Sei titolare o ex titolare di una farmacia con debiti e temi azioni di recupero da parte di banche, fornitori, Agenzia delle Entrate o INPS?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, pignoramenti o intimazioni di pagamento e non sai come reagire? In questi casi è fondamentale capire quali sono i tuoi diritti, come difenderti e quali soluzioni puoi adottare per salvaguardare l’attività o il tuo patrimonio personale.
Quando una farmacia può accumulare debiti
– Ritardi nei pagamenti a fornitori e grossisti di farmaci
– Prestiti, mutui o leasing per l’acquisto della licenza, arredi o macchinari
– Cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, IRAP o contributi previdenziali non versati
– Accertamenti fiscali su ricavi, margini o gestione del magazzino
– Fideiussioni personali rilasciate per finanziamenti o forniture
Cosa può succedere a una farmacia con debiti
– Pignoramenti del conto corrente aziendale o di quello personale del titolare
– Blocco delle forniture da parte dei grossisti
– Iscrizioni ipotecarie su immobili aziendali o personali
– Perdita di affidabilità creditizia e difficoltà ad accedere a nuovi finanziamenti
– Nei casi più gravi, rischio di vendita forzata della licenza o della sede
Come difendersi e agire per tempo
– Verifica la legittimità degli atti ricevuti e la correttezza delle somme richieste: molti debiti possono essere contestati o ridotti
– Se hai cartelle esattoriali, valuta rateizzazione, rottamazione o saldo e stralcio, se ne hai i requisiti
– Se i debiti sono troppo alti, valuta la procedura di composizione negoziata della crisi o il sovraindebitamento per ristrutturare il debito in modo sostenibile
– Se hai garanzie personali in corso, verifica se sono scadute o impugnabili
– Se rischi un pignoramento, puoi chiedere la sospensione o proporre opposizione se ci sono vizi di forma o di sostanza
– Negozia con i creditori piani di rientro che preservino la continuità aziendale ed evitino interruzioni dell’attività
Cosa puoi ottenere con una strategia legale mirata
– La sospensione immediata delle azioni esecutive
– La riduzione del debito complessivo attraverso accordi o procedure giudiziali
– La tutela della licenza e dell’avviamento commerciale
– La protezione del patrimonio personale, se ben distinto da quello aziendale
– La possibilità di continuare a operare, mantenendo forniture e rapporti con i clienti
Attenzione: una farmacia con debiti rischia di vedere compromessa sia la continuità aziendale sia il patrimonio del titolare. Agire in fretta, con l’assistenza di un avvocato esperto in crisi d’impresa e contenzioso tributario, può fare la differenza tra la chiusura e il salvataggio dell’attività.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti aziendali, difesa patrimoniale e crisi di farmacia ti spiega cosa fare se la tua farmacia è in difficoltà, come difenderti dalle pretese dei creditori e come ristrutturare la posizione debitoria.
Hai ricevuto atti di riscossione o minacce di azioni esecutive sulla tua farmacia?
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Introduzione
Aggiornamento Luglio 2025 – Le farmacie italiane si trovano spesso ad affrontare situazioni di indebitamento legate a fattori economici e normativi specifici del settore. Gestire una farmacia privata comporta responsabilità finanziarie significative: costi di gestione elevati, investimenti in scorte di medicinali, oneri fiscali e previdenziali, ritardi nei rimborsi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e rapporti stringenti con banche e fornitori. Quando i debiti di una farmacia diventano ingenti, il rischio non è solo finanziario ma anche operativo: fornitori che interrompono le consegne, banche che revocano fidi, DURC irregolare (per contributi non versati) con conseguente esclusione da convenzioni SSN e gare pubbliche, e persino la reputazione professionale del farmacista che può risultare compromessa.
Di fronte a una crisi di indebitamento, molti titolari di farmacia temono che l’unica via d’uscita sia chiudere o vendere l’attività in perdita. In realtà, esistono strumenti legali di difesa e di ristrutturazione del debito che consentono al farmacista di proteggere la propria attività e il proprio patrimonio, evitando conseguenze irreparabili. Il presente vademecum – dal punto di vista del debitore – offre una guida avanzata e aggiornata al luglio 2025 sulle strategie normative italiane per affrontare i debiti di una farmacia, con riferimenti legislativi, sentenze recenti, tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande e risposte. Il taglio è giuridico ma divulgativo, pensato tanto per avvocati e professionisti del settore quanto per titolari di farmacia, imprenditori e privati che si trovino ad affrontare difficoltà economiche in ambito farmaceutico.
In questa guida tratteremo:
- Cause e caratteristiche dei debiti in farmacia: le tipologie di debito più comuni per una farmacia (debiti bancari, tributari, verso fornitori, contributivi, ecc.) e i rischi connessi (pignoramenti, sospensione forniture, revoca convenzioni, ecc.).
- Normativa di riferimento e fallibilità delle farmacie: lo status giuridico della farmacia privata come impresa commerciale, i requisiti di fallibilità (soglie dimensionali) e il rapporto tra insolvenza e servizio pubblico farmaceutico, alla luce della giurisprudenza (Cass. Sez. Unite 11292/2021).
- Tutela della licenza e continuità del servizio: cosa accade alla titolarità della farmacia in caso di fallimento o concordato, le norme di settore (art. 113 T.U. Leggi Sanitarie R.D. 1265/1934) che prevedono la decadenza dell’autorizzazione solo in certe circostanze, e come garantire la continuità del servizio al pubblico anche durante una procedura concorsuale.
- Strumenti di allerta precoce e soluzioni stragiudiziali: la composizione negoziata della crisi d’impresa (introdotta nel 2021 e ora parte del Codice della Crisi) come percorso volontario e confidenziale per rinegoziare i debiti e prevenire l’insolvenza; altri strumenti come piani di risanamento attestati e accordi stragiudiziali con i creditori (es. saldo e stralcio).
- Procedure di ristrutturazione del debito (concorsuali): le opzioni offerte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e successive modifiche, tra cui: Concordato preventivo (anche in continuità aziendale), Accordi di ristrutturazione dei debiti (anche con transazione fiscale sui debiti tributari), e le procedure minori di sovraindebitamento oggi ridenominate – Concordato minore per piccoli imprenditori, Piano di ristrutturazione del consumatore per debiti personali, nonché la Liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) con eventuale esdebitazione finale del debitore onesto. Tratteremo anche la nuova misura dell’esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII) per chi è totalmente privo di beni.
- Profili penali del sovraindebitamento: i casi in cui il comportamento del debitore può sfociare in reati penali (es. bancarotta fraudolenta se il fallito distrae beni, truffa ai danni di creditori o acquirenti di azienda, insolvenza fraudolenta, reati tributari come l’omesso versamento IVA o la sottrazione fraudolenta al Fisco). Analizzeremo le principali fattispecie penali legate ai debiti e forniremo consigli su come evitarle, ricordando che essere indebitati non è un reato, ma certi comportamenti fraudolenti sì.
- Strategie pratiche e simulazioni: esempi concreti di come un farmacista indebitato può muoversi – ad esempio, un caso di concordato preventivo in continuità che ha salvato una farmacia riducendo il debito del 65% e preservando forniture e posti di lavoro; o un caso di composizione negoziata + accordo che ha permesso a un centro medico di dilazionare il debito su 10 anni mantenendo il personale. Valuteremo pro e contro di vendere la farmacia per sanare i debiti e come farlo in sicurezza (senza incorrere in responsabilità per aver occultato passività durante la vendita).
- Domande frequenti (FAQ): una sezione Q&A che risponde in modo chiaro ai dubbi più comuni: Una farmacia può fallire davvero? – Cosa succede alla mia casa se la farmacia ha debiti? – Posso mantenere la titolarità nonostante i debiti? – Come tratto i debiti col Fisco? – E se non riesco a pagare nemmeno con un concordato?, e così via.
- Tabelle riepilogative: alla fine della guida (e lungo il testo) troverete schemi riassuntivi, come il confronto tra le diverse procedure di gestione della crisi (requisiti di accesso, iter, necessità di voto dei creditori, esiti sul debito) e una tabella sui principali reati connessi ai debiti e relative pene.
Debiti e Farmacie: Cause comuni e rischi immediati
Gestire una farmacia implica tipicamente un elevato volume di operazioni finanziarie e costi fissi importanti. Tra le cause più frequenti che possono portare una farmacia all’indebitamento troviamo:
- Acquisto della licenza e avviamento: L’apertura o rilevazione di una farmacia richiede spesso un investimento iniziale molto alto (la licenza farmaceutica può costare centinaia di migliaia di euro). Di frequente il farmacista deve ricorrere a finanziamenti bancari o mutui per acquistare l’azienda farmacia e il suo avviamento commerciale. Ciò genera debiti a lungo termine che gravano sulla gestione.
- Ritardo nei pagamenti del SSN: Molte farmacie sono convenzionate col Servizio Sanitario Nazionale, erogando farmaci rimborsabili dietro presentazione di ricette. I rimborsi da parte delle ASL o enti regionali possono subire ritardi significativi. Un accumulo di crediti verso il SSN pagati in ritardo significa per la farmacia tensioni di cassa e potenziale ricorso a scoperti bancari o fornitori non pagati.
- Aumenti dei costi e crisi economiche: Negli ultimi anni, ad esempio, l’aumento dei costi energetici e altre spese generali ha inciso sui bilanci delle farmacie. Se il margine sui farmaci venduti non cresce proporzionalmente, la farmacia può trovarsi con utili ridotti e quindi maggior difficoltà a onorare debiti pregressi.
- Debiti tributari e contributivi: La farmacia come impresa deve versare regolarmente IVA, imposte sul reddito, tasse locali, nonché contributi previdenziali per i dipendenti e per il titolare (gestione commercianti INPS) e contributi ENPAF (cassa farmacisti) se dovuti. Un calo di liquidità può portare al rinvio o omesso versamento di qualche imposta o contributo. In breve tempo, tra interessi e sanzioni, le cartelle esattoriali possono lievitare. Debiti fiscali elevati e DURC negativo (Documento Unico Regolarità Contributiva non regolare) comportano conseguenze serie: impossibilità di partecipare a bandi pubblici, problemi con la convenzione SSN e rischio di iscrizione di ipoteche o fermi amministrativi da parte dell’Erario.
- Fornitori non pagati nei termini: I grossisti di farmaci e parafarmaci in genere forniscono merce con pagamenti dilazionati (es. 60-90 giorni). Se la farmacia accumula ritardi, il fornitore può sospendere le consegne di medicinali, mettendo a rischio l’operatività quotidiana e la credibilità commerciale. Inoltre il fornitore potrà agire legalmente (ingiunzioni di pagamento, decreti ingiuntivi) e ottenere misure cautelari o pignoramenti su conto corrente o cassa.
- Locazione e altri costi fissi: Molte farmacie operano in locali in affitto; il canone mensile è un costo incomprimibile. Un ritardo nel pagamento degli affitti espone a sfratto. Altri costi fissi includono le utenze, i gestionali informatici, gli stipendi del personale e eventuali rate per attrezzature (es. laboratori galenici). Tutte queste uscite devono essere onorate a scadenza, altrimenti si accumulano debiti verso i rispettivi creditori (ad es. arretrati con il proprietario dei muri, bollette insolute con rischio distacco, stipendi non pagati con possibili vertenze legali da parte dei dipendenti, ecc.).
Rischi immediati in caso di debiti non gestiti: Se i debiti di una farmacia diventano ingovernabili, il titolare si espone a varie azioni da parte dei creditori. In breve, i principali rischi sono:
- Decreti ingiuntivi e pignoramenti: Un creditore (fornitore, banca, fisco, proprietario dell’immobile, ecc.) potrebbe ottenere un decreto ingiuntivo dal tribunale e, in mancanza di pagamento entro 40 giorni, avviare un pignoramento. Nella farmacia i bersagli tipici sono: il conto corrente (pignoramento presso la banca dei saldi attivi), il fatturato (pignoramento presso terzi, ad es. dei crediti vantati verso ASL/SSN), i beni mobili nel locale (pignoramento dell’arredo, computer, merce magazzino – anche se medicinali e beni essenziali per l’attività possono avere tutele), e nei casi gravi l’immobile se di proprietà (ipoteca o pignoramento immobiliare). Per il farmacista imprenditore individuale, tutti i beni personali presenti e futuri possono essere attaccati dai creditori (salvo quelli impignorabili per legge, come alcuni beni di stretta necessità). Anche l’autovettura aziendale o personale può subire fermo amministrativo o pignoramento.
