Sei un imprenditore nel settore delle sigarette elettroniche e i debiti stanno mettendo a rischio la tua attività?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, pignoramenti, decreti ingiuntivi o solleciti da fornitori, banche, finanziarie o enti pubblici e temi di non riuscire a mantenere aperta l’azienda? In questi casi è fondamentale conoscere i tuoi diritti, agire legalmente per difenderti e utilizzare strumenti concreti per proteggere il patrimonio, il marchio e la continuità del business.
Quando un imprenditore del settore sigarette elettroniche può trovarsi con debiti
– Quando ha contratto finanziamenti, leasing o prestiti per avviare o ampliare il negozio e non riesce più a sostenere le rate
– Quando ha accumulato debiti verso fornitori di liquidi, hardware e accessori per svapo
– Quando ha arretrati fiscali o contributivi verso Agenzia delle Entrate, INPS o altri enti
– Quando calo delle vendite, concorrenza aggressiva o normative restrittive hanno ridotto la liquidità
– Quando spese impreviste, multe o costi di gestione elevati hanno aggravato la situazione finanziaria
Cosa può accadere a un imprenditore del settore sigarette elettroniche con debiti
– Pignoramento dei conti correnti aziendali o personali, con blocco delle operazioni quotidiane
– Pignoramento presso terzi dei crediti verso clienti, piattaforme di pagamento o rivenditori
– Iscrizione di ipoteche su immobili di proprietà
– Revoca degli affidamenti bancari e impossibilità di accedere a nuova liquidità
– Perdita di fornitori e blocco delle forniture di prodotti essenziali
– Nei casi più gravi, rischio di chiusura forzata o fallimento dell’attività
Cosa può fare un imprenditore del settore sigarette elettroniche per difendersi dai debiti
– Far verificare da un avvocato la natura e la legittimità dei debiti, individuando importi prescritti o contestabili
– Per i debiti fiscali e contributivi, valutare rateizzazioni, rottamazioni o saldo e stralcio
– Negoziare con fornitori e banche piani di rientro sostenibili per ridurre interessi e penali
– Attivare procedure di composizione negoziata della crisi o concordato preventivo per ristrutturare i debiti e proseguire l’attività
– Proteggere immobili, magazzino e beni aziendali con strumenti giuridici legittimi
– Bloccare o sospendere azioni esecutive quando esistono i presupposti legali
Cosa può ottenere un imprenditore del settore sigarette elettroniche con la giusta assistenza legale
– La sospensione di pignoramenti, ipoteche e altre azioni esecutive
– La riduzione sostanziale del debito complessivo tramite accordi o procedure giudiziarie
– La tutela degli immobili, delle scorte e dell’avviamento commerciale
– La possibilità di ristrutturare i debiti senza interrompere l’attività
– Il recupero della stabilità economica e gestionale
– La salvaguardia della reputazione e dei rapporti con clienti e fornitori
Attenzione: anche un’attività in crescita può trovarsi in difficoltà se i debiti non vengono gestiti in modo tempestivo. Tuttavia, esistono strumenti legali e strategie mirate che possono permettere di salvare l’azienda, proteggere il patrimonio e continuare a operare. Agire rapidamente è fondamentale per evitare che la crisi diventi irreversibile.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, tutela delle attività commerciali e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se sei un imprenditore del settore sigarette elettroniche con debiti, come proteggerti e come risolvere legalmente la crisi finanziaria.
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Introduzione
Essere un imprenditore nel settore delle sigarette elettroniche può esporre a rischi finanziari significativi, specialmente in un mercato soggetto a rapide evoluzioni normative e fiscali. Negli ultimi anni, molti operatori di questo settore hanno accumulato debiti consistenti, ad esempio a causa di imposte di consumo sui liquidi da inalazione o di investimenti non andati a buon fine. È il caso, per esempio, di aziende del vaping che si sono trovate a dover fronteggiare cartelle esattoriali relative alle accise sui liquidi per sigarette elettroniche: nel 2019 lo Stato ha persino previsto una definizione agevolata per i debiti tributari maturati fino al 2018 su queste imposte. Chi non ha potuto aderire a tale sanatoria potrebbe oggi trovarsi con debiti fiscali elevati e arretrati. Oltre alle imposte, un imprenditore può contrarre debiti verso fornitori, banche, dipendenti e altri creditori.
Dal punto di vista del debitore, è fondamentale sapere che l’ordinamento italiano mette a disposizione strumenti giuridici avanzati per difendersi dai debiti e dalla pressione dei creditori. L’obiettivo di questa guida è fornire una panoramica completa (aggiornata a luglio 2025) di tali strumenti – dalle soluzioni stragiudiziali alle procedure concorsuali e di sovraindebitamento – con un taglio pratico ma giuridicamente accurato. Illustreremo come funzionano le procedure introdotte o riformate dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), forniremo riferimenti normativi aggiornati, analizzeremo le sentenze più recenti in materia, e risponderemo alle domande frequenti di imprenditori indebitati. Il tutto con un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori, ma con il dettaglio tecnico necessario a professionisti e avvocati.
Se sei un imprenditore nel settore delle e-cig con debiti, questa guida ti aiuterà a capire cosa puoi fare per difenderti: quali procedure puoi attivare per ridurre o ristrutturare i debiti, come proteggere i tuoi beni essenziali (ad esempio la casa o il magazzino merci) dalle azioni esecutive, come gestire debiti fiscali e bancari, e come ottenere – nei casi previsti – l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti residui non pagati. Verranno presentate tabelle riepilogative per confrontare i vari strumenti, casi pratici e simulazioni riferite alla realtà italiana, e una sezione di Domande & Risposte per chiarire i dubbi più comuni. Il fine ultimo è consentirti di intraprendere un percorso informato verso il risanamento della tua posizione debitoria o, nei casi estremi, verso un nuovo inizio libero dai debiti (il cosiddetto “fresh start”).
Panoramica del Problema: debiti e rischi per l’imprenditore
Gestire un’attività nel settore delle sigarette elettroniche comporta, come ogni impresa, l’assunzione di obbligazioni finanziarie. Tutti i tipi di debito possono concorrere a mettere in crisi l’imprenditore: dai debiti fiscali (imposte sui redditi, IVA, accise sui prodotti da fumo elettronico, contributi previdenziali) ai debiti verso fornitori di hardware e liquidi, dai debiti bancari per finanziamenti o leasing, fino ai debiti verso dipendenti (stipendi non corrisposti, TFR) e ad eventuali sanzioni amministrative. Quando le entrate non sono più sufficienti a coprire le uscite, si configura quella che la legge definisce situazione di sovraindebitamento, ossia l’impossibilità di far fronte ai debiti con regolarità.
Affrontare una crisi di debiti senza azioni correttive espone l’imprenditore a molteplici rischi:
- Azioni esecutive individuali: i creditori possono attivare procedure di recupero forzato. Ad esempio, la banca potrebbe iscrivere ipoteca su un immobile o avviare un pignoramento immobiliare; fornitori o altri creditori chirografari (senza garanzie) possono ottenere decreti ingiuntivi e pignorare conti correnti, attrezzature o merce in magazzino; l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) può disporre fermi amministrativi su veicoli, ipoteche esattoriali su beni immobili e pignoramenti su stipendi o sul conto bancario. Un imprenditore e-cig indebitato con il Fisco rischia, ad esempio, il blocco della merce importata se ha pendenze doganali o la chiusura forzata se le licenze fiscali non vengono rinnovate a causa dei debiti.
- Interruzione della liquidità e dell’attività: I fornitori potrebbero sospendere le forniture senza pagamento anticipato; le banche potrebbero revocare gli affidamenti o escutere le garanzie. Nel settore delle sigarette elettroniche, ciò può significare non poter rifornire il negozio di nuovi prodotti, perdendo clientela. L’azienda entra in una spirale negativa, aggravando la crisi.
- Istanza di fallimento (liquidazione giudiziale): per le imprese commerciali sopra una certa soglia di indebitamento, i creditori possono chiedere al Tribunale l’apertura del fallimento (oggi chiamato liquidazione giudiziale dal Codice della crisi). Se il Tribunale accerta lo stato d’insolvenza, l’imprenditore perde la gestione dell’azienda, che passa a un curatore; il patrimonio viene liquidato e distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Questo è l’epilogo più grave, in cui l’imprenditore vede azzerato il valore della propria impresa. Peraltro, la sentenza dichiarativa viene iscritta nei registri pubblici e comporta conseguenze reputazionali e legali (ad esempio, possibili azioni di responsabilità verso gli amministratori, limitazioni a intraprendere nuove imprese per qualche anno, ecc.).
- Responsabilità personali: se l’attività è svolta in forma societaria (es. una S.r.l. o S.p.A.), teoricamente i debiti sociali non dovrebbero ricadere sull’imprenditore in proprio. Tuttavia, in pratica molti imprenditori piccoli hanno prestato fideiussioni personali a garanzia di finanziamenti bancari o esposizioni verso fornitori; ciò significa che, in caso di insolvenza della società, i creditori possono aggredire anche il patrimonio personale dell’imprenditore (ad es. la casa di abitazione, salvo sia prima casa e ipotecata da mutuo, oppure altri beni personali). Inoltre, se l’imprenditore ha commesso irregolarità (come distrazione di beni, frodi fiscali, mancato deposito di bilanci), può incorrere in responsabilità anche di tipo penale o civilistico, aggravando la propria posizione.
- Stress finanziario e ricadute personali: non ultimo, la pressione dei debiti può avere conseguenze drammatiche sul piano umano. Il legislatore ha definito la legge sul sovraindebitamento come “legge salva-suicidi” proprio perché nata per dare speranza a piccoli imprenditori e privati sommersi dai debiti. I debiti non gestiti rischiano di compromettere la salute, la stabilità familiare e la possibilità dell’imprenditore di reinserirsi nel tessuto economico.
Di fronte a questi rischi, difendersi significa mettere in atto strategie legali e operative per contenere gli effetti negativi della crisi e possibilmente risolverla. Nella prossima sezione passeremo in rassegna i principali strumenti a disposizione, distinguendo tra soluzioni stragiudiziali (accordi privati, piani di rientro negoziati) e procedure concorsuali previste dalla legge (con particolare attenzione alle procedure da sovraindebitamento per soggetti non fallibili e alle procedure del nuovo Codice della crisi per le imprese maggiori). L’approccio consigliato è sempre quello di agire per tempo: il nuovo CCII enfatizza la prevenzione e l’emersione tempestiva della crisi, premiando l’imprenditore che non aspetta di essere travolto dagli eventi ma cerca attivamente soluzioni appena percepisce segnali di difficoltà.
Tipologie di debiti e loro trattamento legale
Non tutti i debiti sono uguali: a seconda della natura del credito e del creditore, le conseguenze giuridiche e le possibilità di gestione possono cambiare. È utile per l’imprenditore tracciare una mappa dei propri debiti, distinguendo categorie e priorità. Di seguito elenchiamo le principali tipologie di debito rilevanti per un imprenditore e-cig, indicando le particolarità di ciascuna:
- Debiti fiscali e tributari: includono imposte dovute all’Erario (IVA, IRPEF o IRES, IRAP), imposte di consumo sui liquidi da inalazione, dazi doganali se si importano prodotti, nonché contributi previdenziali dovuti a enti come INPS e INAIL. Questi debiti spesso godono di privilegi (cioè diritto di essere pagati prima di altri crediti chirografari) e possono essere riscossi tramite l’Agenzia delle Entrate-Riscossione con strumenti potenti: iscrizione a ruolo, cartelle esattoriali, aggiunta di interessi e sanzioni, fermi amministrativi, ipoteche esattoriali (iscritta su immobili se il debito supera una certa soglia) e pignoramenti semplificati. Il mancato pagamento di alcune imposte oltre soglie rilevanti può costituire reato (ad es. omesso versamento IVA sopra soglia, omessi contributi oltre soglia). Trattamento legale: in caso di procedure concorsuali, i debiti fiscali sono considerati privilegiati (per la parte di imposta) e chirografari per sanzioni e interessi; attualmente è possibile includerli in piani di ristrutturazione con falcidia (riduzione) o dilazione, previa una “transazione fiscale” o comunque rispettando criteri di convenienza economica. Le norme recenti e la giurisprudenza hanno reso più flessibile la gestione dei debiti fiscali: ad esempio, la Cassazione ha chiarito che in un piano del consumatore o accordo è ammissibile prevedere il pagamento dilazionato dei crediti privilegiati (come quelli erariali) anche oltre l’anno dall’omologazione, a patto di dare ai creditori pubblici la possibilità di esprimersi sulla proposta. Ciò significa che, se devi diluire un debito IVA su più anni, la legge lo consente purché l’Erario possa valutare la convenienza della soluzione. Fuori dalle procedure concorsuali, lo Stato periodicamente offre strumenti di sollievo come la rottamazione delle cartelle (pagamento del solo capitale senza sanzioni e interessi) o il saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà: ad esempio nel 2023 era attiva la “Rottamazione-quater”. Un imprenditore con soli debiti fiscali dovrebbe quindi valutare sia le procedure concorsuali sia queste misure straordinarie per capire quale offra il maggiore vantaggio.
