Hai ricevuto un avviso di accertamento e stai valutando l’adesione?
L’Agenzia delle Entrate ti propone di definire in via agevolata le imposte contestate, pagando sanzioni ridotte e chiudendo la pratica senza avviare un contenzioso? In questi casi è fondamentale capire quando conviene aderire, quali sono le conseguenze fiscali e come impostare una strategia di difesa efficace.
Quando si può accedere all’accertamento con adesione?
– Quando ricevi un avviso di accertamento non ancora definitivo
– Quando ti viene notificato un invito al contraddittorio o un processo verbale di constatazione
– Quando preferisci evitare il ricorso e chiudere la controversia in via amministrativa
– Quando ritieni che una parte delle contestazioni sia fondata, ma vuoi limitare i danni
– Quando vuoi bloccare l’esecuzione immediata e ottenere tempo per pagare anche a rate
Cosa prevede l’accertamento con adesione?
– La possibilità di definire la pretesa tributaria prima del contenzioso, con un accordo scritto tra contribuente e Agenzia
– La riduzione delle sanzioni a un terzo del minimo previsto
– La possibilità di pagare in un’unica soluzione o fino a 8 rate trimestrali (o 16 rate per importi superiori a 50.000 euro)
– Il blocco di interessi di mora, aggio e riscossione coattiva fino alla definizione
– La possibilità di trattare punto per punto ogni rilievo, valutando se accettare, ridurre o respingere le contestazioni
Cosa contiene la proposta di adesione?
– Il riepilogo delle imposte contestate (IRPEF, IVA, IRES, IRAP, ecc.)
– L’elenco delle violazioni rilevate e il periodo d’imposta interessato
– Il calcolo delle sanzioni ridotte, degli interessi e degli importi complessivi
– Le modalità e i termini di pagamento, inclusa la possibilità di rateizzazione
– L’invito a comparire presso l’ufficio o a presentare osservazioni scritte
Come costruire una strategia di difesa efficace?
– Valuta con il tuo consulente se tutti i rilievi sono fondati o se ci sono errori da contestare
– Verifica se puoi fornire documenti o prove integrative che giustificano costi, deduzioni o omissioni
– Negozia con l’Agenzia la parziale riduzione delle imposte contestate
– Se l’Agenzia accoglie le tue osservazioni, formalizza l’accordo per limitare gli effetti dell’accertamento
– Se l’adesione non ti conviene, non firmare nulla e valuta il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria
Cosa puoi ottenere con l’adesione ben gestita?
– La chiusura definitiva del procedimento senza contenzioso
– La riduzione drastica delle sanzioni e degli interessi
– La possibilità di rateizzare l’importo dovuto, evitando blocchi o iscrizioni a ruolo
– Il mantenimento di una buona affidabilità fiscale, utile per i rapporti con banche e fornitori
– La prevenzione di ulteriori accertamenti, se sistemi anche le annualità precedenti o successive
Attenzione: l’accertamento con adesione non è sempre la soluzione migliore. Se le contestazioni sono infondate o sproporzionate, può essere più vantaggioso presentare ricorso. Ma se vuoi chiudere rapidamente e con un costo contenuto, l’adesione è uno strumento utile — a condizione di essere ben assistito.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in accertamenti fiscali, adesione e contenzioso tributario ti spiega cosa fare se ricevi una proposta di adesione, come trattare con l’Agenzia delle Entrate e come tutelare la tua posizione fiscale nel modo più sicuro.
Hai ricevuto un avviso di accertamento e vuoi sapere se conviene aderire?
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Introduzione
L’accertamento con adesione – talvolta chiamato anche concordato fiscale in adesione – è uno strumento deflattivo del contenzioso tributario che consente al contribuente di definire in via consensuale un avviso di accertamento con l’Amministrazione finanziaria. In pratica, si tratta di un accordo tra contribuente e Fisco per rideterminare l’imponibile e le imposte dovute a seguito di un controllo fiscale o di un avviso di accertamento, con benefici reciproci: il contribuente ottiene sanzioni ridotte e possibilità di rateizzare, mentre il Fisco incassa rapidamente ed evita un giudizio incerto. Una volta perfezionato l’accordo, questo sostituisce l’originario atto impositivo e diviene definitivo. Dal punto di vista del contribuente (qui considerato in ottica di “debitore” verso l’Erario), l’adesione rappresenta uno strumento strategico di difesa che, se ben gestito, può ridurre sensibilmente l’esborso e i rischi di un eventuale contenzioso. In questa guida – aggiornata a luglio 2025 alla luce delle ultime riforme normative e giurisprudenziali – esamineremo in dettaglio come funziona l’accertamento con adesione, quali sono le sanzioni applicabili e le relative riduzioni, e quali strategie difensive adottare. Il taglio sarà avanzato, con riferimenti a norme (normativa italiana aggiornata) e sentenze recenti, ma con un linguaggio giuridico chiaro e divulgativo adatto sia ai professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai contribuenti privati e imprenditori interessati a tutelare i propri diritti. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici riferiti al contesto italiano, e una sezione di domande e risposte (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni. Punto di vista adottato: il contribuente (“debitore” verso il fisco) e le sue possibilità di difesa nell’ambito dell’adesione.
Nozione e Finalità dell’Accertamento con Adesione
Che cos’è l’accertamento con adesione? È un procedimento amministrativo (disciplinato originariamente dal d.lgs. 19 giugno 1997 n. 218) che consente al contribuente di concordare con l’ufficio impositore l’esito di un accertamento fiscale. In concreto, dopo un controllo o la notifica di un avviso di accertamento, le parti possono sedersi a tavolino e ridefinire l’importo delle imposte dovute e degli eventuali imponibili contestati, formalizzando il tutto in un atto di adesione sottoscritto dal contribuente e dal Capo Ufficio (o delegato). Tale atto concordato sostituisce l’avviso di accertamento originario e fissa in via definitiva il debito tributario per quel periodo d’imposta. In cambio della collaborazione del contribuente, la legge prevede significativi benefici: su tutti, la riduzione delle sanzioni amministrative al 1/3 del minimo edittale (in luogo delle sanzioni piene che sarebbero applicate in caso di esito sfavorevole in giudizio). Inoltre il contribuente può accedere alla rateizzazione degli importi dovuti (vedremo dettagli a breve), beneficiando dunque di maggiore sostenibilità finanziaria. Dal lato opposto, l’Amministrazione finanziaria trae vantaggio da una definizione immediata e certa della pretesa tributaria, evitando di dover affrontare un lungo contenzioso dall’esito incerto. L’accertamento con adesione ha quindi una finalità deflattiva del contenzioso: rappresenta uno strumento di cooperazione Fisco-contribuente, in linea con i principi di collaborazione e buona fede (art. 10, c.1 L. 212/2000, Statuto del Contribuente) e con un moderno approccio di tax compliance.
Dal punto di vista giuridico, l’atto di adesione può essere inquadrato come un provvedimento impositivo consensuale: una volta perfezionato (cioè firmato da entrambe le parti e seguito dal pagamento concordato), esso diventa definitivo e vincolante, precludendo ulteriori contestazioni su quella materia. La Corte di Cassazione ha chiarito a più riprese che, dopo aver sottoscritto l’adesione e versato il dovuto, non è ammesso alcun ricorso contro l’avviso accertato in adesione né contro l’accordo medesimo. In tal senso l’accordo in adesione ha effetto “tombale” sul periodo d’imposta oggetto di definizione. Ciò evidenzia che il contribuente, aderendo, rinuncia alla via giudiziaria, ottenendo però in cambio benefici certi (riduzione sanzioni, ecc.) e l’eliminazione del rischio. Attenzione: dedicheremo un’apposita sezione agli effetti sul contenzioso e ai rischi nel caso in cui l’accordo non sia poi onorato dal contribuente (mancato pagamento).
È opportuno distinguere l’accertamento con adesione da altri istituti simili:
- Conciliazione giudiziale: a differenza dell’adesione (che avviene prima e in luogo del processo), la conciliazione è un accordo che interviene in sede processuale, quando il ricorso è già stato presentato al giudice. Anche la conciliazione comporta riduzione di sanzioni (generalmente 1/3 di quelle irrogate in sentenza), ma si svolge davanti alla Corte di Giustizia Tributaria (nuova denominazione delle Commissioni Tributarie). L’adesione invece previene il processo, facendo sì che non si arrivi nemmeno al giudizio.
- Acquiescenza all’accertamento: consiste nel pagamento integrale delle somme accertate (imposta, interessi) entro il termine per il ricorso, beneficiando di una riduzione delle sanzioni (anch’essa pari a 1/3) senza alcuna modifica del merito dell’atto. In sostanza l’acquiescenza è un’accettazione piena dell’accertamento così com’è, senza contraddittorio né revisione della pretesa. L’adesione invece implica una negoziazione sul contenuto: il contribuente può ottenere la rideterminazione in diminuzione dell’imponibile o dell’imposta, facendo valere le proprie ragioni, oltre ad avere la stessa riduzione sanzionatoria standard dell’acquiescenza. Dunque, a parità di sanzione ridotta (1/3), l’adesione offre un margine di trattativa sul quantum dovuto che l’acquiescenza non consente. Questo rende l’adesione di norma preferibile quando vi siano elementi per contestare almeno in parte l’atto.
Vantaggi in sintesi: l’accertamento con adesione si inserisce in una logica di “compliance collaborativa” dove il contribuente ottiene duplice beneficio: (1) sanzioni ridotte a un livello fisso conveniente (1/3 del minimo edittale, che spesso equivale a circa il 30% dell’imposta contestata invece di sanzioni che possono arrivare al 100% o più), e (2) certezza immediata su quanto dovuto (evitando l’alea del giudizio). A ciò si aggiungono la possibilità di dilazione di pagamento, il differimento dei termini di impugnazione (vedremo: la presentazione dell’istanza di adesione sospende i termini per proporre ricorso, dando “respiro” al contribuente) e, non ultimo, eventuali benefici in ambito penale tributario qualora le somme dovute vengano integralmente pagate. Su quest’ultimo punto, infatti, va ricordato che il D.Lgs. 74/2000 prevede cause di non punibilità o attenuanti se il contribuente versa tutte le imposte e sanzioni prima di determinate fasi del processo penale (ad esempio, per il reato di dichiarazione infedele, il pagamento integrale del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento estingue il reato). Pertanto, dal punto di vista del debitore, l’adesione può rappresentare anche una scelta prudenziale per sanare la posizione fiscale e mitigare rischi penali connessi a violazioni tributarie gravi. (Si noti che qui ci concentreremo sui profili amministrativi; i riflessi penali saranno solo accennati quando utili alla strategia difensiva complessiva).
Quadro Normativo e Ultime Novità (2023–2025)
La disciplina dell’accertamento con adesione è stata introdotta nel 1997 e da allora più volte ritoccata. Negli ultimi anni, una profonda Riforma Fiscale (avviata con la Legge Delega 9 agosto 2023 n. 111 e attuata con vari decreti legislativi tra fine 2023 e 2024) ha innovato alcuni aspetti chiave dell’istituto, soprattutto per coordinarlo con il nuovo principio del contraddittorio endoprocedimentale generalizzato e per ampliarne l’ambito applicativo. Di seguito riepiloghiamo gli interventi normativi più recenti di maggior rilievo:
- D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 219 – Nuovo Statuto del Contribuente: ha inserito nello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) l’art. 6-bis, che dal 18 gennaio 2024 ha introdotto l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per tutti gli atti impositivi impugnabili (salvo specifiche esclusioni). In altri termini, a partire da tale data, prima di emettere un avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate deve instaurare un confronto anticipato col contribuente (un “contraddittorio informato ed effettivo”) comunicando una bozza di atto e attendendo le eventuali osservazioni del contribuente (60 giorni nei casi ordinari). L’omesso contraddittorio, quando dovuto, comporta l’annullabilità dell’atto senza necessità per il contribuente di provare la concreta lesività (non è più richiesta la “prova di resistenza”). Questa novità ha implicazioni dirette sull’adesione, come si vedrà, perché integra la procedura di adesione nelle fasi che precedono l’avviso definitivo: il legislatore ha previsto meccanismi ad hoc per invitare il contribuente a definire in adesione già in sede di contraddittorio obbligatorio, nonché regole particolari sui termini se l’adesione viene richiesta dopo. Nota bene: per gli atti emessi prima del 18/1/2024 continua ad applicarsi la normativa previgente (contraddittorio non obbligatorio salvo materia IVA o casi specifici) e ciò è stato confermato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione. La sentenza Cass. SS.UU. n. 7966 del 25/03/2024 ha infatti stabilito che le nuove regole sul contraddittorio si applicano solo agli atti emessi da quella data in poi, mentre per gli atti precedenti vale il regime anteriore (distinzione tra tributi “armonizzati” UE e non, etc.). Questo per evitare applicazioni retroattive della nullità. In sostanza, l’obbligo generalizzato di contraddittorio è una pietra miliare entrata in vigore nel 2024 e l’adesione ne è diventata parte integrante.