- Revoca degli affidamenti bancari: Se la farmacia utilizza fidi di cassa o scoperti di conto (ad es. per anticipo ricette SSN o anticipo fatture), la banca monitorerà con attenzione la solvibilità. Il mancato rientro nei fidi o il deterioramento del merito creditizio (proteste, segnalazioni) può portare la banca a revocare gli affidamenti o non rinnovare le linee di credito. Ciò crea un effetto domino sul cash flow, aggravando ancora di più la crisi di liquidità.
- Sospensione delle forniture e reputazione: Come accennato, i fornitori strategici (distributori di farmaci, parafarmaci, dispositivi) davanti a insoluti potrebbero passare a modalità di consegna in contrassegno (pagamento immediato alla consegna) o bloccare completamente gli ordini. Questo genera carenze di prodotti sugli scaffali, clienti insoddisfatti e perdita di competitività rispetto alle altre farmacie. La notizia di una farmacia “in difficoltà” può diffondersi tra gli operatori del settore e minare la reputazione commerciale del titolare.
- Perdita della convenzione SSN e altre sanzioni amministrative: Una farmacia con gravi irregolarità contributive o che interrompa il servizio pubblico (ad es. chiusura prolungata per problemi finanziari) può incorrere in provvedimenti da parte delle autorità sanitarie locali. In casi estremi, se la farmacia resta chiusa oltre 15 giorni senza autorizzazione, il Comune potrebbe iniziare il procedimento di decadenza della licenza per interruzione del servizio (art. 113 T.U. leggi sanitarie). Inoltre, un DURC irregolare impedisce il rimborso di alcune prestazioni convenzionate e l’accesso a bandi pubblici (es. per forniture a case di riposo, ecc.).
- Stress e decisioni affrettate: Il contesto di forte pressione può spingere il titolare indebitato verso decisioni emotive e poco ponderate: vendere la farmacia frettolosamente a un prezzo stracciato, oppure trasferire beni personali a familiari sperando di salvarli dai creditori. Tali azioni, oltre a poter essere inefficaci o revocabili, rischiano di integrare comportamenti illeciti (come vedremo nella sezione penale).
In sintesi, la condizione di sovraindebitamento di una farmacia va affrontata tempestivamente, con l’ausilio di strumenti legali adeguati, prima che degeneri in un default conclamato o in una crisi irreversibile che faccia perdere l’azienda. Nei paragrafi seguenti esamineremo dapprima il quadro normativo che disciplina l’insolvenza delle farmacie (fallibilità, licenza, giurisdizione), quindi passeremo in rassegna le possibili soluzioni – dalla composizione negoziata alle varie procedure concorsuali – e infine i profili penali e le FAQ.
Fallibilità delle farmacie: quadro normativo e giurisprudenza
Una domanda cruciale che spesso il titolare di farmacia si pone è: “Una farmacia può essere dichiarata fallita (o soggetta a procedure concorsuali) dato che svolge un servizio pubblico essenziale?”. Per molti anni vi è stata incertezza sulla natura giuridica dell’attività farmaceutica, la quale ha una duplice natura: da un lato è un’attività di impresa commerciale (vendita di beni al pubblico), dall’altro lato è soggetta a un titolo abilitativo amministrativo e svolge una funzione di pubblico interesse (garantire la dispensazione del farmaco alla comunità). Questa particolarità ha generato dibattito sull’assoggettabilità delle farmacie al fallimento.
La risposta giuridica attuale è chiara: sì, la farmacia privata può essere dichiarata fallita in caso di insolvenza, al pari di qualsiasi altro imprenditore commerciale, purché non rientri nelle esclusioni di legge. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11292 del 29/04/2021, hanno definitivamente chiarito che il titolare di farmacia, sia esso imprenditore individuale sia società, è soggetto alle procedure concorsuali (fallimento, concordato) secondo le regole generali. La Suprema Corte ha affermato che:
“L’imprenditore che eserciti, in forma individuale o societaria, attività di farmacia privata – in quanto attività imprenditoriale consistente in gran parte nella vendita al pubblico di prodotti medicali e non – può, secondo le regole generali, essere sottoposto a fallimento ove versi in stato di insolvenza.”
Ha inoltre precisato che la natura di servizio pubblico della farmacia non esonera dal fallimento, ma semmai impone di garantire la continuità del servizio agli utenti anche durante la procedura concorsuale. In particolare, la legge di settore (L. 362/1991 “Norme di riordino del settore farmaceutico”) contiene norme a tutela della continuità del servizio farmaceutico, ma queste coesistono con le norme fallimentari: il procedimento fallimentare è di competenza del giudice ordinario e resta autonomo rispetto alle vicende amministrative della concessione farmaceutica (ad esempio un eventuale provvedimento comunale di revoca della licenza).
Quindi, se una farmacia è insolvente e non rientra nelle esenzioni, il tribunale può emettere sentenza dichiarativa di fallimento (oggi tecnicamente liquidazione giudiziale nel nuovo Codice della Crisi). Ciò a prescindere dal fatto che solo un farmacista abilitato possa esercitarne l’attività: la distinzione è tra soggettività dell’impresa e titolarità dell’autorizzazione amministrativa, piani correlati ma distinti. La Cassazione ha sottolineato che l’abilitazione amministrativa (licenza) e l’attività d’impresa “sono correlati ma autonomi”: da un lato l’imprenditore farmacista può fallire, dall’altro esistono regole per evitare l’interruzione del pubblico servizio farmaceutico, come vedremo a breve.
Soglie di fallibilità e codice della crisi
Occorre ricordare che non tutte le farmacie potranno essere sottoposte a fallimento: dipende dalle dimensioni economiche. Il nostro ordinamento prevede infatti soglie sotto le quali l’imprenditore commerciale è esonerato dal fallimento (ma rientra nel campo del sovraindebitamento, v. oltre). I requisiti attualmente (secondo l’art. 2, comma 1, lett. d) del Codice della Crisi, che riprende l’art. 1 della vecchia legge fallimentare) sono i seguenti:
- Attivo patrimoniale annuo nei 3 esercizi precedenti non superiore a 300.000 €;
- Ricavi lordi annui nei 3 esercizi precedenti non superiori a 200.000 €;
- Debiti totali non superiori a 500.000 €.
Chi riesce a dimostrare il possesso congiunto di questi tre requisiti dimensionali (attivo, ricavi, debiti sotto soglia) non è soggetto a fallimento (né a concordato preventivo ordinario). L’onere della prova spetta all’imprenditore stesso, che deve sollevare la questione di non fallibilità indicando i propri dati di bilancio. In pratica, molte piccole farmacie rurali o di paese con fatturati modesti potrebbero rientrare in queste soglie e quindi, se insolventi, non verrebbero dichiarate fallite dal tribunale. Ciò non significa però che siano prive di tutela: per loro si aprono le procedure di sovraindebitamento (oggi procedure di composizione della crisi minori), come il concordato minore o la liquidazione controllata, di cui tratteremo più avanti.
Di contro, una farmacia in città con un discreto giro d’affari (spesso i ricavi superano facilmente 200.000 € annui anche per farmacie medio-piccole) sarà considerata impresa “fallibile”. Ad esempio, farmacie con debiti oltre 500.000 € – caso non raro data la necessità di credito per scorte e licenza – quasi certamente superano almeno uno dei parametri e rientrano quindi nel campo delle procedure concorsuali ordinarie. Nel dubbio, sarà il tribunale a valutare i numeri: se un creditore chiede il fallimento e il farmacista eccepisce di essere sotto soglia, dovrà provare di non aver mai superato quei limiti negli ultimi tre anni.
Va segnalato che il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), entrato in vigore definitivamente dal 15 luglio 2022, ha unificato la disciplina delle crisi sia per le imprese “maggiori” che per i debitori minori (non fallibili). Esso mantiene le soglie di fallibilità appena viste. Inoltre ha introdotto novità come la composizione negoziata e previsto correttivi (nel 2023 sono stati emanati decreti correttivi per adeguare la normativa, incluso il cosiddetto Correttivo “Ter”). Nel prosieguo, useremo i termini aggiornati del CCII: ad esempio “liquidazione giudiziale” per indicare il fallimento; “concordato minore” per il vecchio “accordo di composizione” dei sovraindebitati; “piano del consumatore” rimane tale ma formalmente chiamato “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”; “liquidazione controllata” per la liquidazione del patrimonio ex L.3/2012; ecc. Quando necessario, faremo riferimento alla terminologia previgente per chiarezza.
Licenza della farmacia e continuità del servizio in caso di insolvenza
Uno degli aspetti peculiari dei debiti di una farmacia riguarda la sorte della titolarità della farmacia (licenza/autorizzazione) in caso di procedure concorsuali. Come accennato, l’esercizio della farmacia privata richiede un’autorizzazione amministrativa rilasciata dalla Pubblica Amministrazione (di solito dal Comune o Regione a seguito di concorso farmaceutico o acquisizione di sede). Questa concessione è personale (legata al farmacista o alla società autorizzata) e serve a garantire che ogni farmacia operi con i requisiti di legge.
Cosa accade alla licenza se la farmacia entra in procedura concorsuale? Le norme di settore prevedono dei casi specifici di decadenza dell’autorizzazione. L’art. 113 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (R.D. 1265/1934) stabilisce che la concessione decade, tra l’altro, “per la dichiarazione di fallimento dell’autorizzato, non seguita, entro quindici mesi, da sentenza di omologazione di concordato…”. In altre parole, se un farmacista (o società esercente farmacia) viene dichiarato fallito, l’autorità amministrativa può revocare la licenza trascorsi 15 mesi a meno che nel frattempo non intervenga una sentenza di omologazione di un concordato (fallimentare o preventivo). Questa previsione intende bilanciare due esigenze: da un lato, evitare che una farmacia resti congelata in fallimento a tempo indeterminato (lasciando una zona eventualmente priva del servizio farmaceutico), dall’altro dare la possibilità al farmacista di ripianare la situazione entro un certo tempo tramite un concordato, salvando così la titolarità.
Dal combinato disposto di tali norme e della prassi giurisprudenziale recente derivano alcuni scenari importanti da comprendere:
- Fallimento di una società titolare di farmacia: Se la farmacia è gestita da una società di persone o di capitali (cosa possibile dopo la L. 124/2017, che ha liberalizzato la titolarità societaria delle farmacie), la dichiarazione di fallimento della società non comporta automaticamente la decadenza della licenza. In questi casi, di solito il tribunale fallimentare, in accordo con le autorità sanitarie, mantiene provvisoriamente l’esercizio della farmacia aperto tramite la curatela fallimentare o un gestore nominato ad hoc. L’obiettivo è vendere l’azienda farmacia nell’ambito della procedura, trasferendo la titolarità a un soggetto idoneo, senza interrompere il servizio ai cittadini. La giurisprudenza amministrativa (TAR, Consiglio di Stato) ha confermato che il Comune prima di dichiarare la decadenza deve attendere e valutare le deduzioni della curatela, potendo autorizzare l’esercizio provvisorio della farmacia in mano al curatore per preservarne il valore e il servizio. Dunque, non vi è un automatismo: la farmacia societaria fallita può continuare temporaneamente l’attività finché il curatore non la cede a terzi; la licenza sarà poi volturata al nuovo acquirente senza soluzione di continuità.
- Fallimento di un farmacista individuale: Se il titolare è una persona fisica e viene dichiarato fallito, la situazione è più delicata. In base all’art. 113 T.U. San., la decadenza della licenza può essere dichiarata se entro 15 mesi non c’è un concordato omologato. In pratica, il farmacista fallito ha un forte incentivo a cercare una soluzione concordataria entro un anno e un quarto, per non perdere la sede. Ad esempio potrebbe proporre un concordato fallimentare (ossia un accordo coi creditori nella procedura di liquidazione giudiziale) che, se omologato entro 15 mesi, gli consente di evitare la decadenza. Se invece la procedura liquidatoria si protrae oltre e non c’è concordato, l’autorità sanitaria potrà bandire la sede farmaceutica per assegnarla a un nuovo titolare. Nota: nel caso di farmacista individuale, è improbabile che la farmacia resti aperta durante il fallimento, perché il fallito viene spossessato dei beni aziendali e manca un soggetto autorizzato a gestire (il curatore potrebbe non avere i requisiti professionali). Di solito la farmacia individuale fallita viene chiusa e il curatore procede a cedere l’azienda farmacia (licenza + arredi + avviamento) a un altro farmacista, realizzando attivo da distribuire ai creditori. Se la vendita avviene e il concordato fallimentare di liquidazione viene omologato, il vecchio titolare evita la decadenza formale (anche se di fatto ha perso la farmacia, venduta ad altri).
