Hai ricevuto un atto di pignoramento su un conto corrente cointestato e ti stai chiedendo come funziona, cosa può essere bloccato e se i soldi dell’altro cointestatario sono al sicuro? Il pignoramento del conto cointestato è una misura molto delicata, ma la legge prevede regole specifiche a tutela del cointestatario estraneo al debito.
Cosa significa pignoramento del conto cointestato?
– È un atto con cui un creditore blocca le somme presenti su un conto intestato a due o più persone, anche se solo uno dei cointestatari è debitore
– Viene notificato alla banca, che congela le somme fino a concorrenza del debito
– Il conto non viene chiuso, ma le disponibilità sono limitate e non prelevabili fino all’autorizzazione del giudice
Il creditore può pignorare tutto il saldo del conto cointestato?
No. La legge presume che le somme appartengano in parti uguali ai cointestatari, salvo prova contraria.
– Se il conto è intestato a due persone, si presume che ciascuno sia titolare del 50%
– Il creditore del solo cointestatario può quindi pignorare solo la metà del saldo, a meno che dimostri che tutto il denaro è del debitore
– In alcuni casi, la banca blocca tutto l’importo e sarà il giudice dell’esecuzione a decidere quanto assegnare
Il cointestatario non debitore può fare opposizione?
Sì. Può:
– Presentare opposizione all’esecuzione per chiedere lo svincolo della propria quota
– Dimostrare, con documenti e movimenti bancari, che le somme sul conto provengono esclusivamente da redditi propri
– Richiedere al giudice di escludere la propria quota dal pignoramento
Cosa succede ai pagamenti e alle domiciliazioni sul conto?
– Una volta notificato il pignoramento, il conto viene congelato per l’importo richiesto
– La banca non può più eseguire bonifici, RID o addebiti fino alla conclusione della procedura
– I cointestatari potrebbero avere problemi di operatività, anche per spese ordinarie
– È possibile chiedere la sostituzione del conto corrente o l’apertura di un conto separato
Come difendersi da un pignoramento su conto cointestato?
– Verifica a chi è intestato il conto e da dove provengono i versamenti
– Raccogli le prove che le somme sul conto non appartengono (o non interamente) al debitore
– Presenta un’opposizione tempestiva al giudice competente
– Se sei il cointestatario non debitore, chiedi la tutela della tua quota e lo sblocco delle somme
– Se sei il debitore, valuta con il tuo avvocato la possibilità di transazione, opposizione o ristrutturazione del debito
Cosa puoi ottenere con la giusta difesa?
– Lo sblocco parziale o totale delle somme se dimostri che non appartengono al debitore
– La limitazione del pignoramento solo alla quota del debitore effettivo
– La possibilità di recuperare l’operatività bancaria con strumenti alternativi
– La tutela dei diritti del cointestatario non coinvolto nel debito
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in pignoramenti, esecuzioni e tutela patrimoniale ti spiega come funziona il pignoramento del conto cointestato, quali sono i tuoi diritti e cosa puoi fare per difenderti.
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Introduzione
Il pignoramento del conto corrente cointestato è un atto dell’esecuzione forzata con cui un creditore blocca le somme depositate su un conto bancario intestato a più persone, quando solo uno dei cointestatari è debitore. Questa situazione presenta criticità specifiche: da un lato il creditore vuole soddisfarsi sul saldo del conto, dall’altro il cointestatario non debitore vede limitata la disponibilità di denaro di sua proprietà. La tematica richiede un’analisi avanzata della normativa italiana e della giurisprudenza più recente (aggiornata a luglio 2025), bilanciando il linguaggio giuridico con un taglio divulgativo comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Nei paragrafi seguenti verranno esaminate le norme applicabili, il funzionamento pratico della procedura, i diritti di difesa del debitore (e del co-intestatario estraneo al debito), con domande e risposte, tabelle riepilogative e casi pratici. Il tutto dal punto di vista del debitore, per capire come tutelarsi e quali strategie adottare.
Normativa di riferimento
La disciplina del pignoramento di conti correnti cointestati deriva dalla combinazione di norme codicistiche sull’esecuzione forzata e sul rapporto di conto bancario. In particolare:
- Art. 599 c.p.c. – Pignoramento di beni indivisi: consente di pignorare beni in comunione anche se non tutti i comproprietari sono debitori. Ciò costituisce la base legale per aggredire un conto cointestato per debiti riferibili a uno solo degli intestatari. Contestualmente, l’art. 180 disp. att. c.p.c. richiede di notificare agli altri cointestatari un avviso dell’avvenuto pignoramento.
- Art. 1854 c.c. – Conto corrente cointestato: stabilisce che, se il conto è intestato a più persone con facoltà di operare separatamente, “gli intestatari sono considerati creditori o debitori solidali dei saldi del conto”. In altre parole, nei confronti della banca ciascun cointestatario è titolare dell’intero saldo in solido con gli altri.
- Art. 1298, comma 2, c.c.: prevede, nei rapporti interni tra debitori o creditori solidali, la presunzione di parti uguali salvo prova contraria. Applicato ai conti cointestati, implica che si presume (iuris tantum) che ciascun intestatario sia titolare del 50% del saldo, a meno che risulti diversamente da prove specifiche.
- Artt. 543–548 c.p.c. – Pignoramento presso terzi (procedura ordinaria): disciplinano la forma dell’atto di pignoramento notificato alla banca (terzo pignorato) e al debitore, l’obbligo della banca di custodire le somme e di rendere una dichiarazione sul saldo, nonché l’udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione (G.E.) per l’eventuale assegnazione delle somme pignorate al creditore.
- Art. 546 c.p.c.: (come modificato dal D.L. 19/2024) impone al terzo (la banca) di custodire le somme dovute nei limiti dell’importo precettato più una maggiorazione (1000 € per crediti fino a 1.100 €, 1.600 € per crediti fino a 3.200 €, e il 50% in più per crediti superiori). Questa riforma recente mira a evitare il blocco di somme eccedenti il necessario.
- Art. 545 c.p.c.: elenca i limiti di pignorabilità di stipendi, pensioni e altre somme “particolari”. Di rilievo i commi 7, 8 e 9: il comma 7 rende impignorabile una parte delle pensioni (fino al doppio dell’assegno sociale, minimo €1.000); il comma 8 prevede che le somme da lavoro dipendente o pensione accreditate sul conto prima del pignoramento siano pignorabili solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa €1.616 nel 2025), mentre gli accrediti successivi alla notifica seguono le regole ordinarie (pignoramento entro 1/5, salvo eccezioni). Il comma 9 stabilisce che i pignoramenti eseguiti in violazione di tali limiti sono parzialmente inefficaci (rilevabile d’ufficio dal giudice).
- D.P.R. 602/1973, art. 72-bis e 72-ter: regolano il pignoramento esattoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER). L’art. 72-bis consente ad AER di procedere al pignoramento presso terzi (incluse banche) senza bisogno di autorizzazione giudiziale, trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale non pagata. L’art. 72-ter impone tuttavia limiti simili a quelli del c.p.c.: in caso di stipendio accreditato su conto, non si tocca l’ultimo stipendio ricevuto; inoltre in presenza di un conto cointestato, la banca non potrà pignorare l’intero conto corrente in quanto il debitore non ne è unico titolare (dovrà dunque rispettare la quota di spettanza del debitore).
La cornice normativa delineata garantisce da un lato la facoltà per il creditore di aggredire beni in comunione, dall’altro tutela le quote spettanti ai soggetti estranei al debito e introduce soglie di impignorabilità per assicurare al debitore il minimo vitale. Queste norme, lette in combinato, sono state oggetto di numerose interpretazioni giurisprudenziali che ne hanno precisato la portata operativa.
Conto corrente cointestato: caratteristiche e presunzioni
Un conto corrente cointestato è un conto bancario intestato a più persone. Nella prassi, i conti cointestati possono essere:
- A firme disgiunte: ciascun intestatario può operare da solo sul conto (prelievi, bonifici, ecc.). Questa è la situazione tipica cui si riferisce l’art. 1854 c.c., che configura una solidarietà attiva/passiva verso la banca.
- A firme congiunte: sono richieste tutte le firme degli intestatari per movimentare il conto. Anche in questo caso la dottrina e la giurisprudenza ritengono applicabile la presunzione di contitolarità ex art. 1854 c.c., salvo patto specifico contrario. Di fatto, cambia la modalità di utilizzo ma non la titolarità delle somme: ogni intestatario rimane co-proprietario del saldo.
Dal punto di vista civilistico, ciascun cointestatario è titolare di una quota ideale delle somme in conto. In assenza di indicazioni contrarie, si presume che le quote siano uguali (50% ciascuno in caso di due cointestatari, 1/3 se tre intestatari, ecc.). Questa presunzione di contitolarità paritetica discende dall’art. 1298 c.c. ed è stata costantemente confermata dalla Cassazione. Ad esempio, la Suprema Corte ha affermato che “la cointestazione di un conto corrente […] fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto […] e l’eguaglianza delle parti di ciascuno, presunzione che dà luogo solo all’inversione dell’onere della prova e può essere superata da chi deduca una situazione giuridica diversa”.
Questa presunzione opera sul piano interno tra i cointestatari. Ciò significa che, salvo prova contraria, ognuno ha diritto alla metà delle somme depositate. Naturalmente, è una presunzione iuris tantum: se uno degli intestatari sostiene di avere diritto a una quota superiore (perché ad esempio il 90% dei versamenti sul conto proviene da lui), dovrà fornire prove concrete per superarla. La prova contraria può essere data con qualsiasi mezzo (anche presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti). In mancanza di tale prova, però, vige l’uguaglianza delle quote.
Dal punto di vista dei rapporti esterni con la banca, la cointestazione con facoltà disgiunta implica che la banca riconosce a ciascun intestatario la facoltà di disporre dell’intero saldo (sono debitori/creditori solidali del saldo ex art. 1854 c.c.). Questo però non significa che un creditore di uno degli intestatari possa automaticamente pretendere l’intero saldo come se fosse tutto del debitore. Come vedremo, su questo punto si sono confrontate due tesi: una riteneva aggredibile l’intero saldo (per via della solidarietà esterna), l’altra limitava il pignoramento alla sola quota presunta del debitore. La tesi oggi prevalente (de iure condito e de iure interpretato) è la seconda: il pignoramento deve riguardare solo la parte di saldo di spettanza del debitore. Il vincolo di solidarietà attiva/passiva con la banca, infatti, rileva per consentire operazioni e disposizioni sul conto, ma non può pregiudicare i diritti dei terzi estranei al debito.
Riassumendo: un conto cointestato è un bene comune indiviso. Il creditore di uno dei cointestatari può pignorarne la quota ideale, presunta pari al 50%. La restante quota rimane di spettanza dell’altro cointestatario. Sarà compito del giudice dell’esecuzione determinare in concreto l’importo pignorabile e tutelare la parte del co-intestatario estraneo.
Pignoramento di un conto corrente: procedura generale
Prima di addentrarci nelle peculiarità del conto cointestato, è utile richiamare sinteticamente come funziona un pignoramento di conto corrente in generale (procedura presso terzi ordinaria). I passi fondamentali sono:
- Titolo esecutivo e precetto: Il creditore deve essere munito di un titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo definitivo, cartella esattoriale) e notificare al debitore un atto di precetto intimando il pagamento entro un termine (di regola 10 giorni). Trascorso tale termine senza pagamento, può iniziare l’esecuzione forzata.
- Atto di pignoramento presso terzi: Si notifica alla banca (terzo pignorato) e al debitore un atto in cui si ingiunge alla banca di non disporre delle somme del debitore fino a concorrenza di un certo importo (importo precettato, più spese ed eventuali interessi). Nell’atto sono indicati gli estremi del credito e la citazione per l’udienza dal G.E.. Con la notifica, scatta il vincolo: dal giorno in cui la banca riceve l’atto, essa è obbligata a bloccare le somme del debitore entro i limiti indicati. Il debitore non può più movimentare il conto per la parte pignorata.
