sulla natura di quei passaggi di denaro.
  • Acquisti patrimoniali intestati a un soggetto ma pagati da un altro. Un caso classico: Tizio acquista una casa intestandola al figlio Caio, e paga lui il prezzo. Questo è tipicamente una donazione indiretta (donare denaro per comprare casa al figlio). Se tale operazione emerge (ad es. dall’atto di compravendita o da indagini bancarie), il fisco può contestare il mancato pagamento dell’imposta di donazione su quel trasferimento di ricchezza.
  • Finanziamenti, regali o contributi non documentati. Ad esempio, versamenti su conti di società o di terzi presentati come “finanziamenti infruttiferi” o regalie occasionali, ma non supportati da accordi scritti o delibere, possono indurre il fisco a riqualificarli come donazioni tassabili o ricavi occulti.
  • Movimenti bancari non coerenti con il reddito dichiarato. Questo è un campanello d’allarme generale: se un contribuente con reddito ufficiale modesto movimenta sul conto cifre molto maggiori (in entrata o in uscita), l’Ufficio può attivare un accertamento sintetico o finanziario. In particolare, per i lavoratori autonomi e imprenditori vige la presunzione legale (art. 32 DPR 600/73) che ogni accredito sul conto sia un ricavo tassabile, salvo prova contraria. Per i privati non titolari di partita IVA, la giurisprudenza ha esteso in parte tale presunzione: versamenti ingenti non giustificati possono essere considerati “redditi” se il contribuente non prova che sono frutto di risparmio, donazioni o altre cause esenti. Dunque, accrediti rilevanti con causali vaghe (“regalo”, “donazione”) potrebbero innescare accertamenti per redditi non dichiarati.
  • Donazioni non registrate o simulate. Se l’Agenzia scopre, ad esempio, che un contribuente ha ricevuto un immobile o una grossa somma senza atto di donazione registrato, può ritenere dovuta l’imposta piena (specie se non ricorre la modicità). Oppure, se sospetta che la donazione sia fittizia e nasconda altro (come un pagamento per prestazione di lavoro in nero, o una vendita mascherata da regalo per evadere imposte), può contestare la simulazione e riqualificare l’operazione.

Quali contestazioni può muovere il Fisco? In un avviso di accertamento relativo a somme ricevute come donazioni o tramite piattaforme online, l’Ufficio tipicamente formula (alternativamente o cumulativamente) queste ipotesi:

  • Mancato pagamento dell’imposta di donazione. È il caso in cui l’Agenzia riconosce la natura liberale del trasferimento ma contesta che, trattandosi di donazione di non modico valore priva di atto notarile, si sarebbe dovuta comunque pagare l’imposta in misura piena. Ciò avviene soprattutto per donazioni indirette (es. acquisto di casa intestata al figlio) o donazioni formali non registrate. Il fisco sostiene che l’atto andava formalizzato e tassato. Per esempio: “Hai ricevuto €200.000 da tuo zio via bonifici: è una donazione nulla perché senza atto, ma ai fini fiscali noi la tassiamo all’8% come se fosse atto non registrato”. Su questo tipo di contestazione il contribuente può far valere i principi di esenzione di cui sopra (modico valore, etc.), come vedremo nelle difese.
  • Donazione simulata o apparente. In alcuni casi l’Ufficio potrebbe insinuare che la causale “donazione” sia fittizia, usata per mascherare un diverso negozio. Ad esempio, potrebbero ipotizzare che un bonifico di un imprenditore al socio sia in realtà un dividendo non tassato, oppure che soldi transitati da padre a figlio siano in realtà un pagamento per un qualche servizio (o una interposizione fittizia di persona). Se viene contestata la simulazione, il fisco tende a riqualificare l’operazione e tassarla secondo la “vera natura” ritenuta (es. come reddito di lavoro autonomo, come ricavo d’impresa, ecc., con relative sanzioni).
  • Omessa dichiarazione di redditi (evasione d’imposta sui redditi). Questa ipotesi si verifica quando l’Agenzia ritiene che le somme ricevute non siano vere liberalità, bensì proventi imponibili non dichiarati. È frequente per le piattaforme online: ad esempio, compensi ricevuti su Patreon dai propri sostenitori vengono interpretati come redditi di lavoro autonomo o d’impresa (vedi §4), oppure importi raccolti tramite crowdfunding con ricompensa vengono visti come corrispettivi di vendita. In tal caso, l’accertamento non riguarda l’imposta di donazione, ma IRPEF (o IRES) e IVA non versate su quei ricavi. Ad esempio, un content creator che abbia incassato 20.000€ dai fan senza dichiararli può ricevere un avviso per omessa dichiarazione di redditi per quell’importo, con richiesta di IRPEF, eventuale IVA e relative sanzioni.
  • Violazioni formali: l’Agenzia può anche contestare la mancata emissione di fatture o ricevute per somme ricevute (se erano da considerarsi corrispettivi), la mancata apertura di partita IVA nonostante l’attività continuativa, o l’omessa registrazione di un contratto di donazione (ove obbligatoria). Queste contestazioni accompagnano spesso le precedenti e comportano sanzioni amministrative aggiuntive.

Va sottolineato che non sempre l’accertamento del Fisco è legittimo o fondato: esistono casi in cui il contribuente può far valere l’illegittimità della pretesa. Ad esempio, se la somma contestata rientrava chiaramente nell’esenzione (donazione di modico valore, compatibile col reddito del donante) o se manca la prova che il trasferimento avesse natura onerosa, l’accertamento può essere annullato. Oppure, se si dimostra che il passaggio di denaro non era una donazione ma un prestito poi restituito (con documentazione di un mutuo, di restituzioni, ecc.), allora non c’è né imposta di donazione né reddito imponibile – trattandosi di una movimentazione finanziaria neutra.

Un aspetto chiave in sede di controllo è l’onere della prova: in generale, il contribuente dovrà giustificare la natura non tassabile delle somme accreditate. Se invoca la causa di donazione, dovrà dare elementi per confermare che si trattava di un regalo spontaneo (es: parentela stretta, occasioni particolari, dichiarazioni scritte del donante, compatibilità coi redditi di quest’ultimo, ecc.). Se invece il contribuente sostiene trattarsi di redditi esenti o rimborsi, dovrà fornire adeguate pezze giustificative. Dall’altro lato, il fisco – per legge – non può presumere arbitrariamente tutto come reddito: vi sono limiti. La Cassazione ha affermato che il Fisco non può “presumere tutto senza prove”, soprattutto nel contesto delle donazioni ove esistono situazioni lecite di esenzione. Ad esempio, non è legittimo tassare come reddito un bonifico genitore-figlio se di importo ragionevole, senza ulteriori elementi: sarebbe un eccesso di potere, attaccabile in contenzioso.

Riassumendo, quando il Fisco scopre movimenti di denaro giustificati come donazioni o proventi online non dichiarati, potrà imboccare due strade: tassarli come donazioni (imposta sulle donazioni evasa) oppure come redditi (IRPEF, IVA evasi). In alcuni casi tenterà entrambe le vie in via subordinata. Il contribuente, per difendersi, dovrà chiarire la reale natura di quelle somme – dimostrando che rientrano in ipotesi non imponibili (regalo legittimo, prestito, occasionalità) – oppure, se erano imponibili, attivarsi per regolarizzare e contenere le sanzioni.

Nei capitoli seguenti affrontiamo separatamente i guadagni da Patreon e crowdfunding (dove spesso la questione è l’inquadramento reddituale), e successivamente le strategie di difesa generali in caso di accertamento, sia per imposta donazioni sia per imposte sui redditi.

4. Guadagni su Patreon e piattaforme simili: regime fiscale e obblighi (occasionale vs abituale)

Patreon è una piattaforma di membership sempre più utilizzata da creatori di contenuti (artisti, youtuber, blogger, ecc.) per ricevere sostegno economico dai propri fan in cambio di contenuti o esperienze esclusive. In pratica consente di monetizzare il proprio lavoro creativo attraverso abbonamenti mensili, donazioni ricorrenti e anche vendite di prodotti digitali. Dal punto di vista fiscale, i guadagni ottenuti tramite Patreon – che provengano da abbonamenti, “donazioni” dei follower, sponsorizzazioni o vendita di merchandise – sono considerati a tutti gli effetti redditi imponibili in Italia. Non esiste una categoria speciale esente per i “creator”: si applicano le norme generali sui redditi.

