Sei un farmacista con debiti verso l’ENPAF e la situazione economica ti sta mettendo in difficoltà?
Hai ricevuto avvisi di pagamento, cartelle esattoriali o pignoramenti per contributi non versati e temi conseguenze sulla tua attività professionale e sul tuo patrimonio? In questi casi è fondamentale conoscere i tuoi diritti, capire come difenderti legalmente e utilizzare gli strumenti previsti dalla legge per gestire e, in molti casi, ridurre l’esposizione debitoria.
Quando un farmacista può accumulare debiti con l’ENPAF
– Quando non riesce a versare i contributi obbligatori per più anni consecutivi
– Quando ha attraversato periodi di inattività o riduzione del fatturato e non ha potuto sostenere i pagamenti
– Quando ha erroneamente calcolato o sottovalutato l’importo dovuto e si trova a dover pagare arretrati e more
– Quando ha interrotto o cambiato l’attività, ma l’iscrizione all’ENPAF non è stata chiusa nei tempi corretti
– Quando altre difficoltà economiche (debiti verso fornitori, banche o Agenzia delle Entrate) hanno avuto priorità nei pagamenti
Cosa può succedere con debiti verso l’ENPAF
– Pignoramento dei conti correnti personali o aziendali
– Pignoramento presso terzi di crediti vantati verso clienti, enti o convenzioni
– Iscrizione di ipoteche su immobili di proprietà
– Applicazione di interessi e sanzioni che aumentano rapidamente l’importo dovuto
– Stress e pressione psicologica, con possibili ricadute sulla serenità e sull’attività lavorativa
Cosa può fare un farmacista per difendersi dai debiti con l’ENPAF
– Far verificare da un avvocato la correttezza delle somme richieste e valutare se vi sono importi prescritti o contestabili
– Negoziare piani di rateizzazione sostenibili per evitare azioni esecutive
– In caso di indebitamento complessivo elevato, valutare la procedura di sovraindebitamento per ridurre o azzerare legalmente i debiti
– Ricorrere, quando possibile, a riduzioni o agevolazioni contributive previste dall’ENPAF in particolari condizioni (ad esempio riduzione per reddito basso)
– Bloccare o sospendere pignoramenti e ipoteche quando ci sono i presupposti di legge
– Coordinare la gestione del debito ENPAF con eventuali altre posizioni debitorie verso fornitori o enti fiscali
Cosa può ottenere un farmacista con la giusta assistenza legale
– La sospensione di pignoramenti, ipoteche e altre azioni esecutive
– La riduzione dell’importo complessivo dovuto grazie a procedure di saldo e stralcio o sovraindebitamento
– La protezione del patrimonio personale e familiare
– Un piano di rientro sostenibile che permetta di mantenere la continuità lavorativa
– Il recupero della tranquillità personale e professionale
Attenzione: i debiti con l’ENPAF non vanno sottovalutati, perché gli interessi e le sanzioni possono far crescere rapidamente la cifra dovuta. Tuttavia, esistono strumenti legali che possono permetterti di difenderti, ristrutturare il debito e salvaguardare il tuo futuro professionale. Agire subito è fondamentale per evitare conseguenze più gravi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti contributivi, tutela del professionista e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se hai debiti con l’ENPAF, come proteggerti e come risolvere legalmente la crisi finanziaria.
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Introduzione
Introduzione. I farmacisti iscritti all’Albo professionale in Italia sono tenuti per legge all’iscrizione d’ufficio all’ENPAF (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Farmacisti) e al pagamento dei relativi contributi previdenziali obbligatori. Questo obbligo sussiste indipendentemente dalla posizione lavorativa del farmacista: riguarda infatti sia i farmacisti liberi professionisti, sia quelli dipendenti (già assicurati INPS) o disoccupati, e i contributi non sono commisurati al reddito, bensì sono importi fissi stabiliti annualmente dall’Ente. La contribuzione ENPAF è oggetto di frequenti contestazioni da parte degli iscritti, in particolare di lavoratori dipendenti e disoccupati che percepiscono come iniquo l’onere di una “doppia contribuzione” previdenziale (ENPAF oltre all’INPS) o di un contributo da pagare anche in assenza di reddito professionale. Ciononostante, la normativa vigente – fondata sull’art. 21 del D.Lgs.C.P.S. n. 233/1946 – impone l’iscrizione automatica e il contributo ENPAF a tutti gli iscritti all’Ordine, senza eccezioni, e tale obbligo è stato più volte confermato come legittimo sia in sede giudiziale nazionale (Cassazione e Corte Costituzionale) sia in sede europea.
In questa guida esamineremo in dettaglio la disciplina dei contributi ENPAF – normativa vigente, importi dovuti, riduzioni contributive, sanzioni per omesso pagamento – e soprattutto le possibili strategie difensive a disposizione del farmacista debitore che si trovi a dover contestare o gestire cartelle esattoriali e avvisi di pagamento ENPAF. Adotteremo un taglio pratico ma giuridicamente approfondito, adatto sia ai professionisti del diritto (avvocati, consulenti) sia ai farmacisti stessi (titolari di farmacia, dipendenti o privati cittadini) che vogliano orientarsi su come opporvisi in giudizio o trovare soluzioni stragiudiziali per far fronte ai debiti previdenziali ENPAF. Troverete inoltre tabelle riepilogative dei contributi e delle opzioni di difesa, domande e risposte ai quesiti più frequenti, riferimenti a sentenze aggiornate (fino a luglio 2025) e ai principali testi normativi in materia. Il punto di vista privilegiato sarà sempre quello del debitore, evidenziando gli strumenti di tutela dei suoi diritti di fronte alle pretese contributive dell’ENPAF.
Obbligo di iscrizione e contribuzione ENPAF: base normativa e legittimità
Fondamento legislativo. L’obbligo per i farmacisti di iscriversi all’ENPAF e versare i relativi contributi discende da una norma di legge risalente al secondo dopoguerra: art. 21 del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946 n. 233. Tale decreto legislativo (emanato dal Capo Provvisorio dello Stato) ha riorganizzato gli Ordini professionali sanitari nel dopoguerra e prevede, senza alcuna esclusione, che chi è iscritto all’Albo dei farmacisti viene automaticamente iscritto all’ente previdenziale di categoria (ENPAF), con conseguente obbligo di contribuzione. Questa previsione è ribadita anche nell’art. 3 dello Statuto ENPAF (approvato con D.P.R. 6 febbraio 1976 n. 175) e nella normativa di settore successiva. In altri termini, l’iscrizione all’Ordine professionale comporta di diritto l’iscrizione all’ENPAF e il dovere di pagarne i contributi annuali.
Automaticità e ampiezza dell’obbligo. La regola dell’automatica iscrizione previdenziale riguarda tutti gli iscritti all’Albo, a prescindere dalla loro situazione lavorativa concreta. Non è richiesto che il farmacista eserciti effettivamente la professione o percepisca un reddito da essa: basta l’iscrizione formale all’Ordine perché nasca l’obbligo contributivo ENPAF. In particolare:
- Un farmacista dipendente (es. farmacista impiegato in una farmacia pubblica o privata, già assicurato presso l’INPS come lavoratore dipendente) deve comunque versare i contributi ENPAF, pur generando così una doppia posizione previdenziale concorrente (INPS ed ENPAF). Questo sistema di doppia contribuzione è stato a lungo contestato, ma i tribunali ne hanno confermato la legittimità, come vedremo oltre.
- Un farmacista disoccupato o che non esercita la professione (pur mantenendo l’iscrizione all’Albo) è parimenti tenuto al contributo: l’ENPAF prevede anzi espressamente che i contributi vadano pagati anche in caso di disoccupazione, salvo alcune agevolazioni (riduzioni) di cui diremo.
- Il contributo è dovuto per l’intera annualità di iscrizione (1° gennaio – 31 dicembre), indipendentemente dal giorno di effettiva iscrizione o cancellazione durante l’anno. Anche una sola giornata di iscrizione nel corso dell’anno fa scattare il contributo per l’anno intero. Dunque, chi si iscrive a metà anno o si cancella prima del 31 dicembre comunque deve l’importo completo di quell’anno (non è frazionabile).
Queste caratteristiche – automaticità e contributo fisso annuo non legato al reddito – distinguono l’ENPAF da una previdenza di tipo assicurativo proporzionale al reddito, e la avvicinano piuttosto ad un sistema mutualistico di categoria: tutti i farmacisti pagano una quota uguale (o ridotta in misura percentuale), a prescindere dal guadagno individuale, allo scopo di finanziare le prestazioni pensionistiche e assistenziali per la categoria. L’ENPAF sottolinea infatti la finalità solidaristica del sistema: con i contributi di tutti gli iscritti si garantisce il pagamento delle pensioni e dei sussidi assistenziali per chi ne avrà diritto. Questo giustifica – secondo l’Ente e la giurisprudenza – l’onere imposto anche a chi ha già una copertura pensionistica principale (dipendenti) o non lavora, al fine di rafforzare la tutela previdenziale complessiva della categoria.
Legittimità costituzionale e conferme giurisprudenziali. L’obbligo contributivo ENPAF, pur contestato dagli iscritti come “doppio” o “ingiusto”, è stato ritenuto legittimo in più sedi:
- La Corte Costituzionale è stata investita della questione già in passato (ad es. in riferimento a contributi aggiuntivi per farmacisti titolari di farmacia privata) e ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità, ritenendo che il legislatore può imporre contributi differenziati a determinate categorie di professionisti senza violare i principi di uguaglianza o capacità contributiva. In particolare, la Consulta ha avallato misure volte a sostenere le casse previdenziali di categoria anche tramite contributi ulteriori a carico di specifici soggetti (come i titolari di farmacie). Più in generale, nessuna pronuncia costituzionale ha mai censurato l’automatismo dell’iscrizione ENPAF per gli iscritti all’Albo, che dunque resta pienamente valido.
- La Corte di Cassazione ha più volte affrontato casi relativi a contributi ENPAF. Ad esempio, una recente decisione del 2021 ha confermato che la doppia contribuzione ENPAF–INPS per i farmacisti dipendenti non contrasta con i principi costituzionali di uguaglianza, proporzionalità e non discriminazione (artt. 3, 36 e 53 Cost.), in quanto trova una giustificazione razionale nel sistema solidaristico di categoria. I giudici richiamano il fatto che l’automatismo ex art. 21 del 1946 è volto a garantire un trattamento pensionistico di categoria aggiuntivo e servizi assistenziali, nell’interesse collettivo dei farmacisti iscritti.
- Più recentemente, nel 2023, alcuni farmacisti dipendenti riuniti nel movimento “No ENPAF” hanno promosso ricorsi pilota avanti ai tribunali del lavoro (Torino, Genova, Napoli) chiedendo di dichiarare illegittimo l’obbligo contributivo, ma le sentenze hanno dato torto ai ricorrenti. In particolare, il Tribunale di Torino (sent. n. 735/2023 del 4 aprile 2023) e il Tribunale di Genova (sent. 25 luglio 2023) hanno ribadito che tutti gli iscritti all’Albo devono versare ENPAF anche se già assicurati altrove, richiamando anch’essi la finalità solidaristica e le pronunce della Corte Costituzionale. Si esclude quindi ogni dubbio di incostituzionalità della normativa vigente.
- Anche in sede europea la questione è stata sollevata (attraverso un’interrogazione alla Commissione UE sulla doppia contribuzione obbligatoria per farmacisti dipendenti). La Commissione europea ha espresso che il doppio obbligo contributivo italiano per i farmacisti non viola il diritto UE. Dunque neppure per il diritto comunitario si configura una contrarietà, trattandosi di materia di previdenza sociale di competenza nazionale e non risultando violati specifici principi comunitari.
In conclusione, dal punto di vista normativo l’obbligo contributivo ENPAF riposa su solide basi legislative e ha superato indenni gli scrutini di legittimità fino ad oggi. Un’eventuale sua abolizione o modifica può avvenire solo per via legislativa (come lo stesso ENPAF evidenzia): al momento, però, malgrado le proposte di riforma avanzate da associazioni di categoria e alcuni parlamentari, non è intervenuta una norma che elimini o renda facoltativa l’iscrizione all’ENPAF per i dipendenti o disoccupati. Pertanto, il farmacista debitore non può sperare di sottrarsi all’obbligo invocando l’illegittimità della legge – una strategia rivelatasi perdente in giudizio – bensì dovrà agire su altri fronti (procedurali, prescrizionali, ecc.) per difendersi dalle pretese contributive, come vedremo nei paragrafi dedicati alle opposizioni.
