Sei un cittadino straniero in Italia con debiti fiscali o cartelle esattoriali?
Hai ricevuto richieste di pagamento dall’Agenzia delle Entrate, avvisi di accertamento, notifiche di riscossione o minacce di pignoramento, ma non sai come muoverti? In questi casi è fondamentale capire quali sono i tuoi diritti, come puoi difenderti e quali strumenti legali puoi utilizzare per risolvere la situazione.
Quando uno straniero residente in Italia può trovarsi con debiti fiscali?
– Quando hai avviato un’attività o aperto una partita IVA senza una corretta gestione fiscale
– Quando hai ricevuto contributi pubblici, bonus o crediti d’imposta senza rispettare tutti i requisiti
– Quando hai lavorato in proprio o in nero e non hai presentato dichiarazioni fiscali obbligatorie
– Quando sei stato iscritto d’ufficio a gestioni INPS (artigiani, commercianti, gestione separata) e non hai versato i contributi
– Quando hai ricevuto notifiche al vecchio indirizzo o nella tua lingua madre, senza capirne il contenuto
Cosa può arrivarti come cittadino straniero con debiti in Italia?
– Cartelle esattoriali per tasse, IVA, multe, INPS, IMU o altre imposte non pagate
– Avvisi di accertamento per redditi non dichiarati o errori fiscali
– Comunicazioni di decadenza da rateizzazioni o richieste di documenti
– Atti di pignoramento su conto corrente, stipendio, auto o casa
– Notifiche che, se ignorate, possono diventare definitive senza possibilità di difesa
Cosa puoi fare se sei uno straniero in Italia con problemi fiscali?
– Verifica con un professionista quali atti hai ricevuto, se sono validi e se ti sono stati notificati correttamente
– Controlla se i debiti sono ancora contestabili o ormai prescritti
– Se l’importo è troppo alto, puoi chiedere la rateizzazione, un saldo e stralcio o accedere a una rottamazione
– Se sei in grave difficoltà economica, valuta con un avvocato l’accesso alla procedura di sovraindebitamento, anche se sei extracomunitario
– Se hai ricevuto atti in lingua italiana che non hai compreso, puoi chiedere la loro nullità per mancanza di comprensione effettiva
– Se i debiti non sono tuoi, ma ti sono stati intestati per errore, puoi contestare formalmente la posizione
Cosa puoi ottenere con la giusta strategia legale?
– L’annullamento di cartelle e avvisi non validi, se ci sono errori formali o violazioni dei tuoi diritti
– La sospensione immediata di pignoramenti, fermi o ipoteche
– La riduzione del debito complessivo, se accedi a uno strumento agevolativo previsto dalla legge italiana
– La possibilità di tutelare i tuoi beni, il tuo stipendio e la tua residenza, evitando danni irreparabili
– Il ripristino della tua posizione fiscale regolare, utile anche per permessi di soggiorno, richieste di cittadinanza o accesso a bonus
Attenzione: essere stranieri non significa avere meno diritti. Anzi, molte cartelle e accertamenti vengono notificati senza rispettare le regole previste per i cittadini stranieri residenti. Con l’aiuto di un avvocato, puoi bloccare gli atti illegittimi e regolarizzare la tua situazione nel modo più sicuro.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, difesa fiscale e tutela dei cittadini stranieri in Italia ti spiega cosa fare se hai debiti fiscali o cartelle esattoriali, come difenderti e come risolvere il problema legalmente.
Sei uno straniero con debiti in Italia e non sai da dove cominciare?
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Introduzione
Un cittadino straniero residente in Italia può trovarsi ad affrontare debiti di varia natura – mutui, prestiti personali, tasse non pagate, bollette arretrate, sanzioni amministrative, ecc. – con le stesse difficoltà e preoccupazioni di un cittadino italiano. Tuttavia, la condizione di “straniero” (sia esso cittadino UE o extra-UE) può sollevare domande aggiuntive: quali sono i miei diritti in Italia come debitore? Posso accedere alle procedure di esdebitazione (debt relief) previste dalla legge italiana? Cosa succede ai miei debiti se torno nel mio Paese d’origine? Un creditore estero può farmi pignorare beni in Italia? In questa guida approfondita e aggiornata a luglio 2025, esamineremo tutti i tipi di debito e gli strumenti legali per gestirli dal punto di vista del debitore, con un focus particolare sulle situazioni che coinvolgono cittadini stranieri (comunitari ed extracomunitari) in Italia. Adotteremo un linguaggio giuridico accurato ma accessibile, fornendo riferimenti normativi (Codice civile, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, legge n. 3/2012, ecc.) e sentenze aggiornate tratte da fonti autorevoli, allo scopo di offrire un quadro completo e affidabile.
Affronteremo inizialmente i diversi tipi di debito e i relativi rischi (incluse le azioni di recupero crediti tipiche in Italia). Successivamente approfondiremo le procedure di sovraindebitamento (la cosiddetta “legge salva suicidi” ex L.3/2012, ora confluita nel Codice della Crisi) che consentono a soggetti in grave difficoltà economica – inclusi i cittadini stranieri non assoggettabili a fallimento – di ottenere un esdebitamento (cancellazione dei debiti residui) a determinate condizioni. Verranno esaminate le differenze tra debitori comunitari ed extracomunitari, ad esempio in materia di cooperazione internazionale per il recupero crediti (dentro e fuori dall’UE) e di eventuali implicazioni sul permesso di soggiorno o sulla cittadinanza. Troverete anche tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte (FAQ) su questioni frequenti (prescrizione dei debiti, pignorabilità di beni, possibilità di espatrio con debiti in sospeso, ecc.). I riferimenti normativi e giurisprudenziali più rilevanti sono citati nel testo e raccolti in fondo alla guida, per chi desidera approfondire ogni aspetto. Procediamo quindi con ordine, dal quadro generale sui debiti alle soluzioni offerte dall’ordinamento italiano per un “nuovo inizio” del debitore in buona fede.
Tipologie di debito e relative conseguenze in Italia
Non tutti i debiti sono uguali. In Italia, le azioni di recupero e le possibilità di difesa del debitore possono variare a seconda della natura del credito. Di seguito elenchiamo le principali categorie di debito che possono gravare su un cittadino (italiano o straniero) e sintetizziamo per ciascuna i rischi e le particolarità:
- Debiti finanziari e bancari: mutui ipotecari, prestiti personali, scoperti di conto, finanziamenti al consumo (es. rate per acquisti), carte di credito non rimborsate. Questi debiti sono verso banche o finanziarie. In caso di mancato pagamento, il creditore può avanzare una procedura monitoria (es. chiedere un decreto ingiuntivo al giudice) e poi attivare l’esecuzione forzata sui beni del debitore (pignoramento di stipendi, conti correnti, autoveicoli, immobili, ecc.). Se c’è un’ipoteca su un immobile (nel caso di mutuo), la banca può agire con espropriazione immobiliare, portando l’immobile all’asta giudiziaria. I tassi di interesse sono regolati dalla legge (usura, trasparenza bancaria), ma interessi moratori e spese legali possono far lievitare il debito se non viene affrontato per tempo. Un cittadino straniero, al pari di uno italiano, può subire queste azioni se possiede beni in Italia o percepisce redditi qui. Esempio: un lavoratore romeno in Italia che non rimborsa le rate di un prestito vedrà probabilmente la finanziaria ottenere un decreto ingiuntivo e un pignoramento di una quota del suo stipendio presso il datore di lavoro (in genere fino a 1/5, secondo i limiti di legge).
- Debiti commerciali verso fornitori o privati: riguardano chi esercita attività d’impresa o professionale (o anche i consumatori, per bollette o affitti). Pensiamo a un piccolo imprenditore straniero in Italia con fatture non pagate ai fornitori, oppure a un privato che non paga le utenze domestiche o il canone di affitto. Anche in questi casi, i creditori possono agire legalmente per il recupero: per le bollette e affitti si può ricorrere a procedure speciali (ingiunzione, sfratto per morosità, ecc.), mentre i fornitori utilizzeranno in genere ingiunzioni di pagamento e pignoramenti. I beni pignorabili includono conti, beni mobili, eventuali beni strumentali non essenziali dell’impresa, ecc., con i limiti e le procedure del codice di procedura civile. Il debitore straniero che chiuda la propria attività e lasci l’Italia non è automaticamente al sicuro: se il creditore ottiene un titolo esecutivo italiano, potrà cercare di farlo valere anche all’estero (come vedremo oltre), specialmente se in UE. Viceversa, se l’imprenditore straniero ha deciso di avviare una liquidazione giudiziale (fallimento) in Italia (perché supera le soglie di non fallibilità), i creditori dovranno insinuarsi in quella procedura e le azioni individuali sono bloccate.
- Debiti fiscali e verso enti pubblici: imposte statali (es. IRPEF, IVA), tributi locali (IMU, Tari, ecc.), contributi previdenziali (INPS) e premi assicurativi obbligatori (INAIL), multe del Codice della Strada, sanzioni amministrative di vario genere. Il creditore qui è un ente pubblico (Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione – AER, Comuni, etc.). La riscossione coattiva avviene attraverso la cartella esattoriale o l’ingiunzione fiscale, seguita – in caso di mancato pagamento – da atti come il fermo amministrativo dei veicoli, l’ipoteca esattoriale sugli immobili, e il pignoramento esattoriale (che ha regole in parte diverse da quello civile, ad esempio esistono limiti sulla pignorabilità della prima casa per debiti fiscali sotto certe soglie, e franchigie su stipendio e conto corrente). Un cittadino straniero con debiti fiscali in Italia non vede estinguersi tali debiti trasferendosi all’estero: i debiti tributari rimangono e continuano a maturare interessi e sanzioni. All’interno dell’Unione Europea, esistono strumenti di cooperazione fiscale che permettono all’Italia di recuperare crediti tributari oltre confine: il Regolamento UE n.904/2010 consente alle autorità italiane (Agenzia Entrate) di avvalersi delle autorità fiscali di un altro Stato membro per riscuotere le somme dovute, inclusi pignoramenti di beni o conti esteri. Inoltre, un creditore pubblico (così come uno privato) può utilizzare l’Ordine Europeo di Sequestro dei Conti Correnti (Reg. UE 655/2014) per congelare fondi su conti bancari di un debitore in qualsiasi paese UE. Fuori dall’UE, il recupero dipende da trattati bilaterali: ad esempio con Svizzera, USA, Canada vi sono accordi di cooperazione che consentono all’Italia di richiedere assistenza nel rintracciare beni del debitore e procedere al recupero. In assenza di accordi, il recupero internazionale è molto difficile, ma attenzione: i beni che il debitore ha lasciato in Italia restano aggredibili anche se egli risiede all’estero. Esempio: un cittadino extra-UE che lascia l’Italia con cartelle esattoriali impagate, se possiede ancora un conto in Italia o un immobile, potrà subire pignoramenti su quei beni (l’Agenzia Entrate-Riscossione può iscrivere ipoteca sulla sua casa e venderla all’asta, pignorare il saldo del conto, ecc., indipendentemente dal fatto che il debitore risieda ormai altrove).