La distinzione fondamentale è tra attività occasionale e abituale/professionale:

  • Se l’attività su Patreon (o piattaforme simili) è svolta in modo saltuario, non organizzato e con compensi modesti, i proventi possono essere dichiarati come “redditi diversi” (ex art. 67 TUIR) nella dichiarazione dei redditi. In pratica rientrano tra i redditi derivanti da attività occasionale di lavoro autonomo. Tali redditi sono soggetti a IRPEF secondo gli scaglioni ordinari, ma se l’ammontare annuo è basso potrebbero ricadere nella no tax area. In particolare, redditi da lavoro autonomo occasionale fino a €4.800 annui non generano imposta IRPEF (in quanto sotto alle deduzioni minime) e non obbligano ad aprire partita IVA. Attenzione, però: anche se sotto €4.800, formalmente andrebbero comunque indicati in dichiarazione dei redditi se si presenta il Modello Redditi (restando imponibili zero); se invece il contribuente non ha altri redditi e non supera €4.800, non vi è obbligo di presentare la dichiarazione, dunque di fatto quei piccoli importi restano “dichiarati” implicitamente per esclusione. È sempre consigliabile, tuttavia, tenere traccia documentale di tali entrate (es. estratti conto, ricevute di Patreon) per poterle giustificare in caso di controlli.
  • Se l’attività è svolta in modo abituale, continuativo e organizzato (anche se individuale), essa configura un vero e proprio lavoro autonomo/professionale oppure un’attività d’impresa (a seconda dei casi), e scatta l’obbligo di aprire la Partita IVA. Indicativamente, quando un content creator pubblica regolarmente contenuti, ha una base stabile di abbonati e un’entrata mensile prevedibile, l’attività è abituale. La continuità è il criterio cardine: non c’è una soglia fissa di guadagno oltre la quale serve la P.IVA, ma importi rilevanti e il ripetersi sistematico dei compensi fanno propendere per la professionalità. In caso di dubbio, la stessa Agenzia delle Entrate suggerisce di valutare se ricorrono i caratteri di “professionalità” e “abitualità” nel lavoro del creator. Aprire la partita IVA consente di mettersi in regola: il creator dovrà emettere fattura per i compensi (anche se molti piccoli importi, potrà usare fatture cumulative o ricevute giornaliere), dichiarare i redditi come lavoro autonomo (o impresa) e versare le relative imposte e contributi previdenziali.

Trattamento fiscale specifico: I redditi da Patreon dichiarati come “diversi” (se occasionali) o come lavoro autonomo (se abituali) confluiscono rispettivamente nel Quadro RL (redditi diversi) o Quadro RE/LM (lavoro autonomo o forfettari) del Modello Redditi PF. La tassazione segue le regole ordinarie IRPEF, oppure se si aderisce al regime forfettario (molti creator con P.IVA optano per il regime agevolato al 15% IRPEF) si applica l’imposta sostitutiva su un reddito forfettizzato. Da notare: un content creator che apre P.IVA può spesso beneficiare del regime forfettario 15% (o 5% startup) se ricavi < €85.000 annui e requisiti rispettati, il che risulta vantaggioso rispetto alle aliquote IRPEF progressive.

IVA sui ricavi da Patreon: Qui occorre fare una distinzione. In generale, prestazioni di servizi effettuate da un professionista in modo abituale sono soggette a IVA (22% ordinaria) se rese verso committenti in UE non privati, ecc. Tuttavia, Patreon opera con una modalità particolare: agisce come intermediario per l’IVA in Europa. La piattaforma, infatti, applica l’IVA agli abbonamenti dei sostenitori in base al loro paese (IVA locale) e la riscuote e versa alle autorità competenti. In sostanza, se un utente italiano supporta un creator con 10€, Patreon aggiungerà l’IVA (ad es. 22% se il sostenitore è in Italia) e quella parte viene trattenuta e inviata al fisco, mentre al creator va l’importo al netto della fee Patreon (e di IVA eventuale). Quindi il creator riceve il compenso al netto dell’IVA applicata ai fan, e non deve versarla egli stesso.

Tuttavia, attenzione: questo non significa che il creator non abbia obblighi IVA. Se egli è tenuto ad avere P.IVA (attività abituale), deve comunicare a Patreon il proprio VAT number (tramite modulo W-8BEN) per permettere la corretta gestione fiscale. Inoltre, i compensi percepiti sono comunque considerati al netto dell’IVA versata da Patreon, ma andranno fatturati o registrati. Nella pratica, molti commercialisti consigliano di emettere una sorta di autofattura/ricevuta per documentare i corrispettivi percepiti tramite Patreon, specie se si intende detrarre i costi delle commissioni. C’è un vuoto normativo su come fatturare singoli micropagamenti di fan (Patreon spesso non fornisce i dati di ogni sostenitore); spesso si tratta Patreon come soggetto che intermedia incassi, emettendo eventualmente una fattura unica mensile verso Patreon (che ha sede estera) per l’importo totale dei ricavi del mese, in regime di reverse charge se UE. In altri casi, si tengono registri dei corrispettivi. Il dettaglio esula da questa guida, ma è importante saperlo per regolarizzarsi.

Donazioni “pure” su Patreon: Molti creatori si chiedono: ma se i miei sostenitori mi versano soldi “solo per sostegno”, senza che io offra nulla in cambio (nemmeno contenuti extra), posso considerarle donazioni vere e non reddito? Dal punto di vista IVA, una liberalità pura senza obbligo di controprestazione non è soggetta a IVA. Quindi se, in teoria, un fan dona soldi senza ricevere alcun bene/servizio, non vi sarebbe IVA. Però, nella realtà di Patreon, spesso anche la semplice presenza del creator online e la promessa di continuare a creare contenuti sono considerate un “qualcosa in cambio”. La stessa piattaforma incoraggia i creator a offrire livelli e contenuti esclusivi; di fatto, anche se li chiama “donazioni”, fiscalmente sono corrispettivi di un servizio o di un’attività creativa. Come nota uno studio legale, “i contributi dei sostenitori su Patreon corrispondono sostanzialmente a una vendita di servizi […]: sono soggetti all’IVA e alle imposte sui redditi, perché in cambio del sostegno si riceve la possibilità di vedere contenuti esclusivi”.

Dunque, se un creator non offre alcun benefit ed è davvero una donazione spontanea, potrebbe sostenere l’assenza di tassazione come reddito (restando però valida l’imposta di donazione, se applicabile). Ma si tratta di casi limite e difficili da dimostrare: in genere il Fisco inquadra tutto come reddito del creator, anche le eventuali mance o doni spontanei dei fan, proprio perché l’attività online c’è e il sostegno è collegato a questa (analogia con le mance ai lavoratori: anch’esse di per sé liberali, ma considerate reddito da lavoro dipendente accessorio). Infatti, anche “le donazioni ‘pure’ vanno dichiarate ai fini delle imposte dirette (IRPEF), salvo rientrino in cause di non imponibilità, ad es. donazioni da familiari)”. Un fan estraneo non rientra tra cause di non imponibilità, quindi meglio non fare affidamento sull’idea di poter non dichiarare nulla presentandolo come regalo.

In sintesi: chi percepisce guadagni tramite Patreon deve, salvo rare eccezioni, dichiararli al fisco. Se trattati come attività occasionale, andranno nei redditi diversi; se l’attività è abituale, occorrerà mettersi in regola con P.IVA, fatturazione e dichiarazione come reddito di lavoro autonomo. Non farlo comporta rischi seri: come accennato, l’Agenzia delle Entrate ha già individuato vari casi di evasione nel mondo dei creator online. Emblematico è il caso del noto youtuber St3pny (Stefano Lepri), che per anni non ha dichiarato i ricavi pubblicitari dei suoi video: scoperto dalla Guardia di Finanza, ha dovuto pagare centinaia di migliaia di euro di imposte evase, interessi e sanzioni, ed è incorso anche in un procedimento penale conclusosi con una condanna. Benché un caso estremo (ricavi altissimi e totalità omessa), è un monito: sottovalutare gli obblighi fiscali nella creator economy può portare a gravi conseguenze.

Regolarizzazione di redditi Patreon non dichiarati: se un creator si rende conto di aver omesso di dichiarare compensi degli anni scorsi, ha la possibilità – prima che inizino controlli – di ricorrere al ravvedimento operoso. Presentando dichiarazioni integrative per gli anni omessi e versando imposte dovute più interessi e sanzioni ridotte (a seconda del ritardo), può sanare la posizione ed evitare guai peggiori. Ad esempio, se Tizio nel 2022 ha guadagnato €10.000 su Patreon senza dichiararli, nel 2024 potrebbe presentare integrativa 2023 per redditi 2022, pagare l’IRPEF relativa più interessi e sanzione ridotta (ravvedimento lungo) del 5%–6% circa. Se però arriva prima l’avviso di accertamento, il ravvedimento non è più ammesso e le sanzioni saranno ben più alte (tipicamente il 90% dell’imposta evasa). Conviene quindi attivarsi spontaneamente prima possibile. Nella sezione difese (§6) vedremo cosa fare se invece il controllo è già in corso o concluso.

