Come Sospendere L’Asta Immobiliare: Guida Dettagliata

Hai ricevuto un avviso di vendita all’asta della tua casa o di un immobile di tua proprietà?
L’ufficiale giudiziario o il delegato ti ha comunicato che l’immobile verrà venduto all’asta pubblica per il recupero di un debito? In questi casi è fondamentale capire se è possibile sospendere l’asta, in quali casi e con quali strumenti legali, per guadagnare tempo o salvare il bene.

Quando puoi chiedere la sospensione di un’asta immobiliare?
– Quando stai tentando di salvare l’immobile attraverso un accordo con il creditore
– Quando hai avviato una trattativa di saldo e stralcio
– Quando hai presentato istanza di rateizzazione o transazione fiscale con Agenzia delle Entrate-Riscossione
– Quando hai proposto un piano del consumatore o una procedura di sovraindebitamento
– Quando l’atto di pignoramento o la procedura esecutiva presentano vizi formali o sostanziali
– Quando sono emersi nuovi elementi di diritto o di fatto che giustificano la richiesta di sospensione

Chi può chiedere la sospensione dell’asta?
– Il debitore esecutato (cioè il proprietario dell’immobile pignorato)
– Il suo avvocato o difensore
– In alcuni casi, anche il creditore procedente, se sta valutando soluzioni alternative alla vendita
– Il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, se ritiene che la vendita vada temporaneamente sospesa

Quali sono gli strumenti per sospendere un’asta immobiliare?
Istanza di sospensione ex art. 624 c.p.c., da presentare al giudice dell’esecuzione con motivazioni precise
Accordo con il creditore, che chiede la sospensione per tentare un pagamento stragiudiziale
Opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, se ci sono vizi nel pignoramento o nella notifica
Istanza per sovraindebitamento, che blocca l’asta in automatico una volta omologato il piano
Accertamento tecnico preventivo, se l’immobile è coinvolto in controversie che ne pregiudicano la vendita
Ricorso urgente (art. 700 c.p.c.), in casi particolarmente gravi e urgenti

Cosa deve contenere l’istanza di sospensione?
– I dati del procedimento esecutivo e dell’immobile pignorato
– L’indicazione della data dell’asta fissata
– Le ragioni giuridiche e fattuali che giustificano la sospensione
– Le prove documentali a supporto (domande di saldo e stralcio, piani di rientro, atti di procedura negoziata o giudiziale)
– La richiesta formale di rinvio o sospensione della vendita fino a nuova udienza

Cosa puoi ottenere con una strategia tempestiva ed efficace?
– La sospensione dell’asta e il rinvio della vendita
– Il tempo necessario per trattare un accordo con il creditore
– La salvaguardia dell’immobile, in attesa di definire una soluzione sostenibile
– La possibilità di sostituire la vendita con il pagamento rateale del debito
– In alcuni casi, la revoca dell’intera procedura esecutiva, se il debito viene estinto o annullato

Attenzione: la sospensione dell’asta non è automatica. Deve essere motivata, documentata e richiesta entro i termini giusti. Se aspetti l’ultimo momento, rischi di perdere definitivamente l’immobile. Con l’assistenza giusta, puoi bloccare la vendita e costruire una difesa su misura.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni immobiliari, pignoramenti e difesa del patrimonio ti spiega come chiedere la sospensione di un’asta, quando farlo, con quali strumenti legali e quali risultati puoi ottenere.

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Introduzione

La vendita forzata di un immobile tramite asta giudiziaria è l’epilogo di una procedura esecutiva avviata dai creditori per recuperare i propri crediti. Dal punto di vista del debitore, in particolare se si tratta della prima casa o di un bene essenziale, sospendere o bloccare l’asta può essere vitale per guadagnare tempo e cercare soluzioni (rifinanziamento, accordi, procedure concorsuali) che evitino la perdita definitiva del bene. In Italia non esiste un diritto assoluto a impedire l’asta – soprattutto se il creditore è un soggetto privato – ma l’ordinamento prevede diversi strumenti giuridici per ottenere una sospensione temporanea o persino l’estinzione della procedura esecutiva. Questa guida aggiornata a luglio 2025 esamina in chiave avanzata (ma con linguaggio chiaro e divulgativo) tutte le possibili cause di sospensione di un’asta immobiliare, tenendo conto delle ultime novità normative e giurisprudenziali. Verranno analizzati i rimedi giudiziali (opposizioni, istanze al giudice, procedure concorsuali) ed extragiudiziali (accordi stragiudiziali, piani di rientro), incluse le particolarità delle aste telematiche oggi prevalenti. Non mancheranno riferimenti a sentenze recentissime delle Corti (Cassazione, Corte Costituzionale) e a modifiche legislative (come la riforma del processo civile 2022/2023 e il nuovo Codice della crisi d’impresa). In appendice, tabelle riepilogative faciliteranno la comprensione sintetica dei vari strumenti, ed una sezione di Domande & Risposte chiarirà i dubbi frequenti dal punto di vista del debitore esecutato, con esempi pratici di come utilizzare al meglio le opportunità offerte dalla legge per “salvare la casa” o comunque evitare l’asta.

Quadro normativo di riferimento 📖

Per capire come sospendere un’asta immobiliare occorre richiamare brevemente le fonti normative italiane in materia di esecuzione forzata e le leggi speciali di tutela del debitore:

  • Codice di procedura civile (c.p.c.) – Disciplina la procedura esecutiva immobiliare (artt. 555 e segg. c.p.c.) e i rimedi oppositivi. In particolare: l’art. 615 c.p.c. regola l’opposizione all’esecuzione; l’art. 617 c.p.c. l’opposizione agli atti esecutivi; gli artt. 623-624 c.p.c. riguardano la sospensione del processo esecutivo; l’art. 624-bis c.p.c. introduce la sospensione concordata su istanza delle parti; l’art. 625 c.p.c. stabilisce il procedimento per decidere sulla sospensione; l’art. 626 c.p.c. ne indica gli effetti (durante la sospensione nessun atto esecutivo può compiersi). Da ricordare anche l’art. 560 c.p.c., che consente al giudice, in casi straordinari, di sospendere o posticipare il rilascio dell’immobile pignorato (quindi di ritardare lo sloggio del debitore occupante) per ragioni di particolare tutela familiare o sociale.
  • Codice civile (c.c.) – Contiene i principi generali: l’art. 2740 c.c. sancisce che il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, mentre l’art. 2744 c.c. vieta il patto commissorio (che il creditore diventi proprietario del bene pignorato). L’art. 2929 c.c. regola la possibilità di sospendere l’esecuzione se il debitore offre cauzione nei casi di opposizione fondata su fatti sopravvenuti (ad es. pagamento effettuato dopo il pignoramento). Inoltre, va ricordato che eventuali clausole abusive nei contratti con il consumatore (es. tassi usurari, clausole anticoncorrenziali) possono incidere sull’esecuzione: la Cassazione a Sezioni Unite n. 9479/2023 ha stabilito che il giudice dell’esecuzione deve verificare d’ufficio la presenza di clausole abusive nei contratti bancari e finanziari, potendo dichiararne la nullità anche se il consumatore non le aveva contestate prima. Ciò significa che, fino al momento della vendita, il giudice deve attivarsi per tutelare il debitore-consumatore da pretese basate su clausole nulle, eventualmente sospendendo o invalidando l’esecuzione fondata su di esse. Ad esempio, sono state ritenute abusive clausole che limitavano la portabilità del mutuo (diritto di surroga) o che imponevano oneri sproporzionati al debitore: se il pignoramento si fonda su un contratto contenente tali pattuizioni, l’asta potrà essere bloccata in autotutela giudiziale.
  • Leggi speciali in materia di credito e crisi – La tutela del debitore si è evoluta anche con normative speciali:
    • La Legge 3/2012 (cosiddetta legge “salva suicidi”) e, dal 2022, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”) introducono procedure concorsuali per soggetti sovraindebitati non assoggettabili al fallimento (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti). Queste procedure (il piano del consumatore – oggi “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”, il concordato minore, la liquidazione controllata ed altre) prevedono misure protettive e sospensive delle azioni esecutive individuali, come dettagliato più avanti.
    • Il Testo Unico Bancario (TUB) all’art. 120-quinquiesdecies TUB (introdotto nel 2016) consente la sospensione fino a 18 mesi delle rate di mutuo prima casa in caso di temporanea difficoltà (Fondo Gasparrini), ma attenzione: questa è una moratoria sul pagamento delle rate, non una sospensione della procedura esecutiva già in corso. Se l’asta è già avviata, il beneficio del fondo di solidarietà mutui non blocca il pignoramento, ma può incidere solo se attivato prima che la banca agisca.
    • Normativa fiscale (D.P.R. 602/1973): disciplina le espropriazioni da parte dell’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia). Qui spicca l’art. 76 D.P.R. 602/73 che tutela la “prima casa” del debitore nei confronti del fisco: se l’immobile pignorato è l’unico di proprietà del debitore, adibito a uso abitativo e sua residenza anagrafica, e il debito con il fisco è inferiore a €120.000, l’agente della riscossione non può procedere al pignoramento. In pratica, la prima (ed unica) casa è impignorabile dal Fisco se ricorrono tutte queste condizioni (unico immobile, residenza del debitore, non di lusso, debito < 120k). La Cassazione ha chiarito che tale impignorabilità si applica anche ai pignoramenti fiscali avviati prima dell’entrata in vigore della norma (21/06/2013) se l’esecuzione è ancora pendente. Ciò non vale però per i creditori privati (banche, finanziarie, privati): essi possono pignorare anche la prima casa del debitore (non esistono per legge “zone franche” contro i creditori privati, a parte alcune moratorie temporanee emergenziali di cui si dirà). Dunque, la tutela della prima casa nel contenzioso privato va perseguita con gli strumenti ordinari (opposizioni, accordi, ecc.), mentre contro il Fisco esiste un limite legale all’azione esecutiva.
    • Leggi emergenziali e misure temporanee: durante la pandemia COVID-19 il legislatore è intervenuto con moratorie straordinarie. In particolare l’art. 54-ter del D.L. 18/2020 (Cura Italia), inserito in sede di conversione, ha sospeso tutte le procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore dal 30 aprile 2020 al 30 giugno 2021. Terminata l’emergenza, queste sospensioni non sono più in vigore. Il principio però rimane: in situazioni eccezionali (calamità, pandemia, etc.) il Parlamento può disporre con legge la sospensione generalizzata delle aste, che si aggiunge alle cause “ordinarie” previste dal Codice di procedura civile. Ad esempio, provvedimenti analoghi di sospensione delle esecuzioni hanno riguardato soggetti colpiti da eventi sismici o altre emergenze locali in passato. Tali sospensioni ope legis rientrano nella categoria della “sospensione esterna” ex art. 623 c.p.c., perché disposte direttamente dalla legge indipendentemente dalla volontà delle parti o del giudice dell’esecuzione.

Nei paragrafi che seguono esamineremo le diverse tipologie di sospensione dell’asta immobiliare e della procedura esecutiva, distinguendo tra: sospensione volontaria (concordata tra le parti), sospensione su istanza di parte al giudice dell’esecuzione (in caso di opposizioni o altre istanze nel processo esecutivo), sospensione derivante da procedure concorsuali o di sovraindebitamento, e sospensioni automatiche o esterne previste dalla legge (moratorie). Ciascuna di queste tipologie ha presupposti specifici, tempi e modalità proprie, che andremo ad illustrare in dettaglio, con riferimento alle norme applicabili e alle più recenti interpretazioni giurisprudenziali.

Sospensione volontaria concordata (art. 624-bis c.p.c.)

Una prima possibilità per sospendere un’asta è quella volontaria, concordata tra tutte le parti coinvolte. L’art. 624-bis c.p.c., introdotto nel 2005 e poi modificato nel 2015, prevede che tutti i creditori muniti di titolo esecutivo possano congiuntamente chiedere al giudice dell’esecuzione la sospensione della procedura. Questo strumento – detto anche “sospensione concordata” – di fatto formalizza una prassi che prima della sua introduzione avveniva in modo ufficioso (le parti chiedevano rinvii d’udienza per trattative, senza una base legale chiara). Ora invece la legge consente espressamente alle parti di “mettere in pausa” l’esecuzione, allo scopo di favorire soluzioni transattive o pagamenti dilazionati.

