Ex Mediatore Creditizio Con Debiti: Cosa Fare

Sei un ex mediatore creditizio con debiti fiscali, previdenziali o bancari?
Hai ricevuto cartelle esattoriali, accertamenti, richieste di pagamento per imposte, IVA o contributi relativi all’attività cessata? In questi casi è fondamentale capire se sei ancora responsabile, quali strumenti hai per difenderti e come proteggere il tuo patrimonio personale.

Quando un ex mediatore creditizio può trovarsi con debiti?
– Quando hai chiuso la partita IVA ma non hai sistemato tutte le pendenze fiscali o contributive
– Quando l’Agenzia delle Entrate contesta redditi non dichiarati, detrazioni non spettanti o omessi versamenti IVA
– Quando l’INPS richiede contributi non versati o ti ha iscritto d’ufficio alla gestione separata
– Quando banche o finanziarie chiedono il pagamento di debiti personali o professionali garantiti da te
– Quando ricevi cartelle esattoriali, avvisi di addebito o richieste collegate a vecchie attività o collaborazioni

Cosa può arrivarti anche dopo la cessazione dell’attività?
– Cartelle esattoriali per debiti fiscali o previdenziali risalenti agli anni in cui esercitavi
– Avvisi di accertamento per omessa o infedele dichiarazione dei redditi o IVA
– Atti di recupero da parte di INPS, Agenzia delle Entrate o banche
– Pignoramenti su conto corrente, stipendio o beni personali
– Comunicazioni di decadenza da rateizzazioni o segnalazioni in Centrale Rischi

Cosa puoi fare se sei un ex mediatore creditizio con debiti?
– Verifica la tua posizione: quali debiti sono ancora esigibili, quali sono prescritti, e quali puoi contestare
– Se hai ricevuto notifiche, verifica se sono valide e se ti sono state consegnate regolarmente
– Se il debito è reale ma troppo alto, puoi chiedere rateizzazione, rottamazione o saldo e stralcio
– Se sei in grave difficoltà economica, valuta l’accesso alla procedura di sovraindebitamento, anche come ex professionista
– Se hai ricevuto atti per responsabilità professionale o garanzie prestate, verifica se ci sono vizi nella fideiussione o nella documentazione
– Se l’accertamento è infondato, prepara con un avvocato una memoria difensiva o un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria

Cosa puoi ottenere con la giusta difesa?
– L’annullamento degli atti illegittimi, se ci sono errori procedurali o vizi formali
– La sospensione di cartelle esattoriali, pignoramenti e iscrizioni ipotecarie
– La riduzione del debito complessivo, con strumenti di definizione agevolata
– La tutela dei tuoi beni personali, evitando di compromettere il tuo futuro
– Il recupero della tua reputazione fiscale, fondamentale per rientrare nel mondo del lavoro o richiedere agevolazioni

Attenzione: anche se hai chiuso l’attività di mediazione, resti potenzialmente responsabile per molti anni per i debiti accumulati. Tuttavia, molti atti sono annullabili o contestabili, e ci sono strumenti concreti per chiudere i conti con il passato senza rovinarsi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, difesa da debiti professionali e sovraindebitamento ti spiega cosa fare se hai ricevuto richieste di pagamento dopo la cessazione dell’attività, come difenderti e come chiudere la tua posizione nel modo più sicuro.

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Introduzione

Trovarsi in una situazione di sovraindebitamento – ossia con debiti insostenibili rispetto al proprio patrimonio e reddito – è un’esperienza drammatica per chiunque. Nel caso di un ex mediatore creditizio, la condizione può risultare paradossale: chi per professione aiutava altri ad ottenere finanziamenti si ritrova ora dall’altro lato, travolto dai debiti e impossibilitato a ripagarli. Oltre alle pressioni economiche, vi sono implicazioni professionali e legali da considerare. Infatti, per esercitare l’attività di mediatore creditizio è richiesto il possesso di rigorosi requisiti di onorabilità (assenza di condanne rilevanti, di protesti, di procedure concorsuali, ecc.). Un grave indebitamento o – peggio – una dichiarazione di fallimento personale o della società di mediazione comporta la perdita di tali requisiti, impedendo la permanenza nell’elenco OAM e dunque l’esercizio della professione. È comprensibile quindi che il nostro “ex mediatore” abbia dovuto cessare l’attività proprio a causa dei problemi finanziari.

La domanda cruciale è: cosa fare in questa situazione? Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – fornirà un quadro completo e approfondito, dal punto di vista del debitore, sulle strategie e sugli strumenti giuridici disponibili nell’ordinamento italiano per gestire e risolvere l’eccesso di debiti. Adotteremo un linguaggio giuridico divulgativo, adatto sia a professionisti del diritto sia a privati e imprenditori informati, e faremo continuo riferimento alla normativa vigente e alla giurisprudenza più recente.

Dapprima analizzeremo le tipologie di debito più comuni e i rischi legati al loro mancato pagamento. In seguito esamineremo le possibili soluzioni stragiudiziali, come accordi bonari o piani di rientro, utili quando il debitore vuole evitare le vie giudiziali. Il cuore della guida riguarderà poi le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal nostro ordinamento (dal piano del consumatore al concordato minore, dalla liquidazione controllata fino all’esdebitazione dell’incapiente), spiegandone requisiti, funzionamento, vantaggi e limiti alla luce del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e delle più recenti riforme. Inseriremo tabelle riepilogative per confrontare le procedure e casi pratici o simulazioni (ad esempio, come potrebbe essere strutturato un piano del consumatore per un ex mediatore creditizio con determinate caratteristiche debitorie). Infine, una sezione di Domande & Risposte affronterà i quesiti più frequenti: dalla possibilità di salvare la casa di abitazione, al trattamento dei debiti fiscali, ai tempi e costi delle procedure, fino alle implicazioni future (ad esempio se, dopo l’esdebitazione, sia possibile tornare a esercitare come mediatore creditizio).

L’obiettivo è fornire all’ex mediatore – e in generale a qualsiasi debitore sovraindebitato onesto ma sfortunato – una mappa chiara delle vie d’uscita legali dalla spirale debitoria, nell’ottica della “seconda opportunità” che l’ordinamento oggi riconosce a chi vuole ripartire liberandosi dei debiti pregressi. Come vedremo, grazie agli interventi legislativi degli ultimi anni, anche le situazioni che un tempo erano considerate senza soluzione (si pensi al debitore civile senza beni né reddito aggredibile) possono ora trovare uno sbocco positivo, bilanciando la tutela del debitore meritevole con quella dei creditori.

Segue una trattazione dettagliata, suddivisa in sezioni tematiche, con riferimenti normativi (codici e leggi) e riferimenti a sentenze recenti della Cassazione e dei tribunali. Tutte le fonti utilizzate sono indicate e citate, e sono raccolte in fondo alla guida.

Profilo di un “ex mediatore creditizio” indebitato: contesto e cause

Prima di addentrarci nelle soluzioni, delineiamo il contesto particolare del mediatore creditizio e le possibili cause che possono condurre all’insolvenza in tale ruolo. In Italia, il mediatore creditizio è un intermediario finanziario che mette in relazione banche/intermediari e clienti richiedenti finanziamenti, senza erogare egli stesso il credito (attività riservata disciplinata dall’art. 128-sexies TUB). Dal 2010 la legge richiede che tale attività sia svolta solo in forma societaria (s.p.a., s.r.l. etc.), con requisiti patrimoniali minimi e vigilanza dell’OAM (Organismo Agenti e Mediatori). Il mediatore (tramite i propri amministratori e dipendenti) deve mantenere indipendenza e correttezza, ed è soggetto a controlli stringenti.

Data questa struttura, l’“ex mediatore creditizio” di cui parliamo in realtà è spesso un ex socio/amministratore di una società di mediazione creditizia che ha cessato l’attività. Egli potrebbe avere accumulato debiti sia personali sia legati all’attività professionale. Alcuni scenari tipici includono:

  • Insolvenza della società di mediazione: la società attraverso cui operava il mediatore può aver subito perdite o sanzioni, accumulando debiti (verso banche per fidi, verso fornitori, verso l’erario per imposte non versate, ecc.). Se la società è stata posta in liquidazione o dichiarata fallita (oggi liquidazione giudiziale), il mediatore potrebbe trovarsi esposto come garante di finanziamenti o responsabile di alcuni debiti (si pensi ai debiti IVA o previdenziali se commessi illeciti, o ad azioni di responsabilità per mala gestio). In altri casi, la società potrebbe essere piccola a tal punto da non essere assoggettabile a fallimento, lasciando però insoluti molti debiti che i creditori cercano di riscuotere dai soci/amministratori quando possibile.
  • Debiti personali derivati dall’attività: spesso il mediatore, per finanziare la propria attività o per esigenze personali, può aver contratto mutui, prestiti o utilizzato credito personale (es. carte di credito, scoperti di conto) confidando in guadagni futuri poi non realizzati. Oppure potrebbe aver prestato fideiussioni personali a garanzia di obbligazioni della società (ad esempio garantendo un fido bancario con il proprio patrimonio). In caso di default dell’azienda, queste garanzie diventano escutibili e fanno ricadere il debito sul patrimonio personale.
  • Sanzioni e contenziosi: un mediatore creditizio può incorrere in sanzioni amministrative (ad es. da OAM o Banca d’Italia) o in contenziosi legali (es. risarcimenti danni) che, se sfavorevoli, si traducono in ulteriori debiti. Queste voci possono aggravare la già precaria situazione finanziaria.
  • Crisi economica e calo di introiti: più in generale, il settore creditizio è ciclico. Periodi di crisi economica (come quella del 2020-2022) possono aver ridotto drasticamente il volume di affari del mediatore, mentre i costi fissi e i debiti pregressi (per uffici, dipendenti, oneri vari) rimangono, portando a uno squilibrio crescente.

Indipendentemente dalle cause specifiche, l’ex mediatore creditizio si trova ora in veste di debitore in difficoltà. Spesso su di lui gravano tutte le tipologie di debito: rate di mutui o prestiti non pagate, carte di credito revolving esaurite, cartelle esattoriali per tasse non versate, contributi previdenziali dovuti (ad esempio alla Gestione Separata INPS se era amministratore unico), eventuali decreti ingiuntivi ottenuti da fornitori o ex dipendenti per crediti di lavoro, e così via. Questa pluralità di debiti comporta anche una molteplicità di azioni esecutive possibili da parte dei creditori: pignoramenti immobiliari (se vi sono proprietà intestate), pignoramenti mobiliari o presso terzi (stipendi, conti correnti), iscrizione di ipoteche e fermi amministrativi, ecc. Prima di individuare la cura, è dunque essenziale mappare i sintomi: capire quali debiti affliggono il nostro debitore e quali rischi concreti egli corre se non interviene.

Tipologie di debito e relativi rischi per il debitore

Non tutti i debiti sono uguali. A seconda della loro natura e del creditore coinvolto, cambiano le tutele del creditore, i tempi di prescrizione, le possibilità di rateizzazione o riduzione, e gli strumenti di riscossione forzata. Esaminiamo le principali categorie di debiti che un ex mediatore creditizio potrebbe aver accumulato, evidenziando per ciascuna i rischi associati.

Debiti bancari e finanziari (mutui, prestiti, fidi, leasing)

Questi derivano da rapporti di credito con banche o società finanziarie – ad esempio un mutuo ipotecario sulla casa, un prestito personale, un affidamento di conto corrente (fido), un leasing su auto o attrezzature. Si tratta di debiti contrattuali, con obblighi di pagamento periodico (rate). I rischi principali in caso di insolvenza sono:

  • Decadenza dal beneficio del termine: anche il mancato pagamento di poche rate può indurre la banca a chiedere l’immediato pagamento dell’intero debito residuo (accelerazione del debito). Questo rende subito esigibile l’intero importo, aggravando la posizione del debitore.
  • Interessi moratori e penali: il contratto spesso prevede tassi di interesse di mora elevati su somme scadute, oltre a spese di sollecito. Questi importi fanno crescere rapidamente il debito.
  • Segnalazione nelle banche dati creditizie: dopo poche rate non pagate, la banca segnala il debitore come cattivo pagatore alle centrali rischi (es. CRIF). Ciò compromette l’accesso a nuovo credito e la reputazione finanziaria.
  • Azioni di recupero crediti: il creditore bancario può avviare una procedura monitoria (ottenendo un decreto ingiuntivo) e poi un pignoramento. Se il debito è chirografario (non garantito), tipicamente verrà pignorato lo stipendio (o la pensione) fino a 1/5 dell’importo, oppure il conto corrente (nei limiti consentiti, lasciando il minimo vitale), o altri beni mobili. Se invece c’è una garanzia ipotecaria (come nei mutui), la banca può procedere al pignoramento immobiliare dell’immobile dato in garanzia e alla sua vendita all’asta. Nel caso di leasing, l’ente finanziario può chiedere la restituzione immediata del bene (es. autoveicolo) e il pagamento delle rate residue in via risarcitoria.
  • Privilegi e diritti particolari: alcune forme di credito bancario godono di tutele speciali. Ad esempio, nei mutui fondiari (mutui bancari ipotecari disciplinati dal TUB) la banca può proseguire o iniziare l’esecuzione immobiliare anche se il debitore intraprende una procedura concorsuale minore (come la liquidazione controllata). Ciò significa che, se il creditore fondiario aveva già avviato il pignoramento della casa prima che il debitore attivasse una procedura di sovraindebitamento, potrà in certi casi continuare l’esecuzione separatamente. Questo privilegio processuale, riconosciuto in passato nelle procedure fallimentari, è stato recentemente affermato dalla Cassazione anche per la liquidazione del sovraindebitato. È quindi fondamentale agire tempestivamente per evitare che il creditore fondiario consolidi questa posizione di vantaggio.

Riepilogo rischi tipici: ipoteca e possibile asta giudiziaria sull’immobile; pignoramento del quinto stipendio; iscrizione a sofferenza bancaria; incremento del debito per interessi di mora.

Debiti fiscali e contributivi (Erario ed Enti previdenziali)

Rientrano qui le somme dovute a titolo di imposte (erariali o locali) e contributi previdenziali/assistenziali. Nel caso di un ex mediatore, potrebbero esservi:

  • Debiti IVA e imposte dirette (es. IRES se la società non ha pagato tasse, IRPEF su redditi personali non saldate con dichiarazione dei redditi) – spesso trasformatisi in cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER).
  • Debiti IRAP (se applicabile), imposte di registro o altre imposte indirette.
  • Contributi previdenziali: ad esempio, contributi INPS gestione commercianti o gestione separata dovuti dal mediatore come lavoratore autonomo, oppure contributi non versati per dipendenti (con possibile responsabilità personale dell’amministratore). Anche questi vengono iscritti a ruolo e diventano cartelle per AER.
  • Sanzioni amministrative: more e sanzioni per tardivi versamenti tributari, o eventuali multe (es. del Comune per violazioni del codice della strada non pagate).

