Anziano Con Debiti: Cosa Fare Per Difendersi

Sei un anziano con debiti e non sai come difenderti?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, solleciti da banche o finanziarie, richieste di pagamento dall’Agenzia delle Entrate o dall’INPS, e ora vivi con la paura di un pignoramento o della perdita della pensione? In questi casi è fondamentale sapere quali strumenti legali hai per proteggerti, come difendere i tuoi beni e la tua serenità.

Quando un anziano può trovarsi con debiti
– Quando hai contratto prestiti, cessioni del quinto o finanziamenti che non riesci più a rimborsare
– Quando hai ricevuto cartelle esattoriali per imposte, multe o contributi non pagati in passato
– Quando sei stato garante per figli, nipoti o ex soci, e ora ti chiedono il pagamento
– Quando hai avuto una vecchia attività come artigiano o commerciante, e ora ti chiedono contributi o tasse arretrate
– Quando, vivendo con la sola pensione, non riesci più a sostenere le spese e onorare gli impegni presi anni prima

Cosa può succedere a un anziano con debiti
Pignoramento della pensione, nei limiti previsti dalla legge
Blocco del conto corrente, con difficoltà nel gestire le spese quotidiane
Lettere di sollecito, notifiche di cartelle e minacce di recupero coattivo
Ansia, preoccupazione e isolamento, che peggiorano la qualità della vita
Timore di perdere i risparmi, la casa o di lasciare problemi ai figli

Cosa puoi fare per difenderti se sei un anziano con debiti
– Verifica con un avvocato o un esperto quali debiti sono ancora validi e quali possono essere contestati o prescritti
– Se hai ricevuto cartelle esattoriali, puoi valutare rateizzazioni, rottamazione o saldo e stralcio
– Se non riesci a pagare più nulla, puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, che consente anche ai pensionati di azzerare o ridurre legalmente i debiti
– Se subisci un pignoramento sulla pensione, puoi chiedere la riduzione della trattenuta o la sospensione dell’atto
– Se hai firmato fideiussioni o garanzie per altri, puoi verificare se sono impugnabili o non più valide
– Se possiedi beni, puoi tutelare il tuo patrimonio con strumenti legittimi per evitare che venga aggredito

Cosa puoi ottenere con la giusta assistenza legale
– La sospensione delle azioni esecutive, come pignoramenti o fermi
– La protezione della pensione e dei beni necessari per vivere
– La riduzione o cancellazione dei debiti, se dimostri uno stato di difficoltà economica reale
– La possibilità di tutelare i tuoi familiari, evitando che eredino i debiti o si trovino coinvolti
– Il recupero della tua tranquillità e dignità, con una soluzione definitiva

Attenzione: anche se hai una pensione modesta, puoi essere oggetto di recupero forzoso, ma la legge ti tutela. Hai il diritto di vivere gli anni della tua pensione con serenità, senza essere soffocato dai debiti. Esistono strumenti concreti e legali per difenderti e uscire da questa situazione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, contenzioso con Agenzia Entrate e tutela dei pensionati ti spiega cosa fare se sei un anziano con debiti, come proteggere la tua pensione e come risolvere tutto in modo definitivo e sostenibile.

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Introduzione

L’indebitamento in età avanzata è un fenomeno in crescita, dovuto a molteplici cause: pensioni spesso insufficienti a coprire tutte le spese, sostegno economico a familiari in difficoltà, investimenti o attività imprenditoriali andati male, oppure semplice accumulo di debiti (ad esempio mutui, finanziamenti, spese mediche) nel corso della vita. Un debitore anziano può trovarsi esposto ad azioni di recupero crediti aggressive – pignoramenti di pensione, ipoteche sulla casa, decreti ingiuntivi – proprio in una fase della vita in cui le tutele sociali e la serenità sono fondamentali.

Questa guida avanzata (aggiornata a luglio 2025 con normativa e giurisprudenza italiana) intende fornire un quadro completo degli strumenti di difesa a disposizione di un anziano indebitato, dal punto di vista del debitore. Con un linguaggio giuridico ma dal taglio divulgativo, esamineremo tutti i principali tipi di debito e le relative azioni esecutive, i limiti legali posti a tutela di beni essenziali (come la pensione e l’abitazione principale), e le procedure di sovraindebitamento introdotte per consentire alle persone oneste ma sopraffatte dai debiti di ottenere un riequilibrio o una liberazione dagli obblighi.

La trattazione, pensata per un pubblico di avvocati, privati e piccoli imprenditori, include riferimenti normativi puntuali, le più recenti sentenze delle Corti italiane, tabelle riepilogative, domande frequenti con risposte approfondite e alcune simulazioni pratiche riferite al contesto italiano. L’obiettivo è fornire all’anziano debitore (e a chi lo assiste) strumenti di conoscenza per difendersi legalmente dai creditori e dalle procedure esecutive, tutelando i propri diritti e il minimo vitale, ed eventualmente valutare percorsi di esdebitazione (cancellazione dei debiti) ove possibile.

Importante: ogni situazione debitoria è un caso a sé. Questa guida fornisce un quadro generale, ma è sempre consigliabile farsi assistere da un professionista legale per valutare le specifiche soluzioni nel caso concreto. Nel prosieguo vedremo dapprima le varie tipologie di debito e le conseguenze giuridiche dell’inadempimento, poi i termini di prescrizione che possono estinguere il debito nel tempo, quindi i limiti all’azione esecutiva (beni e redditi impignorabili), le strategie di difesa (dalle opposizioni alle trattative), e infine le procedure formali di sovraindebitamento previste dalla legge italiana (compresi gli ultimi aggiornamenti sulle esdebitazioni per il debitore incapiente). In chiusura, una sezione di FAQ (domande e risposte) chiarirà i dubbi più comuni, seguita da esempi pratici e da un elenco completo delle fonti normative e giurisprudenziali citate.

Tipologie di debito e rischi per il debitore anziano

Non tutti i debiti sono uguali, e soprattutto non tutti i creditori hanno gli stessi poteri quando si tratta di recuperare coattivamente quanto dovuto. È utile per prima cosa distinguere le principali categorie di debito che possono gravare su una persona anziana, perché ognuna comporta scenari e rimedi differenti:

  • Debiti bancari e finanziari: mutui ipotecari, prestiti personali, fidi bancari, carte di credito, cessioni del quinto già in corso, ecc. In caso di mancato pagamento, la banca o finanziaria creditrice generalmente agisce attraverso un decreto ingiuntivo ottenuto dal giudice (un’ingiunzione di pagamento immediatamente esecutiva se non opposta entro 40 giorni). Se il debitore non paga nemmeno dopo l’eventuale atto di precetto, il creditore può procedere con il pignoramento dei beni del debitore. Gli istituti di credito possono colpire diversi beni: ad esempio il conto corrente del debitore (bloccandone le somme fino a soddisfo), una parte della pensione mensile (nei limiti previsti dalla legge), oppure beni immobili (come la casa, tramite pignoramento immobiliare e vendita all’asta) o mobili (auto, ecc.). In particolare, se il debito deriva da un mutuo ipotecario non pagato, la banca ha il diritto di espropriare l’immobile dato in garanzia ipotecaria, con procedura esecutiva innanzi al tribunale, indipendentemente dal fatto che il debitore sia anziano o vi abiti come prima casa. Anche un finanziamento al consumo non pagato può portare a decreto ingiuntivo e successiva esecuzione forzata, seppur la banca dovrà individuare beni aggredibili (spesso puntando alla pensione o a eventuali immobili di proprietà).
  • Debiti verso il Fisco (Erario ed Enti pubblici): parliamo di imposte non versate (es. IRPEF, IVA), cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) (già Equitalia) per tasse, tributi locali, multe, contributi previdenziali non pagati, etc. Questi debiti seguono una procedura diversa dai crediti privati: non serve che l’ente vada dal giudice, perché la cartella di pagamento è già di per sé un titolo esecutivo. Se l’anziano debitore non paga entro 60 giorni dalla notifica della cartella, l’agente della riscossione può attivare direttamente misure coattive (fermo amministrativo su autoveicoli, pignoramenti, ipoteche) senza dover chiedere un decreto ingiuntivo al tribunale. Anche l’esecuzione fiscale ha però delle regole e limiti specifici: ad esempio, per legge il Fisco non può pignorare la casa di abitazione principale a certe condizioni (vedi oltre) e le percentuali pignorabili su stipendi e pensioni differiscono leggermente (come vedremo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare la pensione con aliquote del 10%, 14% o 20% a seconda dell’importo, invece del quinto fisso previsto per i creditori privati). Il vantaggio procedurale per il Fisco è la rapidità: decorsi i termini di legge, può iscrivere ipoteca o avviare pignoramenti senza ulteriore avviso (salvo alcuni atti dovuti, come il preavviso di ipoteca o di fermo).
  • Debiti verso privati (non bancari): ad esempio debiti verso fornitori, professionisti, oppure somme dovute in forza di una sentenza di risarcimento danni o di un assegno scoperto. Anche qui, il creditore deve munirsi di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo) e notificare un precetto prima di poter pignorare beni. Le regole esecutive saranno quelle ordinarie del codice di procedura civile (pignorabilità di pensione nei limiti del quinto ecc.), analoghe a quelle dei crediti bancari. Va menzionato che se il debitore è stato condannato a risarcire un danno da fatto illecito (es. un sinistro stradale senza assicurazione), quel debito segue le regole comuni per l’esecuzione; tuttavia, in sede di eventuale esdebitazione (procedura concorsuale di sovraindebitamento) non tutti i debiti vengono cancellati: i debiti per risarcimento da fatti illeciti restano in genere esclusi dall’esdebitazione (torneremo su questo punto).
  • Debiti da mantenimento e alimentari: sono quelli derivanti da obblighi di legge verso familiari (ad es. assegno di mantenimento al coniuge separato, alimenti ai figli o ai genitori). Questi debiti hanno uno status particolare: il mancato pagamento può portare a sanzioni, perfino penali (il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare) se l’inadempimento è volontario. Dal lato civilistico, il creditore (es. l’ex coniuge) può pignorare stipendio o pensione del debitore per una quota stabilita dal giudice. Di solito le somme dovute a titolo di alimenti o mantenimento hanno la priorità su altri debiti: il tribunale può autorizzare un pignoramento anche oltre i normali limiti (oltre il quinto) pur di soddisfare in parte l’obbligo alimentare. Inoltre, questi debiti non sono cancellabili nelle procedure di esdebitazione: la legge esclude espressamente che il debitore possa liberarsi dai debiti alimentari e da mantenimento tramite procedure concorsuali. Dunque, un anziano che deve versare un mantenimento a un familiare non può invocare procedure di sovraindebitamento per azzerare quel dovere.
  • Debiti condominiali: se l’anziano è proprietario di un appartamento in condominio e non paga le quote condominiali, l’amministratore può agire rapidamente con decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Il condominio creditore può poi pignorare i beni del condomino moroso; in pratica la sanzione estrema è l’espropriazione dell’immobile stesso: spesso il condominio procede a iscrivere un’ipoteca giudiziale sulla casa per tutelarsi. Anche se la legge non prevede uno status privilegiato generale per i debiti condominiali, di fatto hanno una natura “semi-privilegiata” perché gravano sull’immobile: in sede di vendita forzata della casa, i crediti condominiali degli ultimi due anni hanno diritto di prelazione sul ricavato. Per l’anziano debitore, i debiti condominiali costituiscono dunque un rischio concreto di perdere l’abitazione, specie se rilevanti: è bene prioritizzare questi pagamenti o trovare accordi con il condominio, perché le cause promosse dai condomini sono rapide e difficilmente evitabili.
  • Debiti per sanzioni amministrative o tributarie: ad esempio multe stradali, sanzioni tributarie, ammende. Questi seguono in genere la via della cartella esattoriale per la riscossione coattiva. Tuttavia, non passano agli eredi in caso di decesso del debitore: per legge le sanzioni pecuniarie (amministrative e tributarie) si estinguono con la morte della persona, quindi i figli o altri eredi non ne rispondono. L’anziano debitore sappia dunque che eventuali multe non pagate non graveranno sui figli dopo la sua scomparsa (diverso è il caso delle imposte in senso stretto, che invece si trasmettono agli eredi se questi accettano l’eredità).

Riassumendo, un debitore anziano può trovarsi con debiti di varia natura: ognuno richiede un approccio leggermente diverso. Di seguito una tabella riepilogativa sui creditori principali e le loro facoltà:

Tipo di creditoreEsempi di debitoCome procede (in caso di mancato pagamento)Poteri esecutivi e limiti
Banca o FinanziariaMutuo ipotecario, prestito personale, carta di credito, cessione del quinto– Decreto ingiuntivo (se non ha già un titolo)– Atto di precetto dopo il titolo– Pignoramento beni (pensione, conto, immobili, auto, ecc.)Pensione: pignorabile max 1/5 sulla parte eccedente il minimo vitale– Conto corrente: saldo disponibile pignorato fino a concorrenza del debito (tutela solo per somme da pensione, v. oltre)– Immobile: pignorabile (anche prima casa, se il creditore è privato)– Auto: pignorabile (possibile fermo amministrativo se Equitalia, o pignoramento ordinario se privato)– Nessun limite particolare sul primo immobile (salvo casi di impignorabilità per piccoli importi ex art. 545 cpc, di scarsa applicazione pratica)
Agenzia delle Entrate-Riscossione (Fisco)Cartelle per imposte statali (IRPEF, IVA), tributi locali, contributi INPS, multe– Notifica cartella esattoriale (titolo esecutivo stragiudiziale)– Trascorsi 60 giorni senza pagamento, procedura esecutiva diretta (senza decreto ingiuntivo)– Preavvisi e iscrizione ipoteca (per debiti > €20.000)– Fermo amministrativo su veicoli– Pignoramenti (pensione, conti, immobili)Pensione: non pignorabile sotto il minimo vitale (€1.000 ~ €1.077 nel 2025, v. oltre); oltre tale soglia, pignorabile con aliquote:  · 1/10 per pensioni fino €2.500  · 1/7 per pensioni €2.500-5.000  · 1/5 oltre €5.000– Stipendio: aliquote analoghe (10%, 14%, 20% a seconda delle fasce)– Immobile prima casa: impignorabile se unica casa di proprietà, non di lusso e residenza del debitore; è però possibile l’ipoteca (debiti > €20.000). Se il debitore ha altri immobili, oppure l’immobile non è prima casa o il debito supera €120.000, AER può pignorare e vendere anche la casa principale. (Dettagli nella sezione successiva)– Conto corrente: pignorabile come per i privati; tuttavia, l’ordine di pignoramento fiscale blocca immediatamente le somme e, decorsi 60 giorni senza pagamento, la banca versa ad AER le somme bloccate (procedura semplificata). Vale la regola generale del triplo assegno sociale per i saldi da pensione (vedi oltre).
Privati (es. fornitori, padroni di casa, persone a cui si devono soldi)Prestito tra privati, forniture non pagate, affitti arretrati, danni da responsabilità civile, ecc.– Sentenza di condanna o decreto ingiuntivo (titolo esecutivo)– Precetto e pignoramento attraverso Ufficiale GiudiziarioPensione: pignorabile al pari dei crediti bancari (quinto eccedente minimo vitale)– Stipendio: pignorabile max 1/5 (cumulabile fino max metà stipendio se più creditori)– Immobili: pignorabili, anche prima casa (non esiste per i creditori privati un divieto di espropriare l’unica abitazione del debitore: la tutela “prima casa impignorabile” vale solo verso il Fisco)– Altri beni: possono pignorare auto, mobili (nei limiti di legge: beni indispensabili esclusi, v. oltre).
Ex coniuge / Figli (creditori alimentari)Assegno di mantenimento o alimenti non pagato– Decreto esecutivo del giudice (nei divorzi/separazioni) già esistente oppure ricorso al tribunale per ingiunzione di pagamento– Pignoramento redditi (stipendio/pensione) o altri beniPensione/Stipendio: il giudice può autorizzare pignoramenti in misura superiore al quinto (valutando caso per caso) perché questi crediti hanno natura privilegiata. Spesso viene applicato fino a 1/3 del netto, ma in presenza di altri pignoramenti gli alimenti hanno precedenza assoluta.– Immobili: pignorabili (ma di solito si agisce sul reddito periodico).– Esdebitazione: non libera da debiti alimentari e di mantenimento – tali obblighi restano dovuti anche dopo eventuale procedura concorsuale.
Condominio (credito per spese condominiali)Quote condominiali non versate– Decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (30 gg per opposizione, ma provvisoriamente esecutivo)– Precetto e pignoramento beni (in genere l’immobile del condomino)Immobile: pignorabile e vendibile all’asta. In pratica, se il debito è rilevante, il condominio può provocare la vendita della casa (spesso l’esproprio è evitabile saldando prima o trovando accordi).– Soluzione: il condominio non è tenuto per legge a dilazionare, ma spesso accetta pagamenti rateali per rientrare del dovuto se il debitore mostra buona fede.

Come si nota dalla tabella, la differenza principale è tra creditori privati (banche, finanziarie, privati, condominio) e il Fisco: questi ultimi operano con poteri pubblicistici (cartella esattoriale, niente tribunale per iniziare il pignoramento) ma con alcuni limiti di tutela del contribuente introdotti dalla legge (impignorabilità prima casa in certi casi, minimo vitale su pensione). I creditori privati devono invece passare per un titolo giudiziale, ma poi – ottenuto questo – possono aggredire anche beni che il Fisco invece deve “lasciar stare” (un esempio su tutti, la prima casa non ipotecata: un creditore privato può pignorarla, l’Agente della Riscossione no, se è l’unica). Approfondiremo a breve queste tutele legali. Prima, però, è fondamentale capire che non sempre un debito va pagato per intero: in alcuni casi il debitore può invocare la prescrizione o altre cause estintive, specie se i creditori sono rimasti inerti per anni.