Presupposti e procedura della sospensione concordata

Per ottenere la sospensione ex art. 624-bis c.p.c. devono sussistere questi requisiti chiave:

  • Unanimità dei creditori procedenti: l’istanza deve provenire da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo (cioè quelli che hanno diritto a partecipare all’esecuzione). Se vi è un solo creditore procedente, ovviamente basterà il suo accordo. Eventuali altri creditori intervenuti senza titolo esecutivo (es. creditori chirografari che intervengono solo per cautela) non contano ai fini del consenso. In pratica, tutti i creditori principali devono essere d’accordo a sospendere. La richiesta può essere materialmente depositata anche da uno solo degli avvocati dei creditori, purché nell’atto si dichiari che tutti gli altri creditori consenzienti hanno aderito; oppure può essere presentata da ciascun creditore con separate istanze concordanti. Spesso il giudice fissa un’udienza ad hoc per verificare l’adesione di tutti i creditori, sentendo anche il debitore.
  • Istanza tempestiva prima dell’asta: la legge fissa precisi termini di decadenza. Nelle espropriazioni immobiliari l’istanza va presentata almeno 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte (nelle vendite senza incanto) oppure, se è prevista l’asta con incanto, almeno 15 giorni prima della data dell’incanto. Questo per tutelare i potenziali offerenti: oltre tale data, l’asta è imminente e non si possono più congelare le cose senza pregiudicare chi voleva partecipare. Occorre dunque attivarsi per tempo. Nota: oggi la modalità di vendita senza incanto è la regola, con offerte telematiche; l’incanto tradizionale è divenuto raro, ma la norma prevede entrambe le situazioni. Attenzione: molti debitori ignorano questo termine di 20 giorni e cercano di ottenere un accordo con le banche all’ultimo momento: se l’accordo arriva troppo tardi (ad es. a pochi giorni dall’asta) non sarà più possibile formalizzare la sospensione concordata. In tal caso l’unica via sarà un’iniziativa d’urgenza diversa (un’opposizione dell’ultim’ora con richiesta di sospensione, oppure il pagamento integrale del debito per estinguere la procedura in extremis).
  • Durata massima 24 mesi, una sola volta: il giudice può sospendere la procedura fino a due anni. La durata concreta viene normalmente indicata nell’istanza dalle parti o stabilita dal giudice in base alle esigenze (es. “sospensione per 6 mesi”). In ogni caso 24 mesi è il massimo consentito. Inoltre tale beneficio può essere concesso una sola volta nel corso di un’esecuzione. Ciò significa che, se la procedura riprende dopo una prima sospensione concordata, non sarà più possibile ottenerne una seconda con lo stesso meccanismo.
  • Decisione del giudice ed effetti: depositata l’istanza, il Giudice dell’Esecuzione (GE) provvede entro 10 giorni. Se tutti i requisiti sono rispettati, normalmente il GE accoglie la richiesta emettendo un’ordinanza di sospensione. Questa viene comunicata al custode giudiziario e dev’essere pubblicata sul portale delle vendite dove è inserito l’annuncio d’asta, così che sia noto pubblicamente che l’asta è sospesa. Da quel momento la procedura entra in uno stato di “quiescenza”: nessun atto esecutivo può essere compiuto finché dura la sospensione. Non si terranno aste, non si assegnano beni, non si distribuiscono somme, ecc., salvo atti urgenti di conservazione autorizzati dal giudice (ad es. mettere in sicurezza un immobile). È importante notare che il debitore non ha potere di veto: viene “sentito” dal giudice prima di decidere, ma anche se fosse contrario la sospensione può essere disposta ugualmente (in pratica il debitore di rado si oppone, perché è lui stesso a beneficiare della pausa).
  • Revoca e ripresa: la sospensione concordata tutela sia il debitore che i creditori, ma questi ultimi possono ripensarci. La legge prevede infatti che anche un solo creditore tra quelli che avevano aderito può chiedere al giudice di revocare l’ordinanza di sospensione in qualsiasi momento, se magari le trattative falliscono. Il giudice, sentito di nuovo il debitore, può revocare e far ripartire l’esecuzione. Se invece si arriva al termine fissato (es. 6 mesi) senza revoca, la procedura rimane sospesa fino a quella scadenza. Alla scadenza, se nel frattempo il debitore ha pagato i creditori oppure hanno raggiunto un accordo definitivo, normalmente il creditore procedente presenterà istanza di estinzione della procedura. Diversamente, se l’accordo non si è concretizzato, i creditori dovranno attivarsi per riassumere il processo esecutivo entro 10 giorni dalla scadenza, chiedendo al GE di fissare una nuova udienza per proseguire. Se nessuno si fa vivo entro quel termine, la procedura verrà dichiarata estinta dal giudice per inattività delle parti (art. 630 c.p.c.). Dunque il creditore che non abbia ottenuto piena soddisfazione deve muoversi entro quei 10 giorni, altrimenti perde la possibilità di proseguire e dovrà eventualmente iniziare da capo un nuovo pignoramento.

Quando conviene la sospensione concordata? Dal lato del debitore, sempre quando c’è margine di trattativa con i creditori. Ad esempio se la banca è disponibile a una rinegoziazione del mutuo o a un saldo e stralcio (pagamento parziale concordato) ma serve tempo per reperire la liquidità, una sospensione di alcuni mesi evita l’asta e dà respiro. Dal lato del creditore, può convenire se il mercato immobiliare è sfavorevole (prezzi bassi nelle aste) o se intravede la possibilità di incassare più rapidamente accettando un accordo con il debitore piuttosto che attendere l’esito incerto dell’asta. Entrambi hanno quindi ragioni per talvolta “mettere in freezer” l’esecuzione in vista di una soluzione negoziale. Esempio pratico: Tizio ha la casa all’asta per un mutuo non pagato; propone alla banca di trovare un acquirente privato che compri l’immobile a un prezzo migliore di quello d’asta, così da pagare il debito. La banca accetta di sospendere per 6 mesi l’esecuzione (ex art. 624-bis) in modo da consentire la vendita privata. Se Tizio riesce nell’intento, la procedura verrà estinta perché il credito sarà rimborsato; se fallisce, dopo 6 mesi l’asta riprenderà.

Limiti: La sospensione concordata non risolve definitivamente il problema – è una dilazione. Se il debitore non utilizza proficuamente il tempo ottenuto (ad esempio non riesce a ottenere il prestito promesso dai familiari, o l’acquirente interessato si ritira), si torna al punto di partenza. Inoltre, se ci sono molti creditori, basta che uno non sia d’accordo per far saltare l’opzione 624-bis. Infine, può essere utilizzata una volta sola, dunque non è possibile accumulare più sospensioni volontarie in serie. In caso di fallimento dell’accordo, eventuali ulteriori rinvii dovranno basarsi su altri presupposti (es. un’opposizione con sospensiva, oppure l’avvio di una procedura di sovraindebitamento, come vedremo).

Da segnalare che la sospensione ex art. 624-bis c.p.c. riguarda l’intera procedura esecutiva, non è frazionabile per singoli lotti. La giurisprudenza ha chiarito che se il pignoramento comprende più immobili, non si può sospendere “a metà” limitatamente ad alcuni beni: o c’è accordo su tutto o il giudice non può sospendere solo per alcuni lotti lasciando altri in asta.

Opposizione all’esecuzione e sospensione giudiziale (artt. 615, 624 c.p.c.)

Passiamo ora ai rimedi di natura giudiziale azionabili dal debitore (o da terzi interessati) per contestare la legittimità dell’esecuzione. Il Codice di rito prevede diverse forme di opposizione, distinte principalmente in: opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) e opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.). In questa sede ci concentriamo sull’opposizione all’esecuzione, che è lo strumento con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere (es. perché il titolo esecutivo è invalido, il debito è già estinto, la procedura è viziata da pignoramento nullo, ecc.). L’opposizione all’esecuzione può essere proposta prima che l’esecuzione inizi (di solito contro il precetto) oppure dopo l’inizio (cioè a pignoramento avvenuto): si parla in dottrina rispettivamente di opposizione preventiva e successiva.

In entrambi i casi, l’art. 615 c.p.c. consente al debitore di chiedere al giudice una sospensione in via d’urgenza. Le modalità però differiscono a seconda del momento in cui si agisce:

  • Opposizione a precetto (art. 615 co.1 c.p.c.) – sospensione “esterna”: se il debitore riceve un atto di precetto (l’atto che intima il pagamento entro 10 giorni, preludio del pignoramento) e contesta il diritto del creditore di procedere (ad es. perché ritiene che il debito non sia dovuto, oppure che il precetto sia invalido), può proporre opposizione prima che inizi l’esecuzione, citando in giudizio il creditore dinanzi al tribunale competente. In tale causa (detta anche opposizione pre-esecutiva), il debitore può chiedere al giudice dell’opposizione (quindi non al GE, che ancora non è investito del caso) di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 co.1. Il giudice competente (spesso lo stesso tribunale che ha emesso il titolo, se è una sentenza, oppure altro giudice a seconda della materia) valuterà se vi sono gravi motivi per sospendere. Esempio: Caio riceve precetto dalla Banca XY per 100.000€ garantiti da mutuo; Caio ritiene di aver già pagato buona parte e che il conteggio sia errato. Propone opposizione al precetto evidenziando i pagamenti non scalati e chiede la sospensione. Se il giudice concede la sospensione, il titolo esecutivo (mutuo) perde provvisoriamente efficacia esecutiva, quindi il pignoramento non può essere avviato nelle more della causa. Si tratta di una sospensione esterna all’esecuzione ai sensi dell’art. 623 c.p.c., perché decisa da un giudice (quello dell’opposizione) diverso dal giudice dell’esecuzione. Effetti pratici: la sospensione concessa dal giudice dell’opposizione a precetto impedisce l’inizio o la prosecuzione di qualsiasi esecuzione basata su quel titolo. La Cassazione ha affermato che un’eventuale pignoramento effettuato nonostante la sospensione del titolo è radicalmente nullo. Inoltre, anche se l’esecuzione fosse iniziata nelle more (ad esempio il creditore agisce molto velocemente e pignora prima che il giudice si pronunci sulla sospensiva), una volta che l’ordinanza di sospensione viene emessa essa produce un effetto a cascata che impone al GE di sospendere il processo esecutivo già pendente in forza dell’art. 623 c.p.c.. In altre parole: la sospensione “esterna” decisa dal giudice dell’opposizione retroagisce sul processo esecutivo eventualmente in corso, bloccandolo. Questo è un punto importante, chiarito dalla Cass. civ. Sez. III n. 26285/2019. Quanto alla durata, la sospensione dell’esecutività del titolo (ex art. 615 co.1) tipicamente perdura sino alla definizione del giudizio di opposizione (sentenza). Se l’opposizione viene accolta e il precetto è annullato, il titolo perde efficacia in via definitiva e quindi l’esecuzione non potrà iniziare (o proseguire). Se invece l’opposizione viene rigettata, il creditore potrà notificare nuovo precetto e procedere (l’ordinanza di sospensione a quel punto viene revocata o comunque perde efficacia automaticamente con la sentenza sfavorevole al debitore).
  • Opposizione all’esecuzione iniziata (art. 615 co.2 c.p.c.) – sospensione “interna”: se il debitore non ha fatto opposizione prima, oppure viene a conoscere di motivi di contestazione dopo l’avvio del pignoramento, può proporre opposizione all’esecuzione durante la procedura esecutiva. Ad esempio, Tizio scopre che la banca ha pignorato la sua casa; dopo il pignoramento, la Corte Costituzionale emette una sentenza che annulla la legge su cui era basato il titolo esecutivo – questo è un “fatto sopravvenuto” che legittima un’opposizione all’esecuzione in corso. L’art. 615 co.2 c.p.c. prevede che queste opposizioni vadano proposte con ricorso al giudice dell’esecuzione (GE), cioè davanti allo stesso tribunale che gestisce l’asta. Si apre così un incidente di cognizione all’interno dell’esecuzione. Il debitore, insieme al ricorso in opposizione, può chiedere al GE di sospendere il processo esecutivo ex art. 624 c.p.c.. Tale norma dispone: “Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615 e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza”. Dunque:
    • L’istanza va rivolta al GE competente per l’esecuzione in corso.
    • Deve esserci un’opposizione pendente (ex art. 615 co.2 c.p.c. oppure un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., ossia se un terzo sostiene che il bene pignorato è suo – anche quel caso rientra).
    • Il GE valuta sommariamente i “gravi motivi”, cioè la plausibilità delle ragioni di opposizione e il pericolo nel proseguire l’esecuzione (ad esempio se appare evidente che il debito non esiste, sarebbe gravissimo vendere la casa ingiustamente).
    • Può subordinare la sospensione a una cauzione (una garanzia versata dal debitore per eventuali danni da ritardo al creditore), ma spesso la cauzione non è richiesta se i motivi appaiono fondati.
    Proceduralmente, il GE può decidere inaudita altera parte (senza sentire l’altro) se l’urgenza è tale, oppure fissa un’udienza a breve per sentire creditore e debitore e poi pronuncia l’ordinanza. Contro l’ordinanza del GE (che conceda o neghi la sospensione) si può fare reclamo al collegio entro 15 giorni (richiamo all’art. 669-terdecies c.p.c.). Se la sospensione è concessa, l’intera procedura esecutiva entra in pausa: il pignoramento resta però attivo (non viene cancellato subito), ma «nessun atto esecutivo può essere compiuto» durante la sospensione. L’asta fissata verrà rinviata sine die, in attesa dell’esito del giudizio di merito sull’opposizione. In pratica l’asta è sospesa dal giudice. Questa è la situazione tipica in cui si dice colloquialmente “ho bloccato l’asta facendo opposizione”. Occorre poi distinguere gli sviluppi:
    • Se il debitore (opponente) coltiva la causa di merito: l’opposizione all’esecuzione, infatti, dopo la fase sommaria davanti al GE, deve essere introdotta nel merito entro un termine perentorio assegnato (tipicamente 60 giorni ex art. 616 c.p.c.). Se il debitore non iscrive a ruolo la causa di merito nei termini, la legge prevede una sanzione precisa: il GE, su istanza di parte o anche d’ufficio, dichiarerà estinta la procedura esecutiva (art. 624 co.3 c.p.c.). Cioè, paradossalmente, se il debitore ottiene la sospensione ma poi non prosegue l’opposizione, l’asta viene definitivamente annullata e il pignoramento cancellato. Questa regola, introdotta per evitare che il debitore blocchi l’esecuzione e poi tergiversi, crea però un effetto di “estinzione” che gioca a favore proprio del debitore dilatorio! Infatti alcuni debitori in passato hanno usato tattiche del genere per far decadere il pignoramento. La Cassazione (sent. 26285/2019 cit.) ha chiarito che se contemporaneamente pendeva un’opposizione a precetto e una all’esecuzione, il debitore non può far doppio gioco: non è tenuto a riavviare la causa di merito nell’esecuzione sospesa se già c’è quella sul precetto che copre gli stessi motivi. Ma in assenza di altra causa, la mancata riassunzione comporta estinzione dell’esecuzione.
    • Se la causa di merito va avanti: si passerà attraverso sentenza di primo grado, eventuale appello, ecc. Durante tutto questo tempo l’asta rimane sospesa. Se alla fine l’opposizione viene accolta, l’esecuzione sarà dichiarata improcedibile (ad es. pignoramento nullo, titolo inesistente, ecc.) e quindi definitivamente chiusa; se invece l’opposizione viene rigettata in via definitiva, il creditore potrà chiedere al GE di revocare la sospensione e proseguire con l’asta. Tecnicamente, a conclusione del giudizio di opposizione, la parte interessata riassume il processo esecutivo entro max 6 mesi dal passaggio in giudicato (art. 627 c.p.c.). Trascorso tale termine senza riassunzione, anche qui scatta l’estinzione.

