Debiti Studio Medico: Cosa Fare Per Difendersi

Sei titolare o ex titolare di uno studio medico con debiti e temi azioni di recupero da parte di banche, fornitori, Agenzia delle Entrate o INPS?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di accertamento, pignoramenti o intimazioni di pagamento e non sai come reagire? In questi casi è fondamentale capire quali sono i tuoi diritti, come difenderti e quali soluzioni adottare per salvaguardare l’attività e il tuo patrimonio personale.

Quando uno studio medico può accumulare debiti
– Mutui, leasing o prestiti per l’acquisto o l’ammodernamento delle attrezzature
– Mancati pagamenti a fornitori di dispositivi medici o servizi di laboratorio
– Cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, IRAP o contributi previdenziali non versati
– Accertamenti fiscali su redditi dichiarati, compensi o deduzioni contestate
– Fideiussioni personali prestate per finanziamenti o forniture

Cosa può succedere a uno studio medico con debiti
– Pignoramenti su conti correnti aziendali o personali
– Blocco delle forniture di materiali e dispositivi sanitari
– Iscrizioni ipotecarie su immobili professionali o personali
– Segnalazioni nelle banche dati come cattivo pagatore, con difficoltà ad accedere a nuovi finanziamenti
– Nei casi più gravi, rischio di interruzione dell’attività e perdita di pazienti

Come difendersi e agire per tempo
– Verifica la legittimità degli atti ricevuti e la correttezza delle somme richieste: molti debiti possono essere contestati o ridotti
– Se hai cartelle esattoriali, valuta la possibilità di rateizzazione, rottamazione o saldo e stralcio, se ne hai i requisiti
– Se l’indebitamento è elevato, considera la procedura di composizione negoziata della crisi o il sovraindebitamento per ristrutturare il debito
– Se hai prestato garanzie personali, verifica se sono ancora valide o impugnabili
– In caso di minaccia di pignoramento, puoi chiedere la sospensione o presentare opposizione se ci sono vizi di forma o di sostanza
– Negozia piani di rientro che permettano di preservare la continuità dello studio e di mantenere la fiducia dei pazienti

Cosa puoi ottenere con una strategia legale mirata
– La sospensione immediata delle azioni esecutive
– La riduzione del debito complessivo attraverso accordi o procedure giudiziali
– La tutela della sede, delle attrezzature e dell’avviamento professionale
– La protezione del patrimonio personale, se distinto correttamente da quello dello studio
– La possibilità di continuare a esercitare la professione senza interruzioni

Attenzione: i debiti di uno studio medico possono mettere a rischio non solo l’attività, ma anche la reputazione e la continuità del servizio ai pazienti. Intervenire tempestivamente con l’assistenza di un avvocato esperto in crisi d’impresa e contenzioso tributario è fondamentale per salvare la struttura e proteggere il patrimonio.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti professionali, difesa patrimoniale e gestione delle crisi ti spiega cosa fare se il tuo studio medico è in difficoltà, come difenderti dalle pretese dei creditori e come ristrutturare la posizione debitoria.

Hai ricevuto atti di riscossione o minacce di azioni esecutive contro il tuo studio medico?
Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Ti aiuteremo a bloccare le procedure, negoziare con i creditori e garantire la continuità della tua attività professionale.

Introduzione

Quali debiti gravano maggiormente su uno studio medico?
– Rate di mutui o finanziamenti per l’avvio dello studio (acquisto di apparecchiature diagnostiche, ristrutturazione locali, ecc.)
– Fatture di fornitori non pagate (prodotti sanitari, dispositivi medici, farmaci, utenze e affitto dei locali)
– Debiti fiscali e contributivi (IVA, IRAP, imposte sul reddito, contributi previdenziali ENPAM o INPS)
– Debiti bancari (scoperti di conto, prestiti aziendali garantiti, leasing per macchinari)
– Risarcimenti danni o contenziosi legali (es. cause di malasanità con condanna al risarcimento, cause di lavoro da dipendenti)

Cosa rischi se non reagisci in tempo?
– Pignoramento di strumenti e arredi dello studio (ecografi, computer, mobili), con potenziale blocco dell’attività professionale
– Blocco dei conti correnti (professionali e personali), impedendo la gestione finanziaria quotidiana e il pagamento di collaboratori e fornitori
– Ipoteca giudiziale o esattoriale su immobili di proprietà (studio, abitazione) e possibile esecuzione forzata sugli stessi (nei limiti di legge)
– Fermo amministrativo dei veicoli (anche l’auto necessaria per visite a domicilio può essere bloccata)
Perdita di requisiti professionali o convenzioni: ad esempio, l’irregolarità contributiva (DURC non regolare) può sospendere convenzioni con il SSN o accreditamenti
– Istanza di fallimento o liquidazione coatta, se lo studio è organizzato in forma societaria (SRL, società tra professionisti) e l’insolvenza diventa conclamata
– Stress professionale e danno reputazionale: l’assedio dei creditori può minare la serenità nell’esercizio della professione e allarmare i pazienti

Cosa puoi fare per difenderti legalmente?
La legge italiana offre vari strumenti per tutelare il medico debitore e ristrutturare i debiti in modo sostenibile:
– Attivare una procedura di sovraindebitamento (concordato minore o liquidazione controllata): blocca subito pignoramenti ed esecuzioni, permette di proporre un piano di rientro e ottenere la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione) a fine procedura.
Rinegoziare i debiti in via stragiudiziale: trattative private con banche e fornitori per dilazionare, ridurre (“saldo e stralcio”) o ristrutturare le esposizioni, magari con l’ausilio di un consulente finanziario o legale esperto.
– Richiedere rateizzazioni e definizioni agevolate per i debiti fiscali: l’Agenzia Entrate-Riscossione consente piani di rateazione fino a 6 anni (o 10 anni in casi particolari) e periodicamente lo Stato emana condoni o “rottamazioni” che cancellano sanzioni e interessi. Sfruttare tempestivamente queste opportunità può alleggerire il carico tributario evitando azioni esecutive.
Opporsi legalmente agli abusi o agli atti illegittimi dei creditori: ad esempio, presentare opposizione a decreti ingiuntivi infondati, fare ricorso contro cartelle esattoriali prescritte o importi non dovuti, denunciare eventuali condotte persecutorie (molestie telefoniche, visite sul lavoro) da parte di società di recupero crediti.
Tutela del patrimonio personale: valutare strumenti come il fondo patrimoniale (per proteggere la casa e i beni familiari dai creditori professionali, nei limiti previsti), o trust e polizze, fermo restando che tali atti devono essere posti in essere prima dello stato di insolvenza e in buona fede, altrimenti possono essere dichiarati inefficaci (revocati).

Quali soluzioni legali specifiche esistono per uscire dai debiti?
Concordato minore (procedura di ristrutturazione debiti per professionisti): consente di presentare in Tribunale un piano sostenibile di pagamento parziale dei debiti, bloccando i creditori e continuando l’attività. È pensato per il libero professionista sovraindebitato che non è un “consumatore”. Richiede il voto favorevole di una maggioranza di crediti, ma può portare a stralciare anche oltre il 50-60% dei debiti.
Accordo di ristrutturazione dei debiti: è un’alternativa al concordato minore, di natura anch’essa negoziata con i creditori, che richiede l’adesione di almeno il 60% dei crediti. Permette di includere anche debiti garantiti (es. mutui ipotecari, finanziamenti MCC garantiti dallo Stato) e di mantenere in vita lo studio evitando l’interruzione dei rapporti con pazienti e fornitori. Va omologato dal Tribunale e, se ben congegnato, vincola anche i creditori dissenzienti.
Liquidazione controllata del sovraindebitato: è la procedura “liquidatoria” rivolta ai debitori non fallibili (come i professionisti) che non riescono a sostenere un piano di rientro. Un liquidatore nominato vende i beni disponibili e distribuisce il ricavato ai creditori; dopo massimo 3 anni, il medico persona fisica ottiene l’esdebitazione automatica dei debiti residui. È una soluzione drastica ma offre un “fresh start” al professionista onesto che non può pagare nulla o quasi.
Esdebitazione dell’incapiente: novità introdotta dal Codice della Crisi (art. 283 CCII), consente al debitore persona fisica totalmente privo di beni e redditi di ottenere la cancellazione dei debiti senza alcun pagamento, a condizione di essere meritevole e di mettere a disposizione, nei 4 anni successivi, parte di eventuali sopravvenienze (ad es. eredità o vincite future). È uno strumento eccezionale per chi ha zero risorse, applicabile una sola volta.
Composizione negoziata della crisi: è un percorso di soluzione stragiudiziale assistita, introdotto nel 2021 e ora disciplinato dal Codice della Crisi. Il medico imprenditore o professionista in difficoltà può richiedere la nomina di un esperto indipendente che lo aiuti a negoziare con tutti i creditori un accordo di risanamento. Durante la composizione negoziata si possono ottenere misure protettive temporanee (sospensione di azioni esecutive), senza dover aprire subito una procedura concorsuale formale. Se la negoziazione riesce, si conclude con un accordo stragiudiziale attestato o una convenzione di moratoria; se non riesce, il debitore può accedere in modo agevolato a un concordato preventivo semplificato. È uno strumento di allerta precoce e negoziazione volontaria, adatto soprattutto se lo studio medico è in crisi ma ancora economicamente recuperabile.

Cosa non devi assolutamente fare se sei un medico indebitato?
Non accendere nuovi debiti per pagare i vecchi: evitare di stipulare ulteriori prestiti o – peggio – di utilizzare linee di credito personali (come cessioni del quinto, anticipi onerosi su fatture, finanziarie ad alto tasso) solo per tamponare le falle. Si rischia di entrare in un circolo vizioso di indebitamento crescente.
Non ignorare i segnali di insolvenza: far finta di nulla sperando che “passi da sé” è pericoloso. Interessarsi tardi delle cartelle esattoriali, delle diffide dei fornitori o degli scoperti di conto porta a decreti ingiuntivi non opposti e pignoramenti ormai avviati. Agire per tempo è fondamentale per evitare il degenerare della crisi.
Non sottrarre o occultare beni ai creditori: svendere l’immobile di famiglia al parente o prelevare ingenti somme dai conti per nasconderle all’estero sono mosse illecite che possono integrare reati (es. sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) e portare a revocatoria. Anche costituire un fondo patrimoniale all’ultimo minuto, quando i debiti sono già noti, non proteggerà i beni ed espone ad azioni revocatorie (oltre a possibili censure penali).
Non continuare l’attività aggravando il dissesto senza consulenza: persistere a operare come nulla fosse, accumulando nuovi debiti (magari non pagando dipendenti o fornitori correnti per pagare i debiti passati), può peggiorare la posizione. È doveroso, sia deontologicamente che legalmente, affrontare la crisi con piani concreti; in caso di società, proseguire l’attività in stato d’insolvenza può comportare responsabilità personali degli amministratori.
Non isolarti e non improvvisare soluzioni “fai da te”: la gestione di una crisi debitoria richiede competenze legali e finanziarie. Evita di firmare accordi o rinunce senza il parere di un esperto (ad es. non cedere crediti futuri delle ASL a società di factoring senza valutarne l’impatto). Allo stesso tempo, non esitare a chiedere aiuto professionale: esistono avvocati e consulenti esperti in crisi d’impresa e sovraindebitamento pronti ad assisterti, anche tramite gli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) presenti presso gli Ordini professionali e le Camere di Commercio.


Introduzione

Essere un medico con lo studio in difficoltà economica è una situazione complessa, che combina le sfide di un’attività professionale altamente qualificata con le problematiche tipiche dell’impresa. Avere debiti non significa perdere i propri diritti – anche il medico debitore conserva tutele importanti e può reagire legalmente alle pressioni dei creditori. Questa guida avanzata (aggiornata a luglio 2025) offre un’analisi approfondita di cosa fare per difendersi dai debiti di uno studio medico, adottando un linguaggio giuridico ma divulgativo. L’ottica è quella del debitore (il medico titolare dello studio o la società medica indebitata) e l’obiettivo è fornire soluzioni pratiche e aggiornate, con riferimenti normativi italiani e alle più recenti pronunce giurisprudenziali.

Vedremo in dettaglio:

  • Le varie tipologie di debito che possono gravare su un’attività medica (debiti professionali verso fornitori, banche, fisco, personale dipendente, nonché obblighi risarcitori in caso di contenziosi), evidenziando per ciascuna categoria le peculiarità e le possibili azioni dei creditori.
  • Le forme giuridiche in cui può essere organizzato uno studio medico – dal libero professionista in proprio, allo studio associato, fino alla società tra professionisti (STP) o alla SRL medica – e come la forma incide sulla responsabilità patrimoniale del medico e sulla possibilità di azioni concorsuali (fallimento, concordati, etc.). Approfondiremo in particolare la distinzione tra debiti personali e debiti societari, e quando il patrimonio personale del medico rimane esposto anche in presenza di una struttura societaria.
  • Le norme rilevanti dell’ordinamento italiano: dal Codice Civile (obbligazioni, garanzie, norme sulla comunione legale dei beni tra coniugi) al Codice di Procedura Civile (pignoramenti, opposizioni, limiti di impignorabilità), fino alla legislazione speciale in materia tributaria (es. D.P.R. 602/1973 per la riscossione) e soprattutto al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) che disciplina le procedure di sovraindebitamento e concorsuali applicabili ai professionisti. Non mancheranno richiami alla Legge 3/2012 (la “legge salva-suicidi”) per comprendere l’evoluzione storica e ai più recenti interventi normativi fino al 2024 (D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024 correttivi del Codice della Crisi).
  • La giurisprudenza più recente (Corte di Cassazione e Corti di merito fino al 2024-2025) rilevante in questo contesto: ad esempio, le pronunce sulla non fallibilità delle società tra professionisti (Trib. Forlì 2017), sui limiti di pignorabilità della prima casa del professionista (Cass. 32759/2024), sull’efficacia del fondo patrimoniale rispetto a debiti dell’attività professionale (Cass. 27562/2023), nonché le decisioni in tema di sovraindebitamento (meritevolezza del debitore, cram-down sui crediti fiscali, ecc.). Tali riferimenti serviranno a confermare i principi di legge con esempi concreti.
  • Strategie di difesa e soluzioni pratiche dal punto di vista del debitore: dall’autosospensione cautelativa di alcuni pagamenti (valutando quali debiti hanno priorità) alle trattative stragiudiziali (come ottenere transazioni a saldo e stralcio, o dilazioni extra-giudiziali), fino alle procedure concorsuali utilizzabili da un medico (concordato preventivo o minore, accordi di ristrutturazione, liquidazione giudiziale o controllata). Verranno indicati requisiti, tempi e effetti di ciascuna procedura – ad esempio, come funziona il concordato minore per un libero professionista o quando conviene la liquidazione controllata. Dedicheremo attenzione anche agli strumenti alternativi introdotti di recente, come la composizione negoziata della crisi d’impresa.
  • Le procedure esecutive e i mezzi di tutela del patrimonio del medico debitore: analizzeremo cosa i creditori possono (e cosa non possono) pignorare – dagli strumenti professionali indispensabili, al conto in banca, alla casa di abitazione – evidenziando i limiti di legge (ad esempio, la regola generale del quinto sullo stipendio, le soglie di impignorabilità per l’abitazione principale, il parziale divieto di pignorare gli strumenti di lavoro ex art. 515 c.p.c., etc.) e i rimedi processuali disponibili (opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi, istanze di conversione del pignoramento, sospensione). L’obiettivo è assicurare che il medico, pur onorando le proprie obbligazioni per quanto possibile, conservi un minimo vitale e gli strumenti necessari a continuare la sua professione.
  • Tabelle riepilogative, casi pratici simulati e una sezione Domande & Risposte, per chiarire i concetti chiave con esempi concreti. Ad esempio, vedremo come cambia la situazione se lo studio medico è di proprietà individuale o di una società, oppure cosa succede se un medico garantisce con patrimonio personale i debiti dello studio. Le simulazioni riguarderanno scenari tipici (come un medico di base con debiti fiscali ingenti che riesce a salvarsi con un concordato minore, oppure un ambulatorio associato in cui un socio si trova a pagare debiti lasciati da un altro). La sezione Domande & Risposte frequenti (FAQ) affronterà i dubbi più comuni: “La mia società medica può fallire o no?”, “Possono pignorarmi il lettino e l’ecografo?”, “Cosa succede se non pago l’IVA?”, “Posso tenere la casa e continuare a lavorare dopo la procedura?”, fornendo risposte basate su norme e sentenze.

In definitiva, questa guida mira a fornire al medico indebitato gli strumenti conoscitivi per difendersi efficacemente e, ove possibile, ripartire da zero con la propria attività. Le fonti normative e i precedenti giurisprudenziali più autorevoli confermano che, pur essendo severo con chi abusa della legge, l’ordinamento offre al debitore onesto la chance di ristrutturare i debiti e salvaguardare la propria professionalità. Con questa consapevolezza, un medico oppresso dai debiti potrà valutare le opzioni migliori, proteggere ciò che conta (la propria famiglia, i propri strumenti di lavoro, la dignità professionale) e avviarsi verso la soluzione più adatta – che sia un accordo con i creditori o l’esdebitazione totale – per voltare pagina.


1. Tipologie di debiti in ambito medico e caratteristiche delle pretese dei creditori

Un studio medico può accumulare diverse tipologie di debiti, legate sia alla gestione dell’attività professionale sia alla sfera personale del medico titolare. È fondamentale distinguere la natura dei debiti, perché da essa dipendono le strategie difensive e le procedure attivabili. Inoltre, i diversi creditori (privati, banche, Fisco, enti previdenziali) hanno strumenti di recupero differenti e poteri variabili. Di seguito esaminiamo i principali tipi di debito che possono riguardare un medico e come si comportano i relativi creditori.