Prescrizione e decadenza: quando il tempo cancella il debito

Un aspetto cruciale per “difendersi” dai debiti è verificare se questi siano ancora legalmente esigibili oppure caduti in prescrizione. La prescrizione estintiva è l’istituto giuridico per cui un diritto si estingue se il titolare non lo esercita per un certo periodo di tempo stabilito dalla legge (art. 2934 e segg. c.c.). In altre parole, trascorso un certo numero di anni senza che il creditore abbia compiuto atti per esigere il credito, il debitore può opporre la prescrizione e rifiutare legittimamente il pagamento. Attenzione: la prescrizione non cancella automaticamente il debito, ma lo rende inesigibile; spetta al debitore farla valere (di solito come eccezione in giudizio, o anche stragiudizialmente comunicando al creditore che il credito è prescritto).

Per un anziano, potrebbe capitare ad esempio di avere vecchi debiti risalenti a molti anni prima (una carta di credito non pagata da 15 anni, una bolletta dimenticata da 10 anni, una cartella esattoriale di cui non ha più avuto notizie): vale la pena verificare se il termine di prescrizione applicabile è decorso, perché in tal caso – se il creditore non ha inviato atti interruttivi nel frattempo – quel debito non è più legalmente dovuto.

Ecco una panoramica dei termini di prescrizione dei debiti più comuni (salvo cause di interruzione, che fanno decorrere da capo il termine):

  • Prestiti, fatture, altri crediti “ordinari”: 10 anni dalla scadenza (prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.), se non diversamente previsto. Esempio: un prestito personale non rimborsato si prescrive in 10 anni dall’ultima rata non pagata (o dall’ultimo atto di riconoscimento del debito). Molti crediti nascono da contratto e seguono questo termine generale decennale.
  • Bollette e utenze domestiche: 5 anni. I crediti per forniture periodiche (luce, gas, acqua, telefono) si prescrivono in 5 anni (art. 2948 c.c.). Attenzione: dal 2020 vige anche una prescrizione breve di 2 anni per le bollette di energia, gas, acqua, introdotta a tutela dei consumatori, ma si applica in contesti specifici (generalmente nei rapporti di consumo con enti gestori). Comunque, se un’utenza non viene riscossa per oltre 5 anni, il gestore non potrebbe più pretenderla.
  • Canoni di locazione (affitto): 5 anni per ogni singola mensilità non pagata, trattandosi di prestazioni periodiche.
  • Onorari professionali: 3 anni per avvocati, notai, commercialisti (dal termine della prestazione); 5 anni per il compenso dei medici e di altri professionisti che non hanno un termine breve specifico.
  • Rate di mutuo bancario: in teoria 10 anni (trattandosi di obbligazioni scritte con scadenze pluriennali), ma la giurisprudenza a volte applica la prescrizione presuntiva breve (2 anni) degli interessi se il creditore resta inattivo. In ogni caso, la banca inadempiuta sul mutuo di solito agisce subito; se non lo fa per 10 anni, probabilmente il diritto si è prescritto.
  • Tributi e cartelle esattoriali: questo è un campo complesso, perché ogni tributo ha termini di decadenza per l’accertamento e poi di prescrizione per la riscossione. Ad esempio:
    • Imposte statali (IRPEF, IVA): l’Agenzia Entrate deve notificare la cartella o l’avviso entro certi anni dall’anno d’imposta (di regola 5 anni per l’IRPEF); una volta notificata la cartella, se il contribuente non fa ricorso, la prescrizione del credito tributario secondo alcuni sarebbe decennale (perché diventerebbe definitivo), ma la Cassazione ha più volte smentito questa tesi: in assenza di un vero “giudicato”, anche i crediti da cartella seguono la prescrizione breve propria di quel tributo. La Corte di Cassazione – a Sezioni Unite già nel 2016 – ha affermato che la cartella non pagata non si trasforma in un titolo giudiziale decennale, per cui molti crediti fiscali e contributivi restano con prescrizione quinquennale, nonostante la pretesa dell’Erario di applicare 10 anni. Ad esempio, contributi INPS o INAIL non versati: 5 anni (Cass. SS.UU. n.23397/2016); sanzioni tributarie e interessi di mora: 5 anni; cartelle per IRPEF non impugnate: secondo la Cassazione, 5 anni anch’esse (Cass. n.7409/2020). Dunque un’anziana persona che ricevesse dopo molto tempo un’intimazione di pagamento per vecchie cartelle dovrebbe far verificare al legale se siano trascorsi oltre 5 anni dall’ultima notifica utile – in tal caso il debito erariale potrebbe essere prescritto e quindi annullabile.
    • Tributi locali (es. IMU, TARI): in genere 5 anni dalla notifica della cartella.
    • Multe stradali: 5 anni dal momento in cui la multa è divenuta definitiva (o dalla scadenza pagamento se non pagata né impugnata). Le sanzioni amministrative, come detto, non passano agli eredi, ma se il debitore è in vita rimangono a suo carico fino a prescrizione.

Interruzione della prescrizione: è fondamentale ricordare che basta un atto qualsiasi del creditore rivolto a ottenere il pagamento (una diffida scritta, la notifica di un atto giudiziario, una raccomandata di messa in mora, ecc.) per interrompere la prescrizione, facendo decorrere da capo il termine. Ad esempio, se un debito si prescrive in 5 anni ma al 4º anno il creditore invia una lettera raccomandata di sollecito, la prescrizione si interrompe e ricomincia da zero dal ricevimento della lettera. Per questo motivo, non è raro che banche o finanziarie inviino solleciti periodici (anche semplici estratti conto o comunicazioni) proprio per non far decorrere il termine. Nel caso delle cartelle esattoriali, la notifica di un sollecito di pagamento, di un preavviso di fermo o altro atto dell’Agente di Riscossione interrompe la prescrizione.

Decadenza: da distinguere è la decadenza, che riguarda il termine entro cui un ente deve compiere un atto (ad es. l’Agenzia delle Entrate deve notificare l’avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di imposta, pena decadenza). Se un atto impositivo arriva fuori tempo massimo, è nullo perché l’ente è decaduto dal potere. Per l’anziano debitore, questo rileva principalmente in ambito fiscale: se una cartella gli viene notificata oltre i termini di legge dal momento in cui avrebbe dovuto, può far valere la decadenza impugnando la cartella (attenzione: la decadenza, a differenza della prescrizione, va eccepita entro termini brevi, di solito 60 giorni dall’atto, altrimenti la cartella diviene definitiva).

Prescrizioni presuntive: esistono anche termini brevi (6 mesi, 1 anno, 3 anni) per alcuni crediti (ad es. il pagamento di prestazioni di alberghi, o il compenso di professionisti sanitari) che si presumono pagati se non richiesti entro breve tempo, ma sono eccezioni meno rilevanti qui.

In sintesi, verificare la prescrizione è un passaggio chiave: un debito molto vecchio, di cui non avete più sentito nulla per oltre 10 anni (o 5 anni a seconda dei casi), potrebbe non essere più esigibile. In un’eventuale opposizione a un decreto ingiuntivo o a un pignoramento, l’eccezione di prescrizione, se fondata, porta all’annullamento della pretesa. Ad esempio, un creditore privato che rispunti dopo 15 anni rischia di vedersi rigettata l’ingiunzione perché il credito è prescritto; oppure, se l’anziano riceve un atto di precetto per una vecchia cartella dopo 6-7 anni di silenzio, può fare opposizione all’esecuzione eccependo che il diritto di procedere è prescritto.

Nota: la prescrizione non cancella i segnalati creditizi (ad es. Centrale Rischi) né fa scomparire il debito dai “sistemi” finché il creditore non lo scarica a perdita, ma offre al debitore un scudo legale per non pagare. È quindi una difesa da utilizzare tramite i canali opportuni (giudiziali, in primis), possibilmente con l’assistenza di un legale.

Limiti e tutele legali: beni e redditi impignorabili

La legge italiana, pur tutelando il diritto del creditore a soddisfarsi sui beni del debitore (principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.), pone però alcune limitazioni a cosa può essere pignorato, soprattutto per garantire al debitore e alla sua famiglia i mezzi di sussistenza fondamentali (minimum vitale). Questo è particolarmente rilevante per un debitore anziano, che spesso dispone soltanto della pensione e magari della casa di abitazione. Di seguito esaminiamo le principali tutele:

Pensione: minimo vitale impignorabile e limiti al prelievo

La pensione è spesso la principale (se non unica) fonte di reddito per un anziano. Proprio per evitare che il pignoramento lasci il pensionato senza mezzi, il legislatore ha stabilito un importo minimo impignorabile, detto comunemente minimo vitale. Dal 22 settembre 2022, grazie al decreto Aiuti-bis convertito in legge n.142/2022, questo minimo vitale è stato elevato a 1.000 euro mensili (prima era circa €750). In sostanza:

  • Se la pensione netta del debitore è pari o inferiore a 1.000 €, non può essere pignorata per nulla. Esempio: pensione minima di €600 o €800 al mese – il creditore (privato o pubblico) non può toccarla perché interamente sotto la soglia protetta.
  • Se la pensione supera 1.000 €, la parte “eccedente” tale importo è pignorabile, ma comunque non tutta, solo nella misura massima di un quinto (20%). Inoltre, occorre considerare che la soglia esatta impignorabile non è fissa a 1000 in tutti i casi, ma è definita come doppio dell’assegno sociale mensile, con un minimo assoluto di €1000. Poiché l’assegno sociale viene aggiornato ogni anno, la soglia effettiva può superare i 1000 €. Ad esempio, per il 2023 l’assegno sociale era €534,41, il doppio era circa €1.069: dunque il minimo vitale era €1.069 (superiore a 1000). Nel 2024 l’assegno sociale è €534,41 (quindi soglia €1.068,82, ma la legge fissa minimo 1000) e nel 2025 è previsto intorno a €538,69 (soglia €1.077 circa). Quindi, indicativamente: pensioni fino a ~€1.077 mensili nel 2025 sono totalmente impignorabili, mentre l’eventuale importo oltre tale soglia può essere preso – nei limiti di 1/5.

Facciamo un esempio concreto per capire: supponiamo un pensionato percepisca €1.500 netti al mese. La parte protetta (doppio assegno sociale) nel 2023 è circa €1.069. Rimane una parte eccedente di €431. Il creditore potrà pignorare al massimo il 20% di 431, cioè circa €86 al mese. L’Inps in pratica continuerà a versare al pensionato €1.414 (€1.500 – 86), girando €86 mensili al creditore pignorante. Se invece la pensione fosse €1.000 o meno, non si può pignorare nulla. Se fosse €1.200, la parte eccedente è €1.200 – €1.077 = €123, pignorabile al 20% = circa €25 al mese.

Questi limiti valgono per i creditori ordinari (banche, finanziarie, privati) e dettano la regola generale (art. 545, co.7 c.p.c.). I creditori speciali (Erario) hanno limiti leggermente diversi in termini percentuali ma anch’essi devono lasciare il minimo vitale intangibile: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può intaccare l’importo pari al doppio dell’assegno sociale (dunque lo stesso minimo vitale ~€1.000), e sulle somme eccedenti applica le aliquote per scaglioni già indicate (10%, 14%, 20%). Ad esempio, con una pensione di €1.500, AER potrà pignorare €86 circa al mese (di fatto come un quinto) proprio rispettando la soglia vitale e la sua regola (1/10 fino a 2.500, ecc.). Dunque, sia i creditori privati che il Fisco non possono mai lasciare il pensionato con meno di circa 1.000/1.100 euro al mese per vivere.

Ulteriori dettagli importanti sul pignoramento della pensione:

  • Il limite di pignorabilità si calcola sul netto mensile della pensione al momento del pignoramento. Tredicesima mensilità: la tredicesima, essendo pagamento aggiuntivo, segue le stesse regole (in genere la trattenuta viene fatta anche su quella, sempre rispettando il minimo vitale riproporzionato).
  • Cumulo di più pignoramenti sulla pensione: se un pensionato ha più creditori che lo pignorano (ad es. banca + ex coniuge + fisco), la legge prevede che in ogni caso non si superi la metà della pensione (50%) pignorata. Anzi, per crediti di diversa natura la prassi è che si possano sommare fino al doppio quinto (40%) della parte eccedente il minimo. In pratica:
    • Se c’è un pignoramento in corso al 20%, un secondo creditore di diversa natura può ottenerne un altro 20% (totale 40% della quota pignorabile).
    • Se i crediti sono dello stesso tipo (es. due finanziarie), il secondo deve attendere che il primo finisca (vige il principio “uno alla volta” per genere di credito).
    • Comunque il minimo vitale resta intoccabile, e la somma delle trattenute non può superare il 50% del netto (limite generale di pignoramento presso terzi, art. 545 co.4 cpc).
  • Pensioni di invalidità e indennità particolari: le pensioni e assegni di natura assistenziale (es. pensione sociale, pensione di invalidità civile, indennità di accompagnamento) sono impignorabili per legge in toto. Infatti non sono trattate come normali pensioni, ma come sussidi di sostentamento, esclusi dall’esecuzione (art. 545 co.2 cpc). Attenzione: l’assegno ordinario di invalidità (legge 222/84), essendo una prestazione previdenziale e non assistenziale, viene equiparato a una pensione normale e quindi pignorabile nei limiti ordinari. In sintesi, un’anziana persona che percepisce solo la pensione sociale (o assegno sociale) e magari una piccola indennità di accompagnamento non corre rischi di pignoramento su quelle somme, nemmeno oltre il minimo, perché sono escluse ab origine dall’esecuzione forzata.
  • Procedura pratica: il pignoramento della pensione avviene tipicamente presso terzi, cioè con atto notificato dall’ufficiale giudiziario direttamente all’INPS (oltre che al debitore), intimando all’INPS di versare mensilmente al creditore la quota pignorata. L’INPS, in qualità di terzo pignorato, trattiene la somma mensile dalla pensione e la gira al creditore secondo l’ordinanza del giudice. Se invece il pignoramento avviene dopo l’accredito sul conto corrente (caso diverso, vedi prossimo punto), interviene la banca come terzo.

Conto corrente e somme depositate: tutela del triplo dell’assegno sociale

Un tema delicato è il pignoramento del conto corrente bancario in cui il pensionato riceve l’accredito della pensione. Molti anziani ritirano la pensione allo sportello o la ricevono su libretto postale; altri la fanno accreditare sul conto per praticità. Cosa accade se un creditore pignora direttamente il conto corrente dove c’è la pensione?

La legge prevede una tutela specifica (introdotta dal DL 83/2015) per evitare che vengano bloccate somme già versate e accumulate sul conto derivanti da pensione o stipendio. In particolare, se il conto corrente è intestato al debitore e su di esso affluiscono accrediti di pensione, al momento del pignoramento la banca deve rispettare questa regola (art. 545, co.8-9 c.p.c.):

  • Somme già accreditate sul conto prima della notifica del pignoramento: sono impignorabili entro il limite del triplo dell’assegno sociale. Dunque, se sul conto c’erano meno di circa €1.600 totali (cifra pari a circa 3×€538, nel 2025), il creditore non potrà prendere nulla. Se c’era una giacenza maggiore, la parte eccedente tale soglia può essere pignorata integralmente (non solo al 20%, perché questa regola riguarda somme ormai nel patrimonio del debitore). Ad esempio: conto con €5.000 di cui frutto di varie pensioni accumulate; pignoramento notificato alla banca; la banca dovrà “liberare” al debitore €1.600 circa e congelare €3.400 per il creditore.
  • Somme accreditate dopo il pignoramento: in pratica, una volta notificato l’atto, la banca congela le somme presenti quel giorno (nei limiti sopra). I successivi accrediti di pensione sullo stesso conto dopo la notifica seguono invece le regole ordinarie di pignorabilità della pensione (quindi il 20% dell’eccedenza sul minimo). Di solito, però, quando un creditore vuole pignorare la pensione dopo l’accredito, effettua proprio un pignoramento presso terzi sulla banca: ciò costringe la banca a bloccare sia il saldo presente (con tutela 3×assegno sociale) sia le successive entrate fino a concorrenza del credito. In altre parole, se sul conto c’è già molto denaro, il creditore può aspirare a quello (oltre soglia) in un colpo solo; se non c’è molto, potrà prendersi man mano gli accrediti futuri, ma sempre rispettando il limite di un quinto di ciascun accredito mensile.

In sintesi, per un debitore anziano è sconsigliabile lasciare cumulare troppe mensilità di pensione sul conto: meglio prelevare o trasferire il denaro eccedente il triplo assegno sociale, poiché quelle eccedenze non sono protette se arriva un pignoramento. La legge garantisce infatti solo circa tre mesi di pensione come cuscinetto sul conto, il resto è aggredibile.

Ovviamente, se sul conto confluiscono altre somme (vendita di un bene, aiuti dei figli, risparmi personali) non c’è alcuna impignorabilità specifica: il creditore potrà pignorare tutto ciò che non deriva da stipendio/pensione senza i limiti di cui sopra. La banca in sede di dichiarazione al giudice deve distinguere le somme accreditate a titolo di pensione (cui applicare la protezione) e altre disponibilità eventualmente presenti.

(Da notare: la protezione del triplo assegno sociale vale solo per pignoramenti presso terzi in banca. Se invece il creditore ha pignorato la pensione alla fonte direttamente presso l’INPS – come fanno di solito – allora l’INPS applica già il minimo vitale e il quinto, e la somma che arriva sul conto è già “ripulita” dalla quota pignorata. In quel caso, un ulteriore pignoramento del conto non troverebbe somme extra da prelevare, se non altre disponibilità non derivanti da pensione.)

Casa di abitazione (prima casa) e immobili: limiti al pignoramento immobiliare

Per molte persone anziane la casa di proprietà è il bene più importante, sia affettivamente che economicamente. Per lungo tempo, la legge non prevedeva alcuna impignorabilità per la prima casa: qualsiasi creditore con un titolo esecutivo poteva pignorare e far vendere all’asta l’abitazione del debitore, anche se era l’unica e vi risiedeva. Dal 2013 (DL 69/2013 convertito in L.98/2013, il cosiddetto Decreto del Fare), il legislatore ha introdotto una significativa eccezione a tutela dell’abitazione principale ma solo nei confronti del Fisco (Equitalia, ora Agenzia Entrate-Riscossione). In base all’art. 76 del DPR 602/1973 riformato, l’Agente della Riscossione non può procedere all’espropriazione immobiliare (pignoramento e vendita) dell’unica casa di proprietà del debitore a condizione che:

  • l’immobile sia adibito ad uso abitativo (casa) e non di lusso (non deve appartenere alle categorie catastali A/8 o A/9, cioè ville di lusso o castelli);
  • il debitore vi abbia la residenza anagrafica (deve essere la sua abitazione principale effettiva);
  • il debitore non possieda altri immobili oltre a quello;
  • (implicito) il debito verso AER non superi €120.000, altrimenti l’esproprio è possibile se sussistono anche altri immobili (vedi dopo).

