Infermiere Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi

Sei un infermiere con debiti e non sai come uscirne?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, pignoramenti sullo stipendio, solleciti da banche o finanziarie e temi che la situazione possa peggiorare? In questi casi è fondamentale sapere quali strumenti legali hai per difenderti, proteggere il tuo reddito e recuperare serenità.

Quando un infermiere può trovarsi con debiti
– Quando ha acceso prestiti personali, cessioni del quinto o carte revolving che non riesce più a rimborsare
– Quando ha accumulato debiti fiscali o contributivi, magari per attività extra o partita IVA in passato
– Quando è stato garante per familiari o amici e si è ritrovato a pagare al loro posto
– Quando ha avuto spese impreviste (malattie, separazioni, emergenze familiari) che hanno compromesso il bilancio
– Quando ha subito riduzione degli straordinari o variazioni contrattuali che hanno abbassato il reddito disponibile

Cosa può succedere a un infermiere con debiti
Pignoramento di una quota dello stipendio, con trattenuta diretta in busta paga
Blocco del conto corrente, impedendo l’accesso ai risparmi
Segnalazione nelle banche dati come cattivo pagatore, che limita l’accesso al credito
Pressioni costanti da parte di creditori e società di recupero crediti
– Ansia e stress che possono influire anche sull’attività lavorativa

Cosa puoi fare per difenderti se sei un infermiere con debiti
– Verifica con un avvocato quali debiti sono validi, prescritti o contestabili
– Se hai cartelle esattoriali, valuta la possibilità di rateizzazione, rottamazione o saldo e stralcio
– Se i debiti sono troppi rispetto al reddito, puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, che permette di ridurre o azzerare legalmente le somme dovute
– Se subisci un pignoramento, puoi chiedere la riduzione della quota trattenuta o la sospensione se vi sono i presupposti
– Negozia con banche e finanziarie un piano di rientro sostenibile, evitando ulteriori interessi e more
– Proteggi i beni personali e familiari con strumenti legittimi che impediscano aggressioni indebite

Cosa puoi ottenere con la giusta assistenza legale
– La sospensione di pignoramenti e azioni esecutive
– La riduzione del debito complessivo tramite accordi o strumenti giudiziari
– La protezione dello stipendio e dei beni personali
– La possibilità di ripartire da zero grazie a procedure di esdebitazione
– Il ritorno alla serenità, concentrandoti sul lavoro e sulla vita privata

Attenzione: anche se hai un lavoro stabile, non sei al riparo dalle azioni dei creditori, ma proprio la tua condizione di dipendente ti dà accesso a strumenti efficaci per gestire e risolvere i debiti. Agire subito è fondamentale per evitare che la situazione degeneri.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, difesa del lavoratore e tutela del reddito ti spiega cosa fare se sei un infermiere con debiti, come difenderti e come risolvere la crisi finanziaria in modo sicuro.

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Introduzione

Essere un infermiere con debiti non è una situazione insolita nel contesto attuale. Stipendi non elevatissimi, spese familiari, mutui per la casa, finanziamenti per l’auto o per gli studi, e magari l’avvio di una piccola attività libero-professionale possono portare anche un operatore sanitario in difficoltà finanziarie. A ciò si aggiungono eventi imprevedibili (malattie, crisi economiche, emergenze familiari) che possono causare insolvenza. In Italia, il principio “favor debitoris” ispira la normativa in materia di debiti: l’ordinamento, soprattutto negli ultimi anni, ha introdotto strumenti per aiutare il debitore onesto a “sopravvivere” ai debiti e a ripartire da zero, pur garantendo un equilibrio con i diritti dei creditori. Questo vuol dire che esistono procedure che consentono di ridurre o cancellare i debiti impagabili (la cosiddetta “esdebitazione”, ossia liberazione dai debiti residui), permettendo al debitore di conservare il necessario per una vita dignitosa e di tornare attivo nell’economia senza essere per sempre schiacciato dai debiti passati.

In questa guida esamineremo dapprima le tipologie di debiti che un infermiere (o qualsiasi persona) può contrarre, i relativi rischi legali e i limiti entro cui i creditori possono agire. Successivamente tratteremo le strategie stragiudiziali (come accordi a saldo e stralcio, piani di rientro, ecc.) per gestire il debito, e poi approfondiremo le procedure giudiziali di sovraindebitamento previste dalla legge italiana (dal “piano del consumatore” al “concordato minore”, fino alla “liquidazione controllata” e alla speciale esdebitazione del debitore incapiente). Il tutto sarà illustrato con riferimenti normativi puntuali, cenni alla giurisprudenza più recente (comprese importanti sentenze di Cassazione fino al 2025) e con un linguaggio chiaro ma accurato. Infine, verranno proposte alcune simulazioni pratiche riguardanti casi tipici (es. un infermiere dipendente indebitato, un infermiere libero professionista con debiti di impresa, una famiglia indebitata con casa di proprietà, etc.), seguite da un elenco di Domande e Risposte frequenti. In coda, alcune tabelle riepilogative aiuteranno a sintetizzare i punti chiave (ad es. limiti di pignorabilità, confronto fra procedure, termini di prescrizione dei vari debiti).

Importante: ogni situazione di indebitamento ha caratteristiche uniche. Questa guida fornisce un quadro generale e non sostituisce il parere di un legale, soprattutto in casi complessi. Per questioni specifiche (pignoramenti in corso, trattative con banche o finanziarie, accesso alle procedure di insolvenza, etc.), è consigliabile consultare un avvocato esperto in diritto civile e fallimentare o un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) riconosciuto.

Procediamo quindi con l’analisi, partendo dai diversi tipi di debito che possono riguardare un infermiere indebitato e dai possibili rischi e tutele collegati.

Tipologie di debiti e rischi per un infermiere

Un infermiere può trovarsi esposto a diverse tipologie di debiti, ciascuna con caratteristiche giuridiche specifiche. Conoscerle è fondamentale per capire come difendersi. Ecco i principali tipi di debito che possono gravare su una persona (infermiere compreso), e i relativi rischi:

  • Debiti bancari e finanziari: mutui ipotecari, prestiti personali, finanziamenti al consumo, scoperti di conto e carte di credito. Questi debiti sono generalmente regolati da contratti con banche o finanziarie. Il rischio principale in caso di morosità è l’azione legale di recupero crediti: la banca può ottenere un decreto ingiuntivo e procedere a pignoramenti (stipendio, conto corrente, beni) o, se c’è un’ipoteca, all’espropriazione dell’immobile ipotecato. Ad esempio, un mutuo sulla casa prevede un’ipoteca: se l’infermiere non paga diverse rate, la banca può accelerare il debito residuo e avviare un pignoramento immobiliare sull’abitazione ipotecata. Occorre sottolineare che nel caso di prima casa adibita a residenza, la banca (o altro creditore ipotecario) può comunque procedere alla vendita forzata se l’obbligazione non viene adempiuta, essendo l’ipoteca un diritto reale di garanzia che prescinde dall’uso “primario” dell’immobile da parte del debitore. Solo per i debiti fiscali con l’Erario esiste un limite alla pignorabilità della prima casa (come vedremo più avanti). Nel caso di prestiti personali e carte di credito (debiti non garantiti), il creditore dovrà invece agire ottenendo un titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo) e potrà poi colpire i beni del debitore secondo le regole ordinarie (pignoramento di stipendi, conti, beni mobili o immobili liberi da ipoteche). Un altro rischio legato ai debiti finanziari sono gli interessi moratori e le penali per ritardato pagamento, che possono far lievitare l’importo dovuto. Tuttavia, il debitore ha alcune possibili difese: ad esempio, può eccepire l’eventuale usurarietà degli interessi applicati (se il Tasso Effettivo Globale supera i tassi soglia stabiliti trimestralmente), o contestare clausole contrattuali vessatorie, oppure chiedere alla banca un piano di rientro concordato per evitare l’escussione forzata.
  • Debiti verso fornitori o privati: includono bollette non pagate (luce, gas, telefono), canoni di affitto arretrati, parcelle professionali non saldate, debiti verso fornitori nel caso di un infermiere che abbia avviato un’attività (es. acquisto di attrezzature mediche, materiali sanitari, ecc.). Questi debiti generalmente diventano “esigibili” in base al contratto o alla fattura. Un infermiere libero professionista potrebbe ad esempio avere debiti verso il proprietario dello studio in cui esercita (affitti arretrati) o verso fornitori di strumentazione sanitaria. Anche in questo caso, il creditore può agire legalmente (ingiunzione di pagamento) e poi con pignoramenti. Non essendoci garanzie specifiche, sono debiti chirografari (non privilegiati), quindi il creditore concorrerà con gli altri sul patrimonio del debitore. Attenzione però: alcuni di questi crediti possono godere di particolari tutele legali. Ad esempio, il condominio per le spese condominiali arretrate ha un privilegio speciale sull’unità immobiliare (art. 2770 c.c.) e può agire rapidamente con decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Ugualmente, il locatore di un immobile può avvalersi di una procedura speciale di sfratto per morosità, e successivamente chiedere decreto ingiuntivo per i canoni non pagati. Per l’infermiere debitore, eventuali beni strumentali della professione (ad esempio un’auto utilizzata per visite a domicilio, un computer, attrezzature medicali personali) possono essere pignorati dai creditori, salvo rientrino nei beni impignorabili (vedremo dopo i limiti di pignorabilità degli strumenti di lavoro). Pertanto, è fondamentale conoscere quali beni sono protetti e quali no.
  • Debiti fiscali e contributivi: comprendono tasse non pagate (es. IRPEF, addizionali, IVA se l’infermiere è una partita IVA), cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) per imposte statali, tributi locali (es. IMU, TARI) o multe non pagate, e contributi previdenziali non versati (per un infermiere libero professionista iscritto alla gestione separata INPS o ad albi professionali, ad esempio l’ENPAPI – Ente di Previdenza degli Infermieri Professionali). Questi debiti hanno un trattamento particolare. L’Agente della Riscossione (ex Equitalia) ha poteri di riscossione coattiva amministrativa: può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore, disporre il fermo amministrativo sui veicoli, e procedere a pignoramenti senza dover passare dal giudice (mediante la procedura esattoriale disciplinata dal DPR 602/1973). Tuttavia, negli ultimi anni sono state introdotte importanti limitazioni a tutela del contribuente-debitore. In particolare, la legge (D.L. 69/2013 cd. “Decreto del Fare”, e successive modifiche) ha reso impignorabile la prima casa da parte dell’Erario a determinate condizioni. Più precisamente, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può procedere all’espropriazione immobiliare se l’immobile del debitore è l’unica casa di proprietà, è adibito ad abitazione principale, non di lusso (non accatastato come A/8 o A/9). Se queste condizioni sono tutte rispettate, la prima casa è protetta dal pignoramento fiscale. Fanno eccezione i casi in cui il debitore possieda altri immobili o il debito fiscale superi 120.000 €: in tali ipotesi l’espropriazione è possibile, ma solo seguendo un iter: l’Agenzia deve iscrivere ipoteca e può pignorare trascorsi almeno 6 mesi, e solo se il valore complessivo degli immobili del debitore supera 120.000 €, e previa verifica che non vi siano altri beni pignorabili (il pignoramento immobiliare è l’extrema ratio). Per quanto riguarda gli altri beni, AER può pignorare conti, stipendio e pensione con modalità simili ai creditori privati ma con proprie procedure (ad esempio può pignorare lo stipendio presso il datore di lavoro entro 1/5, o la pensione presso l’INPS con i limiti di legge, senza passare dal tribunale). Un’infermiera dipendente che abbia debiti con il Fisco potrebbe dunque vedersi recapitare una cartella esattoriale e, in difetto di pagamento o rateizzazione, subire (dopo la notifica di un intimazione) un pignoramento del quinto dello stipendio direttamente dall’ente pubblico. Va segnalato che il legislatore ha anche introdotto misure di sollievo per i debitori fiscali in difficoltà: piani di rateazione fino a 72 o 120 rate, e definizioni agevolate (come la “rottamazione delle cartelle”, l’ultima delle quali – c.d. rottamazione-quater – è stata attivata con la L. 197/2022 permettendo di estinguere le cartelle 2000-2017 con sanzioni e interessi ridotti). Queste opportunità vanno valutate attentamente perché possono ridurre notevolmente l’esposizione debitoria fiscale. In ogni caso, i debiti tributari e contributivi possono anch’essi rientrare nelle procedure di sovraindebitamento ed essere “falciati” (ridotti) o dilazionati al pari degli altri debiti chirografari, come vedremo, sebbene con alcuni limiti (ad es. in concordato minore o accordo è richiesta l’adesione dell’ente o il pagamento almeno parziale di alcuni tributi come l’IVA, considerata fuori dalla falcidia senza consenso per vincoli comunitari).
  • Debiti per sanzioni amministrative e spese legali: includiamo qui multe stradali, sanzioni amministrative di vario genere (es. sanzioni per violazioni sanitarie o amministrative che possono riguardare anche un infermiere libero professionista), e le spese di giustizia o spese legali poste a carico del debitore. Le multe stradali e in generale le sanzioni amministrative, se non pagate, vengono iscritte a ruolo e riscosse tramite cartella esattoriale (quindi rientrano nei debiti verso AER sopra discussi). In linea di massima possono essere ricomprese nelle procedure di sovraindebitamento esattamente come gli altri debiti, non essendo multe equiparate alle pene pecuniarie penali. Attenzione però: le sanzioni per reati (pene pecuniarie) o le somme dovute per risarcimento di danni derivanti da reato potrebbero non essere esdebitabili per ragioni di ordine pubblico (si tratta di obblighi di natura pubblicistica o punitiva). Ad esempio, se un infermiere venisse condannato penalmente a una multa o a risarcire un danno per lesioni colpose, tali somme non rientrerebbero nei debiti “civili” ordinariamente eliminabili con un piano di sovraindebitamento – andrebbe valutato caso per caso e probabilmente escluso il beneficio dell’esdebitazione su quelle componenti. Invece, le spese legali dovute in seguito a una causa persa, o le spese processuali penali, sono debiti di natura civile verso lo Stato o terzi, quindi inseribili nelle procedure (anche se pure qui potrebbero esservi limiti se relative a procedimenti penali: le spese processuali penali a carico del condannato di solito non vengono condonate).
  • Debiti per mantenimento familiare: questa categoria ha peculiarità importantissime. Si tratta di obblighi di pagamento di assegni di mantenimento o alimenti verso il coniuge separato o divorziato, o verso i figli. Un infermiere divorziato che non riesce a pagare l’assegno mensile all’ex coniuge o ai figli accumula un debito. Questi debiti non possono essere cancellati né ridotti dalle procedure concorsuali di sovraindebitamento: gli obblighi di mantenimento e alimentari sono esclusi dall’esdebitazione e rimangono sempre dovuti per intero. Inoltre godono di protezioni speciali: il creditore alimentare può pignorare lo stipendio fino a metà (50%), superando il limite ordinario di un quinto (art. 545 c.p.c.), e questi crediti sono privilegiati su eventuali somme ricavate dall’esecuzione forzata. Dunque, se i debiti di un infermiere includono arretrati di mantenimento verso i figli o il coniuge, il margine di difesa è ridotto: bisognerà necessariamente trovare un accordo con l’altro genitore o soddisfare tali importi, poiché neppure il fallimento personale li estinguerebbe. L’unica tutela, per evitare abusi, è che il creditore alimentare dovrà comunque agire in via esecutiva con il controllo del giudice (ad esempio, non può prendere più della metà dello stipendio). Ma non esistono “sconti” legali su queste somme.

Oltre a queste categorie principali, un individuo potrebbe avere altri tipi di debito: ad esempio debiti di gioco (per chi ha contratto debiti con casinò o siti di scommesse), debiti da usura (prestiti illegali da strozzini, che ovviamente non sono reclamabili legalmente dal creditore usuraio, ma spesso si traducono in minacce extra-giudiziali), oppure debiti oggetto di fideiussioni (ad esempio l’infermiere che ha fatto da garante per il mutuo di un familiare e si trova a dover pagare perché il debitore principale è inadempiente). Nel caso di fideiussioni, l’eventuale escussione del garante genera un debito a suo carico verso il creditore principale (es. banca) o verso il debitore principale (diritto di regresso). Anche questo debito sarà trattato come un normale debito finanziario chirografario, salve eventuali garanzie reali prestate. È importante notare che nelle procedure di sovraindebitamento i coobbligati e fideiussori non sono liberati dall’eventuale esdebitazione concessa al debitore principale (principio analogo a quello dell’art. 123 L.F. per il fallimento) – torneremo su questo punto parlando degli effetti dell’esdebitazione.

Rischi comuni in caso di insolvenza: Indipendentemente dal tipo di debito, se il debitore non paga volontariamente, il rischio è di subire un’azione di recupero forzoso. In genere il percorso è: solleciti e messe in mora, poi azione legale (es. decreto ingiuntivo o atto di citazione), quindi atto di precetto e pignoramento dei beni. I creditori possono colpire vari beni del debitore, con limiti diversi a seconda della tipologia:

  • Stipendio o salario: pignorabile direttamente presso l’ASL o l’ospedale (se infermiere dipendente) o presso la tesoreria regionale (se infermiere pubblico) o presso altri datori di lavoro nel limite generalmente di 1/5 del netto mensile per i crediti ordinari (banche, finanziarie, privati). Se vi sono più pignoramenti contemporanei di natura diversa (es. uno per prestiti, uno per alimenti, uno per tributi), si applicano limiti differenti ma in ogni caso una quota dello stipendio deve restare libera: la legge impone che almeno metà dello stipendio resti al lavoratore anche in caso di più pignoramenti (art. 545 co.4 c.p.c.). Per debiti alimentari, come detto, la singola trattenuta può arrivare fino a 1/2. Per debiti fiscali, il D.P.R. 602/1973 prevede percentuali in base all’importo dello stipendio: un quinto per stipendi oltre 5.000 €/mese, un settimo se tra 2.500 e 5.000 €, un decimo se sotto 2.500 € (norme introdotte per attenuare l’impatto sui redditi più bassi). Dunque un infermiere con stipendio di €1.800 netti potrebbe vedersi pignorare al massimo un decimo (€180) per debiti fiscali, o un quinto (€360) per debiti bancari.
  • Conto corrente: un creditore (o AER) può pignorare le somme sul conto del debitore tramite pignoramento presso terzi in banca. Da qualche anno esistono tutele anche qui: se sul conto vengono accreditati stipendi o pensioni, la legge prevede che, al momento del pignoramento, resti impignorata una somma pari a 3 volte l’assegno sociale (circa €1.600 nel 2024, essendo l’assegno sociale ~€534). In pratica, se un infermiere ha €3.000 sul conto al momento del pignoramento e si tratta in tutto o in parte di somme da stipendio, il creditore potrà bloccare solo l’importo eccedente circa €1.600. Nell’esempio, su €3.000 saranno bloccati circa €1.400 e il resto resterà disponibile al debitore. Inoltre, le somme derivanti da stipendio accreditate successivamente al pignoramento sul conto sono pignorate nei limiti del quinto per i crediti ordinari (si applicano come fossero pignorate “alla fonte”). È quindi buona norma, per un debitore in difficoltà, non lasciare cumulare somme eccessive sul conto corrente, specialmente prima di ricevere uno stipendio, oppure ricorrere a conti intestati a terzi fidati per depositarvi somme eccedentarie (fermo restando che ciò può configurare un rischio se il creditore prova che il conto di terzo è usato come mero schermo).
  • Immobili (case, terreni): un creditore munito di titolo esecutivo e ipoteca (giudiziale o volontaria) può pignorare un immobile del debitore e metterlo all’asta. Se il creditore è ipotecario (es. banca mutuante) non è necessario un importo minimo di debito; se è chirografario (senza ipoteca), in teoria può comunque pignorare l’immobile per qualsiasi importo, ma dovrà prima iscrivere ipoteca giudiziale (che può iscrivere anche un minuto dopo aver ottenuto un decreto ingiuntivo esecutivo) e di solito valuterà se il gioco vale la candela (le procedure esecutive hanno costi e durate lunghe). Non esiste una impignorabilità generale della prima casa verso i creditori privati: solo l’Erario ha il vincolo di cui si è detto. Quindi, ad esempio, se un infermiere proprietario di casa contrae debiti con una finanziaria che poi ottiene un decreto ingiuntivo, quest’ultima può iscrivere ipoteca giudiziale sulla casa e, se il debito rimane insoluto, procedere con il pignoramento immobiliare, anche se trattasi di prima e unica casa. Le uniche attenuanti potrebbero essere: (a) fondo patrimoniale – se la casa è stata conferita in fondo patrimoniale (da un infermiere coniugato) prima del sorgere del debito e il debito non è per bisogni familiari, il creditore potrebbe non poter aggredire l’immobile (vedremo a breve però che la giurisprudenza è molto restrittiva sul concetto di debito estraneo ai bisogni della famiglia); (b) importo molto esiguo del debito – se il credito è di poche migliaia di euro, molti tribunali non autorizzano la vendita forzata per evidente sproporzione (anche se formalmente possibile). In generale, la prima casa è lo zoccolo duro che il debitore vuole difendere: abbiamo visto che col Fisco ci sono tutele normative, con i privati la tutela può essere costituire tempestivamente un fondo patrimoniale (per i coniugati) o un trust familiare, o in extremis cercare un accordo stragiudiziale prima che si arrivi all’asta (ad esempio vendendo volontariamente la casa per pagare i creditori, soluzione preferibile rispetto alla vendita forzata). Ricordiamo infatti che dal 2023, con la riforma Cartabia del processo civile, il debitore esecutato può chiedere al giudice di vendita forzata di procedere a una vendita privata dell’immobile per suo tramite, evitando l’asta (artt. 538-bis e 569-bis c.p.c.): se il giudice concede questa via, l’infermiere debitore potrebbe trovare un acquirente sul mercato libero, spuntare un prezzo migliore di quello d’asta e pagare il creditore evitando il deprezzamento del bene e magari ricavando qualcosa. Questa è una novità molto utile per difendersi in sede esecutiva.
  • Beni mobili e strumenti di lavoro: mobilio di casa, televisori, PC, auto, ecc. sono teoricamente pignorabili tramite accesso dell’ufficiale giudiziario nell’abitazione o tramite pignoramento del veicolo al PRA. In pratica, il pignoramento mobiliare domiciliare oggi è poco usato per i costi e il rischio di scarsità di beni di valore (ed alcuni beni sono impignorabili per legge: letti, armadi, tavoli da pranzo, elettrodomestici essenziali, abbigliamento, cose sacre, animali da compagnia, ecc., art. 514 c.p.c.). L’autovettura, invece, è spesso nel mirino: un infermiere che possiede un’auto o moto di valore potrà vedersi iscrivere un fermo amministrativo (da AER) o un pignoramento tramite ufficiale giudiziario per gli altri creditori. Se l’auto è indispensabile per lavorare (es: un infermiere domiciliare che la usa per spostarsi da un paziente all’altro), non esiste purtroppo una esenzione automatica, ma in sede di conversione del pignoramento o opposizione si può tentare di dimostrare che è bene strumentale necessario. La legge tutela esplicitamente gli strumenti di lavoro del debitore nei limiti di quanto gli occorre per svolgere la professione (art. 515 c.p.c.), rendendoli impignorabili, salvo che il pignoramento riguardi il pagamento di debiti per il loro acquisto. Ad esempio: se un infermiere libero professionista ha acquistato un ecografo a rate e non paga le ultime rate, il fornitore potrebbe pignorare proprio quell’ecografo anche se strumentale, essendo il credito relativo al bene medesimo. Invece, un automobile usata per lavoro in genere è impignorabile solo se usata esclusivamente per lavoro e di valore modesto; spesso le auto non godono di questa protezione perché usate anche per esigenze personali. Dunque, il rischio di perdere l’auto c’è, ma si può negoziare col creditore (es. vendere l’auto per pagarlo parzialmente) o ricorrere al giudice se si tratta di uno strumento fondamentale e il creditore ha altri modi di soddisfarsi.