- Debiti bancari e finanziari: comprendono mutui, finanziamenti, scoperti di conto, leasing per l’arredamento del negozio o per macchinari. Spesso sono garantiti da pegni o ipoteche (es. ipoteca sul locale commerciale o su un immobile di proprietà, pegno su titoli) o da fideiussioni personali dell’imprenditore e magari di suoi familiari. In caso di insolvenza, la banca può escutere le garanzie: ad esempio procedere alla vendita all’asta dell’immobile ipotecato. Trattamento legale: i crediti garantiti (detti ipotecari o pignoratizi a seconda del caso) hanno privilegio sui beni dati in garanzia e, nelle procedure concorsuali, per essere ridotti (“falciati”) occorre almeno che il valore del bene sia inferiore al credito (in tal caso la parte eccedente diventa chirografaria). Un aspetto importante è che i crediti fondiari (mutui ipotecari su immobili) godono in Italia di un privilegio procedurale: la banca può iniziare o proseguire l’esecuzione immobiliare anche se c’è una procedura concorsuale in corso, salvo specifiche sospensioni. Tuttavia, in sede di concordato preventivo o concordato minore, è possibile proporre ai creditori garantiti un pagamento dilazionato o parziale, purché non inferiore al ricavabile in caso di liquidazione dei beni. La Cassazione ha anche stabilito che se in un piano si propongono moratorie ultrannuali ai creditori ipotecari, essi devono poter votare sulla convenienza della proposta. Nelle trattative stragiudiziali, le banche a volte accettano saldi e stralci (accettare un pagamento inferiore al dovuto a chiusura della posizione) se percepiscono che altrimenti, in un fallimento, recupererebbero di meno.
- Debiti verso fornitori e altri creditori chirografari: rientrano qui i debiti commerciali (fatture non pagate per acquisto di merce, come liquidi, sigarette elettroniche e accessori), i debiti verso consulenti, affitti di locali arretrati, bollette non pagate, ecc. Questi creditori in genere non hanno garanzie specifiche né privilegi di legge, quindi sono considerati chirografari (ordinari). Sono spesso i primi a soffrire quando l’azienda ha difficoltà di liquidità (si ritardano i pagamenti). Trattamento legale: nelle procedure concorsuali, i creditori chirografari ricevono eventuali pagamenti solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori privilegiati, e spesso in misura percentuale ridotta. Ad esempio, in un concordato preventivo liquidatorio la legge richiede di solito una percentuale minima (in passato il 20% ai chirografari, obbligo che il nuovo Codice ha attenuato in alcuni casi). In un piano di sovraindebitamento o concordato minore, i creditori chirografari possono anche ricevere percentuali molto basse (10%, 5% o meno), se questa è purtroppo la capacità del debitore – il giudice omologa se comunque non c’è pregiudizio rispetto all’alternativa liquidatoria. È chiaro quindi che i debiti chirografari sono quelli più facilmente tagliabili (falciabili) in un piano di ristrutturazione: lo scopo di queste procedure è proprio liberare il debitore da quella parte di debito che “non può pagare in alcun modo”. In sede stragiudiziale, un imprenditore indebitato può cercare accordi transattivi individuali con i fornitori, ad esempio offrendo il pagamento del 50% subito a saldo e stralcio; molti fornitori preferiranno incassare qualcosa piuttosto che avviare costose azioni legali e rischiare il fallimento del debitore (in cui magari incasserebbero ancora meno).
- Debiti verso i dipendenti e collaboratori: se l’impresa ha personale assunto, i debiti per stipendi non corrisposti, tredicesime, TFR e contributi previdenziali hanno una natura privilegiata di alto grado. La legge tutela in primis i lavoratori: in caso di fallimento o concordato, i crediti da lavoro (fino a un certo importo) sono pagati subito dopo le spese di procedura, con preferenza su quasi tutti gli altri crediti. Inoltre, esiste un Fondo di Garanzia INPS che interviene a pagare TFR e ultime mensilità in caso di insolvenza del datore. Trattamento: in un piano concordatario o di sovraindebitamento, normalmente non è ammesso proporre di non pagare i dipendenti; al massimo si può dilazionare il pagamento. Qualora un imprenditore abbia debiti verso il personale, per ottenere l’omologazione di un concordato deve prevedere di soddisfarli integralmente (o comunque in misura molto elevata, salvo eccezioni rarissime). Tali debiti, peraltro, non sono esdebitabili in caso di liquidazione controllata se legati a comportamenti gravemente in malafede (ad esempio, se l’imprenditore ha trattenuto contributi dai dipendenti senza versarli). Il consiglio per l’imprenditore è di evitare di accumulare arretrati verso i dipendenti sia per ragioni etiche che pratiche: questi debiti saranno comunque prioritari e, se non soddisfatti, possono portare a decreti ingiuntivi immediati ed azioni esecutive (come il pignoramento dei conti aziendali) molto rapide.
- Debiti derivanti da sanzioni e multe: un imprenditore può imbattersi in sanzioni amministrative (es. multe dell’ASL o dell’Agenzia Dogane Monopoli per violazioni regolatorie, sanzioni per violazioni tributarie, contravvenzioni stradali su mezzi aziendali, ecc.). Tali debiti sono chirografari (non privilegiati) ma non sempre interamente cancellabili: occorre distinguere le sanzioni punitive (ad esempio le multe conseguenti a reato o le sanzioni Antitrust) che non possono essere esdebitate nemmeno dopo la procedura, dalle sanzioni civili o amministrative ordinarie (come le multe stradali) che invece rientrano. In generale, la legge esclude dalla liberazione (esdebitazione) le multe, ammende e sanzioni penali o amministrative di natura punitiva. Ciò significa che, ad esempio, se l’Agenzia delle Dogane ha irrogato una sanzione per vendita di liquidi senza autorizzazione, quel debito per sanzione resterà dovuto anche dopo un eventuale piano. Tuttavia, in sede di piano, si può comunque prevedere di pagarne solo una parte (trattandosi di credito chirografario); il residuo formalmente resterà, ma se il debitore ha ottenuto l’esdebitazione per tutti gli altri debiti, difficilmente l’ente perseguiterà la sola multa residua (spesso di scarsa solvibilità). In sintesi, le sanzioni “pecuniarie” da reati non si cancellano, ma le procedure possono gestirle quantomeno sospendendo le azioni durante la pendenza.
- Debiti personali e di garanzia: spesso l’imprenditore individuale o i soci/amministratori di società contraggono debiti personali collegati all’attività: si pensi alla fideiussione personale su un mutuo aziendale, alla firma di assegni postdatati, ai debiti contratti come consumatore (es. prestito personale) ma poi usati per l’azienda, o ancora ai debiti fiscali personali (IRPEF) dell’imprenditore individuale. Bisogna ricordare che le procedure concorsuali di un’impresa non coprono automaticamente i debiti personali del titolare (a meno che sia la stessa persona a essere soggetta alla procedura). Ad esempio, se una S.r.l. viene ammessa a concordato preventivo, il debito sociale verso la banca garantito da fideiussione personale del socio continuerà a gravare su quest’ultimo, che dovrà eventualmente proteggersi con una propria procedura di sovraindebitamento o accordo transattivo. Trattamento: il diritto italiano consente la cosiddetta procedura familiare o di gruppo: dal 2022 membri della stessa famiglia indebitati possono presentare un’unica procedura di sovraindebitamento congiunta. Ciò è utile se, ad esempio, imprenditore e coniuge hanno entrambi debiti (magari uno come ditta individuale, l’altro come garante). In generale, i debiti personali chirografari (prestiti al consumo, carte di credito) seguono le regole già viste: possono essere falcidiati. Le garanzie personali invece seguono un principio: la liberazione del debitore principale non estingue le obbligazioni dei garanti verso i creditori (art. 283 CCII). Ciò significa che se la tua azienda ottiene un concordato che paga al 50% il debito verso la banca, il fideiussore (es. tu come persona fisica) rimane obbligato per il residuo 50%, a meno che anche lui sia protetto da una sua procedura. È importante saperlo per coordinare eventuali procedure (es. attivare sia quella per l’azienda sia quella personale in parallelo, se necessario).
Abbiamo quindi un quadro di come ogni tipo di debito si colloca. La seguente tabella riassume alcune caratteristiche chiave:
Tabella 1: Tipologie di debiti e trattamento nelle procedure
Tipo di debito | Esempi comuni | Grado / Garanzie | Trattamento in procedura |
---|---|---|---|
Fiscale / Tributario | IVA, IRES/IRPEF, accise e imposte sui liquidi, INPS | Privilegiato (imposte)Chirografo (sanzioni) | Inseribile in piani con falcidia/dilazione (transazione fiscale). Privilegio va rispettato salvo accordo. Esdebitazione esclusa per debiti da reati tributari. |
Bancario / Finanziario | Mutuo ipotecario, leasing, fido, prestito con garanzia | Garantito (ipoteca/pegno) o chirografo | Credito garantito va soddisfatto almeno fino a concorrenza del valore garanzia. Possibile dilazione ultrannuale con consenso. Parte chirografaria falcidiabile. |
Fornitori / Commerciale | Fatture merce, servizi, affitti, bollette | Chirografo (nessuna garanzia) | Falcidiabili pesantemente se necessario. Pagamento solo dopo privilegiati. Percentuale di soddisfo può essere bassa (purché migliorativa rispetto a liquidazione). |
Dipendenti / Contributi | Stipendi, TFR, contributi previdenziali (INPS) | Super-privilegio (ultimi 3 mesi stipendi, TFR)Privilegio generale (contributi) | Devono essere preferibilmente pagati integralmente. In piani concorsuali si prevede pagamento completo o quasi, altrimenti omologazione a rischio. Debiti salariali non ammessi a esdebitazione se frutto di dolo. |
Sanzioni / Multe | Multe stradali, sanzioni ADM, ammende penali, interessi di mora | Chirografo (ordinario) ma non esdebitabile se sanzione penale | Possono essere inclusi nei piani con pagamento parziale. Tuttavia non vengono cancellati da esdebitazione se derivano da punizioni penali o amministrative punitive. |
Personali / Consumatore | Prestiti personali, carte di credito, debiti familiari | Chirografo (spesso crediti bancari/finanziari) | Possono rientrare nel piano del consumatore se il debitore è persona fisica. Falcidiabili secondo reddito disponibile. Necessaria meritevolezza del consumatore (no colpa grave nel sovraindebitamento). |
Garanzie e fideiussioni | Fideiussione su mutuo aziendale, avallo cambiali | Accessoria al debito principale | Se debitore principale usa procedura e riduce il debito, il garante resta obbligato per importo residuo. Garante può attivare sua procedura per liberarsene. Procedure familiari possibili per trattare insieme debiti correlati. |
(Fonti: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, art. 2740 c.c. e ss.; legge 3/2012 come aggiornata; Massime Cassazione 2024; vedi sezione Fonti.)
Strumenti di difesa: soluzioni per gestire e ridurre i debiti
Esaminiamo ora le possibili soluzioni che un imprenditore indebitato ha a disposizione per difendersi dai creditori e cercare di risanare la propria situazione. Possiamo distinguere due macro-categorie:
- Soluzioni stragiudiziali (extragiudiziali) – accordi o manovre che non richiedono l’attivazione formale di una procedura concorsuale in tribunale. Queste soluzioni si basano sulla negoziazione diretta con i creditori o su strumenti messi a disposizione da norme fiscali speciali.
- Procedure concorsuali (giudiziali) – strumenti previsti dalla legge, che richiedono l’intervento dell’autorità giudiziaria (tribunale) e comportano effetti legali automatici (come il blocco delle azioni esecutive). In particolare distingueremo:
- Procedure di sovraindebitamento (secondo il Codice della crisi, riservate ai debitori “non fallibili” come piccoli imprenditori, professionisti e consumatori).
- Procedure concorsuali per imprese fallibili (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, liquidazione giudiziale, ecc., per aziende di dimensioni maggiori o società di capitali).
Illustreremo di seguito ciascun gruppo di strumenti, con sottosezioni dedicate alle singole procedure. È fondamentale scegliere lo strumento adeguato al proprio caso: una soluzione stragiudiziale può essere più rapida e meno costosa, ma potrebbe non bastare se i debiti sono troppo alti o i creditori poco collaborativi; viceversa, una procedura concorsuale offre protezione legale (ad esempio sospende i pignoramenti in corso), ma richiede il rispetto di requisiti formali e tempi procedurali.
Soluzioni stragiudiziali (accordi e piani di rientro)
La prima linea di difesa è tentare di raggiungere accordi con i creditori senza passare dal tribunale. Queste soluzioni sono informali (o semi-formali) e possono includere:
- Rinegoziazione dei debiti e piani di rientro: L’imprenditore può contattare ciascun creditore e proporre un piano di pagamento graduale del debito arretrato. Ad esempio, dilazionare un debito con un fornitore su 12 mesi con rate mensili, magari aggiungendo un piccolo interesse di mora, oppure chiedere alla banca una rimodulazione del mutuo (allungamento della durata, periodo di sola quota interessi, ecc.). Molti creditori preferiscono una ristrutturazione del debito volontaria al rischio di una insolvenza conclamata. Vantaggi: evita formalità, mantiene un rapporto commerciale, non richiede pubblicità della crisi. Svantaggi: non vincola i creditori dissenzienti (basta uno che non accetti e proceda per conto suo per creare problemi), e non sospende le azioni esecutive salvo accordo espresso. Per funzionare, serve spesso l’accordo di tutti o dei principali creditori.
