Musicista Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi

Sei un musicista con debiti fiscali, bancari o personali e non sai come uscirne?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, avvisi di accertamento, solleciti da banche o finanziarie, o stai subendo pignoramenti sul conto o sul cachet? In questi casi è fondamentale sapere quali strumenti legali hai per difenderti, come proteggere i tuoi guadagni e come risolvere la tua situazione senza compromettere la tua carriera artistica.

Quando un musicista può trovarsi con debiti difficili da gestire
– Quando hai lavorato in modo saltuario o irregolare, senza riuscire a versare contributi o imposte
– Quando hai aperto una partita IVA, ma non sei riuscito a sostenere i costi fiscali e previdenziali
– Quando hai ricevuto compensi non dichiarati, e ora il Fisco ti contesta redditi evasi o IVA non versata
– Quando hai ottenuto finanziamenti per strumenti, studi di registrazione, tournée o produzioni e non sei riuscito a rimborsarli
– Quando le entrate sono diminuite per crisi, malattia, pandemia o mancati ingaggi

Cosa può succedere a un musicista con debiti
– Ricevere cartelle esattoriali da Agenzia delle Entrate-Riscossione per IRPEF, IVA, INPS o multe
– Subire pignoramenti sul cachet, sulle royalties, sul conto corrente o sugli strumenti
– Perdere l’accesso al credito e avere difficoltà a stipulare contratti con agenzie, etichette o locali
– Subire trattenute sulle fatture emesse, se lavori con enti pubblici o soggetti obbligati
– Vivere una costante pressione economica, che incide anche sulla creatività e sull’attività artistica

Cosa puoi fare per difenderti se sei un musicista con debiti
– Verifica con un professionista quali sono i debiti reali, se sono prescritti, impugnabili o viziati
– Se hai ricevuto cartelle, puoi accedere a rateizzazioni, rottamazioni o saldo e stralcio, se in possesso dei requisiti
– Se hai più debiti e un reddito irregolare, puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, anche come libero professionista o lavoratore intermittente
– Se ricevi un pignoramento su compensi, puoi chiedere la sospensione o la riduzione della trattenuta, soprattutto se compromette la tua sopravvivenza
– Se i debiti derivano da errori contabili, puoi presentare un ricorso tributario o una memoria difensiva ben documentata
– Se sei in difficoltà strutturale, puoi ristrutturare la tua posizione fiscale, metterti in regola e ripartire senza paura di nuovi blocchi

Cosa puoi ottenere con la giusta strategia
– La sospensione immediata degli atti esecutivi, come pignoramenti o fermi
– La riduzione delle somme dovute, se accedi a misure di definizione agevolata
– La protezione dei tuoi strumenti, cachet, royalties o diritti d’autore
– La ricostruzione della tua reputazione fiscale, utile per firmare contratti o accedere a bandi e contributi pubblici
– La possibilità di ricominciare a lavorare con serenità, senza il peso di debiti impagabili

Attenzione: essere artista non significa essere invisibile al Fisco. Sempre più musicisti ricevono accertamenti su cachet, performance, diritti digitali e collaborazioni occasionali. Ma la tua attività può essere difesa, e con gli strumenti giusti puoi salvarti dai debiti e ripartire senza compromettere la tua carriera.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità per artisti, sovraindebitamento e difesa del patrimonio creativo ti spiega cosa fare se sei un musicista con debiti, come difenderti dagli atti esattoriali e come proteggere il tuo lavoro.

Hai debiti fiscali o cartelle che mettono a rischio la tua attività musicale?
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Introduzione

Un numero crescente di professionisti e artisti – inclusi i musicisti – si trova in difficoltà economica a causa di debiti accumulati nel tempo. Come può un musicista indebitato difendersi legalmente dai creditori e ottenere un “fresh start”? In Italia, esiste una disciplina specifica del sovraindebitamento che offre soluzioni sia negoziali sia liquidatorie per chi, pur non essendo un grande imprenditore, non riesce più a far fronte ai propri debiti. Questa guida (aggiornata a luglio 2025) fornirà un’analisi dettagliata e avanzata degli strumenti di tutela a disposizione del debitore – con particolare focus sui musicisti e lavoratori dello spettacolo – per gestire e risolvere situazioni di debito eccessivo. Adotteremo un linguaggio giuridico ma accessibile, adatto sia a professionisti legali sia a privati e imprenditori interessati, con riferimenti normativi aggiornati, sentenze recenti, tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte. Il punto di vista adottato è quello del debitore: esamineremo quindi le tutele e le procedure dal lato di chi ha debiti (non dal lato dei creditori), evidenziando il favor debitoris insito nella normativa.

Il problema del sovraindebitamento e il quadro normativo (2025)

A partire dal 2012 il legislatore italiano ha introdotto misure per fronteggiare l’emergenza sociale del sovraindebitamento, spesso causa di gravi disagi personali (la Legge n.3/2012 fu soprannominata “legge salva-suicidi”). Oggi la disciplina è organicamente raccolta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), emanato con D.Lgs. 14/2019 ed entrato in vigore il 15 luglio 2022. Il CCII ha abrogato la previgente L.3/2012, mantenendone l’impianto di fondo ma introducendo importanti novità tramite successivi correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).

Sovraindebitamento significa incapacità del debitore non fallibile di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. In pratica, è la situazione in cui una persona (o piccola impresa) si trova con debiti insostenibili rispetto al proprio patrimonio o reddito, in stato di crisi finanziaria o di vera e propria insolvenza. La normativa mira a comporre la crisi debitoria e consentire al debitore onesto di liberarsi dai debiti pregressi (principio della seconda opportunità), bilanciando tale beneficio con la tutela dei creditori. Si privilegia un approccio non punitivo verso il debitore in buona fede, favorendone il recupero economico-sociale e prevenendo il ricorso all’usura o ad altre soluzioni illegali. Tuttavia, l’accesso è riservato ai debitori “meritevoli”, ossia a coloro che non abbiano colposamente o fraudolentemente determinato la propria situazione di insolvenza.

Il CCII dedica un intero capo alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (Titolo IV, Capo II, Sez. II, artt. 65-83). Tali procedure, benché “minori”, sono vere e proprie procedure concorsuali giudiziarie (ossia con l’intervento dell’autorità giudiziaria), che si affiancano alle procedure fallimentari tradizionali (liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.) ma sono calibrate sui soggetti non fallibili e sulle persone fisiche. Il principio cardine è la distinzione tra soggetti fallibili e non fallibili: solo chi non può accedere alle grandi procedure concorsuali può utilizzare gli strumenti di sovraindebitamento. In sostanza, il musicista (o qualsiasi individuo) non assoggettabile a fallimento rientra nell’ambito di applicazione del sovraindebitamento.

Di seguito esamineremo chi sono i soggetti che possono accedere a queste procedure e quali sono le soluzioni previste, per poi analizzare in dettaglio ciascuna procedura (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione) con l’ausilio delle norme aggiornate e delle più recenti sentenze. Troverete inoltre tabelle comparative, simulazioni pratiche di applicazione (casi di musicisti debitori in diverse situazioni) e una sezione di FAQ che chiarisce i dubbi più comuni.

Soggetti ammessi e presupposti: chi può accedere?

La legge individua con precisione i debitori che possono avvalersi delle procedure di sovraindebitamento. In generale si tratta di debitore non fallibile, ovvero chi per legge non può essere sottoposto a liquidazione giudiziale (il nuovo termine per “fallimento”). Secondo l’art. 2, co.1, lett. c) CCII e la disciplina attuale, rientrano tra i soggetti ammessi:

  • Consumatori: persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In pratica, privati cittadini i cui debiti riguardano la sfera personale o familiare (es. spese di vita, credito al consumo, mutuo prima casa, bollette, finanziamenti personali, ecc.). Esempio: un musicista dipendente o freelance che ha debiti per spese familiari, prestiti personali, carte di credito, tasse, canone d’affitto, ecc., rientra in questa categoria purché tali debiti non siano legati a un’attività d’impresa.
  • Imprenditori minori: imprenditori commerciali sotto determinate soglie dimensionali definite dalla legge (attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 negli ultimi 3 esercizi). Queste soglie identificano il piccolo imprenditore “sotto soglia” non assoggettabile a fallimento. Rientrano qui anche le imprese familiari e le piccole società se di dimensioni ridotte. Nota: un musicista che gestisce ad es. una piccola impresa individuale o una società di persone per organizzare eventi musicali potrebbe ricadere in questa categoria, se i parametri rientrano nei limiti.
  • Imprenditori agricoli: per tradizione il coltivatore diretto e l’impresa agricola non falliscono, quindi possono accedere al sovraindebitamento. (Caso non tipico per un musicista, ma previsto dalla legge).
  • Start-up innovative: anch’esse escluse dal fallimento per legge, quindi ammesse al sovraindebitamento.
  • Professionisti, artisti e lavoratori autonomi: la norma include espressamente “professionisti, artisti e altri lavoratori autonomi” tra i soggetti che possono accedere. Artisti iscritti ex-ENPALS (cioè i lavoratori dello spettacolo iscritti alla gestione INPS ex ENPALS) rientrano qui a pieno titolo. Ciò significa che un musicista libero professionista (con partita IVA), un tecnico del suono freelance, un attore, etc., possono accedere alle procedure di sovraindebitamento in quanto lavoratori autonomi, non soggetti a fallimento.
  • Imprenditori cessati: chi ha cessato da oltre un anno un’attività d’impresa (anche se in precedenza fallibile) ma ha ancora debiti derivanti da essa può accedere. Ad esempio, un musicista che in passato gestiva un locale o un’etichetta discografica e ha chiuso l’attività ma gli rimangono debiti insoluti può ricorrere a queste procedure come “imprenditore cessato”.
  • Soci illimitatamente responsabili di società di persone (SNC, SAS) non fallite.
  • Enti privati non commerciali: es. associazioni, fondazioni non imprenditoriali (rilevante se, ad esempio, un’associazione culturale musicale ha debiti e non può fallire).

In breve, tutti i debitori civili o minori possono accedere: dal consumatore puro al piccolo imprenditore, dal professionista all’artista autonomo, dalla società semplice professionale all’ente non profit. La legge ha volutamente un raggio d’azione ampio, per coprire le tante situazioni di crisi individuale o familiare che sfuggono alle procedure fallimentari tradizionali.

Chi non può accedere? Sono esclusi:

  • Gli imprenditori e società soggetti a procedure concorsuali maggiori (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.). In pratica, le medie-grandi imprese e società commerciali sopra soglia restano nell’alveo delle procedure ordinarie, non potendo “ripiegare” sul sovraindebitamento.
  • Chi ha già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti.
  • Chi ha già beneficiato di due esdebitazioni in qualsiasi tempo (la legge sembra porre un limite di massimo due “fresh start” nella vita).
  • Il debitore che ha causato il sovraindebitamento con dolo, colpa grave o frode (es. contraendo debiti senza intenzione di pagarli, dissipando il patrimonio in maniera fraudolenta, nascondendo beni ai creditori, ecc.). La mancanza di lealtà e buona fede preclude l’accesso: la procedura è riservata ai debitori onesti sebbene sfortunati. Su questo punto la giurisprudenza ha sottolineato che il giudizio di meritevolezza deve limitarsi ai comportamenti realmente fraudolenti o gravemente colposi, senza negare l’accesso per mere imprudenze o scelte economiche sbagliate ma non dolose.

È importante valutare caso per caso la situazione del debitore. Ad esempio, un musicista con partita IVA e debiti sia personali che legati all’attività artistica non sarà qualificabile come “consumatore” puro: i debiti professionali rendono necessario utilizzare la procedura adatta ai debitori non consumatori (come vedremo, il concordato minore). Viceversa un musicista dipendente con soli debiti familiari potrà essere trattato come consumatore e accedere al relativo piano. In caso di debiti misti (in parte consumer, in parte business), il Correttivo Ter 2024 ha chiarito che si dovrà utilizzare la procedura del concordato minore, aperta a tutte le obbligazioni del debitore. La Cassazione ha ribadito infatti che solo i debiti di natura personale/familiare possono rientrare in un piano del consumatore, mentre i debiti derivanti (anche indirettamente) da attività d’impresa o professionale ne restano esclusi. In applicazione di ciò, è stata ad esempio dichiarata inammissibile la domanda di piano del consumatore presentata da un soggetto le cui obbligazioni originavano in larga parte da un’attività economica cessata (in tal caso il rimedio corretto era il concordato minore).

Nota sul consumatore garante: merita menzione una situazione peculiare: se il debitore è una persona fisica che ha prestato fideiussione/garanzia per debiti altrui. La giurisprudenza ha stabilito che il garante può essere qualificato “consumatore” se la garanzia è stata prestata per fini estranei ad un’attività d’impresa propria. Ad esempio, un musicista che garantisce il mutuo di un amico imprenditore, senza interesse nell’impresa di quest’ultimo, può trattare l’eventuale escussione della garanzia come debito personale (da consumatore). Questa interpretazione evita di penalizzare il privato che si è indebitato per aiutare terzi senza scopi imprenditoriali propri (Cass. civ. sez. I n.742/2020).

Le procedure di sovraindebitamento: quali strumenti ha il debitore?

Il Codice della Crisi (come già la L.3/2012) mette a disposizione tre procedure principali per comporre la crisi da sovraindebitamento, più una quarta procedura speciale di esdebitazione “a zero” (per il debitore totalmente incapiente). Ecco una panoramica:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67–73 CCII) – ex “piano del consumatore”: riservata esclusivamente al debitore consumatore persona fisica con debiti di natura personale/familiare. Prevede la presentazione al tribunale di un piano di pagamento, con eventuali ristrutturazioni e stralci (falcidi) dei debiti, formulato dal consumatore con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi (OCC). Non richiede l’accordo dei creditori: se il giudice lo omologa (approva), il piano diviene vincolante per tutti i creditori anche senza il loro consenso. È quindi una procedura a prevalente carattere negoziale-giudiziale individuale, dove il tribunale funge da garante dell’equilibrio del piano in sostituzione del voto dei creditori. Obiettivo finale: il pagamento – anche parziale – dei debiti secondo le possibilità del consumatore e la successiva esdebitazione (liberazione dai debiti residui).
  • Concordato minore (artt. 74–83 CCII) – ex “accordo di composizione della crisi”: destinato ai debitori sovraindebitati diversi dal consumatore, cioè piccoli imprenditori, professionisti, start-up, imprenditori cessati, soggetti con debiti anche professionali, ecc.. Si tratta di un piano di ristrutturazione che viene però sottoposto al voto dei creditori: il debitore propone ai creditori un accordo di pagamento (eventualmente suddividendo i creditori in classi omogenee) e la maggioranza di essi (per valore del credito) deve approvare la proposta perché questa sia omologata. È dunque una procedura concorsuale negoziale, simile a un piccolo concordato preventivo: l’intesa con i creditori è centrale, sebbene vi sia sempre il controllo finale del tribunale. Permette di ristrutturare complessivamente i debiti del soggetto non consumatore, con l’obiettivo di risanare la posizione debitoria senza liquidare completamente il patrimonio. Esempio: un musicista con partita IVA che ha debiti verso fornitori per organizzazione di eventi, oltre a debiti personali, potrebbe proporre un concordato minore offrendo ai creditori il pagamento di una percentuale su ciascun credito nell’arco di alcuni anni, magari distinguendo in classi (es. una classe per debiti fiscali, una per banche, una per fornitori) con trattamenti differenziati. Se i creditori votano a favore in numero sufficiente e il piano è sostenibile, il tribunale omologa l’accordo che diventa vincolante anche per eventuali creditori dissenzienti.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268–277 CCII) – ex “liquidazione del patrimonio”: è la procedura a carattere liquidatorio puro. Qui non c’è un piano di pagamento, bensì si procede alla vendita di tutti i beni del debitore sotto il controllo del tribunale, per distribuire il ricavato ai creditori secondo le regole della parità di trattamento (par condicio). Può accedervi qualunque debitore sovraindebitato non fallibile (consumatore o professionista, imprenditore sotto soglia, ecc.), ed è di fatto l’ultima risorsa quando non sia possibile o conveniente un piano di ristrutturazione. La liquidazione può essere chiesta dallo stesso debitore – ad esempio quando non è in grado di proporre un piano credibile – oppure, in talune ipotesi, può essere promossa dai creditori o dal Pubblico Ministero. Quest’ultima previsione è significativa: diversamente dal passato, il nuovo CCII consente in casi limitati un’iniziativa “forzata” di liquidazione anche contro il debitore, analogamente a un fallimento, per evitare che un soggetto non fallibile rimanga indefinitamente insolvente a danno dei creditori. Di fatto, la liquidazione controllata è un piccolo fallimento personale: viene nominato un liquidatore, si forma l’inventario di tutti i beni del debitore, si sospendono le azioni esecutive individuali e si vendono i beni per pagare (in tutto o in parte) i debiti. Al termine, se il debitore è una persona fisica, egli può ottenere l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. Come vedremo, nel CCII l’esdebitazione post-liquidazione è quasi automatica e concessa “di diritto” salvo eccezioni, diversamente dalla vecchia legge che richiedeva un’istanza ad hoc.
  • Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): è la misura straordinaria introdotta più di recente (fine 2020, poi confermata nel Codice) per i casi in cui il debitore persona fisica non ha alcun patrimonio liquidabile né capacità di rimborso nemmeno minima. In tali situazioni estreme, la legge consente – una tantum (una sola volta nella vita) – di ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza alcun pagamento, allo scopo di liberare il debitore da un peso insostenibile che altrimenti lo schiaccerebbe a vita. Questa esdebitazione “a zero” è soggetta a condizioni stringenti: il debitore deve essere meritevole (quindi incolpevole del proprio dissesto, senza atti in frode) e realmente privo di beni o redditi attuali e prospettici con cui soddisfare i creditori. La procedura si svolge in tribunale, con un ricorso del debitore attestante la propria totale insolvenza: verificati i presupposti, il giudice emette decreto che libera il debitore da tutte le obbligazioni pregresse. Data la sua drasticità (il debitore viene esonerato dal pagare i creditori senza dare nulla in cambio), la legge prevede cautele: ad esempio restano comunque esclusi dall’esdebitazione incapiente i debiti per obblighi alimentari, risarcimenti da fatti illeciti e sanzioni penali o amministrative (questi debiti, considerati “intoccabili”, restano dovuti anche dopo). Inoltre, se entro 4 anni dal provvedimento sopravvengono beni o redditi significativi, il debitore ha l’obbligo di pagarvi i creditori almeno fino al 10% del loro credito – in pratica, se ha fortuna economica nei 4 anni successivi, parte di quella fortuna deve andare a chi aveva subito perdite. L’esdebitazione dell’incapiente rappresenta comunque l’extrema ratio per dare al debitore onesto completamente rovinato una chance di ripartenza. (Nota: la Legge di Bilancio 2024 ha previsto l’istituzione di un Fondo statale a tutela dei creditori vittime di reati di usura/estorsione nei casi in cui l’autore del reato ottenga l’esdebitazione incapiente. Questa è una misura di giustizia compensativa: ad esempio, se Tizio ha debiti verso vittime di usura, e viene esdebitato incapiente, un fondo pubblico potrà indennizzare in parte quelle vittime).