In sintesi, un infermiere indebitato rischia di subire pignoramenti del quinto dello stipendio, blocco dei conti correnti, perdita della casa o dell’auto, ecc. Ogni categoria di debito porta con sé specifiche insidie (ad esempio, i debiti fiscali possono diventare pignoramenti automatici senza giudice ma la prima casa è protetta; i debiti bancari comportano interessi e ipoteche; i debiti alimentari non si estinguono mai del tutto; i debiti professionali possono intaccare beni strumentali). Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono i diritti e le tutele del debitore di fronte a queste azioni: capire cosa il creditore può o non può fare e come opporsi legalmente è il primo passo per difendersi efficacemente.

Diritti del debitore e limiti alle azioni dei creditori

La legge italiana, pur dando strumenti ai creditori per riscuotere il dovuto, pone dei limiti per tutelare la dignità e la sopravvivenza economica del debitore e della sua famiglia. È fondamentale che un infermiere indebitato conosca questi limiti, in modo da farli valere se necessario. Riassumiamo i principali diritti del debitore e vincoli cui i creditori (privati o pubblici) devono sottostare:

  • Impignorabilità di beni essenziali: Come accennato, l’art. 514 c.p.c. elenca una serie di beni mobili impignorabili, tra cui: l’abbigliamento, i letti ed arredi necessari al debitore e famiglia, il frigorifero, la stufa per riscaldarsi, etc., nonché gli strumenti di lavoro indispensabili (nei limiti visti sopra). Quindi l’ufficiale giudiziario non può ad esempio sequestrare i mobili essenziali di casa di un infermiere o la sua uniforme di lavoro. Inoltre, non si possono pignorare oggetti sacri o necessari all’esercizio del culto, né i decorazioni al valore, corrispondenza personale, manoscritti (art. 514). Questi limiti vanno tenuti a mente: se un ufficiale giudiziario violasse tali divieti, il pignoramento sarebbe impugnabile.
  • Limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni: Lo stipendio del debitore (lavoratore dipendente) non è mai pignorabile per più di 1/5 per i comuni crediti. Questo significa che, anche se ci fossero molti creditori, la trattenuta totale (sommando pignoramenti concorrenti di natura ordinaria) non può superare il 20% per volta. Fa eccezione il concorso con crediti alimentari e fiscali: in caso di coesistenza, il massimo cumulabile è il 50% – ad esempio 1/5 per un finanziamento e 2/5 per alimenti farebbero 3/5 ma la legge lo impedisce, resterà 1/5 + (altri 2/5 fino ad arrivare a 1/2). La pensione presso l’INPS è assimilata allo stipendio ma con un’ulteriore protezione: c’è una quota impignorabile pari all’assegno sociale aumentato della metà (circa €800): la parte di pensione al di sotto di tale soglia non si tocca, oltre si applica il solito quinto (art. 545 co.7-8 c.p.c.). Perciò un pensionato non può mai vedersi ridurre la pensione al di sotto del minimo vitale (importo assegno sociale). Queste soglie non sono derogabili: se un creditore ottiene in sede di pignoramento una percentuale maggiore, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. per far ridurre la trattenuta entro i limiti di legge.
  • Divieto di abuso del processo esecutivo: La giurisprudenza (Cassazione) ha affermato che il creditore deve agire con buona fede anche nell’esecuzione. Ad esempio, promuovere un pignoramento immobiliare per un credito di poche migliaia di euro potrebbe costituire abuso (in termini di proporzionalità). In certe situazioni, i giudici hanno accolto opposizioni del debitore contro esecuzioni palesemente sproporzionate (es. pignorare la casa per 5 mila euro di debito, quando magari sul conto corrente c’erano fondi o c’erano altri mezzi meno invasivi). È un terreno scivoloso (non c’è una norma precisa, si invoca il principio generale di correttezza ex art. 1175 c.c.), ma è comunque un argomento di difesa.
  • Termini di preavviso e proceduralità: Il debitore ha diritto a ricevere notifiche regolari di tutti gli atti: dal decreto ingiuntivo (che può opporre entro 40 giorni), al precetto (che deve precedere di almeno 10 giorni il pignoramento), all’atto di pignoramento stesso. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve notificare la cartella e, prima di pignorare, deve inviare una comunicazione preventiva (intimazione) almeno 30 giorni prima. Se queste formalità non sono rispettate, l’esecuzione è nulla. Ad esempio, un infermiere che si veda pignorare il conto senza aver mai ricevuto la cartella esattoriale può fare opposizione per nullità della notifica (spesso capita che la cartella venga notificata ad un vecchio indirizzo o con procedure difettose).
  • Prescrizione dei debiti: Ogni debito ha un termine oltre il quale non può più essere legalmente preteso (salvo atti interruttivi). La prescrizione è una difesa potentissima del debitore, perché se il termine è decorso e si eccepisce in giudizio, il debito si considera estinto. Approfondiremo a breve i tempi di prescrizione delle varie tipologie, ma anticipiamo che: i debiti ordinari contrattuali di regola prescrivono in 10 anni (art. 2946 c.c.); alcuni in 5 anni (es. bollette, canoni, onorari professionali, secondo l’art. 2948 c.c.); i tributi hanno termini specifici fissati dalle leggi fiscali (spesso intorno 5 anni per l’accertamento e 2 anni dalla notifica per la decadenza della cartella, etc.). Un infermiere può scoprire che un vecchio debito della finanziaria risalente a 15 anni fa non è più esigibile se nel frattempo non ha mai ricevuto atti interruttivi (come solleciti formali o atti giudiziari): in tal caso, far valere la prescrizione gli evita qualunque pagamento. È però fondamentale non ammettere mai per iscritto il debito prescritto: un riconoscimento scritto farebbe ripartire da capo la prescrizione (art. 2944 c.c.).
  • Sospensione e conversione del pignoramento: Il debitore, una volta avviata l’esecuzione, può chiedere al giudice dell’esecuzione una sospensione (in caso di gravi motivi, ad es. se ha contestato il debito in giudizio e c’è un fumus di fondatezza). Inoltre, ha sempre la facoltà di chiedere la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), ossia di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro pari al credito, interessi e spese (in pratica “riscattare” i beni), eventualmente pagando a rate con una cauzione iniziale del 20%. Questa conversione può essere utile se il debitore reperisce i fondi o ottiene un finanziamento di salvataggio all’ultimo minuto: evita la vendita forzata se versata l’intera somma dovuta.
  • Fondo patrimoniale: se il debitore è coniugato ed ha costituito un fondo patrimoniale su beni (es. la casa di famiglia) prima che i debiti sorgessero, egli può opporre ai creditori che quei beni sono aggredibili solo per debiti contratti per i bisogni familiari (art. 170 c.c.). Questo è un scudo parziale: storicamente la Cassazione interpretava “bisogni della famiglia” in modo molto ampio, includendovi quasi tutto (anche i debiti d’impresa se il reddito serviva alla famiglia). Ma con sentenze più recenti (Cass. 2904/2021) la Suprema Corte ha precisato che non ogni debito d’impresa è per bisogni familiari, dipende dal caso concreto. Ad esempio, se un infermiere libero professionista ha messo casa in fondo patrimoniale e poi contrae un debito per aprire un ambulatorio, potrebbe sostenere che quel debito era strumentale all’attività lavorativa e non ai bisogni familiari immediati, e dunque la casa in fondo non dovrebbe risponderne. Il creditore, dal canto suo, potrà tentare di dimostrare che dall’attività lanciata ci si aspettava il mantenimento della famiglia e quindi era finalizzata ai bisogni familiari. La prova può essere complessa ed è materia di causa. È bene sapere però che tasse e spese condominiali relative alla casa in fondo patrimoniale sono considerate debiti per bisogni familiari, per cui il fondo non protegge da ipoteche e pignoramenti per IMU, Tari, spese condominio, ecc.. Altro limite: se il fondo è costituito in frode ai creditori (es. quando l’infermiere aveva già debiti insorti o prevedibili al momento della costituzione), esso è attaccabile con azione revocatoria o addirittura, se c’è una procedura concorsuale, è inefficace ex lege (fallimento: art. 64 L.F.). Cassazione ha chiarito che la costituzione del fondo è atto a titolo gratuito e quindi facilmente revocabile se compiuto poco prima dell’insolvenza. In sintesi: il fondo patrimoniale può offrire una difesa su alcuni beni (in primis la casa coniugale) contro creditori estranei ai bisogni familiari, ma è una difesa da valutare caso per caso e non sempre solida.
  • Segnalazioni in Centrale Rischi e banche dati: Un debitore inadempiente verrà probabilmente segnalato come cattivo pagatore (CRIF, Experian, etc.) o addirittura in Centrale Rischi Banca d’Italia se il debito è rilevante. Questo non è un aspetto giuridico di “difesa”, ma sapere di essere segnalati spiega perché magari non si ottengono più finanziamenti. La tutela qui consiste nel sapere che dopo un certo periodo dalla regolarizzazione o chiusura della posizione, la segnalazione dev’essere cancellata (in CRIF, di solito 36 mesi dopo l’ultimo aggiornamento negativo). Inoltre esistono diritti in materia di privacy: segnalazioni errate possono essere fatte correggere o cancellare tramite ricorsi specifici al Garante Privacy o all’Arbitro Bancario Finanziario.

In generale, il debitore ha diritto a non essere spogliato di tutto: il nostro ordinamento, all’art. 2740 c.c., afferma sì che “il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”, ma ciò va letto insieme alle numerose eccezioni di legge (beni impignorabili, limiti, ecc.) che mirano a preservare un minimo vitale e la continuità della vita dignitosa. Inoltre, soprattutto quando il debitore agisce in buona fede e collaborazione, il sistema gli offre anche strumenti attivi di difesa, non solo di resistenza: ad esempio la possibilità di rinegoziare il debito con i creditori o di accedere a procedure concorsuali per sovraindebitamento dove un giudice può sanzionare abusi dei creditori (come interessi usurari, clausole nulle) e soprattutto può omologare accordi o piani anche senza il consenso di tutti i creditori, se ciò consente di superare la crisi.

Nei prossimi paragrafi ci concentreremo proprio su queste soluzioni per uscire dai debiti. Dapprima esamineremo le opzioni stragiudiziali (fuori dal tribunale) che il debitore può tentare – ad esempio accordi a saldo e stralcio, piani di rientro, consolidamento debiti – e poi passeremo alle procedure giudiziali di composizione delle crisi da sovraindebitamento introdotte dalla Legge 3/2012 (aggiornate dal nuovo Codice della Crisi 2019-2022). Queste procedure rappresentano, per il debitore civile o piccolo imprenditore non fallibile, l’equivalente del fallimento e del concordato preventivo destinato però alle persone fisiche e alle piccole imprese, e si concludono con l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti insostenibili. Vedremo i requisiti, i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna opzione.

Prima di ciò, un accenno ai termini di prescrizione dei principali debiti, così che il debitore possa valutare se alcune pretese siano ormai scadute e quindi non più esigibili legalmente.

Prescrizione dei debiti: tempi oltre i quali il debito si “estingue”

La prescrizione è un istituto fondamentale per la difesa del debitore. Consiste, in breve, nell’estinzione di un diritto per il mancato esercizio dello stesso entro un certo periodo di tempo (art. 2934 c.c.). Se il creditore resta inerte e non richiede il pagamento (né giudizialmente né stragiudizialmente in modo riconoscibile) per un certo numero di anni, il debitore può legittimamente rifiutare la prestazione perché il debito è considerato prescritto.

È importante sottolineare che la prescrizione non opera automaticamente: deve essere eccepita dal debitore se il creditore agisce per via giudiziaria. In altre parole, se arriva un decreto ingiuntivo per un debito molto vecchio, spetta al debitore fare opposizione e dire “il credito è prescritto”, altrimenti il giudice non lo rileva d’ufficio (art. 2938 c.c.). Inoltre, la prescrizione può essere interrotta da atti con valore legale, che fanno ripartire da zero il termine (art. 2945 c.c.). Un atto interruttivo tipico è una lettera raccomandata di messa in mora (art. 2943 c.c.) o la notifica di un atto giudiziario per il recupero del credito. Anche un pagamento parziale o un riconoscimento scritto del debito da parte del debitore interrompono la prescrizione (e anzi, il riconoscimento la “rinuncia”, facendo rivivere il debito anche se prescritto, ex art. 2944 c.c.).

Fatte queste premesse, ecco una panoramica dei termini di prescrizione dei debiti più comuni per un infermiere:

  • Prestiti bancari, finanziamenti, mutui: 10 anni dalla scadenza dell’ultima rata o dalla chiusura del rapporto. Le singole rate impagate si prescrivono in 6 mesi o 2 anni? In realtà, la giurisprudenza ritiene che per i finanziamenti rateali si applichi il termine decennale dal momento in cui la banca ha chiesto la risoluzione del contratto o pagamento integrale. Ad ogni modo, un decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca ha efficacia di giudicato e porta la prescrizione a 10 anni dal passaggio in giudicato. Interessi: quelli moratori o accessori hanno termine di prescrizione quinquennale (art. 2948 n.4 c.c.), ma decorre dalle singole scadenze.
  • Scoperto di conto corrente e saldo di carte di credito: 10 anni dall’ultimo utilizzo o comunicazione di recesso/saldo. Se la banca invia un estratto conto mensile con indicazione del dovuto e il cliente non paga, quell’estratto conto può valere come ricognizione del debito? Non sempre, ma in generale meglio considerare 10 anni dall’ultimo movimento o richiesta formale di rientro. Le carte revolving seguono dinamiche simili ai prestiti.
  • Bollette e utenze domestiche (luce, gas, acqua, telefono): oggi 2 anni (termine breve introdotto dalla L. 205/2017 per contrastare maxi-conguagli). Le bollette della luce/gas emesse dal 2018 in poi si prescrivono in 2 anni. Quelle antecedenti seguivano il vecchio termine di 5 anni (riconducibili alla fornitura periodica). Stesso discorso per la telefonia (L. 266/2005 aveva già ridotto a 5 anni, poi la 205/2017 a 2 anni). Quindi un’infermiere che trovasse, ad esempio, nel 2025 una richiesta di pagamento per bollette elettriche del 2019 mai pagate, potrebbe eccepire la prescrizione biennale (salvo atti interruttivi).
  • Canoni di affitto e spese condominiali: 5 anni (art. 2948 n.3 c.c. per le “prestazioni periodiche” di anno in anno o termini più brevi). Ogni rata di affitto o quota condominiale si prescrive in 5 anni dalla scadenza. È tipico che gli amministratori di condominio sollecitino entro tale termine, quindi raramente queste voci si prescrivono senza atti.
  • Retribuzioni e stipendi dovuti (se l’infermiere fosse creditore di stipendi arretrati verso un datore privato): 5 anni (2948 n.4 c.c.). Questo più che per l’infermiere debitore, vale per i suoi eventuali crediti di lavoro.
  • Tributi (IRPEF, IVA, ecc.): più che di prescrizione si parla di decadenza dei poteri di accertamento e di decadenza della riscossione. In generale, le imposte sui redditi e l’IVA vanno accertate entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di dichiarazione (se dichiara redditi nel 2020, entro fine 2025 l’Agenzia Entrate deve notificare accertamenti). Le cartelle esattoriali a loro volta hanno termini di notifica (di solito entro 2 anni dall’accertamento definitivo). Per i contributi INPS il termine è 5 anni. Una volta emessa la cartella o l’accertamento divenuto definitivo, la prescrizione dei crediti fiscali/contributivi è quinquennale, salvo eccezioni (alcune sentenze dicono decennale se c’è un titolo giudiziario, ma di base 5 anni per contributi e tributi locali, 10 per tributi erariali se c’è ruolo; la materia è intricata). Ad ogni modo, in assenza di solleciti o intimazioni, trascorsi 5 anni dall’ultima notifica valida di AER, il debito fiscale si prescrive (ad es., una cartella del 2015 mai seguita da intimazioni entro il 2020 è ormai non esigibile).
  • Multe stradali: 5 anni dal momento in cui la violazione è definita (in assenza di ricorso) per notificare la cartella, poi 5 anni per la prescrizione della cartella stessa (equiparate a tributi locali).
  • Assegni di mantenimento: tecnicamente gli arretrati di mantenimento si prescrivono in 5 anni (trattandosi di obblighi periodici ex 2948 c.c.). Ciò significa che, ad esempio, nel 2025 si può richiedere forzosamente al debitore solo quanto non pagato dal 2020 in poi, se il creditore era rimasto inerte. Tuttavia va detto che spesso chi non riceve l’assegno agisce ben prima di 5 anni.
  • Risarcimenti danni: se c’è una sentenza che liquida un risarcimento, diventa titolo per 10 anni. Se non c’è ancora titolo, la pretesa di risarcimento extracontrattuale si prescrive di regola in 5 anni dal fatto (o 2 anni se RC auto). Ma per l’infermiere debitore, ciò rileva di meno.

Di seguito una tabella riassuntiva delle prescrizioni:

Tipo di DebitoTermine prescrizioneNorma riferimento
Mutuo bancario (rate non pagate)10 anni (dal saldo/decadenza dal termine)Art. 2946 c.c. (obbligazioni)
Prestito personale/Finanziamento10 anni (dal momento risoluzione contratto o ultima rata)Art. 2946 c.c.
Carte di credito/revolving10 anni (dalla richiesta saldo)Art. 2946 c.c.
Scoperto conto corrente10 anni (dalla chiusura rapporto)Art. 2946 c.c.
Bollette luce/gas (dal 2018)2 anniL. 205/2017 (Bilancio 2018)
Bollette telefoniche2 anniL. 205/2017 (già 5 anni prima)
Canoni di locazione5 anniArt. 2948 n.3 c.c.
Spese condominiali5 anniArt. 2948 n.4 c.c.
Rate condominiali con decreto ingiuntivo10 anni (se giudicato)Art. 2953 c.c. (trasformazione)
Retribuzioni lavoro dipendente (crediti)5 anniArt. 2948 n.4 c.c.
Tributi erariali (notifica cartella)5 anni (accertamento entro 5 anni, poi cartella entro 2)DPR 600/73, 602/73
Contributi INPS5 anni (dalla scadenza)L. 335/1995
Cartella esattoriale (no atti successivi)5 anni dalla notifica cartellaCass. SS.UU. 23397/2016 (presunzione 5 anni)
Multe stradali (ruolo)5 anniCod.strada art. 209, Cass. 2017
Assegni alimentari (arretrati)5 anniArt. 2948 n.2 c.c.
Risarcimento danni (sentenza)10 anni (da passaggio in giudicato)Art. 2953 c.c. (titolo giudiziale)

Nota: la trasformazione in “titolo” (giudicato) tramite sentenza o decreto ingiuntivo definitivo rende il credito azionabile per 10 anni (art. 2953 c.c.), anche se la prescrizione originaria era più breve. Ad esempio, le bollette prescrivibili in 5 anni, se la società ottiene un decreto ingiuntivo non opposto, diventano riscuotibili per 10 anni da quando è definitivo. Inoltre, alcuni crediti tributari per cui la legge non fissa la prescrizione (es. IVA) vengono trattati spesso come decennali dopo titolo.

