Studio Di Odontoiatria Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi

Il tuo studio di odontoiatria ha debiti e la situazione economica sta diventando insostenibile?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, pignoramenti, decreti ingiuntivi o solleciti da banche, fornitori, finanziarie o enti pubblici e temi che questo possa compromettere la continuità dell’attività e la tua reputazione professionale? In questi casi è fondamentale conoscere i tuoi diritti, agire legalmente per difenderti e sfruttare strumenti efficaci per proteggere il patrimonio, lo studio e il rapporto con i pazienti.

Quando uno studio di odontoiatria può trovarsi con debiti
– Quando ha contratto mutui, leasing o finanziamenti per acquistare apparecchiature costose, arredamenti o ristrutturazioni e non riesce più a pagare le rate
– Quando ha accumulato debiti verso fornitori di materiali, protesi o servizi essenziali
– Quando ha arretrati fiscali o contributivi verso Agenzia delle Entrate, INPS o altri enti
– Quando un calo della clientela, concorrenza aggressiva o mancati pagamenti dei pazienti hanno ridotto la liquidità
– Quando spese impreviste, contenziosi legali o costi di personale hanno aggravato la situazione finanziaria

Cosa può accadere a uno studio di odontoiatria con debiti
– Pignoramento dei conti correnti aziendali o personali, con blocco delle operazioni ordinarie
– Pignoramento presso terzi dei crediti verso pazienti, assicurazioni o convenzioni
– Iscrizione di ipoteche sugli immobili dello studio
– Revoca di affidamenti bancari e difficoltà ad accedere a nuova liquidità
– Perdita di fornitori e interruzione di forniture di materiali fondamentali
– Nei casi più gravi, rischio di chiusura forzata o avvio di procedure concorsuali

Cosa può fare uno studio di odontoiatria per difendersi dai debiti
– Far verificare da un avvocato la natura, la legittimità e l’esigibilità dei debiti, individuando eventuali posizioni prescritte o contestabili
– Per debiti fiscali o contributivi, attivare rateizzazioni, rottamazioni o saldo e stralcio
– Accedere a procedure di composizione negoziata della crisi o concordato preventivo per ristrutturare i debiti e continuare l’attività
– Negoziare con banche e fornitori piani di rientro sostenibili per ridurre interessi e penali
– Proteggere gli immobili e le attrezzature con strumenti giuridici legittimi
– Bloccare o sospendere azioni esecutive quando esistono i presupposti legali

Cosa può ottenere uno studio di odontoiatria con la giusta assistenza legale
– La sospensione di pignoramenti, ipoteche e altre azioni esecutive
– La riduzione significativa del debito complessivo tramite accordi o procedure giudiziarie
– La tutela degli immobili, delle attrezzature e dell’avviamento professionale
– La possibilità di ristrutturare i debiti senza interrompere l’attività
– Il recupero della stabilità economica e gestionale
– La salvaguardia della reputazione e del rapporto di fiducia con i pazienti

Attenzione: anche uno studio dentistico con un buon giro d’affari può trovarsi improvvisamente in gravi difficoltà economiche. Tuttavia, esistono strumenti legali e strategie di difesa che possono evitare il tracollo e permettere di continuare a operare. Agire in fretta è la chiave per evitare che la crisi diventi irreversibile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, tutela delle attività sanitarie private e difesa del patrimonio – ti spiega cosa fare se il tuo studio di odontoiatria ha debiti, come proteggerti e come risolvere legalmente la crisi finanziaria.

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Introduzione

Un studio dentistico in difficoltà finanziaria deve innanzitutto valutare la gravità della crisi: si tratta di un temporaneo squilibrio di liquidità o di una vera insolvenza conclamata? La normativa italiana definisce lo stato di sovraindebitamento come la situazione di crisi o insolvenza in cui il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Questa condizione può riguardare sia il dentista come professionista individuale sia l’ente o società con cui eventualmente esercita l’attività odontoiatrica.

L’obiettivo di questa guida è fornire, dal punto di vista del debitore, un quadro avanzato degli strumenti di difesa e delle soluzioni giuridiche disponibili a luglio 2025 per uno studio dentistico oberato dai debiti. Verranno esaminati i riferimenti normativi italiani aggiornati (tra cui il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019, e la legge sul sovraindebitamento 3/2012 modificata), le procedure concorsuali (come il concordato preventivo) e quelle per sovraindebitamenti minori (piano del consumatore, concordato minore, ecc.), nonché gli strumenti di risoluzione stragiudiziale. Il taglio è avanzato ma con linguaggio divulgativo, rivolto sia a professionisti legali che ai debitori (dentisti titolari di studio, privati o piccoli imprenditori). Troverete inoltre domande frequenti con risposte chiare, tabelle riepilogative per confrontare le opzioni e simulazioni pratiche di casi reali (riferiti all’Italia) per comprendere come applicare le soluzioni esaminate. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate (aggiornate al 2025) sono riportate in fondo alla guida.

1. Contesto e cause della crisi di uno studio dentistico

Gestire uno studio odontoiatrico oggi presenta costi fissi elevati (personale assistente, affitto o mutuo dei locali, attrezzature tecniche costose), a fronte di ricavi spesso incerti o in calo (complice la crescente concorrenza e, in anni recenti, le restrizioni dovute alla pandemia). Un dentista libero professionista con partita IVA oppure una società odontoiatrica può accumulare debiti per diversi motivi comuni:

  • Investimenti e attrezzature: l’acquisto di riuniti, strumenti radiografici, laser e altre tecnologie può richiedere finanziamenti bancari onerosi. Se i ricavi attesi non coprono le rate, il debito cresce.
  • Prestiti bancari e leasing: mutui per lo studio o leasing operativi per apparecchiature generano esposizioni significative. Tassi di interesse elevati possono aggravare l’insoluto se si verificano ritardi nei pagamenti.
  • Debiti fiscali e contributivi: il titolare può accumulare arretrati verso l’Erario (IVA, IRPEF o IRES, imposte sugli incassi) e verso enti previdenziali (contributi INPS per eventuali dipendenti; cassa professionale medici/odontoiatri come ENPAM). Le cartelle esattoriali per imposte non pagate comportano sanzioni e interessi, diventando debiti privilegiati difficili da ridurre.
  • Mancati pagamenti dei pazienti: ritardi o insolvenze nei pagamenti da parte della clientela (soprattutto se lo studio pratica finanziamenti o rateizzazioni ai pazienti) possono creare buchi di cassa.
  • Spese legali e contenziosi: un contenzioso (ad esempio un risarcimento per malpractice, o liti con ex-soci) può generare debiti da sentenze sfavorevoli.
  • Contributi e fornitori: il personale di studio (assistenti, igienisti, segretarie) comporta contributi obbligatori e TFR; se non versati si accumulano debiti con l’INPS. Analogamente i fornitori di materiale dentale, laboratori odontotecnici e servizi vari (utenze, ecc.) sono creditori chirografari che possono agire per il pagamento.

Quando i debiti superano la capacità reddituale dello studio e il dentista non riesce più a pagarli regolarmente, si configura lo stato di sovraindebitamento. È fondamentale distinguere tra le diverse situazioni giuridiche del debitore, poiché da esse dipendono le soluzioni applicabili:

  • Dentista come persona fisica (libero professionista): se l’attività è svolta individualmente (partita IVA personale), il dentista non è un imprenditore commerciale in senso tecnico. Pertanto non è soggetto alle classiche procedure fallimentari, ma può accedere alle procedure di sovraindebitamento riservate a debitori civili e piccoli imprenditori (ai sensi della L.3/2012 e ora del Codice della Crisi). Ad esempio, un dentista con debiti personali può proporre un piano del consumatore (se i debiti non derivano dalla sua attività professionale) oppure un concordato minore (se i debiti sono legati all’attività professionale). Queste procedure “minori” richiedono che il debitore sia meritevole (assenza di colpa grave o frode nel causare i debiti) e permettono di evitare il fallimento, ottenendo eventualmente l’esdebitazione finale (la cancellazione dei debiti residui).
  • Studio organizzato in forma societaria (es. S.r.l. odontoiatrica): se l’attività dentistica è esercitata tramite una società commerciale (ad esempio una S.r.l. che gestisce una clinica odontoiatrica), essa rientra tra i soggetti fallibili e quindi è assoggettabile alle procedure concorsuali ordinarie. In caso di insolvenza rilevante, la società può chiedere un concordato preventivo (per evitare il fallimento mediante un accordo con i creditori) o subire un’istanza di liquidazione giudiziale (nuova denominazione del fallimento). Va sottolineato che i soci di una S.r.l. godono di responsabilità limitata: i creditori sociali non possono aggredire i beni personali del dentista socio, salvo il caso in cui egli abbia fornito garanzie personali (es. fideiussioni) per i debiti della società. In presenza di garanzie personali, il fallimento della società può riflettersi sul patrimonio personale del dentista-garante.
  • Debiti promiscui (privati vs. professionali): spesso il dentista ha sia debiti legati all’attività (forniture, leasing, imposte professionali) sia debiti personali (mutuo casa, prestiti personali). Questa distinzione è rilevante: per accedere al piano del consumatore è necessario che i debiti siano esclusivamente di natura personale o familiare (non “per fini imprenditoriali o professionali”). Se invece buona parte dei debiti deriva dall’attività dello studio, il dentista dovrà orientarsi verso il concordato minore (procedura riservata a piccoli imprenditori e professionisti) e non potrà qualificarsi come “consumatore” puro. In caso dubbio, sarà il giudice a valutare la prevalenza delle obbligazioni e l’ambito corretto.

Tempestività e trasparenza sono due principi chiave nella gestione della crisi. Il legislatore premia il debitore che affronta prontamente la situazione e agisce in buona fede: ritardare e accumulare ulteriori debiti potrebbe precludere alcune soluzioni o configurare comportamenti di aggravamento doloso del dissesto. Inoltre, qualunque procedura scelta richiederà di esibire una contabilità chiara e completa: tentare di occultare beni o porre in essere atti in frode ai creditori (come vendite simulate di beni personali, spostamento di denaro su conti terzi, ecc.) può portare alla non omologazione del piano e persino a responsabilità penali per il dentista (es. reati di bancarotta fraudolenta, se applicabili).

Tipologie di debiti e azioni dei creditori

Per comprendere come difendersi, è utile distinguere le principali tipologie di debito che uno studio dentistico può avere, poiché ognuna comporta diversi rischi e strumenti di recupero da parte dei creditori:

