Hai ricevuto una lettera di compliance per carenze nel quadro RS pur essendo in regime forfettario?
L’Agenzia delle Entrate ti segnala che nella tua dichiarazione dei redditi mancano dati obbligatori da indicare nel quadro RS, come previsto per chi aderisce al regime agevolato? In questi casi è fondamentale capire di cosa si tratta, perché questa omissione può generare controlli o accertamenti, e come difenderti o regolarizzare la tua posizione senza sanzioni elevate.
Quando arriva una lettera di compliance per carenze del quadro RS?
– Quando nella tua dichiarazione da forfettario non è stato compilato correttamente il quadro RS, obbligatorio anche se non hai IVA da liquidare
– Quando hai omesso i dati richiesti ai fini statistici o di controllo, come codici attività, giorni lavorati, incassi per cassa
– Quando non hai indicato elementi essenziali per la verifica della permanenza nel regime forfettario
– Quando l’Agenzia rileva che i dati ISA risultano non trasmessi per assenza del quadro RS
– Quando la tua posizione è a rischio di esclusione dal regime a causa di omissioni strutturali nella dichiarazione
Cosa contiene la lettera di compliance dell’Agenzia delle Entrate?
– L’indicazione dell’anomalia rilevata nella tua dichiarazione
– Il riferimento al quadro RS e ai righi specifici omessi o compilati in modo incompleto
– L’invito a regolarizzare con dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso, per evitare sanzioni
– L’avvertimento che, in caso di inerzia, potrà partire un accertamento per decadenza dal regime o per omessa dichiarazione di dati obbligatori
– L’indicazione dei canali telematici per rispondere o fornire chiarimenti
Come puoi difenderti da una lettera di compliance per carenze del quadro RS?
– Verifica con il tuo consulente se il quadro RS è effettivamente incompleto o compilato in modo errato
– Controlla se l’omissione riguarda dati di tipo statistico o elementi di verifica del regime
– Se hai omesso righi obbligatori, valuta l’invio di una dichiarazione integrativa con ravvedimento, per limitare le sanzioni
– Prepara una risposta documentata, se ritieni che la dichiarazione fosse corretta o se l’omissione non è imputabile a te
– Se la comunicazione riguarda annualità ormai prossime alla decadenza per controllo, agisci rapidamente per evitare conseguenze peggiori
– Se l’Agenzia dovesse procedere con un accertamento, puoi impugnarlo con l’assistenza di un legale esperto
Cosa puoi ottenere con la giusta risposta o regolarizzazione?
– L’archiviazione della segnalazione, se dimostri che la dichiarazione è valida
– La regolarizzazione con sanzioni ridotte, evitando accertamenti più pesanti
– Il mantenimento del regime forfettario, dimostrando la correttezza sostanziale della tua posizione
– La tutela della tua posizione fiscale e previdenziale, soprattutto se sei autonomo o professionista
– La prevenzione di nuove lettere di anomalia o controlli futuri, regolarizzando anche gli anni successivi
Attenzione: il quadro RS è spesso considerato un adempimento formale, ma per chi è in regime forfettario può avere effetti sostanziali, in quanto consente all’Agenzia di verificare il rispetto dei requisiti di accesso e permanenza. Ignorare una lettera di compliance può portare alla decadenza dal regime e all’applicazione della tassazione ordinaria.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in regime forfettario, compliance fiscale e contenzioso tributario ti spiega come difenderti da una segnalazione per carenze nel quadro RS, quando regolarizzare, come rispondere e come salvaguardare il tuo regime agevolato.
Hai ricevuto una comunicazione per omissioni nel quadro RS?
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Introduzione
Le partite IVA in regime forfettario godono di una forte semplificazione degli adempimenti tributari: niente IVA, niente registri contabili e un’unica imposta sostitutiva su ricavi o compensi. Proprio per questo, la legge impone comunque ai forfettari alcuni obblighi informativi minimi da riportare nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro RS del modello Redditi Persone Fisiche. Negli ultimi anni, molti contribuenti hanno trascurato la compilazione del quadro RS, considerandola irrilevante ai fini del calcolo d’imposta. L’Agenzia delle Entrate ha quindi avviato campagne di compliance – tramite lettere inviate ai contribuenti – per segnalare la mancata compilazione e invitare a regolarizzare la situazione. Queste iniziative hanno sollevato dubbi e proteste, portando anche a interventi normativi di proroga dei termini.
In questa guida approfondita esamineremo quali dati vanno indicati nel quadro RS dai forfettari, le conseguenze (in termini di sanzioni) della mancata compilazione, e soprattutto come difendersi dal punto di vista del contribuente. Vedremo le possibilità di regolarizzazione spontanea (ravvedimento operoso), le tutele amministrative come l’autotutela e, in caso di provvedimenti sanzionatori, le strategie di difesa in contenzioso (ricorso alle Commissioni Tributarie). Il tutto aggiornato a luglio 2025, con riferimenti normativi recenti, pronunce e circolari, un linguaggio tecnico-giuridico ma accessibile, arricchito da tabelle riepilogative, FAQ (domande e risposte) e simulazioni pratiche. L’obiettivo è fornire a professionisti, imprenditori e privati un quadro chiaro di come affrontare le lettere di compliance per carenze nel quadro RS, dal punto di vista del contribuente (“debitore” nei confronti del fisco).
Quadro RS e obblighi informativi nel regime forfettario
Il regime forfettario, introdotto dalla legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015, commi 54–89), prevede semplificazioni ma anche specifici obblighi di comunicazione. In particolare, l’art. 1 comma 73 della legge 190/2014 stabilisce che i contribuenti forfettari devono fornire “specifici elementi informativi relativi all’attività svolta” in sede di dichiarazione dei redditi, secondo le modalità stabilite da apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Tale previsione si traduce, in pratica, nell’obbligo di compilare un apposito prospetto nel Quadro RS del modello Redditi PF (denominato “Regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni – Obblighi informativi”) inserendo alcuni dati contabili e fiscali relativi all’attività.
Va ricordato inoltre che, ai sensi dell’art. 1 comma 69 della stessa legge, i forfettari non sono tenuti ad agire come sostituti d’imposta. In altre parole, il forfettario non subisce ritenute d’acconto sui propri compensi e non le opera nei confronti di altri (ad esempio se un forfettario paga un professionista esterno, non trattiene la ritenuta). Tuttavia, per monitorare queste situazioni, la legge richiede comunque un adempimento informativo: comunicare in dichiarazione i dati dei compensi erogati senza ritenuta. Tale obbligo informativo si affianca a quello sui dati contabili dell’attività.
In sintesi, gli obblighi informativi dei forfettari da riportare nel quadro RS riguardano due categorie di dati:
- Compensi erogati senza ritenuta d’acconto: vanno indicati i codici fiscali dei percettori e l’ammontare dei redditi da loro percepiti, per i quali il forfettario non ha operato la ritenuta (come previsto dall’art. 1 comma 69 L.190/2014). Questo serve a comunicare all’amministrazione finanziaria i pagamenti effettuati in assenza di ritenuta, dal momento che il forfettario non emette Certificazione Unica per tali somme.
- Dati contabili sull’attività (costi e informazioni di gestione): vanno comunicati alcuni importi relativi ai costi sostenuti nell’anno per l’esercizio dell’attività, e altri elementi quantitativi (ad esempio il numero di veicoli utilizzati). Tali dati differiscono a seconda che il contribuente operi in forma d’impresa (ditte individuali) oppure come lavoratore autonomo (professionista senza obbligo di iscrizione camerale).
Queste informazioni devono essere fornite ogni anno, nella dichiarazione dei redditi, compilando gli appositi righi del quadro RS. La prima introduzione pratica di tale obbligo risale al modello Redditi 2016 (anno d’imposta 2015), in cui comparve il prospetto “obblighi informativi” dedicato ai forfettari. Nei primi anni molti contribuenti hanno ignorato o omesso questi campi, spesso per mera dimenticanza o perché ritenuti inutili ai fini del calcolo delle imposte (trattandosi di dati che non incidono sul reddito imponibile). Tuttavia, come vedremo, la mancata indicazione configura una violazione formale e può comportare sanzioni.
I dati da indicare nel quadro RS dei forfettari
Vediamo in dettaglio quali informazioni vanno inserite e dove, distinguendo tra forfettari imprenditori (ditte individuali) e forfettari professionisti. La tabella seguente riepiloga i righi del quadro RS da compilare e il relativo contenuto:
Rigo (Quadro RS) | Chi deve compilarlo | Informazione da indicare |
---|---|---|
RS371 – RS373 | Tutti i forfettari (imprese e autonomi) | Codice fiscale di ciascun soggetto percettore di redditi per i quali non è stata operata la ritenuta d’acconto, e ammontare dei relativi compensi corrisposti. (Si utilizza un rigo separato per ogni percettore; questi dati sostituiscono la Certificazione Unica che il forfettario normalmente non emette). |
RS375 | Forfettari – imprese (ditte individuali) | Numero complessivo di mezzi di trasporto/veicoli posseduti e/o detenuti a qualsiasi titolo alla chiusura dell’anno per lo svolgimento dell’attività. |
RS376 | Forfettari – imprese | Costo totale per materie prime, sussidiarie, semilavorati e merci acquistati nell’anno, inclusi gli oneri accessori direttamente imputabili, e spese per lavorazioni effettuate da terzi esterni, nonché servizi strettamente correlati alla produzione dei ricavi. (In pratica, tutti i costi di acquisto di beni e servizi legati alla produzione). |
RS377 | Forfettari – imprese | Costi per godimento di beni di terzi sostenuti nell’anno: canoni di locazione (leasing o affitto) di beni mobili e immobili, canoni di noleggio, affitto d’azienda, royalties e simili. |
RS378 | Forfettari – imprese | Spese per carburante per autotrazione sostenute nell’anno (acquisti di carburanti per i veicoli utilizzati nell’attività). |
RS381 | Forfettari – lavoratori autonomi (professionisti senza iscrizione CCIAA) | “Consumi” del professionista, cioè la somma delle spese sostenute nell’anno per: servizi telefonici (telefono, internet, ecc., comprensivi di servizi accessori), energia elettrica, carburanti e lubrificanti per autoveicoli ad uso esclusivo professionale. |
Esempio del prospetto “Regime forfetario – Obblighi informativi” nel quadro RS del Modello Redditi PF (estratto da una dichiarazione precompilata per il 2022). Si notino i righi RS371–RS373 per i compensi erogati senza ritenuta, RS375–RS378 per i dati contabili delle imprese, e RS381 per i consumi dei professionisti.
Come si evince, gli esercenti attività d’impresa (imprese individuali in regime forfettario) devono compilare sia la parte relativa ai compensi senza ritenute (se hanno effettuato pagamenti a professionisti o altri percettori) sia i righi RS375–378 sui costi aziendali. I professionisti forfettari (lavoratori autonomi) compileranno la parte compensi senza ritenute (se hanno pagato compensi a terzi senza ritenuta) e l’unico rigo RS381 per le spese di “consumo” legate alla loro attività.