- Dichiarazione del terzo: La banca, entro il termine di legge (attualmente 15 giorni dalla notifica), deve comunicare al creditore (e al giudice) l’esito: saldo del conto, eventuali altri rapporti intestati al debitore, ecc. (art. 547 c.p.c.). In pratica informa quante somme sono disponibili e quindi pignorate. Se la banca non rende la dichiarazione, il G.E. può anche imporle di comparire o addirittura desumere l’esistenza di somme fino a concorrenza del credito.
- Udienza davanti al G.E.: All’udienza fissata nell’atto di pignoramento, il giudice verifica la regolarità della procedura e le dichiarazioni della banca. Se risulta che vi sono somme pignorate, il creditore può chiederne l’assegnazione fino alla concorrenza del suo credito. Il G.E. emette quindi un’ordinanza di assegnazione in favore del creditore, che ha effetto traslativo: le somme (nei limiti del dovuto) passano al creditore. Se il saldo eccede il dovuto, l’eventuale eccedenza rimane al debitore.
- Pagamento al creditore: La banca, ricevuta l’ordinanza di assegnazione, svincola le somme pignorate pagando il creditore (tipicamente tramite bonifico su un conto indicato dal creditore stesso, o mettendo a disposizione l’importo). Il pignoramento così si chiude. Se invece il saldo era insufficiente a soddisfare tutto il credito, il creditore rimane insoddisfatto per la parte residua (salva la possibilità di altre azioni esecutive).
Questa è la procedura ordinaria regolata dal codice di procedura civile. Essa garantisce il contraddittorio tra le parti davanti al giudice e alcune cautele (ad esempio il G.E. verifica i limiti di legge, può ridurre importi pignorati ecc.).
Caso dell’Agenzia Entrate-Riscossione (pignoramento esattoriale): Quando il creditore è l’Erario, si applica una procedura speciale. AER, decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento non pagata, può intimare direttamente alla banca il pagamento delle somme dovute. In questo caso non c’è un’udienza immediata: la banca blocca i fondi e trascorsi ulteriori 60 giorni li trasferisce ad AER. Non serve un provvedimento giudiziale di assegnazione e il giudice dell’esecuzione interviene solo se il debitore propone opposizione entro 20 giorni. Questa procedura è più rapida, ma deve comunque rispettare i limiti di legge (ad es. lasciare l’ultimo stipendio accreditato e le quote di terzi). Il debitore, dal canto suo, può evitare il trasferimento pagando il dovuto o chiedendo una rateizzazione entro 60 giorni dall’atto di pignoramento esattoriale. In mancanza, lo sblocco del conto avverrà solo a debito saldato o tramite un’opposizione vittoriosa.
Costi e tempi: Il pignoramento presso terzi bancari è relativamente veloce: tra notifica dell’atto e udienza passano in media 1-2 mesi (salvo ritardi). Il creditore deve anticipare il contributo unificato (di solito qualche centinaio di euro in base al valore) e le spese di notifica; se l’esito è positivo, potrà aggiungerle al credito da recuperare. Nell’ambito delle procedure esecutive, il pignoramento di conti è uno dei più efficaci per i creditori (soldi liquidi, no necessità di vendite all’asta). Per il debitore, però, l’effetto è immediato: i fondi vengono congelati e possono essere distratti dal suo patrimonio in tempi brevi.
Questa panoramica generale ci consente di comprendere il contesto nel quale si innesta la problematica del conto cointestato: un caso particolare di pignoramento presso terzi in cui il credito pignorato (il saldo di conto corrente) è in comproprietà tra debitore e un terzo. Vediamo ora come viene gestita nello specifico questa situazione.
Pignoramento del conto cointestato: quota pignorabile e ruolo della banca
Quando il pignoramento presso terzi attinge un conto cointestato, sorgono due questioni principali: quale parte del saldo può considerarsi del debitore e pignorabile, e come deve comportarsi la banca nel congelare le somme.
Come anticipato, la legge (art. 599 c.p.c.) permette il pignoramento del bene indiviso, ma limitatamente alla quota del debitore. Dunque, se Tizio ha un debito e il suo conto è cointestato con Caio, il creditore di Tizio può colpire il conto solo nei limiti della quota di Tizio. In assenza di altre indicazioni, tale quota si presume al 50%. In pratica, il creditore procedente non ha diritto di prendere anche la parte di saldo spettante al co-intestatario estraneo al debito.
Tuttavia, in sede di esecuzione, inizialmente la banca non è in grado di suddividere il saldo in quota del debitore e quota dell’altro intestatario. Dal punto di vista contrattuale, il rapporto di conto è unico e solidale. Perciò, quando riceve l’atto di pignoramento, la banca adotta cautelativamente un approccio “estensivo”: tende a bloccare l’intero saldo (fino a concorrenza dell’importo precettato) e non solo il 50%. Questo comportamento, confermato dalla prassi, è motivato dal fatto che l’istituto di credito non vuole rischiare di lasciare pignorabili somme del debitore. Inoltre, non è compito della banca accertare a chi “appartengano” effettivamente i soldi sul conto – anzi, la giurisprudenza le impone di limitarsi a eseguire l’ordine, senza farsi carico di dirimere questioni di proprietà tra cointestatari. Come ha osservato un collegio dell’Arbitro Bancario Finanziario, una volta confluite le rimesse su un conto cointestato, si ha piena commistione dei patrimoni dei cointestatari, e l’intermediario non può distinguere la quota di ciascuno né risolvere i problemi relativi ai diritti dei cointestatari: tali questioni vanno affrontate dal G.E. nel corso della procedura.
In sintesi, subito dopo la notifica del pignoramento la banca vincola l’intero saldo disponibile (nei limiti dell’importo richiesto). Ad esempio, se sul conto ci sono €10.000 e il credito precettato è €8.000, la banca metterà €8.000 indisponibili (anche se la metà “teorica” di Tizio sarebbe €5.000). Se il saldo è inferiore al dovuto, bloccherà tutto ciò che c’è (nei limiti del maggior valore precettato). Durante questa fase, anche il cointestatario non debitore risulta di fatto bloccato: il vincolo cade sull’intero conto e finché non interviene il giudice, nemmeno lui può prelevare dalla propria quota.
Nota: Dal 2024, come visto, l’art. 546 c.p.c. impone alla banca di limitare il blocco alle somme “strettamente necessarie” più una certa maggiorazione. Ciò evita situazioni estreme (es. conto con saldo molto elevato per un debito modesto). In ogni caso, quando il conto è cointestato, la banca non può arbitrariamente congelare solo metà di ogni voce: deve attendere le determinazioni del giudice. Quello che può fare è assicurarsi di non eccedere le richieste creditorie e rispettare eventuali franchigie impignorabili (come vedremo, ad es. ultimo stipendio accreditato).
Successivamente, all’udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione, verrà affrontata la questione della titolarità delle somme:
- Il creditore chiederà l’assegnazione della quota del saldo presumibilmente riferibile al debitore (di regola il 50%).
- Il Giudice dell’Esecuzione – verificato che il co-intestatario estraneo al debito è stato avvisato della procedura (v. infra) – assegnerà al creditore solo la metà delle somme pignorate (sempre nei limiti del credito azionato). Dunque, nell’esempio, assegnerà €5.000 a soddisfo del creditore (se il debito era €8.000, resterà insoddisfatto per la differenza).
- Contemporaneamente, disporrà lo svincolo dell’altra metà in favore del cointestatario non debitore. In tal modo, si ristabilisce la disponibilità delle somme di spettanza di quest’ultimo.
Se i cointestatari sono più di due, il criterio si adatta proporzionalmente (es. conto cointestato a tre persone, uno debitore: in mancanza di prova contraria si presume spettante al debitore 1/3 del saldo, e si pignora/assegna solo quella quota).
Va sottolineato che il cointestatario estraneo al debito ha facoltà di attivarsi per tutelare la propria quota. La legge prevede, come accennato, che debba essere informato del pignoramento: il creditore procedente deve notificargli un “avviso di pignoramento di bene indiviso” ex art. 599 c.p.c. – art. 180 disp. att. c.p.c., in cui si comunica che sul conto cointestato pende un vincolo a causa del debito altrui. Ricevuto tale avviso, il cointestatario (non debitore) può partecipare all’udienza dinanzi al giudice, prendere visione degli atti e far valere le proprie ragioni. Anche se formalmente non è “parte” esecutata, di fatto assume il ruolo di terzo interveniente per la tutela del suo diritto di proprietà sulle somme comuni.
In mancanza di contestazioni, lo schema tipico è: assegnazione al creditore del 50% delle somme (quota debitore) e liberazione del restante 50% per il co-intestatario. Questo esito “automatico” discende dalla presunzione legale di contitolarità e dall’assenza di elementi per discostarsene. Se però emergono elementi specifici (prova contraria), il giudice può modulare diversamente: ad esempio, se il co-intestatario dimostra che in realtà l’80% del saldo deriva da sue entrate, il giudice potrà limitare l’assegnazione al creditore al 20% del saldo (quota effettiva del debitore).
Importante: La mancata notifica dell’avviso ex art. 599 c.p.c. al co-intestatario non debitore è considerata un grave vizio procedurale. Si tratta di un difetto nel contraddittorio che, secondo la giurisprudenza, rende il pignoramento improcedibile (nullità non sanabile rilevabile d’ufficio). In pratica, se il creditore omette di informare il terzo co-titolare, l’esecuzione non può proseguire validamente. Il Giudice dell’Esecuzione dovrebbe dichiararne l’inefficacia e sbloccare le somme. Questo costituisce un potente strumento di tutela per il co-intestatario ignaro: la legge gli garantisce il diritto di sapere e di essere coinvolto, pena l’annullamento della procedura. (Nota: su questo punto vi sono state pronunce che parlano di nullità “relativa” da far valere con opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c., ma l’orientamento più rigoroso equipara l’omessa notifica a una nullità assoluta in violazione del principio del contraddittorio). In ogni caso, dal punto di vista del debitore, un vizio del genere può offrire una via d’uscita: se il suo creditore ha trascurato di notificare l’avviso all’altro cointestatario, l’esecuzione potrebbe essere fermata.
Quanto al ruolo della banca, ricapitolando:
- Congela l’intero saldo (entro i limiti precettati) e comunica al giudice la presenza del conto cointestato, indicando il co-intestatario. Deve fornire le generalità del co-intestatario per permettere la notifica dell’avviso.
- Non può permettere prelievi né al debitore né all’altro cointestatario sulla somma bloccata. Eventuali operazioni di “separazione delle quote” sono inibite (spesso l’avviso ex art. 599 c.p.c. contiene l’intimazione a non consentire lo spostamento di fondi dal conto comune).
- Non deve (né può) decidere d’ufficio quali fondi appartengano a chi – questo è demandato al giudice. Come visto, la banca esegue e basta: “in presenza di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, l’intermediario può soltanto dare esecuzione senza nulla poter opporre o far valere”.
- Una volta emessa l’ordinanza di assegnazione, la banca svincola la parte spettante al creditore e restituisce la parte residua al cointestatario. Se la banca, per errore, trasferisse più del dovuto al creditore (ad esempio l’intero saldo quando doveva limitarsi a metà), potrebbe incorrere in responsabilità verso il co-intestatario leso. In passato, arbitri bancari hanno riconosciuto risarcimenti nei confronti di cointestatari danneggiati da indebite restrizioni delle banche. Fortunatamente, seguendo le regole, oggi le banche tendono a evitare questi errori e attendono le decisioni del G.E. prima di liberare le somme.