5. Crowdfunding e raccolte online: donation vs reward, tassazione e obblighi

Il crowdfunding è un metodo di finanziamento collettivo di un progetto o iniziativa, in cui molte persone contribuiscono con somme di denaro tramite piattaforme online (Kickstarter, Indiegogo, GoFundMe, ecc.). Esistono vari modelli di crowdfunding, principalmente:

  • Donation-based crowdfunding: è la raccolta fondi a scopo di donazione, spesso per progetti senza scopo di lucro, cause personali o emergenze. I sostenitori donano somme generalmente senza aspettarsi nulla in cambio. Se la raccolta non raggiunge l’obiettivo prefissato, solitamente i fondi vengono restituiti ai donatori (dipende dalla piattaforma). Questo modello è assimilabile a una erogazione liberale: chi contribuisce lo fa per altruismo o sostegno ideale.
  • Reward-based crowdfunding: è il crowdfunding “classico” con ricompensa. I finanziatori ricevono un premio, prodotto o servizio in cambio del loro contributo. Tipicamente usato per startup di prodotti creativi: si promette che chi versa, poniamo, 50€, riceverà il prodotto finale o gadget esclusivi una volta sviluppato. Qui il contributo è in sostanza un pre-acquisto o sponsorizzazione con premio.
  • Lending crowdfunding (social lending): i contributi sono prestiti, i finanziatori si aspettano la restituzione del capitale con interessi. È un modello assimilabile al credito: i proventi per i finanziatori (interessi) sono redditi di capitale tassati al 26%.
  • Equity crowdfunding: i finanziatori investono in una società ottenendo quote di capitale; di fatto comprano azioni/quote e diventano soci. I loro guadagni eventuali saranno dividendi o plusvalenze, tassati come redditi di capitale (26% imposta sostitutiva).

Focalizziamoci sui primi due modelli, donation e reward, che riguardano spesso privati e piccole iniziative, e che generano dubbi fiscali.

Crowdfunding basato sulla donazione: in linea generale, se chi raccoglie i fondi è un privato o un ente non commerciale e i donatori non ricevono nulla indietro, le somme raccolte non sono considerate reddito imponibile per chi le riceve. Non c’è infatti una controprestazione: si tratta di liberalità ricevute. La stessa Agenzia delle Entrate ha indicato che nel donation crowdfunding non c’è tassazione per i donatori (ovviamente) né, di per sé, per il beneficiario, salvo il caso in cui quest’ultimo sia un ente che gode di esenzioni specifiche o meno. In pratica, se Tizio avvia una raccolta “Donate per aiutarmi a pubblicare il mio libro” e promette solo di ringraziare i sostenitori, i fondi che ottiene non sono corrispettivo di un servizio: non c’è IVA, non c’è reddito tassabile IRPEF (trattandosi di atto a titolo gratuito).

Tuttavia, bisogna fare attenzione a due aspetti: (a) la tracciabilità e trasparenza; (b) l’eventuale applicazione dell’imposta sulle donazioni se le cifre o i donatori sono rilevanti. Sul punto (a), anche se non tassati come reddito, i fondi raccolti dovrebbero essere documentati chiaramente (piattaforma, importi e soggetti) per dimostrare che provengono da donazioni volontarie. L’Agenzia può chiedere conto dell’uso e dell’origine di quei soldi, soprattutto se elevati, per escludere che celino attività commerciali. Sul punto (b), se un singolo donatore elargisce una somma cospicua (es. €20.000 da un estraneo), formalmente sarebbe una donazione tassabile (8% senza franchigia, come visto). Ma nella pratica del crowdfunding, i contributi sono quasi sempre frazionati tra tanti donatori con importi modesti ciascuno; ogni donazione presa singolarmente potrebbe essere considerata di modico valore per chi la effettua, e comunque non risulta da atto pubblico. Pertanto, richiamando la Cassazione 7442/2024, queste liberalità informali non dovrebbero scontare imposta di donazione. Ad esempio, se 1000 persone donano €10 ciascuna, nessuna singola donazione è tassabile né formalizzabile. L’Agenzia, anche volendo, non avrebbe strumenti pratici per tassare ognuno di quei micro-regali (e non potrebbe sommarli perché giuridicamente ognuno è un atto a sé di soggetti diversi).

Ne consegue che un crowdfunding personale senza scopo di lucro, ben documentato e senza controprestazioni, può avvenire anche senza partita IVA e senza obblighi dichiarativi – a patto che le somme raccolte siano effettivamente utilizzate per lo scopo dichiarato e non per arricchimento personale mascherato. Un parere in tal senso lo dà uno specialista del non profit: “Il crowdfunding donation based può essere fatto anche da persona fisica. Si tratta di donazione liberale per sostenere un progetto. Il donatore non deve ricevere nulla in cambio. Ai fini IRPEF, le risorse raccolte possono qualificarsi come reddito da lavoro autonomo occasionale […] ma tieni presente che se i proventi sono inferiori a €4.800 non c’è obbligo di dichiarazione dei redditi”. Questo indica una doppia possibile lettura: da un lato se ne riconosce la natura liberale (donazione) senza IVA e senza necessità di P.IVA; dall’altro, per prudenza fiscale, si può ritenere opportuno dichiararle come “redditi diversi” occasionali, specie se non marginali. In pratica, molti consulenti suggeriscono: se raccogli qualche migliaio di euro per un tuo progetto, anche se donation-based, per stare sicuro dichiarali come reddito occasionale (tanto sotto 4800€ non paghi IRPEF, e se superi di poco pagherai aliquota minima) – in modo da chiudere ogni discussione con il fisco.

Crowdfunding con ricompensa (reward): qui la situazione fiscale è più netta. Se ai contributori viene promesso un bene o servizio in cambio del loro contributo, la somma che il progettista incassa è di fatto un ricavo di vendita o prestazione. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in caso di successo della campagna (raggiungimento dell’obiettivo e acquisizione definitiva dei fondi), quelle somme sono imponibili per chi le riceve, e bisogna applicare le relative imposte. In pratica, se una startup raccoglie €50.000 offrendo in cambio un gadget tecnologico per ogni donatore: al momento in cui l’obiettivo è raggiunto e i soldi non vengono restituiti ma usati per produrre il gadget, quei 50.000 costituiranno ricavi tassabili. Saranno soggetti a IVA (come vendita di beni) e a tassazione diretta (reddito d’impresa se chi raccoglie è una società, o reddito di lavoro autonomo/imprenditoriale per una persona fisica). L’Agenzia vede il modello reward come una vendita di cosa futura: infatti il DPR 633/72 (IVA) stabilisce che in tali casi l’operazione si considera effettuata al momento della consegna del bene o prestazione del servizio, ma già al momento dell’incasso possono sorgere obblighi (registro, fatturazione pro-forma ecc.). Normalmente, se la piattaforma trattiene le somme fino a campagna conclusa, l’IVA sarà dovuta quando i beni/servizi sono consegnati ai finanziatori, mentre ai fini delle imposte dirette contano come sopravvenienze attive o ricavi dell’anno di incasso.

E se la campagna fallisce (obiettivo non raggiunto) e i soldi tornano indietro ai donatori? In tal caso non c’è alcun reddito né vendita: l’Agenzia conferma che se i fondi vengono restituiti, “non c’è alcuna imposta da pagare”. Dunque la tassazione scatta solo se il progetto va in porto e i contributi diventano definitivi.

Un punto dibattuto è l’entità della ricompensa: talvolta le campagne di tipo “reward” offrono solo ricompense simboliche (un ringraziamento, una menzione, un piccolo gadget di valore trascurabile) pur di non configurarsi come vendita vera. Alcuni esperti ritengono che “se la ricompensa è solo simbolica, si applichi lo stesso trattamento del donation crowdfunding”, quindi niente imponibilità, assimilando il simbolo a un semplice ringraziamento. Però è un terreno scivoloso: per l’Agenzia ufficialmente qualunque corrispettivo, anche simbolico, può far venire meno la gratuità pura. Pertanto, prudenza suggerisce di considerare reward = tassabile in linea di massima, tranne forse casi di oggettivo valore nullo del “premio” (es. un attestato di ringraziamento via email). In quei casi si può discutere che la donazione resta liberale.

Caso pratico: Caio lancia una raccolta fondi per pubblicare un album musicale, offrendo a chi dona più di 30€ una maglietta e il nome nei crediti. Raccoglie 10.000€. Secondo le regole fiscali, Caio dovrebbe aprire P.IVA (se non l’ha) perché sta effettuando una vendita di beni (magliette) e una prestazione (l’album, se considerato come prodotto digitale offerto). Dovrà emettere fatture o ricevute ai finanziatori con IVA 22% (o se sotto soglia OSS per UE, comunque gestire l’IVA), dichiarare quel ricavo in reddito d’impresa o autonomo. Se Caio fosse una società o ditta, contabilizzerà i 10.000 come ricavo; se è persona fisica, potrebbe dichiararli come reddito d’impresa occasionale ma qui c’è organizzazione (produzione di album, gadget) – è un’attività commerciale vera, che richiede P.IVA. La mancata formalizzazione esporrebbe Caio a un possibile accertamento, specie se la somma è visibile su piattaforme o conti. Viceversa, se Caio avesse raccolto 10.000€ senza promettere nulla (donation pura), potrebbe difendere la non imponibilità come reddito, restando solo il tema eventuale dell’imposta donazioni (che però, con molti piccoli donatori, non si applicherebbe, come detto).