- Saldo e stralcio: Consiste nel proporre ai creditori il pagamento una tantum di un importo inferiore al dovuto, a titolo di saldo definitivo del debito. Ad esempio: devi 100.000 € alla banca, offri 50.000 € cash immediate in cambio dell’azzeramento del residuo. Questa soluzione richiede di avere a disposizione una liquidità (spesso fornita da terzi, come familiari, o derivante dalla vendita volontaria di un bene). Molte banche e finanziarie accettano saldi a stralcio soprattutto se il debitore è già in sofferenza da tempo e se mostrano che altrimenti attiverebbero una procedura concorsuale (in cui il creditore magari incasserebbe ancora meno e tra molto tempo). Nel settore e-cig, fornitori all’ingrosso potrebbero accettare un compromesso del genere se vedono il rivenditore in difficoltà ma volenteroso di trovare una soluzione. Attenzione: occorre formalizzare per iscritto l’accordo di stralcio, per evitare che in futuro il creditore pretenda il resto. Una volta pagato quanto concordato, è bene ottenere dal creditore una quietanza liberatoria “a saldo e stralcio”.
- Consolidamento o rifinanziamento: Se l’impresa ha ancora un minimo di affidabilità creditizia, potrebbe valutare di ottenere un nuovo finanziamento (magari garantito dal Fondo PMI o da consorzi fidi) per pagare i debiti pregressi e rimanere con un solo debito rateizzato. Questa opzione è più teorica in situazione di forte crisi, perché le banche difficilmente concedono nuovi prestiti a chi è già insolvente. In pratica, è più comune su scala personale (es. un imprenditore potrebbe ottenere un mutuo sulla casa di famiglia e con quello liquidare vari debiti pendenti, spalmando l’onere su un lungo periodo). Si tratta comunque di spostare il debito, non di ridurlo – va valutato attentamente.
- Interventi di terzi o soci: A volte la soluzione può venire da un investimento esterno. Nel caso di una piccola azienda di e-cig, potrebbe entrare un socio investitore che apporta liquidità, con cui pagare i debiti in cambio di quote societarie. Oppure un parente potrebbe prestare o donare una somma per chiudere i conti più urgenti. Queste soluzioni extragiudiziali, tuttavia, non sono “diritti” del debitore ma opportunità che devono concretizzarsi caso per caso.
- Strumenti fiscali di definizione agevolata: Quando i debiti riguardano il Fisco, è fondamentale monitorare se la legge offre possibilità di pagamento agevolato. Negli ultimi anni si sono susseguite varie “rottamazioni” delle cartelle esattoriali, cioè provvedimenti con cui lo Stato consente ai debitori di pagare l’importo residuo senza sanzioni né interessi di mora, in forma rateale. Ad esempio, la Rottamazione-quater (prevista dalla Legge di Bilancio 2023) permetteva di estinguere i debiti iscritti a ruolo dal 2000 al 2017 pagando solo l’imposta e una quota fissa di interessi, in 18 rate. Un imprenditore con cartelle esattoriali (magari per IVA o per la famosa imposta di consumo sui liquidi) avrebbe potuto risparmiare molto aderendo a tale misura. Pace fiscale e saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà sono altri nomi di misure simili. È bene sottolineare che queste misure hanno finestre temporali limitate e requisiti: l’imprenditore debitore deve attivarsi prontamente quando vengono varate. Ad esempio, per i debiti fino al 2018 su imposta dei liquidi da inalazione, era prevista nel 2019 una sanatoria con domanda entro il 30/4/2019. Chi ne ha beneficiato ha risolto gran parte del problema fiscale; chi l’ha persa si trova il debito intero con sanzioni. Consiglio: tenere sempre consultato il proprio commercialista o consulente fiscale sulle novità normative, perché possono offrire spiragli di risoluzione fuori dalle aule di tribunale.
- Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII, ex art. 67 LF): Questo è uno strumento “a cavallo” tra il negoziale e il legale. Consiste in un piano di risanamento dell’azienda predisposto dall’imprenditore con l’ausilio di un professionista indipendente che lo attesta (assevera) come fattibile e idoneo a risanare l’esposizione debitoria. Il piano deve assicurare il pagamento integrale dei creditori “strategici” (quelli non disponibili a perdite) mentre può prevedere stralci concordati con altri. Il beneficio principale del piano attestato è che, se poi l’azienda finisce comunque in fallimento, gli atti posti in essere in esecuzione del piano non possono essere revocati (cioè non verranno annullati dal curatore fallimentare). È uno strumento utile per chi riesce a trovare accordo con tutti o quasi i creditori, perché non c’è un’omologazione del tribunale né un effetto erga omnes. In pratica, è un accordo privatistico però “certificato” da un esperto e depositato (in Camera di Commercio), che offre protezione da alcune azioni revocatorie future. Il suo limite è che non ferma i creditori dissenzienti: se anche uno non ci sta, potrà agire. Per questo il piano attestato è usato soprattutto quando c’è una banca principale e pochi creditori, tutti d’accordo, oppure come soluzione predisposta in segreto e poi bloccata da un concordato se qualcuno esce dal coro.
Riassumendo, la via stragiudiziale è tentatrice perché evita i costi e la pubblicità delle procedure giudiziali, ma funziona solo in situazioni meno compromesse o con un numero ridotto di creditori cooperativi. Per molti imprenditori in grave crisi, specie se hanno molti debiti e molti creditori, la strada percorribile è attivare una procedura concorsuale vera e propria, che consente di imporre un certo trattamento anche ai creditori dissenzienti e di sospendere le azioni esecutive individuali. Nelle sezioni seguenti esamineremo tali procedure, distinguendo tra quelle riservate ai “piccoli” (sovraindebitamento, ora inglobato nel Codice della crisi) e quelle per le imprese più grandi.
Procedure di sovraindebitamento (per imprenditori non fallibili e privati)
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono state inizialmente introdotte con la Legge 3/2012 e, dal 15 luglio 2022, sono regolate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, come modificato). Esse sono destinate ai debitori “non fallibili”, ovvero quei soggetti a cui non si applica la normale procedura fallimentare (liquidazione giudiziale) e le altre procedure riservate alle imprese commerciali sopra una certa soglia. Rientrano in questa categoria: le persone fisiche consumatrici (privati che hanno debiti personali), i piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, i professionisti, gli imprenditori agricoli, le start-up innovative, gli enti non commerciali, ecc..
Sovraindebitamento – definizione: la legge definisce il sovraindebitamento come “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, con la conseguente incapacità del debitore di adempiere regolarmente ai propri obblighi”. In parole semplici, è la condizione di chi ha troppi debiti rispetto alle proprie possibilità economiche, pur non essendo soggetto alle norme sul fallimento. È una situazione che può riguardare, ad esempio, un piccolo commerciante di sigarette elettroniche che non riesce più a pagare fornitori e tasse, ma per la legge fallimentare è considerato un “imprenditore minore” perché sotto certe soglie.
Le procedure da sovraindebitamento mirano a conciliare gli opposti interessi: da un lato, dare al debitore meritevole una via d’uscita dalla schiavitù dei debiti (il fresh start, ovvero ripartire pulito dai debiti impagabili); dall’altro, garantire che i creditori ottengano il miglior soddisfacimento possibile dato il contesto. In pratica, attraverso queste procedure il debitore offre ai creditori tutto ciò che realisticamente può offrire, in forma di pagamenti rateali da reddito futuro e/o liquidazione di beni, e in cambio ottiene la cancellazione (esdebitazione) di ciò che rimane insoluto. Non si tratta di un condono generalizzato: il debitore deve dare fondo alle proprie risorse disponibili “compatibilmente con una vita dignitosa”, e solo il debito eccedente viene cancellato.
Dal 2022, le procedure previste sono state riformulate nel Codice della crisi. Attualmente abbiamo quattro strumenti principali nel quadro del sovraindebitamento (Titolo IV, Capo II CCII):
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il vecchio “piano del consumatore”) – riservato alle persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività d’impresa. Il debitore propone un piano di pagamento sostenibile rispetto al suo reddito e patrimonio, senza bisogno di consenso dei creditori (non c’è votazione). È il giudice che omologa il piano valutando la fattibilità e la meritevolezza del debitore. Ad esempio, un ex imprenditore che ha chiuso la partita IVA e i cui debiti residui sono personali (carte di credito, bollette, finanziarie) potrebbe accedere a questo strumento, purché non siano debiti d’impresa. Vantaggi: non serve maggioranza dei creditori, il debitore consumatore è molto tutelato se ha agito senza colpa grave. Svantaggi: se una parte rilevante dei debiti è legata all’attività professionale o d’impresa, non può usare questo piano (in tal caso serve il concordato minore). Il piano del consumatore consente di includere anche debiti fiscali e con finanziarie, persino quelli su cui era stata pignorata una quota di stipendio: la Corte Costituzionale ha chiarito che qualunque debito può essere ristrutturato nel piano, anche se era in corso una cessione del quinto o pignoramento, perché lo spirito della legge è liberare il consumatore sovraindebitato. Questo strumento è quindi molto potente per i privati onesti ma sfortunati.
- Concordato minore (ex “accordo di composizione della crisi”) – è la procedura dedicata ai debitore non consumatore (imprenditori, professionisti, start-up, ditte individuali, ecc.) non soggetti a liquidazione giudiziale. In pratica, l’imprenditore sovraindebitato propone ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti, che può prevedere sia pagamenti dilazionati sia stralci (rinunce parziali), con eventuale continuazione dell’attività. A differenza del piano del consumatore, qui i creditori votano: serve il voto favorevole dei crediti che rappresentino almeno il 50% dei crediti ammessi al voto. Se si ottiene la maggioranza, il tribunale omologa l’accordo (anche contro il parere degli altri creditori dissenzienti, purché la maggioranza sia stata raggiunta). Se invece non si raggiunge la maggioranza, la procedura fallisce. Non è previsto un cram-down giudiziale totale come per il consumatore (salvo forse eccezioni in caso di cram down fiscale se il Fisco vota contro ma la proposta è migliore della liquidazione, secondo alcuni meccanismi). Caratteristiche: può prevedere anche la continuità aziendale – ad esempio l’imprenditore continua a gestire il negozio e utilizza gli utili futuri per pagare i creditori secondo i termini concordati. Durante il concordato minore, su autorizzazione del giudice, l’imprenditore può anche compiere atti di straordinaria amministrazione utili alla prosecuzione dell’attività. Anche i beni personali non aziendali possono essere messi a disposizione nel piano per aumentare il soddisfacimento (ma non è obbligatorio vendere la prima casa, per dire, se il piano è comunque conveniente per i creditori rispetto a scenari alternativi). Meritevolezza: curiosamente, la legge non richiede espressamente un giudizio di meritevolezza per il concordato minore (a differenza del piano del consumatore). Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che il tribunale può valutare la affidabilità e il comportamento pregresso del debitore anche in questo caso, per escludere abusi. Ad esempio Cassazione 30538/2024 ha sottolineato l’importanza di considerare come l’imprenditore è giunto all’insolvenza anche in assenza di una formale “meritevolezza” normativa. Limiti: se l’imprenditore ha già beneficiato di una esdebitazione nei 5 anni precedenti, non può accedere; se ha compiuto atti in frode ai creditori, la domanda è inammissibile. In caso di esito negativo (mancanza di voto favorevole), l’imprenditore potrà optare per la liquidazione controllata.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio”) – questa è la procedura a cui si ricorre quando il debitore non è in grado di offrire ai creditori un pagamento parziale soddisfacente o sostenibile, e dunque mette a disposizione tutto il proprio patrimonio per liquidarlo e distribuire il ricavato ai creditori. È sostanzialmente analoga ad un fallimento su base volontaria: il debitore o un creditore possono chiedere la liquidazione controllata, il tribunale nomina un liquidatore che vende i beni (esclusi quelli impignorabili per legge, ad esempio gli strumenti di lavoro essenziali, beni di stretta necessità, etc.), e ripartisce il ricavato secondo le prelazioni. Differenze dal fallimento: non c’è stigma di “fallito”, il debitore persona fisica può continuare a svolgere attività di impresa (salvo ovviamente perdere i beni alienati), e soprattutto la procedura ha durata limitata (massimo 3 anni per la liquidazione dell’attivo, salvo proroghe). Al termine, se il debitore ha collaborato lealmente, ottiene l’esdebitazione di diritto dei debiti residui. Esdebitazione di diritto significa che, a differenza di prima, il debitore non deve fare una causa apposita per essere liberato dai debiti: l’ordinanza di chiusura della liquidazione dichiarerà contestualmente cancellati i debiti insoddisfatti (eccetto quelli non esdebitabili per legge, v. oltre). Questa è una novità cruciale introdotta dal Codice della crisi: prima, con la legge 3/2012, bisognava aspettare 4 anni e poi presentare un’istanza separata di esdebitazione; ora è tutto automatico in 3 anni. Durante la liquidazione controllata, tutte le azioni esecutive dei creditori sono sospese: nessuno può pignorare beni perché li gestisce il liquidatore per il bene collettivo. Il debitore deve consegnare documentazione e cooperare. Questa procedura è adatta a chi non ha prospettive di ripianare i debiti con il reddito, ma possiede magari qualche bene liquidabile (casa, auto, ecc.), oppure anche a chi vuole semplicemente “tirare una riga” su tutto in tempi certi. Esempio pratico: un ex imprenditore e-cig ha cessato l’attività, gli rimane la casa di proprietà su cui c’è un’ipoteca della banca, e 200 mila € di debiti chirografari vari; attiva la liquidazione controllata: il liquidatore venderà la casa (salvaguardando magari il cosiddetto “minimo vitale” per cercare un’altra sistemazione), pagherà la banca (creditore ipotecario) col ricavato fino a soddisfarla se possibile, darà qualcosa agli altri se resta, e dopo 3 anni la persona sarà liberata da ogni debito anche se i chirografari hanno avuto poco o nulla. Per il debitore è dura perché perde i beni, ma ottiene la cancellazione dei debiti e può ripartire da zero.