Diritti del cointestatario non debitore
Dal punto di vista del cointestatario estraneo al debito (ad es. il coniuge, il familiare o il socio che condivide il conto con il debitore), il pignoramento è un evento subìto che coinvolge temporaneamente i suoi averi. Tuttavia, l’ordinamento gli offre vari strumenti di tutela:
- Diritto di avviso e partecipazione: Come spiegato, ha diritto a ricevere la notifica dell’avviso di pignoramento ex art. 599 c.p.c. e a essere coinvolto nel procedimento. Ciò significa che può presentarsi all’udienza, anche tramite un proprio avvocato, per far presente la propria posizione. Ad esempio, potrà dichiarare al giudice che “le somme sul conto derivano in larga parte da miei versamenti (stipendio, pensione, ecc.)”, inducendo il giudice a valutare la prova di tale affermazione prima di decidere sull’assegnazione.
- Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.): È l’azione giudiziaria tipica con cui un terzo estraneo al rapporto debitore-creditore, ma leso da un pignoramento, può far valere i propri diritti sul bene pignorato. Nel caso di conto cointestato, il co-intestatario può proporre opposizione di terzo sostenendo che le somme bloccate (o parte di esse) gli appartengono esclusivamente. Ad esempio, la madre cointestataria che veda pignorato il conto cointestato col figlio debitore può opporsi affermando che il saldo deriva dal suo stipendio o dai suoi risparmi, e non da disponibilità del figlio. In tale giudizio di opposizione (che è un autonomo giudizio di cognizione davanti al tribunale competente), grava sul terzo l’onere di provare la proprietà esclusiva delle somme rivendicate. La Cassazione ha chiarito che in sede di opposizione ex art. 619 c.p.c. il giudice applicherà la presunzione di contitolarità (50/50) e starà al terzo opponente fornire la prova contraria per ottenere lo sblocco ulteriore. Se l’opposizione viene accolta, l’atto di pignoramento viene dichiarato inefficace nella parte eccedente la quota del debitore, e le somme del terzo devono essergli restituite (o liberate).
- Intervento volontario nel processo esecutivo: Anche senza instaurare una separata opposizione, il co-intestatario può intervenire nell’esecuzione in corso. Come detto, può presentarsi all’udienza o depositare istanze al G.E. Nel caso in cui abbia prove documentali semplici (es. estratti conto che mostrano bonifici a suo favore, buste paga accreditate, ecc.), queste possono essere mostrate al giudice già all’udienza di assegnazione. Il G.E., se ritiene che vi sia chiara evidenza di una sproporzione tra quota 50% e effettiva appartenenza delle somme, potrà tenerne conto. Ad esempio, se emerge che il conto è alimentato quasi interamente dallo stipendio di Caio (co-intestatario non debitore) e Tizio vi versa poco o nulla, il giudice potrebbe limitare l’assegnazione ben al di sotto del 50%. In mancanza di tale intervento, però, il giudice di solito si attiene alla presunzione legale e assegna la metà al creditore.
- Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): Se nel procedimento esecutivo vi sono vizi formali o violazioni procedurali che riguardano il terzo, questi può proporre opposizione agli atti entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto viziato. Un caso tipico è proprio l’omessa notifica dell’avviso ex art. 599 c.p.c.: il co-intestatario non avvisato potrebbe sollevare il vizio con un ricorso ex art. 617 c.p.c., chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di assegnazione eventualmente emessa e/o dell’intera procedura. Come visto, questo vizio è talmente grave che spesso viene rilevato d’ufficio; tuttavia, l’opposizione agli atti è uno strumento a disposizione del terzo per far valere formalmente la nullità. Altri vizi opponibili possono essere: l’atto di pignoramento incompleto (es. mancata indicazione dei dati del co-intestatario noti, elemento che la giurisprudenza considera rilevante), il pignoramento eseguito oltre i limiti di legge (ad es. che abbia violato le soglie di impignorabilità di stipendi/pensioni – il comma 9 dell’art. 545 lo definisce parzialmente inefficace, ma il terzo può comunque attivarsi per far correggere la situazione in sede di esecuzione).
- Azione di ripetizione d’indebito contro il creditore assegnatario: Ipotesi meno frequente, ma possibile. Se per caso il creditore ottiene con l’assegnazione più di quanto dovuto (ad esempio per errore viene assegnato l’intero saldo di un conto cointestato, comprendendo anche la quota altrui), il co-intestatario potrà agire contro il creditore stesso per riprendersi l’indebito. L’ABF ha osservato che, qualora il co-intestatario non sia stato avvisato, potrà perfino agire contro l’assegnatario (creditore) per ripetere le somme riscosse in eccedenza. Ciò evidenzia quanto sia importante il rispetto della procedura: al creditore che “salta” la notifica del 599 c.p.c. può costare caro, dovendo poi restituire denaro altrui indebitamente percepito.
- Tutela risarcitoria: In casi di abuso o comportamento anomalo, il co-intestatario potrebbe chiedere un risarcimento. Ad esempio, se la banca violasse i suoi obblighi (poniamo non sbloccando tempestivamente le somme spettanti al terzo dopo il provvedimento del giudice, causando un danno), o se il creditore agisse con dolo o malafede nel travolgere i diritti del terzo, quest’ultimo potrebbe valutare un’azione risarcitoria. Sono ipotesi limite; nella normalità, la tutela è già assicurata dagli strumenti sopra elencati che permettono di eliminare o ridurre il pignoramento illegittimo.
È essenziale comprendere che il cointestatario non diventa debitore del credito esecutato solo per il fatto di condividere il conto. Il debito rimane personale del co-intestatario obbligato. Il terzo estraneo non subisce un’espropriazione definitiva del suo patrimonio, ma solo una compressione temporanea del diritto fino alla definizione dell’esecuzione. Se tutto è fatto secondo legge, alla fine la sua quota deve essergli restituita intatta.
Dal punto di vista del debitore principale, la presenza di un co-intestatario attivo può indirettamente giovare: se il co-intestatario prova che gran parte del saldo è suo, il debitore vedrà ridotta la porzione di denaro aggredibile. Tuttavia, il debitore in sé non può opporsi dicendo “i soldi non sono miei” senza coinvolgere l’altro – sarebbe una contraddizione, perché ha accettato la solidarietà attiva sul conto. Sarà il co-intestatario a dover rivendicare la propria parte.
In pratica, per evitare queste situazioni, molte famiglie e imprese scelgono con cautela come gestire conti comuni. Dal lato del debitore, sapere che un proprio conto cointestato può essere pignorato lo induce magari a tenere separati i fondi personali da quelli condivisi con coniugi o soci. Dal lato del terzo, è importante vigilare e intervenire prontamente in caso di pignoramento, per non subire passivamente gli effetti pregiudizievoli. Nei prossimi paragrafi, vedremo alcune situazioni particolari (come stipendi e pensioni sul conto, debiti fiscali, rapporti tra coniugi, ecc.) e forniremo esempi concreti con numeri per chiarire gli effetti del pignoramento su conti cointestati.
Limiti particolari: stipendi, pensioni e crediti impignorabili sul conto cointestato
Una parte cruciale del quadro normativo è rappresentata dai limiti di pignorabilità di certe somme “sensibili”, in particolare stipendi e pensioni accreditati in conto. Tali limiti, pensati per garantire il minimo vitale al debitore, si applicano ovviamente anche se il conto è cointestato. Analizziamo le principali regole:
- Stipendio già accreditato sul conto prima del pignoramento: Il già citato art. 545, comma 8, c.p.c. prevede che il pignoramento può colpire solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale. Poiché l’assegno sociale è soggetto a rivalutazione, conviene esemplificare con valori attuali: nel 2025 l’assegno sociale mensile è circa €538,69; il triplo è all’incirca €1.616. Dunque, se sul conto del debitore erano presenti stipendi/salari accumulati prima del pignoramento, una somma pari a €1.616 resta impignorabile. Solo l’importo sul conto che supera tale soglia può essere bloccato e assegnato. Esempio: conto cointestato con saldo €4.000, di cui presumibilmente €2.000 frutto dello stipendio di Tizio (debitore) accreditato il giorno 1 del mese. Se il pignoramento arriva il giorno 15, la banca dovrà lasciare libero almeno l’importo di €1.616 (minimo vitale), pignorando eventualmente l’eccedenza. In un conto cointestato, però, occorre coordinare questo con la ripartizione 50/50: in pratica, prima si applicano le soglie di impignorabilità sulle somme del debitore, poi si considera la quota del co-intestatario. Nel nostro esempio, dei €2.000 di stipendio di Tizio, €1.616 non pignorabili; restano €384 pignorabili. Ma Tizio è titolare solo del 50% del saldo totale (€4.000), cioè €2.000. In sostanza, si potrà pignorare al massimo €384 (perché l’altra metà è comunque di Caio). Se il credito del procedente fosse superiore, il resto non potrebbe comunque essere preso perché equivarrebbe ad intaccare la quota di Caio o il minimo vitale di Tizio.
- Pensione accreditata sul conto: Per le pensioni vige una tutela ancora maggiore sul primo accredito: l’art. 545, comma 7, c.p.c. esenta dalla pignorabilità un importo pari al doppio dell’assegno sociale, con un minimo di €1.000. Dal 2022 infatti è stata alzata la soglia per i trattamenti pensionistici (prima era 1,5 volte l’assegno sociale, ora 2 volte). Quindi, per un pensionato debitore, sul conto resta intoccabile una somma di circa €1.077 (se assegno sociale €538,69 x 2) o €1.000 se superiore. Anche qui vale la logica: solo l’eventuale eccedenza può essere pignorata. Se ad esempio un pensionato ha sul conto €3.000 derivanti in buona parte dalla pensione, €1.077 sono al sicuro, il resto (fino alla metà per via del cointestatario non debitore) può essere aggredito.
- Somme accreditate dopo il pignoramento: Una volta notificato l’atto, la situazione si “cristallizza” al saldo esistente in quel momento (salvo diverso accordo in udienza). Se sul conto affluiscono successivamente altri stipendi o entrate, bisogna distinguere: nel pignoramento ordinario la giurisprudenza prevalente ritiene che il vincolo si estenda anche agli accrediti successivi fino all’ordinanza di assegnazione, se derivano da obbligazioni periodiche già in essere (es: lo stipendio mensile dovuto). In pratica, se arriva lo stipendio del mese dopo mentre il conto è ancora bloccato, anche quello viene vincolato nei limiti di 1/5 (come se il datore di lavoro fosse stato pignorato direttamente). Tuttavia, su un conto cointestato, spesso l’ordinanza del giudice limita chiaramente l’assegnazione alla quota del saldo esistente alla data del pignoramento. Se servisse aggredire futuri accrediti, il creditore potrebbe dover rinnovare il pignoramento o pignorare direttamente la fonte (datore di lavoro). Nel caso del pignoramento esattoriale, invece, il meccanismo è leggermente diverso: AER notifica l’ordine alla banca di pagare le somme presenti al momento fino a concorrenza del credito dopo 60 giorni. Gli accrediti successivi non rientrano automaticamente (dovrebbero fare un altro atto). Inoltre, l’art. 72-ter D.P.R. 602/73 prevede esplicitamente che gli obblighi della banca come terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato a titolo di stipendio o salario, il che tutela sempre l’ultima mensilità.
- Crediti impignorabili o con vincolo di destinazione: Alcune somme potrebbero essere totalmente impignorabili per legge, ad esempio: assegni di accompagnamento per invalidi, sussidi di povertà, borse di studio per figli disabili, ecc. (art. 545 co. 2 c.p.c. e leggi speciali). Se tali somme confluiscono in conto, la banca di per sé non le distingue dal resto. Sarà onere del debitore o del co-intestatario segnalare al giudice che, dentro quel saldo, è compresa una somma impignorabile. Il giudice può chiedere prova (es. documenti attestanti la natura di quel versamento) e disporre l’esclusione di quell’importo dal pignoramento. Nella prassi, ad esempio, le pensioni di invalidità sono impignorabili salvo che per specifici crediti verso lo Stato, e i giudici dell’esecuzione le lasciano fuori se individuate. Su un conto cointestato, dove magari confluiscono redditi diversi, è fondamentale fare questa chiarezza per evitare che la presunzione 50/50 travolga anche somme protette.