In sintesi, l’opposizione all’esecuzione con istanza di sospensione è il tipico strumento cautelare del debitore per fermare l’asta quando egli ritiene che ci sia una ragione di illegittimità alla base dell’azione esecutiva. Può essere una ragione sostanziale (es. il debito non esiste o è stato pagato) oppure formale (es. il titolo esecutivo è viziato, il pignoramento è nullo perché notificato male). La sospensione verrà concessa solo se tali motivi appaiono seri (fumus boni iuris) e se vi è un periculum nel far proseguire la vendita.

Da ricordare: l’ordinanza che decide sulla sospensione è reclamabile (art. 624 co.2 c.p.c.), quindi se il GE nega la sospensione il debitore può impugnare il diniego in tribunale (collegio) entro 15 giorni, sperando in una riforma. Viceversa, se il GE la concede, il creditore potrà reclamare per farla revocare. In caso di reclamo, la procedura resta sospesa in attesa della decisione del collegio.

Un aspetto pratico: la tempistica. L’istanza va proposta tempestivamente. Se il debitore aspetta l’ultimo giorno prima dell’asta per depositare l’opposizione con urgenza, deve sperare che il GE fissi un’udienza o emetta decreto sospensivo prima dell’orario d’asta. Ci sono casi reali in cui il provvedimento di sospensione è arrivato poche ore o minuti prima dell’incanto, salvando in extremis l’immobile. Ad esempio, in una vicenda segnalata (Tribunale di Lodi 2024), l’ordinanza di sospensione del GE è stata comunicata mezz’ora prima dell’inizio dell’asta, scongiurando la vendita. Questo mostra che, se vi sono validi motivi, fino all’ultimo istante c’è speranza: l’importante è aver avviato l’iter e aver messo il giudice nelle condizioni di decidere.

Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.): merita una parola l’ipotesi in cui un terzo estraneo all’esecuzione sostiene di avere diritti sul bene pignorato (ad es. il coniuge non debitore afferma che la casa è in comunione legale ma il debito è solo dell’altro coniuge, oppure Tizio sostiene di essere proprietario dell’immobile che Caio debitore ha venduto a lui prima del pignoramento). Il terzo può proporre opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. davanti al GE, e anche per lui vale la facoltà di chiedere la sospensione ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. I criteri sono gli stessi (gravi motivi). Se ad esempio il terzo esibisce un titolo di proprietà verosimilmente autentico, il giudice sospenderà l’asta in attesa di accertare di chi è il bene. Si tratta quindi di un ulteriore scenario in cui l’asta può bloccarsi.

Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): qui il debitore non contesta il diritto a procedere in sé, ma la regolarità formale di singoli atti della procedura (es. l’atto di pignoramento notificato senza indicare la data d’asta, o l’avviso di vendita contenente errori, ecc.). L’opposizione agli atti va proposta entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto viziato. Se l’opposizione riguarda atti prima dell’inizio dell’esecuzione (precetto o atto di pignoramento viziati formalmente), è un’opposizione pre-esecutiva ex art. 617 co.1 da farsi con citazione al giudice competente. Se riguarda atti durante l’esecuzione (es. l’ordinanza di vendita, l’avviso d’asta, ecc.), va proposta al GE con ricorso (art. 617 co.2). Anche nell’opposizione agli atti è ammessa la sospensione: l’art. 618 c.p.c. stabilisce che il giudice (dell’opposizione agli atti) “può sospendere il processo” se dall’atto impugnato può derivare un danno grave e irreparabile. Ad esempio, se si impugna l’avviso di vendita perché pubblicato senza rispettare i termini, il giudice può sospendere la vendita imminente. La differenza è che queste sospensioni hanno di solito portata più limitata (bloccano il singolo atto, spesso l’udienza d’asta viene differita di qualche mese). La legge prevede espressamente che l’opposizione agli atti sospende il decorso del termine di efficacia del pignoramento (art. 628 c.p.c.), per evitare che durante il contenzioso l’eventuale inattività faccia decadere il pignoramento ex art. 497 c.p.c. In sostanza, mentre è sospeso per opposizione agli atti, il pignoramento non “scade”.

In caso di irregolarità gravi nel processo esecutivo, il GE talvolta può anche agire d’ufficio: ad esempio, se rileva che la notifica del pignoramento è nulla e non sanabile, egli stesso può dichiarare la nullità e cancellare l’asta senza attendere l’opposizione del debitore. Tuttavia, nella pratica il GE difficilmente sospende o annulla d’ufficio (anche perché il principio dispositivo riserva alle parti di attivarsi). Quindi è sempre consigliabile che il debitore sollevi tempestivamente i vizi attraverso i mezzi di opposizione formali, anziché sperare nell’intervento officioso del giudice.

Riassumendo i punti chiave sulle opposizioni:

  • Possono bloccare l’asta se c’è una contestazione fondata (debito non dovuto, titolo nullo, vizio procedura, ecc.).
  • Serve un provvedimento del giudice (ordinanza di sospensione) per arrestare la vendita. La semplice proposizione del ricorso non sospende automaticamente (a differenza di quanto accade in appello civile, qui non opera il principio sospensivo salvo accoglimento istanza).
  • La sospensione può essere revocata se l’opposizione perde di consistenza (es. emergono nuovi fatti contro il debitore).
  • Se l’opponente abusa dello strumento solo per ritardare (ad esempio inventando motivi infondati), rischia una condanna alle spese e al risarcimento per lite temeraria (art. 96 c.p.c.). In ogni caso, dovrà poi affrontare il merito: la sospensione è un risultato provvisorio condizionato all’esito della causa. Il debitore diligente userà quel tempo per cercare soluzioni (es. concordare un saldo e stralcio, o avviare un piano di rientro) consapevole che, se perde la causa, l’asta riprenderà da dove si era fermata.

Tabella riepilogativa – Opposizioni e sospensione dell’asta

Tipo di opposizioneTermine e FaseChi decide la sospensioneDurata ed effettiRiferimenti
Opposizione a precetto (art. 615 co.1 c.p.c.)Entro 40 gg dalla notifica del precetto (prima che inizi l’esecuzione)Giudice dell’opposizione (tribunale competente per materia/valore)Sospende efficacia del titolo (quindi blocca avvio dell’esecuzione) se gravi motivi. La sospensione dura fino a definizione causa di merito (o revoca). Se concessa dopo che il pignoramento è partito, produce sospensione esterna ex art. 623 c.p.c. dell’eventuale esecuzione pendente.Art. 615 co.1 c.p.c.;Art. 623 c.p.c.; Cass. SU 26285/2019
Opposizione all’esecuzione (art. 615 co.2 c.p.c.)Durante l’esecuzione, finché non sia esaurita (prima dell’aggiudicazione definitiva)Giudice dell’Esecuzione (tribunale procedura)Sospende il processo esecutivo se gravi motivi ex art. 624 c.p.c.. L’asta viene rinviata. La sospensione dura fino a sentenza nell’opposizione (salvo obbligo riassunzione, max 6 mesi, per evitare estinzione). Se opposizione accolta, l’esecuzione si chiude; se respinta, il creditore può chiedere ripresa dell’asta.Art. 615 co.2 c.p.c.; Art. 624 c.p.c.; Art. 627 c.p.c.
Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.)Durante l’esecuzione (dal pignoramento in poi, finché pendenza)Giudice dell’Esecuzione (tribunale procedura)Sospende il processo esecutivo se gravi motivi (simile a oppos. esecuzione) quando il terzo dimostra un diritto incompatibile col pignoramento. L’asta è bloccata in attesa della decisione sulla proprietà o diritto del terzo.Art. 619 c.p.c.; Art. 624 c.p.c.
Opposizione agli atti (art. 617 c.p.c.)Entro 20 gg dalla notifica o conoscenza dell’atto viziato. Prima dell’esecuzione (precetto/pignoramento) o durante.Giudice competente:- se atto pre-esecuzione: tribunale (citazione)- se atto in corso: GE (ricorso)Può sospendere il singolo atto o l’intero processo se l’atto impugnato comporta danno grave e irreparabile. Es: annulla o rinvia l’asta se l’avviso di vendita è viziato. Sospende anche il decorso dei termini di efficacia del pignoramento. Effetto provvisorio finché decide nel merito sulla validità dell’atto.Art. 617 c.p.c.; Art. 618 c.p.c.; Art. 628 c.p.c.

Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) – Pagare a rate per fermare l’asta

Un ulteriore strumento a disposizione del debitore, previsto dal codice, è la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.). Questo istituto consente al debitore esecutato di evitare la vendita forzata pagando il dovuto, anche se non immediatamente in un’unica soluzione, ma offrendo un pagamento rateale garantito da un deposito iniziale. In pratica, la conversione è una procedura che “trasforma” il pignoramento immobiliare in un pagamento dilazionato controllato dal tribunale. Se il debitore riesce a completare i pagamenti secondo le modalità approvate, la procedura esecutiva viene estin­ta definitivamente.

Come funziona la conversione:

  • Il debitore deve presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione prima che abbia inizio la vendita (di solito entro l’udienza di approvazione dell’ordinanza di vendita, comunque sicuramente prima che si perfezioni un’aggiudicazione). Per le esecuzioni immobiliari, in genere l’istanza va fatta non oltre la data fissata per l’incanto o per la vendita senza incanto – alcuni tribunali richiedono che sia depositata con un certo anticipo (ad es. 5 giorni prima dell’asta) per poter essere esaminata, pena l’inammissibilità per tardività. È buona regola depositarla appena possibile, idealmente già alla prima udienza dopo il pignoramento.
  • Nell’istanza il debitore si impegna a pagare per intero la somma dovuta ai creditori (capitale, interessi, spese) e le spese della procedura. Per dare concreta serietà all’istanza, la legge richiede un deposito immediato di una percentuale del debito. Attualmente (dopo le modifiche intervenute) il debitore deve depositare una somma non inferiore ad 1/5 (20%) dell’importo del credito per cui si procede, comprensivo di accessori, oppure l’intero importo dei crediti dei creditori eventualmente intervenuti con diritto di prelazione sul bene. Questo deposito serve da acconto.
  • Il debitore nella stessa istanza può chiedere di pagare il residuo a rate. Il giudice può concedere fino a 18 mesi di tempo, con pagamento rateale mensile (salvo modifiche recenti: la riforma Cartabia ha valutato l’estensione a 24-30 mesi in alcuni casi, ma manteniamoci su 18 mesi che è il termine storico vigente). Ad esempio, debito di €100.000: il debitore deposita subito €20.000; il GE sospende l’esecuzione e fissa 18 rate mensili per pagare i restanti €80.000, eventualmente maggiorate di interessi legali.
  • Se il giudice dell’esecuzione accoglie l’istanza di conversione, con ordinanza stabilisce le rate e le relative scadenze. Automaticamente, la procedura esecutiva viene sospesa: non si procede all’asta finché il debitore rispetta il piano di pagamento. L’ordinanza viene comunicata al custode e annotata, cosicché l’asta fissata viene cancellata.
  • Esiti possibili:
    • Se il debitore paga puntualmente tutte le rate entro il termine concesso, al termine il giudice dichiara l’estinzione del pignoramento per avvenuto soddisfo dei crediti (art. 495 co.2). Il bene pignorato viene liberato da vincoli e l’esecuzione si chiude senza vendita.
    • Se il debitore manca il pagamento di anche una sola rata alle scadenze fissate, la conversione decade. Il GE, su istanza del creditore, dichiarerà la decadenza e la procedura riprenderà dal punto in cui era stata sospesa, trattenendo però le somme già versate. Quelle somme verranno distribuite ai creditori in conto parziale del debito (quindi il debitore ha comunque ridotto il debito, ma ha perso l’occasione di salvarsi dalla vendita). Importante: la conversione si può chiedere una sola volta. Se decade per inadempimento, il debitore non potrà riproporla.

La conversione del pignoramento è uno strumento prezioso per il debitore che abbia prospettiva di reperire il denaro dovuto, magari vendendo spontaneamente l’immobile o altri beni. Di fatto, funge da “concordato” individuale: invece di far vendere coattivamente la casa all’asta (con risultati spesso penalizzanti in termini di prezzo), il debitore può cercare di vendere da sé l’immobile a un prezzo di mercato e usare il ricavato per pagare i creditori nelle rate stabilite. Oppure può ottenere un mutuo da una banca o un prestito da terzi con cui pagare il debito a rate (ad es. un familiare concede un prestito ripagabile in 2 anni e quelle somme vanno al tribunale per la conversione).