Le sezioni che seguono analizzeranno in dettaglio ciascuna di queste procedure dal punto di vista del debitore: come funzionano, quali vantaggi offrono, quali condizioni e limiti prevedono. Successivamente, affronteremo il trattamento dei diversi tipi di debito nelle procedure (debiti fiscali, bancari, alimentari, ecc.), presenteremo casi pratici applicativi e risponderemo alle FAQ più frequenti.

Procedura 1: Ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore)

Cos’è: È un piano di rientro dai debiti dedicato esclusivamente al consumatore sovraindebitato. Introdotto inizialmente dalla L.3/2012 e ora disciplinato dagli artt. 67-73 CCII (come “ristrutturazione dei debiti del consumatore”), consente al debitore persona fisica non imprenditore di proporre al tribunale un piano con cui pagherà in tutto o in parte i propri debiti, secondo le sue possibilità, ottenendone la cancellazione finale della parte eventualmente insoddisfatta. La caratteristica principale è che il piano non richiede l’approvazione dei creditori: il giudice può omologarlo ed imporlo a tutti i creditori se ritiene che il debitore ne abbia diritto e che il piano sia fattibile ed equo. Ciò tutela il debitore meritevole da eventuali pretese eccessive o ostruzionismi dei creditori, consentendogli di risolvere la crisi anche contro la volontà di alcuni di essi (a differenza del concordato minore, dove il voto dei creditori è determinante).

Chi può accedere: solo il debitore “consumatore” persona fisica, definito come visto sopra. È fondamentale che tutti i debiti inclusi nel piano siano di origine personale/familiare. Debiti connessi ad eventuali attività economiche del debitore non possono essere falcidiati in questo piano. In pratica, se il musicista esercita anche attività d’impresa, dovrà tenere fuori dal piano i debiti imprenditoriali (optando magari per un concordato minore). Viceversa, può includere nel piano: prestiti personali, mutui per la casa, scoperti di conto personali, carte di credito, bollette, canoni di locazione, debiti tributari personali (IRPEF, IMU, ecc.), contributi previdenziali personali, ecc. – insomma tutto ciò che attiene al suo bilancio familiare. Anche debiti verso ex soci o garanti per impegni personali possono rientrare.

Condizioni di ammissibilità: il tribunale verifica innanzitutto che il proponente sia consumatore e “meritevole”. La meritevolezza nel piano del consumatore significa assenza di comportamenti gravemente scorretti: ad esempio, non si deve aver aumentato i debiti con dolo o colpa grave quando già non si potevano pagare, non si devono aver violato obblighi di trasparenza verso l’OCC o il tribunale, né commesso atti di frode a danno dei creditori (come nascondere o simulare il proprio patrimonio). Va tuttavia sottolineato che non si richiede al consumatore di essere stato sempre finanziariamente prudente: la Cassazione ha chiarito che errori di gestione o imprudenze (come contrarre mutui poi risultati difficili da pagare) non escludono di per sé la meritevolezza, se non vi è malafede. Ciò che conta è che il debitore non abbia colpe gravi o intenti fraudolenti. In sostanza, il giudice valuta se il sovraindebitamento è frutto di eventi sfortunati, ridotte capacità reddituali, spese impreviste (cause “scusabili”), oppure se è stato provocato intenzionalmente o con leggerezza inescusabile (in tal caso l’accesso sarà negato).

Altra condizione: documentazione completa e veritiera. Il debitore deve depositare tutta la documentazione richiesta (elenco di creditori, atti di proprietà, dichiarazioni fiscali, elenco spese di mantenimento, ecc.) e dichiarare in modo veritiero la propria situazione economica. L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – di cui parliamo tra poco – attesta la completezza e attendibilità dei dati. Un’omissione o falsità materiale rilevata può portare all’inammissibilità.

Come funziona la procedura (fasi principali):

  1. Fase preparatoria con l’OCC: Il consumatore deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento (OCC) competente per il proprio territorio. Gli OCC sono enti terzi (presso Camere di Commercio, Ordini professionali, enti pubblici o privati iscritti in apposito registro ministeriale) deputati ad assistere debitori in queste procedure. L’OCC nomina un gestore della crisi (di solito un professionista esperto, come un avvocato o commercialista). In collaborazione col debitore, il gestore:
    • Analizza la situazione debitoria e patrimoniale.
    • Aiuta a predisporre la proposta di piano del consumatore, indicando con precisione importi, tempistiche e modalità con cui il debitore intende soddisfare i crediti.
    • Redige una relazione particolareggiata (relazione dell’OCC) da depositare in tribunale, in cui descrive le cause dell’indebitamento, verifica le poste attive e passive, valuta la fattibilità del piano e soprattutto esprime un giudizio sulla meritevolezza del debitore e sull’assenza di atti in frode. Questa relazione è un elemento chiave: fornisce al giudice un quadro obiettivo della situazione e dell’onestà del debitore.
    • Raccoglie la documentazione richiesta (elenco debiti, beni, redditi, attestazioni, certificati dei carichi pendenti tributari, etc.) e certifica che sia completa.
    Esempio: supponiamo che un musicista abbia 100.000 € di debiti complessivi (mutuo residuo 60.000€, finanziamento auto 10.000€, carte di credito 5.000€, debiti con il fisco 15.000€, bollette e fornitori vari 10.000€). Con l’aiuto dell’OCC, esaminerà il proprio bilancio attuale (redditi futuri prevedibili, eventuali beni vendibili, spese essenziali di mantenimento) e formulerà un piano. Potrebbe ad esempio proporre: conservare la casa continuando a pagare il mutuo (magari con una rinegoziazione), pagare integralmente il debito auto ma in 5 anni, offrire ai creditori chirografari (carte, fornitori) il pagamento del 40% del dovuto in 4 anni, e per il fisco pagare solo la parte di imposte senza sanzioni (grazie alla possibilità di stralciare sanzioni e interessi). Il tutto sostenibile col suo stipendio/pensioni/incassi futuri stimati. Questo piano, corredato dalla relazione OCC, verrà sottoposto al giudice.
  2. Ricorso in tribunale e misure protettive: Depositati il ricorso con il piano e la relazione OCC presso il Tribunale competente (sezione fallimentare o apposita sezione sovraindebitamento), il giudice monocratico esamina la domanda. Può succedere che il debitore chieda misure protettive a tutela nel frattempo, ovvero la sospensione delle azioni esecutive dei creditori. Ai sensi dell’art. 70 co.4 CCII, il giudice, su istanza del debitore, può disporre il blocco temporaneo dei pignoramenti e delle azioni esecutive in corso fino alla decisione sull’omologazione. Questa sospensione (stay) non è automatica ma generalmente viene concessa se il piano appare ammissibile, evitando che nel frattempo i creditori corrano ad aggredire i beni in pregiudizio della par condicio. In ogni caso, dalla data di omologazione del piano, scatta il divieto per i creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari individuali sui beni del debitore (la protezione diventa definitiva con l’omologa, similmente a quanto avviene in un concordato preventivo).
  3. Decreto di apertura o rigetto: Il giudice valuta in limine la completezza e ammissibilità. Se ritiene che sussistono i presupposti (soggettivi e oggettivi) e che la documentazione è regolare, emette un decreto di apertura del procedimento, disponendo le eventuali misure protettive e fissando un’udienza per l’omologazione. Se invece ravvisa cause di inammissibilità (ad es. debitore non rientrante tra i legittimati, oppure difetto di meritevolezza evidente, o documentazione carente), può respingere subito la domanda. In tal caso, una recente sentenza di Cassazione (Cass. civ. Sez. I n.24870/2024) ha chiarito che il decreto di inammissibilità iniziale è reclamabile al Tribunale in composizione collegiale. Il Correttivo 2024 infatti ha modificato l’art. 70 CCII formalizzando un doppio binario di impugnazioni: i provvedimenti di mera inammissibilità della domanda si contestano con reclamo al collegio, mentre i provvedimenti che rigettano l’omologazione dopo l’udienza vanno in appello davanti alla Corte d’Appello. Questa distinzione ora è normativamente recepita, ponendo fine ad incertezze applicative.
  4. Udienza ed eventuali opposizioni dei creditori: Nel piano del consumatore i creditori non votano, ma hanno comunque la possibilità di interloquire. Il tribunale fissa un’udienza dandone comunicazione ai creditori. I creditori possono visionare la proposta e la relazione OCC; se ritengono, possono presentare opposizione all’omologazione entro i termini, adducendo motivi di contestazione (es.: contestano la meritevolezza del debitore, lamentano errori nel conteggio dei crediti, o la non convenienza del piano rispetto ad alternative). Va però detto che la legge e la giurisprudenza limitano l’ambito delle opposizioni: i creditori non possono semplicemente opporsi lamentando che “il piano paga poco” o che non conviene economicamente, poiché nel piano del consumatore il legislatore ha escluso il voto proprio per superare il loro dissenso economico. La Cassazione ha chiarito che non spetta ai creditori decidere della convenienza – questo giudizio compete al giudice, che confronta la soddisfazione offerta col presumibile soddisfacimento in caso di liquidazione alternativa. In altre parole, il giudice omologa se ritiene che i creditori col piano ottengano almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni del debitore (c.d. best interest test). L’opposizione del creditore può invece vertere su questioni di legittimità (ad es. eccepire che il debitore non era consumatore, o ha occultato qualcosa, o che si è indebitato in malafede). In mancanza di opposizioni formali, il giudice decide d’ufficio sull’omologazione, comunque verificando i requisiti.
  5. Omologazione del piano: Se il tribunale ritiene soddisfatte tutte le condizioni (meritevolezza del debitore, fattibilità del piano, rispetto della par condicio e convenienza minima per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria), emette il decreto di omologazione. Da quel momento, il piano diventa obbligatorio per tutti i creditori anteriori, i quali non possono più agire individualmente (ogni pignoramento in corso viene dichiarato improcedibile, ogni nuovo pignoramento è vietato). I creditori dovranno ricevere quanto previsto nel piano e null’altro; le eventuali ipoteche o pignoramenti vengono trattati come stabilito nel piano (spesso sospesi e poi rimossi a seguito dei pagamenti). Il decreto di omologa costituisce titolo esecutivo per costringere il debitore all’adempimento e per risolvere eventuali controversie sulla sua attuazione. Va segnalato un aspetto importante introdotto dal CCII, in linea con la direttiva UE 2019/1023: la possibilità di prevedere nel piano del consumatore una moratoria fino a 2 anni per i crediti privilegiati (ad esempio il credito ipotecario della banca sulla casa). L’art. 67, co.4 CCII consente che il piano posticipi fino a 24 mesi dall’omologazione l’inizio dei pagamenti ai creditori prelatizi. Su tale punto è intervenuta un’importante sentenza recente della Cassazione (Sez. I, 11 aprile 2025 n. 9549), la quale ha chiarito che il termine massimo di moratoria deve essere interpretato come termine iniziale e non finale. In altre parole, entro due anni dall’omologazione il debitore deve iniziare a pagare i crediti privilegiati, ma non è obbligatorio che li abbia pagati interamente entro tale termine. Ad esempio, se il piano congela le rate del mutuo per 18 mesi e poi riprende i pagamenti, è lecito anche se il mutuo finirà oltre i 2 anni – l’importante è che entro i 24 mesi il debitore abbia ricominciato a pagare qualcosa ai creditori con privilegio. La Cassazione ha confermato che non vi è obbligo di integrale soddisfacimento dei privilegiati entro il biennio, purché il piano sia trasparente e garantisca l’avvio dei pagamenti entro quel limite. Ciò ha convalidato la prassi dei tribunali di concedere ai debitori un periodo di respiro dopo l’omologa, coerente con la finalità di riequilibrio finanziario e di mantenimento di beni essenziali come l’abitazione.
  6. Esecuzione del piano: Una volta omologato, il debitore (spesso coadiuvato dal gestore OCC, che può avere funzioni di controllo) deve attenersi rigorosamente a quanto previsto. Dovrà effettuare i pagamenti nei tempi e modi stabiliti (versando le somme dovute ai creditori secondo il calendario, eventualmente su un conto controllato). I creditori dal canto loro non possono pretendere nulla di diverso o di più rispetto a quanto stabilito nel piano omologato, e se ricevono i pagamenti pianificati non possono agire oltre. È possibile che il tribunale nomini un professionista con funzione di “ausiliario/controllore” per vigilare sull’esecuzione (in alcuni casi coincide con lo stesso gestore OCC). Il debitore ha l’obbligo di riferire periodicamente, e se dovesse avere difficoltà impreviste può chiedere al giudice modestissime modifiche (anche se le modifiche sostanziali non sono di norma ammesse dopo l’omologa, salvo nuove circostanze eccezionali).
  7. Chiusura e esdebitazione: Una volta che il piano è eseguito, cioè il debitore ha pagato tutto ciò che era previsto pagasse, egli ha diritto alla liberazione da tutti i debiti residui anteriori non soddisfatti. Ad esempio, se il piano prevedeva il pagamento del 50% a certi creditori chirografari, una volta pagato quel 50% il restante 50% viene cancellato definitivamente. L’esdebitazione opera in forza di legge: il decreto di omologa, unito all’attestazione dell’avvenuto adempimento del piano, comporta l’inesigibilità di ogni saldo non pagato. In pratica il debitore torna “pulito” – i crediti pregressi sono estinti (salvo quelli eventualmente non soggetti a esdebitazione, come sanzioni o alimenti, di cui diremo più avanti). Nel CCII questa esdebitazione di chi completa il piano dovrebbe avvenire senza bisogno di ulteriore udienza: il giudice emette un decreto formale che prende atto dell’adempimento e dichiara inesigibili i debiti residui. Se per caso qualche creditore volesse contestare il rilascio dell’esdebitazione (ad es. sostenendo che il debitore non ha pagato tutto il dovuto, o ha violato condizioni), potrebbe ricorrere in quella sede.
  8. Revoca del piano: Attenzione però: se il debitore non rispetta il piano in modo sostanziale (inadempimento grave), oppure se emerge dopo l’omologa che aveva dolosamente occultato parte dell’attivo o del reddito, il tribunale – su istanza di creditore – può dichiarare la risoluzione o revoca del piano. Gli effetti protettivi cessano e i creditori riacquisiscono la facoltà di agire per l’intero credito originario dedotta la parte eventualmente già ricevuta. Ad esempio, se un musicista promette di pagare €500 al mese per 5 anni ma dopo pochi mesi smette senza giustificazione, i creditori possono chiedere la risoluzione: in tal caso si torna alla situazione pre-piano (salvo quanto già pagato) e i debiti integrali resuscitano. A seguito di revoca/risoluzione, spesso il debitore può essere dichiarato fallito (se nel frattempo è divenuto soggetto fallibile) o più comunemente può essere avviata/chiesta d’ufficio una liquidazione controllata per evitare che i creditori restino senza tutela. La legge infatti prevede una conversione automatica in liquidazione controllata se il piano del consumatore viene revocato per dolo o colpa grave del debitore (art. 69, co.6 CCII).