I debiti verso il fisco e gli enti previdenziali presentano proprie peculiarità:

  • Procedura di riscossione: è diversa da quella dei crediti privati. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) può attivare misure esecutive senza bisogno di decreto ingiuntivo, basandosi sul ruolo/cartella. Può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore (per debiti ≥ €20.000) e può procedere a pignoramenti sia mobiliari che immobiliari. Tuttavia, la legge pone alcuni limiti a tutela del debitore: ad esempio, la prima e unica casa di abitazione (non di lusso) non è espropriabile da AER, a meno che il debito fiscale superi certe soglie e ricorrano particolari condizioni. Anche su stipendi e conti vi sono limiti (si può pignorare presso terzi al massimo 1/10 dello stipendio per debiti fino €2.500, 1/7 tra €2.500 e €5.000, e 1/5 oltre €5.000; sui conti correnti, se sul conto viene accreditato lo stipendio/pensione, residua impignorabile l’ultimo importo mensile affluito).
  • Interessi e aggio: i debiti fiscali maturano interessi (legali o moratori) e l’Agente della riscossione applica un aggio sulle somme riscosse. Le sanzioni amministrative per violazioni tributarie, invece, in parte possono essere condonate se si accede a procedure di definizione agevolata.
  • Privilegi: molti crediti erariali e contributivi godono di privilegio generale o speciale sui beni del debitore. Ad esempio, l’IVA, essendo imposta indiretta, è credito privilegiato sui mobili; i contributi INPS hanno privilegio sui mobili e sugli immobili (entro determinati limiti) etc. Ciò significa che in caso di esecuzione forzata o procedura concorsuale i crediti tributari/previdenziali sono soddisfatti con priorità rispetto ai crediti chirografari (senza garanzie).
  • Possibilità di definizione agevolata: il legislatore periodicamente introduce misure di “pace fiscale”. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto la rottamazione-quater delle cartelle (stralcio di interessi e sanzioni per carichi affidati dal 2000 al 2017, con pagamento solo della sorte capitale in forma rateale) e lo stralcio automatico dei piccoli debiti fino €1.000 relativi a ruoli più datati. Un debitore con cartelle esattoriali dovrebbe quindi verificare se può beneficiare di simili misure (nel 2023-2024 molti se ne sono avvalsi). Tuttavia, queste soluzioni normative sono temporanee e parziali: riducono sanzioni e interessi ma raramente cancellano integralmente il debito tributario, che spesso rimane sostanzioso.
  • Prescrizione: i crediti tributari hanno termini di prescrizione differenti (in molti casi 10 anni dalla notifica della cartella, salvo atti interruttivi), così come i contributi previdenziali (5 anni in linea generale). Ma fare affidamento sulla prescrizione passiva è rischioso: l’ente di riscossione è attivo e può rinnovare le intimazioni impedendo la prescrizione, oltre al fatto che restare per anni esposti a possibili esecuzioni impedisce una reale “ripartenza”.

In sintesi, i debiti fiscali e contributivi rappresentano una categoria complessa: il Fisco ha poteri speciali di riscossione ma, al contempo, in alcune procedure concorsuali questi debiti possono essere trattati al pari degli altri (come vedremo, nelle procedure di sovraindebitamento è possibile includere i debiti tributari nei piani di ristrutturazione, sottoponendoli a falcidia, purché nel rispetto di determinate condizioni di legge). È fondamentale quindi valutare strumenti ad hoc (come la rateizzazione ordinaria delle cartelle, o le definizioni agevolate quando disponibili) e, se non bastano, ricorrere alle procedure concorsuali minori per gestire anche queste posizioni.

Debiti verso fornitori, locatori e altri creditori chirografari

Un mediatore creditizio può aver accumulato debiti verso soggetti privati diversi dalle banche: ad esempio debiti verso il proprietario dell’ufficio (canoni di locazione non pagati), verso fornitori di servizi (utenze, telefonia, consulenti), oppure verso soci finanziatori. Si tratta generalmente di debiti chirografari, ossia non assistiti da garanzie reali o privilegi legali.

I rischi associati sono essenzialmente legati alle azioni giudiziarie individuali:

  • Decreto ingiuntivo e pignoramento: il creditore chirografario, munito di un titolo (contratto, fattura non pagata, assegno impagato, ecc.), può richiedere un decreto ingiuntivo e, in mancanza di pagamento, attivare un pignoramento. Non avendo garanzie, dovrà concorrere con gli altri eventuali creditori chirografari sui beni del debitore. È possibile il pignoramento di quote di stipendio/pensione, conti, o di beni mobili/immobili (in quest’ultimo caso, se si tratta dell’abitazione e vi sono anche ipoteche iscritti da banche/Erario, il creditore chirografario sarà in coda e spesso poco incentivato ad iniziare l’esecuzione).
  • Iscrizione di ipoteca giudiziale: dopo una sentenza o un decreto ingiuntivo definitivo, il creditore può iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili del debitore, pur non avendo garanzie originarie. Ciò gli conferisce un grado di prelazione (diventa un creditore ipotecario di grado dall’iscrizione in poi). Questa ipoteca può complicare eventuali vendite volontarie dei beni e garantisce al creditore un trattamento preferenziale rispetto ad altri chirografari.
  • Interessi legali o contrattuali: anche i debiti commerciali maturano interessi. In particolare, i crediti commerciali tra imprese potrebbero vedere applicati gli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002 (interessi spesso elevati in caso di ritardi oltre i 30 giorni), se il creditore ne fa richiesta.
  • Protesti e consequenze: se il debito era rappresentato da effetti cambiari o assegni, il mancato pagamento può portare al protesto. Il protesto di assegni e cambiali comporta la pubblicazione in appositi registri e l’interdizione, ad esempio, dall’emissione di nuovi assegni (iscrizione al CAI) per almeno 6 mesi. Per un mediatore creditizio, un protesto incide gravemente sull’onorabilità. L’interessato potrà eventualmente chiedere la riabilitazione dal protesto dopo un anno dal pagamento di quanto dovuto, ma fino ad allora il nominativo resta pregiudicato.

Va detto che molti creditori chirografari, in presenza di debiti ingenti del loro debitore che è oggetto anche di pretese altrui (banche, Erario, ecc.), possono rinunciare ad azioni esecutive individuali per ragioni di costo/beneficio. Spesso preferiscono attendere l’esito di azioni già promosse da creditori con maggiori chance (es. la banca ipotecaria) oppure aderiscono a soluzioni negoziali proposte dal debitore stesso (saldo e stralcio, transazioni a ribasso). In ogni caso, tali debiti non vanno trascurati: anche un creditore “minore” potrebbe, ad esempio, bloccare un conto corrente con un pignoramento o creare altre difficoltà.

Nota: Rientrano nei crediti chirografari anche eventuali debiti di natura personale/familiare (es. prestiti da familiari o amici, prestiti tra soci, ecc.). Questi raramente sfociano in azioni giudiziarie (spesso si attendono tempi migliori), ma sono comunque passività legalmente esigibili.

Debiti per sanzioni, multe e altre obbligazioni speciali

Una categoria a parte è rappresentata da debiti non finanziari ma derivanti da obblighi legali:

  • Multe e sanzioni amministrative: es. contravvenzioni stradali non pagate, sanzioni dell’OAM o di altre Autorità. Anch’esse vengono iscritte a ruolo e diventano cartelle esattoriali. Attenzione: non tutte le sanzioni sono “esdebitabili” nelle procedure concorsuali. La legge esclude dal beneficio dell’esdebitazione (cioè dalla cancellazione finale) le sanzioni penali e amministrative pecuniarie che non siano accessorie a debiti estinti. Ciò significa che, ad esempio, le multe stradali (sanzioni amministrative autonome) non verranno cancellate nemmeno dopo una procedura concorsuale chiusa con esito positivo, mentre le sanzioni tributarie accessorie a un debito d’imposta, se il debito principale viene estinto o falcidiato, seguono la sorte del debito principale. È un aspetto tecnico ma importante: anche nelle procedure di sovraindebitamento, restano esclusi dalla liberazione finale i debiti per multe e in generale per sanzioni non collegate a obbligazioni estinte.
  • Obblighi di mantenimento familiare: eventuali arretrati di assegni di mantenimento verso coniuge separato o figli. Questi debiti hanno natura privilegiata e, per legge, non possono essere cancellati da alcuna procedura (sono espressamente esclusi dall’esdebitazione sia fallimentare che da sovraindebitamento). Pertanto, se l’ex mediatore avesse anche obblighi di questo tipo, dovrà gestirli a parte (magari chiedendo una revisione delle condizioni al tribunale civile se l’importo non è sostenibile, ma non potrà mai “farcisi fallire” sopra).
  • Debiti da risarcimento per fatti illeciti extracontrattuali: anche questi, secondo il Codice della Crisi, restano esclusi dall’esdebitazione. Significa che, se ad esempio il debitore ha una condanna a risarcire un danno per un fatto doloso (o colposo) – si pensi a una causa per truffa professionale o altri illeciti – quel debito non verrà cancellato dalla procedura e il creditore potrà rivalersi anche dopo. Ciò risponde ad un principio di ordine pubblico: non si concede il beneficio della liberazione dai debiti a chi ha causato danni a terzi con illecito, almeno non per quel tipo di debito.

Riassumendo, tutte le tipologie di debito concorrono a formare il quadro di sofferenza finanziaria dell’ex mediatore. La presenza di debiti garantiti (ipoteche, pegni, privilegi) rende più difficoltoso ottenere dilazioni e soluzioni negoziali, perché i creditori con garanzie forti sono meno incentivati a transigere. I debiti con lo Stato e enti pubblici portano con sé poteri di riscossione rapidi ma anche possibilità di includerli in procedure di composizione. I debiti verso privati, seppur “più deboli” giuridicamente, possono comunque tormentare il debitore con azioni esecutive impreviste. È fondamentale avere piena contezza di chi sono i creditori, di quanto è dovuto (capitali, interessi, sanzioni) e di quali tutele hanno, per poi scegliere la strategia più opportuna.

Di seguito, Tabella 1 offre una sintesi delle principali categorie di debito rilevanti per un ex mediatore creditizio, con indicazione di caratteristiche e rischi:

Tabella 1 – Principali tipologie di debito per un ex mediatore creditizio

Tipo di debitoEsempi comuniGaranzie o privilegiRischi in caso di insolvenza
Debiti bancari/finanziariMutuo ipotecario, prestito personale, fido di conto, leasingIpoteca su immobile; eventuale fideiussione di terzi; privilegio fondiario (mutuo)– Pignoramento ed espropriazione beni dati in garanzia (es. casa)- Pignoramento di stipendio/conto per parti non garantite- Segnalazione a centrali rischi, interessi di mora elevati
Debiti fiscaliIVA, IRES/IRPEF, IRAP, multe tributarie, cartelle esattorialiPrivilegio generale sui mobili (IVA), privilegio su beni aziendali, ipoteca legale (imposte su immobili)– Iscrizione di ipoteca da parte di AER- Pignoramento immobiliare (se più immobili) o di altri beni- Aggio e sanzioni aumentano il dovuto- Esclusione dall’esdebitazione per sanzioni autonome non pagate
Debiti contributiviContributi INPS non versati, premi INAILPrivilegio generale (contributi lavoratori) e speciale su immobili (entro 1/3)– Cartelle esattoriali e pignoramenti tramite AER- Possibile azione di responsabilità personale su amministratori per contributi dipendenti- (Trattamento analogo ai debiti fiscali nelle procedure)
Debiti verso fornitori/terziCanoni di locazione, bollette, consulenze non pagate, prestiti da sociIn genere chirografari (nessuna garanzia reale) salvo eventuale riserva di proprietà o garanzie contrattuali– Decreti ingiuntivi e pignoramenti mobiliari o presso terzi- Ipoteca giudiziale su immobili dopo sentenza- Interessi di mora commerciali (D.Lgs 231/2002) se applicabili
Debiti per sanzioni e multeMulte stradali, sanzioni amministrative (OAM, Antiriciclaggio ecc.) non pagateChirografari (privilegi solo se accessorie a tributi)– Cartelle esattoriali (per multe) e relativo pignoramento- Non soggetti a esdebitazione se non accessori a debiti estinti (restano anche dopo la procedura)
Debiti da cause di risarcimentoDanni da causa civile (es. responsabilità professionale)Chirografari (se non è ipoteca giudiziale)– Pignoramenti come per altri crediti- Esclusi da esdebitazione se derivanti da illecito extracontrattuale (non cancellabili)
Obblighi di mantenimentoAssegni mantenimento coniuge/figli arretratiPrivilegio su redditi del debitore– Esecuzione forzata (pignoramento stipendi, denaro)- Mai cancellabili da procedure concorsuali (debito perdura finché non pagato)

Legenda: AER = Agenzia Entrate-Riscossione; privilegio = diritto di prelazione su altri creditori; chirografario = senza garanzie, paga pro quota se il patrimonio non basta.

Strategie stragiudiziali per gestire i debiti

Una volta compresa la composizione del proprio indebitamento, il debitore deve valutare come agire. In alcuni casi, specie quando l’insolvenza non è ancora conclamata e vi è spazio di manovra, è possibile tentare soluzioni stragiudiziali, ovvero accordi e piani di rientro fuori dalle procedure formali. Queste soluzioni hanno il vantaggio di evitare la pubblicità e la complessità di un procedimento giudiziario, ma richiedono la cooperazione dei creditori. Di seguito esaminiamo gli strumenti stragiudiziali più diffusi.

Rinegoziazione dei debiti e piani di rientro bonari

La prima strada è cercare un accordo individuale con ciascun creditore (o con più creditori chiave) per la ristrutturazione del debito. Ciò può avvenire in varie forme:

  • Dilazione dei pagamenti: il debitore propone di pagare il dovuto in un arco temporale più ampio di quello originario, magari versando intanto acconti. Ad esempio, se ha 5 rate arretrate di mutuo, potrebbe chiedere alla banca di posticiparle in coda al piano di ammortamento o di spalmare il residuo su più anni. Molte finanziarie concedono piani di rientro su prestiti scaduti, impegnando il debitore a versare una certa somma mensile fissa.
  • Riduzione del tasso o moratoria: talvolta si può ottenere una temporanea sospensione delle rate (soprattutto sui mutui, beneficiando magari di moratorie di sistema se esistenti) o la riduzione del tasso d’interesse. Durante la pandemia COVID-19, ad esempio, furono introdotte moratorie legali su mutui e leasing. Fuori da questi casi, è rimessa alla volontà della banca concedere o meno una moratoria privata.
  • Consolidamento debiti: se il debitore ha ancora un minimo di affidabilità creditizia, può provare a ottenere un nuovo finanziamento destinato a chiudere tutte le posizioni aperte, accorpando i debiti in un’unica rata mensile più sostenibile. Questo approccio, però, richiede che almeno un istituto sia disposto a prestare ulteriore denaro – condizione difficile se il debitore è già segnalato come cattivo pagatore. Spesso il consolidamento è fattibile solo coinvolgendo un garante terzo o offrendo garanzie aggiuntive.
  • Intervento di terzi: un familiare o socio potrebbe intervenire saldando alcuni debiti o offrendo liquidità per un accordo, che il debitore poi restituirà in modo informale. Questa è più una soluzione di fatto (aiuto familiare) che giuridica, ma è frequente: ad es., i genitori che aiutano il figlio a pagare le rate arretrate per evitargli il pignoramento della casa.

Il vantaggio della via bonaria è la flessibilità: le parti possono concordare soluzioni su misura (tempi, interessi, eventuali garanzie aggiuntive). Inoltre, si evitano i costi e le incertezze di giudizi o procedure concorsuali. Tuttavia, vi sono anche notevoli limiti:

  • Mancanza di obbligatorietà erga omnes: un accordo stragiudiziale vincola solo i creditori che lo sottoscrivono. Gli eventuali altri creditori sono liberi di agire. Ciò rende questa strada complicata se il numero di creditori è alto e non c’è unanimità di intenti.
  • Rischio di insolvenza successiva: se anche un solo creditore chiave (ad es. la banca ipotecaria o l’Erario) rifiuta l’accordo e procede col pignoramento, l’intero castello può crollare. Il debitore rischia di aver pagato qualcosina ad alcuni creditori, riducendo la propria liquidità, per poi subire comunque l’azione di un altro creditore.
  • Nessuna liberazione finale garantita: diversamente dalle procedure concorsuali, un accordo privato non prevede l’esdebitazione legale. Se il debitore non riesce a rispettarlo, i creditori torneranno alla carica sul debito originario (salvo quanto eventualmente già incassato).
  • Tempi lunghi: un piano di rientro può durare anni. Durante tale periodo, la situazione finanziaria del debitore resta “sorvegliata speciale” e basta un imprevisto perché il piano salti.