Se tutte queste condizioni sono rispettate, la prima casa del debitore è impignorabile dal Fisco. Ciò non significa che sia intoccabile del tutto: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può comunque iscrivere ipoteca sull’immobile (se il debito supera €20.000), ma non potrà procedere alla vendita forzata. L’ipoteca serve al Fisco come garanzia: ad esempio, se un domani la casa viene venduta volontariamente, l’ipoteca dovrà essere cancellata pagando il debito; oppure, se il debitore acquisisce un secondo immobile, a quel punto decadrebbe la protezione di “unica casa” e il Fisco potrebbe pignorare.

Se invece il debitore ha altri immobili (es. una casa al mare, un terreno, ecc.), allora nessuna delle sue case è protetta: l’Agenzia delle Entrate può procedere al pignoramento immobiliare – con alcune cautele – anche sulla casa in cui abita. In particolare, la legge prevede che: se il debitore possiede almeno due immobili, l’espropriazione (pignoramento e vendita) può avvenire a queste condizioni: debito complessivo > €120.000 e previa iscrizione di ipoteca da almeno 6 mesi. In pratica, il Fisco se vuole vendere una casa deve prima iscrivere ipoteca (che mette in mora il debitore) e attendere almeno 6 mesi; se entro quel periodo il debitore non ha risolto, può iniziare l’esecuzione, ma solo se il debito supera €120.000. Sotto quella soglia, pur con due immobili, non può espropriare (potrà agire su altri beni, pignorare stipendi, conti, ecc.).

Importante: Questa tutela vale solo verso i crediti fiscali. I creditori privati (banche, finanziarie, privati) possono (purtroppo) pignorare la prima casa del debitore se ottengono un titolo esecutivo e il debito non viene saldato. Non esiste nel codice di procedura civile un’esenzione per l’abitazione principale del debitore. Molti pensano che “la prima casa non si tocca”, ma questa è una mezza verità: è così solo per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e solo nei casi specifici detti sopra. Un esempio: un anziano che abbia fatto da garante per il mutuo del figlio e debba poi pagare, se non paga la banca, questa potrà aggredire anche la casa dell’anziano (non essendoci la protezione speciale, la banca essendo creditore ipotecario o chirografario privato può iscrivere ipoteca giudiziale e procedere).

Tuttavia, va detto che nella pratica i creditori privati sono a volte riluttanti nel pignorare case abitate dal debitore anziano, soprattutto se di valore modesto e gravate da ipoteche, perché la procedura d’asta può essere lunga e rischiosa (specie se l’immobile è occupato dal debitore e non facilmente liberabile). Questo però è un fatto “sociologico”, non giuridico: il diritto lo consente, è una valutazione del creditore se ne valga la pena.

Nel caso di mutuo ipotecario sulla prima casa, la banca (essendo creditore ipotecario di primo grado) può sempre avviare l’esecuzione immobiliare se si verifica un inadempimento prolungato (di norma ≥18 rate non pagate, o 7 se previsto nel contratto, ex art. 40 TUB). Non c’è scampo: l’unica via è trovare un accordo con la banca (come si dirà dopo, ad es. rinegoziazione, moratoria, vendere volontariamente la casa per saldare il debito residuo evitando l’asta). La normativa anti-pignoramento prima casa non si applica ai mutui, altrimenti nessuno erogherebbe mutui se la casa ipotecata fosse impignorabile! Dunque quell’esenzione riguarda solo i crediti esattoriali.

Sentenze recenti: La Corte di Cassazione ha confermato l’interpretazione estensiva di queste tutele. Ad esempio, con l’ordinanza n. 32759/2024 ha ribadito che l’impignorabilità della prima casa (ex art. 76 DPR 602/73) si applica a qualsiasi procedura esecutiva pendente al 21 agosto 2013, data di entrata in vigore del Decreto del Fare. Ciò significa che anche se l’AER avesse avviato un pignoramento prima di quella data, ma la vendita non si era ancora conclusa, la procedura deve arrestarsi se l’immobile rientra nei requisiti di prima casa impignorabile. In altre pronunce, la Cassazione ha chiarito che la casa rimane protetta finché restano vere le condizioni (unica abitazione, non lusso, residenza). Se il debitore perde la residenza o acquisisce un’altra casa, la protezione viene meno.

Conclusione pratica: un debitore anziano proprietario della casa in cui vive deve distinguere i casi:

  • Debiti con il Fisco: se la casa è unica e residenziale, non rischia la vendita forzata da parte di AER (a meno di debiti enormi e altri immobili). Al più, il Fisco metterà ipoteca: la casa non verrà messa all’asta, ma resterà vincolata dal punto di vista catastale (ipotecata) finché il debito non sarà risolto. Questo dà un margine di sicurezza: l’anziano non sarà sbattuto fuori di casa dal Fisco. (Resta comunque il rischio che, se non paga, il debito aumenti con interessi e venga trattenuto su pensione o su eventuali crediti d’imposta futuri).
  • Debiti con banche/privati: esiste il rischio di espropriazione della casa, perché la legge non gli dà scudo in automatico. Se il debito è consistente e il creditore intravede capienza nell’immobile, può pignorarla. Per difendersi, l’anziano può cercare soluzioni come:
    • Accordo con il creditore (piano di rientro, offerta di saldo e stralcio, ecc.) prima che si arrivi all’asta.
    • Se il pignoramento è partito, può sfruttare l’istituto della conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), chiedendo al giudice di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro cauzionale (di solito deve versare il 20% del debito e ottenere termine per pagare il resto in max 18 rate mensili). Questa procedura consente di bloccare la vendita, ma richiede liquidità immediata per il 20% e una garanzia per il resto: non sempre l’anziano debitore ne dispone.
    • Sospensione o opposizione all’esecuzione: solo se ci sono vizi procedurali o motivi validi (es. il debito non è più dovuto, prescrizione, ecc.). Non si può opporsi “per motivi umanitari”: il giudice applica la legge, e la legge per i privati non protegge la prima casa di per sé.
    • Strumenti alternativi: vedi dopo la sezione sulle soluzioni e procedure. Ad esempio, rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi per avviare una procedura di sovraindebitamento: se il piano presentato prevede di soddisfare i creditori in misura accettabile senza vendere la casa, il giudice potrebbe omologarlo e sospendere le esecuzioni in corso, salvando la casa. Oppure, valutare la vendita volontaria dell’immobile sul mercato: spesso si ricava un prezzo più alto che all’asta, con cui soddisfare il creditore e magari tenere qualcosa per sé (o comprare una casa più piccola). Certo, è una scelta dolorosa, ma a volte preferibile all’asta giudiziaria.

Un particolare tipo di soluzione per l’anziano proprietario di casa, indebitato ma che vorrebbe evitare sia l’asta sia di traslocare immediatamente, è il “prestito vitalizio ipotecario” (disciplinato dalla L. 44/2015): una banca eroga un finanziamento riservato a over-60 garantito da ipoteca sulla casa, senza rate (si rimborsa solo alla morte o vendita volontaria). In pratica la banca anticipa del denaro (di solito 20-50% del valore dell’immobile, a seconda dell’età del mutuatario) che il debitore può usare per pagare i suoi debiti e bloccare le azioni esecutive, continuando però a vivere in casa. Alla sua morte, saranno gli eredi a decidere se riscattare l’ipoteca (rimborsando il prestito) o lasciare che la banca venda la casa per recuperare il credito. È uno strumento di difesa patrimoniale che trasforma la casa in liquidità senza perdere immediatamente la proprietà o il possesso. Naturalmente va ponderato bene (gli interessi si accumulano e riducono l’eventuale eredità), ma può essere adatto a certi casi.

Fondo patrimoniale e Trust: Alcuni anziani, su consiglio di consulenti, in passato hanno costituito un fondo patrimoniale (artt. 167 c.c.) sui beni di famiglia o li hanno conferiti in un trust, per proteggerli da eventuali creditori. Attenzione: il fondo patrimoniale limita l’esecuzione solo per i debiti non contratti per bisogni familiari. Se i debiti sono serviti anche indirettamente alla famiglia, il creditore potrà comunque aggredire i beni in fondo. Di recente la Cassazione (Sez. V Civ.) con ord. n. 7177/2025 ha stabilito che persino un debito fiscale originato da attività imprenditoriale può considerarsi contratto per esigenze familiari e dunque il Fisco può iscrivere ipoteca sul bene in fondo patrimoniale. È l’opposto di ciò che molti pensano: non basta che il debito sia “d’impresa” per salvarsi col fondo, bisogna dimostrare che era estraneo ai bisogni della famiglia – onere che ricade sul debitore. Inoltre, costituire un fondo patrimoniale o trust quando già ci sono debiti conclamati espone al rischio di azione revocatoria per frode ai creditori (entro 5 anni) o addirittura, in ambito fallimentare, a conseguenze penali. Quindi non è uno scudo magico da usare all’ultimo minuto. Se uno ha il fondo da tempi non sospetti, bene; ma se lo fa in vista del pignoramento, il giudice può dichiararne l’inefficacia verso quei creditori. Pertanto, la difesa della casa va impostata per tempo e con strumenti leciti: meglio negoziare coi creditori o usare procedure concorsuali, piuttosto che confidare in schemi che rischiano di essere annullati.

Beni mobili essenziali e altri limiti

Al di là di pensione e casa, esistono altri beni mobili su cui il creditore può rivolgersi, ma con limiti. Il codice di procedura civile all’art. 514 elenca i beni mobili assolutamente impignorabili, tra cui:

  • Abbigliamento, biancheria, letti e arredi indispensabili, elettrodomestici di base (frigorifero, cucina) – insomma, gli oggetti di uso quotidiano necessari al debitore e alla famiglia. Un ufficiale giudiziario che accede all’abitazione non può pignorare tali beni (né può pignorare, per dire, le fedi nuziali o gli oggetti sacri di culto).
  • Animali da compagnia o di affezione: dal 2022, la legge ha chiarito che non sono pignorabili gli animali domestici tenuti in casa a scopo affettivo (cani, gatti, ecc.) o comunque gli animali impiegati per fini terapeutici o di assistenza (es. cane guida per ciechi).
  • Strumenti e attrezzi di lavoro indispensabili al debitore per esercitare la sua professione, nei limiti visti prima (art. 515 cpc): ossia possono essere pignorati solo entro 1/5 del loro valore e solo se non ci sono altri beni su cui soddisfarsi. Questo riguarda, per dire, un anziano che ancora lavori (ad es. il caso di un fotografo in proprio anziano: la sua macchina fotografica, se essenziale al lavoro, non può essergli sottratta se non eccede di molto il valore). Nel contesto di un anziano pensionato, il discorso degli strumenti di lavoro incide poco, a meno che non abbia ancora un’attività.
  • Veicolo (auto) indispensabile per mobilità del disabile: su questo c’è stata discussione. Di per sé l’auto non rientra nei beni impignorabili per legge, a meno che non sia appunto strumento di lavoro. Però, la giurisprudenza ha applicato l’art. 515 cpc nel senso che, se il veicolo è indispensabile al debitore per le sue esigenze di vita o lavoro e non ci sono altri beni da pignorare, esso è relativamente impignorabile: ovvero pignorabile solo entro 1/5 del suo valore. In pratica, se un ufficiale giudiziario trova solo l’auto come bene aggredibile e quell’auto è ad esempio l’unico mezzo che un invalido ha per muoversi, il pignoramento sarebbe teoricamente possibile solo vendendo l’auto e restituendo 4/5 del ricavato al debitore – meccanismo piuttosto complicato. Difatti spesso, di fatto, le auto di modesto valore non vengono pignorate perché la procedura non conviene (si preferisce iscrivere un fermo amministrativo se è il Fisco, o lasciar perdere se è un privato vista la svalutazione). Se però l’auto ha molto valore (es. auto d’epoca, o di lusso) il creditore la pignora di sicuro. Quindi un anziano con auto di valore standard non è un bersaglio prioritario, ma non c’è garanzia legale assoluta che non possano portargli via la macchina: la protezione è a discrezione e comunque subordinata all’assenza di alternative e all’indispensabilità del mezzo.
  • Strumenti di cura e medicinali: ovviamente non pignorabili (non li elenca espressamente la legge, ma rientra nel concetto che non si possono pignorare beni privando il debitore di ciò che serve alla vita quotidiana).

In pratica, il pignoramento mobiliare domiciliare (quando l’ufficiale giudiziario viene a casa a elencare beni da vendere all’asta) è diventato raro nei confronti di persone anziane, perché spesso in casa non c’è nulla di significativo rivendibile: non si possono prendere mobili usati di prima necessità, rimangono TV, computer, oggetti di arredamento – che sul mercato dell’usato valgono pochissimo. Il creditore preferisce colpire pensione o immobili o conti. Quindi il rischio per l’anziano debitore di vedersi portare via i mobili è oggi residuale (salvo debiti di natura peculiare o atteggiamenti particolarmente vessatori di qualche creditore). Comunque, sapere che il letto, il frigorifero, la stufa per riscaldarsi, i vestiti, ecc. non possono essere toccati è importante: se mai si presenta l’ufficiale giudiziario, il debitore sappia che certi beni li può oppore all’esecuzione indicando che sono indispensabili.

Per chi vive in affitto, poi, il creditore non potrebbe comunque pignorare i mobili del proprietario di casa (può pignorare solo beni di proprietà del debitore; se in casa ci sono mobili altrui, occorre poi fare attenzione a dimostrarlo con documenti per evitare presunzioni, ma questo esula dal discorso).

In conclusione su questo punto: un anziano debitore gode – per legge – di tutele sul minimo vitale (pensione), sulla prima casa (contro il Fisco), sui beni essenziali per la vita quotidiana, e in generale non può essere spogliato di tutto lasciandolo nella miseria completa. Questi limiti non eliminano il debito, ma circoscrivono ciò che il creditore può aggredire. Spesso conoscere i propri diritti in tal senso riduce l’ansia: ad esempio, sapere che la pensione minima non gliela toglieranno può far dormire più tranquillo il debitore anziano. Naturalmente, il debito rimane e va gestito; le sezioni seguenti affrontano come difendersi attivamente (non solo passivamente con questi limiti) tramite azioni legali, accordi o procedure per ridurre o cancellare i debiti.

Come difendersi dai creditori: strategie stragiudiziali e giudiziali

Passiamo ora a cosa può fare attivamente un anziano con debiti per tutelarsi e cercare soluzioni, al di là di attendere le mosse dei creditori. Le difese si possono distinguere in strumenti stragiudiziali (accordi, dilazioni, ecc.) e strumenti giudiziali (opposizioni in tribunale, procedure concorsuali). Analizziamo i principali.

Trattative e accordi stragiudiziali (saldo e stralcio, dilazioni private)

Spesso il modo più semplice e veloce per chiudere una posizione debitoria è trattare direttamente col creditore un accordo. Questo può avvenire in qualsiasi fase: prima che partano azioni legali, o anche dopo (talvolta persino durante una causa o un’esecuzione, si può sempre transigere). Per un debitore anziano, mostrare buona volontà e fornire al creditore un quadro chiaro della propria situazione (pensione modesta, nessun bene rilevante intestato, ecc.) può convincere il creditore ad accettare un saldo e stralcio o un piano di rientro fattibile, perché l’alternativa potrebbe essere un lungo e infruttuoso recupero.

