Avvisi Bonari Scaduti E Definizione Agevolata: Cosa Sapere

Hai ricevuto avvisi bonari scaduti e vuoi capire se puoi ancora approfittare della definizione agevolata?
Molti contribuenti non riescono a pagare nei termini indicati negli avvisi bonari e temono che l’unica conseguenza sia l’iscrizione a ruolo con cartella esattoriale. In realtà, esistono strumenti per ridurre sanzioni e interessi e per gestire in modo sostenibile il debito, anche se le scadenze sono state superate.

Cosa sono gli avvisi bonari e cosa accade se scadono
Gli avvisi bonari sono comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatizzati o formali sulla dichiarazione dei redditi o IVA. Indicano differenze dovute, con sanzioni ridotte se si paga entro i termini.
Se non vengono saldati entro la scadenza, l’importo viene iscritto a ruolo e affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con l’applicazione di sanzioni piene e interessi più alti. A quel punto si riceverà una cartella esattoriale e si rischiano azioni esecutive come pignoramenti e fermi amministrativi.

Quando è possibile accedere alla definizione agevolata
– Quando il debito da avviso bonario scaduto è già diventato cartella e rientra nelle tipologie ammesse dalla normativa vigente
– Quando si rispettano le condizioni e le scadenze previste dalla legge per aderire alla rottamazione o ad altre forme di saldo agevolato
– Quando ci sono procedimenti di rateizzazione attivi che possono essere convertiti in definizione agevolata
– Quando, pur avendo perso i termini dell’avviso bonario, è ancora possibile intervenire per ridurre sanzioni e interessi

Vantaggi della definizione agevolata per avvisi bonari scaduti
– Azzeramento o riduzione delle sanzioni
– Riduzione degli interessi di mora
– Possibilità di rateizzare il debito in più anni
– Sospensione delle azioni esecutive in corso durante la procedura
– Chiusura definitiva della posizione debitoria senza ulteriori aggravamenti

Cosa fare se hai avvisi bonari scaduti
– Verificare, con il supporto di un avvocato o consulente fiscale, lo stato del debito e la sua effettiva iscrizione a ruolo
– Valutare se rientra nelle tipologie ammesse alla definizione agevolata o ad altre forme di sanatoria
– Richiedere, se possibile, la rateizzazione per evitare azioni esecutive
– Bloccare o sospendere pignoramenti e fermi amministrativi quando ci sono i presupposti di legge
– Coordinare la gestione degli avvisi bonari scaduti con eventuali altri debiti fiscali o contributivi

Attenzione: non intervenire sugli avvisi bonari scaduti significa affrontare importi più alti e rischiare azioni esecutive. La definizione agevolata è un’opportunità per ridurre il debito e chiudere la posizione in modo sostenibile, ma va gestita nei tempi e nei modi previsti dalla normativa.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti fiscali, rottamazione e tutela del contribuente – ti spiega come affrontare gli avvisi bonari scaduti, se e quando puoi accedere alla definizione agevolata e come difenderti da pignoramenti e altre azioni esecutive.

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Introduzione

Gli avvisi bonari sono comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatizzati sulle dichiarazioni dei redditi o IVA (art. 36-bis del D.P.R. 600/1973 e art. 54-bis del D.P.R. 633/1972). Questi controlli verificano la correttezza formale dei dati dichiarati e dei versamenti effettuati, segnalando eventuali errori materiali o versamenti omessi. L’esito viene comunicato al contribuente (o al suo intermediario) tramite un avviso bonario, che non costituisce un atto impositivo definitivo, ma un invito a fornire chiarimenti o a sanare le irregolarità riscontrate entro un termine, evitando così l’iscrizione a ruolo (ossia l’emissione di una cartella di pagamento). Dal punto di vista del debitore, l’avviso bonario rappresenta dunque un’opportunità di regolarizzare spontaneamente la propria posizione fiscale con sanzioni ridotte, prima che il debito venga iscritto per la riscossione coattiva.

Tuttavia, può accadere che l’avviso bonario non venga pagato o regolarizzato entro la scadenza prevista, divenendo così un “avviso bonario scaduto”. In tal caso, il contribuente perde i benefici della fase bonaria (principalmente la sanzione ridotta) e l’Amministrazione procede normalmente all’iscrizione a ruolo del debito con sanzioni piene e interessi. Negli ultimi anni il legislatore, consapevole delle difficoltà economiche di molti debitori (dovute prima alla pandemia e poi al rincaro dei prezzi energetici), è intervenuto con misure di “tregua fiscale” per attenuare gli oneri a carico dei contribuenti. Tra queste, spicca la definizione agevolata degli avvisi bonari, introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022). Questa misura consente di sanare le somme dovute da controlli automatizzati relative ad alcune annualità con una significativa riduzione delle sanzioni (dal 10% ordinario al 3%) e con piani di rateazione più ampi.

Nel prosieguo di questa guida verranno analizzati in dettaglio: cosa sono gli avvisi bonari e come funzionano; cosa accade se un avviso bonario scade senza pagamento; come opera la definizione agevolata degli avvisi bonari (sia nella versione speciale prevista per gli anni d’imposta 2019-2021, sia in precedenti e successivi interventi normativi); le implicazioni pratiche per differenti categorie di contribuenti (persone fisiche, professionisti, imprese individuali e società); e infine le novità normative e giurisprudenziali aggiornate a luglio 2025, includendo le più recenti sentenze e modifiche legislative, sempre dal punto di vista del debitore. Il linguaggio utilizzato sarà giuridico ma dal taglio divulgativo, adatto sia ai professionisti del diritto tributario (avvocati, commercialisti) sia ai contribuenti privati e imprenditori che vogliono orientarsi in materia. In aggiunta al testo, sono fornite tabelle riepilogative, domande e risposte (FAQ) su casi frequenti, nonché simulazioni pratiche per illustrare concretamente gli effetti delle diverse opzioni.

Cosa sono gli avvisi bonari derivanti da controlli automatizzati

L’avviso bonario (tecnicamente “comunicazione di irregolarità”) è l’esito del controllo automatizzato della dichiarazione. Tale controllo, disciplinato dall’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973 (per imposte dirette) e 54-bis del D.P.R. 633/1972 (per l’IVA), costituisce una verifica informatica sui dati dichiarati dal contribuente. In particolare, il sistema controlla che le imposte dichiarate siano correttamente calcolate e che i versamenti effettuati corrispondano a quanto dovuto. Ad esempio, il controllo automatizzato può rilevare: importi dichiarati come debito d’imposta ma non versati o versati solo in parte; errori di calcolo (ad es. somme, detrazioni o acconti riportati in modo errato); utilizzo di crediti d’imposta inesistenti o eccedenze non spettanti; incongruenze tra i dati del sostituto d’imposta e del percipiente nelle certificazioni (per i mod. 770); o altre difformità riscontrabili incrociando le banche dati dell’Amministrazione finanziaria. Se dal controllo emerge un’imposta non versata (o un maggior tributo dovuto) rispetto al dichiarato, l’Agenzia invia al contribuente una comunicazione dell’esito: questo è comunemente chiamato avviso bonario (perché avvisa “bonariamente” prima di iscrivere a ruolo).

La comunicazione indica dettagliatamente le difformità riscontrate (richiamando i righi della dichiarazione e gli importi dichiarati a confronto con quelli ricalcolati), l’ammontare dell’imposta dovuta o della minor eccedenza riconosciuta, gli interessi maturati fino a quella data e la sanzione ridotta applicata. Generalmente la sanzione in sede di avviso bonario è pari ad 1/3 della sanzione piena prevista (riduzione a un terzo ai sensi dell’art. 2, c.2, D.Lgs. 462/1997), corrispondente al 10% dell’imposta non versata (essendo la sanzione ordinaria per omesso versamento il 30% ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 471/1997). In calce all’avviso bonario vengono forniti i modelli di pagamento (F24 precompilati) e le istruzioni per eseguire il versamento, anche in forma rateale, entro il termine stabilito. Importante: l’avviso bonario non è sottoscritto da un funzionario in calce (trattandosi di un atto massivo generato dal sistema), ma ciò non inficia la validità della comunicazione, che è un atto amministrativo dovuto per legge e presupposto alla riscossione.

Dal momento della ricezione dell’avviso bonario, il contribuente ha tipicamente 30 giorni di tempo per regolarizzare la propria posizione. In caso di avviso trasmesso per via telematica all’intermediario (quando, ad esempio, la dichiarazione è stata inviata tramite un commercialista o CAF abilitato), il termine è di 90 giorni, riconoscendo il maggior iter di trasmissione della comunicazione tramite il canale Entratel. Entro tale termine, il contribuente può pagare l’importo dovuto, beneficiando della sanzione ridotta (10%), ed evitare qualsiasi ulteriore azione; richiedere una rateizzazione del pagamento; oppure fornire chiarimenti o documentazione all’Agenzia (anche attraverso il servizio online CIVIS) per contestare, totalmente o parzialmente, l’addebito. L’avviso bonario, infatti, offre l’opportunità di instaurare un contraddittorio endoprocedimentale: se il contribuente ritiene l’irregolarità infondata (in tutto o in parte), può comunicare elementi a suo favore. In molti casi l’Agenzia rivede l’esito (ad es. corregge un errore segnalato dal contribuente) ed emette una “comunicazione definitiva” ricalcolando eventualmente le somme. Se invece i chiarimenti non vengono ritenuti sufficienti, l’Ufficio confermerà le somme dovute (spesso con una seconda comunicazione che concede qualche giorno ulteriore per il pagamento).

È fondamentale comprendere che l’avviso bonario non è un atto di accertamento: come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, queste comunicazioni “non rappresentano un atto impositivo, ma solo inviti” a regolarizzare o chiarire, prevenendo l’iscrizione a ruolo. Proprio per questo, l’avviso bonario non richiede notifica formale mediante ufficiale giudiziario; di norma viene inviato via posta semplice (o raccomandata senza ricevuta di ritorno) all’indirizzo del contribuente, oppure, quando possibile, tramite PEC o reso disponibile nel cassetto fiscale online. La mancanza di una notifica formale implica che l’eventuale mancato ricevimento (ad esempio, avviso smarrito) non inficia la validità della successiva cartella esattoriale, purché l’Agenzia possa dimostrare di aver inviato l’avviso all’ultimo domicilio conosciuto. Tuttavia, l’omissione totale dell’avviso bonario (nei casi in cui sarebbe obbligatorio emetterlo) può avere rilievo in sede contenziosa, come vedremo, soprattutto riguardo al diritto del contribuente alla sanzione ridotta.

In sintesi, l’avviso bonario è lo strumento con cui l’Amministrazione finanziaria “avverte” il contribuente di una irregolarità emersa dal controllo automatizzato e gli concede la chance di porvi rimedio spontaneamente. Dal lato del contribuente-debitore, conviene sfruttare questa fase bonaria per regolarizzare la propria posizione alle condizioni agevolate offerte (sanzione ridotta ad 1/3). Nei paragrafi successivi analizziamo cosa accade se il contribuente non aderisce all’avviso bonario entro i termini (avviso bonario scaduto), quali sono le conseguenze e quali possibilità di tutela restano, inclusa la recente definizione agevolata introdotta dalla legge.

Pagamento dell’avviso bonario: sanzioni ridotte e rateizzazione

Prima di esaminare il caso dell’avviso bonario scaduto, è utile riepilogare i benefici di un tempestivo adempimento e le opzioni a disposizione del debitore entro la scadenza dell’avviso. Come anticipato, se il contribuente versa interamente le somme dovute entro 30 giorni dalla comunicazione (90 giorni se l’avviso è telematico), la sanzione resta ridotta al 10% e si arresta l’accumulo di interessi di mora. Il pagamento può avvenire in unica soluzione oppure in forma rateale.

La rateizzazione degli importi da avviso bonario è disciplinata dall’art. 3-bis del D.Lgs. 462/1997. In base a tale norma, il contribuente può chiedere di ripartire il pagamento fino a un massimo di: 8 rate trimestrali (cioè due anni di dilazione) se l’importo dovuto non supera €5.000; 20 rate trimestrali (cinque anni) se l’importo supera €5.000. Le rate trimestrali scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo alla richiesta. La prima rata deve essere versata entro lo stesso termine di 30 (o 90) giorni previsto per il pagamento unico. Sugli importi rateizzati si applicano interessi al tasso legale (attualmente aumentato di 2 punti per le rateazioni concesse dall’Agenzia).