Tipologie di contributi ENPAF: importi annuali, riduzioni e contributo di solidarietà
Importo del contributo intero annuale. L’ENPAF si finanzia attraverso contributi annuali a quota fissa, determinati dal Consiglio di Amministrazione dell’Ente e approvati dal Ministero vigilante. Tali importi possono variare di anno in anno in base alle esigenze attuariali. Per dare un’idea concreta: nell’anno 2025 il contributo intero annuo dovuto da ciascun iscritto ammonta a €5.367. Questa somma comprende una quota destinata alla previdenza (cioè a formare la pensione individuale) di €5.314 e due piccole quote destinate rispettivamente all’assistenza (€37) e alla maternità (€16). Il contributo intero è uguale per tutti gli iscritti e non dipende dal reddito individuale: un neo-laureato disoccupato sarebbe tenuto, in teoria, allo stesso importo di un titolare di farmacia avviata (salvo le riduzioni di cui si dirà). È importante sottolineare che tali cifre possono essere sensibilmente diverse in anni precedenti o successivi (es. nel 2013 il contributo intero era €4.375, poi incrementato negli anni). Inoltre, l’ENPAF consente in alcuni casi il versamento facoltativo di contributi aggiuntivi (doppio o triplo) da parte dell’iscritto che voglia incrementare la propria posizione previdenziale – ad esempio un iscritto può versare il doppio (€10.681 nel 2025) o triplo contributo (€15.995 nel 2025) per vedersi accreditare più annualità ai fini pensionistici. Tali versamenti extra sono ovviamente volontari e qui ci concentriamo invece sugli obblighi minimi.
Riduzioni ordinarie del contributo previdenziale. Considerata l’eterogeneità delle situazioni (non tutti i farmacisti traggono effettivo beneficio pensionistico pieno dal versamento ENPAF), l’ordinamento prevede alcune riduzioni percentuali della quota contributiva di previdenza, per venire incontro a determinate categorie di iscritti. Le riduzioni sono disciplinate dall’art. 21 del Regolamento ENPAF (Regolamento di Previdenza e Assistenza) e sono concesse a domanda dell’interessato, da presentarsi entro precisi termini annuali (generalmente entro il 30 settembre dell’anno per cui si chiede la riduzione, prorogato al 31 dicembre in certi casi). Le principali situazioni che danno diritto a riduzione contributiva sono le seguenti:
- Farmacisti dipendenti (o comunque soggetti ad altra previdenza obbligatoria): gli iscritti all’ENPAF che esercitano la professione come lavoratori dipendenti (o in altre forme coperte da previdenza obbligatoria diversa da ENPAF, ad es. gestione separata INPS) possono richiedere la riduzione del contributo. In particolare il Regolamento ENPAF consente a tali soggetti di scegliere fra tre aliquote ridotte: 33,33%, 50% oppure 85% dell’intero. La scelta è discrezionale entro questi valori, anche se in pratica l’85% (cioè pagare solo il 15% del contributo intero) è la riduzione massima più favorevole, tipicamente richiesta da chi non è interessato ad accumulare molti anni di pensione ENPAF. Ad esempio, per il 2025 un farmacista dipendente può versare solo €850 anziché €5.367 (cioè il 15% circa) ottenendo però – in prospettiva – una pensione ENPAF proporzionalmente più bassa.
- Farmacisti non esercenti attività professionale: gli iscritti all’Albo che di fatto non esercitano la professione (ad esempio perché lavorano in un settore diverso, o sono temporaneamente inattivi ma non disoccupati ufficialmente) possono chiedere la riduzione ordinaria del 50% (oppure del 33%, secondo talune interpretazioni). In pratica questa categoria copre chi non è né dipendente né disoccupato ufficiale, ma risulta comunque “fermo” professionalmente; per costoro il Regolamento prevede al massimo la metà del contributo.
- Farmacisti disoccupati involontari: gli iscritti che si trovino in condizione di disoccupazione temporanea involontaria – comprovata dall’iscrizione al Centro per l’Impiego e dallo status di Disponibile al lavoro – possono chiedere anch’essi la riduzione contributiva. Per i disoccupati il Regolamento ammette percentuali di 33%, 50% e fino all’85% (massimo) di riduzione, analogamente ai dipendenti. Tuttavia, tale riduzione per disoccupazione è concessa solo per un periodo massimo totale di 5 anni contributivi nell’arco della carriera. Ciò significa che un iscritto disoccupato può pagare il contributo ridotto (ad es. all’85%) per un massimo di cinque annualità; dopo i cinque anni, se resta disoccupato, perde il diritto alle ulteriori riduzioni e dovrebbe pertanto o riprendere i versamenti interi (onerosi) o valutare altre soluzioni (come il contributo di solidarietà, di cui infra, o la cancellazione dall’Albo). Questa limitazione è volta a evitare che un soggetto resti indefinitamente iscritto pagando quote minime ma senza costruire una posizione pensionistica adeguata.
- Farmacisti pensionati ENPAF: l’iscritto che abbia già maturato e ottenuto una pensione diretta ENPAF ma rimanga iscritto all’Albo può richiedere una forte riduzione. Il Regolamento prevede per i pensionati di ENPAF (non più in attività professionale) aliquote ridotte del 33%, 50% o fino all’85%. In pratica un pensionato ENPAF che continua a figurare nell’Albo può versare un contributo simbolico ridotto (anche solo il 15% del dovuto) e in cambio la sua pensione verrà ricalcolata in aumento ogni 5 anni (revisione quinquennale), in misura proporzionale a quanto ancora versa.
- Farmacisti pensionati ENPAF ancora attivi senza altra previdenza: vi rientrano i casi di farmacisti già titolari di pensione ENPAF che però continuano a svolgere attività professionale autonoma (es. titolari o soci di farmacia, collaboratori, ecc.) in relazione alla quale non hanno altra copertura previdenziale obbligatoria (oltre all’ENPAF stesso). Anche costoro possono beneficiare di aliquote ridotte (33% o 50%) analoghe ai non esercitanti. L’idea è che, pur essendo pensionati, se restano sul campo come liberi professionisti, almeno l’ENPAF deve continuare a coprirli (non avendo INPS o altro) e quindi pagheranno un contributo dimezzato o a un terzo, ottenendo poi un piccolo incremento pensione in futuro.
Categorie escluse da riduzione. È molto importante evidenziare che alcuni iscritti NON hanno diritto ad alcuna riduzione e devono quindi pagare il contributo per intero. In base al Regolamento ENPAF vigente non possono usufruire di riduzioni (nemmeno se ricorrerebbero alle condizioni sopra) i seguenti soggetti:
- Titolari di farmacia (singoli proprietari di farmacia privata).
- Soci di società che gestiscono farmacie private (ovvero co-titolari in società di persone, soci di s.r.l. o società di capitale titolari di farmacia, ecc.).
- Collaboratori in impresa familiare di titolari di farmacia (es. il coniuge o parente collaboratore negli utili).
- Chiunque partecipi agli utili di una farmacia in qualunque forma associativa.
- Iscritti che esercitano la professione senza altra copertura previdenziale obbligatoria oltre ENPAF. Ciò include i farmacisti che lavorano in proprio con partita IVA (esercizio autonomo della professione, ad es. consulenti, informatori scientifici non dipendenti) oppure con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co./progetto) oppure tramite borsa di studio non soggetta a contributi INPS. In tutti questi casi, l’ENPAF rimane l’unica forma previdenziale e pertanto non concede riduzione: l’iscritto è tenuto al contributo pieno.
Esempio: se un farmacista lavora come dipendente part-time in farmacia (coperto INPS) avrebbe diritto alla riduzione. Ma se durante l’anno diventa anche socio di una farmacia (anche per un breve periodo), perde il diritto alla riduzione per quell’anno. Analogamente, un farmacista che da disoccupato (riduzione 85%) inizi un’attività autonoma con partita IVA senza iscriversi alla Gestione Separata INPS, decade dalla riduzione ENPAF già accordata. Il Regolamento impone all’iscritto di comunicare tempestivamente all’ENPAF il cambiamento che comporta la perdita del diritto a riduzione, entro la fine dell’anno solare in cui è avvenuto. Se non lo fa, l’ENPAF recupererà a posteriori la differenza contributiva (reintegro) e applicherà sanzioni aggiuntive per l’omessa comunicazione.
Il contributo di solidarietà (quota minima). Oltre alle riduzioni sulla contribuzione previdenziale (che comunque danno luogo ad una pur minima pensione futura proporzionata), l’ENPAF ha introdotto negli ultimi anni una forma di contribuzione agevolata minima, detta contributo di solidarietà, rivolta soprattutto a chi non può o non vuole maturare una pensione ENPAF. Il contributo di solidarietà consiste in un versamento molto ridotto (una piccola percentuale del contributo intero), il quale non dà diritto ad alcuna prestazione pensionistica e viene acquisito dall’Ente a fondo perduto. In pratica è un pagamento simbolico per mantenere l’iscrizione all’Ordine e accedere ai servizi assistenziali ENPAF, senza accumulare pensione. Le regole attuali prevedono:
- Solidarietà 3% per i farmacisti occupati (dipendenti o comunque con altra copertura previdenziale). In questo caso si versa solo il 3% della quota intera previdenziale, più le quote fisse assistenza e maternità. Nel 2025 ciò equivale a circa €212 annui (di cui €159 quota solidarietà 3% + €37 + €16).
- Solidarietà 1% per i farmacisti disoccupati. L’iscritto privo di lavoro può, in alternativa alla riduzione 85% (se ha esaurito i 5 anni o per scelta), optare per l’aliquota dell’1% dell’intero. Nel 2025 questo significa versare solo €106 annui (di cui €53 quota 1% + €37 + €16).
Chi versa il contributo di solidarietà non matura alcun anno contributivo ai fini pensione ENPAF. Tuttavia mantiene l’iscrizione attiva all’Ordine e soprattutto conserva il diritto di accesso a tutte le prestazioni assistenziali dell’ENPAF in egual misura agli altri iscritti. Infatti l’ENPAF eroga una serie di sussidi e servizi di assistenza (contributi per genitorialità, asili nido, borse di studio, sussidi in caso di calamità, polizze sanitarie integrative tramite EMAPI, LTC, ecc.) anche a favore di chi versa solo la quota minima di solidarietà. Il ragionamento è che la solidarietà rappresenta comunque la partecipazione minima alla mutualità di categoria, sufficiente per essere inclusi nel welfare dell’ente, pur rinunciando alla costruzione della propria pensione di secondo pilastro.
In origine (dal 2004) il contributo di solidarietà era riservato ai nuovi iscritti all’Albo, come opzione alternativa ai versamenti pensionistici standard per chi era dipendente o disoccupato neo-iscritto. Oggi, di fatto, il contributo di solidarietà viene utilizzato anche da molti iscritti di lungo corso che, trascorsi magari 5 anni di disoccupazione (e persa la riduzione 85%), preferiscono pagare una quota simbolica di 1% piuttosto che affrontare il contributo intero impossibile da sostenere. In altri casi, farmacisti dipendenti prossimi alla pensione principale che non raggiungerebbero comunque i requisiti per una pensione ENPAF optano per la solidarietà al 3%, trattando l’ENPAF alla stregua di un fondo assistenziale. Va sottolineato però che l’opzione solidarietà è alternativa alla contribuzione previdenziale: chi la sceglie non accumula anzianità pensionistica ENPAF. Dunque, se in futuro vorrà ottenere una pensione integrativa ENPAF, dovrà ricominciare a versare contributi interi o ridotti e raggiungere il minimo di anni richiesti oppure attivare strumenti di totalizzazione/ricoongiungimento con altri periodi contributivi (operazioni complesse oltre l’orizzonte di questa trattazione).