Esempio: Sempronio ha la casa pignorata per €50.000 di debito. Presenta istanza di conversione offrendo €10.000 subito e €40.000 in 12 rate. Il GE accoglie: Sempronio versa i €10.000, l’asta viene sospesa. Poi Sempronio vende la sua auto, ottiene €5.000/mese che versa per 8 mesi estinguendo prima del tempo. A quel punto l’esecuzione viene chiusa. Se invece Sempronio avesse saltato una rata, i €10.000 iniziali sarebbero stati distribuiti ai creditori ma l’asta sarebbe ripresa per il resto.

Vantaggi della conversione: evita i costi e i ribassi dell’asta (spesso i beni in asta si vendono a valori molto bassi). I creditori di solito sono favorevoli perché ricevono il pagamento in modo più certo. Per il debitore, significa mantenere il controllo: se riesce a pagare, salva il bene; se comunque non ce la fa, almeno tutto quello che ha versato viene scalato dal debito (mentre con l’asta, se la vendita non copre il debito, resta comunque una parte insoluta).

Limiti: bisogna avere una capacità finanziaria di partenza (il 20% cash subito) e di prosecuzione (rate mensili magari onerose). Non tutti i debitori riescono ad accedere a questa possibilità. Inoltre va richiesta presto: non è utilizzabile dopo che l’incanto è avvenuto. Se l’immobile è già stato aggiudicato, è troppo tardi per convertire.

La riforma 2021-2022 ha leggermente modificato la disciplina riducendo alcuni formalismi (ad esempio oggi l’istanza di conversione non richiede più l’udienza preventiva se c’è consenso dei creditori, ecc.), ma la sostanza resta: è lo strumento principe per fermare un’asta pagando il debito sotto la supervisione del tribunale.

Da segnalare che spesso banche e creditori stessi, anziché attendere la conversione ex art. 495, propongono al debitore di firmare un piano di rientro extragiudiziale: se il debitore è affidabile, il creditore può accordargli un pagamento dilazionato e nel frattempo “congelare” l’esecuzione (ad esempio rinviando d’accordo col debitore le udienze, senza formalizzare una sospensione legale). Tuttavia questo approccio informale è rischioso per il debitore: finché non paga tutto, il creditore può sempre riattivarsi. È dunque preferibile usare la conversione ufficiale con la garanzia del provvedimento del giudice: dà certezza giuridica alla sospensione e all’obbligo per il creditore di fermarsi.

Accordo transattivo e rinuncia del creditore – Estinzione “naturale” dell’esecuzione

Un’asta immobiliare può essere fermata definitivamente se viene meno la ragione di esistere, cioè se i creditori vengono soddisfatti o comunque decidono di non proseguire. Dal punto di vista pratico, questo può avvenire attraverso:

  • Pagamento integrale del debito: è il caso più ovvio. Se il debitore (o un terzo per lui) paga tutti i creditori pignoranti e intervenuti per l’intero importo dovuto (comprensivo di interessi legali e spese di procedura calcolate dal GE), allora l’esecuzione non ha più motivo. Il creditore procedente a quel punto presenterà un’istanza di rinuncia agli atti ex art. 629 c.p.c., o comunque il GE, accertato l’integrale soddisfacimento, dichiarerà l’estinzione del processo esecutivo. In qualunque fase ciò accada – anche il giorno prima dell’asta – la vendita forzata verrà revocata perché ormai il creditore non vanta più nulla. Questo non è propriamente una “sospensione” ma un arresto definitivo (l’asta viene proprio cancellata in via definitiva perché il debito è estinto). Va notato che il pagamento deve essere certo e completo: ad esempio un bonifico fatto all’ultimo potrebbe non risultare immediatamente, quindi è preferibile versare le somme nei conti di deposito giudiziario indicati dal tribunale, così che siano nella disponibilità effettiva per distribuire. Il debitore può anche chiedere di convertire formalmente il pignoramento (vedi sopra) depositando l’intera somma in un’unica soluzione: è un metodo per ottenere un provvedimento ufficiale di estinzione ancora prima della distribuzione.
  • Saldo e stralcio (transazione): può accadere che il debitore raggiunga un accordo col creditore per pagare solo una parte del dovuto, a titolo di saldo definitivo, in cambio della rinuncia del creditore a procedere oltre. Ad esempio, debito €100.000, le parti pattuiscono che con €70.000 subito la banca chiude la posizione rinunciando al restante. Giuridicamente, in questo caso il creditore procedente deve comunque rinunciare agli atti dell’esecuzione (art. 629 c.p.c.) una volta incassato quanto pattuito. La rinuncia agli atti, accettata dal debitore, comporta l’estinzione del processo esecutivo. Dato che vi è un accordo privato, solitamente la rinuncia sarà senza spese o con spese compensate (cioè il creditore non chiederà ulteriori spese al debitore). È importante formalizzare bene questo accordo e depositare la rinuncia in tribunale. Fino a quando il giudice non dichiara l’estinzione, è prudente mantenere eventualmente viva anche una sospensione ex art. 624-bis (se c’è stata) per coprire l’intervallo. Tuttavia, in pratica appena il creditore comunica la rinuncia, il delegato o custode sospenderà ogni attività d’asta in attesa del provvedimento di estinzione.
  • Ritiro del pignoramento per scelta del creditore: a volte il creditore può decidere unilateralmente di abbandonare l’esecuzione, magari perché il debitore è nullatenente o perché emergono ostacoli (beni gravati da ipoteche prioritarie etc.). Il creditore procedente ha il potere di chiedere l’estinzione per rinuncia anche senza aver ricevuto nulla, ma di solito questo avviene quando c’è un difetto procedurale (ad es. il pignoramento è viziato e il creditore preferisce rinunciarvi per iniziarne uno nuovo corretto). In ogni caso, la rinuncia puro e semplice del procedente (accettata dal debitore) porta all’estinzione della procedura ex art. 629 c.p.c. e quindi l’asta viene annullata. Questa ipotesi è meno frequente se non appunto per motivi strategici del creditore.

In sintesi, il debitore deve sempre ricordare che pagare il debito – per intero o in forma transattiva – è la strada maestra per far cessare l’asta. Tutti gli altri strumenti (sospensioni, opposizioni, piani, ecc.) sono modi per guadagnare tempo o ridurre l’importo, ma alla fine o c’è un pagamento/soddisfazione del creditore, oppure prima o poi l’esecuzione ripartirà.

Va menzionata qui una particolare opportunità normativa introdotta per aiutare i debitori con prima casa all’asta: l’art. 41-bis D.L. 124/2019 (conv. in L. 157/2019, come modificato nel 2021) che ha introdotto la possibilità per il debitore consumatore di chiedere alla banca una rinegoziazione del mutuo o a una nuova banca una surroga con finanziamento finalizzata a estinguere il debito ed evitare la vendita. Questa norma, nota anche come “salva prima casa”, prevedeva che il debitore in possesso di determinati requisiti potesse ottenere la sospensione dell’esecuzione per massimo 6 mesi dal giudice, su istanza, per perfezionare la rinegoziazione o il rifinanziamento. Tra i requisiti c’erano: essere consumatore proprietario di un’unica casa adibita ad abitazione principale, oggetto di mutuo fondiario già decorsi 18 mesi di insolvenza, importo del mutuo originario entro €250.000 e altri dettagli; inoltre andava presentata alla banca una proposta di rinegoziazione o a un nuovo istituto una richiesta di finanziamento con surroga, nei termini indicati dalla legge. Se tutto era in regola, il giudice dell’esecuzione sospendeva la procedura per 6 mesi. Purtroppo questa norma, in vigore dal 2020, ha avuto efficacia temporanea: il termine ultimo per presentare la domanda era fissato al 31 dicembre 2022. Dopo quella data, non risulta prorogata. Inoltre, nella prassi, poche operazioni sono andate a buon fine perché molte banche hanno rifiutato di rinegoziare, mancando un obbligo stringente a loro carico. La legge infatti garantiva un “diritto a presentare richiesta” ma non imponeva alla banca di accettare, lasciando alla banca una valutazione discrezionale di merito creditizio. La Cassazione non si è espressa in merito, ma alcuni tribunali (es. Trib. Firenze 2025) hanno negato la sospensione quando appariva che la banca non avrebbe comunque aderito, ritenendo che non si configurasse un vero diritto del debitore alla rinegoziazione azionabile in giudizio. Il tema ha suscitato anche questioni di legittimità costituzionale per la scarsa effettività della tutela offerta. Al luglio 2025, dunque, questo strumento non è più attivabile, ma è utile conoscerlo per il passato (alcune sospensioni concesse a fine 2022 sono ancora in corso) e come indice della sensibilità del legislatore verso la protezione della casa di abitazione. Possibile che in futuro misure analoghe vengano reintrodotte.

Nota bene: se il debitore riesce privatamente a vendere l’immobile pignorato (ad esempio ad un parente o terzo interessato) prima dell’asta, e con il ricavato paga i creditori, anche questo fermerà l’esecuzione. Tuttavia la presenza del pignoramento complica la vendita privata, poiché scoraggia gli acquirenti e richiede il coinvolgimento del creditore. Una strategia comune è concordare con il creditore procedente che, in caso di proposta d’acquisto privata soddisfacente, egli sospenderà l’asta (ottenendo magari un 624-bis) per dare tempo alla stipula della compravendita. Il ricavato andrà poi a estinguere il debito e il pignoramento verrà cancellato contestualmente all’atto notarile. Ciò permette spesso di spuntare prezzi migliori dell’asta, a vantaggio sia del debitore (che evita ulteriori esposizioni) sia del creditore (che incassa di più). Questo rientra nell’ambito degli accordi transattivi stragiudiziali e richiede la collaborazione di tutte le parti e dell’eventuale custode nominato.

Procedure di sovraindebitamento e concorsuali: il “paracadute” delle misure protettive

Oltre ai rimedi interni al processo esecutivo, il debitore (specie se gravato da più debiti) può ricorrere a procedure concorsuali previste dalla legge per gestire la crisi debitoria in modo unitario. Parliamo delle procedure regolate dalla Legge 3/2012 (oggi assorbite nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza – CCII) per sovraindebitati e delle procedure concorsuali classiche per imprenditori (concordato preventivo, fallimento ora detto liquidazione giudiziale, ecc.). L’avvio di tali procedure attiva generalmente dei meccanismi di sospensione o blocco delle azioni esecutive individuali, note come “misure protettive” o automatic stay. Di seguito analizziamo le principali:

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (già “Piano del consumatore” L.3/2012)

È una procedura riservata ai debitori consumatori (persone fisiche che hanno debiti contratti per scopi estranei ad attività d’impresa) in situazione di sovraindebitamento. Il piano consiste in una proposta di ristrutturazione rivolta al tribunale, che – se omologata – diventa vincolante per tutti i creditori chirografari e per i privilegiati coinvolti. Nel nuovo CCII (artt. 65-73) il piano del consumatore è approvato dal giudice senza necessità di voto dei creditori (ma con eventuale opposizione degli stessi). Come incide sulle esecuzioni? Quando il consumatore deposita il ricorso per accedere al piano, può contestualmente chiedere al tribunale l’emissione di un decreto di apertura contenente le misure protettive previste dall’art. 54 CCII (richiamato per il sovraindebitamento): ossia il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore. Il tribunale valuta la fattibilità iniziale del piano e può emettere tale decreto. A quel punto, tutti i pignoramenti in corso si sospendono. In pratica, il giudice dell’esecuzione, ricevuta notizia del decreto di apertura, sospende ex art. 623 c.p.c. le procedure esecutive pendenti. Questa è una sospensione esterna, perché deriva dal provvedimento del giudice concorsuale. Attenzione: sotto la vigenza della L.3/2012, il tribunale sovraindebitamento doveva sospendere le esecuzioni in corso se un creditore ipotecario era soddisfatto nel piano (art. 12-bis co.3 L.3/2012) oppure poteva sospenderle se la prosecuzione dell’asta pregiudicava il piano (art. 12-bis co.2). Nel CCII queste sfumature sono state riformulate, ma sostanzialmente c’è ampio spazio per ottenere lo stop delle aste sulla prima casa se il piano prevede di salvarla (es. continuando a pagare il mutuo grazie a un riassetto dei debiti minori). Un elemento innovativo del CCII (introdotto nel 2024) è la possibilità per il consumatore di mantenere il pagamento del mutuo ipotecario sulla prima casa secondo il piano originale (art. 67 co.5 CCII): ciò consente, in un piano, di escludere la vendita della casa e continuare a pagare la banca alle condizioni originarie, mentre si falciano o dilazionano gli altri debiti. Questo ha l’effetto di togliere alla banca motivo di procedere con l’esecuzione, e tutela l’abitazione principale.

Le misure protettive nel piano consumatore non sono automatiche al deposito (a differenza del concordato imprese, come vedremo): è necessario il decreto del tribunale. Fino a quel momento, se il debitore si limita a depositare la domanda ma non ottiene il decreto di apertura, i creditori possono ancora agire o proseguire. Importante: il debitore deve comunicare subito al GE competente l’avvenuta apertura della procedura con sospensione, altrimenti il GE potrebbe non esserne a conoscenza e mandare avanti l’asta per ignoranza dei fatti. Una volta attiva, la protezione dura fino all’omologazione. Il CCII prevede comunque che la durata complessiva delle misure protettive non possa superare 12 mesi (anche con proroghe), per evitare stalli indefiniti. Se il piano non viene omologato (respinto o dichiarato inammissibile), la sospensione cade e i creditori possono riprendere le esecuzioni. Se invece il piano è omologato, i debiti vengono ristrutturati secondo quanto stabilito e le esecuzioni pendenti verranno chiuse definitivamente ai sensi dell’art. 70 CCII (nel provvedimento di omologazione il giudice dispone la caducazione dei pignoramenti precedenti).