Per il debitore infermiere, la prescrizione può essere un’ancora di salvezza: è bene conservare traccia di quando ha ricevuto l’ultimo sollecito o atto, così da calcolare il decorso. Esempio pratico: se un infermiere ha un debito verso una finanziaria dal 2014 e non ha più avuto notizie da anni, nel 2025 potrà eccepire la prescrizione decennale se la finanziaria tenta il recupero ora. Oppure, se aveva bollette luce 2018 non pagate e la società non ha mai inviato diffide, nel 2021 erano già prescritte. Attenzione: la notifica di una messa in mora (raccomandata AR) interrompe la prescrizione, così come la notifica di una cartella esattoriale, etc. Quindi vanno valutati tutti gli atti interruttivi.

Conoscere la prescrizione permette anche di negoziare meglio: se un debito è vicino alla prescrizione, il debitore può decidere di non pagare e aspettare, oppure utilizzare l’argomento prescrizione per ottenere un forte sconto (il creditore sapendo di rischiare di perdere tutto può accettare, ad esempio, il 20% a saldo e stralcio).

Riassunto difensivo: Appena ci si trova in difficoltà coi debiti, conviene fare un inventario di tutti i debiti e annotare per ognuno: data origine, eventuali atti ricevuti e loro date, situazione attuale. Ciò consente di individuare eventuali debiti già prescritti o quasi prescritti, su cui focalizzare la difesa.

Passiamo ora alle soluzioni pratiche che un infermiere (o altro debitore) può mettere in atto per gestire o ridurre il peso dei debiti, prima di arrivare alle vie giudiziarie più drastiche.

Soluzioni extragiudiziali per gestire i debiti

Quando i debiti iniziano a diventare insostenibili, è consigliabile non aspettare passivamente l’arrivo dei pignoramenti, ma agire proattivamente. Esistono diverse strategie extragiudiziali (cioè fuori dal tribunale) che possono aiutare a ridurre l’esposizione debitoria, evitare azioni esecutive o comunque guadagnare tempo prezioso. Ecco le principali:

  • Rinegoziazione o consolidamento del debito: Se l’infermiere ha troppi prestiti frammentati (es. carta di credito, prestito auto, piccolo finanziamento), può valutare di chiedere alla banca un consolidamento debiti, ovvero un nuovo prestito che estingua quelli precedenti e preveda una rata mensile più bassa e sostenibile (spalmando il debito su un periodo più lungo). Questo ovviamente richiede che il debitore sia ancora “affidabile” creditiziamente (se ha già rate insolute e segnalazioni negative, difficilmente la banca concederà un nuovo prestito). Tuttavia, talvolta rivolgendosi a istituti specializzati, presentando un garante o offrendo un’ipoteca sulla casa, è possibile ottenere un consolidamento. L’effetto è respirare con una rata unica più leggera al posto di molte rate. Alternativamente, se la difficoltà è temporanea, si può chiedere alla banca di rinegoziare il mutuo o il prestito, ad esempio allungando la durata (riducendo la rata) o ottenendo un periodo di sola quota interessi (ci sono strumenti come la moratoria mutui prima casa in caso di perdita temporanea del reddito, Fondo Gasparrini). Un infermiere dipendente potrebbe far leva sul fatto che ha un impiego stabile per convincere la banca a rimodulare il piano invece di rischiare un default completo.
  • Accordo a saldo e stralcio: È una delle soluzioni più efficaci se si dispone di una certa liquidità (magari aiutati da familiari) o di un bene vendibile. Consiste nel proporre al creditore un pagamento parziale immediato a titolo definitivo, stralciando il resto del debito. Molte finanziarie e banche, se percepiscono che il debitore è in serie difficoltà o se il credito è andato a sofferenza da anni, accettano percentuali ridotte (a volte anche il 30-40% del dovuto) pur di chiudere subito e incassare qualcosa. Per un buon saldo e stralcio occorre di solito: far capire al creditore che alternative non ce ne sono (ad es. il debitore potrebbe avviare procedure concorsuali e fargli avere ancora meno), offrire subito il cash disponibile e condizionare l’accordo alla cancellazione di ogni segnalazione negativa. Conviene farsi assistere da un avvocato nelle trattative, in modo da formalizzare correttamente l’accordo: mai pagare senza un accordo scritto in cui il creditore dichiara che la somma è “a saldo e stralcio di ogni maggior credito”. Un infermiere potrebbe ad esempio utilizzare il TFR maturato o un prestito da parenti per offrire, poniamo, €10.000 a fronte di un debito di €25.000 con una finanziaria, chiudendo così la posizione e liberandosi dal pensiero. Vantaggi: riduzione immediata del debito, stop a interessi futuri, fine delle chiamate di recupero crediti. Svantaggi: serve disporre di una somma subito; inoltre, se si hanno più debiti, bisogna negoziare con ognuno (non risolve situazioni di sovraindebitamento globale a meno di non avere fondi sufficienti per stralciare tutti). Spesso però è il miglior investimento se si riesce: pagare adesso il 50% evita anni di incubo e costi. Importante: conviene puntare a stralciare prima i debiti chirografari più aggressivi (es. carte di credito con interessi altissimi) lasciando magari in coda quelli con garanzie (che comunque dovreste pagare, come il mutuo se volete tenere la casa).
  • Piano di rientro amichevole o moratoria: Se la situazione non è troppo compromessa, parlare apertamente col creditore può portare a soluzioni soft. Ad esempio, se l’infermiere sa che per 6 mesi avrà difficoltà (mettiamo durante un congedo parentale con stipendio ridotto), può chiedere alla banca una sospensione temporanea delle rate (spesso c’è per i mutui una moratoria di 6-12 mesi sulle quote capitale) oppure concordare una riduzione della rata per un periodo. Le finanziarie a volte, vedendo insoluti, propongono spontaneamente un “rifinanziamento” allungando il prestito e abbassando la rata. Attenzione però: rifinanziare aumenta gli interessi totali pagati. In ogni caso, un dialogo tempestivo è sempre meglio dell’inerzia: molte banche preferiscono rinegoziare piuttosto che passare a incagli e cause. Anche con l’Agenzia Entrate-Riscossione conviene muoversi presto: appena arriva una cartella elevata, se non si può pagarla, presentare subito domanda di rateazione (72 rate standard, fino a 120 in casi gravi) evita l’avvio di azioni esecutive e iscrizioni di fermi.
  • Intervento di un OCC o di un consulente debitorio: In Italia esistono organismi e professionisti specializzati nell’assistenza ai debitori. Gli OCC (Organismi di Composizione della Crisi) sono enti previsti dalla legge 3/2012 con il compito di aiutare il debitore a valutare la fattibilità di un accordo o piano e, se del caso, attestare una proposta da presentare al giudice (vedremo più avanti). Ma nulla vieta di consultare un OCC anche informalmente per farsi aiutare a redigere un bilancio familiare e magari a contattare i creditori. Ci sono anche associazioni (come la Fondazione antiusura o lo “Sportello del debitore” in alcuni comuni, Caritas, etc.) che offrono supporto psicologico e qualche consiglio. Da menzionare i Fondi di prevenzione usura, gestiti da fondazioni convenzionate col MEF: se l’infermiere è caduto vittima di usura o rischia di finirci, può rivolgersi a queste fondazioni che, se ritenuto meritevole, forniscono garanzia a una banca affinché conceda un prestito al debitore per pagare i debiti legali ed evitare di rivolgersi agli usurai. Anche alcune regioni hanno fondi per sovraindebitamento per aiutare a pagare debiti di necessità (es. bollette in arretrato). Vale la pena informarsi localmente.
  • Vendere o liquidare beni per pagare debiti strategici: Una scelta dura ma a volte necessaria: per salvare i beni più importanti, si possono sacrificare quelli secondari. Ad esempio, vendere un secondo veicolo, gioielli di famiglia, una casa di vacanza (se c’è) e utilizzare il ricavato per abbattere i debiti. Un infermiere con due auto in famiglia potrebbe venderne una e usare i soldi per chiudere un prestito; oppure, se possiede un piccolo appartamento ereditato e affittato, potrebbe venderlo e con il ricavato estinguere il mutuo sulla prima casa in cui vive (liberandola dall’ipoteca). L’ideale è fare queste mosse prima che inizino i pignoramenti, così da realizzare prezzi di mercato e non da asta. Ovviamente ci vuole accortezza: se la situazione è già molto compromessa e si rischia un’azione revocatoria (atti dispositivi a titolo oneroso fatti in tempi sospetti possono essere contestati dai creditori se ledono la garanzia patrimoniale), meglio consultare un legale. Ma in generale, vendere volontariamente un bene per pagare i debiti è lecito (non è un atto in frode se il ricavato va effettivamente ai creditori). È preferibile farlo con trasparenza e magari depositare poi le somme su un conto dedicato per mostrare che andranno ai creditori. Questa strategia rientra nell’ottica del “piano del debitore” anche extragiudiziale: valutare quali debiti conviene pagare per primi e con quali risorse.

Se, nonostante le strategie sopra, il debito totale rimane ingestibile rispetto al reddito e al patrimonio dell’infermiere, occorre prendere in considerazione le procedure di sovraindebitamento previste dalla legge. Queste procedure, introdotte inizialmente con la Legge 3/2012 (detta infatti “legge salva suicidi” o antiusura) e ora confluite ed innovate nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), offrono una via d’uscita formale dalle situazioni di sovraindebitamento.

Ma cosa si intende per sovraindebitamento? La legge lo definisce come la situazione in cui un debitore non è più in grado di adempiere regolarmente ai propri debiti a causa dello squilibrio tra le obbligazioni assunte e il proprio patrimonio/reddito disponibile. In altre parole, i debiti superano la capacità del debitore di pagarli anche nel tempo. Un infermiere con uno stipendio fisso di 1.600 €/mese che si ritrovi 5 finanziamenti attivi, un mutuo e magari cartelle per 50.000 € è verosimilmente sovraindebitato, perché neanche vivendo di stenti per anni riuscirebbe a pagare tutto integralmente.

Nel prossimo capitolo analizzeremo in dettaglio le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento a disposizione dei debitori non fallibili (quindi consumatori, professionisti, imprenditori sotto soglia, etc.), evidenziando le novità normative al 2025 e come accedervi. Queste procedure includono: il piano del consumatore (ora chiamato “piano di ristrutturazione del debito del consumatore”), il concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti), la liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio) e la speciale esdebitazione del debitore incapiente (introdotta di recente per chi proprio non ha nulla da offrire ai creditori). Vedremo requisiti, modalità, durata, effetti e – soprattutto – come queste procedure portino, al termine, alla cancellazione dei debiti residui (esdebitazione), dando al debitore onesto un “fresh start” economico.

Procedure di sovraindebitamento: ripartire da zero secondo la legge

Quando i debiti sono troppi per essere pagati regolarmente, la legge italiana offre la possibilità di ricorrere a specifiche procedure concorsuali “mini-fallimentari”, pensate per consumatori e piccole imprese non soggette a fallimento. Si tratta delle procedure introdotte dalla Legge 3/2012, poi confluite nel Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) entrato in vigore definitivamente nel luglio 2022, e ulteriormente migliorate dal “Decreto Correttivo Ter” del 2024 (D.Lgs. 136/2024). L’idea di fondo è: se un debitore meritevole (cioè in buona fede, non un truffatore) non riesce oggettivamente a pagare tutti i debiti, può proporre ai creditori e al giudice un piano per pagarne una parte commisurata alle sue possibilità, ottenendo poi la cancellazione di tutto il debito restante (esdebitazione). È una sorta di “fallimento personale” o di “concordato del consumatore”, che consente – una tantum – di liberarsi dal peso dei debiti e ricominciare.

Queste procedure sono riservate ai soggetti non fallibili, ossia coloro che non possono accedere alle normali procedure fallimentari previste per le imprese medio-grandi. In particolare, possono utilizzarle:

  • Persone fisiche “consumatori”, cioè privati cittadini che hanno debiti per scopi estranei ad un’attività d’impresa o professionale (dipendenti, pensionati, disoccupati).
  • Professionisti (come gli infermieri liberi professionisti, avvocati, medici, ecc.), lavoratori autonomi e imprenditori minori (imprese individuali o società sotto le soglie di fallibilità). Non ci sono più limiti di fatturato rigidi: l’importante è che non siano soggetti alle procedure maggiori (liquidazione giudiziale, ex fallimento).
  • Imprenditori agricoli (sempre esclusi dal fallimento per definizione).
  • Enti non commerciali: onlus, associazioni, fondazioni, condomini, ecc.
  • Start-up innovative (che per legge non falliscono entro certi limiti).
  • Eredi di imprenditore defunto per i debiti ereditari.
  • Famiglie indebitate: dal 2022-2023 è possibile un’unica procedura per più membri della stessa famiglia se conviventi e con debiti d’origine comune – utile ad es. per marito e moglie entrambi garanti degli stessi debiti.

Quindi, ad esempio, un infermiere libero professionista con Partita IVA rientra tra i soggetti ammessi (professionista), così come un infermiere dipendente ospedaliero rientra come consumatore. Se un infermiere ha aperto una S.r.l. (società di servizi sanitari) e questa fallisce, quella rientra nelle procedure ordinarie dell’impresa (liquidazione giudiziale se grande abbastanza). Ma i debiti personali dell’infermiere, incluse eventuali fideiussioni prestate alla S.r.l., rientrano comunque nel sovraindebitamento personale. In sostanza, quasi tutti i debitori “civili” possono accedere a queste procedure, tranne i soli imprenditori medio-grandi che vanno nel fallimento classico.

Le procedure previste attualmente dal Codice della Crisi (CCII) per il sovraindebitamento sono quattro:

  1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII) – è il nuovo nome del “piano del consumatore” ex L.3/2012. Riservato a chi ha debiti esclusivamente personali (consumatore puro). Consente al consumatore sovraindebitato di proporre un piano di pagamento dei propri debiti senza bisogno di consenso dei creditori, ma con l’omologazione del giudice in base a criteri di fattibilità e meritevolezza.
  2. Concordato minore (artt. 74-83 CCII) – è l’equivalente dell’“accordo di composizione” della L.3/2012, destinato a tutti i debitori non fallibili diversi dal consumatore (imprenditori minori, professionisti, start-up, ecc., e anche consumatori che abbiano però debiti misti con origine imprenditoriale). Funziona in modo simile al concordato preventivo: serve l’adesione di una parte dei creditori (maggioranza del 60% dei crediti chirografari, salvo dispense) oppure può essere omologato in certe condizioni anche in mancanza di voto unanime.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268-277 CCII) – corrisponde alla vecchia “liquidazione dei beni” della L.3/2012. In pratica è una procedura di liquidazione giudiziale del patrimonio del debitore non fallibile: un liquidatore nominato dal tribunale vende i beni disponibili del debitore e distribuisce il ricavato ai creditori. La grande novità del CCII è che la liquidazione controllata può essere richiesta anche dai creditori, non solo dal debitore. Quindi se un infermiere sovraindebitato non prende iniziative, un creditore potrebbe forzargli la mano chiedendo al tribunale di aprire la liquidazione del suo patrimonio (ovviamente dovrà provarne l’insolvenza). La liquidazione controllata dura al massimo 3 anni per quanto riguarda l’acquisizione di utilità future, dopodiché il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione (salvo comportamenti scorretti).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII) – introdotta prima dal DL 137/2020 e confermata dal CCII: è una procedura speciale riservata alle persone fisiche che non hanno alcuna capacità di offrire qualcosa ai creditori. In tal caso, il debitore può chiedere direttamente di essere liberato dai debiti senza alcun pagamento (o con pagamento simbolico), impegnandosi però, se nei 4 anni successivi dovessero sopravvenire miglioramenti rilevanti della sua situazione, a pagare almeno il 10% ai creditori. In pratica è un’esdebitazione “a costo zero”, pensata per chi davvero è nullatenente e senza reddito aggredibile, per evitare che rimanga intrappolato a vita nei debiti. È prevista solo una volta nella vita e con controllo stretto sulla buona fede del debitore (non deve aver colpe gravi). Approfondiremo più avanti.

Vediamo adesso in dettaglio ciascuno di questi strumenti, perché presentano differenze notevoli.

Piano di ristrutturazione del debito del consumatore (ex “piano del consumatore”)

Chi può accedervi: solo il consumatore, cioè la persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale. Attenzione: dopo la riforma 2024, la legge chiarisce che il consumatore può usare questo piano solo per i debiti sorti come consumatore. Ciò significa che se un debitore ha anche un solo debito di natura “imprenditoriale” o professionale (ad esempio un debito IVA perché aveva una P.IVA, oppure un debito verso un fornitore della sua attività), non potrà accedere al piano del consumatore per l’intera massa debiti. In tali casi dovrà ripiegare sul concordato minore. Questa novità (introdotta dal D.Lgs 136/2024) ha risolto una querelle interpretativa: prima era discusso se un indebitamento “misto” escludesse il piano; ora è certo che lo esclude. Quindi l’infermiere che abbia solo debiti personali (mutui, prestiti, bollette, carte, ecc.) è perfetto per il piano del consumatore; se però ha anche debiti riferiti alla sua eventuale attività da libero professionista, dovrà usare il concordato minore (a meno che tali debiti “non consumeristici” siano molto marginali: su questo la legge è rigida, ma dottrina e alcune prassi potrebbero cercare tolleranza se davvero irrilevanti).

In cosa consiste: Il piano del consumatore è un piano dettagliato di rientro dai debiti che il consumatore propone, con l’aiuto di un OCC o un professionista attestatore, al tribunale. Può prevedere qualsiasi forma: pagamento parziale dei crediti, dilazioni, garanzie, mantenimento o cessione di beni. Ad esempio, l’infermiere può proporre: “Pago integralmente i debiti privilegiati (es. un’auto in leasing la restituisco o la pago per tenerla), mentre verso i chirografari (banche, carte, Fisco senza privilegio) pago il 20% in 5 anni usando un quinto dello stipendio; al termine chiedo esdebitazione del residuo”. Oppure: “Vendo la casa, col ricavato do ai creditori ipotecari e privilegiati il dovuto, ai chirografari il 30%, e chiedo stralcio del resto”. Le combinazioni sono infinite e personalizzabili.

Procedura: Si deposita un’istanza al tribunale competente (residenza del debitore) allegando il piano, lo stato dettagliato di tutte le obbligazioni, l’elenco dei creditori e il “budget familiare”. Un OCC o professionista redige una relazione attestativa sulla veridicità dei dati e sulle cause dell’indebitamento, e soprattutto sulla “meritevolezza” del consumatore. Questo è un punto centrale: il giudice omologa il piano del consumatore solo se il debitore risulta meritevole, ovvero non ha colpa grave o dolo nel sovraindebitamento. La buona notizia per il debitore è che dal 2020 in poi la meritevolezza è valutata con criteri più favorevoli: non si guarda più se il debitore ha fatto scelte imprudenti contrattando debiti oltre le sue capacità (vecchio “triplice test” abolito); conta solo che non abbia commesso frodi o colpe gravi (es. truffato i creditori, dissipato patrimonio consapevolmente, acceso volutamente debiti sapendo di non poter pagare con malafede). La Cassazione nel 2023 ha ribadito che il nuovo parametro unico di meritevolezza è l’assenza di colpa grave, mala fede o frode, e non più l’eccessiva leggerezza nell’aver contratto debiti. Quindi, un infermiere che si è indebitato per necessità, magari sovrastimando le proprie capacità di rimborso ma senza intenzione fraudolenta, oggi è considerato meritevole per l’accesso al piano (cosa che prima poteva essergli negata se ad es. aveva fatto più prestiti senza realistica prospettiva).

Una volta depositata la proposta, i creditori vengono avvisati e convocati, ma non votano. La peculiarità del piano del consumatore infatti è che non serve l’accordo dei creditori: sarà il giudice, all’udienza, a valutare se omologarlo, verificando due cose: (1) il rispetto delle formalità e la fattibilità del piano (es. se il piano prevede di pagare 300€/mese da stipendio, controlla che effettivamente il debitore abbia quello stipendio libero e che in 5 anni arrivi la somma promessa); (2) la meritevolezza soggettiva come detto. I creditori possono presentare osservazioni e contestare punti (es. “il debitore in realtà ha questa colpa…”, oppure “ha sottovalutato il valore di un bene”), ma non possono impedire il piano se il giudice ritiene che sia equo e fattibile. C’è comunque un controllo di convenienza: il giudice deve essere convinto che i creditori non riceverebbero comunque di più da alternative (tipo esecuzioni forzate frammentarie o liquidazione). Spesso viene nominato un OCC come gestore che segue l’esecuzione del piano una volta omologato (raccoglie i pagamenti del debitore e li distribuisce). Durante la pendenza della procedura, il giudice può sospendere le azioni esecutive individuali su richiesta (quindi i pignoramenti in corso sono bloccati appena il procedimento decolla, evitando ulteriori danni).

Esito: Se il giudice omologa, il piano diventa vincolante per tutti i creditori inclusi, anche dissenzienti. Il debitore dovrà attenersi a quanto previsto (pagare le somme promesse nei tempi concordati). A fine piano, ottiene l’esdebitazione: tutti i debiti anteriori non soddisfatti integralmente sono cancellati e i creditori non possono più pretenderli. Questo è il beneficio chiave: liberarsi dai debiti residui e ripartire pulito. Se il debitore invece non rispetta il piano senza giustificato motivo, il beneficio decade: i creditori possono riprendere le azioni per l’insoluto e un eventuale esdebitazione finale potrebbe essergli negata per inadempimento.