- Debiti per alimenti (assegni di mantenimento): Se il creditore procedente vanta crediti alimentari (es. mantenimento di figli o coniuge), la legge consente percentuali di pignoramento maggiori. In sede di pignoramento di stipendio, ad esempio, il giudice può autorizzare anche oltre 1/5. Per un conto corrente, teoricamente, un creditore alimentare potrebbe chiedere al giudice di disporre l’assegnazione di una quota superiore al 50% se dimostra che, pur essendo cointestato, il conto contiene in realtà denaro del debitore che eccede la sua metà. Tuttavia, questo scenario è raro: la regola della contitolarità vale anche contro crediti alimentari, salvo che il giudice accerti con precisione che certe somme sono tutte del debitore. Insomma, il creditore alimentare non può bypassare la presenza del co-intestatario innocente e prendersi i suoi soldi, ma potrebbe ottenere qualche eccezione sui limiti di pignoramento se ad esempio la pensione del debitore è alta e la sua esigenza alimentare prioritaria. In ogni caso rimarrebbe intangibile la parte effettivamente altrui.
In conclusione su questo punto, il pignoramento del conto cointestato deve rispettare sia la ripartizione delle quote tra intestatari sia i limiti generali sulle somme “vitali”. Dal punto di vista pratico:
- Il Giudice dell’Esecuzione al momento dell’assegnazione verificherà d’ufficio che, ad esempio, non si stiano assegnando al creditore somme che per legge non andavano toccate (ultima pensione, quota impignorabile, ecc.). Se necessario, dichiarerà inefficace il pignoramento nella parte eccedente (commi 8-9 dell’art. 545 c.p.c.).
- Nella procedura esattoriale, dove il giudice non interviene automaticamente, queste cautele devono essere gestite dalla banca e dal debitore: la banca, conoscendo l’origine di certi accrediti, dovrebbe applicare i limiti (ad es. lasciando l’ultimo stipendio al debitore); il debitore, se ritiene che AER abbia violato questi limiti, deve fare opposizione entro 20 giorni. Notare che la stessa Cassazione ha annullato pignoramenti esattoriali che non indicavano chiaramente le somme e le basi del calcolo, ritenendoli nulli per lesione del diritto di difesa del debitore.
Per il debitore cointestatario, queste norme sui limiti significano che una parte del denaro derivante dal proprio lavoro o pensione è salva, anche se condivisa in conto: il creditore non può azzerare il conto lasciandolo senza mezzi di sussistenza. Dal punto di vista del co-intestatario estraneo, invece, è bene tenere a mente che le tutele del minimo vitale riguardano il debitore, non lui. Se il conto contiene stipendi di entrambi, ognuno avrà la sua franchigia, ma il terzo non debitore già di per sé recupera la sua metà per il fatto di non essere debitore. In altre parole, le soglie tipo “triplo assegno sociale” servono a proteggere la metà di Tizio debitore; la metà di Caio era comunque fuori gioco per il creditore (salvo contestazioni probatorie). Il co-intestatario deve piuttosto preoccuparsi di far emergere chiaramente quali accrediti sono riconducibili a lui per sottrarli dall’aggressione: ad esempio, evidenziando che un certo bonifico è la sua pensione (già di per sé impignorabile per 1000€ + 50% ecc.), oppure che certe somme sul conto provengono dal suo conto personale.
Opposizioni e strategie difensive per il debitore (e il co-intestatario)
Dal punto di vista del debitore, trovarsi il conto cointestato pignorato può essere problematico anche nei rapporti familiari o societari, perché coinvolge altre persone. È dunque importante conoscere le strategie difensive e le azioni possibili per reagire all’esecuzione, sia prima che dopo il blocco del conto. Di seguito illustriamo le principali:
- Prevenzione – separazione dei fondi: La strategia più semplice, sebbene “a monte”, è evitare di avere ingenti somme su conti cointestati quando si hanno situazioni debitorie a rischio. Dal lato pratico, un debitore può decidere di utilizzare un conto solo a sé intestato per i propri incassi, così da non coinvolgere terzi. Questa scelta può essere opportuna soprattutto per imprenditori o soci d’affari: meglio tenere conti separati per l’azienda e per sé, o per soci diversi, in modo che il pignoramento di uno non blocchi la liquidità dell’altro. Naturalmente, quando il pignoramento è già in atto, questo consiglio arriva tardi – ma è utile per il futuro. Anche ridurre le giacenze su conti cointestati (spostando le proprie disponibilità su conti personali) può limitare i danni potenziali, purché fatto lecitamente e non in frode ai creditori (svuotare un conto dopo aver ricevuto un precetto potrebbe configurare un atto in frode all’esecuzione).
- Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: È l’opposizione con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione. Non riguarda specificamente il fatto che il conto sia cointestato, ma può essere usata se il debitore ritiene che il credito sia inesistente, già pagato, prescritto, o che vi siano altri motivi per cui l’esecuzione non è dovuta. Ad esempio, Tizio potrebbe opporsi sostenendo che il precetto è invalido o che ha un accordo col creditore non rispettato. Questa opposizione va proposta al giudice competente (generalmente il tribunale dell’esecuzione) e può portare alla sospensione immediata dell’esecuzione (se il giudice lo ritiene, con ordinanza motivata) e poi all’annullamento del pignoramento. Nel contesto di un conto cointestato, l’opposizione ex art. 615 è uno strumento generale, da usare se si mira a far cadere l’esecuzione in toto. Non è invece lo strumento per discutere di quale quota del conto sia pignorabile (quello è tema da G.E. in sede di assegnazione, oppure da opposizione di terzo di cui si è detto).
- Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.: Come visto, serve per far valere vizi formali. Per un debitore, esempi tipici: l’atto di pignoramento notificato manca di requisiti (art. 543 c.p.c. richiede l’indicazione di determinati dati, tra cui il codice fiscale e le generalità complete del debitore e del terzo; se, ad esempio, l’atto non avesse indicato che il conto è cointestato e il nome dell’altro intestatario – cosa difficile perché la banca lo dichiara, ma possibile in caso di omissione – potrebbe essere un vizio). Oppure la notifica è stata eseguita in maniera irregolare. O ancora, il creditore ha pignorato più di quanto dovuto (pignoramento eccessivo). Nel 2025, con la modifica dell’art. 546 c.p.c., se il creditore/pignorante indicasse nell’atto importi superiori ai limiti (oltre il 50% extra consentito) e la banca bloccasse troppo, questo eccesso è inefficace e il debitore può segnalarlo. Nel caso del mancato avviso al co-intestatario, anche il debitore potrebbe fare opposizione per far rilevare il vizio di contraddittorio (sebbene sia questione che riguarda soprattutto il terzo). L’opposizione ex art. 617 va fatta entro 20 giorni dall’atto o dalla conoscenza del vizio; spesso il debitore ne prende coscienza all’udienza stessa, quindi i 20 giorni decorrono da lì. L’effetto se accolta è l’annullamento dell’atto viziato (ad es. dell’ordinanza di assegnazione, costringendo a rifarla correttamente).
- Dialogo con il creditore e accordi transattivi: Non va trascurata la possibilità di cercare un accordo col creditore. Di fronte a un pignoramento complicato da quote di terzi, a volte il creditore può essere disponibile a trattare – ad esempio accettando un pagamento parziale pur di evitare lungaggini o opposizioni. Dal canto suo, il debitore può coinvolgere il co-intestatario nelle trattative: se c’è in ballo il blocco di soldi anche suoi, il co-intestatario ha interesse a risolvere la situazione. Una transazione può portare allo sblocco del conto più rapidamente di un giudizio. Naturalmente questo dipende dai rapporti tra le parti e dalla fattibilità economica (il debitore deve racimolare qualcosa da offrire).
- Ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF): Non per contestare il pignoramento in sé (che è un atto giudiziario), ma per questioni di comportamento della banca. Se, ad esempio, la banca non avvisa tempestivamente il cointestatario, o se sbaglia nel computo degli importi liberabili, il co-intestatario o il debitore potrebbero sottoporre il caso all’ABF. Ci sono decisioni ABF, come quella del Collegio di Coordinamento n. 8227/2015 citata in dottrina, che chiariscono i doveri della banca e tutelano il cliente. L’ABF potrebbe – nei limiti delle sue competenze – ordinare alla banca di correggere il tiro o risarcire danni (ad es. interessi persi). Va però detto che, se c’è già un giudice dell’esecuzione investito, di solito le questioni si risolvono lì; l’ABF è uno strumento eventuale e complementare per profili di responsabilità bancaria.
- Sospensione della procedura: In qualunque momento, il debitore (o il terzo opponente) può chiedere al giudice la sospensione dell’esecuzione se ci sono gravi motivi (es: un’opposizione ben fondata, il rischio di un danno grave e irreparabile). Il G.E. può sospendere l’assegnazione, o il giudice dell’opposizione (se l’opposizione è già pendente) può sospendere l’efficacia del pignoramento. Ciò mantiene il conto bloccato ma ferma l’asporto delle somme, in attesa della decisione di merito. Dal lato pratico, questo può dare respiro, ma allunga i tempi.
Cosa NON fare: Dal lato del debitore, è vivamente sconsigliato cercare di “bypassare” illegalmente il vincolo. Ad esempio, far prelevare dal conto all’altro cointestatario somme pignorate dopo la notifica viola l’ingiunzione dell’atto e potrebbe configurare reati (violazione di sigilli o sottrazione di beni pignorati) oltre che un illecito civile. Anche spostare tutti i fondi su conti di terzi poco prima dell’arrivo del pignoramento può essere considerato atto in frode (il creditore potrebbe chiederne la revoca in sede concorsuale, o in caso di fallimento, ecc.). In sostanza: meglio giocare nelle regole impugnando l’atto che aggirare il sistema con mosse azzardate che possono peggiorare la posizione del debitore.
Dal punto di vista del co-intestatario, la strategia chiave è: attivarsi subito. Appena si viene a sapere del pignoramento (tramite notifica dell’avviso ex art. 599 c.p.c. o anche informazione della banca), conviene:
- Consultare un legale per valutare le prove disponibili sulla provenienza delle somme.
- Comparire all’udienza (direttamente o con avvocato) per dichiarare le proprie ragioni. A volte una semplice comparsa con dichiarazioni può indurre il giudice a non decidere subito e a richiedere approfondimenti, il che è utile per guadagnare tempo ed evitare un’assegnazione frettolosa.
- Se necessario, predisporre un’opposizione di terzo (soprattutto se l’iter di assegnazione è già avanzato o concluso).
Nel caso in cui il co-intestatario sia un familiare del debitore (es. coniuge), spesso gli interessi sono comuni e ci si muove coordinati: ad esempio, se il conto è cointestato tra moglie e marito e viene pignorato per un debito del marito, entrambi i coniugi hanno interesse a liberare il conto. Potrebbero dunque presentare un fronte comune: il marito debitore magari cerca di definire il debito col creditore, la moglie co-intestataria interviene per evidenziare che quei soldi servono alla famiglia o provengono dal suo stipendio. A tal proposito, val la pena citare una pronuncia della Cassazione su rapporti interni coniugali: in un caso, la moglie chiedeva la restituzione di metà delle somme usate dal marito dal conto comune per esigenze familiari, ma la Cassazione (ord. Sez. I n. 28772/2023) ha negato rimborsi tra coniugi proprio in virtù della contitolarità solidale. Questo però attiene ai rapporti interni: in sede esecutiva, se i soldi servivano alla famiglia, comunque appartenevano ad entrambi, e la metà del marito debitore resta attaccabile. È un monito che avere conti cointestati tra coniugi crea comunione di beni anche di fatto: il lato positivo è la fiducia e la gestione unitaria, il lato negativo è l’esposizione ai creditori dell’altro.