  • Debiti bancari e finanziari: includono mutui per lo studio, finanziamenti per attrezzature, scoperti di conto e leasing. Le banche in genere chiedono garanzie reali (ipoteche su immobili, pegni su beni) o fideiussioni personali del dentista. In caso di insolvenza, dopo aver eventualmente ottenuto un decreto ingiuntivo, la banca può procedere al pignoramento dei beni dati in garanzia (es. ipoteca su un immobile: esecuzione immobiliare) o aggredire il patrimonio del garante. È frequente che gli istituti di credito tentino inizialmente un piano di rientro negoziato, ma se fallisce attiveranno procedure esecutive veloci. Per difendersi, il debitore può: opporsi a eventuali pretese illegittime (es. interessi usurari o anatocismo, da far valere con perizie), oppure attivare strumenti concorsuali che impongono uno stay (blocco) delle azioni esecutive durante le trattative (come vedremo, ad esempio, nella composizione negoziata o nel concordato preventivo).
  • Debiti verso fornitori e altri professionisti: questi creditori (chirografari, ovvero senza garanzie) possono fare causa per ottenere un titolo esecutivo (sentenza o decreto ingiuntivo) e poi procedere con pignoramenti sui beni dello studio o sui conti correnti. Possono essere pignorati sia i beni mobili presenti nello studio (dalle scorte di materiale fino ai macchinari, salvo i limiti di legge di cui si dirà) sia i crediti verso terzi (ad esempio, somme dovute da pazienti o rimborsi assicurativi, tramite pignoramento presso terzi), nonché i conti bancari personali o intestati allo studio. In queste situazioni, difendersi significa: negoziare transazioni stragiudiziali prima che si arrivi all’esecuzione (spesso il saldo e stralcio, ossia la chiusura del debito con pagamento parziale concordato, è una soluzione), oppure, se l’esecuzione è iniziata, valutare opposizioni formali per vizi di procedura o sfruttare le esenzioni legali (ad esempio, gli strumenti indispensabili alla professione sono impignorabili, come si dirà di seguito). L’avvio di una procedura concorsuale (concordato, ecc.) sospende o impedisce nuovi pignoramenti, costringendo i fornitori a trattare nell’ambito della procedura stessa.
  • Debiti fiscali (Erario) e contributivi: comprendono imposte non versate (IVA, ritenute d’acconto, IRAP, ecc.) e contributi previdenziali non pagati (INPS per dipendenti, eventualmente gestione separata INPS per collaboratori, ed ENPAM per il dentista stesso se iscritto all’albo dei medici). Questi debiti, una volta accertati, vengono iscritti a ruolo e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) emette le cartelle esattoriali. In caso di mancato pagamento della cartella, la riscossione coattiva procede con atti come il fermo amministrativo (blocco di veicoli), l’ipoteca su immobili di proprietà e il pignoramento esattoriale di beni o conti. Tuttavia, la legge prevede alcune tutele per il contribuente: ad esempio, l’AE-Riscossione non può pignorare la prima casa del debitore se questa è l’unico immobile di proprietà, adibito a residenza e non di lusso (pur potendo iscrivere ipoteca). Inoltre il debitore può chiedere una rateizzazione amministrativa del debito fiscale (fino a 72 o 120 rate a seconda dell’importo e dello stato di difficoltà), durante la quale le azioni esecutive sono sospese. Periodicamente, lo Stato introduce misure di definizione agevolata (es. la rottamazione delle cartelle), che consentono di pagare il dovuto scontando sanzioni e interessi: queste opportunità vanno attentamente valutate appena disponibili, perché potrebbero ridurre sensibilmente l’esposizione fiscale. Nelle procedure concorsuali, i crediti erariali godono di privilegi e regole speciali: in un concordato preventivo ordinario vige il principio che le imposte e i contributi non possono essere falcidiati oltre una certa misura (devono essere pagati almeno in parte significativa, salvo accordo di transazione fiscale). Invece, nelle procedure di sovraindebitamento “minori”, è ammessa una certa dilazione e riduzione, pur con limiti (si veda §4).
  • Debiti per canoni di locazione o mutui immobiliari: se lo studio è in affitto, il proprietario dei locali può agire per sfratto per morosità e chiedere il pagamento dei canoni arretrati: questi crediti, se muniti di titolo (es. decreto ingiuntivo, o la stessa ordinanza di sfratto), possono poi essere riscossi con pignoramento dei beni del conduttore. Se invece il dentista ha un mutuo ipotecario sull’immobile dello studio (o sulla propria abitazione usata anche come studio), la banca può, in caso di insolvenza prolungata, avviare l’espropriazione immobiliare. Anche qui, strumenti di risanamento come il piano del consumatore o il concordato minore consentono di congelare momentaneamente queste azioni e proporre una ristrutturazione del debito ipotecario (ad es. allungando i termini di pagamento come vedremo nelle FAQ).
  • Debiti verso il personale o collaboratori: riguardano stipendi non pagati, TFR maturato, compensi a collaboratori (igienisti, anestesisti, ecc.). Questi crediti di lavoro hanno privilegio generale sui mobili del debitore (ex art. 2751-bis c.c.), il che significa che in caso di procedura concorsuale verranno soddisfatti con priorità su altri crediti chirografari. I dipendenti possono ottenere decreto ingiuntivo per salari non corrisposti e attivare pignoramenti; tuttavia, se lo studio cessa l’attività e i dipendenti vengono licenziati, possono accedere al Fondo di garanzia INPS per TFR e ultime mensilità, riducendo il rischio di azioni dirette contro il datore di lavoro. Nelle soluzioni concordate, i crediti dei lavoratori dovranno essere preferibilmente pagati integralmente o quasi, data la loro natura privilegiata.

Beni essenziali e limiti al pignoramento: il nostro ordinamento, pur consentendo ai creditori di aggredire i beni del debitore, prevede alcune tutele per garantire la dignità e la continuità lavorativa. Ad esempio, gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione non possono essere pignorati dai creditori ordinari (art. 515 c.p.c.), a meno che il creditore procedente sia proprio il venditore o finanziatore di quei beni. Ciò significa che un dentista può opporre ai creditori l’impignorabilità di attrezzature fondamentali come il riunito odontoiatrico, i trapani, i macchinari radiologici, in quanto strumenti essenziali al suo lavoro. Questa protezione non è assoluta: attrezzature particolarmente costose o non direttamente legate all’attività curativa potrebbero non rientrare nell’esenzione. Inoltre, come detto, se il fornitore che ha venduto quello specifico macchinario agisce per il pagamento, egli può chiederne il pignoramento (trattandosi del creditore per il prezzo). Un altro esempio è la prima casa del debitore: come accennato, il fisco non può procedere alla vendita forzata in presenza dei requisiti di legge (unica casa di residenza, non di lusso), mentre i creditori privati sì, salvo che la casa sia conferita in un fondo patrimoniale o altro strumento di tutela antecedente ai debiti (strumenti che però offrono protezioni limitate e possono essere revocati se costituiti in frode ai creditori). In sostanza, il dentista indebitato deve conoscere i propri diritti di difesa passiva (cose non pignorabili, termini di prescrizione dei debiti, ecc.) ma soprattutto attivarsi con gli strumenti attivi di gestione della crisi, di cui trattiamo nei prossimi paragrafi, per evitare di subire l’erosione incontrollata del proprio patrimonio.

2. Normativa di riferimento (Italia, luglio 2025)

Le soluzioni alla crisi di uno studio dentistico si basano su un complesso di norme introdotte nell’ultimo decennio, che vanno dalla riforma organica delle procedure concorsuali d’impresa fino alle specifiche tutele per i debitori civili sovraindebitati. In sintesi, i pilastri normativi di riferimento sono:

  • Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – Entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022, questo codice ha sostituito la vecchia Legge Fallimentare del 1942. Esso si applica agli imprenditori commerciali e alle società in crisi, ma contiene anche disposizioni generali e comuni ad alcune procedure di sovraindebitamento. Nel Codice sono disciplinati istituti come il concordato preventivo, la liquidazione giudiziale (nuovo nome del fallimento), gli accordi di ristrutturazione dei debiti e l’innovativa composizione negoziata della crisi (artt. 17-25 quinquies, introdotta nel 2021). Il Codice della Crisi (spesso abbreviato CCII) recepisce anche la direttiva UE 2019/1023 in materia di ristrutturazione preventiva, grazie ai correttivi emanati nel 2022-2024 (D.Lgs. 83/2022, 83/2023 e 136/2024), introducendo ad esempio nuovi strumenti come il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e modificando soglie e maggioranze per talune procedure. Pur essendo focalizzato sulle imprese, il CCII detta anche principi generali (meritevolezza del debitore, criteri di trattamento dei crediti, ecc.) validi anche per i debitori civili, in quanto richiama molte disposizioni della vecchia legge fallimentare applicabili alle procedure minori.
  • Legge 3/2012 sul sovraindebitamento (come modificata) – Questa legge, significativamente emendata prima dalla L. 176/2020 e poi integrata nel Codice della Crisi, disciplina le procedure dedicate ai debitori non fallibili, ossia privati, professionisti, imprenditori sotto soglia, enti non commerciali. Pur essendo ormai confluite nel CCII, tali procedure vengono comunemente ancora chiamate con i riferimenti della L.3/2012. In particolare, oggi possiamo individuare quattro percorsi principali per il sovraindebitamento:
    1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “piano del consumatore”): riservato al debitore persona fisica che ha contratto obbligazioni estranee all’attività di impresa o professionale. Non richiede il voto dei creditori, ma solo l’omologazione del giudice, previa verifica della meritevolezza e della convenienza del piano.
    2. Concordato minore (già “accordo di composizione” ex L.3/2012): destinato al piccolo imprenditore o professionista sovraindebitato (ad esempio il dentista con partita IVA, o una S.r.l. sotto soglia). Richiede l’accordo della maggioranza dei creditori (almeno 50% dei crediti) e l’omologazione giudiziale. Viene gestito con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e consente la continuazione dell’attività durante l’esecuzione del piano.
    3. Liquidazione controllata del patrimonio: è l’equivalente di un fallimento semplificato per le persone fisiche non fallibili. Su richiesta del debitore (o talvolta di un creditore o del PM, in base al CCII) si apre una procedura in cui tutti i beni del debitore sono liquidati da un curatore nominato dal tribunale. Al termine, se il debitore ha collaborato ed è meritevole, può ottenere l’esdebitazione dei debiti residui. Questa procedura viene scelta quando non vi sono prospettive di risanamento e si vuole chiudere la posizione debitoria in modo ordinato.
    4. Esdebitazione del debitore incapiente: è uno strumento speciale (introdotto nel 2020) che permette al debitore persona fisica privo di beni di ottenere la cancellazione dei propri debiti senza doverli pagare, una tantum. Può essere concessa dal tribunale se il debitore è meritevole, non ha atti in frode, e non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità presente o futura. In pratica il debitore nullatenente presenta un’istanza di esdebitazione tramite un OCC, allegando documentazione dettagliata su debiti, redditi e cause dell’insolvenza; se il giudice accerta che davvero non vi sono capacità di rimborso, emette un decreto che libera il debitore da tutti i debiti chirografari dopo 4 anni (durante i quali, se sopravvengono risorse significative – ad es. una grande eredità – dovrà usarle in parte per pagare almeno il 10% ai creditori). L’esdebitazione “a zero” non è però concessa frequentemente, specie se il richiedente ha ancora un’attività in corso: di solito si riserva ai casi sociali estremi (pensionati indebitati, disoccupati, ecc.). Un dentista in attività, infatti, avrà quasi sempre qualche bene o reddito liquidabile, e quindi rientrerà nelle procedure di cui ai punti 1-3.
  • Codice Civile e altre normative rilevanti: restano applicabili le norme codicistiche in materia di obbligazioni e garanzie. Ad esempio, il principio generale di responsabilità patrimoniale illimitata (art. 2740 c.c.) implica che il dentista risponde dei debiti con tutti i suoi beni presenti e futuri (salvo le eccezioni di impignorabilità di cui all’art. 514-515 c.p.c. già menzionate). In sede concorsuale, la graduatoria dei crediti segue le privilegi stabiliti dal Codice Civile (artt. 2745 ss., e in particolare l’art. 2751-bis c.c. per i crediti di lavoro e professionali). Inoltre, vanno considerate normative speciali come: il D.Lgs. 472/1997 (che regola sanzioni tributarie, alcune riducibili in caso di concordati), il D.P.R. 602/1973 (per la riscossione esattoriale, che all’art. 72-ter prevede il limite sul pignoramento dell’unica casa), e i vari decreti “saldo e stralcio” e “rottamazione” delle cartelle che si sono susseguiti (da ultimo, ad esempio, la definizione agevolata introdotta con L.197/2022 – Legge di Bilancio 2023). Tali misure straordinarie, quando disponibili, vanno utilizzate prima o anche in parallelo alle procedure concorsuali, perché possono alleggerire il peso dei debiti fiscali e contributivi.

In conclusione, chi si trova a gestire uno studio dentistico indebitato deve muoversi con cognizione sia nell’ambito del diritto della crisi d’impresa (per le situazioni assimilabili a un’impresa) sia in quello del sovraindebitamento civile. La scelta della strada giuridica più adatta dipenderà dalla forma giuridica dello studio (ditta individuale vs società), dall’ammontare totale dei debiti, e dalla composizione del passivo (percentuale di debiti con garanzie, debiti privilegiati come fisco e dipendenti, e debiti chirografari). Nei paragrafi seguenti illustreremo le principali opzioni a disposizione del debitore e come funzionano in pratica.

3. Soluzioni e procedure per risanare il debito dello studio

Passiamo ora in rassegna le opzioni disponibili per affrontare e risolvere la situazione debitoria. Tali soluzioni possono essere stragiudiziali (negoziate privatamente con i creditori, se possibile) oppure giudiziali/concorsuali (attivate con l’ausilio del tribunale o di un organismo ausiliario). La panoramica seguente è organizzata per tipologia di procedura e soggetti a cui è rivolta; una tabella riepilogativa comparativa è fornita più avanti per visualizzare le differenze salienti.