Vantaggi del piano consumatore: Non richiede consenso dei creditori (quindi si può imporre un taglio del debito anche a banche o Fisco, se il giudice è d’accordo). Permette di mantenere alcuni beni se il piano lo prevede (es. mantenere la casa continuando a pagare il mutuo fuori piano, mentre taglia altri debiti). La durata è flessibile (di solito 4-5 anni, ma può essere più lunga se ad esempio c’è un mutuo che prosegue). Durante il piano, il debitore può condurre una vita normale con il budget familiare concordato, libero da pressioni dei creditori.

Svantaggi/limiti: Accesso solo per consumatori puri. Richiede di essere in regola con la condotta: se emergono atti in frode (tipo attivo sottratto ai creditori di recente) l’omologazione salta. Inoltre, alcuni debiti privilegiati potrebbero dover essere pagati almeno in parte: la legge consente di postergare o ridurre i crediti privilegiati solo se comunque col piano ricevono non meno di quanto otterrebbero dalla liquidazione del patrimonio del debitore. Ad esempio, se c’è un’ipoteca su casa e il piano prevede che il debitore tiene la casa, non si può dare al creditore ipotecario meno del valore di perizia della casa (altrimenti quello farebbe opposizione per perdita). Però si possono rinegoziare interessi, allungare termini, ecc. Il Fisco su alcuni tributi (IVA e ritenute non versate) ha il veto se si propone di non pagarli integralmente – di solito va previsto pagamento intero o comunque il piano può essere omologato solo se c’è adesione dell’Agenzia su quel trattamento (vincolo derivante da normativa UE).

Concordato minore (accordo di ristrutturazione per soggetti non consumatori)

Chi può accedervi: tutti i debitori non fallibili che non siano consumatori o che, pur essendo persone fisiche, abbiano debiti in parte legati ad attività d’impresa o professionale. In pratica vi rientrano piccoli imprenditori, professionisti, start-up, ma anche una persona fisica ex imprenditore o con debito misto. Ad esempio, il nostro infermiere libero professionista con debiti fiscali da attività e debiti personali dovrà usare questa procedura, poiché non è consumatore puro.

In cosa consiste: Il concordato minore è un accordo tra debitore e creditori per la ristrutturazione del debito. A differenza del piano del consumatore, qui i creditori votano sulla proposta. La proposta può essere simile a quella del piano (percentuali, dilazioni, mantenimento di beni, ecc.), ma per essere valida deve ottenere l’adesione dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti chirografari (quelli privilegiati non votano se sono soddisfatti per intero, se vengono falcidiati allora votano anche loro per la parte falcidiata). La procedura parte sempre con il deposito di una domanda in tribunale, con relazione di un OCC/attestatore che valida i dati. Il giudice può adottare misure protettive (stay delle azioni esecutive). Poi viene convocata l’assemblea dei creditori (o raccolto il voto scritto).

Se i creditori approvano a maggioranza qualificata, il tribunale procede ad omologare l’accordo verificando legalità e fattibilità. Se alcuni creditori dissentono, l’accordo omologato è comunque efficace anche per loro, purché abbiano avuto quanto almeno riceverebbero dalla liquidazione (principio del best interest test). In realtà, il CCII prevede anche la possibilità che il giudice omologhi il concordato minore anche senza raggiungere il 60% se ritiene, su ricorso del debitore, che la mancata adesione di alcuni creditori sia irragionevole e la proposta sia vantaggiosa (una sorta di cram-down giudiziale). Ad esempio, se un infermiere imprenditore propone di pagare il 50% e l’alternativa è che i creditori prendano 0 con la liquidazione, il giudice potrebbe forzare l’omologazione anche se non tutti d’accordo, valutando la convenienza.

Meritevolezza: Nel concordato minore non c’è un requisito di meritevolezza soggettiva “ufficiale” come nel piano consumatore, anche se il tribunale può rifiutare omologazione se rileva abuso o frode. Diciamo che è più centrato sulla convenienza economica per i creditori. Tuttavia, attenzione: se poi il debitore chiederà l’esdebitazione a fine procedura, la sua condotta conta (lo vedremo in seguito).

Effetti: Una volta omologato, l’accordo obbliga tutti i creditori anteriori. Il debitore lo esegue (es., paga le rate promesse). Anche qui, al termine ottiene l’esdebitazione per la parte residua non pagata, con il decreto di omologazione che la prevede. Durante l’esecuzione i creditori non possono agire individualmente (l’accordo è come un nuovo contratto vincolante, e l’eventuale inadempimento farebbe decadere i benefici).

Vantaggi: Permette di includere anche debiti di natura aziendale/professionale. Il debitore mantiene maggior controllo (è un accordo negoziato). I creditori sono più coinvolti (il che può essere un vantaggio se la maggioranza è ragionevole e capisce che conviene accettare un piano di rientro parziale piuttosto che spingere il debitore al fallimento personale). Consente soluzioni creative anche qui (dazione di beni ai creditori, ristrutturazione dell’azienda se c’è).

Svantaggi: Richiede il quorum di adesione – il che significa che se ci sono creditori ostili con grosse quote, possono intralciare. Questo spesso è il caso del Fisco o di banche garantite. Però, come detto, il giudice può bypassare in certi casi il dissenso (non automatico, va chiesto e motivato). Un altro svantaggio: i creditori privilegiati se non consenzienti devono essere soddisfatti almeno per il loro valore di garanzia. Ad esempio, se l’infermiere ha un debito con ipoteca sulla casa, nel concordato minore non può imporgli un pagamento inferiore al valore di stima della casa se il creditore ipotecario dice no – a meno che offra al creditore ipotecario quella stessa somma differita ma garantita, oppure ottenga il suo consenso. Dunque, spesso, per convincere tutti a votare sì, bisogna prevedere trattamenti accettabili specie per i “grandi” creditori. Questo rende il concordato minore un po’ più complesso tatticamente rispetto al piano del consumatore.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Chi vi accede: Può accedervi sia il debitore volontariamente, sia (novità) un creditore o un pubblico ministero possono richiederla forzatamente, se il debitore è insolvente e non soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento). In pratica, è la procedura concorsuale residuale per qualsiasi debitore civile insolvente. Per esempio, se l’infermiere vede respinta un’istanza di piano o concordato, può chiedere la liquidazione; se non chiede nulla ma i creditori non riescono a recuperare individualmente, possono chiederla loro (purché ci siano i presupposti di insolvenza conclamata).

Cos’è: È l’equivalente del fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) ma per il soggetto non fallibile. Il tribunale nomina un liquidatore (spesso un professionista iscritto gestore della crisi) che ha il compito di raccogliere tutto il patrimonio del debitore, venderlo, e distribuire il ricavato secondo le cause di prelazione. Il debitore deve presentare i documenti, l’elenco dei creditori, inventario dei beni. Da notare: tutti i beni presenti al momento dell’apertura della liquidazione entrano nella massa, e anche quelli che il debitore acquisirà nei 4 anni successivi all’apertura (3 anni, dopo la riforma 2024, come periodo massimo), salvo quelli impignorabili e quelli necessari al sostentamento). Ciò significa che se l’infermiere ad esempio eredita qualcosa entro 3-4 anni dall’inizio, dovrà darlo ai creditori (è un meccanismo per evitare che uno tenga nascosto qualcosa per poi farlo emergere dopo). La Corte Costituzionale ha valutato questa estensione e l’ha ritenuta costituzionalmente legittima, in quanto bilanciata dal fatto che il termine è limitato (massimo 3 anni) e strumentale all’esdebitazione.

Durante la liquidazione, il debitore subisce degli effetti simili al fallito: non può essere soggetto a azioni esecutive individuali, né disporre liberamente dei beni compresi nella procedura. Però mantiene la capacità di agire per atti non relativi al patrimonio liquidato (può continuare a lavorare, percepire stipendio – salvo quota pignorabile che va nella liquidazione –, può spendere per il mantenimento suo e famiglia in misura adeguata). Se è proprietario di una casa d’abitazione, purtroppo rientra tra i beni vendibili salvo i casi di impignorabilità (nel fallimento classico la casa del fallito va venduta; qui non c’è l’eccezione prima casa a meno che ipotecata da AER sotto 120k ma lì AER stesso non può far vendere; però il liquidatore potrebbe? In teoria la norma di impignorabilità prima casa vale solo per AER, un liquidatore nominato dal tribunale che agisce per tutti i creditori potrebbe far vendere l’unica casa, e spesso avviene, con l’autorizzazione del giudice ovviamente).

Esdebitazione: Il grande vantaggio della liquidazione controllata, rispetto al fallimento storico, è che l’esdebitazione finale è pressoché automatica. Il CCII stabilisce infatti che trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione, il liquidatore deve presentare istanza di esdebitazione e il tribunale la concede se non ci sono motivi ostativi. Non è più richiesto al debitore di fare espressa domanda separata, né di aver soddisfatto una percentuale minima di crediti. In passato, con la legge fallimentare, c’era il requisito che avesse pagato almeno in parte i creditori (il famigerato “requisito oggettivo del soddisfacimento non irrisorio”, tipicamente almeno il 10% ai chirografari). Ma Cassazione 28505/2024 ha chiarito che già nella vecchia legge quell’aspetto non doveva impedire la liberazione se il debitore era in buona fede e l’assenza di recupero dipendeva solo dalla mancanza di beni. E infatti il nuovo CCII ha eliminato qualunque soglia di pagamento: conta solo la buona condotta del debitore, mentre non è ostacolo il fatto che i creditori abbiano ricevuto poco o nulla. Quindi, un infermiere che finisca in liquidazione e magari i creditori prendano briciole (es. 5% del dovuto) sarà comunque esdebitato dopo 3 anni, a meno che si scopra che ha frodato il tribunale o violato i doveri (allora potrebbe essergli negata per indegnità).

Ruolo del debitore: Anche se il debitore subisce la spoliazione dei beni, può collaborare attivamente: ad esempio può trovare acquirenti, può chiedere di tenere alcuni beni compensando col denaro equivalente (es. potrei volere tenere l’auto per lavorare, e offrire ai creditori una somma pari al suo valore, se la ottengo). La riforma Cartabia ha introdotto come detto la vendita diretta su richiesta del debitore anche nel concorso: l’art. 568-bis c.p.c. (richiamato in queste procedure) consente al debitore di attivarsi per trovare lui un compratore per un immobile, con ok del giudice. Questo per evitare vendite all’asta troppo in perdita.

Durata: La liquidazione termina formalmente quando tutti i beni sono liquidati e il riparto completato. Ma ai fini dell’esdebitazione la durata rilevante è 3 anni. Di solito entro 4-5 anni si chiude tutto, ma se c’è contenzioso può durare di più (come i fallimenti). Tuttavia l’esdebitazione ora scatta al max 3 anni dall’apertura (che va intesa come 3 anni dalla sentenza di apertura, non dalla chiusura), per cui il debitore persona fisica potrebbe essere liberato dai debiti ancora prima che la procedura sia chiusa definitivamente. In pratica, se rimangono pendenze dopo 3 anni, i creditori continueranno a incassare eventuali attivi tardivi, ma il debitore può già considerarsi esdebitato (salvo revoca in caso di scoperta di frodi).

Quando conviene usarla: La liquidazione è l’ultima spiaggia, ma in alcuni casi conviene direttamente: se il debitore non ha nulla o quasi, e magari non ha un reddito capiente per fare un piano decente, con la liquidazione ottiene il risultato più rapidamente. Ad esempio, un infermiere disoccupato, senza beni, con 100.000 € di debiti: invece di proporre un piano irreale, può aprire subito la liquidazione e poi puntare all’esdebitazione immediata come incapiente (vedi prossimo punto) o comunque dopo 3 anni. Certo, se ha beni di valore (casa, etc.) e vuole salvarli, la liquidazione non è l’ideale perché li perde (salvo cercare di convertirli in denaro a suo vantaggio). Tuttavia, talvolta può essere tattico: se si ha un solo bene e molti debiti, vendere quel bene attraverso la liquidazione può portare all’esdebitazione totale, cosa che vendendolo fuori dovresti comunque poi affrontare residui.

Esdebitazione del debitore incapiente (“esdebitazione senza utilità”)

Questa è una figura speciale, introdotta per dare una chance anche a chi è totalmente privo di risorse. La chiamiamo in gergo fresh start dell’incapiente.

Chi può chiederla: Solo persona fisica meritevole che:

  • non abbia nessun patrimonio liquidabile (casa, auto, risparmi praticamente zero),
  • non abbia redditi o comunque ha redditi che servono a malapena al mantenimento suo/famiglia (quindi nessuna capacità di offrire una percentuale significativa ai creditori),
  • non abbia potuto accedere a nessuna altra procedura perché mancano utilità da distribuire.

In pratica è per chi non può nemmeno fare un piano pagando il 5% perché nemmeno quello ha. Ad esempio un infermiere rimasto senza lavoro, in affitto, con debiti pregressi e magari mantenuto dai genitori – incapiente.

Procedura: Si fa ricorso al tribunale chiedendo l’esdebitazione diretta ex art. 283 CCII. Va presentata una relazione OCC che attesta la situazione e soprattutto che il debitore non ha dolosamente omesso di pagare potendolo fare e che non ha beneficiato già di esdebitazione nei 5 anni precedenti (questo beneficio è unico e ripetibile solo dopo molti anni, se mai). Il giudice convoca i creditori per sentirli (possono eccepire se ad es. contestano la meritevolezza). Se tutto è regolare, emette decreto che cancella tutti i debiti senza aprire alcuna liquidazione.

Condizioni post-esdebitazione: Per 4 anni dopo il decreto, il debitore ha un obbligo: se nel frattempo sopravviene una capacità reddituale o patrimoniale significativa, deve metterla a disposizione dei creditori fino a concorrenza di almeno il 10% dei crediti. Se ciò accade, i creditori possono chiedere la revoca parziale del beneficio per ottenere quel pagamento. In concreto, la norma (art. 283) dice che entro 4 anni se arrivano “utilità rilevanti” tali da consentire il pagamento di almeno il 10% ai creditori, allora il debitore deve farlo. Se nulla arriva, passati i 4 anni l’esdebitazione diventa definitiva e incondizionata. Se arriva qualcosa, paga fino a quel tetto (non di più, se per es. vince alla lotteria 50% del debito, paga 10% e il resto se lo tiene – il premio per aver atteso).

Vantaggi: Permette di cancellare debiti senza pagare nulla, subito. È letteralmente una “grazia” per il debitore onesto ma sfortunato. Ridà dignità e possibilità di rientrare nell’economia regolare (non ha senso tenere indebitata a vita gente che non potrà mai pagare). Inoltre, blocca subito le procedure esecutive pendenti, come le altre procedure.

Svantaggi/limiti: Ovviamente è pensata per casi estremi, quindi se il giudice fiuta che il debitore ha fatto il furbo (ad es. ha regalato beni a parenti prima, per poi dirsi nullatenente) non gliela concede. Va dimostrata la meritevolezza massima: nessuna frode, nessun attivo distratto, l’indebitamento è occorso per ragioni al di fuori del suo controllo (o comunque non con dolo o colpa grave). Ad esempio, un infermiere che abbia speso soldi in gioco d’azzardo potrebbe essere considerato negligente grave e quindi gli potrebbero negare l’esdebitazione “gratis”. In tal caso gli resterebbe la liquidazione tradizionale con esdebitazione dopo 3 anni, ma almeno lì i creditori qualcosa incassano se appare un attivo.

Differenza con liquidazione controllata: Nella liquidazione standard se non hai nulla, comunque devi passarci e aspettare 3 anni; qui salti direttamente a fine, però con quell’ombra di 4 anni. Di fatto l’esdebitazione incapiente è un “salto” di liquidazione per ragioni di economia (non si aprono procedure inutili). I creditori difficilmente potranno obiettare efficacemente, perché tanto in liquidazione non avrebbero preso nulla comunque: l’esdebitazione incapiente chiede loro di rassegnarsi subito anziché dopo anni.

Esempio: Mario, infermiere 30enne, si era indebitato per aprire uno studio, è andato male, ha chiuso tutto, non ha casa (in affitto), possiede giusto l’auto di scarso valore e nulla più. Ha 100.000 di debiti tra banca e Fisco. Lavora ora come dipendente part-time e guadagna 800€/mese con cui a malapena vive. Un piano sarebbe respinto perché offrirebbe cifre ridicole, e non conviene aprire liquidazione perché non c’è nulla da vendere e lo stipendio è sotto soglia. Mario con l’aiuto OCC chiede l’esdebitazione incapiente: il giudice controlla che Mario non abbia fatto spese pazze o atti in frode – risulta di no – quindi cancella i 100.000 di debiti. Mario torna libero. Dopo 2 anni Mario trova un posto migliore e inizia a guadagnare 2.000€/mese: ecco, da quel momento per i successivi 2 anni rimanenti, egli dovrebbe destinare ai creditori la parte eccedente il minimo per vivere finché raggiunge 10.000 (il 10% di 100.000) o finché passano i 4 anni. Se riescono a prendersi quel 10%, bene, altrimenti amen. Mario comunque non tornerà mai debitore per il resto.

Statistiche: Questo istituto è recente e i primi casi giurisprudenziali stanno arrivando; la ratio è molto pro-debitore (una sorta di redenzione per situazioni disperate). Va usato con etica: per chi davvero ne ha bisogno.

Procedura familiare

Un cenno merita la procedura familiare introdotta dal CCII (art. 66). Se più membri della stessa famiglia (coniugi, uniti civilmente, conviventi di fatto, parenti entro 4° grado o affini entro 2° grado, conviventi) sono tutti indebitati e la causa dell’indebitamento è comune (es. marito e moglie garanti del medesimo mutuo e carte revolving di famiglia, oppure uno è coobbligato dei debiti dell’altro), possono presentare un unico progetto di soluzione della crisi. Ciò comporta risparmio di costi (un solo OCC, un solo procedimento) e coordinamento migliore. Ad esempio, marito e moglie infermieri entrambi con debiti per spese mediche del figlio e mutuo, possono fare un piano unico famigliare anziché due separati. La condizione è che siano conviventi e i debiti abbiano origine comune o comunque le soluzioni siano interdipendenti. Il tribunale tratterà congiuntamente le posizioni. Questa innovazione facilita le famiglie indebitate a evitare procedure parallele con esiti diversi.

Sintesi delle procedure in tabella:

ProceduraSoggetti ammessiMeccanismoVantaggiDurataEsito finale
Piano del consumatore (Ristrutturazione dei debiti)Persona fisica consumatore (debiti solo personali, no impresa)Proposta unilaterale del debitore; giudice omologa se fattibile e debitore meritevole. Creditori non votano.Nessun voto creditori; il giudice può imporre stralci. Debitore tiene beni se previsti dal piano. Protezione dalle azioni esecutive durante il piano.Tipicamente 4–5 anni (ma variabile).Esdebitazione del debito residuo al completamento del piano.
Concordato minore (Accordo)Debitore non fallibile non consumatore (piccolo imprenditore, professionista, persona fisica con debiti misti)Proposta di accordo ai creditori. Creditori votano (60% chirografi). Omologazione giudice se maggioranza o anche senza consenso totale se equo.Include debiti d’impresa. Coinvolge creditori nel decidere (spesso più disponibili se vedono convenienza).Variabile, di solito 3–5 anni di piano.Esdebitazione a fine pagamento dell’accordo omologato. Eventuale cram-down se alcuni creditori dissenzienti.
Liquidazione controllata (giudiziale)Qualunque debitore non fallibile insolvente. Richiesta da debitore o da creditori/PM.Tribunale apre procedura di liquidazione patrimonio. Liquidatore vende beni e distribuisce attivo ai creditori secondo le prelazioni.Non richiede pagamenti minimi da parte del debitore. Dopo 3 anni scatta esdebitazione anche se i creditori hanno ricevuto poco. Blocca tutte le esecuzioni individuali.3 anni (periodo utile per acquisire attivo futuro) + tempi tecnici di chiusura (spesso 4-5 anni totali).Esdebitazione concessa dal tribunale decorsi 3 anni (salvo comportamenti fraudolenti). Debiti cancellati eccetto eventuali obblighi alimentari e poche eccezioni.
Esdebitazione incapiente (“senza utilità”)Persona fisica nullatenente e senza reddito disponibile, meritevole, non ha già usato altre procedure.Istanza diretta di esdebitazione. Niente piano né liquidazione. Debiti cancellati subito. Se entro 4 anni il debitore ottiene risorse >10% debiti, deve pagarle ai creditori.Il debitore viene liberato dai debiti immediatamente, senza perdere tempo. Ideale se non c’è nulla da liquidare.Pochi mesi per il decreto di tribunale. Impegno successivo di 4 anni (osservazione miglioramenti).Esdebitazione totale immediata, condizionata 4 anni (possibile revoca parziale se sopravvengono risorse >10%). Trascorsi 4 anni diventa definitiva.

Nota: Tutte le procedure richiedono che il debitore non abbia agito con dolo o frode verso i creditori. Ad es., aver sottratto o nascosto beni, o aggravato volontariamente la propria insolvenza, può portare a diniego di omologazione o di esdebitazione. È fondamentale l’onestà e trasparenza durante la procedura (collaborare con OCC, indicare tutti i beni, non fare spese non autorizzate, etc.).