Crowdfunding e terzo settore: se il soggetto che raccoglie è un’associazione o ente non profit, esistono norme specifiche. In generale, le raccolte fondi occasionali effettuate da enti del Terzo Settore non sono tassate sul ricavato, purché utilizzate per fini istituzionali (art. 79 CTS). Le piattaforme come Rete del Dono, ad esempio, segnalano che per associazioni il ricavato di campagne crowdfunding non è soggetto a tassazione secondo AdE (trattato alla stregua di erogazioni liberali). Dunque un’associazione culturale che raccolga 5.000€ da soci e simpatizzanti per un evento benefico non dovrà pagare imposte su quella somma. Rimane l’obbligo di rendicontare l’entrata in bilancio e, se i donatori vogliono detrarre/dedurre la donazione, l’ente dovrà comunicare i loro dati all’AdE per il 730 precompilato (come previsto dal DL 111/2019 per le erogazioni liberali tracciabili). Ma qui entriamo in ambito di enti non commerciali, che eccede lo scopo di questa guida focalizzata sul punto di vista del debitore privato.

Ricapitolando: il donation crowdfunding per individui è assimilabile a tante piccole donazioni: niente IVA, niente IRPEF, potenzialmente imposta di donazione ma nei fatti non applicata se contributi modici e sparsi. Il reward crowdfunding è assimilato a vendite/prestazioni: va trattato fiscalmente come tale (IVA e imposte sui redditi) in caso di successo. Chi organizza raccolte online dovrebbe quindi valutare bene il modello: se vuole evitare complessità fiscali, dovrebbe optare per la forma puramente donativa e non elargire beni di valore. Se invece c’è un corrispettivo, è opportuno fin da subito impostare le cose con P.IVA e regole commerciali.

6. Strategie di difesa in caso di accertamento fiscale (donazioni e proventi online)

Affrontiamo ora il cuore della guida: come difendersi efficacemente di fronte a un accertamento dell’Agenzia delle Entrate che contesti somme ricevute a titolo di donazione o tramite Patreon/crowdfunding. Le possibili situazioni variano (accertamento per imposta sulle donazioni evasa, oppure per redditi non dichiarati, o entrambe), ma ci sono principi generali di difesa applicabili.

a) Esame dell’atto di accertamento e contestazioni specifiche: appena si riceve un avviso di accertamento (o una comunicazione di irregolarità/invito al contraddittorio), è fondamentale leggerlo attentamente e capire cosa viene contestato. Ad esempio, l’atto potrebbe affermare: “Si tratta di donazione non formalizzata soggetta a imposta X%” oppure “Redditi non dichiarati ai fini IRPEF per anno Tot”. Identificare la norma violata e la pretesa (imposta donazione per importo Y + sanzioni, oppure IRPEF + addizionali + IVA + sanzioni) orienterà la linea difensiva. Verificare sempre termini e firme: l’avviso è stato notificato entro i termini decadenziali? (per IRPEF di regola il 5° anno successivo, per imposta donazione non c’è termine fisso se atto non registrato, ma alcuni sostengono 5 anni da quando l’Agenzia ha avuto elementi). E’ firmato dal funzionario delegato? Ci sono vizi formali? Questi aspetti tecnici vanno valutati con un tributarista perché, se presenti, possono portare all’annullamento indipendentemente dal merito.

b) Raccolta della documentazione a supporto: prima di rispondere o avviare ricorsi, occorre mettere insieme tutte le prove e giustificativi sulla reale natura delle somme. Questo include: estratti conto bancari (per mostrare origine e destinazione dei fondi); eventuali dichiarazioni scritte o mail tra le parti (ad esempio, una lettera in cui lo zio dice “ti dono questa somma”, o uno scambio in cui il figlio chiede un aiuto economico); contratti o scritture private (se in realtà c’era un prestito o anticipo); ricevute di restituzione (se la somma era un prestito poi restituito); screenshot o pagine web delle campagne online (per mostrare se c’erano ricompense o no); eventuali testimonianze di terzi (es. altri parenti che confermano la liberalità). Più si documenta la versione del contribuente, più chances di successo. Ad esempio, se l’Agenzia presume che un bonifico parentale celasse una vendita, presentare una lettera firmata dal donante che conferma il regalo e, meglio ancora, attestati dell’occasione (compleanno, matrimonio) può smontare la pretesa fiscale. Importante: se si sostiene che fosse un prestito, è bene avere almeno una scrittura privata con data certa o un movimento contrario di restituzione; in assenza, tale difesa potrebbe non reggere perché un prestito informale senza prova può essere confuso con una donazione.

c) Dimostrare le cause di esenzione o non imponibilità: collegandosi alle categorie illustrate nei capitoli 2, 4 e 5, il contribuente dovrà argomentare perché quella somma non andava tassata. Vediamo le situazioni più comuni:

  • Donazione di modico valore tra familiari: se l’accertamento richiede imposta di donazione su un trasferimento familiare, la difesa tipica è dimostrare che rientrava nella esenzione. Ad esempio, un bonifico di €20.000 da padre a figlio. Si può far valere: (i) è modico rispetto al patrimonio/reddito del padre (allegare documenti patrimoniali: se il padre ha redditi alti o patrimonio cospicuo, 20k è modico); (ii) ricorre un’occasione d’uso (es. aiuto per acquisto prima casa del figlio, quindi liberalità indiretta esente ex art. 1 co.4 TUS); (iii) è comunque entro la franchigia di legge (€1.000.000 tra padre e figlio), ergo anche se fosse atto formale non ci sarebbe imposta. Quest’ultimo punto è decisivo: diverse sentenze hanno annullato accertamenti quando la somma era sotto la franchigia applicabile – perché pretendere un’imposta su un importo che, pure con atto regolare, non l’avrebbe generata è contrario alla ratio della norma. Inoltre, si può citare Cass. 7442/2024: “le erogazioni informali a favore dei figli, o donazioni in denaro non formalizzate, non dovrebbero essere né tassate né registrate”. Questa autorevole pronuncia rafforza la tesi difensiva.
  • Donazione indiretta (es. acquisto casa al figlio): se l’accertamento mira a far pagare l’imposta di donazione su un’operazione come questa, la difesa può basarsi sull’art. 1 co.4-bis TUS e sulle eccezioni: le donazioni indirette sono imponibili solo se risultano da atto registrato. Nel caso di acquisto casa intestata al figlio, l’atto registrato c’è (il rogito di compravendita). Tuttavia, la Cassazione (sent. 13133/2016) ha stabilito che in tal caso l’imposta di donazione si applica solo se nell’atto di compravendita si è data menzione esplicita della natura di liberalità (ad esempio, dichiarando che il pagamento è fatto da terzo per spirito di liberalità). Se nulla è dichiarato, quel negozio resta formalmente a titolo oneroso (il figlio acquirente risulta debitore del prezzo). Ci sono dunque margini per sostenere che l’accertamento è illegittimo se non prova che c’è stata effettiva liberalità. Inoltre, si può far leva sulle esenzioni per prima casa: se quell’immobile è prima casa del figlio, anche volendo tassare la donazione indiretta, non si applicherebbero imposte ipocatastali (già pagate in misura fissa in sede di acquisto). In definitiva, spesso conviene trovare un accordo con AdE (accertamento con adesione – v. sotto) magari riconoscendo la donazione ma accedendo all’imposta in misura ridotta o solo su parte.
  • Somme contestate come redditi non dichiarati (Patreon, crowdfunding): qui la strategia varia a seconda dei fatti. Se effettivamente i guadagni erano reddito d’impresa/lavoro e il contribuente non li ha dichiarati, l’approccio più saggio è puntare a ridurre danno e sanzioni più che negare l’evidenza. Ci si può avvalere dell’accertamento con adesione, una procedura che consente di discutere con l’Ufficio prima di formalizzare il ricorso, cercando un accordo sull’importo dovuto. Con l’adesione, la sanzione viene ridotta a 1/3 di quella irrogata (es. da 90% a 30%). Se le prove del fisco sono schiaccianti (dati DAC7, estratti conto con accrediti mensili da Patreon, ecc.), negare che siano redditi rischia solo di aggravare la posizione. Meglio eventualmente negoziare il riconoscimento dell’occasionalità (se plausibile) – ad esempio se i ricavi erano limitati e discontinui, si può convincere l’Ufficio a trattarli come redditi diversi, evitando sanzioni per mancata P.IVA e IVA. Oppure richiedere l’applicazione di cause di non punibilità: se l’imposta evasa è sotto soglia penale e il contribuente paga tutto prima della conclusione, evitare almeno guai penali. Nel caso di Patreon, come visto, è difficile sostenere “erano doni, non redditi” se la persona offriva contenuti premium: le stesse FAQ di Patreon chiariscono che il creator è responsabile di pagare le proprie imposte sui guadagni e che i contributi dei fan non sono detraibili come donazioni caritatevoli. Dunque la linea “non è reddito” regge solo se davvero non c’era alcuna controprestazione, scenario raro. Se però – scenario diverso – il fisco sta tentando di tassare come redditi quelle che in realtà erano donazioni autentiche (es. una raccolta GoFundMe per aiutare Tizio malato, soldi dati da amici e sconosciuti per solidarietà), allora la difesa sarà far valere l’assenza di fonte reddituale: fornire la narrazione e le prove che quei soldi sono stati dati spontaneamente per liberalità e magari spesi interamente per lo scopo dichiarato (cure mediche di Tizio, nel nostro esempio). In tal caso, si cita la normativa sul crowdfunding donation e la prassi: “il crowdfunding basato sulle donazioni non prevede tassazione delle somme ricevute, poiché i donatori non ricevono niente in cambio”. Si può aggiungere che tali somme non rientrano tra le categorie di reddito del TUIR. Si deve però essere coerenti: se Tizio ha raccolto 100k per cure e poi li ha spesi per comprarsi un’auto, è comprensibile che il fisco sia scettico sulla natura liberale… La destinazione effettiva e la trasparenza qui fanno la differenza.