Riepilogo contributi e riduzioni (anno 2025). Per chiarezza, riportiamo in forma tabellare gli importi dei contributi ENPAF 2025 nelle varie aliquote possibili, distinguendo la parte previdenziale (pensione), assistenziale e di maternità, e indicando il totale annuo dovuto:
Aliquota contributiva ENPAF | Quota Previdenza | Quota Assistenza | Quota Maternità | Totale annuo 2025 |
---|---|---|---|---|
Intero (100%) | € 5.314,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 5.367,00 |
Ridotto 33,33% | € 3.543,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 3.596,00 |
Ridotto 50% | € 2.657,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 2.710,00 |
Ridotto 85% | € 797,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 850,00 |
Solidarietà 3% (occupati) | € 159,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 212,00 |
Solidarietà 1% (disoccupati) | € 53,00 | € 37,00 | € 16,00 | € 106,00 |
(Fonte: ENPAF/Fofi, contributi anno 2025.)
Da questa tabella si evince la differenza sostanziale tra contribuente intero e ridotto. Ad esempio, un farmacista dipendente può limitarsi a €212 annui (solidarietà 3%) se rinuncia ai diritti pensionistici, oppure €850 annui (riduzione 85%) continuando però a maturare un po’ di pensione. Un disoccupato dopo 5 anni di riduzione (a €850/anno) passerebbe a poter scegliere solo tra solidarietà €106 oppure contributo pieno €5.367 (il che, di fatto, lo costringe a optare per €106 se vuole restare iscritto). Un titolare di farmacia invece non può che pagare l’intero €5.367 ogni anno.
Contributo di iscrizione e altri oneri. Oltre ai contributi previdenziali/assistenziali esaminati, va ricordato che al momento della prima iscrizione all’Albo il farmacista versa anche una quota di iscrizione una tantum (€52 nel 2025) dovuta all’Ordine provinciale e in parte all’ENPAF. Tale quota non è dovuta da chi opta subito per il contributo di solidarietà (neoiscritti che versano solo solidarietà sono esentati dalla tassa di prima iscrizione). Inoltre, ogni anno il farmacista iscritto paga la quota di iscrizione all’Ordine provinciale (separata dall’ENPAF), che varia a seconda dell’Ordine locale. Quest’ultima è un importo solitamente modesto (50-150€) ma per completezza va menzionato: non pagarla può comportare provvedimenti disciplinari da parte dell’Ordine (fino alla sospensione), ma esula dal nostro tema focalizzato sui debiti ENPAF.
Mancato pagamento dei contributi: sanzioni, interessi e conseguenze
Obbligo annuale e mora. Il versamento dei contributi ENPAF avviene solitamente in modalità volontaria entro le scadenze fissate annualmente dall’Ente. In genere, l’ENPAF invia agli iscritti gli avvisi di pagamento PagoPA (via PEC o altro canale) con la ripartizione dell’importo annuale in tre rate aventi scadenza 30 giugno, 31 luglio e 31 agosto di ogni anno. L’iscritto può pagare in una soluzione unica o a rate entro tali termini. Chi versa solamente il contributo di solidarietà riceve in genere un solo avviso con scadenza unica (poiché l’importo è minimo). Il mancato pagamento entro le scadenze comporta l’applicazione di sanzioni per ritardato od omesso versamento, secondo quanto previsto dall’art. 2-bis del Regolamento ENPAF. In pratica si tratta di sanzioni civili e interessi di mora similari a quelli degli altri enti previdenziali: l’iscritto che non paga entro il 30 settembre (termine ultimo di tolleranza, oltre le rate) va incontro a:
- Interessi e sanzioni civili calcolati sull’importo dovuto. L’ENPAF applica sulle somme non versate una sanzione per omesso pagamento che, analogamente a INPS e altri, può consistere in una percentuale aggiuntiva (interesse di mora) per ogni giorno di ritardo, entro un massimale annuo. Il dettaglio della misura è nel Regolamento (spesso intorno al tasso legale o poco superiore, con eventuale tasso maggiorato in caso di omesso totale rispetto al tardivo parziale). Ad esempio, se un iscritto doveva €850 ridotti e non paga affatto per quell’anno, a fine anno scatterà una sanzione civile (che capitalizza su base giornaliera) aggiungendosi al debito.
- Perdita di agevolazioni: chi non ha pagato entro fine anno perde l’eventuale diritto alla riduzione o solidarietà per quell’anno, venendo iscritto a ruolo per la quota intera. In pratica, se si era chiesta una riduzione ma poi non si versa quanto dovuto (anche ridotto), l’ENPAF considera decaduto il beneficio e iscrive a ruolo il contributo intero annuale più le sanzioni. Ad esempio, un farmacista che aveva ottenuto la riduzione 85% (dovendo €850) ma non paga nulla, verrà poi chiamato a pagare l’intero €5.367 + interessi, a titolo di reintegro contributivo. Questo meccanismo è rilevante: la riduzione è condizionata al pagamento tempestivo; se non avviene, l’Ente reintegra d’ufficio all’aliquota intera.
- Comunicazione di irregolarità contributiva: L’ENPAF considera formalmente “irregolare” l’iscrizione di chi ha contributi non versati nei termini. A riguardo, l’Ente invia spesso una comunicazione ai soggetti inadempienti informandoli che la loro posizione risulta irregolare e che alcune prestazioni a loro favore sono sospese finché non regolarizzano. Ad esempio, come da circolare ENPAF 2021, la liquidazione di un particolare contributo 0,15% spettante agli iscritti (previsto dall’art. 17 D.P.R. 371/1998) è stata subordinata alla regolarità contributiva: chi non è in regola con tutti i versamenti degli ultimi 5 anni non riceve tale beneficio. Anche l’accesso alle coperture sanitarie integrative EMAPI, ai sussidi e borse di studio può essere negato finché si risulti morosi.
- Segnalazione all’Ordine professionale: L’ENPAF comunica periodicamente agli Ordini provinciali l’elenco degli iscritti che non risultano aver comunicato il proprio indirizzo PEC o che risultano irreperibili ai fini della riscossione spontanea. Questo può comportare interventi disciplinari da parte dell’Ordine (in teoria, l’obbligo di avere una PEC e di mantenere i doveri deontologici). Tuttavia, per il solo mancato pagamento ENPAF, l’Ordine non procede a sospensione disciplinare (non essendo una violazione deontologica ma un inadempimento verso un ente esterno). L’unica conseguenza diretta sull’Albo può aversi se il farmacista chiede la cancellazione: su questo vedi oltre.
- Iscrizione a ruolo per la riscossione forzata: l’ENPAF, decorso l’anno senza pagamento, trasmette il debito all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, ex Equitalia) per il recupero coattivo. Questo passaggio è cruciale e viene approfondito nella sezione successiva: di fatto, il mancato pagamento spontaneo porta alla notifica di una cartella esattoriale al debitore, preludio ad eventuali azioni esecutive (pignoramenti) se il debitore persiste nel non pagare.
Cancellazione dall’Albo per evitare contributi futuri. Un farmacista che non intende o non riesce a sostenere l’onere contributivo e prevede di non esercitare la professione per un certo periodo può valutare la cancellazione dall’Albo professionale, così da non essere più soggetto all’iscrizione ENPAF. È importante sapere che la cancellazione dev’essere tempestiva: per non dover pagare i contributi dell’anno successivo, occorre che la cancellazione sia deliberata dall’Ordine entro il 31 dicembre dell’anno in corso. Di solito gli Ordini chiedono di presentare domanda entro inizio dicembre affinché il Consiglio direttivo possa riunirsi e accoglierla entro fine anno. Ad esempio, chi volesse evitare i contributi 2025 avrebbe dovuto ottenere la cancellazione entro il 31/12/2024. La cancellazione presentata a gennaio 2025 comporterebbe comunque il dovuto dell’intero 2025. Pertanto, solo rinunciando all’iscrizione entro il 31/12 si è esonerati dal contributo per l’anno successivo. Questa regola – per quanto drastica – è l’unica via legale per non generare nuovi contributi a debito: nessuna sospensione temporanea dall’Albo è prevista (non esiste, ad esempio, il “congelamento” dell’iscrizione), o si è iscritti e si paga, oppure ci si cancella. Naturalmente la cancellazione comporta la perdita del diritto di esercizio della professione finché non ci si reiscrive; tuttavia, molti farmacisti non attivi preferiscono cancellarsi e poi eventualmente re-iscriversi in futuro quando torneranno a esercitare (pagando di nuovo quota di iscrizione ecc.). Vale la pena sottolineare che anche i farmacisti pensionati ENPAF, se restano iscritti all’Albo, devono continuare a pagare il contributo (sia pure ridotto): quindi un pensionato che volesse evitare del tutto ulteriori contributi dovrebbe anch’egli cancellarsi dall’Albo (rinunciando però a figurare come “farmacista” attivo).
Debiti pregressi e prescrizione interna ENPAF. L’ENPAF internamente adotta il principio generale per cui non pretende contributi oltre un certo limite temporale: la legge n. 335/1995 ha introdotto infatti una prescrizione quinquennale dei contributi previdenziali obbligatori (dopo 5 anni il diritto alla contribuzione si estingue). Ciò significa che l’ENPAF – come gli altri enti previdenziali privati – non potrebbe richiedere contributi arretrati oltre il quinquennio precedente, e parimenti l’iscritto non può versarli spontaneamente una volta prescritti. In pratica, eventuali annualità non pagate e non riscosse dall’Ente entro 5 anni cadono in prescrizione e l’ENPAF non può più pretendere il relativo importo (anzi, un pagamento tardivo sarebbe indebito e rimborsabile). Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, il concreto verificarsi della prescrizione dipende anche dalle azioni di riscossione compiute (ad es. la notifica di una cartella interrompe la prescrizione). Dal lato ENPAF, comunque, la politica dell’Ente è di non lasciar decorrere inutilmente gli anni: per questo già dopo un anno di mancato versamento, l’Ente invia a ruolo il contributo insoluto, in modo da interrompere i termini e mantenere vivo il credito. Inoltre, in attuazione della L. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023), l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha effettuato lo stralcio automatico dei debiti fino a €1.000 relativi a ruoli dal 2000 al 2015, che ha potuto includere anche eventuali cartelle ENPAF di piccolo importo di quegli anni: ad esempio, se un farmacista aveva un debito ENPAF del 2012 di €700 in cartella non pagata, questo nel 2023 è stato automaticamente annullato. Tali casi sono comunque marginali (la maggior parte dei contributi supera €1.000).
Riassumendo: se non si paga l’ENPAF spontaneamente, la posizione diventa irregolare, maturano interessi e sanzioni e soprattutto il debito verrà affidato all’agente di riscossione (con costi aggiuntivi di notifica e aggio). Dal momento della cartella esattoriale, il farmacista debitore dovrà valutare le possibili strategie di difesa, che analizziamo nel capitolo seguente. Se invece decide di regolarizzare spontaneamente, potrà farlo prima della cartella (pagando anche le sanzioni civili all’ENPAF) oppure dopo la cartella (pagando all’Agenzia Riscossione, eventualmente rateizzando). In ogni caso, ignorare a lungo il debito non è consigliabile: l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha il potere di avviare procedure esecutive (pignoramenti su conto corrente, stipendio, fermo di veicoli, ipoteche, ecc.) decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella, in assenza di pagamento o di provvedimenti di sospensione.
La riscossione coattiva: ruoli ENPAF, cartelle esattoriali e opposizioni
In questa sezione approfondiamo cosa succede quando i contributi ENPAF non vengono versati spontaneamente e il credito entra nella fase di riscossione coattiva a mezzo dell’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate–Riscossione). Vedremo come è strutturata la cartella di pagamento, quali importi comprende, su quali basi legali viene emessa, e quali strumenti ha il debitore per opporvisi in sede giudiziaria.