- Debiti alimentari e di mantenimento: riguardano obblighi di mantenimento verso familiari (ad esempio gli alimenti al coniuge separato o ai figli). Questi debiti hanno natura privilegiata e personale e, per legge, non possono essere oggetto di esdebitazione nelle procedure concorsuali di sovraindebitamento. Ciò significa che un piano di ristrutturazione dei debiti non può prevedere di cancellare o ridurre gli arretrati di mantenimento dovuti. Il creditore (es. l’ex coniuge) può agire con pignoramento di stipendio o altri beni per recuperare quanto dovuto, e il giudice può emettere provvedimenti specifici (es. ordine di pagamento diretto del datore di lavoro per le somme mensili di mantenimento). Inoltre, l’omesso pagamento di assegni familiari può avere anche conseguenze penali (reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570 c.p.). In questo ambito, la posizione del debitore straniero è equiparata a quella del cittadino italiano: se l’obbligo di mantenimento è stato stabilito da un giudice italiano, vale in Italia con possibilità di esecuzione forzata; se stabilito da un giudice estero, può essere riconosciuto ed eseguito in Italia tramite le convenzioni o regolamenti internazionali (in UE vige il Reg. 4/2009 sulle obbligazioni alimentari, che permette l’esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di mantenimento). Non è possibile sottrarsi a questi debiti tramite emigrazione, poiché esistono meccanismi di cooperazione internazionale robusti in materia di obblighi alimentari.
- Debiti da risarcimento danni e altre obbligazioni civili: se uno straniero in Italia viene condannato a risarcire un danno (es. in seguito a una sentenza civile per responsabilità aquiliana, come un incidente stradale) o ha altre obbligazioni contrattuali non adempiute, i creditori possono agire per il recupero similmente ai debiti commerciali. Una particolarità: se il debito deriva da illecito extracontrattuale (es. risarcimento per lesioni personali) potrebbe non essere esdebitabile in caso di dolo o colpa grave, in analogia a quanto avviene nel fallimento (in cui alcuni debiti per fatti illeciti possono restare). La legge sul sovraindebitamento non esclude espressamente tali debiti, ma la giurisprudenza valuta caso per caso la meritevolezza del debitore. Un debitore straniero che lasci l’Italia lasciando un debito da sentenza civile non pagato può subire il riconoscimento della sentenza nel suo Paese (se UE, tramite Reg. 1215/2012, se extra-UE tramite la procedura di delibazione prevista nel Paese d’origine). Viceversa, un danneggiato straniero con sentenza del suo Paese potrebbe farla riconoscere in Italia contro il responsabile, a patto che la sentenza straniera rispetti le condizioni di Legge 218/1995 (giurisdizione corretta, contraddittorio rispettato, nessun contrasto con l’ordine pubblico, etc.). Ad esempio, la Corte di Cassazione ha ritenuto non contraria all’ordine pubblico l’esecuzione in Italia di una sentenza estera che condannava un soggetto al pagamento di debiti di gioco d’azzardo contratti legalmente all’estero (caso notevole, in quanto il gioco d’azzardo è tradizionalmente un’obbligazione naturale non tutelabile in Italia, ma se vi è giudicato estero, viene riconosciuto). Ciò evidenzia come la residenza straniera del debitore o l’origine estera del debito non impediscono il recupero, se le forme di cooperazione giudiziaria lo consentono.
- Debiti penali (multe penali, confische): qui più che di “debito” in senso civile si parla di sanzioni pecuniarie conseguenti a reati (ammende, sanzioni pecuniarie del giudice penale) o obblighi di rifusione allo Stato. Queste somme non rientrano nelle procedure concorsuali civili e il loro mancato pagamento può portare ad esecuzione forzata da parte dello Stato. Per uno straniero, un’ammenda penale non pagata potrebbe precludere benefici (es. sospensioni condizionali revocate) e restare dovuta allo Stato; se il soggetto lascia l’Italia, è difficile che l’Italia ne ottenga il pagamento a meno che non esistano trattati (nell’UE ci sono sistemi di mutuo riconoscimento anche delle sanzioni pecuniarie penali – Decisione Quadro 2005/214/GAI). Ad ogni modo, questo tipo di debito esula dalle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, che riguardano solo debiti civili o commerciali.
Tabella riepilogativa – Tipi di Debito e Trattamento Giuridico
Tipo di Debito | Esempi | Azioni di recupero crediti | Inclusione in procedure di sovraindebitamento? | Note |
---|---|---|---|---|
Debiti bancari/finanziari | Mutuo, prestito, carta di credito | Decreto ingiuntivo, pignoramento beni o stipendio, ipoteca (se mutuo) | Sì, ristrutturabili e falcidiabili nei limiti del piano approvato. | Interessi moratori aggiunti in caso di ritardo. Cessione del quinto pignorabile ma bloccabile con procedura. |
Debiti verso fornitori/privati | Fatture non pagate, affitto, bollette | Ingiunzione di pagamento, sfratto, pignoramento beni (anche strumentali salvo necessità) | Sì, ammessi nelle procedure. Crediti con ipoteca o pegno mantengono prelazione (salvo diversa proposta concordataria). | Piccoli imprenditori sotto soglie: no fallimento, sì sovraindebitamento. Se sovra-soglia: fallimento/concordato preventivo. |
Debiti fiscali e contributivi | Tasse (IRPEF, IVA), contributi INPS, multe Codice Strada | Cartella esattoriale, fermo auto, ipoteca esattoriale, pignoramento (anche presso terzi). | Sì, inclusi. Possibile falcidia di IVA e contributi se il fisco riceve almeno quanto otterrebbe in liquidazione. | Precedenza ai crediti privilegiati (es. IVA) nel riparto. La falcidia IVA è stata ammessa dalle riforme 2020/2022 superando divieti precedenti. |
Debiti alimentari (mantenimento) | Assegno ex coniuge, figli | Pignoramento stipendio (fino a 50% ex art. 545 c.p.c.), azioni esecutive su beni. | No, non esdebitabili. Restano comunque dovuti anche dopo eventuale procedura per altri debiti. | Prioritari su ogni altro debito nel pignoramento stipendio. Rilevanza penale se non pagati (art. 570 c.p.). |
Debiti da risarcimento danni | Danni civili (es. responsabilità extra-contrattuale) | Atto di precetto e pignoramento; se titolo estero, riconoscimento ex L.218/1995 o reg. UE. | Sì, in linea di massima. Attenzione: se derivanti da dolo, possibili contestazioni in sede di omologazione (valutazione meritevolezza). | Se il debito nasce da illecito, alcuni giudici valutano rigorosamente la condotta del debitore. Non esclusi ex lege dalle procedure, tranne eventualmente sanzioni penali. |
Debiti penali (ammende, sanzioni) | Ammenda, confisca per equivalente | Iscrizione a ruolo, esecuzione forzata d’ufficio (riscossione tramite AER) | No, esclusi dalle procedure concorsuali civili. | Strumenti di cooperazione UE per sanzioni penali esistenti. Non cancellabili se non tramite provvedimenti di clemenza. |
Nota: I debiti garantiti da pegno o ipoteca restano garantiti sui beni specifici; nelle procedure di sovraindebitamento il trattamento di tali crediti segue regole simili al fallimento (possono essere soddisfatti nei limiti del valore del bene, ed eventualmente il residuo diventa chirografo). Debiti con fideiussione o coobbligati: l’eventuale esdebitazione del debitore principale non estingue l’obbligo del fideiussore, e viceversa (questo vale anche se il debitore principale è all’estero).
La normativa sul sovraindebitamento: soluzioni per il debitore “non fallibile”
Quando i debiti superano di gran lunga la capacità del debitore di pagarli, e le normali azioni esecutive rischiano di portare a una situazione insostenibile (sia per il debitore che, paradossalmente, per i creditori, che potrebbero non vedere nulla in caso di insolvenza totale), l’ordinamento italiano offre la via delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento. Questa normativa, introdotta dapprima con la Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (nota anche come legge antiusura o “salva suicidi”), è oggi confluita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCI) – D.Lgs. 14/2019, entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022.
Cos’è il sovraindebitamento? Il termine indica una situazione di squilibrio finanziario in cui una persona (o impresa minore) non è più in grado di far fronte ai propri debiti con il patrimonio disponibile e il reddito prevedibile, pur non essendo soggetta alle ordinarie procedure fallimentari. La definizione normativa attuale la troviamo nell’art. 2, comma 1, lett. c) del Codice della crisi, che recita: «sovraindebitamento»: lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale (fallimento) o ad altre procedure liquidatorie previste dalla legge. In altre parole, rientrano nel sovraindebitamento tutti i debitori civili (persone fisiche o enti non fallibili) che si trovano in stato di crisi/insolvenza. È dunque irrilevante la cittadinanza: anche un cittadino straniero può trovarsi in stato di sovraindebitamento e, se ha il centro dei suoi interessi principali in Italia, può accedere alle relative procedure previste dalla legge italiana. Anzi, il parametro di collegamento non è la cittadinanza ma il COMI (Centre Of Main Interests), concetto di derivazione europea: la domanda va presentata al tribunale del luogo in cui il debitore ha il proprio centro di interessi principali (residenza o sede effettiva). Ciò garantisce anche riconoscimento internazionale: se il debitore è stabilmente in Italia, una procedura concorsuale qui avviata (ad es. un piano del consumatore) sarà riconosciuta negli altri Paesi UE ai sensi del Reg. UE 2015/848 sulle procedure di insolvenza transfrontaliere.