d) Contraddittorio e accordi pre-contenzioso: in molti casi, prima di emettere l’accertamento definitivo l’Ufficio invita il contribuente a comparire per fornire chiarimenti (invito al contraddittorio obbligatorio in certi accertamenti, es. adesione). È cruciale partecipare e presentare già in quella sede la documentazione e le memorie difensive. Talvolta il confronto con gli agenti accertatori può portare a soluzioni: ad esempio, se si dimostra sul momento che la somma era un prestito subito restituito, l’ufficio potrebbe archiviare la contestazione. Oppure si può trovare un compromesso: “riconosco di aver sbagliato a non dichiarare questi redditi Patreon, ma erano €5.000 non continuativi, vorrei pagarci l’IRPEF come redditi diversi senza sanzioni sproporzionate”. Gli funzionari, vedendo collaborazione e buona fede, potrebbero accettare un’adesione su imponibili ridotti. Mai evitare il dialogo: ignorare l’invito o la convocazione è sconsigliato, perché si perderà l’occasione di chiarire e poi si dovrà solo litigare in causa.

e) Ricorso alla Giustizia Tributaria: se non si raggiunge un accordo o se l’accertamento è già definitivo (ad es. in materia di imposta donazione spesso l’avviso viene notificato senza preavviso, essendo “liquidazione d’imposta”), resta la via del ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (CGT, nuovo nome dal 2023 delle Commissioni Tributarie). Il ricorso va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, eventualmente preceduto da un tentativo di mediazione se richiesto (per valori fino a €50.000). In ricorso si potranno far valere tutte le eccezioni di diritto e di merito: errori di procedura, decadenza, interpretazione errata della norma, infondatezza della pretesa. Ad esempio, contro un accertamento per donazione non registrata si potrà argomentare che: “La somma è di modico valore e l’atto non richiede registrazione né sconta imposta ex art. 1 co.4 TUS; l’Agenzia pretende indebitamente l’imposta in assenza di presupposto, come chiarito da Cass. 7442/2024”. Si citeranno fonti normative e giurisprudenza a supporto. Contro un avviso per redditi non dichiarati, si potrà eccepire che la cifra non costituisce reddito (se si sostiene la tesi del regalo) o, se costituisce reddito, che l’Ufficio ha calcolato male l’imponibile (es. non deducendo eventuali costi) o ha duplicato la tassazione (es. tassato due volte la stessa entrata). Nel processo tributario, sarà utile produrre tutta la documentazione raccolta (lettere, email, estratti) e magari ottenere dichiarazioni giurate di chi ha donato, per confermare la natura liberale. Ad esempio, allegare una dichiarazione sostitutiva del donante che afferma “Confermo di aver donato io la somma X al contribuente Y per mero spirito di liberalità, a titolo di aiuto familiare” – questo ha valore indiziario importante.

Bisogna anche considerare di far leva su eventuali errori dell’ufficio: se hanno qualificato male l’atto (es. chiamato “donazione simulata” ciò che era un prestito), o se hanno applicato sanzioni non corrette. Sanzioni: per omessa dichiarazione di redditi la sanzione va dal 120% al 240% dell’imposta evasa (art. 1 D.Lgs. 471/97) se è una dichiarazione omessa, oppure dal 90% al 180% se dichiarazione infedele. Per l’imposta di donazione, l’omesso pagamento comporta sanzione dal 120% al 240% dell’imposta (D.Lgs. 346/90, art. 50). Queste sanzioni possono essere contestate se il contribuente prova la sua buona fede o incolpevolezza. Ad esempio, se c’era oggettiva incertezza normativa (il contribuente poteva ragionevolmente ritenere non dovuta l’imposta, data la confusione e l’assenza di precedenti chiari), le sanzioni potrebbero essere annullate o ridotte per “errore scusabile”. Nel contesto Patreon/crowdfunding, fino a tempi recenti c’era scarsa consapevolezza fiscale: si potrebbe invocare l’esimente dell’ignoranza inevitabile, almeno per ridurre le sanzioni al minimo. In ogni caso, in ricorso è bene chiedere in subordine la riduzione delle sanzioni per il cumulo delocalizzato (art. 12 D.Lgs. 472/97) o per applicazione del minimo edittale.

f) Soluzioni post-accertamento: se il ricorso non è fattibile o rischioso, a volte conviene valutare gli strumenti deflativi offerti dal legislatore. Nel 2023-2024, ad esempio, sono state introdotte alcune definizioni agevolate delle liti fiscali pendenti e degli avvisi di accertamento: il cosiddetto “condono liti” permetteva di chiudere controversie versando percentuali ridotte se si rinunciava al ricorso; la “definizione agevolata degli avvisi” (Legge 197/2022) consentiva per atti non impugnati di pagarli con sanzioni ridotte al 3%. Queste misure straordinarie sono temporanee, ma vale la pena informarsi se ve ne sono di applicabili nel 2025. Ad esempio, se si riceve ora un accertamento per redditi 2021, potrebbe esserci la possibilità di definire con solo imposte e interessi, senza sanzioni, aderendo a una procedura di “ravvedimento speciale” (introdotto nel 2023). Consultare un esperto tributario per queste opportunità è consigliabile, poiché variano con le Leggi di Bilancio.

g) Tutela del patrimonio e rapporti familiari: un ultimo aspetto da non trascurare è l’effetto che un accertamento su donazioni può avere sul patrimonio del contribuente e sui familiari coinvolti. Se l’imposta di donazione contestata è molto elevata, con sanzioni e interessi, potrebbe diventare un debito difficile da sostenere. È importante sapere che si può chiedere all’Agenzia delle Entrate la rateizzazione delle somme dovute (fino a 8 rate trimestrali per importi sotto 100k, fino a 20 rate oltre). Inoltre, una donazione nulla (per difetto di forma) ma non impugnata tra le parti rimane di fatto in piedi; tuttavia, in sede civile potrebbe emergere il problema. Ad esempio, genitore dona con bonifico €200k al figlio, il fisco chiede imposta perché atto nullo; se ne viene a conoscenza un altro erede, potrebbe impugnare la donazione stessa per nullità. Quindi, attenti a eventuali riflessi in ambito successorio o familiare: una difesa basata su “atto nullo” può salvarci dalle tasse ma evidenziare una vulnerabilità civilistica.

In sintesi, come risultato atteso di una difesa efficace ci può essere:

  • L’annullamento totale dell’accertamento, se si dimostra infondato (ad es. fisco pretendeva imposta su liberalità esente/modica).
  • La riduzione delle sanzioni o il ritiro delle stesse, riconoscendo che il contribuente era in buona fede o che comunque paga il dovuto (spesso ottenibile in adesione o in conciliazione).
  • Il riconoscimento dell’esenzione da imposta, nei casi previsti dalla legge (es. donazione tra padre e figlio sotto franchigia, o crowdfunding donativo puro).
  • La possibilità di definire la pendenza con strumenti agevolati (ravvedimento se ancora in tempo, definizione con sanzioni ridotte, ecc.), evitando così contenziosi lunghi.
  • In generale, la tutela del proprio patrimonio evitando di pagare più del dovuto e la salvaguardia dei rapporti familiari coinvolti (spiegando magari all’Agenzia la natura familiare dell’atto e l’assenza di intenti evasivi, si protegge anche la serenità delle relazioni: il Fisco non deve ingerirsi indebitamente nelle dinamiche familiari regolari).