Importante: i dati contabili richiesti sono puramente informativi e non influiscono sul calcolo dell’imposta sostitutiva dovuta dal forfettario. Ad esempio, indicare i costi in RS376–RS378 non dà diritto ad alcuna deduzione (per definizione, il regime forfettario tassa un importo forfettario di reddito indipendentemente dai costi reali). Allora perché vengono richiesti? L’obiettivo è duplice: da un lato fornire all’amministrazione finanziaria elementi per analisi di rischio e controllo (ad esempio verificare se un forfettario abbia comportamenti anomali negli acquisti); dall’altro creare un database statistico utile per future politiche fiscali, come il nuovo concordato preventivo biennale previsto dalla riforma fiscale. In effetti, la recente normativa delega ha reintrodotto la possibilità di concordare il reddito forfettario su base biennale, e la raccolta di dati sui costi reali dei forfettari servirà a formulare proposte attendibili in tal senso.
Istruzioni operative e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni su come determinare questi valori. In base alle circolari n. 10/E e 24/E del 2016 (paragrafo 4.2.3):
- Vanno dichiarate solo le spese di cui si è ricevuta fattura nel periodo d’imposta (non rilevano costi non documentati fiscalmente). In altre parole, i costi devono essere effettivamente documentati da fatture d’acquisto ricevute durante l’anno di riferimento. Se un costo non ha documentazione fiscale (ad es. uno scontrino non intestato), non va riportato.
- Gli importi vanno indicati al lordo dell’IVA eventualmente pagata sulle fatture di acquisto. Poiché i forfettari non detraggono l’IVA sugli acquisti, il costo comprensivo di IVA rappresenta l’esborso effettivo a loro carico e va comunicato interamente.
- Per beni e servizi ad uso promiscuo (utilizzati sia per l’attività che per uso personale/familiare), si deve indicare solo il 50% della spesa. Questo riguarda ad esempio telefono cellulare usato sia per lavoro che privatamente, utenze domestiche se il luogo di lavoro è in casa, l’auto in parte usata privatamente, ecc. La regola del 50% uniforma l’informazione a quella deducibile per analoghe spese in contabilità semplificata, sebbene nel regime forfettario tali costi non siano deducibili.
- Caso particolari – Carburanti per autotrazione: data l’introduzione dell’obbligo di fattura elettronica per acquisti di carburante (dal 2019) e la natura solitamente promiscua di tali spese, l’Agenzia ha chiarito che non si indicano importi promiscui per carburante. In pratica, nel rigo RS378 si riporta l’ammontare delle spese carburante solo se riferite a veicoli utilizzati esclusivamente per l’attività; se il veicolo è promiscuo, si indica comunque il 50% come per le altre spese promiscue (ove documentato).
Violazione dell’obbligo e conseguenze: omessa compilazione del quadro RS
Come accennato, la mancata (o errata) compilazione dei righi informativi del quadro RS costituisce una violazione formale. Si tratta di una violazione che non incide sulla determinazione del reddito imponibile né sul pagamento dell’imposta (il calcolo dell’imposta sostitutiva nel regime forfettario dipende unicamente al fatturato e ai coefficienti di redditività, indipendentemente dai costi). Tuttavia, la normativa prevede comunque una sanzione amministrativa per l’omissione di dati o indicazioni obbligatorie nella dichiarazione dei redditi.
In particolare, l’art. 8, comma 1, del D.Lgs. 471/1997 stabilisce che per le violazioni relative al contenuto della dichiarazione (omissione di informazioni obbligatorie, indicazione di dati non veritieri, ecc. che non incidono sul calcolo dell’imposta) si applica una sanzione pecuniaria da €250 a €2.000. Di norma l’amministrazione finanziaria irroga la sanzione minima (€250) in assenza di aggravanti. Pertanto, non compilare il quadro RS (o compilarlo in modo incompleto/inesatto) espone il contribuente forfettario a una multa fino a 250 euro per dichiarazione, qualora la violazione venga riscontrata.
Questa sanzione è “formale”: viene comminata anche se il fisco non subisce alcun danno diretto in termini di imposta evasa, proprio a tutela dell’obbligo di collaborazione informativa del contribuente. Dal punto di vista giuridico, la ratio è che l’amministrazione deve poter contare su informazioni corrette e complete per le sue analisi e controlli; l’inosservanza di un obbligo dichiarativo è sanzionata a prescindere dall’incidenza sul tributo dovuto.
Va evidenziato che la mancata compilazione del quadro RS non comporta la decadenza dal regime forfettario. Nessuna norma prevede l’esclusione dal regime a causa di questa omissione, né un ricalcolo dell’imposta dovuta oltre quella già versata. Le uniche conseguenze sono quindi l’eventuale sanzione amministrativa e – come vedremo – possibili approfondimenti o controlli fiscali da parte dell’Agenzia. In altre parole, un forfettario non vedrà mai aumentare le imposte da pagare per non aver indicato quei costi (il reddito imponibile resta quello determinato forfettariamente sui ricavi dichiarati), ma potrà subire una multa e potenzialmente un’analisi più approfondita della sua posizione.
Esempio: il Sig. Rossi, forfettario, nel 2022 ha dichiarato €50.000 di ricavi. Non ha compilato il quadro RS indicando i costi. L’imposta sostitutiva dovuta rimane comunque pari al 15% di €50.000 (o 5% se startup), indipendentemente dai costi che avrebbe potuto dichiarare. Tuttavia, l’Agenzia potrebbe irrogargli €250 di sanzione per l’omissione dei dati RS. Inoltre, se dal suo cassetto fiscale risultano acquisti significativi (es. €40.000 di fatture di acquisto) a fronte di €50.000 di ricavi, è possibile che il fisco voglia esaminare più da vicino la sua attività, pur senza contestargli maggior imposta dovuta sul 2022 (ma potrebbe ad esempio verificare la regolarità delle fatture emesse/ricevute, o controllare che non vi siano ricavi non dichiarati, ecc.).
In alcuni casi, la stessa legislazione fiscale prevede una sorta di non punibilità per violazioni formali davvero di scarsa rilevanza. Ad esempio l’art. 6, co.5-bis, D.Lgs. 472/1997 (introdotto nel 2015) stabilisce che non sono punibili le violazioni formali che non ostacolano l’attività di controllo e non incidono sul calcolo del tributo. Tuttavia, questa norma si applica se e solo se la violazione viene rimossa spontaneamente dal contribuente entro un certo termine (tipicamente prima che inizino accessi, ispezioni o verifiche). Nel caso del quadro RS, l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’omissione di tali informazioni non rientri nelle violazioni “trascurabili da non punire”, tanto è vero che ha attivato le procedure di compliance proprio per sollecitare i contribuenti a sanare l’omissione ed evitare di dover poi irrogare sanzioni. Dunque, sebbene dottrina e professione abbiano obiettato che l’assenza di questi dati non pregiudica affatto i controlli (poiché l’Agenzia vede già le fatture degli acquisti elettronici), la posizione ufficiale è che l’obbligo vada rispettato e la sua violazione perseguita (salvo i correttivi di recente introdotti, di cui diremo a breve).
Riassumendo le possibili conseguenze per chi non compila il quadro RS o lo compila in modo carente/errato:
- Sanzione amministrativa formale: importo base €250 (riducibile con ravvedimento, vedi oltre). In caso di contestazione formale, può essere consentito il pagamento in misura ridotta (1/3) se pagata entro 60 giorni, cioè circa €83. La sanzione si applica per ciascun periodo d’imposta dichiarativo con omissioni.
- Richiesta di regolarizzazione spontanea: prima di emettere una sanzione, l’Agenzia può inviare una lettera di compliance invitando il contribuente a inviare una dichiarazione integrativa con i dati mancanti (ravvedimento operoso), beneficiando così di una sanzione ridotta (~€30). Questa fase di solito precede l’irrogazione ufficiale della multa.
- Possibili controlli fiscali approfonditi: l’omissione in sé non provoca automaticamente un accertamento, ma, in presenza di dati anomali, ignorare l’obbligo può attirare l’attenzione del fisco. L’Agenzia, disponendo ormai dei dati delle fatture di acquisto (SDI), potrebbe interpretare la mancata indicazione come indice che il contribuente “abbia qualcosa da nascondere”. Ad esempio, disallineamenti forti tra ricavi dichiarati e acquisti registrati potrebbero far scattare un controllo: un forfettario con €50.000 di ricavi ma €100.000 di acquisti in SDI è in perdita economica – forse ha sottodichiarato i ricavi; viceversa €50.000 di ricavi e solo €1.000 di acquisti potrebbero far sospettare acquisti “in nero” non fatturati, ecc.. In casi estremi, un accertamento potrebbe portare a contestare l’esclusione dal regime forfettario (ad esempio se si scopre che i ricavi effettivi erano superiori al limite o che il contribuente non rispettava le condizioni del regime). Dunque, è bene non sottovalutare l’adempimento: se i dati mostrano forti anomalie, è preferibile comunicarli e poterli giustificare, piuttosto che occultarli e destare sospetti.
In ogni caso, è diritto del contribuente far valere le proprie ragioni e difendersi qualora venga contestata l’omissione. Analizziamo ora come l’Agenzia si sta muovendo per il recupero di queste informazioni (lettere di compliance) e quali strumenti il contribuente ha a disposizione per regolarizzare o contestare la violazione.
Le lettere di compliance dell’Agenzia: campagna sui forfettari (2023-2024)
Le “lettere di compliance” sono comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate (generalmente via PEC all’indirizzo risultante dall’INI-PEC, o per posta ordinaria se il contribuente non ha PEC) con cui si segnalano al contribuente “anomalie” o omissioni rilevate nelle dichiarazioni fiscali e lo si invita a regolarizzare spontaneamente la propria posizione. Non si tratta di avvisi di accertamento né di atti impositivi formali: sono inviti bonari, volti a stimolare l’adempimento spontaneo (“compliance”). In pratica, il fisco avverte il contribuente che ha rilevato un possibile errore/omissione e gli concede l’opportunità di correggerlo da solo (mediante dichiarazione integrativa e ravvedimento) pagando sanzioni in misura ridotta, evitando così successive sanzioni piene o contenziosi.
A partire dal 2023, l’Agenzia ha deciso di utilizzare lo strumento delle lettere di compliance per le omissioni del quadro RS dei forfettari. In particolare, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia n. 325550 del 19/09/2023 sono state stabilite le modalità per la trasmissione di inviti alla compliance rivolti ai contribuenti forfettari che non avevano compilato i righi RS obbligatori nelle loro dichiarazioni dei redditi. Il primo target individuato è stato il periodo d’imposta 2021 (dichiarazione Redditi PF presentata nel 2022): incrociando i dati, l’Agenzia ha identificato centinaia di migliaia di forfettari che avevano lasciato in bianco il prospetto in questione.
Contenuto della lettera e modalità di comunicazione
Le lettere (inviate tra fine settembre e ottobre 2023) informavano il contribuente che nella dichiarazione Redditi PF 2022 (redditi 2021) risultavano non compilati i righi RS375-378/RS381 obbligatori per i forfettari. Veniva segnalata questa “possibile anomalia” e invitato il contribuente a regolarizzare la posizione presentando una dichiarazione integrativa con la compilazione del quadro RS, avvalendosi del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) per beneficiare della riduzione delle sanzioni in base alla tempestività.
