Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate e vuoi sapere dove trovarla online e come pagare quanto richiesto?
Le comunicazioni di compliance vengono inviate quando l’Agenzia rileva possibili anomalie nella tua dichiarazione dei redditi o nei versamenti, e ti invita a regolarizzare spontaneamente la tua posizione per evitare sanzioni più gravi. In questi casi è fondamentale sapere dove visualizzare il documento, cosa contiene e come effettuare il pagamento o fornire chiarimenti.
Dove trovi la comunicazione di compliance dell’Agenzia delle Entrate?
– Nella tua area riservata sul portale dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it)
– Accedi tramite SPID, CIE o CNS
– Vai su “La mia scrivania” → “L’Agenzia scrive” → “Comunicazioni per anomalie”
– Seleziona l’anno di riferimento per visualizzare la comunicazione
– Puoi anche riceverla tramite PEC o posta ordinaria, oppure essere avvisato via SMS o email se hai attivato i servizi di notifica
Cosa contiene la comunicazione di compliance?
– Il dettaglio delle anomalie riscontrate nella tua posizione fiscale (es. redditi non dichiarati, detrazioni non spettanti, IVA non versata, incongruenze tra POS e corrispettivi)
– L’invito a correggere la dichiarazione o a pagare quanto dovuto
– Le istruzioni per aderire, regolarizzare o rispondere
– Gli importi da versare con codici tributo, periodo d’imposta e sanzioni ridotte
– Il termine entro cui effettuare il pagamento per evitare un accertamento formale
Come si paga una comunicazione di compliance?
– Tramite Modello F24, utilizzando i codici tributo indicati nella comunicazione
– Puoi compilare l’F24 online direttamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “F24 web”
– Oppure puoi effettuare il pagamento tramite home banking, tabaccai abilitati o sportelli bancari/postali
– Se utilizzi un commercialista o un CAF, puoi fornire loro la comunicazione per il calcolo e l’invio dell’F24
– Se vuoi pagare solo una parte o rateizzare, è possibile farlo solo se previsto nella comunicazione: altrimenti, devi versare l’intero importo in un’unica soluzione
Cosa fare se non sei d’accordo con la comunicazione?
– Puoi inviare una risposta scritta tramite CIVIS, il servizio telematico dell’Agenzia, allegando la documentazione giustificativa
– Oppure puoi rivolgerti a un professionista per predisporre una memoria difensiva
– In alcuni casi, può essere utile presentare una dichiarazione integrativa con i dati corretti
– Se ritieni che l’Agenzia abbia sbagliato, puoi spiegare le tue ragioni e chiedere l’archiviazione della comunicazione
Cosa ottieni se regolarizzi con la compliance?
– L’esonero da un accertamento formale
– L’applicazione di sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie
– La possibilità di sanare errori o omissioni in modo semplice e sicuro
– La tutela della tua posizione fiscale, evitando iscrizioni a ruolo o blocchi patrimoniali
Attenzione: le lettere di compliance non sono accertamenti, ma inviti a regolarizzare. Tuttavia, se le ignori, possono trasformarsi rapidamente in avvisi esecutivi con sanzioni più gravi e recupero forzoso. Agire subito è sempre la scelta migliore.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in compliance fiscale, contenzioso tributario e tutela del contribuente ti spiega dove trovare la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, come pagarla e cosa fare se non sei d’accordo con i dati contenuti.
Hai ricevuto una lettera di compliance e vuoi sapere come rispondere o se è corretto pagarla?
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Introduzione
Le lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate sono comunicazioni informali inviate ai contribuenti per segnalare possibili irregolarità o anomalie fiscali rilevate dal Fisco, prima di avviare una vera e propria procedura di accertamento. Si tratta, in sostanza, di “inviti alla compliance” con cui l’Agenzia mette a disposizione del contribuente i dati in suo possesso e gli offre l’opportunità di correggere spontaneamente eventuali errori od omissioni (adempimento spontaneo). Queste comunicazioni sono concepite come un alert preventivo: il contribuente può regolarizzare la propria posizione tramite ravvedimento operoso (beneficiando di sanzioni ridotte), oppure fornire chiarimenti se ritiene di essere già in regola. In caso di inerzia, trascorso un certo tempo, l’Agenzia potrà invece procedere con gli ordinari strumenti impositivi, come gli avvisi di accertamento, che comportano sanzioni ben più gravose. È quindi fondamentale capire dove trovare queste comunicazioni, come leggerle, come pagare quanto eventualmente dovuto e come tutelarsi nell’ottica del contribuente (debitoriale). In questa guida avanzata – aggiornata a luglio 2025 con le ultime novità normative, provvedimenti e giurisprudenza – esamineremo nel dettaglio le lettere di compliance dal punto di vista del contribuente, fornendo riferimenti normativi, prassi e sentenze, esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione di Domande e Risposte frequenti.