In pratica, la rinegoziazione individuale funziona meglio se il debitore ha pochi creditori rilevanti e se dispone ancora di un flusso di reddito tale da offrire pagamenti significativi in cambio della pazienza dei creditori. Ad esempio, se l’ex mediatore ha soprattutto un debito grosso con la banca, potrebbe trovare con quella un accordo di rientro su misura. Ma se i creditori sono molti (banca, finanziaria, fisco, fornitori vari), cercare di accontentarli tutti individualmente è improbo.

Un consiglio in questa fase è di comunicare tempestivamente con i creditori principali quando ci si rende conto delle difficoltà. Evitare di rispondere o farsi “irreperibili” peggiora la percezione di affidabilità. Al contrario, presentarsi con un piano concreto (magari assistiti da un professionista o da un consulente del debito) può indurre alcuni creditori a concedere tempo.

Saldo e stralcio dei debiti

Un’altra opzione stragiudiziale è il saldo e stralcio, ossia un accordo transattivo in cui il debitore paga al creditore una somma inferiore al dovuto a titolo di soddisfacimento integrale. In altre parole, il creditore accetta di stralciare (cancellare) una parte del credito, pur di incassare subito (o in tempi brevi) una percentuale concordata.

Il saldo e stralcio tipicamente avviene così:

  • Il debitore (o un terzo per lui) offre un pagamento – spesso in un’unica soluzione o in poche tranche ravvicinate – pari ad esempio al 30-50% del debito totale (la percentuale varia a seconda della situazione).
  • Il creditore valuta l’offerta tenendo conto che, se non accetta, potrebbe ottenere meno o nulla in caso di fallimento/sovraindebitamento del debitore, oppure dover spendere tempo e soldi in lunghe esecuzioni. Se la prospettiva di recupero integrale è incerta, potrebbe ritenere conveniente incassare subito quel tot percento.
  • Una volta raggiunto l’accordo, lo si formalizza per iscritto (spesso con scrittura privata in cui il creditore dichiara, a fronte del pagamento X, di non aver più nulla a pretendere, rinunciando ad azioni ulteriori).
  • Il debitore esegue il pagamento concordato e il debito residuo viene abbattuto.

I saldo e stralcio sono frequenti soprattutto con i creditori finanziari (banche, società di recupero crediti che hanno acquistato NPL – Non Performing Loans). Ad esempio, se un mediatore ha cessato la sua attività e non paga più le rate di un prestito, quel credito potrebbe essere ceduto dalla banca a una società specializzata (un cosiddetto “fondo avvoltoio” o servicer). Questi soggetti hanno acquistato il credito a forte sconto e possono accettare stralci significativi comunque lucrando. È noto che, su posizioni deteriorate da tempo, si possono talora ottenere stralci anche del 70-80%. Un caso tipico: mutuo ipotecario su immobile che in asta varrebbe meno del debito – il debitore potrebbe offrire al creditore un importo di poco superiore al valore di mercato attuale e ottenere la liberatoria, evitando l’asta (in cui il creditore forse prenderebbe ancora meno) e risparmiando anni di procedure.

Tuttavia, il saldo e stralcio richiede due condizioni chiave:

  1. Disponibilità immediata di liquidità da parte del debitore (o di terzi). Offrire uno stralcio ma a rate nel tempo spesso non attrae i creditori: lo stralcio funziona proprio perché c’è un pagamento rapido e certo. Molti ex debitori ottengono le somme necessarie rivolgendosi a familiari, oppure vendendo volontariamente qualche bene (es. auto, immobili minori) per poi chiudere il debito.
  2. Convincere il creditore che quella percentuale è il massimo ottenibile. In genere questo avviene se il debitore riesce a dimostrare di essere in grave difficoltà (ad esempio producendo la documentazione reddituale e patrimoniale) e magari prospettando che, in mancanza di accordo, sarà costretto a procedure concorsuali in cui il creditore prenderebbe meno. Non a caso, spesso la trattativa per saldo e stralcio viene condotta in parallelo alla predisposizione di un piano di sovraindebitamento: il debitore può mostrare al creditore lo schema di un possibile piano del consumatore/concordato, evidenziando che in quel contesto la soddisfazione per il creditore sarebbe inferiore all’offerta a saldo immediato.

Un settore dove lo stralcio è comune è quello delle cartelle esattoriali datate: qualora i debiti fiscali siano vetusti e di ardua esazione, la stessa Agenzia delle Entrate-Riscossione può rinunciare alla riscossione attiva (aspettando casomai futuri redditi del debitore). La legge italiana non consente propriamente all’Agente di trattare riduzioni ad personam delle imposte dovute (salvo negli istituti normati come transazione fiscale nel concordato preventivo o simili), ma la prescrizione o i condoni di legge possono stralciare di fatto parte di quei debiti. Ad esempio, come detto, la Legge n. 197/2022 (Bilancio 2023) ha stralciato d’ufficio interessi e sanzioni delle cartelle fino al 2015 di piccolo importo, e consentito stralci parziali tramite rottamazione-quater. Questi meccanismi sono differenti dal saldo e stralcio negoziato, ma l’effetto – per il debitore – è simile: pagare solo una frazione del dovuto e ottenere la regolarizzazione.

Attenzione: qualunque accordo a saldo e stralcio deve essere ben formalizzato. È prudente farsi rilasciare dal creditore, a pagamento effettuato, una dichiarazione liberatoria del tipo “dichiaro di aver ricevuto €X a saldo e stralcio dell’intero mio credito, rinunciando ad ogni ulteriore pretesa”. Questo documento tutela da eventuali ripensamenti o cessioni future del credito residuo. Inoltre, se il creditore è una società finanziaria vigilata, la chiusura a stralcio viene di solito segnalata come “saldo parziale” nelle banche dati (informazione che rimane per qualche anno, ma meglio di un insoluto totale).

Interventi pubblici e fondi di solidarietà

In alcuni casi, esistono strumenti pubblici pensati per alleviare le situazioni debitorie più critiche:

  • Fondo di prevenzione dell’usura: gestito tramite fondazioni e associazioni riconosciute dal MEF, eroga garanzie su prestiti bancari concessi a soggetti sovraindebitati a rischio usura. Potrebbe essere una strada se l’ex mediatore, ad esempio, è caduto vittima di usura o è in grave difficoltà economica e vuole ottenere un prestito di consolidamento garantito dal Fondo anti-usura.
  • Fondo di solidarietà per le vittime di usura e estorsione: se il sovraindebitamento è conseguenza di tassi usurari subiti o di estorsione, questo fondo (L. 44/1999) può indennizzare la vittima con somme a fondo perduto, che possono alleviare la posizione debitoria.
  • Fondo per l’esdebitazione degli incapienti: novità introdotta con la Legge di Bilancio 2025 (L. 30 dicembre 2024 n. 207, art. 1 comma 893). Si tratta di un fondo statale (presso il Ministero della Giustizia) con dotazione iniziale di €500.000 annui dal 2025, destinato a coprire i costi delle procedure di sovraindebitamento per i debitori totalmente incapienti. In pratica, questo fondo aiuterà a pagare le spese vive e i compensi degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) per coloro che richiedono l’esdebitazione “a zero” (che vedremo più avanti) e non hanno risorse nemmeno per pagarsi la procedura. È un intervento indiretto, ma che merita menzione perché rientra nelle politiche pubbliche di sostegno ai debitori civili in situazione disperata.
  • Misure regionali o locali: talvolta enti locali stanziano fondi per aiutare cittadini indebitati (ad esempio contributi per evitare il pignoramento della prima casa, o per pagare affitti arretrati ed evitare sfratti). Sono misure frammentarie, ma conviene verificare presso la propria regione o comune se esistono bandi di questo tipo.

Tutela del patrimonio personale: atti da evitare

Di fronte all’aggressione dei creditori, il debitore potrebbe essere tentato di mettere in salvo i propri beni con escamotage: ad esempio intestare la casa a un parente, cedere l’auto a un amico, svuotare i conti. È fondamentale avvertire che molti di questi atti sono inefficaci o addirittura fraudolenti:

  • Atti in frode ai creditori: qualunque atto di disposizione del patrimonio compiuto dal debitore per sottrarre beni alle pretese creditorie e arrecare loro pregiudizio può essere oggetto di azione revocatoria (ai sensi dell’art. 2901 c.c.) entro 5 anni. Se, ad esempio, il mediatore dona un immobile al figlio quando già aveva debiti rilevanti, il creditore potrà far dichiarare inefficace la donazione e aggredire l’immobile come se fosse ancora suo. Nelle procedure di sovraindebitamento, poi, atti del genere impediscono la meritevolezza: i tribunali considerano tali condotte come “atti in frode” che bloccano l’accesso ai benefici (omologazione del piano o esdebitazione). Inoltre, se compiuti durante una procedura concorsuale, possono configurare reati (analogo alla bancarotta fraudolenta).
  • Fondo patrimoniale: molti pensano di proteggere la casa o altri beni destinandoli a fondo patrimoniale. Tuttavia, i debiti professionali e per fatti estranei ai bisogni familiari non sono esclusi dall’azione esecutiva sui beni in fondo patrimoniale (art. 170 c.c.). Un debito contratto per l’attività di mediazione creditizia è certamente estraneo ai bisogni della famiglia, quindi il fondo patrimoniale non offre scudo contro i creditori business (banche, fisco ecc.). Inoltre, la costituzione del fondo può anch’essa essere revocata se fatta con intenti pregiudizievoli.
  • Trust auto-dichiarati, vincoli di destinazione: sono strumenti avanzati a volte consigliati per proteggere beni, ma se attivati in situazione di insolvenza pendente rischiano di essere considerati alla stregua di atti in frode. A meno che non vi sia un motivo lecito e non pregiudizievole (es. tutela di un disabile di famiglia), il loro uso ultimo-minuto contro i creditori è sconsigliabile e può peggiorare la posizione del debitore in sede giudiziale.

In sintesi, non esistono soluzioni magiche per “sparire” coi propri beni senza pagare i debiti. La via corretta, anche moralmente oltre che legalmente, è affrontare il problema con trasparenza. Le procedure di composizione della crisi – di cui parleremo – premiano il debitore che mette tutte le carte in tavola e usa il patrimonio disponibile per pagare quanto possibile i creditori, ottenendo in cambio la liberazione dal resto. Al contrario, chi cerca di fare il “furbo” nascondendo beni rischia di perdere sia i beni (perché spesso i creditori o i liquidatori li recuperano) sia i benefici (perché verrà dichiarato non meritevole). La legge attuale incentiva la collaborazione e la buona fede del debitore, consentendo a chi è onesto ma sfortunato di avere una seconda opportunità, mentre sanziona chi agisce in malafede.

Fatte queste premesse, se le soluzioni stragiudiziali non sono praticabili o sufficienti – evento comune quando l’indebitamento è molto elevato rispetto al reddito, o i creditori sono troppi per metterli tutti d’accordo – occorre valutare le procedure giudiziali previste dalla legge per risolvere le crisi da sovraindebitamento. È quello che affronteremo dettagliatamente nei paragrafi successivi.

Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (Legge 3/2012 e Codice della Crisi)

Quando i debiti sono insostenibili e non si riesce a trovare un accordo spontaneo con i creditori, il nostro ordinamento mette a disposizione le cosiddette procedure concorsuali minori o procedure di sovraindebitamento. Si tratta di procedimenti giudiziari (attivati però volontariamente dal debitore) volti a trovare una soluzione complessiva alla crisi, sotto il controllo del tribunale, con effetti vincolanti per tutti i creditori. Lo scopo è duplice:

  1. Soddisfare i creditori in modo ordinato e secondo giustizia, evitando la “lotta di tutti contro tutti” delle esecuzioni individuali.
  2. Liberare il debitore onesto dai debiti residui che non riesce a pagare, offrendo quella fresh start (nuovo inizio) che consente il reinserimento economico e sociale del debitore.

La disciplina originaria di riferimento è stata la Legge n. 3/2012, detta anche legge “salva suicidi”, che per la prima volta ha introdotto in Italia procedure ad hoc per i debitori civili non fallibili (privati e piccoli imprenditori). Dal 15 luglio 2022, però, è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – che ha riordinato l’intera materia in un unico testo normativo. Il CCII ha abrogato la L.3/2012 (incorporandone però gran parte dei contenuti), prevedendo nel Capo II del Titolo II le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento aggiornate e alcune importanti novità. Successivamente, il legislatore ha ulteriormente ritoccato la disciplina con decreti correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 169/2022, fino al recentissimo D.Lgs. 136/2024), in parte per recepire la direttiva UE 2019/1023 sull’insolvenza e ristrutturazione.

Oggi, all’alba del 2025, le procedure previste dal CCII per il sovraindebitamento (cioè per debitori “non fallibili” – consumatori, professionisti, imprenditori minori, start-up innovative, soci illimitatamente responsabili, enti non commerciali, ecc.) sono principalmente quattro:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67 CCII) – l’evoluzione del vecchio “piano del consumatore” della L.3/2012: è una procedura riservata ai debitori consumatori, che consente di proporre al giudice un piano di pagamento dei debiti sostenibile, senza bisogno del voto dei creditori.
  • Concordato minore (art. 74 CCII) – erede dell’accordo di composizione della crisi ex L.3/2012: è destinato ai debitori non consumatori (piccoli imprenditori sotto soglia fallimento, professionisti, imprenditori agricoli, start-up innovative, ecc.), e richiede l’approvazione dei creditori mediante voto (un concordato “semplificato” rispetto a quello delle grandi imprese).
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268–277 CCII) – analoga alla vecchia “liquidazione del patrimonio” L.3/2012: il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni (presenti e futuri per un certo periodo) affinché un liquidatore li realizzi e distribuisca il ricavato ai creditori. Al termine, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione (art. 282 CCII) dei debiti non soddisfatti.
  • Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII) – novità assoluta (anticipata nel 2020 e ora a regime): consente al debitore persona fisica, privo di beni e di capacità di pagamento, di ottenere la cancellazione di tutti i debiti senza alcuna distribuzione ai creditori (“fresh start” immediato), purché soddisfi rigorosi requisiti di meritevolezza e sia un caso limite. È una procedura una tantum e residuale, alternativa alla liquidazione controllata quando non c’è nulla da liquidare.

A queste, potremmo aggiungere – per completezza – la particolare procedura di composizione negoziata introdotta nel 2021, ma essa riguarda essenzialmente imprenditori in crisi reversibile e non conduce di per sé a esdebitazione, dunque non è lo strumento adatto al nostro ex mediatore ormai insolvente conclamato.