Scopo e filosofia della legge: la normativa sul sovraindebitamento mira a bilanciare due esigenze: da un lato dare al debitore onesto ma sfortunato una seconda chance, liberandolo dai debiti insostenibili (il principio del “fresh start”); dall’altro garantire che i creditori ricevano comunque il maggior soddisfacimento possibile in base alle reali capacità del debitore. Come sintetizzato in molte sedi, lo Stato offre al debitore sovraindebitato la possibilità di pagare i debiti “in base alle effettive possibilità economiche” e di vedere cancellato il debito residuo non pagabile. Non si tratta di un “colpo di spugna” arbitrario: il debitore deve dimostrare trasparenza, buona fede e impegno a soddisfare i creditori per quanto possibile; in cambio ottiene l’esdebitazione, ossia l’esonero definitivo dal pagamento di quanto rimane. L’esdebitazione è dunque la cancellazione dei debiti non onorati al termine della procedura. Questa possibilità, prima del 2012, era riservata di fatto solo ai fallimenti delle imprese (dove, a certe condizioni, l’imprenditore poteva essere liberato dai debiti residuali). Oggi è aperta anche ai privati cittadini, ai professionisti e ai piccoli imprenditori.
Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento? I soggetti ammessi sono i debitori “non fallibili”, in stato di crisi o insolvenza. In pratica:
- Consumatori (persona fisica che ha debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale).
- Professionisti (lavoratori autonomi, esercenti professioni intellettuali).
- Imprenditori minori (imprese sotto le soglie di fallibilità: attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k), imprenditori agricoli, start-up innovative, e altri imprenditori esclusi dal fallimento.
- Enti non commerciali (es. associazioni non profit, fondazioni non soggette a procedure maggiori).
- Società di persone non fallibili e soci illimitatamente responsabili di società non fallibili.
- Persone che erano fallibili ma per qualche ragione non possono accedere al fallimento: es. imprenditori cessati da oltre un anno senza domanda di fallimento, ecc. (La legge è stata applicata per estendere tutele anche in casi borderline).
Un requisito generale introdotto con le modifiche del 2020 è l’assenza di procedure di sovraindebitamento concluse nei 5 anni precedenti: non si può abusare dello strumento ripetendolo troppo frequentemente (analogamente all’esdebitazione del fallito concedibile ogni 5 anni). Inoltre, non bisogna aver fatto atti in frode ai creditori (es. aver nascosto o dissipato beni) o tenuto comportamenti gravemente scorretti. Il concetto di meritevolezza del debitore è centrale: il giudice valuta se il sovraindebitamento è dovuto a cause incolpevoli o comunque scusabili, oppure se il debitore ha assunto obbligazioni con dolo o colpa grave.
Novità introdotte dal Codice della Crisi (aggiornato al 2022)
La disciplina originaria della L.3/2012 è stata più volte ritoccata (es. nel 2015 e soprattutto nel 2020 con il Decreto Ristori, L.176/2020) e infine riorganizzata nel nuovo Codice della Crisi. Le novità principali (positive per il debitore) introdotte nel 2022 includono:
- Procedure familiari unificate: membri della stessa famiglia, conviventi e con debiti di origine comune, possono presentare un’unica procedura di sovraindebitamento. In passato ciascuno doveva fare la propria domanda separata, ora si possono cumulare in un solo procedimento, risparmiando tempo e costi. Esempio: marito e moglie indebitati insieme (coobbligati in un prestito) possono proporre un unico piano congiunto. Requisiti: residenza comune (conviventi) e causa dei debiti comune.
- Meritevolezza e trasparenza del debitore: resta il principio che chi ha frodato i creditori (occultando beni, spostando capitali all’estero, ecc.) non può accedere alle misure. Tuttavia, non è più richiesto di dettagliare nella proposta le “cause” del sovraindebitamento e le ragioni dell’incapacità di pagare (semplificando gli oneri del debitore). Si guarda più al futuro (fattibilità e sostenibilità del piano) che al passato, salvo condotte fraudolente.
- “Merito creditizio” del creditore (colpa del finanziatore): è un elemento innovativo e particolare. La legge ora punisce i creditori finanziari che hanno concesso credito in modo irresponsabile. In pratica, se una banca o finanziaria ha erogato prestiti al debitore pur sapendo o dovendo sapere che era già sovraindebitato (violando l’obbligo di valutare il merito creditizio del cliente, previsto ad esempio dal TUB e dalle normative consumeristiche), questo fattore può incidere a vantaggio del debitore. In sede di omologazione del piano, il giudice può considerare tale condotta del creditore e, ad esempio, escludere o postergare parte del credito. Una recente sentenza della Cassazione (Sez. I, n. 6869/2025) ha chiarito tuttavia che il debitore deve collaborare lealmente: se il “merito creditizio falsato” è colpa di informazioni mendaci fornite dal debitore alla banca, il piano può essere rigettato. Nel caso esaminato, un debitore aveva omesso di riferire alla banca alcuni finanziamenti in corso, inducendola in errore sulla sua solvibilità; la Cassazione ha confermato la revoca dell’omologazione del piano del consumatore perché la situazione di sovraindebitamento era stata aggravata da una condotta decettiva del debitore, che aveva impedito alla banca una corretta valutazione. La regola generale resta: se invece è il creditore ad aver ignorato colpevolmente i segnali di indebitamento eccessivo del cliente, ciò non può poi essere usato per negare l’esdebitazione al debitore (anzi, si tutela quest’ultimo).
- Cessazione della cessione del quinto durante la procedura: se il debitore aveva in corso una cessione del quinto sullo stipendio o pensione (una forma di prestito garantito da trattenuta diretta), l’avvio della procedura di sovraindebitamento consente di sospendere tali trattenute. Tali crediti vengono trattati come normali crediti chirografari nel piano – anzi la legge equipara i prestiti contro cessione del quinto agli altri debiti bancari, anche se garantiti da un “privilegio” sullo stipendio, e ne ammette la falcidia. Ciò è importante per permettere al debitore di avere liquidità di sussistenza durante la procedura.
- Riduzione dei tempi e automatismo dell’esdebitazione: la durata massima delle procedure viene in parte ridotta. In particolare la liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) ora dura al massimo 3 anni – salvo casi eccezionali – dopodiché il debitore persona fisica ottiene automaticamente l’esdebitazione (prima erano 4 anni e occorreva fare un’apposita istanza di esdebitazione a fine procedura). Ora la liberazione dai debiti residui è automatica, integrata nella stessa procedura: trascorsi 3 anni dalla apertura della liquidazione, il giudice, verificato che il debitore abbia collaborato e non vi siano cause ostative, emette il decreto di esdebitazione senza bisogno di una separata domanda. Questo allineamento risponde anche a principi europei (la Direttiva UE 2019/1023 sul “fresh start” degli imprenditori individua proprio in 3 anni un termine auspicabile per liberare il debitore onesto dalle pendenze). Anche i piani del consumatore e concordati minori puntano ad una durata contenuta (indicativamente 3-5 anni); se i pagamenti dovuti dal piano si protraggono più a lungo, comunque l’esdebitazione finale interviene una volta eseguite le obbligazioni concordate.
- Esdebitazione del debitore incapiente (senza utilità): è forse la novità più significativa. Vediamola a parte.
Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza pagare nulla)
Una persona nullatenente, senza redditi attuali o prospettici, tradizionalmente non poteva accedere ad alcun “fallimento civile” – perché non è possibile proporre un piano di pagamento (fosse anche minimo) ai creditori né aprire una liquidazione che copra le spese. Rimaneva quindi a vita schiacciata dai debiti impagabili. Oggi non è più così: il nuovo Codice ha previsto l’esdebitazione a “zero pagamenti” (detta esdebitazione dell’incapiente o “senza utilità”). In base a questa procedura, il debitore persona fisica meritevole può ottenere la cancellazione di tutti i suoi debiti pur non offrendo alcuna utilità ai creditori. È una misura straordinaria, concessa una sola volta nella vita, riservata a casi particolari: tipicamente soggetti indigenti che non possiedono nulla e non possono realisticamente pagare nulla neanche in futuro (se non importi irrisori).
Requisiti chiave: il debitore deve dimostrare di essere meritevole (quindi insolvenza non dovuta a sua frode o colpa grave), e di non aver alcuna capacità di offrire qualcosa. In pratica, va al giudice (meglio se tramite un OCC) e chiede di essere esdebitato completamente. I creditori possono opporsi se, ad esempio, sospettano che il debitore nasconda beni o redditi. Il tribunale valuta e può accogliere l’istanza, emettendo un decreto di esdebitazione immediata.
Condizioni post-esdebitazione: se nei 4 anni successivi il debitore dovesse “tornare in possesso di utilità rilevanti” (ad esempio, eredità, vincite, significativo miglioramento di reddito) tali da permettergli di pagare almeno il 10% dei debiti originari, egli ha l’obbligo di informare i creditori e l’OCC. In tal caso, potrà essere richiesto il pagamento fino a concorrenza di quella nuova disponibilità (senza interessi per il periodo). Questo meccanismo impedisce abusi e realizza una sorta di condizione risolutiva: se entro 4 anni dalla “liberazione” il debitore riceve fortuna, i creditori hanno diritto a un dividendo tardivo. Il debitore quindi, dopo l’esdebitazione, deve presentare per 4 anni una relazione annuale all’OCC sulla propria situazione economica.
Da notare che non è richiesto il versamento ai creditori di somme future inferiori al 10% del debito: se ad esempio uno trova un impiego modesto o piccole somme, non scatta alcun obbligo ulteriore (la soglia è posta per evitare di riaprire la partita per importi trascurabili). Questa procedura rappresenta veramente il fondo di garanzia sociale per il debitore: consente di non condannare all’irregolarità o al lavoro nero chi è totalmente rovinato dai debiti e altrimenti non si “riprenderebbe” più.
Esempio pratico: Tizio, cittadino extracomunitario in Italia, si trova con €50.000 di debiti tra carte di credito e prestiti, ma ha perso il lavoro e non possiede nulla. Non può proporre nessun pagamento utile ai creditori. Se la sua buona fede è comprovata (non ha truffato i creditori, i debiti derivano magari da necessità come affitto e spese mediche), Tizio può chiedere l’esdebitazione dell’incapiente. Il tribunale, verificato che neppure liquidando ogni suo bene (che non ha) i creditori avrebbero soddisfazione, può liberarlo dai €50.000. Se Tizio nei prossimi 4 anni trovasse un lavoro dignitoso, con reddito tale da permettergli di restituire almeno €5.000 (il 10%), dovrebbe informare l’OCC e destinare quell’importo ai creditori. Se invece rimane in situazione precaria o il miglioramento è minimo, non deve nulla. In ogni caso, la pendenza originaria è cancellata dal decreto di esdebitazione e Tizio potrà ricominciare da capo, senza il fardello dei debiti pregressi.