- D.Lgs. 12 febbraio 2024 n. 13 – Riforma dell’accertamento tributario e concordato preventivo biennale: è il decreto attuativo della delega fiscale dedicato alla revisione del procedimento accertativo. Il Titolo I (artt. 1-5) di questo decreto ha ridisegnato la disciplina dell’accertamento con adesione (mentre il Titolo II introduce il concordato preventivo biennale, istituto distinto su cui non ci soffermiamo qui). Le modifiche principali all’adesione sono state: (a) Procedura di avvio differenziata se l’atto è soggetto o meno a contraddittorio obbligatorio; (b) Reintroduzione dell’adesione ai verbali di constatazione (PVC) – strumento che in passato esisteva ma era caduto in disuso normativo, e che ora torna con forti incentivi (sanzioni ridotte ad 1/6); (c) Esplicita previsione che una sola istanza di adesione può essere presentata per ciascun atto (per evitare dubbi, visto che già di fatto non era possibile presentare più istanze sulla stessa materia); (d) Precisazioni sugli effetti e sul perfezionamento (ad esempio, è stato chiarito normativamente che la prova del pagamento, se rateale, va fornita entro determinati termini); (e) Estensione dell’ambito dell’adesione anche agli atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente compensati, e coordinamento con l’istituto della definizione agevolata delle sanzioni al terzo. Come vedremo, l’art. 1 comma 1 del d.lgs. 13/2024 ha modificato l’art. 1 del d.lgs. 218/1997 includendo tra gli atti definibili in adesione anche gli avvisi di recupero di crediti non spettanti o inesistenti (ad esempio per utilizzo in compensazione di un credito fiscale non dovuto). Al contempo, per tali atti è previsto che il pagamento in adesione debba avvenire in unica soluzione e senza possibilità di compensazione. Le novità del decreto 13/2024 sono entrate in vigore il 22 febbraio 2024, ma molte si applicano agli atti emessi dal 30 aprile 2024 (data indicata dal legislatore come spartiacque). In sintesi, la Riforma Fiscale 2023–2025 ha reso l’adesione uno strumento ancora più centrale: obbligo di contraddittorio prima dell’atto, con invito automatico all’adesione; adesione ai PVC per intervenire prima che l’accertamento venga emesso; eliminazione di istituti paralleli (ad esempio, la “mediazione tributaria” per le piccole liti è stata di fatto assorbita dal nuovo contraddittorio e non è più prevista come fase obbligatoria separata dal 2023).
- Ulteriori disposizioni recenti: meritano cenno un paio di interventi normativi collegati. Il D.Lgs. 29 marzo 2019 n. 34 (cd. “Decreto Crescita”) aveva soppresso la possibilità di adesione ai PVC e introdotto in sua vece la “definizione agevolata dei PVC” (pagamento delle sole imposte senza sanzioni entro certi termini). Tale regime però aveva validità temporanea. Ora con la riforma 2024 si torna alla classica adesione ai PVC ex art. 5-bis d.lgs. 218/1997. Inoltre, la L. 130/2022 (riforma della giustizia tributaria) ha rimodellato il processo tributario introducendo il giudice monocratico per le liti minori e l’istruttoria rafforzata, ma questi aspetti ci toccano meno direttamente qui, se non per il fatto che evitare il contenzioso oggi è ancor più auspicabile visto che la giustizia tributaria è in fase di assestamento.
In conclusione, dal quadro normativo emerge che al luglio 2025 l’istituto dell’accertamento con adesione è regolato da:
- D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218, come modificato ed integrato da successivi provvedimenti (in particolare dal D.Lgs. 13/2024);
- Statuto del Contribuente (L. 212/2000), in particolare l’art. 6-bis introdotto nel 2024 che incide sulla procedura di adesione;
- D.Lgs. 218/1997, art. 5-bis (adesione ai PVC) reintrodotto dalla riforma 2024, dopo un periodo in cui la definizione dei PVC era disciplinata da norme speciali;
- Norme collegate, ad es. D.Lgs. 472/1997 (sanzioni tributarie) per quanto concerne la misura delle sanzioni ridotte, e D.P.R. 600/1973 art. 41-bis e D.P.R. 633/1972 art. 54 co.4 per la possibilità di emettere accertamenti parziali su PVC (requisito tecnico per poter aderire ai PVC).
- Circolari e prassi: l’Agenzia delle Entrate emanerà (ci si attende, nel 2025) una circolare esplicativa sulla nuova disciplina, ma al momento si fa riferimento alle interpretazioni sistematiche e ai chiarimenti forniti dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Una prima Circolare esplicativa è la n. 18/E del 17 settembre 2024 (dedicata però in prevalenza al concordato preventivo biennale), e la recente Circolare n. 9/E del 24 giugno 2025 che ha fornito indicazioni tecniche (come l’invio congiunto dell’istanza di adesione unitamente ad altri modelli dichiarativi).
Procedura di Adesione su Accertamenti (ordinari)
Esaminiamo ora come si svolge concretamente il procedimento di accertamento con adesione quando il contribuente riceve un avviso di accertamento (o di rettifica) da parte dell’Agenzia delle Entrate. Distinguendo, ove rilevante, due situazioni: (1) atti soggetti a contraddittorio preventivo obbligatorio e (2) atti non soggetti a tale contraddittorio (perché esclusi o emessi in ambiti in cui non è previsto).
- Invito all’adesione nell’avviso: In base alla normativa vigente, tutti gli avvisi di accertamento (o di rettifica/liquidazione) emessi dall’Agenzia delle Entrate devono contenere l’invito al contribuente a formulare istanza di accertamento con adesione. Questo avviso all’adesione è inserito sia negli atti preceduti da contraddittorio obbligatorio, sia in quelli che ne sono esclusi. In pratica, in calce o nell’allegato all’accertamento, l’Ufficio informa il contribuente che può richiedere l’attivazione della procedura di adesione entro un certo termine (che varia, come vedremo, a seconda dei casi). Se l’atto era soggetto a contraddittorio preventivo, l’invito all’adesione viene formulato già nella comunicazione iniziale (lo “schema di atto” inviato per il contraddittorio): in tal caso il contribuente è invitato, in luogo delle mere osservazioni, a presentare direttamente istanza di adesione entro 30 giorni. Se invece l’atto non richiede contraddittorio anticipato, l’invito è direttamente nell’avviso finale, e il contribuente potrà attivarsi entro i termini di impugnazione.
- Termini per presentare l’istanza:
- Avvisi soggetti a contraddittorio preventivo: in tali casi, la procedura prevede due possibili momenti per chiedere l’adesione. Prima opzione: il contribuente, ricevuto lo schema di atto in fase pre-accertamento, può presentare istanza di adesione entro 30 giorni da tale comunicazione. Ciò sostituisce di fatto l’invio delle osservazioni: invece di limitarsi a controdedurre per iscritto, il contribuente sceglie di imboccare subito la via dell’adesione, manifestando la volontà di definire la pretesa consensualmente. Se lo fa, si apre immediatamente il dialogo con l’ufficio per raggiungere un accordo. Seconda opzione: se il contribuente, in sede di contraddittorio, si è limitato a presentare memorie difensive (o non ha aderito per qualsivoglia ragione), potrà ancora richiedere l’adesione dopo aver ricevuto l’avviso di accertamento definitivo, ma in questo caso entro un termine ridotto di 15 giorni dalla notifica dell’atto. Questa riduzione (15 gg anziché i canonici 60 di impugnazione) è una novità introdotta dal d.lgs. 13/2024: serve a evitare che, avendo già beneficiato di una fase di contraddittorio, si prolunghi eccessivamente la definizione. Inoltre, in tale scenario, anche la sospensione dei termini di ricorso è più breve (30 giorni) invece di 90. In altre parole: se esisteva già un contraddittorio precontenzioso che il contribuente ha preferito sfruttare solo parzialmente, viene data un’ulteriore chance di adesione post-notifica ma con tempi stringati. È quindi fondamentale che il contribuente decida per tempo la propria strategia: se in sede di contraddittorio presenta solo osservazioni, sappia che poi avrà solo 15 giorni per chiedere l’adesione una volta giunto l’avviso finale, e il “bonus” di sospensione sarà di un mese.
- Avvisi non soggetti a contraddittorio (o per i quali non sia stata attivata la fase precontenziosa): in questi casi, l’avviso di accertamento, di rettifica o l’atto di recupero viene notificato senza una fase di confronto preventivo formale. Il contribuente, ricevuto l’atto, potrà presentare istanza di adesione entro il normale termine di impugnazione (60 giorni dalla notifica). La prassi consiglia di inoltrare l’istanza preferibilmente non troppo a ridosso della scadenza, per consentire all’ufficio di organizzare il contraddittorio, ma è un diritto esercitabile fino all’ultimo giorno utile per il ricorso. L’istanza va presentata all’ufficio che ha emesso l’atto (la Direzione Provinciale/Agenzia competente, indicata in testa all’avviso). Può essere consegnata a mano (facendola protocollare) o inviata con raccomandata A/R o via PEC, se l’ufficio accetta comunicazioni via PEC. Non esiste un modulo ministeriale obbligatorio, anche se gli uffici spesso ne mettono a disposizione uno facoltativo; è sufficiente una semplice lettera in carta libera con gli estremi dell’atto e la richiesta di adesione.
Sospensione dei termini processuali: la presentazione dell’istanza di adesione sospende automaticamente il termine per proporre ricorso giurisdizionale. Come anticipato, la sospensione è di 90 giorni in generale, ridotti a 30 giorni nel caso particolare di avvisi preceduti da contraddittorio obbligatorio in cui l’istanza sia presentata dopo la notifica dell’avviso (cioè non nella fase di bozza). Durante questo periodo sospensivo, l’Amministrazione dovrebbe convocare il contribuente e svolgere la procedura di adesione. Se l’accordo viene raggiunto, il problema contenzioso si chiude lì; se non si raggiunge un accordo, il contribuente avrà ancora tempo per fare ricorso: in tal caso, il termine riprende a decorrere dall’esito (negativo) dell’adesione o dalla scadenza dei 90 giorni, sommando l’eventuale residuo pre-sospensione ai giorni di sospensione. Esempio: avviso notificato il 1º marzo, termine ricorso 30 aprile; il contribuente presenta istanza di adesione il 30 marzo (quando mancavano 31 giorni al termine). Da quella data si sospende per 90 gg fino al 28 giugno. Se il 15 giugno l’ufficio comunica esito negativo (mancato accordo), dal 16 giugno il contribuente ha 31 giorni per impugnare, quindi entro il 17 luglio. In assenza di comunicazioni, avrebbe comunque tutto giugno e fino al 28 settembre (90gg) sospeso e poi i giorni residui da fine sospensione. Dunque, l’adesione allunga i termini e spesso di molto, dando respiro per valutare il da farsi.