Iscrizione a ruolo e cartella di pagamento ENPAF. L’ENPAF è annoverato tra gli enti previdenziali che, in caso di mancato pagamento spontaneo, possono riscuotere i propri crediti tramite la procedura esattoriale disciplinata dal D.Lgs. 46/1999 (riscossione mediante ruolo dei crediti degli enti previdenziali). In pratica, l’Ente forma un ruolo (un elenco dei debiti dovuti dagli iscritti morosi) e lo affida all’Agente della Riscossione, il quale provvede a notificare ad ogni debitore una cartella esattoriale (detta anche cartella di pagamento) per l’importo dovuto. La cartella è quindi l’atto con cui la Agenzia Entrate Riscossione (AER) intima formalmente il pagamento, entro 60 giorni, della somma iscritta a ruolo, avvertendo che in difetto si procederà ad esecuzione forzata. La cartella ENPAF non differisce nella forma da quelle per tributi o altri contributi: reca un numero di ruolo, l’indicazione dell’ente creditore (ENPAF) e la causale (ad es. “Contributi ENPAF anno …”), oltre al dettaglio degli importi:
- Contributo dovuto per l’anno (o gli anni) in questione – spesso indicato come “contributo omesso anno X”.
- Sanzioni civili per omesso versamento – indicate spesso separatamente come “sanzioni” o “interessi” calcolati dall’Ente fino all’iscrizione a ruolo.
- Ulteriori annualità se nel frattempo è maturato anche il contributo dell’anno successivo: ad esempio, se non si è pagato il 2024, nel 2025 l’ENPAF iscrive a ruolo sia il 2024 non pagato sia il contributo 2025 appena decorso, in un’unica cartella. Ciò avviene tipicamente quando l’iscritto persiste nel non pagare: l’ENPAF cumula due (o più) anni in un’unica azione di recupero, per economicità.
- Compenso di riscossione e spese: la cartella addebita al debitore anche le spese di notifica e una percentuale (aggio) dovuta all’Agente della Riscossione per il servizio.
Esempio concreto: le circolari ENPAF 2024 indicano che gli iscritti che non hanno pagato il contributo 2024 tramite PagoPA riceveranno una cartella esattoriale contenente: a) il contributo 2024 non versato; b) le sanzioni civili per il ritardato pagamento; c) il contributo 2025 corrente. Il tutto rateizzabile di default in quattro rate trimestrali sulla cartella. Analogamente, i neoiscritti nel 2023 che non hanno pagato per difficoltà nei calcoli riceveranno un’unica cartella con i contributi 2023, 2024 e 2025 (senza sanzioni). In ogni caso, la notifica della cartella avviene tramite PEC (se l’iscritto ha un domicilio digitale registrato) oppure tramite messo notificatore/domicilio fisico se la PEC manca. L’ENPAF collabora con gli Ordini per ottenere gli indirizzi PEC e ha istruito di iscrivere a ruolo chi ne è privo.
Da quando la cartella è notificata, il debitore ha 60 giorni per pagare oppure per attivarsi in altro modo (ricorso, richiesta di rateazione, richiesta di sospensione). Trascorsi i 60 giorni senza pagamento né ricorso, la cartella diviene titolo esecutivo definitivo, che l’Agenzia può utilizzare per procedere a esecuzione forzata (pignoramenti, fermi, ipoteche, etc.) senza ulteriori avvisi (se non in alcuni casi un preavviso di 5 giorni prima del pignoramento).
Giurisdizione e mezzi di opposizione. La cartella di pagamento per contributi ENPAF, pur emessa dall’Agente della Riscossione, riguarda un credito di natura previdenziale; la legge (D.Lgs. 46/1999 art. 24) attribuisce le controversie su questi crediti alla giurisdizione del Giudice Ordinario – sezione Lavoro (Previdenza). Dunque, non ci si rivolge alle Commissioni Tributarie (che trattano solo tributi), bensì al Tribunale in funzione di giudice del lavoro competente per territorio. Generalmente la competenza è individuata nel Tribunale del luogo di residenza del debitore (come accade per l’INPS) oppure nel distretto dove ha sede l’ENPAF; in ogni caso, essendo la materia previdenziale, il rito applicabile è quello speciale lavoro/previdenza, caratterizzato da ricorso introduttivo (non citazione) e termini brevi.
Per contrastare una cartella esattoriale ENPAF, l’iscritto ha a disposizione essenzialmente due tipi di azioni legali (entrambe in sede di Tribunale lavoro):
- Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (in sede cognitoria speciale ex art. 24 D.Lgs. 46/99): è il ricorso con cui si contesta il merito del credito contributivo, cioè si afferma che in tutto o in parte il debito non è dovuto. Motivi tipici: prescrizione del credito; errata soggezione (es. si dimostra di non essere stati iscritti all’Albo in quell’anno, o di avere diritto a esenzione); difetto di obbligo (es. periodo coperto da altra cassa se mai previsto, anche se per ENPAF – come visto – l’obbligo vige comunque); errore di calcolo; illegittimità delle sanzioni; intervenuto pagamento (ad es. se si era pagato con ritardo direttamente all’ENPAF e ciononostante è partita la cartella). L’opposizione all’esecuzione riguarda dunque la sussistenza del diritto di credito dell’ENPAF.
- Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.: è l’azione con cui si contestano vizi formali o procedurali della cartella o del processo di iscrizione a ruolo. Ad esempio: la cartella non è stata notificata regolarmente; il ruolo è stato formato senza la previa notifica di un atto presupposto richiesto (nel caso dell’ENPAF, non c’è un obbligo di avviso bonario formale, diversamente da INPS, quindi questa eccezione in realtà non si pone spesso); la cartella manca degli elementi essenziali (intestazione, relata, indicazione del responsabile, etc.); la notifica è avvenuta oltre i termini di decadenza fissati dalla legge (per INPS vi sono termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo, ma per casse privatizzate come ENPAF bisogna valutare caso per caso se esistono); oppure ancora si può contestare l’omessa indicazione della data di iscrizione all’Albo (talvolta usata come motivo di nullità se la cartella non specifica gli estremi, anche se raramente accolto). L’opposizione agli atti mira quindi a far dichiarare nullo/annullabile l’atto di cartella, indipendentemente dalla fondatezza del credito.
Entrambe le opposizioni, in materia previdenziale, si propongono con ricorso al Tribunale – sezione lavoro. Il termine per proporre ricorso è di 40 giorni dalla notifica della cartella. Questo termine, previsto dall’art. 24 co.5 D.Lgs. 46/99, è perentorio (ossia decadenziale): significa che, se il debitore non ricorre entro 40 giorni, decade dalla possibilità di impugnare la cartella e il credito diviene incontrovertibile. In altri termini, dopo 40 giorni la cartella diventa definitiva sul piano amministrativo: non potrà più essere contestata nei suoi aspetti sostanziali né formali (salvo eccezioni limitate, v. infra). La perentorietà serve a dare certezza alla posizione finanziaria dell’ente.
È fondamentale per il farmacista debitore rispettare questo termine di 40 giorni se intende fare opposizione: il ricorso va depositato in Tribunale entro 40 giorni dalla data di notifica (o dalla data in cui ha avuto conoscenza effettiva, se la notifica è viziata – caso di opposizione tardiva possibile ex art. 24 co.6 D.Lgs. 46/99). Il Tribunale fisserà poi un’udienza di comparizione e tratterà la causa in tempi di solito abbastanza rapidi (essendo materia previdenziale, ha priorità). Nel ricorso il debitore può anche chiedere la sospensione dell’esecuzione, ossia che il giudice blocchi provvisoriamente la riscossione in attesa della decisione (soprattutto se l’Agenzia stesse avviando pignoramenti).
Eccezione di prescrizione del credito. Una delle difese più efficaci in sede di opposizione è la prescrizione del credito contributivo. Come accennato, i contributi ENPAF si prescrivono in 5 anni (art. 3 commi 9-10 L. 335/1995). Se quindi la cartella viene notificata richiedendo contributi relativi a oltre 5 anni prima, il debitore può eccepire che detti crediti sono prescritti. Attenzione: la notifica stessa della cartella interrompe la prescrizione. Ciò che conta è verificare se dal momento in cui il credito era esigibile (1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento) fino alla data di notifica della cartella siano trascorsi più di 5 anni senza atti interruttivi. Spesso l’ENPAF emette la cartella entro 1-2 anni, per cui la prescrizione non è maturata. Ma vi sono casi in cui, per disguidi, la cartella arriva tardivamente: ad esempio contributo 2017 esigibile dal 01/01/2018, se la cartella è stata notificata dopo il 31/12/2022, il credito 2017 è già prescritto (salvo atti intermedi di messa in mora).
La Corte di Cassazione – con un importante principio di diritto confermato a Sezioni Unite – ha stabilito che la mancata impugnazione della cartella non “trasforma” la prescrizione breve quinquennale in quella ordinaria decennale. In altre parole, per i contributi previdenziali (come ENPAF), il fatto che la cartella non sia stata opposta entro 40 giorni la rende irretrattabile sul piano del merito (non si può più contestare l’esistenza del credito), ma il termine di prescrizione resta di 5 anni e non diventa automaticamente di 10 anni come accadrebbe per un titolo giudiziario ex art. 2953 c.c.. Ciò significa che, se dopo la notifica della cartella l’Agente della Riscossione non compie atti esecutivi entro 5 anni, il debito comunque si estingue per prescrizione. Il giudice deve rilevare d’ufficio tale prescrizione sopravvenuta, essendo in materia previdenziale di ordine pubblico. Ad esempio, in un caso concreto la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato estinți per prescrizione i crediti ENPAF che, pur iscritti a ruolo, non erano stati fatti valere esecutivamente entro 5 anni. La Cassazione, confermando ciò, ha ribadito che il termine resta quinquennale e non si converte in decennale neppure se la cartella è divenuta definitiva.
Nota: La differenza tra decadenza dell’opposizione (40 giorni) e prescrizione del credito (5 anni) può creare situazioni in cui il farmacista non ha impugnato la cartella nei 40 giorni (magari perché non informato o scoraggiato) ma successivamente, a distanza di oltre 5 anni, l’Agenzia cerca di pignorare. Ebbene, in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. si potrà far valere la prescrizione sopravvenuta, anche se la cartella non fu contestata a tempo debito. È uno degli ultimi baluardi di difesa: il giudice può dichiarare non più esigibile il credito perché l’azione esecutiva è iniziata troppo tardi. Naturalmente il consiglio è di muoversi prima e far valere ogni eccezione già entro i 40 giorni, ma sapere che la prescrizione quinquennale continua a operare è fondamentale.
Altri motivi di opposizione al merito. Oltre alla prescrizione, il debitore può contestare:
- Difetto dell’obbligo contributivo: casi rari, ma ad esempio se l’ENPAF chiedesse contributi per un periodo in cui la persona non era iscritta all’Albo. Può accadere per errori, es. un farmacista cancellato a dicembre risulta erroneamente iscritto l’anno dopo: egli potrà documentare la cancellazione deliberata prima del 31/12 e quindi eccepire di non essere obbligato per quell’anno (in tal caso la cartella sarebbe illegittima).
- Diritto alla riduzione non concesso: se il farmacista aveva i requisiti per la riduzione e magari l’aveva anche richiesta nei termini, ma l’ENPAF per errore non l’ha applicata ed ha iscritto a ruolo l’importo intero. In giudizio si potrebbe far valere la spettanza della riduzione e chiedere quindi di rideterminare il dovuto. Attenzione però: se la riduzione non fu richiesta nei termini dall’iscritto, è difficile farla valere dopo; le norme parlano di decadenza dal beneficio se non richiesto. Qualche giudice ha mostrato un certo favor verso il contribuente in buona fede, ma è incerto. Conviene sempre presentare la domanda di riduzione puntualmente per evitare di perdere il diritto.
- Errore di calcolo/importo: verificare sempre che la cartella riporti l’importo corretto. Ad esempio, se si era parzialmente pagato qualcosa e non è stato scalato, oppure se le sanzioni sono state calcolate in misura superiore al dovuto normativamente. Questi errori possono essere corretti sia dall’Agenzia in autotutela sia, se contestati, dal giudice.
- Intervenuto pagamento: se il farmacista, dopo aver ricevuto la cartella, ha pagato integralmente, può opporsi all’esecuzione qualora l’Agenzia erroneamente proceda ancora. Oppure se ha pagato direttamente all’ENPAF prima dell’iscrizione a ruolo ma l’ente non ne ha tenuto conto: in giudizio si potrà dimostrare l’avvenuto pagamento e ottenere l’annullamento della cartella (o la declaratoria che nulla più è dovuto).