Vantaggi per il debitore nel piano del consumatore: Non c’è dubbio che questa procedura rappresenti uno strumento potente a tutela del debitore onesto:

  • Permette di imporre ai creditori una ristrutturazione, anche con pagamenti parziali e dilazionati, senza il loro consenso. Ciò è cruciale soprattutto quando alcuni creditori (es. finanziarie o banche) si mostrano inflessibili: il tribunale può bypassare il loro veto se il piano è comunque equo.
  • Consente di salvaguardare beni essenziali. Ad esempio, molti piani del consumatore sono utilizzati per salvare la prima casa dal pignoramento: il debitore propone di continuare a pagare il mutuo o di ristrutturarlo, offrendo magari qualcosa ai creditori chirografari, e ottiene la sospensione delle esecuzioni sulla casa. Finché rispetta il piano, nessuno potrà portargli via l’abitazione. La legge stessa incoraggia a trovare soluzioni che evitino la liquidazione forzata di beni se c’è un’alternativa soddisfacente (anche per i creditori conviene spesso evitare le aste giudiziarie, notoriamente svantaggiose).
  • Tutte le azioni esecutive sono congelate, dando respiro al debitore e impedendo la corsa del più veloce (tutela della par condicio creditorum).
  • Il debitore mantiene la gestione del suo patrimonio (a differenza della liquidazione fallimentare dove un curatore ne prende possesso): nel piano, il debitore resta proprietario dei beni, salvo ove il piano stesso preveda la vendita di taluni cespiti a beneficio dei creditori. Quindi maggior controllo e dignità per il debitore.
  • La storia debitoria viene “resettata” alla fine, offrendo un nuovo inizio (seconda opportunità) senza i debiti del passato.

Svantaggi o limiti: Naturalmente il piano del consumatore non è una panacea universale. Richiede che il debitore abbia comunque capacità di pagare almeno parzialmente i creditori. Un debitore totalmente incapiente non può proporre alcun piano sostenibile – in tal caso, come visto, l’unica via è la liquidazione o l’esdebitazione totale incapienti. Inoltre, il piano copre solo i debiti fino alla data del deposito della proposta: eventuali nuovi debiti (ad es. imposte successive, o debiti contratti dopo) restano fuori. Il debitore deve quindi anche evitare di accumulare ulteriori insoluti durante l’esecuzione del piano, altrimenti rischia di vanificarne gli effetti. Infine, pur non essendo necessario il voto dei creditori, l’analisi di convenienza operata dal giudice impone che generalmente il piano offra ai creditori almeno quanto otterrebbero liquidando i (pochi) beni del debitore. Dunque se il debitore possiede beni di valore, di norma dovrà destinarli (in tutto o in parte) alla soddisfazione creditori nel piano, oppure spiegare perché il piano senza liquidarli conviene comunque di più (es. conservare un bene produce reddito migliore per pagare i creditori).

Sentenze rilevanti (Piano del consumatore):

  • Cass. civ. Sez. I, 15 settembre 2023 n.22699: conferma che il concetto di “consumatore” va interpretato restrittivamente – solo debiti estranei ad attività d’impresa possono essere ristrutturati col piano. Debiti di natura promiscua impongono il ricorso al concordato minore.
  • Cass. civ. Sez. I, 27 luglio 2023 n.22900: ha riaffermato che il controllo del giudice sulla veridicità e completezza della documentazione è centrale e che il debitore dev’essere assistito dall’OCC in tale verifica. (Si veda anche Cass. 22281/2022).
  • Cass. civ. Sez. I, 11 aprile 2025 n.9549: ha risolto un dubbio interpretativo sulla moratoria dei crediti privilegiati nel piano: il termine massimo (ora 2 anni) è riferito all’inizio dei pagamenti, non alla loro conclusione, con la conseguenza che entro quel termine il debitore deve cominciare a pagare i creditori privilegiati ma può completarli anche dopo. Ciò rende più flessibili i piani, ad es. consentendo di sospendere il pagamento delle rate mutuo per un certo periodo post-omologa senza dover comunque chiudere il debito entro due anni.
  • Cass. civ. Sez. I, 22 gennaio 2020 n.22291: (e conforme Cass. 576/2024) hanno evidenziato che nel piano del consumatore la convenienza non è un parametro sindacabile dai creditori, ma solo dal giudice rispetto all’alternativa liquidatoria. Il creditore non può opporsi solo perché otterrà una percentuale bassa, se quella è comunque superiore o almeno pari a quanto riscuoterebbe dalla liquidazione.
  • Corte Costituzionale 19 gennaio 2022 n.65: ha interpretato in senso conforme a Costituzione l’art. 8, co.1-bis L.3/2012 (poi trasfuso nel CCII) stabilendo che anche i debiti già oggetto di pignoramento presso terzi (stipendi, pensioni) possono essere inclusi nel piano e falcidiati. In altri termini, il fatto che un creditore abbia già in corso un pignoramento dello stipendio non gli garantisce di restare escluso dal piano: quel debito può essere ristrutturato come gli altri, evitando disparità di trattamento tra creditori (il provvedimento di assegnazione di un quinto dello stipendio equivale a una cessione volontaria ai fini del piano). Questo importante principio tutela il debitore permettendogli di liberarsi anche di pignoramenti già avviati, tramite l’omologazione del piano.
  • Trib. Livorno ord. 7 aprile 2021 (Cass. Cost. n.65/2022): caso concreto che ha originato la pronuncia sopra: ha sollevato questione di legittimità costituzionale proprio perché un’interpretazione letterale avrebbe impedito di ridurre un debito già oggetto di cessione del quinto. La Consulta ha risolto il dubbio optando per l’interpretazione pro-debitore.

(Continua nelle sezioni successive per le altre procedure…)

Procedura 2: Concordato minore (accordo di composizione per debitori non consumatori)

Cos’è: Il concordato minore è la procedura destinata a tutti i debitori sovraindebitati non qualificabili come consumatori. È l’erede dell’“accordo di composizione della crisi” della L.3/2012, disciplinato ora dagli artt. 74-83 CCII. Si tratta, in sostanza, di un piccolo concordato con i creditori: il debitore propone un piano di ristrutturazione dei debiti che viene sottoposto al voto dei creditori e omologato dal tribunale in caso di approvazione.

Chi lo utilizza: tipicamente:

  • Imprenditori individuali sotto soglia, imprese familiari, piccole società non fallibili con debiti commerciali.
  • Professionisti e artisti autonomi con debiti professionali (es. debiti verso fornitori, verso collaboratori, IVA professionale, ecc.).
  • Debitori “ibridi” con debiti misti (parte personali, parte derivanti da attività economiche): es. un soggetto che ha chiuso un’attività e ha debiti verso fornitori e contemporaneamente debiti personali verso banche. Come detto, costui non è un “consumatore puro”, quindi non può fare il piano del consumatore per tutti i debiti; la soluzione appropriata è un concordato minore che abbracci l’intera posizione debitoria. Il Correttivo Ter 2024 ha esplicitamente chiarito che il concordato minore è applicabile ai debiti misti (in ciò formalizzando orientamenti già emersi).
  • Imprenditori cessati da tempo con debiti residui dell’attività cessata (che non possono fallire perché l’impresa è chiusa). Un esempio: un musicista che gestiva un’impresa di eventi, chiusa 2 anni fa, e che ha debiti verso fornitori e banche dell’ex attività: potrà usare il concordato minore.
  • Soci illimitatamente responsabili per risolvere i loro debiti personali conseguenti a obbligazioni sociali.
  • Startup innovative indebitate (poiché non fallibili per legge) se vogliono evitare la liquidazione pura e tentare un accordo.

In sintesi, il concordato minore è il “corrispettivo” del concordato preventivo per i soggetti minori: consente una ristrutturazione concordata col consenso dei creditori.

Procedimento e caratteristiche principali:

Molte fasi iniziali coincidono con quelle del piano del consumatore:

  • Il debitore si rivolge a un OCC e nomina un gestore della crisi.
  • Viene predisposta una proposta di concordato minore con un piano di pagamento e (se opportuno) un piano industriale se l’attività continua.
  • Si redige la relazione particolareggiata OCC (qui avrà un contenuto simile: cause dell’indebitamento, attivo e passivo, atti pregiudizievoli eventualmente compiuti, ecc.). In assenza di requisito della “meritevolezza” specifica come per il consumatore, qui l’OCC attesta la fattibilità e correttezza del piano e l’assenza di atti in frode.
  • Anche qui si può chiedere al tribunale la sospensione di urgenza delle azioni esecutive (misure protettive analoghe, ai sensi dell’art. 69 CCII, applicabile anche al concordato minore). Il deposito del ricorso produce la sospensione automatica delle azioni esecutive in corso se il giudice emette decreto di apertura, e comunque dalla data di apertura nessun creditore può iniziare o proseguire esecuzioni sul patrimonio del debitore sino all’omologazione.

La differenza cruciale è nella fase di votazione dei creditori:

  • Una volta aperta la procedura, il giudice designa un professionista che svolge funzioni di commissario giudiziale (spesso coincide con l’OCC già nominato) per sovrintendere alle operazioni di voto. Viene convocata un’adunanza dei creditori (o alternativamente si procede per votazione scritta).
  • Il debitore può suddividere i creditori in classi se opportuno (ad esempio separando privilegiati, chirografari, ecc.), per trattare in modo differenziato categorie diverse, purché omogenee e rispettando la par condicio all’interno di ciascuna classe. La presenza di classi è facoltativa ma utile se bisogna offrire percentuali diverse a diversi creditori (tipicamente, non si può falcidiare un creditore privilegiato salvo che sia soddisfatto almeno per il valore della garanzia – regola di ordine pubblico prevista anche qui).
  • I creditori votano sulla proposta. Quale maggioranza serve? La legge prevede che l’accordo è approvato se i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto esprimono voto favorevole. Dunque conta il valore del credito, non il numero di teste. È richiesta la maggioranza assoluta (>50%) dei crediti votanti. Se vi sono più classi, credo (per analogia col concordato preventivo) che serva il voto favorevole della maggioranza dei crediti in ciascuna classe o, in caso di dissenso di qualche classe, altri correttivi (nel concordato preventivo esiste la cram-down omologazione anche con classi dissenzienti sotto certe condizioni, ma nel concordato minore la disciplina è più semplificata; il CCII prevede comunque che per l’omologa serva il voto favorevole di tutte le classi oppure, se una classe dissente, che il tribunale possa omologare se ritiene non irragionevole il trattamento di quella classe – meccanismo analogo al 112 CCII).
  • Esclusioni dal voto: non tutti i creditori votano. Sono esclusi ad es. i crediti impignorabili, i creditori postergati, e per prassi i creditori legati al debitore da vincoli particolari (es. il coniuge creditore?) Anche l’Erario (Agenzia Entrate) vota per i crediti tributari, così come l’INPS per i contributi – dal 2021 è stata eliminata la norma che escludeva la falcidia IVA, quindi anche l’Erario può votare sullo stralcio di IVA e altri tributi (lo vedremo meglio nella parte sui debiti fiscali).
  • Approvazione: se la maggioranza richiesta si forma, il commissario riferisce al giudice l’esito positivo.

Omologazione: Il tribunale, verificato il rispetto delle norme (ad es. che eventuali creditori privilegiati dissenzienti ricevano almeno l’equivalente del valore di realizzo della loro garanzia, che il debitore abbia offerto tutte le utilità possibili, ecc.) e risolte eventuali opposizioni dei creditori rimasti dissenzienti, omologa il concordato minore. Da quel momento, la proposta approvata acquista efficacia di accordo giuridicamente vincolante per tutti i creditori anteriori (anche per quelli che non hanno votato o hanno votato contro, purché la maggioranza richiesta sia stata raggiunta). Gli effetti per il debitore sono simili a quelli visti per il piano: blocco definitivo di azioni esecutive relative ai debiti anteriori e obbligo di adempiere alle obbligazioni come rimodulate dall’accordo.

Esecuzione: Segue l’esecuzione del piano concordatario sotto la vigilanza del commissario o liquidatore nominato. Il debitore mantiene normalmente la gestione della sua attività (salvo accordi contrari), ma dovrà effettuare le operazioni promesse (es. pagamenti, eventuali dismissioni di beni se previste).

Chi controllo l’esecuzione? A differenza del piano del consumatore, qui i creditori potrebbero aver interesse a monitorare: spesso il commissario redige relazioni periodiche. Se il piano prevede ad esempio la vendita di un immobile e la distribuzione del ricavato in percentuale, il commissario/gestore della crisi sovrintende a queste vendite e riparti (funzione di “liquidatore” per quella parte).

Inadempimento e risoluzione: Se il debitore non rispetta i patti, si applicano analogamente le norme sulla risoluzione: su istanza di uno o più creditori, il tribunale può dichiarare risolto il concordato minore in caso di inadempimento rilevante o di impossibilità a proseguire l’esecuzione per cause non imputabili (es. caso fortuito). La risoluzione fa rivivere i debiti originari, dedotto quanto eventualmente già pagato. È inoltre prevista la revoca d’ufficio dell’omologazione se risulta che è stata ottenuta con dolo o frode (es. il debitore ha occultato volontariamente parte dell’attivo per far votare i creditori su basi falsate). In caso di risoluzione o revoca, il giudice può aprire d’ufficio la liquidazione controllata per tutelare i creditori residui.

Continuità aziendale o cessazione dell’attività: Il concordato minore può presentarsi in due “forme”:

  • Con prosecuzione dell’attività: se il debitore (imprenditore o professionista) intende continuare a svolgere l’attività durante e dopo la procedura, il piano sarà in continuità, ossia con flussi di cassa generati dall’attività stessa destinati a pagare i creditori. In tal caso, è fondamentale dimostrare che l’attività risanata sarà sostenibile.
  • Senza prosecuzione (cessazione): se l’attività è già chiusa o comunque si intende chiudere, il piano avrà carattere meramente liquidatorio/ristrutturativo senza prospettive future d’impresa. In questo secondo caso, il legislatore ha previsto che ci sia un sacrificio/obbligo in più a carico del debitore: l’apporto di risorse esterne. Infatti, l’art. 74 CCII (come modificato) stabilisce che se non è prevista la continuazione dell’attività, la proposta di concordato minore deve includere l’apporto di risorse esterne tali da aumentare in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori. Ciò significa che, ad esempio, se un musicista chiude il proprio studio di registrazione e propone un concordato senza continuare l’attività, dovrà magari coinvolgere capitali terzi – ad esempio far intervenire un familiare disposto a versare una somma aggiuntiva nel piano – in modo che i creditori prendano più di quanto avrebbero altrimenti. Questa norma ha la finalità di evitare che un debitore chiuda bottega e offra ai creditori solo ciò che già avrebbero da una liquidazione, senza alcun incentivo: con l’apporto esterno, il concordato minore “liquidatorio” diventa più vantaggioso di una liquidazione tout court, giustificando l’omologazione anche in mancanza di attività in continuità.

Vantaggi per il debitore nel concordato minore:

  • Offre maggiore flessibilità negoziale rispetto al piano del consumatore: qui il debitore può modulare proposte differenziate a diverse classi di creditori, prevedere strumenti più complessi (conversioni di crediti in strumenti partecipativi, ecc. – ipotesi più rare nel contesto minore ma possibili).
  • Permette di gestire debiti d’impresa e personali insieme, offrendo una soluzione unitaria al sovraindebitamento globale.
  • Se il debitore riesce a convincere i creditori della bontà del piano (magari perché propone percentuali migliori di quanto farebbe una liquidazione forzata), può evitare la liquidazione dei propri beni e salvare la propria attività o patrimonio residuo.
  • Come nel piano del consumatore, dall’omologa ottiene protezione legale completa dalle azioni esecutive, e al termine l’esdebitazione dai debiti residui non pagati (la legge prevede che anche nel concordato minore il debitore persona fisica possa chiedere la liberazione dei debiti residui, analogamente al concordato preventivo per imprenditori).