1.1 Debiti finanziari e verso fornitori dello studio

Debiti bancari e finanziari: Molti medici accendono mutui o finanziamenti per avviare o ampliare lo studio (ad es. un mutuo fondiario per acquistare i locali, un leasing per macchinari diagnostici, o un finanziamento chirografario per liquidità). Tali contratti spesso prevedono garanzie – ipoteca sull’immobile dello studio, pegno su attrezzature, o fideiussioni personali del medico. Le banche rientrano nei creditori privati, ma godono di qualche vantaggio procedurale: spesso dispongono già di titoli esecutivi (es. contratti di mutuo bancario resi esecutivi da atto notarile), per cui possono agire senza dover prima ottenere un decreto ingiuntivo. Se il medico è in ritardo nei pagamenti, la banca può iscrivere ipoteca (se non ancora iscritta) o attivare un pignoramento immobiliare sull’immobile ipotecato. Nel caso di leasing, può riprendere possesso del bene in leasing e richiedere le rate scadute. È importante notare che la banca, se ha un’ipoteca o pegno, è un creditore privilegiato: nei pignoramenti o nelle procedure concorsuali verrà soddisfatta con prelazione sul ricavato dei beni dati in garanzia. Inoltre, se il medico ha rilasciato una fideiussione personale per debiti della sua società (es. SRL dello studio), la banca potrà escutere direttamente il patrimonio personale del garante, indipendentemente dalla forma societaria (vedremo oltre le implicazioni delle garanzie personali). In sintesi: i debiti bancari richiedono un approccio tempestivo (rinegoziazione o tutela giudiziaria) perché possono condurre rapidamente ad azioni esecutive forti come pignoramenti di beni di alto valore.

Debiti verso fornitori e altri privati: Rientrano qui le fatture impagate per forniture mediche (materiale sanitario, farmaci, dispositivi), le parcelle di consulenti o collaboratori esterni (es. laboratorio analisi, servizi informatici), le bollette commerciali (utenze luce, gas, telefono dello studio) e il canone di affitto dei locali se lo studio è in locazione. Questi creditori, in quanto privati non finanziari, in genere non hanno titoli esecutivi immediati e devono agire giudizialmente per il recupero: tipicamente ottengono un decreto ingiuntivo dal Tribunale, da notificare al debitore, e solo dopo 40 giorni (se non opposto) possono procedere con atto di precetto e pignoramento. I tempi quindi sono più dilatati rispetto al Fisco; ciò offre al medico debitore la possibilità di cercare un accordo prima che il procedimento esecutivo inizi. Molti fornitori preferiscono una soluzione negoziale (ad esempio, accettano un piano di rientro a rate o uno sconto a saldo e stralcio) piuttosto che affrontare cause lunghe e incerte. Tuttavia, se il debito è importante e il medico non dà risposte, il fornitore può procedere: ottenuto il titolo esecutivo (ingiunzione o sentenza), farà notificare un atto di precetto e poi potrà pignorare conti correnti, beni mobili (attrezzature nello studio, automezzi intestati al medico o alla società) o crediti verso terzi (ad es. i crediti che il medico vanta verso ASL o assicurazioni). I limiti legali a tutela del debitore in questi casi riguardano principalmente l’impignorabilità di alcuni beni essenziali (di cui diremo in dettaglio più avanti): ad esempio, strumenti indispensabili per la professione medica non possono essere pignorati oltre un certo limite (al più, nei limiti di 1/5 del loro valore complessivo); inoltre, se il lettino, i macchinari o il materiale sanitario sono in leasing o di proprietà altrui, il creditore non può toccarli. Anche per i creditori privati vige l’obbligo di rispettare la dignità del debitore: qualunque condotta molesta o minacciosa (telefonate assillanti, visite non autorizzate in studio, diffamazione presso i pazienti) è illegittima e può essere denunciata come stalking o molestia. In caso di approccio aggressivo dei recuperatori, il medico può reagire documentando gli abusi e diffidando formalmente dal proseguirli.

Debiti da forniture finanziate o operazioni di credito speciale: Un caso particolare è quando lo studio ha acquistato apparecchiature tramite finanziarie specializzate o con prestiti d’onore (ad esempio, strumenti pagati a rate tramite società di credito al consumo convenzionate con l’ordine professionale). In tali situazioni, la finanziaria può avere riservato la proprietà del macchinario fino al saldo (vendita con riserva di proprietà) o aver iscritto un privilegio speciale sul bene. Se il medico non paga le rate, la società può agire per riprendersi il bene (es. rivendicazione) oltre a chiedere il pagamento delle rate scadute. Anche qui, tuttavia, prima di attivare una causa spesso si tenta di rinegoziare il piano di ammortamento – ad esempio allungando la durata o posticipando qualche rata. È importante non nascondere i beni oggetto di finanziamento: se un apparecchio su cui grava riserva di proprietà viene sottratto o venduto senza consenso, si rischiano conseguenze penali (appropriazione indebita). La trasparenza e un approccio proattivo con i finanziatori possono evitare l’escalation.

Debiti con dipendenti o collaboratori: Se lo studio medico ha personale dipendente (segretarie, infermieri, assistenti) o collaboratori continuativi (medici specializzandi, tecnici di laboratorio), possono sorgere debiti per retribuzioni non pagate, TFR, contributi non versati. I dipendenti hanno una forte tutela: i loro crediti salariali godono di privilegio generale mobiliare ex art. 2751-bis c.c. e possono insinuarsi con priorità in eventuali procedure concorsuali. Inoltre, per stipendi non pagati è possibile il deposito di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Se lo studio è organizzato in forma societaria, gli amministratori rischiano, in caso di insolvenza, azioni per responsabilità qualora abbiano aggravato il dissesto non pagando stipendi e contributi (sottraendo risorse preferenzialmente per altri scopi). In fase di composizione della crisi, i debiti verso dipendenti sono trattati con precedenza: in un concordato, ad esempio, i crediti di lavoro degli ultimi sei mesi vanno pagati integralmente e subito (cd. superprivilegio ex art. 99 CCII). Pertanto, il medico deve considerare questi debiti come prioritari anche nella propria strategia di risanamento, sia per ragioni legali sia etiche.

1.2 Debiti fiscali e contributivi

Debiti verso l’Erario (Agenzia Entrate) e l’Agenzia Riscossione: Molti studi medici accumulano debiti fiscali, specie se il professionista opera come ditta individuale (partita IVA). I tributi tipici sono l’IVA sulle fatture emesse (spesso problematica se incassata e poi usata per spese correnti invece di accantonarla per il versamento), l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive, dovuta anche dai professionisti con autonoma organizzazione), l’IRPEF sulle somme percepite, e varie ritenute su compensi ad eventuali collaboratori. Inoltre, se il medico ha dipendenti, deve versare le ritenute fiscali sui loro stipendi. A questi si aggiungono tributi locali (TARI, IMU se applicabile all’immobile dello studio, ecc.). Il regime di riscossione pubblica prevede meccanismi più spediti rispetto ai creditori privati: gli avvisi di accertamento fiscale e le cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) costituiscono già titoli esecutivi, senza bisogno di decreto ingiuntivo. Dalla notifica della cartella, se il contribuente non paga né fa ricorso entro 60 giorni, il concessionario può emettere un atto di pignoramento. Tuttavia, la legge impone varie cautele a tutela del debitore: ad esempio, deve essere inviata una comunicazione preventiva (intimazione) almeno 30 giorni prima di procedere al pignoramento esattoriale; inoltre, per importi sotto certe soglie l’Agenzia non procede immediatamente all’esecuzione immobiliare. Una protezione cruciale introdotta nel 2013 è il divieto di pignoramento della prima casa da parte di Agenzia Riscossione se l’immobile è l’unico di proprietà del debitore, adibito ad abitazione principale e non di lusso. Questo significa che, se il medico possiede solo la propria casa (dove risiede) e magari lo studio è in affitto, il Fisco non può espropriarla per i tributi non pagati. La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 32759/2024 ha ribadito che, in tali condizioni, l’esecuzione forzata diviene improcedibile. Attenzione: ciò non significa che il debito sparisce – rimane iscritto a ruolo e l’ipoteca può comunque essere iscritta (anche se la casa non verrà poi venduta all’asta, l’ipoteca resta un vincolo). Inoltre, la protezione vale solo finché l’immobile è unico e abitazione principale: se il medico possiede altri immobili, l’AER può pignorare anche la casa di residenza; se la casa non è “prima casa” (es. è uno studio o un immobile affittato), può essere pignorata. Altri limiti per la riscossione coattiva: l’espropriazione immobiliare è vietata per debiti fiscali sotto 120.000 € e, in ogni caso, non si può procedere se il debito complessivo è inferiore a 20.000 €. Per i pignoramenti di stipendio o pensione, l’Agenzia segue regole leggermente diverse dal privato: può pignorare presso terzi (ad esempio presso l’ASL se il medico convenzionato percepisce compensi) con aliquote dal 10% al 20% a seconda dell’importo mensile (tutela maggiore per redditi bassi). Il conto corrente può essere bloccato con ordine di pagamento diretto (istituto del pignoramento esattoriale ex art. 72-bis DPR 602/1973), ma anche qui non oltre certi limiti se le somme sono da stipendio già accreditato (il minimo vitale deve restare).

Per i debiti tributari, esistono strumenti specifici di componimento: ad esempio, la “rottamazione” delle cartelle, prevista a più riprese (l’ultima, la “rottamazione-quater” per carichi fino al 2017, ha permesso di pagare il dovuto senza sanzioni né interessi di mora). Inoltre, è possibile chiedere direttamente all’AER un piano di rateazione ordinario (fino a 72 rate mensili, quindi 6 anni) per importi fino a €120.000 per singola istanza, semplicemente presentando domanda e senza necessità di garanzie; per importi maggiori o rate straordinarie (120 rate in 10 anni) servono requisiti e autorizzazioni ulteriori. Durante la rateazione attiva, l’Agente della riscossione sospende le azioni esecutive, a patto che il debitore sia regolare col pagamento delle rate. Se tuttavia la posizione debitoria è tale da rendere impossibile il pagamento integrale (ad esempio, un medico con €300.000 di cartelle esattoriali accumulate, ben oltre la sua capacità di rimborso), allora occorre valutare le procedure di sovraindebitamento: il Codice della Crisi prevede la possibilità di includere i debiti fiscali in un concordato minore o in un accordo con i creditori. In tali procedure, si può proporre una transazione fiscale, cioè il pagamento parziale delle imposte dovute, che l’Erario può accettare. La legge oggi consente anche un cram-down fiscale: se il Fisco rifiuta ingiustificatamente un’offerta vantaggiosa mentre gli altri creditori l’approvano, il Tribunale può omologare comunque l’accordo o il concordato e vincolare l’Erario alla falcidia proposta (ciò richiede che al Fisco sia offerto almeno quanto otterrebbe liquidando i beni). Questa evoluzione normativa tutela il medico debitore da eventuali rigidità dell’Agenzia Entrate, purché la proposta sia equa e conveniente in confronto all’alternativa liquidatoria.

Debiti previdenziali (INPS, casse professionali): Il medico libero professionista non iscritto al SSN è tipicamente iscritto a una cassa professionale autonoma (ad es. ENPAM per i medici chirurghi e odontoiatri). Se invece ha anche una posizione da dipendente pubblico o convenzionato, può avere contributi presso INPS o altre gestioni. I debiti contributivi (omessi versamenti di contributi obbligatori) seguono spesso le stesse regole della riscossione esattoriale: l’ENPAM, ad esempio, può iscrivere a ruolo i contributi non pagati e affidarli all’Agenzia Riscossione per la cartella esattoriale. Gli enti previdenziali hanno però strumenti specifici: l’INPS, per i dipendenti, può emettere avvisi di addebito immediatamente esecutivi; le Casse professionali a volte sospendono dal diritto agli interventi assistenziali o previdenziali chi risulta moroso (ad esempio, se un medico non versa il contributo minimo annuo all’ENPAM, potrebbe avere problemi poi a vedersi riconosciuta la pensione finché non regolarizza). Tuttavia, anche questi debiti possono essere trattati nelle procedure di composizione della crisi: il Codice della Crisi include tra i crediti concorsuali anche quelli previdenziali. Nelle transazioni dei piani di rientro si dovrà in genere pagare integralmente i contributi dovuti ai dipendenti (perché equiparati a crediti di lavoro), mentre sui contributi personali del professionista si può tentare una falcidia in accordo con l’ente. Va ricordato che l’omesso versamento di ritenute previdenziali (es. contributi INPS trattenuti ai dipendenti) oltre una certa soglia è reato penale, quindi accumulare questi debiti espone anche a profili penali: un ulteriore motivo per affrontarli con priorità, magari includendoli in una procedura che ne sospenda gli effetti esecutivi.

Tasse locali e altre pendenze con enti pubblici: Anche i Comuni o altri enti possono essere creditori (pensiamo alla TARI per i rifiuti dello studio, o a sanzioni amministrative non pagate). Il recupero avviene anch’esso tramite iscrizione a ruolo e cartelle esattoriali. Le stesse considerazioni fatte per Agenzia Entrate valgono qui: possibilità di rateazioni, rottamazioni se previste, e trattamento nell’ambito di procedure concorsuali.

In sintesi, i debiti fiscali e contributivi sono spesso quelli più gravosi per uno studio medico (anche perché maturano interessi e sanzioni rilevanti). Tuttavia, il quadro normativo offre oggi diverse opportunità per gestirli: dalle dilazioni automatiche, alle definizioni agevolate, fino alla inclusione in un piano di sovraindebitamento. Importante: intraprendere una procedura come il concordato minore permette di ottenere il DURC regolare (Documento Unico di Regolarità Contributiva) già in pendenza della procedura, grazie alle misure protettive concesse. Ciò significa che il medico potrà continuare a lavorare, partecipare a convenzioni o appalti, senza essere estromesso per irregolarità contributiva, mentre il piano di ristrutturazione fa il suo corso. Questo vantaggio pratico può salvare la continuità operativa dello studio.

1.3 Debiti da responsabilità professionale e altri contenziosi

Un’altra categoria di potenziali debiti per un medico deriva da sentenze di risarcimento in casi di responsabilità medica (malpractice) o altri contenziosi legali. Ad esempio, se un paziente ottiene una condanna del medico per errore professionale, si genera un debito da risarcimento danni (spesso coperto da assicurazione R.C. professionale, ma non sempre integralmente). Oppure, un medico potrebbe essere condannato al pagamento di penali contrattuali (es. recesso anticipato da un contratto di locazione dello studio) o a risarcire un ex socio per inadempienze. Questi debiti nascono da provvedimenti giudiziari e acquisiscono forza di titolo esecutivo con la sentenza passata in giudicato. Qualora non vi sia copertura assicurativa sufficiente, il patrimonio personale del medico viene esposto. Da notare: i debiti per danni da fatto illecito (come la colpa medica) hanno una caratteristica particolare nelle procedure concorsuali – in linea di principio, non sono esdebitabili. Il Codice della Crisi esclude dalla liberazione residua i debiti derivanti da obbligazioni risarcitorie per fatti illeciti extracontrattuali (art. 282, co.1, lett. e CCII). Ciò significa che, ad esempio, un debito per risarcimento da malpractice non viene cancellato dalla procedura di sovraindebitamento: il creditore (paziente danneggiato) potrebbe comunque pretenderlo anche dopo la chiusura se non soddisfatto integralmente. Questo è comprensibile: il legislatore tutela le vittime di illeciti evitando che i responsabili si liberino facilmente dell’obbligo risarcitorio. In un concordato minore o piano del consumatore, comunque, si può includere anche quel debito, ma prevedendo di soddisfarlo in misura adeguata (spesso integralmente o molto più della percentuale offerta agli altri creditori). Se invece il medico ricorre alla liquidazione controllata, al termine resterà ancora debitore verso il danneggiato per l’eventuale parte non pagata (anche se, in pratica, se il medico non ha più beni, la vittima potrà rivalersi solo sull’eventuale assicurazione o sui futuri redditi del medico). Analogo discorso vale per le multe penali o le sanzioni amministrative di natura punitiva: anch’esse non sono cancellate dall’esdebitazione (art. 282 CCII).

In generale, quindi, i debiti da contenzioso giudiziario richiedono un approccio mirato: se c’è un’assicurazione che copre, bisogna attivarla prontamente; se il debito è definitivo e scoperto, può essere rinegoziato come qualsiasi altro (talvolta i danneggiati accettano un pagamento immediato parziale pur di evitare lungaggini), oppure affrontato in una procedura collettiva sapendo però che non si otterrà la totale “pace” legale su di esso (salvo transazione col creditore stesso). Da segnalare che, nel caso di studio associato o società: se la condanna riguarda la società (es. una clinica privata SRL condannata per danno a paziente), e questa non paga, la vittima potrebbe cercare di aggredire anche i medici personalmente coinvolti se sussistono profili di responsabilità personale (ad esempio colpa del singolo professionista): in tal modo il debito “risarcitorio” ricade sul patrimonio personale del professionista oltre che su quello societario, con tutte le conseguenze del caso.