In concreto, la comunicazione conteneva:
- I dati identificativi del contribuente (codice fiscale, nome);
- Gli estremi della comunicazione (numero identificativo, data, codice atto) e il periodo d’imposta di riferimento;
- Gli estremi della dichiarazione originaria presentata (data e protocollo telematico di invio del modello Redditi PF 2022 per l’anno 2021);
- L’indicazione dell’anomalia riscontrata: mancata indicazione degli elementi informativi obbligatori ex art.1 c.73 L.190/2014 nel quadro RS;
- L’invito a fornire elementi e informazioni per giustificare l’anomalia o a correggere l’errore inviando una dichiarazione integrativa;
- Le indicazioni pratiche su come regolarizzare tramite ravvedimento (presentazione della dichiarazione integrativa con quadro RS compilato e pagamento della sanzione in misura ridotta).
Spesso nella lettera è anche specificato che il contribuente (o l’intermediario delegato) può contattare l’Agenzia per ottenere chiarimenti o comunicare informazioni utili a spiegare la presunta anomalia. Questo lascia la possibilità, ad esempio, di segnalare se si ritiene di non aver alcun dato da indicare o se la dichiarazione non andava effettivamente compilata (caso magari di errore dell’Agenzia nell’individuare la platea).
Un dettaglio importante, emerso da alcune lettere e confermato anche da fonti ufficiose, è che se il contribuente ritiene di non dover indicare nulla nel quadro RS (ad esempio perché non ha avuto alcuna spesa rientrante tra quelle richieste, né ha pagato compensi senza ritenuta), può ignorare la comunicazione. La lettera stessa chiarisce che “se si ritiene di non essere tenuti a riportare alcun dato nel quadro RS, si può cestinare la comunicazione”. Dunque, l’invito è rivolto a chi ha omesso dati dovuti; chi invece non aveva proprio dati da dichiarare non è obbligato ad alcuna azione e non subirà sanzioni, in quanto non vi è stata omissione materiale (il quadro vuoto in tal caso equivale a zero spese da comunicare). Questo punto è rassicurante, ad esempio, per quei professionisti forfettari che non hanno spese documentate (magari perché lavorano da casa usando utenze già intestate personalmente e senza aver fatture di acquisto a loro partita IVA, ecc.): se non vi sono fatture di acquisto intestate al forfettario in quelle categorie di costi, nessuna regolarizzazione è dovuta e la lettera, se arrivata, può essere considerata inapplicabile.
L’esito della campagna sul 2021 e la reazione dei professionisti
Le prime lettere di compliance inviate (riguardanti l’anno d’imposta 2021) sono partite su larga scala. Secondo quanto emerso successivamente, sono stati inviati oltre 505.000 inviti ai forfettari interessati. Tuttavia, l’adesione è stata minima: solo 22.127 dichiarazioni integrative sono state presentate per correggere il quadro RS, pari a circa il 4,4% dei destinatari. Questo dato, reso noto dalla Corte dei Conti nella relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2023, evidenzia come la stragrande maggioranza dei forfettari abbia “ignorato” le lettere di compliance. In effetti, molti contribuenti e consulenti nutrivano perplessità sull’effettiva necessità di questo adempimento tardivo e sulla utilità di affrettarsi a fare dichiarazioni integrative.
Le associazioni di categoria dei commercialisti hanno fortemente criticato l’operato dell’Agenzia su questo fronte. L’Associazione Dottori Commercialisti (ADC) e l’Unione Giovani Commercialisti (UNGDCEC) hanno evidenziato che non è corretto richiedere ai contribuenti dati che l’amministrazione ha già a disposizione, principio sancito sia dalla norma istitutiva del regime forfettario sia dallo Statuto del Contribuente. In particolare, hanno sottolineato che:
- Con l’introduzione della fatturazione elettronica, il Fisco conosce già l’ammontare di (quasi) tutti gli acquisti effettuati dai contribuenti, quindi “perché chiedere dati già presenti nell’Anagrafe Tributaria, specie se sono irrilevanti ai fini tributari?”. Secondo ADC, l’assenza dei dati nel quadro RS non preclude affatto i poteri di controllo, poiché l’Agenzia potrebbe sempre ricostruire acquisti e consumi dal cassetto fiscale del contribuente, dove transitano le fatture elettroniche.
- L’articolo 6, comma 4, dello Statuto del Contribuente (L.212/2000) stabilisce che “al contribuente non possono essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria”. I commercialisti ritengono violato questo principio: gran parte delle informazioni richieste (specie sugli acquisti) l’Agenzia le ha o potrebbe ottenerle d’ufficio. In sostanza, l’operazione sarebbe stata percepita come un inutile aggravio burocratico.
- È stato anche criticato il modo in cui la lettera prospettava la sanzione di €250: veniva menzionata come sanzione prevista per l’omissione, ma (almeno nelle prime comunicazioni) “omettendo” di chiarire che, con ravvedimento tempestivo, la sanzione si riduceva drasticamente (a circa €30). Questo, secondo la categoria, ha creato allarme e confusione nei contribuenti.
Le proteste hanno rapidamente raggiunto il legislatore. Già nel settembre 2023 il Viceministro dell’Economia, on. Maurizio Leo, ha dichiarato l’intenzione di intervenire per posticipare il termine di comunicazione dei dati RS, alla luce delle istanze rappresentate dai professionisti. Tale intervento si è concretizzato nel Decreto “Proroghe” (D.L. 132/2023): l’art. 6 di questo decreto, convertito con modifiche dalla L. 170/2023, ha disposto che gli obblighi informativi relativi all’anno d’imposta 2021 si considerano tempestivamente adempiuti se effettuati entro il 30 novembre 2024, senza applicazione di sanzioni. In altre parole, per il solo periodo 2021, ai fini del miglior coordinamento con l’istituendo concordato biennale, è stato concesso ai forfettari di comunicare i dati del quadro RS fino al 30/11/2024 senza incorrere in sanzioni. (Essendo il 30 novembre 2024 un sabato, il termine effettivo slitta al 2 dicembre 2024 per il principio del giorno feriale successivo).
Questa proroga rappresenta un importante successo delle istanze dei contribuenti e dei loro consulenti: di fatto, nessuna sanzione sarà irrogata per l’omessa compilazione 2021 se il contribuente integrerà la dichiarazione entro fine novembre 2024. È un caso raro di “ravvedimento a sanzione zero” concesso ex lege, motivato dalle esigenze di semplificazione e coordinamento normativo. La relazione illustrativa ha collegato espressamente la proroga alla volontà di evitare la corsa ai ravvedimenti e tenere conto delle difficoltà pratiche di recuperare i dati a distanza di tempo.
Va notato però che la proroga riguarda esclusivamente l’anno 2021. Il decreto non ha modificato le scadenze ordinarie per gli anni successivi. Di conseguenza:
- Anno d’imposta 2021: il quadro RS poteva essere regolarizzato entro il 2 dicembre 2024 senza sanzioni. Chi provvede entro tale data inviando la dichiarazione integrativa con i dati informativi non pagherà alcuna multa.
- Anno d’imposta 2022: resta fermo il normale termine di presentazione della dichiarazione Redditi 2023 (30 novembre 2023) per comunicare i dati. La proroga tecnica non si estende al 2022, quindi la mancata compilazione del quadro RS nel modello Redditi PF 2023 è già, di per sé, una violazione consumata dal 1° dicembre 2023 in poi. I contribuenti che non hanno adempiuto per il 2022 devono regolarizzare presentando una dichiarazione integrativa e pagando la sanzione prevista (art. 8 D.Lgs. 471/97, €250) ridotta in base al ritardo. Per chi ha integrato entro 90 giorni (entro il 24 febbraio 2024) la sanzione era ridotta a 1/8 (circa €31). Dopo 90 giorni, ma entro un anno, la riduzione è minore (1/7); oltre l’anno ed entro due anni 1/6, e così via (vedi prossimo paragrafo sul ravvedimento operoso).
- Anno d’imposta 2023: la dichiarazione Redditi PF 2024 (redditi 2023) andrà presentata – salvo proroghe – entro il 30 novembre 2024 (scadenza ordinaria vigente). Su questo termine non incide l’art. 6 del DL 132/23, che riguardava solo il 2021. Dunque, i dati informativi 2023 vanno comunicati entro la scadenza della dichiarazione (novembre 2024) per evitare sanzioni. In pratica, mentre i forfettari nel 2024 potevano “correre ai ripari” per il 2021 senza penalità, per il 2022 e 2023 l’Agenzia si aspetta che l’obbligo RS sia rispettato entro i rispettivi termini di dichiarazione, pena l’applicazione delle sanzioni ordinarie.
Di seguito una tabella riepilogativa dei termini e del regime sanzionatorio per ciascun anno:
Anno d’imposta | Termine per la compilazione del quadro RS | Regime applicabile |
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2021 | 30 novembre 2024 (termine prorogato dall’art. 6 DL 132/2023) – in realtà 2 dicembre 2024 per effetto del weekend | Nessuna sanzione se i dati informativi sono comunicati (tramite dichiarazione integrativa) entro il termine prorogato. Dopo tale data, l’omissione diventa sanzionabile con le regole ordinarie (sanzione €250). |
2022 | 30 novembre 2023 (termine ordinario di presentazione Redditi PF 2023) | Violazione formale in caso di mancata compilazione entro il termine. Possibilità di ravvedimento operoso: sanzione base €250 (art. 8 D.Lgs.471/97) ridotta secondo la tempestività. Esempio: integrativa entro 90 giorni (entro 24/02/2024) → sanzione ridotta a 1/8 (€31,25); integrativa entro 1 anno → 1/7 (€35,7); entro 2 anni → 1/6 (€41,7); oltre 2 anni (ma prima di notifica atti) → 1/5 (€50). |
2023 | 30 novembre 2024 (termine ordinario Redditi PF 2024, posticipato per effetto di normative pregresse) | Obbligo invariato: i dati 2023 vanno inseriti nella dichiarazione Redditi PF da presentarsi entro quella data. In caso di omissione, si applicheranno le sanzioni ordinarie (art. 8 D.Lgs.471/97) con possibilità di ravvedimento operoso (riduzioni analoghe a quelle per il 2022). NB: il termine del 30/11/2024 coincide con la scadenza della proroga del 2021; chi deve regolarizzare il 2021 e contemporaneamente presentare la dichiarazione 2023 dovrà gestire entrambi gli adempimenti entro tale data. |
2024 e seguenti | Termine ordinario di presentazione delle dichiarazioni annuali (attualmente 30 novembre dell’anno successivo, salvo future modifiche di calendario) | Obblighi informativi confermati, salvo eventuali semplificazioni future. Le violazioni saranno sanzionate secondo il regime generale (art. 8 D.Lgs.471/97) con facoltà di ravvedimento. Nota: È in corso una riflessione normativa per integrare questi adempimenti in un contesto più coerente col regime semplificato dei forfettari. Future riforme fiscali potrebbero modificare o eliminare taluni obblighi informativi, ma ad oggi essi restano in vigore. |
Come si vede, dopo l’eccezionale sanatoria concessa per il 2021, dal 2022 in poi si torna alla normalità: chi non ha indicato i dati nel quadro RS entro la scadenza della dichiarazione potrà sanare l’errore con ravvedimento (pagando una piccola multa ridotta), oppure – se non fa nulla – riceverà in futuro una contestazione con sanzione fissa (riducibile a 1/3 se pagata entro 60 giorni dall’avviso). Nel prossimo paragrafo approfondiamo proprio le modalità di regolarizzazione spontanea mediante ravvedimento operoso.