  • Composizione negoziata della crisi (D.L. 118/2021, art. 17-25 quinquies CCII): è uno strumento introdotto nel 2021, di natura volontaria e confidenziale, finalizzato a evitare il ricorso al tribunale attraverso un accordo facilitato. Può accedervi qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, inclusi i professionisti organizzati in forma d’impresa, in situazione di pre-crisi o di crisi reversibile. Il dentista titolare di uno studio, pur non essendo imprenditore commerciale, potrebbe accedere se la sua attività è assimilabile a un’impresa (ad esempio uno studio associato con struttura complessa). Nella composizione negoziata, il debitore presenta istanza alla Camera di Commercio, che nomina un esperto indipendente (gestore della crisi) per assistere nelle trattative. Durante la procedura:
    • Si possono ottenere misure protettive dal tribunale, come la sospensione dei pignoramenti e delle azioni esecutive in corso, per un periodo iniziale di 30 giorni rinnovabile fino a 4 mesi (90 + 60 giorni, secondo le modifiche in vigore).
    • L’esperto aiuta a predisporre un piano di risanamento dell’attività e a condurre negoziati con i creditori principali (banche, fornitori strategici, Fisco). Non c’è un “voto” formale dei creditori, ma si cerca il consenso individuale di ciascuno a soluzioni concordate.
    • Se si raggiunge un accordo con la totalità (o la stragrande maggioranza) dei creditori, questo può essere formalizzato in diversi modi: contratti di ristrutturazione, nuove finanziamenti assistiti da privilegio, ecc. In caso contrario, il debitore può comunque accedere a una procedura concorsuale semplificata (il concordato semplificato per la sola liquidazione, previsto dall’art. 25-sexies CCII) senza dover passare per il voto dei creditori, come “uscita di emergenza”.
    Quando usarla: la composizione negoziata è consigliabile se il dentista vuole continuare l’attività e la crisi è ancora gestibile con accordi extragiudiziali. Ad esempio, se lo studio ha prospettive di ripresa (nuovi pazienti, riduzione costi) ma ha bisogno di tempo e di rinegoziare debiti, questo strumento offre una cornice protetta per farlo. Un vantaggio è la riservatezza: la procedura non è pubblica (se non si richiede la protezione formale) e può concludersi in pochi mesi con un accordo, evitando il “marchio” di un fallimento. Di contro, richiede la collaborazione volontaria dei creditori: se alcuni si chiamano fuori o sono troppi per trovar l’accordo, potrebbe fallire.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 57 e 60, 64 CCII): è una procedura concorsuale in senso lato, perché coinvolge il tribunale per l’omologazione, ma è basata su un accordo volontario con una parte dei creditori. Il debitore (di regola società o imprenditore, ma accessibile anche ai professionisti organizzati in forma d’impresa) elabora un piano di risanamento che deve essere approvato da almeno il 60% dei creditori (nel Codice attuale, elevato al 66% in certi casi). Se si raggiunge tale maggioranza, il tribunale può omologare l’accordo rendendolo vincolante anche per i creditori dissenzienti minoritari. Esistono vari tipi di accordi:
    • Ordinario: richiede il 60% dei consensi e non coinvolge automaticamente i creditori privilegiati dissenzienti (che vanno pagati integralmente salvo accordo diverso).
    • Agevolato o ad efficacia estesa: introdotto dalle riforme recenti, consente di estendere gli effetti anche a creditori non votanti, a certe condizioni, e può abbassare la soglia di voto per PMI.
    • Con intermediari finanziari: se riguarda prevalentemente banche, c’è una disciplina specifica (accordi di ristrutturazione dei debiti finanziari).
    Nel contesto di uno studio dentistico, un accordo di ristrutturazione sarebbe ipotizzabile se l’attività è societaria e con un numero ristretto di creditori importanti (es. due banche e il fisco). Se questi, rappresentanti i 2/3 del debito, aderiscono al piano (magari per evitare perdite maggiori), l’accordo viene omologato dal tribunale e diventa vincolante. Il beneficio è che l’accordo evita il fallimento e si svolge con maggiore snellezza rispetto a un concordato (ad esempio, non c’è il voto di tutti i creditori in adunanza, ma solo raccolta firme). Inoltre, l’accordo può prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione: dilazioni pluriennali, falcidia (riduzione) di crediti chirografari, cessione di beni, conversione di debiti in quote societarie, ecc., purché il piano sia sostenibile e migliore per i creditori rispetto a una liquidazione. Va notato però che, a differenza di un concordato, l’accordo di ristrutturazione non consente di imporre tagli ai creditori pubblici senza il loro consenso: in pratica Agenzia Entrate e INPS devono aderire espressamente (cosa non scontata, spesso preferiscono la procedura concorsuale). Nel 2024, con il D.Lgs. 136/2024, la normativa ha previsto facilitazioni per le PMI abbassando la soglia di debiti rilevanti a 50 milioni di € (ben oltre la scala di uno studio dentistico tipico) e introducendo possibilità di moratorie fiscali.
  • Concordato preventivo (artt. 84-120 CCII): è la procedura concorsuale “classica” destinata alle imprese insolventi di dimensioni rilevanti o comunque fallibili. Non è accessibile al professionista individuale non imprenditore, ma lo citiamo qui perché potrebbe riguardare una società odontoiatrica strutturata (es. clinica con più sedi). Il concordato preventivo si attiva su richiesta del debitore che presenta un piano dettagliato da sottoporre al voto di tutti i creditori. Le caratteristiche principali:
    • Può essere liquidatorio (se prevede la cessione o liquidazione di tutti i beni aziendali per pagare i creditori) oppure in continuità aziendale (se prevede la prosecuzione dell’attività, magari ridimensionata, con pagamento dei creditori col flusso di cassa futuro). Anche forme miste sono possibili.
    • Richiede il voto favorevole di una maggioranza di crediti ammessi al voto (almeno il 50% del totale dei crediti votanti). Se ci sono classi di creditori, va rispettata la maggioranza in ciascuna classe o, in mancanza, il tribunale può imporre il concordato se ritiene comunque equo (cram down interclassario, secondo CCII).
    • Dopo il deposito della domanda, il tribunale concede misure protettive: automatic stay di tutte le azioni esecutive e cautelari. Viene nominato un commissario giudiziale che vigila durante la procedura.
    • Se il piano viene approvato e omologato, i creditori sono obbligati ad accettare le condizioni proposte (riduzione dei crediti, dilazioni, ecc.). Se invece non passa, l’azienda di regola viene avviata alla liquidazione giudiziale (salvo altre soluzioni last-minute).
    Nota fiscale: Un punto di attenzione per imprese come le società mediche è la transazione fiscale nel concordato. La legge consente di includere nel piano proposte di pagamento parziale di imposte e contributi, ma l’adesione dell’Erario è soggetta a regole restrittive. In passato (art. 182-ter L.F.) vi era il cosiddetto concordato biennale per il fisco, che consentiva di dilazionare il pagamento dei tributi in 24 mesi; oggi con il CCII la disciplina è parzialmente diversa ma resta la possibilità di accordi specifici col fisco entro certi limiti. Applicabilità: per un studio dentistico, il concordato preventivo sarà eccezionale, applicabile solo se è gestito da una società di capitali con debiti molto alti. Il vantaggio è la ampia flessibilità (si possono coinvolgere tutti i creditori in un’unica soluzione) e la possibilità di continuare l’attività sotto protezione, anche vendendo il business a terzi durante la procedura. Lo svantaggio sono i costi elevati e la complessità: serve una struttura amministrativa, relazioni di attestatori, spese legali e di commissario, ecc., giustificabili solo per crisi di dimensione considerevole.
  • Concordato minore (accordo di composizione) – ex L.3/2012: già introdotto sopra come procedura da sovraindebitamento, merita qualche dettaglio ulteriore. Si tratta in effetti di un mini-concordato pensato proprio per i piccoli debitori non fallibili, tra cui rientrano il professionista e l’imprenditore sotto soglia. Viene avviato su istanza del debitore al tribunale competente, il quale nomina un OCC (organismo di composizione) o un professionista gestore. Le fasi principali:
    • Presentazione del piano con indicazione analitica di debiti, creditori, eventuali risorse aggiuntive (anche di terzi) e modalità di soddisfacimento. Deve essere accompagnato da una relazione del gestore della crisi che attesta fattibilità e convenienza.
    • Raccolta del voto dei creditori: non c’è un’assemblea formale come nel concordato preventivo, ma i creditori vengono invitati ad esprimere il loro consenso. Serve il sì di almeno il 50% dei crediti per poter procedere. (Nota: se ci sono creditori privilegiati a cui il piano propone una riduzione o dilazione oltre determinati limiti, si considera che anch’essi debbano aderire).
    • Omologazione del giudice: una volta raggiunta la maggioranza, il tribunale verifica la legalità e la meritevolezza, nonché che i creditori dissenzienti ricevano almeno quanto otterrebbero da una liquidazione. Se tutto è in regola, omologa il concordato minore rendendolo vincolante per tutti i creditori inclusi.
    Durante il procedimento, su istanza, il tribunale può sospendere eventuali azioni esecutive in corso. Il debitore mantiene l’amministrazione dei suoi beni (a differenza della liquidazione controllata) e può proseguire l’attività sotto la supervisione del gestore. Un vantaggio notevole è che i costi sono più contenuti e le formalità minori rispetto al concordato preventivo ordinario. Inoltre, l’omologazione comporta per il debitore l’esdebitazione automatica a fine piano: in altre parole, se il debitore adempie al piano concordato, i debiti eventualmente ancora non pagati vengono cancellati (salvo quelli esclusi ex lege, come vedremo nel §4). Nel concordato minore è possibile includere anche debiti erariali e contributivi, prevedendo di solito la loro dilazione e il pagamento almeno parziale di interessi e sanzioni – la legge infatti consente una certa falcidia anche di questi, diversamente dal concordato preventivo imprese.
  • Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore): procedura dedicata alla persona fisica non fallibile i cui debiti sono principalmente di natura privata (famiglia, casa, consumi). Un dentista può accedervi solo se non ha debiti professionali significativi, cioè ad esempio se i suoi debiti derivano da vicende personali (un mutuo casa, prestiti personali, fideiussioni attivate, spese familiari) oppure se l’attività professionale è cessata e i debiti residui sono per lo più personali. Il piano del consumatore ha alcune particolarità:
    • Nessun voto dei creditori: il consumatore elabora un piano, con l’aiuto dell’OCC, e lo presenta al giudice, ma i creditori non votano sull’accordo. Essi possono semmai presentare opposizioni in udienza, contestando che il piano li soddisfi meno di quanto farebbe una liquidazione, oppure sostenendo la “non meritevolezza” del debitore. Tuttavia, la decisione finale spetta al giudice, che può omologare il piano anche con il dissenso dei creditori, se ritiene soddisfatto il requisito della convenienza (parità o miglior trattamento rispetto all’alternativa liquidatoria).
    • Meritevolezza accentuata: il giudice valuta con rigore il comportamento del debitore-consumatore. Deve risultare che egli non ha assunto colpevolmente obbligazioni sproporzionate alle proprie capacità, né ha tenuto dolo o colpa grave (ad esempio, indebitamento per spese voluttuarie eccessive ignorando i doveri verso i creditori). Se emergono profili di mala fede, l’omologazione verrà negata. In giurisprudenza si è affermato che la valutazione della meritevolezza va fatta ex ante, ossia guardando alla condotta tenuta nel contrarre i debiti, non soltanto ex post nella gestione della crisi.
    • Contenuto del piano: il piano può prevedere sia pagamento parziale (stralcio) dei debiti che dilazioni pluriennali. Può includere tutti i debiti chirografari e persino quelli privilegiati/ipotecari, ai quali può essere applicata una moratoria fino a 1 anno (o anche oltre, come vedremo) e la soddisfazione almeno fino al valore del bene su cui c’è prelazione, relegando il resto a chirografo. Non è obbligatorio mettere a disposizione tutto il patrimonio del debitore, purché ciò che viene offerto realizzi per i creditori un risultato non inferiore a quello che avrebbero con la liquidazione totale. Ad esempio, un consumatore può proporre di continuare a pagare il mutuo sulla prima casa tenendola fuori dal piano, se dimostra che vendendola i creditori non otterrebbero di più.
    Di fatto, il piano del consumatore è uno strumento estremamente potente per chi ha redditi futuri con cui pagare in parte i debiti ma non abbastanza per onorarli integralmente: consente di ridurre l’ammontare complessivo dovuto senza il consenso attivo dei creditori. Per un dentista, come detto, è fruibile solo se i debiti dell’attività professionale non sono prevalenti; ad esempio potrebbe usarlo un dentista pensionato che ha chiuso lo studio ma gli rimangono debiti personali e qualche debito residuo di attività (purché questi non snaturino la natura “privata” del sovraindebitamento – vedi il Caso 3 nelle simulazioni).
  • Liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio): è la procedura “liquidativa” riservata ai debitori civili sovraindebitati. Funziona in modo analogo al fallimento per le persone fisiche: il debitore (o un creditore, o su segnalazione OCC) chiede al tribunale l’apertura della liquidazione. Se accolta, si nomina un liquidatore giudiziale che prende in mano il patrimonio del debitore, vende i beni, riscuote i crediti e distribuisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Il debitore subisce spossessamento dei beni (tranne quelli impignorabili per legge) e rimane obbligato a collaborare, ma perde la gestione diretta. La durata tipica è più breve di un fallimento tradizionale – l’obiettivo è chiudere tutto entro circa 2 anni – e al termine il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione dei debiti non soddisfatti, purché abbia cooperato lealmente. Una novità del Codice della Crisi (art. 270 CCII) è che anche i creditori possono istigare la liquidazione controllata: ciò significa che, teoricamente, se un dentista non paga e non prende iniziative, un creditore potrebbe chiedere al tribunale di aprire la liquidazione dei suoi beni (anche se questa rimane un’ipotesi rara, perché spesso i creditori preferiscono pignoramenti specifici). La liquidazione controllata è indicata quando non vi è possibilità di accordo né di continuità: ad esempio lo studio ha chiuso, i debiti superano di molto le risorse, il debitore vuole “togliersi il pensiero” liquidando quel poco che ha e ottenere la liberazione dai debiti. Lo svantaggio immediato è la perdita dei beni ceduti (lo studio viene smantellato), ma il vantaggio è il fresh start: dopo qualche anno il dentista potrà ripartire da zero, senza più il fardello dei debiti passati (salvo obblighi come mantenimenti, risarcimenti da illecito e pochi altri, che rimangono comunque esclusi dall’esdebitazione).
  • Strumenti stragiudiziali informali: oltre alle procedure previste dalla legge, rimane sempre aperta la strada della negoziazione privata con i creditori. Questa può assumere diverse forme:
    • Moratorie e piani di rientro: accordi con i singoli creditori per dilazionare i pagamenti (es. un fornitore accetta di farsi pagare a rate, magari mantenendo il rapporto commerciale; il fisco concede un piano di rateazione ordinario di 6 anni, etc.). Questi piani non coinvolgono l’autorità giudiziaria ma, se rispettati, evitano le azioni legali.
    • Saldo e stralcio: intesa con un creditore per chiudere il debito pagando una percentuale inferiore al dovuto in un’unica soluzione o poche soluzioni. Spesso banche e finanziarie accettano stralci se il debitore riesce a reperire liquidità (magari aiutato dai familiari) e se percepiscono che in mancanza di accordo recupererebbero poco. Ad esempio, un dentista potrebbe stralciare un debito bancario di €50.000 pagando €20.000 immediatamente, ottenendo una liberatoria sul residuo. Questo risultato migliora la sua posizione debitoria complessiva e può essere propedeutico poi a risolvere il resto (riducendo il numero di creditori ostili).
    • Piano attestato di risanamento: istituto ex art. 56 CCII (già art. 67 L.F.), consiste in un accordo privato con i creditori supportato da una relazione di un esperto che ne attesta l’idoneità a risanare l’impresa. È principalmente usato da società: il vantaggio è che, se effettivamente eseguito, mette al riparo da azioni revocatorie fallimentari i pagamenti fatti e i nuovi finanziamenti ottenuti. Nel contesto di uno studio dentistico, potrebbe essere usato da una S.r.l. che raggiunge un accordo con tutti i creditori strategici e vuole formalizzarlo con un’attestazione, senza passare per il voto in tribunale. Tuttavia, è uno strumento sofisticato, di non frequente utilizzo nelle micro-imprese, e richiede l’intervento di un attestatore indipendente.
    In ogni caso, gli accordi stragiudiziali puri soffrono di un limite: vincolano solo chi vi aderisce. Se, ad esempio, un dentista riesce a stralciare i debiti con 9 fornitori su 10, ma l’ultimo fornitore rifiuta e procede legalmente, quell’ultimo può comunque portare il debitore all’esecuzione forzata e vanificare gli sforzi fatti. Per questo, quando i creditori sono molteplici e non c’è unanimità di consensi, occorre passare a strumenti omnicomprensivi come le procedure concorsuali, che impongono la soluzione anche alle minoranze dissenzienti.