Riassumendo, il debitore cointestatario farà bene a:
- Monitorare eventuali azioni esecutive (anche tramite l’altro intestatario).
- Valutare la separazione dei conti se la situazione debitoria si aggrava (per non coinvolgere terzi).
- Utilizzare le opposizioni adeguate se ci sono irregolarità o motivi per fermare l’esecuzione.
- Collaborare col co-intestatario per ridurre il danno (informandolo, concordando mosse, ecc.).
Il co-intestatario non debitore, dal canto suo, dovrà:
- Reagire prontamente all’avviso ex 599 c.p.c. (20 giorni passano in fretta, anche se per lui non c’è un termine fisso per opporsi, è meglio muoversi entro quelli del debitore per sicurezza).
- Raccogliere evidenze sulla titolarità delle somme (es. contratti di lavoro, cedolini, ricevute di bonifici in ingresso a suo favore).
- Farsi assistere legalmente per far valere i propri diritti in sede di assegnazione o con un giudizio autonomo.
- Seguire da vicino la banca affinché, post-assegnazione, rilasci subito le somme che gli spettano. Se nota inadempienze, sollecitare (anche con reclamo formale o ABF).
In definitiva, con le giuste mosse il pignoramento del conto cointestato può essere limitato nei suoi effetti: il creditore legittimamente otterrà al massimo la porzione dovuta, ma il resto tornerà nella disponibilità del terzo. Il punto cruciale è non lasciare che la procedura segua il suo corso senza intervento, altrimenti il giudice potrebbe, per economia processuale, assegnare meccanicamente il 50% al creditore. La legge offre gli strumenti, sta ai soggetti coinvolti utilizzarli per un esito equo.
Esempi pratici (casi simulati)
Vediamo ora alcuni esempi concreti per capire come si applicano in pratica i principi esposti.
Esempio 1 – Conto cointestato con saldo elevato, debito modesto:
- Situazione: Mario e Anna sono cointestatari (firme disgiunte) di un conto corrente. Il saldo attuale è di €20.000. Mario ha un debito per cui la banca X ha ottenuto decreto ingiuntivo e precetto di €5.000 (comprensivo di interessi e spese). Mario non paga, quindi la banca X pignora presso la banca dove è il conto cointestato.
- Procedura: La banca (terzo pignorato) riceve l’atto di pignoramento per €5.000 + spese. Sul conto ci sono €20.000, cointestati Mario/Anna. La banca, secondo art. 546 c.p.c., deve vincolare fino all’importo precettato più un margine (essendo credito > €3.200, può vincolare il 50% in più, quindi €7.500). Tuttavia, poiché il saldo è di €20.000, anche congelandone €7.500 resterebbero non toccati €12.500. In pratica, la banca potrebbe bloccare direttamente €5.000 (essendo questo l’importo richiesto) oppure, per prudenza, €7.500 (massimo consentito). Diciamo che congela €7.500. Anna viene informata tramite notifica ex art. 599 c.p.c.
- Udienza dal G.E.: Anna si presenta con il suo avvocato, dichiarando che sul conto “ci sono anche soldi miei, ma riconosco che metà saldo è di Mario”. Non oppone prove contrarie specifiche. Il giudice verifica che nulla osta e assegna al creditore €5.000 (il dovuto) a valere sulla quota di Mario. Il resto delle somme rimane liberato.
- Esito: La banca trasferisce €5.000 alla banca X (creditore) e sblocca il conto per la parte residua. Anna e Mario tornano a disporre liberamente di €15.000 (dei €20.000 iniziali, 5k pagati al creditore). Mario resta debitore verso X per zero (debito estinto), Anna non subisce perdita patrimoniale definitiva (sebbene per qualche settimana abbia avuto denaro indisponibile). Nota: se Anna avesse dimostrato che dei €20.000 sul conto, €15.000 provenivano da un’eredità a lei devoluta, probabilmente il giudice avrebbe ridotto l’assegnazione molto al di sotto di €5.000 (forse €2.500 o meno, ritenendo che la quota di Mario sul saldo fosse di ~5k). In tal caso X avrebbe ottenuto meno e avrebbe dovuto attivarsi su altri beni di Mario per il resto.
Esempio 2 – Conto cointestato con stipendio accreditato, importo modesto:
- Situazione: Luigi e suo padre Carlo hanno un conto cointestato. Luigi è giovane lavoratore, ogni mese accredita lo stipendio di circa €1.200 sul conto. Carlo vi versa solo occasionalmente piccole somme. Il saldo attuale è €1.800 (Luigi ha appena ricevuto lo stipendio il 27 del mese, €1.200, più c’era un pregresso di €600). Luigi ha un debito verso una finanziaria di €3.000 per un prestito non rimborsato; la finanziaria attiva pignoramento presso terzi.
- Procedura: La banca riceve atto per €3.000. Il saldo è €1.800. La banca blocca €1.800 (tutto il saldo disponibile, comunque sotto il limite richiesto). Dichiara al G.E. che esiste il conto cointestato con saldo €1.800. Notifica a Carlo l’avviso.
- Aspetti particolari: Qui interviene la tutela del minimo vitale: dei €1.800, €1.200 sono stipendio di Luigi accreditato prima del pignoramento. Ai sensi dell’art. 545(8) c.p.c., il terzo pignorato non dovrebbe sottrarre al debitore l’importo pari a tre volte l’assegno sociale. Tre volte l’assegno sociale (~€1.616) è superiore allo stipendio stesso (€1.200), dunque teoricamente l’intero stipendio di Luigi sarebbe non pignorabile in questo momento. In altre parole, al debitore va lasciato almeno €1.616; avendo sul conto €1.800 totali, solo €184 sarebbero attaccabili. Inoltre c’è Carlo come co-intestatario: la metà del saldo (€900) è sua di diritto. Come si conciliano questi dati? Il G.E. probabilmente risolverà così: riconosce che la quota di Luigi (debitore) nel saldo è €900 (metà) e che questa quota è composta principalmente dallo stipendio appena accreditato; applicando la franchigia, quei €900 di Luigi sono interamente coperti dal minimo vitale (€900 < €1.616). Quindi non assegna nulla al creditore e dichiara il pignoramento inefficace per mancanza di capienza pignorabile.
- Esito: Il creditore resta insoddisfatto (potrà tentare di pignorare magari lo stipendio direttamente dal datore di lavoro le mensilità successive). Il conto viene sbloccato completamente e i €1.800 restano dove stanno. Luigi e Carlo riacquistano piena disponibilità dei loro soldi. In sostanza, il minimo vitale ha protetto Luigi, e di riflesso Carlo non ha perso nulla.
- Variante: Se Luigi avesse avuto un saldo molto più alto, ad es. perché accumula stipendi da mesi e il conto cointestato fosse salito a €5.000, di cui €4.000 frutto di stipendio: minimo vitale €1.616, quindi €2.384 pignorabili (sulla parte stipendio); tuttavia la quota di Luigi è €2.500 (metà di 5k). Il creditore su €3.000 di debito ne avrebbe potuti ottenere al massimo €2.384 (Luigi) + eventualmente qualcosa dalla quota di Carlo se fosse risultata in realtà di Luigi (ma non potendo saperlo, rimane €2.384). Questo per dire che in conti con somme modeste, le soglie di impignorabilità incidono molto.
Esempio 3 – Pignoramento esattoriale su conto cointestato:
- Situazione: Marco e suo fratello Luca hanno un conto cointestato in comune (uso familiare). Marco ha debiti tributari per IRPEF non pagata, cartelle esattoriali per un totale di €15.000. Dopo le dovute notifiche, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione procede a pignorare il conto. Saldo del conto: €10.000.
- Procedura esattoriale: AER invia alla banca l’ordine di blocco fino a €15.000. La banca vede €10.000 sul conto, cointestato. Per sicurezza blocca tutti i €10.000 (non superando comunque il dovuto). Comunica ad AER che il conto è cointestato con Luca. AER, seguendo l’art. 72-ter, non può pretendere somme appartenenti a terzi, quindi in teoria dovrebbe limitare la propria pretesa alla metà del saldo (quota presunta di Marco) = €5.000. Infatti, come spiegano le istruzioni, “È precluso all’Agente della riscossione espropriare somme appartenenti a soggetti diversi dal debitore”. Dunque AER dovrebbe richiedere alla banca solo €5.000. I restanti €5.000 dovranno essere sbloccati a favore di Luca.
- Problema: Poniamo che AER non abbia esplicitato questo limite nell’atto (atto generico su tutto il conto). La banca, per non sbagliare, trattiene €10.000 in attesa di indicazioni. Trascorsi 60 giorni, AER chiede il trasferimento. A questo punto, Luca (co-intestatario) deve attivarsi: presenta un ricorso in tribunale (opposizione all’esecuzione in via analogica, trattandosi di esecuzione esattoriale, o un giudizio ordinario di accertamento) chiedendo che venga dichiarato che la metà di quelle somme erano sue e non dovevano essere assegnate al fisco. Il giudice, verificati gli atti, gli darebbe ragione sulla base dell’art. 599 c.p.c. e dei principi di contitolarità, ordinando la restituzione di €5.000. Nel frattempo, però, Marco ha visto andare via €10.000 dal conto a favore del Fisco. Quei €5.000 di troppo costituiscono indebito verso Luca. Potrebbe aprirsi un contenzioso.
- Esito auspicabile: Nella pratica, AER di solito cerca di evitare questi contenziosi. È probabile che già in sede di blocco limiti il pignoramento alla sola quota del debitore. L’avvocato di Marco/Luca potrebbe contattare AER segnalando formalmente la cointestazione e chiedendo di liberare la parte non dovuta. Spesso l’agente della riscossione, di fronte all’evidenza, sblocca volontariamente la quota del terzo per evitare opposizioni. Nel nostro esempio, quindi, AER incasserebbe €5.000 (che riducono il debito di Marco), e Luca avrebbe subito solo un congelamento temporaneo dei suoi €5.000, poi tornati disponibili. Rimarrebbe a carico di Marco il debito residuo di €10.000, da gestire con altri beni o rateizzazioni.
Esempio 4 – Conto cointestato coniugale e prove contrarie:
- Situazione: Paolo e Francesca, marito e moglie in regime di separazione dei beni, hanno però un conto cointestato comune su cui Paolo versa il suo stipendio e Francesca il suo. Saldo attuale: €8.000. Debito: Paolo è garante di un finanziamento non pagato dal debitore principale, e la finanziaria procede contro di lui per €6.000.
- Procedura: Pignoramento presso la banca: congelati fino a €6.000 (+ margine). Avviso a Francesca.
- Intervento probatorio: Francesca, tramite avvocato, decide di contestare la presunzione 50/50. Porta in udienza estratti conto che mostrano che dei €8.000, ben €5.000 provengono da bonifici stipendio a lei intestati, e €2.000 da stipendio di Paolo, il resto da piccoli versamenti di entrambi. In più, evidenzia che il conto serve a pagare spese familiari comuni.
- Decisione del G.E.: Il giudice, di fronte a prove documentali, può formarsi la convinzione che “in realtà la quota di Francesca sul saldo è superiore al 50%, quantificabile ad esempio al 70%”. Pertanto, potrebbe ritenere che del saldo €8.000, solo €2.400 siano effettiva spettanza di Paolo debitore, e il resto di Francesca. Conseguenza: assegna al creditore €2.400 (invece di 4.000 se fosse andato col 50%) e dichiara libero il resto. Il creditore, se vuole recuperare la differenza (6.000 – 2.400 = €3.600), dovrà cercare altri beni di Paolo.