Regolarizzare il quadro RS omesso: ravvedimento operoso e dichiarazione integrativa
Per i contribuenti che si accorgono di non aver compilato il quadro RS (o di averlo compilato in modo incompleto/errato), la strada maestra per evitare il peggio è la regolarizzazione spontanea, avvalendosi del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997). Il ravvedimento consente di sanare le violazioni commesse prima che l’Amministrazione finanziaria le contesti o avvii verifiche, beneficiando di sanzioni ridotte proporzionate alla tempestività della correzione.
Nel caso specifico, occorre presentare una dichiarazione integrativa per l’anno d’imposta in questione, compilando correttamente il quadro RS e contestualmente pagare la sanzione in misura ridotta prevista per l’omissione di dati. Trattandosi di violazione formale, non c’è imposta o interessi da versare (a meno che la dichiarazione integrativa non corregga anche altri errori che incidono su imposte dovute). Bisogna quindi versare solo la sanzione ex art. 8 D.Lgs. 471/97, che ha minimo €250.
Le misure di riduzione del ravvedimento, aggiornate alla normativa vigente, sono orientativamente le seguenti:
- Ravvedimento entro 90 giorni dalla scadenza originaria della dichiarazione: sanzione ridotta a 1/8 del minimo. Nel nostro caso, 1/8 di €250 = €31,25 (spesso arrotondato a €31). Questo è il caso, ad esempio, di chi ha omesso i dati in Redditi PF 2023 (scad. 30/11/2023) e presenta integrativa entro fine febbraio 2024.
- Ravvedimento oltre 90 giorni ma entro un anno dall’omissione (ovvero entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo): sanzione ridotta a 1/7 del minimo (circa €35,7). Esempio: integrativa presentata nel corso del 2024 per rimediare all’omissione sul modello Redditi 2023.
- Ravvedimento oltre un anno ma entro due anni dall’omissione: sanzione ridotta a 1/6 del minimo (circa €41,7).
- Ravvedimento oltre due anni (purché prima che l’irregolarità sia contestata dall’ufficio): sanzione ridotta a 1/5 (€50). Questa è l’ultima soglia temporale prevista (il ravvedimento è possibile finché non interviene un atto impositivo o di accertamento).
(Nota: L’art.13 D.Lgs.472/97 prevede diverse riduzioni; qui abbiamo adattato quelle pertinenti alle violazioni dichiarative. Spesso si parla di 1/9 entro 90 gg e 1/8 entro l’anno, ma per semplicità consideriamo le frazioni come sopra in linea con le prassi sulle dichiarazioni integrative).
In pratica, prima si rimedia, meno si paga. Si può passare da €31 se ci si ravvede subito, a €50 se si attende oltre due anni. Se invece non si fa nulla e si subisce la contestazione, la sanzione piena è €250, riducibile a circa €83 pagando entro 60 giorni dall’atto (il 33% di €250).
Procedura pratica di ravvedimento
Per regolarizzare occorre:
- Compilare e trasmettere telematicamente una dichiarazione integrativa (Modello Redditi PF) per l’anno di riferimento, barrando l’apposita casella di dichiarazione integrativa, riempiendo correttamente il quadro RS con tutti i dati richiesti. Se oltre al quadro RS non vi sono altre correzioni, quella sarà l’unica modifica.
- Versare la sanzione dovuta in misura ridotta con modello F24, utilizzando il codice tributo 8911 (sanzioni pecuniarie da ravvedimento su tributi erariali) e indicando come anno di riferimento l’anno d’imposta oggetto di regolarizzazione. Ad esempio, per ravvedere l’omissione sui redditi 2022, si compilerà l’F24 con cod. 8911, “anno di riferimento 2022”, importo €31 (se entro 90 giorni) o altro importo ridotto secondo il caso.
- Inviare l’F24 con pagamento contestuale o antecedente l’invio telematico della dichiarazione integrativa. È consigliabile effettuare il pagamento in concomitanza con la presentazione della dichiarazione integrativa, così che l’integrazione risulti perfezionata: l’Agenzia infatti, in sede di controllo, verificherà la presenza sia della dichiarazione rettificativa sia del versamento della sanzione dovuta. Un pagamento tardivo o omesso vanificherebbe il ravvedimento (potrebbe rendere l’integrativa non definita dal punto di vista sanzionatorio).
- Conservare la documentazione: copia della dichiarazione integrativa inviata (ricevuta di presentazione telematica) e quietanza di pagamento dell’F24, in caso di future verifiche.
Se il ravvedimento è effettuato entro i termini della proroga di legge (caso 2021), la sanzione dovuta è pari a zero: in tal caso basterà inviare la dichiarazione integrativa entro il 2/12/2024 senza indicare alcun versamento di sanzioni. L’art. 6 DL 132/2023 infatti ha previsto espressamente la non applicazione di sanzioni per l’anno 2021 se i dati RS sono comunicati entro la nuova scadenza. Ci si è chiesti: serve comunque versare qualcosa a titolo di ravvedimento? La risposta è no – la norma ha creato una sorta di “ravvedimento speciale” gratuito limitato a quel caso. Dunque per l’anno 2021 integrato entro fine 2024 non va versata alcuna sanzione (né intera né ridotta). Alcune testate specializzate hanno confermato che in tal caso l’F24 non è dovuto per il 2021 se si rientra nel differimento di legge.
Per gli anni non coperti dalla proroga, invece, occorre sempre versare la sanzione seppur ridotta. Facciamo un esempio pratico di calcolo ravvedimento:
- Mario, forfettario, si accorge a febbraio 2024 di non aver compilato il quadro RS nella dichiarazione Redditi PF 2023 (redditi 2022). Non ha ancora ricevuto lettere di compliance. Decide di ravvedersi spontaneamente. Presenta a metà febbraio 2024 il modello Redditi PF integrativo 2023 con i righi RS corretti e versa con F24 €31,25 utilizzando il codice 8911 e anno 2022. In questo modo, grazie al ravvedimento sprint entro 90 giorni, sana completamente la violazione pagando solo il 12,5% della sanzione piena. L’Agenzia non gli manderà alcuna sanzione perché la sua posizione risulta regolarizzata.
- Luigi, altro forfettario, riceve a ottobre 2023 la lettera di compliance per il quadro RS 2021. Decide di attendere l’annunciata proroga; una volta confermata, a giugno 2024 invia la dichiarazione integrativa Redditi 2022 (redditi 2021) completando il quadro RS. Essendo entro il 30/11/2024, non deve pagare alcuna sanzione. La sua omissione 2021 viene sanata senza esborso, in virtù della norma di favore.
- Giovanna ignora la lettera di compliance ricevuta per il 2021 e non presenta alcuna integrativa entro novembre 2024. Nel 2025, l’Agenzia – vedendo scaduta la sanatoria – le notificherà con buona probabilità un provvedimento di irrogazione sanzione di €250. A quel punto Giovanna, se vuole evitare contenziosi, potrà ancora pagare entro 60 giorni solo 1/3 della sanzione (circa €83) e chiudere la vicenda. Avrà pagato più del doppio di Mario, e senza avere l’opzione di riduzioni ulteriori, ma comunque meno dei €250 iniziali. Resta il rischio che nel frattempo la sua omissione abbia insospettito il fisco per eventuali controlli (soprattutto se i suoi acquisti erano rilevanti).
Nota: il ravvedimento operoso non è ammesso dopo che la violazione sia già stata contestata dall’Agenzia (notifica di atto di irrogazione sanzioni o accertamento). Inoltre, per importi di sanzione così modesti, non è prevista la definizione agevolata in sede di adesione (che in altri casi di maggior imposta permette di pagare 1/3 delle sanzioni). Qui l’unico “sconto” possibile, una volta notificata la sanzione, è il pagamento ridotto a 1/3 entro 60 giorni, come detto.
Infine, precisiamo che i forfettari non rientravano nel cosiddetto “ravvedimento speciale” previsto dalla Legge di Bilancio 2023. Questa misura straordinaria consentiva di sanare errori dichiarativi pagando 1/18 del minimo, ma il legislatore ha escluso espressamente gli obblighi informativi dei forfettari (concentrandosi su imposte e dichiarazioni con imponibili). Dunque, l’unica via resta il ravvedimento ordinario (oltre alla proroga tecnica per il 2021).
Come difendersi (punto di vista del contribuente)
Dal punto di vista del contribuente (debitore), “difendersi” dalle lettere di compliance e dalle eventuali sanzioni per carenze nel quadro RS significa valutare le opzioni e mettere in atto le strategie più opportune per tutelare i propri interessi, minimizzando costi e rischi.
Si possono distinguere due fasi: (A) la fase di invito bonario (lettera di compliance), in cui il contribuente ha ancora l’iniziativa per regolarizzare o fornire chiarimenti senza sanzioni piene; (B) la fase eventualmente successiva di contestazione formale (irrogazione di sanzione), in cui il contribuente potrà attivare strumenti di autotutela o il vero e proprio contenzioso tributario.
A. Gestire la lettera di compliance: aderire o no?
Ricevere una lettera di compliance sul quadro RS non comporta obblighi giuridici stringenti di risposta, ma è fortemente consigliabile non ignorarla, a meno che si sia assolutamente certi di non aver alcun dato da comunicare né alcuna irregolarità. Come riportato, la lettera stessa avverte che se il contribuente ritiene di non dover indicare nulla nel quadro RS, può ignorarla. Quindi, il primo passo è valutare la propria posizione:
- Hai effettivamente omesso di inserire dati che andavano indicati? Ad esempio, hai avuto nel 2021-2022 spese per materie prime, telefoni, ecc. documentate da fatture, oppure hai pagato compensi a collaboratori senza ritenuta? Se sì, allora la lettera è fondata: quei dati andavano dichiarati. Conviene procedere alla regolarizzazione (a meno che non sia già arrivata la proroga ad esonerarti, come per il 2021 entro fine 2024). Ignorare la lettera in questo caso significa quasi certamente ricevere poi una sanzione (sebbene riducibile a 1/3 come visto) e potenzialmente attirare controlli approfonditi. Aderire all’invito invece consente di sistemare tutto con un costo minimo e mostra collaborazione, riducendo la probabilità di ulteriori attenzioni.
- Non avevi nulla da dichiarare? Se sei convinto che in quell’anno non avevi costi rientranti tra quelli richiesti, né hai effettuato pagamenti senza ritenuta, allora probabilmente la lettera ti è stata inviata genericamente (magari a tutti i forfettari con quadro RS bianco) ma nel tuo caso il quadro vuoto equivaleva a nessun dato da comunicare. Ad esempio, se sei un consulente che non ha proprio sostenuto spese per telefono o energia intestate alla tua partita IVA (magari usavi il cellulare privato e non hai altre spese), non c’erano importi da indicare. In tal caso puoi decidere di non fare nulla, forti di quanto precisato nella lettera stessa: la comunicazione può essere ignorata e non subirai sanzioni perché non c’è stata omissione sostanziale. Per maggior scrupolo, potresti comunque contattare l’Agenzia (come suggerito, anche tramite il tuo intermediario) per segnalare che nel tuo caso non vi erano spese da dichiarare. Ciò potrebbe far sì che l’Agenzia archivi la posizione senza ulteriori comunicazioni.