- Concordato preventivo (o minore) in continuità prima del fallimento: Questo è il caso ideale per il debitore che vuole conservare la farmacia. Se il farmacista in crisi evita di arrivare al fallimento e attiva per tempo una procedura concorsuale alternativa (come un concordato preventivo in continuità aziendale, o per i non fallibili un concordato minore), può mantenere l’esercizio e la titolarità sotto controllo del tribunale, senza incappare nell’art. 113 citato perché non vi è mai stata una dichiarazione di fallimento. In tal caso la licenza non viene meno, e anzi la normativa speciale consente misure come l’affidamento della gestione al debitore stesso sotto vigilanza. Ad esempio, nel concordato preventivo con continuità il farmacista rimane alla guida della farmacia come debitor in possesso, con affianco gli organi della procedura (commissario giudiziale) e l’ok del tribunale, potendo proseguire l’attività e servire l’utenza durante la ristrutturazione. Se il piano ha esito positivo (omologazione e adempimento), la crisi viene superata senza perdita della sede. Dunque la strategia di difesa primaria per il farmacista indebitato è attivarsi prima che intervenga il fallimento, utilizzando strumenti come concordati o accordi protetti.
- Ipotesi di revoca per chiusura prolungata: Un altro rischio da evitare è quello di incorrere nella decadenza per chiusura non autorizzata oltre 15 giorni (lettera d) dell’art. 113 T.U.S.). Se la crisi impone una chiusura temporanea (es. per mancanza di personale o merce), è fondamentale comunicare subito all’ASL/comune chiedendo un’autorizzazione alla sospensione temporanea dell’esercizio. Provvedimenti comunali di decadenza emanati senza aver dato modo al farmacista/curatore di giustificare la chiusura sono stati giudicati illegittimi dai TAR. Insomma, mai abbandonare la farmacia al suo destino: se davvero la si deve chiudere qualche giorno per inventario o difficoltà, meglio concordarlo con le autorità, per non fornire appigli ad azioni amministrative irreversibili.
Riassumendo: il fallimento non è la fine automatica di una farmacia, ma apre uno scenario di gestione complesso in cui la priorità è assicurare il servizio farmaceutico al pubblico. La miglior difesa per il titolare è prevenire il fallimento ricorrendo per tempo a soluzioni come accordi o concordati, così da ristrutturare il debito mantenendo la titolarità e il controllo dell’azienda. Nei prossimi paragrafi esamineremo proprio questi strumenti di risanamento e come attivarli.
Strategie stragiudiziali: prevenire la crisi con la Composizione Negoziata
Prima di entrare nelle vere e proprie procedure concorsuali giudiziali, è opportuno valutare i rimedi stragiudiziali o pre-concorsuali che l’ordinamento mette a disposizione. Negli ultimi anni il legislatore ha enfatizzato molto la necessità di intercettare precocemente la crisi d’impresa e tentare soluzioni negoziali con i creditori, evitando ove possibile il fallimento. Per le farmacie, che spesso hanno uno stretto rapporto con fornitori e con il sistema bancario, tali strumenti possono essere particolarmente utili.
Allerta interna e obblighi gestionali (breve accenno)
Il Codice della Crisi ha introdotto per tutte le imprese (incluse le farmacie societarie) l’obbligo di dotarsi di assetti organizzativi adeguati a rilevare tempestivamente i segnali di crisi (art. 3 CCII). In pratica, l’imprenditore deve monitorare indicatori come indici di liquidità, ritardi nei pagamenti di imposte o fornitori, ecc., e attivarsi prima che l’insolvenza diventi conclamata. Nel caso delle farmacie, ad esempio, un calo significativo degli incassi unito a crescenti ritardi nel pagamento di fornitori e imposte è un campanello d’allarme che deve spingere il titolare a cercare assistenza professionale (commercialista o esperto di crisi).
Il vecchio istituto delle procedure di allerta esterne (segnalazioni obbligatorie da parte di creditori pubblici, camere di commercio, ecc.) è stato di fatto accantonato; oggi la filosofia è: auto-diagnosi e intervento volontario precoce.
Composizione negoziata della crisi d’impresa
Lo strumento principale introdotto di recente per aiutare l’imprenditore in difficoltà è la Composizione Negoziata della Crisi, disciplinata dal D.L. 118/2021 (conv. in L. 147/2021) e ora confluita nel Codice della Crisi (artt. 12-25 CCII). Si tratta di un procedimento volontario, confidenziale e non giudiziale in cui l’imprenditore (anche piccolo, senza limiti di fatturato) può richiedere la nomina di un esperto indipendente con il compito di agevolare le trattative con i creditori e ricercare una soluzione per risanare l’impresa.
Ecco le caratteristiche salienti e i vantaggi per una farmacia indebitata:
- Accesso tramite piattaforma telematica: Il titolare della farmacia presenta un’istanza sul portale dedicato (gestito dalle Camere di Commercio) caricando documentazione contabile e un piano di massima. Dev’essere in situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o insolvenza, ma non deve aver già la situazione compromessa in modo irreversibile. Nel dubbio, l’accesso è comunque consentito in buona fede.
- Nomina dell’esperto facilitore: Entro pochi giorni viene nominato un esperto, tipicamente un commercialista o altra figura con specifiche competenze in crisi d’impresa, che indipendentemente aiuterà a valutare la situazione. L’esperto convoca il debitore e i creditori principali (es. banche, fornitori maggiori, Agenzia Entrate Riscossione se ci sono debiti fiscali rilevanti) e conduce gli incontri cercando di far emergere proposte di soluzione.
- Rimedi negoziali possibili: Durante la composizione negoziata si può arrivare a vari esiti: un accordo stragiudiziale semplice con alcuni creditori (ad esempio una moratoria sui debiti, un saldo e stralcio parziale concordato con fornitori, una riscadenzazione dei mutui bancari), oppure un accordo di ristrutturazione dei debiti formale da omologare poi in tribunale (ne parleremo nella sezione successiva), o ancora la preparazione di un concordato preventivo. La composizione negoziata è dunque una fase di studio e trattativa, che può sfociare in un atto giuridico risolutivo oppure concludersi senza esito.
- Protezione dell’impresa durante le trattative: Uno dei benefici per il debitore è la possibilità di chiedere misure protettive temporanee. In pratica, il farmacista può presentare un’istanza al tribunale per ottenere la sospensione delle azioni esecutive dei creditori durante i negoziati (di norma fino a 4 mesi, prorogabili fino a 12). Se concessa, questa misura blocca nuovi pignoramenti o fallimenti su richiesta dei creditori, guadagnando tempo per trattare. Inoltre, durante la composizione negoziata l’impresa non è dichiarata in procedura concorsuale, quindi il titolare mantiene pieni poteri di gestione (salvo dover evitare atti gravemente pregiudizievoli per i creditori, pena perdere la protezione).
- Continuità dell’attività: La farmacia continua a operare normalmente durante le trattative. Anzi, la legge consente all’imprenditore di richiedere autorizzazione del tribunale per atti di straordinaria amministrazione che possano servire al rilancio (ad es. ottenere nuova finanza prededucibile, cioè privilegiata in caso di successivo fallimento, per sostenere la continuità). È cruciale però mantenere regolare il servizio: la fiducia dei clienti e fornitori deve essere preservata; per questo la negoziazione è riservata, non pubblica, così la reputazione non viene lesa dal “marchio” di azienda in crisi.
- Esito positivo: accordo e niente procedure concorsuali: Se la composizione negoziata porta a un accordo soddisfacente con i creditori (ad esempio, i creditori rappresentativi di la gran parte del debito accettano un piano di ristrutturazione con riduzione parziale dei crediti e dilazione sul resto), tale accordo può restare privato oppure essere formalizzato in un accordo ex art. 182-bis L.F. (ora art. 61 CCII) da far omologare al tribunale. In ogni caso, il risultato è che la farmacia evita il fallimento e prosegue l’attività ristrutturata, pagando i debiti secondo quanto convenuto e mantenendo licenza e azienda.
- Esito negativo: opzioni concorsuali semplificate: Se purtroppo le trattative falliscono (ad es. alcuni creditori chiave non accettano alcuna intesa), il legislatore offre al debitore un’ultima opportunità: la proposta di concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII). In sostanza, senza passare per il voto dei creditori, l’imprenditore può chiedere al tribunale l’omologazione di un concordato liquidatorio (cioè la vendita di beni dell’azienda e ripartizione del ricavato secondo le regole) da attuarsi in modo rapido. Questo strumento è riservato ai casi in cui la composizione negoziata non abbia prodotto soluzioni migliori. Ad esempio, se un farmacista non riesce a trovare accordo con i creditori per continuare l’attività, potrebbe proporre al giudice di vendere la farmacia tramite procedura concordataria semplificata: il ricavato andrà ai creditori nei limiti possibile, e il debitore otterrà l’esdebitazione (liberazione dai debiti residui) a fine liquidazione. Attenzione: il concordato semplificato è un’arma a doppio taglio, perché implica comunque la perdita dell’azienda; va considerato come extrema ratio per evitare magari la meno governabile liquidazione giudiziale (fallimento).
La composizione negoziata in pratica (esempio): una farmacia indipendente con due sedi, debiti cumulati per 800.000 € (mutui bancari, arretrati fiscali e verso fornitori) inizia a mostrare tensioni finanziarie. Il titolare attiva a febbraio 2024 la composizione negoziata. L’esperto nominato aiuta ad elaborare un piano: i fornitori principali accettano un taglio del 30% sui crediti se pagati in 12 rate; la banca proroga il mutuo allungando la durata; l’Erario acconsente a stralciare sanzioni e interessi aderendo a una transazione fiscale (prevista nel concordato/accordo, v. oltre) con pagamento del solo tributo in 5 anni. Grazie a queste intese, a giugno 2024 la farmacia firma un accordo di ristrutturazione con il 75% dei creditori, che viene omologato dal tribunale. Le esecuzioni sono state sospese nel frattempo, e la farmacia non ha interrotto l’attività; anzi, superato l’impasse, torna regolare coi pagamenti correnti, riacquista credibilità con i fornitori (che riprendono a dare fiducia) e continua a servire la clientela senza che questa si sia accorta di nulla. L’accordo ha ridotto l’esposizione di circa il 60% e dilazionato il resto in modo sostenibile. Il titolare ha conservato la proprietà e la licenza della farmacia.
Utilità per il debitore farmacista: La composizione negoziata è fortemente consigliabile quando vi sono chance di risanamento ma serve una rinegoziazione generale con i creditori. Per esempio, se la farmacia ha un modello di business ancora valido (ubicazione buona, clientela, potenziale utile) ma è appesantita da debiti pregressi magari dovuti a eventi straordinari (investimenti, pandemia COVID, ecc.), allora l’intervento negoziato può “pulire” la situazione finanziaria consentendo una ripartenza. Inoltre, può essere intrapresa anche da farmacie sotto soglia (non fallibili) che quindi non potrebbero accedere a concordato preventivo: difatti la composizione negoziata è aperta a tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, senza distinzione di dimensione.
Va detto che l’efficacia della composizione negoziata dipende molto dalla collaborazione dei creditori: se questi sono troppi e poco organizzati, l’esperto potrebbe faticare a trovare un consenso. In certi casi, specie per debiti elevati, può essere necessario ricorrere alle procedure concorsuali vere e proprie (concordati, ecc.) dove l’approvazione a maggioranza vincola anche i dissenzienti.
Transazione fiscale e debiti con Erario/INPS: Un elemento cruciale in molte crisi di farmacia sono i debiti tributari e contributivi. Questi creditori “pubblici” in passato erano difficili da gestire, perché l’Erario non poteva accettare pagamenti parziali di imposte come IVA se non per intero (pena inammissibilità del concordato). Oggi la situazione è migliorata: la cosiddetta transazione fiscale (art. 63 CCII, ex art. 182-ter L.F.) consente di proporre nel concordato o negli accordi il pagamento parziale di imposte e contributi, previa adesione delle Agenzie fiscali. Inoltre, le recenti riforme hanno introdotto il cram-down fiscale: il tribunale può omologare il concordato anche senza il voto favorevole del Fisco, se la proposta garantisce almeno il valore di liquidazione ai crediti fiscali. Questo è rilevante per le farmacie, perché spesso hanno cartelle per IVA e ritenute; ora è possibile includerle nell’accordo e trattarle come gli altri crediti, con riduzione o dilazione, ottenendo stop a interessi e sanzioni. Nella composizione negoziata, l’esperto cercherà di portare anche l’Erario al tavolo: l’Agenzia Entrate può valutare piani di rientro, specialmente se si prospetta un’alternativa concordataria.
In conclusione, prima di arrendersi o attendere passivamente le azioni dei creditori, un farmacista indebitato dovrebbe considerare la composizione negoziata: è uno strumento flessibile, relativamente veloce e poco costoso (i compensi dell’esperto sono contenuti per legge e spesso si ripagano con il successo dell’operazione) che può evitare guai peggiori. Se però la situazione è troppo compromessa o i creditori non collaborano, occorrerà passare alle soluzioni concorsuali formali, di cui ora parleremo.