- Fase del contraddittorio e negoziazione: presentata l’istanza, l’ufficio è tenuto a invitare il contribuente a comparire per avviare il confronto. Oggi, con l’obbligo di contraddittorio, spesso la riunione si innesta su dialoghi già iniziati in sede pre-notifica. In ogni caso, l’invito a comparire (un atto formale dell’ufficio) indicherà giorno e luogo dell’incontro. L’adesione è caratterizzata da una notevole flessibilità di contenuto: le parti possono discutere nel merito sia di questioni di fatto (es. ricostruzione dei redditi, entità dei costi deducibili, valutazioni su beni, percentuali di ricarico, ecc.) sia di questioni di diritto (es. l’applicabilità di un’esenzione o di un’aliquota, la qualificazione di un’operazione). L’obiettivo è trovare un compromesso soddisfacente per entrambi. Il contribuente può esporre documenti, chiarimenti e argomentazioni volte a convincere l’ufficio a ridurre o eliminare alcuni rilievi. Ad esempio, può dimostrare che ricavi presunti erano in realtà inferiori (esibendo elementi a supporto), che talune spese contestate erano invece inerenti e documentate, che un certo provento non è imponibile per legge, ecc.. L’ufficio, dal canto suo, valuterà queste difese e – se le ritiene fondate o anche solo se lo sforzo probatorio del contribuente rende incerta la pretesa – può decidere di alleggerire la rettifica. In molti casi, specie su materie complesse, l’accordo in adesione prevede che alcuni rilievi vengano stralciati del tutto (annullati) e altri vengano definiti in misura parziale (base imponibile ridotta rispetto all’originario). È importante notare che l’adesione mira a una mediazione economica: non si tratta di accertare chi ha giuridicamente ragione in punto di diritto (come farebbe un giudice), ma di trovare un importo concordato da pagare. Pertanto, a volte l’Amministrazione può rinunciare a un rilievo anche se formalmente fondato, per concentrarsi sugli altri e chiudere la partita. L’unico limite è che l’accordo copre l’intero atto: non è possibile aderire solo ad alcuni rilievi e impugnarne altri, né definire parzialmente un avviso lasciando “in sospeso” il resto. O si trova un accordo sull’intero contenuto dell’atto (magari ridimensionato rispetto all’iniziale) oppure, se anche un solo rilievo rimane conteso, l’adesione non si perfeziona e il contribuente dovrà fare ricorso per l’intero avviso. Non sono ammesse adesioni “parziali” per singoli addebiti, poiché l’atto di adesione è unico e sostitutivo dell’intero accertamento. (In pratica, l’ufficio redige un nuovo prospetto con i nuovi importi concordati per ciascun rilievo in caso di accordo).
- Chiusura della procedura e redazione dell’atto di adesione: se le parti raggiungono un’intesa, questa viene formalizzata in un atto di accertamento con adesione redatto in duplice esemplare e sottoscritto dal contribuente e dal Capo dell’Ufficio (o funzionario delegato). L’atto riepiloga gli estremi dell’avviso originario, gli imponibili accertati o ricalcolati, le imposte dovute, le sanzioni ridotte e gli interessi. La sottoscrizione congiunta sancisce l’accordo; da quel momento decorrono i termini per il pagamento (20 giorni) e l’adempimento del contribuente. È bene evidenziare che la definizione si perfeziona solo con il pagamento: la mera firma non basta (è condizione necessaria ma non sufficiente). Questo è stabilito espressamente dall’art. 9 d.lgs. 218/1997: l’adesione è “perfezionata” dal versamento, entro 20 giorni, di quanto concordato (o almeno della prima rata se rateizzato). Di converso, in caso di mancato pagamento nei termini, l’adesione si considera come non mai avvenuta (accordo inefficace) e l’ufficio potrà procedere alla riscossione delle somme originariamente accertate. Su questo punto torneremo nella sezione sulle sanzioni e sui rischi del mancato pagamento.
Ricapitolando la procedura ordinaria in tabella:
Fase | Atto soggetto a contraddittorio | Atto non soggetto a contraddittorio |
---|---|---|
Invito all’adesione | Inserito nella comunicazione ex ante (bozza atto) – contribuente invitato a chiedere adesione entro 30 gg. | Inserito nell’avviso di accertamento notificato – contribuente può chiedere adesione entro termini di ricorso (60 gg). |
Termine per istanza | 30 gg dalla comunicazione della bozza (se si vuole aderire subito in fase pre-atto). Se non aderito prima: 15 gg dalla notifica dell’avviso definitivo. | 60 gg dalla notifica dell’atto (termine ordinario di impugnazione). |
Sospensione termini ricorso | 90 gg dalla presentazione istanza. Eccezione: solo 30 gg se istanza presentata dopo avviso definitivo preceduto da contraddittorio. | 90 gg dalla presentazione istanza. |
Contraddittorio in adesione | Da svolgersi preferibilmente entro i 90 (o 30) gg di sospensione. L’ufficio convoca e si discute di tutti i rilievi. L’accordo deve coprire tutto l’atto. Possibile rideterminazione di imponibili, imposte e sanzioni. | |
Atto di adesione | Redatto e firmato da contribuente e Capo Ufficio (duplice esemplare). Contiene gli importi concordati (imposte, sanzioni ridotte, interessi). | |
Pagamento | Entro 20 gg dalla firma. Possibile rateazione (max 8 rate trimestrali, 16 se importi > 50.000€). Nessuna compensazione ammessa. | |
Effetti sul contenzioso | Se accordo perfezionato (pagato), l’atto non è impugnabile. Se non si raggiunge accordo, o se l’accordo decade per mancato pagamento, il contribuente può (o potrà già solo) ricorrere, tenendo conto delle sospensioni e decadenze (vedi § successivi). |
Adesione ai PVC (Processi Verbali di Constatazione)
Una delle novità di maggior rilievo della riforma 2024 è la riattivazione dell’adesione ai verbali di constatazione della Guardia di Finanza o dell’Agenzia stessa. Si tratta di una possibilità che permette al contribuente di definire i rilievi emersi durante una verifica fiscale ancor prima che venga emesso un avviso di accertamento. In altre parole, anziché attendere l’atto impositivo finale, il contribuente – ricevuto il PVC (Processo Verbale di Constatazione) al termine di un controllo – può decidere di aderirvi integralmente, chiudendo la vicenda in via amministrativa immediata. Questo strumento ha la finalità di “premiare” il contribuente cooperativo che accetta subito le risultanze della verifica, evitando all’ufficio di dover redigere e notificare un accertamento. Vediamo i punti principali:
- Oggetto e presupposti: L’adesione ai PVC può riguardare esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione. Ciò significa che il contribuente deve accettare tutti i rilievi formulati nel PVC (non è ammessa un’adesione parziale solo ad alcuni punti del verbale). Se vi sono elementi nel PVC che il contribuente intende contestare, allora non potrà utilizzare l’adesione ai PVC per quelli – in tal caso si passerà alla normale fase di accertamento e, eventualmente, all’adesione su accertamento. Inoltre, la procedura è ammessa solo per quei verbali da cui possano scaturire accertamenti parziali ex art. 41-bis DPR 600/1973 o 54 co.4 DPR 633/1972. Questo dettaglio tecnico è importante: significa che i rilievi del PVC devono riferirsi a componenti di reddito o IVA suscettibili di essere definiti a parte rispetto al resto della posizione fiscale. Ad esempio, un PVC che contesta ricavi non dichiarati o costi fittizi su un dato anno consente un accertamento parziale su quei ricavi/costi; viceversa un PVC che configuri un intero impianto elusivo o situazioni complesse potrebbe non essere definibile con semplice atto parziale, ma richiederebbe un accertamento completo (in tal caso l’adesione al PVC non sarebbe praticabile per quell’aspetto). La Cassazione ha affermato che restano esclusi dall’adesione al PVC quei rilievi che, pur inclusi nel verbale, non possono formare oggetto di immediato accertamento parziale (ad es. ipotesi di abuso del diritto particolarmente complesse).
- Modalità e tempi: Il contribuente che intende aderire al verbale deve comunicarlo entro 30 giorni dalla data di consegna del PVC. Questa comunicazione va fatta sia all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente sia all’organo che ha redatto il verbale (es. il Reparto della Guardia di Finanza). È possibile manifestare adesione “senza riserve” oppure condizionarla alla correzione di eventuali errori materiali contenuti nel verbale. La riforma infatti prevede due tipi di adesione al PVC:
- Adesione incondizionata: il contribuente accetta pienamente quanto constatato. In tal caso, entro 60 giorni dalla comunicazione dell’adesione l’Agenzia delle Entrate notifica l’atto di definizione dell’accertamento parziale, recependo integralmente i rilievi del PVC. Questo atto di definizione conterrà il calcolo delle maggiori imposte dovute e sanzioni ridotte (vedi oltre). Non è un avviso di accertamento tradizionale impugnabile, ma un atto conclusivo concordato.
- Adesione con richiesta di correzione: se nel PVC vi sono errori evidenti (di calcolo, di persona, di doppia annotazione, ecc.), il contribuente può segnalare tali errori nella comunicazione di adesione, condizionando la stessa alla rettifica di detti errori. In tal caso, l’organo verbalizzante (es. GdF) ha 10 giorni per rettificare il verbale sulle parti indicate, mediante un verbale integrativo di correzione, che viene subito trasmesso sia al contribuente sia all’ufficio. Dopodiché l’Agenzia emetterà l’atto di definizione entro 60 giorni come nel caso precedente, su tali basi corrette. Durante questo lasso (dalla consegna del PVC fino al 30° giorno utile per aderire e nei 60 giorni successivi se l’adesione è stata comunicata) i termini di decadenza per l’accertamento restano sospesi, per evitare che l’ufficio perda tempo utile a notificare atti mentre attende l’adesione. In pratica, c’è una moratoria dei termini accertativi per la durata delle interlocuzioni sull’adesione al PVC (massimo 30+60 giorni).
- Benefici sanzionatori e trattamento contributi: Il vantaggio principale dell’adesione al PVC, oltre alla celerità e alla certezza, è una ulteriore riduzione delle sanzioni amministrative: 1/6 del minimo edittale previsto dalla legge. Questo è un beneficio maggiore rispetto all’adesione su avviso (che è 1/3 del minimo). Ad esempio, per un rilievo di omessa fatturazione IVA (sanzione edittale dal 90% al 180% dell’imposta evasa, minimo 90%), in adesione al PVC la sanzione dovuta è solo il 15% (cioè 1/6 di 90%), mentre in adesione post-avviso sarebbe il 30%. È evidente quindi l’incentivo: aderire subito al PVC conviene, in termini sanzionatori, il doppio rispetto ad aspettare l’avviso. Inoltre, sui maggiori contributi previdenziali eventualmente dovuti a seguito dei rilievi (ad es. IVS artigiani/commercianti per maggior reddito d’impresa accertato, o contributi Inps su lavoro sommerso emerso dal PVC), non sono dovute sanzioni né interessi in caso di adesione. Questa previsione rende l’adesione a verbale particolarmente conveniente per chi ha pendenze contributive collegate, perché consente di pagare solo il capitale contributivo senza aggiunte (mentre normalmente l’Inps applicherebbe sanzioni civili).
- Ufficializzazione e pagamento: L’Agenzia notifica (come detto) l’atto di definizione dell’accertamento parziale entro 60 giorni. Questo atto non è impugnabile, perché rappresenta un accertamento concordato su istanza del contribuente. Dal momento della notifica, il contribuente ha 20 giorni per pagare le somme dovute, secondo le stesse regole di pagamento dell’adesione ordinaria. Anche qui è ammessa la rateazione (8 o 16 rate trimestrali a seconda dell’importo) e valgono i medesimi vincoli (no compensazione, perfezionamento con pagamento). Se il contribuente non paga, l’adesione al PVC decade e l’ufficio a quel punto può procedere ad emettere gli avvisi ordinari (ma a quel punto potrebbe anche considerare decaduta la possibilità di sanzioni ridotte all’1/6).