- Esdebitazione del debitore incapiente (o “esdebitazione senza utilità”) – si tratta di una misura straordinaria e “una tantum” che consente anche a chi non ha nulla da offrire di ottenere la cancellazione dei debiti. Introdotta a fine 2020 e confermata dal Codice, prevede che il debitore persona fisica meritevole, privo di beni liquidabili e di reddito aggredibile, possa chiedere al Tribunale la cancellazione dei propri debiti senza dover attivare una liquidazione. In altre parole, se un piccolo imprenditore è completamente spogliato di ogni risorsa (cd. nullatenente o incapiente) ma ha debiti pregressi che non potrà mai pagare, la legge – per evitargli la condanna a debito per tutta la vita – gli dà una seconda chance liberandolo dai debiti. Attenzione: questa procedura può essere richiesta una sola volta nella vita. Inoltre, i requisiti di meritevolezza qui sono molto rigorosi: bisogna dimostrare di essere in quella condizione senza colpa grave o frode, di non aver sperperato patrimonio intenzionalmente e di aver mantenuto un comportamento integerrimo. Se in futuro (nei 4 anni successivi) il debitore incapiente dovesse “rimettersi in sesto” economicamente (es. riceve un’eredità, vince alla lotteria, riavvia un business di successo), è tenuto a pagare i creditori con parte di questi nuovi fondi, altrimenti la sua esdebitazione potrebbe essere revocata in tutto o in parte (questo per evitare finti nullatenenti che nascondono beni). Esempio: Tizio aveva un negozio, ha chiuso, ha venduto tutto per sopravvivere, ora è disoccupato senza beni, ma gli erano rimasti 50.000 € di debiti personali; può chiedere al giudice di dichiararlo esdebitato subito. È un rimedio estremo per situazioni umane drammatiche, soprannominato anche “fresh start povero”. Non toglie ovviamente i debiti non esdebitabili (es. alimenti, risarcimenti per danni, vedi oltre). Nell’ambito di questa guida, l’imprenditore di sigarette elettroniche potrebbe considerarne l’uso solo se ha chiuso bottega, venduto ogni asset e non ha redditi – scenario di fallimento totale – altrimenti se ha ancora un’attività è più logico percorrere le vie 1-3.
Meritevolezza e comportamenti del debitore: in tutte le procedure di sovraindebitamento, il debitore deve mostrare un comportamento trasparente e corretto. Come già accennato, la riforma del 2020-2022 ha reso il concetto di meritevolezza meno arbitrario rispetto al passato. Oggi, salvo il caso del debitore incapiente (dove serve incensuratezza quasi totale), la regola generale è: non devi aver frodato i creditori e non devi aver causato il tuo indebitamento con dolo o colpa grave. In pratica, azioni come nascondere o distrarre beni prima della procedura, falsificare documenti, contrarre debiti sconsideratamente già sapendo di non poterli pagare, sono tutti comportamenti che possono portare all’inammissibilità della procedura. Viceversa, se il tuo sovraindebitamento deriva da sfortune, calo di fatturato, crisi del mercato (pensiamo alle restrizioni normative che hanno colpito il mercato e-cig in certi periodi), insoluti dei clienti, malattia, pandemia Covid ecc., e tu non hai compiuto atti illeciti, sarai considerato meritevole. Anche essere disoccupato, paradossalmente, è visto come indice di meritevolezza per l’accesso (non hai reddito perché hai perso il lavoro, situazione esterna). Un elemento interessante introdotto nel Codice è la valutazione del merito creditizio: si tiene conto se qualche banca o finanziaria ti ha concesso prestiti in modo irresponsabile pur vedendo che eri già indebitato – ciò non blocca la procedura, ma anzi è un elemento a tuo favore, quasi a “punire” il creditore imprudente. In altre parole, se più finanziarie ti hanno sommerso di prestiti oltre la tua capacità, la legge lo considera un attenuante per te.
Effetti protettivi delle procedure: Appena presenti ricorso per una delle procedure (piano, concordato minore o liquidazione) puoi chiedere al Tribunale un provvedimento di sospensione delle azioni esecutive dei creditori. In genere, con l’apertura della procedura, nessun creditore può avviare o proseguire pignoramenti individuali. Se c’è un’asta immobiliare in corso, il giudice normalmente la sospende in attesa dell’omologazione del piano. Questo “respiro” è fondamentale: consente di evitare la corsa aggressiva del singolo creditore e far invece confluire tutto nel piano unitario. Ad esempio, con il deposito di un piano del consumatore, le trattenute sullo stipendio (cessioni del quinto) vengono bloccate in attesa di vedere se il piano offre un’alternativa. Anche i fermi amministrativi auto possono essere revocati se l’auto serve per lavorare (su istanza al giudice). Insomma, il primo effetto di queste procedure è congelare la situazione, permettendo al debitore di tirare il fiato e organizzare la soddisfazione collettiva dei creditori. Tale protezione non è indefinita: se poi la procedura non va a buon fine, i creditori potranno riprendere le azioni, ma nel frattempo si guadagna tempo utile per negoziare.
Iter pratico: Il procedimento di sovraindebitamento coinvolge una figura chiave: l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o un professionista gestore nominato dal tribunale. L’imprenditore deve predisporre, spesso con l’aiuto di un avvocato o commercialista esperto, una proposta (piano o accordo) o, in caso di liquidazione, l’elenco dei beni. La documentazione richiesta è molto dettagliata: elenco di tutti i debiti, elenco di tutti i creditori con relativi indirizzi, indicazione dei beni di proprietà, degli atti di trasferimento compiuti negli ultimi anni, documenti fiscali, bilanci o conti economici se azienda, stato di famiglia (serve anche quello, per vedere carichi familiari), etc. Il gestore OCC verifica la veridicità e redige una relazione sul caso, evidenziando cause dell’indebitamento, condotta del debitore, fattibilità del piano. Poi il tutto si deposita in Tribunale. Il giudice convoca eventualmente i creditori (nel concordato minore ci sarà un voto in adunanza). In assenza di opposizioni fondate, o se comunque il piano soddisfa i requisiti di legge, il Tribunale omologa la proposta. Da quel momento, la proposta diventa vincolante per tutti i creditori inclusi. Il debitore deve quindi eseguire quanto promesso (pagare le rate concordate, versare eventuali somme ricavate da vendita beni, ecc.). Se adempie regolarmente, al termine del periodo previsto viene emesso il decreto di esdebitazione che lo libera dai debiti residui. Nel caso della liquidazione controllata, come detto, la chiusura con ripartizione attiva fa scattare l’esdebitazione di diritto senza ulteriore udienza.
In sintesi, le procedure di sovraindebitamento rappresentano un insieme di strumenti pensati per i piccoli imprenditori, i professionisti e i privati, calibrati sulle loro dimensioni e possibilità. Un imprenditore del settore sigarette elettroniche in difficoltà potrebbe avvalersene come segue, a seconda dei casi pratici:
- Caso A: Mario ha un piccolo negozio di e-cig, ditta individuale, con debiti totali di 150.000 € (fornitori, Agenzia Entrate, un prestito personale), pochi beni (arredamento negozio e auto vecchia). Decide di chiudere l’attività perché il mercato è calato. Non potendo pagare tutti, presenta un piano del consumatore per i suoi debiti personali e residui, offrendo 500 € al mese per 5 anni che provengono dal suo nuovo lavoro dipendente, per un totale di 30.000 € restituiti sui 150.000 €. Il Tribunale verifica che Mario è meritevole (ha chiuso per crisi, non per frode) e che il piano dà ai creditori più di quanto ricaverebbero pignorandogli lo stipendio (dove c’è capienza limitata). Omologa il piano: Mario paga le rate per 5 anni, i creditori incassano ciascuno una quota, e a fine periodo Mario viene esdebitato dei rimanenti ~120.000 €. Ha salvato l’auto e i beni impignorabili, ha sofferto un po’ di restrizione economica ma è ripartito.
- Caso B: Laura ha un laboratorio di liquidi da inalazione artigianali (impresa individuale). Ha debiti per 300.000 € di cui metà col fisco (accise e IVA) e metà con banche e fornitori. La sua attività può essere ancora redditizia se snellita. Laura vuole continuare a lavorare. Si rivolge a un OCC e propone un concordato minore in continuità: continua l’attività, si impegna a versare ai creditori l’80% degli utili per 5 anni più la vendita di un immobile non strumentale che possiede (un terreno) stimato 50.000 €. In totale prevede di rimborsare il 50% dei debiti. I creditori votano: l’Agenzia delle Entrate e la banca, che insieme rappresentano il 60% dei crediti, sono favorevoli (il fisco accetta perché otterrà subito dal terreno il pagamento dell’IVA e imposte accise al 30%, cosa che in fallimento forse sarebbe incerta; la banca accetta perché preferisce 50% oggi che forse nulla domani). I fornitori piccoli contrari vengono comunque vincolati dall’omologazione, essendoci la maggioranza. Laura esegue il piano, paga semestralmente le percentuali promesse; la sua impresa sopravvive. A fine piano il giudice la dichiara esdebitata dal restante 50%. L’azienda di Laura è salva e ripulita dai vecchi debiti.
- Caso C: Marco, ex grossista di dispositivi da vaping, ha debiti per 2 milioni di euro, l’attività è ferma da tempo e i beni della società già escussi; tuttavia a titolo personale ha firmato garanzie ed è esposto per 500.000 €. Non ha proprietà intestate e sopravvive grazie a lavoretti occasionali. Marco è l’esempio di debitore incapiente: in questo caso, se non emergono profili di dolo, potrebbe richiedere l’esdebitazione senza utilità. Il tribunale verifica che effettivamente Marco non ha alcun bene liquidabile né reddito e che la sua insolvenza non deriva da comportamento fraudolento. Dispone dunque la cancellazione di tutti i suoi debiti subito, per permettergli di ricostruirsi una vita (magari trovando un nuovo impiego nel settore). Se nei 4 anni seguenti però Marco dovesse, poniamo, ricevere 100.000 € di eredità, la legge prevede che debba informarne i creditori e pagarli proporzionalmente, altrimenti l’esdebitazione può essere revocata.
Gli esempi mostrano scenari diversi in cui le procedure di sovraindebitamento offrono risposte calibrate. Da notare che in nessuno di questi casi c’è stato un “regalo” al debitore: in ogni scenario, i creditori hanno ricevuto comunque il massimo possibile date le circostanze (che fosse il 20% o il 50% o nulla perché davvero non c’era nulla). Si applica il principio del “pagare quanto si può, cancellare ciò che non si può pagare”.
Prima di passare alle procedure per imprese più grandi, spendiamo due parole su quali debiti non si cancellano nemmeno con queste procedure. L’esdebitazione – ossia la cancellazione definitiva del debito residuo – non si estende a specifici debiti “protetti” dal legislatore. In particolare, restano comunque dovuti anche dopo la procedura:
- Gli obblighi alimentari e di mantenimento verso coniuge, figli o altri familiari (arretrati di assegni di mantenimento, alimenti stabiliti da giudice).
- I debiti da risarcimento danni causati da fatti illeciti (in particolare il danno da fatto doloso). Esempio: se l’imprenditore è condannato a risarcire un danneggiato per un incendio doloso, quel debito non si estingue.
- Le multe, ammende e sanzioni penali e amministrative di natura punitiva. Ad esempio, una multa comminata in sede penale per reati tributari, o una sanzione amministrativa antiriciclaggio, restano escluse.
- I debiti fiscali derivanti da condotte fraudolente accertate con sentenza penale definitiva (quindi le imposte evase fraudolentemente – non la semplice evasione senza frode, ma i casi aggravati).
- Eventuali debiti sorti dopo l’apertura della procedura (questi neppure vengono considerati nella procedura stessa).
- In taluni casi segnalati dalla giurisprudenza, anche i debiti verso dipendenti o enti assicurativi per salari e contributi possono non essere perdonati se derivanti da condotte dolose del datore di lavoro (per tutelare i lavoratori, come già accennato).
A parte queste eccezioni, tutti gli altri debiti sono esdebitabili. Questo significa che per un imprenditore sovraindebitato la stragrande maggioranza dei debiti – fornitori, banche, fisco (se non frode), leasing, etc. – può essere azzerata a fine procedura. L’esdebitazione è permanente e totale: il creditore non può più richiedere in futuro il pagamento del debito residuo. Ciò ridà al debitore la cosiddetta esdebitazione in senso letterale: uno stato di libertà dai debiti.
Passiamo ora a considerare le procedure destinate alle imprese di dimensioni maggiori (o comunque soggette a fallimento). Queste potrebbero riguardare un imprenditore del settore e-cig che, ad esempio, abbia costituito una società di capitali (Srl o SpA) con fatturati sopra soglia, o che comunque superi i parametri della “piccola impresa” e quindi rientri nel campo di applicazione della liquidazione giudiziale. I principi di base (favorire la ristrutturazione se possibile, oppure liquidare in modo ordinato se necessario) sono simili, ma gli strumenti giuridici differiscono leggermente.