È importante rispettare con puntualità le scadenze del piano di rateazione: il mancato pagamento della prima rata entro il termine di 30/90 giorni comporta la decadenza immediata della rateizzazione e l’iscrizione a ruolo dell’intero importo con sanzioni piene. Anche l’omesso pagamento di una rata successiva provoca la decadenza dal beneficio, senza alcuna tolleranza, a differenza delle cartelle esattoriali (dove sono ammessi cinque ritardi). In pratica, se si salta una rata di un avviso bonario, l’Agenzia iscriverà a ruolo il residuo debito con la sanzione intera (30%) calcolata sull’importo originario non ancora versato. La decadenza dalla dilazione fa perdere il beneficio della sanzione ridotta: infatti, come precisato dalla giurisprudenza, in caso di inadempimento il contribuente torna assoggettato alla sanzione ordinaria del 30%, con cartella esattoriale conseguente. I versamenti eseguiti in parte saranno imputati a saldo parziale del debito iscritto a ruolo.

Va segnalato che, per favorire la compliance, la normativa ha introdotto una disciplina del “lieve inadempimento” (L. 160/2019, art. 1 co. 166) applicabile anche agli avvisi bonari: la Circolare AE n.1/2023 ha chiarito che il contribuente non decade dai benefici della definizione agevolata se il ritardo nel pagamento è inferiore a 7 giorni, se il versamento è carente di un importo non superiore al 3% (massimo €10.000) oppure se una rata diversa dalla prima viene pagata entro la scadenza della rata successiva. In tali casi di lievi irregolarità, pur mantenendo la definizione, restano dovuti gli interessi o le sanzioni per il ritardato versamento limitatamente alla frazione pagata in ritardo. Al di fuori di queste ipotesi, invece, ogni ritardo oltre 7 giorni o omissione oltre il 3% comporta la perdita totale dell’agevolazione e si procede immediatamente all’iscrizione a ruolo con sanzioni piene.

Tabella 1: Benefici pagamento avviso bonario entro termine vs. dopo scadenza

SituazioneSanzione applicataRateizzabilitàInteressi di mora
Avviso bonario pagato entro 30/90 gg10% (riduzione a 1/3)Sì, fino a 8 o 20 rate trimestraliInteressi calcolati solo fino alla data indicata nell’avviso; no mora successiva.
Avviso bonario non pagato (scaduto)30% (sanzione piena)Sì (ma come rate su cartella ex art.19 DPR 602)Interessi di mora dall’iscrizione a ruolo fino a pagamento (oltre a interessi già computati).
Definizione agevolata (2023)3% (sanzione ultraridotta)Sì, fino a 20 rate trimestrali anche <€5.000Interessi di dilazione al 2% annuo; no sanzioni/mora ulteriori se rispetto tempistiche.
Definizione DL 41/2021 (COVID)0% (sanzioni azzerate)Sì (secondo norme avvisi bonari)Interessi dovuti (salvo eccezioni normative); nessuna sanzione.

Nota: la definizione agevolata 2023 richiede pagamento tempestivo entro 30/90 gg dall’avviso per mantenere il 3%. La definizione DL 41/2021 per gli avvisi bonari Covid (2017-2018) azzera le sanzioni ma era riservata a chi aveva avuto un calo di fatturato >30% nel 2020.

Come si evince dalla tabella, pagare nei termini un avviso bonario comporta una sanzione sensibilmente inferiore rispetto a quella che si applicherà in caso di mancato pagamento e conseguente cartella. Inoltre, la fase bonaria consente di rateizzare il debito prima della riscossione coattiva, spesso con maggiore flessibilità. Se invece l’avviso scade, la successiva cartella esattoriale (iscrizione a ruolo) dovrà essere pagata con la sanzione intera del 30% e sarà comunque rateizzabile, ma secondo le regole più rigide delle cartelle esattoriali (rate mensili fino a 72 rate, decadenza dopo 5 rate non pagate, ecc.). Per questi motivi, è sempre consigliabile al contribuente-debitore di aderire all’avviso bonario nei termini qualora riconosca la legittimità della pretesa.

Mancato pagamento e avvisi bonari scaduti: conseguenze per il debitore

Se il contribuente non paga entro la scadenza indicata (né in unica soluzione, né versando la prima rata) e non ha ottenuto dall’Agenzia un annullamento totale dell’irregolarità, l’avviso bonario si considera “scaduto”. Trascorso inutilmente il termine, le somme richieste diventano definitivamente esigibili e l’Agenzia procede alla successiva fase di riscossione. In pratica, l’importo dovuto (comprensivo di imposta, interessi e a questo punto sanzione intera) viene iscritto a ruolo e affidato all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione), che emetterà la relativa cartella di pagamento. La cartella è un atto esecutivo notificato al contribuente, con cui si intima il pagamento entro 60 giorni.

Perdita del beneficio sanzionatorio: Come accennato, la prima e più immediata conseguenza per il debitore è la perdita della sanzione ridotta. L’art. 2, co.2 del D.Lgs. 462/1997 prevede infatti che la sanzione “ridotta ad un terzo” vale solo se il pagamento avviene nei 30 giorni. Oltre tale termine, “le somme dovute sono iscritte a ruolo con sanzioni in misura piena”. Normalmente, per omessi versamenti, la sanzione piena è il 30% dell’imposta non versata (art.13 D.Lgs. 471/1997) – va notato che per violazioni dal 2023 in poi la misura è stata ridotta al 15% se il versamento avviene entro 90 giorni, ma nel contesto degli avvisi bonari si applica comunque la disciplina specifica. Dunque, se ad esempio un avviso bonario richiedeva €10.000 di imposta e €1.000 di sanzioni (10%), la cartella successiva ad avviso scaduto conterrà €10.000 di imposta e €3.000 di sanzioni (30%), al netto di eventuali pagamenti parziali effettuati.

Interessi e aggi di riscossione: Oltre alle sanzioni, il debitore vedrà aggiungersi ulteriori oneri. Dalla data di consegna del ruolo, iniziano a maturare interessi di mora (attualmente circa 4% annuo, tasso variabile annualmente) sulle somme iscritte a ruolo. Inoltre, in cartella sono addebitati gli aggi di riscossione o diritti di notifica spettanti all’Agente della Riscossione. In sintesi, un avviso bonario scaduto rende il debito significativamente più gravoso.

Emissione della cartella e termini: L’Amministrazione finanziaria deve emettere e notificare la cartella entro determinati termini di decadenza. Per le somme da controllo automatizzato, l’art. 25, c.1, lett. a) del D.P.R. 602/1973 stabilisce che la cartella dev’essere notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento (controllo) è divenuto definitivo. In pratica, se un avviso bonario riguarda la dichiarazione 2020 e scade nel 2023, la cartella andrà notificata entro il 31 dicembre 2025. Occorre però tener conto di sospensioni e proroghe straordinarie (ad esempio quelle emergenziali COVID) che in alcuni casi hanno esteso tali termini. Inoltre, la Legge di Bilancio 2023, nel prevedere la definizione agevolata, ha prorogato di un anno i termini di decadenza per la notifica delle cartelle relative agli avvisi definibili, proprio in virtù della maggiore dilazione concessa. Dunque per gli avvisi bonari rientranti nella sanatoria 2023 i termini di notifica sono spostati di un anno (deroga all’art.3 dello Statuto del Contribuente).

Esecuzione forzata e tutele: Ricevuta la cartella, il contribuente ha 60 giorni per pagarla (anche rateizzarla) o proporre impugnazione davanti alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria). Decorso tale termine senza pagamento né ricorso, la cartella diviene definitiva ed esecutiva: l’Agente della Riscossione potrà attivare misure cautelari (fermo auto, ipoteca) e procedure esecutive (pignoramenti) a carico del debitore. È quindi essenziale non ignorare un avviso bonario, poiché la fase successiva comporta maggiori costi e rischi per il contribuente. Anche qualora si ritenga l’addebito infondato, può essere strategicamente preferibile chiarire o contestare in sede bonaria, anziché attendere la cartella per fare ricorso.

Possibilità di impugnazione: Tradizionalmente, l’avviso bonario in sé non era considerato impugnabile autonomamente, in quanto non rientrante tra gli atti indicati come ricorribili nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992. Il contribuente quindi, in caso di disaccordo, era costretto ad attendere la cartella di pagamento (unico atto impugnabile) per far valere le proprie ragioni in giudizio. Questa situazione comportava uno svantaggio: affrontare un ricorso con ormai la sanzione al 30% applicata e l’aggravio di interessi. Tuttavia la giurisprudenza più recente ha mutato orientamento, riconoscendo che certe comunicazioni di irregolarità costituiscono già una “specifica pretesa tributaria” e quindi possono essere impugnate immediatamente, senza aspettare la cartella. Già nel 2020 la Corte di Cassazione (sent. 22356/2020) ha affermato che “ogni atto dell’Amministrazione che porti a conoscenza del contribuente una ben definita pretesa tributaria, con motivazione sui fatti e le norme, è impugnabile dinanzi al giudice tributario” anche se non incluso nell’elenco dell’art.19. Questa posizione è stata confermata da numerose pronunce successive (Cass. 25297/2014; 15957/2015; 3315/2016 citate dalla stessa sentenza 22356/2020) e da ultimo ribadita dalla Cassazione Sez. V nell’ordinanza n. 24390/2022, la quale ha definitivamente qualificato l’avviso bonario come “atto impositivo autonomamente impugnabile”. Ciò significa che oggi un contribuente – dal punto di vista del debitore, un’opportunità di difesa anticipata – può scegliere di impugnare subito il proprio avviso bonario (ad esempio se lo ritiene erroneo), presentando ricorso entro 60 giorni dalla ricezione. Se l’impugnazione è pendente, l’Amministrazione non può iscrivere a ruolo le somme (la riscossione viene sospesa in attesa della sentenza). In caso di esito favorevole (accoglimento del ricorso), l’avviso bonario viene annullato e nulla sarà dovuto; in caso contrario, la cartella potrà essere emessa dopo la decisione e conterrà le somme originarie. Attenzione: l’impugnazione dell’avviso bonario non sospende automaticamente il pagamento; occorre eventualmente chiedere al giudice una sospensione provvisoria, secondo le regole generali del contenzioso tributario.

In conclusione, quando un avviso bonario scade senza pagamento, il debito fiscale si irrigidisce: non solo aumenta per effetto di sanzioni piene e interessi, ma diventa più difficile contestarlo, dovendo ormai attendere l’atto successivo. Per questo la strategia migliore per un debitore, ove possibile, è di evitare che l’avviso bonario scada, valutando piuttosto le opzioni di adesione agevolata (pagamento/rateazione) o di contestazione immediata. Nei prossimi capitoli analizzeremo in dettaglio la “definizione agevolata” degli avvisi bonari scaduti, una chance offerta dal legislatore nel 2023 per sanare a condizioni favorevoli anche gli avvisi non ancora pagati.

La definizione agevolata degli avvisi bonari: quadro normativo generale

Con “definizione agevolata degli avvisi bonari” si intende una misura straordinaria che consente ai contribuenti di sanare le somme richieste a seguito di controllo automatizzato con un trattamento di favore sulle sanzioni. In sostanza, a fronte del pagamento integrale delle imposte dovute (oltre agli interessi), le sanzioni vengono ridotte in misura rilevante. Questa definizione agevolata è stata introdotta per la prima volta con l’art. 5, commi 1-9, del Decreto “Sostegni” (D.L. 41/2021), in piena emergenza Covid, e successivamente è stata riproposta in forma estesa dall’art. 1, commi 153-159, della Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), nell’ambito della cosiddetta “tregua fiscale 2023”. Vediamo entrambe le misure, poiché presentano differenze significative quanto ad ambito soggettivo, periodi d’imposta coinvolti e percentuale di sanzione dovuta.

Definizione agevolata “Covid” (D.L. 41/2021) – Avvisi bonari 2017-2018

Il primo intervento di definizione agevolata degli avvisi bonari è contenuto nel Decreto-Legge 22 marzo 2021, n. 41 (decreto “Sostegni”), convertito con modifiche dalla L. 69/2021. Questa norma è nata in risposta alla crisi economica causata dalla pandemia, con l’obiettivo di alleggerire il carico fiscale per le imprese e i professionisti più colpiti. L’agevolazione riguardava esclusivamente gli avvisi bonari riferiti ai periodi d’imposta 2017 e 2018, ed era riservata ai contribuenti con partita IVA attiva al 23 marzo 2021 che avessero subito nel 2020 un calo di almeno il 30% del volume d’affari rispetto al 2019 (per i soggetti non tenuti a dichiarazione IVA, il calo del 30% andava misurato su ricavi/compensi dichiarati nei periodi d’imposta 2019-2020). In altri termini, la misura era concepita come un aiuto mirato a chi aveva avuto un sensibile calo di fatturato a causa del Covid.