Di fondamentale importanza, in tutte le procedure sopra elencate, sono alcuni requisiti generali:

  • Il debitore non deve poter accedere alle procedure maggiori (liquidazione giudiziale o concordato preventivo ordinario). In pratica, non dev’essere un imprenditore assoggettabile a fallimento (oggi liquidazione giudiziale). Un mediatore creditizio, essendo per legge una società, sarebbe soggetto a fallimento come società; ma la persona fisica (socio o garante) di per sé no. Se però l’ex mediatore avesse anche gestito in proprio un’attività commerciale sopra soglia (improbabile in questo caso), non potrebbe usare le procedure da sovraindebitamento per quei debiti, dovendo semmai ricorrere al concordato preventivo o alla liquidazione giudiziale come qualsiasi imprenditore. Nella pratica, il nostro debitore rientra tra i soggetti “non fallibili” (consumatore o imprenditore minore/professionista).
  • Il debitore deve essere “meritevole” o, meglio, non deve aver causato la situazione con dolo o colpa grave. Questo concetto di meritevolezza ha subito evoluzioni: inizialmente la L.3/2012 era molto severa col consumatore (bastava aver assunto debiti oltre le proprie possibilità per negare l’accesso). Oggi, dopo la riforma del 2020, conta soprattutto l’assenza di comportamenti gravemente colposi, fraudolenti o in mala fede. In altre parole, il debitore non dev’essere uno spendaccione irresponsabile o disonesto. La Cassazione (sent. n. 22890/2023) ha sottolineato che sono stati eliminati i vecchi criteri della “sproporzione” del ricorso al credito, concentrandosi invece su comportamenti volutamente scorretti (frode, malafede). Ad esempio, contrarre debiti sperando irragionevolmente in un futuro miracolo finanziario oggi non preclude di per sé l’accesso, se non vi è malafede o frode. Resta però fuori chi ha compiuto atti in frode (es. distrazione di beni) o violato la legge gravemente creando il debito (es. evasione fiscale dolosa, attività illecite).
  • Il debitore deve fornire documentazione completa e veritiera. La trasparenza è obbligatoria: vanno elencati tutti i creditori, tutti i beni, i redditi, le disposizioni patrimoniali degli ultimi anni, ecc. Un professionista indipendente (OCC, v. oltre) verifica queste informazioni. Omessi assetti contabili o omissioni informative possono portare all’inammissibilità della procedura. La Cassazione ha chiarito che una volta omologato un piano, non si può poi far pagare al consumatore l’eventuale incompletezza documentale emersa dopo: spettava all’OCC e al giudice controllare prima. Ciò per evidenziare l’importanza di lavorare con diligenti professionisti sin dall’inizio.
  • Assenza di procedure concorsuali pendenti: il debitore non deve avere già attiva altra procedura concorsuale. Non può, ad esempio, fare due procedure di sovraindebitamento contemporaneamente in tribunali diversi. Inoltre, se è socio illimitatamente responsabile di una società in fallimento, potrebbe dover aspettare l’esito di quella (la normativa su questo caso è complessa, ma in generale si evita duplicazione di procedure).
  • Decorsi temporali per nuove procedure: se il debitore ha già beneficiato di un’esdebitazione in passato, ci sono limiti. In base al CCII, un soggetto può ottenere l’esdebitazione ordinaria al massimo due volte, con almeno 5 anni di distanza. L’esdebitazione “incapiente”, invece, è concessa solo una volta in assoluto. Quindi un ex mediatore che abbia già fatto una procedura L.3/2012 anni fa e ne sia uscito con esdebitazione dovrà attendere 5 anni prima di poterne fare un’altra (ed eventualmente la seconda sarebbe l’ultima). Chi non ne ha mai fatte, ovviamente, è alla prima occasione.

Un attore chiave in tutte queste procedure è l’OCC – Organismo di Composizione della Crisi. Si tratta di organismi istituiti presso Ordini professionali, Camere di commercio o enti pubblici, iscritti in un apposito registro ministeriale, deputati ad assistere il debitore nella procedura. L’OCC nomina un Gestore della crisi, tipicamente un professionista (commercialista, avvocato o notaio appositamente formato) che:

  • Aiuta il debitore a raccogliere la documentazione e redigere la proposta di piano o la domanda di liquidazione.
  • Effettua le comunicazioni ai creditori.
  • Redige una relazione particolareggiata sulla situazione del debitore, evidenziando cause dell’indebitamento, verifica meritevolezza (assenza di atti in frode, ecc.), valutazione della completezza dei dati e, nel piano del consumatore, attestazione sulla sostenibilità e convenienza rispetto alla liquidazione.
  • Nella liquidazione controllata, svolge il ruolo di curatore/liquidatore, gestendo la vendita dei beni e il riparto.
  • Nell’esdebitazione incapiente, aiuta il debitore a presentare la domanda e fa da “controllore” successivo in caso di sopravvenienze (come vedremo).

La presenza dell’OCC significa che il debitore non è mai lasciato solo nella procedura: c’è un esperto che lo assiste e contemporaneamente tutela gli interessi dei creditori vigilando sulla correttezza del processo. Ovviamente l’OCC ha diritto a un compenso per il suo operato (stabilito dal giudice, di solito seguendo parametri ministeriali). Tali compensi e le spese di giustizia sono a carico del debitore – ma, come detto, dal 2025 per i casi più disperati di incapienza interverrà un fondo statale a coprirli.

Procediamo ora ad analizzare le singole procedure, focalizzandoci su come potrebbero applicarsi al caso di un ex mediatore creditizio sovraindebitato, con esempi e riferimenti pratici.

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”)

Cos’è: È una procedura concorsuale riservata esclusivamente al consumatore, figura definita (nell’art. 2, comma 1, lett. e) CCII) come la persona fisica che ha contratto i debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Dunque, un ex mediatore creditizio può qualificarsi consumatore solo per quei debiti che non derivano dalla sua attività di mediatore. Se la maggior parte dei suoi debiti sono legati all’attività (es. fideiussioni per la società, debiti fiscali per IVA non versata dall’attività, ecc.), egli non potrà usare il piano del consumatore per l’intera massa debitoria. In tal caso dovrà rivolgersi al concordato minore. Tuttavia, se l’ex mediatore aveva anche molti debiti personali (mutuo prima casa per esigenze familiari, finanziamenti per acquisti privati, ecc.) e l’attività di mediazione è stata cessata, c’è un margine interpretativo (alla luce della giurisprudenza) per considerarlo “consumatore” riguardo ai debiti residuali post-chiusura attività. La Cassazione già con L.3/2012 aveva ammesso, ad esempio, la qualificazione come consumatore del socio illimitatamente responsabile di società cessata per i debiti non attinenti all’attività societaria. In ogni caso, qui assumeremo la situazione classica del consumatore puro.

Come funziona: Il consumatore, con l’ausilio dell’OCC, predispone un piano di ristrutturazione in cui indica:

  • L’elenco di tutti i creditori e delle somme dovute.
  • Le somme che realisticamente potrà mettere a disposizione per pagarli, e la provenienza di tali somme (redditi futuri, contributi di terzi, realizzo di alcuni beni, ecc.).
  • La eventuale suddivisione dei creditori in classi (facoltativa; di solito non necessaria salvo trattamenti molto differenziati).
  • Le eventuali garanzie offerte (ad es. un parente garante di parte del pagamento).
  • I termini e modalità di soddisfacimento dei crediti: ad esempio, pagamento integrale dei crediti ipotecari in tot anni, pagamento al 20% dei chirografari in 4 anni mediante rate semestrali, etc.
  • Eventuali strumenti di attenuazione del debito previsti dal CCII: il piano del consumatore può anche contemplare la cessione del quinto dello stipendio futuro, o l’utilizzo di crediti futuri, purché il tutto sia plausibile.

Una volta elaborato, il piano viene depositato in Tribunale insieme alla relazione dell’OCC. Il giudice, dopo aver verificato l’ammissibilità (requisiti soggettivi e documentali), convoca i creditori per far conoscere loro la proposta. Non è previsto un voto dei creditori: questa è la grande differenza rispetto alle altre procedure. Il tribunale decide di omologare o meno il piano tenendo conto delle opposizioni eventualmente presentate dai creditori e valutando:

  • La fattibilità e sostenibilità economica del piano: cioè che il debitore con le sue risorse (attuali e prospettiche) possa davvero adempiere a quanto promesso.
  • La convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria: il piano non deve offrire ai creditori una soddisfazione inferiore a quella che avrebbero ottenuto da una liquidazione del patrimonio del debitore. Ad esempio, se il debitore possiede beni liquidabili, non può proporre ai creditori chirografari di pagarli meno di quanto ricaverebbero vendendo quei beni, altrimenti il piano sarebbe ingiusto.
  • La meritevolezza del consumatore: ovvero che non abbia colpa grave o frode. Su questo, come detto, la legge attuale (art. 69 CCII) chiede di verificare che il sovraindebitamento non sia stato cagionato da dolo, colpa grave, malafede o frode del debitore. Il tribunale valuta elementi come: il tenore di vita del debitore, l’eventuale ricorso spropositato al credito ingiustificato, l’aver fornito informazioni false ai creditori al momento di ottenere credito, ecc. La riforma ha però abolito i più rigidi criteri previgenti: oggi conta solo l’assenza di comportamenti gravemente scorretti. Ad esempio, indebitarsi per l’acquisto della casa e poi perdere il lavoro è sfortuna (meritevole), mentre ottenere finanziamenti mentendo su reddito o finalità o sperperare denaro in gioco d’azzardo potrebbe configurare colpa grave/malafede e portare al diniego.
  • L’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi 5 anni: se il debitore ha compiuto atti dolosi di sottrazione del patrimonio (come donazioni sospette), il piano è inammissibile.

Se il tribunale ritiene positivi questi punti, omologa il piano con decreto. Da quel momento, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori. I creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali, ma devono attendere i pagamenti secondo il piano. È prevista anche la possibilità di una moratoria fino a 1 anno per i creditori muniti di privilegio o ipoteca (ad esempio, si può prevedere che i pagamenti ai creditori ipotecari inizino dopo un anno dall’omologa, per dare respiro iniziale al debitore). Importante novità: secondo la Cassazione 4622/2024, tale limite di un anno non è rigido; se un piano offre in prospettiva più vantaggi, è possibile dilazionare i pagamenti ai creditori privilegiati anche oltre un anno. Ciò significa che si può costruire un piano su misura: ad esempio, pagare un creditore ipotecario su 5 anni invece che in unica soluzione, se questo consente di soddisfarlo meglio e il creditore non subisce pregiudizio maggiore di quello che subirebbe in caso di liquidazione forzata.

Durante l’esecuzione del piano:

  • Il debitore deve attenersi rigorosamente a quanto stabilito. Eventuali ritardi o inadempimenti sostanziali possono portare alla revoca del piano (su istanza dei creditori) e far decadere i benefici.
  • Il debitore non è spossessato dei suoi beni (come invece in una liquidazione). Però, se il piano prevede la vendita di determinati beni (es. seconda casa, auto di lusso), dovrà effettuarla e destinare il ricavato secondo il piano. Spesso l’OCC/gestore viene nominato supervisore per garantire che ciò avvenga.
  • I creditori chirografari non pagati integralmente perdono la parte eccedente alla fine. In realtà, tecnicamente nel piano del consumatore l’esdebitazione è un effetto automatico: quando il debitore ha eseguito tutte le obbligazioni del piano, i debiti residui si considerano esdebitati (art. 70 CCII). Non serve un provvedimento ulteriore (diversamente dalla liquidazione dove serve domanda di esdebitazione).
  • Se sopraggiunge un miglioramento della situazione del debitore durante il piano (es. un aumento significativo di reddito), la legge consente al debitore di destinare ai creditori una parte di questo surplus, ma non obbliga a ridefinire il piano salvo patto contrario. D’altro canto, se il debitore incorre in difficoltà sopravvenute può chiedere al tribunale di modificare il piano (art. 68 CCII) – ad esempio, prorogando le scadenze o rimodulando gli importi – purché vi sia un giustificato motivo (es. perdita temporanea del lavoro durante l’esecuzione del piano).

Vantaggi principali del piano del consumatore: consente al debitore meritevole di imporre un accordo ai creditori senza il loro consenso, preservando se possibile i beni essenziali (spesso la casa di abitazione, se la si riesce a mantenere pagando il mutuo). Può prevedere l’integrale pagamento solo di alcuni crediti, riducendone drasticamente altri, in base alle capacità contributive. Ad esempio, un consumatore potrebbe proporre di continuare a pagare la rata del mutuo ipotecario (così da non perdere la casa) ma offrire ai creditori personali chirografari solo una percentuale dei loro crediti, da pagare a rate con il reddito disponibile al netto del mutuo. Il giudice potrà omologare se ciò è equo (i chirografari, ad esempio, prenderebbero comunque zero se la casa fosse pignorata perché tutto andrebbe alla banca ipotecaria; dunque accettare il 20% a rate per loro è comunque meglio di nulla).

Un esempio semplificato: Tizio, debitore consumatore, ha una casa con mutuo residuo €100.000 (valore casa €120.000) e debiti chirografari per €50.000. Reddito mensile €1.500. Con un piano del consumatore Tizio propone: mantenere il mutuo (€500/mese per 20 anni) e pagare ai chirografari complessivi €200/mese per 5 anni (ossia ~€12.000 in totale, pari al 24% del loro credito, ripartito proporzionalmente tra di essi). L’OCC attesta che il piano è sostenibile (Tizio riesce con €700/mese in totale, lasciandogli €800 per vivere) e che i creditori chirografari nel caso di liquidazione otterrebbero zero (perché la casa venduta coprirebbe a malapena il mutuo). Il tribunale, verificata la buona fede di Tizio (ad esempio non ha altri beni nascosti, non ha contratto debiti fraudolentemente), omologa il piano. Tizio così conserva la casa, paga regolarmente la banca e verserà ai chirografari €200/mese per 5 anni. Trascorso il quinquennio, quei creditori – avendo ricevuto il 24% – non potranno più avanzare pretese sul restante 76%, che sarà legalmente cancellato.

Limiti del piano del consumatore: il vincolo più grande è proprio la qualifica di consumatore. Inoltre, tutto il piano ruota attorno alle possibilità di pagamento del debitore: se il reddito disponibile è minimo, anche i creditori privilegiati (come la banca) potrebbero subire dilazioni lunghe o riduzioni di interessi, ma c’è un limite di equilibrio. Il giudice non omologherà mai un piano manifestamente irrealistico (es. pagare rate che chiaramente eccedono il bilancio familiare del debitore). Il rischio poi è la revoca in caso di imprevisti: se il debitore perde il lavoro e non paga qualche rata del piano, i creditori potrebbero farlo cadere e a quel punto la protezione svanisce. Infine, il piano non consente di liberarsi dei debiti esclusi ex lege (mantenimento, multe pure, danni da illecito) – quei debiti restano comunque dovuti anche dopo.

In caso di mancata omologazione del piano (ad esempio perché il giudice riscontra malafede o fattibilità carente), il debitore può comunque ripiegare sulle altre procedure (concordato minore o liquidazione). Secondo la giurisprudenza più recente, la reiezione di una proposta non preclude di presentarne una nuova migliorativa, purché non ci sia un giudicato sul merito. La Cassazione ha chiarito che un provvedimento di inammissibilità o mancata omologa non definitivo non impedisce di riprovarci correggendo gli errori. Ciò incoraggia il debitore a perfezionare la proposta senza arrendersi al primo ostacolo.

Concordato minore (accordo di ristrutturazione per debitori non consumatori)

Cos’è: Il concordato minore è la procedura destinata ai debitori sovraindebitati non qualificabili consumatori. Tipici esempi: piccoli imprenditori sotto soglia, imprenditori agricoli, professionisti (avvocati, commercialisti indebitati), startup innovative, enti no-profit in crisi, e – nel nostro caso – ex imprenditori o ex soci di società per i debiti residui legati all’attività cessata. Un ex mediatore creditizio con debiti principalmente professionali ricade qui.