L’adesione ai PVC ha suscitato notevole interesse perché permette di “giocare d’anticipo” e chiudere la verifica sul nascere. Importante: aderendo al PVC si rinuncia al contraddittorio formale successivo e all’emissione di un vero e proprio avviso. È uno scambio: niente ulteriori discussioni, in cambio di sanzioni ridotte drasticamente. Il legislatore ha chiarito che aderendo al PVC “il contribuente […] aderisce all’integrale contenuto del processo verbale […] definendo la propria posizione prima ancora dell’emissione dell’atto di accertamento”, con il vantaggio della riduzione sanzioni prevista. Ovviamente, se il contribuente non è d’accordo su parti rilevanti del PVC, non aderirà e aspetterà l’avviso per poter contestare quelle parti; ma se invece ritiene che i rilievi siano sostanzialmente corretti (o comunque preferisce chiudere subito per evitare rischi peggiori), l’adesione ai PVC è un ottimo strumento.
Tabella riepilogativa – Differenze Adesione post-Avviso vs Adesione a PVC:
Caratteristica | Accertamento con adesione (su avviso) | Adesione al PVC |
---|---|---|
Momento di attivazione | Dopo la notifica di un avviso di accertamento/rettifica (fase post-controllo). | Dopo la consegna di un processo verbale di constatazione, prima che l’avviso sia emesso. |
Cosa si concorda | I rilievi contenuti nell’avviso possono essere negoziati e modificati (riduzione imponibile, ecc.), purché l’accordo copra l’intero atto. | Si accetta integralmente quanto constatato nel PVC (tutti i rilievi). Non c’è negoziazione sul contenuto del verbale, al più correzione di errori materiali. |
Riduzione sanzioni | Sanzioni amministrative ridotte al 1/3 del minimo edittale previsto. (Es: minimo 90% → sanzione 30%). | Sanzioni ridotte al 1/6 del minimo edittale. (Es: minimo 90% → sanzione 15%). |
Interessi | Dovuti per intero (interessi moratori al tasso di legge + 2%/3% a seconda del tributo) fino alla data dell’atto di adesione. | Dovuti in misura piena fino all’atto di definizione (in pratica fino alla data di emissione accertamento parziale). |
Contributi previdenziali | Su maggior reddito accertato: dovuti, con sanzioni e interessi ordinari (salvo l’adesione non modifica il loro calcolo). Nota: Tuttavia, il d.lgs. 13/2024 ha previsto che sui contributi IVS emersi da adesione (anche post-avviso?) non si applichino sanzioni e interessi, analogamente ai PVC. | Dovuti, senza sanzioni né interessi applicati (beneficio esplicito per adesione PVC). |
Termine per l’istanza | 60 gg dall’avviso (15 gg se già contraddittorio svolto). | 30 gg dalla consegna del PVC. |
Sospensione termini accertamento | – (L’adesione su avviso sospende i termini di ricorso, non rileva sui termini di decadenza accertamento, in quanto l’avviso è già emesso) | Sospende il termine di decadenza per l’accertamento per max 60 gg (oltre i 30 per aderire). |
Atto finale emesso | “Atto di accertamento con adesione” con nuovi importi, sostitutivo dell’avviso originario. | “Atto di definizione dell’accertamento parziale” emesso dall’AE recependo il PVC. (Non viene emesso l’avviso ordinario, salvo decadenza adesione). |
Impugnabilità | L’atto di adesione non è impugnabile dal contribuente (salvo vizi del consenso). L’avviso originario, dopo la firma, resta “a garanzia” finché non pagato, ma non può essere impugnato. | Gli atti di definizione emessi su adesione a PVC non sono impugnabili (in caso di contestazioni si sarebbe dovuto non aderire e impugnare eventuale avviso). |
Pagamento | Entro 20 gg dalla sottoscrizione; rate fino a 8 (o 16) trimestrali se >50k; niente compensazione. Perfezionamento con pagamento. | Entro 20 gg dalla notifica dell’atto di definizione; rate come sopra; no compensazione. Se non paga, l’adesione salta e l’ufficio può emettere accertamento ordinario (con sanzioni piene). |
Sanzioni e Interessi: Regime Sanzionatorio dell’Adesione
Uno degli aspetti cruciali (anche richiamato nel titolo di questa guida) è il trattamento delle sanzioni amministrative in caso di accertamento definito con adesione, e come questo influisce sulla strategia del contribuente. Approfondiamo quindi il regime sanzionatorio e alcuni dettagli sugli interessi e gli altri oneri.
- Misura delle sanzioni ridotte: Come già accennato, la legge prevede che nell’atto di adesione le sanzioni vengano rideterminate in misura ridotta. Più precisamente:
- Per accertamenti “ordinari” (avvisi di accertamento, rettifica, liquidazione): le sanzioni applicate sono ridotte a 1/3 del minimo edittale previsto dalla legge. Ciò significa che si prende la sanzione minima prevista per la violazione contestata e se ne calcola un terzo. Esempio: omessa dichiarazione di redditi (sanzione edittale dal 120% al 240% dell’imposta evasa, minimo 120%); in adesione, la sanzione dovuta sarà il 40% (ossia 1/3 di 120%). Se l’ufficio inizialmente avesse applicato una sanzione superiore al minimo (mettiamo 150%), comunque in sede di adesione verrà abbassata al 40%. Dunque l’adesione garantisce almeno questa standardizzazione verso il basso. Vale la pena notare che 1/3 del minimo in adesione coincide con la riduzione prevista per l’acquiescenza (pagamento integrale entro 30gg, art. 15 d.lgs. 218/97), ma con l’adesione c’è il vantaggio aggiuntivo della possibile riduzione della base imponibile concordata.
- Per adesione ai PVC: sanzioni ridotte a 1/6 del minimo edittale. Come visto, questo dimezza ulteriormente l’importo rispetto alla via ordinaria. Ad esempio, violazione IVA con minimo 90%: in adesione avviso = 30%, in adesione PVC = 15%.
- Per avvisi di recupero di crediti d’imposta: la riforma li ha resi definibili in adesione; in tali atti di recupero (che contestano un credito utilizzato indebitamente) si applica la stessa regola generale (1/3 del minimo). Tuttavia, c’è una peculiarità: se il contribuente vuole contestare il merito del credito ma definire le sanzioni, può avvalersi della definizione agevolata al 1/3 ex artt. 16-17 d.lgs. 472/97. Questo è un istituto diverso dall’adesione (si paga solo la sanzione ridotta e si fa ricorso sul merito, spesso chiamato “acquiescenza sulle sanzioni”). Il d.lgs. 13/2024 ha chiarito che, per i crediti d’imposta, è possibile pagare un terzo delle sanzioni e impugnare per il resto. Se invece si aderisce integralmente, ovviamente si chiude tutto l’atto (credito e sanzione).
- Altre imposte indirette e tributi locali: per tributi come imposta di registro, imposta di successione, bollo, IMU etc., quando previsti in adesione, la riduzione sanzionatoria è analoga (1/3 del minimo) salvo diversa disposizione. Ad esempio, per atti di recupero dell’imposta di registro, la prassi applica l’1/3. Molti Comuni hanno nei loro regolamenti tributari richiamato l’adesione con le stesse condizioni del d.lgs. 218/97, quindi la riduzione sanzioni è la medesima (1/3) per chi definisce tributi locali in adesione.
- Interessi: L’adesione non prevede alcuna riduzione sugli interessi dovuti. Il contribuente deve corrispondere per intero gli interessi maturati sulle maggiori imposte dovute, calcolati secondo le norme ordinarie (interessi moratori al tasso legale annuale, aumentato di una percentuale per tributi come IVA) dal momento in cui l’imposta sarebbe stata dovuta (tipicamente, per imposte sui redditi, dalla scadenza del saldo o acconto dell’anno; per IVA dalla data di versamento periodico, ecc.) fino alla data dell’atto di adesione. Tali interessi vengono indicati nell’atto di adesione e vanno pagati insieme a imposte e sanzioni ridotte. Non c’è sconto sugli interessi, neanche in caso di adesione a PVC (gli interessi lì decorrono fino all’atto di definizione parziale). Il tasso di interesse legale nel 2023-2025 è aumentato rispetto al passato (ad esempio, 5% nel 2023, 5% nel 2024), e su alcuni tributi come IVA si applica il tasso legale + 2 punti, quindi è un costo da tenere a mente. Nota: gli interessi cessano di maturare al momento della definizione; se si andasse in giudizio, continuerebbero a maturare fino al passaggio in giudicato della sentenza (quindi più a lungo). Questo è un elemento a favore della definizione anticipata: si “ferma il contatore” degli interessi.
- Addizionali e contributi previdenziali: Quando un accertamento riguarda imposte erariali collegate ad addizionali regionali/comunali (es. IRPEF regionale, comunale) o contributi previdenziali (come nel caso dei titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo soggetti ad IVS), l’adesione copre anche queste poste. In pratica, se il reddito imponibile accertato aumenta, si dovranno pagare non solo IRPEF ma anche l’addizionale regionale/comunale su quel maggior reddito, e i contributi Inps eventualmente dovuti. Le addizionali seguono il destino dell’imposta principale (non sono oggetto di sanzioni autonome, ma vanno versate in proporzione). Per i contributi previdenziali, la legge prevede espressamente (già da prima, e ribadito con la riforma) che in sede di adesione non si applichino sanzioni né interessi sui contributi. Ciò è coerente con il fatto che l’Inps applica già le sue “sanzioni civili” per omesso versamento contributivo, ma nel contesto dell’adesione fiscale si evita un ulteriore aggravio. Quindi il contribuente pagherà il puro contributo aggiuntivo dovuto per il maggior reddito accertato, senza more né sanzioni su questo. Questo può comportare un notevole risparmio per chi regolarizza posizioni contributive (che altrimenti sarebbero gravate da interessi e sanzioni Inps).
- Nessuna contrattazione sulle sanzioni oltre la riduzione di legge: È importante chiarire che la misura della sanzione ridotta non è oggetto di trattativa oltre quanto previsto ex lege. In adesione, l’ufficio non può – ad esempio – azzerare le sanzioni o ridurle sotto 1/3 del minimo, né graduarle diversamente se la legge non lo consente. La riduzione al 1/3 (o 1/6) è quella e quella rimane. L’unico margine è indiretto: se inizialmente la sanzione irrogata era superiore al minimo edittale (cosa frequente, perché l’AE può irrogare sanzioni anche a metà tra minimo e massimo), l’adesione porta comunque la sanzione al minimo per legge e poi 1/3 di tale minimo. Ad esempio, se in avviso era stata applicata una sanzione del 120% (minimo 90, max 180, supponiamo), in adesione scenderà al 30% (1/3 di 90). Ciò può voler dire ridurre la sanzione di 1/4 del suo valore originario in quell’esempio. In casi di gravi violazioni dove l’ufficio applica già il massimo edittale, il beneficio in adesione sarà comunque calcolato sul minimo, dunque molto maggiore (es. dichiarazione infedele con sanzione edittale min. 90% max 180%: se l’ufficio avesse messo 150%, in adesione si paga 30% – un quinto della sanzione originaria).
- Confronto con esito in giudizio: Per apprezzare la convenienza, va considerato cosa accade se si va in giudizio: se il contribuente perde la causa, dovrà pagare l’intera imposta, interessi e verosimilmente le sanzioni piene (il giudice può ridurle ma entro minimo e massimo, e comunque non può scendere sotto il minimo legale). Inoltre maturano interessi fino alla sentenza definitiva e si possono aggiungere le spese di giudizio e l’eventuale contributo unificato. Con l’adesione, invece, si ha la certezza di pagare solo una frazione relativamente contenuta di sanzione e di fermare gli interessi al momento attuale. Anche se il contribuente ritiene di avere buone chance in giudizio, deve soppesare che una vittoria totale azzera tutto (pagherebbe zero) ma una sconfitta gli costerebbe il 100% + accessori; l’adesione è una via di mezzo garantita (pagherà magari il 30-40% del totale potenziale e chiuderà la questione). È, in termini giuridici, una forma di transazione dove ciascuno rinuncia a qualcosa: il Fisco rinuncia a sanzioni e parte di imponibile, il contribuente rinuncia a far valere tutte le sue ragioni in giudizio.