Requisiti di meritevolezza e comportamento del debitore nelle procedure

Abbiamo già accennato al concetto di meritevolezza del debitore, cruciale specie nel piano del consumatore. Vale la pena ribadire e dettagliare i requisiti soggettivi che il debitore deve soddisfare per poter accedere ai benefici:

  • Onestà e buona fede: Il debitore non deve aver determinato il proprio sovraindebitamento con dolo o colpa grave. Cosa significa? Ad esempio, contraendo debiti sapendo di non poterli pagare (in malafede), oppure sperperando denaro in modo scriteriato o illecito. Se invece i debiti sono frutto di circostanze sfortunate (malattia, perdita lavoro, aiuto a familiari, crisi economica) o anche di scelte finanziarie imprudenti ma non dolose, il debitore è considerato meritevole. Cass. 27/7/2023 n. 22890 ha sancito che oggi conta solo l’assenza di malafede, frode o gravissima imprudenza, abrogati i precedenti criteri più severi. Dunque, un infermiere sovraindebitato perché ha fatto da garante ai parenti, o perché ha chiesto troppi prestiti per far fronte a spese mediche impreviste, non verrà punito per “aver fatto il passo più lungo della gamba” se non c’era intenzione di frodare.
  • Nessun intento fraudolento verso i creditori: In particolare, non deve aver occultato o dissipato beni prima o durante la procedura. Se ha venduto la casa a un parente per togliersela dai creditori (classico atto in frode), difficilmente il giudice gli darà l’esdebitazione. E se l’atto è recente, il liquidatore/creditori lo potranno revocare (art. 2929-bis c.c. consente addirittura esecuzione diretta su immobili donati o vincolati a fondo in frode). Quindi è fondamentale non compiere atti del genere, e se fatti in passato, dichiararli e affrontarne le conseguenze (magari rinunciando volontariamente a quell’atto per non perdere la meritevolezza).
  • Non abuso degli strumenti di credito: Un elemento considerato (soprattutto prima) era se il debitore avesse ottenuto prestiti in modo “irresponsabile” e la banca fosse stata imprudente. Il CCII ora parla di “merito creditizio” delle banche: in pratica i creditori finanziari che hanno concesso credito sproporzionato saranno “puniti” nel senso che il giudice non terrà in conto la loro eventuale opposizione e possono essere trattati peggio. Questo per non scoraggiare l’accesso alle procedure: se la banca ha dato 10 prestiti a un infermiere con già tanti debiti, non può poi accusarlo di indegnità; anzi, la legge tende a considerare quell’eccesso di credito colpa anche del finanziatore. Quindi la presenza di più prestiti ottenuti non è più vista solo come colpa del debitore, ma anche dei creditori.
  • Comportamento processuale corretto: Una volta dentro la procedura, il debitore deve collaborare lealmente: fornire tutti i documenti richiesti, segnalare immediatamente eventuali cambiamenti (es. se riceve un’eredità durante la procedura), non creare inganni. Deve inoltre astenersi da nuovo indebitamento non autorizzato: accendere ulteriori finanziamenti mentre si chiede esdebitazione è ovviamente malvisto (può solo indebitarsi se serve a eseguire il piano o se è credito di mantenimento corrente, es. bollette che scadono durante la procedura ovviamente le deve pagare, non sono nuovi debiti volontari).
  • Limiti temporali: La legge prevede che non si possa ottenere l’esdebitazione più volte a breve distanza. Precisamente, non si può accedere a una nuova procedura se si è già avuta esdebitazione nei 5 anni precedenti (art. 277 CCII). Inoltre, se il debitore ha già beneficiato di un’esdebitazione per incapienti, quella è one-shot: non ripetibile. Quindi l’infermiere che oggi si fa cancellare i debiti non potrà farlo di nuovo domani; dovrà cercare di non ricadere, o aspettare almeno 5 anni e circostanze eccezionali.
  • Debiti esclusi dall’esdebitazione: Come già detto, anche il debitore più meritevole non potrà liberarsi di certi debiti particolari: obblighi di mantenimento famigliare, debiti da risarcimenti per danni da fatto illecito entro certi limiti (soprattutto se derivanti da reato), e sanzioni penali o amministrative “punitive” che la legge esclude. Ad esempio, le multe stradali sono generalmente incluse perché sono sanzioni amministrative pecuniarie ma la legge 3/2012 le faceva rientrare; le ammende penali no. Questi debiti “indelebili” restano tali. Tuttavia c’è da dire: se uno ottiene esdebitazione totale del resto, quei pochi debiti non esdebitabili (es. alimenti arretrati) diventano magari affrontabili.

Importante caso giurisprudenziale sulla meritevolezza: Cassazione a Sezioni Unite 18/05/2021 n. 12491 (relativa ancora a L.3/2012) stabilì che il giudice può omologare un piano del consumatore anche se il debitore ha avuto in passato comportamenti imprudenti, purché nel concreto la proposta attuale sia sostenibile e non vi siano malafede o violazioni di legge. La tendenza è quindi di non negare l’accesso per leggerezze passate (over-indebtedness per troppi prestiti) ma solo per condotte moralmente riprovevoli (frodi, volontà di non pagare sin dall’inizio).

In sintesi, dal punto di vista del debitore, è fondamentale presentarsi come affidabile e di buona condotta: ciò aumenta enormemente le chance che il giudice approvi la soluzione e conceda l’esdebitazione. Questo significa anche, in concreto, fare ordine nei propri conti, poter spiegare come si è arrivati alla crisi (es. “ho dovuto sostenere queste spese, poi ho perso quest’entrata, etc.”), far vedere che non si è continuato a indebitarsi quando ormai era impossibile pagare (o se lo si è fatto, era per necessità tipo pagare affitto, non per giocare al casinò).

Spesso i tribunali chiedono: “il debitore ha tentato di ridurre le spese superflue? conduce uno stile di vita consono?”. Un infermiere indebitato che però ha l’auto di lusso e va in vacanze costose darebbe un cattivo segnale. Invece, uno che ha venduto il superfluo e cerca di vivere frugalmente per pagare il più possibile appare meritevole di aiuto. Queste valutazioni etiche contano, sebbene non siano formalizzate rigidamente, ma emergono nella relazione dell’OCC e nell’udienza con il giudice.

In conclusione sulle procedure: sono strumenti potenti ma vanno maneggiati con trasparenza e integrità. Nei prossimi capitoli esamineremo alcuni casi pratici applicando questi concetti a situazioni tipiche di un infermiere indebitato. Dopodiché, la sezione Domande & Risposte chiarirà dubbi operativi (ad es. cosa succede alla casa durante un piano, come vengono trattati i garanti, se si può uscire dall’Italia con debiti, ecc.). Infine, un riepilogo delle fonti normative e giurisprudenziali citate sarà fornito a chiusura come riferimento.

Debiti fiscali e contributivi: come gestirli e particolarità

Abbiamo già affrontato i debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali in termini di rischi (cartelle, pignoramenti, ipoteche, etc.). Qui riepiloghiamo e approfondiamo come si inseriscono i debiti fiscali e contributivi nelle strategie di difesa e nelle procedure:

  • Rateizzazioni con l’Agente della Riscossione: È sempre consigliato, in caso di cartelle esattoriali, valutare la domanda di rateizzazione. Attualmente si possono ottenere piani fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi fino a €120.000 senza dover documentare lo stato di difficoltà (rate “ordinarie”). Per debiti oltre €120.000 o per chi ha perso il pagamento di precedenti piani, si può chiedere un nuovo piano presentando ISEE o bilanci che dimostrino temporanea situazione critica, fino a 120 rate (10 anni). La rata minima è €50. Una volta ammessa la dilazione, si blocca ogni azione esecutiva di AER, purché si paghi regolarmente le rate (basta saltare 5 rate anche non consecutive perché decada). Quindi, un infermiere con cartelle per €10.000 potrebbe optare per ~€140 al mese per 6 anni, evitando problemi maggiori. Questa soluzione è spesso preferibile se l’importo è gestibile, perché i tassi di interesse di rateazione AER sono modesti e consente di “spegnere” il fuoco. Se però l’importo è altissimo (es. 100k) e il reddito basso, la rateazione decennale (circa 833€/mese su 100k) potrebbe non essere sostenibile, rimandando solo il problema.
  • Definizioni agevolate (condoni/rottamazioni): Lo Stato negli ultimi anni è intervenuto più volte con provvedimenti di definizione agevolata per le cartelle esattoriali: ad esempio la “rottamazione-ter” (2017-2018) e “rottamazione-quater” (2023) hanno permesso di pagare solo il capitale e pochi oneri, abbuonando sanzioni e interessi di mora. Inoltre c’è stata la misura di “stralcio” delle mini-cartelle fino a €1.000 (saldo al 31/12/2015) con cancellazione automatica al 31/3/2023 disposta dalla L. 197/2022. Un infermiere debitore dovrebbe sempre stare attento a queste normative: a volte attendere un condono può convenire se il debito è soprattutto composto da sanzioni. Ovviamente non c’è garanzia che ce ne siano in futuro, ma la tendenza politica recente le ha rese frequenti. In genere, però, poter accedere richiede di essere in regola con alcuni pagamenti oppure di presentare domanda entro termini tassativi.
  • Nelle procedure di sovraindebitamento: I debiti fiscali sono integrabili nel piano del consumatore e nel concordato minore. Come citato, ci sono restrizioni su alcuni tributi. La regola generale: crediti fiscali privilegiati (es. IVA, ritenute, contributi, IMU – molti tributi hanno privilegio generale sui mobili o speciale su immobili) possono essere trattati al pari di altri privilegiati: se li si vuole pagare parzialmente o dilazionarli oltre l’ordinario, occorre che il loro trattamento non sia inferiore a quello che otterrebbero liquidando i beni su cui hanno privilegio, e se la falcidia riguarda IVA/ritenute, serve il loro assenso esplicito (altrimenti la Cassazione aveva in passato negato il cram-down su IVA, considerandola debito di ordine pubblico tributario; però con la nuova direttiva UE sull’insolvenza, anche l’IVA può essere ridotta in procedure concorsuali – l’Italia ha recepito a metà questa parte: nel fallimento sì previa adesione dell’ente, nel sovraindebitamento c’è stato dibattito). Comunque, in pratica, nei piani i debiti fiscali e contributivi vengono spesso ridotti e dilazionati come i chirografari, specie se il fisco rappresenta una minoranza dei crediti: il tribunale tende ad omologare se la proposta appare più conveniente che la riscossione coattiva. Se il Fisco ha la fetta più grande e vota contrario nel concordato minore, può bloccare la maggioranza. Nel piano del consumatore invece, l’opposizione del Fisco può essere superata se il giudice ritiene meritevole il debitore. Notare: Cassazione 34150/2024 (dicembre 2024) ha confermato che nelle procedure minori è ammissibile la falcidia dell’IVA se il creditore erariale aderisce o comunque nel concordato minore se la maggioranza la approva e il tribunale reputa la proposta conveniente. Quindi anche l’IVA può essere scontata, sebbene con più attenzione.
  • Rottamazione e procedure: Se un debitore ha avviato un piano del consumatore e nel frattempo esce una legge di rottamazione cartelle, può aderire? Di solito se c’è già un’omologazione in corso non si può modificare, ma in fase di predisposizione di piano è opportuno considerare eventuali condoni per massimizzare l’importo per altri creditori (es. se sai che le sanzioni vengono tolte, nel piano consideri il tributo netto).
  • Coobbligati su debiti fiscali: Attenzione particolare per imprenditori e soci: le sanzioni tributarie sono personali, quindi se vengono esdebitati dal sovraindebitamento, lo Stato non può poi chiederle a coobbligati perché non ce ne sono (le sanzioni non si trasferiscono). Ma l’IVA e imposte evase se c’è stato concorso con altri soggetti (es. soci), se uno viene esdebitato gli altri restano obbligati per intero. Similmente, se un infermiere ha firmato in solido per un debito fiscale altrui (non comune, ma ad esempio se era co-dichiarante in un modello fiscale con il coniuge), la sua esdebitazione non copre l’altro.

In sintesi per Fisco e contributi: Trattare con rispetto ma decisione. Non ignorare le cartelle: richiedere dilazioni appena possibile, valutare adesioni a definizioni agevolate per risparmiare, e includerle senza timore in un eventuale procedura di sovraindebitamento (non c’è più l’idea che “tanto Equitalia non accetta piani”: oggi l’Agenzia Entrate-Riscossione spesso non si oppone o addirittura partecipa favorevolmente se la proposta è credibile, perché preferisce incassare in un piano piuttosto che inseguire un debitore insolvibile).

Nel 2021 una importante modifica normativa (D.L. 118/2021 conv. L.147/2021) ha previsto che nelle procedure di composizione con il fisco, se l’ente non risponde alla proposta del debitore, vale il silenzio-assenso (si considera accettata) entro 90 giorni. Questo è vero per il concordato preventivo, e il CCII sembra averlo esteso anche al concordato minore (art. 79 CCII). Quindi, se il debitore propone di pagare, ad esempio, il 30% delle cartelle e l’AdER non dice nulla, si considera approvato. Ciò evita stalli burocratici.

Infine, INPS e altri enti: i contributi non versati (gestione separata, ENPAPI, ecc.) seguono stesse logiche: privilegio parziale, possibile stralcio parziale nei piani (di solito vorranno almeno il 20% se sono ingenti).

Debiti derivanti da attività professionale o d’impresa

Molti infermieri oggi lavorano come liberi professionisti con Partita IVA, offrendo prestazioni domiciliari o in cooperativa, oppure gestiscono piccoli studi infermieristici. Questo li pone di fronte a debiti tipici “d’impresa”: canoni di locazione commerciale, forniture, leasing di apparecchiature, collaboratori da pagare, tasse IVA e IRAP, ecc.

Quando questi debiti si sommano ai debiti personali, la situazione può complicarsi perché, come visto, la presenza di debiti “non consumeristici” obbliga a usare il concordato minore o la liquidazione, non il piano del consumatore. Ma cosa cambia davvero dal punto di vista del difendersi dai debiti se sono di natura imprenditoriale/professionale?

  • Distinzione patrimonio impresa / personale: L’infermiere libero professionista non ha una separazione patrimoniale tra casa e impresa, a differenza ad esempio di una società di capitali (S.r.l.). Ciò significa che i suoi beni personali possono essere aggrediti per i debiti professionali e viceversa (non c’è “beneficio d’inventario”). Quindi, un debito verso il fornitore di materiale sanitario potrà portare al pignoramento dell’auto personale dell’infermiere, e un debito della carta di credito personale potrà portare ipoteca sull’ambulatorio di sua proprietà (se è intestato personalmente). L’unica separazione possibile sarebbe stata costituita da un eventuale società: se l’infermiere esercita tramite una S.r.l. e non ha rilasciato garanzie personali, i debiti rimangono in capo alla società e non toccano i suoi beni privati. Tuttavia, spesso per ottenere credito le banche chiedono al professionista comunque garanzie personali. In questa guida assumiamo che si tratta di ditta individuale/professione.
  • Procedure concorsuali ordinarie: Le imprese commerciali sopra certe soglie vanno in fallimento (liquidazione giudiziale). Un infermiere, pur con una ditta, di solito è considerato piccolo imprenditore non soggetto a fallimento (per definizione professionisti e imprenditori agricoli non falliscono; e le imprese sotto 2 di 3 parametri: attivo 300k€, ricavi 200k€, debiti 500k€ – vecchi limiti legge fall. – ora CCII parla di “imprenditore minore” in modo più flessibile). Quindi tipicamente l’infermiere resta nel campo sovraindebitamento. Però se avesse avviato una clinica societaria con molti dipendenti e milioni di debito, potrebbe rientrare nel fallibile (caso oltre il nostro scenario).
  • Fideiussioni e coobbligazioni: Spesso i debiti di natura imprenditoriale vedono coobbligati o garanti. Ad esempio, un infermiere apre studio con un collega: entrambi firmano per il leasing dei macchinari. In caso di insolvenza, il creditore potrà agire su entrambi e poi starà a loro regolare i rapporti interni. Se uno dei due utilizza una procedura di sovraindebitamento, libera sé stesso dal debito ma non libera l’altro coobbligato (per espressa previsione di legge, l’esdebitazione non si estende ai coobbligati e fideiussori, analogamente all’art. 123 L.F.). Quindi l’altro dovrà pagare per intero, detratto quanto eventualmente incassato nel piano dal creditore. Ciò implica che se c’è un garante (es. il coniuge dell’infermiere che garantì il prestito per lo studio), bisogna considerare anche la sua posizione: conviene magari fare una procedura familiare includendolo, altrimenti rischia di essere inseguito per l’intero e vi troverete protetti voi ma non lui/lei.
  • Trattamento dei debiti IVA e ritenute: Già accennato, questi debiti fiscal-aziendali sono delicati e richiedono eventuale assenso se falcidiati. Ma uno dei vantaggi del concordato minore è che può includere anche la falcidia di crediti privilegiati (cosa che nel concordato preventivo classico necessita il voto della classe o la soddisfazione integrale). L’importante è offrire il “ragionevolmente ottenibile”. Esempio: infermiere con debito IVA 10k e null’altro attivo, può proporre 2k se 2k è il massimo che col suo stipendio può racimolare – l’alternativa per il fisco sarebbe zero, quindi potrebbe passare.
  • Debiti verso dipendenti o collaboratori: Questi hanno privilegio altissimo (stipendi degli ultimi mesi, TFR hanno privilegio generale sui mobili e anche sul fondo speciale ex art.2770 c.c. su immobili prima di ipoteche). Vanno di solito pagati in larga misura nei piani, altrimenti giudice e OCC avranno da ridire perché colpisce persone fisiche deboli (i dipendenti non pagati). Inoltre, se l’attività prosegue, conviene mantenere buoni rapporti. Nel concordato minore, i crediti di lavoro potete prevederli pagati magari al 100% se volete tenere il personale.
  • Continuità aziendale: Anche un piccolo imprenditore non fallibile potrebbe cercare un concordato in continuità, ovvero mantenere aperta l’attività durante la procedura, usando i futuri guadagni per pagare i creditori. Il CCII consente il concordato minore in continuità con regole analoghe al concordato preventivo (va attestata la capacità di generare ricavi ecc.). Per un infermiere, la continuità potrebbe consistere nel tenere aperto l’ambulatorio, generare redditi e destinare una parte a creditori. Questo è fattibile se l’attività è ancora sana ma solo appesantita da debiti pregressi.
  • Chiusura attività e nuovo inizio: Molti professionisti indebitati scelgono invece di chiudere la partita IVA e magari cercare lavoro dipendente per ripartire. Questo ovviamente incide sul tipo di procedura: se hai cessato l’attività, rimani persona fisica con debiti in parte derivanti dall’attività cessata. Vi è un dibattito giuridico su come qualificare un imprenditore individuale che ha chiuso l’attività: il CCII art. 33 co.4 impediva (prima del correttivo ter 2024) all’imprenditore cancellato di fare concordato minore con liquidazione se era passata una certa data, costringendolo alla liquidazione controllata. Non entriamo nei tecnicismi, ma essenzialmente il correttivo 2024 non ha risolto questa lacuna: quindi se un imprenditore si è cancellato dal registro imprese pensando di far sovraindebitamento, c’è rischio che possa solo liquidare e non fare un accordo. Ciò per fortuna non tocca i professionisti non iscritti a registro imprese (come l’infermiere professionista, che ha solo albo IPASVI forse, ma non è impresa commerciale). Quindi un infermiere libero professionista che cessa l’attività rimane comunque un soggetto ammissibile alle procedure (in dubbio se considerarlo consumatore – no se i debiti erano professionali – oppure “altro debitore” per concordato minore).

Esempio pratico: Paolo, infermiere libero professionista, aveva avviato uno studio infermieristico con un collega. Fatturato in calo, accumula €30.000 di debiti IVA e INPS e €20.000 con fornitori. Chiude lo studio a fine 2023. Ora lavora come dipendente presso una clinica, stipendio €1.500. Vive in casa di proprietà con mutuo residuo. Come può difendersi? – Il piano del consumatore è precluso (debiti IVA). Dovrà valutare un concordato minore: propone di pagare, ad esempio, €300 al mese per 5 anni (18k in totale) ai creditori chirografari e privilegia un po’ l’INPS e i fornitori secondo le priorità. Se approvato, paga il dovuto e esdebitazione dei restanti (es. l’IVA magari viene falcidiata al 50% con consenso AdE). In alternativa, può optare per la liquidazione controllata: il liquidatore venderebbe la sua quota di studio? (lo ha chiuso, forse solo attrezzatura residua), potrebbe intaccare la casa di proprietà (ha ipoteca mutuo – se mutuo regolare, la banca continuerà a ricevere pagamenti, e la quota di valore eccedente ipoteca se c’è sarebbe per gli altri creditori). Dopo 3 anni, esdebitato.

Considerazione sulle garanzie personali: Qualche infermiere potrebbe aver garantito debiti altrui (es. un parente imprenditore) e trovarsi a pagare per quell’impresa. In tal caso, i suoi debiti da escussione fideiussoria sono sì debiti personali, ma originati da attività altrui: per la qualifica consumatore/non consumatore c’è stato dibattito se il fideiussore a favore di impresa è consumatore (agiva per scopi estranei? Sì e no, giurisprudenza altalenante). Il correttivo ter 2024 sembra voler escludere anche il fideiussore di impresa dal concetto di consumatore, quindi lo tratterebbe come “non consumatore”. Questo vuol dire che se l’infermiere ha garantito il debito della clinica del fratello, quell’obbligazione lo spinge nel concordato minore. Non il massimo, ma ormai la legge mira a separare nettamente i ruoli.