  • Saldo e stralcio: consiste nel pagare in un’unica soluzione un importo ridotto rispetto al debito totale, ottenendo in cambio la liberatoria del creditore. Ad esempio, su €10.000 di debito, il debitore offre €4.000 subito e il creditore accetta di “stralciare” (cancellare) il restante, preferendo un incasso immediato anziché inseguire un pensionato magari nullatenente. Questa soluzione richiede che il debitore reperisca la somma offerta: a volte intervengono i familiari (un figlio che aiuta il genitore a chiudere il debito), o si usano risparmi, o si monetizza un bene. Per il creditore, incassare subito e chiudere può convenire soprattutto se capisce che il debitore ha poche risorse pignorabili (ad es. solo una piccola pensione: potrebbe recuperare in 15 anni di pignoramento più o meno la stessa cifra che invece riceve subito stralciando). È importante formalizzare per iscritto l’accordo di saldo e stralcio, e pagare con mezzi tracciabili, per avere prova liberatoria.
  • Piano di rientro rateale (non formalizzato in tribunale): qualora il debitore non disponga di una somma per saldo e stralcio, può proporre di pagare a rate il debito. Questa è di fatto una dilazione privata. Ad esempio, l’anziano offre €300 al mese per 24 mesi invece di subire il pignoramento della pensione. Se la proposta è credibile, il creditore potrebbe accettare perché risparmia le spese legali ed evita l’incertezza dell’esecuzione. È fondamentale mettere tutto per iscritto (una scrittura privata in cui il creditore si impegna a sospendere le azioni legali purché il debitore paghi le rate concordate, e magari a rinunciare a interessi futuri). Tuttavia, bisogna essere realisti: spesso i creditori finanziari preferiscono un saldo ridotto immediato piuttosto che micro-rate prolungate (che possono saltare di nuovo). In ogni caso, tentare la via dell’accordo prima che la situazione degeneri conviene: non appena si percepisce che non si riuscirà a pagare qualche rata di mutuo o prestito, meglio contattare la banca per rinegoziare condizioni (ad es. allungare la durata per abbassare la rata, o chiedere una moratoria temporanea). La legge negli anni scorsi ha previsto varie moratorie sui mutui (specialmente in caso di difficoltà, o con il Fondo di solidarietà per i mutui prima casa – il cosiddetto fondo Gasparrini – che consente la sospensione fino a 18 mesi del mutuo in presenza di requisiti come handicap grave o 30% di riduzione reddito). Un pensionato che fatica con il mutuo può verificare se ha accesso a tali misure di sostegno pubblico.
  • Interlocuzione con società di recupero crediti: spesso, se il debito è con banche/finanziarie, dopo un certo periodo viene passato a società di recupero crediti o ceduto a fondi acquisto crediti deteriorati. Questi soggetti hanno acquisito il credito a costo ridotto e sono più inclini a chiudere a saldo e stralcio con forti sconti (anche 70-80% di abbattimento talvolta). L’anziano debitore può farsi assistere da un avvocato o da un esperto per negoziare: mai vergognarsi di prospettare la propria reale condizione economica (pensione bassa, spese mediche, ecc.), perché spesso i recuperatori annotano queste informazioni e capiscono che non “caveranno sangue da una rapa”. Ciò può portare a offerte transattive più vantaggiose per il debitore.
  • Agenzia delle Entrate-Riscossione (debiti fiscali): rate e definizioni agevolate. Il Fisco, a differenza di un privato, ha procedure più rigide ma prevede formalmente la rateizzazione e occasionalmente delle sanatorie. Un anziano con cartelle esattoriali che non riesce a pagare può presentare istanza di rateazione ad AER: se il debito non supera €120.000, si possono ottenere fino a 72 rate mensili (6 anni) quasi automaticamente; per debiti maggiori, servono documenti sulla situazione economica, e in certi casi si arriva fino a 120 rate (10 anni) per comprovate difficoltà. La rateizzazione blocca le azioni esecutive: AER non pignora finché il piano procede regolare. È quindi una difesa fondamentale: mai ignorare le cartelle, meglio chiedere una dilazione (anche con rata minima €50 mensili) per congelare il momento peggiore. Inoltre, va segnalato che negli ultimi anni ci sono state delle “rottamazioni” delle cartelle (definizioni agevolate) dove si consente di pagare il debito senza sanzioni e interessi. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto la Rottamazione-quater per cartelle fino al 2017, con sconto su sanzioni e interessi e pagamento dilazionato in 18 rate. Anche un anziano debitore con cartelle dovrebbe informarsi se rientra in tali misure (che sono a termine: vanno richieste entro certe scadenze). Se la situazione debitoria fiscale è molto grave, si può valutare la strada delle procedure di sovraindebitamento (vedi oltre) che coinvolgono anche il Fisco, ma spesso provare prima a trattare direttamente con AER tramite rate o istanze di sgravio (se ci sono errori) è opportuno.

Opposizioni legali e rimedi giudiziari

Non sempre si può o si vuole trovare un accordo. In certi casi il debitore anziano subisce azioni legali ingiuste o sproporzionate, oppure il credito è contestabile. È qui che scatta la difesa giudiziale, ovvero le opposizioni nelle sedi opportune:

  • Opposizione a decreto ingiuntivo: se il creditore chiede ed ottiene dal giudice un decreto ingiuntivo (magari per un prestito non pagato), il debitore ha 40 giorni per fare opposizione (art. 645 cpc). Con l’opposizione, si instaura un processo civile normale in cui il debitore può far valere le sue ragioni: ad es. eccepire la prescrizione, contestare la quantificazione del debito, la validità del contratto, la presenza di tassi usurari, ecc. Bisogna valutare con l’avvocato se ci sono motivi solidi. L’opposizione sospende l’efficacia esecutiva del decreto solo se il giudice lo concede espressamente (di solito per sospendere bisogna mostrare che l’azione esecutiva imminente recherebbe danni gravi e l’opposizione ha fondate ragioni). Se però il debitore non fa opposizione, il decreto diventa definitivo ed esecutivo: a quel punto è tardi per contestare il merito.
  • Opposizione a precetto: l’atto di precetto è l’intimazione di pagamento che precede il pignoramento (è l’ultimo avviso: “paga entro tot o procederemo”). Se un anziano riceve un precetto su una sentenza o altro titolo e ravvisa irregolarità formali (ad es. importo sbagliato, mancata indicazione della rateizzazione possibile ex art. 480 cpc, notifica nulla, ecc.) può proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 617 cpc) entro 20 giorni dalla notifica del precetto, per farlo dichiarare nullo. Se invece contesta il diritto sostanziale del creditore di procedere (es. perché ha già pagato, o perché il titolo è invalido, o perché il debito è prescritto), l’azione corretta è l’opposizione all’esecuzione (art. 615 cpc), che può essere proposta anche prima che inizi il pignoramento (se il motivo sorge dopo, si può opporsi anche dopo l’inizio, ma meglio agire subito). L’opposizione all’esecuzione mira a dire: “quel titolo non può essere eseguito contro di me, perché…”. Ad esempio: un anziano si vede pignorare la pensione per un decreto ingiuntivo mai notificatogli regolarmente: può opporsi eccependo la nullità della notifica del titolo e quindi l’inesistenza del precetto. Oppure gli notificano un precetto basato su sentenza di 15 anni prima: può opporsi deducendo che la sentenza non è stata eseguita entro 10 anni e il diritto a eseguirla è prescritto (occhio: i titoli giudiziali hanno efficacia 10 anni).
  • Sospensione della procedura esecutiva: se il pignoramento è già partito (ad es. c’è l’asta fissata per la casa, o la pensione già pignorata), il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione la sospensione in via d’urgenza se ha presentato un’opposizione che appare fondata. La sospensione non è automatica, va motivata. Il giudice pesa il fumus boni iuris (probabilità che il debitore abbia ragione) e il periculum (il rischio di danno grave se continua l’esecuzione: es. la casa venduta all’asta). Nei pignoramenti immobiliari di prima casa, alcuni giudici mostrano maggior sensibilità e sospendono per dare tempo di trovare soluzioni o perché dubitano di aspetti di merito. Per dire: se Equitalia ignorando la legge avesse pignorato una prima casa protetta, il giudice sospenderebbe senz’altro perché l’azione è illegittima. In effetti, ci sono stati casi e la Cassazione ha confermato lo stop.
  • Conversione del pignoramento (art. 495 cpc): l’abbiamo accennata: è un’istanza che il debitore può fare dopo che il pignoramento è avvenuto, offrendo una somma di denaro pari al valore del credito pignorato più spese. Il giudice di regola ammette la conversione se il debitore versa subito almeno 1/5 dell’importo dovuto (comprensivo di interessi e spese) e il resto lo garantisce o rateizza fino a 18 mesi. Ad esempio, un anziano cui hanno pignorato la casa per €50.000 di debito, potrebbe (con aiuto dei figli magari) versare €10.000 in cancelleria per bloccare la vendita e avere 18 mesi per pagare i restanti €40.000 (con rate mensili ~€2.200). Non è semplice, ma è un’ultima chance offerta dalla legge per non perdere il bene. Se il debitore rispetta il piano, riottiene la casa libera da pignoramento; se fallisce, l’esecuzione riprende.
  • Procedura di sovraindebitamento: è un rimedio giudiziale più articolato di cui parleremo in dettaglio nella sezione successiva. È la strada da percorrere quando il debito complessivo è insostenibile e non risolvibile con accordi individuali: si tratta di rivolgersi al tribunale (con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi, OCC) per definire un piano di ristrutturazione o una liquidazione, con effetti vincolanti per tutti i creditori e possibilmente ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). Queste procedure, disciplinate ora dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche), includono il vecchio “piano del consumatore” e la “liquidazione del patrimonio” previsti dalla Legge 3/2012, aggiornati e migliorati. Per un anziano sommerso dai debiti, potrebbe essere la soluzione più efficace, benché richieda i suoi tempi e l’assistenza di professionisti (ma non disperare: esistono strumenti e persino un fondo per aiutare i debitori incapienti a sostenere queste procedure, come vedremo).
  • Nessun rischio di carcere per debiti civili: teniamo a precisare, qualora il timore angosci alcuni anziani, che non esiste in Italia il carcere per debiti civili (art. 2740 c.c. comma 2 e art. 6 CEDU lo vietano espressamente). Quindi un debitore insolvente di per sé non commette reato. Fanno eccezione i debiti alimentari (il penale scatta se uno volontariamente si sottrae agli obblighi verso i familiari) e alcune condotte fraudolente (es. frodi ai creditori, bancarotta se imprenditore fallito che ha distratto beni, ecc.). Ma il semplice non riuscire a pagare prestiti o cartelle non manda in galera nessuno. Semmai possono derivare pignoramenti o, in casi estremi, il fallimento personale (liquidazione concorsuale) con perdita dei beni. Questa è una rassicurazione importante: molti anziani sovraindebitati vivono nell’angoscia ingiustificata di subire sanzioni personali. No, il nostro ordinamento punisce col penale solo chi truffa o nasconde beni dolosamente, non chi è nullatenente o incapiente suo malgrado.

Utilizzare consulenze e aiuti esterni

Un anziano può sentirsi sopraffatto dalla burocrazia e dal linguaggio complesso delle banche o di Agenzia Entrate. Farsi aiutare è fondamentale: rivolgersi a un avvocato di fiducia è spesso il primo passo per capire quali opposizioni o soluzioni siano possibili. Esistono anche sportelli di associazioni dei consumatori o di volontariato che offrono consulenza gratuita su indebitamento. Dal 2021, presso molti Comuni o Camere di Commercio, operano gli OCC (Organismi di Composizione della Crisi) dove professionisti (gestori della crisi) forniscono assistenza per valutare la fattibilità di un piano di sovraindebitamento. Per i debitori meno abbienti, alcuni enti locali hanno istituito servizi di consulenza finanziaria di base (“educazione finanziaria”) per ristrutturare i debiti.

Un elemento emotivo spesso presente nei casi di anziani indebitati è la vergogna o il timore del giudizio. Può capitare che non si parli con i figli dei propri problemi economici, o non ci si fidi di chiedere aiuto. È importante vincere questa ritrosia: comunicare con i familiari di fiducia può portare soluzioni (ad esempio, i figli potrebbero intervenire per evitare la perdita della casa, o aiutare a contattare un legale). Anche perché, in caso estremo di morte del debitore, i figli si troveranno davanti alla scelta di accettare o rinunciare all’eredità, quindi è meglio che sappiano prima com’è la situazione.

Le procedure di sovraindebitamento e l’esdebitazione: la “seconda opportunità” per il debitore onesto

Veniamo ora alle procedure concorsuali di composizione della crisi da sovraindebitamento, uno strumento legale di più alto livello che merita attenzione. Dal 2012 (Legge n.3/2012, cosiddetta “anti-suicidi”) l’ordinamento italiano prevede che anche i debitori civili (cioè non fallibili: privati, piccoli imprenditori, professionisti, start-up agricole, ecc.) possano accedere a procedure simili al fallimento o al concordato delle imprese, per gestire situazioni di insolvenza o sovraindebitamento in modo ordinato e con la possibilità di ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). In precedenza, solo i grandi imprenditori fallivano e poi potevano liberarsi dei debiti con la chiusura del fallimento; il privato restava debitore a vita. Oggi non è più così: un debitore persona fisica meritevole può, attraverso il tribunale, azzerare i suoi debiti (o ridurli drasticamente) secondo procedure regolate dalla legge, pur perdendo magari parte del patrimonio ma avendo la chance di ripartire pulito. Questo rientra nel concetto del fresh start promosso anche dall’UE.

Nel 2020-2022 c’è stata una riforma organica: le norme della L.3/2012 sono confluite nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), in vigore dal 15 luglio 2022, che disciplina unitariamente sia crisi d’impresa che sovraindebitamento civile. Successivi correttivi (l’ultimo a settembre 2024) hanno migliorato vari aspetti. Attualmente, le procedure disponibili per il debitore non fallibile (cioè presumibilmente l’anziano privato o piccolo imprenditore) sono:

  • Il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “nuovo” piano del consumatore);
  • Il concordato minore (sostanzialmente l’evoluzione dell’accordo di composizione della crisi);
  • La liquidazione controllata del sovraindebitato (corrispondente alla vecchia liquidazione del patrimonio);
  • L’esdebitazione del debitore incapiente (novità introdotta dal CCII all’art. 283, detta anche “esdebitazione a zero”, per chi non ha nulla da offrire).

Ciascuna di queste ha presupposti e effetti leggermente diversi. Le esporremo separatamente, tenendo presente però alcuni punti comuni:

  • Tutte richiedono l’intervento di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o di un professionista gestore nominato dal giudice, che aiuta a predisporre la proposta e funge da figura di garanzia (un po’ come il curatore fallimentare o il commissario nei concordati).
  • Il debitore deve essere in stato di sovraindebitamento, definito come “squilibrio perdurante tra debiti assunti e patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte” oppure insolvenza non soggetta a procedure maggiori. In sostanza, deve trovarsi nell’impossibilità di pagare regolarmente i debiti.
  • Serve la “meritevolezza” del debitore: non bisogna aver causato la situazione con dolo o colpa grave, né aver violato precedenti accordi similari, né aver commesso atti in frode (es. distratto beni ai danni dei creditori). Il concetto di meritevolezza è cruciale: la legge vuole aiutare chi onestamente è sovraindebitato (per eventi sfortunati, magari leggerezze ma non deliberata malafede). Un anziano che si è indebitato per necessità (spese mediche, aiutare figli, mantenere un tenore di vita dignitoso) e che ora non ce la fa è solitamente meritevole; uno che ha sperperato in gioco d’azzardo o lusso o ha fatto il furbo può vedersi negare l’accesso.
  • Tutte le procedure (tranne l’esdebitazione incapiente) prevedono un qualche coinvolgimento/consenso dei creditori o comunque un controllo di convenienza da parte del giudice. Inoltre, avviata la procedura si possono ottenere misure protettive (stay delle azioni esecutive dei creditori) per evitare che nel frattempo qualcuno pignori i beni impedendo la riuscita del piano.
  • Al termine, se il debitore ha adempiuto il piano concordato o ha cooperato nella liquidazione, ottiene l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. Alcuni debiti però non sono esdebitabili neanche qui (l’abbiamo detto: alimenti, mantenimento, danni da fatto illecito, sanzioni penali e amministrative pecuniarie restano comunque dovuti anche dopo).
  • C’è un’unica chance: se si ottiene l’esdebitazione e poi si ricade nei debiti, la legge non consente di attivare di nuovo la procedura prima di molti anni (in genere 4 anni per l’incapiente, 5 anni per le altre procedure, in alcuni casi 10). In pratica, il “colpo in canna” va usato bene.

Vediamo ora i quattro strumenti:

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore

È l’erede del “piano del consumatore” introdotto nel 2012. Consumatori significa persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali. La maggior parte degli anziani rientra in questa categoria, a meno che non abbiano debiti legati a una loro azienda (es. erano artigiani o commercianti). Tuttavia, la giurisprudenza ha anche ammesso che se un soggetto ha sia debiti da attività d’impresa cessata sia debiti personali (debito “promiscuo”), può comunque presentare un piano consumatore per la parte personale, purché sia prevalente l’aspetto consumeristico. Ad ogni modo, di solito l’anziano pensionato, debitore di banche, finanziarie, fisco per questioni familiari, è un consumatore sovraindebitato ideale per questo piano.

Caratteristiche del piano del consumatore (piano di ristrutturazione):