In sintesi, il piano del consumatore può essere uno strumento formidabile per sospendere aste: consente di congelare tutte le azioni mentre si cerca l’omologazione e, se va a buon fine, cancella definitivamente i pignoramenti pregressi. Dal punto di vista del debitore, va però considerato che il tribunale ammette e omologa solo piani sostenibili e in buona fede. Se uno tenta di usarlo solo per perdere tempo (senza una reale proposta di soluzione ai creditori), il giudice rigetterà la domanda per mancanza di meritevolezza e bona fides, e a quel punto le esecuzioni ripartono subito. Quindi la sospensione concorsuale non è un rifugio per furbi: richiede serietà nell’impegno a risolvere la crisi.

Concordato minore (accordo di ristrutturazione del debitore non fallibile)

Il concordato minore è la nuova procedura (artt. 74-83 CCII) che sostituisce il vecchio “accordo di composizione” della L.3/2012. Si applica a piccoli imprenditori, start-up, imprenditori agricoli e in generale debitori non fallibili (o che pur fallibili optano per questa via se hanno i requisiti di piccola dimensione). È analogo a un concordato preventivo, ma semplificato: il debitore propone un accordo ai creditori, soggetto a voto e omologazione. Dal punto di vista delle esecuzioni, anche qui all’atto del deposito della domanda di concordato minore il debitore può chiedere misure protettive. Differenza rispetto al piano consumatore: nel concordato minore, essendoci i creditori da convocare e far votare, il CCII prevede che già la sola pubblicazione della domanda nella sezione fallimentare (Registro delle imprese) produce il divieto di iniziare o proseguire esecuzioni (art. 54 CCII). Quindi per gli imprenditori c’è un meccanismo quasi automatico di stay (come nel concordato preventivo delle grandi imprese). In pratica, appena depositata la domanda di concordato minore con richiesta di misure protettive, scatta la protezione (poi confermata o revocata dal tribunale). Il tribunale emette un decreto di apertura che stabilisce il divieto di azioni esecutive individuali, similmente al piano del consumatore. Tutte le esecuzioni pendenti vengono sospese. La durata anche qui è limitata a 12 mesi salvo eccezioni. Se il concordato minore viene omologato, i crediti rimasti insoddisfatti (in quanto stralciati dall’accordo) non possono più essere azionati e i pignoramenti si chiudono. Se non viene omologato (ad esempio i creditori non approvano o il tribunale rigetta), le misure protettive cessano e i creditori riprendono le esecuzioni. Da notare: nel concordato minore va domandata la sospensione, non è totalmente automatica, ma una volta concessa è onnicomprensiva come nel concordato grande. Anche qui la buona fede è essenziale: presentare un concordato minore solo per prendere tempo può portare a inammissibilità e revoca immediata della sospensione.

Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio L.3/2012)

Questa è la procedura concorsuale liquidatoria per il debitore insolvente non soggetto a fallimento. Equivale di fatto al fallimento personale: il patrimonio del debitore viene gestito da un liquidatore nominato dal tribunale, che vende i beni e ripartisce il ricavato tra i creditori, dopodiché il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione. Dal punto di vista delle aste, l’apertura di una liquidazione controllata (art. 268 CCII e segg.) comporta che tutte le esecuzioni individuali in corso sono sospese automaticamente (art. 270 CCII) e poi estinte appena il provvedimento di apertura diventa definitivo. In pratica, la vendita forzata dei beni avverrà ma all’interno della procedura concorsuale (sotto il controllo del liquidatore e del giudice delegato), non tramite le aste individuali preesistenti. Quindi, se ad esempio Caio chiede la liquidazione controllata e il tribunale l’apre, l’asta sulla sua casa fissata dal GE viene annullata, e sarà il liquidatore della procedura concorsuale eventualmente a vendere la casa in futuro nell’interesse collettivo di tutti i creditori. Questa sospensione è automatica e obbligatoria ex lege: risponde al principio cardine della par condicio e dell’accentramento delle procedure. La sospensione avviene ope legis (il tribunale di solito comunica ai vari uffici esecutivi l’apertura della liquidazione e questi prendono atto ex art. 623 c.p.c. che la legge impone lo stop). In tal senso, la liquidazione controllata è uno strumento efficace per bloccare immediatamente tutte le aste in corso a carico del debitore – salvo poi comunque procedere alla liquidazione dei beni in sede concorsuale.

Una precisazione importante su tutte queste procedure concorsuali minori: il giudice concorsuale (es. il giudice delegato al sovraindebitamento) e il giudice dell’esecuzione operano su piani diversi ma coordinati. Il giudice concorsuale non può annullare o revocare direttamente gli atti esecutivi del GE, ma emette provvedimenti (decreti di sospensione, divieti di azioni) che creano le condizioni per sospendere le esecuzioni. Spetterà poi al GE formalizzare la sospensione o l’estinzione di ciascuna procedura pendente, richiamando l’art. 623 c.p.c. (sospensione per ordine di altro giudice o della legge). Questo meccanismo preserva la competenza funzionale: il tribunale concorsuale non “invade” il campo del GE, ma di fatto quando un debitore è ammesso a una procedura concorsuale, le esecuzioni individuali vanno congelate. La Cassazione (SU 18131/2021 e varie) ha chiarito che eventuali atti esecutivi compiuti in violazione di un divieto concorsuale (es. un’asta tenuta nonostante la sospensione concorsuale) sono giuridicamente nulli e impugnabili in ogni tempo, data la loro contrarietà a norme imperative di ordine pubblico concorsuale. Quindi i creditori non hanno convenienza a violare la sospensione: qualsiasi aggiudicazione sarebbe nulla.

Concordato preventivo (per imprese soggette a fallimento)

Per completezza, va menzionato che un imprenditore commerciale fallibile che presenti domanda di concordato preventivo (classico, ex art. 40 e segg. CCII) ottiene immediatamente l’automatic stay delle azioni esecutive. L’art. 54 CCII sancisce che dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese “i creditori per titolo o causa anteriore […] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive”. Dunque se una società chiede il concordato, tutte le aste in corso a suo carico vengono sospese d’ufficio. Anche i creditori muniti di ipoteca o pegno (privilegiati) rimangono bloccati, salvo facoltà di chiedere al tribunale concorsuale di eseguire la garanzia in concordato (casi rari). Questa sospensione dura al massimo fino all’omologazione (se il concordato riesce, le azioni non riprendono più perché i debiti vengono trattati nel piano; se non omologato o convertito in liquidazione giudiziale, allora i creditori potranno agire di nuovo, compatibilmente con la procedura). Simile effetto si ha per l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII, ex art. 182-bis L.F.), con cui un’impresa si accorda con il 60% dei creditori: dal momento in cui deposita l’istanza di omologazione con misure protettive, il tribunale può vietare azioni esecutive per 4 mesi rinnovabili.

Infine, una menzione alla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (introdotta nel 2021 e ora nel CCII art. 17 e segg.): si tratta di una procedura volontaria in cui l’imprenditore in difficoltà nomina un esperto per facilitare accordi coi creditori. Durante la negoziazione, l’imprenditore può chiedere al tribunale delle misure protettive fino a 4 mesi (prorogabili), che sospendono le azioni esecutive dei creditori. Questo può includere aste in corso sui beni dell’impresa. Se la composizione negoziata fallisce, le protezioni decadono; se porta a un accordo, allora quell’accordo (che spesso sarà formalizzato in un concordato o accordo ex art. 57 CCII) metterà in sicurezza il patrimonio.

Conclusione sulle procedure concorsuali: per il debitore che abbia i requisiti, attivare una procedura di sovraindebitamento o concorsuale è spesso un modo efficace non solo per sospendere un’asta, ma per affrontare in modo strutturato l’intera esposizione debitoria. Tuttavia, va ribadito che tali procedure sono complesse, richiedono l’intervento di professionisti (gestori della crisi, OCC, ecc.), e non vanno intraprese con leggerezza. Dal punto di vista pratico, se l’asta incombe a breve, può essere complicato ottenere in tempo un provvedimento di apertura di una procedura concorsuale (che di solito richiede documentazione e analisi). È comunque una carta da giocare soprattutto quando i debiti sono insostenibili e uno stay temporaneo non basta: in quel caso, meglio portare tutto davanti al tribunale fallimentare/sovraindebitamento e ristrutturare globalmente, piuttosto che rincorrere asta per asta.

Tabella riepilogativa – Procedure concorsuali e effetti sulle aste

Procedura concorsuale/sovraindebitamentoChi può accedereEffetto sulle esecuzioni (aste)Durata massima protezioneNorme
Piano di ristrutturazione del consumatore (ex piano consumatore)Persona fisica consumatore sovraindebitato (no attività d’impresa)Dal decreto di apertura del procedimento, il tribunale dispone il divieto di iniziare o proseguire esecuzioni. Le aste pendenti sono sospese dal GE ex art. 623 c.p.c. Il piano omologato comporta la cancellazione dei pignoramenti (art. 70 CCII).Fino all’omologazione definitiva (tipicamente 6-12 mesi). Limite legale: max 12 mesi complessivi di sospensione.Artt. 65-73 CCII; (prima: L.3/2012 art. 12-bis)
Concordato minore (ex accordo sovraindebit.)Debitore sovraindebitato non consumatore (piccolo imprenditore, start-up, ente non profit, ecc. non fallibile)Dalla pubblicazione della domanda o dal decreto di apertura, stop alle esecuzioni individuali (simile a concordato preventivo). Sospensione onnicomprensiva su istanza del debitore. Se omologato, i crediti sono regolati dal concordato e i pignoramenti cessano.Fino all’omologazione. Limite max 12 mesi (misure protettive prorogabili entro tale soglia).Artt. 74-83 CCII; (prima: L.3/2012 art. 11)
Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidaz. patrimonio)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o meno) insolvente – alternativa da “ultimo resort”Dal provvedimento di apertura della liquidazione, per legge sono sospese le esecuzioni in corso e non possono iniziarne di nuove. I beni verranno liquidati dal liquidatore concorsuale, non tramite le aste individuali.Permanente, fino alla chiusura della procedura (che sostituisce tutte le esecuzioni).Artt. 268-277 CCII; (prima: L.3/2012 art. 14-quater e quinquies)
Concordato preventivo (imprese maggiori)Imprenditore commerciale fallibile (srl, spa, ditte medio-grandi, ecc.) in stato di crisi/insolvenzaDal deposito della domanda, automatic stay di tutte le esecuzioni (anche ipotecarie) ex art. 54 CCII. Le aste pendenti vengono sospese di diritto; atti esecutivi successivi nulli. Se omologato, pignoramenti chiusi; se non omologato si riprende (salvo fallimento).Fino all’omologazione o al rinvio a fallimento (di solito 4-6 mesi).Artt. 40-64 CCII; Cass. SU 8479/2021 (conferma obbligo sospensione)
Accordo di ristrutturazione (art. 57 CCII)Impresa (fallibile) con accordo >=60% creditiSu richiesta misure protettive dal tribunale: sospensione delle esecuzioni per max 4 mesi (prorogabili di altri 4). Se omologato, esecuzioni definite secondo l’accordo.Max 8 mesi (4+4) di stay possibili.Art. 57 CCII (ex art. 182-bis L.F.)
Composizione negoziata (D.L. 118/2021, CCII)Impresa in crisi (di qualsiasi dimensione)Su istanza, il tribunale può applicare misure protettive fino a 4 mesi (estens. a 12 in casi eccezionali) durante i negoziati: sospese esecuzioni.4 mesi (proroghe fino a 12 mesi totali).Artt. 17-18 CCII; D.L. 118/21 conv. L. 147/21

(Nota: Le procedure di liquidazione giudiziale (ex fallimento) di un imprenditore comportano anch’esse la sospensione di diritto di tutte le esecuzioni ai sensi dell’art. 150 CCII (ex art. 51 L.F.). Le aste pendenti confluiscono nel fallimento. Tuttavia, nel contesto di un debitore persona fisica non imprenditore, la liquidazione controllata è l’equivalente. Se il debitore è socio di società fallita, può subire comunque esecuzioni sul suo patrimonio personale per debiti sociali residui, ma questo esula dal nostro focus.)

Aste telematiche: come avviene la sospensione online

Ormai la quasi totalità delle aste immobiliari in Italia si svolge in modalità telematica attraverso il Portale delle Vendite Pubbliche gestito dal Ministero della Giustizia e tramite siti autorizzati. Dal punto di vista giuridico, non vi sono differenze sostanziali: la sospensione di un’asta telematica avviene con i medesimi provvedimenti visti sopra (ordinanza del giudice dell’esecuzione ex art. 624 o 624-bis c.p.c., decreto concorsuale, ecc.). Cambia però la gestione pratica: quando un’asta è pubblicizzata online, se viene sospesa, occorre aggiornare l’inserzione.