- Hai già regolarizzato prima della lettera? Può capitare che un contribuente abbia autonomamente presentato una integrativa prima o proprio mentre la lettera veniva inviata. Se hai già presentato la dichiarazione integrativa e pagato il ravvedimento prima di ricevere la PEC, probabilmente la lettera era stata predisposta prima che la tua integrativa venisse elaborata. In tal caso non devi fare altro: conserva la prova dell’integrativa e del pagamento. Se successivamente (per mero automatismo) arrivasse comunque un avviso di sanzione, basterà presentare istanza di annullamento in autotutela allegando copia dell’integrativa e del versamento, facendo presente che hai regolarizzato nei termini (l’avviso dovrebbe essere annullato d’ufficio).
- Dubbi sulla portata dell’obbligo? Alcuni contribuenti potrebbero non aver compilato il quadro RS perché non erano informati dell’obbligo (specie nelle prime annualità) o perché interpretazioni personali li hanno indotti a credere di non dover indicare certi importi. In sede di compliance, queste motivazioni contano poco: l’Agenzia presume l’obbligo salvo casi particolari. Se però pensi ci fosse una oggettiva incertezza (ad esempio istruzioni poco chiare), potresti farlo presente, ma difficilmente ciò esime dal regolarizzare comunque. Meglio valutare il ravvedimento per chiudere la questione.
Nella maggior parte dei casi, l’opzione più prudente è aderire all’invito e regolarizzare spontaneamente. I vantaggi di farlo sono: sanzione minima (circa €30 se nei termini indicati), evitarsi futuri atti formali, dimostrare buona fede collaborativa ed evitare di “segnalarsi”. Ignorare la lettera è un diritto, ma significa scommettere che pagare €83 tra un anno sia meglio: un ragionamento meramente economico che non considera il possibile “costo” di un accertamento fiscale.
Focus: Monitoraggio del fisco. L’Agenzia, come dichiarato, sta usando questi dati a fini di anti-evasione non tanto sulle vendite (che già conosce da corrispettivi e fatture) ma sugli acquisti: vuole vedere se il forfettario acquista beni/servizi “in nero”, ossia senza farsi fare fattura. Un quadro RS vuoto mentre nel cassetto fiscale compaiono fatture di acquisto potrebbe allertare su questo fronte. D’altro canto, un quadro RS improvvisamente pieno di costi molto alti rispetto ai ricavi potrebbe suggerire che l’attività è in perdita, e magari dietro perdite costanti si cela altro (ad es. sotto-fatturazione dei ricavi). Insomma, qualunque scelta fai (ignorare o integrare) assicurati che i dati reali della tua attività siano coerenti e giustificabili. Se hai costi elevati, averli dichiarati può far scattare qualche verifica, ma se è tutto documentato non temi smentite. Se hai pochissimi costi, non dichiararli (perché non ne hai) non crea problemi – ma se davvero non ne hai eppure l’attività richiederebbe costi (es. un commerciante senza acquisti di merci è strano), anche questo scenario può generare domande. In caso di dubbi, confrontati col tuo commercialista prima di decidere il da farsi.
In pratica, difendersi nella fase di compliance significa soprattutto collaborare attivamente: o spiegando perché l’anomalia non sussiste, o correggendo l’errore. Il contribuente mostra così di agire in buona fede ed evita sanzioni pesanti. Le lettere di compliance, infatti, non prevedono un “contraddittorio” formale come negli accertamenti, ma offrono un periodo di “tolleranza” entro cui il contribuente può sistemare tutto con uno sconto. Approfittarne conviene quasi sempre.
B. Fase successiva: contestazione formale della sanzione e strumenti di tutela
Se il quadro RS non viene compilato né regolarizzato, l’Agenzia – trascorso un certo tempo – può procedere a contestare ufficialmente la violazione. Questo avviene tipicamente mediante la notifica (per raccomandata A/R o PEC) di un atto di contestazione e irrogazione di sanzioni ai sensi dell’art.16 D.Lgs. 472/1997. In tale atto verrà indicato che il contribuente ha omesso gli obblighi informativi del quadro RS per un determinato anno, e verrà applicata la sanzione di legge (verosimilmente €250, cioè il minimo edittale).
A questo punto, dal lato del contribuente si aprono due possibilità:
- Accettare e definire la sanzione: Pagando entro 60 giorni dalla notifica, il contribuente può avvalersi della definizione agevolata ex art.16, comma 3, D.Lgs.472/97, che consente di chiudere la contestazione pagando 1/3 della sanzione irrogata (se l’ammontare contestato è superiore al minimo edittale). Nel nostro caso particolare, se l’ufficio ha applicato proprio il minimo (€250), la norma sulla riduzione a 1/3 tecnicamente non si applicherebbe poiché non si può scendere sotto il minimo di legge. Tuttavia, molte Direzioni applicano comunque la riduzione a 1/3 anche sul minimo, come forma di adesione del contribuente (come abbiamo visto, alcune fonti indicavano la possibilità di chiudere a circa €85). Dunque, probabilmente nell’atto troverai scritto che pagando €83 circa entro 60 giorni, la sanzione si intende definita. Se scegli questa strada, effettuato il pagamento non avrai ulteriori conseguenze (l’atto non verrà iscritto a ruolo). Attenzione: pagando, riconosci la fondatezza della violazione; inoltre la dichiarazione originaria resta formalmente errata (il ravvedimento ormai non è più ammissibile dopo la contestazione). L’Agenzia potrebbe comunque, se proprio volesse i dati, invitarti successivamente a presentare l’integrativa a fini statistici, ma non avrebbe più titolo per sanzionarti oltre.
- Contestare la sanzione (difesa in autotutela o contenzioso): Se ritieni la sanzione ingiusta o vuoi far valere ragioni a tuo discarico, puoi decidere di non pagare e presentare ricorso alla giustizia tributaria entro 60 giorni, oppure iniziare con una istanza di autotutela all’ufficio sperando in un annullamento senza ricorrere. Analizziamo entrambe queste opzioni di difesa attiva:
- Istanza di autotutela: È una richiesta rivolta direttamente all’Agenzia (all’ufficio che ha emanato l’atto) per ottenere l’annullamento o la rettifica della sanzione senza dover ricorrere al giudice, in base a elementi di legittimità o merito che l’ufficio potrebbe riconoscere. L’autotutela è discrezionale: l’ufficio la accoglie solo se convinto che l’atto sia effettivamente errato o ingiusto. Nel caso del quadro RS, quando può accadere? Ad esempio, se la sanzione ti è stata notificata malgrado tu avessi già integrato entro i termini previsti (errore dell’ufficio), sicuramente presentando le prove l’atto verrà annullato in autotutela. Oppure, se l’ufficio ha sbagliato soggetto (poniamo che la lettera fosse destinata a un omonimo), o se tu hai compilato il quadro ma magari con importi zero che loro non hanno colto – in situazioni del genere c’è spazio per l’autotutela. Più difficile è che l’ufficio annulli se la violazione c’è stata ma tu invochi motivazioni di carattere generale (es. “ma il fisco aveva già quei dati”, “è solo una formalità”). Tuttavia, nulla vieta di provarci: potresti impostare l’istanza sostenendo ad esempio:
- che non c’è stato dolo né alcun impatto sul dovuto, e che l’omissione è meramente formale;
- che eri in buona fede e che c’era incertezza normativa (sapevi di non dover dichiarare costi non deducibili e credevi non fosse obbligatorio indicarli, ecc.);
- invocare lo Statuto del Contribuente, art. 10, comma 3 (non sanzionabilità se il comportamento è dovuto a obiettiva incertezza normativa) o l’art. 6, comma 5-bis D.Lgs.472/97 sopracitato (violazione formale senza pregiudizio);
- sottolineare che l’Agenzia è comunque in possesso delle informazioni via SDI, quindi la mancanza non ha leso l’attività di controllo;
- far presente eventualmente che la categoria professionale stessa ha segnalato l’inopportunità di sanzionare questi casi, ecc.
- Ricorso in Commissione Tributaria (Giustizia Tributaria di primo grado): È l’azione formale di contestazione dinanzi al giudice tributario. Deve essere proposta entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di irrogazione sanzioni, depositando il ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale (oggi ridenominata “Corte di Giustizia Tributaria di I grado”) competente e notificandone copia all’Agenzia (generalmente via PEC). Trattandosi di sanzione di 250 €, il ricorso rientra nelle liti di modico valore: è soggetto alla procedura di reclamo/mediazione obbligatoria (per importi fino a €50.000) prima di giungere a sentenza. In pratica, il ricorso inizialmente vale anche come istanza di mediazione: l’ufficio legale dell’Agenzia può formulare entro 90 giorni una proposta di accordo o accoglimento parziale. Ad esempio, potrebbero proporre di ridurre la sanzione (difficile scenda sotto il minimo legale però) o di annullare con impegno tuo a integrare i dati. Se si trova un accordo, la controversia si chiude in via amministrativa (spesso pagando il 1/3 del contestato). Se non c’è accordo, il ricorso prosegue davanti al giudice. Davanti alla Commissione, quali argomentazioni può far valere il contribuente? Essenzialmente quelle di diritto e di merito già accennate:
- In prima battuta, si può sostenere che la norma sanzionatoria non dovrebbe applicarsi a questa omissione perché lo Statuto del Contribuente prevale: l’art. 6, c.4 L.212/2000 vieta di chiedere al contribuente dati già noti al fisco. Sebbene la Cassazione abbia interpretato tale divieto in senso restrittivo (valido per documenti esistenti, non per elementi dichiarativi aggiuntivi), si potrebbe argomentare che le informazioni sugli acquisti erano recuperabili d’ufficio e la mancata indicazione non ha arrecato alcun pregiudizio all’attività di controllo. In sostanza, la sanzione sarebbe in contrasto col principio di collaborazione e buona fede (art.10 Statuto) e con lo spirito di semplificazione del regime forfettario.
- Si può invocare l’obiettiva incertezza sulla portata della norma, specie per i primi anni: molti forfettari non erano a conoscenza di questo adempimento, le istruzioni sono state poco evidenziate fino al 2022. L’art. 10, comma 3, Statuto stabilisce che “non sono irrogate sanzioni al contribuente che […] abbia commesso il fatto violando obiettivamente, in maniera scusabile, norme tributarie di dubbia interpretazione”. Se si convince la Commissione che vi fosse dubbia interpretazione (ad esempio sul dover indicare zero oppure lasciare bianco se non c’erano costi), potrebbe riconoscere la non punibilità. Tuttavia, c’è da dire che dal 2016 l’obbligo era scritto nelle istruzioni e dal 2019 in poi abbastanza chiaro; l’“incertezza” è più sul perché farlo che sul se farlo, e i giudici potrebbero non accettare questa scusa.
- Un argomento più forte potrebbe essere la tenuità e la mancanza di pericolo: la violazione è formale, non ha nascosto materia imponibile né ostacolato controlli, come riconosciuto anche in altri casi dalla Cassazione (che ha ritenuto irrilevanti violazioni formali che non ledono diritti o non creano pregiudizio). Si può citare la pronuncia di Cass. n.11052/2018 (menzionata in Cass. 34386/2022) che afferma essere irrilevanti le violazioni formali senza effettivo pregiudizio. Quindi, punire il contribuente appare contrario ai principi di proporzionalità e ragionevolezza (artt. 3 Cost. e 10 Statuto).