  • Nessun accordo dei creditori richiesto: questa è la peculiarità maggiore. Il piano viene proposto dal debitore e omologato dal tribunale anche senza l’assenso dei creditori, purché il giudice valuti che il piano sia fattibile e conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. In pratica, non si fa la votazione dei creditori come nei concordati; il giudice “impone” il piano omologato a tutti, se ritiene il consumatore meritevole e il piano equo. Ciò tutela quei debitori onesti che avrebbero magari uno o due creditori ostili che bloccherebbero qualsiasi accordo – con il piano, li si vincola comunque.
  • Contenuto del piano: è essenzialmente un progetto di ristrutturazione dei debiti, che può prevedere:
    • la dilazione dei pagamenti (nuove scadenze, ad es. pagare in 5 anni rate semestrali),
    • la falcidia di alcune posizioni (riduzione dell’importo da pagare – tipicamente i chirografari vengono pagati parzialmente),
    • la cessione di beni non essenziali per ricavare somme (es. vendere un box auto, o un terreno ereditato, ecc.),
    • l’eventuale intervento di terzi (un familiare che offre una somma a fondo perduto per aiutare – ammesso e anzi ben visto),
    • ogni altra misura finanziaria idonea (ad esempio, utilizzare un prestito vitalizio ipotecario per reperire liquidità da offrire ai creditori come soddisfo parziale).
    L’importante è che il piano garantisca ai creditori almeno quanto otterrebbero in una liquidazione dei beni del debitore (principio del “miglior soddisfacimento”). Va quindi allegata l’attestazione che il piano è più conveniente della liquidazione controllata. Di solito, il consumatore propone di pagare solo una parte dei debiti, commisurata alle sue concrete possibilità, e chiede la cancellazione del resto. Ad esempio, un anziano con €50.000 di debiti totali, potrebbe proporre: pagherò €200 al mese per 5 anni (tot €12.000) ripartiti proporzionalmente ai creditori chirografari, più userò €3.000 di TFR accantonato, in totale soddisferò circa il 30% del debito, e chiedo esdebitazione per il restante 70%. Il tutto dimostrando che, se si vendesse la sua casa di modesto valore, i creditori avrebbero forse anche meno di quel 30% (detratte spese e tenuto conto che la casa è ipotecata magari). Se il giudice concorda, omologa il piano e al termine (una volta eseguiti i pagamenti promessi) dichiara l’esdebitazione del residuo.
  • Vantaggi per il debitore: innanzitutto, con il deposito del piano in tribunale, il debitore può chiedere misure urgenti di sospensione delle azioni esecutive dei creditori pendenti. Il giudice tipicamente ordina la sospensione dei pignoramenti in corso, evitando ad esempio che la casa venga venduta all’asta durante la procedura. Questo dà respiro. Inoltre, durante l’esecuzione del piano, gli interessi sui debiti rimasti si congelano (non maturano ulteriormente, salvo diverso accordo). Una volta omologato, il piano vincola tutti i creditori anteriori: questi non possono più agire individualmente, devono attendere le distribuzioni secondo il piano. Se il debitore rispetta il piano, alla fine ottiene la cancellazione di tutti i debiti residui inclusi quelli eventualmente non soddisfatti per nulla (salvo eccezioni dei debiti non cancellabili di legge). Per un consumatore onesto, è uno strumento potente: permette un taglio drastico dei debiti senza perdere necessariamente tutti i beni (diversamente dalla liquidazione, qui il debitore può anche mantenere alcuni beni se il piano lo consente – es. tenere la casa e pagare i creditori in altra maniera, se ciò non lede la convenienza per loro).
  • Ruolo dell’OCC e del giudice: il piano consumatore richiede la relazione di un OCC che certifichi la veridicità dei dati del debitore, le cause dell’indebitamento e la meritevolezza. In particolare, l’OCC deve indicare se il debitore ha colpe gravi o ha agito in malafede, e anche se i creditori (banche) hanno concesso credito con imprudenza (valutazione del merito creditizio) – un elemento nuovo introdotto per evidenziare eventuale responsabilità delle finanziarie che hanno sovraindebitato una persona fragile concedendo troppi prestiti. Questa indicazione non incide direttamente sull’omologazione ma serve a dare un quadro completo (e in futuro potrebbe influire su politiche del credito). Il giudice verifica la regolarità, la fattibilità (che le entrate promesse siano realistiche) e soprattutto la meritevolezza del consumatore. Se, ad esempio, scopre che l’anziano ha occultato un bene o ha contratto debiti con dolo, rigetta l’omologa. Altrimenti, omologa e da quel momento il piano è vincolante per tutti.
  • Durata e sforzo richiesto: un piano dura in genere qualche anno (spesso 4–5 anni è un orizzonte tipico). Più è lungo, più creditori possono essere soddisfatti, ma d’altra parte prolungare troppo può essere incertezza per creditori e fatica per il debitore. Dipende dalla situazione: un anziano 75enne con pensione minima difficilmente proporrà un piano decennale – potrebbe semmai offrire un saldo immediato grazie magari all’aiuto di parenti, chiudendo tutto in pochi mesi. Oppure, se ha una pensione decente, destinare una quota della pensione (magari quel 20% pignorabile, ma volontariamente impegnato nel piano, quindi senza passare per il pignoramento forzoso) per tot anni. Ad esempio, invece di farsi pignorare €100 al mese per 10 anni (che renderebbe forse €12.000 di recupero), propone spontaneamente €120 al mese per 5 anni (€7.200) ma togliendosi di dosso tutto il fardello: molti creditori preferiranno prendere 7.200 garantiti che inseguire incerti 12.000 in 10 anni. Insomma, il piano consente creatività nelle proposte.

Quando il piano del consumatore è indicato? Per un debitore anziano che ha ancora un reddito disponibile (pensione) sufficiente a pagare almeno una parte dei debiti, e magari vuol salvare la casa, il piano è lo strumento ideale. Ad esempio, un 70enne con casa e pensione, oppresso dai debiti ma intenzionato a lasciar la casa ai figli, potrebbe proporre di mantenere la casa e pagare i creditori ratealmente fino al limite delle sue possibilità. Se ciò dà ai creditori tanto quanto avrebbero dall’asta della casa (spesso svantaggiosa per loro), il giudice potrebbe approvare. Molte storie di successo di Legge3/2012 riguardano piani del consumatore che hanno evitato il pignoramento immobiliare e permesso al debitore di onorare parzialmente i suoi impegni. Naturalmente, va valutato caso per caso, ma la flessibilità e il fatto di non dover convincere ogni singolo creditore (basta convincere il giudice) sono vantaggi non da poco.

Concordato minore

Il “concordato minore” è l’erede dell’accordo di composizione della crisi della L.3/2012, destinato ai debitori non consumatori (piccoli imprenditori sotto soglia fallimento, professionisti, ditte individuali, start-up agricole, ecc.) oppure a consumatori che preferiscano cercare un accordo con i creditori anziché utilizzare l’imposizione del piano. In pratica, qui i creditori votano. È simile a un concordato preventivo ma semplificato per i “minori”.

Caratteristiche principali:

  • Necessario l’accordo di una maggioranza di crediti: la legge richiede l’adesione dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti chirografari (questa era la soglia con L.3/2012; nel CCII è indicata all’art. 74 ma se non modificata, resta 60%). Il giudice omologa il concordato se c’è la maggioranza e se sono rispettate le norme (par condicio, meritevolezza, convenienza rispetto alla liquidazione).
  • Chi può accedervi: esclusi i consumatori puri (che hanno il piano dedicato), vi accedono debitori sovraindebitati che hanno svolto attività d’impresa o professionale. Pensiamo a un anziano che aveva una piccola azienda artigiana poi chiusa ma con debiti verso fornitori e banche: non è un “consumatore” perché quei debiti erano per impresa, dunque deve seguire il concordato minore. Oppure un coltivatore diretto 68enne indebitato per spese agrarie.
  • Contenuto: simile al piano, può prevedere moratorie e falcidie. In più può coinvolgere debiti con privilegi e ipoteche: ad esempio, un concordato minore può proporre anche ai creditori ipotecari (es. banca con mutuo) di accettare un taglio dell’importo e allungare le scadenze, ma serve il loro consenso (mentre nel piano consumatore il giudice poteva anche modificare condizioni dei privilegiati entro certi limiti).
  • Ruolo del giudice: meno incisivo che nel piano, perché qui conta la volontà dei creditori. Il giudice però controlla la meritevolezza e può rifiutare l’omologa se il debitore ha frodato. Inoltre verifica la fattibilità.
  • Quando usarlo: se il debitore ritiene di poter convincere un buon numero di creditori ad un accordo. Ad esempio, se i creditori sono pochi e disponibili (magari uno principale e altri marginali), il concordato minore è praticabile. Se invece vi è un creditore grosso contrario che supera il 40%, rischia di bloccare tutto – in tal caso meglio il piano consumatore (se possibile) dove la sua opposizione non è decisiva.

Onestamente, per un anziano privato il concordato minore è meno comune, perché o è consumatore (allora fa il piano) o se aveva impresa chiusa, spesso conviene la liquidazione controllata. Il concordato minore trova spazio per chi vuole continuare un’attività (ma un anziano forse no) o ha comunque un patrimonio e redditi tali da fare un’offerta concordataria.

Va detto che il concordato minore può anche essere usato in modo “familiare”: il CCII consente ai membri della stessa famiglia sovraindebitati di presentare un’unica procedura, se i fatti sono comuni. Immaginiamo marito e moglie anziani entrambi indebitati (fideiussioni reciproche ecc.): possono proporre un concordato minore congiunto, perché più pratico che due separati (il piano consumatore invece è individuale, tranne casi di procedura familiare che il CCII menziona). Questi dettagli vanno valutati con gli OCC.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Questa è la procedura più “drastica”: sostanzialmente il debitore mette a disposizione tutto il suo patrimonio (salvo i beni impignorabili) e un liquidatore nominato dal tribunale li vende per pagare i creditori. È analoga al fallimento (ora chiamato “liquidazione giudiziale” per le imprese maggiori), ma per i non fallibili si chiama “controllata” e ha regole più snelle.

Caratteristiche:

  • Può essere chiesta dal debitore stesso (scelta volontaria) oppure dai creditori o su istanza del PM (in casi particolari). Ad esempio, se un anziano ha molti debiti e i creditori vedono che lui non propone piani, potrebbero loro stessi chiedere al tribunale di aprire una liquidazione controllata (cosa rara, ma possibile se il debitore ha beni su cui i creditori vogliono concorrere senza fare mille cause individuali).
  • Il patrimonio del debitore viene congelato alla data di apertura: tutto ciò che possiede (case, auto, conti) entra nella massa attiva, ad eccezione di ciò che la legge dichiara impignorabile (vedi prima: vestiti, pensione minima, ecc. rimangono al debitore). Il tribunale nomina un liquidatore (spesso un commercialista o avvocato esperto) che prende possesso dei beni, li vende o liquida (anche facendo proseguire eventuali cause pendenti per recuperare crediti del debitore, ecc.), e poi ripartisce il ricavato tra i creditori secondo le regole delle priorità (privilegi, ipoteche, chirografari).
  • Il debitore deve collaborare lealmente, consegnare documenti, dichiarare tutti i beni e trattenersi da atti dispositivi: non può continuare a pagare fuori dal procedimento. In cambio ottiene che in tempi relativamente brevi (direi 3–4 anni tipicamente) la procedura si chiuda e possa chiedere l’esdebitazione.
  • Durante la liquidazione, il debitore può trattenere dal suo reddito una quota per mantenimento suo e della famiglia, suggerita in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà (è la regola per calcolare l’incapienza). Questo è un aspetto importante: se un pensionato subisce la liquidazione, non gli tolgono l’intera pensione ogni mese, ma solo la parte oltre il minimo vitale (praticamente come un pignoramento). Il giudice può modulare questa quota libera per vivere.
  • Effetti per i creditori: una volta aperta la liquidazione, i creditori non possono più agire individualmente: confluiscono tutti nel procedimento presentando domanda di insinuazione (come in un fallimento). I debiti si cristallizzano alla data di apertura; cessano interessi per i chirografari (i privilegiati legali invece maturano se il valore basta).
  • Durata: variabile a seconda dei beni da liquidare. Se c’è da vendere una casa, può volerci un paio d’anni solo per l’asta. Comunque, il CCII ha introdotto l’obbligo per il tribunale di pronunciarsi sull’esdebitazione entro 3 anni dall’apertura per dare comunque una prospettiva al debitore (anche in mancanza di istanza, il giudice deve valutare l’esdebitazione decorsi 3 anni). Quindi un debitore potrebbe essere esdebitato anche prima della fine di tutte le vendite, salvo revoca se poi saltano fuori attivi significativi.
  • Esdebitazione ordinaria: al termine della liquidazione controllata, il debitore persona fisica può chiedere che gli siano cancellati tutti i debiti residui non soddisfatti. Questa è la ricompensa per aver messo a disposizione tutto il patrimonio. La otterrà se ha cooperato e non ha commesso irregolarità. Ci sono cause ostative (ad es. condanne penali per bancarotta, o aver già ottenuto esdebitazione meno di 5 anni prima). L’esdebitazione, se concessa, libera il debitore dalle obbligazioni antecedenti, salvo i soliti debiti non scaricabili (alimentari, risarcimenti, sanzioni).

Per un anziano, la liquidazione controllata è sensata in situazioni tipo:

  • Ha una casa di valore, non vuole o non può salvarla con un piano, e preferisce liquidare tutto in modo ordinato e poi essere liberato dai debiti (magari per non farli ricadere sui figli in eredità). Insomma, accetta di perdere i beni in cambio della pace.
  • Oppure non ha particolari beni ma non ha nemmeno entrate per offrire un piano: in tal caso la liquidazione produrrà poco, ma è la via formale per poi esdebitarsi. A dire il vero, se non ha nulla, potrebbe puntare direttamente alla procedura di esdebitazione “incapiente” (vedi dopo) che salta la liquidazione.

Durante la liquidazione, il debitore non è spossessato come in fallimento, nel senso che non c’è la figura di un suo “custode”: però di fatto i beni li amministra il liquidatore. Il debitore può comunque svolgere attività lavorativa, percepire la parte di reddito esente e condurre la sua vita quotidiana (non è un’interdizione civile).

Un aspetto positivo: la liquidazione, a differenza delle altre procedure, può essere aperta anche se il debitore è stato poco diligente o ha determinato il sovraindebitamento con colpa grave. Cioè, mentre il piano o concordato richiedono meritevolezza stringente, nella liquidazione la meritevolezza incide solo sull’esdebitazione finale, ma non sull’accesso: la possono aprire anche i debitori “non meritevoli” (magari gliela chiede un creditore). Poi all’esdebitazione il giudice valuterà se negarla per comportamenti dolosi. Ma per dire: un ludopatico che ha sperperato fortune può comunque essere sottoposto a liquidazione (specie su istanza di creditori); all’esdebitazione finale, il giudice potrebbe negargliela per indegnità, lasciandolo però senza beni e ancora debitore – scenario da evitare. Ma ecco, la soglia d’ingresso è più bassa: se uno non riesce a ottenere un piano perché giudicato non meritevole, può comunque provare la liquidazione, sperando poi in clemenza sull’esdebitazione finale dimostrando di essere cambiato ecc.

Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII)

È la novità forse più rilevante per molti anziani: introdotta formalmente col Codice della crisi, ma attuabile solo dal 2022, questa procedura consente – una volta nella vita – al debitore persona fisica privo di beni e redditi pignorabili di ottenere la cancellazione dei propri debiti senza pagare nulla ai creditori, immediatamente, senza aprire una liquidazione. In altre parole è una esdebitazione “a costo zero” per chi veramente non può dare nulla.

I requisiti per l’accesso sono stringenti:

  • Il debitore deve essere persona fisica non assoggettabile a liquidazione giudiziale (fallimento), quindi rientrante nel sovraindebitamento.
  • Deve trovarsi in condizione di “incapienza” assoluta, ovvero non possedere alcun bene liquidabile né redditi utilmente pignorabili, né ora né in prospettiva futura. Questo significa: niente immobili di valore, niente conti con risparmi, niente auto di pregio; se possiede qualcosa di trascurabile valore di realizzo, si considera incapiente comunque. E quanto ai redditi, deve avere al più un reddito pari o appena sopra il minimo vitale. Se ha un reddito anche piccolo oltre il suo fabbisogno, in teoria non sarebbe incapiente puro – in quel caso la legge preferisce che faccia un piano offrendo quel poco (c’è un criterio quantitativo: se potrebbe pagare almeno il 10% dei debiti con le sue risorse future, non è incapiente).
  • Deve essere meritevole (come sempre, niente frodi, niente colpe gravi nell’indebitarsi).
  • Non deve aver già usufruito di un’esdebitazione negli ultimi 4 anni, né ovviamente di un’esdebitazione incapiente prima (quest’ultima ammessa una sola volta nella vita).

Procedura: il debitore presenta ricorso al tribunale con l’ausilio dell’OCC, allegando una relazione OCC dettagliata sulle cause dell’indebitamento, sulla sua condotta e sulla totale assenza di beni e redditi disponibili. Deve anche indicare se qualche familiare convivente ha beneficiato di sue obbligazioni (per evitare che uno faccia debiti per la famiglia e poi chieda la cancellazione lasciando però i familiari magari con i beni acquistati: in tal caso il giudice può subordinare l’esdebitazione alla cessione di parte di beni di costoro). Il giudice fissa udienza e informa i creditori, i quali possono fare opposizione se credono che il debitore menta (ad esempio se sospettano che nasconda qualche bene o entrata). Se non ci sono opposizioni o queste vengono rigettate, il tribunale emette un decreto di esdebitazione che cancella tutti i debiti del debitore. Questo decreto è subito efficace ma diventa definitivo solo trascorsi 30 giorni senza reclami dei creditori. Nel frattempo, il giudice può nominare l’OCC come vigilante per il periodo successivo.

Sì, perché qui viene la condizione: l’incapiente esdebitato rimane in una sorta di “probation” di 4 anni” dopo la pronuncia. Significa che:

  • Deve presentare ogni anno per 4 anni una relazione o dichiarazione sui suoi eventuali redditi o beni sopravvenuti.
  • Se entro 4 anni dalla esdebitazione la sua situazione economica migliora sensibilmente, la legge prevede che debba pagare ai vecchi creditori fino al 25% delle “sopravvenienze” utili (oltre una certa soglia). In particolare, se riceve eredità o donazioni o comunque guadagni straordinari che gli permetterebbero di pagare almeno il 10% di ogni credito esdebitato, scatta l’obbligo di attivarsi per soddisfarli in parte. L’OCC e i creditori vigilano, e il tribunale può anche revocare l’esdebitazione se scopre che in quei 4 anni il debitore ha occultato utilità rilevanti.

Facciamo un esempio: Tizio 70enne nullatenente ottiene esdebitazione incapiente oggi sui suoi €100.000 di debiti. Tra due anni, inaspettatamente, vince alla lotteria €50.000; oppure un parente gli lascia un immobile vendibile. Ebbene, Tizio deve informare il tribunale e i creditori. Dovrà destinare una parte di quella fortuna a pagare i vecchi creditori, fino al 50% di ciascun credito? In realtà la norma non è chiarissima sul calcolo, ma diciamo che se c’è un arricchimento rilevante, i creditori vanno considerati. Se invece la “fortuna” è modesta (es. €5.000 di vincita su 100.000 di debiti originari), potrebbe non scattare nulla perché non arriva a 10% per ciascuno e comunque la ratio è non riaprire per piccole cose.

Se dopo i 4 anni non è emerso nulla, l’esdebitazione incapiente diviene definitiva e il debitore è libero e pulito. Anche se emerge dopo 4 anni una vincita, ormai i creditori non potranno far nulla: quell’opportunità è persa per loro. È quindi un fresh start condizionato: 4 anni di “buona condotta economica” per essere proprio libero.

Questa procedura è stata introdotta per dare speranza a chi davvero non ha nulla da offrire ai creditori – tipicamente persone in condizioni di indigenza, spesso anziani o disabili, o ex piccoli imprenditori rovinati. Prima, costoro avrebbero dovuto comunque passare da una liquidazione (che non dava nulla ai creditori se non spese, e poi chiedere esdebitazione). Ora si risparmia tempo: li si esdebità subito e stop.

Nota bene: per ora, è uno strumento poco conosciuto e utilizzato, anche perché i Tribunali volevano aspettare i decreti attuativi e capire se c’erano fondi per coprire le spese OCC. La Legge di Bilancio 2025 ha finalmente istituito un Fondo pubblico per coprire i costi delle esdebitazioni incapienti. In particolare, ha stanziato €500.000 iniziali presso il Ministero della Giustizia, destinati a pagare:

  • le spese di procedura (contributo unificato, bolli) per chi non può permetterselo,
  • il compenso degli OCC o gestori che assistono l’incapiente,
  • eventuali piccoli rimborsi ai creditori (se il legislatore vorrà prevedere un indennizzo simbolico).