Tabella riepilogativa delle procedure

Per maggiore chiarezza, la seguente tabella confronta le principali caratteristiche degli strumenti di gestione della crisi citati, dal più informale al più strutturato:

ProceduraDestinatariRequisiti e attivazioneCaratteristiche principali
Accordi stragiudiziali (negoziazione privata)Tutti i debitori (persone fisiche o imprese)Nessuna procedura formale; accordo volontario con ciascun creditore.Soluzione flessibile ma serve il consenso di tutti i creditori interessati. Tipicamente include piani di rientro, saldo e stralcio, moratorie. Non sospende azioni esecutive salvo accordo del creditore. Vantaggio: riservato e rapido; svantaggio: non vincola i dissenzienti e non offre esdebitazione automatica.
Composizione negoziata (D.Lgs. 14/2019 art. 17 ss.)Imprese commerciali o agricole, incl. professionisti con organizzazione d’impresa (anche studi associati)Avvio su istanza del debitore alla Camera di Commercio; crisi reversibile. Nomina di un esperto OCC.Procedura extragiudiziale assistita. Sospende i pignoramenti con provvedimento del tribunale. Durata breve (3-6 mesi). Nessun voto formale: si cercano accordi contrattuali con i creditori chiave. Esito: accordo privato omologabile o, se fallisce, possibile accesso a concordato semplificato liquidatorio.
Accordo di ristrutturazione (art. 57 e 60 CCII)Imprese (società o ditte) anche piccole; non per consumatori puri.Consenso di ≥ 60%-66% dei crediti. Deposito in tribunale per omologa.Accordo volontario ma con efficacia concorsuale: omologa rende vincolante per tutti i creditori aderenti e non. Mantiene l’azienda in attività. Tipicamente usato per ristrutturare debiti bancari e finanziari. Non coinvolge creditori estranei all’accordo che restano fuori (a differenza del concordato). Azioni esecutive sospendibili durante l’omologa.
Concordato preventivo (artt. 84-120 CCII)Imprese fallibili (società, ditte medio-grandi). Non accessibile a privati non imprenditori.Debitore in stato di crisi o insolvenza. Domanda al tribunale con piano e proposta. Si vota in adunanza dei creditori (≥ 50% assenso in valore).Procedura giudiziale completa: sospende tutte le azioni individuali. Può prevedere continuità aziendale (l’impresa prosegue sotto piano di risanamento) oppure liquidazione dei beni. Richiede attestazione da esperto sulla fattibilità. Tempi più lunghi (1-2 anni). Se omologato, il piano si impone ai dissenzienti. Consente deroga parziale alle regole di prelazione previa approvazione delle classi. Costi elevati (tribunale, commissario). Esdebitazione per imprenditore individuale possibile a fine procedura (per società si estingue).
Concordato minore (ex “accordo” L.3/2012)Debitori sovraindebitati non fallibili: piccoli imprenditori, professionisti, start-up, enti non commerciali.Istanza al tribunale con piano e proposta. Necessario coinvolgimento di un OCC. Approvazione dei creditori ≥ 50% in valore mediante adesione espressa.Procedura semplificata: gestita dall’OCC, con intervento del giudice solo per omologa. Protegge il debitore (stop ai pignoramenti su richiesta). Permette la continuità dell’attività durante l’esecuzione del piano. Costi contenuti. Richiede meritevolezza. Se eseguito, porta a esdebitazione automatica dei residui. Possibile anche senza totale inclusione di tutti i beni (piano non necessariamente liquidatorio al 100% dei cespiti, se conviene ai creditori).
Piano del consumatore (ristrutturazione debiti consumatore)Persona fisica non imprenditore (debiti di natura personale/familiare).Deposito di un piano con ausilio OCC. Nessun voto dei creditori; deciso dal giudice su meritevolezza e convenienza.Procedura giudiziale senza voto: il giudice omologa se il piano garantisce ai creditori ≥ quanto avrebbero da liquidazione. Grande vantaggio per il debitore: può ridurre e dilazionare i debiti, anche ipotecari, senza il consenso attivo delle banche/creditori. Consente di salvare beni come la prima casa se il piano resta conveniente. Resta escluso l’eventuale debito d’impresa. Esdebitazione a fine piano automatica.
Liquidazione controllata (ex liquidazione patrimonio)Qualunque debitore sovraindebitato (persona fisica) meritevole. Accessibile anche su istanza creditori.Istanza di apertura in tribunale (dal debitore, da creditore o PM). Stato di insolvenza conclamato.Procedura liquidatoria: simile al fallimento. Nomina di un liquidatore che vende i beni del debitore e distribuisce il ricavato secondo i privilegi. Il debitore perde la disponibilità dei beni (ma non dei redditi futuri oltre il minimo vitale, salvo quote pignorabili). Durata media 1-2 anni. Al termine, il debitore persona fisica può chiedere esdebitazione di tutti i debiti non soddisfatti (eccetto quelli esclusi per legge, es. obblighi alimentari e debiti per il risarcimento di illeciti). La legge prevede che l’esdebitazione venga concessa decorsi 3 anni dalla chiusura, se il debitore ha cooperato e non vi sono frodi.
Esdebitazione “incapiente” (cancellazione debiti senza patrimonio)Persona fisica nullatenente, meritevole, anche ex imprenditore. Non applicabile a società.Istanza al tribunale tramite OCC, documentando l’assenza assoluta di beni liquidabili né prospettive di utilità per i creditori.Procedura di esdebitazione pura: il giudice può emanare decreto di esdebitazione immediata dei debiti chirografari. Condizioni: una sola volta nella vita; obbligo nei 4 anni successivi di pagare i creditori se sopravviene un miglioramento economico significativo (oltre soglie di legge). Rappresenta l’ultima chance per il debitore onesto ma completamente insolvente.

(Fonti normative: D.Lgs. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 17-25, 56-64, 84-120, 65-73; Legge 3/2012 sul sovraindebitamento, art. 7-14 come modificati dal D.Lgs. 83/2022 e L.176/2020; cfr. Fonti in calce)

4. Come strutturare il piano: trattamento dei crediti e tutela dei beni essenziali

Qualora il dentista-debitore decida di intraprendere una delle procedure di regolazione (piano del consumatore, concordato minore, concordato preventivo, ecc.), è cruciale definire cosa prevedere nel piano a proposito di pagamenti, eventuali esclusioni di beni e classi di creditori. Dal corretto bilanciamento di questi elementi dipendono sia l’approvazione da parte dei creditori che l’omologazione da parte del giudice. Vediamo alcuni punti chiave, alla luce della normativa e delle più recenti pronunce giurisprudenziali:

  • Creditori privilegiati (ipotecari e pignoratizi) – moratoria e pagamento parziale: secondo la legge, nei piani del consumatore e nei concordati minori è ammesso proporre una moratoria fino a 1 anno dall’omologazione per iniziare a pagare i creditori privilegiati (muniti di pegno o ipoteca). Questo significa che, ad esempio, le rate di mutuo ipotecario o i pagamenti ai creditori garantiti possono essere sospesi per un anno. La Corte di Cassazione ha però chiarito in una recente ordinanza (Cass. Sez. I 11 aprile 2025, n. 9549) che quel termine di un anno è da intendersi come termine iniziale, non finale: ovvero, entro un anno dall’omologa il debitore deve iniziare a pagare i creditori privilegiati, ma il piano può ben prevedere che il completamento dei pagamenti si estenda oltre l’anno. In pratica, sono legittimi piani che dilazionano i mutui ipotecari anche su 5-7 anni post-omologa, purché nel frattempo vengano pagati gli interessi legali e purché il creditore ipotecario non riceva meno di quanto otterrebbe pignorando e vendendo il bene. Le Sezioni Unite della Cassazione (con riferimento al vecchio regime) hanno anche escluso che al creditore ipotecario, in caso di moratoria lunga con parziale soddisfacimento, debba essere riconosciuto un diritto di voto analogo a quello del concordato preventivo. Il creditore garantito rimane privo di voto formale nel piano del consumatore, ma può sempre opporsi sostenendo che il piano non è conveniente per lui; in tal caso il giudice omologa solo se accerta che comunque quel creditore prende almeno quanto la vendita forzata gli darebbe. Un aspetto importante: se il credito privilegiato eccede il valore del bene (ad esempio il mutuo residuo è maggiore del valore attuale della casa ipotecata), la parte eccedente del credito può essere degradata a chirografaria (cioè trattata come debito non garantito). In altre parole, il creditore ipotecario si vedrà riconosciuto come privilegiato solo l’importo pari al valore del bene, mentre il resto del suo credito va in coda con gli altri e può subire falcidia.
  • Esclusione di alcuni beni dal piano: non sempre è necessario “mettere nel piatto” tutti i beni di proprietà del debitore. La legge sul sovraindebitamento, a differenza del fallimento, non richiede l’universalità dell’attivo ceduto, ma solo il rispetto del vincolo di convenienza per i creditori. La giurisprudenza ha confermato che è ammissibile un piano che escluda taluni beni del debitore, a patto che ciò che viene offerto ai creditori sia almeno equivalente a quanto otterrebbero se quei beni esclusi fossero liquidati altrove. Ad esempio, un dentista potrebbe proporre di mantenere la prima casa fuori dal piano (evitando di venderla), se riesce a pagare i creditori in altra maniera per un importo pari o superiore al ricavato ipotetico che avrebbero dalla vendita di quella casa. Oppure potrebbe tenere per sé l’auto utilitaria necessaria per lavorare, se includere l’auto nel piano produrrebbe un ricavo trascurabile per i creditori. Chiaramente, l’esclusione di beni di valore è possibile solo se il debitore supplisce con risorse alternative (ad es. liquidità di terzi, o rinuncia a crediti in suo favore) tali da non pregiudicare i creditori. Se, viceversa, lasciare fuori un bene ridurrebbe la soddisfazione del ceto creditorio sotto il livello della liquidazione, il giudice non omologherà il piano per difetto di convenienza. In sintesi: non occorre “dare via tutto”, ma occorre offrire almeno l’equivalente. Questa flessibilità è un incentivo importante per i debitori onesti, in quanto consente di salvaguardare beni essenziali (casa, strumenti di lavoro) costruendo al contempo un piano equo.
  • Debiti fiscali e contributivi nel piano: storicamente, il trattamento dei crediti erariali è uno degli aspetti più delicati dei piani di ristrutturazione. Nelle procedure di concordato preventivo per imprese vige il principio (salvo transazione fiscale approvata) che le imposte non possono essere falcidiate nel capitale – in sostanza, vanno pagate integralmente, eventualmente con rate fino a 6 anni, mentre solo sanzioni e interessi possono essere ridotti. Nelle procedure di sovraindebitamento, invece, la normativa consente una maggiore libertà, fermo restando però che l’Erario e gli enti previdenziali hanno un peso determinante:
    • In un concordato minore, l’Agenzia delle Entrate e gli enti come INPS partecipano al voto come creditori privilegiati per la parte di loro competenza. È dunque necessario ottenere il loro consenso (oppure convincere il giudice che, pur dissenzienti, ricevono almeno quanto la liquidazione, cosa spesso vera solo se il debitore non ha beni aggredibili).
    • Nel piano del consumatore, come visto, non c’è voto, ma l’Erario può opporsi sull’argomento della convenienza. Ad oggi, la giurisprudenza ha ammesso che anche i tributi possano essere trattati con dilazione lunga e pagamento parziale in queste procedure civili, purché sia soddisfatto il test di migliore soddisfazione rispetto al fallimento.
    • È importante notare che nel 2023-2024 il legislatore stava valutando misure per limitare e normare meglio la falcidia dei tributi nelle procedure minori. Una bozza di riforma (non ancora in vigore a luglio 2025) ipotizzava di escludere la possibilità di stralcio del debito tributario nei piani di sovraindebitamento, consentendo al massimo dilazioni temporanee. Ciò per evitare che i debitori usino la procedura per tagliare troppo le posizioni col fisco. Al momento, però, non vi è un divieto esplicito: i piani possono proporre sconti anche sul debito pubblico, ma va preventivamente valutata la disponibilità dell’Erario ad accettare (spesso l’Agenzia delle Entrate preferisce che il debitore aderisca alle definizioni agevolate ordinarie – rottamazioni, ecc. – prima di presentare il piano).
    • Un suggerimento pratico: prima di depositare un piano di concordato minore o consumatore, conviene ridurre i debiti fiscali attraverso gli strumenti amministrativi disponibili (rateazioni, rottamazioni delle cartelle, definizione liti fiscali pendenti). Ad esempio, aderire a una rottamazione-ter o quater e includere nel piano il pagamento di quelle rate scontate rende più agevole l’omologazione, perché si mostra che il debito tributario è già stato trattato al meglio delle possibilità offerte dalla legge.
  • Crediti non falcidiabili per legge: ci sono alcuni tipi di crediti che la normativa esclude espressamente dalle procedure di composizione. In particolare, i crediti alimentari e di mantenimento (ad esempio assegni di mantenimento dovuti all’ex coniuge, alimenti dovuti per legge a familiari) non possono essere toccati dal piano. Ciò significa che tali obblighi devono continuare ad essere pagati integralmente al di fuori del piano, sia per le parti scadute che per le future. Una recente sentenza di Cassazione (Cass. 16798/2024) lo ha ribadito: i crediti alimentari sono esclusi dalla falcidia e dalla moratoria nelle procedure di sovraindebitamento. Quindi, se un dentista ha debiti derivanti da assegni familiari non versati, dovrà comunque provvedervi separatamente: inserirli nel piano sarebbe causa di inammissibilità. Allo stesso modo, eventuali debiti per sanzioni penali, ammende o risarcimenti dovuti per reati non sono esdebitabili e vanno considerati fuori piano (devono essere pagati per intero, a meno di diverse disposizioni). Il debitore dovrà quindi calcolare con attenzione l’importo delle obbligazioni escluse (alimentari, penali, etc.) e assicurarsi di poterle adempiere a parte, perché altrimenti anche un piano perfetto verso gli altri creditori verrebbe inficiato dalla gestione di questi crediti peculiari.
  • Completezza e realismo delle previsioni: nel redigere il piano (sia esso un accordo, un piano consumatore o altro), occorre includere tutti i debiti noti, specificando come saranno trattati. Non si possono omettere debiti sperando di “sfuggirli”: se emergono dopo, rischiano di far revocare l’omologazione o di vanificare l’esdebitazione. Va inoltre previsto l’intero fabbisogno finanziario: ad esempio, se si propone la vendita di un immobile, bisogna considerare le spese notarili, le imposte sulla vendita, eventuali penali; se c’è da pagare il liquidatore o l’OCC, vanno conteggiati i compensi. Spesso i piani falliscono perché sottostimano le spese e sovrastimano i ricavi, lasciando buchi. Anche dilazioni troppo lunghe vanno ponderate: promettere pagamenti in 10 anni può rendere il piano non credibile se il debitore non ha redditi stabili per coprire tutto quel periodo. La ragionevolezza del piano è un requisito implicito: come affermato dalla Cassazione, l’omologazione richiede la “manifesta ragionevolezza e fattibilità” del piano, oltre alla buona fede del debitore.

In definitiva, nella fase di definizione della strategia, il debitore (assistito dai suoi consulenti) deve trovare un punto di equilibrio tra salvaguardia del proprio necessario (casa, lavoro) e soddisfazione dei creditori. Le norme e le sentenze più recenti – come abbiamo visto – offrono una certa flessibilità: è possibile chiedere più tempo per pagare le banche, è possibile proteggere alcuni beni, purché i creditori non subiscano un danno ingiusto rispetto alla liquidazione. Il filo conduttore è sempre il principio della convenienza comparativa: il piano deve essere “non meno conveniente” della liquidazione per l’insieme dei creditori. Rispettando questa regola d’oro, e dimostrando la propria correttezza, il dentista indebitato può costruire una via d’uscita sostenibile dalla crisi.

5. Domande frequenti (FAQ)

D: Posso escludere alcuni beni (ad es. la casa di abitazione) dal piano di ristrutturazione o dal concordato, tenendomeli?
R: Sì, è possibile. La legge non impone affatto di includere tutto il patrimonio del debitore nel piano, purché venga rispettata la condizione fondamentale della convenienza per i creditori. In pratica, puoi prevedere che certi beni (ad esempio la tua abitazione principale, se non è di lusso) restino nella tua disponibilità e non siano venduti, a patto che tu offra ai creditori un valore equivalente tramite altre risorse. La giurisprudenza ha confermato esplicitamente che “il piano può escludere taluni beni” del debitore purché il risultato per i creditori non sia inferiore a quello di una liquidazione che comprendesse anche quei beni. Nel caso di una prima casa ipotecata, ad esempio, spesso è conveniente per entrambi mantenerla: tu continui a pagare il mutuo alle condizioni riviste nel piano, e ai creditori conviene perché magari una vendita forzata dell’immobile darebbe loro ancora meno soddisfazione (considerati costi e deprezzamenti). Dunque, l’esclusione di un bene è ammessa se il sacrificio economico per i creditori è compensato da altro, mantenendoli indifferenti o addirittura avvantaggiati rispetto allo scenario liquidatorio.

D: Ho un mutuo ipotecario sulla prima casa: nel piano posso prevedere di pagare solo una parte del mutuo o di allungare i tempi?
R: Sì, le procedure di sovraindebitamento consentono di intervenire anche sui debiti ipotecari. In un piano del consumatore (o anche in un concordato minore), l’art. 8 comma 4 della L.3/2012 prevedeva espressamente la possibilità di una moratoria fino a 1 anno dall’omologazione per iniziare a pagare i creditori ipotecari. La prassi e le sentenze hanno esteso il concetto: il limite di un anno è solo per l’inizio dei pagamenti, ma il rimborso dell’ipoteca può essere dilazionato su più anni. Le ultime sentenze della Cassazione (nn. 4622/2024, 34150/2024 e 9549/2025) hanno chiarito che è legittimo avere un piano con rate per l’ipoteca anche per 5-7 anni, purché:

  1. Il creditore ipotecario sia tutelato pagando almeno gli interessi legali sul suo credito durante l’attesa.
  2. Gli sia riconosciuto, nell’arco del piano, un importo almeno pari al valore di realizzo del bene su cui ha ipoteca (il cosiddetto valore di capienza). La parte di debito eccedente quel valore può essere trattata come debito chirografario (senza garanzia).
  3. Se la dilazione supera l’anno, in analogia col concordato, alcuni giudici concedono a quel creditore un diritto di voto sul piano; tuttavia la Cassazione ha specificato che per il piano del consumatore non è necessario un voto formale, basta che abbia la chance di opporsi sulla convenienza, come detto sopra.

Inoltre, puoi prevedere anche una falcidia (riduzione) del mutuo: ad esempio, se la casa vale 100 ma il mutuo residuo è 150, puoi proporre di pagarne 100 (in rate) e considerare i restanti 50 come chirografari (che magari verranno pagati in piccola percentuale). Ovviamente questo dev’essere giustificato dai numeri: se pagando 100 in 5 anni il creditore ottiene lo stesso o più di quanto ricaverebbe vendendo subito l’immobile, il giudice potrà omologare nonostante l’eventuale dissenso della banca, perché il piano in tal caso è conveniente.

D: Quali procedure posso usare come dentista professionista con partita IVA?
R: Se operi come libero professionista individuale, non sei soggetto al fallimento ordinario. Le strade principali per te sono quelle offerte dalla legge sul sovraindebitamento:

  • Il concordato minore (ex accordo di composizione) se hai debiti soprattutto professionali e magari qualche debito personale. Qui tratti con tutti i creditori tramite un OCC, cerchi il voto favorevole di almeno il 50% e ottieni l’omologa dal tribunale.
  • Il piano del consumatore se tutti o quasi i tuoi debiti sono di natura privata (es. debiti familiari, carte di credito, mutuo casa) e l’attività professionale non c’entra o è cessata. In tal caso non devi sottoporti a voto di creditori: presenti il piano e sarà il giudice a decidere se omologarlo.

Se invece operi tramite una società (es. sei socio e amministratore di una S.r.l. dello studio dentistico), allora la società stessa dovrà utilizzare gli strumenti previsti per le imprese:

  • Concordato preventivo se i debiti sono ingenti e serve ristrutturarli coinvolgendo tutti i creditori con voto.
  • Accordo di ristrutturazione se si riesce a ottenere il consenso di almeno il 60-66% dei crediti come visto sopra.
  • Composizione negoziata se la crisi è agli inizi e vuoi tentare un risanamento assistito senza andare subito in tribunale.