Pagamento, Rateazione e Perfezionamento dell’Accordo
Una volta sottoscritto l’atto di adesione, l’onere passa al contribuente, che deve effettuare il pagamento delle somme dovute per rendere efficace la definizione. Ecco i punti salienti relativi al pagamento e alle conseguenze di eventuali inadempimenti:
- Termini di pagamento: Il contribuente deve versare le somme concordate entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di adesione. La data esatta viene di solito indicata nell’atto stesso (es. “pagamento entro il…”) ed è calcolata contando 20 giorni dal giorno della firma. Se il 20° giorno cade di sabato o festivo, è ammesso il versamento al primo giorno lavorativo successivo. Il pagamento va effettuato utilizzando il mod. F24 per i tributi erariali (Agenzia Entrate fornisce appositi codici tributo con suffisso “A” per “adesione”); per imposte diverse come registro o tributi locali, si useranno i rispettivi modelli (spesso l’atto indica anche questi dettagli). In caso di adesione a PVC, analogamente, l’atto di definizione notificherà l’importo e i 20 giorni decorrono dalla notifica. Attenzione: 20 giorni possono essere pochi se le somme sono ingenti; è quindi essenziale prepararsi per tempo (ad esempio attivando linee di credito per il pagamento).
- Rateizzazione: Fortunatamente, la legge consente di dilazionare il pagamento se l’importo è elevato. In base all’art. 8 d.lgs. 218/97, come modificato, le somme dovute possono essere pagate in un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo; se l’importo complessivo (imposte + sanzioni + interessi) supera €50.000, sono ammesse fino a 16 rate trimestrali. La prima rata va pagata entro i 20 giorni (insieme all’eventuale importo non rateizzabile, se il calcolo delle rate non copre esattamente tutto). Le successive rate scadono ogni tre mesi (es.: prima rata 20 ottobre, seconda 20 gennaio, terza 20 aprile, e così via). Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi al tasso legale calcolati dal giorno successivo alla prima scadenza fino alla scadenza di ciascuna rata. Il piano di ammortamento degli interessi di solito è allegato all’atto di adesione o comunicato dall’ufficio. Importante: la rateazione è un’agevolazione, ma va rispettata con rigore: il mancato pagamento di una rata comporta la decadenza dal beneficio della dilazione. In caso di salto di una rata, infatti, l’intero importo residuo diviene immediatamente esigibile e viene iscritto a ruolo (non c’è margine di ritardo né possibilità di “rimborso” dell’adesione a quel punto). Vale la pena ricordare che l’adesione, a differenza di alcuni istituti di riscossione, non consente di saltare rate: anche un lieve ritardo può far decadere.
- Divieto di compensazione: Un punto spesso sottovalutato: il pagamento in adesione non può avvenire mediante compensazione di crediti d’imposta. Ciò è stato esplicitato sia in via generale (già per gli istituti definitori era così, perché si richiede un pagamento “cash”) sia in particolare per i casi di crediti d’imposta (dove sarebbe peraltro contraddittorio pagare un credito con un altro credito). In pratica, il contribuente deve provvedere al versamento con mezzi propri (bonifico, addebito F24, ecc.), e non può usare eventuali crediti fiscali in compensazione sul modello F24 per coprire le somme dovute in adesione. Ad esempio, se un contribuente ha un credito IVA pregresso, non può utilizzarlo per abbattere l’importo da versare in adesione: dovrà pagare, e semmai poi chiedere rimborso o usare quel credito in altri modi. Questa regola vale per tutte le definizioni ex d.lgs. 218/97.
- Perfezionamento e conseguenze del mancato pagamento: Come anticipato, l’accordo di adesione si perfeziona soltanto con il versamento delle somme dovute entro 20 giorni (o della prima rata). Se il contribuente non paga entro il termine, l’accordo si considera inefficace. Ciò comporta che l’ufficio potrà procedere a recuperare le somme come se l’adesione non fosse mai avvenuta. In particolare, la prassi consolidata è la seguente: l’Agenzia delle Entrate iscrive a ruolo l’importo originariamente accertato nell’avviso, senza più alcuna riduzione sanzionatoria. Infatti l’avviso di accertamento, a norma di legge, “conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato”. Tradotto: finché il pagamento concordato non è completato, l’avviso originario resta valido come tutela per l’Erario. Se il pagamento non arriva, l’Erario si rifà all’avviso originario. Di conseguenza, il ruolo (la cartella esattoriale) conterrà di solito le imposte come da avviso, sanzioni piene (come da avviso, o minime se così erano) e interessi di mora calcolati dal 30º giorno successivo alla notifica dell’avviso (perché ormai i termini di pagamento originari sono passati da un pezzo). Inoltre, essendo i termini per ricorrere ormai scaduti (ricordiamo che la presentazione dell’istanza di adesione sospendeva i termini di ricorso solo fino allo scadere dei 90 giorni, dopodiché se l’accordo era stato firmato il contribuente ha rinunciato al ricorso), il contribuente si trova con un debito iscrivibile a ruolo definitivo e non più contestabile in giudizio. La Cassazione ha confermato che il mancato pagamento non riapre alcun termine di impugnazione: una volta firmato l’accordo, il contribuente non può più impugnare né l’accordo né l’avviso originario, nemmeno se non riesce a pagare. Ad esempio, Cass. ord. n. 26818/2023 ha ribadito che una volta definito l’accertamento con adesione (quantum debeatur fissato), al contribuente “non resta che eseguire l’accordo” e non è ammessa impugnazione né dell’accordo né, “a maggior ragione, dell’atto impositivo oggetto della transazione”. Dunque un ricorso presentato dopo la firma dell’adesione è inammissibile, così come è inammissibile sostenere in giudizio che il mancato pagamento faccia “rivivere” la possibilità di ricorrere. Il contribuente si troverebbe semplicemente di fronte alla riscossione coattiva. E per di più, avendo perso i benefici (sanzioni ridotte), l’esborso sarà maggiore. In conclusione: non pagare dopo aver aderito è un vero autogol. Si perde sia il vantaggio economico sia il diritto di difesa. È fondamentale quindi, in fase di strategia, accertarsi di poter sostenere il pagamento prima di firmare un accordo. Se si prevedono difficoltà finanziarie insormontabili, meglio non aderire affatto (o eventualmente valutare soluzioni come una dilazione con l’Agente della Riscossione dopo la cartella, ma a quel punto con importi maggiorati). La stessa Cassazione (ord. n. 34576/2022) ha dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente che, dopo aver firmato e non pagato, cercava di contestare l’atto sostenendo che l’accordo non fosse perfezionato: i giudici hanno ritenuto che comunque la firma sancisce l’accettazione e il mancato pagamento non ridà vita a facoltà di ricorso. Il Fisco, in genere, in caso di inadempimento procede come detto con iscrizione a ruolo delle somme dovute secondo l’avviso originario; talora viene applicata anche una sanzione per omesso versamento (30% ex D.Lgs. 471/97) sulle somme non pagate entro i 20 giorni, sebbene su questo aspetto vi sia dibattito (secondo alcuni, tecnicamente andrebbe riscosso l’accordo, secondo altri l’avviso: in ogni caso al contribuente cambia poco, dovrà pagare tutto e con aggravio). In pratica, i funzionari tendono a iscrivere a ruolo l’accordo non versato, aggiungendo l’aggio di riscossione e interessi di mora; ma non possono chiedere più di quanto concordato? La frase dubitativa evidenzia che c’è qualche incertezza nella prassi, ma il risultato non cambia: scenario da evitare assolutamente.
Riassumendo: perfezionamento = firma + pagamento (tutto o prima rata) entro 20 giorni. Mancato pagamento = adesione nulla + avviso definitivo (non impugnabile) da pagare integralmente.
Effetti sul Contenzioso e Preclusioni
L’accertamento con adesione, se perfezionato, ha un impatto definitivo sulle potenziali liti tributarie relative a quell’atto. Ricapitoliamo gli effetti sul contenzioso e le eventuali preclusioni derivanti dall’adesione:
- Inibizione del ricorso giurisdizionale: Una volta che l’accertamento è definito in adesione e l’accordo è perfezionato, il contribuente non può più impugnare né l’atto di adesione né l’avviso originario. L’avviso, di fatto, viene assorbito e sostituito dall’accordo, e quest’ultimo – essendo frutto di consenso – non è impugnabile come un normale provvedimento amministrativo. Diversi pronunciamenti della Corte di Cassazione hanno sancito questo principio. Ad esempio, la già citata ord. Cass. n. 26818/2023 (Sez. Trib.) afferma che dopo l’adesione “è normativamente esclusa la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione”. Altre sentenze richiamate (Cass. 25497/2022, Cass. 15980/2020, Cass. 10086/2009) sono concordi. L’unica ipotesi in cui si è ritenuto ammissibile un sindacato post-adesione è nel caso di errori di liquidazione commessi dall’ufficio nell’atto di adesione (es. errato calcolo matematico delle somme dovute). In tali limitati frangenti, secondo una certa giurisprudenza, sarebbe impugnabile la parte di “liquidazione” erronea, ma non l’accordo in sé. Si tratta comunque di situazioni eccezionali. Di norma, qualunque ripensamento del contribuente dopo aver firmato e pagato non ha rimedi giudiziari: pacta sunt servanda. Quindi prima di aderire bisogna essere convinti.
- Ambito della definitività (“tombalità”): L’adesione chiude la partita limitatamente ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto di quell’atto. Ciò significa che l’accordo di adesione vincola entrambe le parti su quegli specifici rilievi e per quell’anno. L’Amministrazione finanziaria non può successivamente emettere un nuovo avviso di accertamento sugli stessi elementi già definiti (fatte salve ipotesi patologiche come atti nulli per dolo o false rappresentazioni, che esulano dalla normalità). Se però emergessero in seguito elementi nuovi e diversi relativi allo stesso periodo d’imposta, non inclusi nell’adesione, l’ufficio potrebbe emettere un ulteriore accertamento (tipicamente un accertamento integrativo) purché ne ricorrano i presupposti di legge. Ad esempio, se un accertamento in adesione ha definito maggiori ricavi non dichiarati noti all’ufficio, ma dopo un anno spunta, poniamo, un reddito estero non dichiarato che l’ufficio non conosceva, potrebbe emettere un nuovo avviso per quell’anno su questo nuovo rilievo. Ma non potrà mai ridiscutere ciò che è stato oggetto dell’accordo, pena violazione del principio di affidamento e dei limiti della potestà di autotutela. L’adesione quindi ha effetto preclusivo su nuovi accertamenti “sugli stessi fatti”. È davvero “tombale” sui rilievi concordati. Per contro, se l’adesione riguarda un accertamento parziale (ad esempio derivante da PVC su un determinato reddito non dichiarato), l’Amministrazione può comunque controllare altri aspetti non toccati da quell’accertamento parziale mediante successivo avviso integrativo o ulteriore accertamento (purché entro i termini di decadenza). Questo non vìola l’accordo, in quanto l’accordo copriva solo i temi trattati. Insomma, dal lato fisco l’adesione chiude la vicenda di quei tributi per quell’anno, salvo scoprire poi nuovi elementi prima ignoti che giustifichino un ampliamento (ipotesi peraltro residuale dopo un contraddittorio).
- Rinuncia ad eccezioni e vizi procedurali: Un aspetto strategico: quando il contribuente aderisce, implicitamente rinuncia a far valere qualsiasi vizio dell’atto o del procedimento. Ad esempio, se l’avviso fosse affetto da un vizio di forma (mancata indicazione del responsabile del procedimento, o omessa notifica di qualche allegato) oppure, prima del 2024, se c’era un vizio di omesso contraddittorio (in ambiti dove era previsto), aderendo il contribuente non potrà più eccepirlo. Quindi se il contribuente basa la propria difesa su ragioni squisitamente procedurali o di legittimità (invalidità dell’atto), probabilmente non vorrà aderire, perché confida di poter annullare l’atto in giudizio senza entrare nel merito. Al contrario, aderire ha senso se c’è una disputa sul quantum (quanto tassare) piuttosto che sul an (il se tassare) o se comunque i vizi non sono macroscopici. Ad esempio, dopo il 2024 l’omesso contraddittorio rende annullabile l’atto; un contribuente a cui l’ufficio non ha concesso il contraddittorio obbligatorio preferirà fare ricorso e far annullare l’avviso, piuttosto che aderire e sanare tutto. Viceversa, se l’avviso è stato emesso rispettando le procedure ma contesta redditi in più, l’adesione può servire a ridurli. Questa valutazione rientra nella strategia difensiva di cui diremo oltre.