Tale Fondo era atteso perché senza di esso pochi gestori OCC erano disposti a lavorare gratis per un debitore che non paga nulla. Adesso, con il Fondo, il meccanismo potrà decollare e dunque più anziani indigenti potranno effettivamente avvalersi dell’esdebitazione a costo zero, senza timore di spese.

In conclusione su sovraindebitamento: un debitore anziano dovrebbe valutare seriamente queste procedure se:

  • Ha debiti ingenti che mai potrà rimborsare integralmente;
  • Vuole evitare il logorìo di pignoramenti infiniti (specie se ha più creditori, con la procedura li gestisce tutti insieme);
  • Vuole trovare una soluzione definitiva e legale ai debiti, anche a costo di sacrifici (vendere beni o impegnare parte della pensione per un periodo);
  • È consapevole di non poter offrire nulla: allora l’esdebitazione incapienti è la via per chiudere i conti con il passato e non trasmettere debiti ai propri eredi.

Va ribadito che serve onestà e trasparenza: se emergono furberie (tipo trasferimenti di beni prima della procedura per sottrarli ai creditori), il giudice può negare l’accesso o revocare i benefici. Le procedure di sovraindebitamento non sono un gioco, ma un’opportunità per i debitori in buona fede.

Tabella riassuntiva delle procedure di sovraindebitamento:

ProceduraChi può accedereCome funzionaEsdebitazione (cancellazione debiti)Note
Piano del consumatore (ora “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”)Persone fisiche consumatrici (debiti personali, non professionali) in sovraindebitamento, meritevoli.– Il debitore propone un piano di pagamento (parziale) dei debiti.– Nessun voto dei creditori: decide il tribunale se omologare, valutando convenienza e fattibilità.– Coinvolge tutti i creditori chirografari; i privilegiati se interamente soddisfatti o consensualmente rinegoziati.– Esecuzioni sospese durante la procedura.Sì, al termine dell’esecuzione del piano il giudice dichiara inesigibili i debiti residui (tranne debiti esclusi per legge).Vantaggio: non serve accordo creditori (utile se molti o qualcuno contrario).Svantaggio: deve offrire almeno qualcosa, non adatto se zero risorse.
Concordato minoreDebitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up) oppure consumatori che preferiscono la via dell’accordo. Debitore meritevole.– Simile a un concordato: il debitore propone un accordo ai creditori.– Necessario il voto favorevole di una maggioranza qualificata (indic. 60%).– Omologazione del tribunale se maggioranza raggiunta e piano regolare.– Possibili classi di creditori e trattamenti diversificati nel rispetto delle cause di prelazione.Sì, una volta eseguito l’accordo omologato, il debitore è liberato dai debiti residui (come avviene nel concordato preventivo delle imprese).Vantaggio: flessibile, coinvolge anche crediti aziendali ecc.Svantaggio: basta un grosso creditore dissenziente per far fallire la proposta. Di solito preferibile per chi ha pochi creditori relativamente allineati.
Liquidazione controllata del sovraindebitatoQualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no). Può accedervi anche se malmeritevole (meritevolezza rileva dopo). Può essere chiesta dal debitore o dai creditori (o d’ufficio in certi casi).– Il tribunale apre la liquidazione, nomina un liquidatore.– Tutti i beni (presenti e futuri entro 4 anni, salvo retribuzione/pensione nei limiti di sopravvivenza) diventano liquidabili a beneficio dei creditori.– I creditori presentano domanda di partecipazione (insinuazione); il liquidatore vende i beni, riscuote crediti, e distribuisce secondo prelazioni.– Procedura simile al fallimento (pubblicità, spossessamento del debitore, ecc.) ma più snella.– Durata: fino completamento attivo (in media 2-4 anni).Sì, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione dal tribunale al termine della liquidazione (o anche dopo 3 anni automaticamente), purché abbia cooperato e non abbia frodato (il giudice verifica meritevolezza a questo punto). Se concessa, i debiti non soddisfatti sono cancellati.Vantaggio: risolve in modo definitivo situazioni disperate, anche se il debitore non poteva accedere ad altre procedure. Il debitore paga quello che si ricava dai suoi beni (anche nulla) e poi può essere liberato dai debiti.Svantaggio: il debitore perde i beni di proprietà (casa inclusa), come in un fallimento, e la procedura è pubblica.
Esdebitazione del debitore incapiente (c.d. “esdebitazione a zero”)Persona fisica sovraindebitata che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità né immediata né futura (cioè niente beni, redditi appena per sopravvivere). Deve essere meritevole e non aver già beneficiato di esdebitazione.(Tipico: anziano nullatenente con sola pensione sociale, debiti pregressi insolvibili.)– Si presenta ricorso con documentazione e relazione OCC sulle cause dell’indebitamento, l’incapienza totale e la condotta del debitore.– Il tribunale notifica ai creditori, che possono eventualmente opporsi entro 30 giorni.– Se i requisiti ci sono, il tribunale emette decreto di esdebitazione immediata: tutti i debiti antecedenti sono cancellati.– Periodo di controllo: per i 4 anni successivi il debitore deve comunicare eventuali miglioramenti reddituali; se sopravvengono utilità rilevanti, parte di esse va ai creditori (o l’esdebitazione può essere revocata in caso di malafede).– Una volta trascorsi 4 anni senza novità sostanziali, l’esdebitazione diviene definitiva.Sì, è proprio l’essenza: la cancellazione di tutti i debiti senza alcun pagamento da parte del debitore (salvo eventuale contributo ex post in caso di sopravvenienze entro 4 anni).Vantaggio: liberazione immediata dai debiti per chi è nullatenente, senza dover subire liquidazione di beni (perché non ne ha) né piani impossibili. È una “grazia” economica per ricominciare da zero.Svantaggio: disponibile solo una volta nella vita; richiede accertamenti rigorosi sull’indigenza; se nei 4 anni successivi si scopre che il debitore aveva mentito o comunque ottiene entrate significative, ne deve destinare una quota ai vecchi creditori (quindi non è totalmente “free” se la fortuna bussa presto alla porta).

Va sottolineato che tutte queste procedure richiedono l’assistenza di professionisti specializzati (gestori OCC, avvocati). I costi possono essere un deterrente per un anziano debitore. Tuttavia, con l’istituzione del Fondo per sovraindebitati incapienti, almeno per i casi di esdebitazione a zero e situazioni di particolare disagio, lo Stato contribuirà alle spese. Inoltre, molti OCC applicano tariffe proporzionate all’attivo disponibile: se l’anziano ha pochi beni, pagherà poco (talora gli OCC stessi chiedono l’ammissione al gratuito patrocinio o rinunciano a parte del compenso sapendo che altrimenti non si chiude nulla).

In definitiva, l’importante è che il debitore non si isoli e non rimanga paralizzato dalla vergogna o dalla paura. Le soluzioni legali esistono. I creditori bancari, dal canto loro, sanno dell’esistenza di queste norme e talvolta preferiscono accordarsi bonariamente (saldo e stralcio) piuttosto che vedersi coinvolti in un piano del consumatore imposto o una liquidazione dove incasseranno poco. Quindi, paradossalmente, il solo minacciare – a ragion veduta – di ricorrere al tribunale per un piano o liquidazione può indurre i creditori a transigere a condizioni migliori per il debitore.

Proseguiamo ora con una sezione di domande frequenti che ricapitolerà in forma Q&A alcuni punti chiave per la difesa dell’anziano debitore.

Domande frequenti (FAQ)

D: Possono pignorarmi l’intera pensione?
R: No, la legge protegge sempre una parte della pensione come minimo vitale. In nessun caso la pensione può essere pignorata per l’intero importo. In particolare, pensioni fino a circa €1.000 mensili sono impignorabili. Se la pensione supera tale soglia, solo la parte eccedente è pignorabile, e comunque fino a un massimo del 20% di quella eccedenza per crediti ordinari. Ad esempio, con una pensione di €1.200, la quota pignorabile è il 20% di circa €200 (eccedenza oltre €1.000), cioè appena €40 al mese. Inoltre, se ad agire è il Fisco (Agenzia Entrate-Riscossione), si applicano aliquote ancora più basse per pensioni fino a €2.500 (solo il 10% della parte eccedente). In ogni caso, la legge garantisce che al pensionato resti una somma sufficiente per vivere (pari almeno al doppio dell’assegno sociale). Quindi il timore di vedersi azzerare la pensione è infondato: al massimo, in presenza di più debiti e creditori diversi, potranno trattenere fino a metà della parte oltre il minimo, ma mai togliere tutto. Se qualcuno minaccia di “prenderle tutta la pensione”, sta facendo pressioni illegali.

D: Ho solo la pensione minima e null’altro. Cosa possono farmi concretamente i creditori?
R: In tal caso, ben poco. Se la sua pensione è pari o sotto €1.000, è totalmente al riparo da pignoramenti. Non avendo immobili, auto di valore o altri beni, i creditori non hanno beni su cui rivalersi. Il massimo che potrebbero fare è pignorare il suo conto corrente, ma anche lì la legge protegge un importo pari a circa tre mensilità di pensione sociale (circa €1.600): se il saldo del conto è inferiore a tale cifra, non preleveranno nulla. In pratica, un anziano che viva solo della minima può risultare “inespugnabile”: nella peggiore delle ipotesi, verrà bersagliato da solleciti e lettere minatorie da società di recupero crediti, ma a livello pratico i creditori dovranno probabilmente rinunciare. Va però considerato un aspetto: i debiti non spariscono se non vengono pagati; restano formalmente a suo carico (magari maggiorati di interessi). Questo significa che:

  • Se in futuro dovesse migliorare la sua situazione economica (eredità, vincite, ecc.), i creditori potrebbero rifarsi vivi.
  • I debiti (tranne alcune eccezioni come multe e sanzioni) si trasmettono agli eredi alla sua morte, salvo che gli eredi rinuncino all’eredità. Quindi, se ha figli o nipoti interessati ai suoi beni, sappia che dovranno poi gestire quei debiti (possono anche scegliere di rinunciare all’eredità per non pagarli).

Per ottenere una chiusura definitiva dei debiti, anche un pensionato nullatenente può valutare di ricorrere a un Tribunale: grazie alla nuova procedura di esdebitazione del debitore incapiente, oggi è possibile farsi cancellare tutti i debiti se si dimostra di non possedere nulla e di essere meritevoli. È una sorta di “fallimento personale” senza beni, al termine del quale il giudice cancella i debiti e lei non li deve più nemmeno formalmente (così i creditori non potranno più disturbarla né i suoi eredi saranno obbligati). Si faccia assistere da un OCC o un avvocato se intende percorrere questa strada. In assenza di ciò, può anche decidere di non far nulla: se davvero non ha nulla da perdere, lasciando decorre il tempo molti debiti si prescriveranno (5-10 anni) e le società di recupero finiranno per desistere, rivolgendosi a bersagli più remunerativi.

D: La mia casa di abitazione è a rischio pignoramento?
R: Dipende da chi è il creditore e da alcune condizioni. Se il creditore è il Fisco (Agenzia Entrate-Riscossione) e la casa è l’unico immobile di sua proprietà, adibito a sua abitazione principale e non di lusso, allora per legge non può essere pignorata (espropriata) da AER. Il Fisco può tutt’al più iscrivere ipoteca (se il debito supera €20.000) come garanzia, ma non può procedere alla vendita all’asta di quella casa. Questa tutela, introdotta nel 2013, le assicura il diritto alla casa contro le pretese tributarie, salvo che lei possegga anche altri immobili (in tal caso la protezione cade). Dunque, con debiti verso il Fisco sotto €120.000 e casa unica, dorma tranquillo: Equitalia (ora AER) non può sfrattarla e vendere la sua casa.
Se invece il creditore è una banca o un privato, purtroppo la legge non offre analoga protezione sulla prima casa. Un creditore privato con un titolo esecutivo può iscrivere ipoteca giudiziale e pignorare la casa, anche se è l’unica e ci vive, perché l’art. 76 DPR 602/73 vale solo per esecuzioni esattoriali. Ciò detto, in pratica i creditori privati valutano costi e benefici: se la sua casa ha scarso valore commerciale o è gravata da ipoteche (es. c’è un mutuo), magari non la pignoreranno perché otterrebbero poco e dovrebbero anticipare spese. Ma se il debito è rilevante (diciamo superiore a €50.000-100.000) e non ci sono altre strade, la banca potrebbe effettivamente avviare il pignoramento immobiliare.
Come difendersi in tal caso?

  • Prima di tutto non ignorare atti giudiziari: se riceve un atto di citazione, decreto ingiuntivo o precetto sulla casa, contatti subito un legale. Si può tentare un’opposizione (per vizi formali o sostanziali, ad es. contestare il debito se c’è prescrizione o altri motivi). Oppure, anche a pignoramento iniziato, si può presentare istanza in Tribunale per una sospensione se ci sono trattative in corso o se la vendita creerebbe un danno irreparabile e confida di trovare un accordo.
  • Trattativa con il creditore: spesso, prima che l’asta vada a termine, è possibile trovare un accordo del tipo “saldo e stralcio” o piano di rientro. Ad esempio, la banca potrebbe accettare che lei venda da solo la casa sul mercato (ottenendo di solito un prezzo migliore che all’asta) e poi con il ricavato paghi il debito (magari ridotto previa trattativa). Oppure potrebbe accettare un pagamento dilazionato garantito (ma attenzione: se lei non ha redditi sufficienti, difficilmente ritireranno il pignoramento senza un pagamento significativo).
  • Strumenti legali: può valutare la conversione del pignoramento (art. 495 cpc) – depositare una somma pari a 1/5 del debito per bloccare la vendita e rateizzare il resto – ma questo presuppone che lei disponga di almeno una parte del denaro. Un’altra via è la già menzionata procedura di sovraindebitamento: se la sua situazione rientra in un “piano del consumatore” fattibile (ad esempio offrendo ai creditori una somma mensile o la liquidazione controllata di altri beni), il giudice può sospendere la vendita della casa in attesa dell’esito del piano. In alcuni casi, grazie al piano del consumatore, debitori anziani sono riusciti a salvare la casa proponendo ai creditori un rimborso parziale graduale approvato dal giudice.
  • Soluzioni alternative: se desidera mantenere la casa a tutti i costi, potrebbe valutare il prestito ipotecario vitalizio (se ha oltre 60 anni): una banca le eroga un importo (in unica soluzione) garantito da ipoteca sulla casa, senza rimborso finché lei è in vita. Con quei soldi può pagare i creditori e far cancellare il pignoramento; la casa resta sua finché è in vita, poi gli eredi decideranno se riscattarla restituendo il prestito o lasciarla alla banca. È un modo per “monetizzare” la casa senza dover traslocare subito, ma va ponderato coinvolgendo anche gli eredi.

In sintesi: il Fisco non può toccarle la prima casa (se unica), i creditori privati invece sì. Contro questi ultimi l’arma è giocare d’anticipo con accordi o procedure. Non appena si accorge di non poter più sostenere il mutuo o altri impegni legati alla casa, muova i primi passi: attendere l’asta è la situazione peggiore, perché la casa verrebbe venduta spesso a valore ribassato e lei perderebbe sia il bene sia l’eventuale surplus di valore.

D: Ho dei risparmi sul conto corrente: come proteggerli da un eventuale pignoramento?
R: Se i risparmi non sono ingenti, il modo più semplice è tenerli sotto soglia protetta. Come spiegato, sul conto dove le arriva la pensione è protetta una somma pari a circa 3 volte l’assegno sociale (~€1.600). Quindi, se tiene il saldo mediamente sotto tale cifra, un pignoramento del conto non le porterebbe via nulla. Se invece ha risparmi più consistenti (es. decine di migliaia di euro), l’ideale sarebbe evitare di intestarseli direttamente. Alcune idee:

  • Investimenti a nome di terzi fidati: ad esempio, depositarli su un conto intestato al figlio (riconoscendo magari al figlio la nuda proprietà e tenendo l’usufrutto in un accordo privato). Attenzione però: se il creditore prova che è una finta intestazione per frodare, potrebbe agire con revocatoria su quell’atto. Se lo fa con largo anticipo e per motivazioni genuine (aiuto familiare), è meno attaccabile.
  • Cointestazione con il coniuge: c’è una norma che tutela in parte i conti cointestati: il pignoramento sul conto cointestato dal creditore di uno solo dei contitolari blocca per metà (presumendosi che metà sia dell’altro coniuge). Questo però non è blindato: il creditore può sempre chiedere al giudice di accertare che in realtà tutto il denaro era del debitore e allora pignorare tutto.
  • Uso del contante o cassette di sicurezza: tenere contanti nascosti non è illegale se sono redditi leciti, ma comporta rischi (furto, deperimento di valore, ecc.). Inoltre, se arriva l’ufficiale giudiziario in casa e trova grosse somme di contanti, potrebbe sequestrarle. Le cassette di sicurezza in banca, invece, in teoria sono pignorabili con autorizzazione del giudice (possono aprirle coattivamente).

La soluzione più efficace in assoluto se ha risparmi cospicui e debiti che li minacciano, è negoziare con i creditori usando quei risparmi per transare. Ad esempio: ha €20.000 da parte e un debito di €50.000: può offrire al creditore quei €20.000 come saldo e stralcio. Molti accettano, data la difficoltà di prendere di più in via forzata. Così trasforma i risparmi in uno strumento di liberazione dal debito, piuttosto che tenerli congelati temendo di perderli.