- Evidenziare la buona fede del contribuente: magari ha sempre dichiarato correttamente i ricavi, l’omissione del RS non era finalizzata a occultare nulla (difatti non comportava vantaggi fiscali). In giurisprudenza tributaria, la buona fede non esime da sanzioni in caso di violazione oggettiva, ma può influire sull’apprezzamento del giudice nell’applicare o meno la sanzione minima. Tuttavia, qui già è minimo, quindi non c’è margine di riduzione giudiziale (il giudice non può scendere sotto 250 se riconosce la violazione, può solo annullare del tutto la sanzione in via di principio).
- Si potrebbe eccepire che la stessa Amministrazione, con la proroga del 2023, ha riconosciuto implicitamente l’eccesso di zelo: ammettendo che i dati 2021 potevano essere forniti entro il 2024 senza sanzioni, il legislatore ha mostrato che non c’era urgenza né grave impatto. Per analogia equitativa, colpire chi ha mancato per il 2022 appare iniquo. (Questo però è argomento di opportunità, non strettamente giuridico).
- Istanza di autotutela: È una richiesta rivolta direttamente all’Agenzia (all’ufficio che ha emanato l’atto) per ottenere l’annullamento o la rettifica della sanzione senza dover ricorrere al giudice, in base a elementi di legittimità o merito che l’ufficio potrebbe riconoscere. L’autotutela è discrezionale: l’ufficio la accoglie solo se convinto che l’atto sia effettivamente errato o ingiusto. Nel caso del quadro RS, quando può accadere? Ad esempio, se la sanzione ti è stata notificata malgrado tu avessi già integrato entro i termini previsti (errore dell’ufficio), sicuramente presentando le prove l’atto verrà annullato in autotutela. Oppure, se l’ufficio ha sbagliato soggetto (poniamo che la lettera fosse destinata a un omonimo), o se tu hai compilato il quadro ma magari con importi zero che loro non hanno colto – in situazioni del genere c’è spazio per l’autotutela. Più difficile è che l’ufficio annulli se la violazione c’è stata ma tu invochi motivazioni di carattere generale (es. “ma il fisco aveva già quei dati”, “è solo una formalità”). Tuttavia, nulla vieta di provarci: potresti impostare l’istanza sostenendo ad esempio:
In sede di mediazione, l’ufficio potrebbe proporre soluzioni alternative. Ad esempio, in altre tipologie di liti su violazioni formali, talora l’Agenzia offre una riduzione a metà sanzione. Nel nostro caso metà di 250 sarebbe 125: paradossalmente peggio dell’83€ che avresti pagando senza ricorso. Quindi la mediazione potrebbe non essere favorevole, a meno che l’ufficio stesso non riconosca la validità di alcune tesi e annulli. Dato il contesto e le pubbliche ammissioni di semplificazione necessaria, non è escluso che l’Agenzia in sede di mediazione possa valutare l’annullamento, soprattutto se il contribuente ha comunque successivamente compilato quei dati nelle dichiarazioni seguenti (dimostrando che ormai è allineato).
Riassumendo, il contribuente può difendersi su un duplice binario:
- Amministrativo: sfruttare l’autotutela e la mediazione, evidenziando elementi di buon senso e legittimità per ottenere l’annullamento o almeno un taglio della sanzione.
- Giudiziale: portare davanti al giudice tributario la questione di principio (obbligo informativo vs inutilità e statuto del contribuente). Una vittoria in Commissione potrebbe costituire un precedente importante, magari spingendo il legislatore a eliminare o modulare diversamente questo obbligo in futuro.
Dal punto di vista pratico, però, la soluzione più efficiente per il singolo contribuente è spesso chiudere la questione col minimo esborso (ravvedimento o pagamento ridotto) anziché incaponirsi in battaglie legali per 250 euro. Ogni caso va valutato individualmente. Un consiglio: se la violazione è palese e non hai motivi peculiari (es. errore dell’ufficio), considera di accettare la sanzione ridotta e andare avanti. Se invece ci sono circostanze speciali (ad es. tu realmente non avevi dati da indicare, o hai seguito un consiglio fuorviante di un ufficio, etc.), allora hai più cartucce per difenderti attivamente.
Casi pratici e simulazioni
Per dare un’idea concreta, ecco alcune simulazioni pratiche:
- Caso 1: Professionista senza spese – Anna è una psicologa in regime forfettario. Nel 2021 non ha sostenuto spese intestate alla P.IVA per telefono, luce, carburante (lavora in uno studio altrui pagando un canone forfettario che però non è documentato da fattura a suo nome). Nella dichiarazione 2022 ha lasciato vuoto il quadro RS. Riceve la lettera di compliance. Analizzando la situazione, Anna verifica che nessuna fattura di acquisto risulta nel suo cassetto fiscale per il 2021. Dunque, effettivamente non c’erano dati da indicare. In accordo col suo commercialista, ignora la lettera, limitandosi eventualmente a inviare via PEC un riscontro informale all’Agenzia in cui dichiara di non aver avuto spese documentate e quindi di non aver compilato il quadro RS in quanto non applicabile. L’Agenzia non le invierà sanzioni, poiché la lettera stessa prevedeva la possibilità di non agire se non c’era nulla da dichiarare. (Difatti, a distanza di mesi, Anna non riceve alcuna multa).
- Caso 2: Impresa con dati omessi, ravvedimento eseguito – Marco gestisce un e-commerce in regime forfettario. Nel 2021 ha fatturato €50.000 e, per distrazione, non ha compilato il quadro RS. Nel 2023 riceve la PEC di compliance. Marco, tramite il commercialista, reperisce i dati: aveva acquistato merce per €30.000 (fatture fornite dai suoi fornitori) e pagato €5.000 di affitto magazzino (con fatture) – dati che andavano in RS376 e RS377. Decide di ravvedersi subito: a ottobre 2023 presenta la dichiarazione integrativa Redditi 2022 con RS compilato e versa €31 di sanzione. Grazie al Decreto Proroghe, però, scopre che per il 2021 poteva evitare la sanzione fino al 30/11/24. Non essendo certo di ulteriori modifiche, aveva comunque versato €31. A questo punto, l’Agenzia considererà Marco compliant: la sua posizione risulta regolare (integrativa presentata) e la sanzione versata. Non riceverà alcun altro atto. (Anzi, avendo pagato quando non strettamente necessario, potrebbe sembrare aver “perso” 31€, ma perlomeno ha chiuso la faccenda immediatamente).
- Caso 3: Forfettario ignora la lettera e paga la sanzione – Luca è un consulente informatico forfettario. Nel 2021 aveva spese per telefono e software per circa €2.000, ma non le ha indicate. Riceve la PEC di compliance ma, mal consigliato da un conoscente, decide di ignorarla (“tanto è solo una formalità, al massimo pagherò qualcosa”). Non presenta integrativa. Nel 2025 gli arriva una sanzione di €250 dall’Agenzia. A questo punto Luca, per evitare rogne, paga entro 30 giorni €83 (1/3) e archivia la questione. Effettivamente, spende poco più di quanto avrebbe speso con ravvedimento (€83 vs €31), ma evita qualunque trafila di integrativa e ulteriore contabilità. Ha tuttavia perso l’occasione di fornire i dati al fisco: ora il fisco sa solo che Luca ha preferito pagare la sanzione pur di non comunicare quei dati. Potrebbe pensare che Luca volesse occultare qualcosa. Probabilmente non succederà nulla, ma Luca ha leggermente aumentato il rischio di un controllo futuro rispetto a se avesse semplicemente comunicato le sue poche spese. Insomma, ha “comprato” tranquillità dal punto di vista burocratico pagando una multa, ma ha segnalato scarsa collaborazione.
- Caso 4: Ricorso in CTP e vittoria – (Caso ipotetico) Il dott. Bianchi, forfettario, si è visto recapitare una sanzione di €250 nonostante avesse integrato tardi il quadro RS. Decide di fare ricorso da solo in Commissione sostenendo che l’obbligo era incostituzionalmente applicato e che il fisco aveva già i dati. La Commissione Tributaria accoglie in parte le sue ragioni e, pur riconoscendo la violazione, annulla la sanzione in virtù dell’art. 6, c.5-bis D.Lgs.472/97 (violazione formale senza impatto). Questa sentenza fa notizia sulle riviste tributarie. Se confermata in appello, costituirebbe un precedente per molti altri forfettari, che in futuro potrebbero richiamarla per ottenere l’annullamento di sanzioni analoghe. Ovviamente, l’esito è incerto: in un’altra provincia, un altro contribuente potrebbe aver perso la causa. (Questo esempio mostra che, sul terreno giurisprudenziale, la partita è aperta e dipenderà dall’orientamento dei giudici nel bilanciare il formalismo fiscale con i principi di buona fede e collaborazione).
In conclusione, dal punto di vista del contribuente, difendersi efficacemente significa prima di tutto giocare d’anticipo: rispettare gli obblighi informativi per quanto possibile (d’ora in avanti compilare sempre il quadro RS con attenzione) e, se un errore è stato commesso, correggerlo spontaneamente prima che diventi un problema più grande. Se poi ci si trova nella fase sanzionatoria, valutare con lucidità costi e benefici di ogni opzione – talvolta pagare e chiudere è la scelta più conveniente, altre volte vale la pena far valere i propri diritti nelle sedi opportune, soprattutto per affermare un principio di civiltà giuridica (non punire inutilmente chi è in regola sul sostanziale).
Domande frequenti (FAQ)
D1: Che cos’è esattamente una “lettera di compliance” dell’Agenzia delle Entrate? Devo rispondere obbligatoriamente?
R: È una comunicazione informale con cui l’Agenzia segnala al contribuente una possibile anomalia (in questo caso la mancata compilazione del quadro RS) e lo invita a mettersi in regola spontaneamente. Non è un atto coercitivo né impone formalmente una risposta. Tuttavia ignorare la lettera se effettivamente hai dati omessi comporta un rischio: dopo un po’ l’Agenzia potrebbe emettere una sanzione vera e propria. Quindi, pur non essendoci obbligo giuridico di risposta immediata, conviene aderire all’invito regolarizzando la dichiarazione (o almeno contattando l’ufficio per chiarire la tua posizione). Se sei sicuro di non aver alcun obbligo (nessun dato da indicare), puoi anche scegliere di ignorarla – la stessa lettera in tal caso ti esonera dal fare qualcosa. L’importante è valutare bene la tua situazione prima di decidere.
D2: Quali dati devo indicare nel quadro RS se sono in regime forfettario?
R: Devi indicare due tipi di informazioni:
- I compensi/redditi che hai pagato senza operare ritenuta d’acconto (art. 1 c.69 L.190/2014) – tipicamente, se hai pagato un collaboratore o un professionista e, essendo forfettario, non hai fatto ritenuta. In tal caso, nei righi RS371–RS373 inserisci il codice fiscale di ciascun percettore e l’ammontare pagato. Se non hai effettuato pagamenti di questo tipo (ad esempio non hai dipendenti né consulenti pagati), questi righi non vanno compilati (o vanno lasciati vuoti).