Va aggiunto: qualunque procedura tu scelga, dovrai dimostrare la tua meritevolezza. Significa che non devi aver provocato il dissesto con dolo o colpa grave (spese folli, distrazione di incassi, frodi ai creditori). Ad esempio, se risulta che mentre avevi debiti non pagati hai comprato beni di lusso per uso personale, il giudice potrebbe negarti l’omologazione. Nel tuo caso di dentista, dovrai spiegare le cause della crisi (es. calo pazienti, spese impreviste, malattia, pandemie, insoluti dei clienti) mostrando che non c’è stata mala gestio intenzionale.

D: Quali sono i requisiti di “meritevolezza” del debitore nelle procedure di sovraindebitamento?
R: La meritevolezza è un concetto un po’ ampio che si sostanzia in alcuni criteri pratici:

  • Assenza di frode: non aver nascosto o falsificato elementi patrimoniali. Ad esempio, non aver venduto beni a parenti a prezzo irrisorio prima della procedura, non aver gonfiato passività o simulato crediti, ecc.
  • Assenza di colpa grave nell’indebitamento: il debitore non deve aver assunto debiti in modo irresponsabile sapendo di non poterli pagare. Esempio: contrarre più finanziamenti in simultanea mentendo sul proprio reddito sarebbe indice di malafede.
  • Cooperazione e trasparenza: durante la procedura, il debitore deve fornire tutti i documenti, indicare tutti i creditori, non lasciare buchi informativi. Ogni omissione sospetta può far pensare a malafede.
  • Destinazione dei debiti: per il piano del consumatore, i debiti devono essere estranei ad attività di impresa. Ma anche negli altri casi, conta come sono nati: indebitarsi per investire nello studio o per ragioni legate all’attività è comprensibile; indebitarsi per gioco d’azzardo o per speculazioni azzardate è visto male e potrebbe portare a negare l’esdebitazione (ci sono stati casi, es. debiti da ludopatia, in cui però i giudici hanno comunque ritenuto meritevole il debitore se dimostrava di aver intrapreso percorsi di cura, ecc.).

In sintesi, meritevole è quel debitore che appare in buona fede: la sua insolvenza deriva da sfortuna, condizioni economiche sfavorevoli o errori scusabili, non da intenzione di fregare i creditori. La Cassazione ha usato espressioni come “assenza di dolo o colpa grave” e “ragionevolezza del piano” come due facce della meritevolezza. Quindi, se presenti un piano serio, realistico, e dalla tua storia non emergono comportamenti disonesti, dovresti superare il vaglio di meritevolezza.

D: Che differenza c’è tra concordato preventivo e concordato minore?
R: In estrema sintesi, il concordato preventivo è per le imprese medio-grandi, il concordato minore per i piccoli e i non fallibili. Le differenze pratiche:

  • Autorità: il concordato preventivo è interamente gestito dal Tribunale fallimentare con l’ausilio di commissari e giudici delegati; il concordato minore, invece, è impostato tramite un OCC che fa da tramite, e il tribunale interviene solo per le fasi di omologa (è quindi più “amministrativo”).
  • Soggetti ammessi: preventivo solo per soggetti fallibili (società, ditte sopra soglie); minore per professionisti, imprenditori minori, start-up innovative, e comunque figure non fallibili o esonerate.
  • Maggioranze: nel preventivo classico serve il voto favorevole del 50% dei crediti; nel minore serve il 50% ma calcolato su quelli che votano (simile in questo caso). Entrambe hanno quorum simili, ma la procedura di voto è differente (assemblea vs raccolta firme).
  • Costi e formalità: il preventivo richiede una proposta molto formalizzata, un piano attestato da un professionista indipendente, pubblicazioni su registri, convocazione di adunanza dei creditori, ecc. Il minore è più snello: l’OCC redige una relazione, ma non c’è necessità di attestatore esterno, né di adunanza; spesso si svolge tutto con scambio di consensi e un’udienza finale.
  • Continuità aziendale: il concordato preventivo può predisporre soluzioni complesse: affitto d’azienda, intervento di nuovi investitori, cessione di rami d’azienda, e ha istituti come il concordato in bianco (prenotativo) o il concordato con riserva. Il concordato minore è più semplice e orientato alla sopravvivenza su piccola scala: consente di continuare l’attività del professionista durante il piano, ma non ha strumenti come il “cram down” interclassista o il voto per teste, ecc.
  • Esdebitazione: nel concordato preventivo, se riguarda un imprenditore individuale, si ottiene con un’apposita istanza a fine procedura (è stata introdotta la possibilità di esdebitazione anche nel fallimento dal 2015); nel concordato minore l’esdebitazione dei residui è automatica all’omologa salvo revoca in caso di inadempimenti dolosi.

In pratica, per un studio dentistico “modesto” (uno o pochi professionisti, pochi dipendenti) conviene il concordato minore: è alla tua portata, costa meno e risolve la posizione personale. Se invece parliamo di una clinica dentale strutturata con magari decine di dipendenti e debiti milioni di euro, quella dovrà andare in concordato preventivo. Tieni presente anche che il concordato preventivo, essendo pubblico e complesso, potrebbe avere ripercussioni sull’immagine commerciale, mentre il minore è più discreto.

D: Se fallisce la società che gestisce il mio studio, rischio di fallire anche io come persona fisica?
R: In generale no, se la società ha responsabilità limitata. Se il tuo studio è gestito da una S.r.l. odontoiatrica e questa viene dichiarata in liquidazione giudiziale (fallimento), la procedura riguarda solo la società come entità giuridica distinta. Tu, come socio (anche unico), non fallisci personalmente a meno che tu non abbia commesso irregolarità tali da coinvolgerti (ad esempio bancarotta come amministratore, che è penale ma non estende il fallimento ai tuoi beni, salvo azioni di responsabilità). Il tuo patrimonio personale resta separato, salvo i casi in cui hai prestato garanzie personali sui debiti sociali (fideiussioni a banche, firmato da coobbligato, etc.). In quel caso, il creditore garantito può agire anche contro di te, ma tramite le vie ordinarie (decreto ingiuntivo, pignoramento), non con un fallimento personale automatico. Diverso è se l’attività fosse svolta in forma di società di persone (S.n.c., S.a.s.): lì i soci rispondono illimitatamente, per cui il fallimento della società trascina con sé il fallimento dei soci illimitatamente responsabili. Ma nel nostro contesto, è raro usare una Snc per uno studio dentistico; di solito o è ditta individuale o è Srl. Quindi, riassumendo: la Srl fallisce, tu come persona fisica no. Naturalmente, i creditori cercheranno di aggredire eventuali tue fideiussioni o di far valere la responsabilità dell’amministratore se ci sono state malversazioni; ma quest’ultima implicherebbe un giudizio civile separato, non un’estensione automatica del fallimento.

D: Quanto tempo dura una procedura di sovraindebitamento?
R: Le tempistiche variano a seconda dello strumento scelto e della complessità del caso, ma possiamo dare degli ordini di grandezza:

  • Una composizione negoziata stragiudiziale è molto rapida: l’incarico dell’esperto dura 3 mesi (prorogabile di altri 3) quindi in circa 3-6 mesi si chiude, con un accordo oppure con esito negativo.
  • Un concordato minore o un piano del consumatore richiede tipicamente: 1-2 mesi per predisporre la documentazione e la relazione OCC, poi si deposita e c’è un’udienza entro qualche settimana, i creditori votano (nel concordato) o fanno osservazioni (nel piano) in circa 30-60 giorni, e infine il giudice omologa. In totale, dall’istanza all’omologa, mediamente 6-12 mesi. Ovviamente, se ci sono opposizioni o intoppi, può allungarsi un po’, ma essendo procedure semplificate di solito in un anno si risolve la fase giudiziale.
  • Un concordato preventivo ordinario è più lungo: solo per predisporre il piano e l’attestazione può volerci qualche mese; poi il tribunale ammette, convoca i creditori a ~90-150 giorni, la votazione e l’omologa possono richiedere complessivamente 12-18 mesi, a volte anche di più se ci sono molti creditori o cause pendenti. Le nuove norme del CCII puntano a velocizzare, ma comunque è ragionevole aspettarsi almeno 1 anno.
  • Una liquidazione controllata (ex fallimento personale) può concludersi più rapidamente di un fallimento aziendale, soprattutto se il patrimonio da liquidare è modesto (es. solo un immobile e qualche conto). Diciamo che in 1-2 anni molte liquidazioni di persona fisica si chiudono. Tuttavia, l’esdebitazione dei debiti residui viene concessa solo dopo un periodo di “osservazione” successivo: il Codice prevede 3 anni dalla chiusura per esdebitare automaticamente il debitore sovraindebitato. In alcune circostanze il giudice può chiudere prima, ma come regola la liberazione finale arriva qualche anno dopo la liquidazione. In totale quindi dal momento zero in cui decidi di liquidare, a quello in cui sei ufficialmente senza più debiti, possono passare sui 4-5 anni (2 anni di procedura + 3 di attesa).

Nel frattempo però, una volta avviata la procedura e ottenuti gli effetti protettivi, il debitore può riprendere un tenore di vita normale compatibilmente col piano: ad esempio, entro pochi mesi dall’omologazione di un piano consumatore, torni a pagare solo quelle rate stabilite e non sei più perseguitato dagli atti esecutivi. Quindi la percezione soggettiva del “respiro” è quasi immediata dopo l’ammissione o l’omologa, anche se poi il completamento e la chiusura legale richiedono gli anni indicati.

D: Posso chiedere l’esdebitazione senza presentare alcun piano, cioè se non ho proprio nulla da offrire?
R: Sì, come accennato prima esiste la particolare procedura di esdebitazione del debitore incapiente (art. 14-quaterdecies L.3/2012). In pratica, se sei completamente privo di beni pignorabili e in condizioni economiche disperate, puoi presentare (tramite un OCC) una semplice istanza al tribunale chiedendo di essere liberato dai debiti. Devi provare:

  • di essere meritevole (nessuna frode, nessun comportamento malizioso),
  • che davvero non possiedi nulla che possa essere liquidato e nemmeno prospettive di reddito tali da pagare i creditori in futuro.

Se il tribunale ti crede e nessun creditore si oppone fondatamente, emetterà un decreto di esdebitazione immediata. Da quel momento sei liberato dai tuoi debiti (tranne eventuali debiti esclusi per legge, come alimentari, penali, ecc., che restano comunque). Però attenzione: è una misura eccezionale, che la legge consente una sola volta nella vita. Inoltre, per 4 anni dopo il decreto, se per caso dovessi migliorare la tua situazione (ad es. vinci alla lotteria, o inaspettatamente erediti dei beni, o trovi un lavorone), hai l’obbligo di dichiararlo e se le “utilità” sopravvenute permettono di pagare almeno il 10% ai creditori, dovrai farlo. È un modo per bilanciare l’eventuale fortuna successiva con il beneficio ottenuto.

Nella pratica, l’esdebitazione senza attivo è stata applicata soprattutto in casi di consumatori nullatenenti (ad esempio: pensionato che faceva da garante al figlio, il figlio è fallito, lui si ritrova con pensione minima e 200k € di debiti da fideiussione – casi del genere hanno ottenuto l’esdebitazione). Per un dentista professionista attivo è più difficile ottenere questa strada: se hai uno studio, in genere avrai almeno strumenti, oppure un flusso di reddito (anche se piccolo) su cui costruire un minimo piano. Di solito il tribunale si aspetta che, potendo, tu faccia almeno la liquidazione controllata, vendendo l’essenziale, piuttosto che chiedere di cancellare tutto a zero. In conclusione: la risposta è sì, ma è una opzione riservata a situazioni di vera indigenza e disperazione, non può essere una scappatoia di comodo per chi ancora avrebbe potenzialmente qualcosa da dare.

6. Simulazioni pratiche (casi di studio)

Caso 1 – Dentista professionista con P. IVA e studio individuale
Il Dr. Bianchi, dentista 45enne, esercita come libero professionista titolare di uno studio. Negli ultimi anni ha accumulato circa €200.000 di debiti così composti: €80.000 di mutuo residuo sulla casa (ipotecato), €50.000 di forniture odontoiatriche non pagate, €30.000 di tasse arretrate (IVA e IRPEF) e €40.000 tra carte di credito e prestiti personali. Il reddito annuo lordo attuale di Bianchi è sui €60.000, ma è in calo. La situazione è diventata critica: i fornitori minacciano azioni legali e l’Agenzia delle Entrate ha iscritto ipoteca sulla casa per le imposte non pagate. Come può procedere?