Riassumendo: per piccole somme, mantenere saldo basso sul conto; per grosse somme, valuti di toglierle dal suo patrimonio in modo lecito (aiuti a familiari, acquisto di beni essenziali, estinzione di debiti privilegiati come il mutuo residuo, ecc.). Tenga presente che vendere o regalare beni per sottrarli ai creditori quando i debiti sono già noti può configurare “atto in frode”: i creditori con un atto di pignoramento in corso potrebbero chiederne la revoca (entro 5 anni). Quindi non compia mosse azzardate senza consulto legale. Meglio prevenire il problema gestendo i risparmi per estinguere il debito o ridurlo, piuttosto che nasconderli rischiando poi cause e magari addirittura conseguenze penali (se in un fallimento, certe operazioni sarebbero bancarotta fraudolenta).

D: I debiti che ho possono passare ai miei figli o ad altri eredi?
R: I debiti non si “ereditano” automaticamente come tali, però si trasmettono con l’eredità se i figli o altri eredi accettano la sua eredità. In pratica, alla sua morte gli eredi devono decidere se accettare l’eredità (che comprende attivo e passivo) o rinunciare. Se accettano, diventano obbligati a pagare i suoi debiti (nei limiti del valore dell’eredità). Possono anche optare per l’accettazione con beneficio d’inventario, che li protegge nel senso che pagheranno i debiti del defunto solo con il patrimonio ereditato, senza intaccare il loro patrimonio personale – questa è una tutela prevista dal codice civile. Ci sono però debiti particolari che non si trasmettono comunque, neppure se uno accetta l’eredità:

  • Le sanzioni amministrative o tributarie (multe stradali, sanzioni fiscali per ritardati pagamenti, ecc.) si estinguono con la morte del debitore. Ad esempio, se lei ha cartelle esattoriali composte solo da sanzioni e interessi, quelle parti non andranno richieste agli eredi. Gli eredi rispondono dei tributi in sé (imposte) ma non delle relative sanzioni.
  • Gli obblighi di fare personalissimi (ad es. obblighi di mantenimento verso un ex coniuge cessano con la morte del debitore).
  • I debiti per multe penali o ammende (nel penale, l’azione si estingue con la morte).

Per il resto (prestiti, scoperti bancari, debiti di condominio, fornitori, ecc.), se l’erede accetta, li dovrà pagare. Quindi i suoi figli farebbero bene, prima di decidere, a verificare: se l’attivo (es. casa, conti, TFR non goduto, ecc.) è inferiore al passivo, probabilmente conviene rinunciare all’eredità. La rinuncia va fatta entro 10 anni dal decesso (ma se iniziano atti esecutivi contro gli eredi, conviene affrettarsi). Ci sono casi particolari (ad es. se i figli convivono e continuano a usare i beni del defunto come proprietari, si presume accettazione implicita – occhio!).

Detto ciò, molti anziani mi chiedono: “posso evitare che i miei figli siano costretti a rinunciare all’eredità per colpa dei miei debiti?”. Sì, può farlo estinguendo o cancellando i debiti prima di morire, ossia tramite le procedure di sovraindebitamento descritte. O anche, volendo, donando in vita i beni ai figli e poi rinunciando a eventuali eredità passive. Ma la donazione di beni fatta quando si hanno debiti potrebbe essere revocata dai creditori come atto in frode (entro 5 anni). Ad esempio, donare la casa ai figli per sottrarla ai creditori è inefficace se i debiti già c’erano o erano prevedibili: i creditori potranno agire per far dichiarare inefficace la donazione e aggredire comunque l’immobile. Inoltre, trasferire i beni ai figli la priva poi di ogni mezzo, col risultato che se i figli rinunciano comunque all’eredità (perché i creditori potrebbero rifarsi sulla casa donata, appunto), la casa passa comunque altrove.

Quindi, l’approccio migliore è: se vuole “mettere a posto le cose” per i figli, affronti adesso il problema debiti. Con un piano del consumatore o un accordo, può ridurre i debiti e forse anche far partecipare i figli al salvataggio (magari i figli preferiscono aiutarla ora piuttosto che perdere la casa poi). Oppure, se proprio è schiacciato, faccia la liquidazione controllata: i suoi beni verranno usati per pagare il possibile e i debiti eccedenti verranno cancellati, così alla sua morte i figli erediteranno solo quello che resta senza debiti. In altre parole, esiste la possibilità di non trasmettere debiti agli eredi, ma va gestita o con atti opportuni (donazioni, rinunce), o con le procedure concorsuali. Non c’è una bacchetta magica: ad esempio, c’è la credenza che “i debiti si estinguono con la morte”, il che è falso (si estinguono solo i rapporti personali o le sanzioni). Un mutuo residuo, un finanziamento, un debito di gioco – quelli passano agli eredi, eccome, se accettano l’eredità.
In conclusione, può informare i suoi figli della situazione: potranno così pianificare se conviene accettare o no, e magari predisporre un atto di rinuncia all’eredità al momento opportuno. La rinuncia ha l’effetto che i debiti restano senza nessuno da colpire (il creditore non può chiedere a estranei), a meno che ci sia un’assicurazione a copertura (es. alcuni mutui hanno polizza che paga il residuo in caso di morte del mutuatario). Preoccuparsi per gli eredi è lodevole: li allevierà dal fardello dei debiti assicurandosi di non trasmetterglieli de facto. Spesso, la scelta migliore per i figli di un debitore è rinunciare all’eredità se il passivo è maggiore dell’attivo; oppure accettare con beneficio d’inventario se l’attivo c’è ma vogliono proteggersi.

D: È vero che posso liberarmi di tutti i debiti senza pagare nulla? Non c’è l’inganno?
R: Sì, è vero in determinate circostanze. La procedura di esdebitazione per il debitore incapiente (in vigore dal 2022) consente di cancellare tutti i debiti anche senza alcun pagamento ai creditori. Ovviamente bisogna dimostrare di essere in totale insolvenza e senza beni, e la concessione dipende dal giudice, ma diversi casi hanno già avuto esito positivo: persone sovraindebitate e nullatenenti sono state dichiarate esdebitate (libere dai debiti). Non c’è un “inganno”, ma c’è un prezzo morale: questa procedura è concessa una sola volta nella vita e, come detto, se entro 4 anni la sua condizione migliora dovrà condividere i benefici con i creditori. È pensata come un “fresh start” per i casi umani disperati: lo Stato preferisce che lei non resti schiacciato dai debiti a vita (magari finendo nell’economia sommersa o bisognoso di assistenza) ma torni ad essere economicamente attivo, anche se i creditori ci perdono. C’è anche un piccolo Fondo di garanzia pubblico istituito nel 2025 per coprire le spese procedurali di queste esdebitazioni “a costo zero”, segno che la volontà di farle funzionare c’è.

Va però chiarito: se lei ha qualche possibilità di pagamento, non potrà usare questa via per non pagare nulla. Ad esempio, se possiede una casa oppure un reddito stabile con cui potrebbe pagare una parte del debito, il giudice non le concederà l’esdebitazione gratuita – dovrà semmai optare per un piano pagando il possibile. La legge mira ad evitare abusi: è riservata a chi proprio non ha alcuna utilità da offrire ai creditori. Dunque, sì, ci si può legalmente liberare dei debiti senza pagare un euro, ma solo se effettivamente non si ha un euro da pagare. Non è un trucco per furbi, è un’ancora di salvezza per chi è annegato.

Per gli altri debitori, quelli che hanno magari qualcosa ma non abbastanza per tutti i debiti, la soluzione è pagare solo una parte e farsi cancellare il resto – questo tramite piano del consumatore o concordato minore. In pratica anche lì “non si paga tutto”, però qualcosa sì (magari il 20-30%). La totalità zero è riservata ai nullatenenti.

D: Ho debiti sia con la banca che con il Fisco e altri soggetti: devo fare una procedura diversa per ognuno?
R: No, le procedure di sovraindebitamento e anche gli accordi stragiudiziali possono includere tutti i debiti insieme. Uno dei vantaggi del rivolgersi al tribunale con un piano o una liquidazione è proprio la gestione unitaria di tutti i creditori. Ad esempio, nel piano del consumatore lei elencherà tutti i suoi debiti: mutuo residuo, finanziaria, cartelle esattoriali, privato, ecc. Il piano dirà come trattarli: magari i crediti ipotecari si pagano al 100% ma con dilazione, i chirografari (senza garanzie) si pagano al 30% e così via. Se omologato, il piano sostituisce le condizioni originarie e vincola tutti. Analogamente, in una liquidazione controllata, ogni creditore – che sia banca o Fisco – partecipa e verrà soddisfatto pro quota col ricavato, poi per il resto stop. Non dovrà fare un concordato fiscale separato o altro (anche se a volte, per debiti tributari molto rilevanti, può essere utile interloquire con l’Agenzia anche in via amministrativa – ad es. usando una “transazione fiscale” interna al piano).

Se invece sceglie la via stragiudiziale, dovrà negoziare con ciascuno per conto proprio. Può provare a fare un accordo globale ma serve il consenso di tutti: spesso si inizia dal più disponibile o dal più grande e poi via via si coinvolgono gli altri. Tenga presente che un accordo con i creditori privati non vincola il Fisco, e viceversa: per dire, può ottenere una rottamazione delle cartelle (pagando solo una parte) ma ciò non toglie che la banca rimane fuori da quell’accordo. Per questo le procedure concorsuali sono utili: portano dentro tutti. Inoltre il CCII ha introdotto la possibilità di un procedimento unico per membri della stessa famiglia: se lei e sua moglie, ad esempio, avete debiti comuni, potete presentare un piano unico familiare invece di due separati, rendendo il tutto più efficiente.

Riassumendo: una sola procedura può risolvere tutti i tipi di debito insieme – bancari, fiscali, previdenziali, privati – con l’autorità del tribunale a tenere le redini e assicurare che ogni creditore abbia il giusto. Ciò è molto conveniente per il debitore, perché evita disparità di trattamento e soprattutto evita che, accordandosi con uno, l’altro poi resti fuori e pignori quel che risparmia. Nel piano, ad esempio, può prevedere che Equitalia prenda il 10%, la banca il 50%, ecc., modulando in base alle cause di prelazione e alle possibilità.

D: Non pagare i debiti è reato? Posso finire in carcere se non ce la faccio?
R: In generale, no, non è reato essere insolventi. L’ordinamento civile punisce col patrimonio, non con la detenzione, il mancato adempimento dei debiti. Nessuno la può incarcerare perché non paga un prestito o una cartella esattoriale – il carcere per debiti è vietato dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Ci sono però alcuni casi particolari da conoscere:

  • Se il debito riguarda obblighi di mantenimento familiare (es. non versa l’assegno divorzile all’ex moglie o gli alimenti ai figli), l’inadempimento volontario e protratto può configurare il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), punibile a querela della persona offesa. Quindi, quei debiti (che non a caso non sono esdebitabili) vanno tenuti in gran conto: in caso di difficoltà, meglio attivarsi in sede civile per chiedere una riduzione dell’assegno piuttosto che accumulare arretrati e rischiare il penale.
  • In ambito fiscale, il mancato pagamento di imposte non è di per sé reato (lo diventa solo se associato a comportamenti fraudolenti: ad es. sottrazione dolosa al pagamento di imposte art. 11 D.lgs.74/2000, che scatta se uno disperde o occulta il patrimonio per non pagare tasse sopra soglie di 50k). Ma non pagare l’IVA o altre imposte dichiarate può divenire reato se supera certe soglie (omesso versamento IVA art.10-ter, >€250k; omesso versamento ritenute art.10-bis >€150k). Questi però sono più affari di imprenditori o professionisti; un pensionato difficilmente incappa in reati tributari se non ha azienda.
  • Emissione di assegni a vuoto: fare debiti tramite assegni scoperti può avere risvolti penali (la legge assegni punisce l’emettere assegni senza provvista con sanzioni, seppur depenalizzate molte condotte, rimangono sanzioni amministrative e l’iscrizione al CAI).
  • Truffa ai creditori: se uno contrae debiti senza volontà di onorarli (es. fa un prestito già progettando di scappare) può configurarsi reato di truffa contrattuale. Ma se lei è in buona fede e semplicemente poi non riesce a pagare, non è reato.
  • Fallimento (solo per imprenditori): lì ci sono reati fallimentari se il debitore tiene comportamenti dolosi (distrazione di beni, falsi in scritture). Ma un privato non fallisce, quindi niente reati fallimentari.

Insomma, la sua libertà personale non è in gioco per la semplice insolvenza. Ciò che rischia – come abbiamo visto – sono i suoi beni e redditi, non certo la galera. Attenzione però: se, esasperato dai creditori, le venisse in mente di sottrarre beni con furbizia (vendite simulate, nascondere soldi) durante una procedura esecutiva o concorsuale, allora sì può incorrere in reati (es. sottrazione di beni pignorati, bancarotta fraudolenta se poi fallisse, ecc.). Anche presentare documentazione falsa in tribunale (per ottenere un piano, ad es.) sarebbe reato di falso o di tentata truffa ai creditori. Quindi agisca sempre con trasparenza e legalità: non pagare per impossibilità non è reato, ingannare lo Stato o i creditori invece può esserlo.

Vorrei sfatare un mito: talvolta società di recupero crediti spaventano dicendo “La porteremo in tribunale penalmente”, oppure minacciano denunce per appropriazione indebita se un prestito non è onorato. Sono in gran parte minacce infondate e pratiche commerciali scorrette. Un debito non pagato resta un fatto civile. Solo casi particolari come quelli detti (assegni scoperti, mantenimento familiare, ecc.) escono dal civile. Quindi non tema le “denunce” ventilate: nove su dieci non approdano a nulla (e se anche sporgessero querela generica, verrebbe archiviata perché non c’è fattispecie di reato). In conclusione, il peggio che possa capitarle è la perdita di beni e denaro (che è serio, ma non la rovina della vita in senso fisico), non la privazione della libertà.

D: Qual è l’errore più grande da evitare per un anziano indebitato?
R: L’errore più grande è l’inerzia totale dettata dalla vergogna o dalla paura. Spesso incontro persone che, per il timore del giudizio sociale o per ansia, evitano di affrontare il problema, accumulando posta non aperta, non rispondendo alle comunicazioni, sperando che “tanto non possono prendermi niente” oppure, all’opposto, vivendo nel terrore di perdere tutto ma senza fare mosse. Questa paralisi può portare a conseguenze peggiori:

  • Opportunità perse: ad esempio, non aderire a una definizione agevolata delle cartelle, che poteva tagliare il debito fiscale; oppure lasciar scadere i termini per opporsi a un decreto ingiuntivo viziato, facendolo passare in giudicato inutilmente.
  • Stress prolungato: l’ansia non affrontata logora. Meglio agire e sapere a cosa si va incontro, piuttosto che vivere anni d’angoscia per poi magari scoprire che ci si poteva liberare prima.
  • Peggioramento della situazione patrimoniale: a volte, per pagare un debito, l’anziano sacrifica ciò che non dovrebbe (es. usa tutti i risparmi per pagare una finanziaria, e poi gli arriva una cartella enorme che non ha più risorse per sanare). Occorre fare un bilancio complessivo e una strategia, con priorità. Agendo a casaccio, si rischia di rimanere comunque insolventi ma pure senza quell’asset che poteva invece essere protetto.

In concreto, non trascuri mai:

  • di aprire tutta la posta raccomandata o atti giudiziari e rispettare i termini (40 giorni per opposizioni, 30 giorni per ricorsi, ecc. – se li perde, certe difese svaniscono);
  • di comunicare con i familiari di fiducia: un figlio, un fratello, qualcuno su cui poter contare emotivamente e magari anche con consiglio pratico;
  • di chiedere aiuto professionale: una consulenza con un avvocato o presso uno sportello debiti spesso è gratuita o poco onerosa e le illumina le opzioni. Non rimandi per risparmiare 200€, rischiando di perderne 20.000 per mancata azione.

Altro errore classico: fare nuove operazioni rischiose per coprire i debiti (es. accendere nuovi prestiti per pagare quelli vecchi, magari finendo vittima di usurai; o vendere la casa frettolosamente a prezzo stracciato per pagare tutto). Queste mosse di solito peggiorano la situazione: nuovo debito su vecchio debito è la ricetta del sovraindebitamento cronico. Meglio affrontare la realtà: se non riesce a pagare, dica di no a chi le propone altri finanziamenti miracolosi (spesso sono specchietti per allodole). Piuttosto, consideri l’alternativa di ridurre e stralciare i debiti tramite gli strumenti legali visti.

In sintesi: non resti solo con i suoi debiti. L’anziano che si chiude per vergogna finisce spesso preda di sciacalli (società di recupero spregiudicate, consulenti millantatori) o compie errori irrimediabili. Parlandone con le persone giuste, scoprirà che c’è più comprensione di quanto pensi e che una via d’uscita c’è sempre, sia essa un accordo transattivo o, nei casi estremi, la “lawful bankruptcy” – fallire in modo regolamentato e ripartire senza debiti.

D: Cosa succede se attivo una procedura di sovraindebitamento e poi non riesco a rispettare il piano?
R: Dipende dalla procedura scelta:

  • Se era un piano del consumatore omologato dal tribunale, ma poi lei non riesce a pagare le rate promesse o a rispettare gli impegni, purtroppo il piano può essere revocato o risolto su istanza dei creditori. Ciò significa che i creditori riacquistano il diritto di agire esecutivamente per intero, detratti ovviamente gli importi che hanno incassato durante il piano. In pratica si torna quasi al punto di partenza (non proprio: i pagamenti fatti restano acquisiti ai creditori). Inoltre, fallire un piano potrebbe precludere di ottenerne un altro per un certo periodo (5 anni di solito). È quindi fondamentale che il piano sia calibrato su ciò che lei realisticamente può fare, con margini di sicurezza. Se ad esempio prevede di pagare €300 al mese, si assicuri che la pensione al netto delle spese glielo consenta stabilmente. Eventualmente, meglio prevedere un piano lungo ma sostenibile che uno più breve ma insostenibile.
  • Nel concordato minore, analogamente, se non adempie, i creditori possono chiedere la risoluzione e tornano a pretendere i crediti per intero (al netto di acconti ricevuti). Dunque occorre prudenza nella proposta iniziale.
  • Nella liquidazione controllata, se lei non coopera o nasconde beni, può essere sanzionato e l’esdebitazione finale negata. Ma se semplicemente il ricavato è minore del previsto non è colpa sua: i creditori prenderanno di meno e amen, l’importante è che lei rispetti gli obblighi di condotta.
  • Nell’esdebitazione incapiente, se si scopre che ha mentito sulla sua incapienza o nei 4 anni successivi non notifica sopravvenienze di reddito, il beneficio può esserle revocato dal tribunale, e i debiti tornano esigibili.