Le caratteristiche principali di questa definizione agevolata “Covid” erano:

  • Sanzioni azzerate: l’agevolazione consisteva nell’esclusione integrale delle sanzioni normalmente dovute sugli avvisi bonari. Il contribuente beneficiario era tenuto a pagare solo le imposte e i contributi previdenziali richiesti, oltre agli interessi eventualmente calcolati, ma nessuna sanzione né somme aggiuntive per ritardato pagamento. In pratica, l’intero importo sanzionatorio veniva condonato (100% di sconto sulle sanzioni).
  • Ambito temporale: come detto, copriva gli esiti di controllo automatizzato delle dichiarazioni 2017 e 2018. Più precisamente, la legge individuava le “comunicazioni di irregolarità” elaborate entro certi termini: per il periodo d’imposta 2017, le comunicazioni elaborate entro il 31 dicembre 2020 (ma non inviate per effetto delle sospensioni Covid) rientravano nella sanatoria; per il 2018, le comunicazioni elaborate entro il 31 dicembre 2021. Ciò comprendeva, di fatto, la generalità degli avvisi bonari relativi a tali annualità, i cui invii erano stati sospesi o ritardati durante l’emergenza.
  • Modalità di adesione: non c’era bisogno di un’istanza formale di adesione da parte del contribuente. L’Agenzia delle Entrate provvedeva a inviare (nel 2021-2022) le proposte di definizione agli interessati, indicando l’importo da pagare senza sanzioni. Il contribuente doveva solo effettuare il pagamento entro i termini indicati. Era inoltre richiesto di presentare un’autodichiarazione (entro una certa data, poi prorogata al 30 novembre 2022) attestando il possesso dei requisiti di calo di fatturato e il rispetto dei limiti sugli Aiuti di Stato COVID (la sanatoria infatti costituiva un aiuto sottoposto al Temporary Framework europeo). La mancata presentazione dell’autodichiarazione nei termini comportava la decadenza dal beneficio.
  • Rateazione: anche in questo caso era consentito il pagamento rateale secondo le regole ordinarie degli avvisi bonari (fino a 8 o 20 rate trimestrali). Il Provvedimento AE 3 dicembre 2021 aveva individuato i campi delle dichiarazioni da controllare per verificare il calo del 30% e previsto tempi congrui per presentare l’autodichiarazione.

Questa definizione agevolata “una tantum” ha permesso a molti contribuenti in difficoltà di chiudere le partite relative ai controlli automatizzati 2017-2018 pagando solo le imposte. Ad esempio, un professionista che nel 2018 aveva omesso di versare €5.000 di IRPEF e aveva ricevuto un avviso bonario (mai notificato per via delle sospensioni Covid), grazie a questa norma ha potuto saldare i €5.000 (più qualche interesse) senza pagare i circa €500 di sanzioni che sarebbero state dovute in via ordinaria.

È bene evidenziare che tale misura era circoscritta: ne erano esclusi i contribuenti senza partita IVA (es. persone fisiche non esercenti attività d’impresa/arte o professione) e quelli che, pur avendo p.IVA, non avevano subito il calo di fatturato richiesto. Inoltre, riguardava solo due annualità specifiche. Rimaneva quindi scoperto tutto il resto dei possibili avvisi bonari (sia precedenti al 2017, sia successivi al 2018, nonché quelli di soggetti non rientranti nelle condizioni).

Definizione agevolata 2023 (L. 197/2022) – Avvisi bonari 2019-2021

Con la Legge di Bilancio 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197), il legislatore ha introdotto una nuova ed ampia definizione agevolata degli avvisi bonari, estendendo la sanatoria a ulteriori annualità e a una platea generale di contribuenti, indipendentemente dal calo di fatturato. I commi 153-159 dell’art.1 di detta legge delineano la misura, inserita nell’ambito della cosiddetta “tregua fiscale” 2023 (insieme ad altri istituti come il “ravvedimento speciale”, lo stralcio delle mini cartelle, la rottamazione-quater, ecc.). Analizziamo i punti chiave di questa definizione agevolata 2023 degli avvisi bonari:

  • Periodi d’imposta interessati: la sanatoria riguarda gli esiti da controlli automatizzati relativi ai periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021. In pratica, copre le dichiarazioni presentate negli anni 2020, 2021 e 2022 (rispettivamente Redditi/IVA 2019, 2020, 2021). Si è scelto di includere queste tre annualità, corrispondenti agli anni d’imposta colpiti dagli effetti economici della pandemia (2019 pre-Covid, 2020 piena pandemia, 2021 ripresa) e in cui presumibilmente si è accumulato un ammontare significativo di irregolarità.
  • Tipologia di avvisi bonari: vengono ammessi solo quelli derivanti dai controlli automatizzati ex art.36-bis DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72 (come espressamente indicato dai commi di legge). Dunque, la definizione agevolata non si applica ad altre tipologie di atti (ad es. avvisi di accertamento, atti di contestazione da controllo formale 36-ter, ecc., che sono oggetto di altre misure di tregua fiscale). È quindi rivolta unicamente alle “comunicazioni di irregolarità”, cioè ai classici avvisi bonari su imposte dichiarate. In coerenza, la stessa Agenzia delle Entrate ha chiarito che restano esclusi anche i casi di controllo formale e le violazioni formali, nonché le violazioni emergenti da liquidazione automatizzata ma regolarizzabili col ravvedimento speciale (le due misure sono alternative).
  • Ambito oggettivo – avvisi non scaduti: condizione fondamentale per rientrare nella definizione è che, al 1° gennaio 2023, l’avviso bonario non fosse già “scaduto”. In altri termini, la misura copre:
    (a) le comunicazioni di irregolarità già recapitate entro il 2022 ma il cui termine di 30 giorni (90 giorni se telematiche) non era ancora spirato al 1/1/2023. Di fatto, questo significa gli avvisi bonari recapitati approssimativamente dal 1° dicembre 2022 in poi (poiché quelli notificati in data antecedente avrebbero la scadenza già caduta prima di fine anno). Più precisamente, la Circolare n.1/2023 individua: per avvisi cartacei, quelli ricevuti dal 1° dicembre 2022; per avvisi telematici a intermediari, quelli messi a disposizione dal 2 ottobre 2022.
    (b) le comunicazioni consegnate dopo il 1° gennaio 2023 (relative comunque ai controlli su dichiarazioni 2019-2021). Ad esempio, un avviso bonario su Redditi 2021 emesso a febbraio 2023 rientra. Restano invece esclusi dalla definizione tutti gli avvisi bonari che al 1° gennaio 2023 erano già scaduti o decaduti da rateazione. Questo punto è cruciale: la norma non consente di “resuscitare” avvisi bonari già scaduti prima del 2023. Come vedremo, ciò ha creato un problema di contribuenti in una sorta di limbo: chi aveva un avviso bonario scaduto (o piano di rate saltato) al 31/12/2022 non può accedere a questa sanatoria, e se la relativa cartella esattoriale non rientra nella rottamazione (perché ad esempio emessa dopo il 30/6/2022), resta senza agevolazioni. Approfondiremo questo “paradosso del limbo” più avanti.
  • Beneficio – sanzioni ridotte al 3%: la definizione agevolata in parola riduce drasticamente le sanzioni dovute. In luogo del 10% (sanzione ridotta ordinaria) si applica una sanzione pari al 3% delle imposte non versate o versate in ritardo. Il 3% corrisponde a 1/18 della sanzione minima, infatti 1/18 di 30% ≈ 1.67%, ma il legislatore ha preferito indicare 3% (che di fatto è 1/3 di 10%). In pratica, è come se venisse ulteriormente ridotta ad un terzo anche la già ridotta sanzione del 10%. Si tratta di una riduzione di 70% rispetto al 10% e di 90% rispetto al 30% pieno. Ad esempio, per €1.000 di imposte non versate la sanzione in definizione è €30 (invece di €100 in sede bonaria ordinaria, o €300 a cartella). Non vi è alcuna riduzione invece sull’imposta o sugli interessi, che restano dovuti integralmente. In sintesi: 100% imposta + 100% interessi + 3% sanzione.
  • Dilazione più ampia: oltre alla riduzione sanzioni, la legge ha previsto l’estensione della possibilità di rateazione fino a 20 rate trimestrali anche per importi inferiori a €5.000. In sostanza, tutti i debiti definibili possono essere dilazionati fino a 5 anni (20 trimestri) a prescindere dall’ammontare. Questo supera il limite ordinario di 8 rate per importi piccoli. Si uniforma quindi il massimo di 20 rate per chi aderisce alla definizione agevolata. Va segnalato che su queste rate si applica un tasso di interessi di dilazione del 2% annuo (come indicato dal Provvedimento attuativo), più basso del tasso di interesse legale medio e quindi anch’esso agevolativo.
  • Termini e modalità di pagamento: per beneficiare della sanatoria, il contribuente deve pagare entro le scadenze previste. Non c’è bisogno di alcuna domanda formale: è sufficiente il pagamento spontaneo. Il termine per pagare (in unica soluzione) o per versare la prima rata è fissato in 30 giorni dalla ricezione dell’avviso originario (90 giorni se avviso telematico). In pratica, la stessa tempistica dell’avviso bonario ordinario, ma il pagamento avviene secondo gli importi ricalcolati con sanzione 3%. L’Agenzia non sempre rinvia un nuovo prospetto: spesso l’avviso stesso contiene l’indicazione della definizione agevolata oppure il contribuente può calcolare il 3% sul residuo e pagare. In molti casi, l’Agenzia ha comunque predisposto nuovi F24 con importi aggiornati al 3% (soprattutto per chi era in rateazione). Dopo il pagamento iniziale, le rate successive (se scelte) scadono ogni trimestre (ultimo giorno del trimestre). È fondamentale rispettare rigorosamente queste scadenze per non decadere dal beneficio. La normativa sul lieve inadempimento (tolleranza 7 giorni, ecc.) si applica anche qui, come visto. Se il contribuente non paga nei termini (oltre la lieve tolleranza) le somme ridotte, la definizione non produce effetti e l’Agenzia procederà come se nulla fosse, iscrivendo a ruolo il dovuto con sanzioni piene.
  • Rateazioni in corso al 1° gennaio 2023: un aspetto innovativo è che la definizione agevolata 2023 si applica anche agli avvisi bonari di qualsiasi anno per cui al 1/1/2023 era in corso un piano di rateazione non decaduto. Dunque, se un contribuente stava pagando a rate un avviso bonario (anche relativo ad esempio al 2018 o 2016) e non era incorso in decadenza, può usufruire della riduzione al 3% sulle sanzioni residue. In pratica dovrà continuare a pagare le rate rimanenti, senza interruzioni, secondo il piano originale (con possibilità, se l’importo originario era ≤5.000, di estendere fino a 20 rate). Al termine, avrà versato imposte, interessi e solo il 3% di sanzioni sul dovuto residuo. La condizione essenziale è che la rateazione prosegua senza morosità: in caso di mancato pagamento di una rata, si perde la sanatoria e tornano applicabili le sanzioni piene per le somme ancora dovute. Questa previsione ha voluto premiare i contribuenti diligenti che stavano già seguendo un piano di dilazione, offrendo loro lo stesso beneficio sul pregresso.

Esempio pratico: Alfa S.r.l. ha ricevuto a ottobre 2022 una comunicazione di irregolarità per l’anno d’imposta 2020, con €20.000 di imposte non versate e €2.000 di sanzioni (10%). Alfa, in difficoltà di liquidità, a dicembre 2022 chiede e ottiene la rateizzazione in 8 rate trimestrali (prima rata pagata a dicembre). Al 1° gennaio 2023 la rateazione è in corso e non decaduta. Grazie alla L.197/2022, Alfa può beneficiare della definizione: continuerà a pagare le rate, ma le sanzioni totali dovute saranno ricalcolate al 3% di €20.000, cioè €600 in totale anziché €2.000. Poiché aveva già pagato una quota di sanzioni nella prima rata, l’Agenzia ricalcolerà le rate successive tenendo conto della riduzione (gli importi eccedenti verranno imputati a imposta). Se Alfa rispetta tutte le scadenze, chiuderà il debito pagando €20.000 + interessi + €600 di sanzioni totali, con un risparmio di €1.400 rispetto al piano originale. Il tutto senza dover presentare alcuna istanza: è la legge stessa ad applicare la riduzione, come da circolare attuativa.