Come funziona: La logica è simile a un concordato preventivo semplificato:

  • Il debitore propone, con l’ausilio OCC, un piano di ristrutturazione dei debiti, che può prevedere pagamento parziale e/o dilazionato ai creditori.
  • Diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori devono votare l’accordo. Il tribunale, verificata l’ammissibilità iniziale, convoca i creditori per il voto (o raccoglie le adesioni per via scritta tramite l’OCC).
  • È richiesta l’approvazione dei creditori che rappresentino almeno il 50% dei crediti ammessi al voto. (La soglia è stata abbassata rispetto al 60% richiesto in passato dall’accordo ex L.3/2012, per rendere lo strumento più accessibile).
  • Alcuni creditori non votano perché per legge considerati soddisfatti o estranei: ad esempio, il creditore privilegiato/ipotecario che venga pagato integralmente secondo il piano non ha diritto di voto (non subisce sacrificio). Al contrario, se il piano tocca i loro diritti (es. li paga oltre i termini originari o parzialmente), allora votano. La Cassazione ha affermato che un creditore ipotecario, se è previsto un pagamento dilazionato più a lungo del contratto, va considerato come non integralmente soddisfatto e quindi partecipa al voto.
  • Se la maggioranza richiesta vota sì, il tribunale passa alla fase di omologazione. Anche qui verifica meritevolezza (anche se per il concordato minore la legge non parla espressamente di meritevolezza come requisito di ammissibilità, tuttavia la Cassazione 30538/2024 ha evidenziato che va valutata l’affidabilità del debitore pure in assenza di un requisito formale, specie se emergono atti in frode). Inoltre, verifica la convenienza per eventuali creditori dissenzienti: in pratica, che anche chi ha detto “no” non riceva col piano meno di quanto avrebbe ragionevolmente ottenuto dalla liquidazione (principio del “miglior soddisfacimento alternativo”).
  • Se tutto è a posto, omologa il concordato minore e questo diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, compresi quelli dissenzienti o non votanti.

Rispetto al piano del consumatore, qui i creditori hanno più voce. Può capitare che non si raggiunga subito il 50% di consensi; in tal caso il debitore può rivedere l’offerta (magari al rialzo per alcuni) e sottometterla di nuovo. La legge prevede anche la possibilità, introdotta dal CCII, di omologazione forzata (cram-down) del concordato minore: se non si ottiene la maggioranza ma:

  • il piano è comunque conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione,
  • e non c’è discriminazione ingiustificata tra creditori,

il tribunale può omologare lo stesso, supplendo al voto mancante (ciò a tutela di un debitore che propone tutto il possibile ma magari si scontra con inerzia o rifiuti irragionevoli di qualche creditore). Ad esempio, se c’è un unico creditore ipotecario che da solo rappresenta più del 50% dei crediti e vota contro, ma il piano per lui è oggettivamente migliore della vendita forzata del bene, il giudice potrebbe omologare comunque (questa facoltà era discussa, ma sembra ammessa: cfr. art. 80 CCII e il fatto che nessuna percentuale minima del 60% sia più richiesta espressamente).

Durante l’esecuzione, il concordato minore funziona analogamente al piano:

  • Il debitore paga secondo i termini. Se l’accordo prevede vendite di beni, potrà essere nominato un liquidatore (spesso l’OCC stesso) per effettuarle.
  • I creditori sono tenuti ad astenersi da azioni esecutive individuali.
  • A fine esecuzione, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione automatica dei crediti residui insoddisfatti (effetto esdebitatorio finale analogo al piano).

Vantaggi del concordato minore: consente di coinvolgere anche situazioni non da consumatore, includendo debiti professionali e d’impresa. C’è maggiore flessibilità negoziale: il debitore può negoziare con gruppi di creditori, eventualmente formando classi (utile se vuole offrire condizioni diverse a diversi tipi di creditori: es. una classe di fornitori strategici pagati al 40%, l’Agenzia delle Entrate al 30%, gli amici prestatori al 5% etc., il tutto se giustificato da ragioni oggettive). Consente inoltre di comporre debiti societari personali: ad esempio, la Cassazione ha ammesso che i soci illimitatamente responsabili possano usare queste procedure per i debiti della società posti a loro carico. Per un ex mediatore, ciò significa poter gestire in un concordato minore sia debiti personali sia quelli derivanti da eventuali garanzie prestate per l’attività.

Limiti: richiede l’accordo della maggioranza (anche se, come visto, non assoluta in tutti i casi). Se i principali creditori sono ostili, può fallire. Inoltre, la presenza del voto può dare ai creditori forti (es. la banca ipotecaria, o l’Erario con grossa fetta di debito) un potere di negoziazione: potrebbero pretendere condizioni migliori per dare assenso. C’è poi un costo procedurale leggermente più alto (convocazioni, eventuali adunanze o votazioni scritte da gestire, ecc.).

Un aspetto delicato riguarda i debiti fiscali nel concordato minore: il CCII li include e prevede che voti l’Agenzia delle Entrate (non l’Agente della Riscossione). La legge consente la “transazione fiscale” all’interno del piano, ovvero di trattare anche IVA e altre imposte, purché il trattamento non sia inferiore al valore di liquidazione dei beni su cui insistono. In pratica, l’Erario può accettare stralci su IVA e altre imposte (cosa che un tempo era vietata) e negli accordi minori ciò è ammesso se il piano rispetta l’alternativa liquidatoria (questo per conformità alla normativa UE e alla L.176/2020 che ha rimosso divieti). Dunque anche il fisco è negoziabile nel concordato minore, ma occorre convincere l’Agenzia che sta ottenendo il massimo possibile.

Facciamo un esempio semplificato: Caio, ex piccolo imprenditore, ha debiti totali €200.000 (50k banca con ipoteca su magazzino, 50k fornitori, 100k tra IVA e Inps). Propone di vendere il magazzino e ricavarne 50k da dare alla banca (soddisfacendola al 100%, quindi banca fuori e non votante), e di pagare €30k dilazionati all’Erario (su 100k, quindi 30%) e €10k ai fornitori (20% del loro credito). Il piano offre complessivamente 90k su 200k (45%). L’OCC stima che in una liquidazione forzata, il magazzino darebbe 40k alla banca (che rimarrebbe con 10k scoperti) e null’altro per gli altri (poiché Caio non ha altri beni né redditi). Quindi, in confronto, l’Agenzia prenderebbe 30k col piano vs zero nella liquidazione, i fornitori 10k vs zero. È probabile che votino a favore. Supponiamo di ottenere sì dall’AE (100k crediti) e metà fornitori (25k su 50k crediti) – totale adesioni 125k su 150k votanti (ricordiamo banca era soddisfatta quindi non vota), ossia ~83%: maggioranza superata. Il tribunale omologa. Caio vende il magazzino, soddisfa banca, poi paga le rate fiscali e ai fornitori come promesso. Alla fine, i residui ~70% di debiti fiscali e 80% dei fornitori sono stralciati e Caio è libero.

Se nel corso dell’esecuzione Caio non paga regolarmente, i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato minore (come avviene per il concordato preventivo delle imprese). La risoluzione fa perdere il beneficio dell’esdebitazione. Dunque va eseguito con disciplina.

In caso di mancato raggiungimento dell’accordo (voto negativo), il debitore può optare per la liquidazione controllata come ultima risorsa.

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Cos’è: È la procedura liquidatoria in cui il debitore mette a disposizione tutto il suo patrimonio (ad eccezione dei beni impignorabili per legge) per soddisfare i creditori. È sostanzialmente analoga al “fallimento” per i soggetti non fallibili. La differenza è che qui l’iniziativa è tipicamente del debitore stesso (anche se può essere richiesta pure dai creditori o dal Pubblico Ministero in alcuni casi eccezionali, art. 270 CCII).

Per un ex mediatore creditizio sovraindebitato, la liquidazione controllata può divenire la scelta se:

  • Non ha la capacità di formulare un piano di pagamento (neanche parziale) sostenibile.
  • Oppure se ha tentato senza successo il piano/accordo.
  • Oppure ancora se vuole semplicemente liberarsi dei debiti nel modo più netto possibile, sacrificando il patrimonio disponibile una volta per tutte.

Come funziona:

  • Il debitore presenta ricorso al tribunale chiedendo l’apertura della liquidazione controllata, allegando l’elenco dei creditori, l’inventario di tutti i beni, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni, lo stato civile e di famiglia, l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione ultimi 5 anni, ecc. (documentazione simile a quella del piano).
  • Il tribunale, se verifica i presupposti (sovraindebitamento conclamato, meritevolezza di base, documentazione sufficiente), apre la procedura di liquidazione con apposito decreto. Da quel momento:
    • I beni del debitore divengono oggetto di liquidazione da parte di un liquidatore giudiziale (di solito il gestore OCC nominato). Il debitore ne perde la disponibilità (pur non essendo dichiarato “interdetto” come il fallito di un tempo, di fatto non può più disporre liberamente di quei beni).
    • Si apre lo stato passivo: i creditori vengono avvisati e presentano domande di insinuazione entro termini stabiliti. Il liquidatore forma l’elenco dei crediti ammessi, distinguendo per grado (privilegi, ipoteche, chirografi).
    • Da notare: la legge esclude dalla liquidazione (e quindi dal concorso) i crediti futuri post apertura e quelli dei finanziatori che durante eventuali trattative abbiano finanziato il debitore in crisi (ipotesi rara qui). Inoltre i crediti con riserva e quelli contestati sono trattati con cautela (accantonamenti).
    • La liquidazione, sotto la vigilanza del giudice, procede a trasformare in denaro il patrimonio: vendite all’asta di immobili, vendite di beni mobili (anche automezzi, ecc.), riscossione di crediti attivi del debitore, ecc. Il CCII consente vendite anche senza incanto e con strumenti telematici per massimizzare il ricavato.
    • I redditi del debitore generati nel frattempo: la norma prevede che il debitore persona fisica debba contribuire con la parte di reddito eccedente quello che serve al mantenimento suo e della famiglia. In sostanza, durante la liquidazione se il debitore ha uno stipendio/pensione, ne viene prelevata la quota pignorabile (di solito 1/5) per destinarla al concorso. La legge assicura comunque al debitore un importo pari all’assegno sociale aumentato della metà per ogni membro famigliare a carico, come baseline di sussistenza.
    • La liquidazione ha natura concorsuale: questo significa che tutte le azioni esecutive individuali dei creditori restano sospese o si interrompono. I creditori sono soddisfatti solo nel riparto concorsuale secondo i gradi di privilegio. Ad esempio, se prima un creditore stava pignorando uno stipendio, quel pignoramento viene revocato e il credito prosegue nella liquidazione. (Fa eccezione, come accennato, il credito fondiario: la banca con mutuo fondiario, se aveva già pignorato l’immobile prima, potrebbe proseguire in parallelo l’esecuzione immobiliare anche dopo apertura liquidazione; se invece non aveva ancora agito, deve partecipare alla liquidazione come gli altri).
  • Durata: la liquidazione controllata dura il tempo necessario a vendere i beni e distribuire l’attivo. Può essere anche relativamente rapida se il debitore ha pochi beni (es. solo un immobile da vendere e qualche credito) oppure protrarsi per anni se ci sono patrimoni complessi. Tuttavia, il CCII ha cercato di velocizzare e prevede che dopo 4 anni si tirino le somme per l’eventuale esdebitazione (vedi infra).

Chiusura ed esdebitazione: Una volta venduti i beni, il liquidatore propone un piano di riparto finale; il tribunale dichiara chiusa la liquidazione. A questo punto il debitore può chiedere l’esdebitazione (ordinaria) dei debiti residui non soddisfatti. I presupposti per ottenerla sono:

  • Il debitore non deve aver commesso irregolarità gravi nella procedura (collaborazione dovuta, consegna di tutti i beni, nessun atto doloso).
  • Non deve aver già beneficiato di esdebitazione negli ultimi 5 anni (come detto, massimo due volte vita con 5 anni tra).
  • Non deve aver distratto attivi o falsificato passivi, né riportare condanne per bancarotta o reati tributari gravi (questo in analogia con l’art. 280 CCII e vecchio art. 142 L.Fall.).
  • I debiti esclusi per legge restano comunque (alimenti, risarcimenti danni, multe non accessorie).

Se il giudice concede l’esdebitazione, il debitore è finalmente libero: tutti i debiti concorsuali non soddisfatti diventano inesigibili nei suoi confronti. Il decreto di esdebitazione viene comunicato ai creditori. Essi possono opporsi se emergono frodi, ma se tutto è regolare il beneficio diviene definitivo. Da quel momento, il debitore potrà ricostruirsi la vita senza l’ombra del passato (fatti salvi i debiti non cancellabili).

Novità: Il CCII prevede che il tribunale possa pronunciarsi sull’esdebitazione persino prima della chiusura se sono trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione. In pratica, per evitare procedure troppo lunghe, dopo 3 anni un debitore persona fisica meritevole può ottenere l’esdebitazione “di diritto” salvo revoca se spuntano attivi entro i 4 anni. Inoltre, si prevede un controllo successivo per 4 anni sulle eventuali sopravvenienze: se entro 4 anni dal decreto di esdebitazione (ordinaria) il debitore riceve utilità rilevanti (un’eredità, una vincita, ecc.), e tali utilità permetterebbero di pagare almeno un 10% ai creditori chirografari, allora c’è l’obbligo di pagarli fino a quella soglia. Ma passati i 4 anni, qualunque nuova ricchezza rimane al debitore senza vincoli.

Vantaggi della liquidazione controllata: è spesso la via di fatto più sicura se il debitore non può offrire abbastanza per un piano. Anche senza pagare nulla (se davvero non c’è attivo), può arrivare alla liberazione dei debiti, se ha agito onestamente. È una sorta di fallimento personale, con lo stigma minore rispetto al fallimento tradizionale (ad es. il nome non viene pubblicato sui quotidiani, e il debitore persona fisica non subisce l’interdizione dai pubblici uffici che colpiva il fallito nell’era della vecchia legge fallimentare). Permette di chiudere la partita definitivamente entro alcuni anni. Ad esempio, un debitore nullatenente che ha uno stipendio pignorabile potrà vedere pignorato il quinto per 4 anni e poi, ottenuta l’esdebitazione, tornare a disporre dell’intero stipendio dal quinto anno in poi liberamente.

Svantaggi: comporta ovviamente la perdita del patrimonio. Il debitore viene spossessato dei beni non necessari e questi saranno venduti spesso a valori di realizzo non ottimali. Se il debitore teneva a qualche bene (casa familiare, oggetti personali di valore affettivo), li perderà – a meno di riuscire a escluderli prima con accordi, ma di norma tutto confluisce (salvo i beni impignorabili per legge, come abiti, utensili di casa di modico valore, eventuali animali da compagnia, ecc.). Inoltre la procedura, sebbene finalizzata all’esdebitazione, non cancella i debiti immediatamente: bisogna attendere qualche anno e la buona condotta. In quei pochi anni, il debitore sarà sorvegliato (il liquidatore potrà chiedere conto dei suoi redditi, etc.). È un periodo impegnativo, ma con una luce definita in fondo al tunnel.

Spesso il debitore teme la liquidazione perché la sente come “fare fallimento”. Tuttavia, per molti può essere la soluzione più pragmatica: si fa tabula rasa del passato, sacrificando ciò che non si è riusciti a salvare, per ricominciare. Il nostro ex mediatore, se ad esempio non ha più alcun immobile e possiede solo debiti, potrebbe addirittura scegliere la liquidazione subito, facendola durare il minimo necessario per ottenere la liberazione.

Va ricordato che esiste una tutela per il debitore cooperativo: se la maggioranza dei creditori (in valore) propone al tribunale un concordato minore in alternativa alla liquidazione, il tribunale convoca il debitore; se questi accetta, si può passare a un concordato su proposta dei creditori (art. 271 CCII). È raro, ma può accadere ad es. che i creditori preferiscano un accordo concordatario (perché magari c’è un parente del debitore disposto a mettere soldi se si evita di liquidare un certo bene). In tal caso, la liquidazione viene “convertita” in concordato.

Esdebitazione del debitore incapiente (“fresh start” a zero per il debitore onesto senza beni)

Cos’è: È la procedura di esdebitazione senza alcun pagamento ai creditori. Introdotta in via sperimentale nel 2020 e ora stabilizzata nell’art. 283 CCII, permette al debitore persona fisica che non abbia alcun patrimonio liquidabile né capacità reddituale da offrire, di ottenere comunque l’esdebitazione immediata dei suoi debiti. È riservata ai casi estremi, potremmo dire di “povertà assoluta” unita a buona fede.