- Inesigibilità per condono: qualora il debito sia stato oggetto di una definizione agevolata (es. rottamazione delle cartelle) o un provvedimento di annullamento automatico (stralcio) previsto per legge, il debitore può far valere tale circostanza. Ad esempio, se la cartella rientrava nel condono “saldo e stralcio” o nella rottamazione 2023 a cui il contribuente ha aderito e sta versando le rate, l’Agenzia non dovrebbe procedere all’esecuzione. In caso contrario, l’interessato può opporre l’avvenuta adesione e ottenere la sospensione.
Vizi formali e procedurali. Tra le contestazioni di forma più frequenti troviamo:
- Notifica irregolare o nulla: se la cartella non è stata notificata secondo le prescrizioni (es. consegnata a persona non abilitata, indirizzo errato, mancato invio di PEC se l’indirizzo era noto, etc.), il debitore può eccepirlo. Una notifica nulla rende la cartella inefficace finché non viene rinnovata correttamente. Attenzione: la notifica mancata (mai avvenuta) consente un’opposizione oltre i 40 giorni, ma va dimostrata l’assenza di notifica (difficile se l’Agenzia esibisce una relata di deposito). La notifica inesistente o nulla deve essere fatta valere con opposizione entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto (in caso di atti esecutivi), ma essendo la cartella atto pre-esecutivo, molti giudici applicano comunque il termine di 40 giorni unico dal momento in cui se ne ha contezza.
- Cartella carente di motivazione o requisiti: la legge impone che la cartella indichi la causale del debito, l’anno di riferimento e la base normativa. Se – ipotesi remota – la cartella ENPAF fosse del tutto generica (es. “Ruolo 2025” senza spiegare che sono contributi ENPAF anno X), si potrebbe contestare la carenza di motivazione. In pratica però le cartelle ENPAF solitamente specificano “Contributi previdenziali ENPAF anno …” e sono quindi adeguate. Anche la mancata indicazione del responsabile del procedimento è un vizio che ha portato in passato ad annullamenti di cartelle, ma la giurisprudenza più recente tende a richiedere un concreto pregiudizio per il contribuente per accogliere tale eccezione.
- Decadenza nella formazione del ruolo: alcune normative prevedono che l’ente previdenziale formi il ruolo entro termini prefissati dall’anno di riferimento. Ad esempio, per l’INPS vige il termine perentorio del 31 dicembre dell’anno successivo per iscrivere a ruolo contributi non versati (pena decadenza). Per l’ENPAF, in quanto cassa privatizzata, tale termine di decadenza non è espressamente previsto dalla legge, quindi non è facilmente invocabile. Tuttavia, se l’ENPAF tardasse irragionevolmente (es. iscrivesse a ruolo contributi di 10 anni prima), si cercherebbe di far valere la decadenza in analogia alla L.335/95, ma con scarse chance se i 5 anni di prescrizione non sono ancora trascorsi (di fatto, decadenza e prescrizione in questo contesto tendono a coincidere nel quinquennio). Finora non si registrano pronunce specifiche sulla decadenza ruoli ENPAF – l’ente è abbastanza tempestivo nell’emissione ruoli, come visto.
Esito delle opposizioni. Se l’opposizione viene accolta, il giudice annulla in tutto o in parte la cartella impugnata. Ciò può significare che l’iscritto non deve nulla (es. se accolta la prescrizione per tutti gli anni) oppure che deve solo una parte (es. riconosciuto diritto a riduzione, quindi si deve ricalcolare il dovuto). La sentenza, una volta passata in giudicato, vincola l’ENPAF e l’Agente: in caso di annullamento totale, il debito è eliminato; in caso di annullamento parziale, l’ENPAF dovrà ridurre l’importo e, se il contribuente aveva già pagato di più, rimborsargli l’eccedenza. Si noti infatti che il pagamento effettuato dopo il maturare della prescrizione è considerato indebito e rimborsabile.
Se invece l’opposizione viene rigettata, la cartella resta valida e l’Agente potrà procedere con la riscossione integrale. Il soccombente (farmacista) potrebbe eventualmente appellare la sentenza sfavorevole in Corte d’Appello (se ne ricorrono i motivi di diritto), ma nel frattempo la pendenza non sospende l’esecuzione salvo diversa statuizione.
Costi e benefici della causa. Prima di intraprendere un’opposizione, soprattutto per motivi formali o di legittimità sostanziale ormai cristallizzata (doppio contributo), è bene valutare costo e convenienza. Il ricorso al Tribunale lavoro non richiede il pagamento di contributo unificato (è esente per materia previdenziale sotto certi valori di importo), ma comporta spese legali (solitamente serve assistenza di un avvocato, trattandosi di materia tecnica). Se l’importo in contestazione è modesto, e non ci sono prescrizioni o errori evidenti da far valere, può essere più conveniente ricorrere a soluzioni stragiudiziali (es. rateazione o definizione agevolata) di cui diremo appresso. Se invece la cartella è di importo elevato o presenta chiari profili di illegittimità (es. comprende anni prescritti, o l’iscritto era cancellato, ecc.), allora l’opposizione è fortemente consigliata per evitare di pagare somme non dovute. Ricordiamo anche che, in caso di esito positivo, il giudice può condannare l’ENPAF o l’Agenzia alla rifusione delle spese legali sostenute dal ricorrente.
Difese del tutto precluse. Concludiamo questo capitolo ribadendo un punto: non è una difesa proponibile quella di contestare in giudizio “in via generale” la legittimità dell’obbligo contributivo invocando equità o incostituzionalità (salvo si voglia tentare un ricorso per sollevare questione di costituzionalità, che però – come visto – ha scarse probabilità essendo già stata affrontata da vari tribunali). Il giudice del lavoro non potrebbe disapplicare la legge del 1946 né lo Statuto ENPAF: quindi un ricorso fondato solo sull’asserita ingiustizia del doppio pagamento verrebbe rigettato. È necessario invece appigliarsi ad argomentazioni tecniche come quelle esposte (prescrizioni, errori, difetti di forma, ecc.), che il giudice può valutare concretamente. In sintesi: la battaglia politica per abolire l’ENPAF obbligatorio è diversa dalla battaglia legale per non pagare una cartella esattoriale – quest’ultima va combattuta con gli strumenti del diritto vigente.
Strategie stragiudiziali per gestire o ridurre il debito ENPAF
Oltre alle opposizioni giudiziali, il farmacista indebitato con l’ENPAF ha a disposizione alcune soluzioni stragiudiziali o comunque alternative al processo per far fronte ai debiti. Queste strategie possono consentire di diluire, ridurre o estinguere il debito in modo concordato o per effetto di disposizioni di legge speciali. Vediamole in dettaglio.
1. Rateazione del debito con l’Agente della Riscossione. Una volta ricevuta la cartella (o anche dopo l’inizio di procedure esecutive), il debitore può chiedere all’Agenzia Entrate Riscossione una rateizzazione del carico. La normativa vigente (D.Lgs. 112/1999 e succ. mod.) prevede che per importi fino a €120.000 la rateazione venga concessa a semplice richiesta fino a 72 rate mensili (6 anni), mentre per importi superiori occorre documentare una temporanea situazione di difficoltà economica, potendo accedere a piani fino a 120 rate (10 anni) in caso di comprovata grave situazione. La domanda di rateazione sospende le azioni esecutive nel frattempo. Nel contesto ENPAF, spesso le cartelle sono di qualche migliaio di euro – importi gestibili in 72 rate (ad es. €5.000 in 72 rate da ~€70 mensili). La rateazione non riduce l’importo dovuto (vanno pagati anche gli interessi di dilazione) ma evita l’aggredibilità immediata del patrimonio e consente di spalmare l’esborso. Nota: se si è presentato ricorso giudiziale, chiedere la rateazione non implica rinuncia automatica al ricorso, purché si precisi che la rateazione è chiesta in via di autotutela e senza acquiescenza sul merito. Bisogna però fare attenzione: secondo una giurisprudenza, la domanda di rateazione può costituire riconoscimento del debito e dunque rinuncia alla prescrizione maturata. La Cassazione ha distinto: se la richiesta avviene quando il debito è ancora non prescritto, interrompe la prescrizione per la parte non prescritta; se avviene dopo la prescrizione già maturata, non la fa rivivere (il debitore non può “rinunciare” a una prescrizione già compiuta). In pratica, chiedere la dilazione conviene farlo prima che maturino 5 anni dalla scadenza, per non trovarsi poi nell’impossibilità di eccepire prescrizioni pregresse (anche se, come visto, la prescrizione maturata è rilevabile d’ufficio, ma meglio evitare di dare segnali di rinuncia). In ogni caso, la mancata puntualità nel pagamento delle rate comporta decadenza dal beneficio e ripresa delle azioni esecutive, quindi se si opta per questa via bisogna rispettare il piano.
2. Definizione agevolata (“rottamazione” delle cartelle). Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure di condono parziale dei debiti esattoriali, note come rottamazione delle cartelle. Tali misure generalmente includono anche i contributi previdenziali iscritti a ruolo (salvo esclusioni specifiche). Ad esempio, con la rottamazione-quater 2023 (art. 1 L. 197/2022) il debitore poteva chiedere di definire i ruoli 2000-30/6/2022 pagando solo l’importo residuo dovuto senza sanzioni né interessi di mora (e con dilazione fino a 18 rate in 5 anni). Un farmacista con cartelle ENPAF pendenti in quella finestra temporale poteva aderire, ottenendo l’azzeramento delle sanzioni civili e degli interessi di mora e pagando quindi solo i contributi originari (magari già ridotti). I termini per aderire a tale definizione agevolata sono scaduti (30 giugno 2023), ma nuove edizioni di rottamazioni potrebbero essere varate in futuro, dato che sono strumenti utilizzati di frequente dal governo per alleggerire il carico fiscale/previdenziale pregresso. Conviene dunque tenersi informati: se c’è in corso una rottamazione, valutare l’adesione può essere molto conveniente. Attenzione: aderire alla definizione agevolata implica rinunciare ai ricorsi pendenti sul medesimo debito, perché si accetta il debito (sia pur decurtato) e lo si paga. Pertanto, se si ha una causa in corso, occorrerà conciliare la scelta (eventualmente rinunciando al giudizio se la rottamazione risulta più favorevole o più sicura dell’esito incerto in tribunale). Nel 2023 è stato anche previsto l’annullamento automatico dei debiti minori (stralcio fino a €1.000): come detto, questo potrebbe aver giovato ad alcuni farmacisti con vecchi residui sotto soglia. È meno probabile che un condono futuro ripeta lo stralcio automatico, ma se così fosse, bisognerà verificare l’importo delle proprie cartelle per capire se rientrano.
3. Transazione o accordi con l’ENPAF. A differenza di altri crediti commerciali, i contributi previdenziali non sono liberamente negoziabili tra debitore e ente creditore, in quanto soggetti a principi di indisponibilità (la legge impone di riscuoterli integralmente, salvo appunto previsioni di legge come le rottamazioni). Pertanto, non è possibile di regola andare dall’ENPAF e chiedere uno “sconto” o una transazione extragiudiziale sui contributi dovuti: l’ENPAF non ha il potere di rinunciare a parte del credito o condonare sanzioni al di fuori delle procedure previste dalla legge. L’unica forma di “concessione” che l’ENPAF poteva autonomamente dare era la rateazione interna del debito prima di mandarlo a ruolo, ma oggi preferisce utilizzare la rateazione tramite Agenzia Entrate Riscossione che abbiamo visto al punto 1. Ciò significa che tentare un accordo stragiudiziale diretto con l’ENPAF raramente porterà a riduzioni del dovuto. L’Ente potrebbe al più suggerire di chiedere rate, o segnalare la possibilità di condoni se attivi.
4. Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Il farmacista che si trovasse in una situazione di grave indebitamento complessivo (non solo verso ENPAF, ma anche verso banche, fisco, ecc.), tale da non riuscire verosimilmente a pagare, potrebbe valutare il ricorso alle procedure di cui al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.), dedicate anche ai debitori civili non fallibili (persone fisiche consumatrici o professionisti). In particolare, uno studio professionale individuale o un lavoratore autonomo rientra tra i soggetti che possono accedere a:
- un Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore o del professionista, oppure
- una Liquidazione controllata del patrimonio,
- o, se privo di qualunque capacità di rimborso, all’esdebitazione del debitore incapiente (cd. esdebitazione del nullatenente).