1.4 Riepilogo dei creditori e delle loro azioni

Per chiarezza, riassumiamo in forma tabellare le principali categorie di creditori di un medico e le relative modalità di azione, insieme alle tutele per il debitore:

Tabella 1 – Creditori di uno studio medico: poteri e limiti

Tipo di creditoreEsempi di debitoStrumenti di recuperoTutele e limiti per il debitore
Banche e finanziarieMutui per studio, leasing macchinari, fidi di c/c– Decreto ingiuntivo o titolo esecutivo già in contratto– Pignoramento immobiliare (se ipoteca)– Pignoramento beni mobili (se pegno/leasing)– Escussione di fideiussioni personali– Bene ipotecato: venderlo solo tramite procedure esecutive (no espropriazione “privata”)– Strumenti di lavoro: difficilmente pignorati se essenziali– Fideiussione: può essere ristrutturata se garante incluso in procedura
Fornitori e privatiFatture forniture, affitto locali, bollette, consulenze– Decreto ingiuntivo (40 gg per opposizione)– Precetto e pignoramento di beni, conti, crediti verso terzi– Notifica atti a pena di nullità (es. precetto da rinnovare dopo 90gg se non eseguito)– Beni impignorabili ex art. 514 c.p.c. (es. lettino medico, se unico e indispensabile)– Opposizione all’esecuzione se il titolo è stato soddisfatto/inesistente
Erario (Fisco)IVA, IRAP, IRPEF, ritenute non versate– Cartella esattoriale esecutiva– Preavviso e pignoramento (mobiliari, immobiliari, presso terzi)– Ipoteca esattoriale (oltre €20k di debito)– Fermo amministrativo su autoveicoli– Impignorabilità prima casa (unico immobile non di lusso)– Soglie minime per pignorare immobili (€120k)– Limiti a pignoramento stipendi: 1/10–1/5 a seconda importo– Rateizzazioni fino a 72/120 rate concesse di diritto se requisiti
Enti previdenzialiContributi ENPAM, INPS dipendenti– Avviso di addebito (INPS) o cartella (ENPAM tramite AER)– Azioni esecutive analoghe al Fisco (pignoramenti, fermi)– Stesse tutele del Fisco (prima casa non espropriabile da AER, ecc.)– In procedure concorsuali, contributi dipendenti privilegiati assoluti; contributi professionista chirografari (riducibili)
Dipendenti e collaboratoriStipendi, TFR, indennità, note spese– Decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo per retribuzioni– Insinuazione nel passivo con privilegio– Impignorabilità di indennità particolari (es. indennità di malattia, art. 545 c.p.c.)– In concorsuale: crediti ultimi 6 mesi superprivilegiati (pagamento integrale obbligato)
Persone danneggiate (risarcimenti)Danni da responsabilità medica, vertenze legali– Sentenza esecutiva (titolo dopo appello o provvisoria esec. in primo grado)– Pignoramento beni come per i privati– Non esdebitabilità in caso di procedure (debito per fatto illecito resta dovuto)– Possibile accordo transattivo post-sentenza per ridurre importo (se accettano)

(Legenda: AER = Agenzia Entrate-Riscossione; impignorabilità prima casa = divieto esecuzione su unico immobile ex art. 76 DPR 602/1973; privilegio = diritto di priorità nel pagamento)

Questa tabella evidenzia che i creditori pubblici (Erario, enti previdenziali) hanno vie più rapide ma anche vincoli di legge stringenti a favore del debitore, mentre i privati devono passare dal giudice ma poi possono aggredire molti beni, salvo quelli vitali. Il medico indebitato deve conoscere chi ha di fronte per calibrare le contromosse: ad esempio, con il Fisco potrà sfruttare la rateazione, mentre con una banca sarà forse necessario rinegoziare il mutuo o ricorrere a una procedura concorsuale per congelare l’ipoteca.

2. Forme giuridiche dello studio medico e responsabilità patrimoniale

Uno snodo cruciale per capire come difendersi dai debiti è stabilire in quale forma giuridica opera lo studio medico e come ciò incide sulla responsabilità per le obbligazioni. In Italia, l’attività medica privata può essere esercitata in diverse forme: dal professionista individuale con partita IVA, allo studio associato tra più professionisti, fino alla società tra professionisti (STP) o ad altre forme societarie (es. SRL, SAS) se consentite. Ciascuna configurazione comporta regimi giuridici diversi quanto a: autonomia patrimoniale, assoggettabilità a procedure concorsuali (fallimento, ecc.), e responsabilità personale del medico per i debiti contratti. Analizziamo le principali casistiche.

2.1 Medico libero professionista (ditta individuale)

Il caso più semplice è quello del medico che esercita come persona fisica (libero professionista con partita IVA, magari in regime di studio monoprofessionale). In questa situazione non c’è separazione tra patrimonio personale e professionale: il medico risponde di tutti i debiti con tutti i suoi beni presenti e futuri (salvo quelli eventualmente protetti da un fondo patrimoniale o altro, di cui diremo). Dal punto di vista civilistico, il medico non è un imprenditore commerciale (la professione intellettuale è attività di lavoro autonomo, non impresa commerciale ex art. 2238 c.c.), quindi non è soggetto a fallimento secondo la disciplina tradizionale. Di conseguenza, se diventa insolvente non potrà mai essere dichiarato “fallito” come accade ad un’azienda; potrà tuttavia accedere alle procedure di sovraindebitamento (oggi concordato minore, piano del consumatore se applicabile, o liquidazione controllata). Fino al 2022 per i debiti del professionista c’era la Legge 3/2012; ora valgono le norme del Codice della Crisi.

Implicazioni pratiche: i creditori del medico individuale possono aggredire direttamente i suoi beni personali: casa, conto bancario personale, auto, stipendio (se ha anche un lavoro dipendente), ecc. Non c’è scudo di responsabilità limitata. Pertanto, un medico in proprio che accumula debiti mette a rischio il patrimonio familiare, salvo le eccezioni legali (ad es. prima casa non pignorabile dal Fisco, beni in fondo patrimoniale se il debito è estraneo ai bisogni familiari, strumenti di lavoro parzialmente impignorabili, ecc.).

Un aspetto interessante riguarda i debiti coniugali: se il medico è sposato in regime di comunione legale dei beni, i debiti contratti per esigenze dell’attività professionale non ricadono sulla comunione e sono considerati personali. L’art. 177 c.c. include in comunione gli acquisti compiuti dai coniugi durante il matrimonio, ma l’art. 179 c.c. esclude espressamente “i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge” dalla comunione (salvo diversa volontà). Ciò significa che, ad esempio, le attrezzature mediche acquistate dal medico sposato restano beni personali (anche se pagate con denaro guadagnato in costanza di matrimonio). Allo stesso modo, i redditi professionali, una volta percepiti, cadono in comunione solo se non consumati e non reinvestiti in beni professionali (interpretazioni giurisprudenziali vedono i redditi come cadenti in comunione se non destinati all’attività). In ogni caso, i debiti professionali del medico non possono essere considerati automaticamente “debiti per i bisogni della famiglia”: la Cassazione ha escluso che i debiti assunti nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale abbiano come scopo immediato il soddisfacimento dei bisogni familiari. Questo è rilevante soprattutto riguardo al fondo patrimoniale: se il medico ha vincolato ad esso la casa coniugale, i creditori professionali potranno attaccarla solo provando che quel debito fu contratto per scopi familiari (cosa di regola esclusa per i debiti dell’attività). In sintesi, il coniuge non debitore, pur in comunione, non risponde dei debiti professionali del medico (a meno che abbia co-firmato obbligazioni, ad esempio come coobbligato o garante).

In termini di procedure concorsuali, il medico individuo se in gravissima crisi può accedere a: concordato minore (se ha debiti professionali preponderanti) oppure, se avesse solo debiti personali non professionali, al piano di ristrutturazione del consumatore. Attenzione: la scelta dipende dalla natura del debito prevalente. Il Codice della Crisi prevede che il professionista con partita IVA non è un consumatore ai fini delle procedure. Quindi, un medico con debiti fiscali, fornitori, ecc., dovrà usare il concordato minore; non può chiedere il “piano del consumatore” riservato ai debiti di carattere familiare. Ciò non toglie che, se ha anche debiti privati (es. mutuo casa, spese familiari), questi possano essere inclusi nel concordato minore come parte dell’accordo complessivo.

Riassumendo: il medico in proprio risponde illimitatamente, non fallisce ma utilizza le procedure da sovraindebitamento. La sua strategia di difesa dovrà considerare la protezione del minimo vitale (casa, redditi essenziali) e l’uso degli strumenti normativi ad hoc (sospensione delle esecuzioni presentando ricorso al piano, ecc.). I rischi maggiori sono sul patrimonio personale, ma d’altro canto egli ha accesso al beneficio dell’esdebitazione finale come persona fisica (cosa che per una società non persona fisica non esiste, la società finisce e basta, mentre l’individuo può ripartire liberato dai debiti).

2.2 Studio associato o società semplice tra professionisti

Spesso i medici si uniscono in forme di associazione professionale senza creare una società di capitali. Lo studio medico associato è un’entità di fatto assimilabile a una società semplice tra professionisti: più medici mettono in comune i mezzi e dividono le spese, ma ciascuno mantiene la titolarità dei propri pazienti e della propria attività intellettuale. Dal punto di vista giuridico, uno studio associato può stipulare contratti (affitto, utenze, acquisto attrezzature) e possedere un fondo comune. Tuttavia, la società semplice (non esercitando attività commerciale, ma solo professionale) non è soggetta a fallimento e i suoi soci rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali (artt. 2267, 2291 c.c.). Ciò significa che se lo studio associato non paga un fornitore, quest’ultimo può pretendere l’intero importo da uno qualsiasi dei medici associati, che poi eventualmente chiederà agli altri di contribuire pro quota. È la regola della responsabilità solidale e sussidiaria: prima si escutono i beni sociali, ma dato che uno studio associato spesso non ha personalità giuridica distinta, il confine tra beni sociali e personali è labile. Di fatto, i creditori dello studio associato possono aggredire i beni personali dei medici associati. Anche i debiti fiscali dello studio (p.es. IVA sulle fatture intestate allo studio associato, ritenute d’acconto operate dallo studio come sostituto d’imposta) sono obbligazioni di cui rispondono tutti i professionisti con il proprio patrimonio.

Esempio: Tre medici in associazione professionale contraggono un debito di €30.000 con un fornitore di dispositivi medici per l’ambulatorio comune. Se non pagano, il fornitore può agire contro l’associazione (società semplice) e ottenere un decreto ingiuntivo. Ma non esistendo un capitale sociale separato (oltre magari al conto intestato all’associazione), egli potrà notificare precetto a ciascun medico. Magari uno solo dei tre ha beni immobili: il creditore potrebbe pignorare direttamente quell’immobile per l’intero debito, costringendo poi i medici a rivalersi internamente. Questa dinamica evidenzia il rischio per ciascun associato di rispondere anche per le “colpe” altrui. Un medico prudente potrebbe chiedere ai colleghi di sottoscrivere un patto interno di ripartizione dei debiti, ma verso i creditori esterni quel patto non è oponibile.

Dal punto di vista delle procedure concorsuali, lo studio associato in quanto società semplice può accedere alle procedure di sovraindebitamento (era ammesso alla legge 3/2012 come “soggetto non fallibile”). Nel Codice della Crisi, l’equivalente è il concordato minore o la liquidazione controllata applicata all’associazione (equiparabile a un “debitore non fallibile diverso dalla persona fisica”). In pratica, se l’associazione professionale volesse fare un accordo di ristrutturazione, dovrebbe coinvolgere tutti i soci e agire unitariamente. Più frequentemente, però, in caso di dissesto, l’associazione si scioglie e i medici affrontano individualmente i debiti residui (magari ricorrendo ciascuno alla propria procedura di sovraindebitamento per i debiti personali derivanti dalla precedente attività comune).

Un caso peculiare è quello delle società di persone commerciali tra medici: ad esempio una SAS (società in accomandita semplice) o SNC che gestisca una clinica privata dove alcuni medici sono soci accomandatari o solidali. Se la società svolge attività commerciale (es. una polispecialistica con servizi diagnostici venduti al pubblico, vendita di prodotti, ecc., superando i confini della prestazione intellettuale personale), allora potrebbe essere considerata imprenditore commerciale soggetto a fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”). Però, tipicamente, le attività sanitarie pure non vengono qualificate come commerciali. La distinzione è sottile: prestazioni mediche anche se organizzate non perdono la natura di attività professionale intellettuale; diversamente, una società che gestisce un laboratorio di analisi con fini di lucro potrebbe essere considerata impresa (ma spesso la legge richiede comunque direttori sanitari e la presenza di professionisti; in ogni caso, bisogna guardare caso per caso).

Conclusione per le associazioni semplici: non offrono protezione patrimoniale ai medici soci, che restano esposti illimitatamente. Non essendo entità fallibili, i medici associati, se insolventi, troveranno tutela attraverso le procedure da sovraindebitamento, in forma congiunta o individuale. Un aspetto da tenere presente è che i soci illimitatamente responsabili possono accedere a procedure personali anche parallelamente alla liquidazione dell’associazione: la legge (art. 66 CCII, già legge 3/2012 modificata dal DL 137/2020) lo consente, prevedendo anzi che il socio possa regolare i propri debiti personali con un piano del consumatore o concordato minore separato. Ad esempio, se un’associazione professionale va in liquidazione con €100.000 di debiti, ogni medico potrebbe attivare la propria procedura per gestire la quota di debito che gli rimane carico, combinandola magari con eventuali debiti privati.

2.3 Società tra professionisti (STP)

Dal 2011 l’ordinamento ha introdotto la figura della società tra professionisti (STP), che consente di esercitare professioni regolamentate (come quella medica) in forma societaria, anche di capitali, pur mantenendo l’iscrizione agli Albi professionali. Una STP può assumere le forme delle società previste dal Codice Civile (SRL, SPA, SNC, ecc.), con alcune peculiarità: deve avere per oggetto esclusivo l’attività professionale, la maggioranza delle quote e dei voti dev’essere in mano a professionisti abilitati, e la denominazione sociale deve contenere “STP”. Molti studi medici, soprattutto polispecialistici o cliniche, hanno adottato la forma di SRL STP per beneficiare della personalità giuridica e della responsabilità limitata. Ma qui occorre fare attenzione: se da un lato la SRL in generale risponde solo col proprio patrimonio e i soci non rischiano beni personali, dall’altro ci sono dubbi interpretativi se ciò valga in pieno per le STP, dato che non sono considerate imprese commerciali.

In base alla normativa attuale e agli orientamenti giurisprudenziali: le STP non sono soggette a fallimento in quanto l’attività svolta non è commerciale ma professionale. Un caso emblematico è il decreto del Tribunale di Forlì del 25 maggio 2017, in cui si è stabilito che una S.r.l. Stp (nella specie di dottori commercialisti) non poteva essere dichiarata fallita malgrado avesse superato i limiti dimensionali, poiché mancava il requisito soggettivo dell’imprenditore commerciale. Il Tribunale ha richiamato anche la legge forense (L. 247/2012) che esclude espressamente il fallimento per le società tra avvocati, estendendo il principio analogicamente alle STP di altre professioni. Dunque, una STP in forma di SRL gode de facto di un regime di autonomia patrimoniale perfetta: i creditori sociali possono rifarsi solo sul patrimonio della società, e non su quello personale dei soci (salvo abbiano prestato garanzie). Inoltre, non potendo aprirsi una liquidazione giudiziale (ex fallimento) nei suoi confronti, i creditori dovranno accontentarsi delle procedure esecutive individuali o, al più, sollecitare una procedura di sovraindebitamento della STP se questa è insolvente.

Va chiarito infatti che, pur non fallendo, la STP può accedere alle procedure di composizione negoziata o sovraindebitamento come “debitore non fallibile”. In astratto una SRL STP potrebbe proporre un concordato minore analogamente a un imprenditore sotto soglia. Tuttavia, nella prassi non è comune, anche perché la normativa delle STP non ha previsto meccanismi specifici di concordato per esse. Resta possibile invece la liquidazione controllata: se una STP è insolvente, potrebbe chiedere al tribunale di nominare un liquidatore per liquidare i beni sociali sotto il controllo giudiziario, distribuendo ai creditori, similmente a una liquidazione volontaria ma con il beneficio per la STP (se fosse persona fisica sarebbe l’esdebitazione, ma essendo persona giuridica la società una volta liquidata si estingue e i debiti insoddisfatti si estinguono con essa, senza però liberare eventuali coobbligati). Va detto però che la legge non dettaglia bene come comportarsi con la STP insolvente: alcuni ritengono che l’unica via sia la liquidazione ordinaria e poi eventualmente i creditori inseguono i soci illimitatamente responsabili (se fosse SNC STP) o eventuali garanti.

Responsabilità personali del medico nella STP: se la STP è, poniamo, una SRL, il medico socio non risponde dei debiti sociali con i suoi beni (principio della responsabilità limitata). Ciò offre un ovvio vantaggio: se lo studio accumula debiti, i creditori potranno pignorare i conti e beni intestati alla società, ma non la casa o i conti personali del medico, a meno che – situazione frequente – il medico stesso abbia garantito quel debito. In pratica, le banche e i fornitori importanti, consapevoli che la STP spesso è sottocapitalizzata, chiedono quasi sempre ai soci professionisti di firmare garanzie personali. Ad esempio, se una STP SRL prende un mutuo di €200.000, la banca farà firmare ai medici soci una fideiussione solidale: ciò significa che, in caso di insolvenza, la banca ignorerà la “barriera” societaria e potrà aggredire i beni personali dei medici, come se fossero debitori in solido. Anche un contratto di affitto dei locali dello studio potrebbe vedere i soci medici garanti per le obbligazioni della società conduttrice. Allora la responsabilità limitata di fatto viene meno in questi casi volontariamente. D’altro canto, ci sono obblighi la cui violazione espone direttamente i professionisti: ad esempio, se la STP omette di versare l’IVA, formalmente è la società che lo deve; ma i soci/amministratori che hanno deciso l’omissione potrebbero rispondere di sanzioni personali o, in caso di frode, penalmente. Un caso tipico: l’omesso versamento IVA oltre soglia è reato a carico degli amministratori della società (che nel caso di STP coincidono spesso con i medici stessi). Pur non potendo la società fallire, i soci amministratori negligenti possono vedersi imputare reati tributari o subire misure cautelari patrimoniali.