In sintesi, i debiti da attività d’impresa portano con sé:

  • possibili ulteriori tutele (e.g. fondo patrimoniale se reggere, separazioni di beni),
  • necessità di procedure leggermente diverse (concordato minore vs piano),
  • attenzione ai coobbligati/garanti,
  • priorità differenti su crediti (lavoro, fisco da trattare con rispetto).

Un ultimo strumento da menzionare: se l’attività era in forma societaria, c’è la possibilità di esdebitazione dell’imprenditore fallito (art. 282 CCII) quando la società viene liquidata. Ma per piccole S.r.l. non rilevanti spesso neanche si fa il fallimento per insufficienza attivo. Il socio garante, però, come persona fisica può sempre ricorrere alle procedure di sovraindebitamento per liberarsi dalle garanzie escusse.

Simulazioni pratiche (casi reali di infermieri indebitati)

Per meglio comprendere l’applicazione concreta di queste difese, presentiamo alcune simulazioni pratiche basate su situazioni tipo che un infermiere indebitato potrebbe affrontare. Sono esempi semplificati, ma utili a vedere quali scelte fare e come operano gli strumenti spiegati finora.

Caso 1: “Debiti personali oltre il reddito disponibile”
Maria è un’infermiera di 45 anni, dipendente a tempo pieno presso un ospedale pubblico. Guadagna €1.700 netti al mese. Alcuni anni fa ha acceso un mutuo per la casa (rata €500) e poi, per aiutare economicamente i genitori malati e pagare spese impreviste, ha fatto vari prestiti: uno con finanziaria (€200 al mese), due carte revolving (saldo totale €8.000), e ha accumulato €5.000 di debiti su bollette e spese condominiali arretrate. Ora la situazione è fuori controllo: lo stipendio non basta a coprire le rate (500+200=700) più le spese correnti della famiglia; Maria ha saltato alcune rate della finanziaria e il condominio minaccia ingiunzione. Inoltre, c’è una carta di credito in sofferenza passata a recupero crediti che la chiama di continuo. I debiti totali di Maria, escluso il mutuo, ammontano a circa €25.000. Lei è angosciata e teme il pignoramento dello stipendio.

Analisi: Maria è una consumatrice sovraindebitata classica: debiti personali (fatti per esigenze familiari), reddito stipendiale pignorabile. Ha un bene importante: la casa, gravata da mutuo. Vuole assolutamente tenerla (ci vive con marito e figli). I creditori chirografari (finanziaria, carte, condominio) potrebbero prendere provvedimenti: il condominio e la finanziaria possono ottenere decreti ingiuntivi e pignorarle il quinto dello stipendio (circa €340/mese). Se tutti agiscono, rischia più pignoramenti sullo stipendio, anche se limitati nel totale al 50%. Inoltre la società della carta potrebbe mettere ipoteca giudiziale sulla casa per premere. Maria vuole evitare di arrivare a questo punto e cerca una soluzione.

Opzioni possibili:

  • Opzione A: Trattativa stragiudiziale. Maria potrebbe contattare la finanziaria e le finanziarie carte proponendo un saldo e stralcio parziale, magari usando parte del TFR o un aiuto del marito. Ad esempio: offre €10.000 totali per chiudere i €15.000 che deve tra finanziaria e carte. Se accettano, ridurrebbe molto il debito. Per il condominio, potrebbe proporre un piano di rientro (es. €300 al mese oltre le quote correnti). Tuttavia, Maria non ha risparmi significativi immediati (ha solo TFR maturato €7.000 che però è vincolato finché lavora). Potrebbe considerare di rifinanziare consolidando, ma la sua quota cedibile dello stipendio è quasi saturata e con segnalazioni negative è difficile otterrà nuovi prestiti.
    Se qualche parente prestasse dei soldi, il saldo e stralcio sarebbe la via più rapida. Immaginiamo però che Maria non abbia aiuti esterni né patrimonio liquido.
  • Opzione B: Piano del consumatore. Questa appare la soluzione strutturata migliore. Maria può rivolgersi a un OCC e presentare un piano di ristrutturazione: ad esempio, propone di pagare tutti i debiti chirografari al 30% in 4 anni, utilizzando €250 al mese del suo stipendio, e di mantenere regolare il mutuo (fuori piano). Significa che su €25.000 di debiti chirografari, pagherebbe circa €7.500 spalmati su 48 mesi (più o meno €156/mese, considerato anche OCC e spese processuali facciamo €250 per stare larghi). Questa somma, unita alla rata mutuo 500 e spese correnti, rientra nel suo budget? Stipendio 1700, -500 mutuo =1200, -250 piano=950 rimanenti: potrebbe essere fattibile se il coniuge contribuisce alle spese di famiglia.
    Il piano ha buone chance di omologa perché Maria risulta meritevole (si è indebitata per aiutare i genitori malati, niente di disonesto) e i creditori prenderebbero 30% invece del probabile 0% se la pignorassero (suo quinto pignorabile è 340/mese, ma se pignorano sullo stipendio con già mutuo in essere, potrebbe prima o poi dover saltare mutuo e la casa verrebbe all’asta – scenario pessimo anche per loro). Quindi il giudice con ogni probabilità omologherebbe.
    Esito: Maria paga 4 anni le quote secondo piano, i crediti condominiali (che sono privilegiati sull’immobile per 2 anni) verrebbero soddisfatti anche loro pro-quota ma mantenendo il privilegio? In un piano, i privilegiati condominio può prevederli al 100% su 2 anni, qui sarebbe piccolo importo comunque, diciamo su 5k condominio paga 3k, e si sono saldati più o meno gli ultimi 2 anni – ok). Alla fine dei 4 anni Maria ottiene l’esdebitazione: i debiti residui (~70%) sono cancellati. Si tiene la casa, continua a pagare il mutuo regolarmente ed è salva.
    Durante il piano nessuno può pignorarle stipendio né casa. Le telefonate cesseranno perché i creditori vengono coinvolti nella procedura ufficiale.
  • Opzione C: Liquidazione controllata. Se Maria non riuscisse a sostenere neanche il pagamento parziale (mettiamo che €250/mese è troppo, o perde il lavoro), potrebbe optare per liquidare i beni. Il bene è la casa, su cui c’è però mutuo residuo. Un liquidatore la venderebbe: supponiamo casa vale €150k, mutuo residuo €100k. Vendendo, si estingue il mutuo e restano €50k da distribuire ai creditori chirografari (€25k). Essi verrebbero pagati in full e rimarrebbero €25k extra per Maria (in teoria dovrebbero restituirglieli se avanzano dopo pagare spese e creditori al 100%). Quindi in realtà Maria non sarebbe insolvente in questo scenario: vendendo la casa può pagare tutti. Il problema è che perderebbe la casa! È una scelta che di solito un debitore non vuole. Però tecnicamente potrebbe: vendere la casa da sola prima che pignorino, estinguere tutti i debiti e rimanere con qualcosa. Ciò eviterebbe procedure concorsuali.
    Ma Maria non vuole vendere casa perché è la sua prima abitazione per la famiglia. Ecco perché preferisce piano.

Decisione: Maria, consigliata dall’avvocato, sceglie l’Opzione B (piano del consumatore). Avvia la procedura con l’OCC, blocca subito il recupero crediti, e respira. Il piano viene omologato e Maria lo esegue puntualmente. Entro 4 anni è libera, senza perdere la casa né subire pignoramenti allo stipendio. I creditori hanno ricevuto qualcosa (meglio di nulla).

Caso 2: “Infermiere libero professionista sommerso dai debiti di attività”
Luca ha 38 anni ed è un infermiere che aveva avviato un piccolo centro prelievi e assistenza a domicilio, come ditta individuale. Negli anni scorsi ha contratto debiti per attrezzature e un veicolo medico. Ha anche mancato alcuni versamenti IVA e INPS. Ora il suo centro è in crisi di fatturato (dopo Covid la domanda è calata) e Luca ha accumulato: €15.000 di debiti IVA, €8.000 di contributi INPS, €10.000 verso un fornitore di materiale sanitario, e €5.000 su una carta di credito aziendale. Totale €38.000. Inoltre ha debiti personali: €5.000 residui di un finanziamento per acquisto mobili di casa e €3.000 di bollette arretrate (avendo usato i soldi per tenere a galla l’attività). Luca vive in appartamento in affitto, possiede un’auto (valore €7.000, su cui c’è un fermo amministrativo per cartella non pagata) e attrezzatura medica varia (valore stimato €5.000). Non è sposato. Il suo reddito attuale da attività è basso: circa €1.200 netti al mese (fatturato calato). Fa anche qualche turno in clinica come collaboratore, ricavando altri €500 mese. Non riesce più a pagare tutto: è in arretrato con l’IVA e teme azioni dell’AdE Riscossione (ha già ricevuto sollecito); il fornitore minaccia causa. Luca pensa di chiudere la partita IVA e cercare di emigrare all’estero per sfuggire ai debiti.

Analisi: Situazione di sovraindebitamento “misto” – debiti da attività (prevalenti) e alcuni personali. Luca non ha immobili né molti beni; la sua insolvenza è di €38k vs un reddito modesto e beni mobili di 12k (che manco liquidi perché l’auto ha fermo). Emigrare all’estero non risolve: i debiti restano, e potrebbero inseguirlo in UE se trovano dove lavora. Meglio risolvere legalmente e poi ricominciare. Luca potrebbe chiudere l’attività, ma i debiti IVA restano personali.

Opzioni possibili:

  • Opzione A: Concordato minore. Luca, essendo imprenditore sotto soglia, può proporre un concordato minore (accordo con creditori). Pianifica di chiudere la ditta e di trovare lavoro stabile. Potrebbe proporre: pagare il 20% di tutti i debiti in 5 anni, utilizzando €300/mese dei suoi futuri guadagni da dipendente (spera di trovare impiego da infermiere a €1.500/mese). Ciò darebbe circa €18.000 da distribuire sui €46.000 (38k impresa + 8k personali). Non è molto (>20%), ma se dimostra che in liquidazione i creditori prenderebbero forse 5k vendendo l’auto e attrezzature, allora 18k è conveniente.
    Procedura: OCC prepara proposta, creditori votano. I principali sono: AdE Riscossione per IVA+INPS (tot ~23k), un fornitore 10k, banca carta 5k, finanziaria 5k, bollette 3k. Il totale chirografari ~30k (perché su 38k impresa, 15 IVA è privilegiata e contributi 8k privilegiati, quindi 23k privilegiati e 15k chirografari d’impresa; i 8k personali sono chirografari pure). I privilegiati come IVA e INPS nel concordato minore possono essere pagati meno del 100% solo se loro consentono o se comunque ricevono >zero comparato a liquidazione. Probabilmente IVA+INPS avrebbero privilegio su quell’auto e attrezzatura? L’auto forse no se ferma, attrezzature privilegio generale. Realisticamente, su 23k di crediti privilegio, liquidandoli avrebbero preso 5k, nel concordato Luca offre magari 8k su 23k (un 35%). AdER potrebbe accettare (dati i 5k vs 8k). I chirografari tot 18k (fornitore+finanziarie) riceverebbero i restanti 10k su 18k (circa 55%).
    Votazione: sommiamo crediti aventi diritto a voto (chirografari + eventuali privilegiati falcidiati): qui privilegio falcidiato, quindi anche AdER vota per la parte falcidiata; crediti con diritto voto: 38k (tutto). Servono 60% sì = circa 23k votanti favorevoli. AdER pesa 23k su 38k = ~60%. Quindi, se AdER vota sì, bastano pochi altri per superare soglia; se AdER stesse zitta, c’è silenzio-assenso dopo 90gg (norma), quindi equivarrebbe a sì. Il fornitore (10k) probabilmente vota sì se confronta con rischio zero in liquidazione. Le banche di solito votano secondo convenienza: qui prenderebbero 55% invece di quasi nulla – conviene.
    Dunque Luca potrebbe farcela. Una volta omologato, lui chiude P.IVA e nei 5 anni paga €300/mese (che nel frattempo integra con altri lavori). Dopo i 5 anni, esdebitazione e i debiti residui (IVA non pagata etc.) vengono cancellati. Luca poi può ripartire ed eventualmente aprire nuova attività o trasferirsi senza debiti.
    Nota: dovrà vendere l’auto col fermo e destinare quel ricavato magari in parte subito ai creditori nel piano (spesso piani prevedono liquidazione beni non essenziali). Può tenere attrezzatura minima per lavorare se serve – ma se ha chiuso, la vende anch’essa per fare cassa da distribuire (dimostra buona fede).
  • Opzione B: Liquidazione controllata. Luca potrebbe anche dire: “Non ce la faccio a pagare niente, cedo quel che ho e amen”. Chiede liquidazione: il liquidatore venderà auto e attrezzature (magari 7k totali). Questi 7k andranno in spese procedura e a creditori privilegiati (che non saranno comunque soddisfatti in pieno: ad es. dei 23k privilegio, 7k coprono ~30%). Dopo 3 anni, Luca chiederà ed otterrà l’esdebitazione totale. Pro: Luca si libera senza pagare oltre il ricavato beni. Contro: 3 anni di procedura, e se trova lavoro glielo pignoreranno in parte perché il liquidatore può prendere il suo sovrareddito oltre il minimo. Dato che Luca è single in affitto, il giudice potrebbe ritenere pignorabile un quinto del suo stipendio anche durante liquidazione. Quindi i creditori magari recuperano qualcosa di più dai redditi 3 anni. Ma Luca vive con 4/5 di stipendio – fattibile.
    Dilemma: Luca preferirebbe tenere l’auto per spostarsi al lavoro, ma col fermo non può usarla comunque. Potrebbe riscattarla dal liquidatore pagando l’equivalente (non ha soldi). Quindi destinato a perderla, tanto vale vendere volontariamente.
  • Opzione C: Esdebitazione incapiente. Luca può aspirare a quella? Ha beni (auto, attrezzi) seppur modesti: quindi proprio incapiente 100% non è, qualche “utilità” c’è. Inoltre un reddito ce l’ha (1200+500=1700 mese attuale). Non è sufficiente a pagare i debiti, ma potrebbe in teoria destinarne una parte. Un giudice potrebbe dire: se hai 1700 mese e vivi da solo in affitto, un piccolo margine ce l’hai (non incapiente totale). Inoltre la norma incapiente richiede che il debitore non abbia alcuna utilità da offrire. Luca ha quell’auto vendibile e un reddito, quindi difficilmente glielo concederebbero (l’incapiente è pensato per chi ha reddito sotto minimo vitale e zero beni).
    Quindi dovrà passare per A o B.

Decisione: Luca valuta la Opzione A (concordato minore) se riesce a trovare un impiego stabile per garantire le rate. Se invece la sua prospettiva di reddito resta incerta, forse meglio liquidazione per non rischiare di fallire un piano. Luca infatti non ha famiglia o casa da proteggere, quindi la liquidazione non gli porta via niente di vitale (l’auto è già inutilizzabile, l’attrezzatura non la userà se chiude). La differenza è: piano A lo impegna 5 anni a pagare 18k; liquidazione B in 3 anni forse gli prenderebbe qualcosa dal salario ma minore. D’altro canto, il piano A gli eviterebbe pignoramenti sullo stipendio e lo farebbe apparire più affidabile (in futuro, dimostrando di aver pagato qualcosa).
Poniamo che Luca tenti il concordato minore, ma se i creditori o il giudice non fossero convinti, ha sempre l’opzione di ripiego della liquidazione.
Supponendo vada col concordato e questo venga omologato: Luca paga come da accordo, e nel frattempo trova un nuovo lavoro come dipendente, integrando i pagamenti. Dopo 5 anni, ottiene esdebitazione e i suoi debiti (IVA inclusa) sono perdonati. Avrà un po’ limitato la sua capacità di spesa in quei 5 anni, ma ha assolto una parte di debito.

Caso 3: “Famiglia indebitata con casa ipotecata”
Giovanni e Laura, 50 anni, sono marito e moglie, entrambi infermieri dipendenti (lui in ospedale, lei in RSA). Hanno due figli universitari. In passato hanno avviato una piccola attività parallela (un laboratorio analisi gestito come SNC) che purtroppo è fallito economicamente e ha lasciato strascichi: la banca ha escusso loro un finanziamento da €40.000 che avevano garantito personalmente, e l’Agenzia Riscossione chiede €25.000 tra IVA e contributi non versati della SNC (essendo soci, responsabili in solido). Inoltre, a livello personale, hanno mutuo residuo sulla casa (€120.000) e un prestito auto (€10.000 residuo). La casa vale €180.000 ma è ipotecata dalla banca del mutuo e da Equitalia (ipoteca secondaria per €25.000 cartelle). Al momento, riescono a pagare la rata mutuo (€600) e quella auto (€200), ma non hanno modo di saldare le cartelle né il debito da €40.000 (attualmente verso una società recupero che ha acquisito il credito della banca). Hanno già ricevuto precetto su quel €40.000 e temono il pignoramento della casa. Stipendi: lui €1.800, lei €1.400 netti.

Analisi: Qui c’è una famiglia con debiti sia personali (mutuo, auto) che derivati da impresa fallita (il laboratorio). I creditori principali: la società recupero crediti 40k (chirografo, ma potrebbe ipotecare giudizialmente la casa o pignorare stipendi) e AdER 25k con ipoteca. La casa prima è ipotecata per mutuo, residuo 120k – c’è equity di circa 60k sul valore, però quell’equity è contesa da ipoteca AdER e potenzialmente dall’altro creditore che potrebbe iscriversi. La famiglia vorrebbe salvare la casa. Vendere la casa, saldare tutto e ricominciare in affitto è un’opzione, ma vorrebbero evitarlo perché è la casa di famiglia e i figli sono radicati lì.

Opzioni possibili:

  • Opzione A: Procedura familiare di sovraindebitamento. Possono fare un unico piano familiare includendo entrambi. Debiti totali: 40k recupero + 25k AdER = 65k chirografari (AdER ha ipoteca ma privilegio su casa). Pianificano di mantenere mutuo e prestito auto regolari (così tengono casa e auto). Propongono di pagare ad es. il 50% ai restanti creditori in 5 anni, usando il loro margine di reddito. Insieme guadagnano €3.200 mese, tolte rate 800, restano 2.400; con due figli a carico e spese, stimano di poter destinare €500/mese al piano, cioè €30.000 in 5 anni. Offrono dunque 30k su 65k (~46%). Inoltre potrebbero impegnarsi a vendere una vecchia proprietà ereditata (un terreno piccolo del valore 10k) per aumentare l’attivo da dare – ipotizziamo lo facciano, allora offrono 40k totali (30k da rate + 10k da quella vendita) su 65k = ~62%.
    Creditori: AdER (25k) e società recupero (40k) – ambedue chirografari (l’ipoteca AdER è su casa, la includono nel piano con soddisfacimento parziale a fronte di mantenimento casa). Piano del consumatore familiare non è possibile perché debiti da impresa (la SNC) -> devono fare un concordato minore familiare. Quindi creditori votano. Totale crediti 65k, devono avere almeno 39k favorevoli (60%). Se AdER e recupero concordano che 40k è meglio di niente (casa all’asta porterebbe forse: 180k valore, banca 120k, restano 60k divisi: AdER 25k prende intero, resterebbe 35k per quell’altro – quasi come il piano, ma con tempi e costi peggiori). Probabilmente voteranno sì.
    Esito: accordo omologato, Giovanni e Laura pagano €500/mese per 5 anni + consegnano i 10k dal terreno venduto, e adempiono. La casa rimane loro, continuano a pagare il mutuo. Dopo esecuzione, ottengono esdebitazione e la differenza di debito (circa 25k non pagati) è cancellata. Le ipoteche sulla casa di AdER e eventuale giudiziale del recupero (se c’era) vengono cancellate, restando solo quella del mutuo. La famiglia si ritrova con solo il mutuo e prestito auto da finire, sostenibili.
  • Opzione B: Vendere la casa volontariamente. Potrebbero vendere a 180k, estinguere mutuo 120k, pagare AdER 25k e recupero crediti 40k (165k totale). Con 180 ricavati, pagano tutti e restano 15k. Hanno risolto i debiti, ma perso la casa. Con 15k magari neanche ricomprano altrove, dovranno andare in affitto. Non catastrofico ma un passo indietro doloroso. Potrebbe essere l’ultima risorsa se il piano fallisse.
  • Opzione C: Liquidazione controllata. Se non fanno nulla e i creditori agiscono: scenario probabile, il recupero crediti mette ipoteca e chiede vendita casa giudiziale. All’asta la casa potrebbe vendersi a meno di 180k (spesso ribassi 25%), diciamo 140k. Con 140, banca 120 soddisfatta, restano 20k per AdER (che ne aveva 25k, quindi non soddisfatto integralmente) e nulla per il recupero (che era secondo ipoteca arrivata forse dopo AdER, dunque chirografo in coda: prende 0). La famiglia poi rimane con residuo debiti non coperti (AdER ancora 5k, recupero ancora 40k) e perde casa. Potrebbero dopo chiedere esdebitazione di quei residui con procedura (ma intanto hanno perso l’immobile magari a prezzo ribassato).
    Oppure loro stessi aprono liquidazione: il liquidatore vende casa in modo ordinato (magari cerca di ottenere prezzo giusto 170-180k), paga banca 120k, AdER 25k, resta ~25-35k per il recupero crediti (che prenderebbe qualcosa almeno). Finita la liquidazione (3 anni), ottengono esdebitazione del residuo (se rimane qualcosa di recupero non soddisfatto). Avrebbero comunque perso la casa ma liberati da eventuali residui. Questo è simile alla vendita volontaria, con la differenza che gestisce tutto il liquidatore e garantisce l’esdebitazione residui.
    Siccome vogliono tenere casa, questa opzione è la peggiore per loro.