Per il nostro ex mediatore, questa procedura potrebbe essere calzante se egli, ad esempio, non ha più nulla (nessun immobile, auto vendute, nessun risparmio) e vive con un reddito minimo giusto per la sopravvivenza. In sostanza, se anche volesse attivare un piano o una liquidazione, non avrebbe materialmente nulla da mettere sul piatto. Un tempo, tali debitori rimanevano intrappolati a vita nei debiti (perché non potevano neanche “fallire”, non essendo imprenditori, e la legge 3/2012 non prevedeva di esdebitare chi non passasse per una liquidazione). Oggi, invece, c’è uno spiraglio di salvezza anche per loro.

Requisiti chiave:

  • Il debitore dev’essere persona fisica (niente società).
  • Dev’essere sovraindebitato e non soggetto a liquidazione giudiziale (come le altre procedure).
  • Deve essere meritevole: questa procedura richiede forse ancor più attenzione alla condotta. La legge dice persona fisica meritevole che “non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva”. La meritevolezza implica assenza di frode, dolo o colpa grave nella genesi dei debiti. Inoltre, va considerato che se il soggetto ha tenuto condotte dilapidatorie (es. speso tutti i soldi al gioco), i giudici potrebbero vederci colpa grave e negare il beneficio.
  • Incapienza assoluta: significa che il debitore non dispone di beni aggredibili né prevede di averne nel prossimo futuro. Questo dev’essere dimostrato: si allegano i redditi (se nulli o bassissimi), lo stato di disoccupazione eventualmente, si evidenzia che non ci sono immobili né liquidità, ecc. Fino al 2024 l’interpretazione era molto rigida (zero assoluto). Dopo il Correttivo Ter (D.Lgs. 136/2024), si è ampliato il concetto di incapienza includendo i debitori con “piccoli surplus di reddito entro una soglia predeterminata”. In pratica, ora anche chi ha un reddito leggermente sopra il minimo può accedere, purché quel piccolo eccesso non permetta comunque di pagare neanche il 10% dei debiti in 4 anni (soglia del 10% già vista). Ad esempio, se Tizio ha €100 mensili “liberi” dopo aver pagato il necessario per vivere, in 4 anni farebbero €4.800: se ha debiti per €50.000, è meno del 10%; quindi è considerato incapiente comunque.
  • Non deve aver già ottenuto l’esdebitazione (di qualsiasi tipo) nei 5 anni precedenti. E comunque la procedura incapienti si può usare solo una volta nella vita.

Procedura:

  • Il debitore presenta ricorso tramite OCC al giudice, con tutta la documentazione e una relazione OCC in cui si certifica la situazione di assoluta incapienza e le cause del sovraindebitamento.
  • Il giudice valuta la sussistenza dei requisiti (soprattutto, analizza se davvero non vi sia traccia di patrimonio né reddito utile).
  • Se ritiene, emette decreto di esdebitazione del debitore incapiente. Questo decreto è comunicato ai creditori, i quali hanno 30 giorni per fare opposizione se credono (magari per contestare la meritevolezza). Se c’è opposizione, il giudice fissa udienza e poi conferma o revoca il decreto. Se non c’è opposizione, il decreto diventa definitivo decorso il termine.
  • Effetto del decreto: cancella tutti i debiti antecedenti (salvo quelli esclusi ex lege, come alimenti, etc. – stessi limiti visti prima). Il debitore è immediatamente liberato. Nessun pagamento viene effettuato ai creditori, è un’esdebitazione “a costo zero” per il debitore e “a incasso zero” per i creditori.
  • Obblighi successivi: il debitore deve mantenere un comportamento corretto per 4 anni dopo il decreto. Nello specifico, c’è un meccanismo: se entro 4 anni egli dovesse “tornare a galla” economicamente e ricevere “utilità rilevanti” (soldi, beni) tali da poter pagare almeno il 10% dei vecchi debiti, allora dovrà informare il tribunale e pagare i creditori fino a quel limite del 10%. Questa è una clausola di salvaguardia per evitare che furbi si liberino dei debiti e poi ereditino ricchezze senza pagare nulla. Le soglie e il calcolo sono come detto: si valuta su base annua l’eccedenza di reddito oltre 1.5 volte l’assegno sociale per nucleo familiare, etc., e se complessivamente consente almeno 10% di rimborso, allora quel surplus va ai creditori fino a tale percentuale. Oltre i 4 anni, qualsiasi guadagno rimane al debitore libero da vincoli.
  • Per vigilare su ciò, l’OCC rimane in funzione: nei 4 anni post esdebitazione controlla che il debitore depositi annualmente una dichiarazione sulle sopravvenienze e può fare verifiche su richiesta del giudice.

In pratica, l’esdebitazione incapiente dà un fresh start immediato ma con condizionale di 4 anni. Se entro 4 anni non succede nulla di straordinario, i creditori non vedranno un centesimo e i debiti restano cancellati definitivamente. Se invece il debitore “vinca la lotteria” entro quel lasso, dovrà destinare il dovuto (comunque non oltre il 10% totale dei debiti, il resto rimane cancellato lo stesso).

Vantaggi: per il debitore, chiaramente, è una manna dal cielo: ottiene la cancellazione dei debiti senza pagare nulla. Si evita addirittura la fase liquidatoria (che sarebbe peraltro inutile e costosa se non ci sono beni). In passato tali persone restavano inseguite per anni dai creditori senza che questi recuperassero nulla e con grande stress per i debitori; ora si risolve la situazione in pochi mesi e il debitore può dedicarsi a ricostruire la propria vita e capacità produttiva senza il peso dei debiti. Anche la società ne beneficia perché reintegra nel circuito economico un soggetto che altrimenti sarebbe rimasto ai margini.

Svantaggi/limiti: dal lato creditori è evidentemente drastico (si vedono spazzare via i loro crediti senza recupero). Perciò i giudici tendono ad applicare un filtro di meritevolezza molto rigoroso. L’esdebitazione incapiente viene concessa solo a quelli che dottrina e giurisprudenza chiamano “debitore onestissimo ma sfortunatissimo”. Se c’è anche solo il sospetto che il debitore abbia nascosto qualcosa, la procedura va negata. Ad esempio, se emergesse che pochi mesi prima Tizio incapiente ha regalato un immobile al fratello, il giudice direbbe: prima facciamo una liquidazione revocando quell’atto, poi vediamo l’esdebitazione. Questa procedura è pensata per chi oggettivamente non ha nulla e mai avrebbe potuto offrire nulla. Ad esempio, un invalido civile pieno di debiti contratti per curarsi, senza proprietà né redditi salvo la pensioncina sociale, merita l’esdebitazione incapiente; un imprenditore che ha trasferito l’azienda alla moglie e dice di non avere reddito no.

Va anche detto che psicologicamente non tutti i debitori accettano l’idea di “non pagare nulla”. Alcuni, per dignità personale, preferiscono provare a restituire almeno in parte i debiti se ne hanno la possibilità. Ma quando proprio è impossibile, la legge offre questa ancora.

Esempio applicativo: Sempronio, 60enne ex mediatore, dopo il fallimento della sua società si ritrova con €300.000 di debiti personali (garanzie escusse, ecc.), nessun immobile, vive in affitto, è disoccupato (sopravvive grazie all’aiuto di parenti) e ha problemi di salute. Nessuna banca gli darebbe credito, né potrebbe affrontare un piano. Con l’aiuto OCC documenta tutto: zero beni, ISEE bassissimo, ecc. Il tribunale omologa l’esdebitazione incapiente. I creditori (banche e fisco perlopiù) non si oppongono perché i dati parlano chiaro: Sempronio è insolvente da anni e non possiede nulla. Dopo il decreto, Sempronio non è più perseguitabile. Poniamo che 2 anni dopo riceva dal comune un risarcimento di €10.000 per un vecchio esproprio: questa è una sopravvenienza. Sommiamo eventuali altre entrate e calcoliamo la soglia: se €10.000 superano il suo “surplus esistenziale” e rappresentano ad esempio il 5% dei debiti originari, è sotto il 10% minimo: Sempronio non deve nulla ai creditori (ma comunque lo segnala). Se invece ereditasse €50.000 (il ~17%), allora scatta l’obbligo: dovrà versare €30.000 ai creditori (ossia il 10% complessivo) entro l’anno, e potrà tenere il resto (ha ereditato 50k, ne dà 30k, gli restano 20k). In ogni caso, dopo 4 anni ogni obbligo cessa e i creditori non potrebbero comunque più pretendere altro.

Tabelle riepilogative delle procedure concorsuali da sovraindebitamento: per fissare le idee, proponiamo Tabella 2 che confronta le principali caratteristiche delle 4 procedure trattate:

Tabella 2 – Confronto tra procedure di sovraindebitamento (agg. 2025)

CaratteristicaPiano del consumatoreConcordato minoreLiquidazione controllataEsdebitazione incapiente
Soggetti ammessiSolo consumatore (debiti per scopi privati)Debitore non fallibile non consumatore (es. piccoli imprenditori, professionisti, socio illimitato)Debitore non fallibile (consumatore o no) insolvente con beni liquidabiliPersona fisica sovraindebitata senza beni né capacità di pagamento
IniziativaDel debitore (volontaria)Del debitore (volontaria)Di regola del debitore (possibile anche creditori/PM in casi limitati)Del debitore (volontaria, tramite OCC)
Struttura della propostaPiano di pagamento fattibile, senza voto creditori (decide giudice)Proposta di accordo con classi opzionali, soggetta a voto (≥50% crediti)Nessuna proposta: si mette a disposizione il patrimonio per liquidazione integraleNessuna proposta di pagamento: richiesta di esdebitazione immediata
Ruolo dei creditoriNessun voto. Possono fare osservazioni/opposizioni, ma decisione finale al giudiceVotano l’accordo (maggioranza semplice). Dissenzienti vincolati se omologaSi insinuano al passivo e partecipano al riparto; niente voto su modalità (procedura dettata dalla legge)Possono opporsi entro 30 giorni al decreto di esdebitazione (contestando requisiti)
Meritevolezza richiestaSì: assenza dolo/colpa grave/frode (art.69 CCII). Valutata da giudice in omologa.Sì (implicita): condotta pregressa rileva per ammissione e omologa (affidabilità debitore). Atti in frode vietati.Sì: per ottenere esdebitazione finale serve cooperazione e buona fede (no frodi).Sì, fortemente: requisito essenziale (no esdebitazione a chi ha frodato o colpa grave).
Effetti sui creditoriSospende e vieta azioni esecutive individuali dopo deposito ricorso (previa omologa). Creditori vincolati al piano omologato, anche se contrari.Idem: divieto azioni esecutive, con decorrenza dall’ammissione. Se omologato, accordo vincola tutti i creditori anteriori.Dalla data di apertura, scatta divieto azioni esecutive individuali (come fallimento). Creditori soddisfatti solo nel concorso.Dopo il decreto di esdebitazione, creditori non possono più agire per i crediti esdebitati (a meno di revoca esdebitazione).
Trattamento debiti privilegiati/ipotecariPossono essere dilazionati (fino 1 anno moratoria, derogabile se piano migliore) ma non falcidiati senza consenso. Interessi possono essere ridotti.Possono essere falcidiati (pagati parzialmente) se creditori accettano via voto, purché non meno che valore liquidazione del bene. IVA e ritenute falcidiabili per legge dal 2020.Privilegiati/ipotecari soddisfatti secondo grado sul ricavato dei beni. Se attivo insufficiente, parte eccedente diventa chirografaria e viene eventualmente esdebitata a fine procedura.Non si effettua alcun pagamento neanche a privilegiati. (I crediti privilegiati decadono, salvo ipoteca su terzi non toccati). Tuttavia, se entro 4 anni emergono utilità, i privilegiati hanno priorità sul riparto del 10%.
Durata tipicaRelativamente breve: 1-3 mesi per omologa; esecuzione secondo il piano (di solito 3-5 anni).Simile al piano per fase iniziale (qualche mese per omologa). Esecuzione secondo accordo (può essere 1-5 anni a seconda).Variabile: dipende da beni. In media 2-4 anni. Può chiudersi prima se pochi beni; più lunga se patrimoni complessi.Molto rapida: 1-2 mesi per ottenimento decreto (se doc. ok). Poi 4 anni di “osservazione” post-esdebitazione, ma senza pagamento salvo eventi straordinari.
EsdebitazioneAutomatica a fine esecuzione piano conforme (cancella residui non pagati). Revoca solo se dolo del debitore emerso dopo.Automatica a fine accordo eseguito (debiti residui cancellati). Se accordo risolto per inadempimento, niente esdebitazione.Occorre domanda del debitore a chiusura liquidazione. Giudice concede con decreto se condizioni rispettate. Debiti esclusi (alimenti, ecc.) restano. Se negata per condotte scorrette, debiti non cancellati.Esdebitazione concessa all’inizio, senza pagamenti. Debiti cancellati subito dal decreto (eccetto esclusi ex lege). Possibile revoca se emerse frodi o se debitore non versa sopravvenienze >10% entro 4 anni.
Costo per debitoreOltre eventuale avvocato, paga compenso OCC (di solito qualche migliaio €) e spese pubblicazione. Spesso dilazionato nel piano stesso.Simile al piano: compenso OCC (leggermente più alto se molte classi/creditori) + eventuali spese di adunanza.Compenso liquidatore (OCC) spesso più elevato, ma prelevato dall’attivo liquidato. Se attivo insufficiente, è prevista soddisfazione parziale. Dal 2025, possibili aiuti dal Fondo Incapienti per coprire queste spese.Molto basso: compenso OCC ridotto della metà per legge vista la natura gratuita (spesso poche centinaia di €). Dal 2025 il Fondo statale può coprire queste spese per il debitore.

Come si evince dalla tabella, ogni strumento ha una sua “nicchia” di applicazione. Per il nostro ex mediatore creditizio, occorre individuare quello più adatto alle sue condizioni:

  • Se ha ancora un reddito e vuole salvare magari la casa, e i suoi debiti sono in buona parte personali, punterà su un piano del consumatore.
  • Se invece i debiti sono maggiormente legati all’attività e serve coinvolgere il fisco e altri creditori in un accordo, il concordato minore è la via.
  • Se non è in grado di offrire granché ma possiede qualche bene che comunque i creditori pignorerebbero, tanto vale optare per la liquidazione controllata e poi esdebitazione.
  • Se infine è completamente privo di risorse, la strada dell’esdebitazione incapiente può dargli sollievo immediato.

Esempi pratici e simulazioni

Di seguito proponiamo due brevi case study per illustrare come le procedure descritte possano essere applicate nella pratica ad un ex mediatore creditizio sovraindebitato.