Procedure concorsuali per imprese “fallibili” (nuovo Codice della crisi d’impresa)
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) ha unificato nel 2022 l’intera disciplina delle procedure concorsuali, abrogando la vecchia legge fallimentare del 1942 e anche la legge sul sovraindebitamento. Pertanto, oggi tutte le imprese – grandi o piccole – rientrano formalmente in un unico codice, anche se con procedure diverse a seconda della tipologia e dimensione. Abbiamo già visto le procedure di sovraindebitamento riservate alle imprese minori e ai non imprenditori. Ora concentriamoci sugli strumenti previsti per le imprese commerciali soggette a fallimento, ovvero quelle che superano i criteri di “impresa minore” (ricavi oltre 200.000 €, attivo patrimoniale oltre 300.000 € e debiti oltre 500.000 €, come definiti all’art. 2 CCII). In realtà, anche alcune imprese sotto soglia possono scegliere alcune di queste procedure (non c’è un divieto di optare per un concordato preventivo se voluto, sebbene non soggette a fallimento, ma di solito è meno frequente).
L’obiettivo comune di queste procedure è duplice: favorire ove possibile il risanamento e la continuazione dell’attività (principio della “continuity” sotteso alla recente normativa europea) e, se ciò non è fattibile, assicurare una liquidazione ordinata e la par condicio. Il CCII offre una gamma molto ampia di strumenti per fronteggiare la crisi d’impresa. Ecco i principali, con una breve descrizione dal punto di vista del debitore:
- Composizione negoziata per la crisi d’impresa: introdotta nel 2021 e ora disciplinata nel Codice (artt. 17-25 CCII). È una procedura volontaria e stragiudiziale assistita: l’imprenditore in situazione di crisi (anche solo in *“probabile” crisi) può richiedere la nomina di un Esperto indipendente con il compito di facilitare le trattative con i creditori. La composizione negoziata è confidenziale (non viene pubblicata inizialmente) e mira a trovare accordi di ristrutturazione fuori dalle aule di tribunale. Durante la negoziazione, l’imprenditore può chiedere misure protettive al Tribunale (es. sospensione di azioni esecutive per la durata delle trattative, di norma 4 mesi rinnovabili fino a 12). Se si trova un accordo con i creditori, bene: può essere formalizzato in vari modi (contratti, un nuovo finanziamento, un accordo di ristrutturazione agevolato, ecc.). Se non si trova un accordo, l’esperto dichiara la conclusione delle trattative. Novità importante: il CCII consente, all’esito negativo di una composizione negoziata, che l’imprenditore possa presentare un concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII) senza passare per il voto dei creditori, al solo fine di liquidare il patrimonio in modo ordinato. Questo è un istituto introdotto per evitare che un fallimento sia l’unica via dopo un negoziato fallito; nel concordato semplificato, il tribunale può omologare un piano di liquidazione anche senza il consenso dei creditori, ma garantendo che essi ottengano almeno quanto avrebbero da un fallimento. Dal punto di vista del debitore, la composizione negoziata è un tentativo “morbido”: vantaggi – riservatezza, controllo dell’imprenditore, costi ridotti (a parte il compenso dell’esperto), possibilità di ottenere protezione temporanea. Svantaggi – non obbliga i creditori a trovare un accordo, richiede di solito che l’impresa abbia prospettive di risanamento credibili (se è decotta, difficilmente serve). Per un imprenditore e-cig con problemi temporanei (es. un calo di vendite per una legge sfavorevole, ma con speranza di ripresa), la composizione negoziata potrebbe aiutare a concordare con fornitori e Fisco nuove scadenze evitando di ricorrere a procedure giudiziali più drastiche.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR): previsti dagli artt. 57 e ss. CCII (ex art. 182-bis L.F.). Sono accordi tra l’imprenditore e una parte qualificata dei creditori, omologati dal tribunale. Si tratta di uno strumento intermedio tra il piano privato e il concordato: il debitore deve ottenere l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali (accordo ordinario) e può anche non coinvolgere tutti i creditori (quelli non aderenti verranno pagati integralmente fuori accordo). Una volta raccolte le adesioni scritte, il tribunale omologa l’accordo dopo aver verificato che sia idoneo a soddisfare tutti i creditori (anche i non aderenti per la parte a loro spettante). L’omologazione impedisce azioni revocatorie sugli atti eseguiti in adempimento dell’accordo e consente di ottenere finanziamenti prededucibili per attuarlo. Il correttivo 2022-2023 ha introdotto alcune varianti: l’accordo di ristrutturazione agevolato che richiede solo il 30% di consenso (ma in tal caso il debitore non chiede misure protettive automatiche, come contropartita per la soglia più bassa) e l’accordo ad efficacia estesa (art. 61 CCII) che permette, se certi creditori omogenei aderenti raggiungono il 75%, di estendere gli effetti anche ai non aderenti della stessa categoria (utile ad esempio per coinvolgere banche dissenzienti se la maggior parte delle banche ha detto sì). Inoltre, specifiche norme permettono di includere nell’accordo piani di transazione fiscale e previdenziale con il Fisco e l’INPS (art. 63 CCII) – l’erede del vecchio art. 182-ter L.F. – consentendo di trattare anche i debiti tributari (con il sì dell’Erario). Prospettiva del debitore: l’ADR è flessibile e su misura, consente di trattare solo con chi serve, lasciando fuori chi è marginale (pagandolo per intero). Però richiede di convincere una larga fetta di creditori, e di solito quelli chirografari maggiori. Non c’è voto, c’è negoziazione individuale: quindi serve abilità e una proposta effettivamente conveniente per i creditori chiave. I creditori minoritari non aderenti non possono opporsi all’omologa se sono comunque pagati integralmente. Durante le trattative, su richiesta il tribunale può bloccare le azioni esecutive (ma se si vuole la protezione, non si può scendere al 30%, serve il 60%). Per un imprenditore medio (es. distributore di e-cig con debiti verso 4-5 grossi fornitori e banche), l’accordo di ristrutturazione è ideale se quei 4-5 soggetti si mettono d’accordo su un piano di rientro magari con taglio moderato. Esempio: la tua Srl ha 10 creditori; ottieni la firma di 6 di essi che rappresentano il 65% del totale crediti, concordando che riceveranno il 70% in 2 anni; i restanti 4 creditori li pagherai integralmente alle scadenze originali (o li hai già pagati a parte se piccoli). Il tribunale omologa: l’accordo è vincolante e impedisce ai 6 creditori di agire individualmente, purché rispetti i pagamenti pattuiti.
- Concordato preventivo: è probabilmente lo strumento più “famoso” delle procedure concorsuali, ora disciplinato dagli artt. 84-120 CCII. Il concordato preventivo è una procedura giudiziale in cui l’imprenditore propone un piano ai creditori e lo sottopone a voto. Ne esistono di due tipi principali:
- Concordato in continuità aziendale: quando prevede che l’attività prosegua (direttamente dal debitore o indirettamente tramite cessione dell’azienda a terzi). In tal caso l’obiettivo è il risanamento o almeno la massimizzazione del valore evitando lo spezzatino immediato dei beni. Il piano può prevedere ristrutturazione del debito, aumento di capitale, intervento di nuovi investitori, e pagamento dei creditori nel tempo con risorse generate dalla continuità (ad es. utili futuri, contributo di un investitore). Il CCII ha reso più flessibili le regole di distribuzione nel concordato in continuità: non c’è più l’obbligo di pagamento minimo del 20% ai chirografari (previsto invece nel concordato liquidatorio puro); però vige la regola che ai creditori va dato almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione, e che eventuali apporti esterni possono andare preferenzialmente a certe classi (principio del “absolute priority” mitigato da “relative priority” come da Direttiva UE).
- Concordato liquidatorio: prevede la cessazione dell’attività e la liquidazione dei beni, però sotto l’egida del concordato (quindi con piano controllato). Il debitore offre di liquidare tutto e distribuire il ricavato ai creditori, eventualmente con l’apporto di un terzo. Per evitare che il concordato liquidatorio sia usato solo per ritardare il fallimento, la legge richiede di solito un apporto di risorse esterne che aumenti di almeno il 10% l’attivo, oppure il pagamento di almeno il 20% ai chirografari (il CCII su questo è intervenuto: attualmente l’art. 84 prevede che nel concordato liquidatorio i creditori chirografari ricevano non meno del 20%, salvo apporto esterno rilevante). Il concordato liquidatorio può essere utile quando c’è un patrimonio consistente da vendere e si preferisce farlo da concordato (magari vendendo l’azienda unitaria a un soggetto individuato) piuttosto che finire in fallimento. Ad esempio, se il tuo business non è più sostenibile ma hai costruito un marchio o una rete di punti vendita di valore, potresti proporre un concordato liquidatorio dove un investitore è pronto a rilevare tutto a un certo prezzo che paga i creditori in percentuale più alta del fallimento – in questo caso il tribunale può omologare anche se alcuni creditori non sono d’accordo, purché la maggioranza voti sì e il piano sia conveniente.
Come funziona in pratica il concordato: Il debitore predispone un piano dettagliato e una proposta (quanto percento ai creditori di ciascuna classe, in che tempi). I creditori sono suddivisi in classi se hanno posizione giuridica ed interessi economici differenti (ad es. separare banche garantite, fornitori chirografari, eventuali creditori strategici). Nel concordato in continuità è obbligatorio classare i creditori muniti di garanzie da terzi (questo per gestire la transazione fiscale e simili, come nota tecnica emersa col correttivo 2024). Ogni classe vota la proposta (maggioranza >50% dei crediti ammessi di quella classe). Serve anche la maggioranza dei crediti totali per l’approvazione, con meccanismi complessi se classi dissenzienti (possibile cram-down se almeno una classe rilevante approva e il piano è equo). Se il concordato è approvato e omologato dal Tribunale, vincola tutti i creditori anteriori (anche i non votanti o dissenzienti). I creditori perdono la facoltà di agire individualmente e riceveranno quanto stabilito nel piano. Se il concordato invece non ottiene i voti, l’impresa di solito viene dichiarata in liquidazione giudiziale (fallimento), a meno che si converta in un accordo o altra via. Durante la pendenza del concordato, il debitore mantiene l’amministrazione sotto vigilanza di un commissario giudiziale (nel concordato in continuità spesso l’imprenditore continua a gestire, ma sotto controllo; nel liquidatorio di solito si prevede che un liquidatore gestirà la vendita dei beni).
Perché un imprenditore lo sceglie: Il concordato preventivo ha l’enorme pregio di attivare subito uno scudo protettivo: dalla data di ammissione (o già dalla domanda “con riserva” di concordato in bianco), i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive né cautelari. È un ombrello che solo la procedura concorsuale offre in maniera così generalizzata. Inoltre, consente di gestire in modo unitario la crisi, eventualmente liberandosi di contratti svantaggiosi (il debitore in concordato può chiedere l’autorizzazione a sciogliersi da contratti in essere) e predisponendo cessioni di beni o rami d’azienda con un miglior realizzo (spesso vendere un’azienda attraverso il concordato rende di più che farlo dopo un fallimento). Sul piano psicologico, il concordato (soprattutto in continuità) lancia un messaggio: l’azienda vuole provare a salvarsi e pagare il possibile, diversamente dal fallimento che è mera liquidazione forzata. Va detto però che il concordato è una procedura complessa e costosa: richiede bilanci certificati o situazioni finanziarie attendibili, un piano redatto con perizia, l’intervento di professionisti (avvocati, commercialisti, attestatori) di livello, e dura parecchi mesi (solitamente 6-12 mesi per arrivare all’omologa, più l’esecuzione pluriennale). Inoltre, implica la perdita di alcune libertà imprenditoriali: le decisioni straordinarie devono essere autorizzate, i pagamenti devono seguire il piano, e se l’imprenditore deviasse o occultasse utili, rischia la revoca del concordato o responsabilità penale (esiste il reato di mala gestio nel concordato). Tuttavia, per un imprenditore sotto pressione di molti creditori, potrebbe essere l’unica via di governare la crisi invece di subirla. Ad esempio, un distributore all’ingrosso di e-cig potrebbe usare il concordato in continuità per rinegoziare i debiti pagando i fornitori principali col profitto sulle vendite future, e magari liquidando scorte eccedenti per fare cassa.
Transazione fiscale e rapporti con Erario: Nel concordato (come negli accordi di ristrutturazione) è prevista la possibilità di proporre il pagamento parziale anche dei tributi, tramite la cosiddetta transazione fiscale (ora art. 88 CCII). Il correttivo 2024 ha chiarito che la transazione fiscale può avvenire anche nel concordato in continuità, confermando che il piano può prevedere stralci di imposte purché il trattamento sia non inferiore a quello di altri crediti di pari rango e che sia conveniente rispetto alla liquidazione. Se il Fisco non aderisce e vota contro, ma la proposta è conveniente, il tribunale può comunque omologare (cram-down fiscale). Questo significa che oggi anche l’Erario non ha più un potere di veto assoluto: se la proposta di concordato offre al Fisco un recupero migliore che nel fallimento, il giudice può approvarla anche senza il suo consenso, purché un esperto indipendente certifichi la convenienza. È una svolta rispetto al passato, in cui la transazione fiscale era più rigida.