Procedura tipica: il giudice emette un’ordinanza di sospensione (ad esempio accogliendo un’istanza di 624-bis, o disponendo la sospensione per opposizione o concorsuale). Entro pochi giorni – la legge dice 5 giorni – la cancelleria o il professionista delegato deve provvedere a pubblicare l’avviso della sospensione sul sito in cui era pubblicata la vendita. Quindi, se un potenziale offerente consulta l’annuncio d’asta, vedrà indicato “procedura sospesa” o “vendita sospesa con provvedimento del …”. In molti casi, il Portale stesso genera un banner di sospensione. Inoltre, se l’asta era già in corso (nel caso di vendite telematiche asincrone che durano alcuni giorni), il gestore della vendita interromperà la gara. Gli offerenti vengono tipicamente avvisati via e-mail della sospensione e le eventuali offerte già presentate decadono (sono restituite le cauzioni versate dagli offerenti, poiché la gara è annullata).

Nel caso di aste telematiche sincrone (collegamento in diretta il giorno X), se la sospensione arriva prima dell’ora di inizio, semplicemente la gara non viene aperta. Se, ipotesi remota, un provvedimento di sospensione giungesse mentre la gara è in corso, il banditore/gestore interromperebbe immediatamente la sessione e dichiarerebbe nullo l’incanto per ordine dell’autorità giudiziaria. Fortunatamente, tali evenienze sono rare (il provvedimento in genere arriva con un minimo di anticipo, o al limite si ritarda la gara di qualche minuto finché non è chiaro l’esito dell’istanza).

Per il debitore, l’asta telematica sospesa ha gli stessi effetti: l’immobile non viene aggiudicato e rimane sotto pignoramento in attesa. Dal punto di vista tecnico, la ripresa dopo sospensione avverrà pubblicando un nuovo avviso di vendita con nuove date. Ad esempio, se l’asta di marzo è sospesa e poi ad agosto il creditore riattiva la procedura, verrà emesso un nuovo avviso per un’asta successiva (settembre, ecc.). Chi aveva fatto offerte precedenti dovrà ripresentarle, nulla resta valido.

Un consiglio pratico al debitore: monitorare il Portale Vendite Pubbliche. Appena ottenuta una sospensione, verificare che sull’annuncio compaia lo stato “sospesa”. Se ciò non accade in tempi brevi, allertare il custode o la cancelleria: talora piccoli ritardi o disguidi potrebbero far apparire l’asta ancora attiva nonostante il provvedimento, creando confusione tra gli offerenti.

Va detto che tutti i provvedimenti di sospensione (volontaria o su istanza) nelle esecuzioni immobiliari devono essere pubblicati sul Portale, per legge, trattandosi di atti relativi alla vendita. Questo garantisce trasparenza verso terzi. Quindi l’asta telematica dà, se vogliamo, maggiore visibilità alla sospensione rispetto al passato (quando bisognava magari avvisare a voce i presenti in aula).

E se il Portale avesse problemi tecnici? In caso di malfunzionamenti che impediscano la gara telematica, tipicamente il delegato sospende la sessione d’asta per ragioni tecniche e riferisce al GE, il quale disporrà un rinvio ad altra data. Ma questo esula dalle cause legali di sospensione: è un rinvio d’ufficio per motivi tecnici, equiparabile a un’asta deserta rinviata.

In definitiva, il carattere telematico dell’asta non incide sui poteri del debitore di ottenerne la sospensione, ma comporta solo che la comunicazione e gestione del provvedimento avvengono tramite i canali informatici ufficiali.

Altre cause speciali di sospensione dell’asta 🔹

Oltre ai casi già illustrati, esistono alcune circostanze particolari previste da leggi speciali che possono portare alla sospensione o al blocco di un’asta immobiliare. Le principali da conoscere sono:

  • Sospensione ex art. 20 L. 44/1999 (vittime di usura o estorsione): la legge 44/99, che istituisce un fondo di solidarietà per le vittime dell’usura e del racket, prevede all’art. 20 un importante beneficio: chi ha subito richieste usurarie o estorsive e ha denunciato gli aguzzini, può ottenere dal Prefetto e dal Pubblico Ministero un provvedimento che dispone la sospensione di 300 giorni dei termini di scadenza di una serie di obblighi, incluse le procedure esecutive immobiliari in corso. In pratica, se un piccolo imprenditore o un privato è indebitato anche perché vittima di usurai, può presentare domanda al Prefetto per accedere ai benefici antiusura; ottenuto il nulla osta del PM (che verifica la connessione coi reati denunciati), tutti i pignoramenti immobiliari a suo carico vengono sospesi fino a 300 giorni dall’evento lesivo. Durante tale periodo non si tengono aste né altri atti di esecuzione. È una sospensione ope legis, volta a dare respiro alla vittima perché possa riprendersi economicamente grazie anche ai finanziamenti statali (mutuo senza interessi) previsti dalla stessa legge. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha specificato che il PM deve indicare esattamente a quali procedure si riferisce la sospensione, in modo che i singoli giudici dell’esecuzione possano sospendere quelle e solo quelle. Questa misura eccezionale è temporanea (300 giorni, circa 10 mesi) eventualmente prorogabile di altri 300 in casi gravi su istanza motivata. Scaduto il termine, se la situazione non si risolve (spesso tramite l’intervento del Fondo di solidarietà che paga i creditori), le esecuzioni riprendono. Ma è un salvagente importante per chi si trova strozzato dagli usurai e rischia di perdere la casa: la legge riconosce un “timeout” per evitare che la vittima subisca il colpo finale dell’asta mentre collabora con la giustizia. In questi casi è fondamentale muoversi per tempo: presentare la denuncia e l’istanza di sospensione antiusura prima che l’asta abbia luogo. Se tutto è in regola, il Prefetto rilascia un’attestazione e il PM emette il decreto di sospensione che il debitore porterà all’udienza esecutiva. Da quel momento il GE prende atto e ferma la procedura.
  • Sospensione ex art. 20, co. 7 L. 44/99 per incolpevole ritardo: la stessa norma prevede la possibilità che se, allo scadere dei 300 giorni, la vittima non ha ancora ricevuto dal Fondo le somme o l’esito della domanda di aiuto, può essere concessa un’ulteriore proroga fino a 3 anni dei termini (in realtà questa proroga riguarda più i termini di pagamento di mutui e adempimenti fiscali, ma può riflettersi anche sulle esecuzioni – vedi legge 14/2015 che ha ampliato i benefici). Inoltre il DL 212/2011 ha esteso a 24 mesi il periodo di sospensione in certi casi (art. 20 co.4-bis). La materia è complessa, basti sapere che esistono margini per estendere la protezione in presenza di iter di ristoro in corso.
  • Sospensioni per determinate categorie di debiti: ad esempio, in passato, la legge 199/2016 ha previsto la sospensione delle esecuzioni per i crediti derivanti da reati di usura accertati, ecc. Non scendiamo nel dettaglio di norme poco comuni; l’essenziale è consultare sempre se vi sono leggi speciali a tutela in base alla situazione (vittime di reati, calamità naturali, ecc.).
  • Intervento dell’Agente della Riscossione in procedure esecutive altrui: caso particolare: se la prima casa è impignorabile dal Fisco, ciò non impedisce che lo stesso Fisco intervenga in un pignoramento avviato da un creditore privato. Se ad esempio una banca pignora la casa (che è prima casa), Agenzia Entrate Riscossione può intervenire nel processo per i suoi crediti fiscali senza violare il divieto (perché formalmente non è lei ad aver avviato il pignoramento). Dunque il debitore non può opporsi dicendo “prima casa impignorabile” in quel caso, poiché la legge protegge solo dal pignoramento iniziale del Fisco, non dall’intervento su pignoramento altrui. Questa è una curiosità importante: la “casa impignorabile” vale solo verso il Fisco come procedente. In quell’ipotesi, per sospendere l’asta il debitore dovrà far ricorso ai soliti strumenti (opposizioni, accordi, ecc.), non potendo eccepire l’impignorabilità una volta che la procedura è innescata da altri.
  • Sospensione per rateizzazione fiscale o definizione agevolata: se l’immobile è pignorato da Agenzia Entrate Riscossione, va ricordato che se il debitore ottiene una rateazione del debito fiscale prima che sia disposta la vendita, l’Agente non potrà procedere alla vendita finché il piano di rate è rispettato. Inoltre, in caso di domanda di rottamazione delle cartelle (definizione agevolata), per legge le procedure esecutive per quei carichi sono sospese fino all’esito (e poi cessano se il debitore paga le rate della rottamazione). Dunque, se l’asta è dovuta a un debito con Agenzia Entrate Riscossione, verificare la possibilità di chiedere dilazioni o adesioni agevolate, che spesso comportano uno stand still dell’attività esecutiva finché si è adempienti.

Abbiamo quindi tracciato un panorama molto ampio. Nel prossimo paragrafo, risponderemo direttamente ad alcune domande comuni che i debitori ci pongono su come comportarsi e quali margini di manovra hanno per sospendere o evitare l’asta.

Domande frequenti (FAQ) 🤔

Domanda: “Ho la casa all’asta tra un mese. Posso davvero bloccare l’asta all’ultimo momento?”
Risposta: Sì, è possibile fermare un’asta anche all’ultimo, ma dipende dalla situazione. Se ci sono motivi legali solidi (ad es. un vizio procedurale, un’opposizione pendente, un accordo in via di definizione, ecc.), il giudice può sospendere l’asta anche poche ore prima. Ci sono casi in cui l’ordinanza di sospensione è arrivata addirittura mezz’ora prima dell’inizio. Tuttavia, affidarsi all’ultimo minuto è rischioso: serve aver già avviato un percorso legale (es. presentato un’istanza di sospensione o avviato una procedura concorsuale). Se invece non hai fatto nulla fino al giorno dell’asta, bloccarla diventa pressoché impossibile. In extremis, talvolta il debitore può presentare un’istanza urgente la mattina stessa (magari segnalando un pagamento effettuato o un accordo in extremis), ma è a discrezione del giudice e può anche non essere accolta in tempo. Quindi: si può bloccare in zona cesarini, ma solo se c’è un fondato motivo giuridico e occorre aver attivato per tempo il giudice competente.

Domanda: “Se pago una parte del debito, l’asta viene sospesa automaticamente?”
Risposta: No, pagare parzialmente il debito non sospende di per sé l’asta. Solo il pagamento integrale di tutti i creditori procedenti porta all’estinzione automatica dell’esecuzione. Un pagamento parziale può avere due effetti: (1) se è frutto di un accordo transattivo con i creditori (saldo e stralcio), allora dopo aver ricevuto la somma concordata il creditore rinuncerà agli atti e l’asta verrà annullata; (2) se non c’è accordo e versi unilateralmente una quota, quella somma andrà a diminuire il debito ma l’asta proseguirà per il residuo. Ad esempio, se devi 100 e versi 30 senza intesa, il creditore ridurrà la pretesa a 70 ma non sospenderà l’azione finché non ottiene anche i 70 restanti. Eccezione: se il pagamento parziale avviene nell’ambito della conversione del pignoramento (art. 495), allora sì, perché hai depositato il 20% e ottenuto un piano per il saldo: in quel caso l’asta si sospende durante il pagamento rateale. Ma è un procedimento da attivare in tribunale, non un effetto automatico. In sintesi: un pagamento parziale spontaneo, da solo, non ferma l’asta (può al più convincere il creditore a chiedere una sospensione volontaria se vede la volontà di pagare).

Domanda: “Posso sospendere l’asta perché è la mia prima casa e ci abito con la famiglia?”
Risposta: Se il creditore è una banca o un privato, il fatto che sia la “prima casa” purtroppo non costituisce di per sé un motivo legale di sospensione. La legge tutela la prima casa solo contro il Fisco (Agente Riscossione) imponendo il divieto di pignoramento in certe condizioni. Ma per i creditori comuni non c’è una norma analoga. Ciò detto, l’essere prima casa può essere un fattore che il giudice considera nell’esercizio di poteri discrezionali: ad esempio nell’art. 560 c.p.c. per il rilascio, il giudice può ritardare lo sfratto esecutivo se nell’immobile abitano familiari in condizioni disagiate (minori, disabili). Oppure, se stai attivando una procedura di sovraindebitamento, il tribunale sa che c’è un interesse forte a salvare l’abitazione e può essere più propenso a sospendere l’asta per dar corso alla procedura concorsuale. In assenza di un percorso formale, tuttavia, “è la mia prima casa” non basta. Bisogna agganciarlo a uno degli strumenti: es. un’opposizione per eccessiva onerosità, un piano del consumatore che preveda di continuare a pagare il mutuo, la rinegoziazione del mutuo (se fosse ancora attivabile), ecc. Anche la politica creditizia a volte considera la prima casa: alcune banche evitano di pignorarla finché possibile e preferiscono altre vie (mutui di sofferenza venduti a terzi). Ma se siamo già all’asta, significa che quel treno è passato.

Domanda: “Ho trovato un vizio nella procedura (l’avviso d’asta aveva dati sbagliati). Cosa devo fare per bloccare la vendita?”
Risposta: Devi proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) entro 20 giorni da quando hai avuto conoscenza dell’atto viziato. Nel tuo caso, noti un vizio nell’avviso di vendita: puoi depositare ricorso in tribunale indicando il vizio formale e chiedendo al GE di sospendere l’asta e annullare o correggere l’atto. Il giudice verificherà se l’irregolarità è effettivamente grave (ad es. una data sbagliata, un omesso avviso di qualcosa di importante, ecc.). Se , sospenderà la procedura (rinviando la vendita) per esaminare il merito. Se il vizio è confermato, disporrà la rinnovazione dell’avviso e la fissazione di una nuova asta corretta. Tieni presente che errori “innocui” (es. un refuso che non pregiudica la sostanza) potrebbero non portare all’annullamento. Ma errori sostanziali (mancata pubblicazione, termini non rispettati, base d’asta errata per cui i partecipanti sono stati fuorviati) sono cause valide di sospensione. In generale, muoviti rapidamente con un avvocato per formalizzare l’opposizione: non basta segnalare oralmente il vizio, serve l’atto formale altrimenti il giudice non può bloccare la vendita (segnalazioni informali spesso rimandano a “faccia opposizione, sennò procedo”).