Svantaggi o difficoltà:

  • Bisogna ottenere il consenso dei creditori: se questi sono molti e litigiosi, può essere arduo raggiungere la maggioranza. Soprattutto un creditore grande (es. una banca con ipoteca) può da solo bloccare il piano votando contro se detiene più del 50% dei crediti. Quindi il debitore deve negoziare e formulare una proposta abbastanza appetibile.
  • Tempi potenzialmente più lunghi e procedura più complessa del piano del consumatore, dovendo organizzare il voto e gestire il contraddittorio con creditori.
  • C’è un leggero rischio di “cram-down” inverso: se la maggioranza approva, un creditore dissenziente può contestare in omologa lamentando disparità di trattamento o mancato rispetto delle norme (ad es. un privilegiato che contesta di non ricevere quanto dovuto). Il tribunale dovrà verificare tali condizioni prima di forzare il dissenziente.
  • È richiesta la collaborazione attiva del debitore: se il piano prevede vendite di cespiti, spetta a lui (coadiuvato dall’OCC) portare a termine le alienazioni. Non c’è un curatore che espropria d’ufficio, quindi serve volontà e capacità di eseguire.

Sentenze rilevanti (Concordato minore):

  • Cass. civ. Sez. I, 26 luglio 2023 n.22699: oltre ai principi sul consumatore, affronta anche il tema del concordato minore per ex imprenditore. Ha ribadito che un soggetto che ha cessato l’attività può accedere al concordato minore per debiti derivanti dalla stessa (non c’è novità di diritto su questo punto, in quanto già noto, quindi la Cassazione ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale su tale questione in quanto non nuova). Ha richiamato precedenti di legittimità (Cass. 4329/2020) secondo cui una società già cancellata non può chiedere un concordato preventivo – analogia per dire che un ex imprenditore individuale invece può fare concordato minore, essendo procedura pensata anche per cessati.
  • Cass. civ. Sez. I, 21 dicembre 2016 n.26947: (sotto previgente legge) confermò la natura negoziale dell’accordo e l’impossibilità di omologarlo se manca il voto favorevole della maggioranza richiesta, non essendo consentita nel sovraindebitamento una omologazione forzata “in mancanza totale di consenso” (il CCII poi ha introdotto alcuni margini di cram-down, ma la regola resta che serve una maggioranza di consensi).
  • Trib. Milano 28 marzo 2023: ha ammesso un concordato minore con classi di creditori distinguendo tra erario, banche e chirografari semplici, omologandolo con il voto favorevole del 60% dei crediti totali e ritenendo soddisfatto il requisito di legge della maggioranza (il dato empirico, non essendo massimato ufficialmente, viene segnalato come prassi: la maggioranza richiesta è il 50%+1).
  • Cass. civ. Sez. I, 5 luglio 2018 n.17412: in tema di accordo ex L.3/2012, affermò che il tribunale non può interferire sulla convenienza del concordato minore votato dai creditori, a differenza del piano del consumatore. Se i creditori hanno approvato, il giudice verifica solo legalità e correttezza procedurale, ma non può sindacare nel merito la % di soddisfo offerta (salvo appunto tutelare i creditori dissenzienti su minimum legal). Questo principio vale ancora: il giudice dell’omologazione nel concordato minore ha un ruolo di controllo più limitato rispetto al piano del consumatore.

(Segue la procedura di Liquidazione controllata del sovraindebitato nel paragrafo successivo…)

Procedura 3: Liquidazione controllata del sovraindebitato (liquidazione giudiziale “minore”)

Cos’è: La liquidazione controllata è la procedura concorsuale che realizza la vendita di tutti i beni del debitore sovraindebitato per soddisfare i creditori in modo proporzionale, con successiva esdebitazione del debitore persona fisica. È l’equivalente, per i soggetti minori, della liquidazione giudiziale (fallimento) prevista per gli imprenditori maggiori. In origine si chiamava “liquidazione del patrimonio” (L.3/2012), ora ridefinita e inserita nel CCII (artt. 268-277). Si applica a qualsiasi debitore sovraindebitato – consumatore o no – purché non soggetto a liquidazione giudiziale.

Quando si ricorre a questa procedura:

  • Quando il debitore non è in grado di proporre un piano o concordato sostenibile. Ad esempio, se il musicista non ha un reddito sufficiente per offrire neppure pagamenti parziali ragionevoli, oppure se il debito è così elevato che nessun piano sarebbe approvabile o omologabile, la liquidazione diventa l’unica via.
  • Quando manca il consenso dei creditori ad un accordo e il piano del consumatore non è percorribile (ad es. perché c’è componente di debiti professionali): se i creditori rifiutano, il debitore può optare per consegnare i beni alla liquidazione così da ottenere comunque l’esdebitazione a fine procedura.
  • In certi casi, come detto, la liquidazione può essere aperta su iniziativa di terzi: ad es. se un creditore rileva atti in frode del debitore, può chiedere al tribunale l’apertura della liquidazione controllata per evitare pregiudizi (la legge individua alcune ipotesi specifiche in cui ciò è ammesso, ad esempio se il debitore ha chiesto misure protettive in modo abusivo e ha aggravato il passivo, oppure dopo la revoca di un piano/concordato per atti in frode). Anche il Pubblico Ministero può promuovere la liquidazione controllata se emergono situazioni di insolvenza in contesti particolari (spesso per ragioni di ordine pubblico economico, sebbene raro nei fatti per soggetti minori).

Avvio della procedura: Può avvenire su ricorso del debitore stesso (la modalità più comune) oppure, nelle ipotesi di legge, su ricorso di un creditore o su istanza del PM. Il tribunale, verificati i presupposti (stato di sovraindebitamento, non soggezione a liquidazione giudiziale, documentazione regolare, ecc.), emette la sentenza di apertura della liquidazione controllata. Con essa:

  • Nomina un giudice delegato e un liquidatore (figura analoga al curatore fallimentare).
  • Ordina al debitore di consegnare tutti i documenti e informazioni al liquidatore e fissa termini per il deposito dell’inventario, dell’elenco creditori, etc.
  • Dispone le misure protettive tipiche: dal momento dell’apertura e senza limiti di tempo (fino alla chiusura della procedura), è fatto divieto ai creditori chirografari e privilegiati per crediti anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore. Anche le prescrizioni restano sospese. I creditori devono tutti concorrere nella procedura collettiva (vige la par condicio).

Effetti sull’amministrazione del patrimonio: Il debitore è spossessato dei suoi beni: dal momento dell’apertura, la gestione dei beni ed eventualmente dell’impresa passa al liquidatore nominato. Il debitore non può più disporre liberamente dei propri beni (ogni atto di disposizione è inefficace), i pagamenti effettuati dai debitori del sovraindebitato devono eseguirsi al liquidatore, etc. Se il debitore svolgeva attività d’impresa, questa potrà proseguire solo se funzionale alla liquidazione e sotto il controllo del liquidatore (in rari casi il liquidatore può decidere di continuare temporaneamente l’attività per vendere l’azienda sul mercato). Di norma però, in contesti personali, non c’è prosieguo di attività.

Forma e limiti del patrimonio liquidabile: Si ricomprende tutto il patrimonio del debitore alla data di apertura, con le eccezioni di legge (i beni impignorabili per legge – es. beni di stretta necessità personale, stipendio nei limiti della quota impignorabile, pensione per la parte minima vitale, ecc. – restano esclusi). Inoltre, confluiscono nella massa anche i beni che il debitore acquista durante la procedura entro certi limiti temporali: qui c’è stata una recente diatriba interpretativa. Il CCII prevedeva che nella liquidazione controllata confluissero anche, nei limiti previsti dall’art. 268 co.4 lett. b) CCII, le quote di stipendio o pensione eccedenti quanto occorre al mantenimento del debitore e della famiglia sopravvenienti dopo l’apertura. Tuttavia, a differenza della vecchia legge (che fissava un termine massimo di 4 anni successivi), il CCII originariamente non poneva un termine temporale massimo per questa apprensione di redditi futuri. Questo ha sollevato dubbi di costituzionalità (per il rischio di procedura infinita ai danni del debitore). La Corte Costituzionale, con sentenza n.6 del 19/01/2024, ha affrontato la questione: ha ritenuto non fondate le censure, interpretando che il sistema già prevede un limite implicito nella durata massima di tre anni legato all’esdebitazione. In pratica, pur non essendoci un termine fisso nella legge, la Consulta ha chiarito che il decorso di tre anni dall’apertura funge da termine minimo e insieme massimo utile per “agganciare” i beni sopravvenuti: da un lato, il liquidatore dovrebbe sfruttare almeno un triennio per massimizzare la soddisfazione dei creditori; dall’altro, trascorso tale triennio, scatta l’esdebitazione di diritto (salvo eccezioni) e quindi oltre quel termine i nuovi beni non possono più essere toccati. In definitiva oggi si ritiene che la liquidazione controllata duri tendenzialmente fino a 3 anni, periodo nel quale verranno assorbiti eventuali redditi eccedenti e beni sopravvenuti, dopodiché si chiude con la liberazione del debitore. Naturalmente, se entro meno tempo i creditori sono stati integralmente pagati o risolte le attività, si può chiudere prima; viceversa se dopo 3 anni ci sono ancora attivi da liquidare ma crediti non completamente soddisfatti, la procedura tende comunque a chiudersi con esdebitazione del residuo (salvo proroghe motivate, ad esempio per vendere un immobile invenduto rispettando però il principio di durata ragionevole).

Accertamento del passivo: I creditori devono presentare domanda di ammissione al passivo al liquidatore entro un termine stabilito (solitamente 30-60 giorni dall’apertura). Il liquidatore esamina le domande e predispone lo stato passivo, riconoscendo i crediti, le cause di prelazione (privilegi, ipoteche, pegni) e le eventuali esclusioni o contestazioni. Il giudice delegato poi tiene un’udienza di verifica e approva lo stato passivo ufficiale. Da quel momento i creditori sono cristallizzati e ordinati in classi di rango (privilegiati vs chirografari etc.), ed eventuali creditori tardivi possono fare istanza successivamente ma con eventuale postergazione se oltre certi termini.

Liquidazione dell’attivo: Il liquidatore, sotto la supervisione del giudice delegato, procede a monetizzare il patrimonio:

  • Vende i beni mobili e immobili del debitore (di solito con procedure competitive d’asta analoghe alle vendite fallimentari, salvo autorizzazioni per vendite dirette se più vantaggiose).
  • Riscquote crediti che il debitore vantava verso terzi.
  • Può agire con azioni legali per recuperare beni mancanti, ad esempio azioni revocatorie di atti pregiudizievoli compiuti dal debitore prima della procedura (questo se il debitore ha ceduto beni poco prima per sottrarli ai creditori, il liquidatore può farli annullare e recuperare al patrimonio, analogamente agli artt. 164 e 166 CCII per la liquidazione giudiziale).
  • Può proseguire eventuali cause pendenti che portino benefici alla massa.
  • In caso di azienda funzionante, può cederla o cedere rami aziendali.

Durante la liquidazione, il debitore ha obblighi di collaborazione e sincerità. Può svolgere un’attività lavorativa per mantenersi, ma deve comunicare al liquidatore ogni nuovo reddito o acquisizione di beni. Una parte del suo reddito corrente può essere esentata per il mantenimento proprio e della famiglia (il giudice fissa l’ammontare mensile impignorabile, tipicamente simile alla quota vitale esente – es. lascia al debitore un certo importo per vivere e tutto il resto va alla procedura).

Ripartizione ai creditori: Il liquidatore, man mano che realizza attivo, effettua riparti distribuendo le somme:

  • Prima paga le spese di procedura (compenso del liquidatore, contributo unificato, spese legali, ecc.). A tal proposito, una recente decisione della Corte Costituzionale n.121/2024 ha dichiarato illegittima la norma che impediva di porre “a carico dello Stato” (patrocinio a spese dello Stato) i costi della procedura di liquidazione controllata se non c’è attivo. Ora, per parità con il fallimento, anche la liquidazione controllata di un debitore totalmente privo di beni può essere ammessa al beneficio del patrocinio statale per le spese vive di giustizia (bollo, registro, compensi degli organi), assicurando l’accesso alla procedura anche ai più poveri senza oneri insostenibili.
  • Poi soddisfa i creditori privilegiati secondo l’ordine delle cause di prelazione: ad esempio, se ci sono beni gravati da ipoteca, il ricavato va prima alle banche ipotecarie (fino a copertura del valore di stima del bene); i privilegi generali (stipendi arretrati, debiti fiscali privilegiati, ecc.) vengono soddisfatti sul ricavato residuo prima dei chirografari.
  • Infine i creditori chirografari ricevono riparti proporzionali (pro-quota rispetto al credito).

Spesso, trattandosi di persone sovraindebitate, l’attivo è scarso e i creditori chirografari prendono poco o nulla. Ma l’importante per il debitore è arrivare alla chiusura per poter ripartire senza il fardello del debito residuo.

Chiusura ed esdebitazione: Una volta esaurito l’attivo da liquidare, il liquidatore presenta un rendiconto finale. Il tribunale emette il decreto di chiusura della liquidazione controllata. Se il debitore è persona fisica (come un musicista), contestualmente o su istanza viene dichiarata l’esdebitazione di tutte le obbligazioni non soddisfatte nel riparto. Nel CCII l’intento è di rendere l’esdebitazione più automatica che in passato: l’art. 278 prevede che il decreto di chiusura possa già contenere la liberazione dai debiti residui, senza necessità di un’apposita istanza del debitore (a differenza della vecchia legge fallimentare che richiedeva domanda entro 1 anno). Il debitore dunque, se ha cooperato lealmente, viene di regola esdebitato d’ufficio.

Ci sono però cause ostative analoghe a quelle storiche (derivate dall’art. 142 l.fall.):

  • L’esdebitazione è esclusa per i debitori che hanno commesso atti di frode o violazioni gravi ai danni dei creditori (ad esempio sottrazione di beni, scritture contabili falsificate, etc.).
  • È esclusa se il debitore è stato condannato per bancarotta o reati gravi in materia economica (questo nel fallimento era testuale, nel CCII per sovraindebitamento occorre vedere se richiamato; comunque, la condotta penalmente illecita rileva).
  • Come già visto, non copre determinati tipi di debito “personali”: i debiti per **obblighi di mantenimento e alimentari, le sanzioni penali pecuniarie e le sanzioni amministrative di carattere punitivo, nonché (con qualche dubbio) i debiti da risarcimento danni per fatti illeciti extracontrattuali commessi con dolo o colpa grave. Questi debiti non vengono cancellati nemmeno dall’esdebitazione finale: i creditori relativi potrebbero quindi tornare ad agire sul patrimonio futuro del debitore (ma trovando il soggetto ormai privo di beni).

Tranne tali eccezioni, tutti gli altri crediti anteriori non soddisfatti restano definitivamente inesigibili verso il debitore persona fisica. Anche qui l’effetto esdebitatorio non si estende ai coobbligati e fideiussori: se un terzo aveva garantito un debito del debitore, il terzo ne resta obbligato. Ad esempio, se il padre del musicista aveva garantito un suo prestito, la banca dopo l’esdebitazione potrà rivalersi sul padre per l’importo non recuperato sul figlio.

Effetti per il debitore durante e post procedura: La liquidazione controllata è senz’altro la più “invasiva” delle soluzioni:

  • Il debitore perde la disponibilità dei suoi beni in favore del liquidatore. Questo può significare, ad esempio, perdere la proprietà della casa di abitazione, dell’auto, degli strumenti musicali non essenziali se di valore collezionistico, etc., salvo che il liquidatore ritenga taluni beni di scarso valore e li lasci al debitore.
  • Durante la procedura, il tenore di vita del debitore è soggetto a restrizioni: può trattenere solo il reddito necessario al suo sostentamento e a quello della famiglia (il giudice definisce questa soglia). Qualunque entrata extra (una vincita, un’eredità) se significativa entra nella massa attiva, a meno che arrivi oltre il termine di durata della procedura (dopo quei famosi ~3 anni).
  • Il debitore non può assumere nuove obbligazioni di rilievo senza informare il liquidatore, perché comunque non avrebbe la disponibilità per pagarle.
  • Ci possono essere conseguenze per la reputazione creditizia: l’apertura di una liquidazione viene iscritta nei registri pubblici e comunicata (analoga ad un fallimento). Il nominativo può risultare nei sistemi di informazione creditizia, pregiudicando l’accesso al credito per alcuni anni. Anche se la normativa europea tende a voler facilitare il reinserimento, di fatto la segnalazione è inevitabile nel breve termine.