Procedure concorsuali per risanare o liquidare i debiti
Quando l’accordo bonario non è percorribile o non sufficiente, il diritto fallimentare (oggi diritto della crisi) offre vari tipi di procedure concorsuali, cioè procedure giudiziali in cui tutti i creditori vengono coinvolti collettivamente per definire la sorte dei debiti. L’idea di base è che, attraverso il tribunale, si possa raggiungere o un risanamento dell’impresa (concordato in continuità, ristrutturazione) oppure una liquidazione ordinata dei beni (fallimento/liquidazione giudiziale) con eventuale esdebitazione finale del debitore persona fisica.
A seconda delle caratteristiche della farmacia (impresa fallibile o meno, volontà di continuare l’attività o necessità di chiudere) si potrà scegliere lo strumento più idoneo. Di seguito distinguiamo le procedure maggiori (per imprese assoggettabili al fallimento) dalle procedure di sovraindebitamento (per i soggetti minori non fallibili, compresi eventualmente i farmacisti come persone fisiche sotto soglia).
Concordato preventivo (per imprese maggiori)
Il concordato preventivo è una procedura concorsuale giudiziale che consente all’imprenditore insolvente o in crisi di proporre ai creditori un piano per ristrutturare i debiti, sotto il controllo del tribunale, evitando così la liquidazione fallimentare. È “preventivo” perché si avvia prima dell’eventuale fallimento (anzi, ne impedisce la dichiarazione). Una farmacia che superi le soglie di fallibilità e si trovi in difficoltà finanziaria può ricorrere a questo strumento.
Caratteristiche principali:
- Iniziativa e ammissione: Il concordato preventivo è volontario: viene proposto dal debitore stesso depositando un ricorso in tribunale con la descrizione della crisi, il piano di risanamento e le garanzie offerte. Il tribunale, verificati i presupposti formali (stato di crisi, documentazione completa) ammette la procedura e nomina un commissario giudiziale, sospendendo eventuali istanze di fallimento pendenti.
- Tipologie di concordato: Può essere in continuità aziendale, se prevede che la farmacia resti aperta e prosegua l’attività durante e dopo la procedura, oppure liquidatorio, se prevede la cessazione dell’attività e la vendita dei beni per pagare i creditori. La continuità è ovviamente preferibile per il farmacista che voglia mantenere la propria azienda. Nel concordato in continuità, il debitore conserva la gestione (sotto vigilanza) e può continuare a vendere farmaci, acquistare merce, pagare spese correnti, ecc., in attesa dell’omologazione.
- Proposta ai creditori: Il cuore del concordato è la proposta di trattamento dei crediti. Tipicamente, si offre di pagare solo una percentuale dei debiti (es. 40%) e/o di dilazionarli su più anni, in base alle capacità finanziarie dell’impresa. Nel caso di una farmacia, ad esempio, la proposta potrebbe essere: pagamento integrale di debiti privilegiati (es. dipendenti, fornitori con privilegio sui beni) e pagamento al 30% dei debiti chirografari (fornitori generici, banche per la parte scoperta da garanzie, fisco per la parte eventualmente degradabile), il tutto nell’arco di 5 anni, con gli utili futuri e magari l’apporto di risorse esterne (nuovi soci o vendita di un immobile non essenziale). Riduzioni dell’ordine del 50-70% del debito complessivo non sono inusuali in concordato, specie in continuità dove i creditori accettano uno stralcio pur di permettere all’azienda di sopravvivere (cosa che in liquidazione frutterebbe loro ancora meno).
- Voto dei creditori: I creditori, suddivisi per classi se opportuno, sono chiamati a votare la proposta. Servono le maggioranze previste dalla legge (maggioranza per valore dei crediti e talvolta per teste). Ad esempio, è necessaria l’adesione di oltre il 50% dei crediti ammessi al voto. Nel concordato preventivo standard, tutti i creditori concorrono (anche quelli privilegiati se non sono pagati integralmente). Se la maggioranza vota sì, la proposta è approvata e vincolerà anche i dissenzienti; se vota no, il tribunale dichiara l’esito negativo e di regola dichiara il fallimento.
- Omologazione e attuazione: In caso di voto positivo, il tribunale procede all’omologazione (salvo eventuali opposizioni di creditori dissenzienti, che però hanno margini ridotti se le maggioranze sono rispettate). Con la sentenza di omologazione, il piano diventa vincolante erga omnes. Il debitore deve quindi eseguire il concordato secondo i termini promessi (pagare le percentuali stabilite, ecc.) sotto la vigilanza di un commissario/giudice delegato. Una volta eseguito (ci possono volere alcuni anni), l’azienda esce dalla procedura ed è risanata: i debiti precedenti si considerano estinti per la parte non pagata.
- Vantaggi: Il concordato preventivo in continuità consente di bloccare tutte le azioni esecutive (appena ammesso, scatta un divieto di iniziare o proseguire pignoramenti individuali). Permette inoltre al debitore di ottenere nuova finanza (prestiti) con lo status di prededucibilità (chi finanzia è garantito di essere pagato prima di altri crediti, incentivando banche o soci ad investire nel rilancio). Soprattutto, evita il fallimento e consente di salvare la farmacia come entità operativa, mantenendo la licenza, i dipendenti e la clientela. Il debitore rimane imprenditore, anche se controllato – non subisce l’interdizione personale tipica del fallimento. A fine concordato, se tutto va bene, ha un’azienda ancora sua, con debiti ridotti (la parte stralciata viene definitivamente annullata dall’omologa).
- Criticità: Preparare un concordato è complesso: servono piani industriali credibili, attestazioni di esperti che certifichino la fattibilità e la convenienza rispetto alla liquidazione (un attestatore indipendente deve asseverare che i creditori ricevono almeno quanto otterrebbero da un fallimento). I costi professionali (avvocati, commercialisti) sono significativi. Inoltre, il concordato espone pubblicamente la crisi (viene pubblicato nel registro imprese), cosa che può creare tensioni con fornitori e clientela durante la procedura. Infine, occorre gestire con cura i rapporti con i creditori strategici (es. fornitori di farmaci, banca principale): anche se non possono fare azioni legali, potrebbero votare contro o creare difficoltà. È fondamentale dunque presentare una proposta equa e convincente, magari coinvolgendoli già durante la composizione negoziata o informalmente prima di depositare il ricorso.
Esempio concreto: una farmacia urbana con due dipendenti e debiti per 1,2 milioni € (di cui 400k con banca per mutuo acquisto locale, 300k con Agenzia Entrate Riscossione per IVA non versata e IRPEF, 200k con grossisti farmaci, 100k tra INPS e fornitori vari, resto con privati) si trova in crisi dopo un calo di fatturato e l’aumento dei costi. È palesemente oltre soglia, quindi fallibile. Il titolare, anziché attendere le mosse dei creditori, nel 2025 deposita una domanda di concordato preventivo con continuità in tribunale. La proposta: mantenere aperta la farmacia, apporto di 100k € da un parente come new finance, pagamento integrale del mutuo ipotecario (garantito dall’immobile) e dei debiti verso dipendenti/INPS, pagamento al 30% di tutti gli altri debiti chirografari (Erario compreso, grazie alla transazione fiscale, che stralcia sanzioni e interessi) in 5 anni. I fornitori e l’Erario votano a favore perché percepiscono che prenderebbero forse il 10% in un fallimento (dato che l’immobile è ipotecato dalla banca); la banca è indifferente (prende comunque le sue rate, quindi non vota). Raggiunta la maggioranza, il tribunale omologa il concordato. La farmacia riprende fiato: debito ridotto di circa 65% (da 1,2M a ~420k), diluito in 5 anni; nessun licenziamento, i fornitori essenziali tornano a rifornire (grazie anche al pagamento parziale ricevuto e alle garanzie sull’adempimento), la convenzione SSN rimane attiva. Il farmacista conserva la titolarità e, liberato dal peso eccessivo, può concentrarsi sul rilancio (magari ampliando il reparto dermocosmesi, migliorando servizi CUP, ecc. per aumentare ricavi).
Questo esempio, simile al caso reale di una farmacia toscana riportato dalle cronache, dimostra come il concordato possa “salvare” l’impresa debitrice quando ben congegnato. Ovviamente non tutte le situazioni lo permettono: serve che la farmacia abbia ancora redditività potenziale e asset sufficienti da soddisfare almeno in parte i creditori. Se la farmacia è in perdita strutturale o il debito è sproporzionato al valore dell’azienda, i creditori potrebbero non accettare se la percentuale offerta è troppo bassa – in tal caso si tende verso la liquidazione.
N.B.: Per completare il quadro delle procedure concorsuali maggiori, citiamo anche l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 61 CCII (già art. 182-bis L.F.). È un’alternativa al concordato: un accordo fra il debitore e creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, che viene omologato dal tribunale e diventa efficace anche verso eventuali creditori minori dissenzienti. Nel contesto di una farmacia, un accordo 182-bis potrebbe essere utile se si ha l’assenso delle banche e dei principali fornitori, così da evitare la votazione di un concordato con molti soggetti. Può includere transazione fiscale e previdenziale. Inoltre esistono varianti come gli accordi ad efficacia estesa (che vincolano anche creditori estranei se certi percentuali sono raggiunte in categorie omogenee) e gli accordi agevolati (soglia ridotta al 30% in casi particolari dopo composizione negoziata). Questi strumenti, tuttavia, richiedono un elevato consenso e spesso la loro riuscita viene preparata proprio mediante la composizione negoziata. Se una farmacia riesce ad avere il sì di 2-3 creditori chiave che detengono la maggior parte del debito (ad esempio la banca e il fornitore principale), l’accordo può essere preferibile perché più rapido e meno costoso di un concordato. In mancanza di tali adesioni preventive, il concordato è più adatto perché impone la cram-down di maggioranza.
Procedure minori (sovraindebitamento): concordato minore, piano del consumatore, liquidazione controllata
Se la farmacia rientra nei parametri di non fallibilità o se il titolare è un privato sovraindebitato, le strade da percorrere sono quelle previste per la composizione della crisi da sovraindebitamento (Disciplina originariamente introdotta con L. 3/2012, ora interamente assorbita nel Codice della Crisi, artt. 65-91 CCII). Le procedure principali in questo ambito, aggiornate al 2025, sono:
- Concordato minore: È il corrispettivo del concordato preventivo per i debitori “minori” (che non superano le soglie fallimentari). Può accedervi l’imprenditore commerciale sotto soglia (ad es. una farmacia individuale o piccola società che non supera i limiti di cui sopra), gli imprenditori agricoli, i professionisti, le start-up innovative, gli enti non commerciali, ecc. . Restano esclusi i consumatori puri, che hanno il loro strumento dedicato (infra). Attenzione: se un farmacista ha cessato l’attività ma gli sono rimasti debiti dell’impresa, può comunque proporre il concordato minore come persona fisica ex imprenditore (mentre una società cessata non può, perché estinta). La finalità del concordato minore è simile a quella del concordato preventivo: proporre ai creditori un piano di ristrutturazione con pagamento parziale dei debiti in base alle possibilità del debitore. Anche qui serve un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e un attestatore che validi il piano. Differenze principali rispetto al concordato preventivo:
- La procedura è semplificata e tutta in camera di consiglio (non c’è adunanza formale dei creditori).
- Voto dei creditori: I creditori votano esprimendo il proprio assenso/dissenso comunicandolo all’OCC, ma vige il silenzio-assenso: chi non risponde è conteggiato come favorevole. Questo facilita molto l’approvazione, dato che l’inerzia di solito è alto (nel concordato preventivo invece il silenzio equivale a voto contrario, qui invece è pro-debitore). Per l’approvazione serve la maggioranza in valore dei crediti votanti (51%); inoltre, per evitare che un unico grande creditore decida tutto, se uno detiene oltre il 50% si richiede anche la maggioranza per teste favorevoli.
- Esclusione del voto per alcuni creditori: I creditori interamente soddisfatti nel piano non votano. Ad esempio se la farmacia propone di pagare al 100% i fornitori privilegiati e al 20% quelli chirografari, i privilegiati esclusi dal voto e votano solo i chirografari (per la parte falcidiata).
- Meritevolezza e cause di inammissibilità: Il concordato minore, analogamente al piano del consumatore, richiede che il debitore non abbia commesso atti di frode verso i creditori. Se risultano atti in frode (es. aver sottratto beni prima della procedura), il tribunale lo dichiara inammissibile. Anche chi ha già beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti non può accedere.
- Niente classi obbligatorie: Di solito non si creano classi multiple di creditori, a meno che le differenze tra crediti lo richiedano; ma data la semplicità dei casi minori, spesso si procede senza classi.