Queste procedure – da attivarsi presso il Tribunale competente con l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – consentono di trattare tutti i debiti, inclusi quelli previdenziali, in un unico contesto. Ad esempio, il farmacista potrebbe presentare un piano in cui si impegna a pagare, con i suoi beni o redditi futuri, una certa percentuale ai vari creditori (compreso ENPAF) e chiede che la restante parte venga esdebitata (cancellata). I crediti contributivi possono essere falcidiati in questi piani, previo parere del giudice e dell’eventuale voto dei creditori (nel piano del consumatore il giudice può prescindere dall’accordo dei creditori se ritiene equo il piano). Va però considerato che l’ENPAF, essendo ente previdenziale, spesso richiede la regolarità contributiva per erogare pensioni e benefici: dunque un’esdebitazione del contributo può avere conseguenze sulla posizione previdenziale (anni non coperti, pensione ridotta). In ogni caso, la procedura di sovraindebitamento è un strumento di ultima istanza, da valutare quando il debito ENPAF si inserisce in una crisi economica personale più ampia. Essa richiede costi e tempi (nominare un OCC, predisporre documenti, pagare spese di procedura) e non va attivata per importi modesti e isolati. Se però il farmacista ha, poniamo, decine di migliaia di euro di debiti tra ENPAF, cartelle fiscali e prestiti, allora tramite questa via potrebbe ottenere un fresh start – ad esempio liquidando i propri (pochi) beni e ottenendo la cancellazione dei debiti residui. Sottolineiamo che tali procedure implicano la cessazione dell’attività (nel caso di liquidazione) e possono comportare la cancellazione dall’Albo se non si può più esercitare. Quindi, vanno intraprese con piena consapevolezza e con il supporto di professionisti esperti in crisi da sovraindebitamento.
5. Cancellazione dall’Albo (rinuncia prospettica). L’abbiamo già trattata sopra, ma la ricordiamo come strategia preventiva: se un iscritto prevede di non poter pagare i contributi futuri, la scelta di rinunciare all’iscrizione almeno interrompe l’accumulo di nuovo debito. Certo, non risolve i debiti già maturati (che restano dovuti), ma evita di aggravare la propria esposizione. Spesso, infatti, il farmacista disoccupato o all’estero trascura i contributi per anni, accumulando cartelle su cartelle; se invece avesse optato per la cancellazione subito, avrebbe limitato il danno al primo anno non pagato. Nulla vieta di re-iscriversi in seguito quando si sarà nelle condizioni di pagare (magari avendo trovato lavoro e potendo almeno permettersi la riduzione o la solidarietà). La cancellazione è un rimedio drastico perché sospende la possibilità di lavorare legalmente come farmacista in Italia, ma a volte è l’unica via per non indebitarsi ulteriormente in periodi di inattività.
6. Regolarizzazione tardiva diretta con ENPAF (prima del ruolo). Se l’iscritto si accorge di non aver pagato e vuole evitare la cartella, può provare a contattare direttamente l’ENPAF finché il debito è ancora interno (non passato ad AER) e chiedere di poter versare con una mora minima. L’ENPAF in genere invia un sollecito informale via PEC prima di formare il ruolo: se si paga in quella finestra (magari anche con qualche giorno di ritardo oltre agosto), si evita il ruolo e si pagano solo le sanzioni civili maturate all’ENPAF. Questa è più una tattica di buon senso che una procedura formalizzata: essenzialmente, se siete in ritardo di qualche mese, meglio pagare subito all’ENPAF (chiedendo i bollettini aggiornati) piuttosto che attendere la cartella. Una volta che il ruolo è emesso, infatti, anche pagando all’ENPAF direttamente, la cartella non si ferma: bisognerà comunque chiuderla tramite Agente Riscossione (in tali casi di doppio pagamento, si incorre in complicazioni di rimborso).
7. Mantenersi in regola per benefici futuri. Infine, ricordiamo una “strategia” indiretta: l’ENPAF tende a premiare gli iscritti regolari con tutta una serie di benefici assistenziali (come citato: contributi per figli, coperture sanitarie, indennità in caso di calamità, contributo per farmacie rurali, ecc.). Molti di questi contributi extra vengono negati a chi non è in regola con i pagamenti. Dunque, un farmacista che preveda di aver bisogno di tali aiuti (es. contributo maternità facoltativa, rimborso asilo nido, contributo per acquisto farmacia rurale, ecc.) dovrebbe fare il possibile per sanare la propria posizione prima di presentare domanda di beneficio. L’ENPAF infatti, come visto, blocca il contributo 0,15% a chi ha omissioni contributive recenti; analogamente, altri bonus potrebbero essere sospesi. Essere consapevoli di questo può incidere sulla decisione: ad esempio, se stiamo considerando se cancellarci o meno dall’Albo, teniamo presente che da cancellati non avremo più diritto ad alcun sussidio ENPAF; se invece restiamo dentro pagando almeno la solidarietà, potremo chiedere (in caso di bisogno) i sussidi di disoccupazione speciale ENPAF o altri interventi assistenziali (ad esempio l’ENPAF durante il Covid ha erogato contributi straordinari agli iscritti in difficoltà). Insomma, il valore dell’iscrizione ENPAF non è solo nella futura pensione, ma anche nel welfare immediato: l’iscritto in regola può godere di polizze LTC, infortuni e vita pagate dall’Ente, mentre il moroso no. Questa considerazione esula dalla difesa strettamente legale, ma rientra nelle valutazioni che un farmacista dovrebbe fare nel decidere come comportarsi verso l’ENPAF.
Domande frequenti (FAQ) dal punto di vista del debitore ENPAF
D: Sono un farmacista dipendente (assunto in una farmacia comunale). Perché devo pagare anche l’ENPAF?
R: Perché la legge lo prevede espressamente. L’iscrizione all’Albo professionale comporta automaticamente l’iscrizione all’ENPAF (art. 21 D.Lgs.C.P.S. 233/1946) e tutti gli iscritti devono versare il contributo previdenziale di categoria. Non importa se già versi contributi INPS come dipendente: per il solo fatto di essere farmacista iscritto all’Ordine, sei tenuto a contribuire anche all’ENPAF. Questa doppia contribuzione serve a finanziare la previdenza privata dei farmacisti (che ti darà diritto, teoricamente, a una seconda pensione ENPAF aggiuntiva all’INPS) e l’assistenza di categoria. Tribunali e Corte Costituzionale hanno confermato che è legittimo questo obbligo aggiuntivo, quindi attualmente non ci sono esenzioni totali per i dipendenti. Puoi però ridurre l’importo da pagare (vedi prossima domanda).
D: Posso evitare di pagare l’importo intero? Sono dipendente e pago già l’INPS, non voglio pagare migliaia di euro all’ENPAF.
R: Sì, puoi chiedere la riduzione contributiva. Nel tuo caso, da dipendente, hai diritto a ridurre la quota previdenziale ENPAF del 85%, 50% o 33%, a scelta. La maggior parte dei dipendenti sceglie la riduzione massima (85%), pagando così solo il 15% dell’importo intero. Ad esempio, nel 2025 invece di circa €5.367 pagheresti circa €850. In alternativa, dal 2014 è stato introdotto il contributo di solidarietà: se preferisci, puoi versare solo una quota minima (3%), però sappi che in tal caso non maturi pensione ENPAF. La quota minima per un occupato era €212 per il 2025. Quindi hai queste due opzioni:
- Riduzione 85%: paga il 15% e continua ad accumulare qualche anno contributivo.
- Solidarietà 3%: paga quasi nulla ma rinunci alla pensione ENPAF.
Per ottenerle devi presentare domanda all’ENPAF ogni anno (di solito entro il 30 settembre dell’anno precedente, o comunque secondo le scadenze). Se dimentichi di chiedere la riduzione, l’anno dopo ti addebitano la quota intera senza sconti. Inoltre, se perdi lo status di dipendente (es. ti licenzi), devi comunicarlo all’ENPAF perché potresti perdere il diritto alla riduzione dal momento in cui non sei più coperto da INPS.
D: Sono disoccupato, devo pagare lo stesso?
R: Purtroppo sì, la normativa prevede che anche i farmacisti disoccupati (se restano iscritti all’Albo) paghino un contributo. Ovviamente non sarai tenuto alla quota intera, potrai beneficiare di agevolazioni: se disoccupato involontario iscritto al Centro Impiego hai diritto alla riduzione (fino all’85%) per un massimo di 5 anni. In pratica per 5 anni paghi solo il 15% circa (poco meno di €850 l’anno in questo periodo). Se però la disoccupazione purtroppo perdura oltre 5 anni, l’ENPAF non concede ulteriori riduzioni standard; a quel punto potrai optare per il contributo di solidarietà all’1%, che è ancora più basso – circa €100 l’anno – ma con ciò rinunci ad accumulare pensione. Quindi, da disoccupato, hai l’obbligo di versare qualcosa, ma limitato: prova a sfruttare la riduzione massima e poi il contributo minimo. Se invece non versi nulla, l’ENPAF ti manderà comunque la cartella esattoriale col contributo dovuto e relative sanzioni.
D: Posso evitare di pagare cancellandomi dall’Albo?
R: Sì. Se ti cancelli dall’Ordine dei farmacisti, cessa anche l’obbligo di contribuzione ENPAF per il futuro. Tuttavia fai attenzione: per non dover pagare il contributo di un certo anno, devi risultare cancellato entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Ad esempio, per non pagare l’anno 2024 avresti dovuto cancellarti entro fine 2023. Se ti cancelli a metà anno, comunque l’anno in corso lo devi pagare per intero. Dunque programmati: se prevedi di non voler più mantenere l’iscrizione, presenta domanda di cancellazione in tempo utile (generalmente gli Ordini richiedono di farla entro inizio dicembre per deliberarla entro fine anno). Naturalmente, una volta cancellato non potrai esercitare la professione (né come dipendente né come titolare o sostituto). Molti farmacisti non più attivi scelgono di cancellarsi per non pagare, e potranno sempre re-iscriversi pagando le relative tasse se in futuro torneranno al lavoro. Ricorda che la cancellazione ti fa anche perdere l’anzianità contributiva ENPAF maturata a fini pensionistici, a meno che tu non riscatti poi quel periodo (ma l’ENPAF non permette ricongiunzione volontaria dopo, e comunque se sei cancellato non versi affatto). Quindi valuta bene: se hai già tanti anni di contributi versati e sei vicino magari a una pensione ENPAF minima, cancellarti ti farebbe perdere la possibilità di raggiungerla. Se invece hai pochi anni e non intendi far carriera come farmacista, può essere una scelta sensata per risparmiare.
D: Ho ricevuto una cartella esattoriale dall’Agenzia Entrate Riscossione per contributi ENPAF non pagati. Cosa devo fare?
R: La cartella esattoriale è un atto della riscossione coattiva. Non ignorarla. Hai 60 giorni dalla notifica per decidere come reagire. Hai alcune opzioni:
- Pagare integralmente quanto richiesto, se riconosci il debito e vuoi evitare ulteriori problemi. Puoi pagare in unica soluzione o chiedere all’Agente una rateizzazione (fino a 72 rate standard, o più rate se il debito è alto). La rateazione puoi ottenerla facilmente presentando domanda all’Agenzia entro i 60 giorni (ma anche dopo è possibile, purché prima di eventuali pignoramenti).
- Controllare la cartella: verifica quali anni e importi ti chiedono. Potrebbero esserci errori o importi non dovuti (ad es. anni prescritti, vedi oltre). Se individui che una parte del debito non è legittima, puoi presentare un ricorso giudiziale (opposizione) in Tribunale entro 40 giorni.
- Presentare ricorso (opposizione): se ritieni di avere motivi validi per contestare il debito (ad es. perché hai diritto a riduzione ma non l’hanno considerata; oppure perché il debito è prescritto; o ancora perché non eri tenuto a contributo in quell’anno), allora devi fare ricorso entro 40 giorni dalla notifica. Il ricorso va presentato al Tribunale – sezione Lavoro competente. Puoi rivolgerti a un avvocato per impostare l’opposizione. Nel ricorso potrai chiedere anche la sospensione immediata della cartella in attesa del giudizio. Se vinci la causa, la cartella viene annullata (in tutto o parte).