Un principio da tenere a mente è che le donazioni in sé non sono comportamenti illeciti o evasivi – “non sono reati”, come sottolinea l’avv. Monardo – ma vanno gestite correttamente anche fiscalmente. Il Fisco può controllare, ma deve rispettare i limiti di legge e le evidenze: non può trasformare ogni versamento in una tassa da pagare se mancano i presupposti. Far valere questo, con rispetto ma con fermezza, è il fulcro della difesa dal punto di vista del contribuente.

Di seguito presentiamo alcune Domande & Risposte frequenti e delle Tabelle riepilogative per consolidare i concetti esposti.

Domande frequenti (FAQ)

D1: Una donazione di denaro tra parenti stretti va dichiarata al Fisco?
R: No, le donazioni in quanto tali non vanno dichiarate nella dichiarazione dei redditi, poiché non sono redditi. Tuttavia, per somme rilevanti può essere dovuta l’imposta di donazione. Se la donazione avviene con atto notarile, sarà il notaio a registrarla e a gestire l’eventuale imposta (tenendo conto delle franchigie). Se avviene in modo informale (es. bonifico), e l’importo non supera la franchigia prevista per grado di parentela (es. €1.000.000 tra genitore e figlio), non c’è imposta da pagare. Anche oltre soglia, se la liberalità non è formalizzata con atto pubblico, la Cassazione ha escluso che l’imposta sia esigibile automaticamente. È comunque prudente, per somme molto elevate, formalizzare l’atto onde evitare problemi civilistici e futuri accertamenti.

D2: Ho ricevuto €5.000 via bonifico dal mio migliore amico come regalo. Devo pagare tasse?
R: In linea di principio no: €5.000 da un amico rientra nelle liberalità di modico valore e non sconta imposta di donazione (non essendoci atto, e l’importo è relativamente modesto). Non è un reddito imponibile, trattandosi di regalo occasionale. Ti consigliamo però di conservare evidenza della causale (“regalo”, “sostegno”, etc.) e, se possibile, una conferma scritta dell’amico, nel malaugurato caso di controlli futuri. La banca potrebbe segnalare cumulativamente se ricevessi molti bonifici analoghi: se ciò avvenisse, il Fisco potrebbe chiederti chiarimenti. Basterà spiegare (meglio con prova) che era un aiuto amichevole.

D3: I contributi ricevuti dai sostenitori su Patreon sono considerati “donazioni” esenti o redditi tassabili?
R: Sono considerati a tutti gli effetti redditi tassabili. Anche se colloquialmente si chiamano “donazioni”, in realtà i sostenitori tipicamente ricevono contenuti o benefici (fossero pure i tuoi video pubblici) in cambio del supporto. Pertanto, fiscalmente costituiscono compensi derivanti dalla tua attività di content creator. Se saltuari e modesti, li dichiari come redditi diversi; se regolari/ingenti, devi aprire Partita IVA e gestirli come reddito professionale. Non sono equiparabili alle erogazioni liberali verso ONLUS (che danno diritto a detrazioni per chi dona): qui chi paga lo fa per sostenere te come creatore, non è liberalità nel senso fiscale. Dunque vanno dichiarati e su essi pagherai IRPEF (o imposta sostitutiva se forfettario). Ricorda anche che dal 2023 Patreon comunica all’Agenzia delle Entrate i guadagni dei creator EU, quindi queste entrate sono tracciate.

D4: Guadagno circa 3.000 € l’anno su Patreon in modo discontinuo. Devo aprire la Partita IVA?
R: Non necessariamente. Se l’attività è occasionale – cioè non hai un’organizzazione in forma di lavoro abituale, ma svolgi questa attività in modo sporadico – puoi qualificare quei 3.000 € come redditi diversi da lavoro autonomo occasionale. Fino a €4.800 annui, tali redditi non subiscono IRPEF e non vi è obbligo di dichiarazione se non hai altri redditi. Tuttavia, valuta bene: se incassi ogni mese anche piccole somme, l’Amministrazione potrebbe considerarla continuità. Diciamo che sotto i 5.000 € anno e senza impegno costante, la Partita IVA non è richiesta. In futuro, se i guadagni aumentano o decidi di fare del content creation la tua professione, allora ti converrà aprirla (anche per poter dedurre eventuali costi e regolarizzare contributi previdenziali).

D5: Ho lanciato una campagna di crowdfunding e raccolto 8.000 € senza offrire ricompense (donation pura). Devo dichiarare questa somma nei redditi?
R: In genere no, se davvero è donation pura. Tali fondi non costituiscono un reddito tassabile IRPEF perché non derivano da un’attività produttiva, ma sono liberalità dei donatori. Non c’è obbligo di dichiararli come reddito. Attenzione però: assicurati di poter dimostrare che i donatori non hanno ricevuto nulla in cambio e che la somma è stata destinata al progetto dichiarato. Inoltre, sotto il profilo dell’imposta di donazione: 8.000 € provenienti da tanti piccoli contributi di estranei non innescano l’imposta (ognuno è modico e informale). Quindi non devi pagare imposta di donazione. Ti consiglierei comunque di tenere un rendiconto della raccolta (anche per correttezza verso i donatori) e di conservare i dati dei singoli versamenti. Se uno dei donatori ha dato una somma rilevante (es. 5.000 € da solo), tecnicamente quella è una donazione rilevante da un “soggetto altro” – anche qui però, se non c’è atto, non paghi imposta, ma il Fisco potrebbe chiederti conto: basterà mostrare che era un sostenitore generoso e non una transazione mascherata.

D6: Nel crowdfunding con ricompensa, quali sono le mie obbligazioni fiscali?
R: Se hai fatto un crowdfunding reward (con promesse di beni/servizi), dal punto di vista fiscale stai vendendo quei beni/servizi. Dovrai quindi, se non l’hai già, aprire P.IVA (a meno che l’operazione sia proprio isolata e piccola, ma in linea di massima è un’attività commerciale). Dovrai emettere fattura o ricevuta fiscale per ciascun contributo (o meglio, per ciascun finanziatore che riceve qualcosa), applicando l’IVA secondo il tuo regime (ordinario o forfettario esente IVA). I proventi li considererai ricavi: se sei persona fisica andranno in reddito d’impresa o autonomo; se società, in bilancio come ricavi. Ad esempio, se un finanziatore ti ha dato 100 € per avere il tuo prodotto, dovrai fiscalmente considerarlo come se avesse pagato 100 € l’acquisto. Se la campagna non raggiunge l’obiettivo e rimborsi i soldi, allora niente obblighi perché non c’è stata cessione. Nota: l’Agenzia Entrate ha detto che per reward crowdfunding l’imponibilità scatta solo se l’obiettivo è raggiunto e i soldi non vengono restituiti. Quindi dovrai regolarizzare tutto quando incassi definitivamente e inizi a consegnare i beni. Vista la complessità, è bene farsi assistere da un commercialista: c’è da gestire correttamente anche il momento impositivo IVA (vendita di cosa futura = IVA al momento della consegna bene o pagamento servizio).

D7: Ho ricevuto una “lettera di compliance” dall’Agenzia che mi chiede di dichiarare redditi percepiti tramite PayPal/Patreon nel 2023. Cosa devo fare?
R: La lettera di compliance (comunicazione bonaria) è un invito a sistemare spontaneamente la situazione. Significa che l’Agenzia ha evidenza (es. dai dati DAC7 o dai movimenti bancari) che hai percepito certe somme non risultanti nella tua dichiarazione. In questo caso, il consiglio è: rispondi e regolarizza. Puoi presentare una dichiarazione dei redditi integrativa per il 2023 includendo quei redditi non dichiarati e contestualmente versare le imposte dovute con ravvedimento operoso. Il ravvedimento ti consentirà di pagare una sanzione ridotta (se sei entro 1 anno, la sanzione è 1/8 del 30%, quindi 3,75% dell’imposta dovuta, più interessi giornalieri) invece del 90% che verrebbe con accertamento. Nella risposta all’Agenzia, potrai comunicare di aver fatto l’integrativa e pagato. Se invece ritieni che l’Agenzia sbagli (es. i ricavi li hai dichiarati ma in un altro quadro, o erano esenti), allora fornisci spiegazioni dettagliate e documenti. Ignorare la lettera è la scelta peggiore: seguirebbe quasi certamente un accertamento con sanzioni piene.