Va poi considerato il tema della responsabilità professionale personale: la STP risponde contrattualmente verso i clienti (pazienti) per inadempimenti, ma ciò non esclude la responsabilità diretta del medico che ha eseguito la prestazione. Ad esempio, un paziente danneggiato può citare sia la società medica sia il singolo dottore. Avrà dunque due debitori in solido: la società (col suo patrimonio) e il medico con i suoi beni. Un’assicurazione professionale ben congegnata coprirà entrambi, ma se manca o non copre, il paziente potrà colpire i beni personali del sanitario. Questo per dire che, anche con la STP, un medico non è completamente al riparo: i crediti di natura personale (risarcimenti, sanzioni deontologiche con rifusione spese, ecc.) lo inseguono comunque.

Un aspetto peculiare delle STP è che se viene meno la maggioranza di professionisti soci, la società deve sciogliersi (es. muore un socio e restano due non medici su tre soci totali): è un meccanismo per garantire il carattere professionale. In tali frangenti, o si ricostituisce la compagine con altro professionista entro 6 mesi, oppure si scioglie la società. Lo scenario di scioglimento/liquidazione della STP porta alla liquidazione dei beni sociali e al pagamento dei creditori col patrimonio sociale. Se questo non basta, i creditori restano insoddisfatti per la parte eccedente e non possono avanzare pretese personali verso i soci (se era SRL). In questo senso la STP di capitali può “far fallire” (non formalmente, ma economicamente) lasciando i debiti non pagati all’esterno, senza travolgere i soci. Attenzione però: se i soci hanno nel frattempo distratto beni o operato in modo da favorire qualcuno a scapito di altri, potrebbero essere chiamati a rispondere verso i creditori per atti di mala gestio (es. azione di responsabilità per aver aggravato il dissesto). Queste azioni tuttavia richiedono un giudizio civile complesso e non sono scontate.

Sintesi sulla STP: offre protezione dal fallimento e una limitazione di responsabilità simile alle società classiche di capitali. Il medico socio, se non presta garanzie personali, rischia molto meno del collega in proprio. È un modo legittimo per compartimentare il rischio d’impresa. D’altro canto, per i creditori è più complicato recuperare: non potendo far fallire la società (con nomina curatore che indaga su atti e patrimonio), e non potendo toccare i soci, possono ritrovarsi con un pugno di mosche se la STP si svuota. Per questo, come detto, i creditori qualificati spesso pretendono garanzie. Dal punto di vista concorsuale, la STP può entrare in una procedura minore (concordato minore) se vuole provare a ristrutturare il debito evitando la chiusura dell’attività. Un concordato minore di una STP funzionerebbe in modo simile a quello di una ditta individuale, con la differenza che a proporlo è la società stessa (rappresentata dall’organo amministrativo) e che, non essendo persona fisica, al termine non si parla di esdebitazione ma di integrale soddisfacimento dell’accordo come condizione per la chiusura.

Vale la pena menzionare che nel 2024 il legislatore ha aggiornato il Codice della Crisi anche per meglio regolare questi aspetti: il D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo) ha confermato che soggetti come le STP rientrano tra i “debitori minori” se non svolgono attività commerciale e quindi seguono il percorso del sovraindebitamento. La Cassazione finora non si è espressa diversamente. Quindi, ad oggi, uno studio medico in forma di STP SRL non può essere portato in liquidazione giudiziale dai creditori, ma può certamente essere destinatario di decreti ingiuntivi, pignoramenti e, se necessario, attivare soluzioni negoziate per sanare la propria esposizione.

2.4 Società di capitali a scopo di lucro (es. SRL ordinaria, SPA)

Infine, consideriamo il caso di strutture sanitarie private organizzate come vere e proprie imprese commerciali (distinte dalla STP). Ad esempio, una clinica privata che opera in regime privato puro o convenzionato, costituita come S.r.l. o S.p.A. “normale” (non STP, quindi non soggetta alle regole degli ordini professionali). Queste realtà spesso hanno oggetto sociale ampio (servizi sanitari, attività poliambulatoriale, magari vendita di prodotti correlati) e sono di fatto imprese. In tali casi, la società è pienamente soggetta alla disciplina concorsuale ordinaria: se insolvente, i creditori possono chiederne il fallimento (liquidazione giudiziale), e i soci godono della responsabilità limitata (non rispondono personalmente dei debiti sociali, salvo sottoscrizioni di garanzie). Questa situazione riguarda soprattutto strutture di dimensioni rilevanti, e i medici in questo contesto spesso sono dipendenti o collaboratori della società, non soci responsabili. Se però i medici stessi sono soci (ad es. un gruppo di medici ha aperto una clinica X Srl), la differenza rispetto alla STP è che qui l’attività è qualificata come d’impresa commerciale. In caso di default, i creditori potranno fare istanza di fallimento al tribunale, con la conseguenza di aprire una procedura concorsuale classica (nomina curatore, blocco azioni individuali, ecc.). Per i medici soci, ciò significa perdere l’investimento (il capitale versato e i finanziamenti soci eventualmente fatti), ma salvare il proprio patrimonio personale (di nuovo, tranne le garanzie o responsabilità extracontrattuali dirette). Uno svantaggio di questa forma è che le società commerciali, finché attive, sono soggette agli obblighi di capitale minimo, di tenuta contabile rigorosa, di cause di scioglimento se perdite oltre un terzo del capitale, ecc., il che comporta costi e formalità. Inoltre, i soci-amministratori possono incorrere in responsabilità per mala gestione (ad esempio se non chiedono il concordato preventivo in tempo utile e aggravano il buco, i creditori fallimentari potrebbero agire contro di loro per responsabilità da gestione non conservativa, artt. 2486 e 2487 c.c.).

Va detto che in sanità la distinzione STP vs società commerciale spesso si fa sottile: alcune strutture miste esistono, ma la tendenza è stata di usare la STP quando l’attività è eminentemente legata alla persona del professionista (es. studio dentistico associato), e la SRL classica quando c’è un’organizzazione più complessa (es. laboratorio analisi con apparecchiature costose e tecnici, dove il ruolo del singolo medico è meno centrale). Nel dubbio, è opportuno verificare l’oggetto sociale e l’iscrizione: una STP sarà iscritta all’albo professionale speciale oltre che al Registro Imprese in sezione speciale; una SRL normale no.

Conclusione sulle forme giuridiche: il livello di protezione patrimoniale cresce man mano che si passa dal medico individuale (nessuna protezione) allo studio associato (nessuna, anzi solidale), alla STP (protezione forte, niente fallimento, ma qualche eccezione), alla società commerciale (protezione forte, ma con assoggettabilità a fallimento). Dal punto di vista del debitore medico che si difende, conoscere la forma giuridica è essenziale: se è personalmente responsabile, dovrà adottare misure difensive sul proprio patrimonio; se ha una società di mezzo, potrà sfruttare la distinzione e magari far ricorso a procedure per la società separate da quelle personali. Ad esempio, un medico socio di una SRL che fallisce non diventa fallito lui stesso (oggi non esiste più neppure il fallimento personale del socio, che peraltro era abolito da decenni); se però aveva garantito debiti sociali, dovrà far fronte a quelli, magari con un piano del consumatore (se i suoi debiti rimasti sono personali, perché potrebbe qualificarsi come consumatore rispetto a quel debito di garanzia, essendo estraneo alla sua eventuale impresa personale).

Chiudiamo questa sezione sottolineando il “punto di vista del debitore”: se siete un medico indebitato, dovete mappare i vostri debiti e capire quali sono personali e quali della società. Poi, verificate se avete firmato fideiussioni o avalli. Infine, agite su entrambi i fronti: ad esempio, potrebbe essere opportuno liquidare volontariamente la STP insolvente per bloccare l’emorragia, e parallelamente avviare una procedura di concordato minore personale per i vostri debiti. Oppure, se siete ditta individuale, convogliare tutto in un unico concordato minore. Nel prosieguo, vedremo come funzionano queste procedure e come attivarle.

3. Azioni dei creditori: pignoramenti, ipoteche e difese del debitore

Affrontate le tipologie di debito e la struttura giuridica dello studio, passiamo ora alle azioni esecutive che i creditori possono intraprendere e ai relativi strumenti di difesa. Quando un creditore non viene pagato spontaneamente, può ricorrere all’esecuzione forzata per soddisfarsi sui beni del debitore. Tuttavia, l’ordinamento prevede una serie di limiti e garanzie per evitare che il debitore venga spogliato di tutto indiscriminatamente o in modo non proporzionato. Inoltre, esistono rimedi giudiziari per contestare le esecuzioni illegittime o gli errori procedurali. Vediamo i principali mezzi di esecuzione e come un medico debitore può difendersi caso per caso.

3.1 Pignoramento mobiliare presso il debitore (beni nello studio o in casa)

Il pignoramento mobiliare consiste nell’intervento dell’Ufficiale Giudiziario che si reca presso il debitore (nel suo studio professionale o nella sua abitazione) e redige un verbale in cui individua beni mobili di proprietà del debitore da vincolare e successivamente vendere all’asta. Per un medico, i beni tipicamente esposti a pignoramento mobiliare sono: attrezzature mediche, arredi dell’ambulatorio, computer e stampanti, eventuale cassa contante o valori in studio, e – se l’ufficiale entra anche nell’abitazione – beni di arredamento e oggetti di valore ivi presenti (salvo prova che appartengono a terzi estranei).

La legge, all’art. 514 c.p.c., elenca varie cose mobili assolutamente impignorabili, ad esempio: l’abbigliamento, i letti, gli alimenti e combustibili per un mese, oggetti sacri e necessari al culto, e – una volta – anche “gli strumenti indispensabili all’esercizio della professione, arte o mestiere del debitore”. Quest’ultima categoria però è stata modificata nel 2006: attualmente gli strumenti di lavoro non sono più impignorabili in senso assoluto, ma rientrano nell’art. 515 c.p.c. come beni relativamente impignorabili. In pratica, l’ufficiale giudiziario può pignorare gli strumenti indispensabili al mestiere del debitore solo se il loro valore supera il limite di un quinto del totale e solo se non ci sono altri beni pignorabili sufficienti. Ciò vuol dire che, ad esempio, un ecografo, lo sterile e il lettino di visita – se indispensabili per l’attività medica – dovrebbero in teoria essere lasciati al medico, a meno che vi siano molti altri beni e il loro valore superfluo consenta di prelevarne qualcuno senza compromettere l’attività. In pratica, la norma tutela il diritto al lavoro del debitore: non avrebbe senso togliergli tutti gli strumenti con cui guadagna, perché così non potrebbe nemmeno pagare i creditori. Quindi, se un creditore chiede pignoramento mobiliare nello studio medico, l’ufficiale dovrà limitarsi eventualmente a pignorare beni non essenziali o di valore collezionistico/sostituibile. Ad esempio, può prendere eventuali opere d’arte appese in sala d’attesa, mobili costosi non indispensabili, attrezzature doppie o non strettamente vitali. Se invece abusivamente tentasse di portare via apparecchi di diagnosi cruciali, il medico può ricorrere al giudice dell’esecuzione per far valere l’impignorabilità relativa, dimostrando che quei beni sono necessari all’attività e che senza di essi non potrebbe proseguire il lavoro. In aggiunta, alcuni macchinari potrebbero non essere di proprietà (leasing o noleggio): in tal caso il creditore non può toccarli perché beni altrui (va dichiarato all’ufficiale, esibendo ad es. il contratto di leasing).

Anche in casa del medico, se l’ufficiale si presenta, non tutto può essere preso: restano impignorabili vestiti, biancheria, mobili ed elettrodomestici di uso quotidiano (frigo, cucina, lavatrice), e in generale tutto quanto elencato nell’art. 514 c.p.c. (che comprende anche eventuali animali domestici e strumenti per cure personali). Un computer utilizzato per attività professionale potrebbe rientrare negli strumenti di lavoro e quindi subire il limite del quinto. Se però il medico ha un secondo computer di lusso non necessario, quello potrebbe essere pignorato.

Difese possibili contro il pignoramento mobiliare: la prima difesa è preventiva: mantenere nello studio solo ciò che è indispensabile e magari non accumulare troppi beni di valore aggredibili. In caso di arrivo dell’ufficiale, collaborare spiegando quali beni servono per il lavoro e quali sono di terzi (ad es. se un macchinario è in comodato dall’ASL o appartiene a un collega). Dopo l’atto, il medico può proporre istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), offrendo una somma di denaro a garanzia per sostituire i beni pignorati ed evitare la vendita: se ha liquidità o può farsela prestare, depositando l’importo del debito e spese, i beni vengono liberati. Oppure può fare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) se ritiene che quei beni non dovevano essere pignorati (perché impignorabili) o che il creditore non ne avesse diritto (perché il debito non esiste o è già pagato). L’opposizione sospende la vendita se il giudice riconosce fumus di fondatezza. In ogni caso, il pignoramento mobiliare spesso frutta poco ai creditori (aste di mobili e attrezzature usate hanno esiti modesti), il che può incentivare a trovare un accordo col creditore prima che si arrivi alla vendita.

Da segnalare che dal 2021 è stata introdotta la possibilità di pignoramento mobiliare diretto senza ufficiale per i creditori muniti di titolo esecutivo, mediante accesso ai luoghi ex art. 492 c.p.c. con notificazione dell’atto di pignoramento al debitore e successivo accesso per asportare beni. È però ipotesi residuale; normalmente l’ufficiale fa sopralluogo, redige verbale e lascia i beni in custodia al debitore (pignoramento con bene non asportato), in attesa che si vendano. Se il medico continua ad usare i macchinari pignorati, deve averne cura ma può tenerli finché non saranno eventualmente richiesti per l’asta.

3.2 Pignoramento presso terzi (crediti verso ASL, assicurazioni, ecc.)

Il pignoramento presso terzi è spesso lo strumento più efficace contro un professionista: il creditore individua un soggetto terzo che deve dei soldi al debitore, e notifica l’atto sia al terzo che al debitore, vincolando quelle somme. Nel caso di un medico, i terzi pignorati tipici possono essere:

  • Banche (conto corrente): il creditore pignora il saldo attivo del conto bancario del medico. La banca, come terzo, all’udienza dichiarerà quanto detiene e metterà a disposizione le somme (nei limiti del debito). Questo può bloccare immediatamente la liquidità dello studio e va quindi monitorato.
  • ASL o strutture convenzionate: se il medico è convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale (MMG, specialista accreditato) ha crediti mensili verso l’ASL per le prestazioni. Un creditore potrebbe notificare pignoramento presso l’ASL, la quale dovrà accantonare le somme dovute al medico (stipendi, compensi) e poi versarle al creditore. Attenzione però: tali crediti hanno natura assimilabile a redditi da lavoro, quindi godono di limiti di pignorabilità. Di solito, i compensi convenzionali dei medici sono equiparati a uno stipendio, pignorabile nei limiti di 1/5 (o meno, secondo importi, se si tratta di pignoramento esattoriale: vedi prima). Quindi l’ASL non può consegnare l’intero stipendio del medico ma al massimo il quinto per i creditori ordinari, lasciando gli altri 4/5 al medico per vivere. La Cassazione ha equiparato in varie pronunce i compensi di medici convenzionati a redditi periodici da lavoro, meritevoli della stessa protezione dell’art. 545 c.p.c.
  • Clienti privati o assicurazioni: se il medico ha crediti significativi verso pazienti (non comune, di solito i pazienti pagano subito) o verso compagnie assicurative (es. rimborso spese anticipato), anche quelli possono essere pignorati. Ad esempio, un chirurgo estetico che deve ricevere €10.000 da un cliente per un intervento può vedersi pignorare quel credito prima che il cliente paghi. Oppure un medico che ha vinto una causa contro un’assicurazione per mancato pagamento di una polizza, e attende €50.000 di indennizzo, potrebbe subire il pignoramento di quell’indennizzo da altro suo creditore.
  • Debitore fallito (procedura concorsuale): caso particolare, se il medico era creditore in un fallimento e deve ricevere un riparto, un suo creditore potrebbe pignorare la sua quota di riparto presso il curatore.

Dal lato difensivo, il pignoramento presso terzi è subdolo perché non passa dal domicilio del debitore: ci si può trovare col conto bloccato da un giorno all’altro. Perciò è utile tenere d’occhio eventuali cause perse che possono evolvere in esecuzione, o diffide serie, e magari spostare in anticipo la liquidità su conti non aggredibili (attenzione però: spostarla a famigliari potrebbe essere attaccabile come atto in frode ai creditori se fatto quando c’è già uno scenario di insolvenza conclamata). Una strategia lecita è mantenere sul conto intestato al debitore solo il necessario e magari aprire conti cointestati con il coniuge, o su società, per i fondi eccedenti – pur sapendo che se i creditori dimostrano che i soldi sono del debitore anche su conto altrui, possono chiederne il sequestro (ma è più complesso). Ricordiamo che il pignoramento del conto afferra tutte le somme presenti al momento e quelle che vi affluiranno entro la dichiarazione della banca: quindi, se si viene a sapere di un atto di pignoramento, conviene sospendere accrediti futuri su quel conto (es. far spostare il pagamento ASL su altro IBAN se possibile).

Se un conto è cointestato (es. medico + coniuge), il pignoramento in genere vale limitatamente alla quota di pertinenza del debitore, presunta al 50%. Il cointestatario non debitore può opporsi per svincolare la sua parte.