- Verificare prescrizione: i contributi ENPAF si prescrivono in 5 anni. Controlla la data degli anni richiesti: se, ad esempio, ti chiedono contributo 2016 e la cartella ti è arrivata nel 2023, quel credito potrebbe essere prescritto (oltre 5 anni dal 1/1/2017 al 2023). La prescrizione è una difesa molto comune e spesso vincente. Va però eccepita in giudizio, non viene riconosciuta automaticamente dall’Agenzia (che anzi iscrive comunque a ruolo, starà poi al giudice decidere).
- Controllare notifica: assicurati di aver ricevuto la cartella regolarmente (PEC o raccomandata). Se per caso l’hai scoperta da un estratto di ruolo e non ti è mai stata notificata correttamente, potresti fare un’opposizione agli atti esecutivi per notifica nulla, anche oltre i 40 giorni (ma è materia complessa, qui serve avvocato).
In sintesi, agisci in uno di questi modi entro i termini: se lasci passare 60 giorni senza fare nulla, la cartella diventa definitiva ed esecutiva.
D: Cosa succede se non pago la cartella?
R: Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza pagamento (né ricorso né rateazione), l’Agente della Riscossione può iniziare le azioni esecutive per riscuotere coattivamente. Le principali sono:
- Fermo amministrativo su un tuo veicolo: l’Agenzia iscrive un fermo al PRA che ti impedisce di utilizzare e vendere l’auto/moto.
- Pignoramento del conto corrente: l’Agenzia può ordinare alla tua banca di congelare le somme sul tuo conto fino a concorrenza del debito e successivamente prelevarle.
- Pignoramento dello stipendio/pensione: se sei dipendente o pensionato e non hai saldato, può notificare un atto al tuo datore di lavoro/INPS chiedendo di trattenere un quinto dello stipendio o pensione ogni mese.
- Ipoteca su immobili: per debiti sopra €20.000, l’Agenzia può iscrivere ipoteca sulla tua casa o terreno, a garanzia del credito (e in casi estremi procedere a esproprio).
- Pignoramento immobiliare: per debiti molto elevati (sopra €120.000) può procedere anche a esecuzione immobiliare se hai immobili di proprietà.
- Pignoramento presso terzi: crediti verso terzi (ad es. crediti professionali) potrebbero essere aggrediti.
L’Agenzia in genere invia un preavviso di esecuzione (intimazione) qualche giorno prima di pignorare, ma non è obbligata a farlo per legge se la cartella è già scaduta. Nel caso di contributi previdenziali, spesso procede in modo analogo ai tributi. Quindi, se non puoi pagare subito la cartella, attiva almeno una rateazione: con quella le azioni esecutive sono sospese finché rispetti le rate. Altrimenti preparati a possibili misure coattive. È bene sottolineare che l’Agente ha 1 anno di tempo dalla notifica per iniziare le esecuzioni (se non lo fa entro 1 anno, deve prima inviarti una nuova intimazione di pagamento e poi procedere). In ogni caso, ignorare non fa sparire il debito, anzi peggiora la situazione con costi aggiuntivi e disagi (es. conto bloccato). Meglio affrontare per tempo la cartella con le opzioni di cui sopra.
D: Ho scoperto di avere contributi ENPAF non pagati 7-8 anni fa, ma finora non ho ricevuto cartelle. Posso stare tranquillo o quei debiti torneranno fuori?
R: Se davvero sono passati più di 5 anni e l’ENPAF non ti ha mai notificato alcuna richiesta formale (né cartella né ingiunzione), quei crediti dovrebbero essere prescritti. In teoria l’ENPAF non potrebbe più riscuoterli (anzi, non potresti neanche pagarli volontariamente, perché la legge vieta i pagamenti di contributi prescritti). Tuttavia, è strano che l’ENPAF non abbia attivato la riscossione per 7-8 anni: potrebbe darsi che qualcosa ti sia stato notificato ma non ne hai avuta conoscenza (ad es. una cartella inviata a un vecchio indirizzo PEC). Ti consiglio di fare una verifica, ad esempio richiedendo un estratto di ruolo all’Agenzia Entrate Riscossione sul tuo codice fiscale: lì vedrai se risultano carichi pendenti di quegli anni. Se non risulta nulla, probabilmente sei salvo per prescrizione. Se invece c’è una cartella emessa magari 4 anni fa e mai arrivata a te, attenzione perché quella interrompe la prescrizione e potrebbe riesplodere (in tal caso però potresti contestare la notifica nulla). In generale: dopo 5 anni senza atti, il debito contributivo è inesigibile. Quindi se sei certo che nulla ti è stato notificato, puoi stare relativamente tranquillo. Puoi anche far valere formalmente la prescrizione scrivendo all’ENPAF, ma spesso non ce n’è bisogno; basta che se mai dovessero cercare di farti pagare, tu eccepisca la prescrizione in sede opportuna (ricorso al giudice).
D: Ho un debito ENPAF molto alto (diverse annualità). Non ho beni né redditi adeguati, realisticamente non riuscirò mai a pagarlo tutto. Cosa posso fare?
R: In una situazione di insolvibilità conclamata ci sono alcune strade:
- Verifica se rientri in qualche forma di definizione agevolata (condono): se ad esempio il tuo debito è stato affidato a cartelle entro il 2022, hai aderito alla rottamazione 2023? Quella ti permetterebbe di pagare solo il capitale senza sanzioni. Oppure se il debito è piccolo (<€1.000) e antecedente al 2015, forse è già stato stralciato automaticamente dalla legge di Bilancio 2023.
- Valuta la procedura da sovraindebitamento (piano del consumatore o liquidazione): se hai anche altri debiti (fisco, banche, etc.), potresti unire tutto e proporre di pagare ad es. solo una percentuale ridotta (quello che puoi) e chiedere esdebitazione per il resto. Se non hai proprio beni né reddito, c’è la procedura di esdebitazione del debitore incapiente che in casi estremi cancella i debiti personali residuali, permettendoti di ripartire da zero (ma devi dimostrare la tua buona fede e la totale incapienza). Questo è come una “mini bancarotta” personale, da usare solo se necessario perché poi per qualche anno dovrai mantenere una condotta corretta e se ti migliorano le condizioni forse potrebbero chiederti contributi.
- Cancellazione dall’Albo: se il debito è impagabile e tanto non stai lavorando come farmacista (o puoi permetterti di smettere), valuta di sospendere la professione (cancellarti) per non far crescere ancora il debito. Potrai magari trovarti altro lavoro e ripresentarti all’Albo in futuro quando la situazione finanziaria sarà risolta.
- Consulenza legale/finanziaria: è opportuno, se il debito è molto alto, farsi assistere da un professionista (avvocato, OCC) per pianificare la gestione. Magari l’ENPAF in un contesto di procedura concorsuale accetterà di prendere solo una parte (nel sovraindebitamento, come detto, è possibile falcidiare i contributi).
Ricorda che l’ENPAF, essendo ente previdenziale, non ha interesse a rovinarti la vita, ma nemmeno può condonarti perché vorrebbero tutti. Quindi devi passare attraverso strumenti legali eccezionali (condoni di legge o procedure concorsuali) se vuoi tagliare il debito.
D: Ma se non pago l’ENPAF, rischio di essere radiato dall’Ordine o avere conseguenze disciplinari?
R: No, il mancato pagamento dei contributi ENPAF in sé non costituisce illecito disciplinare deontologico, quindi l’Ordine dei Farmacisti non ti sanziona con sospensioni o radiazioni per questo (diversamente, ad esempio, dal mancato pagamento della quota annuale d’iscrizione all’Ordine stesso, che invece può portare a sospensione). L’Ordine può semmai sollecitarti informalmente a metterti in regola, anche perché l’ENPAF comunica gli inadempimenti più gravi. Ma non vieni radiato d’ufficio per debiti ENPAF (resti iscritto e abilitato a esercitare). Tuttavia, considera che se accumuli troppi debiti e l’Agenzia ti pignora lo stipendio o i beni, potresti avere difficoltà pratiche nello svolgimento della professione (es. se mettono fermo all’auto e ti serve per lavoro). Inoltre, un iscritto moroso perde il diritto ad alcune provvidenze assistenziali come visto. Quindi le conseguenze ci sono in termini finanziari, ma non direttamente sul tuo status di farmacista, a meno che tu decida tu di cancellarti.
D: Sto per andare in pensione (pensione INPS). Ho 15 anni di versamenti ENPAF ma forse non bastano per pensione ENPAF minima. Posso riavere indietro i contributi versati?
R: L’ENPAF purtroppo non restituisce i contributi versati, se non come pensione. Non è previsto un rimborso dei contributi “silenti” (quelli versati ma che non danno diritto a pensione per mancanza di requisiti). Questo è stato oggetto di critiche perché magari farmacisti dipendenti per una vita versano quote ENPAF e poi non raggiungono 30 anni di contributi ENPAF per la pensione di vecchiaia: in tal caso quei contributi restano al fondo a titolo di solidarietà generale. Esistono però strumenti di totalizzazione o cumulo: puoi sommare gli anni ENPAF con quelli INPS per ottenere un’unica pensione pro-rata. Ad esempio, se hai 15 anni ENPAF e 20 anni INPS, con la totalizzazione potresti ottenere due quote di pensione (una dall’INPS per i suoi 20 anni e una dall’ENPAF per i 15 anni) senza perdere nulla. La totalizzazione richiede almeno 20 anni totali e l’età pensionabile di vecchiaia; informati presso l’ENPAF o l’INPS sul cumulo gratuito dei periodi. In alternativa c’è la ricongiunzione onerosa, ma è costosa (sposti i contributi ENPAF all’INPS pagando una somma). Quindi, no, un rimborso cash non è previsto, ma tramite cumulo potresti almeno far fruttare quei 15 anni per avere una pensione proporzionata dall’ENPAF unita a quella INPS. Se non fai nulla e non raggiungi i requisiti, rimarranno come contributi silenti (a fondo perduto). Considera questo aspetto quando decidi se continuare a pagare ENPAF o optare per la solidarietà: se prevedi di non arrivare a una pensione ENPAF, forse ti conviene versare il minimo (solidarietà) e investire altrove.
D: Una società di capitali (non di farmacisti) che ha comprato una farmacia deve pagare qualcosa all’ENPAF?
R: Sì. Dal 2018 esiste un contributo specifico: la legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018) art. 1 comma 441 ha introdotto l’obbligo, per le società di capitali o cooperative titolari di farmacie con maggioranza di soci non farmacisti, di versare all’ENPAF un contributo pari allo 0,5% del fatturato annuo (al netto IVA) della farmacia. Questo contributo è annuale e va pagato entro il 30 settembre dell’anno successivo all’esercizio. In pratica è un balzello che compensa il fatto che i soci non farmacisti (non essendo persone fisiche iscritte all’Albo) non pagano l’ENPAF. Il legislatore ha voluto riequilibrare il sistema previdenziale dei farmacisti, per evitare che l’ingresso di capitali esterni (che non versano contributi personali) impoverisse la cassa pensioni. Dunque ora le società “di capitale” che gestiscono farmacie devono versare lo 0,5% del fatturato a ENPAF. Ad esempio, se la farmacia fattura 2 milioni di euro l’anno, dovrà versare €10.000 a ENPAF. Questo onere non riguarda le farmacie possedute interamente da farmacisti (dove tutti i soci già pagano ENPAF come persone) né le farmacie gestite da ditte individuali (il titolare persona fisica già paga). Riguarda appunto i casi di società con soci di maggioranza non farmacisti. Se la vostra società rientra in questa categoria e non avete pagato, l’ENPAF potrà chiedere il pagamento con ingiunzione o cartella (anche qui, se non pagate volontariamente entro 30/9 dell’anno successivo). Ci sono già state opposizioni giudiziarie da parte di società contro questo contributo, ma i Tribunali (es. Tribunale di Roma sentenza 31/10/2023) hanno dato ragione all’ENPAF: il contributo 0,5% è legittimo e conforme a Costituzione, in quanto ragionevole misura per sostenere le pensioni dei farmacisti e garantire servizi agli iscritti anche in presenza di farmacie possedute da esterni. La società che aveva sollevato questione di incostituzionalità si è vista rigettare il ricorso e ha dovuto pagare circa €30.000 di contributi arretrati. Quindi, la risposta è: sì, se siete “soci di capitali” non farmacisti dovete pagare lo 0,5% ENPAF, e se non lo fate vi arriverà un decreto ingiuntivo o cartella. Dal lato difensivo, le argomentazioni di illegittimità finora non sono state accolte; al limite potete verificare di non rientrare nella casistica (es. se i farmacisti tornano in maggioranza nel capitale sociale, potreste cessare l’obbligo per il futuro). Ma per il passato, quel contributo è dovuto e la giurisprudenza lo conferma.