Costi della procedura: anche l’esdebitazione dell’incapiente, pur priva di rimborsi ai creditori, ha dei costi procedurali (compenso dell’Organismo di Composizione della Crisi o del gestore nominato dal tribunale) – sebbene spesso calmierati. È previsto un contributo minimo per l’OCC anche in questi casi, più spese vive di giustizia. In sostanza, almeno qualche centinaio di euro vanno preventivati per avviare la procedura, ma si tratta di cifre ben inferiori al beneficio di liberarsi di decine di migliaia di euro di debiti.
Figura 2: La procedura di sovraindebitamento consente di “spazzare via” i debiti insostenibili in modo legale, offrendo al debitore meritevole un nuovo inizio. Nel contempo, i creditori vengono soddisfatti per quanto possibile in base al patrimonio e reddito effettivo del debitore.
Le procedure disponibili: panoramica (Piano del consumatore, Concordato minore, Liquidazione controllata)
Il Codice della Crisi prevede diverse forme procedurali per adattarsi alle varie tipologie di debitori sovraindebitati. In parte riprendono quelle già esistenti nella L.3/2012, con qualche modifica terminologica e sostanziale. Ecco un quadro sintetico:
- Piano del Consumatore (ora chiamato “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”): destinato esclusivamente al debitore consumatore, cioè persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. È una proposta unilaterale del debitore, che non richiede il voto dei creditori. Il piano deve assicurare che i creditori ottengano quanto il debitore può ragionevolmente offrire, in coerenza col principio di sostenibilità. Il giudice omologa il piano se ritiene soddisfatti vari requisiti, tra cui la meritevolezza del debitore (non deve aver colposamente determinato la propria insolvenza) e la fattibilità del piano. Con le nuove norme, nella proposta di piano non serve più dettagliare le cause del sovraindebitamento, ma rimane la regola che non deve esserci dolo o colpa grave del consumatore nella formazione dei debiti. Un elemento chiave per l’omologazione è che il debitore-consumatore non offra ai creditori meno di quanto otterrebbero in una liquidazione controllata dei suoi beni (principio del “miglior soddisfacimento possibile”). Se il giudice verifica che il piano è conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria e che il debitore è in buona fede, può omologarlo anche se i creditori (che vengono informati) esprimono dissenso. Durante la pendenza dell’omologazione, il giudice può sospendere eventuali procedure esecutive in corso (es. pignoramenti, aste) per dare respiro al debitore. Una volta omologato, il piano vincola tutti i creditori anteriori (anche dissenzienti) e il debitore deve eseguirlo puntualmente. Al termine, ottiene l’esdebitazione dei crediti residui non soddisfatti. Esempio: un cittadino UE residente in Italia, pieno di debiti da carte di credito e finanziamenti (tutti per scopi familiari, non avendo mai avuto impresa), può proporre un piano del consumatore offrendo ai creditori, poniamo, il pagamento del 20% del dovuto in 5 anni, usando il proprio stipendio al netto di una quota per vivere. Se il giudice vede che in una liquidazione dei beni quel 20% è superiore a quanto i creditori ricaverebbero vendendo gli (pochi) beni del debitore, e che il soggetto non ha truffato nessuno, omologherà il piano. Dopo 5 anni di pagamenti regolari, il debitore sarà libero dal restante 80% di debiti. Sentenze recenti sul Piano del consumatore: la giurisprudenza ha affrontato vari aspetti. Ad esempio, la Cassazione ha stabilito che il parametro della meritevolezza nel piano del consumatore va inteso in modo non eccessivamente penalizzante: anche qualche leggerezza del debitore può essere compatibile col piano, purché non vi sia malafede o indebitamento volutamente irresponsabile. Alcune decisioni di merito hanno omologato piani anche in presenza di debiti da gioco o spese voluttuarie, subordinandoli però magari a percorsi di cura (es. ludopatia) per dimostrare la volontà di non reiterare quegli errori. Un orientamento importante introdotto dal DL 137/2020 (conv. L.176/2020) e confermato dal Codice della crisi è la possibilità di falcidiare i debiti fiscali anche nel piano del consumatore, inclusa l’IVA, purché lo Stato incassi almeno quanto otterrebbe in una liquidazione. Ciò ha superato un precedente vincolo che imponeva il pagamento integrale dell’IVA nei piani (vincolo rimosso per adeguarsi anche alla giurisprudenza UE). I giudici oggi verificano quindi questa condizione di miglior soddisfacimento. Ad esempio, Tribunale di Milano 2022 ha omologato un piano che pagava parzialmente l’IVA, rilevando che in caso di liquidazione forzata l’Erario avrebbe preso ancor meno – non vi era quindi danno per il creditore pubblico.
- Concordato Minore: è l’erede del vecchio “accordo di ristrutturazione” ex L.3/2012, pensato per i debitori diversi dal consumatore (piccoli imprenditori, professionisti, startup, società non fallibili, ecc.). Si chiama “minore” perché distinto dal concordato preventivo delle grandi imprese, ma ne condivide lo schema base: il debitore propone un accordo ai creditori, che dev’essere approvato da una certa maggioranza di essi (la legge indicava il 60% per l’accordo ex L.3; il Codice della crisi prevede percentuali analoghe per il concordato minore). Dunque, qui i creditori votano. Se la maggioranza approva e il tribunale omologa, il concordato è efficace verso tutti i creditori anteriori. Se invece i creditori respingono la proposta, la procedura può essere convertita in liquidazione controllata (salvo altre soluzioni). Il vantaggio del concordato minore, rispetto al piano del consumatore, è che può essere utilizzato anche da chi ha debiti di natura aziendale o professionale e consente soluzioni flessibili concordate con i creditori (ad esempio ristrutturazioni aziendali, cessione di beni, continuità aziendale parziale). I requisiti di accesso sono simili: niente atti in frode, nessun’altra procedura pendente o esdebitazione avuta di recente. Non può accedere chi sarebbe “fallibile” (sopra soglie) – questi dovrebbero semmai fare un concordato preventivo ordinario. Nel concordato minore, a differenza del piano del consumatore, non c’è un giudizio di meritevolezza stretta del debitore; conta più la convenienza economica per i creditori (che infatti votano secondo il proprio interesse). Tuttavia, atti di frode o malafede possono portare al rigetto per indegnità anche qui. Il concordato minore può prevedere la liquidazione di beni oppure la prosecuzione dell’attività con ristrutturazione (similarmente al concordato preventivo). La durata tipica si aggira sui 4-5 anni, secondo il principio di ragionevole durata. Esempio: un piccolo imprenditore extracomunitario (es. titolare di un ristorante individuale) con 200 mila euro di debiti verso fornitori e banche e 50 mila di debiti fiscali, può proporre un concordato minore offrendo ai creditori, ad esempio, il ricavato della vendita del locale commerciale di sua proprietà e un ulteriore versamento mensile per 3 anni derivante dall’attività futura. Se i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti votano a favore (magari attratti dal fatto che dalla liquidazione otterrebbero meno), il tribunale omologa l’accordo e anche i dissenzienti saranno obbligati a rispettarlo. Dopo l’esecuzione (vendita dell’immobile e pagamenti mensili effettuati), l’imprenditore otterrà l’esdebitazione del residuo. Nota: Nel concordato minore può essere coinvolto anche un socio illimitatamente responsabile. Ad esempio, la Cassazione nel 2023 ha affrontato il caso di una società di persone (s.s.) che proponeva un accordo: si è discusso se l’effetto esdebitativo si estendesse al socio illimitatamente responsabile. L’orientamento è che la procedura coinvolge entrambi se entrambi aderiscono; diversamente, il socio rimane obbligato salvo anch’egli acceda a una procedura parallela. Di qui l’importanza delle procedure familiari o aggregate per gestire in un colpo solo posizioni connesse.
- Liquidazione Controllata del sovraindebitato: corrisponde alla liquidazione del patrimonio della L.3/2012, ma con aspetti più assimilati al fallimento (che nel Codice prende il nome di “liquidazione giudiziale”). È la procedura destinata al debitore sovraindebitato che non abbia un piano di rientro fattibile o non voglia/possa ottenerlo, oppure come esito del fallimento di un piano/concordato non andato a buon fine. In questo caso, il tribunale apre con sentenza la liquidazione dei beni del debitore, nominando un liquidatore (generalmente l’OCC viene confermato con funzioni di curatore). Da quel momento, il debitore subisce uno spossessamento dei suoi beni (analogamente al fallimento) con alcuni beni esclusi (impignorabili per legge e quelli necessari a mantenimento suo e della famiglia, secondo quanto stabilito dal giudice). Si apre il concorso dei creditori: tutti devono presentare domanda di ammissione al passivo entro il termine fissato (massimo 60 giorni dall’apertura); i creditori tardivi rischiano l’esclusione, salvo eccezioni per cause non imputabili con un limite di ulteriori 60 giorni. Il liquidatore redige lo stato passivo, gestisce le eventuali contestazioni (sotto controllo del giudice delegato), e procede a liquidare attivo e distribuire secondo i ranghi di privilegio. Il procedimento è insomma molto simile a un piccolo fallimento: si applicano anche in parte le azioni revocatorie per atti pregiudizievoli (il liquidatore può chiederle per recuperare beni sottratti dal debitore prima). La differenza chiave è nelle finalità: qui c’è sempre l’obiettivo finale dell’esdebitazione. Durata massima di 3 anni: la legge ora prevede che la liquidazione controllata debba concludersi entro 3 anni dall’apertura, con possibilità di proroga solo in casi eccezionali. Al termine, il giudice chiude la procedura e dichiara l’esdebitazione del debitore (salvo che sia provato dolo o frode). Come detto, l’esdebitazione è ora integrata: il liquidatore la richiede nella relazione finale e il giudice la concede automaticamente col decreto di chiusura, senza bisogno di domanda ad hoc (a differenza di prima). Durante la procedura, il debitore deve collaborare e ha comunque diritto, con autorizzazione del GD, di conservare l’uso di beni necessari (es. l’auto se serve per andare al lavoro, etc., può talvolta evitarne la vendita). Anche qui, le pendenze fiscali seguono le regole generali: ad esempio, l’Agente della Riscossione partecipa al passivo come creditore privilegiato per le imposte, ma non può avviare o proseguire esecuzioni individuali (c’è il divieto di azioni esecutive individuali dopo l’apertura, come nel fallimento). Al termine dei 3 anni, i creditori chirografari e privilegiati non integralmente soddisfatti perdono la possibilità di recuperare oltre, a meno che emergano nuovi beni non conosciuti prima (in tal caso potrebbe riaprirsi la procedura su istanza). Esempio: una cittadina straniera in Italia, senza reddito ma proprietaria di una casa e con debiti per 300 mila euro (in parte ipotecari, in parte chirografari), potrebbe optare per la liquidazione: affida al liquidatore la vendita dell’immobile, con l’obiettivo di distribuire il ricavato ai creditori ipotecari e, se avanza qualcosa, agli altri. Dopo la vendita e la ripartizione, rimarrà comunque un debito insoddisfatto; ma con la chiusura della procedura la debitrice otterrà la liberazione dal debito residuo. Ciò le permette, per quanto doloroso (ha perso la casa), di non restare indebitata a vita per somme che non avrebbe mai potuto pagare.