- Effetti sui coobbligati: Nel caso di obbligazioni tributarie solidali (es. soci di società di persone, coobbligati d’imposta, eredi), l’adesione effettuata da un coobbligato produce effetti solo nei suoi confronti. Gli altri coobbligati, se hanno ricevuto avvisi distinti, mantengono la propria autonomia. Ad esempio, se la società di persone aderisce all’accertamento sui maggior redditi, i soci beneficeranno indirettamente perché l’imponibile definito è quello (e magari l’ufficio non li perseguiterà oltre), ma formalmente l’adesione fatta da un soggetto non vincola gli altri se l’avviso per questi era separato. Spesso comunque l’ufficio emette un unico atto per la società e poi li “propaga” sui soci: definendo quello della società si definiscono anche i soci per conseguenza, ma dipende dai casi. In ambito IVA, se più coobbligati (cedente e cessionario in reverse charge, ad esempio) sono coinvolti, l’adesione di uno non copre l’altro in automatico – ognuno deve definire il suo se ha un atto proprio.
- Nessun giudicato esterno: L’adesione non è una sentenza, quindi non produce giudicato in senso tecnico. Non vincola formalmente il giudice in altri eventuali giudizi su anni diversi o su altri tributi, sebbene di fatto l’Agenzia raramente contesterà negli anni adiacenti le stesse voci se ha trovato un accordo su quell’anno (si potrebbe aprire il tema dell’effetto persuasivo dell’adesione su altre annualità, ma giuridicamente ogni annualità fa storia a sé).
In sintesi, dal lato contribuente, aderire significa chiudere la contesa in via amministrativa e precludersi la strada del ricorso per quella materia; dal lato Amministrazione, significa riscuotere (se va a buon fine) e non poter chiedere più nulla sul definito, salvo scoprire evasioni ulteriori altrove. Se il pagamento non avviene e l’adesione decade, l’ufficio comunque incasserà tramite ruolo ciò che aveva originariamente contestato – e il contribuente non potrà opporsi (se non eventualmente chiedendo dilazioni in fase di riscossione, che però non incidono sul merito).
Strategie di Difesa: Quando e Come Conviene Aderire
Dal punto di vista del contribuente (“debitore”), l’accertamento con adesione è uno strumento da valutare attentamente all’interno della strategia difensiva complessiva. Non sempre aderire è la scelta giusta; altre volte, è la mossa più intelligente. Vediamo dunque criteri e consigli pratici per decidere se e come utilizzare l’adesione come mezzo di difesa (o di soluzione) e come comportarsi durante la procedura:
- Valutare la fondatezza dell’accertamento: prima di tutto, occorre fare un onesto assessment della pretesa fiscale. Se l’accertamento appare palesemente infondato su aspetti di diritto (es.: contesta una detrazione chiaramente spettante, o applica una norma in maniera errata) oppure è viziato formalmente (omessa notifica di invito obbligatorio, difetto di motivazione evidente, ecc.), potrebbe essere preferibile non aderire e predisporre un ricorso, confidando di ottenere l’annullamento totale. Questo specialmente se la posta in gioco è alta e la chance di vittoria netta è concreta. Invece, se dall’analisi emerge che il Fisco ha ragione nel merito almeno in parte (magari i ricavi non dichiarati ci sono davvero, ma l’importo può essere ridiscusso) o che comunque un giudizio sarebbe incerto, l’adesione offre l’opportunità di limitare i danni. Ad esempio, in caso di documentazione mancante su costi, in giudizio si rischierebbe di perdere tutto il costo; in adesione si può trovare un compromesso (riconoscimento parziale) e ridurre anche la sanzione.
- Considerare i benefici garantiti: come visto, l’adesione assicura la riduzione sanzioni al minimo (1/3 o 1/6) e la rateazione. Se le sanzioni originarie sono molto alte (e non ci sono cause di non punibilità), aderire è quasi l’unico modo per abbatterle senza arrivare a sentenza (dove comunque potrebbero restare alte). Ad esempio, in un avviso con 100.000 € di imposta e 150.000 € di sanzioni, l’adesione ridurrebbe queste ultime a ~30.000 €, un risparmio di 120.000 € rispetto al potenziale esborso in caso di sconfitta in giudizio. Anche la rateizzazione può essere determinante: se l’importo è significativo, pagare in 8 o 16 tranche trimestrali può evitare crisi di liquidità. L’alternativa del ricorso, se poi perso, porterebbe a dover pagare tutto entro brevissimo tempo (60 giorni dalla sentenza definitiva, tipicamente, a meno di chiedere rate in riscossione con interesse e garanzie). Quindi, se il profilo finanziario del contribuente è fragile, a volte conviene adesione + rate per diluire il peso, piuttosto che rischiare un esito negativo che lo travolga.
- Effetto “scoperta delle carte”: presentare istanza di adesione e andare al contraddittorio con l’ufficio può essere utile anche per comprendere meglio la posizione dell’Agenzia e le prove di cui dispone. Durante l’incontro, infatti, si può instaurare un dialogo franco: il contribuente può chiedere chiarimenti su come è stato calcolato un certo rilievo, su quali basi probatorie poggia (specie se non tutto era chiaro dall’avviso). Questo può aiutare a tarare la strategia: se l’ufficio, ad esempio, mostra di avere elementi molto solidi, forse è meglio trovare un accordo; se invece emergono incertezze nelle loro prove, il contribuente può puntare a uno sconto maggiore o, in mancanza di apertura, decidere di non aderire e poi sfruttare quelle debolezze in giudizio. L’adesione quindi può fungere anche da momento negoziale/esplorativo. Va detto che, in teoria, la richiesta di adesione non è un’ammissione di colpa: il contribuente non pregiudica il suo diritto di difesa se l’accordo non si perfeziona. Infatti se l’adesione fallisce, si torna come prima e il contribuente può impugnare l’avviso (entro i termini prorogati). Le eventuali dichiarazioni fatte in sede di adesione non possono essere usate in giudizio contro di lui (essendo un tentativo di conciliazione non giurisdizionale). Dunque non abbiate eccessivo timore di “scoprirvi” nel contraddittorio: mantenete comunque un approccio prudente, ma potete esporre le vostre ragioni senza che questo vi vincoli se poi dovrete litigare.
- Non avere fretta di firmare se non convinti: il contribuente ha facoltà di non accettare l’accordo se le condizioni non lo soddisfano. Può succedere che l’ufficio inizialmente conceda solo piccole riduzioni; il contribuente può contrattare: se la controproposta resta inaccettabile, meglio non concludere. Finché non si firma, si è liberi. Anche presentare istanza di adesione non obbliga a concludere: è un tentativo. Quindi la strategia può essere: provarci, vedere fin dove arriva l’ufficio, e se l’offerta non è soddisfacente, abbandonare la trattativa e andare in giudizio. Non c’è formalmente nulla da perdere (se non un po’ di tempo). L’unica accortezza: non tirare troppo in lungo oltre i 90 giorni, per non rischiare di sfumare i termini. In genere, se non si trova accordo, si firma un verbale di mancato accordo e il contribuente impugna.
- Valutare possibili scenari penali: se l’accertamento riguarda fatti che possono costituire reato tributario (es. omessa dichiarazione oltre soglia, dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture false, ecc.), il contribuente deve considerare che un pagamento integrale delle imposte dovute (anche a seguito di adesione) può incidere sul procedimento penale. Ad esempio, per omessa dichiarazione o dichiarazione infedele (artt. 5 e 4 D.Lgs. 74/2000) il pagamento prima del dibattimento estingue il reato; per altri reati come l’omesso versamento IVA, il pagamento prima della dichiarazione di apertura del dibattimento evita la punibilità. Quindi, se un contribuente ha commesso una violazione rilevante penalmente, l’adesione e il pagamento possono metterlo al riparo da condanne. Dal punto di vista difensivo complessivo, ciò è un forte incentivo ad aderire e pagare velocemente, anche se magari la pretesa fiscale potrebbe essere discutibile, perché la priorità potrebbe essere evitare conseguenze penali. Questa valutazione va fatta caso per caso con l’avvocato penalista eventualmente coinvolto.
- Coordinamento con altri istituti deflativi: il contribuente dovrebbe anche valutare se esistono alternative all’adesione per chiudere la vertenza in modo agevolato. Ad esempio, in taluni momenti il legislatore ha previsto definizioni agevolate speciali (cd. “pace fiscale”, condoni, ecc.) che permettono di pagare meno; se fosse il caso (nel 2023-2024 c’erano definizioni agevolate su liti pendenti e PVC, ma ora se ne prevedono di meno), bisognerebbe confrontarle. Oppure, se l’importo è modesto (< €5.000 di sanzioni) e siamo in ambito di piccole violazioni, c’è il nuovo istituto del “mero errore” non punibile (art. 10-bis Statuto Contribuente) che potrebbe far annullare le sanzioni. Tuttavia, queste situazioni sono limitate. Un’altra opzione: se il contribuente non ha presentato dichiarazione (omissione) e vuole ravvedersi subito dopo un PVC, c’è l’istituto del ravvedimento operoso (con sanzioni ridotte in autoliquidazione) che potrebbe in certi casi convenire – ma se ormai è arrivato un avviso, quel treno è perso. In genere, una volta ricevuto l’avviso di accertamento, le opzioni realistiche sono: adesione, acquiescenza, ricorso (o conciliazione in giudizio). L’acquiescenza ha il solo vantaggio di chiudere subito, ma se c’è spazio di trattativa è un peccato non sfruttarlo. La conciliazione in giudizio avverrà dopo aver avviato il ricorso: può ottenere riduzioni simili sulle sanzioni (1/3), ma a quel punto si sono già sostenute spese e tempi, e si paga contributo unificato (che in adesione non c’è). Quindi l’adesione anticipa benefici che altrimenti si avrebbero solo in corso di causa, risparmiando i costi di quest’ultima.
- Attenzione alle tempistiche post-adesione: se si perfeziona l’adesione, bene. Ma se non si perfeziona (perché non accordo o non pagamento), il contribuente deve stare attento ai termini residuali per impugnare. Abbiamo visto come calcolarli: in generale, se non si raggiunge accordo, ci sarà un verbale di mancato accordo e da lì i termini ricominciano (di solito si ha poco tempo, perché magari i 90 giorni di sospensione sono trascorsi quasi tutti). Esempio: se l’adesione fallisce al 100° giorno dopo la notifica dell’avviso (90gg sospensione + residui), il contribuente magari ha solo pochi giorni per depositare ricorso. Quindi non deve distrarsi e farsi trovare pronto con il ricorso già preparato in bozza nel frattempo, per non rischiare decadenze.
- Una volta soltanto: come evidenziato, il contribuente non può fare “più di un’adesione” sullo stesso atto. Quindi se, ad esempio, ha richiesto adesione in fase di contraddittorio preventivo e poi non ha trovato accordo, non potrà presentare una nuova istanza dopo il successivo avviso definitivo. Ha già giocato la carta una volta. Viceversa, se in fase di contraddittorio non ha richiesto adesione (ha solo presentato osservazioni), può ancora farlo dopo l’avviso. Quindi in strategia conta la sequenza: difficilmente però uno chiede adesione, fallisce, e poi vorrebbe richiederla di nuovo – non sarebbe logico né ammesso. Pertanto conviene prepararsi bene e concentrare gli sforzi in quell’unica finestra disponibile.