Questa sanatoria 2023 è stata certamente vantaggiosa per i contribuenti destinatari di avvisi bonari 2019-2021 non ancora definiti. Secondo i dati MEF, migliaia di comunicazioni sono state oggetto di definizione agevolata, consentendo di incassare gettito con sanzioni ridotte. Dal lato del debitore, il vantaggio economico è notevole (sanzione al 3% contro 10% o 30%). In più, la dilazione estesa a 5 anni per importi modesti ha aiutato soprattutto i piccoli imprenditori e professionisti.

Va però rimarcato che la norma non ha fissato una scadenza ultima per avvalersi della definizione: essa si applica a tutte le comunicazioni rientranti nei requisiti, indipendentemente da quando vengono pagate, purché entro i termini di ogni singolo avviso. Quindi, se un avviso bonario 2021 viene notificato nel 2024 (in ritardo) è comunque definibile al 3%. Questa peculiarità – l’assenza di un termine “politico” per aderire – ha indotto l’Agenzia a escludere la possibilità di ravvedimento speciale per quelle stesse imposte (anni 2019-2021) su cui il contribuente potrebbe attendere l’avviso bonario e definire al 3%. È una scelta criticata da alcuni (vedi circolare 2/E 2023).

Riassumendo, la definizione agevolata 2023 consente a imprese, professionisti e contribuenti in generale di chiudere gli avvisi bonari degli anni 2019-2021 pagando solo un decimo circa delle sanzioni normalmente previste. In termini comparativi, è meno generosa di quella “Covid” (dove le sanzioni erano completamente annullate), ma ha un raggio d’azione più ampio e non richiede requisiti di perdite di fatturato.

Il “limbo” degli avvisi bonari scaduti esclusi dalla definizione

Come anticipato, uno dei punti deboli della tregua fiscale 2023 riguarda i contribuenti con avvisi bonari già scaduti prima del 2023. Questi soggetti non hanno potuto usufruire della definizione agevolata (in quanto il loro avviso non rientrava nei requisiti temporalmente) , spesso, di altre misure di sollievo sulle cartelle derivanti. La questione è stata evidenziata dagli addetti ai lavori come il “paradosso del limbo” dei contribuenti esclusi.

In concreto: la rottamazione-quater delle cartelle (altra misura della L.197/2022) copriva solo i carichi affidati all’Agente riscossione fino al 30 giugno 2022. Pertanto, se un avviso bonario era scaduto nel 2022 e la relativa cartella è stata formata nel tardo 2022 o nel 2023 (dunque dopo il 30/6/2022), quella cartella non rientrava nella rottamazione-quater. Allo stesso tempo, l’avviso essendo scaduto al 31/12/2022 non rientrava nella definizione 3%. Risultato: tali contribuenti non hanno potuto né definire con sanzione ridotta al 3%, né rottamare la cartella con azzeramento sanzioni e interessi. Si sono trovati, appunto, in un limbo di esclusione, malgrado spesso fossero i casi più meritevoli di aiuto (avendo già avuto difficoltà a pagare nel periodo Covid).

Esempio tipico: un commerciante aveva un avviso bonario per il 2018 notificato nel 2019, ma non pagato (scaduto). La cartella esattoriale è stata emessa a ottobre 2022. Non può definire al 3% perché il suo avviso era ante 2019 ed era comunque scaduto prima del 2023; non può neanche rottamare la cartella perché affidata dopo il 30/6/22. Quindi dovrà pagare il 30% più interessi, eventualmente aderendo a una dilazione ordinaria.

Questo “buco” normativo è stato criticato da dottrina e associazioni, suggerendo la necessità di un intervento correttivo. In sede di conversione dei decreti o nella successiva legge di bilancio 2024, si è discusso se ampliare le finestre. Per esempio, nel decreto Fiscale-Lavoro 2021 (DL 146/2021) era stato introdotto un emendamento che riapriva i termini per pagare alcuni avvisi bonari scaduti durante il primo lockdown. In particolare, fu consentito di pagare entro il 16 dicembre 2021 gli avvisi bonari che erano scaduti tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020 e non erano stati saldati entro il termine (16 settembre 2020 per effetto delle proroghe Covid). Per questi casi “lockdown”, dunque, vi è stata una sorta di sanatoria tardiva, permettendo il pagamento nel dicembre 2021 senza ulteriori sanzioni o interessi. Ciò dimostra che il legislatore, se vuole, può riaprire finestre per avvisi scaduti in situazioni eccezionali.

Tuttavia, ad oggi (luglio 2025) non risulta varata alcuna misura analoga per gli avvisi bonari scaduti nel 2021-2022 rimasti fuori dalla definizione. I contribuenti in tale situazione hanno comunque alcune strade percorribili dal punto di vista del debitore:

  • Se la cartella è stata notificata, possono valutarne la regolarità e, se vi sono vizi (di notifica, calcolo, prescrizione, ecc.), impugnarla innanzi al giudice tributario per far valere tali eccezioni.
  • In difetto di vizi sostanziali, possono chiedere la rateizzazione della cartella (fino a 72 rate mensili, o 120 rate in casi di grave difficoltà) per diluire il pagamento.
  • Monitorare future eventuali rottamazioni: il Governo potrebbe in futuri provvedimenti reintrodurre definizioni agevolate (una sorta di “rottamazione-quinq” o simili) includendo i carichi affidati nel 2023. Ad esempio, si vocifera di una possibile “pace fiscale 2025” che potrebbe colmare questo gap. Al momento però nulla di concreto è in vigore.

In sintesi, il “limbo” dei bonari scaduti ante-2023 resta un nervo scoperto. L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ha sostenuto di non poter ammettere per quegli stessi anni il ravvedimento speciale, presumendo che i contribuenti potessero comunque definire più avanti. Ma per chi l’avviso l’aveva già ricevuto e ignorato, ciò non è di conforto. Questa situazione è un monito sull’importanza, per il debitore, di affrontare tempestivamente gli avvisi bonari: se il contribuente di nostro esempio avesse attivato un minimo pagamento (rate) entro fine 2022, sarebbe rientrato nella definizione 2023; non avendolo fatto, ha perso il treno delle agevolazioni.

Va inoltre osservato che esistono casi in cui il contribuente non riceve affatto l’avviso bonario (ad esempio per disguidi postali, o perché l’Ufficio – nei casi di omesso versamento di somme dichiarate – procede direttamente a ruolo senza invio di comunicazione). In tali ipotesi, il primo atto che il contribuente vede è la cartella esattoriale. La giurisprudenza ha stabilito che ciò è legittimo in alcune circostanze: segnatamente, se la pretesa deriva dal mancato versamento di importi indicati dallo stesso contribuente in dichiarazione, non vi è obbligo di inviare il previo avviso bonario. La comunicazione ex art.36-bis è necessaria invece quando emergono errori o incertezze dalla dichiarazione che richiedono un confronto (ad es. disallineamenti su dati non pagati ma dichiarati pagati, crediti non riconosciuti, ecc.). Dunque, se il contribuente non versa quanto autoliquidato, la cartella può essere notificata senza alcun preavviso, senza che ciò infici la validità della cartella stessa. In tal caso paradossalmente il contribuente non ha potuto aderire ad alcun bonario e si vede direttamente la sanzione piena in cartella; la Cassazione ha però riconosciuto che, in simili circostanze, il contribuente conserva comunque il diritto alla sanzione ridotta se provvede al pagamento entro 30 giorni dalla notifica della cartella, analogamente a quanto avrebbe fatto con l’avviso bonario. Questo orientamento (Cass. ord. 30/1/2014, n.2024; Cass. n.13543/2016) sostiene che l’omesso invio dell’avviso bonario non preclude al contribuente la possibilità di beneficiare della riduzione sanzionatoria, qualora questi si attivi prontamente. Si tratta però di principi da far valere in giudizio in caso di controversia, non codificati da norme.

In conclusione, il panorama 2023-2024 ha visto una importante opportunità di definizione agevolata per molti avvisi bonari pendenti, ma ha lasciato alcune sacche di contribuenti senza aiuti (avvisi già scaduti). Dal punto di vista pratico, il debitore farebbe bene a non confidare eccessivamente in future sanatorie e, per prudenza, considerare di regolarizzare tramite istituti ordinari (ravvedimento operoso, rateazioni) prima che l’irregolarità venga formalizzata in cartella.

Novità 2025: maggior tutela per il contribuente negli avvisi bonari

Il regime degli avvisi bonari è stato oggetto di riforma nell’ambito della più ampia Riforma Fiscale 2023-2025. In particolare, il Decreto Legislativo 8 agosto 2024 n. 108 – attuativo della delega fiscale – ha introdotto dal 1° gennaio 2025 alcune importanti novità riguardanti la gestione degli avvisi bonari, con l’obiettivo di rafforzare le garanzie per i contribuenti e rendere più flessibile il rapporto Fisco-contribuente. Tali novità, che incidono sia sui termini procedurali sia sul contenzioso, sono riassunte nei seguenti punti:

1) Estensione dei termini di risposta: A partire dal 2025, il termine a disposizione del contribuente per rispondere a un avviso bonario (pagando, chiedendo rateazione o fornendo chiarimenti) viene prolungato da 30 a 60 giorni. Questa modifica raddoppia il tempo a disposizione, consentendo al debitore di analizzare con maggior calma l’irregolarità contestata, raccogliere fondi per il pagamento o produrre eventuale documentazione giustificativa. Il maggior termine è particolarmente utile per i contribuenti più strutturati o assistiti da professionisti, che spesso necessitavano di proroghe. Inoltre, per le comunicazioni telematiche inviate all’intermediario (es. al commercialista), il termine per quest’ultimo di gestire e trasmettere all’Agenzia eventuali informazioni è stato ampliato da 60 a 120 giorni, riconoscendo la complessità delle posizioni che passano tramite intermediari. In sintesi, dal 2025 si hanno 60 giorni per reagire all’avviso bonario, il che riduce la possibilità di “scadenze perse” e concede una finestra più ampia di interazione col Fisco.

2) Maggiore flessibilità nelle rateizzazioni: Un’altra modifica introdotta riguarda i tempi di pagamento rateale. Viene stabilito che il contribuente che opta per la rateizzazione ha ora 60 giorni di tempo per versare la prima rata (invece dei 30 attuali). Questo è coerente col raddoppio dei termini di cui sopra. Inoltre, viene fissato a 90 giorni (dal termine della comunicazione finale) il termine per il versamento del saldo finale in caso di ricalcoli o definizione post-chiarimenti. In pratica, le nuove norme offrono più respiro al debitore nel pianificare i pagamenti rateali iniziali e finali, prevenendo decadenze dovute a brevi ritardi. Rimane ferma la durata massima delle rate trimestrali (8 o 20), ma con queste tempistiche ampliate all’inizio e alla fine del piano.

3) Comunicazioni digitali potenziate – ruolo di Cassetto Fiscale e CIVIS: Dal 2025 tutte le comunicazioni di irregolarità saranno rese disponibili in tempo reale nel Cassetto Fiscale personale del contribuente. Già oggi molte lo sono, ma diventa un obbligo generalizzato: ogni avviso bonario emesso verrà caricato sul portale online, accessibile dal contribuente o dal suo intermediario delegato. Ciò consente al debitore di monitorare tempestivamente eventuali avvisi bonari, senza dover attendere il cartaceo, e di visualizzare importi, scadenze e dettagli. All’interno del cassetto fiscale sarà implementata anche la gestione delle risposte via CIVIS: il contribuente potrà vedere lo stato delle richieste di chiarimento inviate e le relative risposte dell’ufficio. Questo rafforza la trasparenza e la comunicazione bidirezionale. In sintesi, il cassetto fiscale diviene il punto centrale dove controllare scadenze di pagamento, importi dovuti, inoltrare istanze e vedere gli esiti. Dal punto di vista del debitore, questo significa meno rischio di “perdere” una comunicazione o dimenticare una scadenza, e la possibilità di seguire passo passo l’interlocuzione con l’Agenzia.