Esempio 1 – Piano del consumatore per salvare l’abitazione: Mario ha 45 anni, ex mediatore creditizio. Dopo la chiusura della sua attività, è rimasto con €200.000 di debiti: €120.000 di mutuo residuo sulla casa di abitazione (rate scadute da 6 mesi), €30.000 tra prestiti personali e carte di credito, €50.000 di cartelle esattoriali (IVA e IRPEF non pagate). La casa vale circa €150.000, è gravata da ipoteca a favore della banca. Mario ora ha trovato un lavoro dipendente con stipendio netto di €1.600 al mese. Non ha altri beni di rilievo (auto modesta). In questa situazione:

  • Mario potrebbe tentare un piano del consumatore con questi punti: riprendere a pagare le rate del mutuo (€600/mese) regolarmente, eventualmente spostando in coda le rate arretrate (o prevedendo di pagarle entro i primi 2 anni in aggiunta); offrire ai creditori chirografari (banche su prestiti e Agenzia Entrate) una percentuale ridotta, ad esempio il 20% dei loro crediti, da pagare in 5 anni mediante rate mensili di €133 (che fanno ~€8.000 l’anno, ossia €40.000 in 5 anni). Ciò porta il suo impegno mensile totale a circa €733 (600 mutuo + 133 piano), sostenibile con lo stipendio di 1.600 (rimangono €867 per vivere, compatibile con un nucleo magari di 2 persone). Il piano durerebbe 5 anni. Alla fine, Mario avrebbe pagato integralmente la banca (salvando la casa) e dato €40.000 su €80.000 dovuti tra finanziarie e fisco. La casa fungerebbe da “garanzia implicita”: i creditori chirografari sanno che, se il piano fallisce, la casa verrebbe pignorata e loro comunque non avrebbero rimborso perché tutto andrebbe alla banca ipotecaria. Invece col piano incassano qualcosa. L’OCC attesta che i creditori chirografari ricevono col piano più di quanto otterrebbero dalla liquidazione (cioè zero). La Cassazione ha peraltro chiarito che il giudice può omologare anche se il Fisco non è d’accordo, purché siano rispettati i criteri di convenienza. Mario ha mantenuto onestà (non ha nascosto nulla) e la causa dei debiti è la crisi dell’attività, non certo dolo. Il Tribunale può omologare il piano, nonostante magari l’Agenzia delle Entrate sia contraria a prendere solo 20%. La banca ipotecaria, essendo pagata per intero (anche se con lieve ritardo sulle rate arretrate), non ha motivo di opporsi. Il piano parte: Mario paga regolarmente per 5 anni. Al termine, i debiti verso finanziarie e Fisco sono stralciati per la parte restante (80%). Mario mantiene la sua casa e prosegue a pagare il mutuo fino a scadenza originaria, ma senza altri debiti pendenti. – Nota: Durante l’esecuzione del piano, Mario dovrà rigare dritto: se salta una rata del piano, i creditori possono chiedere la revoca e allora tornerebbe tutto in gioco (banca all’asta ecc.). Ma avendo un lavoro stabile, con un occhio di riguardo è fattibile. Questo esempio mostra come il piano del consumatore realizzi un equilibrio: il debitore conserva il bene primario (la casa) e soddisfa i creditori per quanto gli è possibile senza cadere sotto la soglia di sopravvivenza.

Esempio 2 – Liquidazione controllata ed esdebitazione di ex socio: Luigi era socio al 50% di una società di mediazione creditizia, fallita nel 2022. Come spesso accade, ha firmato fideiussioni a garanzia dei fidi bancari della società. Post-fallimento, la banca gli chiede €100.000 (il residuo del fido non coperto dall’attivo fallimentare). Inoltre, Luigi ha €20.000 di debiti personali (carte di credito) insoluti e €10.000 di bollette non pagate. Luigi non è sposato né ha figli, abita in affitto, possiede un’auto modesta (valore €4.000) e pochi risparmi (€3.000). Ha 38 anni e da un anno ha un nuovo lavoro da dipendente con stipendio €1.300/mese. In totale i suoi debiti personali sono €130.000. Egli potrebbe teoricamente proporre un accordo, ma non ha margini: il suo stipendio a malapena gli consente di vivere (1.300 – affitto – spese base gli lascia forse 200 € mensili disponibili). Con 200 €/mese pagherebbe €12.000 in 5 anni, troppo poco (solo ~9% dei debiti). Nessun creditore voterebbe un concordato per <10%. E come consumatore non può accedere perché il grosso (fideiussione) è legato all’impresa. La scelta sensata è la liquidazione controllata:

  • Luigi si rivolge all’OCC e avvia la procedura. Dichiara tutti i suoi debiti e il suo (esiguo) attivo: l’auto (€4.000) e i risparmi (€3.000). Il giudice apre la liquidazione. Il liquidatore vende l’auto (ricavando magari €3.500 netti) e preleva i €3.000 dal conto. Totale attivo €6.500. Luigi continua a lavorare: il liquidatore notifica al datore un pignoramento del quinto dello stipendio, quindi €260/mese vengono dirottati alla procedura. In 3 anni di liquidazione questo produce altri ~€9.360. Dunque, complessivamente i creditori ottengono circa €15.860 da dividere: prima la banca (che aveva ipoteca di secondo grado su nulla, ma privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c. sul fido? supponiamo chirografa), quindi pro-quota tutti. Diciamo che la banca recupera €10.000, gli altri in proporzione briciole.
  • Trascorsi 3 anni, Luigi chiede l’esdebitazione. Ha cooperato pienamente (ha consegnato auto e soldi, e accettato il prelievo stipendio). Non ha commesso atti in frode. Il tribunale concede l’esdebitazione (nessun creditore si oppone, anche perché la banca ha visto che Luigi ha fatto tutto il possibile). A questo punto, Luigi è liberato dal residuo debito (~€114.000 non pagati). La procedura si chiude.
  • Luigi continua col suo lavoro: avendo l’esdebitazione, dal mese successivo il pignoramento dello stipendio cessa (in realtà, se la liquidazione durasse 3 anni, il pignoramento sarebbe cessato comunque a chiusura, ma c’è norma per esdebitazione anticipata anche con procedura aperta).
  • Ora Luigi può finalmente risparmiare quel quinto di salario per magari ricostituirsi un piccolo capitale, o chiedere un finanziamento per ripartire (per qualche anno sarà difficile dati i record negativi, ma legalmente nulla gli vieta di provarci). Importante: se entro i 4 anni successivi Luigi vincesse una lotteria, dovrebbe destinare eventuali eccedenze ai creditori esdebitati fino a concorrenza 10%. Ma dopo 4 anni dall’esdebitazione, i creditori non potrebbero più reclamare nulla di quelle vecchie obbligazioni.
  • In questa storia, la banca ha perso €90k, i fornitori quasi tutto, etc. Ma se Luigi non avesse fatto la procedura, la banca avrebbe pignorato il quinto stipendio per probabilmente 20+ anni (1300/5=260, anno 3.120; in 20 anni 62.400) senza comunque recuperare l’intero e tenendo Luigi “in ostaggio” finanziario a vita. Ora invece il sistema incassa quel poco in tempi rapidi, e Luigi può tornare economicamente attivo. L’alternativa – un concordato minore – non era praticabile perché con 9% di offerta difficilmente un giudice l’avrebbe omologato contro il no della banca; e un piano del consumatore non era accessibile perché la gran parte del debito era legato all’impresa (fideiussione non “personale”). Dunque la liquidazione+esdebitazione era la via maestra.

Come si vede dagli esempi, ogni situazione richiede un’analisi accurata. Spesso i debitori sovraindebitati, specie se non seguiti da professionisti, non conoscono queste opportunità e tentennano, vivendo magari per anni nell’ansia, subendo pignoramenti qua e là, oppure illudendosi di risolvere con improbabili prestiti (che puntualmente peggiorano il problema). Rivolgersi tempestivamente a un Organismo di Composizione della Crisi o a un avvocato esperto può fare la differenza tra rimanere strangolati dai debiti o uscirne dignitosamente.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito rispondiamo in forma sintetica ad alcune domande comuni che un ex mediatore creditizio indebitato (o qualsiasi debitore in crisi) potrebbe porsi, completando così la panoramica con gli ultimi dettagli e accorgimenti.

D: Posso accedere a una procedura di sovraindebitamento anche se parte dei miei debiti derivano dalla mia attività professionale?
R: Sì. Le procedure di sovraindebitamento non sono più riservate ai soli consumatori: il concordato minore e la liquidazione controllata sono aperti a tutti i debitori “non fallibili”, inclusi quelli con debiti d’impresa o professionali (ad es. debiti verso fornitori, banche per fidi aziendali, debiti fiscali IVA, ecc.). La distinzione rileva solo per il piano del consumatore, che è appannaggio dei debiti personali. In pratica, se sei un ex mediatore che aveva una società poi cessata, tu personalmente puoi usare il concordato minore o la liquidazione controllata per gestire i debiti residuali legati a quell’attività. Potrai includere anche eventuali debiti personali. L’importante è che tu, come persona fisica, non sia soggetto a fallimento (in genere non lo sei, perché la società aveva personalità giuridica). Se invece eri mediatore in forma individuale (ipotesi rara oggi) e avevi superato le soglie di fallibilità, allora saresti soggetto a liquidazione giudiziale e non alle procedure “minori”. Ma nella maggior parte dei casi l’ex mediatore rientra nelle tutele del sovraindebitamento.

D: Ho compiuto in passato atti per cercare di salvare qualcosa (es. ho venduto un bene a un amico per evitare pignoramento). Questo mi impedisce di accedere alle procedure?
R: Dipende. Se l’atto è recente e in frode ai creditori (ad es. una vendita simulata o a prezzo irrisorio a un familiare), sarà un problema: il giudice potrebbe dichiarare inammissibile il piano/accordo, o negare l’esdebitazione. Tuttavia, non tutto è perduto: si può comunque avviare una liquidazione controllata, dove il liquidatore potrà agire per revocare quell’atto (riportando il bene in massa attiva). Se collabori in ciò, potrai ottenere l’esdebitazione a fine procedura. In generale, le procedure premiano la trasparenza: è meglio che tu riferisca all’OCC e al giudice di eventuali atti del genere, piuttosto che farli scoprire. Ad esempio, se 4 anni fa hai donato un immobile, segnalalo subito: nel concordato minore ciò potrebbe essere visto male (i creditori direbbero che hai sottratto garanzie) e forse converrà la via della liquidazione dove quell’immobile donato verrà considerato ai fini del calcolo di convenienza e potenzialmente revocato. Se gli atti sono più risalenti o di poco conto, potrebbero non incidere. In sintesi: alcuni atti pregiudizievoli non bloccano l’accesso ma dovranno essere gestiti all’interno della procedura, spesso tramite revocatoria e con riflessi sulla meritevolezza.

D: Se aderisco a una procedura, possono comunque pignorarmi la casa o lo stipendio?
R: Una volta presentata la domanda e ottenuti i provvedimenti protettivi dal giudice, no, i creditori non possono proseguire né iniziare esecuzioni individuali. Ad esempio, se avevi un pignoramento dello stipendio in corso, con l’ammissione al piano o l’apertura della liquidazione quel pignoramento viene sospeso e poi cessato. Nel concordato minore e nel piano, il giudice tipicamente emette un decreto di sospensione delle esecuzioni in corso appena ammette la procedura. Nella liquidazione, il decreto di apertura automaticamente ferma le esecuzioni. I beni già pignorati confluiscono nella procedura concorsuale (salvo il caso del mutuo fondiario già menzionato). Quindi la procedura offre una protezione simile all’automatic stay del fallimento: fine dell’assedio dei singoli creditori. Attenzione però: se la procedura poi fallisce (es. piano revocato), i creditori riacquistano i loro diritti e possono riprendere i pignoramenti dal punto in cui erano rimasti.

D: Rischio sanzioni penali nel fare una procedura di sovraindebitamento?
R: Avviare e partecipare onestamente a queste procedure non è reato, ovviamente. Anzi, è il comportamento consigliato. Ci sono però ipotesi in cui scatta il penale: principalmente se fornisci documentazione o attestazioni false al fine di ingannare i creditori e il giudice. Ad esempio, falsificare l’elenco dei creditori omettendone volutamente qualcuno per favorirlo, oppure gonfiare i passivi o nascondere attivi, può integrare reati (falsità, tentata truffa ai creditori, ecc.). La legge equipara alcuni comportamenti nella procedura di sovraindebitamento a quelli di bancarotta fraudolenta se sei imprenditore. Quindi non barare. Inoltre, se hai commesso reati causativi del debito (es. frode fiscale, usura, ecc.), la procedura concorsuale non ti protegge dalle relative conseguenze penali. In sintesi: la buona fede è imprescindibile. Segnaliamo anche che, dopo omologa, il debitore che non rispetta il piano potrebbe incorrere in reati se ha dissipato beni che doveva destinare ai creditori, ma sono casi limite. Per la stragrande maggioranza, non c’è alcun nuovo rischio penale nel cercare sollievo tramite la legge; al contrario, proseguire con espedienti (assegni scoperti, frodi ai creditori) esporrebbe a conseguenze penali ben peggiori.

D: Che trattamento hanno i debiti verso l’erario e l’INPS nella procedura? Posso davvero pagarne solo una parte?
R: Sì, è possibile includere i debiti fiscali e contributivi nei piani/accordi e spesso proporne un pagamento parziale (“falcidia”). La legge attuale consente di stralciare anche l’IVA e le ritenute (cosa che un tempo era vietata) all’interno di concordati minori e piani del consumatore. Occorre però rispettare la regola del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione: in pratica, devi offrire al Fisco almeno quanto ricaverebbe pignorando i tuoi beni (spesso zero, se non hai patrimonio). Se c’è un bene ipotecato da Agenzia Entrate (es. seconda casa), devi destinare a loro almeno il valore di realizzo di quel bene. Se la proposta rispetta queste condizioni, il giudice può omologare anche senza il voto favorevole dell’Erario (nel piano del consumatore non vota affatto; nel concordato minore vota e potrebbe dire no, ma il giudice può imporgli l’accordo se comunque la proposta è equa). In liquidazione, invece, il Fisco partecipa al riparto come gli altri: se non c’è attivo, non prende nulla, e con l’esdebitazione il debito fiscale residuo viene cancellato (salvo multe pure). Eccezioni: non si possono falcidiare le componenti di debito per sanzioni penali o amministrative autonome (multe): quelle devi pagarle se vuoi liberartene, oppure resteranno. E come detto, i debiti per mantenimento o risarcimenti illeciti restano fuori: se hai debiti per alimenti arretrati o per una condanna civile, non si toccano (dovrai pagarli a parte, anche dopo la procedura). Ma tasse e contributi rientrano pienamente nell’esdebitazione secondo la giurisprudenza prevalente. Dunque, sì: è possibile che alla fine tu ti liberi anche dei debiti con Agenzia Entrate e INPS, a patto di aver seguito le regole della procedura.

D: Quanto costa, in termini di spese e compensi, avviare una procedura? Se non ho soldi per pagare un professionista, come faccio?
R: Le procedure hanno dei costi, ma accessibili e spesso dilazionabili. Devi considerare:

  • Un compenso per l’OCC/gestore. Ogni OCC ha un tariffario basato sul DM 202/2014. Ad esempio, per un piano con debiti sui €200k, il compenso può aggirarsi su poche migliaia di euro (2-4k). Spesso il giudice ne fa pagare una parte durante la procedura e il resto a successo (o in prededuzione per liquidazione). Se non hai liquidità iniziale, puoi chiedere di pagare l’OCC con le prime risorse ricavate (es. acconti nel piano, o dalla vendita di un bene in liquidazione). Novità: dal 2025 lo Stato ha istituito un Fondo di solidarietà che potrà coprire le spese dell’OCC e di giustizia per i debitori incapienti. Cioè, se tu sei nullatenente e fai una procedura, questo Fondo (500k euro annui a livello nazionale) potrà pagare il gestore al tuo posto. Ci saranno decreti attuativi, ma è indice che il costo non deve più essere un deterrente.
  • L’avvocato: non è obbligatorio avere un avvocato se ti affidi all’OCC, ma è consigliabile (specie per concordati). Molti OCC includono professionisti legali, comunque i costi legali possono variare. Anche qui, potresti trovare avvocati disposti ad essere pagati in prededuzione (cioè trattati come spese di procedura) o a rate. Ci sono anche associazioni antiusura o di consumatori che offrono assistenza a costi ridotti per queste procedure.
  • Spese vive: marche da bollo, contributo unificato. Fortunatamente, per le procedure di sovraindebitamento non è richiesto il pagamento del contributo unificato, sono esenti. Ci sarà giusto qualche decina di euro di diritti di notifica, ecc.
  • Il compenso del liquidatore (che spesso è l’OCC stesso) viene preso dalle somme incassate in liquidazione. Se non ci sono attivi, c’è un minimo a carico dello Stato (patrocinio). Nella esdebitazione incapiente, il compenso OCC è dimezzato per legge e spesso simbolico.