  • Analisi e primo intervento: Il Dr. Bianchi consulta un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento. Per prima cosa valuta se può ridurre la parte di debito fiscale: fortunatamente il periodo rientra nella “rottamazione-quater” delle cartelle, così presenta domanda e ottiene che su €30.000 di cartelle il dovuto sia ridotto a €25.000 senza sanzioni (pagabili in 18 rate). Questo allevia un po’ la pressione del Fisco. Per i fornitori, propone informalmente un saldo e stralcio: offre €20.000 a fronte di €50.000 dovuti a vari piccoli fornitori. Alcuni accettano il 40%, altri rifiutano.
  • Scelta della procedura: Essendo titolare di partita IVA e con debiti misti (in parte professionali, in parte personali), Bianchi non può qualificarsi come consumatore puro. Quindi l’opzione è il concordato minore. Viene attivato l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) presso il tribunale competente. Bianchi, assistito dall’OCC e dal suo legale, prepara un piano di durata 4 anni offrendo: il pagamento integrale dei €25.000 di imposte rottamate (in rate come da concessione), il pagamento del 100% ai fornitori che non hanno accettato stralci (ma dilazionato in 4 anni), il pagamento ai creditori finanziari chirografari di circa 20% del dovuto (anche questi in 4 anni). Per far ciò, si impegna a destinare tutto il suo reddito disponibile oltre una certa soglia al piano: calcolate le spese familiari, può permettersi €1.500 al mese da mettere nel piano, cioè ~€72.000 in 4 anni. Inoltre, vende una seconda auto non indispensabile ricavando €5.000 da versare subito. In totale, e contando qualche piccolo aiuto dei genitori, propone un soddisfacimento complessivo di circa €80.000 su €200.000 (circa il 40% del debito totale).
  • Approvazione e omologa: Viene convocata l’assemblea dei creditori (in realtà raccolta firme, trattandosi di concordato minore). Il mutuo ipotecario sulla casa continua a essere pagato regolarmente a parte, quindi la banca non vota sul piano (il piano lascia fuori la casa, ma Bianchi dimostra che vendendola i creditori chirografari non avrebbero avuto nulla, quindi è legittimo). I fornitori rappresentanti il 60% dei crediti chirografari aderiscono (alcuni erano già stati stralciati, altri vedono che è meglio prendere 20% a saldo che attendere invano), la finanziaria pure aderisce. L’INPS (aveva €5.000 di contributi) vota a favore perché viene pagata al 100% in privilegio. Raggiunta la maggioranza, il tribunale omologa il concordato minore. Da quel momento, Bianchi è vincolato a seguire il piano: ogni mese versa la somma stabilita all’OCC che ripartisce ai creditori secondo le percentuali. I pignoramenti minacciati vengono revocati/sospesi. Lo studio prosegue la sua attività, con un carico finanziario sostenibile e l’assistenza periodica dell’OCC.
  • Esito: Dopo 4 anni, Bianchi ha onorato tutti i pagamenti concordati. I creditori chirografari ricevono esattamente quanto pattuito (alcuni il 20%, altri il 40% se avevano stralci precedenti). Il tribunale emette un decreto di esdebitazione, cancellando il residuo del 60% chirografario non pagato. Bianchi si ritrova libero dai vecchi debiti e ha potuto mantenere la casa e la professione.

Caso 2 – Società S.r.l. odontoiatrica in crisi
La Dentisti Associati S.r.l. gestisce una clinica con 5 dentisti soci e 10 dipendenti. A causa di investimenti errati e calo fatturato (concorrenti low-cost), accumula €500.000 di debiti: €200.000 con banche (finanziamenti attrezzature), €150.000 di fornitori e laboratori, €100.000 di debiti verso l’Erario (IVA e ritenute), €50.000 verso dipendenti (TFR maturando e straordinari). La società è tecnicamente insolvente: non ha liquidità per pagare stipendi né fornitori, e due banche hanno revocato gli affidamenti chiedendo rientro immediato.

  • Fase 1 – Composizione negoziata: I soci decidono di tentare subito la composizione negoziata per evitare il tracollo. Presentano istanza in Camera di Commercio e ottengono la nomina di un esperto. Il tribunale, su richiesta, concede misure protettive: nessun creditore potrà iniziare o proseguire esecuzioni per 4 mesi. Ciò dà respiro: i dipendenti non possono pignorare i conti e i fornitori non possono far sequestrare i macchinari. L’esperto analizza i conti e individua una strada: la clinica può tornare in utile se riduce alcuni costi e se le banche rinegoziano i prestiti abbassando le rate. Si tiene un incontro con le banche: l’esperto mostra che se la clinica chiudesse, le banche recupererebbero forse il 50% dai macchinari usati; propone invece un accordo: riduzione del debito bancario del 20% e dilazione del resto in 5 anni, con nuova garanzia ipotecaria del socio sull’immobile della clinica. Le banche, constatando la serietà del piano (c’è anche l’impegno dei soci a immettere €50.000 freschi in società), aderiscono. Con i fornitori, la società offre il 50% a saldo (parte immediata con l’apporto soci, parte a un anno); la metà accetta, gli altri attendono. Il Fisco accetta di rateizzare gli €100.000 in 6 anni (strumento ordinario). In 3 mesi, la Dentisti Associati raggiunge accordi scritti con creditori rappresentanti il 70% del debito totale. Ci sono tuttavia alcuni piccoli creditori dissenzienti.
  • Fase 2 – Concordato preventivo “in continuità”: Per mettere in sicurezza tutta la situazione e vincolare anche i dissenzienti, la S.r.l. opta per presentare un concordato preventivo in continuità aziendale. Grazie agli accordi già presi, riesce a presentare un piano con queste caratteristiche: l’attività clinica continua, i soci apportano €50.000 cash, le banche prendono il 80% del loro credito spalmato in 5 anni (ma con garanzie aggiuntive), i fornitori chirografari prendono 50% in 1 anno (grazie anche alla conversione di parte dei loro crediti in quote societarie – alcuni fornitori importanti diventano piccoli azionisti in cambio del taglio debito), il Fisco come da rateazione (che è integrata nel piano), i dipendenti 100% di quanto dovuto (una parte la mette il Fondo di garanzia INPS per il TFR). In assemblea dei creditori, grazie ai maggiori creditori già favorevoli, il voto è ampiamente positivo (80% di sì). Il tribunale omologa il concordato.
  • Esecuzione e risultato: La S.r.l. esce dalla procedura e nei due anni seguenti esegue il piano: paga regolarmente le nuove rate alle banche, paga le forniture correnti a condizioni migliori (molti fornitori hanno interesse a farla sopravvivere, essendo diventati partner di minoranza). La clinica riprende ad essere competitiva. Dopo aver completato i pagamenti concordatari (nel giro di 5 anni per le banche, prima per gli altri), la società è risanata con un debito molto inferiore e può guardare al futuro. I soci hanno salvato l’impresa evitando il fallimento e mantenendo la propria reputazione professionale intatta (anzi, la procedura ha mostrato che erano disposti a investire e trovare soluzioni).

Caso 3 – Dentista ex-titolare con debiti misti (personali e d’impresa)
La Dott.ssa Verdi aveva un piccolo studio dentistico individuale che ha chiuso nel 2023 a causa di problemi di salute e bassi guadagni. Ora (2025) lavora come dipendente part-time presso una clinica altrui, guadagnando €1.200 al mese. Ha però sul groppone €100.000 di debiti rimasti dalla sua attività passata: €30.000 di un leasing per un ortopantomografo non più attivo (la macchina è stata ripresa dalla società di leasing che però ora le chiede la differenza), €20.000 di fornitori non pagati, €10.000 di contributi ENPAM arretrati, e inoltre €40.000 di debiti personali (carte di credito, e un finanziamento personale usato in parte per coprire spese familiari). Non possiede casa (vive in affitto) né auto (usa mezzi pubblici); ha solo modesti risparmi (€5.000) e mobilio usato.

  • Dilemma procedurale (consumatore vs concordato): Poiché l’attività è cessata, la Dott.ssa Verdi si chiede: “posso usare il piano del consumatore? Ormai non faccio più impresa…”. In teoria, parte dei suoi debiti (€60.000 su 100.000) derivano da quando era professionista (leasing, fornitori, contributi). La legge e i giudici tendono a guardare la natura originaria del debito. Quindi, anche se adesso lei non ha più partita IVA, quei €60k sono debiti “per fini professionali” contratti in passato. La presenza di una quota non marginale di debito professionale può rendere inammissibile il piano del consumatore, perché richiede che i debiti siano esclusivamente personali. La Dott.ssa Verdi, assistita dall’OCC, valuta due scenari:
    • Scenario A: utilizzare comunque la procedura di ristrutturazione del consumatore, sostenendo che dopo la cessazione dell’attività lei è una consumatrice e che i debiti d’impresa residui sono ormai “promiscui”. Per rafforzare questa tesi, nel piano potrebbe escludere esplicitamente i debiti professionali o comunque non prevedere falcidie su di essi, trattandoli come in liquidazione, e focalizzare la ristrutturazione solo sui debiti personali. Tuttavia c’è il rischio che qualche creditore (es. la società di leasing) obietti sull’ammissibilità.
    • Scenario B: accedere al concordato minore da sovraindebitata. Ciò comporta dover convocare i creditori al voto (più complicato), però elimina il dubbio sull’ammissibilità, perché il concordato minore copre sia debiti personali che professionali insieme.
  • Soluzione adottata: Verdi opta per il concordato minore per sicurezza. Anche perché, avendo pochissimi beni, la procedura sarà simile a una liquidazione concordata. Propone infatti un piano molto semplice: offre ai creditori tutti i suoi risparmi (€5.000) più €3.000 che un familiare è disposto a darle, per un totale di €8.000, da ripartire pro quota tra tutti i creditori (equivale all’8% circa di ogni loro credito). Inoltre, si impegna a cedere ai creditori il 50% dei suoi stipendi nei prossimi 4 anni: essendo €1.200 al mese, il 50% è €600, moltiplicato 48 mesi fa €28.800. In totale dunque il piano offrirebbe circa €36.800 complessivi, pari a un 36% medio sul totale debiti. I creditori privilegiati (ENPAM per contributi €10k) verrebbero pagati integralmente nel 36% (cioè €3.600) perché tanto il privilegio li collocherebbe sopra la percentuale – viene fatto notare che in una liquidazione non ci sarebbero risorse per pagarli interi comunque, quindi accettano di considerare equo ricevere il 36%). I creditori chirografari prenderebbero lo stesso 36%.
  • Esito: Malgrado l’esiguità della percentuale, i creditori votanti (tra cui la società leasing, i fornitori, ecc.) si rendono conto che l’alternativa è la liquidazione controllata dove probabilmente avrebbero preso addirittura meno (perché lo stipendio pignorabile sarebbe solo 1/5, mentre qui lei offre metà volontariamente, e non ci sarebbero contributi parenti). Quindi raggiungono appena la soglia del 50% di consensi (qualcuno vota contro). Il tribunale, verificato che in effetti la liquidazione avrebbe dato un ritorno intorno al 20-25% e qui offrono 36%, omologa il concordato minore. La Dott.ssa Verdi ora è tenuta a rispettare il piano: verserà €600 al mese all’OCC per 4 anni. Vive con l’altro 50% dello stipendio e qualche piccolo extra, stringendo la cinghia ma ce la fa. Dopo 4 anni, avrà onorato l’impegno e otterrà l’esdebitazione del resto: sarà finalmente libera dai debiti e potrà, se vuole, ricominciare l’attività senza quelle zavorre (o semplicemente proseguire il suo lavoro dipendente in tranquillità).

Questi casi illustrano come, a seconda delle situazioni (continuare l’attività vs chiuderla, avere beni da proteggere vs nulla da perdere, ecc.), si possa scegliere lo strumento più adatto previsto dalla normativa italiana per difendersi dai debiti. Il denominatore comune è sempre il coinvolgimento di esperti (avvocati, OCC, commercialisti) e la leale collaborazione: solo così il debitore potrà convincere creditori e giudici ad aderire a una soluzione che, in definitiva, è un compromesso tra il sacrificio dei creditori (che rinunciano a qualcosa) e la riabilitazione del debitore.