4) Impugnabilità degli avvisi bonari (conferma normativa): Come già discusso, la Cassazione ha riconosciuto l’impugnabilità immediata degli avvisi bonari (sent. 24390/2022, etc.). La riforma fiscale 2024 recepisce tale orientamento e lo consolida: viene infatti formalmente confermato che l’avviso bonario (comunicazione ex 36-bis) è un atto impugnabile autonomamente davanti alle Corti di Giustizia Tributaria. Ciò significa che dal 2025 non vi è più incertezza: il contribuente può, se lo desidera, proporre ricorso contro l’avviso bonario entro 60 giorni dalla sua notifica, senza dover attendere la cartella. La ratio è quella di anticipare il contraddittorio giurisdizionale, evitando che si generino ruoli e oneri aggiuntivi su pretese eventualmente infondate. Naturalmente, la scelta di impugnare va ponderata: non è obbligatoria, resta sempre facoltativa (il contribuente può decidere di non impugnare e pagare, o attendere la cartella per motivi strategici). Ma avere la porta aperta all’immediato ricorso rende il sistema più equo. La riforma allinea quindi la legge alla giurisprudenza: l’avviso bonario viene considerato a tutti gli effetti un “atto impositivo” – sebbene in senso lato – perché contiene già una pretesa tributaria definita. Di riflesso, se impugnato, sospende la riscossione in pendenza di giudizio (previa eventuale richiesta di sospensiva). In sede di contenzioso, i motivi di ricorso contro un avviso bonario potranno riguardare: errori di calcolo, errata applicazione di codici tributo, errata intestazione o persona, violazione di principi (ad es. pretese contrarie a capacità contributiva), o qualsiasi vizio che si farebbe valere sulla successiva cartella.

Le suddette novità normative, entrate in vigore il 1° gennaio 2025, rappresentano un significativo miglioramento a favore del contribuente-debitore. In particolare, avere più tempo e più facilità di comunicazione in fase bonaria riduce il rischio di inadempienze involontarie e contenziosi, mentre la possibilità di ricorrere subito contro l’avviso consente di evitare l’aggravio di sanzioni e interessi su somme contestate. L’auspicio è che ciò incentivi i contribuenti a interagire maggiormente con il Fisco in sede bonaria, e parallelamente incentivi l’Amministrazione a risolvere più questioni prima di passare alla riscossione coattiva. Dal punto di vista pratico, chi riceverà un avviso bonario nel 2025 potrà: consultarlo online immediatamente, ha due mesi per decidere se pagare o contestare, può rateizzare con più agio e persino far valere le proprie ragioni in giudizio subito. È una piccola rivoluzione nel rapporto fisco-contribuente.

Giurisprudenza recente in materia di avvisi bonari (2020-2025)

Esaminiamo ora alcune sentenze rilevanti e aggiornate riguardanti gli avvisi bonari, che forniscono chiarimenti interpretativi importanti per i debitori e i loro difensori:

  • Impugnabilità dell’avviso bonario – Cass. 24390/2022: Questa sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Trib., ha confermato in modo autorevole che l’avviso bonario è impugnabile autonomamente senza attendere la cartella. Riprendendo un orientamento consolidato (v. Cass. 22356/2020 e precedenti), la Suprema Corte ha ribadito che la tassatività dell’elenco degli atti impugnabili va letta in modo costituzionalmente orientato: ogni atto con cui il Fisco comunica una specifica pretesa (con motivazione in fatto e diritto) lesiva per il contribuente è potenzialmente impugnabile. Dunque l’avviso bonario, contenendo una richiesta di pagamento motivata dall’esito del controllo, ha natura sostanziale di atto impositivo e può essere portato al giudice tributario. Questa pronuncia è stata determinante nel persuadere il legislatore a intervenire (D.Lgs. 108/2024) come visto sopra. Per il debitore, ciò significa che sin dal 2022-2023 era possibile – e lo è tuttora – far valere davanti al giudice eventuali errori dell’avviso bonario, senza subire prima l’iscrizione a ruolo. Ad esempio, Cass. 24390/2022 riguardava un caso di crediti d’imposta non riconosciuti in un avviso bonario, e la Corte ha affermato che tale avviso equivale a un diniego (parziale) di rimborso impugnabile nei 60 giorni.
  • Credito d’imposta parzialmente riconosciuto – Cass. 10732/2025: In questa recentissima ordinanza (depositata il 14 aprile 2025), la Corte di Cassazione ha affrontato proprio la fattispecie degli avvisi bonari che riconoscono solo in parte un credito d’imposta esposto in dichiarazione. La vicenda riguardava una società a cui, in sede di controllo automatizzato, l’Agenzia aveva riconosciuto un credito fiscale inferiore a quanto richiesto in dichiarazione (la c.d. “Tremonti ambientale”), comunicando dunque un minor rimborso e anzi un debito residuo. La Cassazione ha stabilito che l’avviso bonario che riduce un rimborso richiesto assume la valenza di un diniego implicito di rimborso per la parte non riconosciuta, e come tale è immediatamente impugnabile ex art. 21 D.Lgs. 546/92. La Corte ha sottolineato che, essendo la domanda di rimborso già presentata in dichiarazione, un rimborso parziale equivale a un rifiuto sulla differenza e obbliga il contribuente a impugnare subito, non potendo riproporre istanza per la parte negata. In sostanza, questa sentenza tutela il contribuente-creditore: se il Fisco “taglia” un credito in sede di 36-bis, bisogna reagire impugnando entro 60 giorni l’avviso bonario stesso, altrimenti quella parte di credito è persa. Ciò conferma ulteriormente l’impugnabilità del bonario in ipotesi di crediti e rimborsi.
  • Mancato invio dell’avviso bonario – effetti sulla cartella: La giurisprudenza ha oscillato in passato sul tema “cartella nulla se avviso bonario omesso?”. L’orientamento attuale, consolidato da pronunce come Cass. 18078/2024, è che la cartella emessa a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se l’avviso bonario non è stato emesso, ma solo quando la pretesa riguarda somme che il contribuente stesso ha dichiarato e non versato o evidenti differenze tra dichiarato e versato. In tali casi, infatti, la comunicazione preventiva non è espressamente prevista a pena di nullità, in quanto l’art.36-bis prevede l’invito al contraddittorio solo in presenza di “incertezze su aspetti rilevanti” della dichiarazione. Quindi, se ad esempio Tizio dichiara un debito di €1000 e non lo paga, l’Agente può iscrivere a ruolo i €1000+30% senza comunicazione preventiva. Viceversa, se la pretesa deriva da un errore materiale del contribuente o da disallineamenti che richiedono chiarimenti, l’omissione dell’avviso bonario può costituire violazione del diritto al contraddittorio e in passato alcune Commissioni hanno annullato cartelle per questo motivo. Ma la Cassazione ha chiarito che l’avviso è obbligatorio solo nei casi previsti (errori rilevati). In ogni caso, la Suprema Corte ha riconosciuto un principio equitativo: se il contribuente non ha ricevuto l’avviso bonario ma viene raggiunto da cartella, egli ha comunque diritto alla riduzione della sanzione ad un terzo se paga entro 30 giorni dalla notifica della cartella stessa, analogamente a quanto avrebbe potuto fare con l’avviso (Cass. n.12023/2019 e altre). Ciò per evitare che la mancanza di preavviso pregiudichi il contribuente diligente disposto a pagare subito. Questo principio non è codificato ma è stato applicato da alcune sentenze.
  • Decadenza dalla rateazione e sanzioni – Giurisprudenza di merito: Un’ultima segnalazione riguarda il tema della decadenza dal piano di rate dell’avviso bonario e il conseguente ricalcolo delle sanzioni. La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado (ex CTR) Puglia, in una decisione recente, ha affrontato il metodo di calcolo delle sanzioni quando il contribuente decade dalla dilazione: ha confermato che, in caso di decadenza, l’Ufficio può recuperare l’intera sanzione del 30% su ogni rata non pagata tempestivamente, al netto di quanto eventualmente già versato come sanzioni ridotte. In pratica, il beneficio della riduzione viene revocato e si applica il 30% sull’imposta residua dovuta a quella data. Questo per ribadire che la rateazione è un beneficio condizionato al rispetto delle scadenze. Dal lato del debitore, la lezione è chiara: anche un lieve ritardo su una rata (oltre la soglia di tolleranza) fa perdere lo sconto sanzionatorio e il carico cresce sensibilmente. Sempre su questo fronte, la Cassazione (ord. 14279/2018) ha statuito che il pagamento tardivo anche di una sola rata comporta decadenza (non opera qui la regola dei 5 ritardi delle cartelle) e legittima l’immediata iscrizione a ruolo del residuo.

In sintesi, la giurisprudenza recente offre un quadro generalmente favorevole ai contribuenti sotto certi aspetti (riconoscimento di impugnabilità, tutela in caso di crediti ridotti, diritto alla sanzione ridotta anche senza avviso formale), ma conferma anche la necessità di attenzione e tempestività da parte del debitore nel gestire gli avvisi bonari (nessuna indulgenza per chi fa decadere le dilazioni, legittimità delle cartelle se l’avviso non era dovuto).

Domande frequenti (FAQ) sugli avvisi bonari e la definizione agevolata

Di seguito riportiamo alcune domande comuni che privati, professionisti e imprenditori si pongono in relazione agli avvisi bonari (soprattutto quelli “scaduti”) e alla definizione agevolata, con risposte sintetiche basate sulla normativa vigente e le prassi aggiornate al 2025:

D1: Che cos’è esattamente un avviso bonario?
R: È una comunicazione di irregolarità inviata dall’Agenzia delle Entrate dopo un controllo automatizzato della dichiarazione (art. 36-bis DPR 600/73 o 54-bis DPR 633/72). Segnala al contribuente difformità o imposte non versate risultanti dal confronto tra quanto dichiarato e quanto pagato, invitandolo a pagare la differenza (con sanzioni ridotte) o a fornire chiarimenti. Non è un atto di accertamento ma un invito bonario a regolarizzare per evitare la cartella esattoriale.

D2: Qual è la differenza tra avviso bonario e avviso di accertamento?
R: L’avviso bonario deriva da un controllo automatizzato su dati forniti dallo stesso contribuente; non accerta materia imponibile ulteriore ma liquida differenze su imposte dichiarate (o errori di calcolo). Prevede sanzioni ridotte e non è impugnabile ex lege (anche se ora ammesso in via giurisprudenziale). L’avviso di accertamento, invece, è un atto impositivo formale con cui l’Agenzia contesta maggior imponibile o maggior imposta non dichiarata, applica sanzioni piene e interessi, ed è immediatamente impugnabile davanti al giudice tributario. In sintesi, l’avviso bonario è un pre-contenzioso su tasse autoliquidate, l’avviso di accertamento è un provvedimento autoritativo su tasse evase o elementi non dichiarati.

D3: Cosa succede se non pago un avviso bonario entro il termine indicato?
R: L’avviso bonario viene considerato “scaduto” e l’importo diventa esigibile. L’Agenzia quindi procederà ad iscriverlo a ruolo: verrà emessa una cartella di pagamento con sanzioni piene (30%) e interessi. La cartella sarà notificata al contribuente, che avrà 60 giorni per pagarla o impugnarla. In pratica, non pagando l’avviso si perde il beneficio della sanzione ridotta (10%) e si affronta la riscossione coattiva con aggravio di costi.

D4: Posso chiedere una proroga o sospensione dei termini di un avviso bonario?
R: In via ordinaria no – i termini (30 o 90 giorni) sono perentori. Tuttavia, in casi particolari (es. calamità, emergenze) il Governo può disporre sospensioni generalizzate. Ad esempio, durante la pandemia Covid vi furono proroghe per gli avvisi bonari in scadenza tra marzo e maggio 2020, differendo i termini al 16/9/2020. Fuori da tali situazioni eccezionali, il contribuente non ha un diritto alla proroga individuale. È tuttavia possibile utilizzare l’intero periodo concesso (ora 60 gg dal 2025) e magari presentare una richiesta di rateazione all’ultimo, che blocca il decorso (la presentazione della domanda di rate, se ammessa telematicamente, vale come pagamento ai fini del termine). Inoltre, se si inviano osservazioni o documenti all’Agenzia entro i termini, di regola l’Ufficio sospende la riscossione finché valuta la risposta, emettendo poi una comunicazione definitiva: ciò di fatto allunga i tempi.