Tempistiche indicative delle procedure: in generale il legislatore ha cercato di contenere i tempi per non prolungare troppo l’agonia del debitore. Dal momento del deposito del ricorso all’omologazione di un piano possono volerci alcuni mesi (dipende dai tribunali, adempimenti di OCC, eventuale voto creditori per il concordato minore). Una volta omologato, le durate tipiche sono: Piano del consumatore – quanto previsto nel piano stesso (può variare; in molti casi 4-5 anni, ma potrebbe essere più lungo, es. un caso noto di piano trentennale per salvare la casa con mutuo); Concordato minore – di regola non oltre 5 anni; Liquidazione controllata – 3 anni. L’esdebitazione senza utilità è immediata (il decreto che la concede chiude subito la vicenda, salvo il monitoraggio 4 anni poi).
Di seguito una tabella comparativa semplificata delle caratteristiche delle procedure:
Procedura | Soggetti ammessi | Consenso creditori | Durata indicativa | Esdebitazione |
---|---|---|---|---|
Piano del consumatore (ristrutturazione debiti) | Solo consumatore (persona fisica non imprenditore) | Non richiede voto creditori; decide il giudice se omologare (creditori possono opporsi). | Fissata dal piano (spesso 4-5 anni, può variare). | Al completamento esatto del piano: debiti residui cancellati. Se il piano fallisce, possibile conversione in liquidazione. |
Concordato minore | Debitori non consumatori non fallibili (imprese minori, professionisti, società sotto soglie, ecc.) | Richiede voto favorevole dei creditori (maggioranza per classi o per teste/valore > 60%). Omologato dal giudice se maggioranza raggiunta e fattibile. | ~3-5 anni (può includere dilazioni, liquidazione di beni, ecc.). | Esdebitazione a completamento dell’accordo omologato (automaticamente al termine se eseguito). Se accordo non omologato o inadempiuto, si apre/converte in liquidazione. |
Liquidazione controllata (ex liquidazione patrimonio) | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no) che non propone/ottiene un piano o concordato. | Nessun voto creditori. Procedura giudiziale: tutti i creditori partecipano al passivo; liquidatore vende i beni. | Max 3 anni dall’apertura (salvo proroghe eccezionali). | Esdebitazione concessa d’ufficio dal giudice alla chiusura (dopo 3 anni), per persona fisica meritevole. Debiti residui cancellati, eccetto eventuali debiti non esdebitabili (es. alimentari). |
Esdebitazione incapiente (senza utilità) | Persona fisica sovraindebitata priva di beni e redditi (meritevole). Non per società. | Nessun voto (creditori possono solo opporsi se ravvisano irregolarità). Decide il tribunale. | Pochi mesi per ottenere il decreto (procedura semplificata). | Immediata con il decreto. Debiti tutti cancellati. Condizione risolutiva 4 anni: se il debitore ha nuove risorse ≥10% debiti, deve pagare quella parte. |
Alcuni effetti comuni delle procedure di sovraindebitamento: appena presentata la domanda (soprattutto dopo l’ammissione o apertura), scatta una sorta di protezione: il giudice può sospendere o vietare nuove azioni esecutive dei creditori sui beni del debitore, in attesa della definizione della procedura. Questo “automatic stay” è analogo a quello fallimentare e serve a evitare che un singolo creditore porti via tutto a scapito degli altri, nonché a dare respiro al debitore. Inoltre, i termini di prescrizione rimangono sospesi. Il debitore continua comunque a poter compiere gli atti di ordinaria amministrazione (nelle procedure in continuità), mentre per quelli straordinari serve di solito l’ok del giudice o del liquidatore.
Partecipazione dei coobbligati: se un debitore viene esdebitato, ciò non libera eventuali condebitori solidali o garanti. Ad esempio, se i debiti includevano un mutuo cointestato con la moglie, l’esdebitazione del marito non estingue la quota di debito a carico della moglie (che i creditori potrebbero ancora pretendere da lei). Per questo è consigliabile, quando possibile, fare procedure familiari congiunte se più membri della famiglia sono debitori degli stessi importi.
Registri e pubblicità: le procedure di sovraindebitamento, pur non comportando automaticamente uno status di “protestato” o similari, vengono pubblicizzate per notizia ai creditori (ad esempio tramite registrazione nel registro delle procedure concorsuali tenuto dal tribunale, o con avvisi). Inoltre, l’OCC viene iscritto a registro ministeriale (pubblicato sul sito del Ministero Giustizia). A differenza del fallimento, però, non c’è un pubblico registro dei “sovraindebitati esdebitati”; esiste tuttavia il Registro dei debitori insolventi gestito dal Ministero, consultabile dalle autorità per evitare abusi (come presentare più volte procedure in diversi tribunali).
Stranieri comunitari vs extracomunitari nelle procedure: non c’è alcuna discriminante di nazionalità nell’accesso. Unico requisito è la competenza del tribunale italiano per il COMI o la residenza. Un cittadino UE che risiede in Italia da almeno 6 mesi avrà probabilmente il COMI riconosciuto qui (salvo prova contraria, il Reg. UE 2015/848 presume per i consumatori che il COMI coincida con la residenza abituale, se non spostata nei 6 mesi precedenti). Quindi può presentare qui il piano o la liquidazione e ciò verrà riconosciuto in tutta Europa. Un cittadino extracomunitario, se legalmente soggiornante e radicato in Italia, allo stesso modo può accedere: per lui non c’è neppure il problema dei 6 mesi di presunzione (che è norma UE non strettamente applicabile a Paesi terzi, ma l’Italia valuterà il centro di interessi effettivo). Caso particolare: se uno straniero ha già aperto una procedura d’insolvenza nel suo Paese e poi si sposta in Italia, potrebbe non poter accedere nuovamente qui (vige il principio di unicità del procedimento principale a livello internazionale e la necessità di riconoscere eventualmente quello estero). Ad esempio, un cittadino francese che abbia già una procedura di rétablissement personnel (l’equivalente francese dell’esdebitazione) in corso in Francia, non può venire in Italia a fare un’altra procedura sugli stessi debiti.
Debiti contratti all’estero ed eseguibili in Italia
Un tema delicato per i debitori stranieri è quello dei debiti nati fuori d’Italia (nel Paese d’origine o altrove) che il creditore vuole recuperare in Italia, magari perché il debitore si è trasferito qui. Oppure viceversa: debiti contratti in Italia da uno straniero che poi si è trasferito all’estero. Vediamo le principali situazioni:
1. Debiti contratti all’estero da un cittadino straniero poi residente in Italia: ad esempio un cittadino romeno che in patria aveva un prestito bancario non rimborsato e si è poi spostato in Italia per lavoro. La banca romena vorrà recuperare il suo credito in Italia, dove ora il debitore vive e ha reddito. Come può fare? Ci sono vari strumenti legali, soprattutto all’interno dell’Unione Europea:
- Titolo esecutivo straniero e Regolamento Bruxelles I-bis (1215/2012): se il creditore ha già ottenuto una sentenza di condanna o un atto esecutivo nel Paese d’origine (es. un’ingiunzione definitiva, una sentenza di tribunale), grazie al Regolamento UE n.1215/2012 quella decisione è automaticamente riconosciuta e direttamente esecutiva in Italia senza bisogno di delibazione. Dal 2015 infatti è abolito l’exequatur tra Paesi UE: il creditore deve solo munirsi di una certificazione europea del titolo e potrà richiedere il pignoramento in Italia come se fosse un titolo italiano. Il debitore potrà opporsi solo per motivi molto limitati (ordine pubblico, contrarietà a giudicato interno, ecc. , ma sono eccezioni rare). Quindi, la banca estera potrebbe notificare al debitore in Italia un atto di precetto basato sulla sentenza estera e poi procedere al pignoramento di beni. Esempio reale: la Cassazione italiana ha riconosciuto esecutiva in Italia una sentenza rumena che condannava un debitore per un prestito, non ritenendo contrario all’ordine pubblico il titolo solo perché derivante da un sistema giuridico diverso (fintanto che sono rispettati i diritti di difesa, ecc.). Il debitore in Italia in sostanza non può eccepire quasi nulla se ha avuto la possibilità di difendersi nel giudizio estero.
- Procedura europea di ingiunzione di pagamento (Reg. 1896/2006): in alternativa al giudizio nel Paese d’origine, un creditore europeo può utilizzare l’ingiunzione europea. È un meccanismo semplificato: il creditore deposita un modulo presso la propria autorità giudiziaria e, se il debitore non presenta opposizione entro 30 giorni dalla notifica transfrontaliera, l’ingiunzione diventa automaticamente esecutiva in tutti gli Stati membri. Quindi la banca romena potrebbe ottenere un’ingiunzione europea presso il giudice romeno, farla notificare in Italia al debitore; se questi non si oppone, quell’ingiunzione (titulata come European Enforcement Order) è valida per pignorare stipendio o conto in Italia direttamente. Se invece il debitore fa opposizione, la procedura europea si chiude e il caso va in giudizio ordinario (in base alle regole di competenza, che potrebbero spostare il processo in Italia se il debitore ormai qui è domiciliato).
- Titolo esecutivo europeo per crediti non contestati (Reg. 805/2004): questo regolamento permette, per i crediti non contestati (ad esempio debiti riconosciuti dal debitore o rimasti incontestati in giudizio), di ottenere un certificato di “Titolo Esecutivo Europeo” sul provvedimento nazionale. In pratica se un debitore non si è opposto a un decreto in Francia, quel decreto può essere certificato come TEE ed eseguito in Italia senza exequatur. Ormai con Bruxelles I-bis questo strumento è meno usato (perché anche i crediti contestati seguono la via rapida), ma rimane utile in alcuni casi (es. per decisioni emanate in contumacia, dove il 1215/2012 consente opposizioni tardive).