Opposizione al pignoramento presso terzi: se il credito pignorato è impignorabile o eccede i limiti, il debitore deve sollevare l’eccezione in sede di giudizio di esecuzione. Ad esempio, se pignorano l’intera somma dovuta da ASL mentre invece dovrebbe essere solo un quinto, il medico può evidenziare al giudice dell’esecuzione l’errore: il giudice, in base alla legge, libererà i 4/5 non pignorabili. Alcuni crediti poi sono totalmente impignorabili: es., credito per alimenti, alcuni rimborsi assicurativi destinati a persona (anche se su questo c’è dibattito). Il medico potrebbe anche sostenere che il creditore stia pignorando presso soggetto che in realtà nulla deve (opposizione se il terzo erroneamente trattiene somme non dovute).

Una menzione sulla compensazione: l’Agenzia Entrate Riscossione, quando un professionista vanta crediti verso la Pubblica Amministrazione, potrebbe cercare di compensarli con le sue cartelle esattoriali (es. un medico accreditato aspetta pagamenti ASL, ma ha debiti fiscali; il MEF può bloccare il pagamento se il debito fiscale supera certe soglie, D.M. 40/2008). Attivando una procedura di concordato o accordo, il medico può chiedere al tribunale misure protettive che impediscano tali compensazioni automatiche, così da continuare a incassare i crediti per la sua attività invece di vederli azzerati dal Fisco.

3.3 Pignoramento immobiliare (sede dello studio o immobili di proprietà)

Se il medico possiede immobili (la palazzina dove ha lo studio, la propria casa, altri beni), i creditori più grandi possono iscrivere ipoteca e avviare un pignoramento immobiliare. La procedura è complessa e lunga (può durare anni fino alla vendita all’asta), ma per i crediti elevati è efficace in quanto l’immobile spesso copre gran parte del debito. Per avviare l’esecuzione immobiliare il creditore deve: avere un titolo esecutivo, iscrivere ipoteca (se non già esistente) almeno 20 giorni prima, notificare atto di pignoramento e trascriverlo nei registri immobiliari.

Limiti: abbiamo già citato quello più importante – il Fisco non può pignorare la prima casa del debitore, se soddisfa i requisiti (unico immobile non di lusso, residenza anagrafica lì). Ciò prevale anche se altri creditori iniziano: la Cassazione 32759/2024 ha affrontato un caso in cui un condominio aveva pignorato la casa e l’Agente di Riscossione era intervenuto, ribadendo che per la parte erariale l’azione è improcedibile. Quindi, in qualsiasi momento, se una procedura immobiliare vede coinvolto il Fisco sulla prima casa protetta, quella quota non potrà andare al Fisco ed egli dovrà liberarla. Per i creditori privati invece non c’è un divieto analogo: una banca o un fornitore possono pignorare la casa di abitazione. Esistono però temperamenti: ad esempio, se la casa è cointestata col coniuge non debitore, verrà venduta ma al coniuge spetterà metà del ricavato (o potrà provare ad evitare la vendita chiedendo assegnazione della sua quota). Inoltre, se il medico ha fondo patrimoniale sull’immobile e il debito è estraneo ai bisogni familiari, il creditore privato potrebbe trovarsi bloccato: dovrà, per procedere, ottenere la declaratoria che quel debito fu contratto per scopi familiari, altrimenti l’esecuzione è opponibile. Ad esempio, Cass. 8201/2020 ha negato l’esecuzione su un immobile in fondo per debiti d’impresa proprio in virtù dell’estraneità al nucleo familiare. Nel 2023, Cass. 27562 ha ribadito che l’onere della prova è a carico del creditore per dimostrare che il debito professionale fosse destinato ai bisogni familiari, cosa di regola esclusa. Ciò offre un scudo per il medico che abbia protetto la casa col fondo patrimoniale (costituito prima dei debiti!), purché i crediti in questione non siano, ad esempio, per mantenimento dei figli o mutuo casa.

Quanto agli strumenti di difesa nel pignoramento immobiliare: il debitore può proporre opposizione per vizi formali (es. pignoramento notificato male, ipoteca invalida) o sostanziali (il debito è stato pagato). Spesso, però, il rimedio più concreto è cercare di sospendere la procedura avviando una trattativa o una procedura concorsuale. Difatti, se il medico presenta un ricorso per concordato minore o liquidazione controllata, la legge consente di chiedere al tribunale la sospensione delle esecuzioni in corso. Ottenuta la misura protettiva, il pignoramento immobiliare rimane congelato (non si può arrivare all’asta) in attesa dell’esito della procedura. Questo può dare respiro e possibilità di conservare l’immobile se la procedura va a buon fine (ad es. concordato minore con pagamento parziale del credito garantito dall’ipoteca).

Va anche menzionato l’istituto della conversione del pignoramento immobiliare (art. 495 cpc analogamente al mobiliare, ma assai oneroso: occorre depositare il 20% del debito a titolo di cauzione e poi il saldo). Pochi debitori riescono a farlo, salvo vendendo l’immobile privatamente: un debitore può infatti, finché l’immobile non è aggiudicato, trovare un acquirente e chiedere al giudice di sospendere l’asta per vendita privata, se il ricavato copre i crediti. Questa è spesso la via pratica: vendere l’immobile per pagare i debiti ed evitare l’asta (dove di norma il valore è depresso). Ciò richiede accordo dei creditori (specie dell’ipotecario) e del giudice.

Per concludere sul punto: per un medico indebitato, la casa di abitazione è relativamente al sicuro dal Fisco (che però metterà ipoteca se il debito supera €20k, limitandone la vendibilità), ma non dagli altri creditori se questi agiscono. Anticipare gli eventi con strumenti come il fondo patrimoniale (costituito prima, e attenzione anche qui: se fatto quando i debiti erano già prevedibili, il creditore può agire in revocatoria entro 5 anni) è una opzione se si è nella fase iniziale di indebitamento. Se già pignorata la casa, utilizzare la procedura di sovraindebitamento è spesso l’unico modo per evitare di perderla, a meno di poter saldare o accordarsi con i creditori.

3.4 Ipoteca e fermo amministrativo: effetti e contromisure

Ipoteca legale o giudiziale: come accennato, molti creditori, specie banche e Fisco, iscrivono ipoteca sugli immobili o altri beni registrati (es. la banca sulla casa per mutuo, il Fisco su casa o su altro se debito > €20.000). L’ipoteca non espropria il bene di per sé, ma ne vincola il valore: se il medico prova a vendere l’immobile, l’ipoteca segue e l’acquirente o paga il debito per cancellarla o acquista con ipoteca a rischio. Inoltre, l’ipoteca dà priorità sul ricavato in caso di pignoramento. Per il debitore, vedere un’ipoteca esattoriale sulla prima casa è preoccupante: anche se l’Agenzia non può espropriarla, quell’ipoteca resta e produce danni collaterali (ad es. impossibilità di chiedere mutui su quell’immobile, svalutazione). La Corte Costituzionale nel 2020 (sent. 45/2020) ha imposto al legislatore di introdurre tutele sulla proporzionalità dell’ipoteca fiscale rispetto al debito (non ipotecare per debiti irrisori immobili di valore enorme, etc.). Nel 2022 il D.L. 146/2021 ha elevato a €20.000 la soglia minima per ipoteca (prima era €5.000). Quindi se il debito fiscale è 15 mila, oggi l’ipoteca non può esser messa.

Difese contro l’ipoteca: l’ipoteca giudiziale (quella che un creditore ottiene iscrivendo sulla base di sentenza o ingiunzione esecutiva) è difficile da rimuovere senza pagare il debito, a meno che il titolo venga revocato (opposizione vinta). L’ipoteca esattoriale può essere cancellata aderendo a rottamazioni (che prevedono la cancellazione al termine dei pagamenti agevolati) o integrando un piano di concordato in cui si offre pagamento parziale: dopo omologa e integrale esecuzione del piano, si potrà ottenere la cancellazione residua per effetto dell’esdebitazione. Nel frattempo, però, rimane iscritta. In alcuni casi, se l’ipoteca appare sproporzionata o su bene impignorabile (prima casa), si può contestare la legittimità in commissione tributaria o con incidentale reclamo al giudice ordinario, ma la giurisprudenza oscillante ha spesso detto che la prima casa può essere ipotecata anche se non espropriabile (ora con Cass. 32759/2024 si rafforza la tesi dell’illegittimità anche dell’intervento su prima casa, ma si trattava di esecuzione, non di ipoteca; materia delicata).

Fermo amministrativo dei veicoli: l’Agenzia Riscossione, per crediti sopra €1.000, può iscrivere il fermo su mezzi intestati al debitore (auto, moto). Il fermo blocca la circolazione del veicolo (non si potrebbe usare, pena sanzioni) e impedisce la sua vendita finché il debito non è estinto o rateizzato. Molti medici, avendo l’auto come bene strumentale (pensiamo a un medico di continuità assistenziale, o un libero professionista che si muove per convegni o visite domiciliari), subiscono grave danno dal fermo dell’automobile. Purtroppo la legge non prevede eccezioni per il fermo legate alla “strumentalità” dell’auto, a differenza di quanto fa per il pignoramento (dove l’auto di lavoro è un punto controverso: formalmente l’auto non è nella lista impignorabili, ma la giurisprudenza talora ha esteso la nozione di strumenti di lavoro anche al veicolo se indispensabile, con pignorabilità limitata). Nel fermo però, la prassi AER è rigida. L’unica difesa, oltre alla prevenzione (pagare o rateizzare prima che scatti il fermo), è dimostrare che il provvedimento non era notificato regolarmente o che vi sono vizi nelle cartelle (ricorso al giudice di pace o tributario a seconda della natura del credito). Ma soprattutto, avviare una rateazione o procedura concorsuale sospende l’efficacia del fermo: con il piano di rientro accettato, l’Agente di Riscossione su richiesta revoca temporaneamente il fermo per permettere al debitore di lavorare (lo fa ad esempio quando si ottiene un provvedimento di omologa del piano o l’ammissione alla procedura, in base all’art. 54-ter DPR 602/73 per le dilazioni). Dunque, paradossalmente, se un medico ha l’auto ferma e non riesce a pagar tutto, l’accesso al concordato minore o alla composizione negoziata potrebbe convincere l’Agenzia a scongelare il mezzo per agevolare il risanamento.

3.5 Opposizioni ed eccezioni nelle esecuzioni

Ogni atto esecutivo è potenzialmente contestabile tramite le cosiddette opposizioni. Ce ne sono di due tipi: opposizione all’esecuzione (si nega il diritto del creditore di eseguire, es. “non gli devo nulla”, “il titolo è invalido”) e opposizione agli atti esecutivi (si contesta la regolarità formale dell’atto, es. pignoramento notificato in modo viziato, errori di procedura).

Per un debitore è cruciale far vagliare da un legale la correttezza di ogni mossa del creditore. Ad esempio, un decreto ingiuntivo non opposto diventa definitivo: non lo si può attaccare in sede esecutiva sul merito, ma si può controllare se fu notificato regolarmente. Un vizio di notifica potrebbe riaprire i termini per opporsi. Un precetto che intima più del dovuto (magari interessi usurari) può essere opposto ex art. 615 cpc per ridurre la somma. Un pignoramento può essere nullo se non preceduto da regolare precetto o se manca la nota di iscrizione a ruolo.

Molto spesso, specie con creditori pubblici, ci sono termini di prescrizione da valutare: le cartelle esattoriali di contributi si prescrivono in 5 anni, alcune imposte in 5 o 10 anni. Se il Fisco tenta un pignoramento su un ruolo molto vecchio e mai sollecitato, si può opporre per prescrizione (competenza del giudice tributario secondo alcune pronunce, del giudice ordinario secondo altre – questione complessa, ma fattibile).

Anche nel merito, ad esempio, se il creditore è un ex paziente con una sentenza provvisoriamente esecutiva ma appellata, il medico può chiedere sospensione dell’esecutività in appello e quindi bloccare l’esecuzione in corso.

Inoltre, se più creditori concorrono e uno agisce in modo da ledere la par condicio (fuori procedure concorsuali), un terzo creditore potrebbe opporsi a un atto che lo pregiudica (opposizione di terzo).

Per il medico debitore, usare le opposizioni significa prendere tempo e/o ridurre l’importo dovuto. Tuttavia, sono strumenti tecnici: vanno usati solo se c’è fondamento, altrimenti si rischiano condanne alle spese e, in caso di opposizione pretestuosa, anche risarcimenti per lite temeraria.

Caso pratico:

Un medico subisce un pignoramento del conto per una cartella esattoriale di 8 anni fa relativa a IRAP. Consultando un avvocato, scopre che quella cartella non gli era mai stata notificata a lui personalmente (magari un vizio di notifica postale). Viene proposta opposizione all’esecuzione sostenendo la mancata notifica e dunque l’inesistenza del titolo esecutivo. Il giudice dell’esecuzione accoglie istanza di sospensione, bloccando l’assegnazione dei soldi alla AER. In giudizio, l’ente non riesce a dimostrare la notifica regolare e l’opposizione viene accolta: il pignoramento è dichiarato inefficace e i soldi tornano al medico; il debito fiscale, essendo ormai decorso il termine per nuova notifica, di fatto rimane inesigibile. Questo esempio mostra come un vizio procedurale ha salvato il patrimonio del medico. Naturalmente, non sempre gli esiti sono così favorevoli, ma vale la pena verificare ogni dettaglio.

Diritto penale e pressioni indebite:

Va aggiunto che se i creditori attuano forme di pressione illegale – ad esempio minacce fisiche, ingiurie pubbliche per costringerlo a pagare, o simulate denunce per estorcere il pagamento – il medico può tutelarsi anche penalmente. Il reato di “estorsione” o di “violenza privata” potrebbe configurarsi in casi estremi. Più frequentemente, come accennato, le agenzie di recupero crediti possono cadere nel reato di “molestie o disturbo” (art. 660 c.p.) se tempestano di telefonate a ogni ora o contattano terzi (tipo i pazienti o i vicini) divulgando la situazione debitoria – comportamento vietato dalle norme privacy e possibili reati di diffamazione. In tali frangenti, segnalare il fatto alle autorità e all’Autorità Garante per la Privacy può portare sanzioni verso i creditori e far cessare gli abusi.

3.6 Conservare l’essenziale: il minimo vitale e l’attività professionale

Un principio cardine nelle esecuzioni contro persone fisiche è che il debitore dev’essere lasciato con il minimo indispensabile per vivere dignitosamente e continuare a lavorare. Questo principio, pur non enunciato esplicitamente in un’unica norma generale, traspare da tutte le regole specifiche che abbiamo visto: impignorabilità di beni di prima necessità, limiti sullo stipendio, protezione della casa in alcune circostanze, salvaguardia degli strumenti di lavoro, ecc. Anche la Costituzione (artt. 36 e 41) tutela il diritto al lavoro e una retribuzione sufficiente, e l’art. 47 tutela il risparmio e la proprietà privata entro la funzione sociale. La giurisprudenza di legittimità e costituzionale continua a bilanciare il diritto del creditore a soddisfarsi con la dignità e i diritti fondamentali del debitore. Questo equilibrio è ancor più sentito quando il debitore è un professionista come il medico, il cui lavoro non è solo fonte di reddito per sé, ma anche di utilità sociale (cura dei pazienti). Privare un medico di tutti i suoi mezzi potrebbe avere ricadute negative anche sulla collettività, motivo ulteriore per non esagerare con le misure esecutive.

Perciò, un consiglio generale al medico indebitato è: evidenziare sempre, nelle sedi opportune, il nesso tra il mantenimento di certi beni e la sua capacità di produrre reddito. Ad esempio, in un ricorso, sottolineare che l’auto pignorata gli serve per visite domiciliari urgenti; che i macchinari sequestrati sono indispensabili per garantire cure ai pazienti; che il blocco del conto impedisce di pagare i collaboratori e quindi di portare avanti l’attività. Queste argomentazioni possono persuadere il giudice a concedere sospensioni o comunque a modulare le misure (ad es., permettendo l’uso temporaneo dei beni in pendenza di giudizio).

Inoltre, quando si accede a una procedura concorsuale (concordato minore, ecc.), queste protezioni diventano ancora più forti: il tribunale può autorizzare l’uso dei beni e risorse per proseguire l’attività durante la procedura, in modo da massimizzare la soddisfazione futura dei creditori mantenendo in vita lo studio (principio della continuità). I creditori stessi a volte preferiscono che il medico continui a lavorare e paghi un po’ per volta, piuttosto che vederlo rovinato e incapace di generare reddito.

Chiudiamo questa parte con una riflessione: affrontare i debiti non significa subire passivamente ogni azione del creditore. La legge offre numerosi scudi e contrappesi. Naturalmente, abusarne per non pagare mai sarebbe scorretto e infatti esistono paletti (non ci si può liberare dei debiti all’infinito senza dare nulla ai creditori, salvo la citata esdebitazione per chi è davvero incapiente). Ma il debitore onesto, specie se incolpevole o sfortunato (malattia, crisi economica, investimenti andati male), ha diritto a vedere tutelata la propria dignità. Il sistema italiano delle esecuzioni è costruito anche su valori di umanità e proporzionalità, che vanno sempre ricordati e fatti valere, se necessario anche nelle aule giudiziarie.

4. Strumenti di soluzione: accordi stragiudiziali e procedure concorsuali

Dopo aver analizzato come difendersi dalle singole azioni dei creditori, affrontiamo ora gli strumenti proattivi che un medico indebitato può adottare per risolvere complessivamente la propria crisi finanziaria. Possiamo distinguerli in due categorie: soluzioni stragiudiziali (private, senza coinvolgimento diretto del tribunale, se non eventualmente in fase di omologa di un accordo) e soluzioni concorsuali giudiziali (procedure formali regolate dalla legge e soggette ad autorizzazione/controllo del tribunale).