7. Conclusioni e consigli operativi

Affrontare lo stato di crisi di uno studio dentistico richiede una visione strategica multidisciplinare (legale, fiscale, aziendale). In conclusione, riepiloghiamo alcuni consigli operativi dal punto di vista del dentista debitore:

  • Fatti assistere da professionisti esperti: Appena intravedi che la situazione debitoria sta sfuggendo di mano, consulta un avvocato specializzato in diritto fallimentare/sovraindebitamento e un commercialista esperto in crisi d’impresa. Sono figure cruciali per analizzare la tua situazione finanziaria e consigliarti la strada migliore. Ad esempio, capire se rientri come consumatore o come imprenditore minore non è banale – serve un occhio esperto. Inoltre, la preparazione di un piano richiede competenze tecniche (calcolo convenienza, predisporre bilanci e documenti) in cui un singolo difficilmente può riuscire da solo.
  • Valuta soluzioni extragiudiziali prima di procedere in tribunale: Se le tue difficoltà sono ancora gestibili, prova a negoziare con i creditori chiave. Parla con la banca per un refinancing, contatta l’Agenzia Entrate per rateizzare o aderire a eventuali sanatorie fiscali, tratta con i fornitori un saldo a stralcio. Ogni euro di debito ridotto o riscadenzato fuori dalle procedure è un euro in meno di cui preoccuparsi dentro una procedura formale. Ad esempio, come abbiamo visto, definire prima le cartelle esattoriali col fisco può rendere molto più snella la successiva procedura concorsuale. Attenzione: se hai un’attività in corso ma pensi di chiuderla, potrebbe essere utile cessare la partita IVA prima di avviare una procedura, così da ridurre contestazioni sulla qualifica di consumatore – questa è una mossa da fare solo con parere del consulente, valutando pro e contro.
  • Prepara con cura la documentazione e il piano: Un piano di ristrutturazione efficace deve essere dettagliato e convincente. Fai l’inventario di tutti i debiti (importi aggiornati, interessi, eventuali privilegi), fai un elenco di tutti i tuoi beni e risorse (includendo anche potenziali aiuti familiari, polizze riscattabili, etc.), e soprattutto spiega le cause della crisi. I giudici apprezzano quando capiscono il perché sei finito insolvente: mostrare che magari c’è stato un calo di fatturato per cause generali, oppure un evento sfortunato (malattia, infortunio, pandemia), aiuta a dipingere un quadro di meritevolezza. Dimostra la convenienza per i creditori: inserisci nel piano un confronto numerico tra quello che proponi e quello che i creditori otterrebbero dal tuo fallimento/liquidazione. Se i numeri parlano chiaro (ad es. “in liquidazione ogni creditore chirografario prenderebbe 10 centesimi, col mio piano gliene do 30 centesimi”), sarà molto più facile ottenere consenso e omologa. Non dimenticare di includere nel piano tutte le spese necessarie: contributo OCC, imposte, eventuali costi di liquidazione di beni, così da non avere sorprese dopo.
  • Agisci tempestivamente e mantieni la correttezza formale: Non aspettare l’ultimo minuto (come un pignoramento sull’unico conto rimasto) per attivarti. Prima muovi i passi, più opzioni avrai. Depositare una domanda di concordato quando ormai i creditori hanno già portato via tutto serve a poco. Idealmente dovresti prevenire le aggressioni: ad esempio, se sai di non poter pagare una grossa fornitura in scadenza, inizia la procedura prima che il fornitore ti faccia decreto ingiuntivo e pignoramento. La legge richiede anche formalità da rispettare: il deposito va fatto al tribunale competente (solitamente quello del tuo domicilio fiscale per persone fisiche); devi allegare i documenti richiesti (elenco debiti, elenco beni, atti degli ultimi anni, dichiarazioni redditi, ecc.). Qualsiasi omissione può rallentare o far dichiarare inammissibile la domanda. Ricorda che eventuali atti dispositivi compiuti nei mesi precedenti (vendite di beni, regali di denaro a terzi) verranno scrutinati: meglio evitare assolutamente di fare “pulizie” dell’ultima ora perché verrebbero viste come atti in frode e porterebbero al rigetto della procedura.
  • Rispetta rigorosamente gli impegni post-omologa: Una volta ottenuta l’approvazione del piano o l’apertura della procedura, la palla torna a te. Dovrai eseguire puntualmente i pagamenti promessi, presentare eventuali rendiconti periodici se richiesti, collaborare con il liquidatore o l’OCC. Se non rispetti le scadenze concordate senza un giustificato motivo, rischi la risoluzione del concordato o la revoca dei benefici. Ad esempio, se in un piano del consumatore omologato non paghi le prime rate, il creditore può far revocare l’omologa e torni punto e a capo, stavolta con meno credibilità e magari senza più possibilità di altra procedura. Per cui pianifica pagamenti che sei sicuro di poter mantenere. In caso di imprevisti (poniamo un nuovo lockdown che ti fa saltare un trimestre di incassi), avvisa subito il gestore o il commissario e valuta se chiedere una modifica del piano in tribunale. L’esdebitazione finale, che è il tuo obiettivo, sarà concessa solo se avrai rispettato i doveri e non avrai colpe nel caso di eventuale insolvenza successiva. Dunque serve disciplina anche dopo l’omologa, fino a termine procedura e oltre.

In definitiva, avere troppi debiti non significa essere condannati a fallire o a perdere la propria attività professionale. Il quadro normativo attuale offre una gamma di strumenti per riequilibrare la situazione debitoria del dentista, privilegiando – quando possibile – la conservazione dello studio come attività economica funzionante (anche la Cassazione di recente ha sottolineato la “funzione conservativa” delle procedure di sovraindebitamento mirate a salvaguardare l’impresa/professione ove possibile). La chiave è pianificare per tempo e utilizzare in modo combinato gli strumenti negoziali e legali a disposizione, senza improvvisare. Con l’aiuto di consulenti competenti, il dentista potrà superare la crisi evitando di esserne finanziariamente annientato, tutelando al meglio i propri interessi, la propria famiglia e – se fattibile – la continuità della propria professione.


Fonti e sentenze

  • Normativa:
    • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), in vigore dal 15/07/2022, come modificato dai decreti correttivi D.Lgs. 83/2022 (attuazione direttiva UE 2019/1023), D.Lgs. 83/2023 e D.Lgs. 136/2024 (c.d. “correttivo-ter” 2024).
    • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – Disposizioni in materia di usura e sovraindebitamento, con le successive modifiche (in particolare L. 176/2020 e integrazione nel CCII). Definizione di sovraindebitamento all’art. 6, comma 2 (ora ripresa nell’art. 2 CCII). Discipline di: piano del consumatore, accordo (concordato minore) e liquidazione (artt. 7-14); esdebitazione del debitore incapiente (art. 14-quaterdecies, introdotto da L.176/2020).
    • Codice di procedura civile – Art. 514 e 515 c.p.c. su beni mobili impignorabili (strumenti indispensabili alla professione protetti); art. 543 c.p.c. e ss. su pignoramento presso terzi (es. conti correnti); art. 624-bis c.p.c. su sospensione concordataria delle esecuzioni.
    • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte: art. 72-bis e ter (limiti al pignoramento immobiliare prima casa da parte del Fisco); possibilità di rateazione amministrativa dei carichi affidati.
    • D.L. 24 agosto 2021, n. 118 conv. L.147/2021 – introduttivo della composizione negoziata della crisi (artt. da 2 a 17, confluiti nel Titolo II, Capo I, del CCII).
    • Varie Leggi di Bilancio e Decreti fiscali 2016-2023 – per le definizioni agevolate (“rottamazione” delle cartelle esattoriali e “saldo e stralcio”): es. D.L. 193/2016, D.L. 119/2018, L. 145/2018, L. 197/2022, ecc. (utili per ridurre debiti fiscali prima/durante i piani).
  • Giurisprudenza (aggiornata al 2024-2025):
    • Tribunale di Pesaro, 18 luglio 2024Ristrutturazione del consumatore e beni non inclusi: ha statuito che «È ammissibile la proposta di ristrutturazione dei debiti che non prevede la liquidazione di tutti i beni del debitore, potendo il piano escludere taluni beni, essendo la regola della non minor convenienza l’unico limite». Conferma la possibilità di escludere la prima casa o altri cespiti se il piano resta conveniente.
    • Corte di Cassazione Civ., Sez. I, 21 febbraio 2024, n. 4622Moratoria oltre 1 anno nel piano del consumatore: ha chiarito che il termine di un anno dell’art.8 co.4 L.3/2012 non è inderogabile, ammettendo piani che inizino il pagamento dei creditori privilegiati entro l’anno ma li completino successivamente. In sintesi, una dilazione ultrannuale verso creditori ipotecari è legittima se garantisce loro il trattamento non inferiore all’alternativa liquidatoria.
    • Corte di Cassazione Civ., Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150Moratoria ultrannuale e diritto di voto: ha affermato che nel piano del consumatore si può prevedere una moratoria di pagamento dei crediti prelatizi oltre un anno dall’omologa, senza dover riconoscere ai creditori privilegiati un diritto di voto analogo a quello concordatario. Il creditore può tutelarsi solo contestando la convenienza, ma non può pretendere una votazione, poiché il legislatore ha scelto di non prevederla.
    • Corte di Cassazione Civ., Sez. I, 11 aprile 2025, n. 9549Interpretazione dell’art. 8 co.4 L.3/2012 (moratoria e falcidia creditori privilegiati): pronuncia fondamentale che interpreta il termine “fino ad un anno” come riferito all’inizio delle rate, non alla conclusione del pagamento. Inoltre esclude l’applicazione analogica delle norme di concordato (voto ai creditori ipotecari) nel piano del consumatore, ribadendo che il giudice può omologare anche contro il volere del creditore ipotecario, se il piano è equo. Conferma anche il principio della sopravvenuta parziarietà del credito privilegiato oltre il valore del bene (la parte eccedente diventa chirografaria).
    • Corte di Cassazione Civ., Sez. I, 10 dicembre 2024, n. 5157Legittimazione al reclamo nell’omologa del piano del consumatore: ha stabilito che può proporre reclamo contro il decreto di omologa solo chi è stato parte formale nel giudizio di omologazione. In pratica, un creditore che non abbia presentato opposizione in sede di omologa non può impugnare successivamente l’omologa stessa. Questa sentenza tutela la stabilità dei piani omologati, limitando le contestazioni tardive.
    • Cassazione Civ., Sez. I, 5 luglio 2021, n. 17834 (Sez. Unite) – (precedente rilevante) Ha definito criteri di meritevolezza nel piano del consumatore, sottolineando che il giudice deve valutare la condotta antecedente e la sostenibilità del piano (ragionevolezza prospettica) per concedere l’omologa. Ha anche affermato il favor legislativo verso soluzioni conservative e l’importanza dell’assenza di colpa grave del debitore (principi poi ripresi nelle pronunce del 2024-25).
    • Tribunale di Mantova, 14 ottobre 2021Massima sulla moratoria nel sovraindebitamento: anticipando gli orientamenti successivi, ha ritenuto ammissibile nei piani del consumatore una moratoria di pagamento ai creditori ipotecari anche superiore all’anno, se motivata e se il creditore non viene pregiudicato negli interessi (interpretazione poi confermata dalla Cassazione 2024).
    • Corte di Cassazione Civ., Sez. VI, 17 giugno 2021, n. 17214Fallibilità dei professionisti associati: ha escluso la fallibilità di uno studio professionale associato in quanto tale, riconfermando che la natura professionale (non commerciale) dell’attività prevale, salvo si dimostri che sotto forma di associazione si celava in realtà un’attività imprenditoriale (distinguo rilevante per dentisti associati). Indirettamente, avvalora che i debiti di uno studio associato rientrano nelle procedure da sovraindebitamento e non nel fallimento.
    • Cassazione Civ., Sez. I, 24 maggio 2016, n. 10712Nozione di imprenditore minore/professionista non fallibile: (precedente sulla legge 3/2012) ha delineato i parametri dimensionali e qualitativi per considerare un professionista “non assoggettabile a fallimento”, indicando che anche un’attività economicamente rilevante ma di natura intellettuale (come quella odontoiatrica) rimane fuori dal fallimento se non organizzata in forma societaria commerciale. Questo orientamento è confluito poi nell’art. 2 lett. d) CCII che definisce l’imprenditore minore per soglie (attivo <300k, ricavi <200k, debiti <500k).

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