- Alcuni dati contabili sulle tue spese d’esercizio:
- Se sei impresa individuale (ditta), nei righi RS375–RS378 riporti: numero di veicoli utilizzati a fine anno; totale costi per materie prime, semilavorati e lavorazioni di terzi; costi per beni di terzi (affitti, leasing, noleggi, royalties); spese per carburante.
- Se sei professionista (lavoro autonomo), nel rigo RS381 indichi i “consumi”: somma delle spese dell’anno per telefono, energia elettrica e carburante (quest’ultimo solo se per auto ad uso esclusivo).
- Nota: includi solo spese documentate da fattura, al lordo dell’IVA e al 50% se beni/servizi ad uso promiscuo. Non indicare costi privi di documenti fiscali. Se un anno non hai sostenuto alcune delle categorie di spesa (es. zero carburante), semplicemente indicherai zero in quel campo (alcuni software lasciano il campo vuoto per zero, ma conviene metterlo se possibile per chiarezza).
- Questi dati non influiscono sul calcolo del tuo reddito imponibile, servono solo a fini informativi/statistici.
D3: Cosa succede se ho lasciato in bianco il quadro RS perché non avevo alcuna spesa da dichiarare? Mi arriverà comunque la sanzione?
R: In tal caso non c’è stata una vera omissione, perché l’obbligo è di fornire i dati esistenti. Se nel tuo caso non esistevano costi o compensi da comunicare, il quadro RS vuoto equivale a “nessun dato da riferire”. L’Agenzia, però, potrebbe averti inviato lo stesso la lettera di compliance (in modo massivo a tutti i quadri RS bianchi). La lettera – come confermato – dice che se ritieni di non aver nulla da indicare, puoi ignorarla senza sanzioni. Per scrupolo, potresti segnalare tale circostanza al tuo ufficio (ma non è obbligatorio). Se effettivamente non c’erano spese/compensi da dichiarare, non sarai sanzionato. È comunque buona norma, in futuro, inserire uno zero o una nota, dove possibile, per indicare formalmente l’assenza di dati. Ad esempio, molti software prevedono una casella “assenza di dati” da barrare in mancanza di spese: usarla può evitare fraintendimenti.
D4: Non ho risposto alla lettera di compliance. Cosa rischio concretamente?
R: Se avevi dati da comunicare e non li hai comunicati né con ravvedimento né con risposta alla lettera, l’Agenzia presumibilmente, trascorso il periodo di tolleranza, ti notificherà una sanzione amministrativa. Come visto, la sanzione è di €250 (per singola annualità). Quando ti arriverà l’atto formale, potrai ancora evitare il contenzioso pagando entro 60 giorni un importo ridotto (circa €83). Quindi, sinteticamente, il rischio economico di ignorare la lettera è pagare ~80€ invece di ~30€ (che avresti pagato con ravvedimento) – sembra poca differenza. Tuttavia, c’è un altro rischio: ignorare la lettera ti mette potenzialmente sotto i riflettori del fisco. Come detto, l’Agenzia potrebbe interpretare la mancata collaborazione come un segnale negativo, specialmente se i dati omessi evidenziavano anomalie (tanti acquisti rispetto ai ricavi, o viceversa). In tal caso, potresti essere selezionato per un controllo fiscale più approfondito. Dunque, il rischio è duplice: multa + possibile verifica. Se invece davvero i tuoi dati erano nella norma e l’omissione era occasionale, probabilmente te la caverai solo con la sanzione. In ogni caso, ignorare la lettera non fa scomparire il problema – lo rimanda alla fase successiva, un po’ più costosa e spiacevole.
D5: La sanzione per il quadro RS omesso incide sul regime forfettario? Possono cacciarmi dal regime o farmi pagare più tasse?
R: Di per sé, no, è una sanzione solo amministrativa. Non comporta ricalcoli d’imposta né l’esclusione dal regime. Le cause di decadenza dal forfettario sono tassative (superamento limiti di ricavi, perdita requisiti, cause ostative) e la mancata compilazione di un quadro non figura tra queste. Nemmeno un eventuale controllo può “farti uscire” dal regime per quel motivo. Al più, come ipotizzato, un controllo potrebbe scoprire altre irregolarità (ad es. che hai sforato il limite di €85.000 ricavi se avevi ricavi nascosti). Ma la sanzione in sé è indipendente dal regime: anche se dopo tu uscissi dal forfettario, la multa la paghi comunque. E restando forfettario, paghi la multa ma rimani nel regime. Quindi non perdi il regime forfettario a causa di questa violazione formale (lo ha confermato anche l’Ordine dei Commercialisti nella critica: l’omissione non impedisce all’AdE di svolgere controlli e quindi non inficia la sorveglianza sul regime).
D6: Ho compilato il quadro RS ma credo di aver sbagliato qualche importo (magari ne ho indicato uno errato). È lo stesso considerato omissione? Devo rettificarlo?
R: Un’indicazione errata equivale a dato omesso o infedele: in teoria è anch’essa sanzionabile ex art.8 D.Lgs.471/97 (stessa sanzione €250) perché hai fornito un elemento informativo non veritiero. Se ti accorgi di aver sbagliato, il rimedio è lo stesso: dichiarazione integrativa per correggere il dato. Anche qui puoi ravvederti (sanzione ridotta) per evitare problemi. Esempio: se per errore hai messo €100 invece di €1.000, è come se €900 fossero “omessi”. Le lettere di compliance finora erano focalizzate sui quadri lasciati in bianco. In futuro, l’Agenzia potrebbe anche segnalare incoerenze (es. costi dichiarati troppo bassi rispetto a evidenze di fatture), ma è più difficile. In ogni caso, la norma punisce sia l’omissione che l’indicazione inesatta di dati. Quindi, per scrupolo, se sai di aver sbagliato, meglio correggere. Se l’errore era minimale o irrilevante, realisticamente non verrà mai contestato (il fisco ha guardato solo vuoti totali finora). Ma formalmente potresti essere sanzionabile. Dunque, la miglior difesa è la precisione: cerca di compilare correttamente i dati fin da subito, magari facendoti assistere da un commercialista, per non incorrere in queste noie.
D7: Perché l’Agenzia delle Entrate vuole questi dati? Cosa ne farà?
R: Ufficialmente, servono a consentire controlli incrociati e monitoraggio anche su chi è in regime super semplificato. In pratica, poiché il forfettario non tiene registri e non applica ritenute, il fisco ha pochi dati su di lui – allora richiede almeno questi elementi: sapere se paga altri soggetti (per controllare che questi dichiarino i loro redditi) e sapere che volume di costi sostiene (per valutare la coerenza economica dell’attività). Con i dati del quadro RS, l’Agenzia può ad esempio individuare forfettari con margini inspiegabili (pochi ricavi e tanti acquisti, o viceversa) e decidere se approfondire. Inoltre, come rilevato nel decreto che ha prorogato il 2021, tali informazioni confluiranno nella costruzione del “concordato preventivo biennale” previsto dalla riforma fiscale. Questo concordato è un meccanismo volontario in cui, a determinate condizioni, il contribuente accetta un reddito forfettario concordato per due anni evitando controlli (una sorta di accordo sul reddito futuro). Per proporre valori sensati in questo accordo, il fisco vuole conoscere anche la struttura dei costi dei forfettari, così da poter calibrare parametri di coerenza. Insomma, fanno statistica e profilazione di rischio. Da notare che queste info non vengono usate per ricalcolare imposte attualmente, ma potrebbero influenzare selezioni di controlli o offerte di concordato.
D8: Ho saputo che è stata approvata una proroga per comunicare il quadro RS entro il 2024. Vale per tutti gli anni?
R: No, riguarda solo i dati 2021 (dichiarazione redditi 2022). Il Decreto Legge 132/2023, art.6, ha spostato al 30/11/2024 il termine per fornire le informazioni del 2021, senza sanzioni. Ciò significa che chi non aveva compilato RS nella dichiarazione presentata nel 2022, può presentare l’integrativa fino a fine novembre 2024 senza multa. Non sono incluse le annualità successive: per il 2022 (dich.2023) non c’è stata proroga, e per il 2023 (dich.2024) neppure. Attenzione a possibili sviluppi: la riforma fiscale in corso potrebbe introdurre ulteriori semplificazioni. Ad esempio, l’ODCEC ha auspicato un “ripensamento normativo futuro” di questo adempimento. Ma finché la legge non cambia, la proroga resta circoscritta al 2021.
D9: È vero che se sistemo il quadro RS 2021 entro novembre 2024 non devo pagare nemmeno 1 euro di sanzione?
R: Sì, è corretto. La norma di proroga specifica che l’adempimento è considerato tempestivo e senza sanzioni se effettuato entro il 30/11/2024. Ciò significa che per l’anno d’imposta 2021 hai un ravvedimento “gratuito”. Non dovrai versare i 31 euro di ravvedimento operoso. Basterà presentare la dichiarazione integrativa con quadro RS compilato. Di fatto l’atto di proroga funge anche da esonero sanzionatorio. Questa è un’eccezione unica. Per gli altri anni, invece, un minimo di sanzione va pagato con ravvedimento (a meno di futuri provvedimenti analoghi, al momento non previsti).
D10: Avevo già sentito del “ravvedimento speciale” nella tregua fiscale 2023. Posso usarlo per il quadro RS?
R: Purtroppo no. Il “ravvedimento speciale” introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) consentiva di regolarizzare dichiarazioni fino al 2021 pagando una sanzione ridotta (1/18). Tuttavia, quella procedura escludeva espressamente i forfettari per quanto riguarda gli obblighi informativi. Inoltre, era pensata soprattutto per omissioni sostanziali (imposte non versate, redditi non dichiarati). Gli obblighi formali come il quadro RS non rientravano nell’agevolazione. Tanto è vero che il Governo ha poi affrontato separatamente la questione con la proroga sopra citata. Quindi, non puoi più aderire al ravvedimento speciale (scaduto il 30/09/2023) e in ogni caso non era applicabile alla mancata compilazione del RS. Devi seguire la via ordinaria del ravvedimento operoso semplice.
D11: Se decido di fare ricorso contro la sanzione, devo prima pagarla? E in caso perdo la causa, pago di più?
R: Per presentare ricorso non devi pagare prima (il pagamento in misura ridotta è facoltativo, se lo fai chiudi la partita e rinunci a ricorrere). Se fai ricorso, la sanzione resta sospesa (non esecutiva) fino alla definizione del giudizio di primo grado. Puoi anche chiedere al giudice la sospensione dell’atto, ma spesso per 250 € non è necessario – l’esecuzione normalmente è già congelata fino alla sentenza in queste situazioni. In caso di sconfitta in giudizio, dovrai pagare la sanzione per intero (salvo che il giudice stesso, applicando qualche attenuante, la riduca – ma non può scendere sotto il minimo legale di 250). Non avrai più diritto allo sconto 1/3, quello vale solo in via amministrativa. Potresti anche essere condannato a pagare delle spese di giudizio (di solito qualche centinaio di euro a favore della controparte, se l’Avvocatura dello Stato le richiede). Quindi, se perdi rischi di pagare un po’ di più (es. 250 + spese). Se vinci il ricorso, la sanzione viene annullata e nulla è dovuto; puoi anche chiedere le spese a tuo favore. Considera infine che è previsto il reclamo/medizione: l’Agenzia nei primi 90 giorni dall’impugnazione potrebbe farti proposta di accordo (es. sconto del 40% della sanzione). Se trovi un accordo, paghi quanto concordato e chiudi, altrimenti vai avanti col giudizio. Valuta bene con un esperto se le tue argomentazioni sono solide prima di intraprendere il contenzioso.