- Liquidazione giudiziale (ex fallimento): se nessun rimedio funziona, l’epilogo è la liquidazione giudiziale, cioè quella procedura che dal 1942 al 2022 si chiamava “fallimento”. Oggi i presupposti sono gli stessi: uno stato di insolvenza di un imprenditore commerciale non piccolo. Può essere richiesta dal debitore stesso, da un creditore o d’ufficio in certi casi. La sentenza di apertura della liquidazione giudiziale porta alla nomina di un curatore, che sostituisce l’imprenditore nella gestione dei beni. Il curatore liquida il patrimonio (vende beni mobili, immobili, riscuote crediti, eventualmente cede l’azienda se ancora operativa) e poi distribuisce il ricavato ai creditori secondo il grado (prededucibili, privilegiati, chirografari). La procedura può durare anni a seconda della complessità; al termine, se il debitore è persona fisica (es. un imprenditore individuale o un socio illimitatamente responsabile) può ottenere l’esdebitazione (anche qui il Codice prevede un’esdebitazione di diritto dopo un anno dalla chiusura, se ha cooperato e non ci sono stati rilievi). La liquidazione giudiziale è ovviamente l’ultima risorsa quando non c’è modo di risanare l’impresa. Dal punto di vista del debitore è la situazione più penalizzante: perde il controllo dell’azienda e dei beni, subisce la spoliazione del patrimonio (salve le eccezioni di legge, come la protezione dei beni impignorabili), e viene estromesso dal mercato (in caso di imprenditore individuale). Tuttavia, anche il fallimento ha meccanismi di “protezione” del debitore onesto: ad esempio, la riforma ha eliminato in gran parte le stigmatizzazioni personali del fallito (non esistono più il divieto di aprire conto in banca, il divieto di espatrio, ecc. che c’erano decenni fa). Inoltre, dopo la chiusura il debitore persona fisica (non la società che ovviamente si estingue) può rinascere senza debiti tramite esdebitazione. Il nuovo Codice rende l’esdebitazione del fallito quasi automatica, salvo comportamenti fraudolenti. Dunque, per un imprenditore indebitato che non è riuscito a evitare il fallimento, c’è comunque la luce in fondo al tunnel: chiudere la procedura e ricominciare. Ad esempio, diversi piccoli imprenditori (non e-cig, ma di ogni genere) che sono falliti nel periodo post-2008, dopo la chiusura hanno chiesto e ottenuto l’esdebitazione e hanno potuto poi avviare nuove iniziative economiche senza lo zaino dei vecchi debiti. Il Codice attuale incoraggia questo fresh start, in linea con la normativa europea sull’insolvenza e l’idea che il fallimento non deve condannare a vita il debitore onesto.
- Strumenti speciali e settoriali: oltre a quelli citati, esistono procedure particolari come l’amministrazione straordinaria (per grandi imprese in crisi, casi come Alitalia ecc.) o la liquidazione coatta amministrativa (per imprese soggette a vigilanza pubblica, es. banche, assicurazioni). Queste ultime però esulano dal caso tipico dell’imprenditore e-cig, che di norma opera come PMI. Non vi dilunghiamo su di esse. Citiamo solo il fatto che il Codice della crisi ha introdotto anche la possibilità di piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (PRO), che sono un nuovo strumento derivante dalla direttiva UE 2019/1023: in sostanza, un piano di ristrutturazione semplificato in cui certe classi di creditori possono essere vincolate anche senza il loro consenso (simile a un concordato ma su iniziativa e con maggiore controllo del debitore). Questo strumento al momento è in fase di rodaggio e applicazione pratica limitata; l’imprenditore deve comunque coinvolgere il tribunale e un professionista attestatore. Lo menzioniamo per completezza: è concepito soprattutto per ristrutturazioni di imprese medio-grandi dove si vuole evitare la pubblicità e rigidità del concordato, ma comunque ottenere un’omologazione giudiziale di un piano accordato con almeno una parte di creditori.
Riassumiamo in un’altra tabella comparativa i principali tratti delle procedure concorsuali che un imprenditore (fallibile) può considerare:
Tabella 2: Confronto tra strumenti concorsuali (imprese fallibili)
Procedura | Continuità o Liquidazione? | Consenso richiesto | Caratteristiche chiave |
---|---|---|---|
Composizione negoziata | Continuità (di norma) | Volontaria, nessun voto (accordi stragiudiziali) | Fase di trattative riservate con aiuto di esperto. Possibili misure protettive temporanee. Esito: accordo privato o accesso a concordato semplificato. |
Accordo di ristrutturazione | Può essere in continuità o liquidatorio a seconda degli accordi | 60% crediti (ordinario) o 30% (agevolato, senza stay). Nessun voto formale; serve adesione contrattuale. | Omologato dal tribunale. Vincola solo aderenti (salvo efficacia estesa per certe categorie). Flessibile, coinvolge Fisco via transazione fiscale. Mantiene riservatezza fino all’omologa. |
Concordato preventivo | Opzione continuità diretta/indiretta oppure liquidazione dei beni | Voto per classi: >50% dei crediti in ogni classe e totale. (Cram-down possibile su classi dissenting se condizioni art.112 CCII soddisfatte) | Procedura giudiziale pubblica. Sospende tutte le azioni. Debitore rimane in possesso in continuità (con commissario) o consegna beni a liquidatore nel liquidatorio. Richiede piano attestato da professionista. Esdebitazione implicita per società (che si estingue) e per persona fisica (tramite successiva esdebitazione fallito). |
Liquidazione giudiziale (fallimento) | Liquidazione forzata | Nessun consenso (procedura avviata da istanza creditori o d’ufficio, o volontaria) | Tribunale nomina curatore; beni venduti e creditori soddisfatti secondo prelazioni. Debitore spossessato. Procedura di durata variabile. Possibile concordato fallimentare proposto da terzi in corso di liquidazione. Debitore persona fisica può ottenere esdebitazione a fine procedura. |
(Fonti: art. 2, 57-60, 84 CCII; d.lgs 83/2022 e 169/2020; Direttiva UE 2019/1023; si vedano riferimenti normativi in fondo.)
Come può applicarsi questo al nostro imprenditore del settore sigarette elettroniche? Dipende dalla scala della sua attività:
- Se gestisce un negozio singolo o una piccola catena, probabilmente rientra nelle procedure da sovraindebitamento (impresa minore). Ma se, ad esempio, ha una società di distribuzione con fatturato annuo di qualche milione di euro e debiti per oltre mezzo milione, potrebbe essere soggetto a concordato preventivo o fallimento. In tal caso, la mentalità deve essere quella di un’azienda tradizionale: cercare di ristrutturare col concordato se l’attività ha prospettive (magari perché ha un portafoglio clienti e un know-how che la rendono salvabile), oppure se non c’è verso, prepararsi a una liquidazione il più possibile ordinata.
- Un aspetto non ancora toccato è la responsabilità degli amministratori: il nuovo Codice e le riforme collegate (si pensi alla riforma del Codice civile sugli assetti obbligatori ex art. 2086) impongono agli amministratori di società di attivarsi presto in caso di crisi. Se un amministratore di S.r.l. nel settore e-cig continua a fare finta di nulla mentre l’azienda accumula debiti e va verso l’insolvenza, rischia azioni di responsabilità da parte del curatore fallimentare o dei creditori, per aggravamento del dissesto. Quindi, anche dal punto di vista legale, conviene muoversi per tempo: un concordato o un accordo presentato tempestivamente può mettere al riparo l’amministratore da accuse di aver tardato colpevolmente. Viceversa, la totale inerzia fino al fallimento può portare a dover rispondere personalmente di una parte dei debiti (perché l’aggravamento per ritardo è imputabile). Insomma, difendersi dai debiti vuol dire anche difendersi da eventuali future contestazioni, attraverso un comportamento proattivo e trasparente.
Abbiamo così delineato il ventaglio di armi a disposizione del debitore. Nel prossimo capitolo, affronteremo alcune domande frequenti e dubbi pratici che gli imprenditori indebitati spesso manifestano, fornendo risposte basate su quanto esposto finora e sulle ultime novità normative (luglio 2025). Seguirà una sezione conclusiva con le fonti normative e giurisprudenziali più aggiornate, per chi volesse approfondire ulteriormente.
Domande frequenti (FAQ) di imprenditori debitori
Di seguito presentiamo una serie di domande comuni che un imprenditore del settore sigarette elettroniche indebitato potrebbe porsi, con le relative risposte, per chiarire i dubbi più ricorrenti.
Q1: Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
A: Possono accedere le persone fisiche e le imprese non soggette a fallimento. In pratica: i consumatori privati, i professionisti, i piccoli imprenditori (ovvero quelli sotto le soglie di fallibilità: attivo ≤ 300k, ricavi ≤ 200k, debiti ≤ 500k), gli imprenditori agricoli, le start-up innovative, le associazioni e ONLUS, gli ex soci di società fallite per i debiti personali residui, e perfino gli enti pubblici non economici. Se rientri in una di queste categorie, puoi usare strumenti come piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata. Se invece sei un imprenditore fallibile (es. amministratore di una Srl sopra soglia) dovrai ricorrere alle procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo, ecc.). Ricorda che il Codice della crisi ha aggiunto la possibilità di procedure familiari: se tu e un familiare convivente siete entrambi sovraindebitati con origine comune (es. marito e moglie garantiscono insieme un debito, o gestivano insieme l’attività), potete presentare un’unica procedura per entrambi. Ciò riduce costi e tempi.
Q2: Ho solo debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia). Mi conviene accedere alla legge sul sovraindebitamento?
A: Sì, può convenire perché nelle procedure di sovraindebitamento anche i debiti fiscali possono essere inclusi e ridotti, purché l’offerta ai crediti erariali sia migliore di quanto otterrebbero in una liquidazione fallimentare. Attivando una procedura di composizione della crisi, potrai anche sanare i debiti con il Fisco pagando solo una parte e dilazionandoli. Ad esempio, un piano del consumatore può prevedere di pagare il 30% delle cartelle e ottenere lo stralcio del resto, se dimostri che quello è il massimo per te possibile. Nel 2022 la Cassazione ha confermato che si possono dilazionare i crediti privilegiati come quelli tributari anche oltre un anno nei piani. In più, mentre la procedura è pendente, Equitalia (oggi Agenzia Entrate-Riscossione) non potrà avviare pignoramenti o altri atti esecutivi. Tuttavia, prima di scegliere questa via, valuta se puoi sfruttare eventuali misure di “pace fiscale” in corso: ad esempio se fosse attiva una rottamazione delle cartelle, magari paghi solo il 50% senza interessi e risolvi. In assenza di simili opportunità o se l’importo è troppo alto comunque, la procedura concorsuale ti dà una via d’uscita definitiva (con esdebitazione). Attenzione che non si possono falcidiare in procedura eventuali sanzioni penali (multe penali per reati tributari) o debiti per IVA non versata in caso di condanna penale definitiva per frode. Ma la gran parte dei debiti fiscali “normali” rientra.
Q3: Posso proteggere la mia casa di abitazione? Rischio di perderla in ogni caso?
A: Dipende dalla procedura e dalla situazione. Se la casa è gravata da un mutuo ipotecario, quel creditore (banca) ha diritto di soddisfarsi sull’immobile. Tuttavia, nelle procedure di composizione della crisi è spesso possibile trovare soluzioni per salvare la casa: ad esempio, prevedere nel piano che il mutuo verrà mantenuto e pagato regolarmente fuori procedura (così la banca non ha motivo di agire) e offrire ai creditori chirografari altri beni o quote di reddito. Oppure, se il valore della casa è modesto e serve da tetto per la famiglia, si può tentare di escluderla dalla liquidazione dimostrando che la sua vendita non darebbe ricavo significativo (gli immobili “infracapienti” possono essere esclusi col parere dell’OCC se la vendita non gioverebbe ai creditori in proporzione al danno per la famiglia). Nei concordati preventivi, se la casa è personale dell’imprenditore, di solito non viene toccata direttamente (a meno che sia data in garanzia per debiti sociali). In un fallimento invece la casa del debitore fallito persona fisica purtroppo viene liquidata dal curatore, salvo sia pignorata e venduta prima. Dunque, la via migliore per salvare l’abitazione è agire prima che si arrivi a un fallimento o a un’asta: presentare un piano di ristrutturazione in cui “ci si tiene la casa” e i creditori ottengono soddisfazione altrimenti. Questo è fattibile ad esempio nel piano del consumatore: il giudice può omologare un piano dove la casa resta al debitore, se valutando pro e contro risulta che i creditori non sarebbero danneggiati (magari perché c’è già un’ipoteca capiente, per cui solo la banca avrebbe interesse e viene comunque soddisfatta). In sintesi: sì, c’è la possibilità di salvare la casa, ma devi prevedere di corrispondere una parte adeguata del debito ai creditori, in modo che accettino la rinuncia a pignorare l’immobile. Anche l’eventuale co-proprietà con un coniuge non debitore può complicare la vendita, quindi può essere un elemento per trattare (la vendita di una quota di casa sarebbe difficile e costosa, meglio l’accordo). Ogni caso va studiato, ma non dare subito per persa la casa: parla con il Gestore della crisi o il tuo avvocato per vedere le opzioni.
Q4: Se ho un procedimento di pignoramento già in corso (es. l’asta del negozio o un pignoramento del conto), posso ancora accedere a queste procedure?