D5: L’avviso bonario è impugnabile? Posso fare ricorso contro un avviso bonario anziché pagarlo?
R: Sì, è impugnabile, ma con precisazioni. Formalmente, l’avviso bonario non è elencato tra gli atti impugnabili (art.19 D.Lgs. 546/92). Tuttavia la Corte di Cassazione ha affermato ripetutamente (da Cass. 2010 in poi, fino a Cass. 24390/2022) che può essere impugnato quando contiene una pretesa definita. La riforma in vigore dal 2025 conferma espressamente l’impugnabilità autonoma entro 60 giorni. Pertanto, è possibile presentare ricorso al giudice tributario contro l’avviso bonario, ad esempio eccependo errori di calcolo, errata applicazione di norme, infondatezza della pretesa, ecc. Bisognerà notificare il ricorso all’Agenzia delle Entrate entro 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso bonario e poi depositarlo in giudizio. Si consiglia comunque di allegare copia dell’avviso e di indicare chiaramente che si tratta di impugnazione di comunicazione ex art.36-bis. Nota: Impugnare l’avviso bonario comporta che la cartella non verrà emessa nel frattempo (la riscossione resta sospesa), ma occorre eventualmente chiedere la sospensione giudiziale delle somme se si vuole evitare di pagare in pendenza di causa (specie se l’Agenzia dovesse comunque iscrivere a ruolo provvisoriamente).

D6: Cosa devo fare per aderire alla definizione agevolata degli avvisi bonari 2019-2021? C’è una domanda da presentare?
R: Non è prevista una domanda specifica. La definizione agevolata 2023 opera tramite il pagamento spontaneo degli importi dovuti con sanzioni ridotte al 3%. In pratica, se rientri nel caso (avviso bonario di anni 2019-2020-2021 non scaduto al 1/1/23), ti basta pagare l’importo rideterminato (imposte + interessi + sanzione 3%). L’Agenzia delle Entrate di solito invia insieme all’avviso (o successivamente via PEC/posta) un prospetto con gli importi ricalcolati e i relativi modelli F24. Se non lo avessi ricevuto, puoi rivolgerti all’ufficio o calcolare tu stesso: prendi l’importo dell’imposta non versata e calcola il 3% (anziché 10%) come sanzione. È fondamentale pagare entro 30 giorni dalla notifica dell’avviso (90 gg se avviso a intermediario). Puoi anche chiedere la rateazione: in tal caso versi la prima rata (calcolata col 3% di sanzioni) entro 30/90 gg e segui il piano trimestrale (fino a 20 rate). Non serve altro: pagando correttamente, la definizione si perfeziona automaticamente. Conserva copia dei versamenti. L’Agenzia poi ti comunicherà l’eventuale sgravio sul ruolo (se era già stato emesso) o l’esito della definizione.

D7: Quali avvisi bonari rientrano esattamente nella definizione agevolata 2023?
R: Riepilogando, sono definibili al 3%:

  • Tutte le comunicazioni ex 36-bis riferite ai periodi d’imposta 2019, 2020, 2021 (dichiarazioni redditi 2020-2022) notificate dal 1° gennaio 2023 in poi.
  • Le comunicazioni per 2019-2021 già notificate nel 2022 ma non scadute al 1/1/2023 (cioè quelle notificate verso fine 2022, per cui a inizio 2023 il termine di 30gg non era trascorso).
  • Qualsiasi comunicazione ex 36-bis/54-bis di qualunque anno (non solo 2019-21) che al 1/1/2023 era in regolare corso di pagamento rateale (e non decaduta). Ad esempio, un avviso su anno 2016 che stavo pagando a rate rientra.

Sono esclusi invece: avvisi bonari già scaduti o con rateazione decaduta prima del 2023; avvisi su annualità diverse da 2019-21 notificati dopo 1/1/23 (questi per definizione non esistono, perché definizione fuori 19-21 non c’è); atti diversi dagli avvisi bonari (accertamenti, ecc.). In pratica, il focus è su dichiarazioni 2019-21 in stato “bonario aperto” a inizio 2023.

D8: Avevo un avviso bonario del 2020 che non ho pagato ed è scaduto a metà 2022; posso rientrare nella definizione agevolata pagando adesso?
R: Purtroppo no. La definizione agevolata 2023 non consente di riaprire termini già scaduti prima del 1/1/2023. Il tuo avviso bonario 2020 scaduto a metà 2022 è al di fuori dell’ambito di applicazione. Quasi certamente sarà stato emesso (o sarà emesso) il ruolo per quella somma. Dovrai quindi gestire la cartella di pagamento con gli strumenti ordinari: puoi chiedere la rateazione della cartella, oppure, se la cartella rientrava nei carichi affidati entro 30/6/22, avresti potuto presentare istanza di rottamazione-quater entro aprile 2023 (ma se scaduto a metà 2022, forse il ruolo è stato dopo giugno 22, dunque nemmeno rottamabile). In sintesi, un avviso bonario già scaduto non viene “perdonato” dalla norma del 3%. Si consiglia di verificare se esiste già la relativa cartella: in tal caso, valutare un’eventuale impugnazione (se ci sono vizi) oppure chiedere la dilazione. Rimane la speranza di future definizioni, ma al momento nulla prevede la riapertura per avvisi bonari scaduti nel 2020-22 salvo il caso particolare degli scaduti durante lockdown (per i quali c’è stata la finestra fino al 16/12/2021).

D9: In cosa consiste la definizione agevolata prevista dal “Decreto Sostegni” del 2021 per gli avvisi bonari?
R: Si tratta della sanatoria introdotta dall’art.5 commi 1-9 DL 41/2021 (convertito L.69/2021), rivolta agli avvisi bonari 2017-2018 di soggetti con partita IVA che abbiano avuto un calo di fatturato >30% nel 2020 vs 2019. Questa misura consentiva di pagare solo le imposte (e contributi) dovuti, con sanzioni e somme aggiuntive azzerate, a condizione di rispettare i requisiti e di presentare un’autodichiarazione sul calo e sugli aiuti di Stato ricevuti. In pratica un “condono” delle sanzioni per i contribuenti più colpiti dal Covid. Era una misura una tantum, gestita dall’Agenzia tramite invio di comunicazioni di ricalcolo tra fine 2021 e 2022. Se hai beneficiato di questa definizione, dovresti aver pagato le somme entro le scadenze previste (di solito 60 gg dall’avviso bonario “agevolato” inviato dall’Agenzia). Questa misura è distinta da quella del 2023 e non richiede ulteriori adempimenti oggi (se sei nei requisiti e hai pagato, la tua posizione 2017-18 è a posto). Attenzione: chi ha aderito a questa definizione Covid doveva includerla nell’“autodichiarazione Aiuti Covid” entro novembre 2022, in quanto è stata considerata aiuto di Stato.

D10: Ho un avviso bonario rateizzato e sto pagando regolarmente: la definizione 2023 mi riduce automaticamente le sanzioni?
R: , se il tuo piano rateale era in corso al 1° gennaio 2023 e non eri decaduto, rientri nel comma 155 L.197/2022. Ciò significa che sulle rate residue la parte di sanzioni viene ricalcolata al 3% e quindi pagherai meno di quanto originariamente previsto. L’Agenzia ha specificato che la condizione è di proseguire i pagamenti senza soluzione di continuità secondo il piano. In pratica, continua a pagare le rate alle scadenze; l’Agenzia dovrebbe averti inviato (o ti invierà) un prospetto di ricalcolo. Se non l’hai ricevuto, contatta l’ufficio per avere conferma degli importi aggiornati. In genere, i pagamenti già fatti fino al 31/12/2022 restano validi, e dal 2023 in poi si applica la sanzione ridotta sul rimanente. Ad esempio, se a fine 2022 avevi già pagato 4 rate su 8, le sanzioni sulle ultime 4 rate saranno abbattute al 3%.

D11: Cosa succede se salto una rata nella definizione agevolata o pago in ritardo?
R: La definizione agevolata segue le stesse regole di decadenza delle rateazioni ordinarie, con in più la norma sul “lieve inadempimento”. Se ometti di pagare una rata (oltre la tolleranza concessa) o paghi con ritardi gravi, decade il beneficio: in tal caso la definizione si annulla e l’Agenzia iscriverà a ruolo le somme dovute con sanzioni piene al 30% come se non avessi aderito. In particolare, se non paghi la prima rata entro i 30 (o 90) giorni, la definizione salta immediatamente. Se paghi la prima ma poi non paghi una rata successiva entro il termine della rata successiva (cioè salti definitivamente una rata), anche qui decadi. Tuttavia, la legge prevede che se il ritardo è lieve (≤7 giorni) o l’errore di importo è lieve (≤3% e comunque <€10.000), il beneficio non decade. Quindi c’è una piccola finestra di tolleranza: es. paghi una rata con 3 giorni di ritardo – sei coperto da lieve inadempimento, la definizione resta valida. Ma se il ritardo supera 7 giorni, oppure salti del tutto una rata, perdi l’agevolazione. In quel caso, come detto, ti ritroverai una cartella con sanzione intera. Quindi è cruciale, da debitore, non far scadere le rate della definizione.

D12: Ho ricevuto direttamente una cartella di pagamento senza aver mai avuto l’avviso bonario: è normale? Posso fare qualcosa?
R: Può succedere in certi casi: se la cartella si riferisce a somme che tu stesso avevi dichiarato e non versato (es. saldo IRPEF dichiarato e non pagato), l’Agenzia può omettere l’avviso bonario e passare direttamente alla cartella. Ciò è ritenuto legittimo dalla Cassazione, perché non c’è incertezza da chiarire (eri già consapevole del debito dichiarato). Se invece ritieni che l’Agenzia avrebbe dovuto inviarti un avviso (es. perché si tratta di un errore formale o di un controllo su dati non palesi), potresti eccepirlo in ricorso: in passato alcune Commissioni hanno annullato cartelle non precedute da avviso quando la legge lo richiedeva. Ad ogni modo, dal punto di vista pratico, se la cartella è corretta (il debito era dovuto) ti conviene sfruttare la possibilità di pagare entro 30 giorni dalla notifica della cartella per ottenere la riduzione sanzione a 1/3. Infatti, alcune sentenze hanno riconosciuto che in assenza di avviso bonario, il contribuente può comunque usufruire dello sconto se paga velocemente. Non è un diritto sancito da legge, ma è un argomento difensivo in caso di successiva contestazione di sanzioni. In alternativa, puoi impugnare la cartella entro 60 giorni per far valere eventuali vizi (inclusa la mancata notifica dell’avviso bonario, se ritieni fosse obbligatorio e la sua mancanza ti ha leso, magari perché avresti pagato con 10% e ora ti chiedono 30%). Sarà il giudice a valutare se quella omissione comporta nullità o quanto meno riduzione sanzione.

D13: Dopo le novità del 2025, cosa devo aspettarmi di diverso se ricevo un avviso bonario?
R: Se ricevi un avviso bonario nel 2025 o anni successivi, beneficerai di alcune novità positive:

  • Avrai 60 giorni (non più 30) per pagare o rispondere.
  • Se decidi per la rateizzazione, avrai 60 giorni per la prima rata e piani forse più flessibili.
  • Troverai l’avviso bonario anche nel tuo cassetto fiscale online subito dopo l’emissione, quindi potrai scaricarlo o accorgerti dell’esistenza anche se la posta non arriva.
  • Potrai, se lo ritieni opportuno, impugnare l’avviso bonario direttamente entro 60 giorni, senza timore di eccezioni di inammissibilità, poiché ormai è accettato che sia impugnabile.
  • Le sanzioni e interessi non cambiano (salvo la riduzione generale di alcune sanzioni: dal 2023 la sanzione per omesso versamento entro 90 gg è 15%, ma per l’avviso bonario vige sempre la riduzione a 1/3, quindi 10%).
  • Inoltre, la legge delega prevedeva la riduzione al 25% (invece di 30%) della sanzione per ritardato versamento a regime: questo riflesso potrebbe significare che in futuro l’avviso bonario applicherà 8.33% invece di 10%, ma attendiamo decreti attuativi (nel 2025 ancora 10%).

In sostanza, dal punto di vista del debitore, l’avviso bonario 2025 sarà uno strumento un po’ più “user-friendly”: più tempo, più digitale, e con l’eventuale via giudiziaria aperta senza dover subire subito la riscossione. Ciò non toglie che resti fondamentale gestirlo: se non fai nulla in 60 giorni, dopo arriverà comunque la cartella (sempre con 30% di sanzione).