- Considerazioni: Questo scenario evidenzia come il giudice possa modulare l’assegnazione in base alle prove sulla proprietà delle somme. La solidarietà attiva del conto fa presumere metà e metà, ma non irrigidisce il risultato se è dimostrabile uno squilibrio. Certo, serve documentazione chiara: in conti movimentati con tanti input/output, non è sempre facile convincere il giudice su percentuali precise. Ma in alcuni casi, specie con entrate tracciate (due stipendi noti), l’operazione riesce. Dal lato del creditore, questa situazione è penalizzante: confidava di attingere 4.000, si ritrova con 2.400. Tuttavia, la legge protegge la parte eccedente perché appartiene a un soggetto che nulla centra col debito.
Ogni caso pratico può presentare varianti infinite, ma i principi emersi sono costanti: rispettare la quota del debitore, preservare il minimo vitale, permettere al terzo di difendere la sua parte.
Domande frequenti (FAQ) sul pignoramento di conti cointestati
D: Il creditore può pignorare un conto cointestato se il debito è solo di uno degli intestatari?
R: Sì, può farlo. La legge consente di aggredire beni in comproprietà (art. 599 c.p.c.) anche se uno solo dei titolari è debitore. Tuttavia, può pignorare solo la quota del debitore. In pratica l’esecuzione si limita alla parte di saldo presumibilmente appartenente al debitore (di solito il 50%). Il restante importo, di spettanza dell’altro cointestatario, non può essere assegnato al creditore.
D: La banca può bloccare tutto l’importo sul conto cointestato?
R: Inizialmente, sì. Quando riceve l’atto di pignoramento, la banca ha l’obbligo di custodire le somme dovute dal terzo nei confronti del debitore (art. 546 c.p.c.). Non potendo da sola stabilire quali soldi sul conto siano “del debitore” e quali dell’altro, generalmente blocca l’intero saldo disponibile fino a concorrenza del credito. Questo per evitare di far uscire somme che potrebbero spettare al debitore. La banca non è tenuta a congelare esattamente il 50% (non spetta a lei fare riparti interni), dunque spesso finché non interviene il giudice il conto risulta bloccato in toto. Dopo l’udienza, la banca scongelerà la parte non assegnata e la renderà di nuovo disponibile al co-intestatario estraneo. Da marzo 2024, come visto, la banca deve comunque rispettare certi limiti nel bloccare (es. non più di una certa maggiorazione oltre il dovuto), ma rimane probabile che in caso di dubbio congeli tutto il saldo (se il saldo è minore o prossimo al dovuto).
D: Il co-intestatario non debitore cosa può fare per riavere i suoi soldi?
R: Ha diversi strumenti: anzitutto ha diritto a essere avvisato del pignoramento (art. 599 c.p.c.) e può partecipare al procedimento. Può presentarsi all’udienza davanti al G.E. e dichiarare che le somme (o una parte) sono di sua esclusiva proprietà, magari fornendo prove. Può proporre un’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) per far accertare giudizialmente che quei soldi sono suoi e non del debitore, ottenendo la liberazione delle somme. Inoltre, se ci sono vizi procedurali (es. non è stato notificato l’avviso), può impugnare il pignoramento con opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) per farlo dichiarare nullo. In buona sostanza: non è affatto privo di tutele, ma deve attivarsi attivamente per farle valere. Se rimane inerte, il giudice potrebbe assegnare al creditore la metà del saldo presunta del debitore, e solo dopo il co-intestatario dovrà eventualmente agire per recuperare (con più difficoltà).
D: Il pignoramento di un conto cointestato rende anche l’altro cointestatario debitore verso il creditore?
R: No. Il co-intestatario non debitore non diventa parte del debito. Egli rimane un terzo estraneo all’obbligazione. Il creditore non potrà mai avanzare pretese personali verso di lui (a meno che emergano ragioni autonome, ma non certo per il semplice fatto della contitolarità del conto). L’unica cosa che subisce è il vincolo sul bene comune (conto) limitatamente alla quota del debitore. Tecnicamente, l’esecuzione forzata riguarda sempre e solo il patrimonio del debitore. La metà del conto che è di proprietà del terzo non doveva essere toccata e, se per cautela lo è stata, dev’essere restituita. In sintesi: il co-intestatario non risponde con il suo patrimonio per i debiti dell’altro, salvo il congelamento provvisorio di cui abbiamo parlato. Anche l’eventuale ordinanza di assegnazione del giudice destina al creditore solo la porzione di credito riferibile al debitore; il provvedimento non crea un obbligo a carico del terzo.
D: Se sul conto cointestato c’è l’accredito dello stipendio/pensione del debitore, quanto possono pignorare?
R: C’è un doppio binario di limiti. Da un lato, come visto, solo la quota del debitore (50%) è attaccabile. Dall’altro, se quella quota include stipendi o pensioni, si applicano i limiti di importo dell’art. 545 c.p.c. Dunque: l’eventuale stipendio già presente sul conto è pignorabile solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa €1.616). La pensione, solo per la parte eccedente il doppio dell’assegno sociale (minimo €1.000). Inoltre, stipendio e pensione restano pignorabili al massimo nel limite di 1/5 ciascuno (se si tratta di prelievo su rate future). Quindi, ad esempio, se sul conto di un debitore c’è solo l’ultimo stipendio di €1.200, la legge prevede che non glielo tolgano (perché sotto 3x assegno sociale). Se ci sono due stipendi accumulati (€2.400) e il conto è cointestato, metà (€1.200) è del debitore: anche quella metà è sotto soglia, dunque non pignorabile integralmente. Queste regole garantiscono al debitore di non vedersi sottratto tutto ciò che serve a vivere. Attenzione: se i soldi sul conto non sono qualificabili come stipendio/pensione (es. liquidazioni, TFR oltre soglia, redditi da impresa), i limiti di 3x o 2x assegno sociale non si applicano. Si torna alla regola generale: aggredibile la metà, senza franchigie, salvo che siano somme con altri vincoli (es. indennità di invalidità, impignorabili).
D: Il conto cointestato con firma congiunta (operazioni solo con doppia firma) può essere pignorato?
R: Sì, anche i conti a firma congiunta sono pignorabili. La differenza è che, in tali conti, un intestatario da solo non può ritirare tutto il saldo (ci vuole l’accordo di entrambi). Ma dal punto di vista giuridico, la contitolarità delle somme resta e la solidarietà attiva/passiva ex art. 1854 c.c. si applica lo stesso. Quindi un creditore di uno dei due può pignorare la quota ideale del debitore. Semmai, nella pratica, sui conti a firma congiunta spesso è più evidente fin dall’inizio che le somme sono di entrambi e destinate magari a scopi comuni: ciò potrebbe rendere il creditore più cauto prima di agire, o facilitare al co-intestatario la prova contraria. Ma legalmente cambia poco: il procedimento e l’esito (metà saldo assegnata) restano quelli.
D: Se il creditore (ordinario) dimentica di notificare l’avviso ex art. 599 al co-intestatario non debitore, cosa succede?
R: È un vizio grave che può far saltare la procedura. L’omessa notifica dell’avviso ai comproprietari del bene pignorato comporta, secondo molti tribunali, l’improcedibilità dell’esecuzione. Significa che l’esecuzione deve arrestarsi perché manca un presupposto di legge (coinvolgimento del terzo per il contraddittorio). Il giudice può rilevarlo d’ufficio e dichiarare estinto il pignoramento. Se ciò non avvenisse e si andasse avanti fino all’assegnazione, il co-intestatario leso potrebbe proporre opposizione agli atti per far dichiarare nulla l’ordinanza di assegnazione emessa in sua assenza. In definitiva: il creditore che “salta” questo passaggio rischia di vanificare l’intero pignoramento. Per il debitore (e soprattutto per il co-intestatario) ciò può essere una ancora di salvezza. Attenzione però: qualche orientamento minoritario ritiene che la mancata notifica non sia espressamente sanzionata da nullità automatica, e che se il co-intestatario non si lamenta tempestivamente l’assegnazione resti valida. È una materia tecnica; per prudenza, il terzo farebbe bene comunque a eccepire il vizio appena scoperto.
D: In caso di pignoramento esattoriale (Agenzia Entrate) su conto cointestato, devo essere avvisato come co-intestatario?
R: La norma sull’avviso riguarda il processo esecutivo ordinario, non è prevista espressamente nel rito esattoriale. Tuttavia, l’art. 72-ter DPR 602/73 tutela comunque i terzi dicendo che non possono essere toccate somme di estranei. In pratica, AER spesso non notifica nulla al co-intestatario, ma la banca dichiara che il rapporto è cointestato, e AER dovrebbe limitarsi alla quota del debitore. Se così non fosse e il terzo scoprisse dal blocco del conto l’azione in corso, dovrà attivarsi lui con un’opposizione giudiziale per far valere i propri diritti. In sede tributaria, purtroppo, le garanzie di informazione preventiva al terzo non sono forti come nel c.p.c. (non c’è un “avviso ex 599”). Si può però sostenere che, in base ai principi generali, il terzo vada coinvolto, e alcune pronunce lo hanno ritenuto opportuno. In ogni caso, la banca normalmente avvisa i cointestatari quando c’è un blocco (anche solo informalmente), quindi il terzo di solito viene a sapere. Se siete co-intestatari e uno subisce un pignoramento esattoriale, reciprocamente informatevi subito e muovetevi per far valere la quota non del debitore.
D: Se il conto è cointestato a tre o più persone, come funziona la divisione?
R: La presunzione legale è che le parti siano uguali tra tutti i cointestatari (art. 1298 c.c.). Dunque, ad esempio, conto intestato a A, B, C; A è debitore: si presume che A abbia 1/3, B 1/3, C 1/3. Il creditore di A potrà pignorare la quota di A, cioè 1/3 del saldo. La banca probabilmente bloccherà tutto o comunque l’importo richiesto, ma in sede di assegnazione il G.E. destinerà solo un terzo al creditore, liberando gli altri due terzi. Se B e C mostrano che in realtà A contribuiva pochissimo, potranno dare prova contraria per ridurre ancora la quota di A. In definitiva, il meccanismo è analogo al caso di due cointestatari, con la differenza aritmetica della frazione.
D: Quanto dura il blocco del conto cointestato?
R: Dura fino a quando il giudice emette un provvedimento di assegnazione o di dissequestro, o finché la procedura si chiude. In un pignoramento ordinario, se tutto fila liscio, la durata tipica è 1-3 mesi. Se vi sono opposizioni o rinvii, può durare di più (anche molti mesi se si instaura un giudizio di opposizione). In un pignoramento esattoriale, il blocco dura al massimo 60 giorni (trascorsi i quali la banca deve girare i soldi all’AER) – a meno che intervenga un’opposizione in quei 60 giorni, che sospenda il trasferimento. Diciamo che senza intoppi, in 2-3 mesi la vicenda dovrebbe concludersi e il conto essere sbloccato (per la parte libera). Durante il blocco, le somme pignorate sono inaccessibili per tutti. Il resto eventualmente libero (es. l’eccedenza oltre quanto richiesto, se la banca ha lasciato qualcosa) rimane a disposizione dei cointestatari. Ad esempio, se sul conto c’erano 100k e il pignoramento è per 10k, la nuova norma fa sì che la banca custodisca solo ~15k e lasci 85k disponibili. In tal caso i cointestatari possono continuare a usare quei 85k; il vincolo insiste solo sui 15k segregati.
D: Un conto cointestato con il coniuge in comunione legale dei beni offre una protezione maggiore?