- Omologazione senza voto (cram down): Se il piano non ottiene la maggioranza ma c’è comunque l’adesione di almeno il 50% dei crediti e il tribunale ritiene che i creditori dissenzienti non verrebbero comunque soddisfatti in misura migliore nell’alternativa liquidatoria, può omologare lo stesso il concordato (cram down giudiziale). Questo strumento è stato rafforzato dalle riforme per non lasciare il debitore onesto ostaggio di pochi creditori irriducibili.
- Piano di ristrutturazione del consumatore (già “piano del consumatore”): Questo strumento è riservato alle persone fisiche consumatrici, cioè non fallibili che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. La definizione è importante: se un farmacista ha debiti derivanti dalla gestione della farmacia (es. debito con grossista per merci, debito bancario per scorte, debiti IVA), quelli non sono debiti da consumatore e non possono essere inclusi in un piano del consumatore. In tal caso dovrà optare per il concordato minore. Invece, se lo stesso farmacista ha anche debiti privati (es. un mutuo per la prima casa, prestiti personali non legati all’attività, spese familiari), quei debiti sono di natura consumer e possono essere ristrutturati col piano del consumatore. Caratteristiche: Il piano del consumatore somiglia molto al concordato minore, con alcune differenze chiave:
- Assenza di voto dei creditori: I creditori non votano affatto. Sarà il tribunale, su relazione dell’OCC, a valutare se il piano è fattibile e meritevole, tenendo conto dell’interesse dei creditori. Quindi il consumatore può ottenere l’omologazione anche contro il volere di tutti i creditori, se il giudice ritiene che la proposta è il modo migliore per soddisfarli dato il suo stato (ad esempio offre loro tutto il possibile in base al reddito e patrimonio del debitore).
- Controllo di meritevolezza più stringente: Il giudice valuta se il sovraindebitamento non sia stato causato da colpa grave o mala fede del consumatore. Ad esempio, se uno ha fatto spese sproporzionate o ha contratto debiti in modo irresponsabile, può essere considerato non meritevole e il piano rigettato. Ciò per evitare che il piano del consumatore diventi uno scudo per comportamenti opportunistici.
- Ambito dei debiti: Come detto, solo debiti “estranei ad attività di impresa”. Se ci sono commistioni, si deve isolare ciò che è consumer. Ad esempio Cass. 22699/2023 ha ribadito che anche indirettamente i debiti d’impresa sono esclusi. Tuttavia, giurisprudenza di merito recente (Trib. Napoli 5/5/2025) ha ammesso un piano con presenza minoritaria di debiti d’impresa, purché prevalessero nettamente quelli personali. In generale, se un soggetto è in gran parte consumatore ma ha qualche strascico di debito professionale modesto, il giudice potrebbe chiudere un occhio, a favore di una soluzione unitaria.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato: Questa è la procedura liquidatoria, analoga al fallimento ma per i soggetti non fallibili (o anche fallibili che la scelgono volontariamente). Viene avviata su istanza del debitore stesso, di creditori o d’ufficio in caso di esito negativo di altre procedure. Un liquidatore nominato dal tribunale prende in mano il patrimonio del debitore, lo vende (compresa eventualmente l’azienda farmacia, salvo esclusioni di beni necessari alla vita dignitosa del debitore e famiglia) e distribuisce il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. In pratica è una “mini-fallimento semplificato”. Al termine, se il debitore è persona fisica, può chiedere l’esdebitazione (liberazione dei debiti non soddisfatti). Nel CCII l’esdebitazione post-liquidazione è di norma concessa di diritto a chi ha cooperato lealmente, senza necessità di giudizio a parte (salvo opposizioni). Dunque, se un ex farmacista privo di prospettive di risanamento decide di liquidare tutto il possibile (magari non c’è un piano fattibile perché i debiti superano di molto i beni), questa procedura gli consente di chiudere i conti con i creditori una volta per tutte. Un curatore (spesso un avvocato o commercialista locale) gestirà la vendita dell’azienda farmacia se ancora attiva (o di quel che ne rimane), e di eventuali immobili, ecc. Il farmacista potrà poi ripartire da zero con i soli beni impignorabili rimasti.
- Esdebitazione del debitore incapiente: Istituto innovativo (art. 283 CCII) per i casi umani più disperati: quando un debitore persona fisica non ha davvero nulla da offrire ai creditori – né beni né redditi aggredibili – può chiedere al tribunale la cancellazione totale dei suoi debiti senza alcun pagamento, subito. È un beneficio concesso una tantum, solo a debitori meritevoli (che si sono trovati incapienti per sfortuna, non certo furbi che hanno dilapidato beni). Esclude comunque debiti per alimenti, risarcimenti da illecito, multe e sanzioni (che restano dovuti). Questa misura estrema sarà difficilmente applicabile a un farmacista proprietario di azienda, perché quasi sempre qualcosa da liquidare c’è (anche solo la licenza ha valore). Ma può valere per esempio per un ex titolare che abbia perso la farmacia e sia rimasto pieno di debiti personali, senza casa né lavoro. Lo Stato ha previsto un fondo di solidarietà per coprire una parte di questi debiti, specie verso vittime di usura o estorsione. Insomma è il perdono totale dei debiti per chi è nullatenente e incolpevole. Ripeto, caso limite, ma il legislatore l’ha voluto come rete di ultima istanza.
Procedura familiare unitaria: Una novità del CCII è la possibilità di presentare procedure congiunte per membri della stessa famiglia se le loro posizioni debitorie sono intrecciate (art. 66). Ciò significa, ad esempio, che un farmacista e il coniuge coobbligato possono presentare un unico concordato minore familiare, anche se uno è consumatore e l’altro no: in tal caso prevale lo strumento del concordato minore e coinvolge entrambi. Questo evita doppie procedure parallele.
Come scegliere tra le procedure minori? Se la farmacia come impresa non è più attiva o comunque il titolare non intende proseguire l’attività, la liquidazione controllata può essere la via per chiudere tutto e ottenere l’esdebitazione. Se invece c’è volontà di salvare il salvabile e magari proseguire l’impresa sotto altra forma, il concordato minore è preferibile. Il piano del consumatore è un’opzione solo per debiti personali estranei all’impresa (p.es. se il farmacista aveva garantito la farmacia con la casa e ora la casa è all’asta, quel mutuo casa può rientrare in un piano consumatore). Spesso un farmacista indipendente coincide con l’impresa stessa, quindi tecnicamente i suoi debiti saranno quasi tutti d’impresa – dunque concordato minore è lo strumento di elezione per ristrutturarli, tenendo presente che non c’è la soglia di debito minimo o massimo (può gestire anche milioni, sebbene se fossero milioni probabilmente la dimensione reale era fallibile). In ogni caso, le procedure minori offrono un secondo chance al debitore onesto: dopo aver pagato quanto possibile secondo il piano, si ottiene il fresh start (nuovo inizio) liberi dai debiti pregressi.
Di seguito una tabella riepilogativa semplifica le differenze tra le principali procedure concorsuali disponibili, dal punto di vista del debitore:
Procedura | Soggetti ammessi | Continuazione attività | Riduzione debito | Voto dei creditori | Esdebitazione residui |
---|---|---|---|---|---|
Concordato Preventivo | Imprese “fallibili” (oltre soglie) | Sì, se in continuità (gestione sotto controllo) | Sì, possibile stralcio parziale (piano proposto) | Sì, maggioranza per valore (51%); no silenzio-assenso | Non applicabile (debiti estinti per omologa) |
Accordo Ristrutturazione | Imprese fallibili (o anche sotto soglia se vogliono) | Sì (accordo di solito in continuità) | Sì, negoziato coi creditori (>=60% consenso) | Solo creditori aderenti (min. 60% + omologa vincola dissenzienti minoritari) | Non automatico (effetto pagamento secondo accordo) |
Concordato Minore | Debitori non fallibili (piccole imprese, professionisti) | Sì, se previsto dal piano (esercizio prosegue) | Sì, stralcio possibile (e.g. paghi quota debito) | Sì, maggioranza valore; silenzio = assenso | Sì, per persona fisica a fine pagamento piano (debiti residui cancellati) |
Piano del Consumatore | Persona fisica consumatore (debiti personali) | Sì (se ha attività lavorativa la prosegue; non è impresa) | Sì, può prevedere pagamento parziale debiti | No (decide il Giudice, creditori non votano) | Sì, a fine esecuzione piano (debiti residui cancellati) |
Liquidazione Giudiziale | Imprese fallibili insolventi (d’ufficio o su istanza) | No (cessazione attività, curatore liquida beni) | Debiti soddisfatti pro-quota col ricavato, spesso piccoli <30% | No voto; creditori insinuano i crediti, riparto secondo legge | Sì, se persona fisica e richiesta (esdebitazione post-liquidazione) |
Liquidazione Controllata | Debitori non fallibili insolventi (persone fisiche o enti) | No (cessazione attività salvo esercizio provvisorio per vendita) | Debiti soddisfatti col realizzo attivo (spesso parziale modesto) | No voto; procedimento liquidatorio semplificato | Sì, persona fisica: automatico salvo eccezioni (esdebitazione di diritto dopo chiusura) |
Nota: In tutte le procedure sopra, il debitore è tenuto a comportarsi con lealtà e trasparenza. Atti in frode (es. nascondere beni, creare debiti fittizi) portano all’inammissibilità o revoca dei benefici. Inoltre, in ogni tipo di concordato/accordo è fondamentale offrire ai creditori almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni (principio del best interest of creditors). Ad esempio, non posso proporre di pagare 0% se in caso di liquidazione ricaverebbero il 20%; devo garantire almeno quel 20%.
Profili penali: reati connessi ai debiti e alla crisi d’impresa
Affrontare i debiti di una farmacia non è solo una questione civilistica. Il comportamento del debitore indebitato può infatti, in taluni casi, sfociare in responsabilità penale. È fondamentale che il farmacista (e gli advisor che lo assistono) conoscano questi rischi, sia per evitarli che per comprendere le conseguenze di certe azioni.
Principio generale: Il simplex inadempimento, ossia il non pagare un debito, di per sé non è reato in ordinamento italiano. Se il farmacista non paga fornitori o banche, costoro potranno agire civilmente, ma il titolare non va in prigione solo perché insolvente. In altre parole, la legge non punisce penalmente chi, senza frode, versa in difficoltà economica e non riesce a far fronte ai propri debiti.
Tuttavia, ci sono condotte collaterali all’inadempimento che invece integrano fattispecie penali. Spesso il discrimine è l’elemento di dolo/frode: se il debitore compie atti ingannosi, simulatori, distrattivi per procurarsi indebitamente un vantaggio o danneggiare i creditori, allora interviene il diritto penale. Vediamo i principali reati legati ai debiti rilevanti per una farmacia in crisi, seguendo un ordine dal meno grave al più grave:
- Insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.): Si ha quando qualcuno contrae un’obbligazione (un acquisto, un ordine a fornitore, ecc.) senza avere la volontà o la possibilità di adempierla, sapendo già di essere insolvente. Ad esempio, se il titolare ordina una grossa fornitura di medicinali a 90 giorni pur sapendo che la sua azienda è al collasso e non pagherà, potrebbe configurarsi questo reato. È un delitto minore (punito con pena fino a 2 anni), procedibile a querela della parte offesa. Spesso è contestato insieme alla truffa contrattuale. Nella pratica, è poco perseguito a meno di casi eclatanti, perché difficile provare ex ante la volontà di non pagare. Ma è un rischio se emergono, ad esempio, prove (email, messaggi) che il debitore sapeva di non poter onorare e ha mentito al fornitore.
- Truffa (art. 640 c.p.): Si realizza quando, con artifizi o raggiri, si induce qualcuno in errore per ottenere un ingiusto profitto con altrui danno. Nel contesto debiti, una tipica ipotesi è ottenere credito con false informazioni. Ad esempio, presentare garanzie false o bilanci falsificati per ottenere un finanziamento bancario, o mentire sulla solidità della farmacia per farsi dare merce a credito, costituisce truffa aggravata dal danno patrimoniale. La truffa contrattuale è spesso contestata quando l’inadempimento è accompagnato da inganni iniziali. Altro scenario: la vendita di un’azienda (farmacia) nascondendo al compratore passività rilevanti. In tal caso la Cassazione ha ritenuto configuri truffa aggravata: tacere volutamente all’acquirente l’esistenza di grossi debiti pendenti della farmacia, facendogli credere che l’attività sia sana per spuntare un prezzo maggiore, significa indurre in errore il compratore procurandosi un profitto ingiusto. Il venditore rischia quindi una condanna penale oltre alle responsabilità civili. La pena per la truffa varia (base 6 mesi – 3 anni, aggravata se il danno è ingente o se commessa nell’esercizio di attività professionale, ecc., con aumento fino a 5 anni).
- Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000): Questo è un reato specifico in ambito fiscale, molto pertinente quando si parla di debiti tributari. Si verifica se il debitore occulta o distrae i propri beni al fine di rendere inefficace la riscossione coattiva di imposte. Esempio: il titolare sapendo di avere grossi debiti col Fisco, cede simulatamente la proprietà della casa al figlio, o svuota i conti, per evitare che l’Agenzia Entrate Riscossione possa pignorare. La soglia di rilevanza è debiti fiscali > €50.000 in essere. La pena va da 6 mesi a 4 anni. Attenzione: è un reato di pericolo, cioè scatta per il solo fatto di compiere atti dispositivi idonei a pregiudicare il Fisco, anche prima che questo tenti il pignoramento. Basta l’intenzione fraudolenta di sottrarre garanzie. Molti imprenditori ingenuamente pensano di “mettere in salvo” i beni intestandoli a terzi quando arrivano cartelle esattoriali: così facendo, rischiano questa incriminazione. Per un farmacista, ad esempio, vendere la propria quota di farmacia a un prestanome per non farsi pignorare, se fatto a debiti fiscali pendenti, integra questo illecito.
- Omesso versamento di imposte e contributi (artt. 10-bis, 10-ter D.Lgs. 74/2000 e L. 638/83): Qui non c’è frode attiva, ma omettere di versare entro certi termini IVA oltre €250k annui o ritenute operate oltre €150k annue è reato tributario. Per i contributi previdenziali, l’omissione di oltre €10k di trattenute INPS ai dipendenti è reato contravvenzionale (punito con arresto o ammenda). Dunque, se una farmacia non versa l’IVA di un intero anno ed è sopra soglia, il titolare rischia fino a 6 anni di reclusione (per l’IVA) o 3 anni (per le ritenute). Questi reati sono evitabili se il pagamento viene effettuato prima della dichiarazione o entro specifiche scadenze (causa di non punibilità per integrale pagamento tardivo). Quindi un farmacista indebitato dovrebbe valutare di includere sempre il debito IVA in un concordato o accordo omologato, perché ciò permette di considerarlo assolto nei termini del piano ed evita la punibilità (la normativa attuale sospende il procedimento penale se c’è un concordato in corso che prevede il pagamento parziale del tributo, e si estingue a buon esito del piano).
- Reati fallimentari (bancarotta semplice e fraudolenta – R.D. 267/42 art. 216 sgg. e ora art. 322 CCII sgg.): Se la farmacia viene poi dichiarata fallita (liquidazione giudiziale), le condotte illecite tenute prima o durante la procedura cadono sotto la lente della bancarotta. La bancarotta semplice punisce, ad esempio, l’imprenditore che ha aggravato il proprio dissesto con spese personali eccessive o ha ritardato dolosamente la dichiarazione di insolvenza. La bancarotta fraudolenta è ben più grave (pena 3-10 anni): si configura quando il fallito distrugge, occulta o distrae beni dal patrimonio a danno dei creditori, oppure falsifica i libri contabili per nascondere il crack. Un caso tipico è la cessione di un ramo d’azienda senza corrispettivo o sottocosto prima del fallimento: la Cassazione la qualifica come bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto è una distrazione di attivo a danno dei creditori. Se, per esempio, un farmacista trasferisce la titolarità della farmacia a un parente per pochi euro poco prima di fallire, quel passaggio verrà quasi certamente considerato una distrazione fraudolenta e il soggetto incriminato. Anche pagare preferenzialmente taluni creditori a scapito di altri in prossimità del fallimento può diventare bancarotta preferenziale (punita fino a 2 anni). In caso di procedure di sovraindebitamento (concordato minore, liquidazione controllata), la legge estende molte regole simili. Ad esempio, il debitore che commette frodi ai creditori durante il concordato minore non solo vede revocata l’omologazione, ma può incorrere in fattispecie penali analoghe alla bancarotta fraudolenta. Il CCII prevede all’art. 344 reati specifici per le procedure minori, rifacendosi a quelli fallimentari (ad es. punisce chi, in una liquidazione controllata, ha distratto beni come se fosse bancarotta). Quindi attenzione: non pensiamo che evitare il fallimento formale metta al riparo dai reati se la condotta è la medesima.
Di seguito una tabella riepilogativa dei comportamenti illeciti legati ai debiti e le relative fattispecie penali e sanzioni:
Comportamento del debitore | Reato associato | Pena prevista |
---|---|---|
Ottiene credito/forniture con mezzi fraudolenti (es. documenti falsi, bugie su solvibilità) | Truffa (art. 640 c.p.) | 1–5 anni reclusione (più multa); aggravata se >\€ >5 anni |
Contrae debiti sapendo di non poter pagare (mala fede iniziale) | Insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.) | Fino a 2 anni reclusione + multa |
Occulta beni o li intesta a terzi per sfuggire a pignoramento fiscale (debiti > €50k) | Sottrazione fraudolenta al Fisco (art. 11 D.lgs.74/2000) | 6 mesi – 4 anni reclusione |
Emette assegni senza copertura o revoca fondi dopo emissione | Emissione di assegni a vuoto (art. 119 L.A., R.D. 1736/1933) | Sanzione amministrativa fino €12.000; recidiva: possibile arresto fino 8 mesi |
Omette versamento IVA oltre €250k (annuo) o ritenute oltre €150k | Omesso versamento imposte (art. 10-ter e 10-bis D.lgs.74/2000) | 6 mesi – 2 anni (ritenute); 6 mesi – 3 anni (IVA) – soglie attuali |
Omette versamento contributi dipendenti > €10k annui | Omesso versamento contributi (L. 638/83 art. 2) | Fino a 3 anni reclusione o multa fino €1.032 (punito se dolo) |
Prima/dopo la dichiarazione di fallimento distrugge o sottrae beni, o tiene conti falsi | Bancarotta fraudolenta (art. 322 CCII, già art.216 L.F.) | 3–10 anni reclusione (patrimoniale e documentale) |
Vende ramo d’azienda sottoprezzo o cede la farmacia simulatamente pregiudicando i creditori (poi fallisce) | Bancarotta fraudolenta per distrazione | 3–10 anni reclusione (giurisprudenza costante Cass.) |
Paga alcuni creditori a preferenza di altri in crisi conclamata (poi fallisce) | Bancarotta preferenziale | 1–5 anni reclusione (se dolosa) |
(Fonte: Codice Penale, D.Lgs. 74/2000, L. 638/83, R.D. 267/42 e giurisprudenza Cassazione)
Come si nota, il semplice indebitamento non punisce, ma vi sono molte trappole in cui un debitore disperato può cadere. Consigli pratici per evitare guai penali:
- Niente bugie o falsi ai creditori: Mantenere sempre la correttezza informativa. Se si cerca un nuovo fido o fornitura, non falsificare bilanci né tacere informazioni essenziali. Meglio ammettere eventuali difficoltà e contrattare condizioni realistiche, piuttosto che rischiare dopo un’accusa di truffa contrattuale.
- Non nascondere i debiti al compratore in caso di vendita: Se decidete di vendere la farmacia o quote di essa, dichiarate con trasparenza la situazione debitoria. Inserite in contratto eventuali clausole su come gestire quei debiti (es. il venditore garantisce fino a X, o parte del prezzo va ai debiti). Nascondere “scheletri nell’armadio” può portare oltre che a cause civili per vizi anche a denunce penali.
- Non compiere atti distrattivi sul patrimonio: Resistere alla tentazione di mettere al riparo beni personali all’ultimo momento. Trasferire la casa alla moglie, svuotare il magazzino vendendo sottobanco, incassare crediti su conti terzi, sono tutti esempi di azioni che poi, se c’è fallimento o anche solo un’indagine fiscale, emergono e configurano reato (oltre a poter essere annullati via azione revocatoria).
- Documentare tutto e tenere la contabilità in ordine: Spesso i reati fallimentari vengono contestati se mancano le scritture o se sono piene di buchi. Anche in sovraindebitamento, presentare una contabilità confusa può far presumere intenti poco chiari. Tenere registri aggiornati e sinceri è la miglior difesa, e in caso di concordato l’OCC attesterà la vostra correttezza.
- Pagare il dovuto fiscale entro le soglie per non incorrere nel penale: Ad esempio, se vedete che l’IVA annuale scoperta sta per superare €250.000, magari grazie a una dilazione o a un finanziamento tappate sotto la soglia. Oppure se avete €180k di IVA di un anno, provate a includerla subito in una definizione agevolata (rottamazione) o nel concordato, così da prevenire la denuncia. Lo stesso per le ritenute.
- Ricorrere alle procedure concorsuali in tempo: Questo non solo vi aiuta civilmente, ma spesso blocca o attenua i risvolti penali. Ad esempio, la legge prevede che se omologate un concordato che contempla i debiti tributari, i reati di omesso versamento relativi sono estinti al completamento del piano. Anche per la bancarotta: se evitate il fallimento facendo un concordato, di fatto evitate che vi possano contestare la bancarotta (che presuppone il fallimento). Inoltre, comportarsi bene nella procedura (collaborare con OCC/commissario) evita ipotesi di reato.
- Confrontarsi con legali esperti in diritto penale dell’economia: Ogni decisione come vendere beni, pagare alcuni creditori e non altri, reperire finanziamenti emergenziali, ha anche un lato penale da considerare. Un avvocato penalista può valutare i rischi. Ad esempio, una certa operazione potenzialmente revocabile potrebbe essere ristrutturata in modo da non costituire reato (ad es. vendere l’azienda a terzi tramite concordato anziché con atto unilaterale, di modo che sia autorizzata dal giudice e non configurabile come distrazione).
In conclusione su questo tema, la difesa del debitore passa anche dal “non peggiorare la propria posizione” legalmente. La disperazione finanziaria non deve mai tradursi in gesti sconsiderati o illeciti. Fortunatamente, le procedure di cui sopra (concordati, accordi) non solo aiutano economicamente ma offrono un quadro legale entro cui muoversi lecitamente: ad esempio, pagare un fornitore e non altri fuori concordato può essere bancarotta preferenziale; farlo dentro un concordato come creditore strategico è lecito perché approvato da giudice e creditori. Usare gli strumenti legali disponibili è la miglior prevenzione anche penale.
Domande Frequenti (FAQ)
D. Una farmacia può essere dichiarata fallita dal Tribunale?
R. Sì. La farmacia privata, pur svolgendo un servizio di pubblica utilità, è considerata a tutti gli effetti un’impresa commerciale e, se insolvente e di dimensioni non piccole, può essere assoggettata a fallimento (oggi liquidazione giudiziale). Lo ha confermato la Cassazione a Sezioni Unite nel 2021: il titolare di farmacia, individuale o societario, può fallire secondo le regole generali, senza esenzioni di principio. Tuttavia, piccole farmacie che rispettano congiuntamente i requisiti di cui all’art. 1 L.F. (attivo < €300k, ricavi < €200k, debiti < €500k) sono escluse dal fallimento e rientrano nelle procedure di sovraindebitamento.
D. Cosa succede alla licenza della farmacia se vengo dichiarato fallito?
R. La normativa di settore (art. 113 T.U. leggi sanitarie) prevede la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio solo se, entro 15 mesi dalla dichiarazione di fallimento, non interviene un concordato omologato. In pratica: se la farmacia fallisce e la procedura si protrae oltre un anno senza soluzione, il Comune può revocare la licenza e mettere a concorso la sede. Ma nel frattempo il curatore può farsi autorizzare a proseguire provvisoriamente l’attività per vendere l’azienda. Inoltre se entro 15 mesi si chiude un concordato fallimentare (o preventivo) la licenza non decade. Per le società fallite, spesso la licenza viene mantenuta temporaneamente per consentire la cessione dell’attività a un nuovo titolare senza interruzione. Dunque il fallimento comporta rischio di perdita della titolarità, ma non immediata: c’è uno spiraglio temporale per salvare la sede tramite concordato.
D. Come posso evitare il fallimento della mia farmacia indebitata?
R. La parola chiave è giocare d’anticipo. Se la farmacia è in difficoltà, puoi attivare un concordato preventivo (se sei soggetto fallibile) o un concordato minore (se sei sovraindebitato non fallibile) prima che i creditori chiedano il fallimento. Depositando la domanda di concordato in tribunale, si ottiene subito la protezione (automatic stay) dalle azioni esecutive e dalla dichiarazione di fallimento. Dopodiché, hai l’opportunità di proporre un piano di ristrutturazione dei debiti che, se approvato e omologato, sostituisce il fallimento. Ad esempio, un concordato in continuità può ridurre il debito del 60-70% e bloccare i pignoramenti, permettendoti di continuare a operare senza chiudere. Se sei sotto soglia, analogamente il concordato minore impedisce ai creditori di perseguirti individualmente e ti consente di gestire la crisi con l’OCC. Anche la composizione negoziata della crisi, pur extragiudiziale, aiuta a evitare il fallimento: se riesci a trovare un accordo coi creditori (magari con la guida di un esperto nominato) e a risanare, la richiesta di fallimento diventa superflua. In sostanza, attivare per tempo le procedure di crisi giuste ti mette al riparo dal fallimento imposto dai creditori.