D14: Quali vantaggi concreti ha un’impresa o un professionista ad aderire alla definizione agevolata rispetto, ad esempio, a una rottamazione delle cartelle?
R: La definizione agevolata degli avvisi bonari (3% di sanzioni) e la rottamazione delle cartelle (azzeramento sanzioni e interessi di mora per carichi affidati all’Agente) sono istituti diversi, con tempistiche e condizioni proprie. Per un’impresa o professionista, definire l’avviso bonario prima che diventi cartella ha i seguenti vantaggi rispetto ad attendere la cartella e poi rottamarla:

  • Sanzione ridotta vs sanzione zero: a prima vista la rottamazione è più conveniente (0% sanzioni anziché 3%). Tuttavia, la rottamazione riguarda cartelle già emesse, su cui maturano anche gli interessi di mora e l’aggio. Definire in sede bonaria evita proprio l’iscrizione a ruolo, quindi niente aggi di riscossione e niente interessi di mora. La differenza tra 0% e 3% può spesso essere compensata dal risparmio di questi ulteriori oneri.
  • Tempestività e certezza: la definizione bonaria chiude la posizione immediatamente, mentre per rottamare devi aspettare che la cartella sia formata e che il legislatore preveda la rottamazione (non è sempre garantito). Se l’impresa ha bisogno di DURC fiscale o di attestare regolarità, è meglio sistemare prima.
  • Mantenimento del DURF/DURC: un avviso bonario scaduto può portare irregolarità fiscali che precludono il Documento Unico di Regolarità Fiscale; definendolo, l’azienda resta in regola. Se diventa cartella, finché non rottami/paghi la cartella, sei “irregolare”.
  • Dilazione più lunga: la definizione 2023 offre 20 rate trimestrali (5 anni); la rottamazione-quater offriva al massimo 18 rate in 5 anni. Paragonabile, ma la definizione bonaria consente di iniziare a pagare prima (es. prima rata entro 30gg) evitando accumulo di interessi.
  • Vincoli di bilancio e aiuti di Stato: la rottamazione comporta stralcio di interessi e sanzioni che in alcuni casi vanno considerati come aiuti (per imprese con certe caratteristiche). La definizione bonaria con 3% è meno eclatante come beneficio statale.

In breve, per un debitore è solitamente preferibile risolvere in fase bonaria se ne ha la possibilità, anziché far incancrenire il debito fino alla cartella. La rottamazione è un’ancora di salvezza quando ormai il carico è in riscossione. Entrambe le soluzioni sono utili, ma agire prima conviene spesso in termini di reputazione fiscale e gestione finanziaria.

D15: Come incide la definizione agevolata sul casellario fiscale dell’azienda o del professionista?
R: La definizione agevolata, una volta perfezionata col pagamento, viene trattata alla stregua di un adempimento. In altre parole, non risulta una morosità: l’avviso bonario definito non si trasforma in cartella né in altro elemento pregiudizievole. Dunque, l’azienda o professionista risulterà “pulito” dal punto di vista fiscale, come se avesse pagato l’avviso ordinariamente (anche perché ha comunque pagato tutte le imposte dovute, solo con sanzioni ridotte). Questo è rilevante ad esempio per il DURC fiscale (DURF) richiesto negli appalti: avere definito gli avvisi bonari significa non avere ruoli scaduti, quindi si è in regola. Viceversa, se l’avviso bonario resta impagato e va a ruolo, comparirà un debito a ruolo che – se non rateizzato o sospeso – rende irregolari. Inoltre, in caso di definizione agevolata, l’Erario considera chiuso il rapporto tributario per quell’anno e quei rilievi: non potranno essere emanati accertamenti sulle stesse poste (salvo frodi o errori sostanziali non rilevati). Infine, la definizione agevolata non comporta il pagamento di sanzioni “piene”, quindi non incide sul conteggio delle sanzioni penalmente rilevanti (che comunque per omesso versamento non porta a reati, ma è un dettaglio). Insomma, dal punto di vista reputazionale e documentale, aderire alla definizione è come sanare volontariamente, quindi positivo.

D16: Un avviso bonario può riguardare anche contributi previdenziali (es. IVS artigiani, Gestione separata)? Se sì, come funziona la definizione per quella parte?
R: Sì, nelle dichiarazioni dei redditi dei titolari di partita IVA spesso sono liquidati anche contributi previdenziali (es.: contributi INPS artigiani/commercianti sul reddito d’impresa, o contributo alla Gestione Separata per i professionisti senza cassa, o contributo INPS ex Enpals, ecc.). Questi importi vengono anch’essi controllati in modo automatico dall’Agenzia Entrate in qualità di ente che li accerta (in convenzione con l’INPS). Dunque un avviso bonario può includere, oltre a IRPEF/IVA, anche somme aggiuntive previdenziali. La definizione agevolata si estende anche a tali contributi: la legge parla infatti di “imposte e contributi previdenziali” dovuti. Nella pratica, per i contributi previdenziali la riduzione sanzionatoria opera similmente: normalmente sulle irregolarità contributive si applicano “somme aggiuntive” (sanzioni civili) del 10% ridotto, quindi la definizione porta al 3%. La Circolare AE 1/2023 conferma che le sanzioni (o somme aggiuntive) sui contributi sono parimenti ridotte al 3%. Quindi, se il tuo avviso bonario comprendeva €1.000 di contributi INPS non versati con €100 di sanzioni civili, definendo pagherai €1,000 + €30 di somme aggiuntive. L’INPS riconoscerà il pagamento come regolarizzazione. Anche qui vale l’esclusione del 2017-18 solo per chi aveva calo Covid; ma per 2019-21, tutto compreso.

D17: In caso di esito del controllo automatizzato a favore del contribuente (ad esempio maggiore rimborso), viene comunque mandato un avviso bonario?
R: No, se dal controllo automatizzato non emergono irregolarità a carico del contribuente, l’esito può essere di due tipi:

  • Tutto regolare: in tal caso semplicemente non viene inviata alcuna comunicazione (il contribuente “non si accorge di nulla”). L’assenza di comunicazione entro i termini di legge implica che la liquidazione è andata a buon fine.
  • Errore a favore contribuente (ad esempio credito maggiore): se l’Agenzia riscontra un errore che comporta un importo a rimborso superiore o un minor debito per il contribuente, generalmente non emette avviso bonario di pagamento (perché non c’è nulla da pagare), ma può d’ufficio procedere a rettificare il rimborso. In taluni casi, invia una comunicazione per informare della correzione effettuata (ad esempio, rideterminazione di un credito usato in compensazione). Non è però un “invito a pagare”, bensì un esito di liquidazione. Solo se dalla correzione scaturisse comunque un debito residuo, allora sì, quell’importo verrebbe comunicato come da pagare. Ad esempio: contribuente chiede €5.000 di rimborso ma ne spettano €4.000 – l’Agenzia normalmente liquida €4.000 e comunica (spesso direttamente con il provvedimento di rimborso) il disaccordo sul resto. In scenario di definizione agevolata, questi casi non rilevano in termini di pagamenti (poiché non c’è debito da definire, semmai un minor credito). Casi di questo genere rientrano però nella giurisprudenza (Cass. 10732/2025 sopra discussa) dove, se uno ritiene spettante il credito non riconosciuto, deve impugnare l’atto implicito di diniego. Ma non c’è un “avviso bonario” da definire.

D18: Quali sono le fonti normative di riferimento per avvisi bonari e definizione agevolata che dovrei conoscere (come professionista)?
R: Ecco un elenco essenziale:

  • Art. 36-bis D.P.R. 600/1973: disciplina il controllo automatizzato dichiarazioni imposte sui redditi (IRPEF, IRES, add.li).
  • Art. 54-bis D.P.R. 633/1972: controllo automatizzato dichiarazioni IVA.
  • D.Lgs. 18/12/1997 n. 462, in particolare art. 2 co.2 (termini pagamento e sanzione 1/3) e art. 3-bis (rateazione avvisi bonari).
  • Legge 27/07/2000 n. 212 (Statuto contrib.), art. 6 comma 5: prevede l’obbligo di comunicare esiti controllo automatizzato e formale prima della riscossione (diritto al contraddittorio).
  • Legge 29/12/2022 n. 197 (Bilancio 2023), commi 153-159 art.1: definizione agevolata avvisi bonari 2019-21 (sanzioni 3%); commi 160-166: ravvedimento speciale (da cui 36-bis escluso); commi 231-252: rottamazione-quater; commi 222-228: stralcio mini-debiti.
  • D.L. 22/03/2021 n. 41 (Sostegni), art.5 commi 1-9: definizione avvisi bonari Covid 2017-18 (sanzioni 0% per calo 30%).
  • Provvedimento AE 3/12/2021: criteri calo fatturato definizione DL 41/2021.
  • Circolare AE 1/E del 13/01/2023: istruzioni su definizione agevolata L.197/22 (chiarisce ambiti, modalità di pagamento, lieve inadempimento).
  • Circolare AE 2/E del 14/02/2023: chiarimenti su ravvedimento speciale e interazioni con definizione (esclude ravvedimento per somme definibili ex lege).
  • Cass. SS.UU. 2007 nn. 16293 e 16428 (vecchio orientamento: avviso bonario non impugnabile); Cass. 22356/2020 (orientamento attuale: impugnabilità riconosciuta); Cass. 24390/2022 e successive conformi; Cass. 10732/2025 (credito parziale = diniego impugnabile); Cass. 18078/2024 (cartella legittima senza avviso se omesso versamento).

Conoscere queste fonti consente di approfondire ogni specifico dettaglio all’occorrenza.

Esempi pratici e simulazioni (casi italiani reali)

Per meglio comprendere l’impatto concreto degli avvisi bonari scaduti e della definizione agevolata dal punto di vista del debitore, presentiamo alcuni esempi pratici che rispecchiano situazioni ricorrenti affrontate da imprenditori, professionisti e privati in Italia. Ogni caso illustrerà le possibili scelte e conseguenze.

Esempio 1: Avviso bonario non pagato e cartella conseguente
Mario è un commerciante individuale. Nel 2021, a causa di difficoltà di liquidità, non ha versato il saldo IRPEF di €5.000 risultante dalla dichiarazione dei redditi 2020. A novembre 2022 riceve un avviso bonario dall’Agenzia: gli viene richiesto il pagamento di €5.000 di imposta, €500 di sanzioni (10%) e €100 di interessi, totale €5.600, entro 30 giorni. Mario, in quel periodo, ignora la comunicazione (forse sperando in una rottamazione futura) e non paga. L’avviso bonario scade a dicembre 2022 senza pagamento. Nel 2023 l’Agenzia iscrive il debito a ruolo: a marzo 2023 Mario riceve la cartella di pagamento con importo aggiornato. La cartella riporta: imposta €5.000, sanzioni €1.500 (30%), interessi di mora €50 (per pochi mesi su 5.000) e aggio/notifica €100. Totale circa €6.650. Mario ora si trova a dover pagare €1.050 in più rispetto all’opportunità che aveva con l’avviso bonario (€6.650 vs €5.600). Inoltre, la cartella va saldata entro 60 giorni. Mario decide di chiedere la rateazione della cartella in 72 rate mensili: gli viene accordata con rate da ~€92 al mese per 6 anni (più interessi di dilazione 3.5%). Dovrà quindi sobbarcarsi un lungo piano, e risulterà nel frattempo debitore verso AE Riscossione (con possibili limitazioni se chiedesse certificati di regolarità). Se Mario avesse invece aderito all’avviso bonario entro i termini, magari chiedendo 8 rate trimestrali, avrebbe pagato in due anni €5.600 (più piccoli interessi), risparmiando oltre €1.000 e soprattutto evitando la cartella esattoriale. Questo esempio evidenzia come lasciare scadere un avviso bonario comporti costi aggiuntivi e vincoli maggiori.