Domanda: “Ho avviato una procedura di sovraindebitamento. Questo blocca subito i pignoramenti?”
Risposta: Non automaticamente. Al momento del deposito del ricorso per sovraindebitamento (piano del consumatore o concordato minore), devi chiedere al tribunale le misure protettive. Il tribunale, verificati i requisiti minimi, emetterà un decreto di apertura con divieto di azioni esecutive. Solo con quel decreto le esecuzioni si bloccano. Diversamente dal concordato preventivo delle grandi imprese (dove già la pubblicazione della domanda in registro delle imprese attiva lo stay immediato), nel sovraindebitamento il deposito di per sé non basta: l’effetto sospensivo discende dal decreto di ammissione. Quindi, fino a quando non hai in mano il provvedimento del giudice concorsuale, i creditori possono andare avanti. Pertanto: appena depositi la domanda, pressa perché venga emesso presto il decreto e, ottenutolo, portalo subito all’attenzione dei giudici dell’esecuzione nelle varie procedure. In assenza di ciò, un creditore potrebbe riuscire a far vendere un bene prima che la protezione intervenga. Il CCII impone che le misure protettive complessivamente non durino oltre 12 mesi: il che vuol dire che se la procedura concorsuale si protrae, lo scudo può decadere. Ma in pratica molte procedure di sovraindebitamento si chiudono entro un anno. Se si va oltre, serve chiedere proroga al tribunale, oppure i creditori – con autorizzazione del giudice concorsuale – potrebbero tornare a colpire. È un caso raro però. Insomma: la protezione c’è, ma va richiesta e vigilata.

Domanda: “Durante la sospensione, i creditori possono comunque agire in altri modi?”
Risposta: Quando è disposta una sospensione (sia dal GE sia dal giudice concorsuale), essa copre tutte le azioni esecutive e cautelari. Ciò significa che i creditori non possono iniziare nuovi pignoramenti, né proseguire quelli sospesi, né fare sequestri conservativi sui beni. Nel concorso, addirittura, dalla data di deposito del ricorso di sovraindebitamento sono sospesi anche gli interessi sui debiti chirografari (quindi il debito non cresce mentre sei protetto, per la parte non garantita). I creditori però possono agire all’interno della procedura concorsuale: ad esempio votare contro il concordato, fare opposizione all’omologa del piano, oppure (nel caso della sospensione ex art. 624 c.p.c. per opposizione) possono fare reclamo contro l’ordinanza di sospensione. Non possono invece tentare stratagemmi per aggirare il divieto: qualunque atto esecutivo compiuto in violazione della sospensione sarebbe nullo e inesistente. Ad esempio se, ignorando la sospensione concorsuale, un creditore prova comunque a fare un’asta, quella vendita non avrebbe valore legale. Eccezione: restano possibili le azioni sui crediti impignorabili o estranei: es. se un creditore ha titolo per pignorare uno stipendio che per legge è impignorabile oltre certi limiti, potrebbe avviare azione limitatamente alla parte non coperta dal concorso (ma sono tecnicismi). In generale, durante la sospensione stai sotto uno “scudo” abbastanza totale. I creditori dovranno attendere.

Domanda: “Quanto può durare al massimo la sospensione delle esecuzioni?”
Risposta: Dipende dal tipo di sospensione:

  • La sospensione concordata ex art. 624-bis dura massimo 24 mesi.
  • La sospensione per opposizione (art. 624 c.p.c.) dura finché c’è il giudizio di merito in corso; può protrarsi anche anni se la causa è lunga, ma con l’obbligo di riassumere entro 6 mesi dalla sentenza per evitare estinzione.
  • Le misure protettive concorsuali hanno un tetto di 12 mesi imposto dal CCII (per evitare che un debitore resti troppo a lungo protetto senza concludere).
  • Le sospensioni antiusura ex L.44/99 durano 300 giorni (circa 10 mesi) prorogabili una tantum.
  • Le moratorie emergenziali (es. Covid) hanno avuto durata definita per legge (nell’occasione, circa 15 mesi).
    In pratica, 12-24 mesi è spesso il range massimo di una sospensione temporanea. Oltre, si parla di soluzione definitiva (estinzione, concordato omologato etc.). Ad esempio, se presenti un piano del consumatore, il giudice di solito concede lo stay fino all’omologa definitiva. Se tra apertura e omologa passano più di 12 mesi, allo scadere dell’anno i creditori potrebbero chiedere di agire, ma in tal caso il debitore solitamente chiede una proroga o il giudice spezzetta la procedura in fasi protette distinte (entro il limite). Il fine ultimo è evitare che uno stia protetto sine die. Dunque aspettati che dopo un anno i creditori inizino a scalpitare se non vedono risultati.

Domanda: “Cosa succede se il mio piano o concordato non viene omologato alla fine?”
Risposta: Se la procedura concorsuale che hai avviato fallisce (omologa negata, oppure ti ritiri o viene dichiarata inammissibile), la sospensione concessa viene meno. In tal caso il tribunale emette un decreto che chiude la procedura e contestualmente toglie le misure protettive. Il creditore quindi potrà chiedere al GE di riprendere l’esecuzione. Spesso non serve neppure un formale ordine: comunicato al GE l’esito negativo, il GE fissa un’udienza per riattivare la vendita. Si ripartirà grosso modo da dove si era: se l’asta era sospesa, si fisserà una nuova data; se c’erano termini pendenti (es. art. 497 c.p.c. per l’inerzia) riprendono a decorrere. Quindi purtroppo si torna al punto di partenza, tenendo conto del tempo trascorso. È cruciale comprendere che lo stay concorsuale è condizionato al successo: niente omologazione, niente scudo duraturo. Il debitore deve usare quel periodo di protezione per fare di tutto affinché il piano/concordato venga approvato (convincere i creditori, integrare documenti, modificare il piano se necessario). Se vede che la cosa sta andando male (creditori contrari, problemi emersi), può valutare soluzioni alternative prima che decada lo scudo: ad esempio chiedere la conversione in liquidazione controllata, dove almeno la casa verrà venduta ma lui avrà l’esdebitazione. O provare un accordo stragiudiziale con i creditori. L’importante è non rimanere scoperto: farsi trovare senza protezioni con i creditori liberi di aggredire porta in fretta all’asta.

Domanda: “La sospensione delle esecuzioni blocca anche le azioni di riscossione del Fisco (cartelle)?”
Risposta: Se la sospensione è disposta nell’ambito di una procedura concorsuale (piano, concordato, ecc.), essa vale per tutti i creditori anteriori, quindi anche per Agenzia Entrate-Riscossione, con alcune eccezioni per debiti non falcidiabili. Ad esempio, nel piano del consumatore il giudice può sospendere i pignoramenti di Equitalia al pari di quelli bancari (salvo che riguardino crediti esclusi tipo alimenti, sanzioni penali…). Quindi sì, la sospensione concorsuale è generale e copre anche il Fisco, imponendo il divieto di procedere. Invece le sospensioni disposte dal GE ai sensi dell’art. 624/624-bis riguardano la singola esecuzione oggetto di quel procedimento. Se avevi un pignoramento immobiliare della banca e uno del Fisco separato, la sospensione ottenuta nel processo della banca non coinvolge automaticamente l’altra esecuzione fiscale (che ha un numero di ruolo diverso). Dovresti chiedere un analogo provvedimento in quell’altra procedura. Fortunatamente, se hai presentato un piano o concordato, quel provvedimento concorsuale copre tutte le procedure esecutive in corso (nel decreto del tribunale sovente si elencano i procedimenti sospesi, compreso eventuale pignoramento fiscale). Ricorda però: alcuni tipi di atti del Fisco potrebbero proseguire se sono esclusi per legge dal concorso (es. l’azione di recupero di un credito alimentare verso lo Stato, ipotesi rara). Ma in linea generale, quando sei protetto, nessun creditore chirografario o ipotecario può procedere individualmente, Fisco compreso. Discorso diverso per il recupero crediti con mezzi amministrativi (fermo amministrativo auto, ecc.): quelli non sono “azioni esecutive” in senso stretto e a volte sfuggono al divieto. Ma sul bene immobile all’asta, stai tranquillo che finché c’è la sospensione non lo venderà né la banca né il Fisco né altri.

Domanda: “La mia azienda è in concordato preventivo. Un creditore con ipoteca sulla mia casa (che ho dato come garanzia per l’azienda) può continuare l’asta sulla casa?”
Risposta: No, se il concordato preventivo dell’azienda è stato ammesso, l’automatic stay si estende anche ai beni dei garanti per i crediti compresi nel concordato (questa è una novità del CCII: art. 54 prevede il divieto di azioni pure verso i fideiussori nel periodo delle misure protettive, entro certi limiti). Dunque se la tua casa personale è ipotecata per un debito della società e quel debito rientra nel concordato, il creditore non può proseguire il pignoramento sull’immobile durante la procedura. In passato invece i garanti restavano esposti. Oggi c’è maggiore tutela del “patrimonio di famiglia” del piccolo imprenditore durante il salvataggio dell’azienda. Naturalmente, se il concordato poi fallisce, il creditore potrà riprendere l’esecuzione contro il fideiussore. Ma finché c’è lo scudo concorsuale, blocca anche quell’azione.

Domanda: “Ho ottenuto la sospensione dell’asta con 624-bis per 6 mesi per trattativa. La banca ora rifiuta l’accordo. Posso obbligarla a rispettare il ‘diritto’ alla rinegoziazione?”
Risposta: Purtroppo no, non puoi costringere la banca ad accettare una proposta. Nel 624-bis la sospensione era concordata, quindi presupponeva che la banca fosse disponibile a negoziare. Se poi la banca cambia idea o valuta negativamente la tua offerta, può semplicemente non aderire all’accordo definitivo e anzi può chiedere la revoca della sospensione. Non esiste un “diritto soggettivo” del debitore a rinegoziare alle sue condizioni: la trattativa è libera. Il caso dell’art. 41-bis (rinegoziazione mutuo prima casa) aveva introdotto un semidiritto, ma appunto privo di strumenti coercitivi se la banca rifiuta. In teoria potresti, se la banca agisce in mala fede, chiedere i danni per violazione delle trattative (qualcuno ha prospettato che il rifiuto immotivato di rinegoziare violi l’obbligo di buona fede contrattuale), ma parliamo di cause lunghe dall’esito incerto. Nell’immediato, se la banca non firma l’accordo, allo scadere dei 6 mesi l’asta riprenderà. La tua arma può essere cercare un rifinanziatore alternativo (altra banca, privato) in modo da pagare la banca per intero prima che scada la sospensione. In altre parole: se la banca non collabora, l’unico modo di salvar casa è trovarsi i soldi (magari vendendo altrove o ipotecando a terzi). Capisco che non è facile. Un suggerimento: durante la sospensione 624-bis, se intuisci che la banca farà muro, non aspettare passivamente. Valuta di passare a un piano del consumatore (se hai i requisiti) dove il tribunale potrebbe imporsi sull’accordo, oppure di utilizzare quei 6 mesi per vendere tu l’immobile a un miglior prezzo e pagare la banca, piuttosto che farlo andare in asta.

Domanda: “Se ottengo una sospensione per trattativa o concorsuale, posso continuare ad abitare la casa tranquillamente in attesa?”
Risposta: Sì, durante la sospensione della procedura l’immobile rimane formalmente pignorato ma non viene venduto, e tu in quanto debitore esecutato conservi il diritto di abitarlo fino alla eventuale aggiudicazione. Anzi, l’art. 560 c.p.c., come modificato, stabilisce che il debitore può restare nell’immobile pignorato fino al decreto di trasferimento, salvo casi di abuso. Quindi finché l’asta non si tiene e non viene aggiudicata, tu non puoi essere sfrattato (a meno che ci fossero altri titoli tipo finita locazione, ma parliamo del pignoramento). Se hai avuto una sospensione concordata, il giudice in genere sospende anche l’ordine di liberazione, quindi nessuno ti disturberà in quei mesi. Ovviamente devi custodire bene il bene e non deteriorarlo: il custode nominato potrebbe fare visite di controllo. Ma hai il diritto di continuare ad usarlo come tua abitazione. Qualora poi la sospensione decada e si rivada all’asta, ricorda che una volta aggiudicato e trasferito l’immobile, dovrai liberarlo (salvo proroghe art. 560 c.p.c. in casi umanitari). Durante la pendenza, invece, tranquillo: nessuno ti caccia (sarebbe contraddittorio sospendere l’asta ma mandar via il debitore). Solo fai attenzione a eventuali ordinanze pre-sospensione: se per caso prima della sospensione il GE aveva già ordinato la liberazione e il custode stava per eseguirla, bisogna far presente la sospensione per fermare anche quella. In genere comunque sospendendo l’asta il giudice sospende pure il rilascio.