L’obiettivo di entrambi gli approcci è lo stesso: trovare un piano sostenibile che consenta di soddisfare i creditori per quanto possibile e allo stesso tempo di permettere al medico di continuare l’attività (se desiderato) o quantomeno di uscire dalla spirale debitoria in modo dignitoso. Andremo dai metodi “morbidi” (rinegoziazioni, piani di rientro, saldo e stralcio) alle vere e proprie procedure di sovraindebitamento (concordato minore, ecc.).

4.1 Trattative stragiudiziali e piani di rientro

Rinegoziare con i creditori è spesso il primo passo. Molti debitori temono di mostrarsi “deboli” contattando il creditore per ammettere la difficoltà, ma al contrario è spesso la scelta giusta. Per un medico, potersi sedere con la banca o con un fornitore e proporre un nuovo calendario di pagamenti o uno sconto può evitare di finire in tribunale.

Banche: con la banca si può chiedere una rimodulazione del mutuo (allungamento durata per abbassare la rata), o una moratoria temporanea (sospensione delle rate per 6-12 mesi, spesso ottenibile in caso di comprovata crisi e se il mutuo è prima casa o legato all’attività). Esiste un accordo ABI per la sospensione mutui PMI che talvolta può includere studi professionali. Se il debito è già scaduto, si può tentare un saldo e stralcio: offrire una percentuale a fronte di pronta chiusura. Ad esempio, se c’è un fido scoperto di €50k, offrire €20k subito in cambio di rinuncia al resto. Le banche spesso valutano queste offerte soprattutto se percepiscono che altrimenti recupererebbero poco (ad es. se lo studio non ha immobili ipotecabili e l’alternativa è un lungo contenzioso). Potrebbe aiutare presentare un business plan mostrando che con l’alleggerimento del debito lo studio tornerebbe solvibile. Alcune banche preferiscono ridebitare il residuo su un periodo più lungo piuttosto che falcidiare: dipende dai casi.

Fornitori e locatore: i fornitori abituali (di materiale medico, farmaceutico) hanno interesse a mantenere il cliente. È ragionevole proporre loro un piano di rientro: ad esempio, pagare il 50% del pregresso diluito in 12 mesi, continuando a pagare il corrente. Si può mettere per iscritto l’accordo (magari con promessa che non intraprenderanno azioni esecutive finché il piano è rispettato). Alcuni fornitori potrebbero chiedere in cambio una garanzia, come effetti cambiari per l’importo dilazionato; attenzione però che la cambiale, se non pagata, diventa titolo esecutivo immediato. Conviene rilasciarne solo se si è confidenti di poter onorare il piano. Il proprietario dei locali può accettare di spalmare canoni arretrati e magari ridurre temporaneamente il canone futuro: meglio un affitto un po’ ridotto che uno sfratto con rischio di locale sfitto per lui.

Agenzia Entrate (Fisco): qui le trattative “private” sono più rigide, perché l’Agenzia non può per legge transigere liberamente sui tributi dovuti (la transazione fiscale è istituto legato alle procedure concorsuali). Tuttavia, come detto, c’è la rateazione ordinaria: presentando istanza, si ottiene quasi automaticamente fino a 6 anni di dilazione (72 rate) se l’importo supera €120 per cartella. Se l’ammontare è grande (es. >€60.000), la legge chiede di dimostrare temporanea difficoltà (indice IRS>tre volte, cosa che per i professionisti viene calcolata su ISEE o indice di liquidità). In pratica è fattibile. Inoltre, se i debiti superano €100.000, l’Agenzia può richiedere garanzie (fideiussione o ipoteca di grado adeguato) per concedere il piano. Spesso il debitore non riesce a fornirle (già è in crisi, difficile che un’assicurazione gli rilasci una fideiussione). In tal caso, la via rimane la procedura concorsuale dove le garanzie non sono richieste per legge (ci si affida al giudice). Un’altra via stragiudiziale per il Fisco è aspettare eventuali definizioni agevolate periodiche: se i tempi lo permettono, talvolta conviene attendere la legge di Bilancio o decreti fiscali che negli ultimi anni spesso includono una rottamazione o un saldo e stralcio per soggetti in difficoltà. Ad esempio, nel 2019 c’è stato un “saldo e stralcio” per contribuenti in grave crisi con ISEE < €20.000, che abbuonava gran parte del debito fiscale. Tenersi informati è fondamentale.

Casse previdenziali: anche ENPAM e altri enti hanno strumenti di rateazione e possono talvolta ridurre sanzioni. Ad esempio, ENPAM consente piani di rientro sui contributi non versati con pagamento fino a 5 anni. L’INPS per i contributi dei dipendenti ammette dilazioni analoghe a quelle fiscali.

Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII, ex art. 67 LF): è uno strumento particolare previsto per imprenditori, ma anche un professionista può teoricamente usarlo se inteso come imprenditore minore. Consiste in un piano predisposto da un professionista indipendente che attesta la capacità del debitore di risanarsi, e accordi con i creditori cruciali, senza passare dal tribunale per omologa (va solo depositato per pubblicità). Il vantaggio è che gli atti compiuti in esecuzione del piano certificato sono protetti da revocatorie fallimentari. Però, dato che un medico non fallisce, questo vantaggio è relativo. Inoltre serve l’accordo di tutti i maggiori creditori in pratica. È usato più dalle aziende per evitare default. Un medico in crisi potrebbe utilizzarlo se pochi creditori principali sono d’accordo: es. banca e fornitore che insieme hanno l’80% del debito. Allora fa redigere un piano da un commercialista attestatore che conferma che con la dilazione concessa il medico potrà pagare interamente i debiti e restare solvibile. Si deposita il piano e lo si esegue. Questo dà una certa protezione (se poi fallisse, i pagamenti fatti nel piano non sarebbero revocabili, ma visto che non fallisce ciò non rileva; in caso di concordato successivo, potrebbe contare per mostrare che si è tentato il risanamento).

Accordi transattivi su specifici debiti: a volte conviene chiudere una ad una alcune posizioni “fastidiose”. Ad esempio, se c’è una causa per malasanità in corso e c’è il rischio di una condanna maggiore, potrebbe valere patteggiare una somma col paziente transando la causa, magari pagabile a rate o garantita da assicurazione. Oppure, se un ex socio chiede soldi, arrivare a un compromesso. Questo rientra nella normale dinamica transattiva civile.

Attenzione alle interazioni tra creditori: il medico deve però stare attento a non favorire un creditore a scapito degli altri in modo poi attaccabile. Se paga integralmente un creditore extraprocedura e poi due mesi dopo avvia sovraindebitamento per gli altri, quel pagamento recente a un solo creditore potrebbe essere considerato atto in frode o pagamento preferenziale (non in senso tecnico di revocatoria, perché nel sovraindebitamento non c’è revocatoria ordinaria, ma può portare a inammissibilità del piano se ha leso parità). Quindi, quando la crisi è conclamata, è preferibile cercare una soluzione unitaria o assicurarsi di trattare equamente i creditori o avere giustificazioni (es. pagamento dipendenti sì, pagamento solo cognato no – quest’ultimo apparirebbe sospetto). Questo è un nodo delicato: spesso il medico cerca di placare il creditore più aggressivo pagando solo lui, ma se poi va in procedura, quell’azione può complicare la posizione (i creditori esclusi si oppongono, ecc.). Meglio coinvolgere tutti i principali creditori in una trattativa globale, se possibile, o muoversi verso il concordato minore.

4.2 Concordato minore: la procedura “su misura” per il professionista indebitato

Il concordato minore (disciplinato dagli artt. 74-83 del Codice della Crisi) è la nuova denominazione della procedura concorsuale dedicata ai debitori “non fallibili” (come professionisti, imprenditori sotto soglia, start-up) che intendono ristrutturare i propri debiti con il consenso dei creditori. Si può definire come l’equivalente, per i piccoli debitori, del concordato preventivo che esiste per le imprese più grandi, con vari adattamenti.

Chi può accedervi: tutti i debitori in situazione di sovraindebitamento, esclusi però i consumatori puri. Cioè, è destinato a soggetti come imprenditori minori, enti non profit, e professionisti autonomi. Un medico libero professionista rientra appieno (non è consumatore perché i suoi debiti derivano dall’attività, e non è fallibile perché professionista). Se il medico avesse anche debiti personali, questi possono essere inclusi, ma la prevalenza della sua posizione rimane quella di debitore professionale, quindi la procedura è il concordato minore e non il piano del consumatore.

Cosa consente: di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dove generalmente si paga solo una parte dei debiti, secondo certe percentuali, e/o si dilaziona il pagamento residuo. Il medico può conservare la titolarità dei beni (diversamente dalla liquidazione) e continuare la propria attività, versando ai creditori quanto promesso. Può anche prevedere l’intervento di garanti esterni (es. un familiare che apporta denaro per far riuscire il piano). Non è necessario pagare tutti integralmente: anzi, lo scopo tipico è ottenere una decurtazione (es. ridurre debiti chirografari al 30%). I creditori vengono suddivisi in classi (se opportuno) e votano sulla proposta. Serve il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti ammessi al voto (maggioranza qualificata). Se l’accordo raggiunge la maggioranza, il tribunale lo omologa e diventa vincolante anche per i dissenzienti. Se non si raggiunge, la procedura viene chiusa (ma il debitore può poi ripiegare sulla liquidazione controllata).

Come funziona in pratica: il medico, con l’aiuto di un OCC (Organismo di Composizione Crisi) o di un professionista nominato, redige un piano in cui esamina la propria situazione economica, individua quanto può mettere a disposizione (es. una porzione di reddito futuro per 4-5 anni, o la liquidazione di qualche bene non essenziale, o l’apporto di terzi) e formula la proposta di pagamento ai creditori. Devono essere pagati interamente i creditori privilegiati salvo diverso accordo (non si può falcidiare l’IVA se non pagando almeno quanto si otterrebbe liquidando il bene su cui c’è privilegio), mentre i chirografari possono ricevere anche poco, purché non meno di quanto otterrebbero in una liquidazione controllata di quei beni (principio del miglior soddisfacimento). Importante: nel concordato minore non c’è requisito della meritevolezza stretto come per il consumatore, però il comportamento del debitore rileva per eventuali contestazioni di frode o mancanza di buona fede (se omette beni, viene dichiarata inammissibile la domanda). Quindi il medico deve fornire informazioni complete e veritiere.

Vantaggi immediati: presentando il ricorso per concordato minore con un piano, il medico può chiedere al tribunale la sospensione di tutte le azioni esecutive e cautelari dei creditori (le cosiddette misure protettive). In genere il giudice le concede per la durata della procedura. Ciò blocca pignoramenti, ipoteche, fermi in corso. Inoltre, i creditori non possono acquisire titoli di prelazione nuovi su beni del debitore dopo l’apertura (stop alle ipoteche successive). Questo crea una sorta di “tregua” in cui il debitore riorganizza le finanze.

Trattamento dei crediti fiscali e privilegiati: nel concordato minore, come nel concordato preventivo, è possibile proporre una transazione fiscale: cioè pagare parzialmente i tributi e contributi. Normalmente, servirebbe l’adesione dell’Agenzia delle Entrate per approvare l’accordo. Ma la normativa recente consente che, se tutti gli altri creditori sono favorevoli e l’offerta al Fisco è almeno pari al realizzo in caso di liquidazione, il giudice possa omologare anche senza il voto favorevole del Fisco. Questo scongiura il potere di veto erariale che spesso in passato mandava a monte i piani di ristrutturazione.

Durata e esecuzione: una volta omologato, il medico deve eseguire il piano nei tempi previsti. Durante l’esecuzione, i creditori perdono i loro diritti originari e vantano quelli derivanti dal piano (ad esempio, se era previsto che ricevano il 30% in 5 anni, dovranno attendere le rate e non possono pretendere di più). A completamento dell’esecuzione, il tribunale dichiara l’adempimento e i debiti residui sono cancellati (esdebitati). Sì, perché il concordato minore, a differenza dell’accordo ex L.3/2012 che richiedeva un successivo provvedimento, prevede l’esdebitazione di diritto per la persona fisica a fine piano: i creditori chirografari non soddisfatti integralmente perdono la possibilità di agire oltre.

Confronto con il vecchio “accordo del consumatore”: il concordato minore sostituisce il vecchio “accordo con i creditori” della legge 3/2012, con regole un po’ più stringenti ma anche più chiare. Ad esempio, ora la legge prevede espressamente come trattare i vari tipi di crediti e consente votazione telematica. Il piano del consumatore rimane separato per chi è consumatore puro. Quindi, un medico che in passato avrebbe dovuto fare l’accordo L.3/2012, oggi fa il concordato minore. Il risultato è simile: debiti ridotti e pagamento parziale, se la maggioranza è d’accordo, protezione dell’attività e liberazione finale dai debiti.

Esempio concreto: Un medico specialista ha €200.000 di debiti: 80k con il Fisco (IVA e IRPEF), 50k con banche, 20k con fornitori, 50k mutuo residuo su casa (garantito da ipoteca). Non riesce a pagare rate e cartelle. Presenta concordato minore proponendo: vendere un secondo immobile ereditato per 60k e offrire quei 60k ai creditori, più destinare il 50% del suo reddito professionale netto per 4 anni (supponiamo €2.000 al mese, quindi ~96k in 4 anni). Totale massa: circa €156k. Propone di pagare integralmente il mutuo ipotecario (50k) e parzialmente il resto: al Fisco dare 50k su 80 (62%) rateizzati in 4 anni, ai chirografari (banche e fornitori, tot 70k) dare 40k (57%). Il tutto produce un pagamento di 50k+40k=90k, oltre al mutuo. Il piano prevede quindi €60k subito (dalla vendita, destinati in parte al mutuo e in parte ai creditori chirografari come acconto) e il resto in 48 rate con i flussi di reddito. I creditori votano: la banca (chirografa, avrebbe 57%) e fornitori (57%) probabilmente votano sì se ritengono che in liquidazione prenderebbero meno. Il Fisco valuterà il 62% su IVA e IRPEF – ragionevole se la liquidazione casa darebbe al Fisco magari solo 30k. Raggiunto oltre il 60% di voti (magari banca+fornitori bastano), il giudice omologa, anche se il Fisco fosse contrario, perché si verifica che col piano l’Erario ha 50k mentre in liquidazione forse ne avrebbe avuti 30k, quindi è un rifiuto irragionevole e si procede comunque. Da quel momento, il medico paga le rate. Le esecuzioni (pignoramenti su conto che erano partiti) sono cessate. Dopo 4 anni, avrà pagato tutto il concordato: il tribunale dichiarerà esdebitato, e i residui 30k verso Fisco e 30k verso chirografari saranno definitivamente inesigibili. Il medico avrà salvato la casa (ha continuato a pagare mutuo per tenerla, magari prendendo accordi con banca per non decadere dal beneficio del termine durante la procedura) e lo studio continua a funzionare.

Caveat: il concordato minore richiede fattibilità e adempimento: promettere ciò che davvero si può mantenere. Se il medico non rispetta il piano, i creditori tornano all’attacco (il tribunale può revocare l’omologa in caso di inadempimento rilevante). Inoltre, c’è un divieto di ricorrere di nuovo a procedure concorsuali per 5 anni dopo, quindi è una carta da giocarsi bene.

4.3 Liquidazione controllata del sovraindebitato

Quando la situazione è troppo compromessa per proporre un concordato (ad esempio, debiti enormi e redditi insufficienti a offrire qualcosa di apprezzabile), rimane la via della liquidazione controllata. È l’analogo del fallimento per chi non fallisce, con però un importante esito per le persone fisiche: l’esdebitazione automatica a fine procedura.

Chi può accedervi: qualunque debitore sovraindebitato, sia persona fisica (consumatore o professionista) sia società/ente non fallibile. Quindi il medico, indipendentemente dal tipo di debiti, può chiedere liquidazione controllata. Anche un singolo creditore può provocarla (novità del CCII: il creditore di un non fallibile può chiedere al tribunale di aprire la liquidazione controllata del suo debitore, un tempo non possibile perché il sovraindebitamento era solo volontario). Questo scenario è pericoloso: un fornitore stufo potrebbe tentare di “far fallire” il medico tramite liquidazione controllata coattiva. Tuttavia, il tribunale verifica vari criteri prima, e se c’è possibilità di un concordato minore, di solito prevale la soluzione concordataria.

Come funziona: il debitore presenta ricorso di liquidazione elencando tutti i suoi beni e debiti. Il tribunale apre la procedura, nomina un liquidatore (spesso l’OCC o altro professionista) e dispone che tutti i beni del debitore divengono vincolati alla massa. Il debitore viene spossessato dei suoi beni (non ne può disporre), ma non dei redditi futuri oltre una certa soglia di mantenimento. In pratica: la casa, l’auto, il conto eccedente, tutto viene gestito dal liquidatore. Il liquidatore redige l’elenco dei creditori (stato passivo), vende i beni (anche all’asta se necessario, o li assegna a creditori se conviene), e ripartisce il ricavato secondo i privilegi. La procedura dura al massimo 3 anni dalla data dell’apertura (per la liquidazione dell’attivo corrente e l’acquisizione di redditi futuri). Infatti, la legge prevede che anche i redditi che il debitore persona fisica percepirà nei 3 anni successivi all’apertura, per la parte eccedente quanto serve al suo mantenimento e della famiglia, debbano affluire alla massa. Dopo 3 anni, quello che c’è c’è, e la liquidazione si chiude.