Che cos’è una comunicazione di compliance dell’Agenzia delle Entrate?
Le comunicazioni di compliance (dette anche lettere di compliance o inviti all’adempimento spontaneo) sono avvisi bonari informali con cui l’Agenzia delle Entrate segnala al contribuente una presunta anomalia emersa dal confronto tra i dati dichiarati dallo stesso contribuente e quelli disponibili nelle banche dati del Fisco. In altri termini, il Fisco incrocia le informazioni in suo possesso (ad esempio dati da Certificazioni Uniche, fatture elettroniche, comunicazioni periodiche IVA, registri degli aiuti di Stato, scambi di informazioni internazionali, ecc.) con quanto risulta dalle dichiarazioni fiscali presentate, e laddove rilevi differenze o omissioni, invia una lettera per avvisare il contribuente e invitarlo a mettersi in regola.
Dal punto di vista giuridico, non si tratta di atti impositivi né di atti amministrativi recanti una pretesa fiscale definitiva. Come sottolineato dalla stessa Agenzia delle Entrate, “queste comunicazioni inviate non sono atti autonomamente impugnabili perché non rientrano tra gli atti impositivi emessi dall’Agenzia stessa”. In altre parole, la lettera di compliance non è un provvedimento e non richiede una risposta formale obbligatoria: è un invito, privo di valore coercitivo immediato. Eventuali contestazioni del contribuente rispetto al contenuto della comunicazione, se non risolte in sede amministrativa (ad esempio fornendo chiarimenti o documenti), potranno essere fatte valere solo in un secondo momento, qualora l’Agenzia emetta un atto impositivo vero e proprio (come un avviso di accertamento). Ciò garantisce al contribuente il diritto al contraddittorio e alla difesa nelle sedi proprie, ma anticipa il dialogo in una fase pre-contenziosa, nell’ottica di prevenire sanzioni maggiori e contenziosi futuri.
Finalità dell’invito alla compliance. Lo scopo di queste lettere è duplice: da un lato sollecitare il contribuente a verificare e, se del caso, correggere spontaneamente la propria dichiarazione (tramite dichiarazione integrativa e versamento del dovuto con sanzioni ridotte); dall’altro offrire al contribuente la possibilità di spiegare o giustificare le presunte anomalie se ritiene di aver agito correttamente. In ogni caso, l’obiettivo dichiarato è di instaurare un rapporto più collaborativo e trasparente tra Fisco e contribuenti, spostando l’enfasi sulla prevenzione (dialogo preventivo) anziché sulla repressione a posteriori. Come affermato di recente dal Viceministro dell’Economia Maurizio Leo, queste comunicazioni hanno natura informativa e “non rappresentano un preludio a controlli automatici o accertamenti”, ma mirano a ridurre i conflitti ex post favorendo la collaborazione preventiva. In pratica, siamo di fronte ad un nuovo paradigma di “tax compliance” promossa dall’amministrazione finanziaria: il contribuente viene avvisato in modo quasi amichevole di possibili errori, con la chance di rimediare da sé (ottenendo uno sconto sulle sanzioni) ed evitando così una successiva azione più dura.
Va evidenziato che l’invito alla compliance non pregiudica in alcun modo i diritti del contribuente. Egli rimane libero di aderire o meno. Non vi è un obbligo giuridico di pagare né di rispondere (salvo il caso in cui opti per regolarizzare, come vedremo). Infatti, come chiarito dall’Agenzia nelle FAQ pubblicate a seguito di recenti campagne, queste lettere non impongono alcun adempimento obbligatorio: il destinatario può esaminare le anomalie segnalate e decidere in autonomia il da farsi. Peraltro, alcune comunicazioni di compliance non prevedono nemmeno uno specifico canale telematico di risposta (proprio a sottolineare la volontarietà dell’adesione), limitandosi a invitare il contribuente ad agire spontaneamente se lo ritiene opportuno. In ogni caso, ignorare totalmente la segnalazione non espone nell’immediato ad alcuna sanzione aggiuntiva: semplicemente, trascorso un certo tempo, l’Agenzia potrà utilizzare quelle informazioni per emettere un avviso di accertamento fiscale più severo, con applicazione delle sanzioni ordinarie (ben più elevate delle riduzioni offerte in sede di ravvedimento) e possibile inizio di procedure di riscossione coattiva. Dunque il rischio maggiore è trascurare l’opportunità: si passerebbe da una fase bonaria (compliance) – che invita a risolvere volontariamente – ad una fase di accertamento formale con “sanzioni decisamente più importanti”.