In sintesi, non farai la procedura a costo zero, ma i costi sono proporzionati. Inoltre, paragonali a quanto stai pagando in interessi di mora, spese legali dei creditori, ecc.: spesso questi superano di molto il costo di una soluzione definitiva. Molti debitori esitano temendo di non potersi permettere il gestore, ma grazie ai meccanismi di prededuzione e al nuovo Fondo statale, c’è sempre più sostegno. L’importante è informarsi presso un OCC: il primo incontro è di solito gratuito, ti daranno un’idea di fattibilità e costi.

D: Cosa succede se, dopo aver ottenuto l’esdebitazione, la mia situazione economica migliora improvvisamente?
R: Dipende da quale procedura provenivi:

  • Se hai avuto un’esdebitazione ordinaria (post liquidazione controllata), entro 4 anni dal decreto vale la regola delle sopravvenienze di rilievo: se entrano soldi tali da poter pagare almeno 10% dei vecchi debiti, devi avvisare il giudice e versare quel che devi ai creditori fino a concorrenza di quel 10%. Passati i 4 anni, qualunque migliorìa è tua al 100%.
  • Se eri in un piano o concordato e hai chiuso con esdebitazione: lì formalmente non c’è monitoraggio dopo, perché si presume che se ti miglioravi prima avresti aumentato i pagamenti. Quindi, dopo l’omologa e l’adempimento del piano, i creditori non possono più chiederti nulla anche se poi diventi milionario (hai transatto quei debiti).
  • Se hai ottenuto l’esdebitazione incapiente (a zero): vale la stessa regola dei 4 anni di “condizionale”. Ad esempio, prendi esdebitazione incapiente oggi; se entro 4 anni vinci 100k euro e avevi 50k di debiti, devi pagarne 5k (10%) ai vecchi creditori e tieni il resto. Se vinci 10k (sotto il 10% del debito), forse non scatta nemmeno l’obbligo (sotto soglia irrilevante). Dopo 4 anni, fine di ogni vincolo.
  • Nota: l’obbligo di comunicare è a carico tuo e c’è la vigilanza OCC. Se nascondi sopravvenienze e vieni scoperto, rischi la revoca dell’esdebitazione (e pure sanzioni per violazione di legge). Quindi, onestà anche dopo! Ma una volta decorso il termine legale, ciò che guadagni è tuo e i creditori passati non hanno più alcun diritto.

D: Dopo la procedura, potrò tornare a svolgere attività imprenditoriale o la professione di mediatore creditizio?
R: Sì, in linea generale . Le procedure da sovraindebitamento non impongono incapacità personali durature. Non c’è un equivalente dell’interdizione dei falliti. Quindi, una volta ottenuta l’esdebitazione, sei civilmente riabilitato. Nel caso specifico della professione di mediatore creditizio, dovrai però riottenere l’iscrizione OAM: questa richiede i requisiti di onorabilità. Tra questi requisiti c’è l’assenza di procedura concorsuale a proprio carico in qualità di imprenditore fallito non riabilitato. Nel tuo caso, non sei stato “dichiarato fallito” (la liquidazione controllata non è fallimento, e comunque si conclude con esdebitazione che funge da riabilitazione). Formalmente, nulla ti vieta di ritentare l’iscrizione. Tuttavia, l’OAM potrebbe valutare caso per caso: ad esempio, se i tuoi debiti derivavano da frodi ai clienti o sanzioni, avresti problemi; ma se sei semplicemente incappato in una crisi, pagato il dovuto secondo legge e ottenuto l’esdebitazione, dovresti poter tornare previa verifica. Certo, il sistema bancario potrebbe considerare a livello reputazionale il tuo passato (anche se esdebitato, nei SIC la segnalazione “insolvenza risolta” resta qualche anno). Ma legalmente, l’esdebitazione ti restituisce la piena capacità di agire in affari. Molti ex falliti, ad esempio, dopo la riabilitazione hanno avviato nuove imprese. L’importante è aver imparato dagli errori e costruirsi un nuovo track record positivo. Nel tuo caso, potresti valutare inizialmente di operare come collaboratore di un mediatore già iscritto (meno requisiti), poi col tempo chiedere nuova iscrizione come mediatore. Non esistono preclusioni a vita: l’Italia, con queste norme, sposa l’idea della seconda opportunità per il debitore onesto.

D: Se la procedura viene aperta, finirò su registri pubblici o verrà divulgato il mio stato di insolvenza?
R: Le procedure di sovraindebitamento hanno un livello di pubblicità limitato. L’iscrizione nel registro imprese avviene solo se eri imprenditore. Nel tuo caso, come persona fisica, la procedura viene annotata in un registro tenuto presso il tribunale (registro delle procedure concorsuali minori) e comunicata ai creditori. Non c’è tuttavia una norma di pubblicità sui giornali (come accade per i fallimenti). Il Portale delle crisi d’impresa (una piattaforma telematica ministeriale) conterrà i provvedimenti, accessibili agli addetti ai lavori. Certo, i creditori coinvolti lo sapranno, e se l’esdebitazione viene concessa ci sarà un decreto pubblico (ma non è che venga affisso in piazza). Quindi, il tuo vicino di casa probabilmente non verrà mai a saperlo a meno che tu glielo dica o che lui spulci gli archivi del tribunale. Le centrali rischi private (CRIF etc.) registreranno l’andamento: se c’era un’insolvenza segnalata, dopo la procedura verrà aggiornata come “chiusa per procedura di composizione” e dopo qualche anno cancellata. In generale, la legge tutela la privacy del debitore sovraindebitato molto più di quella del fallito tradizionale. Dunque non temere uno stigma sociale generalizzato: semmai, potresti dover spiegare la cosa in futuro se chiedi nuovo credito (perché la banca vedrà che sei passato per un’insolvenza, anche se risolta). Ma potrai mostrare il decreto di esdebitazione come prova di avvenuto reset.

D: Ci sono limiti sull’entità o natura dei debiti per poter accedere?
R: Non vi sono soglie minime o massime di debito fissate per legge (a differenza del fallimento che aveva soglie qualitative per l’attivo, i ricavi, ecc.). Puoi avere qualunque importo di debiti. In Italia sono stati omologati piani per poche migliaia di euro e liquidazioni per milioni. Ovviamente, importi molto grandi attirano più l’attenzione (ad es. un consumatore con 5 milioni di debiti sarà scrutinato sul come li abbia fatti). Ma non c’è un tetto: se sei meritevole e segui il percorso, anche debiti elevatissimi possono essere cancellati. Ad esempio, nel 2021 fece notizia un’esdebitazione accordata a un consumatore con 500.000 € di debiti di gioco: fu ritenuto meritevole perché ludopatico e i creditori erano finanziarie imprudenti. Quindi, più che l’ammontare conta la storia. Quanto alla natura: abbiamo già detto dei debiti esclusi dall’esdebitazione (mantenimento, risarcimenti da illecito e sanzioni pecuniarie autonome). Puoi comunque includerli nella procedura per gestirli, ma a fine procedura resteranno ancora da pagare (per es., se hai 5.000 € di multe stradali, durante il piano potresti dilazionarle, ma se le stralci il residuo non è perdonato: dovrai pagarle lo stesso). Tieni presente però che questi debiti “non esdebitabili” sono pochi casi: tutti gli altri (finanziamenti, fornitori, banche, fisco, bollette, canoni, danni contrattuali, ecc.) sono liberamente trattabili.

D: Se la procedura viene dichiarata inammissibile o il piano non omologato, rimango bloccato?
R: No, puoi riprovare. La Cassazione ha chiarito che un provvedimento di inammissibilità di un piano non chiude definitivamente la porta. Se il giudice ti dichiara inammissibile la proposta (magari per un vizio formale o perché ritiene la percentuale offerta troppo bassa), quel decreto non è decisorio nel merito, quindi non è “giudicato”. Tu puoi presentare una nuova proposta migliorata. Anzi, la legge nuova incoraggia questo, prevedendo che contro l’inammissibilità non si va in Cassazione ma si può fare reclamo interno o direttamente ripresentare un piano corretto. Quindi, non scoraggiarti al primo tentativo fallito: correggi gli errori evidenziati dal giudice e riproponi. Se invece la procedura arriva a esame di merito e viene rigettata (ad es. il giudice nega l’omologa perché ti giudica non meritevole), allora sì, quella è una decisione di merito che preclude riprovarci subito con la stessa formula. Potresti però appellarti (reclamo) per cercare di far cambiare idea al giudice superiore. In ogni caso, hai sempre la liquidazione controllata come rete di salvataggio: se un piano o accordo non passa, puoi chiedere di aprire la liquidazione controllata e andare verso l’esdebitazione via liquidazione. Il sistema è pensato per dare comunque uno sbocco: o ti accordi, o liquidi, ma non rimani in eterno senza via d’uscita.


Conclusione: Dal punto di vista del debitore, e in particolare di un ex mediatore creditizio che conosce il valore del credito ma si trova dall’altra parte della barricata, affrontare in modo proattivo la crisi debitoria è fondamentale. Le soluzioni giuridiche esistono e sono state rafforzate e affinate fino al 2025 per offrire davvero una seconda chance a chi ha agito senza malafede. Questa guida ha fornito gli strumenti conoscitivi: il passo successivo è rivolgersi agli enti competenti (OCC, professionisti legali) per personalizzare la strategia. Uscire dai debiti è possibile anche nelle situazioni più compromesse – come recita una massima anglosassone richiamata spesso nei tribunali fallimentari: “Hope is not a strategy” (la speranza non è una strategia). Non aspettare il miracolo, ma utilizza le leggi a tuo favore per ritrovare l’equilibrio finanziario e ripartire su basi solide e sostenibili.

Fonti e riferimenti normativi

  • Codice Civile, art. 2740 (principio di responsabilità patrimoniale), art. 2901 (azione revocatoria ordinaria), art. 170 (fondo patrimoniale e debiti estranei ai bisogni).
  • Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993) – art. 120-quinquiesdecies (mutuo fondiario e privilegio esecutivo); Titolo VI-bis (Agenti e mediatori creditizi, introdotto da D.Lgs. 141/2010).
  • D.Lgs. 141/2010 e s.m.i. – Riforma mediazione creditizia: requisiti di onorabilità per mediatori (artt. 14-15).
  • Legge 3/2012 (vecchia legge sovraindebitamento) – abrogata dal CCII ma rilevante per evoluzione storica (concetti di meritevolezza, ecc.).
  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – Particolarmente rilevanti: art. 2 (definizioni, tra cui “consumatore” e “sovraindebitato”); art. 65-73 (Disposizioni generali sovraindebitamento); art. 67-73 (Ristrutturazione debiti consumatore); art. 74-83 (Concordato minore); art. 268-277 (Liquidazione controllata); art. 278-283 (Esdebitazione del sovraindebitato, ordinaria e incapiente). Le modifiche introdotte dai correttivi: D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 169/2022 e D.Lgs. 136/2024, in particolare su art. 69 CCII (meritevolezza consumatore) e art. 283 CCII (incapiente: rubrica e commi riformulati).
  • Legge 176/2020 (conversione D.L. 137/2020 “Ristori”) – ha anticipato l’esdebitazione incapienti introducendo art. 14-quaterdecies nella L.3/2012.
  • Legge 197/2022 (Bilancio 2023) – ha introdotto rottamazione-quater e stralcio automatizzato dei mini-debiti.
  • Legge 207/2024 (Bilancio 2025) – art. 1 co.893 ha istituito il Fondo per l’esdebitazione degli incapienti (dotazione €500k dal 2025).
  • Corte di Giustizia UE, sentenza 8 maggio 2024 (causa C-20/23) – ha chiarito compatibilità dell’esclusione di debiti fiscali dall’esdebitazione con la direttiva insolvenza (confermando la facoltà degli Stati, esercitata dall’Italia solo per alcune categorie come sopra).
  • Cass., Sez. I, 27 luglio 2023 n. 22890 – ha sancito il cambio di paradigma sulla meritevolezza del consumatore, eliminando i vecchi criteri di “sproporzione nel ricorso al credito” e centrando la valutazione su dolo, colpa grave o frode.
  • Cass., Sez. I, 14 febbraio 2023 n. 4613 – sul confronto con alternativa liquidatoria nei piani/accordi: vanno considerati anche beni distratti (es. donati) che i creditori potrebbero recuperare, ai fini di valutare la convenienza. Caso di donazione in frode, piano respinto per violazione alternativa liquidatoria.
  • Cass., Sez. I, 27 marzo 2023 n. 9090 (richiamata da dottrina) – ha applicato in via retroattiva i criteri più favorevoli di meritevolezza introdotti nel 2020, a procedure pendenti (tutela del debitore).
  • Cass., Sez. I, 27 nov. 2024 n. 30542 e n. 30529 – hanno chiarito che l’inammissibilità di una proposta non è decisione sul merito: il debitore può ripresentare una nuova proposta corretta, e non è ammesso ricorso straordinario per Cassazione avverso tale provvedimento interlocutorio. Solo provvedimenti decisori (es. diniego omologa su reclamo) sono impugnabili in Cassazione.
  • Cass., Sez. I, 27 nov. 2024 n. 30538 – ha evidenziato che, pur senza una norma espressa sulla meritevolezza nell’accordo (concordato minore), il giudice deve valutare l’affidabilità del debitore e la sua condotta pregressa ai fini dell’ammissione e omologa. Riconosce inoltre che il voto sul credito fiscale spetta all’ente titolare (Agenzia Entrate) e non all’agente della riscossione.
  • Cass., Sez. I, 21 luglio 2022 n. 22609 – sul trattamento del credito fondiario nella liquidazione da sovraindebitamento: ha avallato la tesi che l’art. 41 TUB (proseguimento esecuzione) si applichi anche alla liquidazione ex L.3/2012 (orientamento poi confermato da Cass. 22914/2024).
  • Cass., Sez. I, 5 dicembre 2020 n. 27709 (Sez. Unite) – affermò principi sul carattere non decisorio dei decreti di omologa (oggi superati in parte dalla riforma) ma ribadì che contro provvedimenti decisori su reclamo è ammesso ricorso ex art.111 Cost..
  • Tribunale di Pistoia, decreto 15 marzo 2023 – primo caso di omologa di concordato minore senza il voto favorevole della maggioranza, applicando art. 80 CCII (cram-down giudiziale): omologato nonostante contrario il principale creditore, in virtù del miglior soddisfacimento assicurato rispetto alla liquidazione.

Ex Mediatore Creditizio con Debiti: Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai cessato l’attività come mediatore creditizio ma ti ritrovi con debiti fiscali, contributivi o bancari ancora aperti? Ricevi cartelle esattoriali, richieste di pagamento o atti giudiziari legati alla tua vecchia attività?

Molti ex mediatori creditizi si trovano a dover affrontare responsabilità personali anche dopo la chiusura della partita IVA o della società, spesso per contributi non versati, sanzioni o fideiussioni rilasciate. Ma puoi difenderti e ristrutturare la tua posizione debitoria.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza la tua situazione debitoria, la documentazione fiscale e previdenziale
  • 📌 Verifica se i debiti sono prescritti, illegittimi, impugnabili o legati a responsabilità non più attuali
  • ✍️ Redige ricorsi contro cartelle, pignoramenti o iscrizioni a ruolo
  • ⚖️ Ti rappresenta nei procedimenti con l’Agenzia delle Entrate, INPS o banche
  • 🔁 Ti assiste anche nell’accesso a procedure di sovraindebitamento per ottenere una liberazione legale dai debiti residui

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario, bancario e riscossione
  • ✔️ Specializzato nella tutela di ex imprenditori, liberi professionisti e mediatori creditizi con carichi debitori
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia

Conclusione

Essere un ex mediatore creditizio con debiti non significa doverli subire per sempre. Con una strategia legale mirata puoi difenderti, ridurre i carichi e tornare a una vita libera da pressioni economiche.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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