R: No, anzi è ancora più naturale considerare comuni le somme. In comunione dei beni, di default metà di ogni acquisto o deposito fatto dopo il matrimonio è di entrambi. Ma anche qui, agli effetti dell’esecuzione conta il 1854 c.c.: creditori solidali verso la banca. Se uno dei coniugi ha debiti personali, i creditori in realtà potrebbero aggredire anche i beni in comunione (nei limiti dei suoi diritti). Tuttavia, il conto cointestato segue la stessa regola: presumzione 50/50. In qualche caso, se i coniugi litigano, le prove contrarie interne diventano difficili perché in comunione tutto è di entrambi al 50%. Quindi il creditore di un coniuge su conto cointestato con comunione ha vita facile a prendersi la metà. Se fosse conto solo intestato al coniuge debitore, paradossalmente il risultato era lo stesso (100% suo, tutto attaccabile). Se fosse intestato al coniuge non debitore, poteva essere protetto (salvo azioni sulla comunione). Dunque, sotto il profilo pratico, un conto cointestato in comunione non differisce molto: resta la difesa del minimo vitale e simili, ma non c’è la scappatoia di dire “i soldi sono solo miei” perché in comunione è meno credibile. Insomma, meglio considerare sempre prudentemente la separazione dei conti per i coniugi se uno ha debiti rischiosi.
D: Possono pignorare il conto cointestato per intero se il debito è con il Fisco?
R: No, anche il Fisco (Agenzia Entrate Riscossione) deve limitarsi alla parte del conto riferibile al debitore. Non c’è bisogno che tutti gli intestatari siano debitori iscritti a ruolo: l’agente della riscossione non può far propri soldi di altri. Lo affermava chiaramente già Equitalia e ora AER segue lo stesso principio. Quindi, se un conto è cointestato e uno solo ha debiti fiscali, AER nei suoi atti di pignoramento presso banca dovrebbe indicare che il pignoramento riguarda le somme del debitore. In pratica, come spiegato, finirà per prendersi al massimo la metà (salvo diversa prova). L’ultimo stipendio/pensione sul conto comunque non lo tocca per legge. Se qualcosa è andato storto e AER ha incamerato più del dovuto, il co-intestatario può agire legalmente per farseli restituire. Conviene magari presentare un’istanza in autotutela a AER segnalando la cointestazione, prima ancora di arrivare a tanto, così spesso risolvono senza cause.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Pignoramento conto corrente: procedura ordinaria vs esattoriale
Caratteristica | Pignoramento Ordinario (art. 543 c.p.c.) | Pignoramento Esattoriale (DPR 602/73) |
---|---|---|
Autorità che lo dispone | Giudice dell’esecuzione (su istanza creditore, previa udienza). | Agente della Riscossione (AER) autonomamente, senza giudice. |
Necessità di titolo esecutivo | Sì (es. sentenza, decreto ingiuntivo). Precetto da notificare prima. | Sì (cartella di pagamento o accertamento esecutivo). |
Notifica atto al debitore e banca | Sì, atto di pignoramento ex art. 543 c.p.c. a entrambi. | Sì, atto di pignoramento ex art. 72-bis DPR 602/73 alla banca e al debitore (di solito come conoscenza). |
Udienza in Tribunale | Sì, con citazione del terzo (banca) e del debitore davanti al G.E. | No udienza automatica. La procedura prosegue senza passare dal giudice, salvo opposizione. |
Ruolo della banca (terzo) | Custodisce le somme pignorate; rende dichiarazione sul saldo (art. 547 c.p.c.). Attende ordinanza del giudice per pagare. | Blocca le somme fino all’importo indicato; dopo 60 gg dall’atto, se il debitore non paga, trasferisce i fondi ad AER senza bisogno di ordinanza (deve eseguire l’ordine di pagamento notificatogli). |
Coinvolgimento cointestatario estraneo | Sì, obbligo di avviso ex art. 599 c.p.c. entro termini brevi (a cura del creditore). Può partecipare all’udienza e opporsi. | Non previsto esplicitamente un avviso formale. La banca comunica la cointestazione ad AER, che dovrebbe autolimitare il pignoramento alla quota del debitore. Il co-intestatario può venire a saperlo dalla banca o dal familiare e fare opposizione giudiziale (ex art. 615/619 c.p.c. in analogia) se necessario. |
Limiti impignorabilità (stipendi/pens) | Applicati dal G.E. d’ufficio: triplo assegno soc. su conto, ultimo stipendio, ecc., non assegnati. | Previsti dall’art. 72-ter: ultimo stipendio non toccato, rispetto quote terzi. In assenza di giudice, deve applicarli la banca/AER. |
Ordinanza di assegnazione | Emanata dal giudice; trasferisce giuridicamente le somme al creditore (entro il limite del dovuto e pignorabile). | Non c’è ordinanza. Il trasferimento avviene per ordine diretto di AER al terzo; il titolo esecutivo è la cartella. (La Cassazione richiede chiarezza nell’atto, es. dettaglio somme, pena nullità). |
Opposizioni possibili | Opposizione all’esecuzione (615), agli atti (617) per debitore; opposizione di terzo (619) per cointestatario. Sospensione possibile dal G.E. | Opposizione all’esecuzione entro 20 gg (di regola al giudice trib. o pace a seconda importo) per contestare il pignoramento. Il co-intestatario può usare 619 analogico. Possibile sospensiva dal giudice adito. |
Tempi di blocco tipici | ~1-3 mesi se nessuna opposizione (fino all’udienza + emissione ordinanza). Più a lungo se ci sono opposizioni (anche >1 anno se si va a causa). | 60 giorni fissi di blocco; al 61° la banca versa le somme ad AER. Se c’è opposizione con sospensione, il blocco dura fino a decisione (tempi variabili). |
Esempio importi cointestato | Conto €10k, debito €4k: banca blocca €4k+; G.E. assegna €2k (metà) se co-intestatario non contesta; libera €8k a terzo. | Conto €10k, debito €4k: AER ordina blocco €4k; banca blocca €4k; dopo 60 gg prende €2k (quota debitore) e libera €8k. (Se errore e presi €4k, terzo chiede restituzione €2k). |
Tabella 2 – Quote e limiti di pignorabilità su conto cointestato (riassunto)
Elemento | Regola Applicabile |
---|---|
Quota pignorabile di regola | Solo la quota di spettanza del debitore sul saldo (presunzione 50% se 2 intestatari, 1/3 se 3, etc.). |
Presunzione di contitolarità (50/50) | Iuris tantum – può essere superata con prova contraria (onere sul chi la deduce, es. cointestatario). Se non c’è prova, si considerano parti uguali. |
Comportamento iniziale della banca | Blocca l’intero saldo (fino a concorrenza credito+spese) senza dividere le quote. Non distingue le provenienze delle somme. |
Obbligo di avviso agli altri cointestatari | Sì (procedura ordinaria) – creditore deve notificare avviso ex art. 599 c.p.c. e art. 180 disp. att.. Omissione = improcedibilità (vizio insanabile). (Non previsto nel rito esattoriale, ma necessario di fatto per rispetto contraddittorio). |
Ruolo del Giudice dell’Esecuzione | Verifica la situazione di contitolarità in udienza; coinvolge il co-intestatario se presente; assegna solo la quota debitore; può ridurre l’assegnazione se risultano prove che la quota effettiva del debitore è minore. Rileva d’ufficio eventuali limiti (minimo vitale, ecc.). |
Minimo vitale su pensione (impignorabile) | Doppio assegno sociale (circa €1.077 nel 2025) – sempre salvo crediti alimentari. Sul conto: questa somma non si tocca. Se conto cointestato, comunque quella porzione resta al pensionato debitore. |
Limite stipendio/pensione su conto (pre-pign.) | Triplo assegno sociale (circa €1.616 nel 2025) – somme accreditate prima della notifica: pignorabile solo l’eccedenza. Se conto cointestato, prima si determina eccedenza, poi si prende la quota debitore di tale eccedenza. |
Limite su stipendi/pensioni (post-pign.) | Accrediti successivi alla notifica: pignorabili nei limiti di 1/5 ciascuno (o diversi scaglioni per AER) come da commi 3-4-5 art. 545. In conto cointestato, di fatto la banca trattiene 1/5 dello stipendio successivo se arriva (per ordinanza G.E. o per ordine AER), lasciando 4/5 al debitore; la metà del debitore di quel 1/5 finisce al creditore – meccanismo complesso, di solito preferibile pignorare presso il datore in futuro. |
Beni totalmente impignorabili (es. invalidità) | Restano tali anche se sul conto. La parte identificabile come tale non va assegnata (onere segnalazione/prova su debitore/terzo). La banca non distingue, deve intervenire il giudice su istanza. |
Conto cointestato firma congiunta vs disgiunta | Nessuna differenza di pignorabilità: consentito ex art. 599 c.p.c. in entrambi i casi. (Firma congiunta incide solo sull’operatività ordinaria, non sui diritti dei creditori). |
Debiti di natura fiscale (AER) | Pignorabile quota debitore; AER non può toccare somme di altri. Ultimo stipendio/pensione non si tocca (art. 72-ter). Procedura senza giudice: se errori, opposizione in 20 gg da notifica atto. |
Crediti alimentari (es. mantenimento) | Possono derogare ad alcuni limiti (con autorizzazione giudice). Es: stipendio pignorabile >1/5. Ma non possono far prendere al creditore la quota altrui del conto: anche il creditore alimentare pignora solo la parte del debitore. Casomai può chiedere di attingere di più dalla sua quota (fino anche all’intera sua metà, se serve, superando eventualmente minimi vitali con autorizzazione). |
Esito finale per il co-intestatario non debitore | Deve riottenere la sua parte integralmente. Se per caso il creditore ha ricevuto di più, il terzo può recuperarla (via G.E. o causa contro creditore). Il conto, a procedura terminata, torna nella piena disponibilità per la parte non assegnata. |
Tabella 3 – Rimedi e opposizioni in caso di pignoramento conto cointestato
Chi interviene | Tipo di opposizione | Termine | Oggetto | Autorità competente & Effetti |
---|---|---|---|---|
Debitore esecutato | Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) | Prima o durante l’esecuzione (fino a assegnazione) – se prima: sospende avvio; se dopo in corso: no termine fisso ma da proporre tempestivamente comunque. | Contesta il diritto del creditore a procedere (es. inesistenza del debito, già pagato, prescrizione, invalidità titolo). Anche contestazione su cosa sia pignorabile (es. somma ritenuta impignorabile) può rientrare. | Giudice dell’esecuzione (se dopo atto di pignoramento, generalmente). Può sospendere la procedura se ricorrono gravi motivi. Se accoglie, annulla pignoramento/assegnazione. |
Debitore esecutato | Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) | 20 giorni dalla notificazione dell’atto viziato o dalla conoscenza (es. dall’udienza, se vizi emergono lì). | Vizi formali della procedura o degli atti (es. difetto di notifica avviso 599, errori nell’atto di pignoramento, vizi ordinanza assegnazione, pignoramento oltre limiti di legge…). | Tribunale esecuzioni. Può sospendere efficacia atto impugnato. Se accoglie, annulla l’atto viziato (ad es. dichiarare nulla ordinanza di assegnazione, che va rifatta correttamente). |
Co-intestatario terzo | Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.) | Fino a che l’espropriazione non sia terminata (teoricamente anche dopo assegnazione, ma preferibile prima che il denaro esca definitivamente). Meglio entro l’udienza o immediatamente dopo. | Fa valere la propria proprietà esclusiva su beni pignorati, contestando che siano del debitore. Nel caso: rivendica le somme sul conto come proprie (in tutto o parte). | Tribunale (giudizio ordinario). Non sospende automaticamente l’esecuzione ma si può chiedere sospensione al G.E. L’esito è sentenza che, se accoglie, esclude quei beni dall’esecuzione (pignoramento inefficace su essi). Il giudice può coordinarsi col G.E. per restituzione somme al terzo. |
Co-intestatario terzo | Opposizione agli atti (art. 617) o intervento in sede esecuzione | 20 giorni dalla conoscenza del vizio (ad es. mancato avviso 599 cpc scoperto magari a assegnazione avvenuta). / Intervento: anche oralmente all’udienza, senza termini fissi (ma prima dell’ordinanza). | Far valere vizi procedurali relativi al contraddittorio (es. omessa notifica avviso). / In sede di intervento: far presente riparto quote, istanze di rimborso, ecc. | Tribunale esecuzioni per opposizione atti (come sopra, annullamento atto viziato). / G.E. in udienza può disporre soluzioni (rinvio udienza per far intervenire terzo, sospensione, etc.). Se rileva d’ufficio vizio, dichiara improcedibilità e libera somme. |
Debitore/terzo | Istanza di sospensione (art. 624 c.p.c. o provvedimento d’urgenza) | In qualsiasi momento dell’esecuzione (meglio congiunta a un’opposizione). | Chiede di sospendere gli effetti esecutivi (blocco assegnazione o blocco trasferimento) per evitare danni irreparabili in attesa decisione. | G.E. (per sospendere esecuzione in attesa di definizione opposizione) / Giudice dell’opposizione. Effetto: ferma temporaneamente la procedura; il conto rimane bloccato ma i soldi non vengono assegnati finché non si decide nel merito. |
Debitore/terzo | Accordo transattivo col creditore (stragiudiziale) | In ogni fase (anche dopo pignoramento). | Definizione bonaria del debito (es. pagamento parziale immediato in cambio di rinuncia al pignoramento). | Se accordo concluso, creditore rilascia atto di rinuncia all’esecuzione o comunica alla banca di sbloccare (in esecuzione ordinaria serve formalizzare in tribunale per chiudere procedura). Effetto: pignoramento finisce anticipatamente, conto sbloccato. Su esattoriale: pagamento debito = estinzione automatica esecuzione. |
Co-intestatario terzo | Azione contro creditore assegnatario (ripetizione indebito) | Entro ordinari termini prescrizionali (10 anni dall’assegnazione). | Se il creditore ha riscosso somme non dovute (quota altrui). Si chiede la restituzione di quanto incassato oltre il dovuto. | Tribunale civile. Se prova che quei soldi erano suoi e non del debitore, viene condannato creditore a restituire. (Strada residuale, da usare se per es. non era stato avvisato e si accorge solo a cose fatte). |
Conclusioni
Il pignoramento di un conto corrente cointestato è una procedura complessa che richiede di bilanciare il diritto del creditore a soddisfarsi con i diritti del co-intestatario estraneo e la tutela del debitore al minimo indispensabile. La normativa italiana, integrata dall’elaborazione giurisprudenziale, fornisce gli strumenti per raggiungere un equilibrio: il creditore può colpire il conto cointestato, ma solo entro limiti ben precisi; il co-intestatario non debitore vede tutelata la sua parte mediante presunzioni di riparto e obblighi procedurali (come l’avviso), e dispone di rimedi per ottenere giustizia in caso di abusi; il debitore beneficia delle soglie di impignorabilità su stipendi e pensioni, così da non essere privato dei mezzi di sussistenza. Dal punto di vista pratico del debitore, i suggerimenti chiave che emergono sono:
- Consapevolezza: sapere che condividere un conto comporta condividere (fino a un certo punto) anche i rischi delle proprie obbligazioni. Trasparenza con il co-intestatario e valutazione preventiva della convenienza di cointestare, specie in caso di propria situazione debitoria.