Base normativa e riferimenti utili
Benché le lettere di compliance non siano atti previsti puntualmente da una norma specifica, il loro utilizzo è incoraggiato da vari interventi normativi e di prassi volti a promuovere l’adempimento spontaneo. Già la legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) sancisce il principio di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente (art.10) e prevede, all’art.6, co. 5, che prima di emettere un accertamento basato su dati diversi da quelli dichiarati, l’Agenzia deve comunicare al contribuente l’esito del controllo e i relativi addebiti, affinché questi possa fornire eventuali dati o documenti mancanti. Questa disposizione originariamente riferita ai controlli automatizzati è stata ampliata nel tempo. Inoltre, il D.Lgs. 24 settembre 2015 n. 158 ha riformato il sistema sanzionatorio e potenziato il ravvedimento operoso (art.13 D.Lgs. 472/1997), consentendo la regolarizzazione agevolata anche oltre i limiti temporali precedenti (oggi il ravvedimento è ammesso finché non intervenga formale contestazione o verifica). Ciò ha aperto la strada a comunicazioni anche tardive, purché il contribuente non sia stato ancora raggiunto da un atto impositivo.
Le campagne di compliance sono poi programmate annualmente nell’ambito della Convenzione tra MEF e Agenzia delle Entrate, con target numerici di comunicazioni da inviare. Ad esempio, per l’anno 2024 è prevista la spedizione di oltre 3 milioni di lettere di compliance a contribuenti persone fisiche, con un gettito atteso significativo. Nel 2023, grazie a queste iniziative, sono stati recuperati più di 4 miliardi di euro da cittadini (partite IVA, lavoratori dipendenti e altri) che si sono messi in regola dopo aver ricevuto la lettera. Ciò testimonia l’importanza strategica attribuita a questo strumento di compliance preventiva.
Sul fronte amministrativo, l’Agenzia delle Entrate emana periodicamente Provvedimenti direttoriali e circolari esplicative per attuare specifiche campagne di compliance. Ad esempio:
- il Provvedimento del Direttore AdE prot. n. 40601 del 3 febbraio 2022 ha definito le modalità per la comunicazione ai titolari di partita IVA delle anomalie tra fatturato dichiarato e fatture elettroniche (per l’anno d’imposta 2018), avviando una massiva campagna di inviti alla compliance IVA;
- il Provvedimento AdE n. 221010 del 7 maggio 2024 ha fornito istruzioni per l’adempimento spontaneo in caso di mancata registrazione di aiuti di Stato nei rispettivi registri (RNA, SIAN, SIPA), con invio di lettere ai contribuenti che avevano dichiarato aiuti nel 2020 risultati non conformi alle regole agevolative;
- il Provvedimento AdE prot. n. 280268 del 3 luglio 2025 ha stabilito le procedure operative per le comunicazioni di compliance relative alle dichiarazioni IVA 2025 (anno d’imposta 2024), introducendo controlli incrociati automatizzati su tre flussi di dati (fatture elettroniche inviate al SdI, corrispettivi telematici, e dichiarazione annuale) e algoritmi predittivi per intercettare quattro macro-categorie di anomalie IVA (dichiarazione omessa, quadro VE mancante, volume d’affari dichiarato anormalmente basso rispetto alle fatture, omessa indicazione del reverse charge).
Questi provvedimenti (spesso pubblicati sul sito AdE e accompagnati da comunicati stampa o schede esplicative) costituiscono la base operativa delle campagne di inviti. La loro citazione in questa sede serve ad evidenziare come la materia sia in continua evoluzione: il Fisco affina costantemente gli strumenti di analisi dati e le modalità di dialogo preventivo. Non a caso si parla di tax compliance 2.0, con utilizzo di tecnologie big data, machine learning e banche dati sempre più integrate per scovare incongruenze in tempo reale, permettendo interventi immediati.
Tipologie comuni di anomalie segnalate
Le lettere di compliance possono riguardare diverse fattispecie di irregolarità. Di seguito elenchiamo quelle più frequenti, emerse nelle recenti campagne:
- Redditi non dichiarati (persone fisiche): omissione totale o parziale di redditi nella dichiarazione dei redditi (es. redditi di lavoro autonomo occasionale, redditi da fabbricati locati, redditi di partecipazione in società di persone, redditi di capitale, ecc.). L’Agenzia confronta i dati in Anagrafe tributaria (p. es. CU, certificazioni di compensi, dati sui bonifici per affitti, ecc.) con il Modello Redditi o 730 presentato dal contribuente, segnalando ciò che “risulta non dichiarato”. Questo è il caso classico: ad esempio nel 2017 furono inviate oltre 100.000 lettere per mancata dichiarazione di redditi 2014, con prospetti precompilati per facilitare le correzioni.