D8: Ricevere frequenti “donazioni” via PayPal da persone sconosciute può farmi rischiare un accertamento?
R: Sì, può succedere. Se sul tuo conto PayPal (o corrente) arrivano molti pagamenti da estranei con causale “donation” o simili, il Fisco potrebbe presumere che tu stia in realtà vendendo qualcosa o svolgendo un’attività (specie se le somme sommate sono ingenti). In sede di controlli, starà a te provare che erano effettivamente regali senza controprestazione. È una prova difficile se i donatori non ti conoscono personalmente: l’Agenzia penserà subito a una attività in nero (per es. vendita di beni online con la scusa “donation”). Il nostro ordinamento non prevede un regime delle mancie/donazioni liberali generalizzate per i privati – al di fuori del contesto familiare o donativo classico, contributi ripetuti da sconosciuti destano sospetti. Dunque, valuta caso per caso: se sei un creator o un professionista, conviene inquadrare quei pagamenti correttamente (emettendo ricevute, dichiarandoli); se veramente sono liberalità (es. aiuti raccolti per una causa), conserva traccia e magari fai sottoscrivere ai donatori che non riceveranno nulla in cambio, per poterlo esibire. In definitiva: , molti incassi etichettati come “donation” possono far scattare controlli, perché il Fisco vorrà verificare che non siano redditi camuffati.

D9: Qual è la soglia sopra la quale l’evasione fiscale diventa reato penale?
R: Per l’omessa dichiarazione di redditi, l’art. 5 D.Lgs. 74/2000 stabilisce rilevanza penale se l’imposta evasa supera €50.000. Quindi, se non dichiari (in tutto o in parte) redditi e l’IRPEF evasa è oltre 50mila €, scatta il reato (punibile con reclusione 2-5 anni). Nel caso di indebite compensazioni IVA o fattispecie IVA, la soglia penale è diversa (imposta IVA evasa oltre €250.000 per dichiarazione infedele, art. 4, o €50.000 per omesso versamento IVA, art. 10-ter). Nel contesto Patreon/crowdfunding, il reato può profilarsi solo per cifre molto alte: ad esempio, se hai evaso 60.000 € di IRPEF ciò implica redditi non dichiarati per almeno ~€150.000 (dipende dall’aliquota). Per l’imposta di donazione, l’evasione non costituisce reato penale tributario (i reati del D.Lgs.74/2000 riguardano solo imposte dirette, IVA, etc., non quelle sui trasferimenti). Quindi un’omessa imposta donazione, per quanto enorme, resta illecito amministrativo (con sanzioni anche pesanti, ma niente pena detentiva). In ogni caso, pagare il dovuto prima possibile può estinguere il reato o attenuarlo: ad esempio, per omessa dichiarazione, se paghi integralmente imposte, interessi e sanzioni prima dell’apertura del dibattimento, il reato è estinto per speciale causa di non punibilità (art. 13 D.Lgs.74/2000).

D10: Il Fisco può presumere che tutti i versamenti sul mio conto siano redditi?
R: Solo entro certi limiti e condizioni. La norma (art. 32 DPR 600/73) prevede una presunzione legale per i titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo: i movimenti bancari non giustificati si considerano ricavi o compensi. Questo significa che se hai una ditta individuale o sei un freelance e sul conto professionale (o anche personale, se promiscuo) l’Agenzia trova accrediti non spiegati, questi verranno tassati salvo tua prova contraria. Per i privati non esercenti attività economica, la presunzione non è automatica, ma la Cassazione ha ammesso che possano essere fatte presunzioni semplici: ossia, se un disoccupato ha entrate inspiegabili, l’Ufficio può presumere un reddito occulto e sta al contribuente provare che non lo è. In ogni caso, il contribuente ha diritto di fornire giustificazione per ogni somma: se dimostra che un versamento era da una disinvestimento, da risparmi prelevati, da una donazione familiare, ecc., quell’importo va escluso dal calcolo del reddito. Quindi, no, il Fisco non può tout court tassare ogni entrata sul conto come reddito: deve darti modo di provare l’origine. Il problema è che se le tue prove non sono convincenti, la presunzione vince. Nel dubbio, mantieni sempre evidenze (contratti, ricevute, lettere) delle fonti delle tue entrate, specie se non sono stipendio o cose palesi.

D11: In caso di accertamento, devo pagare subito le somme richieste?
R: Non immediatamente. Una volta notificato un avviso di accertamento, hai 60 giorni per fare ricorso (o adesione), periodo in cui la riscossione è sospesa. Se decidi di non impugnare e pagare, puoi usufruire della riduzione delle sanzioni a 1/3 se paghi entro 60 giorni (adesione all’accertamento acquiescenza). Se fai ricorso, l’obbligo di pagamento è sospeso fino alla sentenza di primo grado, ma devi fare attenzione all’eventuale iscrizione a ruolo provvisoria: il fisco può comunque chiedere il versamento di 1/3 delle imposte accertate dopo i 60 giorni, a titolo provvisorio, anche se hai fatto ricorso (devi allora chiedere sospensione al giudice). In caso di accordo in accertamento con adesione, firmerai l’atto e avrai 20 giorni per pagare (in unica soluzione o prima rata). Puoi rateizzare come detto le somme (di solito fino a 8 rate trimestrali se importo <€50.000, fino a 16 se più alto, o 20 se sopra 5 milioni, salvo modifiche normative). In sintesi, non è necessario pagare appena arriva la lettera: hai strumenti per congelare o diluire il pagamento, ma attento alle scadenze per attivarli.

D12: Posso difendermi da solo in un accertamento o serve un avvocato/esperto?
R: Dipende dalla complessità e importo. Per la fase di risposta a una lettera di compliance o di contraddittorio, se te la senti e il caso è semplice (es. spiegare un bonifico familiare) potresti gestirla da solo, magari chiedendo consiglio al tuo commercialista. Se però si arriva all’emissione di un avviso di accertamento con importi significativi, è altamente consigliato affidarsi a un professionista (dottore commercialista o avvocato tributarista). Le materie trattate (donazioni, IVA, imposte dirette) sono insidiose; un esperto saprà individuare vizi di forma, interpretare correttamente le norme e soprattutto conoscere la giurisprudenza più aggiornata che spesso fa la differenza (sentenze di Cassazione come quelle citate). Inoltre, dal 1° luglio 2023 il processo tributario richiede il patrocinio di un difensore abilitato per controversie sopra €3.000 di valore. Dunque, se il valore dell’accertamento supera tale cifra, in giudizio devi avere un difensore. Anche nell’adesione o mediazione, un professionista può negoziare condizioni migliori. Considera che spesso, grazie all’intervento tecnico, si ottengono riduzioni dell’imposta o delle sanzioni di entità ben superiore al costo dell’assistenza.

Tabelle riepilogative

Di seguito due tabelle riassuntive: la prima sulle imposte sulle donazioni (aliquote, franchigie, esenzioni principali); la seconda sul trattamento fiscale delle varie tipologie di entrata (donazione vs reddito, IVA, ecc.), utile per capire a colpo d’occhio come inquadrare ogni fattispecie.

Tabella 1 – Imposta sulle donazioni: aliquote, franchigie ed esenzioni principali

Beneficiario (rapporto col donante)AliquotaFranchigiaNote ed esenzioni
Coniuge; Parenti in linea retta (figli, genitori, nipoti in linea diretta)4%€ 1.000.000 per ciascun donatario> Sotto €1M: esente imposta. > Se beneficiario portatore di handicap grave: franchigia elevata a €1.500.000.
Fratelli e sorelle6%€ 100.000 cadauno> Sotto €100k: esente imposta.
Altri parenti fino al 4° grado; Affini fino al 3° grado (es: cugini, zii/nipoti, suoceri/generi, cognati)6%Nessuna (si tassa da 1€)> Nessuna franchigia tranne che per disabile grave (€1.5M).
Soggetti estranei (non legati da parentela/affinità entro i gradi suddetti)8%Nessuna> Esempio: donazione a un amico o a un convivente non sposato (salvo figli naturali riconosciuti). Disabile grave: franchigia €1.5M anche qui.
Liberalità escluse da imposta (art. 1 TUS)Spese ed elargizioni d’uso (manutenzione, educazione, nozze, assistenza) ; Donazioni di modico valore (valutata su patrimonio donante). Donazioni indirette non registrate; Liberalità informali (es. dazioni di denaro senza atto).

(N.B.: Aliquote applicate sul valore netto donato eccedente la franchigia. Imposte ipotecaria/catastale aggiuntive per beni immobili: 2% + 1% salvo agevolazioni prima casa).