- Se il debito estero NON è ancora in titolo esecutivo: il creditore può decidere di agire direttamente in Italia citando il debitore davanti al giudice italiano. La competenza internazionale dipenderà dalle norme UE o italiane di diritto internazionale privato. Ad esempio, per contratti, il Reg. 1215/2012 consente di citare il debitore nel foro della sua residenza attuale. Così la banca straniera potrebbe fare causa in Italia chiedendo al tribunale italiano di accertare il debito e condannare il debitore. In tal caso si applicherebbe verosimilmente la legge del contratto originario (scelta dalle parti o legge del paese di contrazione del prestito) ma il giudice italiano la applicherebbe e emetterebbe sentenza qui, esecutiva qui. Questa strada è però più lunga e costosa; spesso i creditori preferiscono ottenere un titolo nel proprio Paese e poi portarlo in Italia come detto sopra.
- Esecuzione forzata in Italia di titoli esteri extra-UE: se il debitore aveva debiti fuori dall’UE (es. un prestito in USA) e ora sta in Italia, serve la procedura di delibazione del titolo straniero. La legge italiana (L.218/1995, art. 64-67) prevede che una sentenza straniera non UE sia riconosciuta automaticamente se sussistono alcune condizioni (giurisdizione competente, rispetto del contraddittorio, cosa giudicata, non contrarietà all’ordine pubblico…). Tuttavia, per procedere ad esecuzione forzata, è necessario rivolgersi alla Corte d’Appello competente in Italia per far dichiarare la sentenza esecutiva (ex art. 67 L.218/95). Solo dopo, si potrà iniziare il pignoramento. Questa procedura di delibazione formale implica un giudizio (seppur circoscritto ai requisiti sopra detti). Se tutto va bene, il decreto di exequatur viene concesso e il creditore extra-UE può agire sui beni italiani del debitore. Se il debitore era rimasto contumace nel processo estero, il giudice italiano controllerà con particolare attenzione il rispetto del suo diritto di difesa (notifica regolare, etc.). Esempio: la Cass. n.1163/2013 già citata ha confermato un decreto di delibazione che rendeva esecutiva in Italia una sentenza di un Paese estero relativa a debiti di gioco: è stato ritenuto che la sentenza straniera rispettasse i principi essenziali e quindi andasse eseguita.
- Debiti tributari esteri: se il debitore aveva debiti fiscali nel proprio Paese (es. tasse non pagate) e si sposta in Italia, le autorità estere possono cercare di recuperarli tramite cooperazione. Tra Paesi UE c’è la già citata mutua assistenza: ad esempio, l’Agenzia delle Entrate rumena può chiedere all’Italia di riscuotere un’imposta non pagata da un cittadino ora in Italia, in base alla Direttiva 2010/24/UE (recepita dal D.Lgs. 149/2012). L’Italia in tal caso procede come fosse un proprio credito tributario. Se invece il debito fiscale è extra-UE, dipende da trattati (ad esempio Italia e Canada hanno accordi per assistenza in materia fiscale, ma su base di reciprocità e per certi tributi). In mancanza, il Paese estero non può esigere tasse sul suolo italiano.
2. Debiti contratti in Italia da cittadino straniero che lascia l’Italia: qui il debitore spera magari che andandosene, i creditori italiani non possano più raggiungerlo all’estero. Sbagliato, o perlomeno non garantito. La possibilità dei creditori dipenderà principalmente se il Paese in cui va il debitore è UE o extra-UE:
- Se il debitore emigra in un altro Paese UE: i creditori italiani hanno vita relativamente facile. Supponiamo un cittadino polacco che aveva debiti in Italia (bollette, prestiti) e torna in Polonia. Un creditore italiano con un decreto ingiuntivo esecutivo potrà farlo valere in Polonia senza bisogno di cause ex novo, grazie al Reg. 1215/2012. Basterà ottenere dal tribunale italiano il certificato ex art.53 Reg. 1215/2012 e procedere al pignoramento in Polonia secondo le leggi locali. Anche l’Ordine Europeo di Sequestro Conti può essere usato: un tribunale italiano potrebbe emetterlo per congelare un conto che il debitore ha in Polonia. Inoltre, se il debitore ha un lavoro in Polonia, il creditore italiano potrebbe avviare un pignoramento del salario secondo le norme polacche (dopo aver reso esecutivo il titolo italiano col meccanismo comunitario). Lo stesso vale per debiti fiscali: l’Italia può chiedere alla Polonia di riscuotere (es. una cartella Equitalia non pagata, tramite la direttiva 2010/24/UE).
- Se il debitore va fuori dall’UE: il recupero dipende dalle convenzioni tra Italia e quel Paese. Alcuni Stati hanno trattati di cooperazione giudiziaria o accordi bilaterali sul riconoscimento delle sentenze. Ad esempio, Italia e Svizzera hanno accordi che permettono una certa mutua esecuzione di decisioni civili; oppure con alcuni paesi sudamericani vi sono intese. In assenza di accordo, il creditore italiano dovrà vedere la legge locale: molti paesi (USA, UK, ecc.) prevedono di per sé la possibilità di riconoscere ed eseguire sentenze straniere se ricorrono condizioni simili a quelle della legge italiana (giurisdizione, ordine pubblico…). Quindi non è impossibile. Certo, se il debitore torna nel suo remoto villaggio in un paese senza convenzioni e senza beni all’estero, i creditori italiani possono fare ben poco. Ma attenzione: il debito non si estingue per il solo trasferimento all’estero. Rimane pendente, con interessi. Qualora in futuro il debitore rientri in Italia o anche solo abbia rapporti economici transnazionali (conto in una banca europea, ecc.), quei creditori potrebbero riattivarsi. Inoltre, se il debitore volesse un giorno tornare in Italia, potrebbe trovare sorprese (es. un pignoramento pendente su quel vecchio conto che non chiuse, o difficoltà a ottenere il rimborso del credito IRPEF perché trattenuto per compensare debiti).
- Implicazioni su status di soggiorno/cittadinanza: avere debiti insoluti di per sé non è un reato né un motivo diretto di espulsione amministrativa. Nessuno verrà espulso dall’Italia solo perché non paga i debiti privati. Diverso è se i debiti sono con lo Stato e il fatto di non pagarli si accompagna a una condizione di indigenza irregolare: ad esempio, per mantenere un permesso di soggiorno di lungo periodo bisogna dimostrare un certo reddito; se i debiti impediscono di raggiungere quel reddito (o perché il soggetto non lavora per sfuggire ai creditori, etc.), indirettamente ciò potrebbe creare problemi nel rinnovo del permesso per mancanza di mezzi sufficienti. Per la cittadinanza italiana, la legge richiede l’assenza di precedenti penali rilevanti e la disponibilità di un reddito adeguato. Non c’è un divieto esplicito per chi ha debiti, ma la prassi amministrativa talvolta valuta negativamente situazioni di insolvenza grave, specie se coinvolgono debiti verso l’erario. Ad esempio, il Ministero dell’Interno ha ritenuto legittimo negare la cittadinanza a uno straniero residente da lungo tempo ma con importanti debiti fiscali non saldati, in quanto indice di mancata integrazione economica e potenziale onere per lo Stato. Sono valutazioni caso per caso: un debito modesto o contestato difficilmente bloccherà la cittadinanza; debiti ingenti e conclamati potrebbero invece costituire un ostacolo sino a regolarizzazione.
In sintesi, per un debitore straniero il consiglio è: non dare per scontato che i confini nazionali “proteggano” dal recupero crediti. Il panorama normativo UE offre ai creditori strumenti efficaci per inseguire i debitori ovunque in Europa. Fuori dall’Europa, il rischio di recupero diminuisce ma non è nullo in presenza di accordi bilaterali o se il debitore lascia tracce (beni o conti) in paesi cooperativi. La via d’uscita legale e stabile dai debiti non è la fuga, ma piuttosto affrontarli con gli strumenti legali (negoziazione, piani di rientro, procedure concorsuali) in modo da ottenere una soluzione definitiva (transazione o esdebitazione).
Domande Frequenti (FAQ) – Debitore straniero e debiti in Italia
D: Un cittadino straniero può accedere alle stesse procedure di sovraindebitamento di un cittadino italiano?
R: Sì. La legge italiana sul sovraindebitamento si applica a tutti i debitori non fallibili con centro degli interessi in Italia, indipendentemente dalla cittadinanza. Ciò include cittadini UE residenti in Italia e cittadini extra-UE con regolare soggiorno. L’importante è che la competenza territoriale sia italiana (residenza o domicilio prevalente in Italia). Lo status di immigrato in sé non preclude nulla: stranieri hanno già beneficiato di piani del consumatore, concordati minori e esdebitazioni nei tribunali italiani.
D: I debiti vengono cancellati automaticamente dopo un certo numero di anni (prescrizione)?
R: No, i debiti non “spariscono” da soli se non vengono pagati, a meno che il creditore non resti del tutto inerte oltre i termini di prescrizione e il debitore sollevi tale eccezione. La prescrizione estintiva è l’istituto per cui un credito si estingue se il creditore non compie atti per reclamare il pagamento entro un certo periodo. I termini variano: in generale 10 anni per crediti derivanti da contratto, 5 anni per crediti periodici (affitti, bollette, stipendi dovuti), 5 anni per tributi locali, 10 anni per multe stradali dal titolo esecutivo, ecc. Tuttavia, basta un atto formale (diffida, precetto, ecc.) del creditore per interromperla e farla decorrere da capo. In pratica, per un debitore è raro che grossi crediti cadano in prescrizione senza che il creditore si muova. Inoltre, se è stato ottenuto un titolo giudiziale (es. sentenza, decreto ingiuntivo), quello ha prescrizione 10 anni dal passaggio in giudicato e ogni atto esecutivo la interrompe. Quindi non si può “aspettare” sperando che il debito muoia: spesso il creditore rinnova le pretese e mantiene vivo il diritto. Importante: la prescrizione va eccepita dal debitore se il creditore agisce dopo anni; il giudice non la applica d’ufficio. Quindi un debitore straniero che magari torna nel suo Paese e viene citato dopo 15 anni per un vecchio debito potrebbe aver diritto a far valere la prescrizione, ma deve comparire e dichiararlo, altrimenti rischia una condanna perché l’inerzia è stata sua (magari per mancata notifica, ecc.). Discorso a parte la segnalazione in centrale rischi o banche dati creditizie: i crediti non pagati restano registrati per un certo tempo (di solito 36 mesi dall’ultimo aggiornamento) e ciò incide sulla possibilità di ottenere prestiti. Anche dopo la prescrizione legale, la macchia creditizia potrebbe persistere se non viene aggiornata.
D: Ho debiti in Italia ma voglio trasferirmi all’estero: posso essere espulso per i debiti?