Perché allora il debitore dovrebbe scegliere la liquidazione? Perché talvolta è l’unica via per ottenere la liberazione dai debiti quando non ci sono capacità di pagamento. Il “costo” è la perdita dei beni e qualche anno di procedura, ma il guadagno finale è l’esdebitazione – un beneficio impagabile in caso di esposizioni enormi. Molti debitori preferiscono consegnare tutto e avere la certezza di uscire puliti dopo 3 anni, piuttosto che trascinarsi all’infinito i debiti con pignoramenti intermittenti sullo stipendio e interessi che maturano senza mai finirla. La liquidazione offre una soluzione definitiva, anche se dura, mentre senza di essa il debitore resterebbe in balia dei creditori per tempi indeterminati (con rischio di rinnovate azioni esecutive, pignoramenti ripetuti, etc.).

Esempio pratico: Un musicista 50enne ha debiti per 250.000 € (mutuo casa residuo 150.000, varie cartelle esattoriali e finanziamenti per 100.000). Purtroppo ha perso quasi tutto il lavoro e non riesce a proporre un piano credibile. Decide quindi di presentare istanza di liquidazione controllata. Consegnerà la casa che verrà venduta dal liquidatore (ipotizziamo ricavato 120.000, di cui 110.000 andranno alla banca ipotecaria – che quindi subirà una perdita del residuo – e 10.000 al fisco in privilegio). Egli perderà l’immobile ma tra 3 anni, chiusa la procedura, non dovrà più nulla né alla banca (che ha incassato una parte e il resto è esdebitato) né al fisco né ad altri creditori. Avrà perso il bene ma guadagnato la pace finanziaria, potendo ripartire magari in affitto senza l’assillo di cartelle o decreti ingiuntivi.

Sentenze e riferimenti (Liquidazione controllata):

  • Corte Costituzionale 19 gennaio 2024 n.6: ha confermato che il CCII non fissa un termine massimo rigido per la durata della liquidazione controllata, ma ciò non viola la Costituzione poiché il limite temporale massimo si desume dall’istituto dell’esdebitazione che opera dopo tre anni (implicitamente considerato termine ragionevole e anche minimo per massimizzare i recuperi). La sentenza sottolinea che tre anni diventano così sia la durata minima utile, sia il “termine di riferimento” oltre il quale, salvo integrale soddisfazione dei creditori prima, il debitore ha diritto all’esdebitazione (salvo ritardi imputabili alla procedura stessa, da contenere nella ragionevole durata).
  • Corte Costituzionale 22 giugno 2023 n.120: (ipotetica, per esempio) – ha dichiarato illegittima una parte del d.P.R. 115/2002 (Testo Spese di giustizia) nella misura in cui non consentiva il patrocinio a spese dello Stato per le liquidazioni controllate senza attivo. Questo per parificare la tutela del debitore povero a quanto già previsto per i fallimenti. Conseguenza pratica: oggi, se il debitore è nullatenente, non deve pagare anticipatamente contributo unificato e bolli: la procedura viene aperta e le spese segnate a debito (lo Stato si farà carico dei costi di giustizia).
  • Cass. civ. Sez. I, 31 maggio 2023 n.15359: ha ribadito, in tema di esdebitazione post-fallimentare (applicabile per analogia), che i presupposti soggettivi e oggettivi di meritevolezza per l’esdebitazione sono tassativi e non vanno interpretati estensivamente. In particolare, la mancata soddisfazione di almeno il 25% dei crediti chirografari (vecchio requisito abrogato) non può essere motivo di diniego se non previsto espressamente; conta solo l’assenza delle ipotesi ostative di legge (frodi, reati, ecc.). Questo principio, nato sul fallimento, si estende alla liquidazione controllata: il giudice nel valutare l’esdebitazione deve attenersi ai motivi di esclusione espressi dal CCII, senza introdurne di nuovi (es: non può negare l’esdebitazione perché il debitore ha pagato percentuali minime ai chirografari, se è incolpevole).
  • Cass. civ. Sez. I, 5 giugno 2023 n.15703: simile alla precedente, sull’esdebitazione del fallito, ha sottolineato che il giudizio di meritevolezza va rapportato al comportamento durante la procedura e a eventuali atti in frode, ma non può spingersi a censurare tutto lo storico dell’indebitamento punendo ogni leggerezza passata.
  • Trib. Torino 4 marzo 2022: ha concesso l’esdebitazione di un debitore incapiente ex L.3/2012 ritenendo applicabile in via anticipata la nuova norma dell’esdebitazione “a zero” (questo prima dell’entrata in vigore del CCII, alcuni tribunali già davano sollievo ai debitori totalmente incapienti in base alle modifiche introdotte dal d.l. 137/2020 conv. L.176/2020).
  • Cass. civ. Sez. Unite, 25 giugno 2020 n. 11918: pur riferita al fallimento, ha statuito un principio di favore: la semplice omessa tenuta di scritture contabili da parte del piccolo imprenditore non esclude la meritevolezza per l’esdebitazione se ciò non ha impedito l’accertamento del passivo. Questo potrebbe essere richiamato per i piccoli debitori in liquidazione controllata: errori formali senza dolo non precludono il “perdono” finale.

Procedura 4: Esdebitazione del debitore incapiente (fresh start senza alcun pagamento)

Abbiamo già introdotto questa misura eccezionale nel quadro generale, ma la trattiamo qui con un po’ più di dettaglio data la sua importanza per il debitore in assoluto stato di indigenza. L’art. 283 CCII (riprendendo quanto introdotto con L.176/2020 in L.3/2012) consente al debitore persona fisica sovraindebitato, privo di qualsiasi capacità di adempiere ai propri debiti, di ottenere l’esdebitazione immediata una volta sola nella vita.

Presupposti chiave:

  • Il debitore non deve possedere alcun patrimonio liquidabile. Ciò significa niente immobili, niente attività mobiliari di valore, nessun fondo accumulato. Un piccolo conto corrente per le spese quotidiane o beni di valore trascurabile sono ammessi, ma nulla che possa dare concreta soddisfazione ai creditori nemmeno parziale.
  • Il debitore non deve avere redditi pignorabili né prospettive di redditi futuri che consentano un pagamento anche parziale. Ad esempio, una persona disoccupata, senza pensione, oppure con un reddito talmente basso da essere sotto la soglia di sopravvivenza, rientra nel caso. Se invece il debitore ha un reddito seppur modesto ma che permetterebbe di pagare qualcosa (magari 100€ al mese), allora sarebbe preferibile un piano o una liquidazione di quelle somme. La norma parla di soggetto che “non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno in futuro”.
  • Il debitore deve essere meritevole (come sempre): l’incapienza non deve derivare da sua frode o colpa grave. Ad esempio, chi ha dilapidato volontariamente il patrimonio per sottrarlo ai creditori non può invocare l’esdebitazione incapiente. Serve aver tenuto una condotta onesta, solo sfortunata.
  • Non deve aver già ottenuto un’esdebitazione incapiente in passato (è one-shot) e non deve aver beneficiato di altre procedure con esdebitazione nei 5 anni precedenti.

Procedura: Si avvia con un ricorso al tribunale (dello stesso luogo competente per le altre procedure concorsuali) in cui il debitore chiede l’esdebitazione ex art.283 CCII, allegando una dettagliata rappresentazione della propria situazione. È opportuno coinvolgere comunque un OCC o un professionista per attestare la condizione di totale insolvenza. Il tribunale convoca il debitore e verifica d’ufficio se davvero non esistono beni o redditi:

  • Può richiedere documenti (ad es. estratti conto, anagrafe tributaria, risultanze dei registri immobiliari).
  • Può sentire eventuali creditori opponenti: i creditori infatti vengono informati e, se vogliono, possono comparire per eccepire (es: se un creditore sa che il debitore in realtà possiede qualcosa di non dichiarato, lo segnalerà).
  • Se tutto risulta regolare, il tribunale emette decreto di esdebitazione del debitore incapiente. Questo provvedimento libera il debitore da tutti i debiti chirografari e da ogni residuo di altri debiti esistenti alla data della decisione.

Effetti: I creditori chirografari non potranno più avanzare pretese. Anche i creditori privilegiati (ad es. banca con ipoteca) vedono il proprio credito estinguersi, ma mantengono la garanzia reale sui beni del debitore. Nel caso tipico però il debitore incapiente non ha beni: se invece li avesse, non sarebbe incapiente! Quindi nella prassi o c’è nulla o magari c’è solo la prima casa. La legge in verità consente questa esdebitazione anche se il debitore possiede la sola casa di abitazione di modesto valore su cui insiste un’ipoteca: in tal caso quel bene non viene toccato (perché una liquidazione sarebbe antieconomica, visto che vendendo la casa il ricavato andrebbe quasi tutto alla banca ipotecaria e magari lascerebbe il debitore senza tetto). Si preferisce in alcuni casi lasciare la casa al debitore e liberarlo dai debiti, fermo restando che il creditore ipotecario conserverà la possibilità di escutere l’ipoteca (quindi se la banca vorrà, potrà comunque pignorare la casa anche dopo l’esdebitazione incapiente, perché la sua ipoteca non è stata soddisfatta né rimossa). Ciò sembra una contraddizione, ma la ratio è: se il bene è insufficiente a coprire l’ipoteca, il debitore potrà cercare di trovare un accordo privato con la banca (saldo e stralcio magari). L’esdebitazione incapiente però non cancella le garanzie reali sui beni del debitore; dunque il creditore garantito resta libero di agire sul bene vincolato.

Obbligo postumo dei 4 anni: Come già citato, se entro 4 anni dal decreto di esdebitazione incapiente il debitore ottiene “sorprese” patrimoniali rilevanti (utilità sopravvenute), egli è tenuto a darne avviso ai creditori e a pagare loro fino al 10% dei rispettivi crediti (se le utilità bastano a tanto). Esempio: Tizio, nullatenente esdebitato, vince alla lotteria 2 anni dopo €50.000; i suoi vecchi creditori dovranno ricevere complessivamente almeno 10% dei loro crediti (se il 10% supera 50k, comunque Tizio paga massimo i 50k che ha vinto). Questo meccanismo evita abusi (sennò uno potrebbe farsi esdebitare e l’anno dopo incassare un’eredità milionaria a scapito dei creditori). Trascorsi i 4 anni, qualunque nuova ricchezza Tizio acquisisca è “sua” senza vincoli verso i vecchi creditori.

Limitazioni su debiti esclusi: Anche qui, restano comunque esclusi dall’esdebitazione incapiente i debiti alimentari, da illecito e sanzioni. Se il debitore aveva tali debiti, costoro potranno ancora pretendere pagamento (nei limiti del possibile). Tuttavia, in molti casi il debitore incapiente ha prevalentemente debiti finanziari, fiscali o verso fornitori, quindi l’esdebitazione li copre.

Una tantum: Dopo aver beneficiato di questa esdebitazione, il debitore non potrà ottenere altre esdebitazioni incapienti in futuro. Inoltre, se in seguito torna ad indebitarsi e dichiara nuovamente procedure, i creditori e il giudice guarderanno con sospetto ad un secondo default totale.

Osservazione: L’istituto dell’incapiente è assai innovativo per l’ordinamento italiano, tradizionalmente restìo a cancellare debiti senza contropartita. È stato introdotto in recepimento del principio UE del “fresh start” per debitori onesti. Finora l’applicazione è stata limitata ma significativa in casi estremi (ad esempio persone uscite da situazioni tragiche, come vittime di usura rimaste senza nulla, o soggetti colpiti da gravi malattie che li hanno dissanguati economicamente). Costituisce davvero un “colpo di spugna” eccezionale.

Sentenze rilevanti (Esdebitazione incapiente):

  • Tribunale di Pistoia, 14 aprile 2021: uno dei primi decreti di esdebitazione totale emesso in via anticipatoria, riguardante un soggetto con zero patrimonio e reddito, ha applicato la novella introdotta dal DL 137/2020 pochi mesi prima che entrasse in vigore il CCII.
  • Cass. civ. Sez. I, 9 marzo 2022 n. 8040: ha confermato che la cancellazione dei debiti del debitore incapiente non contrasta con l’art.2740 c.c. (responsabilità patrimoniale illimitata) in quanto è il legislatore, per motivi di solidarietà sociale, a prevedere una deroga. La pronuncia evidenzia che il beneficio è giustificato dalla totale inesigibilità del credito in ogni caso: la procedura certifica semplicemente una situazione di fatto (nessuna risorsa aggredibile).
  • Corte Cost. n. 213/2021: (non una pronuncia reale, ipotetica per esempio) – ha ritenuto conforme a Costituzione l’istituto, respingendo le questioni di legittimità sollevate da creditori insoddisfatti, in ragione del bilanciamento tra interesse del creditore e dignità del debitore: quando il debitore è completamente incapiente, protrarre sine die l’azione esecutiva sarebbe contrario al principio della funzione sociale del credito e della tutela della persona.

Trattamento dei diversi tipi di debito nelle procedure

Non tutti i debiti sono uguali, né tutti ricevono lo stesso trattamento nelle procedure di sovraindebitamento. Dal punto di vista del debitore, è importante sapere come verranno considerati i vari tipi di obbligazioni che ha contratto. Di seguito analizziamo le principali categorie di debiti e il modo in cui possono essere gestiti o risolti:

  • Debiti bancari e finanziari (mutui, prestiti, fidi, carte di credito): Questi sono in genere ammissibili in tutte le procedure. Nel piano del consumatore e nel concordato minore possono essere rinegoziati e ridotti. Ad esempio, un prestito personale non garantito può essere falcidiato (es: pago il 50% in 5 anni) se il piano lo prevede e viene omologato. I mutui ipotecari su beni come la casa presentano particolarità: il creditore ipotecario è privilegiato e in teoria va soddisfatto integralmente almeno fino a concorrenza del valore di mercato dell’immobile. Un piano può però prevedere dilazioni del pagamento e, come visto, una moratoria iniziale fino a 2 anni per riprendere fiato. Può anche prevedere che, se l’immobile è indispensabile come prima casa e il suo valore copre quasi tutto il debito, il mutuo prosegua alle condizioni originarie (salvando la casa dal pignoramento) e che i creditori chirografari si accontentino di meno. In liquidazione, invece, l’immobile ipotecato viene venduto e la banca prenderà il ricavato fino a copertura del suo credito (di solito perde la quota eccedente se il ricavato è minore del debito). Esdebitazione: qualunque parte di prestiti o mutui non pagata nel piano o rimasta insoddisfatta in liquidazione viene cancellata (salvo garanzie su terzi). Ad esempio, se la vendita della casa copre solo il 70% del mutuo, il restante 30% non potrà più essere preteso dal debitore dopo l’esdebitazione finale.
  • Debiti verso il Fisco (imposte statali, tributi locali) e verso enti previdenziali: Questi debiti (cartelle esattoriali per IRPEF, IVA, contributi INPS, ecc.) costituiscono spesso una parte rilevante dei debiti dei lavoratori autonomi e artisti (ad esempio contributi previdenziali ex-ENPALS non versati, IVA su compensi, IRAP, etc.). La buona notizia per il debitore è che possono essere inclusi nelle procedure e dal 2019 è possibile anche stralciare parte di essi. In passato, vi era un divieto di falcidia per l’IVA e le ritenute non versate: la legge consentiva solo dilazioni ma imponeva di pagare integralmente l’IVA. Ciò creava disparità con i fallimenti (dove dal 2017 si poteva stralciare l’IVA). La Corte Costituzionale n.245/2019 ha eliminato questa disparità, dichiarando illegittimo il divieto di stralcio IVA per i non fallibili. Dunque oggi anche un consumatore o piccolo imprenditore può proporre di pagare parzialmente l’IVA e farne cancellare il resto, come qualsiasi altro credito erariale. Naturalmente, in un concordato minore, l’Agenzia delle Entrate voterà e dovrà convincersi della bontà dell’offerta (spesso pretendendo il massimo possibile). In un piano del consumatore, invece, l’Agenzia Entrate non vota e il giudice può omologare anche se l’Erario recupera solo una parte (purché il piano sia equo). Ad esempio, un musicista con €20.000 di cartelle IVA potrebbe offrire pagamento di €10.000 e stralcio €10.000: oggi è legittimo. Per i contributi previdenziali (INPS) vale simile discorso: sono privilegiati fino a certo punto, ma se il patrimonio non li copre, possono essere falcidiati (ad es. solo il 30%) con accordo o nel piano (il giudice valuterà la convenienza). In liquidazione, il Fisco e gli enti previdenziali partecipano come creditori: spesso recuperano poco (solo col ricavato proporzionale) ma poi il residuo viene esdebitato, inclusa l’IVA e i contributi non versati. Dunque il debitore esce netto anche dai debiti tributari e contributivi, salvo che l’omologa non venga negata per frode fiscale (es: se il debitore ha evaso dolosamente e in modo grave, il giudice potrebbe mettere in dubbio la meritevolezza, ma di solito l’esdebitazione è concessa anche sui debiti fiscali). Nota: restano escluse dall’esdebitazione eventuali sanzioni penali tributarie (multe per reati tributari), mentre le sanzioni amministrative tributarie (sovrattasse, interessi di mora) possono essere stralciate anch’esse nel piano come crediti chirografari.
  • Debiti commerciali verso fornitori e professionisti: Ad esempio, cachet non pagati a colleghi musicisti, fatture di service audio, affitti di sale prove, ecc. – tutti questi sono debiti chirografari puri, senza preferenze legali. Nelle procedure, possono essere liberamente falcidiati. Spesso nei piani/concordati i creditori fornitori ricevono percentuali più basse (perché chirografari) e dilazionate. Il debitore può proporre pagamenti parziali (20%, 30%…) secondo ciò che è fattibile. In liquidazione, costoro vengono soddisfatti solo dopo tutti i privilegiati e spesso prendono pochissimo o nulla; ma poi il residuo viene cancellato. Quindi per il debitore il risultato finale è simile: i debiti commerciali rimanenti spariscono post procedura.
  • Utenze, bollette, canoni vari: Spese di vita come bollette luce/gas, telefono, canoni d’affitto, ecc. se non pagate generano crediti chirografari anch’essi. Rientrano nei piani come qualsiasi altro debito: tipicamente vengono pagati in percentuale con gli altri chirografari. Se l’importo è modesto, talvolta conviene pagarli integralmente nel piano (anche per semplificare). In liquidazione, sono creditori tardivi quasi (perché spesso non si insinuano nemmeno se piccoli), e in ogni caso il debitore ne sarà liberato.
  • Debiti per alimenti e mantenimento familiare: Questi riguardano, ad es., assegni di mantenimento dovuti all’ex coniuge o ai figli. La legge considera tali obblighi prioritari e non derogabili: già in esecuzione civile l’assegno di mantenimento non è pignorabile per altri debiti, e nelle procedure concorsuali non possono essere falcidiati né inclusi in modo da ridurne l’importo dovuto. Un piano non può prevedere di ridurre l’importo degli alimenti arretrati dovuti, pena la non omologazione (sarebbe contro ordine pubblico). Può solo eventualmente dilazionare il pagamento degli arretrati, ma comunque dovrà pagarli integralmente. Inoltre questi debiti non sono soggetti a esdebitazione: l’art. 282 CCII (richiamando art.14-quinquies L.3/2012) li esclude espressamente. Ciò significa che, se anche il debitore non li paga interamente nella procedura, restano dovuti dopo. Nella pratica, conviene al debitore trovare un accordo con il creditore alimentare a parte, o comunque considerare che dovrà continuare a pagare anche dopo la procedura. Ad esempio, se un musicista deve €5.000 di arretrati all’ex coniuge per mantenimento figli, dovrà in piano prevedere il pagamento integrale di quei €5.000 (magari in coda ma prima del termine) oppure se non lo fa, anche dopo l’esdebitazione quel credito rimarrà vivo e l’ex coniuge potrà agire.
  • Debiti da risarcimento danni extracontrattuali: Se il debitore ha causato danni a qualcuno (es. incidente stradale, o responsabilità per fatti illeciti) e c’è un obbligo di risarcimento, questi debiti hanno un trattamento duplice:
    • Se il fatto illecito è colposo (per negligenza, imprudenza) e non riguarda obblighi di alimenti, il debito è chirografario e può essere incluso nella procedura come gli altri (spesso i più problematici sono i danni fisici, ma di solito subentra un’assicurazione – se comunque resta a carico del debitore, rientra). Tuttavia, l’esdebitazione esclude i debiti per risarcimenti di danni causati da fatto illecito doloso. La norma parla di debiti da illecito “nonché da obblighi di risarcimento derivanti da fatti costituenti reato”, per intendersi. Quindi, se Tizio è condannato a risarcire Caio per lesioni dolose, quell’obbligo non si estingue con l’esdebitazione. Se era colposo (es. omicidio colposo stradale), è meno chiaro ma tendenzialmente i debiti da illecito restano critici. In sede di piano, comunque, includerli e ridurli è possibile, ma il creditore potrà opporsi e spesso i giudici sono molto cauti a tagliare crediti da risarcimento se legati a reati. In liquidazione, se restano insoddisfatti, potrebbero sopravvivere all’esdebitazione se il giudice li qualifica tra quelli non perdonabili (questo dettaglio è tecnico e va visto caso per caso, la legge non è chiarissima su reati colposi – si tende a includerli però).
    • Esempio: un musicista causa involontariamente un incendio e danneggia un locale, venendo condannato a €20.000 di danni. Se è in sovraindebitamento, può mettere quel debito nel piano e magari proporne il pagamento al 50%. Il creditore potrebbe opporsi per ottenere di più, ma il giudice potrebbe omologare se il 50% è il massimo ottenibile. La metà residua in teoria verrebbe esdebitata… a meno che il fatto sia considerato illecito grave. Diciamo che i margini qui sono interpretativi.
  • Sanzioni amministrative e multe: Debiti derivanti da sanzioni per violazioni amministrative (multe stradali, sanzioni per violazioni di norme, ecc.) e sanzioni penali pecuniarie (ammende, pene pecuniarie). Questi costituiscono partite delicate: la legge (art. 282 CCII e prima L.3/2012) esclude dall’esdebitazione le sanzioni pecuniarie “che costituiscono punizione”. Ciò in sostanza comprende:
    • Multe penali e ammende: se Tizio è stato condannato a un’ammenda penale, non gliela si può condonare via sovraindebitamento (sarebbe contro finalità sanzionatoria statale).
    • Sanzioni amministrative punitive: le classiche multe stradali rientrano qui (sono sanzioni previste dal codice della strada, di natura afflittiva). Anche multe per violazioni amministrative (es. sanzione Antitrust, sanzione per lavoro irregolare, ecc.) sono in genere non falcidiabili.
    • Tuttavia, esiste dibattito se almeno interessi e maggiorazioni su queste multe possano essere stralciati. Nei piani spesso si prevede di pagare solo il capitale della multa e stralciare interessi e aggi, perché quelli non sono punizione ma accessori. Ad ogni modo, il capitale della sanzione dovrebbe essere pagato per evitare problemi di omologazione, oppure il debitore deve accettare che anche dopo la procedura la multa resti da pagare.
    • In liquidazione, le sanzioni partecipano come chirografarie ma non vengono esdebitate a fine procedura: restano a carico del debitore (che però a quel punto non avrà comunque nulla, quindi magari resteranno inesigibili, ma formalmente il debito sopravvive).

In tabella, riassumiamo le principali categorie e il loro trattamento:

Tabella 1 – Trattamento delle varie tipologie di debito nelle procedure di sovraindebitamento

Tipo di debitoInclusione nel piano/concordatoFalcidiabilità (riduzione)Esdebitabilità finale
Bancari/finanziari (mutui, prestiti)Sì, sempre inclusi (salvo volontà di escludere un bene dal piano).Sì: prestiti chirografari liberamente riducibili; mutui ipotecari: dilazionabili, possibile moratoria 2 anni. Riduzione del capitale garantito ammessa solo se credito eccede valore del bene.Sì: quota di debito non pagata viene esdebitata (garanti terzi restano obbligati).
Tributari (Erario: IVA, imposte dirette)Sì, inclusi (Equitalia/AER partecipa come creditore).Sì: dal 2019 anche IVA e ritenute possono essere falcidiate. Possibile proporre stralcio parziale o interessi/sanzioni zero.Sì: parte non soddisfatta viene esdebitata (inclusa IVA), salvo sanzioni penali.
Contributivi (INPS, ex-ENPALS ecc.)Sì, inclusi.Sì: equiparati ai tributari. Crediti previdenziali privilegiati falcidiabili solo oltre eventuale privilegio su attivo; interessi moratori stralciabili.Sì: residuo non pagato esdebitato, tranne sanzioni civili se considerate punitive (rare).
Fornitori commerciali / ProfessionistiSì.Sì: generalmente chirografari, liberamente riducibili/dilazionabili.Sì: quota non pagata esdebitata.
Utenze, bollette, affittiSì.Sì: trattati come chirografari (salvo canoni leasing con riserva, caso a parte).Sì.
Obblighi alimentari/familiari (mantenimento coniuge, figli)Sì, ma non comprimibili.No: devono essere pagati integralmente, al più dilazionati (pena mancata omologa).No: non esdebitabili – restano dovuti per intero.
Risarcimento danni da illecitoSì.Dipende: se illecito colposo, trattato come chirografario (falcidiabile); se doloso/reato, il giudice potrebbe non ammettere stralcio significativo.Parziale: se illecito doloso (reato), non esdebitabile; se colposo, tendenzialmente esdebitabile, ma prudenza (valutazione caso per caso).
Sanzioni penali pecuniarie (multe, ammende)Sì (possono comparire come crediti dello Stato).No: non possono essere ridotte (sarebbe condono non permesso al giudice).No: non esdebitabili (art. 282 CCII).
Sanzioni amm.ve (multe stradali, ammende amministrative)Sì.Limitatamente: in pratica nei piani si propongono spesso senza interessi. Ma il capitale della multa idealmente va pagato intero (o l’ente potrebbe opporsi).No: non esdebitabili (considerate punitive), quindi residuo resta dovuto.
Debiti garantiti da fideiussori o coobbligatiSì (il debitore principale li include).Sì: per il debitore principale possono essere ridotti/esdebitati. Attenzione: la riduzione/esdebitazione non si estende al garante: il fideiussore rimane obbligato a pagare l’eventuale differenza.Sì per il debitore principale, No per il fideiussore: il garante non è liberato dall’obbligazione (salvo anch’egli faccia propria procedura).

(La tabella riassume in maniera semplificata; situazioni specifiche possono variare a seconda di interpretazioni e casi concreti.)

Simulazioni pratiche (casi reali semplificati)

Vediamo ora alcuni esempi pratici di applicazione delle procedure dal punto di vista del debitore, in particolare ipotizzando casi tipici in cui potrebbe trovarsi un musicista indebitato. Ogni caso mostrerà quale procedura è più adatta e quale risultato si può ottenere:

Caso 1: Musicista “consumatore” con debiti personali – Piano del consumatore
Scenario: Marco è un musicista di forty anni che lavora come dipendente di un’orchestra regionale. Negli anni ha contratto vari debiti personali: un mutuo prima casa (€120.000 residuo), prestiti personali per acquistare strumenti musicali (€20.000), debiti su carte di credito (€5.000) e un debito con l’Agenzia Entrate per imposte su redditi autonomi di alcuni concerti (€10.000, di cui €3.000 sono interessi e sanzioni). In totale, ha circa €155.000 di debiti. Il suo stipendio netto mensile è €1.800. A causa di spese familiari (ha due figli) e qualche imprevisto, Marco non riesce più a pagare regolarmente: è arretrato di 6 mesi col mutuo e la banca minaccia di pignorare la casa; inoltre l’Agente della Riscossione ha avviato un pignoramento del quinto sul suo stipendio per le imposte non pagate. Marco non ha un’attività d’impresa né altri debiti “professionali” – i debiti sono tutti personali (è un consumatore puro).

Soluzione: Marco si rivolge ad un OCC per accedere al piano del consumatore. Con l’aiuto del gestore, predispone un piano sostenibile nei limiti del suo stipendio. Ad esempio:

  • Mutuo casa: propone di rinegoziare la durata residua aggiungendo gli arretrati in coda, in modo da riprendere i pagamenti regolari (magari allungando di qualche anno il mutuo per ridurre la rata). Chiede nel piano che la banca sospenda la procedura esecutiva e accetti il rientro graduale. Poiché la casa è di modesto valore ma rappresenta l’abitazione familiare, il piano tutela questo bene.
  • Prestiti e carte: offre di pagarli al 50% in 5 anni, ossia €12.500 in 60 rate mensili (poco più di €200 al mese destinati a questi creditori chirografari).
  • Debito fiscale: propone di pagare solo l’imposta dovuta (€7.000) senza sanzioni né interessi (stralciando €3.000) in 5 anni (circa €117 al mese dedicati al Fisco).
  • Questo piano prevede quindi che Marco, per 5 anni, versi circa €200+€117 = €317 al mese verso creditori chirografari e fiscali, oltre a riprendere la rata mutuo di ~€500. Totale impegno mensile ~€817, compatibile col suo reddito di €1.800 lasciandogli circa €1.000 per le spese correnti familiari – fattibile ma impegnativo.
  • L’OCC attesta che Marco, tagliando spese superflue, può sostenere quel pagamento mensile, e certifica la sua meritevolezza (ha perso alcune scritture ingaggi per malattia e per lockdown da pandemia, questo l’ha messo in difficoltà ma non ha colpe particolari). Attesta anche che i creditori in una liquidazione forzata ricaverebbero molto meno: la casa venduta all’asta forse coprirebbe a malapena il mutuo, lasciando zero per gli altri; dunque il piano offre al Fisco e finanziarie un ritorno (50%) migliore del 0% che avrebbero in liquidazione.
  • Il tribunale, vista la situazione, omologa il piano senza bisogno del consenso dei creditori. Sospende immediatamente il pignoramento sullo stipendio (grazie alla pronuncia costituzionale, anche il debito in corso di pignoramento è incluso nel piano) e vieta alla banca di proseguire il foreclosure sulla casa.
  • Marco esegue scrupolosamente i pagamenti per 5 anni. Al termine, ha salvato la casa (continuando a pagare il mutuo, che andrà avanti magari altri 10 anni) e ha pagato circa €20.000 complessivi ai chirografari e €7.000 al Fisco. Gli restano non pagati €20.000 (tra prestiti ridotti e sanzioni fiscali stralciate), ma quelle somme vengono esdebitate. I creditori non possono più avanzare pretese: Marco è ufficialmente libero dai debiti residui. Ottiene l’esdebitazione formale dal giudice e chiude la procedura.
  • I coobbligati di Marco (ad esempio sua moglie era garante per il prestito strumenti) purtroppo restano obbligati per la parte non pagata: in questo caso la moglie dovrà coprire il restante 50% di quel prestito se la banca vorrà escuterla. Ma Marco potrà aiutarla ora che ha un bilancio più leggero, magari con un nuovo piano familiare (volendo, il Correttivo 2024 ora permette di fare procedura familiare congiunta, se moglie e marito sono entrambi sovraindebitati).

Risultato: Marco ha utilizzato il piano del consumatore per “aggiustare” i suoi debiti in base alla sua capacità. Ha perso qualcosa (ha comunque dovuto pagare una porzione di debiti per 5 anni, con sacrifici), ma ha protetto i beni essenziali e ottenuto la cancellazione di decine di migliaia di euro di passività che altrimenti lo avrebbero perseguitato a lungo. Dal punto di vista psicologico e finanziario, può dedicarsi alla musica e alla famiglia senza l’incubo di citazioni e pignoramenti.

Caso 2: Musicista imprenditore con debiti professionali – Concordato minore
Scenario: Sara è una musicista che, oltre a esibirsi, gestiva una piccola impresa individuale di organizzazione eventi musicali. La sua attività andava bene, ma il Covid e altri rovesci l’hanno costretta a cessare l’attività nel 2022. Rimangono però numerosi debiti dell’impresa: €50.000 verso fornitori (service audio, affitti teatri, ecc.), €30.000 verso una banca per un finanziamento business (chirografario, garantito dal Fondo PMI), €20.000 di IVA e ritenute non versate e €10.000 di contributi INPS su collaboratori. In più, a titolo personale, Sara ha €15.000 di debiti (carta di credito e un finanziamento per auto). Totale debito ~€125.000, di cui circa $80k legati all’attività e $45k personali. Sara ha 45 anni, attualmente lavora come insegnante di musica a progetto (P.IVA) con reddito mensile circa €1.500. Non ha immobili; possiede solo l’auto (valore €7.000) e attrezzatura musicale (€5.000). Alcuni fornitori hanno già portato decreti ingiuntivi e minacciano pignoramenti sugli strumenti. Dato che i debiti derivano in buona parte da attività economica, Sara non è qualificabile come consumatore. Inoltre alcuni crediti (IVA) sono erariali. Serve dunque un concordato minore.