D. Posso mantenere la titolarità e tenere aperta la farmacia durante una procedura di concordato?
R. Sì, certamente se si tratta di un concordato con continuità aziendale. In tal caso il piano prevede espressamente la prosecuzione dell’attività di farmacia sotto la gestione del debitore (sorvegliato dal commissario) o di un eventuale affittuario/terzo indicato nel piano. Il tribunale di regola autorizza la continuazione dell’esercizio poiché c’è interesse a preservare il valore aziendale e il servizio pubblico. Quindi la farmacia resta aperta, i dipendenti continuano a lavorare, la convenzione SSN rimane valida. Anche fornitori e clienti spesso nemmeno si accorgono formalmente della procedura, a parte qualche cambiamento nei pagamenti (magari si paga la merce corrente in contanti per non accumulare nuovi debiti). Nel concordato minore, analogamente, puoi prevedere di continuare l’attività: l’OCC e il giudice valuteranno che sia sostenibile e utile per soddisfare i creditori. Viceversa, se la procedura è liquidatoria (fallimento o liquidazione controllata), normalmente l’esercizio cessa (salvo un breve esercizio provvisorio se utile per la vendita) e la farmacia viene chiusa e poi ceduta.
D. Che differenza c’è tra concordato preventivo e concordato minore?
R. Entrambi sono procedure per ristrutturare i debiti con l’accordo dei creditori, ma il concordato preventivo è riservato alle imprese soggette a fallimento, mentre il concordato minore è per i debitori “non fallibili” (piccoli imprenditori, professionisti, enti non commerciali). In pratica, se la tua farmacia ha superato anche una sola delle soglie di fallibilità, dovrai usare il concordato preventivo; se è sotto soglia, userai il concordato minore. Altre differenze: nel concordato minore i creditori votano con silenzio-assenso (chi tace vale come voto favorevole), nel preventivo no (serve quorum attivi); il concordato minore non richiede necessariamente un’attestazione analitica di un piano industriale complesso come il preventivo, ma comunque serve un OCC e una relazione di fattibilità. Proceduralmente, il concordato preventivo ha un impatto pubblicitario maggiore (iscrizione registro imprese) e vede coinvolto un commissario giudiziale nominato dal tribunale; il concordato minore si svolge con più riservatezza tramite l’OCC e con minima comparizione in udienza. In entrambi i casi, però, l’effetto è simile: se omologati, avrai ridotto i debiti e evitato la liquidazione fallimentare, con impegni di pagamento sostenibili. Per i creditori, paradossalmente un concordato minore può essere persino più favorevole perché i silenti sono considerati consenzienti (questo spesso facilita il raggiungimento della maggioranza mentre nel preventivo la mancata risposta equivale a no, rendendo più arduo l’esito positivo).
D. Ho debiti personali (carta di credito, prestito personale) oltre ai debiti della farmacia: posso metterli tutti assieme in una procedura unica?
R. Dipende. Se la farmacia e tu come persona siete praticamente la stessa entità economica (es. ditta individuale), allora tutti i debiti fanno capo a te. Però va distinta la natura dei debiti: quelli verso fornitori, banche per scoperti di conto dell’attività, imposte IVA, sono debiti d’impresa; quelli per spese familiari, mutuo della casa, prestito auto, sono debiti da consumatore. Questa distinzione rileva perché nel piano del consumatore puoi mettere solo i debiti personali non legati all’attività imprenditoriale. Invece nel concordato minore (o preventivo) puoi mettere tutto. Quindi, se vuoi una procedura unica e sei sotto soglia, conviene il concordato minore e includi sia debiti ditta sia personali. Se sei sopra soglia, il concordato preventivo include tutto comunque. Solo se, ad esempio, la farmacia è di una società (che farebbe concordato o fallimento a sé) e tu come persona fisica hai garantito i debiti sociali o hai debiti tuoi, allora potresti avere due procedure distinte: una per la società e una da consumatore per te. Ma nel caso tipico del farmacista proprietario, si tende a ricomprendere nel concordato (preventivo o minore) anche i debiti personali, dichiarando la natura e trattandoli di conseguenza. Fai attenzione che i creditori ipotecari su casa e simili vanno soddisfatti almeno al valore di perizia dell’immobile, altrimenti possono opporsi.
D. Devo pagare per forza tutti i fornitori in caso di procedura? Posso tagliare i debiti?
R. Le procedure di concordato o accordo nascono proprio per ridurre (falcidiare) i debiti in misura ragionevole. Non è affatto detto che tu debba pagare tutti integralmente. La percentuale dipende da quanto la tua azienda può generare o dal valore dei beni liquidabili. Ad esempio, se hai 500.000 € di debito chirografario e la tua proposta offre 200.000 € totali, significa un pagamento medio del 40% – il 60% viene tagliato via. L’importante è che nessun creditore venga trattato peggio di altri ingiustificatamente (rispettare le cause di prelazione: i privilegiati vanno pagati prima e meglio dei chirografari) e che prendano almeno quanto otterrebbero liquidando forzatamente i tuoi beni. Nella prassi, stralci del 50-70% dei debiti non garantiti sono comuni. Certo, i creditori devono accettare secondo le regole di voto (o il giudice valutare la convenienza per omologare nel piano del consumatore). Ma se la tua situazione oggettivamente non consente pagamenti integrali, è nell’interesse di tutti trovare un compromesso: meglio per un fornitore prendere il 30% in concordato subito che forse zero in un fallimento dopo anni. Quindi sì, puoi ridurre il monte debitorio, a condizione di seguire l’iter legale e dimostrare buona fede (non hai nascosto milioni all’estero ovviamente…).
D. Che succede ai debiti fiscali (Agenzia Entrate, Ex-Equitalia) in queste procedure? Posso dilazionarli o ridurli?
R. Sì, oggi la legge lo consente attraverso la transazione fiscale. Puoi proporre nel concordato (preventivo o minore) di pagare parzialmente i tributi e contributi. Ad esempio, pagare solo il 50% dell’IVA dovuta oppure dilazionare in 5-6 anni l’importo. L’Agenzia delle Entrate valuterà il piano e di solito aderisce se rispetta la regola di offrire almeno quanto incasserebbe altrimenti. Se l’Erario rifiuta ingiustificatamente ma la proposta è conveniente, il tribunale può comunque omologare (cram-down). Questo è un grande passo avanti rispetto al passato. Inoltre, spesso nel concordato si cancellano interessi e sanzioni (si propone di pagare solo l’imposta), e ciò di solito viene accettato. In parallelo, lo Stato ha introdotto periodicamente anche misure di definizione agevolata (rottamazione cartelle): ad esempio nel 2023 c’è stata la “rottamazione-quater” che permetteva di pagare le sole imposte rateizzando in 18 rate e annullando sanzioni interessi. Se hai debiti fiscali e rientri in una rottamazione, valutala subito perché ti alleggerisce molto il carico ed evita il penale per omesso versamento. In sintesi: nel piano, i debiti col Fisco li puoi trattare quasi come gli altri (salvo l’IVA, che di regola devi offrire di pagarla almeno parzialmente, non puoi azzerarla del tutto). E per i contributi INPS stesso discorso tramite transazione.
D. Se io volessi vendere la farmacia per pagare i debiti, è fattibile?
R. Vendere l’azienda farmacia è una delle possibili strategie di soluzione, ma va fatta cum grano salis. Se riesci a trovare un acquirente serio disposto a rilevare la farmacia per un prezzo sufficiente a coprire almeno in parte i debiti, la vendita potrebbe risolvere la tua posizione residua (i debiti eventualmente rimasti, se sei persona fisica, poi li puoi far rientrare in una procedura di esdebitazione). Però attento:
– Prezzo equo e trasparenza: non cedere la farmacia a un prezzo irrisorio solo per liberartene, perché se poi fallisci nei 2 anni successivi, quella vendita sarà passibile di azione revocatoria (gli organi della procedura potranno farla annullare per simulazione o vendita sottoprezzo). Peggio ancora, se era dolosamente lesiva dei creditori, potrebbe configurare bancarotta fraudolenta. Quindi vendi a valore di mercato (magari fai stimare l’avviamento e licenza) e fai risultare nel contratto tutti i debiti che l’acquirente si accolla o comunque di cui è a conoscenza. Non “dimenticare” di dichiarare un debito, perché in caso di problemi potresti essere accusato di truffa verso l’acquirente.
– Clausole e liberazione dai debiti: idealmente, la vendita dovrebbe prevedere che con il prezzo pagato tu soddisfi i creditori. Puoi inserire clausole di accollo del debito: es. l’acquirente paga direttamente i fornitori X e Y e subentra nel mutuo col consenso della banca, liberandoti. Oppure tu paghi tutto contestualmente con il ricavato. Se ciò non è possibile per intero, la parte di debiti residui resterà in capo a te (ex titolare) salvo diverso accordo, quindi valuta come gestirla (es. un concordato minore successivo).
– Aspetti fiscali e autorizzativi: la vendita d’azienda è soggetta a imposta di registro (di solito 3% su valore netto). Inoltre va autorizzata dall’ASL/comune il trasferimento della titolarità: assicurati di presentare domanda di voltura licenza e che l’acquirente abbia i requisiti (farmacista idoneo o società di farmacie a norma di legge). Durante la cessione, potete pattuire un periodo di affiancamento per non interrompere il servizio.
– In procedura o fuori? Puoi vendere fuori dalle procedure concorsuali liberamente se sei ancora solvibile. Ma se sei già “dentro” una procedura (es. concordato), puoi comunque prevedere la vendita come parte del piano, magari all’esito di una gara tra interessati per massimizzare il prezzo; la vendita concordataria è protetta dalla non applicazione di art. 2560 c.c. e di responsabilità fiscale per l’acquirente, ciò rende la tua farmacia più appetibile all’acquirente perché non si prende debiti tributari pregressi. Molti concordati prevedono la cessione dell’azienda come modalità per pagare i creditori. Quindi valuterai con i consulenti il percorso migliore.
In breve: vendere la farmacia è una via percorribile per far fronte ai debiti, ma va fatta in modo pulito e preferibilmente sotto supervisione legale, per evitare strascichi penali o impugnazioni.
D. Cosa comporta l’esdebitazione? Davvero vengo liberato dai debiti rimasti?
R. Sì, l’esdebitazione è l’istituto che permette al debitore persona fisica, una volta esaurita la procedura concorsuale, di ottenere la cancellazione dei debiti che non sono stati pagati durante la procedura. È come un “perdono” dei debiti residui, per dare al debitore la possibilità di ripartire da zero (fresh start). Nel fallimento (liquidazione giudiziale) tradizionale, dovevi farne istanza al termine e il tribunale la concedeva se avevi cooperato e non avevi commesso irregolarità. Nel nuovo Codice della Crisi, per la liquidazione controllata dei sovraindebitati, è automatica di diritto salvo eccezioni, cioè chiude la procedura e i debiti restanti si cancellano senza bisogno di giudizio, a meno che un creditore non provi che hai agito in mala fede. Nel concordato preventivo/minore, tecnicamente l’esdebitazione non serve perché i debiti vengono novati/annullati dall’omologazione stessa in base alla percentuale pagata: se hai omologato pagando il 30%, il restante 70% è già legalmente inesigibile. Quindi il concetto di esdebitazione post procede soprattutto per le procedure liquidatorie dove i creditori non hanno avuto piena soddisfazione. Attenzione: alcuni debiti per loro natura non si estinguono neanche con l’esdebitazione, ad esempio le obbligazioni alimentari (assegni di mantenimento), le multe penali, i risarcimenti per danni da fatto illecito. Ma per la maggior parte dei debiti commerciali, bancari, fiscali (tranne eventuali sanzioni se la legge lo prevede), sì, verrai liberato. Ciò significa che i creditori non potranno più pretendere nulla da te per quei crediti. È una liberazione importantissima per poter continuare a lavorare senza l’ombra perenne di vecchi debiti. Ricorda però che l’esdebitazione è negata se hai tenuto comportamenti fraudolenti o violato i doveri nella procedura – non è un regalo ai furbi. Ma per il debitore onesto in sventura economica, è una seconda vita.