Minimo vitale garantito: come accennato, il debitore persona fisica in liquidazione non è lasciato senza mezzi: sono esclusi dalla liquidazione: stipendio/pensione in misura necessaria a mantenimento suo e familiari a carico (lo decide il giudice caso per caso), crediti alimentari, beni impignorabili ex 514 cpc (quelli “sopravvissuti” a eventuali pignoramenti). Ad esempio, al medico verrà lasciato un importo mensile sufficiente a vivere e se deve continuare a dare mantenimento ai figli, quello rientra tra le spese prima di calcolare l’eccedenza da cedere. In genere si applica la regola del “quinto”: resta simile ad un pignoramento del quinto dello stipendio per 3 anni, e oltre quel periodo il reddito torna interamente al debitore.

Effetti per i creditori: i creditori presentano domanda di ammissione (se non erano indicati, o contestano qualcosa). Non possono più agire individualmente – tutte le cause si accentrano nella liquidazione. I privilegiati verranno soddisfatti per primi col ricavato, i chirografari se avanza qualcosa in proporzione. Spesso in queste procedure i chirografari prendono poco o nulla. Tuttavia, grazie all’esdebitazione, anche se prendono zero, il debitore onesto ma sfortunato viene liberato dai debiti alla fine. Questo è un forte incentivo a utilizzarla come soluzione ultima invece di restare indebitato a vita.

Esdebitazione di diritto: la persona fisica debitore ottiene automaticamente la cancellazione di tutti i debiti residui alla chiusura, senza bisogno di fare istanza, salvo che non ricorrano cause ostative (comportamenti fraudolenti, condanne per bancarotta, ecc.). Diversamente dal passato (dove doveva chiedere il beneficio e il giudice valutava se meritevole), ora è di default: il giudice la nega solo se trova elementi gravi di malafede. Questo è un enorme vantaggio per il debitore corretto, perché sa che impegnandosi per 3 anni, poi riparte pulito.

Debiti non cancellati: come già menzionato, alcuni debiti rimangono comunque: quelli per mantenimenti familiari, alimenti, risarcimenti da illecito e sanzioni pecuniarie penali o amministrative non si estinguono. Nel contesto di un medico, questo significa che le eventuali somme dovute per cause di malasanità deliberate come risarcimento danno non spariscono (così come le multe penali). Tuttavia, nella liquidazione spesso questi crediti partecipano e prendono qualcosa; la parte eccedente resta come obbligazione naturale – i creditori potrebbero cercare di riscuoterla dopo, ma il debitore magari non avrà più nulla. Comunque formalmente il debito rimane. Per il Fisco, in liquidazione c’è la possibilità di falcidia anche forte: ad esempio l’IVA non pagata, se non c’è attivo, rimane insoddisfatta e viene di fatto cancellata dall’esdebitazione (diverso dal concordato, dove l’IVA deve avere almeno il valore di realizzo su eventuali beni, qui se beni non ce n’erano amen). Le uniche eccezioni sono i debiti per sanzioni: contravvenzioni stradali, sanzioni tributarie, ecc., formalmente non esdebitati (perché rientrano in “sanzioni amministrative” non essenzenzialmente patrimoniali). Anche qui: se l’ex debitore poi torna abbiente, quelle sanzioni potrebbero ripresentarsi. Ma in molti casi restano lettera morta.

Meritevolezza e rischi: la liquidazione è concessa anche a debitori non meritevoli (concetto di meritevolezza qui non è filtro di accesso). Uno che ha colpe gravi può liquidare comunque, solo che poi rischia di vedersi negata l’esdebitazione se emergono frodi (art. 280 CCII elenca cause di diniego: atti in frode ai creditori, documentazione falsificata, ecc.). Quindi, se un medico ha, ad esempio, sottratto attrezzature prima di aprire la procedura o nascosto soldi, può fare la liquidazione ma poi il giudice può escluderlo dall’esdebitazione al termine, lasciandolo con i debiti residui comunque (pessimo scenario). Invece, se è stato trasparente e cooperativo, anche se magari ha commesso imprudenze, verrà liberato.

Comparazione con fallimento: rispetto al fallimento (liquidazione giudiziale per imprese), la liquidazione controllata è più “debtor-friendly” perché dà esdebitazione automatica e dura poco (3 anni). Nel fallimento d’impresa classico i creditori potevano inseguire il fallito persona fisica residualmente su debiti non pagati a meno di un’apposita esdebitazione su domanda; qui è più standard la chiusura netta. Quindi per un professionista è una soluzione drastica ma in qualche modo liberatoria. Il contraltare è la perdita di tutti i beni non essenziali – sostanzialmente ci si azzera il patrimonio accumulato fino a quel momento.

Quando conviene questa strada: se il medico non ha prospettive di pagare una quota significativa ai creditori e soprattutto se non possiede beni di valore che vorrebbe conservare (perché la liquidazione glieli farà vendere). Spesso viene scelta quando: i debiti sono enormi, i beni eventualmente sacrificabili non includono la prima casa (oppure il debitore è disposto a cederla comunque), e si vuole chiudere la partita e ricominciare. Ad esempio, un medico che abbia chiuso lo studio, pieno di debiti, senza immobili (se non magari la casa protetta dal fondo patrimoniale su cui i creditori non possono agire), può dire “liquidatemi pure quel poco che ho, poi cancellatemi i debiti e io riparto facendo il dipendente altrove”.

Esempio: Un medico ex imprenditore di clinica, con debiti per 1 milione di euro, ha solo una casa in fondo patrimoniale e un’auto vecchia. Nessun concordato sarebbe accettabile (dovrebbe offrire troppo). Decide di liquidare: mette a disposizione l’auto (valore 5k) e il liquidatore ottiene magari dal giudice di vendere anche una piccola quota di stipendio per 3 anni (il quinto). I creditori ricevono, poniamo, 50k in tutto su 1 milione – quindi il 5%. Finita la liquidazione, il medico è esdebitato dal restante 95% (950k), tranne eventuali risarcimenti danni se presenti (nel suo caso, supponiamo di no). I creditori lamenteranno la misera quota, ma la legge glielo consente. Ovviamente per il debitore è pesante in termini di reputazione e di disciplina (c’è un albo dei soggetti in liquidazione tenuto dal Ministero, e per alcuni anni risulta).

4.4 Esdebitazione dell’incapiente

Già accennata, l’esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII) merita un paragrafo a sé, pur essendo collegata alla liquidazione controllata. Si tratta della possibilità, per il debitore persona fisica che non ha alcun patrimonio né reddito liquidabile, di chiedere al tribunale la cancellazione di tutti i debiti senza pagare nulla ai creditori. Detta anche “esdebitazione a zero”, è un istituto introdotto prima in via sperimentale nel 2020 e ora stabilizzato.

Condizioni: il debitore deve dimostrare di: 1) non avere beni né capaci di soddisfare i creditori in misura apprezzabile (se ha qualcosa di minimo può cederlo spontaneamente); 2) non aver ottenuto atti di frode, cioè la sua insolvibilità non deve derivare da colpa grave, malafede o atti in frode; 3) essere meritevole in senso lato, cioè la situazione deve essere sinceramente disperata e non auto-provocata con dolo. Se tali condizioni ci sono, il tribunale, sentiti i creditori (che comunque difficilmente si opporranno se tanto non c’è nulla da prendere), emette un decreto che cancella tutti i debiti. Attenzione: i 4 anni successivi, se il debitore percepisce entrate significative (es. un’eredità, una grossa vincita), ha l’obbligo di pagarle ai vecchi creditori fino a concorrenza del 50% di quanto è sopravvenuto. È una sorta di condizione risolutiva parziale: i creditori, per 4 anni, beneficiano di una “clausola di risurrezione” limitata ai colpi di fortuna del debitore.

Utilità per un medico: francamente, un medico completamente nullatenente e senza reddito è un caso estremo (forse un giovane medico con soli debiti per un investimento andato male e null’altro). La maggior parte almeno un lavoro e qualcosa li ha. Ma se capitasse – ad esempio un medico radiato, disoccupato, con debiti enormi, che vive di sostegno familiare – potrebbe percorrerla. Oppure, se uno ha solo debiti per fideiussioni e cause perse e proprio nessuna capacità. È comunque uno strumento di chiusura “umana” per evitare casi di debitori suicidi per impossibilità di reagire.

Da notare: se la si ottiene in modo fraudolento (nascondendo asset), è revocabile e c’è pure sanzione penale. Quindi onestà massima.

4.5 Composizione negoziata e accordi di ristrutturazione

Abbiamo già menzionato la composizione negoziata (introdotta nel 2021 e ora nel CCII) come un percorso volontario di negoziazione assistita. Per un medico imprenditore (ad esempio, che gestisce una clinica SRL o anche come professionista con molti dipendenti), può essere utile quando l’insolvenza non è conclamata ma c’è “squilibrio” e si vuole agire prima. Consiste nel nominare un esperto indipendente (spesso un commercialista esperto in crisi) tramite piattaforma della CCIAA. L’esperto convoca i creditori e tenta di raggiungere un accordo di ristrutturazione amichevole. Durante tale fase, il debitore può chiedere misure protettive del tribunale simili al concordato (sospensione azioni). Se le trattative riescono, si formalizza un accordo che può essere di vari tipi: un contratto di ristrutturazione bilaterale, un nuovo finanziamento, o anche uno ‘strumento’ come l’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato dal tribunale ex art. 57 CCII (il vecchio 182-bis LF). Questo accordo omologato, differente dal concordato, richiede l’adesione del 60% dei creditori ma non coinvolge gli altri in voto; una volta omologato, però, vincola solo i aderenti e sospende azioni anche di non aderenti sui crediti ristrutturati. È di solito usato da imprese più che da professionisti, perché serve liquidità per pagare out i non aderenti immediatamente. Per un medico, ipoteticamente, se 3 banche su 4 accettano di ristrutturare e la quarta viene pagata con un finanziatore, si può omologare l’accordo e vincolarlo per eventuali minoranze di categorie… è scenario complesso, direi rarissimo per un professionista.

Ma come concetto: composizione negoziata = cercare intesa con creditori con aiuto di terzo, senza procedura pubblica se possibile. Serve soprattutto a evitare di finire in insolvenza conclamata. Non sostituisce le procedure, ma può essere preludio ad esse (il CCII prevede un possibile concordato semplificato di liquidazione se la negoziazione fallisce). Quindi è un asso nella manica se c’è tempo e margine di manovra.

Conclusione di sezione: il ventaglio di strumenti è ampio. Il medico debitore deve scegliere in base alla gravità:

  • Se la crisi è ancora gestibile, tentare stragiudiziale o composizione negoziata può risolvere evitando pubblicità e costi concorsuali.
  • Se è grave ma c’è voglia di salvare l’attività, il concordato minore offre chance di risanamento con taglio dei debiti e mantenimento dello studio.
  • Se è irreversibile, la liquidazione controllata è dolorosa ma garantisce un nuovo inizio senza debiti.
  • In casi estremi di completa indigenza, c’è persino l’esdebitazione totale gratuita.

Nei prossimi capitoli risponderemo a domande specifiche e illustreremo scenari concreti per fissare queste nozioni nella pratica.


Domande frequenti (FAQ) su debiti e difesa del patrimonio (Q&A)

D: Uno studio medico in forma di S.r.l. Stp può fallire?
R: No, le società tra professionisti non sono soggette a fallimento secondo l’orientamento attuale. Anche se la Stp ha forma di S.r.l., la sua attività è considerata non commerciale (prestazione d’opera intellettuale) e quindi fuori dal fallimento ex art. 1 l.fall. (come confermato da Trib. Forlì 2017). Ciò significa che i creditori non possono chiederne la liquidazione giudiziale. Tuttavia, possono agire con esecuzioni individuali sul patrimonio sociale, e la Stp insolvente potrà semmai utilizzare le procedure da sovraindebitamento (concordato minore o liquidazione controllata) per gestire la crisi. Se invece lo studio è una S.r.l. normale (non Stp), allora sì, è soggetta a fallimento come qualsiasi impresa.

D: Ho debiti personali e dello studio: posso fare un’unica procedura per tutti?
R: Sì, un’unica procedura di sovraindebitamento (concordato minore o liquidazione controllata) copre tutti i debiti del debitore, siano essi legati all’attività professionale che alla sfera privata. Non bisogna farne due separate. Va però valutato il tipo di procedura: se la maggior parte dei debiti deriva dall’attività professionale, si dovrà fare il concordato minore (non il piano del consumatore), includendovi anche gli eventuali debiti personali/familiari. Al contrario, un medico che avesse chiuso l’attività e ora lavora da dipendente e i suoi debiti residui fossero principalmente personali, potrebbe accedere come consumatore. Ma in generale, per un professionista in attività, c’è un unico piano che abbraccia tutto. Ad esempio, nel concordato minore del medico si inserirà anche il mutuo della casa con la banca e gli arretrati di condominio oltre ai debiti fiscali e ai fornitori professionali. Ciò consente una visione unitaria e una soluzione complessiva.

D: Posso proteggere la mia casa con il fondo patrimoniale dai crediti professionali?
R: Il fondo patrimoniale può offrire protezione solo per i debiti non contratti per scopi attinenti ai bisogni familiari (art. 170 c.c.). La Cassazione ha chiarito che i debiti assunti per l’attività d’impresa o professionale di regola non sono considerati per i bisogni familiari. Dunque, sì: se hai costituito un fondo patrimoniale sulla casa prima che nascessero i debiti professionali, i creditori legati alla tua attività medica (banche per acquisto strumenti, fornitori, Fisco per IVA, ecc.) non dovrebbero poter pignorare quella casa, a meno che dimostrino che quel debito è andato a beneficio diretto della famiglia (cosa improbabile per i debiti tipici dello studio). Ciò vale sia per creditori privati, sia – in misura ancora maggiore – per il Fisco, che comunque sulla prima casa non potrebbe agire. Attenzione però: (1) il fondo patrimoniale deve essere costituito quando eri solvibile, farlo dopo che i debiti sono contratti rischia la revocatoria (entro 5 anni) perché considerato atto in frode; (2) il fondo non protegge da debiti fiscali per tributi dovuti nell’interesse familiare (es. tassa rifiuti casa) né, potenzialmente, da debiti misti dove il creditore convinca il giudice che quell’obbligazione professionale era finalizzata anche ai bisogni della famiglia (ipotesi rara, ma tentata ad esempio per fideiussioni prestate a società di famiglia: Cass. 27562/2023 esclude presunzioni automatiche a favore dei creditori). Quindi è una buona tutela, ma non assoluta e soggetta a tempistica e buona fede.

D: Possono pignorare il lettino medico, l’ecografo e altri strumenti del mio studio?
R: In linea di principio, no integralmente. Gli “strumenti indispensabili all’esercizio della professione” godono di impignorabilità relativa: l’art. 515 c.p.c. permette di pignorarli solo nei limiti di 1/5 del loro valore complessivo e solo se non vi sono altri beni sufficienti. Nella pratica, significa che l’ufficiale giudiziario raramente cercherà di pignorare macchinari medici essenziali, perché dovrebbe lasciarne l’80% del valore al debitore. Ad esempio, se hai un solo ecografo indispensabile per lavorare, quell’ecografo non dovrebbe essere toccato, a meno che tu ne abbia due e uno sia soprannumerario. La maggior parte dei beni professionali di un medico (attrezzature diagnostiche, ferri, computer con dati clinici) rientrano in questa categoria di beni protetti per assicurare la continuità lavorativa. Inoltre, se certi macchinari sono in leasing o in comodato (non di tua proprietà), non possono essere pignorati perché legalmente appartengono ad altri. Detto ciò, ci sono stati casi di pignoramenti aggressivi: se mai capitasse, puoi fare opposizione al giudice dell’esecuzione invocando l’impignorabilità, e di norma otterrai la liberazione del bene. Più facile è che pignorino arredi generici (es. sedie, mobili da sala d’attesa) o apparecchiature non essenziali se ce ne sono di valore, ma anche lì si valuta il decoro e la necessità dello studio. Insomma, la legge non vuole chiudere uno studio per soddisfare un creditore, salvo situazioni eccezionali.

D: Ho un grosso debito col Fisco per IVA e IRPEF: posso farmelo ridurre?
R: Sì, ma non con una semplice trattativa informale – occorre usare gli strumenti previsti dalla legge. Le vie possibili: (1) Definizioni agevolate (rottamazioni): se il legislatore le prevede, consentono di pagare il debito fiscale senza sanzioni e interessi, o a percentuale (saldo e stralcio) in certi casi. Queste misure vengono varate periodicamente; ad esempio, nel 2023 è in corso la “rottamazione-quater” che abbuona sanzioni e interessi su cartelle fino al 2021. Consulta un consulente o il sito AER per vedere se rientri. (2) Rateazione ordinaria: puoi diluire fino a 6 anni (72 rate) o 10 anni (120 rate straordinarie) il tuo debito fiscale presentando domanda all’Agenzia Riscossione. Non è una riduzione dell’importo, ma diluire aiuta a renderlo pagabile. (3) Transazione fiscale nel concordato o accordo: se entri in una procedura di concordato minore, puoi proporre di pagare al Fisco solo una parte del dovuto (es. “pago il 50% dell’IVA e il 30% dell’IRPEF”). Il Fisco aderirà se la proposta è migliorativa rispetto alla liquidazione; e se non aderisce ma la maggioranza dei creditori privati è con te, il tribunale può ugualmente omologare forzosamente. Ciò porta a una riduzione legalmente approvata del tuo debito fiscale. (4) Liquidazione controllata: in tal caso, se non c’è attivo, di fatto il Fisco incasserà poco-nulla e il residuo verrà esdebitato (IVA compresa). Quindi è una riduzione “di fatto” al termine della procedura. In conclusione, in via bonaria l’Agenzia non può dirti “paga la metà e amici come prima” (salvo norme speciali), ma tramite le procedure concorsuali o le leggi di definizione sì, è possibile ridurre anche drasticamente il carico fiscale.