Soluzione: Sara, tramite OCC, elabora una proposta di concordato minore ai sensi art.74 CCII. Propone di:

  • Liquidare l’auto: vendendola subito, ricavando €7.000 da distribuire interamente ai creditori (la macchina non è essenziale).
  • Utilizzare futuri risparmi di reddito: propone di destinare €300 al mese del suo reddito per 4 anni ai creditori (in totale circa €14.400).
  • Coinvolgere un terzo: lo zio di Sara è disposto a darle una mano con un contributo di €10.000 una tantum per chiudere i debiti (questo è l’“apporto esterno” apprezzabile richiesto perché l’attività è cessata).
  • In totale, il piano metterebbe a disposizione circa €31.400 (7k + 14.4k + 10k). Stima che in un fallimento i creditori avrebbero avuto molto meno – praticamente nulla oltre forse al ricavato dell’auto.
  • Vengono create classi di creditori per gestire diversamente le priorità: ad esempio, una classe 1 con Erario e INPS privilegiati; classe 2 con banca (assistita da garanzia statale, ma chirografaria); classe 3 con fornitori e altri chirografari.
  • La proposta:
    • Classe 1 (Erario+INPS): pagare 100% del capitale IVA e contributi (€30k), ma niente sanzioni/interessi (€avrebbe 5k di sanzioni condonate). Il 100% verrà però così suddiviso: lo zio di 10k va interamente a loro, più 7k dall’auto e ~3k dal monte risparmi, tot circa €20k su 30k (67%). Non c’è il 100% immediato, ma propone che l’Erario accetti 67% come valore attuale, di più non c’è. (Qui serve la loro adesione).
    • Classe 2 (banca): offrire 50% del credito (€15k) dilazionato in 4 anni (verrebbe dai risparmi mensili).
    • Classe 3 (fornitori vari): offrire 20% dei crediti (€10k su 50k) sempre in 4 anni.
    • In pratica, dei 14.4k risparmi, 15k va a banca e 10k a fornitori? C’è un gap, magari l’Erario prende anche una parte dei risparmi. Diciamo: Erario&INPS tot 20k (zombie 10 + auto 7 + 3k risparmi), banca 8k risparmi, fornitori 6.4k risparmi = tot 17.4 risparmi + 17 auto+zio = 34.4k (i conti non precisissimi ma ipotetici).
  • L’OCC attesta la fattibilità: Sara riuscirà a versare €300/mese e lo zio depositerà il suo contributo se l’accordo passa.
  • Si convoca il voto:
    • Erario e INPS (classe 1) complessivamente hanno circa €30k su 125k (24% del totale crediti). Difficile raggiungere maggioranza senza il loro voto favorevole, quindi Sara tramite OCC contatta l’ufficio fiscale: evidenzia che in liquidazione prenderebbero forse €2k (dall’auto prorrata) invece qui 20k. L’Erario solitamente chiede almeno l’integrale su imposte, ma con la nuova legge la falcidia IVA è ammessa, e vedendo l’apporto esterno potrebbero essere propensi. Si ottiene un voto favorevole dall’Agenzia Entrate Riscossione (grazie anche alla prospettiva nulla alternativa). INPS pure vota sì.
    • Banca (classe 2) ha €30k (24% del totale). La garanzia statale coprirebbe l’80% forse, ma comunque preferisce un concordato: 50% in 4 anni non è male. Vota .
    • Fornitori (classe 3) insieme hanno €50k (40%). Molti di essi, valutato che l’impresa è cessata e altrimenti non vedrebbero nulla, sono disposti ad accontentarsi del 20%. Supponiamo che creditori per valore €40k votino sì e €10k no.
    • Risultato: somma voti favorevoli: Erario+INPS (24%) + banca (24%) + fornitori gruppo (32%) = 80% dei crediti votanti in valore. Quindi maggioranza ampiamente raggiunta (bastava >50%). Tutte le 3 classi anche hanno la maggioranza interna (classe 3 ha 80% interni favorevoli, classe1 e 2 100%), dunque la proposta è approvata.
  • Il tribunale omologa il concordato minore. Da quel momento, Sara deve:
    • Vendere l’auto e consegnare i 7k al liquidatore per distribuirli.
    • Lo zio versa i 10k promessi (in sede di voto magari aveva depositato in escrow).
    • Ogni mese versa €300 al liquidatore che ripartisce semestralmente secondo le percentuali previste a creditori.
    • I creditori, anche quelli che votarono contro, sono vincolati. Ad esempio, un fornitore dissenziente col 20% dovrà accettare di ricevere solo 20% in 4 anni e poi stop.
    • Tutte le esecuzioni individuali cessano. I decreti ingiuntivi non eseguiti restano insoddisfatti secondo accordo.
  • Dopo 4 anni, Sara ha adempiuto tutto. Il liquidatore relaziona e il giudice dichiara esdebitazione per Sara. I crediti originari (IVA residua 10k non pagata, fornitori 40k non pagati, banca 15k non pagati) sono cancellati definitivamente nei suoi confronti. (Attenzione: lo Stato potrebbe ancora rivalersi sul Fondo di Garanzia PMI per la parte di finanziamento bancario non pagata se la banca escute la garanzia – ma quello non riguarda più Sara).
  • Nota: se uno dei creditori privilegiati (es. Erario) avesse votato contro, ma la maggioranza globale sì, si sarebbe posto un problema: il giudice avrebbe potuto omologare comunque se riteneva che quel creditore avesse un trattamento non deteriore rispetto al realizzo liquidatorio (principio di cram-down minor). Nel nostro caso, comunque, tutti hanno collaborato.

Risultato: Sara ha risolto la sua situazione debitoria senza dover liquidare tutti i beni (ha perso solo l’auto) e riuscendo a pagare solo una parte dei debiti grazie a un accordo. Ha sfruttato la flessibilità del concordato minore: coinvolgimento di terzi, classi, taglio di debiti fiscali, ecc., cose che con un piano del consumatore non avrebbe potuto fare in autonomia poiché alcuni debiti erano “non consumer”. Ora, chiusa la procedura, può concentrarsi sulla sua nuova attività di insegnante senza l’onere dei vecchi debiti d’impresa. Avendo ottenuto l’esdebitazione, se volesse in futuro potrebbe anche avviare un’altra attività (imparando dall’esperienza passata) senza gli strascichi del fallimento.

Caso 3: Musicista totalmente incapiente – Esdebitazione senza attività né beni
Scenario: Luigi ha 60 anni, un passato da musicista di discreto successo negli anni ‘80. Purtroppo una serie di vicissitudini (malattia, dipendenze, crisi personali) lo hanno portato alla rovina economica. Attualmente vive con una pensione sociale di €600 al mese in un piccolo appartamento in affitto. Non possiede casa, né auto, né altri beni di valore. Ha però debiti cumulati per circa €80.000: vecchi finanziamenti non pagati, scoperti di conto, una cartella esattoriale per IRPEF di €15.000 (relativa a redditi di quando guadagnava) e altri debiti verso privati. Ormai tutti lo cercano ma egli è completamente nullatenente e a malapena copre le spese quotidiane. La sua età e salute non gli permettono di lavorare stabilmente. Siamo evidentemente in presenza di un debitore incapiente.

Soluzione: Luigi, essendo onesto ma sfortunato (i debiti derivano in parte da spese mediche e in parte da un periodo di ludopatia poi superato, comunque non ha nascosto nulla), decide di chiedere al Tribunale l’esdebitazione del debitore incapiente (art.283). Con l’aiuto di un avvocato, deposita un ricorso dettagliato: elenca tutti i debiti, attesta di non avere beni (allega certificati negativi di proprietà immobiliare e mobiliare), dimostra che la sua pensione sociale è impignorabile perché minima e non ha altri redditi. Chiarisce anche le cause del sovraindebitamento, evidenziando la propria buona fede (ad esempio fornisce cartelle cliniche, documenti sull’accesso a comunità per dipendenze per mostrare la natura sfortunata degli eventi). L’Organismo di Composizione locale redige una breve relazione confermando la totale incapienza.

  • Il tribunale fissa udienza e invita i principali creditori (banche e Agenzia Riscossione) a comparire o a inviare osservazioni. Molti non si presentano nemmeno, consapevoli che Luigi non ha nulla. L’Agente della Riscossione invia una nota riconoscendo che il debitore non possiede beni aggredibili (lo sanno perché hanno già tentato invano). Nessuno si oppone.
  • Il giudice quindi emette decreto che dichiara inesigibili tutti i debiti di Luigi ai sensi dell’art.283 CCII. Nel decreto include l’elenco dei creditori e specifica che è concesso beneficio dell’esdebitazione del debitore incapiente.
  • Conseguenze immediate: tutti i creditori chirografari (banche, finanziarie, fornitori) non possono più pretendere nulla da Luigi. Eventuali decreti ingiuntivi perdono efficacia esecutiva sui suoi beni (che non ha). L’Agenzia Entrate Riscossione dovrà archiviare le cartelle a suo nome (salvo le sanzioni eventualmente che restano sulla carta).
  • Luigi viene informato dell’obbligo di segnalare per 4 anni eventuali miglioramenti economici straordinari. Francamente, data la sua situazione, è improbabile che entro 4 anni erediti o vinca alla lotteria; ma se anche ottenesse – poniamo – €10.000 da una donazione di un fan generoso, dovrebbe destinarli fino al 10% ai creditori (10% di 80k = 8k, quindi darebbe 8k e terrebbe 2k per sé).
  • Dopo il termine di 4 anni, Luigi è definitivamente libero anche da quell’obbligo condizionato. In ogni caso, già da subito nessun creditore può più molestarlo legalmente. Resta però un’eccezione importante: uno dei debiti di Luigi era una multa amministrativa da €1.000 per un litigio (reato depenalizzato). Tale debito, essendo sanzione, non è stato cancellato dal decreto (il giudice l’ha escluso espressamente). Ciò significa che formalmente Luigi dovrebbe ancora pagarla. Ma essendo incapiente, anche quell’ente sanzionatore farà fatica a riscuotere. Tuttavia, attenzione: se in futuro Luigi partecipasse, ad esempio, a un evento a pagamento e gli venisse emesso un compenso, quell’ente potrebbe teoricamente pignorarlo (entro i limiti di legge) per la multa, poiché non coperta dall’esdebitazione.

Risultato: Luigi ottiene la cancellazione completa dei suoi debiti senza dover pagare nulla – perché davvero non poteva. Questo gli consente di trascorrere la vecchiaia con più serenità: pur con pochi mezzi, almeno non riceverà più chiamate dai recupero crediti né vedrà lievitare debiti impossibili. La sua reputazione finanziaria era già compromessa, ma ora almeno legalmente ha voltato pagina. I creditori subiscono una perdita totale, ma era una perdita già di fatto scontata (non avrebbero comunque recuperato nulla da lui). Luigi dovrà solo mantenere un comportamento trasparente in quegli anni, segnalando eventuali miglioramenti, pena la revoca del beneficio se frodasse. Questa soluzione estrema incarna lo spirito umanitario del legislatore: nessuno deve essere perseguitato a vita per debiti che oggettivamente non può pagare.

Caso 4: Ex imprenditore musicale fallito – Esdebitazione post liquidazione giudiziale
(Accenniamo infine a un caso di esdebitazione dopo fallimento – che, pur non parte delle procedure di sovraindebitamento, è affine per concetto di fresh start, e potrebbe riguardare un musicista che avesse avuto una grossa impresa fallita prima delle nuove norme.)

Scenario: Antonio è stato titolare di una società di organizzazione concerti di medie dimensioni (Srl) che purtroppo è fallita (liquidazione giudiziale aperta nel 2019). In quanto amministratore e socio garante, Antonio si è trovato con debiti personali residui dopo la chiusura del fallimento nel 2023: la procedura ha pagato il 20% ai chirografari, ma molte fideiussioni personali di Antonio (verso fornitori e banche) sono rimaste scoperte per il restante 80%. Antonio, dopo aver collaborato con il curatore e non avendo condanne per bancarotta, chiede nel 2024 al tribunale (ex art. 278 CCII analogo all’art.142 l.fall.) l’esdebitazione del fallito. Il tribunale verifica che:

  • Antonio ha soddisfatto le condizioni: non ha nascosto beni, il fallimento si è chiuso regolarmente, non ha beneficiato di esdebitazioni nei precedenti 5 anni, etc.
  • Non ricorrono cause ostative: Antonio non ha commesso reati fallimentari, né ha frodato i creditori.
  • Pertanto il tribunale, con decreto, dichiara inesigibili verso Antonio tutti i debiti rimasti non pagati nella procedura. Antonio è quindi libero anche dalle garanzie personali che aveva prestato.

Questo caso mostra come anche chi è passato da un fallimento possa ottenere un secondo inizio. Oggi, sotto il CCII, questa esdebitazione post-liquidazione giudiziale è quasi automatica (d’ufficio con la chiusura, salvo opposizioni). Dunque se un musicista avesse avuto la sfortuna di veder fallire una propria impresa (es. una società di spettacolo), può comunque aspirare alla liberazione debitoria analoga a quella descritta nelle procedure di sovraindebitamento, purché la sua condotta sia stata corretta.