D12: Quali sono esattamente i riferimenti normativi di questo obbligo e delle sanzioni?
R: Riassumendo i riferimenti chiave:
- Obbligo informativo forfettari: art. 1, comma 69 (esonero ritenute, ma comunicazione percipienti) e comma 73 (obblighi informativi attività) della Legge 23 dicembre 2014, n.190. Quest’ultimo rimanda a Provvedimento AdE per i dettagli (provv. annuale di approvazione modelli dichiarativi).
- Provvedimento Attuativo: es. Provv. AdE n. 250739/2016 che ha introdotto il prospetto RS per forfettari a partire da UNICO 2016, e successivi – ma il provvedimento cruciale per le lettere di compliance è il Provv. AdE n. 325550 del 19/09/2023.
- Sanzione: art. 8, comma 1 del D.Lgs. 18/12/1997, n. 471 (violazioni dichiarative), che fissa €250-2000. Ravvedimento: art. 13 D.Lgs. 472/1997 (riduzioni 1/8, 1/7, ecc. a seconda del tempo). Definizione in misura ridotta dopo contestazione: art. 16 D.Lgs. 472/97 (pagamento 1/3).
- Statuto Contribuente: L. 212/2000, in particolare art. 6, comma 4 (divieto di duplicare richieste di documenti) e art. 10, commi 2 e 3 (buona fede e incertezza normativa).
- Decreto Proroghe 2023: art. 6, DL 29/09/2023 n.132, conv. in L. 170/2023 – proroga quadro RS 2021 al 30/11/2024 senza sanzioni.
- Documenti di prassi: Circolare AdE 10/E 2016 e 24/E 2016 (chiarimenti compilazione RS); risposta del MEF (Interrogazione parlamentare 5-10478 del 17/10/2023) – riportata in estratto – che spiega perché l’Agenzia non può autonomamente ricavare tutti i dati dagli e-fattura.
- Giurisprudenza: nessuna sentenza specifica di Cassazione ancora su questo tema (al 2025). Si veda però Cass. sez.V n.11052/2018 e n.34386/2022 sul concetto di violazioni formali irrilevanti.
In calce a questa guida trovi un elenco delle fonti normative e di prassi utilizzate, per ulteriori approfondimenti.
D13: Come posso evitare in futuro problemi col quadro RS?
R: La miglior difesa è la prevenzione:
- Informati bene (come stai facendo!) sugli obblighi.
- Compila sempre il quadro RS nella tua dichiarazione annuale se sei forfettario, anche se ti sembra inutile. Inserisci i dati con attenzione o almeno metti “0” dove richiesto se non hai spese (o la barrare la casella “nessun dato”). Meglio avere un quadro RS compilato a zero che uno lasciato in bianco e far sorgere dubbi.
- Conserva tutte le fatture di acquisto e tieni traccia di quelle che rientrano nelle categorie richieste (magari predisponi un piccolo prospetto durante l’anno con il totale delle tue spese di quei tipi). Così a fine anno saprai subito cosa inserire.
- Affidati a un commercialista o CAF: spesso i quadri informativi vengono saltati per ignoranza o trascuratezza. Un professionista aggiornato saprà che va compilato.
- Tieni d’occhio possibili novità normative: come visto, c’è la concreta possibilità che in futuro questo adempimento venga modificato o abolito se verrà integrato nel concordato biennale o ritenuto superfluo. Ma fino ad allora, consideralo parte integrante della dichiarazione.
- Se, nonostante tutto, commetti un errore, agisci tempestivamente con ravvedimento – spendi pochi euro e dormi tranquillo.
D14: Ho ricevuto la lettera ma proprio non ho tempo/voglia di fare l’integrativa, anche perché il mio commercialista mi chiede 200€ per farla (più di quanto forse pagherei di multa!). Posso semplicemente aspettare la sanzione e pagarla?
R: È comprensibile valutazione economica. In effetti, se il costo professionale per integrare supera l’eventuale multa ridotta, potresti preferire pagare la sanzione. Facendo due conti: se prevedi di pagare circa €83 di sanzione definita e il tuo consulente ti chiede €200 per predisporre integrativa e ravvedimento, potresti risparmiare soldi lasciando correre. Tieni però presente gli effetti collaterali: pagando la sanzione ammetti implicitamente l’omissione e, come detto, potresti renderti un po’ più appetibile per controlli. Inoltre, se il tuo consulente ti chiede una cifra esosa solo per inserire quattro numeri e inviare un modello, magari valuta di rivolgerti ad un altro (l’operazione di per sé è semplice, alcuni CAF o intermediari la fanno a tariffe modiche). Valuta anche che, se hai omesso i dati per più anni (es. 2021 e 2022), le sanzioni si cumuleranno (€250 + €250…). A quel punto ravvedere costerebbe ~€30+€30, pagare multe ~€83+€83 = €166. Il gap aumenta. In sintesi: sì, puoi legittimamente scegliere di non fare nulla e aspettare di pagare la multa, ma fallo con cognizione. Consiglio pratico: potresti negoziare col tuo commercialista una parcella ridotta visto che si tratta di un ravvedimento per mera dimenticanza (la tua fedeltà di cliente dovrebbe contare). Oppure, se sei in grado, la dichiarazione integrativa puoi compilarla e inviarla tu stesso tramite i servizi telematici dell’Agenzia (Fisconline) – non è complicatissimo, specie se non devi variare altri quadri. Così risparmieresti il compenso professionale e pagheresti solo i €31 di ravvedimento. Considera anche il lato psicologico: chiudere la questione con integrativa potrebbe evitarti preoccupazioni future (mentre attendere la multa e possibili controlli lascia un’ombra di incertezza più a lungo). In definitiva, fai una scelta informata: è lecito pagare la sanzione e basta, ma assicurati che sia davvero la soluzione migliore e ricorda di compilare correttamente il quadro negli anni successivi per non ripetere la situazione.
In sintesi, le “lettere di compliance” per carenze del quadro RS rappresentano un campanello d’allarme che il contribuente forfettario farebbe bene a non ignorare. Difendersi significa principalmente prevenire l’irrogazione delle sanzioni tramite la collaborazione (fornire i dati mancanti) o dimostrare l’assenza di violazioni sostanziali. Nel caso le sanzioni arrivino, esistono comunque rimedi (riduzioni, autotutela, ricorso) per attenuarne gli effetti, invocando i principi di buona fede e proporzionalità. Questa guida, con un taglio pratico e giuridico, mira ad aver fornito tutti gli elementi necessari per affrontare con consapevolezza la questione dal lato del contribuente, evitando sia esborsi inutili che rischi maggiori.
Fonti e riferimenti normativi
- Legge 23 dicembre 2014 n.190 (Legge di Stabilità 2015) – art.1 commi 54-89: istituzione del regime forfettario. In particolare, comma 69 (forfettari non sostituti d’imposta, niente ritenute) e comma 73 (obblighi informativi relativi all’attività svolta).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997 n.471 – art.8 comma 1: sanzione da €250 a €2.000 per omessa/infedele indicazione di dati in dichiarazione (violazioni formali).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997 n.472 – art.13: ravvedimento operoso (riduzione sanzioni a 1/8, 1/7, ecc.); art.16 c.3: definizione agevolata delle sanzioni (pagamento ridotto a 1/3 entro 60 gg); art.6 c.5-bis: non punibilità violazioni formali senza pregiudizio (principio di irrilevanza).
- Statuto dei Diritti del Contribuente (L. 27 luglio 2000 n.212) – art.6 c.4: divieto per il fisco di richiedere al contribuente documenti già in suo possesso; art.10 c.3: non sanzionabilità per obiettiva incertezza normativa.
- Provvedimento ADE n. 325550 del 19/09/2023 – Disposizioni per l’invio di comunicazioni di compliance ai forfettari per il quadro RS omesso (periodo d’imposta 2021).
- Decreto Legge 29/09/2023 n.132 (Decreto Proroghe) – art.6 (convertito dalla L. 26/10/2023 n.170): proroga al 30/11/2024 del termine per comunicare i dati quadro RS 2021, senza sanzioni.
- Interrogazione parlamentare n.5-10478 (17/10/2023) – Risposta del MEF sugli obblighi informativi dei forfettari: spiega l’impossibilità per l’Agenzia di ricavare tutti i dati dalle e-fatture (privacy, costi promiscui, acquisti da altri forfettari fuori SdI).
- Circolare ADE 4/E del 4/4/2016 – Par.4.2.3: chiarimenti su indicazione spese promiscue (50%).
- Circolare ADE 10/E del 4/4/2016 e 24/E del 30/5/2016 – Ulteriori chiarimenti: indicare costi solo se con fattura, importi al lordo IVA, 50% per beni/servizi promiscui.
- Sentenza Corte di Cassazione n.11052/2018 (Sez. V) – Principio: violazioni formali irrilevanti se nessun pregiudizio ai diritti del contribuente.
- Sentenza Corte di Cassazione n.34386/2022 (Sez. V) – Conferma approccio restrittivo su Statuto: art.6 c.4 non impone al fisco di considerare in motivazione tutti i dati noti, e ribadisce irrilevanza violazioni formali senza lesione (richiamando la sentenza 11052/2018).
- Relazione Corte dei Conti sul Rendiconto 2023 – Dato su esito lettere compliance: 505.000 comunicazioni inviate, solo 22.127 integrative presentate (4,4%).
- Comunicati Stampa CNDCEC/ADC – Vari interventi di settembre 2023: critiche alla richiesta di dati già in possesso del fisco; apprezzamento per la proroga proposta (Comunicato ODCEC 26/9/2023).
Lettere di Compliance per Carenze del Quadro RS a Forfettari: Come Difendersi
Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate perché, come contribuente in regime forfettario, non hai compilato correttamente il Quadro RS del modello Redditi?
Il Quadro RS è obbligatorio anche per i forfettari: serve a comunicare dati informativi fondamentali come i codici attività, l’ammontare dei ricavi, eventuali agevolazioni fruite. La sua omissione può comportare controlli, sanzioni e accertamenti presuntivi.
Ma una lettera di compliance non è un accertamento formale: puoi rispondere, regolarizzare e soprattutto difenderti.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza il contenuto della lettera ricevuta e la dichiarazione presentata
- 📌 Verifica se l’omissione del Quadro RS è rilevante e se ci sono motivi validi per l’errore
- ✍️ Redige una risposta tecnica e documentata per evitare l’apertura di un procedimento di accertamento
- ⚖️ Ti rappresenta nel caso in cui la contestazione evolva in sanzioni o rettifiche da parte del Fisco
- 🔁 Ti assiste nella regolarizzazione volontaria (ravvedimento operoso) per ridurre o azzerare le sanzioni
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità dei regimi agevolati
- ✔️ Specializzato nella difesa dei contribuenti forfettari in caso di lettere di compliance e irregolarità dichiarative
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Le omissioni nel Quadro RS possono essere corrette prima che diventino un problema serio. Ma serve una risposta tecnica, chiara e tempestiva.
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