D: Cosa succede ai pazienti e all’attività medica se attivo una procedura di sovraindebitamento?
R: Se attivi un concordato minore in continuità, l’obiettivo è proprio permetterti di continuare a esercitare la professione proteggendo la tua attività. Durante la procedura, grazie alle misure protettive, i fornitori non potranno interrompere i contratti in essere solo perché hai avviato la procedura (la legge vieta la cessazione di forniture essenziali per questo motivo). Ad esempio, la società di telefonia o elettricità non può staccarti i servizi per insolvibilità pregressa, se continui a pagare il corrente. I pazienti in genere non verranno a saperlo formalmente (la procedura è pubblica nei registri, ma non è che vi sia pubblicità sulla porta dello studio). Dal punto di vista pratico, potrai continuare a visitarli e curarli normalmente. È importante però gestire bene la comunicazione: se qualche notizia trapela (es. un pignoramento sospeso, un creditore chiacchierone) e arriva all’orecchio di un paziente, è bene rassicurare che hai intrapreso un percorso legale per sistemare le pendenze ma la tua attività prosegue. Nelle procedure, anzi, spesso prevede che tu mantenga lo studio aperto perché dai ricavi in quei anni attingerai per pagare il piano. Quindi i pazienti non dovrebbero subire alcun disagio, salvo magari un cambiamento di IBAN se fai fatture (perché il liquidatore potrebbe aprire un conto dedicato, ma è trasparente per loro). Se invece fai una liquidazione controllata, lì dipende: la liquidazione non impone la cessazione della professione, tu puoi ancora lavorare (nessuna interdizione come nel vecchio fallimento), però i beni dello studio potrebbero essere venduti. In tal caso, se ti portano via, poniamo, l’unica ecografo, potresti dover interrompere quell’esame finché non lo ricompri a fine procedura. Tuttavia, il liquidatore spesso lascia al debitore gli strumenti di lavoro se sono fondamentali, perché vendendoli ricaverebbe poco e ti toglierebbe la capacità di produrre reddito (che serve anche ai creditori in quei 3 anni!). Quindi può accordarsi per lasciarteli in uso in cambio magari di destinare una quota maggiore dei guadagni. In ogni caso, nessuna procedura concorsuale ti priva dell’abilitazione medica o ti vieta di svolgere la professione in sé. Il regime giuridico attuale ha abolito lo status di “fallito” incapace. Potresti incontrare difficoltà di natura indiretta: ad esempio, finché sei in procedura potresti non poter assumere ruoli che richiedono attestazione di regolarità finanziaria (non so, concorsi pubblici che vogliono assenza di procedure, andrebbe verificato caso per caso). Ma per il 99% dei medici libero-professionisti, l’impatto sul lavoro quotidiano è minimo. Molti pazienti e colleghi potrebbero neanche venire a conoscenza della tua situazione, se non lo dici tu.

D: I creditori possono continuare a tormentarmi durante il piano di rientro o il concordato?
R: No, una volta che c’è un accordo omologato o una procedura aperta con misure protettive, i creditori devono fermare le azioni esecutive e rispettare le scadenze previste dal piano. Se hai un concordato minore omologato, ad esempio, e devi pagare rate semestrali per 3 anni, i creditori non possono fare altro che attendere quelle rate. Non possono, ad esempio, chiamarti ogni giorno per sollecitare o pignorarti qualcos’altro: sarebbero in violazione della legge e potresti segnalarlo al giudice. Certo, ci vuole disciplina: tu devi rispettare il piano. Se cominci a saltare pagamenti senza motivo, i creditori potrebbero chiedere la risoluzione dell’accordo in tribunale e riprendere le azioni. Ma se fai la tua parte, sei protetto. Nella fase di trattativa pre-omologa (tipo stai pagando un piano di rientro informale), lì i creditori potrebbero tecnicamente agire se non c’è una sospensione legale. Ecco perché è spesso utile formalizzare gli accordi in atti di transazione dove il creditore si impegna a non procedere salvo inadempimento. In un piano del consumatore o concordato minore pendente, con l’apertura la legge sospende le esecuzioni e vieta nuovi pignoramenti. Quindi, se qualche recuperatore continua con minacce o molestie, è passibile di sanzioni anche penali. Puoi sempre documentare e, tramite l’avvocato o OCC, informare il giudice che richiami all’ordine il creditore. D’altronde, l’accordo è nell’interesse di tutti: anche i creditori contano di ricevere quanto pattuito; se esagerassero con pressioni e l’accordo saltasse, anche loro perderebbero la prospettiva di incasso.

D: Quanto costa avviare queste procedure? Me le posso permettere se sono già indebitato?
R: I costi ci sono, ma spesso sono sostenibili e dilazionabili. Bisogna distinguere: l’assistenza di un avvocato/consulente e i compensi dell’OCC/professionista nominato. Di solito, l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) chiede un acconto iniziale modesto (qualche centinaio di euro) e poi riceverà il compenso principale all’esito, prelevandolo magari dalle somme destinate ai creditori. Gli importi variano a seconda della complessità e dell’attivo, ma per procedure di media entità spesso parliamo di qualche migliaio di euro in totale. Alcuni OCC pubblici (presso Ordini professionali o Camere di Commercio) applicano tariffe calmierate e permettono dilazioni. Per l’avvocato, molti comprendono la situazione e consentono pagamento a rate o a fine procedura, specie se sanno che la procedura libererà risorse. Esistono anche il patrocinio a spese dello Stato in alcuni casi (se il reddito familiare è sotto circa €11.700 annui e la procedura non involve diritti valutabili in denaro, ma in sovraindebitamento spesso è denaro quindi è controverso l’accesso al gratuito patrocinio). Comunque, consideralo un investimento: se spendi, ipotizziamo, €5.000 di spese legali per cancellare €200.000 di debiti, è decisamente conveniente. Molti professionisti della crisi, consapevoli delle difficoltà dei clienti, hanno politiche flessibili – ad esempio, accettano un piccolo acconto e il resto come prededuzione nella procedura (quindi li paghi attraverso la procedura stessa con preferenza rispetto ai creditori). La normativa incoraggia ciò: i compensi dell’OCC sono prededucibili, significa che vengono pagati prima dei creditori. Quindi se nella tua procedura prevedi di destinare qualcosa ai creditori, una parte andrà a coprire i costi. In ultimo, considera che non affrontare il problema per risparmiare i costi potrebbe portarti a perdere molto di più con pignoramenti, sanzioni, interessi in crescita. Ci sono associazioni e sportelli sovraindebitamento presso alcuni Ordini degli Avvocati che offrono consulenze gratuite per orientarti. Dopo di che, per la pratica vera, dovrai affidarti a un OCC o professionista iscritto. Il consiglio: discuti apertamente del tema costi sin dall’inizio, la trasparenza aiuta. Spesso troverai chi ti viene incontro perché c’è sensibilità sociale sul tema del “debito eccessivo” (la legge 3/2012 era chiamata salva suicidi non a caso).

D: Se ottengo l’esdebitazione, finirò in qualche registro pubblico di “cattivi pagatori”?
R: Ci sono varie “liste” da considerare: quelle private (CRIF, Centrale rischi) e quelle pubbliche (Registro procedure). Durante la procedura, il tuo nominativo appare nel Registro pubblico delle procedure di insolvenza (tenuto presso Ministero Giustizia) e nel Registro Imprese se sei imprenditore. Dopo la chiusura, però, non rimane una pubblicità “facile”: chiunque potrebbe andarsi a cercare l’omologa depositata in tribunale, ma non c’è una blacklist pubblica consultabile liberamente col tuo nome. Quanto alle banche dati creditizie: se avevi insoluti, protesti, pignoramenti, quelli restano registrati per un tot di anni (ad es. un ritardo su prestito rimane 36 mesi in CRIF). La procedura di sovraindebitamento in sé non credo abbia una voce specifica nei sistemi finanziari (diverso dal fallimento che veniva segnalato alla Centrale rischi Banca d’Italia). Tuttavia, è realistico aspettarsi che per qualche anno ottenere nuovo credito sarà difficile: le banche possono vedere che hai avuto pregresse sofferenze o, se fai richiesta, possono chiederti se hai mai fatto procedure concorsuali (non sei obbligato a dichiararlo come per fallimento – e per le persone fisiche il concetto di “fallito” neppure esiste più). Diciamo che economicamente dovrai ricostruirti una reputazione creditizia da zero. Ma legalmente, sei libero dai debiti e non hai incapacitazioni civili di sorta. Non sei iscritto in un casellario giudiziale (non è reato avere debiti). Quindi, direi: una volta esdebitato, mantieniti virtuoso, risparmia qualcosa, e col tempo anche le banche vedranno che hai uno storico pulito post-procedura. Pensa che c’è chi, dopo l’esdebitazione, è riuscito persino a ottenere un mutuo (magari co-intestandolo con coniuge e dimostrando reddito stabile). Non è un marchio a vita. La Central Risk di Bankitalia tiene per 5 anni le segnalazioni di sofferenza, poi vengono cancellate. CRIF simile. Nel frattempo potresti usare il periodo per accumulare punteggio positivo (pagare bollette regolarmente, usare magari una carta di credito col saldo puntuale per generare storico, ecc.). In sostanza, l’esdebitazione ti dà una seconda chance anche in termini di reputazione economica: la legge l’ha concepita proprio per reinserire il debitore onesto nel circuito produttivo.


Fonti e riferimenti normativi

  • Codice Civile: art. 2267, 2291 (responsabilità illimitata soci nelle società semplici e SNC); art. 2447-decies (responsabilità soci accomandatari SAS); art. 2740 (responsabilità patrimoniale illimitata del debitore); art. 143-147 (obblighi tra coniugi, contributo ai bisogni familiari); art. 186 c.c. (debiti per bisogni della famiglia in comunione legale); art. 179 c.c. lett. d (beni personali: strumenti professione esclusi dalla comunione); art. 170 c.c. (fondo patrimoniale: impignorabilità per debiti estranei a bisogni familiari).
  • Codice di Procedura Civile: art. 491 (inizio esecuzione forzata); art. 492-bis (ricerca telematica dei beni da pignorare); art. 514 (beni mobili assolutamente impignorabili: es. oggetti casa, abbigliamento, animali domestici); art. 515 (beni relativamente impignorabili: strumenti indispensabili professione, in limiti 1/5); art. 543 (pignoramento presso terzi: notifica a debitore e terzo); art. 545 (limiti a pignoramento stipendi/pensioni: un quinto di regola, minimi vitali, scaglioni per esattoriale); art. 546 (obblighi del terzo pignorato); art. 560 (custodia immobili pignorati, eventuale abitazione debitore fino decreto di trasferimento); art. 624-bis (sospensione dell’esecuzione per accordo tra debitore e creditori); art. 615 (opposizione all’esecuzione); art. 617 (opposizione atti esecutivi); art. 495 (conversione del pignoramento mediante deposito somma).
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (sovraindebitamento “salva suicidi”): articoli abrogati ma rilevanti per evoluzione storica. In particolare art. 7, co.2 lett. a) (meritevolezza del debitore consumatore); art. 14-terdecies (esdebitazione del debitore civile) come introdotto da L.221/2012; art. 14-quaterdecies (esdebitazione “incapiente” introdotta da L.176/2020).
  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, aggiornato): artt. 2 (definizioni: sovraindebitamento = squilibrio non fallibili), 33 (strumenti di allerta e composizione, ora volontari), 65-73 (Ristrutturazione dei debiti del consumatore), 74-83 (Concordato minore: requisiti, contenuto piano, voting, omologazione), 84-120 (Concordato preventivo grandi imprese), 120-ter (transazione fiscale e contributiva nelle procedure di concordato e accordi), 161-174 (Accordi di ristrutturazione dei debiti 60% soglia), 180-185 (Piani attestati di risanamento); 268-277 (Liquidazione controllata del sovraindebitato: nomina liquidatore, effetti, durata massima 3 anni, ecc.); 278-284 (Esdebitazione del debitore: art. 282 casi esclusi – debiti alimentari, illeciti, sanzioni; art. 283 esdebitazione di diritto del sovraindebitato incapiente). N.B.: correttivo D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024 hanno modificato alcuni dettagli (es. art. 74 CCII sul concordato minore reso più specifico riguardo continenza del piano).
  • Leggi speciali fiscali: D.P.R. 29/9/1973 n. 602 (Riscossione delle imposte): art. 76 (limiti all’espropriazione immobiliare: divieto su unico immobile abitazione, soglie minime 120k); art. 77 (iscrizione di ipoteca: soglia min. €20k introdotta da DL 146/2021); art. 72-bis (pignoramento presso banca da parte Agenzia Entrate Riscossione); art. 48-bis D.P.R. 602/1973 (blocco pagamenti PA oltre €5k in presenza di cartelle, con possibile compensazione crediti/debiti). D.L. 69/2013 conv. L.98/2013 (“Decreto del Fare”): introdotto il divieto di esproprio prima casa e soglie, confermato e interpretato da Cass. ord. 32759/2024. Legge 228/2012 (Stabilità 2013): primi limiti pignoramento stipendi 1/10-1/7 sotto certe soglie.
  • Leggi professionali/STP: L. 183/2011 art. 10 (società tra professionisti, requisiti); D.M. 34/2013 (regolamento attuazione STP); L. 247/2012 art. 6 c.4 (società tra avvocati non soggette a fallimento perché non attività d’impresa). Codice Deontologico Medico su tutela decoro professione (non specifico per debiti, ma contesto).
  • Giurisprudenza recente:
    • Tribunale di Forlì, decr. 25/5/2017: ha escluso assoggettabilità a fallimento di S.r.l. Stp di commercialisti per difetto qualifica imprenditore commerciale.
    • Cass. Civ. Sez. III, 16/12/2024 n. 32759: conferma improcedibilità dell’esecuzione forzata esattoriale sull’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore (prima casa non lusso).
    • Cass. Civ. Sez. I, 28/09/2023 n. 27562: in tema di fondo patrimoniale, ribadisce che debiti per attività professionale o d’impresa non sono presunti per bisogni familiari; onere al creditore di provare l’eventuale destinazione diretta al nucleo familiare.
    • Cass. Civ. Sez. Unite, 01/02/2016 n. 1869: (legge 3/2012, definizione di consumatore) ha affermato che la qualifica di consumatore non esclude chi abbia svolto attività d’impresa in passato purché i debiti oggetto di piano non siano derivati da tale attività.
    • Cass. Civ. Sez. III, 27/07/2023 n. 22890: (sovraindebitamento) ha affrontato il requisito della meritevolezza, affermando che il giudice deve valutare l’assenza di dolo o colpa grave nel sovraindebitamento del consumatore; e che l’incapacità a pagare da sola non implica malafede (principio di favore per accesso).
    • Cass. Civ. Sez. VI, 27/04/2020 n. 8201: ha sancito che non è ammessa esecuzione su beni in fondo patrimoniale per debiti fiscali dell’attività d’impresa se estranei ai bisogni familiari.
    • Cass. Civ. Sez. I, 23/01/2013 n. 1521: (storica, su beni professionali e fondo patrimoniale) ha ritenuto non impugnabile il fondo per debiti di natura professionale, confermando orientamento a tutela famiglia.
    • Corte Costituzionale 11/02/2015 n. 18: ha escluso la rilevanza penale (art. 570 c.p.) dell’omesso pagamento di mantenimento dovuto a stato di insolvenza incolpevole, rilevando come il sovraindebitamento meritevole non possa essere criminalizzato – principio generale di favore verso debitore onesto.
    • Tribunale di Mantova 30/03/2021: (in tema di composizione negoziata ante litteram) ha omologato un accordo di ristrutturazione con cram down dell’erario applicando in via analogica l’art. 48 DL 137/2020, preludio delle norme attuali sul cram-down fiscale.
  • Circolari e prassi: Circolare Agenzia Entrate n.19/E 6/5/2015 (chiarimenti su pignoramento stipendi e conti, limiti); Relazione illustrativa al D.Lgs. 14/2019 (utili spunti interpretativi su finalità nuove procedure); Relazione ministeriale D.Lgs. 136/2024 (aggiustamenti concordato minore).

Debiti studio medico? Fatti Difendere da Studio Monardo

Il tuo studio medico ha accumulato debiti fiscali, contributivi o verso fornitori?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di pagamento o pignoramenti sui conti?

Molti studi medici, pur avendo un flusso di pazienti costante, possono trovarsi in difficoltà a causa di ritardi nei pagamenti, spese impreviste, investimenti in apparecchiature o contenziosi fiscali. Ma anche in queste situazioni la legge offre strumenti concreti per difendersi e ristrutturare il debito.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza la situazione debitoria complessiva dello studio, incluse imposte, contributi e forniture
  • 📌 Verifica la possibilità di sospendere azioni esecutive e bloccare i creditori
  • ✍️ Predispone piani di ristrutturazione o procedure di sovraindebitamento per professionisti
  • ⚖️ Ti assiste nei rapporti con Agenzia delle Entrate, INPS, banche e fornitori
  • 🔁 Richiede l’esdebitazione per cancellare i debiti residui non più sostenibili

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto nella tutela di studi professionali in crisi economica
  • ✔️ Specializzato in sovraindebitamento e difesa da contenziosi fiscali e bancari
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia

Conclusione

Anche uno studio medico con debiti può riprendersi e tornare a lavorare serenamente.
Con una strategia legale mirata puoi ridurre i debiti, bloccare i creditori e proteggere la tua attività professionale.

📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la salvezza del tuo studio medico comincia da qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!