- Tempestività: se un pignoramento arriva, agire in fretta. Informare il co-intestatario, rivolgersi a un legale, raccogliere documenti. Le procedure esecutive hanno tempi rapidi e termini stringenti per opporsi.
- Utilizzo delle tutele legali: non esitare a far valere i propri diritti in tribunale. Il G.E. è tenuto a considerare le ragioni del debitore e del terzo; portare all’attenzione del giudice le circostanze (es. “su quel conto c’è solo la pensione minima”) può cambiare radicalmente l’esito. Le opposizioni, se fondate, non sono “accanimento” ma normale esercizio del diritto di difesa.
- Dialogo col creditore: in alcuni casi, soprattutto con creditori commerciali, trovare un accordo può far risparmiare tempo e denaro a tutti. Se il conto cointestato è congelato e crea disagio familiare, proporre al creditore un pagamento concordato (magari coinvolgendo il co-intestatario disponibile a contribuire, se lo ritiene) può sbloccare la situazione prima che degeneri in cause lunghe.
In definitiva, dal punto di vista del debitore e del suo co-intestatario, la vicenda del conto cointestato pignorato è un’esperienza delicata, ma governata da regole precise che – se conosciute e fatte valere – impediscono soprusi. Il creditore legittimamente avrà quanto gli spetta dal patrimonio del debitore, ma non un centesimo di più di ciò che la legge consente. Con un’adeguata assistenza legale e un atteggiamento proattivo, il debitore può limitare i danni e il co-intestatario può sentirsi garantito del fatto che le sue sostanze non saranno indebitamente intaccate.
Fonti (Normativa, Giurisprudenza e Dottrina)
- Codice Civile: art. 1854 c.c. (Conto corrente intestato a più persone) – dispone la solidarietà attiva e passiva tra cointestatari verso la banca. Art. 1298 c.c. comma 2 – presunzione di uguaglianza delle parti tra creditori/debitori solidali (quote uguali salvo prova contraria).
- Codice di Procedura Civile: artt. 543-548 c.p.c. (pignoramento crediti presso terzi, forma e udienza); art. 546 c.p.c. – obblighi del terzo (come modificato dal D.L. 19/2024, limiti importo da custodire); art. 545 c.p.c. – crediti impignorabili, commi 7, 8, 9 (doppio/triplo assegno sociale esente per pensioni/stipendi su conto; pignoramento oltre limiti parzialmente inefficace); art. 599 c.p.c. – pignoramento beni indivisi (consente pignorare bene comune anche se terzi comproprietari, con obbligo avviso); art. 600 c.p.c. – amministrazione beni indivisi pignorati (nomina custode, non sempre applicato a conti); art. 619 c.p.c. – opposizione di terzo all’esecuzione (rivendica proprietà diversa); art. 615 c.p.c. – opposizione all’esecuzione del debitore; art. 617 c.p.c. – opposizione vizi atti esecutivi (entro 20 gg). Disposizioni di Attuazione c.p.c.: art. 180 – modalità e termini notifica avviso a comproprietari (entro 30 gg dal pignoramento, con intimazione a non disporre delle quote).
- DPR 29/09/1973 n. 602 (riscossione imposte): art. 72-bis – pignoramento diretto crediti verso terzi da parte dell’Agente Riscossione (senza intervento G.E.); art. 72-ter – limiti al pignoramento di stipendi/pensioni e conti correnti da parte AER (ultimo stipendio intoccabile; conto cointestato non pignorabile per intero); art. 50 co.2 – intimazione ad adempiere se cartella >1 anno.
- Cassazione Civile:
- Sez. I, ord. 17/10/2023 n. 28772 – Conferma che la cointestazione attribuisce qualità di creditori/debitori solidali dei saldi sia verso terzi sia nei rapporti interni, presumendo la contitolarità salvo prova contraria. Caso di coniugi, nega rimborsi interni proprio per contitolarità solidale.
- Sez. II, ord. 23/02/2021 n. 4838 – Principio di diritto: “la cointestazione di un c/c fa presumere contitolarità dell’oggetto con parti uguali, presunzione superabile con prova contraria”. Richiama solidarietà ex art.1854 c.c. e onere della prova a carico di chi allega una diversa proprietà.
- Sez. III, 24/02/2010 n. 4496 – In tema di opposizione di terzo, chiarisce che l’opponente deve provare la proprietà esclusiva dei beni pignorati; richiamata solidarietà attiva art.1854 nei conti.
- Sez. III, 28/11/2008 n. 28839 e Cass. 27/09/2006 n. 19309 – Pronunce antecedenti che già delineavano la presunzione di riparto 50/50 nei conti cointestati e l’inversione onere della prova, spesso in contesti di separazione coniugale e conti comuni.
- Sez. VI-III, ord. 08/11/2017 n. 26519 – (Ambito esattoriale) ha statuito la nullità del pignoramento presso terzi di AER se l’atto non indica in modo dettagliato i crediti e le somme dovute, impedendo al debitore di comprendere l’entità dell’importo (violazione diritto difesa).
- (Sul tema avviso comproprietari immobili) Cass. 18/07/2019 n. 19428 – ha affermato improcedibilità esecuzione immobiliare senza notifica ai comproprietari ex art. 599-600 c.p.c., trattandosi di vizio attinente a regolare contraddittorio (principio esteso per analogia anche a conti coint.).
- Tribunale di Lecco, Sent. n. 162/2023 (22/03/2023): caso di conto cointestato madre-figlio; la madre opponente ex art. 619 c.p.c. ha sostenuto che le somme sul conto erano tutte di sua proprietà. Il Tribunale ha accertato la contitolarità presunta e, non avendo la madre fornito prova sufficiente esclusiva, ha confermato la ripartizione paritaria pro quota, rigettando l’opposizione (deducibile dal contesto che l’ordinanza di assegnazione fu di metà saldo al creditore). (Fonte: sintesi da database giurisprudenziale Diritto Pratico).
- Tribunale di Marsala, Sent. n. 172/2025 (25/03/2025): conto cointestato tra coniugi; la moglie estranea al debito ha provato che il conto era alimentato quasi solo da redditi di sua attività. Il Tribunale ha riconosciuto prevalenza delle sue ragioni, limitando l’assegnazione al creditore ad una frazione minoritaria del saldo e liberando il resto a favore della moglie (confermando l’approccio sostanzialistico di indagine sulla proprietà effettiva delle somme). (Fonte: rassegna Diritto Pratico).
- Arbitro Bancario Finanziario (ABF):
- Collegio Coordinamento, decisione n. 8227/2015 – Principio: una volta confluite somme su conto cointestato, si ha confusione dei patrimoni e il terzo (banca) non può distinguere le quote; l’intermediario deve eseguire il pignoramento sull’intero saldo, e spetta al G.E. regolare la ripartizione e tutelare il cointestatario estraneo (anche tramite opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. o azione di ripetizione se non avvisato). Ha inoltre affermato che il terzo pignorato ha l’obbligo di informare il cointestatario estraneo se ha bloccato l’intero saldo, per consentirgli di intervenire (obbligo di correttezza ex art. 1375 c.c. e diligenza professionale ex art. 1176 c.c.).
- Collegio Milano, decisioni n. 3137/2013 e 5398/2013 – ribadiscono che “il pignoramento di somme depositate su conto cointestato al debitore e a persona estranea non può riguardare l’intero ammontare, dovendosi presumere la contitolarità degli intestatari”. In assenza di prova contraria, quote uguali e pignorabile solo la metà. In un caso, la banca che aveva vincolato l’intero saldo fu ritenuta responsabile e dovette risarcire il danno al cointestatario estraneo per avergli impedito l’uso della sua quota.
- Collegio Napoli, decisione n. 583/2012 – sottolinea l’obbligo di mettere il cointestatario nelle condizioni di far valere i propri diritti prima che le somme siano assegnate. Conferma che, di fronte a pignoramento di conto cointestato, “è fuori di dubbio che – a fronte del pignoramento dell’intero saldo – il contraente estraneo […] debba almeno poter far valere i propri diritti nel procedimento in corso […] prima che venga disposta l’assegnazione”.
Come funziona il pignoramento del conto corrente cointestato? Fatti Difendere da Studio Monardo
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Il pignoramento di un conto cointestato è una procedura delicata. Il creditore può agire anche se il conto è intestato a due (o più) persone, ma non può automaticamente trattenere l’intera somma. Serve una difesa legale tempestiva per evitare abusi e proteggere la parte di denaro che non ti appartiene.
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Conclusione
Il pignoramento di un conto cointestato non autorizza il creditore a prendere tutto.
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