- Simulazione pratica: per dare un’idea concreta della convenienza, consideriamo un caso semplificato. Esempio: La società Alfa riceve un avviso di accertamento per l’anno X: maggior imponibile accertato €50.000, corrispondente a €13.000 di IRES e €6.000 di IVA evasa, con sanzioni del 100% su entrambe (quindi €13.000 e €6.000) e interessi per €1.000. Totale pretesa = €39.000 tra imposte, sanzioni e interessi. Alfa ritiene il rilievo eccessivo, fornisce spiegazioni: in sede di adesione si concorda un imponibile ridotto a €40.000 (quindi imposte dovute diventano €10.400 IRES e €4.800 IVA). Le sanzioni minime per quelle violazioni sarebbero, poniamo, 120% per infedele dichiarazione redditi e 90% per IVA; in adesione Alfa pagherà 1/3 di tali minimi: quindi 40% sull’IRES (€4.160) e 30% sull’IVA (€1.440). Gli interessi maturati fino a quel momento ipotizziamo €900 (un po’ meno di prima perché la base imposta diminuisce e il tempo minore). Totale in adesione = €21.700. Senza adesione, avrebbe dovuto pagare €39.000 (se perdeva in giudizio). Risparmio: circa 45% dell’esborso, oltre all’eliminazione del rischio di una condanna magari anche superiore (per spese legali ecc.). Questo esempio numerico mostra la sensibile differenza. Naturalmente, se Alfa avesse creduto di poter vincere, avrebbe potuto rischiare; ma la domanda è: vincere completamente era realistico? Se no, adesione appare conveniente.
In definitiva, la strategia di difesa del contribuente deve bilanciare rischi vs benefici. L’accertamento con adesione è uno strumento potente di risoluzione anticipata, che conviene utilizzare quando può mitigare significativamente la pretesa e quando le chance di annullamento totale in giudizio non sono solide. Va usato con cautela (consapevoli che poi non si torna indietro) ma con decisione quando si intravede la possibilità di ottenere un buon compromesso. Nella maggior parte dei casi pratici, specialmente con la riforma che ha reso il contraddittorio obbligatorio, tentare l’adesione è quasi sempre consigliabile: se va bene, si chiude con soddisfazione; se va male, si è sempre in tempo a litigare.
Un caso peculiare in cui l’adesione è stata provvidenziale per i contribuenti riguarda quei contesti in cui la definizione concordata di un rilievo evita una doppia imposizione. Ad esempio, consideriamo la questione delle spese di manutenzione eccedenti il 5% (norma che prevede che le spese di manutenzione oltre il 5% dei beni ammortizzabili vadano dedotte in più esercizi anziché tutte nell’anno): se un contribuente per errore deduce tutto in un anno, il Fisco gli contesterà l’indebita deduzione e gli farà pagare più imposte su quell’anno. Ebbene, la Cassazione, sentenza n. 7751 del 24/03/2025, ha stabilito un importante principio: se il contribuente ha dedotto in un solo anno spese che andavano ripartite, ha diritto al rimborso delle maggiori imposte pagate per gli anni successivi in cui non ha potuto dedurle. E soprattutto, la Corte ha chiarito che il fatto che quella indebita deduzione sia stata definita con adesione a un PVC non preclude il diritto al rimborso. In altre parole, aderire a un accertamento su un vizio di competenza temporale non toglie al contribuente la possibilità di evitare la doppia imposizione chiedendo indietro le tasse relative agli anni futuri. Questo per dire che l’adesione, pur precludendo i ricorsi, non necessariamente preclude altri rimedi come l’istanza di rimborso per eliminare tassazioni duplicative. La logica è: il Fisco recupera in un anno, ma il contribuente può rimediare negli altri (la Cassazione sottolinea che va “sempre scongiurata la doppia imposizione” anche se c’è stata adesione). Dunque, il difensore accorto dovrebbe valutare anche questi scenari collaterali: aderisco, pago quell’anno, ma poi magari faccio valere in via amministrativa i miei diritti sugli anni connessi. Questa è strategia avanzata.
Domande Frequenti (FAQ) sull’Accertamento con Adesione
Di seguito rispondiamo in forma concisa ad alcune delle domande più frequenti che professionisti e contribuenti si pongono riguardo all’accertamento con adesione, specialmente alla luce delle ultime novità normative:
D1: Chi può richiedere l’accertamento con adesione?
R: Qualsiasi contribuente che sia destinatario di un avviso di accertamento (o avviso di rettifica/liquidazione) emesso dall’Agenzia delle Entrate ha diritto a presentare istanza di adesione. Ciò vale per persone fisiche (anche non titolari di partita IVA, ad es. per IRPEF su redditi fondiari), professionisti e ditte individuali, società di persone e di capitali, enti non commerciali per i tributi di loro pertinenza. Possono aderire anche gli eredi di un contribuente defunto (se hanno ricevuto l’avviso intestato a loro) o altri coobbligati solidali che abbiano un atto a proprio nome. In ambito di tributi locali, l’adesione è possibile solo se l’ente locale (Comune o Regione) l’ha prevista nel proprio regolamento, ma oggi molti enti lo fanno, ad esempio per IMU, TARI, addizionali regionali, etc.. In sintesi, se ricevete un avviso dall’Agenzia delle Entrate (IRPEF, IRES, IVA, IRAP, Registro, ecc.) potete attivare la procedura di adesione. Se ricevete un avviso da un Comune (es. IMU) verificate se il Comune consente l’adesione: in molti casi sì, con modalità simili a quelle statali.
D2: Quali atti possono essere definiti con adesione?
R: Sono definibili tramite accertamento con adesione: gli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi (IRPEF/IRES), dell’IVA, dell’IRAP; gli avvisi di rettifica o di liquidazione per imposte indirette (registro, successioni e donazioni, ipocatastali, bollo…); e, dopo la riforma del 2024, anche gli avvisi di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati. Praticamente, tutti gli atti impositivi impugnabili davanti al giudice tributario possono, in linea di principio, essere oggetto di adesione (eccetto il caso degli atti derivanti da controlli automatizzati o formali, che non rientrano perché non sono veri “accertamenti” impugnabili). Per esempio, si possono definire in adesione avvisi di accertamento IRPEF per maggior reddito, avvisi IVA per indebita detrazione, avvisi di liquidazione per revoca di agevolazioni registro, atti di recupero credito R&S indebito, ecc.. Sono esclusi invece: le comunicazioni di irregolarità ex art.36-bis/36-ter (dato che lì c’è il meccanismo della compliance, non un atto impugnabile), le cartelle esattoriali e gli atti dell’Agente della Riscossione (che non riguardano il merito del tributo ma la riscossione). In generale, l’adesione è pensata per atti “da accertamento” dell’ente impositore. Anche le Regioni e i Comuni, come detto, se lo prevedono, possono fare adesioni: ad esempio molti Comuni consentono adesione su IMU, e alcune Regioni su tributi come l’IRBA (bollo auto) o l’addizionale IRPEF.
D3: Quali benefici ottengo aderendo, rispetto a pagare e basta (acquiescenza) o fare ricorso?
R: I benefici principali dell’accertamento con adesione sono: (1) la riduzione delle sanzioni amministrative a 1/3 del minimo previsto (circa il 33,3%) – questa è la stessa entità di riduzione dell’acquiescenza, ma con l’enorme differenza che nell’adesione si può anche ridurre la base imponibile contestata tramite negoziazione, cosa che con l’acquiescenza (dove si paga e basta) non è possibile; (2) la rateizzazione fino a 8 rate trimestrali (o 16 se importi > €50.000), mentre con l’acquiescenza bisogna pagare tutto entro 30 giorni in unica soluzione; (3) la sospensione dei termini di ricorso (90 o 30 giorni), che di fatto concede più tempo per preparare eventualmente la difesa in giudizio se l’adesione non va a buon fine, e comunque sposta in avanti l’eventuale contenzioso; (4) la definizione concordata della pretesa, evitando i rischi del giudizio. In giudizio, infatti, potrei vincere tutto (e allora pagherei zero) ma potrei anche perdere tutto (e pagare intero + interessi + sanzioni e spese). Con l’adesione ottengo una sorta di certezza immediata: so subito quanto pago, con uno sconto significativo su sanzioni e spesso sull’imponibile. Inoltre, (5) come accennato, se la materia ha possibili risvolti penali, pagare le imposte attraverso l’adesione può in taluni casi attenuare o estinguere il reato tributario (ad esempio, omessa dichiarazione: pagamento prima del dibattimento = non punibilità; dichiarazione fraudolenta: pagamento = attenuante che riduce la pena e talvolta consente la sospensione condizionale, ecc.). Questo beneficio “collaterale” penale non ce l’ha l’acquiescenza? In realtà anche l’acquiescenza è pagamento, quindi avrebbe gli stessi effetti penali, ma l’adesione ti permette di pagare di meno (grazie al ricalcolo) e a rate, quindi risulta più praticabile. Rispetto infine alla conciliazione giudiziale, l’adesione consente almeno la stessa riduzione sanzioni (1/3) e in alcuni casi persino migliore (se in conciliazione il giudice avesse irrogato sanzioni sopra il minimo, 1/3 di quelle magari è più del 30% dell’imposta; invece adesione è 1/3 del minimo). In ogni caso con l’adesione si evita di pagare il contributo unificato del ricorso e si chiude tutto prima, senza spese legali aggiuntive. Dunque, se c’è margine di accordo, l’adesione vince praticamente su ogni altra opzione in termini di convenienza globale.
D4: Come si presenta l’istanza di accertamento con adesione? Ci sono moduli specifici da usare?
R: L’istanza di adesione è molto semplice e non richiede moduli prestampati obbligatori. È sostanzialmente una domanda in carta libera indirizzata all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto. Deve riportare: i dati del contribuente, gli estremi dell’avviso (numero di protocollo, data, periodo d’imposta, ecc.) e la chiara volontà di aderire. Non è necessario scrivere motivazioni dettagliate o difese (non è un ricorso); basta indicare che si chiede di attivare la procedura di accertamento con adesione e magari fornire un recapito (telefono/email) per la convocazione. Alcuni uffici rendono disponibile un fac-simile o un modellino sul sito web o allo sportello, che si può usare ma non è obbligatorio. In mancanza, una lettera firmata con i dati essenziali va benissimo. L’istanza va presentata entro i termini già discussi (30 gg dalla bozza di atto in caso di contraddittorio, 15 gg post-avviso se contraddittorio c’è stato, 60 gg se no contraddittorio). Può essere consegnata a mano (farsene protocollare una copia), spedita con raccomandata A/R (fa fede la data di ricezione da parte dell’ufficio, attenzione) o in certi casi inviata via PEC. Molti uffici accettano la PEC per queste istanze, ma conviene verificare se l’indirizzo PEC istituzionale è abilitato a riceverle (in genere sì, la PEC dell’ufficio è nei modelli di avviso). Nota: se siete nella fase di contraddittorio obbligatorio e l’ufficio vi ha già inviato un “invito a offrire adesione” con un prospetto, potrebbe aver allegato un modulo di risposta; potete usare quello o fare comunque una vostra richiesta formale, l’importante è rispettare i tempi.
D5: Cosa succede ai termini per fare ricorso se chiedo l’adesione?
R: Come spiegato, la presentazione dell’istanza di adesione sospende il termine per impugnare l’atto davanti alle Corti di giustizia tributaria (ex Commissioni). In generale la sospensione è di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza. Fanno eccezione i casi in cui: l’avviso era preceduto da contraddittorio obbligatorio ex art. 6-bis Statuto e il contribuente non ha chiesto adesione in quella sede ma lo fa dopo l’avviso definitivo; in tal caso la sospensione concessa è soltanto di 30 giorni. Per il resto, 90 giorni standard. Durante il periodo di sospensione l’ufficio conduce la procedura di adesione e dovrebbe concluderla. Se si raggiunge l’accordo, il ricorso non servirà. Se non si raggiunge, il contribuente riacquista il diritto di ricorrere una volta terminata la sospensione (o anticipatamente se l’esito negativo viene formalizzato prima). Tecnicamente, i giorni di sospensione si aggiungono al termine ordinario. Ad esempio, se al momento in cui ho presentato istanza mancavano 20 giorni alla scadenza dei 60 per ricorrere, dopo la fine dei 90 giorni sospesi mi rimarranno quei 20 giorni per depositare il ricorso. Oppure, se l’esito negativo viene comunicato prima dello scadere dei 90 giorni, da quel momento i termini riprendono a decorrere (sia i giorni residui pre-sospensione sia il residuo del periodo di sospensione). In pratica l’adesione allunga il tempo per decidere sul ricorso. Una volta conclusi i 90 o 30 giorni, se non c’è accordo, il “timer” riparte. È fondamentale non dimenticarsi di questo termine finale: molti fanno l’errore di attendere oltre. Consiglio: se verso la fine dei 90 giorni non avete ancora notizie certe, preparate comunque il ricorso e depositatelo magari l’ultimo giorno utile (calcolato opportunamente) per sicurezza, piuttosto che far scadere tutto. Meglio un ricorso depositato e poi semmai rinunciare se l’accordo arriva fuori tempo, piuttosto che restare senza tutela.