Esempio 2: Definizione agevolata 2023 vs cartella rottamata
La società Beta S.p.A. ha un debito IVA relativo all’anno d’imposta 2020: nella dichiarazione annuale presentata nel 2021 aveva indicato €50.000 di IVA a debito ma ne ha versati solo €20.000, rimanendo scoperta per €30.000. A settembre 2022 l’Agenzia invia un avviso bonario (36-bis IVA) chiedendo €30.000 di imposta, €3.000 di sanzioni (10%) e €1.200 di interessi = totale €34.200. Beta, in difficoltà ma confidando nel miglioramento futuro, rateizza l’avviso in 8 rate trimestrali: paga la prima rata di circa €4.275 a ottobre 2022 e rispetta le successive fino a aprile 2023. Nel frattempo entra in vigore la definizione agevolata: Beta rientra perché la rateazione era in corso al 1/1/23 e non decaduta. L’Agenzia ricalcola quindi le sanzioni: invece di €3.000 totali (10%), Beta deve €900 totali (3%). Poiché aveva già pagato parte delle sanzioni nelle prime rate, le ultime rate vengono ridotte. Alla fine, Beta pagherà circa €31.200 complessivi invece di €34.200 – un risparmio di €3.000. Supponiamo invece che Beta non avesse aderito all’avviso e fosse andata a ruolo: la cartella per €30.000 avrebbe avuto €9.000 di sanzioni + interessi + aggio. Beta avrebbe potuto tentare la rottamazione-quater: se il ruolo era affidato entro 30/6/22 (forse sì, magari ruolo consegnato in fretta a 06/22), con la rottamazione avrebbe pagato €30.000 + interessi legali dal 60° giorno + oneri notifica (sanzioni e interessi mora azzerati). Forse avrebbe pagato ~€31.000, simile ai €31.200 della definizione. Tuttavia, Beta avrebbe dovuto presentare istanza di rottamazione entro aprile 2023 e iniziare a pagare nel 2023-2024. Invece con la definizione ha iniziato già a pagare nel 2022 e finito nel 2024, risultando fiscale regolare prima. Questo esempio mostra che definire in sede bonaria o rottamare in sede di riscossione spesso porta a costi finali analoghi; ma definire prima consente di risolvere il debito prima e con meno incertezza (la rottamazione doveva essere attivata dal legislatore, non era garantita all’origine).

Esempio 3: Avviso bonario “Covid” 2018 con calo fatturato
Lucia è un’artigiana (ditta individuale) con ricavi 2019 di €100.000 e ricavi 2020 di €60.000 (=> calo 40%). Nel 2018 Lucia aveva versato meno contributi INPS del dovuto e la sua dichiarazione redditi 2019 presentava un debito non pagato di €3.000 tra IRPEF e IVS. L’Agenzia nel 2020 aveva preparato l’avviso bonario, ma per via del DL 34/2020 ne sospende l’invio. Nel 2021, dopo l’entrata in vigore del DL 41/2021, Lucia riceve una “comunicazione di definizione” per il suo avviso bonario 2018: le viene proposto di pagare €3.000 (imposte+contributi) + interessi di €200, senza sanzioni (che sarebbero state €300). Lucia verifica di avere i requisiti (partita IVA attiva, calo >30%) e paga l’importo dovuto in un’unica soluzione entro 30 giorni. Inoltre compila l’autodichiarazione Aiuti di Stato Covid segnalando di aver fruito della definizione per €300 di sanzioni abbuonate. Il risultato: il suo debito 2018 è chiuso senza aver pagato alcuna sanzione. Se Lucia non avesse avuto il calo del 30%, quell’avviso bonario sarebbe arrivato normalmente chiedendo €3.000 + €300 sanzioni; e se non avesse pagato, oggi avrebbe una cartella. Questo caso mostra il beneficio mirato della misura 2021 per i soggetti danneggiati dalla pandemia: Lucia ha risparmiato il 100% delle sanzioni su 2018. Per 2019 e 2020, Lucia è ancora nel range definizione 2023 (3%), quindi in futuro se avrà avvisi su quegli anni, pagherà comunque poco di sanzioni.

Esempio 4: Impugnazione di avviso bonario per credito non riconosciuto
Studio Alfa (Srl) presenta nel 2023 la dichiarazione dei redditi 2022 indicando un credito d’imposta ricerca e sviluppo di €50.000 da utilizzare in compensazione. L’Agenzia, in sede di controllo automatizzato, non riconosce gran parte di tale credito (ritiene alcune spese non ammissibili) e liquida la dichiarazione riducendo il credito a €10.000. Poiché lo Studio aveva già compensato €40.000 durante l’anno, la liquidazione genera un debito di €30.000 (crediti indebitamente utilizzati). Nel 2024 lo Studio riceve un avviso bonario: anziché un pagamento, si comunica un esito con diniego parziale del credito e richiesta di restituire €30.000, con sanzione 10% (€3.000) e interessi. Lo Studio è convinto che il credito fosse legittimo e vuole contestare la posizione del Fisco. Grazie alla giurisprudenza favorevole (Cass. 10732/2025), decide di impugnare immediatamente l’avviso bonario davanti alla Corte di Giustizia Tributaria, chiedendone l’annullamento per violazione dei requisiti del credito solo apparentemente (secondo loro) non spettante. Presenta ricorso entro 60 giorni. Contestualmente, per prudenza, non versa le somme richieste nell’avviso (chiede al giudice la sospensione). Il giudizio andrà avanti forse un paio d’anni: nel frattempo, lo Studio non subirà l’iscrizione a ruolo del debito, perché l’impugnazione congela la situazione (l’Agenzia non può formare cartella mentre pende la causa, al più potrebbe iscrivere il ruolo come provvisorio dopo la sentenza di primo grado se sfavorevole). Se lo Studio vincerà la causa, non dovrà nulla e il credito tornerà ad essere riconosciuto; se perderà, pagherà allora i €30.000 più la sanzione e qualche interesse (probabilmente con cartella post-sentenza). Questo esempio, ispirato a casi reali, evidenzia come per crediti d’imposta contestati convenga agire subito impugnando l’avviso bonario, in quanto è il momento in cui la pretesa del Fisco di negare il credito si manifesta espressamente. Aspettare la cartella avrebbe significato dover pagare intanto (o subire il 30%).

Esempio 5: Avviso bonario non inviato per omesso versamento – opportunità di pagamento ridotto
Giovanni è un professionista che presenta la dichiarazione dei redditi 2023 indicando un debito IRPEF di €8.000, ma per difficoltà finanziare non versa nulla. Poiché la pretesa è relativa a un importo dichiarato dallo stesso Giovanni, l’Agenzia decide di non emettere alcun avviso bonario e trascorsi alcuni mesi affida il debito ad Agenzia Riscossione. Nel 2025 Giovanni riceve direttamente una cartella di pagamento per €8.000 di imposta + €2.400 di sanzioni (30%) + interessi. Giovanni rimane sorpreso di non aver avuto un avviso bonario “di avvertimento”. Informandosi, scopre che in effetti per gli omessi versamenti dichiarati la prassi consente di saltare l’avviso. Tuttavia, conosce il principio espresso da Cassazione che se paga entro 30 giorni dalla notifica cartella dovrebbe aver diritto alla riduzione sanzione. Dunque, entro un mese paga integralmente €8.000 + €800 (il 10% di sanzione) + interessi e rate, e avvisa l’Agente della Riscossione che intende avvalersi di tale beneficio. Se dovesse sorgere controversia (perché formalmente la cartella andrebbe pagata integrale entro 60 gg), Giovanni è pronto a fare ricorso in Commissione invocando l’applicazione equitativa della sanzione ridotta data la mancanza di contraddittorio preventivo. È un caso avanzato e rischioso, ma diversi contribuenti in situazioni analoghe lo hanno fatto e spesso l’ente riscossore accetta, stornando il restante 20% di sanzione successivamente. Questo scenario mostra come un debitore informato possa “simulare” gli effetti di un avviso bonario anche quando non gli è stato concesso, agendo rapidamente sulla cartella.


In tutti questi esempi pratici, il filo conduttore è la necessità per il debitore di conoscere i propri diritti (riduzioni, definizioni, ricorsi) e le proprie opzioni di risposta per minimizzare l’esborso e regolarizzare la propria posizione col Fisco. Un avviso bonario non è mai da prendere alla leggera: rappresenta sì un segnale di anomalia, ma anche un’occasione per chiudere un potenziale contenzioso sul nascere, spesso con condizioni favorevoli. La definizione agevolata introdotta nel 2023 ha ulteriormente incentivato questa via bonaria, premiando i contribuenti che collaborano e pagano (seppur in ritardo) con sanzioni molto attenuate.

Fonti normative e riferimenti utilizzati

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis: disciplina il controllo automatizzato delle dichiarazioni dei redditi e funge da base per l’emissione degli avvisi bonari (comunicazioni di irregolarità).
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis: disciplina il controllo automatizzato delle dichiarazioni IVA, analogo al 36-bis citato.
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2 c.2 e art. 3-bis: regolano rispettivamente la riduzione delle sanzioni ad 1/3 se pagamento entro 30 giorni e la possibilità di rateazione trimestrale degli importi delle comunicazioni di irregolarità.
  • Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), art. 6 c.5: prevede l’obbligo per l’Amministrazione di comunicare al contribuente l’esito dei controlli automatizzati e formali, per consentire la regolarizzazione prima della riscossione coattiva.
  • Decreto-Legge 22 marzo 2021, n. 41, art. 5 commi 1-9 (conv. L. 69/2021): istituisce la definizione agevolata avvisi bonari per soggetti con calo di fatturato Covid, relativa ai periodi d’imposta 2017-2018 (sanzioni azzerate).
  • Provvedimento AE 3 dicembre 2021, prot. 345384/2021: individua i campi delle dichiarazioni fiscali 2019-2020 da considerare per verificare la riduzione del 30% di ricavi/compensi ai fini dell’accesso alla definizione agevolata DL 41/2021.
  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023), art. 1 commi 153-159: introduce la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controlli automatizzati per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021 (sanzioni ridotte al 3%); commi 155-156 estendono il beneficio alle rateazioni in corso al 1/1/23 non decadute. Altri commi collegati: 174-178 (ravvedimento speciale), 222-230 (stralcio ruoli < €1.000), 231-252 (definizione agevolata carichi – rottamazione-quater).
  • Circolare Agenzia Entrate n. 1/E del 13 gennaio 2023: fornisce istruzioni operative sulla definizione agevolata avvisi bonari L.197/2022 (ambito di applicazione, esempi di calcolo, lieve inadempimento). Conferma, ad esempio, il pagamento entro 30 gg (90 gg se telematico) per usufruire della sanzione 3%.
  • Circolare Agenzia Entrate n. 2/E del 14 febbraio 2023: chiarisce l’esclusione delle violazioni da 36-bis dal ravvedimento speciale (commi 174-178 L.197/22), sottolineando che per quegli anni il contribuente può definire con sanzione ridotta e dunque l’Agenzia non consente un ravvedimento “ulteriore”.
  • Ordinanza Corte Cassazione, Sez. Trib., 15 ottobre 2020, n. 22356: afferma la legittima impugnabilità dell’avviso bonario, superando la tassatività formale dell’art.19 D.Lgs.546/92 in favore di una tutela anticipata del contribuente.
  • Sentenza Corte Cassazione, Sez. V, 15 ottobre 2020, n. 22356 (stessa di cui sopra, commentata in dottrina) e successive conformi: orientamento consolidato sulla natura di atto impugnabile dell’avviso bonario.
  • Ordinanza Corte Cassazione, Sez. V, 14 aprile 2025, n. 10732: stabilisce che la comunicazione di irregolarità che riconosce solo parzialmente un credito d’imposta vale come diniego implicito del rimborso per la parte residua e quindi è autonomamente impugnabile.
  • Ordinanza Corte Cassazione, Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 5981: (richiamata in FiscoOggi) conferma che la cartella da controllo automatizzato è valida anche senza avviso bonario quando la pretesa nasce da importi dichiarati e non versati, in quanto l’avviso non è richiesto in assenza di incertezze.
  • Ordinanza Corte Cassazione, Sez. Trib., 1° luglio 2024, n. 18078: ribadisce in massima che l’avviso bonario è necessario “solo quando vengano rilevati errori nella dichiarazione”, mentre non lo è se si tratta di mero omesso versamento di somme esposte in dichiarazione.
  • Ordinanza Corte Cassazione, Sez. VI, 30 gennaio 2014, n. 2024: sancisce che l’omesso invio dell’avviso bonario non costituisce causa di nullità della cartella, ma il contribuente ha comunque diritto alla sanzione ridotta se paga entro 30 giorni dalla cartella (principio poi confermato in Cass. 12023/2019).
  • Decreto Legislativo 8 agosto 2024, n. 108 (attuazione Delega Fiscale): modifica dal 2025 la gestione degli avvisi bonari (60 giorni per rispondere, 60 giorni per prima rata, cassetto fiscale potenziato, conferma impugnabilità).

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