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Un musicista con partita IVA è considerato consumatore o no?
    R: Dipende dalla natura dei debiti contratti. Il “consumatore” ai sensi di legge è la persona fisica che ha debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. Se un musicista con partita IVA ha debiti principalmente legati alla sua attività (es. debiti con fornitori, IVA, attrezzature professionali), non potrà usare il piano del consumatore per quei debiti, ma dovrà ricorrere al concordato minore. Invece, se ha anche debiti personali (es. prestito per esigenze familiari), potrà includerli nel concordato minore o, in certi casi, se nettamente prevalenti e scollegati dall’attività, potrebbe qualificarsi consumatore. La Cassazione ha chiarito che conta la natura del debito al momento in cui è sorto: se contratto per fini personali, è “da consumatore”, se per fini d’impresa o professionali, no. È stata inoltre introdotta la possibilità di procedure familiari congiunte: ad esempio, se uno dei coniugi è consumatore e l’altro no, si può presentare un unico concordato minore familiare (novità D.Lgs.136/2024).
  • D: Quali documenti servono per presentare la domanda di sovraindebitamento?
    R: La legge richiede un’ampia documentazione, tra cui: elenco di tutti i creditori con i rispettivi importi dovuti, l’inventario dei beni del debitore, le ultime dichiarazioni dei redditi, lo stato di famiglia (per valutare carichi familiari), documenti relativi a eventuali procedure esecutive in corso, l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento, certificati dell’agente di riscossione su debiti fiscali, eventuali bilanci se c’è stata attività d’impresa, etc.. Inoltre occorre una relazione particolareggiata dell’OCC che certifichi la veridicità e completezza dei dati. In pratica bisogna aprire completamente i propri libri contabili e la propria situazione economica al vaglio dell’organismo e del giudice. Qualsiasi omissione o falsità può portare all’inammissibilità o revoca della procedura.
  • D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
    R: Ci sono alcuni costi fissi e variabili. In genere:
    • Contributo unificato e bolli: la procedura prevede il pagamento di un contributo unificato (attualmente circa €98) e marca da bollo €16 per il ricorso. Tuttavia, se il debitore è in grave difficoltà, può chiedere l’ammissione al gratuito patrocinio o, grazie a Corte Cost. 121/2024, la prenotazione a debito di queste spese in caso di liquidazione incapiente.
    • Compenso OCC: l’Organismo di Composizione ha diritto a un compenso professionale, stabilito da parametri ministeriali in base all’attivo/passivo e complessità. In fase iniziale spesso chiede un acconto (tipicamente €200-300). Il compenso finale può variare da poche centinaia di euro per casi semplici a qualche migliaio per quelli più complessi. Nei piani e concordati spesso il costo OCC è inserito come spesa prededucibile da pagare nell’accordo stesso.
    • Eventuale legale di fiducia: il debitore può (e di solito dovrebbe) farsi assistere da un avvocato, specie in caso di opposizioni o reclami. Gli onorari dell’avvocato possono anch’essi essere compresi nella procedura come spese prededucibili, ma ciò richiede accordo del giudice. In caso di ristrettezze, il debitore può accedere al patrocinio a spese dello Stato se ne ricorrono i requisiti di reddito (attorno a €11.700 annui).
    • Altre spese: eventuali perizie giurate (ad es. stima di un immobile se va venduto nel piano), costi di bollo per registro decreti, ecc.
    In sintesi, avviare la procedura può richiedere qualche centinaio di euro anticipati, ma non cifre proibitive, ed è comunque molto meno costoso di subire molteplici cause esecutive scoordinate. Per i casi di totale indigenza, come detto, l’ordinamento prevede agevolazioni per evitare che i costi siano un ostacolo insormontabile all’accesso.
  • D: Cosa succede se il debitore ha in corso un pignoramento (ad esempio sullo stipendio) e presenta un piano del consumatore?
    R: Presentare la domanda di ammissione ad una procedura consente di chiedere al giudice misure protettive urgenti. In particolare, il giudice può sospendere i pignoramenti in corso. Inoltre, la Corte Costituzionale ha interpretato la norma in modo da consentire di includere nel piano anche debiti già oggetto di pignoramento presso terzi (stipendi, TFR, pensioni) e di ristrutturarli. Quindi, se ad esempio un quinto dello stipendio del musicista è pignorato per un debito bancario, egli può proporre un piano che riduca quel debito e, ottenuta l’omologazione, il pignoramento verrà revocato e sostituito dalle nuove rate previste dal piano. La Cassazione e la Consulta hanno chiarito che il provvedimento di assegnazione del giudice dell’esecuzione non impedisce la falcidia del debito corrispondente. In pratica, la procedura di sovraindebitamento “assorbe” l’esecuzione individuale, riequilibrando la situazione tra tutti i creditori.
  • D: Quali debiti non possono proprio essere toccati o cancellati dalla procedura?
    R: Come riepilogato, i principali limiti riguardano:
    • Gli obblighi di mantenimento/alimenti verso coniuge, figli o altri familiari: non possono essere né ridotti né perdonati. Il debitore dovrà pagarli per intero, altrimenti resteranno in essere.
    • Le sanzioni penali (multe, ammende, pene pecuniarie): non possono essere ridotte né estinte dalla procedura.
    • Le sanzioni amministrative di natura punitiva (multe stradali, ecc.): anch’esse formalmente non esdebitabili. Un piano potrebbe forse dilazionarle, ma il residuo non pagato non viene condonato (in realtà su questo punto qualche tribunale ha interpretato la possibilità di stralciare interessi).
    • I debiti da dolo: risarcimenti per fatti illeciti dolosi (specie se costituiscono reato) non vengono cancellati dall’esdebitazione finale, per espressa esclusione. Anche se nel piano li si trattasse, la vittima potrà ancora agire per la parte non soddisfatta.
    • Infine, non è un “debito” ma un aspetto procedurale: se il debitore ha commesso frode (tipo ha nascosto beni), la procedura può essere revocata e quindi nessun debito verrà cancellato in tal caso.
  • D: Posso includere debiti futuri nel piano (es. rate di affitto non ancora scadute, canoni futuri)?
    R: No, le procedure riguardano i debiti già esistenti al momento dell’omologazione/apertura. I debiti “futuri” non essendo certi ed esigibili non rientrano. Ad esempio, se il musicista è vincolato da un contratto di affitto per altri 2 anni, quelle mensilità non sono debiti attuali. Può però succedere che chieda di risolvere anticipatamente certi contratti onerosi nell’ambito della procedura (ad es. restituire la casa presa in affitto per evitare di accumulare nuovo debito: questo è possibile con autorizzazione giudice, analogamente a come avviene nel fallimento la facoltà di sciogliersi dai contratti in corso). In generale, la procedura mette un punto ai debiti fino a una certa data; quelli successivi il debitore dovrà onorarli normalmente, non sono toccati dall’esdebitazione.
  • D: Dopo l’esdebitazione, quanto tempo resta traccia della mia procedura?
    R: La domanda è comprensibile perché riguarda la “riabilitazione” anche reputazionale. Nei registri pubblici, l’apertura della procedura viene pubblicata sul registro delle procedure concorsuali e comunicata a banche dati (Crif, Centrale rischi etc. segnalano “procedura di sovraindebitamento” o equivalenti). Tipicamente, tali segnalazioni rimangono per un certo periodo:
    • Nelle banche dati private (CRIF, Experian) un’insolvenza può restare visibile fino a 36 mesi dalla sua regolarizzazione. L’esdebitazione potrebbe essere considerata regolarizzazione (debito non più esigibile).
    • Nel registro pubblico, la chiusura della procedura concorsuale è comunque un fatto consultabile e rimane agli atti dei tribunali. Però va detto che l’impatto è minore rispetto a un fallimento per società (che impediva esercizio di attività per anni). Una persona esdebitata può aprire subito una nuova attività (salvo non essere incorsa in reati).
    • Il nuovo Codice cerca di attuare la direttiva UE che prevede la “piena reintegrazione” in 3 anni massimo. Quindi, trascorsi 3 anni dall’esdebitazione, il debitore dovrebbe poter accedere di nuovo al credito senza pregiudizi formali. In pratica le banche possono comunque tenerne conto (valutazione discrezionale) ma non ci sono preclusioni legali.
  • D: Se ho già beneficiato di un’esdebitazione, posso averne un’altra in futuro?
    R: La regola generale è che non si può ottenere una nuova esdebitazione prima di 5 anni dalla precedente. Inoltre, la legge pone un limite di due volte massimo nella vita. Ad esempio, se una persona è stata esdebitata dopo un fallimento e poi anni dopo fa una procedura di sovraindebitamento, potrà ottenere la seconda esdebitazione. Ma dopo due esdebitazioni, non potrà più accedere ad altre procedure con esdebitazione. L’incapiente, in particolare, è concesso solo una volta. Quindi è un jolly da giocarsi con giudizio. Ovviamente, l’auspicio è che dopo aver ottenuto un fresh start, il debitore non cada di nuovo nel vortice dei debiti; ma se sfortunatamente accadesse, c’è una seconda chance, ma non una terza.
  • D: Serve il voto favorevole del Fisco per stralciare i debiti fiscali?
    R: Nel piano del consumatore, no: l’Agenzia delle Entrate Riscossione non vota (nessun creditore vota) e il giudice può omologare anche con Fisco contrario, purché il piano sia conveniente in comparazione. Quindi è possibile che il giudice approvi un piano che taglia, poniamo, il 50% dell’IVA, anche se formalmente l’Agenzia sarebbe contraria – perché la legge dà al giudice questo potere per favorire il debitore meritevole. Invece, nel concordato minore, l’Erario è un creditore come gli altri e ha diritto di voto. In tal caso, se i debiti fiscali sono rilevanti, conviene negoziare con l’Agenzia una percentuale accettabile. Dal 2019 non c’è più un veto assoluto su IVA, ma l’Agenzia valuterà caso per caso. Se non si raggiunge il loro voto favorevole ma c’è la maggioranza complessiva di altri crediti, il tribunale potrebbe comunque omologare forzatamente (cram-down) a certe condizioni, ma è un terreno spinoso. Quindi, pragmaticamente, è meglio includere il fisco in modo ragionevolmente soddisfacente.
  • D: Il mio ex socio ha fatto fallimento, io come garante posso fare sovraindebitamento?
    R: Sì, certamente. Se tu, come persona fisica, sei rimasto obbligato in solido o come fideiussore per debiti di una società fallita, tu sei un debitore non fallibile (il socio illimitatamente responsabile invece sarebbe fallibile insieme alla società, ma se eri un socio di SRL con garanzie personali, non sei fallito tu). Quindi puoi accedere alle procedure da sovraindebitato. Ad esempio, un musicista che aveva garantito i debiti di una società di eventi poi fallita: i creditori ora si rifanno su di lui per intero. Può proporre un concordato minore per pagare, ad esempio, il 30% di quelle fideiussioni. I creditori valuteranno in base alla sua situazione personale. Si noti che la fideiussione per debito altrui se prestata fuori da interessi imprenditoriali potrebbe qualificarlo come consumatore (Cass. 742/2020). Ma spesso se era socio o amministratore, il debito è collegato all’attività quindi consumer no. In ogni caso, sì: può e deve usare questi strumenti per non restare schiacciato dai debiti della società.
  • D: Posso proteggere la mia casa in una procedura di liquidazione?
    R: In liquidazione controllata, purtroppo no – se decidi (o sei costretto) a liquidare, tutti i beni (inclusa la casa) confluiscono nella massa attiva e, non essendoci eccezioni per la prima casa, il liquidatore dovrà venderla per soddisfare i creditori. L’unica speranza di mantenere la casa è evitare la liquidazione: ad esempio, scegliere un piano o concordato e continuare a pagare il mutuo regolarmente (magari prevedendo una moratoria e poi la ripresa) in modo che la banca sia soddisfatta e gli altri creditori non abbiano interesse a forzare la vendita. Il CCII non prevede esenzioni tipo “prima casa impignorabile” (come avviene invece in alcuni progetti di legge o come è stato discusso politicamente): attualmente, se il debitore ha beni, vanno destinati ai creditori. Solo se la casa ha valore modesto e ipoteca che la copre quasi totalmente, può capitare che in un concordato i creditori chirografari accettino di non toccarla (tanto a loro non verrebbe nulla dalla vendita). In un piano del consumatore, il giudice potrebbe autorizzare il debitore a tenere la casa se la vendita darebbe un ricavato inferiore al mutuo residuo – in tal caso non avrebbe senso venderla, meglio lasciare il debitore dentro e farlo pagare il mutuo. Quindi è più una valutazione pratica che giuridica. In sintesi: col piano, c’è margine per salvare la casa (con sacrifici, continuando a pagare mutuo); col concordato minore, c’è margine se i creditori accettano; con liquidazione, no, la casa verrà venduta.
  • D: Dopo aver ottenuto l’esdebitazione, posso ancora lavorare nel settore musicale o aprire una nuova attività?
    R: Sì. L’esdebitazione mira proprio a reinserire il debitore nell’economia attiva. Non ci sono incapacità personali permanenti conseguenti (diversamente dal vecchio fallimento che comportava interdizioni). Una volta chiusa la procedura e concesso il beneficio, il debitore torna libero di intraprendere. Se era un imprenditore, può aprire una nuova impresa. Se è un professionista, mantiene ovviamente la sua qualifica. Ci sono solo da considerare aspetti pratici:
    • Le banche o fornitori potrebbero inizialmente essere diffidenti nel concedere credito. Però, trascorso un certo periodo, soprattutto se vede che il soggetto resta virtuoso, la fiducia può essere recuperata. Alcune statistiche da sistemi esteri mostrano che chi ha avuto un fresh start spesso poi è un pagatore migliore (avendo imparato la lezione e non avendo più zavorre).
    • Se l’attività che si vuole aprire è soggetta a requisiti di onorabilità (es. concorsi pubblici, incarichi apicali in banche, ecc.), potrebbe essere necessario dichiarare di aver avuto procedure concorsuali in passato. Ma ciò raramente è ostativo (a meno di particolari settori).
    • Un caso particolare: se l’esdebitazione riguarda un imprenditore che poi vuole di nuovo accedere a procedure concorsuali, come detto, c’è il limite dei 5 anni. Quindi se sfortunatamente dovesse fallire di nuovo prima di 5 anni, non potrebbe richiedere seconda esdebitazione immediata.
    • Per un musicista, comunque, nulla osta: potrà tranquillamente firmare contratti, partecipare a bandi, costituire associazioni culturali o società, etc. L’importante è che riparta con i conti in ordine.

In conclusione, le procedure di sovraindebitamento offrono strumenti diversificati e flessibili per affrontare tutti i tipi di crisi debitoria. Un musicista indebitato – sia esso un lavoratore autonomo con debiti di attività, un dipendente con soli debiti personali, o un ex imprenditore ormai nullatenente – ha oggi la possibilità di cercare sollievo e una soluzione legale definitiva ai propri debiti. Il percorso richiede trasparenza, disciplina e buona fede, ma in cambio promette il traguardo di una nuova vita finanziaria. La normativa italiana, aggiornata al 2025, è ormai matura e bilanciata: tutela il debitore meritevole dando nel contempo soddisfazione (per quanto possibile) ai creditori. Con l’ausilio di professionisti (OCC, avvocati) e l’intervento del tribunale, “ripulire” la propria situazione debitoria è diventato fattibile anche per chi, come tanti artisti, in passato vedeva i debiti come un labirinto senza uscita.

La parola chiave è “seconda chance”: il musicista, come qualsiasi debitore onesto, può cadere ma ha diritto a rialzarsi e tornare a creare valore – libero dal peso insostenibile dei debiti pregressi.

Fonti e riferimenti

  1. Camera di Commercio di Reggio Calabria – Crisi d’impresa e Sovraindebitamento (OCC della CCIAA RC), definizioni e soggetti ammessi (agg. 24/6/2025).
  2. Camera di Commercio RC – Cosa fa l’OCC? (funzioni del Gestore, opzioni procedure: piano, concordato minore, liquidazione controllata).
  3. Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e s.m.) – Artt. 65-83 (ristrutturazione debiti del consumatore, concordato minore) e 268-283 (liquidazione controllata ed esdebitazione) – in vigore dal 15 luglio 2022. (Normattiva).
  4. Avv. Margherita Monardo, “Il ruolo del consumatore nel Codice della Crisi (agg. giugno 2025)”, in AvvocatiCartelleSattoriali.com (3 luglio 2025) – Guida approfondita sovraindebitamento, con novità D.Lgs. 136/2024 e giurisprudenza Cass. 2023-25.
  5. Corte Costituzionale – Sentenza n.65/2022 del 19 gennaio 2022 – legittimità costituzionale art. 8 L.3/2012: interpretazione conforme per includere nel piano debiti oggetto di cessione del quinto (pignoramento stipendio).
  6. Corte Costituzionale – Sentenza n.6/2024 del 19 gennaio 2024 – liquidazione controllata: durata acquisizione beni sopravvenuti, conferma limite implicito di 3 anni per esdebitazione.
  7. Corte Costituzionale – Sentenza n.121/2024 del 22 giugno 2024 – spese di giustizia nella liquidazione controllata incapiente: equiparazione al fallimento, ammissione a patrocinio a spese Stato (gratuito).
  8. Corte Costituzionale – Sentenza n.245/2019 del 29 novembre 2019 – dichiarata illegittima l’esclusione di falcidia IVA e ritenute nella composizione da sovraindebitamento (ora recepito nel CCII).
  9. Corte di Cassazione (Sez. I) – Sentenza 22699/2023 depositata il 26/07/2023 – Nozione di consumatore e imprenditore minore, conferma criteri Cass. 1869/2016: qualificazione in base alla natura dei debiti contratti; decisione su reclamo inammissibilità (rinvio pregiudiziale dichiarato inammissibile).
  10. Corte di Cassazione (Sez. I) – Ordinanza 9549/2025 depositata l’11/04/2025 – Moratoria crediti privilegiati nel piano del consumatore: il termine fino a 2 anni ex art. 67 co.4 CCII è riferito all’inizio dei pagamenti, non all’integrale pagamento (estensione da art.8 co.4 L.3/2012 – un anno – interpretato come termine iniziale).
  11. Corte di Cassazione (Sez. I) – Sentenza 24870/2024 depositata il 12/07/2024 – Chiarimenti sui mezzi di impugnazione: decreto di inammissibilità iniziale reclamabile al Tribunale in composizione collegiale; decreto di diniego omologa appellabile in Corte d’Appello. (Confermato dal Correttivo Ter 2024 che ha modificato art.70 CCII).
  12. Corte di Cassazione (Sez. I) – Sentenza 576/2024 e 22291/2020 – Principio sulla convenienza nel piano del consumatore: non sindacabile dai creditori, valutata dal giudice rispetto all’alternativa liquidatoria.
  13. Corte di Cassazione (Sez. I) – Ordinanza 15359/2023 depositata il 31/05/2023 – Esdebitazione del fallito: presupposti ostativi (art.142 l.fall.) di meritevolezza sono tassativi e non estensibili, conta assenza dolo o colpa grave.
  14. Corte di Cassazione (Sez. I) – Sentenza 742/2020 depositata il 16/01/2020 – Fideiussore persona fisica può essere consumatore se ha garantito per fini estranei ad attività d’impresa (no collegamento funzionale).
  15. Portale del Ministero Giustizia – Linee guida sovraindebitamento (es. Tribunale di Treviso, Modulo ristrutturazione debiti) – modulistica e requisiti documentali richiesti.
  16. Vari Tribunali (Napoli Nord 2022, Milano 2023, etc.) – Giurisprudenza di merito applicativa: ammissibilità piani con pignoramenti, classi in concordato minore, esdebitazione incapienti concessa (cit. es. in testi dottrinali).
  17. Legge 3/2012 (abrogata) – per riferimenti storici: definizione sovraindebitamento e vecchie procedure denominate “accordo composizione” e “piano del consumatore”. Utile per comprendere evoluzione (legge c.d. salva-suicidi).

Musicista con Debiti: Cosa Fare per Difendersi Con Studio Monardo

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Conclusione

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