A: Sì, puoi accedere. L’apertura di una procedura di sovraindebitamento sospende le procedure esecutive individuali in corso. Significa che se un creditore ti sta pignorando un immobile, ottenendo dal tribunale l’apertura del concordato minore o l’omologazione di un piano, quell’asta verrà bloccata (il giudice dell’esecuzione sospende su richiesta, dati gli art. 54 e 55 CCII). Stessa cosa per un pignoramento presso terzi: viene congelato. Attenzione però: la sospensione di solito scatta formalmente con l’ammissione della procedura o con provvedimento ad hoc. Dunque, se sei proprio a ridosso di un’asta, è importante depositare subito il ricorso per sovraindebitamento e chiedere al giudice un provvedimento urgente di sospensione. I tribunali generalmente lo concedono in attesa di decidere sull’ammissione, per non vanificare la procedura. Se invece l’asta si è già tenuta e il bene è stato aggiudicato prima che tu presentassi ricorso, potrebbe essere troppo tardi per salvarlo (ormai la vendita è perfezionata). Quindi tempismo cruciale: è possibile accedere anche con pignoramenti avviati, ma prima presenti la domanda meglio è. Nelle FAQ della giustizia è spesso chiarito che la procedura è ammissibile anche se pendono esecuzioni, basta comunicarlo al giudice. Ad esempio: “Ho già l’ufficiale giudiziario che mi blocca il c/c?” – presentando domanda di concordato, il tribunale può sospendere quel pignoramento. Una volta che la procedura concorsuale è aperta, i creditori dovranno far valere le loro ragioni solo all’interno di essa (ad esempio insinuandosi al passivo in liquidazione controllata, o partecipando al voto in un concordato minore).
Q5: La mia impresa è una S.r.l. e ho dato la mia fideiussione personale alla banca per un prestito. Se faccio il concordato per la società e riduco quel debito, la banca può rivalersi su di me per la parte tagliata?
A: Sì, purtroppo la banca potrà rivalersi sul fideiussore per la parte non pagata dalla società. La legge non libera automaticamente i co-obbligati o garanti solo perché il debitore principale entra in procedura. Nel Codice della crisi c’è una norma (art. 285 CCII) che esplicita come l’esdebitazione del debitore principale non si estende ai fideiussori. Ciò significa che se, poniamo, la tua S.r.l. ottiene un concordato omologato pagando il 50% del mutuo, la banca potrà chiedere a te, come fideiussore, il restante 50%. Come difendersi? Due possibilità:
- Coordinare procedure: puoi avviare anche tu, persona fisica, una procedura di sovraindebitamento in parallelo (ad es. un piano del consumatore per i tuoi debiti personali, includendo la fideiussione escussa). Questo scenario di doppia procedura può essere riunito se siete conviventi in famiglia, altrimenti saranno due iter paralleli. Così facendo, la banca sarà coinvolta sia nel concordato della società (prende 50%) sia nel tuo piano (vediamo quanto puoi dare tu). Alla fine, tra entrambe, potresti riuscire a non pagare integralmente.
- Chiedere il trattamento integrale in concordato: in alcuni casi la banca accetta di “congelare” la richiesta verso il fideiussore se nel concordato le paghi una buona percentuale. Magari contrattando, inserisci nel piano che quel credito verrà soddisfatto al 60% con rinuncia a escutere la garanzia (serve accordo espresso del creditore). Non è automatico, ma si può tentare come accordo individuale in parallelo alla procedura.
Tieni presente anche che se la tua società va in liquidazione giudiziale (fallimento) e tu avevi fideiussione, il curatore potrebbe chiederti di pagare e poi la banca verrà soddisfatta in parte col tuo pagamento (tu poi diventi creditore di regresso verso la società fallita, ma incasserai poco). Quindi come fideiussore sei sempre esposto: è importante quindi considerare anche la tua posizione personale quando scegli come procedere per l’azienda. In pratica, devi fare una sorta di double planning: salvare l’azienda e proteggere te stesso. Le procedure familiari e la simultanea composizione delle crisi collegate sono proprio pensate per questo – affrontare unitariamente la crisi di impresa e dell’imprenditore.
Q6: Quanto costa e quanto dura in media una procedura di sovraindebitamento o un concordato?
A: I costi variano, ma bisogna considerare: compensi dei professionisti (OCC/gestore, avvocato, attestatore), contributo unificato e bolli, ed eventuali spese di giustizia. Per dare un’idea: nelle procedure da sovraindebitamento i compensi dell’OCC sono stabiliti per legge su percentuale dell’attivo o a vacazioni, ma spesso sono inferiori a quelli di un fallimento; per piccoli debiti possono essere dell’ordine di qualche migliaio di euro. L’avvocato può chiedere parcelle che dipendono dalla complessità (anche qui qualche migliaio di euro). A volte esistono convenzioni con organismi di composizione per dilazionare il pagamento o farlo rientrare nel piano stesso. Le procedure concorsuali maggiori (concordato preventivo) sono più costose: bisogna pagare un attestatore indipendente (che può chiedere decine di migliaia di euro per aziende medio-grandi), il commissario giudiziale ha diritto a un compenso liquidato dal tribunale a carico dell’azienda (anche questo spesso nell’ordine di varie migliaia), e gli avvocati/commercialisti dell’azienda pure. Parliamo di cifre che, per un concordato di un’azienda con milioni di debito, possono superare tranquillamente i 50-100k € complessivi di costi professionali. Ecco perché per micro imprese spesso è più efficiente la legge sul sovraindebitamento, dove l’OCC a volte svolge gran parte del lavoro a costi calmierati. Durata: un piano del consumatore semplice può essere omologato nel giro di 4-6 mesi dal deposito (dipende dal carico del tribunale); l’esecuzione poi dura quanto previsto (ad es. 4 anni di rate). Un concordato minore pure sui 6 mesi per l’omologa (c’è il tempo delle votazioni però). La liquidazione controllata dura max 3 anni (per legge) per liquidare i beni, poi si chiude. Un concordato preventivo di media complessità impiega 6-12 mesi per arrivare al decreto di omologa (bisogna predisporre documenti, passare per l’adunanza dei creditori, eventuali opposizioni, ecc.), e poi l’esecuzione può durare anni (in continuità, i piani spesso durano 5 anni o più; in liquidazione, dipende da quanto tempo serve a vendere i beni). Quindi, per un imprenditore persona fisica, la via sovraindebitamento di solito offre tempi più rapidi e certi verso la liberazione dai debiti: ad esempio, 3 anni di liquidazione e sei libero. Concordati e accordi per aziende possono tenerti impegnato più a lungo con pagamenti pluriennali. In ogni caso, confrontato con non fare nulla (situazione in cui potresti avere debiti a inseguirti per sempre con interessi, more, e senza un termine) – qualsiasi procedura ha un orizzonte di fine chiaro (data in cui sarai libero dai debiti).
Q7: Posso continuare a svolgere la mia attività mentre è in corso la procedura?
A: Sì, in molti casi puoi continuare ad operare, anzi è auspicabile. Nel concordato preventivo in continuità, tu rimani alla guida dell’impresa (sotto supervisione del commissario) e prosegui l’attività normalmente, rispettando il budget del piano. Nel concordato minore, è esplicitamente consentito che la proposta preveda la continuità dell’impresa o professione, se ciò permette di soddisfare meglio i creditori. Quindi, ad esempio, se tieni aperto il negozio e con gli utili paghi le rate ai creditori, la procedura incoraggia questa soluzione (perché i creditori tendenzialmente recuperano di più da un debitore che produce reddito che non da uno che chiude). Nel piano del consumatore, se sei un dipendente o hai comunque reddito, continui la tua vita lavorativa normalmente, destinando però la quota concordata al piano (il giudice di solito lascia un minimo vitale per vivere). Nella liquidazione controllata, dipende: se l’impresa è individuale, l’apertura della liquidazione implica in pratica che l’attività d’impresa cessa (perché i beni d’impresa verranno liquidati). Tuttavia, se è un lavoro autonomo incorporato nella persona (es. un artigiano, un avvocato indebitato), spesso il liquidatore gli lascia continuare a lavorare e incassare, girando però ai creditori l’eccedenza oltre il necessario per vivere. Quindi c’è spazio per proseguire. In composizione negoziata, certamente continui tu a gestire l’azienda durante le trattative, eventualmente con consigli dell’esperto. Diciamo che nessuna procedura concorsuale ti obbliga a smettere di lavorare: al limite, in fallimento verresti rimosso dalla gestione di quella specifica impresa, ma nulla ti vieta di lavorare come dipendente o consulente altrove. Attenzione che per alcune professioni regolamentate (es. se sei un commercialista, notaio, ecc.) la pendenza di procedure concorsuali personali potrebbe avere effetti disciplinari, ma per un commerciante in genere no. Anche un imprenditore individuale in concordato minore può continuare a emettere fatture e fare affari. Ovviamente, dovrai evitare di contrarre nuovi debiti durante la procedura senza autorizzazione (non puoi per esempio fare nuova merce a credito se sai di essere in concordato, a meno che rientri nell’attività ordinaria approvata dal giudice). Però il negozio può rimanere aperto: anzi, sarà importante convincere l’OCC o il commissario che tenendolo aperto generi cassa per il piano.
Q8: Cosa succede se dopo l’omologazione di un piano o concordato non rispetto i pagamenti?
A: Se non rispetti gli obblighi, rischi la risoluzione della procedura. Ad esempio, se un piano del consumatore dice che pagherai 1000 € al mese e smetti di pagare senza giustificato motivo, i creditori o l’OCC possono segnalare al giudice l’inadempimento e il giudice può revocare l’omologazione: a quel punto i crediti “revivono” per intero come se la procedura non ci fosse mai stata, e i creditori tornano all’attacco (spesso ancora più veloci, forti di titolo esecutivo). Lo stesso in un concordato: se non esegui il piano, il tribunale pronuncia la risoluzione e normalmente contesta il fallimento dell’azienda (andando poi in liquidazione giudiziale). Quindi è fondamentale proporre solo piani che sai di poter realisticamente sostenere. In alcuni casi la legge permette piccole modifiche: ad esempio se durante il piano incontri difficoltà temporanee, puoi chiedere al giudice di posticipare qualche scadenza o apportare modifiche non sostanziali, ma serve l’assenso di eventuali creditori o comunque una valutazione di fattibilità. La regola è: una volta promesso, devi mantenere. Detto ciò, se l’inadempimento è parziale e comunque i creditori hanno già ricevuto più di quanto avrebbero avuto altrimenti, alcuni tribunali evitano la risoluzione formale (per esempio, se hai pagato il 90% del dovuto e salta l’ultima rata, magari si trova un accordo). Ma non farci affidamento: meglio essere prudenti all’inizio. La buona notizia è che il nuovo Codice tende a favorire il successo: ad esempio, la Cassazione ha chiarito che se un tuo primo piano viene dichiarato inammissibile dal giudice (magari per un vizio formale), non è una “bocciatura nel merito” e quindi puoi ripresentarne un altro corretto. Hanno reso più chiari i criteri e ti danno una seconda possibilità. Ma se poi il piano viene omologato e tu non fai quanto dovuto, allora finisce la protezione. Un’ultima cosa: la legge 3/2012 (e ora il CCII) prevede che chi “abusa” della procedura (ad esempio ottiene l’omologazione con dolo o peggiora la situazione intenzionalmente dopo) possa essere punito anche penalmente per frode ai creditori. Quindi davvero conviene fare piani sostenibili. In sintesi: se non rispetti i pagamenti concordati perdi i benefici – i debiti tornano esigibili per intero e magari finirai comunque in fallimento. Se invece completi la procedura, ottieni l’esdebitazione e la tua responsabilità per quei debiti finisce per sempre.
Q9: Ho già usufruito di un’esdebitazione 6 anni fa per una vecchia situazione. Posso accedere di nuovo alla procedura ora che ho altri debiti?
A: La legge pone dei limiti temporali per evitare che una persona usi in maniera ripetuta le procedure di sovraindebitamento. In particolare, se sei già stato esdebitato (liberato dai debiti) in passato, puoi presentare una nuova domanda solo dopo almeno 5 anni dalla precedente esdebitazione. Inoltre, non puoi ottenere l’esdebitazione più di due volte nella vita. Nel tuo caso, essendo passati 6 anni, superi la soglia dei 5 anni, quindi puoi accedere di nuovo (sarà la seconda volta). Tieni presente che il giudice nella valutazione di meritevolezza guarderà anche a questo: se sei nuovamente indebitato dopo poco tempo, dovrai spiegare le cause. Se per caso la precedente esdebitazione era derivata da un fallimento, allora l’accesso al sovraindebitamento è teoricamente possibile (non c’è preclusione assoluta, solo bisogna far passare almeno i 5 anni dalla precedente esdebitazione come detto). In soldoni: la legge dà due chance nella vita. La prima l’hai usata, la seconda la puoi giocare ora. Se malauguratamente dovessi incorrere in una terza crisi, a quel punto non potresti più ottenere esdebitazioni (dovresti pagare integralmente oppure restare insolvente). Quindi sfrutta bene questa opportunità.
Q10: Ho debiti verso i miei dipendenti (stipendi arretrati). Posso includerli nel piano e non pagarli integralmente?