D. Se ho già debiti elevati e mi è arrivato un accertamento fiscale con cartelle, rischio conseguenze penali immediate?
R. Non immediate. Come detto, essere indebitato non è di per sé reato. Ricevere cartelle esattoriali non comporta denunce penali automatiche. Diventa penale se tu non paghi oltre certe soglie entro determinate scadenze (omesso versamento IVA/ritenute) o se compi atti per frodare il Fisco (nascondere beni). Quindi la priorità è: se arriva un accertamento, valuta se puoi fare ricorso (per ridurre importi) e/o aderire a rateizzazione. L’agenzia Entrate Riscossione consente piani fino a 72 rate (6 anni) o 120 rate in casi gravi. Con una rateazione in corso, non c’è reato di omesso versamento perché stai pagando sia pure a rate. Se l’importo è molto alto e non riesci comunque, considerare un concordato con transazione fiscale può risolvere definitivamente (e il penale viene meno se il piano va a buon fine). In sintesi: il ricevimento di cartelle non è penale; lo diventa se ignorate tutto e passano le scadenze di legge. Agisci prima: rateizza, transa o inserisci in una procedura concorsuale, così eviti la soglia di punibilità.
D. I miei fornitori hanno smesso di inviare prodotti a causa dei ritardi nei pagamenti: come posso risolvere?
R. Questa è una situazione comune: il creditore commerciale, non vedendo i soldi, blocca le forniture. Per una farmacia è letale non ricevere i farmaci, quindi va ripristinato il rapporto. Le strade:
- Negoziare un accordo di fornitura protetto: ad esempio, proponi al grossista: “ti pago in parte l’arretrato subito (o ti do un piano di rientro sul vecchio), e tu riattivi le consegne magari contro pagamento alla consegna o a 30 giorni”. Mettere qualcosa sul piatto li rassicura. Se non hai liquidità, potresti coinvolgerli in un accordo di ristrutturazione più ampio (con l’aiuto di un OCC se in composizione negoziata). Magari offrendo di inserire il loro credito in un concordato dove prendono una percentuale e garantisci il pagamento regolare del nuovo fornito.
- Finanziamento ponte per ripristinare le scorte: se riesci ad ottenere un piccolo prestito o un fido assistito da garanzia (ad es. Fondo PMI o cooperative di garanzia), usalo per pagare almeno i fornitori strategici fino a un livello di ripartenza. Nelle procedure di crisi, puoi chiedere al tribunale autorizzazione a finanziamenti prededucibili, proprio finalizzati a dare fiducia ai fornitori e mantenere l’attività viva durante la crisi.
- Cambiare fornitore (soluzione estrema): il mercato farmaceutico ha più grossisti; se uno ti blocca, potresti provare a rivolgerti a un altro spiegando la situazione e magari pagando alla consegna. Tuttavia, se il tuo vecchio fornitore avanza molto, potrebbe agire per legge (ingiunzione) comunque. Quindi meglio sistemare con lui.
Nel concordato in continuità, una volta ammesso, per legge i fornitori strategici sono obbligati a continuare le forniture alle condizioni contrattuali usuali, salvo che tu non paghi il corrente (art. 95 CCII, divieto di esecuzione di clausole terminate). Quindi, se entri in concordato, quel fornitore non può sospendere la consegna solo perché hai il pregresso insoluto (il pregresso lo tratterà nel concordato come creditore). Ovviamente, queste sfumature legali sono delicate da far valere senza incrinare rapporti: meglio convincerlo bonariamente che collaborare conviene.
D. Ho un fido di conto in banca e temevo la revoca: la banca l’ha revocato e ora chiede il rientro immediato. Posso oppormi?
R. Purtroppo la banca di solito ha contrattualmente il diritto di revoca ad nutum (a vista) del fido se peggiora il rating. Quindi legalmente non puoi impedirlo, a meno che la revoca sia palesemente abusiva (ma raro). Ciò detto, se hai già avviato una procedura concorsuale (concordato, accordo) puoi chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive, e questo include la richiesta immediata di rientro: la banca dovrà insinuare il credito nella procedura e attendere il piano. Nella composizione negoziata non c’è un divieto esplicito di revoca fido, ma con le misure protettive potrebbe essere contestato se la banca lo fa dopo l’istanza (ci sono stati casi di banche richiamate a più correttezza). In pratica: se è già revocato, tratta con la banca la possibilità di convertire il fido a revoca in un mutuo a medio termine, magari garantito (la riserva di legge art. 55 CCII consente di far contratti autorizzati dal tribunale anche in concordato, es. consolidamento debito). Oppure includi il suo credito nel concordato. Non opporsi ciecamente (perderesti in causa), meglio includerla nella soluzione complessiva. Spesso le banche, se vedono che stai predisponendo un concordato serio, sono disposte a rinegoziare anziché rischiare di prendere briciole.
D. La mia farmacia è in affitto e ho 6 mesi di canoni arretrati: il proprietario minaccia lo sfratto, che fare?
R. Il credito locatizio è cruciale: se vieni sfrattato, perdi la sede e quindi l’azienda crolla. Quindi è prioritario risolvere. Lo sfratto per morosità è sospendibile se paghi integralmente quanto dovuto (più spese) entro i termini di grazia che il giudice può darti (di solito massimo 90 giorni su concessione). Se non hai fondi per saldare tutto, includi il locatore nel piano di ristrutturazione: proponi di compensare magari con la cauzione già versata e dilazionare il resto. In un concordato, il locatore è un creditore chirografario per i canoni scaduti; però attenzione, ha anche il potere di risolvere il contratto se la morosità continua. Soluzione: chiedi al tribunale, nell’ambito delle misure protettive, il blocco temporaneo dello sfratto e proponi al locatore l’assunzione del debito in prededuzione nel concordato (cioè pagarlo fuori concordato con priorità) – se è d’accordo potete fare così. Alternativamente, cerca di pagare almeno le mensilità correnti per non accumulare altra morosità, e con le arretrate fai un accordo (magari offri una parte subito e il resto come credito concorsuale). In casi estremi, se hai opportunità, sposta la farmacia in altri locali entro i termini di legge (con autorizzazione comunale) per non dipendere più da quel locatore, ma è operazione lunga e costosa, di solito non fattibile in crisi. È un problema spinoso: la leva migliore è far capire al proprietario che se coopera recupera buona parte via concordato, se invece insiste e ti fa fallire rischia di non vedere un soldo (e intanto avrà il locale vuoto per mesi). Giocare questa carta con diplomazia spesso porta a più miti consigli.
D. Come funziona la procedura di composizione negoziata? È davvero riservata?
R. Sì, la composizione negoziata è confidenziale. La domanda viene fatta su piattaforma e gli incontri con l’esperto sono riservati. Non c’è pubblicità sul registro imprese, né i fornitori esterni devono saperlo (solo quelli coinvolti). Se chiedi misure protettive al tribunale, viene pubblicato un sintetico decreto per informare i creditori (così sanno che non possono agire), ma non entra nei dettagli e comunque è qualcosa di meno noto al pubblico generale rispetto a un fallimento. Perciò la tua reputazione può salvarsi. L’esperto poi è tenuto al segreto. Quindi puoi tranquillamente attivarla per sondare possibili soluzioni, senza che la voce si sparga nel quartiere. Molti imprenditori temono lo stigma, ma considera che è meglio affrontare il problema con uno strumento legale piuttosto che aspettare i pignoramenti (quelli sì che diventano pubblici e chiunque se ne accorge, dai fornitori ai dipendenti). Quindi conviene superare la ritrosia iniziale.
D. Se la procedura concorsuale non risolve e finisco comunque in liquidazione, rischio anche l’accusa di bancarotta?
R. Dipende da come ti sei comportato prima e durante. Se hai agito onestamente, anche se la procedura fallisce (ad esempio non riesci a rispettare il concordato e si converte in fallimento), la bancarotta semplice può scattare per il semplice dissesto, ma spesso viene dichiarata l’esdebitazione senza pene aggiuntive. La bancarotta fraudolenta scatta solo se emergono atti dolosi: aver sottratto beni, falsificato conti, privilegiato creditori in malafede. Se tu hai seguito i consigli e non hai fatto nulla del genere, non dovresti preoccuparti. Inoltre, partecipare a una procedura di sovraindebitamento esclude la punibilità per alcuni reati: ad esempio, se stai eseguendo un piano del consumatore, non puoi essere punito per insolvenza fraudolenta verso i creditori coinvolti (perché stai formalmente sistemando). In caso di fallimento, purtroppo l’azione penale è quasi automatica: la Procura apre fascicolo e verifica se c’è bancarotta. Ma se i libri sono in ordine e non mancano asset all’appello, il fascicolo si chiude con un’archiviazione o una declaratoria di non luogo. Quindi la miglior difesa penale è la trasparenza e correttezza: anche nella sventura, collabora col curatore, indica tutto quello che c’è, racconta le cause vere del crac (spiegando magari che hai pagato i dipendenti col fido perché avevi senso di responsabilità – potrebbe evitarti una bancarotta preferenziale perché giustificata socialmente). La legge tiene conto di chi ha agito senza frode, riconoscendo la meritevolezza con esdebitazione e riduzione di pene. Non ultimo, fatti assistere da un avvocato penalista se vieni convocato dalla Guardia di Finanza o curatore: spiega con lui le operazioni, fornisci documenti giustificativi. Se c’è stata solo sfortuna e non dolo, riuscirete a farlo emergere.
D. Le novità normative degli ultimi anni come impattano sul mio caso (nel 2025)?
R. In breve: ti sono favorevoli. Il Codice della Crisi ha portato strumenti moderni (composizione negoziata, estensione transazione fiscale, esdebitazione più facile) che prima non c’erano. Ad esempio, prima della riforma non potevi falcidiare l’IVA in concordato, ora sì. Prima, se eri piccolo imprenditore, c’era la macchinosa L.3/2012 poco conosciuta; ora è integrata e potenziata nel CCII, col silenzio-assenso nei voti, ecc. Il 2023 ha visto miglioramenti con il correttivo ter che ha definito meglio il consumatore e previsto procedure familiari uniche. Quindi hai a disposizione un ventaglio di soluzioni più ampio che in passato. Inoltre, post-pandemia, c’è una certa sensibilità dei tribunali nel aiutare le imprese in crisi a ristrutturare piuttosto che liquidare. Certo, occorre presentare piani credibili. Ma se c’è possibilità di salvare la tua farmacia, troverai un contesto normativo più “friendly” oggi rispetto a 10 anni fa. In soldoni: sfrutta queste novità. Non pensare ai vecchi racconti di “fallimento = fine e stigma per sempre”. Oggi fallire onestamente e ripartire è considerato parte fisiologica del rischio d’impresa; e se puoi evitare di fallire usando concordati, ancora meglio. L’ordinamento attuale vuole tenerti in attività se possibile, perché una farmacia che continua a operare paga tasse, dà lavoro e serve la collettività, piuttosto che una farmacia chiusa e debiti morti.
Fonti
- Cass. pen. Sez. V, sent. n. 34464/2018: principio consolidato in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale: la cessione di un ramo d’azienda senza corrispettivo o a corrispettivo irrisorio integra la distrazione punibile. Confermato da Cass. Sez. I n. 9598/2025 (rame d’azienda ceduto = reato consumato al momento dell’atto).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, modificato dal D.Lgs. 83/2022 e L. 197/2022): artt. 2 (definizioni di impresa minore, consumatore), 12-25 (composizione negoziata), 61-74 (accordi ristrutturazione), 65-80 (concordato minore), 67-73 (piano consumatore), 268-277 (liquidazione controllata), 282-283 (esdebitazione), 322-341 (reati concorsuali).
- Leggi speciali settore farmacie: R.D. 1265/1934 art. 113 (decadenza concessione farmacia), L. 362/1991 (norme di riordino farmacie), L. 124/2017 (concorrenza, società di capitali in farmacia).
- Normativa penale-tributaria: D.Lgs. 74/2000 artt. 10-bis, 10-ter, 11 (omessi versamenti e sottrazione fraudolenta), L. 638/1983 art. 2 (omesso versamento contributi), Codice Penale artt. 640, 641 (truffa e insolvenza fraudolenta).
Debiti farmacia? Fatti Difendere da Studio Monardo
La tua farmacia sta affrontando debiti fiscali, contributivi o verso fornitori?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di accertamento o pignoramenti sui conti aziendali?
Le farmacie, pur essendo attività solide, possono trovarsi in difficoltà per calo di fatturato, investimenti elevati, rimborsi SSN in ritardo o contenziosi fiscali. Ma anche in questi casi esistono strumenti legali per difendersi e ristrutturare il debito.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in crisi d’impresa e debiti di aziende sanitarie e farmaceutiche
- ✔️ Specializzato in difesa da contenziosi fiscali e gestione delle procedure di composizione della crisi
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Anche una farmacia con debiti può salvarsi e ripartire.
Con il giusto supporto legale puoi ridurre la pressione dei creditori, ristrutturare il debito e mettere in sicurezza l’attività.
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