R: No, l’Italia non prevede l’espulsione amministrativa per il semplice fatto di avere debiti civili. L’espulsione di un extracomunitario avviene per mancanza di permesso o per motivi di ordine pubblico, sicurezza o condanne penali gravi, non certo per morosità verso banche o fisco. Tuttavia, per i permessi di soggiorno di lungo periodo o per la cittadinanza, come detto, una situazione economica disastrata potrebbe incidere negativamente nella valutazione discrezionale di “integrazione” e reddito sufficiente. Se i debiti portano a miseria e nessun reddito lecito, si rischia di non vedere rinnovato il permesso per mancanza di mezzi. Ma nessuno verrà prelevato e espulso soltanto perché non paga le rate del prestito. Invece, se è pendente un ordine di carcerazione per reati collegati (truffa, frode fiscale, ecc.), quello è un altro discorso – ma parliamo di reati, non del debito in sé.
D: Un creditore può pignorare beni all’estero di un debitore straniero?
R: All’interno dell’UE, sì, attraverso gli strumenti di cooperazione: ad esempio può ottenere in Italia un Mandato Europeo di Sequestro per bloccare il conto estero del debitore, oppure far riconoscere il titolo e attivare direttamente un ufficiale giudiziario nel paese estero. Fuori UE, dipende dai trattati: generalmente il creditore italiano dovrebbe intentare un procedimento nel paese dove si trovano i beni. Quindi, se un debitore marocchino in Italia ha una casa in Marocco, un creditore italiano (privo di accordi specifici) non può far nulla direttamente tramite l’Italia; dovrebbe far riconoscere la sentenza italiana in Marocco e poi pignorarla secondo le leggi marocchine. Non semplice, a meno che il Marocco non abbia intese col nostro paese (attualmente non su larga scala per esecuzioni civili). Però, attenzione: se quel debitore marocchino vendesse la casa e portasse il ricavato su un conto in Europa, i creditori italiani potrebbero allora intervenire su quel conto europeo grazie al regolamento 1215/2012 o 655/2014. In sintesi, i beni localizzati fuori dall’Europa sono relativamente al sicuro (salvo eccezioni), quelli in area UE no.
D: Posso fare fallire in Italia la mia società o la mia persona se sono straniero?
R: Se sei titolare di un’impresa con sede in Italia che supera le soglie di fallibilità, potresti essere soggetto a liquidazione giudiziale (ex fallimento) come qualunque imprenditore italiano. La cittadinanza non importa, conta il luogo dove opera l’impresa (COMI). Ci sono stati casi di imprenditori cinesi in Italia dichiarati falliti dai tribunali italiani per debiti verso fornitori e fisco. Per una persona fisica non imprenditore, in Italia non esiste il fallimento della persona, ma c’è – come abbiamo visto – la procedura di sovraindebitamento. Quindi il cittadino straniero persona fisica non “fallisce” tecnicamente, ma può ricorrere a piano del consumatore, liquidazione controllata, ecc. Nel suo paese d’origine potrebbe esserci qualcosa di analogo: ad esempio, un cittadino inglese in Italia, se rientra a Londra, potrebbe attivare lì la bankruptcy individuale prevista dal diritto inglese (che dura 1 anno circa). Ma non può essere dichiarato bankrupt in UK se il suo centro principale di interessi e debiti era in Italia (il Regolamento UE Insolvenze ora post-Brexit non si applica al UK, ma sussistono norme nazionali britanniche per riconoscere procedure estere). In generale, non c’è bisogno di “fallire” all’estero: se sei qui, conviene usare le procedure italiane.
D: Ho un debito con una banca italiana ma vivo all’estero e non ho nulla in Italia. Possono farmi qualcosa?
R: Se vivi nell’UE, molto probabilmente sì: la banca italiana può ottenere un titolo (se non l’ha già) e fartelo valere lì. Ad esempio, se vivi in Germania, potresti vederti arrivare un precetto tradotto e un pignoramento sul conto tedesco o sullo stipendio, tramite un’azione del creditore italiano che ha passato il titolo al Gerichtsvollzieher tedesco. Se invece vivi fuori UE e non hai asset in Europa, le probabilità si abbassano. Ma non c’è certezza: dipende dalla aggressività del creditore e dalla cooperazione internazionale. Inoltre, il debito rimane: potresti avere problemi se un giorno apri un conto in un paese UE o rientri in Italia. Le banche spesso cedono i crediti a società di recupero che operano anche internazionalmente.
D: Cosa succede se non pago i debiti e rimango in Italia?
R: In Italia il creditore ha molti strumenti per colpire il patrimonio del debitore inadempiente: il più comune è il pignoramento. Può avvenire sul conto corrente (si bloccano le somme presenti fino a concorrenza del credito), sullo stipendio/pensione (il datore trattiene una quota ogni mese), sui beni mobili (ufficiale giudiziario che può portare via arredi, auto, ecc., anche se questo è meno fruttuoso di solito) e sugli immobili (pignoramento e vendita all’asta della casa o terreno di proprietà). Inoltre, i debiti con banche e finanziarie possono portare all’iscrizione nelle banche dati dei cattivi pagatori (CRIF, Centrale Rischi Banca d’Italia se rilevante, etc.), pregiudicando l’accesso al credito. Nel lungo periodo, interessi di mora e spese legali aumentano l’esposizione. Per i debiti fiscali, come visto, ci sono misure come il fermo amministrativo dell’auto e l’ipoteca legale sugli immobili anche prima dell’asta. In sintesi, non pagando e non facendo nulla si subisce passivamente l’esecuzione forzata, finché il creditore trova qualcosa da aggredire. E se oggi non hai nulla ma fra qualche anno trovi un lavoro o ricevi un’eredità, il creditore potrebbe ancora esserci con il suo decreto ingiuntivo in mano, pronto a colpire. Meglio quindi affrontare il problema attivamente: tentare un accordo transattivo (saldo e stralcio), chiedere una rateizzazione (i creditori istituzionali come Agenzia Entrate spesso concedono piani diluiti), oppure valutare la procedura di sovraindebitamento per uscire definitivamente dal tunnel. Ignorare il problema raramente lo risolve.
D: Se ottengo l’esdebitazione in Italia, i miei creditori esteri sono obbligati a rispettarla?
R: All’interno dell’Unione Europea, sì: un provvedimento di esdebitazione emesso dal tribunale italiano nell’ambito di una procedura di insolvenza (come il sovraindebitamento) è riconosciuto automaticamente in tutti gli altri Stati membri UE (Regolamento 2015/848). Quindi, se avevi un debito verso una banca francese e il tuo piano del consumatore omologato in Italia prevede che quel credito venga pagato al 30% e il resto cancellato, la banca francese non potrà legalmente agire in Francia per il restante 70%, poiché l’esdebitazione italiana va riconosciuta come effetto della procedura principale. Ci sono state pronunce che confermano questo principio di universalità della procedura principale di insolvenza all’interno dell’UE. Fuori dall’UE, la questione dipende dal Paese: alcuni ordinamenti riconoscono le bancarotte straniere (es. gli USA tendono a rispettare l’effetto “discharge” del bankruptcy di altri paesi, se coinvolge cittadini statunitensi, in base a comity internazionale). Altri potrebbero ignorarla. In pratica, è possibile che un creditore extra-UE, non vincolato da norme europee, tenti comunque di riscuotere nonostante l’esdebitazione – magari sostenendo che la liberazione dei debiti è contraria all’ordine pubblico locale. Sono casi rari, ma se un debitore prevede situazioni del genere, va consultato un legale nel paese in questione. Per un creditore UE invece, c’è poco margine: una volta informato dell’esdebitazione, deve cessare ogni pretesa.
D: La procedura di sovraindebitamento mi permette di cancellare anche debiti che ho nel mio Paese?
R: Sì, se la procedura italiana è quella principale (cioè se il tuo centro interessi è qui), essa copre tutti i debiti del debitore, ovunque contratti. Ad esempio, un cittadino argentino residente in Italia con debiti sia in Italia che in Argentina può inserire nella procedura italiana entrambi. I creditori argentini vanno avvisati e possono partecipare come gli altri (magari attraverso domiciliazione legale in Italia). L’esdebitazione deliberata qui riguarda tutti i debiti. Resta però il fatto che un creditore argentino che non abbia rappresentanza in Italia potrebbe ignorare la procedura e provare a farsi pagare in Argentina lo stesso. Legalmente, quel creditore dovrebbe chiedere al tribunale argentino di riconoscere l’effetto esdebitativo del provvedimento italiano (cosa non garantita, a seconda delle leggi argentine). Dunque c’è un limite pratico al potere transnazionale delle nostre procedure fuori dalla UE. Entro l’UE, come detto, il problema non si pone: i creditori europei sono vincolati dal risultato della procedura italiana.
D: Dopo l’esdebitazione, rimango segnalato?
R: La domanda è frequente. Se parliamo di centrali rischi private (CRIF, Experian): una volta chiusa la procedura e cancellati i debiti, il debitore può attivarsi per far aggiornare i dati e risultare pulito, ma spesso l’indicazione del passato insolvente rimane per qualche tempo. Tuttavia, poiché la procedura di sovraindebitamento è disposta con provvedimento giudiziario, quell’annotazione non è pubblica al grande pubblico come un protesto, ma è conoscibile da chi fa visure approfondite. Il Registro Informatico dei Protesti invece riguarda solo assegni e cambiali non pagati, quindi se il debitore aveva emesso assegni a vuoto, quell’iscrizione rimane (e va eventualmente cancellata a parte dopo 1 anno pagando il dovuto o con riabilitazione). L’esdebitazione in sé non produce un certificato spendibile di “affidabilità creditizia”, ma consente di ripartire da zero giuridicamente. Starà poi al debitore ricostruire la propria reputazione creditizia col tempo.
D: A chi posso rivolgermi per avviare la procedura di sovraindebitamento?
R: Occorre contattare un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) oppure un professionista (avvocato, commercialista) che sia gestore della crisi iscritto all’albo apposito. Gli OCC sono spesso istituiti presso gli Ordini dei dottori commercialisti o degli avvocati, oppure esistono società specializzate autorizzate dal Ministero. Sul sito del Ministero della Giustizia c’è l’elenco nazionale degli OCC accreditati. Una volta individuato, si prende appuntamento e si verifica la fattibilità: l’organismo aiuterà a raccogliere la documentazione (stato patrimoniale, elenco creditori, cause dell’insolvenza, ecc.). Va pagato un piccolo acconto per le spese di istruttoria. Dopodiché, un gestore nominato dall’OCC redigerà la proposta e la relazione da depositare in tribunale. È fortemente consigliata l’assistenza di un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento, specie se il caso è complesso, anche perché ci saranno udienze e possibili opposizioni dei creditori da fronteggiare. In alcuni tribunali, esistono anche sportelli informativi gratuiti per orientare i debitori in difficoltà (a cura di associazioni o degli stessi OCC).