Domanda: “Posso vendere privatamente la casa mentre è pignorata e l’asta sospesa?”
Risposta: Tecnicamente no, perché il pignoramento vincola l’immobile (non puoi venderlo liberamente, ogni atto di disposizione sarebbe inopponibile ai creditori). Tuttavia, c’è una possibilità: puoi trovare un acquirente disposto a pagare un prezzo sufficiente a saldare i debiti e chiedere al giudice l’autorizzazione a vendere. Ad esempio, l’art. 108 L.F. (applicabile analogicamente) o l’art. 590 c.p.c. consentono talvolta al GE di sospendere l’asta se c’è un’offerta d’acquisto migliore che soddisfa i creditori. In pratica, devi concordare con il creditore procedente questa soluzione: l’acquirente deposita le somme necessarie, i creditori vengono pagati e contestualmente il GE ordina la cancellazione del pignoramento per permettere il rogito a favore del compratore. È un percorso complesso ma fattibile con l’accordo di tutti. Ad esempio, Agenzia Entrate Riscossione prevede espressamente che, con il suo consenso, il contribuente possa vendere privatamente l’immobile pignorato per pagare il debito. Per i privati, bisogna passare da un’istanza al GE. In assenza di autorizzazione, vendere “di nascosto” è inutile: l’acquirente comprerebbe un immobile pignorato che poi verrebbe comunque venduto all’asta (il suo acquisto verrebbe travolto). Quindi la risposta reale è: puoi concordare una vendita privata nell’ambito di una sospensione concordata o di un accordo con i creditori. Ciò di fatto equivale a saldare i debiti e dunque a far estinguere la procedura. È una via da perseguire se c’è margine (tipicamente quando l’immobile vale molto più del debito: invece di svenderlo in asta, lo vendi a prezzo di mercato e paghi tutti).

Domanda: “Quante volte posso chiedere la sospensione dell’asta?”
Risposta: Dipende dalla via utilizzata:

  • La sospensione volontaria 624-bis puoi ottenerla una sola volta in tutta la procedura.
  • L’opposizione all’esecuzione con sospensiva teoricamente è unica (puoi proporre opposizione per nuovi motivi sopravvenuti, ma non è che ogni mese puoi chiederla senza motivo). Se il giudice ti rigetta una prima istanza di sospensione, potresti riprovarci solo se emergono fatti nuovi e diversi (altrimenti è coperto dal “giudicato” cautelare).
  • Le procedure concorsuali: puoi presentare un piano del consumatore; se fallisce puoi magari tentare una liquidazione, ma non è che puoi ripetere indefinitamente piani su piani – c’è il filtro della buona fede che impedisce abusi (presentare più ricorsi solo per ottenere nuovi stay verrebbe visto male e probabilmente dichiarato inammissibile).
  • Moratorie di legge: quelle calano dall’alto e non dipendono da te (es. Covid è venuto una volta…).
    In generale, il sistema cerca di evitare le sospensioni reiterate e seriali. Un debitore astuto potrebbe, in teoria, fare: prima una sospensione concordata 624-bis di 6 mesi; poi, scaduta, un’opposizione con sospensiva per altri mesi; poi un piano del consumatore per un altro anno… Tuttavia, ciascuna di queste mosse deve poggiare su basi concrete, e i giudici (oltre ai creditori che faranno opposizione) vigilano su eventuali abusi. Se capiscono che presenti istanze solo per allungare il brodo, potrebbero respingerle (es. respingere un piano perché chiaramente presentato pro tempore). Quindi la risposta è: più di una, ma non troppe, e soprattutto ognuna con un diverso fondamento. La cosa migliore è non arrivare a inseguire sospensioni infinite: usane una per guadagnare tempo e risolvere davvero (es. vendere l’immobile, trovare soldi, ecc.), sennò prima o poi il tempo finisce.

Domanda: “Se la mia sospensione finisce e l’asta riprende, devo ricominciare tutto da capo (pubblicità, ecc.) o riparte da dove era?”
Risposta: In linea di massima riparte da dove era. Cioè, se l’asta era già pubblicata e sospesa a 2 giorni dal termine offerte, quando riprende il GE emanerà un nuovo avviso e rifarà la pubblicità e darà nuovi termini. Se invece era sospesa da subito, si rifarà tutta la trafila (nuova ordinanza di vendita magari, ecc.). Ma attenzione: se la sospensione era ex art. 624 c.p.c. e il debitore non riassume la causa di merito, il GE dichiara l’estinzione e ordina la cancellazione del pignoramento! Quindi in tal caso la procedura non riprende affatto, termina proprio e il creditore deve iniziarne una nuova. Questa è una situazione particolare (quella famosa transizione opposizione->estinzione se il debitore “sacrifica” la causa). A parte ciò, di solito la procedura rimane pendente (sospesa) e poi su istanza la rimetti sul binario: si fissa udienza per attivare la vendita. Il GE valuterà se serve aggiornare la perizia di stima (ad esempio se sono passati più di 2 anni, spesso si chiede un supplemento per evitare prezzi non attuali) e poi fisserà i nuovi tentativi d’asta. In sintesi: non si azzera tutto, salvo estinzione formale. Si riparte con gli aggiustamenti del caso.

Domanda: “Cosa devo fare materialmente per comunicare la sospensione dell’asta ai partecipanti?”
Risposta: Nulla, questo è compito del custode giudiziario o del professionista delegato. Quando il giudice dispone la sospensione, viene come detto pubblicato sul Portale vendite. Se qualcuno aveva già depositato offerte o cauzioni, sarà cura del professionista avvisare costoro e restituire le cauzioni versate. Tu debitore non devi attivarti verso gli offerenti (anzi non dovresti neppure sapere chi sono, in teoria). Se però conosci persone interessate all’asta (magari un vicino di casa che ti aveva detto che voleva partecipare), informarle tempestivamente della sospensione può evitare che perdano tempo. In ogni caso, la pubblicità legale copre questo aspetto. Nota bene: se per caso un’asta si svolge lo stesso nonostante la sospensione (poniamo per errore, scenario raro ma ipotetico), tu devi assolutamente far valere l’irregolarità davanti al GE o in reclamo: quell’aggiudicazione sarà nulla e non verrà confermata. Comunque oggi col Portale non succede, perché se un’asta risulta sospesa il portale non accetta offerte.

Domanda: “Quali spese o conseguenze posso avere richiedendo la sospensione?”
Risposta: Dal punto di vista economico, tieni presente:

  • Se ottieni la sospensione e poi perdi l’opposizione, potresti essere condannato a pagare le spese legali al creditore, incluse le spese della fase cautelare. Inoltre il creditore potrebbe chiedere gli interessi maturati nel frattempo (anche se spesso i mutui hanno interessi che corrono comunque fino a saldo).
  • Se abusi del processo, il giudice può condannarti per lite temeraria (art. 96 c.p.c.) a un risarcimento. È raro in esecuzioni, ma possibile se hai chiaramente agito senza motivo solo per dilatare i tempi.
  • Quanto alle spese della procedura, una sospensione prolungata può far aumentare leggermente i costi di custodia (il custode deve gestire l’immobile per più tempo) e quelli di pubblicità (se l’asta viene ripubblicata due volte). Questi costi alla fine gravano sul debitore se il ricavato dell’asta li copre, altrimenti in parte sui creditori. In concreto: se l’asta poi si tiene e la casa viene venduta, dal prezzo ricavato si detrarranno le spese di tutto il periodo (compreso quello sospeso) prima di dare il saldo a te o ai creditori. Se invece la procedura si estingue e tu saldi i creditori, dovrai comunque pagare le spese di esecuzione maturate (custode, perito, contributo pubblicazione), anche per il periodo di sospensione. D’altronde quelle spese le avresti avute comunque se la procedura fosse andata avanti.
  • Un caso particolare: nella sospensione ex 624-bis, l’ordinanza può imporre che il debitore versi una cauzione o un acconto ai creditori come condizione. In genere ciò non avviene perché è concordata, ma la legge lo consentirebbe. Nel 624 (opposizione) è più frequente la cauzione per la sospensione (per tutelare il creditore da ritardi ingiustificati). Se ti impongono cauzione, devi versarla altrimenti niente sospensione.
    In ogni caso, se la sospensione ottiene l’effetto di risolvere la situazione (es. poi paghi, ecc.), ne sarà valsa la pena anche economicamente. Se invece serve solo a rimandare, sappi che può aumentare leggermente il conto finale.

Domanda: “In conclusione, qual è la strategia migliore per sospendere l’asta e salvare la casa?”
Risposta: La strategia va cucita sul caso concreto, ma in linea di massima:

  1. Analizza le cause del debito: c’è qualche profilo di nullità o contestazione? In caso affermativo, l’opposizione all’esecuzione con sospensiva è prioritaria – se c’è un mutuo con clausole abusive, un tasso usurario, un titolo stragiudiziale dubbio, ecc. Questo può fermare l’asta e magari condurre a una rideterminazione del debito (es. togliendo interessi illegittimi).
  2. Se il debito è certo e insostenibile: considera la via del sovraindebitamento (piano/concordato). È un percorso più lungo ma che protegge globalmente e può ridurre i debiti. Richiede di muoversi con qualche mese di anticipo sull’asta, per predisporre la domanda ed ottenere il decreto in tempo.
  3. Se il debito è certo ma pagabile con aiuto: punta sulla sospensione concordata 624-bis o sulla conversione del pignoramento. Parla coi creditori, prospetta pagamenti a breve termine (massimo 1-2 anni). Se riesci a far depositare a loro la sospensione, ottimo. Se non si fidano, raccogli almeno il 20% e chiedi la conversione: il giudice te la concede ex lege e avrai 18 mesi di tempo.
  4. Non isolarti: mantieni i contatti col custode e col creditore. Spesso custodi e delegati riferiscono ai giudici anche delle volontà delle parti. Far sapere che stai attivamente cercando soluzioni a volte spinge il creditore a non ostacolare una sospensione (o a concordarla).
  5. Attenzione alle scadenze: rispetta i termini per eventuali opposizioni (20 giorni atti, etc.), e se ottieni sospensioni condizionate (es. nell’opposizione devi riassumere la causa entro tot giorni, nel concordato devi depositare il piano, nelle rate della conversione devi pagare puntuale) rispetta tutto scrupolosamente. Non vanificare la sospensione con una tua dimenticanza.
  6. Ultimo ma importante: considera il fattore tempo/costi: se vedi che comunque alla fine dovrai cedere l’immobile (perché il debito è troppo alto, perché i creditori non accettano soluzioni), valuta se usare il periodo di sospensione per vendere tu l’immobile a migliori condizioni. In tal modo sospendere l’asta sarà servito almeno a guadagnare il tempo necessario per vendere bene ed evitare un’aggiudicazione in perdita.
    In sintesi, la miglior strategia è quella proattiva: usare la sospensione come trampolino per mettere ordine nei tuoi affari (e non come mera dilazione). Così aumenti le chance di salvare la casa o il suo valore.

Fonti normative e giurisprudenziali 📚

  • Codice di procedura civile: artt. 615-618, 623-624-bis, 626, 628 c.p.c. – Norme sulle opposizioni e sospensione dell’esecuzione.
  • Cass., Sez. III, 17/10/2019 n. 26285: principi su rapporti tra opposizione a precetto ed esecuzione, sospensioni interne/esterne.
  • Cass., Sez. Unite, 06/04/2023 n. 9479: dovere del G.E. di rilevare d’ufficio clausole abusive nei contratti del consumatore, con nullità eventuale dell’esecuzione.
  • D.L. 124/2019, art. 41-bis (conv. L. 157/2019) modificato da L. 69/2021 – Rinegoziazione/surroga mutuo prima casa e sospensione semestrale esecuzione.
  • Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019): artt. 54, 65-73, 74-83, 268-277 – Misure protettive e sospensione esecuzioni in piano consumatore, concordato minore, liquidazione controllata.
  • Cass., Sez. Unite, 26/07/2017 n. 21854: ruolo del P.M. nel sospendere singole esecuzioni ex L. 44/99 antiusura.
  • Legge 23/02/1999 n. 44, art. 20: benefici per vittime di estorsione/usura, sospensione 300 giorni procedure esecutive.
  • D.P.R. 29/09/1973 n. 602, art. 76: (come mod. da D.L. 69/2013) Impignorabilità prima casa da parte di Agenzia Entrate-Riscossione.
  • Tribunale di Firenze, Sez. III, 19/05/2025 (ord.) – Caso di diniego sospensione ex art. 624 c.p.c. in presenza di richiesta di rinegoziazione mutuo: conferma che il debitore ha solo diritto a chiedere, non ad ottenere rinegoziazione.
  • COVID-19 – D.L. 18/2020 art. 54-ter (conv. L. 27/2020) e succ. proroghe – Sospensione fino al 30/06/2021 delle esecuzioni immobiliari prima casa.

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La legge prevede diverse strade per sospendere o rinviare l’asta, ma serve agire tempestivamente e con l’assistenza di un legale esperto in esecuzioni immobiliari. In molti casi, la sospensione è possibile e può offrire tempo prezioso per rinegoziare, saldare o trovare soluzioni alternative.

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⚙️ Quando è possibile sospendere l’asta?

  • Se è pendente un ricorso in autotutela o un contenzioso fiscale
  • In presenza di errori procedurali o mancanza di notifica corretta
  • Se stai avviando una procedura di ristrutturazione del debito o piano del consumatore
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  • Se puoi dimostrare abusi, irregolarità o eccessiva onerosità della vendita

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in esecuzioni immobiliari, diritto tributario e crisi da sovraindebitamento
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Conclusione

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