D6: Posso presentare più di una istanza di adesione sullo stesso atto?
R: No, non è possibile. La riforma 2024 l’ha esplicitato normativamente: il contribuente può esercitare la facoltà di adesione una volta soltanto per ciascun atto. In passato era già così nella sostanza (non avrebbe senso chiedere due volte adesione sul medesimo avviso), ma ora è chiarito per legge. Quindi, ad esempio, se avete già chiesto adesione sulla bozza di accertamento in fase di contraddittorio e la procedura è andata avanti, non potete – una volta ricevuto l’avviso definitivo – presentare una “nuova” istanza di adesione su quell’avviso. Viceversa, se durante il contraddittorio vi siete limitati a presentare osservazioni e non avete attivato l’adesione in quella sede, potrete farlo dopo sull’avviso (ma come detto con termine 15 gg). In sintesi: un’istanza per atto. Se l’accordo non si conclude e l’avviso rimane contestato, l’unica via sarà il giudizio; non c’è un “secondo round” di adesione.
D7: Cosa posso discutere e modificare in sede di adesione?
R: In sede di adesione si può discutere praticamente tutto il contenuto economico dell’accertamento (sia aspetti di fatto sia di diritto), con l’obiettivo di raggiungere un compromesso. Nella pratica, la negoziazione verte su importi: imponibili, imposte, sanzioni applicate (queste ultime però solo fino alla riduzione di legge). Ad esempio, potete portare elementi per ridurre la quantificazione dei ricavi non dichiarati (mostrando che in realtà erano inferiori, allegando contabilità, ecc.), far riconoscere costi che l’ufficio aveva disconosciuto (esibendo documenti non visti prima), spiegare che un certo rilievo è infondato in diritto (ad esempio dimostrando che un’esenzione era applicabile) e cercare di convincere l’ufficio a eliminarlo. L’esito può essere: alcuni rilievi vengono completamente annullati (stralciati), altri vengono ridotti (accordo su un imponibile inferiore a quello inizialmente preteso). Quello che non potete fare è introdurre questioni estranee: ad esempio, non potete pretendere in adesione di discutere di un anno diverso non oggetto dell’avviso, o tirar fuori nuovi elementi estranei all’atto. Si discute di quell’atto e di quei rilievi. Inoltre non si possono ottenere interpretazioni contra legem: l’ufficio non potrà mai concordare una soluzione in violazione di legge (es. condonare un reddito che per legge sarebbe interamente imponibile). Tuttavia, spesso se un rilievo è marginale o dubbio, l’ufficio può decidere di soprassedere su quello per chiudere sul resto, il che di fatto equivale a toglierlo (ma lo motiveranno come “in via di adesione, si riconosce…”, ecc.). L’adesione è flessibile sul quantum: si cerca una mediazione economica, non una verità giuridica assoluta. Questa è la differenza con il ricorso: in giudizio il giudice decide chi ha ragione, in adesione si cerca una via di mezzo accettabile. Nota bene: l’accordo deve riguardare tutto l’atto. Non potete definire solo alcuni rilievi e lasciarne fuori altri per litigare su quelli. L’adesione, se avviene, copre quell’anno/atto in maniera globale. Se ci sono rilievi per cui non trovate accordo, niente adesione su nulla (non c’è possibilità di accordo parziale stile “accordo separato su un rilievo”). Quindi è tutto o niente per ciascun atto.
D8: Se aderisco, posso poi fare ricorso su ciò che non mi convince? Magari firmo per chiudere ma poi contesto qualche parte…
R: No. Una volta perfezionato l’accertamento con adesione (cioè firmato l’atto e pagato quanto dovuto), l’accordo è definitivo e non impugnabile. Né l’atto di adesione né l’originario avviso (che viene assorbito dall’accordo) possono essere portati in Commissione tributaria. Aderendo, il contribuente rinuncia al contenzioso su quella materia. La Cassazione, come detto, ha più volte dichiarato inammissibili i ricorsi contro avvisi già definiti in adesione, anche se magari il contribuente aveva cambiato idea dopo – non è consentito ripensarci. L’unica ipotesi teorica di contestazione sarebbe se l’accordo fosse viziato da un difetto del consenso (es.: errore essenziale, violenza morale, dolo) – cioè se il contribuente provasse di aver firmato per errore o sotto minaccia. Ma sono casi limite e comunque da far valere semmai con istanza di autotutela all’Amministrazione (chiedendo l’annullamento in via di autotutela per vizio del consenso), non in giudizio. In pratica, dopo l’adesione, game over sul fronte giudiziario. Quindi, attenzione: aderite solo se siete davvero disposti ad accettare quell’esito. Se avete dubbi forti sulla legittimità di alcuni rilievi, valutate bene se aderire o se invece convenga ricorrere. Ricordate anche (punto cruciale): se firmate ma poi non pagate, l’adesione decade ma i termini per ricorrere saranno comunque scaduti, quindi vi troverete con un debito definitivo (l’avviso che diventa definitivo) e nessuna possibilità di difendervi. Dunque non esiste la furbata “firmo per guadagnare tempo e poi non pago e intanto faccio ricorso”: non funziona, perché il ricorso dopo firma è inammissibile e vi resta solo il debito da saldare.
D9: Cosa succede se non rispetto i termini di pagamento dell’adesione?
R: Il pagamento tempestivo è fondamentale. Dopo la firma, avete 20 giorni per pagare tutto (o la prima rata) e così perfezionare l’accordo. Se non pagate entro tale scadenza, l’accordo diventa inefficace. In pratica, è come se non aveste definito nulla: l’Agenzia potrà procedere a farvi pagare quanto contestato originariamente. Più precisamente, la normativa prevede che la validità dell’adesione è subordinata al versamento; se questo non avviene, l’Amministrazione iscriverà a ruolo le somme dovute secondo l’avviso di accertamento originario (non secondo l’accordo ridotto). Inoltre, essendo ormai trascorsi i termini di impugnazione, quell’avviso è definitivo e dovrete pagarlo per intero con sanzioni piene e interessi di mora. Quindi sarebbe un enorme autogol non pagare dopo aver firmato: perdereste i benefici e anche il diritto al ricorso. Per fare un esempio pratico: tizio firma adesione il 1° luglio ma non paga entro il 21 luglio; l’ufficio a quel punto iscriverà a ruolo l’importo dell’avviso originario (imposte + sanzioni originarie + interessi) e tizio riceverà una cartella, senza poter opporsi perché ha rinunciato al ricorso. Inoltre rischia che gli vengano applicate ulteriori sanzioni da omesso versamento (30%) per il mancato pagamento nei termini concordati, oltre agli interessi di mora di cartella e all’aggio di riscossione. Dunque, se prevedete difficoltà finanziarie, meglio non concludere l’adesione oppure concluderla solo se avete la certezza di poter rispettare il piano di rate. In casi estremi, se dopo la prima rata sopraggiungono problemi, si può chiedere all’Agente della Riscossione una dilazione sulla cartella, ma a quel punto il debito è aumentato (perché l’adesione è decaduta) e la richiesta di rate verrà fatta su quello. In sostanza, cercate di evitare assolutamente il mancato pagamento post-firma. (Da notare: qualche incertezza interpretativa esiste su cosa l’Erario possa esigere in caso di mancato pagamento – solo l’accordo o l’intero avviso – ma prevale la tesi che l’avviso originario resti a garanzia fino a pagamento integrale, quindi l’Erario può pretendere tutto l’avviso; in pratica però molti uffici riscuotono l’importo accordato ma non versato, con aggiunte. Ad ogni modo, è una situazione pessima in ogni caso).
D10: Posso pagare compensando con crediti d’imposta l’importo dovuto in adesione?
R: No, non è ammesso. Il pagamento delle somme dovute con l’adesione deve avvenire tramite effettivo versamento monetario (F24 con addebito su conto corrente, o bollettini). Non è consentito compensare tali somme con eventuali crediti d’imposta disponibili. Questo è sancito espressamente per i casi di adesione su avvisi di recupero crediti d’imposta (dove sarebbe paradossale pagare un credito contestato usando un altro credito), ma vale in generale per tutte le somme dovute a seguito di istituti definitori (adesione, conciliazione, acquiescenza, ecc.). Dunque, se da un’adesione risultano €10.000 da pagare e avete un credito IVA di pari importo, non potete compensare quel credito: dovete pagare i €10.000, e semmai poi chiedere rimborso del credito o usarlo per altri pagamenti non relativi a istituti definitori. È una limitazione pensata per garantire che l’Erario incassi liquidità nell’ambito di queste definizioni.
Fonti e Riferimenti Normativi/Giurisprudenziali (luglio 2025):
- Decreto Legislativo 19 giugno 1997, n. 218, “Disposizioni in materia di accertamento con adesione e conciliazione giudiziale”, artt. 2-13 (Disciplina generale dell’adesione, come modif. da provvedimenti successivi).
- Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del Contribuente), art. 6, comma 2 e art. 6-bis (come introdotto da D.Lgs. 219/2023) – obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e impatto sull’adesione.
- Decreto Legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, “Riforma dell’accertamento tributario e concordato preventivo biennale”, art. 1 commi 1-2 (modifiche al D.Lgs. 218/97: invito all’adesione, adesione ai PVC, termini, ecc.).
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis (accertamenti parziali imposte dirette) e DPR 633/1972, art. 54 c.4 (accertamenti parziali IVA) – richiamati per adesione ai PVC.
- Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17 – definizione agevolata delle sanzioni (1/3) in caso di mancata impugnazione.
- Sentenza Corte di Cassazione, Sez. Unite, 25 marzo 2024 n. 7966: decorrenza obbligo generale di contraddittorio dal 18/1/2024, atti antecedenti soggetti al vecchio regime.
- Ordinanza Corte di Cassazione, Sez. Trib., 19 settembre 2023 n. 26818: principio di inimpugnabilità dell’atto di adesione e dell’avviso definito (impugnazione esclusa dopo adesione).
- Ordinanza Corte di Cassazione, Sez. Trib., 23 novembre 2022 n. 34576: conferma che il mancato pagamento non riapre termini di ricorso dopo la firma dell’adesione (ricorso inammissibile anche se accordo non perfezionato da pagamento).
- Sentenza Corte di Cassazione, Sez. Trib., 24 marzo 2025 n. 7751: in tema di spese di manutenzione eccedenti dedotte in un anno, afferma diritto al rimborso per gli anni successivi delle imposte indebitamente pagate e chiarisce che l’adesione al PVC sui rilievi non preclude tale rimborso (evitare doppia imposizione).
- Sentenza Corte di Cassazione, Sez. Trib., 7 aprile 2025 n. 9157: (tema collegato al processo penale – art. 21-bis D.Lgs. 74/2000) – chiarisce efficacia giudicato penale su sanzioni tributarie ma non su imposta; citata per contesto, evidenzia l’importanza del pagamento integrale per chiudere posizione penale.
- Corte di Cassazione, varie pronunce di legittimità: n. 25497/2022, n. 15980/2020, n. 10086/2009 (tutte richiamate in Cass. 26818/2023) sul divieto di impugnare avvisi definiti in adesione; n. 29036/2021 su limiti adesione PVC per rilievi non rientranti in accertamento parziale.
- Prassi amministrativa AE: Circolare Agenzia Entrate n. 65/E del 2001 (sull’adesione ai PVC, ormai datata), Circolare AE n. 18/E del 17.9.2024 (chiarimenti su concordato biennale e primi chiarimenti su adesione e PVC), Circolare AE n. 9/E del 24.6.2025 (istruzioni operative su nuove procedure di adesione, indicazioni applicative).
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