Decisione: Giovanni e Laura optano per la procedura familiare (concordato minore) confidando che i creditori approvino il piano. Lo fanno con l’ausilio dell’OCC e in sede di voto entrambi i maggiori creditori accettano (anche lo Stato preferisce incassare 15k su 25k subito piuttosto che rischiare l’asta e tempi lunghi). Il tribunale omologa. Loro vendono il terreno ereditato e versano 10k, poi puntualmente pagano €500 al mese. Tengono fede agli impegni, e la casa rimane al sicuro. Dopo 5 anni, il giudice dichiara esdebitati i coniugi e libera anche le ipoteche residue. Resta solo il mutuo da pagare, ma quello è sostenibile. Questo caso mostra l’efficacia del lavorare in famiglia con un’unica procedura (risparmiando costi e con visione unitaria del patrimonio familiare).

Caso 4: “Esdebitazione dell’incapiente”
Angelo è un infermiere di 30 anni, celibe, che qualche anno fa ha aperto P.IVA per fare l’infermiere a domicilio. Ha investito in formazione costosa e ha usato molto la carta di credito, accumulando €15.000 di debiti. Purtroppo ha scoperto di avere una patologia cronica che lo ha reso invalido parzialmente e non può più svolgere l’attività sul campo. Ha chiuso la P.IVA e al momento vive con un piccolo assegno di invalidità di €600 al mese. Non ha beni di proprietà (vive con i genitori, non ha auto né casa, niente risparmi). I creditori (finanziaria e banca carta) lo stanno perseguitando per quei 15k, ma lui oggettivamente non può offrire nulla: i €600 mensili gli servono per medicinali e sostentamento di base. Angelo teme di essere segnalato a vita e di non potersi mai emancipare da questa situazione.

Analisi: Angelo è proprio il prototipo incapiente meritevole (si è indebitato per cercare di migliorarsi, poi ha avuto una sfortuna). Non ha beni, non può ragionevolmente pagare nulla. Qualunque procedura diversa non darebbe utilità ai creditori: piano impossibile (0 € al mese), liquidazione aprirebbe ma non c’è nulla da liquidare. Egli però potrebbe in futuro (mettiamo tra 3-4 anni) recuperare in parte la salute e tornare a lavorare o ricevere una qualche eredità.

Soluzione: L’esdebitazione senza utilità (incapiente) è fatta apposta. Angelo si rivolge al tribunale con un OCC, documenta i suoi debiti e la sua situazione di indigenza, e chiede di essere liberato. Il giudice verifica che Angelo non ha colpe gravi (non risulta gioco d’azzardo, non ha truffato, semplicemente ha subito un evento sfortunato) e che davvero non possiede nulla. I creditori potranno opporsi se avessero prove contrarie, ma non ne hanno. Dunque il tribunale emette un decreto che cancella i €15.000 di debito. Angelo non deve pagare nulla (se non eventualmente un piccolo contributo alle spese OCC, spesso ridotto al minimo data la condizione). Per i successivi 4 anni, il curatore/OCC vigilerà: se Angelo ottenesse un miglioramento finanziario sensibile (diciamo gli riconoscono una pensione di invalidità arretrata corposa o vince un contenzioso risarcitorio e incassa soldi, o torna a lavorare e guadagna tanto), e quell’utilità permette di pagare almeno 10% = €1.500 ai creditori, allora Angelo dovrebbe versare quella somma (o comunque fino a concorrenza del 10%). Se in 4 anni questo non accade (scenario probabile perché la sua invalidità continua, e se anche lavora part-time guadagnerebbe poco), trascorsi 4 anni l’esdebitazione diventa definitiva senza pagamento.
I creditori di fatto subiranno una perdita totale, ma l’alternativa era comunque nessun recupero e continuare a tormentare inutilmente Angelo. Così, invece, la società gli dà un fresh start: se un domani starà meglio e potrà lavorare, potrà farlo senza la palla al piede dei vecchi debiti (a parte quell’obbligo di contribuire se possibile in quei primi anni).

Risultato: Angelo ottiene la piena esdebitazione immediata. Con il tempo, se la sua condizione economica non migliora significativamente, i creditori non vedranno nulla; se migliora tanto, avranno al massimo 1.500 € in totale (10%). In ogni caso, Angelo può ricominciare a progettare la sua vita senza l’angoscia di debiti impossibili.

Queste simulazioni mostrano come, a seconda delle situazioni, si possano adottare strategie differenti. L’importante è valutare bene il caso individuale: quanto si tiene ai propri beni, qual è la prospettiva di reddito, se conviene tentare di pagare qualcosa o dichiarare resa, ecc.

Ora procederemo con una sezione di Domande e Risposte frequenti, che riprenderanno molte delle questioni pratiche che un infermiere indebitato potrebbe porsi, con risposte concise riferite a quanto discusso.

Domande frequenti (FAQ)

D: Cosa succede ai miei beni (casa, auto, conto) se avvio una procedura di sovraindebitamento?
R: Dipende dalla procedura scelta. Nel piano del consumatore o concordato minore, decidi tu nel piano quali beni eventualmente liquidare e quali tenere, in accordo con i creditori e con il vincolo di sostenibilità. Puoi ad esempio prevedere di mantenere la casa e continuare a pagare il mutuo (il che spesso è consentito), mentre magari vendi beni non essenziali per fare cassa. In liquidazione controllata, invece, tutti i beni non impignorabili entrano nella procedura: la casa, se di valore, verrà venduta dal liquidatore (a meno che l’intero ricavato serva a pagare creditori ipotecari e tu riesca a trovare un accordo per tenerla, cosa rara); l’auto verrà venduta se non è indispensabile per il lavoro; il conto corrente sarà bloccato e svuotato salvo lasciarti quanto serve per vivere (il giudice di solito autorizza il debitore a trattenere uno “stipendio” mensile per spese vive). Nella esdebitazione incapiente, poiché non c’è liquidazione, i beni restano tuoi, ma è requisito che tu non ne abbia di significativi (se ne avessi, non ti avrebbero ammesso a quella procedura). In ogni caso, beni impignorabili per legge (arredi indispensabili, strumenti di lavoro, ecc.) rimangono al debitore anche in liquidazione.

D: Posso includere nel piano anche i debiti per il mutuo della casa o l’auto in leasing?
R: Sì, possiamo includerli, ma spesso conviene escluderli. Mi spiego: se vuoi mantenere la casa e l’auto, la soluzione migliore è continuare a pagare regolarmente quelle rate ed escludere tali creditori dal piano (pagandoli “fuori piano” in prededuzione). Questo è normalmente accettato, specie per il mutuo casa, perché così il creditore ipotecario non si oppone (gli paghi tutto) e tu non perdi l’immobile. Se invece non riesci più a sostenere il mutuo e non ti interessa mantenere la casa, allora nel piano potresti includere la banca mutuo come creditore ipotecario e ad esempio prevedere la vendita dell’immobile con parziale soddisfo della banca e eventuale saldo a stralcio. Ma ciò significa perdere la casa. Idem per l’auto: se la vuoi tenere, continui a pagare leasing o finanziamento, altrimenti restituisci il veicolo e inserisci l’eventuale debito residuo come chirografo (perdendo il mezzo). In sintesi, mutui e leasing di beni che vuoi conservare di solito li tieni fuori dal taglio dei debiti (pagandoli integralmente), concentrando la procedura sugli altri debiti. D’altronde, la legge richiede in generale di rispettare i diritti dei creditori privilegiati salvo consenso: quindi se proponi di ridurre il mutuo ipotecario della banca, quella dovrà essere d’accordo (cosa non comune).

D: I miei colleghi/capoufficio verranno a sapere che ho fatto una procedura di sovraindebitamento?
R: La procedura si svolge in tribunale in camera di consiglio (non pubblica). Non ci sono affissioni in bacheca come per i fallimenti societari, e i creditori vengono informati individualmente. Non viene pubblicato sui giornali. Tuttavia, c’è un registro pubblico dei procedimenti di crisi (gestito dal Ministero) e, una volta omologata, la sentenza/decreto è teoricamente pubblico (anche se di solito non è di interesse mediatico). In pratica, a meno che un tuo collega sia proprio un creditore o consulti atti di tribunale, è difficile che lo sappia. Nel caso di pignoramento dello stipendio invece, il tuo datore di lavoro ne sarebbe informato (perché gli arriva l’atto di pignoramento). Paradossalmente, il pignoramento è più esposto in azienda (ufficio paghe lo viene a sapere) rispetto al sovraindebitamento che può rimanere riservato. Quindi la procedura concorsuale può tutelare meglio la tua privacy rispetto a subire esecuzioni. Nota: se sei un dipendente pubblico, dovrai informare l’amministrazione solo se richiesto da norme interne (ad es. alcuni ruoli devono dichiarare procedure concorsuali personali). Ma per un infermiere generalmente no.

D: Ho debiti intestati a me ma contratti per aiutare un familiare/imprenditore (sono garante). Posso liberarmene?
R: Sì, dal tuo punto di vista quei debiti (da fideiussione o coobbligazione) sono debiti come gli altri e li puoi inserire nella procedura. Otterrai l’esdebitazione per te stesso. Tuttavia, attenzione: la legge prevede espressamente che l’esdebitazione del debitore principale non si estende ai coobbligati (art. 282 co.3 CCII). Ciò significa che il debitore per cui hai garantito resterà obbligato. E se ad esempio c’è un altro garante, quello rimane obbligato. Esempio: sei garante del mutuo di tua sorella; tu ti esdebiti, la banca non potrà più chiedere a te ma continuerà a chiedere a tua sorella (o altri garanti). Questo è importante perché a volte i creditori dopo la tua esdebitazione perseguitano il garante rimasto. Se quel garante è nella tua famiglia, conviene fare una procedura familiare includendo entrambi, così da esdebitare tutti. Ricapitolando: sì, puoi liberarti dal debito da fideiussione sul piano personale, ma non liberi l’eventuale debitore principale o altri garanti.

D: Possono revocarmi l’esdebitazione dopo averla ottenuta?
R: È molto raro, ma sì esistono casi. Se dopo la chiusura della procedura si scopre che hai occultato dolosamente dei beni o redditi, o hai mentito su informazioni rilevanti, i creditori possono proporre opposizione o il tribunale può revocare l’esdebitazione. Ad esempio, se avevi un immobile all’estero non dichiarato e salta fuori, l’esdebitazione verrebbe annullata per frode. Oppure se non rispetti gli obblighi post-procedura: nel caso dell’incapiente, se ti arriva un’eredità e non ne dai comunicazione e non paghi il 10%, potresti perdere il beneficio. In generale però, una volta esdebitato correttamente, il beneficio è definitivo. Non è soggetto a revoca per vicende normali (tipo se poi diventi ricco non ti ridanno i debiti indietro, a parte quel caso incapiente con 4 anni condizionali). Attenzione però: se l’esdebitazione è stata ottenuta con dolo, il P.M. può entro un anno chiedere la revoca. Quindi: comportati onestamente e non avrai sorprese dopo.

D: Durante il piano posso contrarre nuovi debiti o finanziamenti?
R: In linea di massima no, è sconsigliato e può violare i doveri di lealtà. Quando presenti un piano, dichiari la tua situazione e le tue uscite; se poi vai a fare nuove rate senza autorizzazione, i creditori originari potrebbero lamentare che stai peggiorando la tua insolvenza. Inoltre, sarebbe paradossale chiedere la falcidia dei debiti e intanto farne di nuovi. Quindi evita assolutamente nuovi prestiti bancari o acquisti rateali durante la procedura (dal deposito alla chiusura). Puoi ovviamente fare spese correnti nei limiti del budget stabilito: es. puoi usare la carta di debito sul conto per le bollette, spesa alimentare, benzina, ecc. Quello non sono “nuovi debiti”, è vita normale. Se proprio avessi bisogno di un finanziamento urgente (esempio: auto si rompe irreparabilmente e ti serve per lavorare), sarebbe più corretto informare l’OCC e forse chiedere al giudice di poter destinare parte del budget a una nuova auto (magari noleggiandola a lungo termine invece di fare debito). Ogni caso va valutato. Diciamo che, durante il piano, vivi “cash” e non a credito per prudenza. Dopo l’esdebitazione, potrai tornare a chiedere prestiti (ma sperabilmente con più giudizio e con la lezione imparata).

D: Se faccio la procedura, finirò nelle banche dati come cattivo pagatore?
R: Probabilmente ci sei già se hai debiti insoluti. In CRIF, le posizioni vengono aggiornate come “saldo a stralcio” se paghi parzialmente. L’esdebitazione in sé non credo abbia una codifica specifica; i creditori segnaleranno i loro crediti come chiusi per intervento di procedura concorsuale. In Centrale Rischi Bankitalia, se i crediti erano classificati a sofferenza e poi vengono cancellati per legge, la segnalazione dovrebbe cessare (CR cancella dati di sofferenze passati 36 mesi dall’ultimo aggiornamento). Quindi nel medio termine la tua “fedina finanziaria” migliorerà: i debiti saranno estinti (seppur non integralmente) e dopo qualche anno spariranno dalle visure. Tieni però conto che le banche sanno che hai fatto una procedura concorsuale perché ci sono archivi (come il registro delle procedure di insolvenza). Questo potrebbe rendere difficile ottenere nuovi prestiti per un periodo. Non c’è un divieto legale di farti credito (come invece accade per i falliti prima dell’esdebitazione), ma realisticamente chi consulta la tua storia potrebbe essere prudente. Comunque, molte persone esdebitate riferiscono di poter pian piano tornare a una vita creditizia normale (ovviamente bisogna anche volerlo con cautela!). Quindi a lungo termine, la procedura ti riabilita anche finanziariamente più di quanto farebbe trascinarsi cattive segnalazioni per decenni.

D: Ho una pensione modesta e tanti debiti: possono toccarmi la pensione?
R: La pensione segue le stesse regole dello stipendio per pignorabilità: massimo un quinto oltre la parte impignorabile (assegno sociale + 1/2). Ad esempio, se hai una pensione netta di €800, la parte impignorabile è circa €754 (assegno sociale 503€ *1.5), resterebbero pignorabili solo circa 46€, e comunque il giudice potrebbe ridurre per garantirti il minimo vitale. Di fatto, pensioni sotto ~€750 non sono toccabili. Pensioni più alte sì, ma sempre un quinto max. Quindi i creditori non possono toglierti la pensione intera e lasciarti senza mezzi. Se la pensione è l’unico reddito e i debiti sono enormi, potrebbe convenire un’esdebitazione incapiente: presenti quella e ti liberi, perché la pensione minima non dà margine per un piano e non conviene liquidarla (non si può “vendere” la pensione). L’INPS come creditore (per contributi) è come AdER: partecipa alle procedure e spesso accetta piani con taglio.

D: E i debiti verso l’Ordine professionale (OPI) o cassa di previdenza privata?
R: Se sei iscritto all’OPI e non paghi le quote, quello è un debito verso un ente pubblico non economico – in genere l’Ordine poi può sospenderti per morosità, quindi è meglio tenerlo a bada. Comunque, tali quote sarebbero debito chirografo (non privilegiato) e quindi inseribile nel piano (ma onestamente le quote ordine sono basse, conviene pagarle per non avere guai con l’abilitazione!). Se invece hai una cassa tipo ENPAPI (Ente previdenza infermieri) con contributi non pagati, funziona come i contributi INPS: loro di solito iscrivono a ruolo all’AdER, diventano cartella esattoriale. Quindi li tratti come debito contributivo fiscale, spesso privilegiato, da affrontare come spiegato. Non c’è nulla di speciale: entrano nel calderone e possono essere falcidiati se occorre.

D: Posso presentare direttamente da solo la domanda di sovraindebitamento al tribunale?
R: La legge richiede la relazione di un OCC o professionista (gestore della crisi) e in pratica è fortemente consigliato avere assistenza tecnica. Dal punto di vista formale, la domanda la deposita l’avvocato con l’OCC; alcuni tribunali ammettono il debitore senza avvocato se c’è l’OCC, ma per sicurezza è bene farsi assistere anche da un legale. Inoltre la materia è complessa, servono documenti, attestazioni, calcoli di convenienza – farlo da soli sarebbe come operarsi da soli: sconsigliato. Quindi, la strada è rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) presente nella tua provincia (di solito istituito presso l’Ordine degli Avvocati, o dei Commercialisti, o presso enti come le Camere di Commercio) oppure a un professionista iscritto come Gestore Crisi. Lì esporrai il tuo caso, valuteranno la fattibilità e ti aiuteranno a predisporre la proposta. I costi dell’OCC sono stabiliti da un DM e variano a seconda del lavoro, ma spesso sono ragionevoli e possono essere dilazionati durante la procedura. Molti OCC sanno che il debitore è in difficoltà, dunque chiedono un acconto simbolico e il resto glielo riconoscono a fine procedura (magari inglobandolo nel piano). Anche l’avvocato può concordare pagamento a fine procedura. Insomma, non farti bloccare dalla paura dei costi: con la giusta assistenza, spesso pagherai questi costi dentro la procedura stessa, come parte del piano.

D: Se ho già subito un pignoramento o una causa, posso ancora accedere alle procedure?
R: Sì, assolutamente. Puoi avviare la procedura di sovraindebitamento anche se i creditori hanno già in corso azioni esecutive contro di te. Una volta depositata la domanda, puoi chiedere al giudice un provvedimento di sospensione delle esecuzioni (art. 54 CCII) e di solito viene concesso: così i pignoramenti vengono congelati, in attesa dell’omologazione. Se la procedura va a buon fine, quei pignoramenti decadono e si procede secondo il piano. Ad esempio, se ti stanno pignorando la casa, presentando un piano del consumatore ben fatto potresti bloccare l’asta (il giudice emette decreto di sospensione) e poi, se il piano prevede che la casa la tieni, quell’esecuzione verrà chiusa all’omologa. Naturalmente bisogna muoversi prima che le vendite siano definitive. In pratica, non è mai troppo tardi fino a che non hai perso definitivamente il bene: anche alla vigilia dell’asta, un deposito procedura può fermarla (se il giudice fa in tempo a emettere l’ordine di stop). Quindi, se hai già decreti o pignoramenti, anzi è segno che devi agire subito per non subire oltre. La procedura concorsuale ricomprenderà anche quei creditori procedenti. Fa eccezione solo se l’esecuzione è già chiusa (es. casa già aggiudicata): in tal caso quel bene ormai è andato, però i debiti residui li puoi comunque mettere dentro e farti esdebitare.

D: Alla fine di tutto, quali debiti non mi verranno comunque cancellati?
R: Lo ribadiamo perché è fondamentale: alimenti e mantenimento familiare arretrati non si cancellano. Obblighi di risarcimento per danni da fatto illecito: la legge dice che nell’esdebitazione fallimentare non si cancellano i debiti per “mala fede o colpa grave del debitore” (art. 278 co.3 CCII), che è interpretato come danni extracontrattuali (es. se sei condannato a risarcire un paziente per un errore dovuto a colpa grave, teoricamente quello resta). Però c’è dibattito e alcuni tribunali li cancellano lo stesso, specie se il danneggiato è stato ammesso al passivo. Le sanzioni penali (multe/ammende) tecnicamente non rientrano perché non sono “debiti” civili, ma obblighi punitivi. Le sanzioni amministrative pecuniarie invece (come multe stradali) nella L.3/2012 erano incluse e nei fatti molti tribunali le stralciano. Quindi direi: resta fuori il mantenimento familiare, forse i debiti da reato doloso (tipo una multa penale). Tutto il resto – finanziamenti, cartelle, fornitori, ecc. – viene esdebitato al 100%. Anche eventuali debiti verso lo Stato per indebito percepimento (es. se l’infermiere avesse preso indebitamente un bonus fiscale e gli fosse richiesto indietro, quello è un credito come altri, salvo fosse sanzione per frode). In caso di dubbio, si può chiedere al giudice di precisare nell’ordine di esdebitazione se un certo debito è escluso o compreso. Ad esempio, la Cassazione ha detto che le sanzioni per violazioni tributarie (more e ammende fiscali) possono essere esdebitate, perché non sono penali ma amministrative afflittive (Cass. 24214/2021). Insomma, l’intento è liberare il debitore dal passato, tenendogli addosso solo gli obblighi morali verso la famiglia e poco altro.