Tabella 2 – Trattamento fiscale di varie tipologie di entrate (donazioni vs proventi Patreon/crowdfunding)

Tipologia entrataIRPEF (redditi)IVAImposta donazioneNote
Donazione diretta formale (es. atto notarile di donazione di denaro o bene)Esente da IRPEF (non è reddito)N/A (fuori campo IVA)Dovuta secondo aliquota/franchigia (vedi Tab.1) se valore eccede franchigia. Pagata dal donatario tramite notaio.Esempio: Padre dona €200k al figlio con atto pubblico. Imposta donazione 0 (entro franchigia). Nessun reddito imponibile.
Donazione indiretta formalizzata (es. menzionata in atto pubblico)Esente IRPEFN/ADovuta se risultante da atto registrato (aliquote Tab.1). Se non menzionata, tendenzialmente non tassata.Esempio: Padre paga casa intestata al figlio (don. indiretta). Se atto di compravendita non cita liberalità, niente imposta immediata; se dichiarata, 4% su valore ecced. franch.
Donazione informale (liberalità non formale)modico valoreEsente IRPEFN/ANon dovuta (esclusa art. 1 TUS; modico valore esente).Esempio: Bonifico €5.000 “regalo” da zio a nipote. Nessuna tassa (modico; nessun atto).
Donazione informale – valore rilevanteEsente IRPEFN/AIn teoria dovuta, ma solo se Fisco la scopre e la contesta. Cassazione: se non c’è atto, non tassabile. Possibile applicazione ex art. 56-bis TUS se “confessata” in accertamento.Esempio: Bonifico €100k da amico. Franchigia 0, imposta 8% = €8k. Se Fisco la individua e tu confermi che era donazione, potrebbe chiedere €8k (+ sanz.). Se difesa: modico? (dipende) o natura diverso (prestito?).
Proventi da Patreon – occasionali (attività non professionale, saltuaria)Imponibili IRPEF come redditi diversi. Se unico reddito ≤ €4.800, no imposta (no tax area).Fuori campo IVA (attività occasionale non soggetta).Non applicabile (non è donazione in senso civilistico, ma reddito di lavoro).Esempio: Creator incassa €3k in un anno da fan. Dichiarerà €3k redditi diversi (IRPEF minima o nulla). Nessuna IVA. No imposta donazione.
Proventi da Patreon – continuativi/professionali (es. abbonamenti con ricompense)Imponibili IRPEF come redditi di lavoro autonomo o d’impresa (in base al caso). Dichiarazione in Quadro RE/LM. Possibile regime forfettario (15%).Soggetti a IVA (22% di regola), fatturazione obbligatoria. Patreon applica IVA agli utenti e la versa (OSS), ma il creator deve avere P.IVA e regolarizzare operazioni.Non applicabile (corrispettivi per servizi, non liberalità).Esempio: Creator con P.IVA guadagna €20k/anno. Fattura (o documenta) incassi Patreon, applica IVA (se in forfettario no IVA), dichiara reddito e paga imposte. Se non lo fa, evasione di redditi.
Crowdfunding donation-based (raccolta fondi gratuita per progetto personale o benefico)In generale esente IRPEF (non è reddito). Attenzione: se chi raccoglie è persona fisica e l’attività di raccolta diventa abituale/ingente, AdE potrebbe riqualificare in reddito diverso occasionale (specie oltre €4.800). Ma se è davvero liberalità, niente IRPEF.Non soggetto a IVA (assenza di prestazione).Ogni donazione da parte dei singoli può teoricamente ricadere nell’imposta di donazione, ma se modica/informale non viene applicata.Esempio: Raccolti €10k da 200 donatori online senza contropartita. Nessun reddito imponibile per chi li riceve. No IVA. Imposta donazione non applicata (nessun singolo > franchigia; atti informali).
Crowdfunding reward-based (raccolta con promessa di beni/servizi)Imponibile: per persona fisica proponente = reddito di lavoro autonomo/imprenditoriale; per società = ricavo d’impresa. Se l’ammontare è modesto ed episodico, forse reddito diverso occasionale, ma tendenzialmente è attività commerciale.Soggetto a IVA: cessione di beni o servizi. IVA dovuta sulla consegna dei beni o esecuzione servizi. Necessaria P.IVA e fatturazione verso i finanziatori (vendita di cosa futura).Non applicabile (corrispettivo contrattuale, non liberalità).Esempio: Campagna raccoglie €30k offrendo gadget ai backers. Il proponente apre P.IVA, emette fatture con IVA su €30k, dichiara ricavo. Se non lo fa e viene scoperto, paga IRPEF/IRES evasa + IVA evasa + sanzioni.
Mance / offerte spontanee (es. donazioni a performer, youtuber non tramite piattaforma, ecc.)Dubbio interpretativo: formalmente liberalità, ma l’AdE tende a vederle come redditi (se connessi ad attività). Esempio: mance a musicista di strada sono reddito imponibile di fatto. Meglio dichiararle (occasionali).Se occasionali e casuali, no IVA. Se rientrano in attività organizzata (es. streamer con donazioni regolari), allora andrebbe trattato come nel caso Patreon: P.IVA e IVA se abituale.No imposta donazione applicata (sarebbe assurdo tassare una mancia come donazione, nessuno lo fa né è atto registrato).Esempio: Twitch streamer riceve €200 di “donation” al mese. Fisco li considera reddito di lavoro autonomo (abbonamenti/donazioni Twitch sono come Patreon). Da regolarizzare come tale.

(Le casistiche sopra sono semplificate: la qualificazione può variare secondo le circostanze. In caso di dubbi specifici, consultare un professionista.)

Conclusione

L’universo delle donazioni private e dei guadagni online (Patreon, crowdfunding, ecc.) è intrinsecamente ibrido: si colloca tra atti di generosità spontanea e nuove forme di remunerazione dell’economia digitale. Ciò ha creato in passato zone grigie e incertezze, ma oggi – con l’aumento dei controlli fiscali e l’evoluzione delle norme – è essenziale per i contribuenti capire come inquadrare correttamente queste entrate e, soprattutto, come far valere i propri diritti in caso di contestazione.

Abbiamo visto che le donazioni genuine (specie in ambito familiare) godono di ampie esenzioni da tassazione, e che le liberalità informali di modico valore non dovrebbero subire imposizione. Al tempo stesso, ricevere somme significative con troppa disinvoltura, confidando sul fatto che “tanto è un regalo”, può esporre a rettifiche fiscali onerose se non si rispettano le regole formali o se non si è pronti a giustificarne la provenienza. Per i content creators e progettisti che operano online, il messaggio è chiaro: le entrate da fan e sostenitori non sono magicamente esentasse. Vanno considerate parte del reddito e gestite in modo trasparente – aprendo la Partita IVA quando necessario, emettendo fattura o ricevuta, dichiarando i compensi. Oltre a evitare sanzioni, questo consente anche di usufruire di eventuali vantaggi fiscali (regime forfettario, detrazioni di costi, ecc.) e di lavorare serenamente.

Dal punto di vista del contribuente (debitore) che si trova un accertamento in mano, la parola d’ordine è: non farsi prendere dal panico, ma reagire in modo strategico. Ciò significa: analizzare nel dettaglio la pretesa; consultarsi con esperti se del caso; raccogliere prove a proprio favore; e utilizzare tutti gli strumenti difensivi previsti (dal contraddittorio, al ravvedimento, all’adesione, fino – se serve – al ricorso in Commissione tributaria). Abbiamo illustrato come, con una difesa ben preparata, si possano ottenere annullamenti o riduzioni significative: ad esempio, far riconoscere che un versamento era un prestito e non un reddito; oppure che una donazione rientrava nella esenzione e dunque l’imposta non è dovuta. Fondamentale è dimostrare la buona fede e la genuinità delle proprie azioni: il Fisco spesso teme che dietro una “donazione” si celi un escamotage evasivo. Se il contribuente fornisce riscontri convincenti contrari – e magari mette in luce errori procedurali dell’ufficio – ha ottime chance di far prevalere le proprie ragioni.

In conclusione, l’accertamento fiscale in questi ambiti non va visto come una condanna già scritta, ma come un procedimento in cui far valere i propri diritti. Conoscere la normativa (anche attraverso le fonti e sentenze citate in questa guida), essere proattivi nel regolarizzare le posizioni dubbie, e saper dialogare con l’Amministrazione finanziaria, sono gli ingredienti per difendersi con successo. L’obiettivo finale non è “non pagare le tasse dovute” – quelle, se dovute, vanno pagate – ma pagare il giusto, evitando ingiuste doppie imposizioni o sanzioni sproporzionate, e assicurarsi che la legge venga applicata correttamente, a tutela sia dell’Erario sia del contribuente.

Accertamento fiscale per donazioni e guadagni Patreon e crowdfunding: Fatti Aiutare da Studio Monardo

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Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sulle entrate provenienti da piattaforme di donazioni e finanziamenti online. Spesso le somme ricevute da Patreon, GoFundMe, Kickstarter o altre piattaforme di crowdfunding vengono considerate dal fisco come reddito imponibile, con conseguenti richieste di imposte, sanzioni e interessi. Tuttavia, la legge offre strumenti concreti per contestare gli addebiti, rivedere la qualificazione fiscale e ridurre il debito complessivo.


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Conclusione
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