D: Cos’è questo “contributo dello 0,15%” di cui parlava l’ENPAF?
R: Si tratta di una vicenda diversa: l’art. 17 D.P.R. 371/1998 prevede che una quota dello 0,15% sul fatturato da SSN delle farmacie venga accantonata per fini di solidarietà. In pratica è un meccanismo interno al sistema farmaceutico: ogni volta che le ASL rimborsano le farmacie per i medicinali erogati in convenzione, trattengono lo 0,15% per destinarlo all’ENPAF (in teoria per contributi ai titolari di farmacia rurale, pensionati, ecc.). L’ENPAF poi ridistribuisce questo importo sotto forma di un contributo una tantum annuale ai titolari di farmacia con determinati requisiti (es. rurali sussidiate). Nel 2021 l’ENPAF ha stabilito che per ottenere questo contributo 0,15% i richiedenti devono essere regolari con i versamenti contributivi ENPAF. In pratica: se sei un titolare di farmacia avente diritto al bonus 0,15% ma risultano contributi ENPAF non pagati (nei limiti della prescrizione quinquennale), l’ENPAF non ti liquiderà il contributo finché non avrai regolarizzato il dovuto. Perciò, quello 0,15% non è un contributo che tu devi pagare, ma un contributo che tu potresti ricevere come beneficio; tuttavia viene bloccato se sei in debito verso ENPAF. È un altro incentivo a mettersi in regola per chi usufruisce di fondi di solidarietà.
D: In sintesi, quali consigli dareste a un farmacista per difendersi dai debiti ENPAF?
R: Riassumiamo i principali step di difesa:
- Prevenzione: chiedi sempre le riduzioni o la solidarietà se ne hai diritto, rispettando le scadenze; tieni aggiornata la PEC con l’Ordine; se prevedi di non poter pagare per lungo tempo, valuta la cancellazione dall’Albo prima che il debito si accumuli.
- Informazione: se hai saltato dei pagamenti, verifica con l’ENPAF o l’Agenzia Entrate Riscossione la tua posizione debitoria (richiedi un estratto conto); controlla se qualche anno è ormai prescritto.
- Negoziazione: prima che il debito arrivi al ruolo, puoi cercare di concordare con ENPAF un pagamento spontaneo magari rateizzato (l’ENPAF a volte aspetta qualche mese se sa che vuoi pagare) – in ogni caso, meglio pagare direttamente che far partire la cartella.
- Opposizione giudiziale: se arriva la cartella e non sei d’accordo sul debito, agisci entro 40 giorni con ricorso in Tribunale lavoro, facendo valere ogni eccezione (prescrizione 5 anni, difetti vari, etc.). L’opposizione tempestiva è la tua arma principale per non pagare ciò che non devi.
- Rateazione/rottamazione: se il debito è dovuto ma non hai liquidità per saldare, sfrutta le procedure di rateazione (fino a 6–10 anni) o, quando disponibili, le rottamazioni che abbattono interessi e sanzioni. Ciò rende il peso più sostenibile.
- Sovraindebitamento: in casi estremi, considera le vie concorsuali per liberarti dei debiti, pur consapevole delle conseguenze.
- Consulenza esperta: non esitare a farti assistere da un legale esperto in previdenza o da un consulente del lavoro, specialmente se sei un datore di lavoro con dipendenti e posizioni incrociate, o se la questione è complessa (come nel caso di società di capitali proprietarie di farmacie).
- Regolarità contributiva: cerca di essere regolare o di sanare la posizione, non solo per evitare cartelle ma anche per godere dei vantaggi di essere in regola (prestazioni assistenziali ENPAF, contributi a fondo perduto in caso di calamità, polizze sanitarie, etc.). L’ENPAF restituisce sotto forma di servizi una parte di ciò che versi; se non versi nulla, ti autoescludi da quei benefici.
In definitiva, difendersi dai debiti ENPAF significa combinare la conoscenza dei propri diritti (riduzioni, prescrizioni) con gli strumenti legali di opposizione e le opportunità offerte dalla normativa di ristoro (rateazioni, condoni) per minimizzare l’esborso e proteggere il proprio patrimonio. Sempre ricordando che dietro il contributo ENPAF c’è, in prospettiva, la tua pensione di categoria e un sistema di welfare professionale: se proprio devi combattere queste pretese, fallo in modo informato e strategico, non semplicemente omettendo di pagare e sperando che scompaiano. I contributi non pagati ritornano sotto forma di cartelle; ma con preparazione e assistenza è possibile spesso ridurli o annullarli legalmente.
Fonti e riferimenti normativi
- Normativa primaria:
- D.Lgs.C.P.S. 13/09/1946 n. 233, art. 21 – Obbligo di iscrizione alle casse previdenziali per gli iscritti agli Albi sanitari.
- Statuto ENPAF (approvato con D.P.R. 06/02/1976 n. 175), art. 3 – Contributi obbligatori dovuti per tutta la durata dell’iscrizione.
- Legge 27/12/2017 n. 205, art. 1 comma 441 – Contributo 0,5% sul fatturato per società titolari di farmacia con soci non farmacisti.
- Legge 08/08/1995 n. 335, art. 3 commi 9-10 – Prescrizione quinquennale dei contributi previdenziali obbligatori.
- D.Lgs. 26/02/1999 n. 46, art. 24 – Riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali (termini di opposizione 40 giorni).
- D.P.R. 08/07/1998 n. 371, art. 17 – Quota 0,15% su ricavi SSN farmacie (destinazione ENPAF).
- Regolamento ENPAF (previdenza e assistenza):
- Art. 21 – Riduzioni contributive ordinarie (condizioni per riduzioni 33-50-85%; contributo di solidarietà).
- Art. 2-bis – Sanzioni civili per mancato o ritardato pagamento dei contributi.
- Art. 4 – Obbligo contributivo per intero anno (richiamato nello Statuto).
- Giurisprudenza:
- Cass. civ. Sez. Lav. 16/03/2021 n. 7353: la mancata opposizione della cartella ENPAF nei 40 giorni rende il credito irretrattabile ma non converte la prescrizione breve quinquennale in decennale ex art. 2953 c.c.. La prescrizione previdenziale resta quinquennale e dev’essere rilevata anche d’ufficio (richiamati Cass. SS.UU. 23397/2016).
- Cass. civ. Sez. Lav. 08/02/2021 n. 2965: competenza del giudice del lavoro su cartella ENPAF; conferma prescrizione quinquennale contributi obbligatori; applicazione art. 24 D.Lgs. 46/99 (termine 40 giorni).
- Tribunale Torino 04/04/2023 n. 735/2023: respinto ricorso farmacista dipendente, confermata obbligatorietà doppia contribuzione ENPAF+INPS; art. 21 D.Lgs.CPS 233/1946 pienamente vigente; nessuna incostituzionalità (richiamati art. 3, 36, 53 Cost. – giudicati non violati).
- Tribunale Genova 25/07/2023: confermata legittimità doppia contribuzione; richiamo a precedenti Corte Cost.; finalità solidaristica della doppia contribuzione come rafforzamento tutela pensionistica.
- Tribunale Roma 31/10/2023 (sent. n. 9618/2023): società di capitali titolare farmacia con soci non farmacisti tenuta a versare contributo 0,5% su fatturato; rigettata opposizione a decreto ingiuntivo ENPAF ~€30.000. La norma del 2017 è ritenuta costituzionalmente legittima in quanto diretta a riequilibrare il sistema pensionistico dei farmacisti in presenza di farmacie di capitali.
- Corte Cost. 11/07/1989 n. 388: questione su contributo aggiuntivo dovuto dai titolari di farmacie (0,15% SSN ex D.L. 187/1977 conv. L. 395/1977) dichiarata non fondata: non viola Cost. art. 3 e 53 l’onere contributivo ulteriore imposto solo ai farmacisti titolari.
- Corte Cost. (varie pronunce): mai censurata l’automatica iscrizione all’ENPAF; il presidente ENPAF in audizione 2024 ha ribadito che la norma del 1946 è stata giudicata legittima dalla Consulta e anche dalla Commissione UE.
- Documenti e circolari:
- ENPAF – Circolari contributi annuali: es. Circolare ENPAF 2025 su importi e scadenze (FOFI); Circolare ENPAF 2024 (Ordine Farmacisti Milano) su impossibilità riduzione per titolari e soci, e su novità maternità 2024.
- Ordine Farmacisti Modena – Circ. 31/08/2021: “Contributi ENPAF 2021 e cancellazione Albo” – spiegazione obbligatorietà contributi (anche se iscrizione parziale anno); elenco condizioni riduzione (art.21 Reg.); termine per domanda riduzione 30/9 (ridisegnato dal 2014); sanzioni per omessa comunicazione perdita requisiti riduzione; procedura cancellazione entro 31/12 per evitare contributo anno successivo.
- Ordine Farmacisti Udine – “Obblighi degli iscritti”: riepilogo obbligo iscrizione ENPAF e regime contributivo (dati 2013); categorie senza diritto a riduzione (titolari, soci, co.co.co, ecc.); contributo di solidarietà prima iscrizione (€172); decadenza termini domanda riduzione (30/9).
- FarmaciaVirtuale.it (18/09/2021): “ENPAF, se non in regola con versamenti stop al contributo 0,15%” – ENPAF richiede regolarità contributiva per liquidare contributo ex art.17 DPR 371/98; definizione di “irregolarità” (contributo non pagato e finito a cartella, reintegro, o omissioni entro prescrizione quinquennale anche se in rateazione). Comunicazione inviata agli interessati morosi.
- QuotidianoSanità.it (24/10/2024): Audizione presidente ENPAF – conferma automatismo iscrizione ex art.21 1946 e obbligo contributivo, modificabile solo per legge; misure adottate da ENPAF per dipendenti (riduzioni percentuali fino a contributo solidarietà 3% = €158 per 2024); accesso alle prestazioni assistenziali anche per chi versa solidarietà.
Debiti del farmacista con ENPAF: come difendersi
Sei un farmacista e hai accumulato debiti nei confronti dell’ENPAF?
Hai ricevuto avvisi di pagamento, cartelle esattoriali o minacce di pignoramento?
Molti farmacisti, pur lavorando regolarmente, possono trovarsi in difficoltà a causa dell’elevato importo dei contributi previdenziali, soprattutto se combinati con debiti fiscali, mutui, leasing per attrezzature o calo del fatturato. La legge, però, offre strumenti concreti per rinegoziare, ridurre o sospendere questi debiti e tutelare la tua attività.
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📂 Analizza la posizione debitoria complessiva, incluse le pendenze con ENPAF, imposte e fornitori
📌 Verifica la possibilità di sospendere azioni esecutive e bloccare i pignoramenti
✍️ Predispone piani di ristrutturazione o procedure di sovraindebitamento per professionisti
⚖️ Ti assiste nei rapporti con ENPAF, Agenzia delle Entrate, INPS e banche
🔁 Richiede l’esdebitazione per cancellare i debiti residui non più sostenibili
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto nella tutela di farmacisti e professionisti sanitari in crisi economica
✔️ Specializzato in sovraindebitamento, previdenza professionale e contenzioso tributario
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Anche un farmacista con debiti ENPAF può trovare una via d’uscita e continuare a lavorare serenamente.
Con una strategia legale mirata puoi ridurre i debiti, bloccare i creditori e salvaguardare il tuo futuro professionale.
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