Questo conclude la sezione di domande e risposte. Di seguito presentiamo alcune tabelle riepilogative per fissare i punti chiave sulla difesa del debitore, e infine l’elenco delle fonti normative e giurisprudenziali utilizzate in questa guida, per eventuali approfondimenti tecnici.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Limiti di pignorabilità di redditi e beni (principali):

Bene/RedditoPignorabilitàRiferimento
Stipendio (dipendente privato)Fino a 1/5 del netto mensile per crediti ordinari (banche/finanziarie ecc.). Fino a 1/5 per crediti fiscali se >€5.000; 1/7 se tra €2.500-5.000; 1/10 se <€2.500 (DPR 602/73). Fino a 1/2 per crediti alimentari (mantenimento). Nota: se concorrono più pignoramenti (es. uno bancario e uno fiscale), il totale non può eccedere metà dello stipendio.Art. 545 c.p.c. co.3-6; DPR 602/1973 art. 72-ter (come modif. da L. 160/2019)
PensioneCome lo stipendio (1/5) ma con franchigia impignorabile = 1.5 x assegno sociale (circa €754 nel 2025). Solo l’importo eccedente tale soglia subisce il calcolo del quinto.Art. 545 c.p.c. co.7
TFR (liquidazione)Se già erogato al debitore e depositato su conto, pignorabile nei limiti generali (1/5). Se non ancora erogato dall’azienda: pignorabile presso il datore solo per crediti alimentari (fino 20%) e lavoro (nel limite del dovuto) – non per altri crediti.Art. 545 c.p.c. co.8 e 9
Conto corrente (somme)Prima del pignoramento: impignorabile la parte equivalente a stipendi/pensioni accreditati nei 7 giorni precedenti. All’atto del pignoramento: se sul conto confluiscono stipendi/pensioni, impignorabile l’importo fino a 3 volte l’assegno sociale (~€1.600) e pignorabile l’eccedenza. Dopo il pignoramento: le nuove somme da stipendio/pensione accreditate vengono girate al creditore entro il limite del quinto per ogni accredito.Art. 545 c.p.c. co.7 ultimo periodo (come modif. da DL 83/2015); L. 205/2017 (imp. triplo ass. soc.)
Prima casa (unico immobile di residenza)Espropriabile dai creditori privati senza limiti (se hanno ipoteca o titolo esecutivo). Non espropriabile dall’Agente Riscossione se: unico immobile, residenza anagrafica, non di lusso. Se espropriabile da AER (almeno 2 immobili o debito >€120k): serve ipoteca >6 mesi e valore immobile >€120k.DPR 602/1973 art. 76 (come modif. da DL 69/2013)
Altri immobili (seconde case, terreni)Espropriabili senza soglie da creditori con ipoteca o privilegio. Creditori chirografari possono pignorare qualsiasi immobile (dopo aver iscritto ipoteca giudiziale). Nessuna soglia minima di debito prevista per privati. AER: no soglia numero immobili (basta >€120k debito se non prima casa).– (nessun divieto per privati) ; DPR 602/73 art. 76
Beni mobili essenziali (letti, elettrodomestici di base, abiti, ecc.)Impignorabili. L’ufficiale giudiziario non può toglierli. Anche animali da compagnia e beni di culto impignorabili.Art. 514 c.p.c.
Strumenti di lavoro (attrezzi, PC, auto per lavoro)Impignorabili salvo che il pignoramento sia per credito acquisto degli stessi. Se l’infermiere usa l’auto per lavoro ma l’ha acquistata con un prestito auto, quel creditore potrebbe pignorarla. Altri creditori no se dimostrabile che serve all’attività professionale (interpretazione restrittiva in concreto).Art. 515 c.p.c. (beni indispensabili alla professione impignorabili)
Veicoli (auto, moto)Pignorabili tramite iscrizione di fermo amministrativo (AER) o pignoramento mobiliare al PRA (privati). No tutela particolare a meno sia strumento indispensabile lavoro (vedi sopra). Fermo ammin. non realizza vendita ma blocca utilizzo finché non paghi o subentri procedura concorsuale.– (generale art. 2912 c.c. e seg.) ; DPR 602/73 art. 86 (fermo)

Tabella 2 – Procedure di difesa dal sovraindebitamento a confronto:

AspettoPiano del consumatoreConcordato minoreLiquidazione controllataEsdebitazione incapiente
Soggetti ammessiSolo consumatore puro (debiti per esigenze personali).Debitori non fallibili non consumatori (professionisti, imprese minori, casi di debiti misti).Qualunque debitore non fallibile insolvente (anche creditori possono chiederla).Persona fisica nullatenente e senza capacità di rimborso (incapiente), meritevole.
Chi decide/approvaGiudice omologa se requisiti ok, creditori non votano.Creditori votano (60% crediti); giudice omologa se maggioranza o anche in mancanza se proposta conveniente.Giudice apre procedura su ricorso; gestione affidata a liquidatore; creditori non votano nulla (possono insinuarsi per riparto).Giudice decide esdebitazione senza pagamenti. Creditori possono essere sentiti per opposizione.
Pagamenti ai creditoriSecondo il piano: possono essere parziali e diversificati (anche zero ad alcuni se motivato). Privilegiati di regola integrali salvo eccezioni con controllo convenienza.Secondo accordo: in linea di massima parziali/dilazionati. Richiede che ogni creditore riceva ≥ quanto avrebbe in liquidazione (valutato dal giudice).I creditori ricevono quello che il liquidatore ricava vendendo i beni, in ordine di prelazione (privilegiati/ipotecari prima, poi chirografari pro-quota). Spesso prendono poco.Nessun pagamento iniziale. Se nei 4 anni post-decreto il debitore ottiene risorse ≥10% totale debiti, deve versarle (altrimenti nulla).
Durata impegno debitoreVariabile (tipicamente 3-5 anni di esecuzione del piano).Variabile (in media 3-5 anni anche qui, a seconda dell’accordo).Fino a 3 anni dall’apertura per includere attivi futuri, ma la procedura di liquidazione in sé può durare qualche anno in più per finalizzare vendite. L’esdebitazione scatta trascorsi 3 anni.Procedura in sé rapida (pochi mesi per il decreto). Poi periodo di osservazione 4 anni in cui monitorare miglioramenti economici.
Effetti su azioni esecutiveSospese dal momento in cui il giudice emette decreto di ammissione/sospensione (possibile già all’atto di deposito). Niente nuovi pignoramenti durante il piano.Sospese come sopra (richiesta misure protettive). Se concordato omologato, creditori vincolati dall’accordo e non possono agire.Blocco immediato di tutte le azioni esecutive: i creditori devono insinuarsi nella liquidazione. Pignoramenti in corso convergono nella procedura o decadono.Se richiesto, il giudice può sospendere eventuali esecuzioni in corso. Una volta concesso il beneficio, i creditori non possono più agire per quei debiti (diventano inesigibili).
Meritevolezza richiestaSì, valutazione rigorosa: niente frodi o colpa grave del consumatore. (Criterio nuovo semplificato: assenza mala fede/frode).Non richiesta formalmente, ma comportamenti scorretti possono portare a mancata omologa (p.es. uso strumentale). Meritevolezza implicita: serve buona fede per avere fiducia creditori/giudice.Non richiesta per ammissione, ma per l’esdebitazione finale : se emerse frodi o atti in malafede il giudice può negare l’esdebitazione (es. occultamento attivo).Sì, molto rigorosa: solo chi è incolpevole e completamente impossibilitato. Qualunque scorrettezza (es. atti in frode) porta a rigetto.
Vantaggi per il debitoreMantiene controllo sul piano; possibilità di cram-down sui creditori (omologa giudice anche senza consenso creditori). Tiene i beni essenziali. Esdebitazione al termine con automatismo.Se creditori collaborativi, può ottenere tagli significativi con il loro consenso. Può ristrutturare l’impresa (continuità) se vuole proseguire attività. Dopo omologa, protetto da azioni. Esdebitazione a fine accordo.Procedura chiara e trasparente; debitore collabora ma non paga direttamente nulla di suo oltre i beni. Dopo 3 anni, esdebitazione anche se pagato pochissimo. Ideale se non può sostenere rate ma ha beni liquidabili o vuole chiudere vicenda in 3 anni.Il debitore si libera subito dei debiti e può ripartire senza oneri (salvo futura compartecipazione se migliora situazione). È letteralmente un “colpo di spugna” legale per casi disperati. Niente costi di procedura se non minimi.
Svantaggi / RischiSe il giudice nega la meritevolezza, salta. Necessità di reddito sufficiente per sostenere il piano. I creditori privilegiati vanno comunque soddisfatti adeguatamente (non si possono ignorare ipoteche etc.).Bisogna convincere la maggioranza dei creditori – a volte arduo. Tempi di votazione possono allungare la procedura. Richiede spesso negoziazioni informali prima del deposito. Se l’accordo salta (inadempimento), si rischia la liquidazione poi.Il debitore perde il patrimonio (salvo impignorabili). Eventuali nuovi redditi fino a chiusura vengono presi in parte. È un “fallimento” personale in termini pratici (stigma minore però). Ma è l’unica via se non può offrire niente ai creditori su base volontaria.Accesso strettissimo: basta un piccolo cespite o margine perché non venga ammesso. Periodo di 4 anni di “spada di Damocle”: se vince alla lotteria o ha migliorìe, deve dare ai creditori fino al 10%. Inoltre, questa procedura è utilizzabile una sola volta nella vita.

Tabella 3 – Prescrizioni ordinarie di alcuni debiti comuni: (dal momento in cui il creditore potrebbe agire, salvo interruzioni)

Tipo di debitoTermine prescrizioneNote
Assegni di mantenimento (arretrati)5 anni (ratei periodici non pagati)Non estingue l’obbligo per il futuro (che non prescrive finché maturano rate).
Bollette utenze domestiche (dal 2018)2 anni (luce, gas, acqua, telefono)Introdotto da L. 205/2017. Prima era 5 anni.
Carte di credito revolving10 anni (da revoca o richiesta saldo)Spesso interrotta da comunicazioni periodiche o riconoscimenti.
Contributi previdenziali INPS5 anni (dal mancato pagamento)L. 335/1995. Cartelle INPS 5 anni salvo atti.
Finanziamenti, prestiti personali10 anni (in genere dal momento risoluzione contratto)Se rate, ogni rata 6 mesi? Di solito si attende decadenza beneficio termine e parte unico termine decennale.
Fisco – imposte erariali (accertamento)5 anni (dichiarato) / 7 anni (omesso) per notifica accertamentoDecorrenza 1/1 anno successivo dichiarazione. (Es. IRPEF 2020 -> accertabile fino 31/12/2025).
Fisco – cartella esattoriale5 anni (prescrizione dei tributi a seguito ruolo)Cass. SS.UU. 23397/2016: in assenza di termine ad hoc, i tributi seguiti da cartella prescrivono in 5 anni, anche se accertamento passato in giudicato. (IVA controverso: tesi decennale, ma giurisprudenza propende per 5).
Mutuo bancario10 anni (rate scadute dopo risoluzione anticipata)Ogni rata sarebbe 5 anni interessi + 10 capitale, ma banca alla decadenza dal termine chiede tutto: titolo unico 10 anni da scadenza mutuo o risoluzione.
Redditi da lavoro (stipendi arretrati)5 anniSalvo riconoscimento datore (interruzione).
Rata affitto, canone locazione5 anniRiconosciuto come prestazione periodica annuale.
Risarcimento danni da fatto illecito (senza titolo)5 anni (diritti aquiliani) / 2 anni (RC auto)Decorrenza dal fatto o dalla conoscenza del danno. Se c’è reato, segue prescrizione penale se più lunga.
Risarcimento danni (da sentenza)10 anni (da passaggio in giudicato)Art. 2953 c.c. converte in prescrizione lunga la sentenza.
Spese condominiali5 anni (per le quote periodiche)Dal giorno in cui il condominio può pretendere (di solito approvazione bilancio).
Tasse locali (IMU-TARI) – cartella5 anni (termine di decadenza/prescrizione analogo)IMU: accertamento 5 anni, prescrizione 5. Multe stradali: 5 anni.
Cambiale – titolo di credito3 anni (azione diretta cambiaria)Dal termine pagamento. Se ottieni decreto ingiuntivo, 10 anni da quello.

Nota: Interruzione della prescrizione: qualsiasi atto scritto del creditore inviato al debitore (richiesta pagamento, messa in mora) o un atto giudiziale (ingiunzione, citazione) fa ripartire da capo il termine (art. 2945 c.c.). Il silenzio del debitore può essere d’oro: non ammettere mai un debito prescritto (anche un pagamento parziale vale come riconoscimento, art. 2944 c.c., e riattiva la prescrizione) se vuoi eccepirla.

Fonti normative e giurisprudenziali

Di seguito elenchiamo le principali fonti (leggi e sentenze) citate o richiamate in questa guida, per approfondimento:

Normativa italiana:

  • Codice Civile: Artt. 167-171 (fondo patrimoniale); Artt. 2740-2744 c.c. (responsabilità patrimoniale e cause di prelazione); Artt. 2910-2929 c.c. (esecuzione forzata sui beni del debitore); Artt. 2934-2948 c.c. (prescrizione estintiva).
  • Codice Proc. Civile: Artt. 514-515 c.p.c. (beni mobili impignorabili); Art. 543 e segg. (pignoramento presso terzi, es. stipendi e conti); Art. 545 c.p.c. (limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni); Art. 546 c.p.c. (pignoramento crediti periodici); Art. 567 ss. c.p.c. (espropriazione immobiliare; Riforma 2021 – vendita diretta del debitore, artt. 538-bis e 569-bis c.p.c. introdotti).
  • D.P.R. 29/09/1973 n. 602: Artt. 72-ter (pignoramento stipendi by AER, limiti); Art. 76 (divieto espropriazione prima casa da AER e condizioni per derogare); Art. 86 (fermo amministrativo veicoli).
  • Legge 27/01/2012 n. 3: “Disposizioni in materia di usura e sovraindebitamento” – prima normativa sul sovraindebitamento, ora abrogata e sostituita dal CCII dal 15/7/2022. (Concetti base rimasti analoghi).
  • D.Lgs. 12/01/2019 n. 14: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – articoli rilevanti:
    • art. 2 c.1 lett. c) definizione di “debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale” (ambito sovraindebitati);
    • art. 65-83 (Procedimenti di composizione negoziata sovraindebitamento: Ristrutturazione debiti consumatore art.67, Concordato minore art.74, Omologazione accordi art. 78-81);
    • art. 268-277 (Liquidazione controllata); art. 282-283 (Esdebitazione persona fisica in liquidazione controllata ed Esdebitazione del debitore incapiente);
    • art. 54 (Misure protettive – sospensione azioni esecutive su istanza debitore);
    • art. 33 (Condizioni accesso – definizione consumatore modificata dal D.Lgs. 136/2024);
    • art. 69 CCII (Criterio meritevolezza consumatore: assenza colpa grave, malafede o frode);
    • art. 142 L.Fall. (analogo previgente sull’esdebitazione, per giurisprudenza).
  • Decreto Legislativo 13/09/2024 n. 136: “Correttivo Ter” al CCII – ha modificato tra l’altro la definizione di consumatore (ora solo per debiti contratti come tale) e apportato migliorie: procedure familiari, riduzione termini liquidazione a 3 anni, ecc. (Riferimenti nelle note: lexia.it; diritto.it).
  • Legge 108/1996 antiusura & Legge 3/2012 “anti-suicidi”: contesto normativo di tutela debitori (Fondo di prevenzione usura, ecc.), non dettagliati sopra.
  • Legge 176/2020 (conversione DL 137/2020): Introdotto art. 14-quaterdecies L.3/2012 = esdebitazione incapiente, poi trasfuso in art. 283 CCII.
  • Direttiva UE 2019/1023: Insolvency – richiesta max 3 anni per discharge imprenditori onesti; Italia si è allineata (3 anni in liquidazione dal 2024).
  • DM 202/2014 Min. Giustizia: Istituzione OCC, requisiti gestori (per sapere a chi rivolgersi).
  • D.L. 69/2013 “Del fare”: art. 52, ha introdotto impignorabilità prima casa per AER.
  • Leggi di Bilancio recenti: es. L. 197/2022 (Rottamazione-quater 2023, stralcio mini-cartelle) – contesto su definizioni agevolate.

Giurisprudenza (sentenze e ordinanze):

  • Cass., Sez. I, 27/07/2023 n. 22890: ha affermato che nella valutazione di meritevolezza del consumatore occorre applicare il nuovo art. 69 CCII (assenza colpa grave, malafede, frode) e considerare abrogati i vecchi criteri di sproporzione e uso imprudente del credito.
  • Cass., Sez. I, 06/11/2024 n. 28505: ha chiarito (in ambito fallimentare, ma principio vale nel CCII) che la mancata soddisfazione parziale dei creditori non impedisce l’esdebitazione se il debitore è stato corretto – l’unico requisito essenziale è la buona fede soggettiva; il CCII ha infatti eliminato il requisito oggettivo di pagamento minimo.
  • Cass., Sez. I, 24/10/2024 n. 27562: ribadisce che la meritevolezza è decisiva per l’esdebitazione e non si può negare il beneficio solo perché i creditori hanno avuto poco (no ragioni “meramente quantitative” di diniego).
  • Cass., Sez. I, 03/10/2024 n. 25946: ha fornito criteri su come valutare se la soddisfazione dei creditori è “non irrisoria” (vecchio requisito oggettivo), sottolineando che conta anche qui se la scarsa soddisfazione dipende da condotte ostruzionistiche del debitore o no.
  • Cass., Sez. Un. civ., 08/02/2021 n. 2904: (citata in note [28]) – importante sull’interpretazione di “bisogni familiari” nel fondo patrimoniale: non ogni debito d’impresa è automaticamente per bisogni familiari, serve valutazione caso per caso, segnando svolta favorevole ai debitori con fondo.
  • Cass., Sez. III, 28/05/2020 n. 10166: sul fondo patrimoniale – illegittima ipoteca su beni in fondo per debiti estranei ai bisogni famiglia.
  • Cass., Sez. I, 27/04/2020 n. 8201: orientamento restrittivo precedente su fondo (ogni debito impresa era familiare) – superato poi da Cass. 2904/2021.
  • Cass., Sez. I, 18/05/2021 n. 12491: ha statuito che la verifica di meritevolezza nel piano va fatta con la legge vigente al momento della decisione (quindi applicando i criteri più favorevoli introdotti nel 2020 anche a casi antecedenti) – e che non c’è automatismo di esclusione se il debito è frutto di eccesso di credito, va valutata la condotta concreta (citata per analogia).
  • Cass., Sez. I, 23/12/2024 n. 34150: (menzionata in note [28]) – ha affermato che è ammissibile nei piani/accordi di sovraindebitamento la falcidia dell’IVA e delle ritenute, superando vecchie resistenze, purché il fisco sia messo in condizione di esprimersi (silenzio-assenso) e la proposta sia conveniente per l’erario. Riconosce anche l’applicabilità retroattiva del criterio di meritevolezza favorevole (richiama Cass. 22890/2023).
  • Cass., Sez. Un., 13/10/2022 n. 32159: (non citata sopra) – sul coordinamento tra procedura sovraindebitamento e pignoramenti: ha stabilito che il giudice dell’esecuzione deve dichiarare improcedibile l’esecuzione individuale se il debitore ottiene omologazione di un piano/accordo o apertura liquidazione; le somme eventualmente già pignorate vanno versate nella procedura concorsuale.
  • Cass., Sez. Un., 15/11/2016 n. 23285: (Legge 3/2012) – ha delineato i presupposti dell’esdebitazione nella liquidazione L.3: meritevolezza, collaborazione, nessun vantaggio preferenziale a alcuni creditori, etc., anticipando principi poi codificati.
  • Corte Costituzionale 19/01/2024 n. 6: ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità dell’art. 142 c.2 CCII (eredità delle norme su durata liquidazione): interpretata nel senso che gli eventuali beni sopravvenuti nei 4 anni successivi all’apertura della liquidazione sono inclusi, ma ciò è bilanciato dalla previsione dell’esdebitazione automatica dopo tale periodo. La Consulta ha quindi confermato che la norma contempera interessi di creditori e debitore in modo costituzionalmente corretto. (In pratica, ha fugato il dubbio che la liquidazione potesse durare sine die senza acquisire nuovi beni).
  • Tribunale di Bergamo 09/04/2025: (citato in [17]) – ordinanza su esdebitazione incapiente: offre considerazioni su meritevolezza e che l’esdebitazione del debitore non libera coobbligati (utile conferma pratica).
  • Tribunale di Torino 11/03/2025: (cit. in [17]) – decreto su esdebitazione: chiarisce che il beneficio non si estende a fideiussori (riporta anche Cass. 22890/2023 su meritevolezza).
  • Tribunale di Verona 12/03/2025: (cit. in [17]) – ha indicato le disposizioni per chiudere la procedura a esecuzione del piano (questioni tecniche di completamento).
  • Tribunale di Catanzaro 14/03/2025: (cit. in [15]) – su soggetto in liquidazione L.3/2012 chiedente esdebitazione dopo 15/7/2022: ha chiarito che si applica la normativa nuova (CCII) più favorevole.
  • Cass., Sez. Un., 13/11/2018 n. 29972: – in tema di prescrizione cartelle, ha stabilito che il termine di prescrizione rimane quello proprio dei tributi sottostanti, non si “allunga” a 10 anni neppure se c’è giudicato di mezzo, confermando SS.UU. 23397/2016.
  • Cass., Sez. VI, 18/03/2025 n. 8097 (ordinanza): – notizia (Facebook Paola Mauro [26]) – “Debiti imprenditore, a rischio il fondo patrimoniale” – presumibilmente ribadisce revocabilità fondo costituito a ridosso insolvenza (dolo generico sufficiente).
  • Cass., Sez. III, 08/04/2021 n. 9479: – su impignorabilità presso terzi: ha interpretato favorevolmente per i debitori i limiti su conto corrente (3x assegno sociale).
  • Cass., Sez. I, 05/07/2017 n. 16617: – affermò che nel piano del consumatore si possono includere debiti IVA con falcidia se lo Stato non contesta (visione evolutiva poi consolidata).
  • Cass., Sez. I, 31/05/2023 n. 15359: (citata in [17] riferimenti) – probabilmente su esdebitazione falliti con condanne penali (rileva solo riabilitazione formale).
  • Cass., Sez. I, 02/02/2025 n. 2461: (cit. in [15]) – ha stabilito in ambito fallimentare che un imprenditore condannato per reati d’impresa può accedere all’esdebitazione solo se è intervenuta la riabilitazione penale (questione particolare).

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