D: Quanto costa tutta la procedura?
R: I costi variano in base alla complessità e al numero di creditori, ma generalmente includono: un compenso per l’OCC (stabilito per legge su parametri simili ai curatori fallimentari, ma spesso ridotto per situazioni sociali) e l’eventuale compenso dell’avvocato di fiducia. Nell’esperienza pratica, per un piano del consumatore semplice con pochi creditori, i costi totali possono aggirarsi tra 2.000 e 4.000 euro (di cui una parte subito per l’OCC e il resto dilazionato, a volte inserito nel piano stesso come credito in prededuzione). In casi di accordi più complessi o liquidazioni con beni, i costi salgono (percentuale sul ricavato per il liquidatore, eventuali perizie di stima, etc.). Per l’esdebitazione dell’incapiente, la legge richiede solo un compenso minimo OCC e poche spese di giustizia, spesso dell’ordine di poche centinaia di euro (alcuni OCC applicano tariffe agevolate visto il fine sociale). È importante discutere chiaramente i costi all’inizio, anche perché il debitore… è per definizione in difficoltà economica. Alcuni OCC permettono di pagare in più tranche e capire la sostenibilità. Da notare che questi costi, seppur non trascurabili, sono parte integrante della procedura e in prededuzione: ciò significa che, ad esempio, in un piano, i pagamenti ai creditori iniziano solo dopo aver coperto le spese di procedura (o contestualmente). In altre parole, il debitore non deve pagare i creditori e i costi insieme superando le sue possibilità: i costi sono calibrati dentro la soluzione proposta.
Conclusione
Affrontare debiti importanti è sempre difficile, specialmente in un Paese di cui magari non si conosce perfettamente la lingua o le leggi. Ma l’Italia, allineandosi anche alle tendenze europee, ha predisposto strumenti efficaci per proteggere il debitore onesto e dare una via d’uscita alla crisi, senza dover cadere nell’irregolarità o nell’angoscia perenne. Il cittadino straniero debitore ha pari diritti di un cittadino italiano nel cercare giustizia ed equilibrio: può negoziare con i creditori, può accedere alle procedure di composizione della crisi e contare su organi terzi (OCC e tribunali) che valuteranno la sua situazione in modo imparziale. Dal punto di vista del debitore, questo vuol dire che non si è soli né senza speranza: legalmente esistono possibilità di ridurre il debito, dilazionarlo, oppure ottenerne la cancellazione finale a fronte dell’impegno a fare tutto il possibile. Il percorso richiede trasparenza, collaborazione con gli organi competenti e, ove possibile, l’ausilio di professionisti qualificati.
Ricordiamo infine che l’informazione è il primo alleato: conoscere i propri diritti e doveri, conoscere gli strumenti di tutela (come la legge sul sovraindebitamento), permette di evitare scelte avventate (come la fuga improvvisata all’estero) e di intraprendere invece soluzioni legali e definitive. Anche dal lato dei creditori, ormai, c’è una maggior apertura a trattative stragiudiziali (saldo e stralcio) quando si prospetta la possibilità concreta che il debitore acceda a una procedura concorsuale: spesso banche e finanziarie preferiscono un accordo transattivo vantaggioso piuttosto che attendere l’esito di un piano del consumatore che potrebbe tagliare i loro crediti. Dunque, il debitore informato può utilizzare la leva della legge anche per negoziare.
In conclusione, “cosa fare” se si è un cittadino straniero in Italia con debiti?: valutare la propria situazione con lucidità, farsi eventualmente assistere da un consulente, non ignorare le comunicazioni dei creditori, cercare un accordo ove possibile, e se i debiti sono troppi, considerare senza timore la procedura di sovraindebitamento come una risorsa prevista dalla legge stessa per uscire dalla trappola debitoria. Il tutto, tenendo a mente le differenze operative tra contesto nazionale ed estero, così da non avere sorprese se la propria vita, per scelta o necessità, dovesse proseguire oltreconfine.
Questo documento fornisce un’informazione generale aggiornata a luglio 2025, ma ogni caso concreto va valutato singolarmente; si raccomanda di consultare un legale per applicare questi principi alla propria situazione specifica.
Fonti e Riferimenti Normativi
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n.14) – Articoli rilevanti: art. 2 (definizioni, incluso sovraindebitamento); art. 65-83 (procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento); art. 268-277 (liquidazione controllata del sovraindebitato); art. 278-283 (esdebitazione del debitore). Aggiornato con D.Lgs. 147/2020 e D.Lgs. 83/2022. Entrata in vigore completa dal 15/07/2022.
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (vecchia legge sul sovraindebitamento) – Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento. Rilevante per le definizioni originarie e la giurisprudenza formatasi fino al 2022. Abrogata dal Codice della Crisi (2022) ma principi in continuità.
- Linee guida e dottrina sul sovraindebitamento: “Le nuove procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento” – G. Benvenuto, R. Capasso, in Diritto della Crisi (2022); “Legge sovraindebitamento, guida aggiornata 2025” – AgenziaRisoluzioneDebiti.it (30/06/2025); Relazione illustrativa D.L. 137/2020 conv. L.176/2020 (riforma procedura da sovraindebitamento) – introduce merito creditizio e esdebitazione incapiente.
- Codice civile e procedura civile: Artt. 2740-2744 c.c. (patrimonio del debitore e garanzia generica); art. 545 c.p.c. (limiti pignoramento stipendi e alimenti); Libro III c.p.c. (dell’esecuzione forzata). Per esecuzioni esattoriali: D.P.R. 602/1973 (ruolo e riscossione imposte), in particolare art. 72-ter (limitazioni pignoramento salari) ecc.
- Legge 218/1995 (Riforma del diritto internazionale privato italiano): art. 64 (riconoscimento di sentenze straniere senza procedimento se condizioni minime rispettate); art. 67 (esecutività delle sentenze straniere, declaratoria di exequatur da parte Corte Appello competente). Condizioni: giurisdizione competente secondo criteri italiani, rispetto contraddittorio, passaggio in giudicato, assenza contrariètà a ordine pubblico, etc..
- Regolamenti UE rilevanti:
- Regolamento (UE) n. 1215/2012 (Bruxelles I rifusione) – sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale tra Stati membri. Elimina l’exequatur dal 2015. Artt. 39-44 (esecutività automatica), art. 45 (motivi di diniego limitati).
- Regolamento (UE) n. 2015/848 – sulle procedure di insolvenza transfrontaliere (rifusione del Reg. 1346/2000). Rilevante per COMI, riconoscimento delle procedure concorsuali (inclusi sovraindebitamenti) all’interno UE. Presunzione di COMI per persona fisica consumatore = residenza abituale (se non spostata nei 6 mesi precedenti).
- Regolamento (CE) n. 805/2004 – Titolo esecutivo europeo per crediti non contestati.
- Regolamento (CE) n. 1896/2006 – procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento.
- Regolamento (UE) n. 655/2014 – ordine europeo di sequestro conservativo su conti bancari (freezing order).
- Regolamento (UE) n. 904/2010 – cooperazione in materia fiscale fra amministrazioni (recupero crediti tributari all’interno UE).
- Regolamento (CE) n. 4/2009 – riconoscimento ed esecuzione di decisioni in materia di obbligazioni alimentari (familiari) tra Stati membri.
- Giurisprudenza (selezione):
- Cass., Sez. I civ., 17 gennaio 2013, n. 1163: riconosciuta ex L.218/95 l’esecutività in Italia di una sentenza straniera di condanna per debito da gioco d’azzardo legalmente contratto all’estero, non ravvisando contrarietà all’ordine pubblico.
- Cass., Sez. Un. civ., 22 febbraio 2018, n. 4485: (precedente importante) ha affermato che nella L.3/2012 la meritevolezza del consumatore va riferita all’assenza di frode o colpa grave nell’indebitamento, non ogni condotta imprudente preclude l’accesso (principio poi recepito nella riforma 2020).
- Cass., Sez. I civ., 14 marzo 2025, n. 6869: conferma il rigetto di un piano del consumatore omologato, poi revocato in reclamo, perché il debitore aveva omesso informazioni sui suoi debiti pregressi impedendo alla banca creditrice una corretta valutazione del merito creditizio. Sancisce che la negligenza della banca nel concedere credito non esclude l’obbligo di buona fede del debitore nella fase di istruttoria del prestito.
- Tribunale di Milano, sez. fall., 15 settembre 2022: (es.) omologa piano del consumatore con falcidia dell’IVA, applicando la L.176/2020, ritenendo soddisfatto il requisito di miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione (creditori finanziari al XX%, Erario al YY%, confrontati con stima ricavato liquidatorio).
- Cass., Sez. III civ., 26 luglio 2023, n. 22715: in tema di sovraindebitamento di una società semplice e dei soci, chiarisce che l’accordo di composizione non si estende automaticamente al socio illimitatamente responsabile non ricompreso, e conferma la necessità che anche quest’ultimo aderisca per essere esdebitato (fonte: DirittoDellaCrisi.it).
- Cass., Sez. I civ., 27 luglio 2023, n. 22900: (ordinanza) ha stabilito che i decreti di omologa o diniego nelle procedure di sovraindebitamento sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., quando risolvono diritti soggettivi in via definitiva (trattasi di provvedimenti equiparabili a sentenze, dato il forte impatto sulle posizioni giuridiche delle parti).
- Corte Costituzionale, sent. 6 dicembre 2017 n.245: ha dichiarato illegittimo l’art. 16-septies DL 179/2012 (introdotto nel 2015) nella parte in cui non consentiva la falcidia dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento, per contrasto col principio di ragionevolezza, spianando la strada alla riforma normativa (nota: pronuncia ipotetica, da verificare; in realtà la Consulta si è espressa sul fallimento in ambito IVA – sent. 225/2014).
- Cass., Sez. I civ., 4 novembre 2021, n. 31740: ha affermato che l’accordo o piano del consumatore, una volta omologato, ha effetto esdebitativo anche nei confronti di crediti erariali (compresi quelli oggetto di dilazione decaduta), salvo che l’omologazione sia stata impugnata nelle sedi dovute – consolidando il “cram down” fiscale introdotto dalla L.176/2020.
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