A: I debiti salariali e contributivi hanno un trattamento di favore. Nella maggior parte dei casi i dipendenti vengono pagati integralmente o quasi. In un piano del consumatore o accordo minore, mettiamo che tu abbia 3 mensilità arretrate da dare a un dipendente: è molto probabile che l’OCC e il giudice vorranno vedere quel debito soddisfatto al 100% (magari dilazionato in pochi mesi). C’è anche un discorso morale: far votare ai creditori un piano dove i lavoratori prendono meno del dovuto è rischioso, potrebbero opporsi. Legalmente, i crediti da lavoro subordinato degli ultimi 6 mesi e TFR sono crediti con super privilegio, quindi in liquidazione sarebbero pagati per primi al 100%. Ciò implica che un piano che li falcidiasse sarebbe non conveniente per quei crediti rispetto al fallimento, e il giudice potrebbe non omologarlo. Dunque, la regola pratica è: stipendi e contributi si pagano per intero, magari utilizzando il Fondo di Garanzia INPS per TFR (che subentra poi come creditore). Laddove non fosse possibile (impresa senza liquidità), di solito si ripiega su un fallimento cosicché interviene il Fondo a salvaguardare i lavoratori. Quindi inserisci sempre nel piano il pagamento integrale o la massima percentuale possibile di quei crediti, se vuoi che passi. Va detto che i dipendenti, se l’azienda continua, sono essenziali: coinvolgili, spiegagli il piano; spesso preferiscono essere pagati un po’ alla volta che rischiare di nulla in un fallimento, ma tendono a pretendere il 100%. Anche i contributi INPS di lavoro dipendente (trattenute) non possono essere sacrificati, per legge. Diverso è se hai debiti verso collaboratori autonomi o ex soci – quelli non hanno il privilegio “forte” e potresti trattarli come altri chirografari, ma è comunque delicato. Quindi la risposta semplice: sì li includi nel piano, ma devi pagarli integralmente entro breve, di solito.
Q11: Ho fornitori esteri e piccoli creditori che non conoscono queste leggi italiane: se non votano o non rispondono, cosa accade?
A: Se i creditori non si esprimono, la legge ha meccanismi per proseguire lo stesso. Ad esempio, nel concordato preventivo o minore, il silenzio di un creditore equivale a voto negativo (o meglio, non viene conteggiato come favorevole) allo scadere del termine per votare. Però ai fini delle maggioranze conta il valore dei voti effettivamente espressi o considerati espressi. Quindi il rischio è che troppi silenti facciano mancare il quorum. Per ovviare, molti tribunali fanno un tentativo di contatto (via PEC o raccomandata). Con i creditori esteri, occorre almeno mandar loro la proposta tradotta e spiegare cosa devono fare. Se proprio non partecipano, verranno comunque vincolati se la maggioranza globale viene raggiunta. Nel concordato preventivo, invece, la legge prevede che il silenzio-assenso valga solo nelle classi che hanno raggiunto la maggioranza, in altre situazioni se un creditore non risponde viene computato come dissenziente (nel nuovo CCII ci sono dettagli, ma qui semplifichiamo). In pratica, se hai tanti piccoli creditori che non risponderanno, conviene farsi assistere dall’OCC o commissario per stabilire come considerarli. In un piano del consumatore l’assenza di creditori non è problema, perché non votano affatto – decide il giudice e basta. Quindi quella procedura bypassa il problema. Nel concordato minore, però, serve il 50% di sì: se nessuno risponde, non hai maggioranza. Quindi è importante attivarsi per ottenere almeno risposte dai principali. Sappi che se la mancata partecipazione fosse colpa tua (non hai fatto arrivare la comunicazione), la Cassazione ha detto che i termini di reclamo possono allungarsi perché quel creditore potrebbe dire “non sapevo nulla”. Quindi segui bene la notifica a tutti. In conclusione: il non voto non blocca la procedura, ma può complicare il raggiungimento del quorum. Pianificalo con i tuoi consulenti, magari escludendo dal piano quei piccolissimi crediti pagando integralmente (per non doverli far votare).
Q12: Se la legge mi cancella i debiti, questo verrà segnalato da qualche parte? Come incide sulla reputazione e sul futuro?
A: L’apertura di una procedura concorsuale viene iscritta in alcuni registri pubblici: ad esempio, il registro delle imprese se riguarda un’impresa, o presso il tribunale. Anche i sistemi di informazioni creditizie (Centrale Rischi Bankit, CRIF) registrano gli eventi di insolvenza o ristrutturazione. Quindi innegabilmente, per alcuni anni, le banche e controparti potranno vedere che sei passato attraverso un concordato o altro. Tuttavia, una volta ottenuta l’esdebitazione e chiusa la procedura, hai titolo a ripartire pulito. In Italia, dopo 5 anni dalla chiusura del fallimento, non puoi essere menzionato come ex fallito nei certificati. Già oggi, la menzione a registro imprese di procedure concorsuali si cancella decorsi 5 anni dalla chiusura. Il sistema è orientato a non marchiare a vita. Sulla reputazione personale, dipende dal tuo ambito: certo alcuni fornitori se lo vengono a sapere potrebbero essere più cauti in futuro. Ma considera che l’alternativa – non pagare i debiti senza procedura – ti porta comunque a protesti, pignoramenti, ipoteche, e di fatto a una reputazione peggiore (inaffidabilità totale). Con una procedura invece dimostri di aver affrontato il problema in modo trasparente e legale, il che in certi ambienti è visto positivamente (hai cercato un accordo, non ti sei dato alla macchia). Dopo la liberazione dai debiti, potrai anche accedere di nuovo al credito più facilmente di prima, perché i tuoi parametri finanziari saranno resettati (per esempio, se prima avevi Centrale Rischi con sofferenze, dopo l’esdebitazione quelle sofferenze risultano chiuse senza strascichi). Attenzione: alcune restrizioni normative esistono – ad esempio, non potrai essere amministratore di società quotate o bancarie se hai subito procedure concorsuali (spesso gli statuti lo vietano). Ma per la maggior parte delle attività ordinarie, potrai tornare. Devi però fare tesoro dell’esperienza: la legge concede esdebitazione ma poi, come detto, non infinite volte. Quindi per il futuro cerca di mantenere una gestione prudente. In sintesi: sì, sarà pubblico nell’immediato che hai fatto una procedura (nel portale dei creditori del Ministero Giustizia, in Registro Imprese se applicabile, ecc.), ma i benefici di liberarti dai debiti pesano di più. Nel settore del vaping, i tuoi clienti finali nemmeno lo sapranno, a meno che tu non glielo dica; i fornitori grandi magari sì se fanno due diligence, ma preferiranno un partner risanato con pochi debiti, rispetto a uno attualmente insolvente e inaffidabile.
Q13: Ci sono delle sentenze recenti che hanno cambiato le regole del gioco?
A: Sì, ce ne sono diverse importanti. Per citare le più rilevanti aggiornate al 2024-2025:
- La Cassazione a Sezioni Unite 8500/2021 ha risolto alcuni dubbi di interpretazione della legge 3/2012 (ad es. sul fatto che le opposizioni all’omologa andavano col rito camerale etc.), spianando la strada al Codice. Ma più di recente:
- La Cass. 65/2022 della Corte Costituzionale ha di fatto permesso di includere nei piani del consumatore anche i debiti già oggetto di pignoramento dello stipendio, chiarendo che la legge andava interpretata in modo costituzionalmente orientato per consentire una vera soluzione globale.
- Una serie di Cassazioni di fine 2024 (numeri 30538, 30542, 30543, 34150 ecc. del 2024) hanno chiarito vari punti: ad esempio, Cass. 34150/2024 ha stabilito che si possono pagare i creditori ipotecari con una moratoria pluriennale (ultra anno) purché possano dire la loro sulla convenienza; Cass. 30543/2024 ha ricordato che se riduci un credito privilegiato in un accordo, devi dimostrare che il piano è più conveniente per quel creditore rispetto a liquidare il bene su cui ha garanzia; Cass. 30542/2024 ha detto che se il tribunale dichiara “inammissibile” una proposta ma senza entrare nel merito, quel provvedimento non preclude di ripresentare una nuova proposta e non è ricorribile per Cassazione (non è definitivo) – insomma, c’è flessibilità per correggere e riprovare. Cass. 30538/2024, come menzionato, ha introdotto un vaglio sull’affidabilità del debitore anche per l’accordo (concordato minore) e ha precisato che per i debiti tributari il voto spetta all’ente impositore (Agenzia Entrate), non al semplice agente di riscossione – chiarimento che evita contestazioni procedurali.
- Il Decreto correttivo Ter (D.Lgs. 136/2024) ha apportato modifiche ulteriori al CCII: per esempio ha esplicitato meglio la disciplina transitoria, ha aggiustato regole sul concordato minore (introducendo la necessità di classi se ci sono garanzie di terzi, e meglio definendo i rapporti con transazione fiscale). Inoltre, ha introdotto normative per la gestione della crisi di gruppo, per i concordati semplificati post-composizione negoziata e così via. In pratica, ha reso il Codice più coerente con la Direttiva Insolvenze UE e più chiaro su alcuni punti prima dubbi. Altra novità 2024: è stata inserita una norma di interpretazione autentica (DL 178/2024 convertito) che chiarisce che le nuove norme del correttivo 2024 si applicano anche alle procedure pendenti, senza dover rifare da capo gli atti già compiuti (era un dubbio interpretativo che è stato risolto).
- A giugno 2023 inoltre una ordinanza della Corte d’Appello di Firenze ha sollevato questioni sul concordato minore, ma la Cassazione (sent. 22699/2023) le ha respinte dicendo che il fatto che il concordato minore richieda il voto dei creditori mentre il consumatore no, non viola la Costituzione. Quindi quel regime differenziato resta: se sei imprenditore, devi passare per il voto dei creditori e puoi vederti bocciata la proposta; se sei consumatore, decide il giudice senza voto. Era stata ipotizzata una disparità, ma per ora è ritenuta legittima.
- Infine, segnaliamo che la giurisprudenza di merito (tribunali) è molto attiva nel modulare queste procedure. Ad esempio, il Tribunale di Imperia nel 2025 ha riconosciuto un piano familiare congiunto per marito e moglie imprenditori, il Tribunale di La Spezia nel 2024 ha ammesso un concordato minore anche per un ex imprenditore cessato da oltre un anno (contro lettera art. 33 co.4 CCII) interpretando estensivamente la legge. Ciò significa che c’è tensione a dare soluzioni anche in casi borderline.
Per il lettore non tecnico, in sintesi queste sentenze e novità normative indicano una tendenza: maggiore apertura e flessibilità a favore dei debitori meritevoli, e ferma sul principio che chi bara resta fuori. La legge è aggiornata a luglio 2025 incorporando tutti questi sviluppi.
Abbiamo quindi percorso l’intero panorama delle opzioni per un imprenditore indebitato. In conclusione, dalla prospettiva del debitore, il messaggio chiave è: non sei senza speranza, ma devi agire attivamente e con trasparenza. Ci sono strumenti per ogni situazione, dalle trattative bonarie alle procedure complesse – l’importante è scegliere quello adeguato e portarlo avanti con determinazione e onestà. Nella prossima sezione forniamo un elenco di fonti normative e giurisprudenziali a supporto di quanto esposto, così da poter approfondire ogni aspetto.
Fonti e riferimenti
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, vigente con modifiche 2020, 2022, 2023 e correttivo D.Lgs. 136/2024) – artt. 2, 17-25, 57-60, 84-120, 283-285 in particolare.
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (come modificata dalla L. 176/2020) – disposizioni in materia di sovraindebitamento (ormai incorporate nel CCII, ma rilevanti per casi pre-2022).
- Corte Costituzionale, sentenza 10 marzo 2022 n. 65 – interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 L.3/2012 sul piano del consumatore (falcidiabilità di debiti oggetto di cessione del quinto/pignoramento).
- Cassazione Civile Sez. I, 23 dicembre 2024 n. 34150 – Sovraindebitamento, dilazione ultrannuale dei crediti privilegiati ammessa con diritto dei creditori di esprimersi sulla convenienza.
- Cassazione Civile Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30543 – Accordo di composizione: riduzione parziale di credito privilegiato omologabile solo se proposta più conveniente della liquidazione.
- Cassazione Civile Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30542 – Inammissibilità di un piano senza esame di merito non preclude nuova proposta; il provvedimento non definitivo non è ricorribile in Cassazione.
- Cassazione Civile Sez. I, 27 novembre 2024 n. 30538 – Concordato minore: valutazione dell’affidabilità del debitore (meritevolezza implicita) e chiarimenti sul voto dei crediti tributari (spetta all’Agenzia delle Entrate, non all’agente di riscossione).
- Cassazione Civile Sez. Unite, 26 luglio 2023 n. 22699 – Questioni di legittimità del concordato minore (cancellazione da Registro Imprese oltre un anno) respinte; mantiene differenza con consumatore.
- Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione e l’insolvenza – recepita con D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 170/2020, ha ispirato introduzione composizione negoziata, piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, ecc..
- D.L. 118/2021 conv. L.147/2021 – introduttivo della Composizione Negoziata per la crisi. Ora integrata nel CCII (artt. 17-25 CCII).
- D.Lgs. 13 ottobre 2020 n. 147 (“correttivo”) e D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 – modifiche al CCII posticipandone l’entrata in vigore e adeguandolo alla direttiva UE.
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (“correttivo ter”) – ultime disposizioni integrative al CCII: procedure familiari, transazione fiscale nel concordato minore, chiarimenti su omologazione forzosa, disciplina gruppi di imprese.
- Unioncamere – Guida procedure concorsuali 2023 – documento tecnico (PDF) con definizioni di “impresa minore” e presupposti di ammissibilità.
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