Quindi, se attiva una procedura, segua con scrupolo le indicazioni dell’OCC e del giudice, e informi subito l’OCC in caso di difficoltà. Ad esempio, nei piani del consumatore è possibile chiedere modifiche se sopravvengono eventi gravi (es. malattia, improvvisa perdita di reddito) che impediscono l’esecuzione: il giudice può approvare un aggiustamento, anziché far saltare tutto, specialmente se la causa è indipendente dalla sua volontà.

Il tasso di successo delle procedure dipende molto dalla solidità e sincerità della proposta iniziale. Un buon OCC non costruirà mai un piano troppo ottimistico solo per ottenere l’omologa – perché poi si risolverebbe in un fallimento. Quindi scelga professionisti di cui fidarsi e non prometta più di quel che può per fare contenti tutti: meglio una soluzione modesta ma realistica, che “dare ragione” ai creditori sulla carta e poi non farcela.

In ultima analisi, se anche una procedura concorsuale fallisce, restano comunque aperte opzioni: ad esempio, se un piano viene revocato, nulla vieta che qualche tempo dopo (corretti gli errori) lei chieda una liquidazione controllata per chiudere il capitolo in altro modo. Ovviamente è preferibile far bene al primo colpo.


Conclusione: Abbiamo trattato i punti essenziali per difendere un anziano con debiti. La normativa italiana, specie negli ultimi anni, ha sviluppato un ventaglio di tutele e strumenti per evitare che una persona in età avanzata venga ridotta sul lastrico dai creditori. In particolare:

  • La pensione è protetta in modo robusto (minimo vitale non toccabile, percentuali limitate di pignoramento).
  • La casa di abitazione è salvaguardata dal Fisco (impignorabile se unica), e in caso di creditori privati esistono comunque strategie legali per conservarla o monetizzarla a proprio vantaggio invece che perderla all’asta.
  • Non esistono debitori-perseguitati-a-vita: grazie alle procedure concorsuali, persino chi ha cumulato molti debiti può aspirare a una “ripartenza” liberatoria – concetto di fresh start. Questo è fondamentale per la dignità della persona: un fallimento finanziario non deve condannare alla disperazione perpetua, men che meno quando si è alle soglie della terza età.
  • I familiari dell’anziano debitore possono essere coinvolti in modo positivo (sostegno economico, accettazione consapevole dell’eredità o rinuncia strategica) per evitare che i problemi si trascinino alle generazioni successive.

La chiave sta nell’informazione e nell’azione tempestiva. Un proverbio dice: “Un debito è come una malattia: va affrontato presto, altrimenti peggiora”. Ecco, leggendo questa guida avanzata, speriamo che lei abbia acquisito gli elementi per diagnosticare la “malattia” e sapere a quali “dottori” rivolgersi e quali “cure” sono possibili. Difendersi dai debiti si può, usando la legge e il buon senso come scudo. Non c’è vergogna nel cercare sollievo legale da una condizione di indebitamento: è un suo diritto, costruito dal nostro ordinamento proprio per bilanciare la durezza del mercato col rispetto della persona umana.

Se è arrivato fin qui nella lettura, ha già compiuto un passo importante: ha scelto di capire e di reagire. Continui così, chieda supporto alle figure competenti, e vedrà che – per quanti anni le restino dinnanzi – potrà viverli con più serenità, senza l’incubo costante dei debiti sulle spalle.

Una nota finale sul “punto di vista del debitore”: in questa guida abbiamo privilegiato la prospettiva del debitore anziano. È giusto però ricordare che dall’altro lato vi sono creditori che spesso sono anch’essi persone o enti con delle ragioni. La legge cerca un equilibrio: non si tratta di “farla franca”, ma di trovare una soluzione equa. Difendersi non significa non riconoscere le proprie obbligazioni morali, ma significa evitare abusi, trattamenti inumani o eccessivamente penalizzanti. Con gli strumenti spiegati può spesso raggiungere un compromesso: pagare il giusto possibile ed essere liberato dal resto. È un bene per lei, ma anche la collettività ne trae vantaggio (meno marginalità sociale, meno lavoro nero, ecc.). Quindi non viva la difesa dai debiti come uno scontro frontale, bensì come un processo di risanamento in cui anche i creditori, sotto la guida della legge, alla fine prendono ciò che è ragionevole prendere.

Esempi pratici

Per meglio illustrare l’applicazione concreta dei principi esposti, ecco alcuni casi ipotetici di anziani debitori e le possibili soluzioni adottate:

Esempio 1: Pensionato con soli debiti finanziari e pensione modesta

Il signor Alfio, 68 anni, percepisce una pensione netta di €900 mensili. Non possiede casa (vive in affitto) né altri beni di valore. In passato ha contratto alcuni prestiti personali per aiutare i figli e oggi ha debiti residui per circa €20.000 (due finanziarie e una carta di credito revolving). Da un anno ha smesso di pagare le rate perché la pensione bastava appena alle spese vive. Le finanziarie lo tempestano di chiamate e lettere minacciose.

Analisi: Alfio rientra nei casi di incapienza: €900 di pensione sono inferiori al minimo pignorabile (circa €1.000), dunque legalmente non possono toccargli nulla. Infatti, nessuna delle finanziarie ha sinora avviato un pignoramento, limitandosi a solleciti. È probabile che, se Alfio non ha altri redditi, i creditori alla fine cederanno i crediti a società di recupero le quali, constatata l’inesigibilità, potrebbero dopo un po’ desistere o accettare un piccolissimo saldo e stralcio (ma Alfio non ha risparmi per offrire neanche quello).

Azione consigliata: in questo caso estremo, la strada migliore per Alfio è ricorrere al Tribunale per l’esdebitazione del debitore incapiente. Con l’aiuto di un OCC, può presentare la domanda spiegando che il suo unico reddito è la pensione minima, non ha beni, e il sovraindebitamento è dovuto a necessità familiari (causa meritevole). È molto probabile che il giudice accolga l’istanza e cancelli tutti i suoi €20.000 di debiti, liberandolo dal problema. I creditori saranno avvisati ma, constatando la situazione, difficilmente faranno opposizione. Alfio dovrà solo impegnarsi, nei 4 anni successivi, a comunicare eventuali variazioni (ma vivendo di minima, improbabile che improvvisamente riceva soldi – se anche fosse, dovrebbe pagarne una parte ai creditori, altrimenti rischia revoca).

Risultato: Alfio ottiene il decreto di esdebitazione e le finanziarie non possono più pretendere nulla. I loro crediti vengono chiusi a sofferenza. Alfio può finalmente rispondere al telefono senza timore: qualunque recuperatore lo chiami, lui potrà dire “il debito è stato annullato dal Tribunale, caso chiuso”. Vivrà il resto dei suoi anni con la sola pensione, modesta ma intatta, e senza l’assillo quotidiano delle minacce di pagamento.

(Alternativa: Alfio avrebbe anche potuto, in teoria, non fare nulla e lasciare decorrere i termini di prescrizione. Probabilmente in 10 anni molte delle sue posizioni sarebbero diventate prescritte, a meno di interruzioni. Tuttavia, avrebbe convissuto a lungo con lettere e paura. Con l’esdebitazione, invece, in pochi mesi risolve tutto ufficialmente.)

Esempio 2: Anziana proprietaria di casa con debiti di vario tipo

La signora Bruna, 72 anni, vedova, è proprietaria di un piccolo appartamento dove risiede (valore di mercato ~€80.000) e percepisce una pensione di €1.300 netti al mese. Ha alcuni debiti: €15.000 con la banca (prestito personale contratto per ristrutturazione casa), €8.000 di arretrati condominiali, e una cartella esattoriale di €5.000 per IRPEF non versata su una pensione integrativa. Negli ultimi due anni Bruna non è riuscita a pagare il condominio né le rate del prestito, a causa di spese mediche impreviste. La banca ha ottenuto un decreto ingiuntivo, e il condominio pure l’ha ingiunta portandola in tribunale. Ora Bruna teme che le pignorino la casa.

Problematica: qui ci sono più creditori: banca, condominio, Fisco. La casa di Bruna è prima casa e unico immobile – il Fisco dunque non potrebbe pignorarla, ma la banca e il condominio sì (il condominio ha anche privilegio sulle ultime annualità di spese). La pensione di €1.300 è pignorabile per la parte eccedente €1.000, ossia circa €300, al 20% = €60 al mese. Non basterebbe a soddisfare i debiti in tempi ragionevoli, specie quelli condominiali che crescono con nuove spese. Se pignorassero la casa, all’asta potrebbe andare venduta magari a €50.000 e i creditori sarebbero soddisfatti (la banca ha già ipotecato forse con il decreto, il condominio ha privilegio, il residuo al fisco se rientra). Bruna perderebbe la casa e comunque non è detto che l’incasso copra tutto.

Soluzione proposta: Piano del consumatore in Tribunale. Bruna può rivolgersi all’OCC locale e predisporre un piano di ristrutturazione con queste linee:

  • Mantenere la casa, offrendo ai creditori pagamenti dilazionati grazie alla sua pensione e magari vendendo il garage (supponiamo abbia un garage pertinenziale del valore di €10.000 che può sacrificare).
  • Ad esempio, potrebbe proporre: vendita del garage con ricavato €10.000 da distribuire subito (in parte al condominio per estinguere le spese urgenti, in parte alla banca per ridurre il capitale), e poi rate mensili di €200 per 5 anni prelevate dalla pensione (sono €12.000 in 5 anni). Totale pagherà circa €22.000 su €28.000 di debiti. Nel piano, i creditori privilegiati (condominio per 2 anni di spese, e il Fisco) saranno pagati al 100% magari attingendo di più dal garage venduto e dalle prime rate; la banca (chirografaria per il residuo prestito) accetterà una parziale falcidia (diciamo prende 50% del suo credito).
  • L’OCC evidenzierà che se si andasse a liquidazione forzata della casa, tra spese e ribassi i creditori forse otterrebbero anche meno di €22.000 complessivi, quindi il piano è conveniente. Inoltre Bruna è meritevole (ha fatto debiti per la casa e per necessità, non per lusso).
  • Il giudice, riscontrando ciò, può omologare il piano anche senza l’accordo di banca e condominio (che magari avrebbero preferito vendere subito la casa, ma il giudice può imporre il piano se li soddisfa adeguatamente).
  • Con l’omologa, si sospende subito ogni pignoramento. Bruna vende il garage come previsto (con l’aiuto del liquidatore nominato se necessario) e comincia a versare €200 al mese all’OCC che li ripartisce ai creditori secondo piano.

Risultato: Bruna mantiene la proprietà della sua casa. In 5 anni paga quanto stabilito (grazie anche all’aiuto di un figlio che le versa magari €50 al mese per integrare quei €200). Trascorsi i 5 anni, il tribunale dichiara l’esdebitazione per la parte di debito eventualmente rimasta scoperta. Banca e condominio non possono più pretendere nulla oltre, e la cartella fiscale se non integralmente pagata viene comunque annullata per il residuo. Bruna ha sacrificato il garage e una parte di reddito, ma ha salvato l’abitazione principale, che per lei era la cosa più importante. Anche i creditori hanno avuto il loro: forse non tutto, ma in misura accettabile confrontata con lo scenario di asta giudiziaria incerta. Il condominio ha evitato tempi lunghi recuperando in pochi mesi dal garage e prime rate; il Fisco ha avuto il suo per intero; la banca ha evitato spese ulteriori e incassato metà subito e metà a rate.

(Nota: se Bruna avesse fallito il piano per qualsiasi motivo, sarebbe sempre in tempo a optare per la liquidazione controllata successiva, vendendo casa e chiudendo i debiti con esdebitazione, però avrebbe perso la casa. Quindi per lei il piano era la soluzione ottimale da tentare come prima istanza).

Esempio 3: Piccolo imprenditore anziano con debiti professionali, risolti con liquidazione e esdebitazione

Il signor Carlo, 65 anni, ex artigiano edile, ha chiuso la sua attività 5 anni fa. Gli sono rimasti però debiti: €40.000 con fornitori vari, €25.000 di contributi INPS non versati e relative sanzioni, €15.000 con la banca (scoperto di conto aziendale). Carlo possiede ancora alcuni macchinari e attrezzature dell’attività, dal valore usato stimato di €10.000, e un furgone (vale circa €5.000). Non ha immobili; vive in affitto, ha una sola entrata dalla pensione minima integrata (€750). Non avendo potuto pagare questi debiti, ha ricevuto decreti ingiuntivi e ora molti creditori hanno decretato ma non trovano che pignorare (i macchinari sono in un deposito). Carlo è oppresso dalle ingiunzioni e non vede come pagare €80.000 di debiti nonostante abbia pochi asset.

Scenario: Carlo non è un “consumatore” (debiti di natura imprenditoriale). Non ha reddito disponibile per un piano del consumatore (pensione minima). Potrebbe vendere da solo i macchinari, ma comunque raccoglierebbe spiccioli insufficienti. Qui la soluzione più efficiente è far dichiarare la sua liquidazione controllata:

  • Carlo si rivolge a un OCC o direttamente al tribunale tramite legale, spiegando di essere sovraindebitato non fallibile e chiedendo l’apertura della liquidazione ex art.268 CCII.
  • Il tribunale ammette la procedura, nomina un liquidatore. Da quel momento, tutti i creditori devono presentare domanda in quella sede e cessano le individuali.
  • Il liquidatore prende possesso dei macchinari e del furgone, li mette all’asta o li vende (ricavando poniamo €12.000 in totale). Inoltre, individua che Carlo aveva un credito IRPEF da dichiarazione non riscosso di €1.000 e lo incassa. Totale attivo €13.000.
  • I creditori insinuati sono per €80.000. L’INPS ha privilegio sui contributi (5 anni) su eventuali beni, alcuni fornitori magari privilegio edilizio, ma in assenza di immobili alla fine sono quasi tutti chirografari. Si redige un piano di riparto: i €13.000 vengono distribuiti proporzionalmente, i creditori prendono circa il 16% ciascuno.
  • Esaurita la liquidazione (in 1 anno circa vende tutto), Carlo non ha più nulla. A questo punto, trascorsi 3 anni dall’apertura (o subito chiusa la liquidazione se prima), Carlo chiede l’esdebitazione. Il tribunale verifica: Carlo è stato collaborativo, non ha nascosto nulla (ha consegnato macchinari e furgone spontaneamente), i debiti derivavano dalla sua attività poi cessata, non risultano frodi.
  • Concede quindi l’esdebitazione: i restanti €67.000 di debiti vengono cancellati. I creditori, pur insoddisfatti integralmente, non possono più agire contro di lui (e d’altronde ora sarebbe nullatenente).

Risultato: Carlo riparte senza debiti. La sua pensione (impignorabile perché minima) resta la stessa, ma la differenza ora è che nessuno più potrà avanzare pretese su di lui. Può cercare piccoli lavoretti senza paura che qualcuno gli pignori i guadagni. Può intestarsi un’auto in futuro senza timore che qualche vecchio creditore la blocchi. Insomma, torna economicamente “pulito”, sebbene privo di beni (ma tanto non ne aveva di sostanziali nemmeno prima, se non attrezzi da lavoro).

Considerazione: per un ex imprenditore come Carlo, la liquidazione controllata era la via obbligata. Un piano richiedeva maggioranze di creditori (improbabili, tanti fornitori sparsi) e risorse che non aveva. Lui ha “pagato” dando tutto ciò che poteva (attrezzi e furgone) e qualche anno di tempo; in cambio ha avuto la libertà dal debito. I creditori hanno ottenuto un modesto dividendo, ma se avessero inseguito individualmente forse avrebbero speso di più in cause senza cavare un soldo. Anche lo Stato (INPS e Fisco) incassa una parte e poi chiude la partita.


Questi esempi, pur semplificati, mostrano come ogni situazione debitoria ha una soluzione più adatta:

  • Nullatenente con soli debiti chirografari: esdebitazione incapiente.
  • Debitore con casa e reddito modesto: piano del consumatore per evitare esecuzione sulla casa.
  • Ex imprenditore sovraindebitato senza reddito: liquidazione e scarico dei debiti.

Naturalmente la vita reale è più complessa e ogni caso va calibrato. Ma il messaggio da portare a casa è che nessuno è mai completamente senza speranza: le leggi offrono vie di uscita, serve il coraggio di imboccarle con l’assistenza giusta.

Fonti

Legge 3/2012 e Codice Crisi (D.Lgs 14/2019): possibilità di piano del consumatore senza consenso creditori; concordato minore con voto (60%); liquidazione controllata ex art.268 CCII per non fallibili; esdebitazione di diritto dopo 3 anni in liquidazione controllata (art. 282 CCII). Debitore incapiente art.283 CCII: beneficio con provvedimento giudiziale, ma verifica presupposti e quadriennio monitorato.

Codice di procedura civile, art. 545, comma 7: limite di impignorabilità delle pensioni elevato a 1.000 € mensili (L.142/2022). Notizia INPS, 6 aprile 2023: “Pignoramento delle pensioni: nuovo limite di impignorabilità”.

Decreto Legge 69/2013 (Decr. del Fare) convertito L.98/2013, mod. art. 76 DPR 602/1973: impignorabilità della prima casa per l’Agente della Riscossione (unico immobile, non lusso, residenza); soglia debito €120.000 e ipoteca su >€20.000. Cassazione Civ. ord. 32759/2024: confermata tutela prima casa anche su procedure pendenti al 2013 (applicazione retroattiva).

Corte di Cassazione, Sez. V, ord. n. 7177/2025: fondo patrimoniale – legittima l’ipoteca esattoriale su bene in fondo se il debito (anche d’impresa) soddisfa bisogni familiari. Onere al debitore di provare estraneità ai bisogni familiari. (Sistema Ratio, 03/04/2025).

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