- Anomalie IVA (imprese e professionisti): discrepanze tra il volume d’affari dichiarato nella dichiarazione annuale IVA e i dati risultanti dalle fatture elettroniche emesse/ricevute e dai corrispettivi telematici. Ad esempio, differenze significative tra l’ammontare delle operazioni attive dichiarate e il totale delle fatture elettroniche transitate tramite lo SDI possono far presumere vendite non dichiarate. L’Agenzia invia PEC ai titolari di partita IVA indicando il fatturato atteso e quello dichiarato, invitando a controllare. Oppure, come accaduto nel 2024-2025, l’Agenzia ha individuato dichiarazioni IVA omesse o incomplete (es. quadro VE mancante, ecc.) e ha avvisato i contribuenti dell’obbligo di presentare la dichiarazione o integrarla, prima di procedere con accertamenti d’ufficio. Rientrano in questa categoria anche le lettere per mancato invio delle LIPE (Comunicazioni trimestrali IVA): se un contribuente non trasmette le liquidazioni periodiche IVA dovute, può ricevere un sollecito di compliance per evitare sanzioni.
- Dichiarazioni omesse o tardive: se un contribuente non presenta affatto una dichiarazione (ad esempio omessa dichiarazione dei redditi o IVA), l’Agenzia talvolta invia una comunicazione ricordando la possibilità di rimediare entro 90 giorni (dichiarazione tardiva) con sanzioni ridotte. Ad esempio, per l’anno d’imposta 2023, chi non ha presentato la dichiarazione entro il termine (30 settembre per il 730, 31 ottobre per Redditi) ha comunque 90 giorni di tempo per inviarla tardivamente con una piccola sanzione. Le lettere di compliance possono segnalare tale omissione e invitare a inviare la dichiarazione mancante entro il termine di ravvedimento (in genere entro fine anno). Trascorsi i 90 giorni, la dichiarazione è considerata omessa a tutti gli effetti: la comunicazione preventiva serve dunque a scongiurare l’apertura di un accertamento d’ufficio, ricordando al contribuente il rimedio del ravvedimento (che in questi casi comporta una sanzione fissa minima se si rientra nei 90 giorni).
- Anomalie negli Indici ISA (ex studi di settore): l’Agenzia può segnalare incongruenze nei dati dichiarati ai fini degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Ad esempio, incoerenze nei ricavi, rimanenze, margini, indicatori di anomalia (come acquisti sproporzionati ai ricavi). Queste lettere invitano il contribuente a verificare i dati ISA trasmessi e, se errati, a rettificarli con dichiarazione integrativa, oppure a fornire elementi giustificativi se i dati anomali hanno una spiegazione (es. eventi eccezionali, cessazioni, errori formali). Nel 2024, come parte del “dialogo preventivo”, l’Agenzia ha inviato oltre 2 milioni di comunicazioni a soggetti ISA con scostamenti significativi, allo scopo di stimolare correzioni o l’adesione ad istituti deflattivi (come vedremo per il Concordato Preventivo Biennale).
- Aiuti di Stato e crediti d’imposta: recentissime sono le lettere indirizzate ai beneficiari di aiuti di Stato o aiuti “de minimis” che presentano irregolarità formali nella compilazione del prospetto Aiuti di Stato nelle dichiarazioni fiscali. In particolare, con provvedimento n. 221010/2024, l’Agenzia ha avvisato i contribuenti che per il periodo d’imposta 2020 avevano indicato crediti d’imposta COVID, contributi o altri aiuti senza riuscire a perfezionare l’iscrizione di tali aiuti nei registri Nazionali (RNA) o nei registri agricoli (SIAN, SIPA). La lettera elenca gli aiuti dichiarati ma non registrati e chiede al contribuente di correggere eventuali errori di compilazione (es. codice Ateco, dimensione impresa, ecc.) presentando una dichiarazione integrativa con i dati corretti, così da permettere la registrazione degli aiuti. Se invece l’anomalia non fosse dovuta a errori formali ma ad effettiva inesistenza del diritto all’aiuto (in pratica un aiuto indebitamente fruito), la compliance invita il contribuente a restituire l’aiuto illegittimo, presentando dichiarazione integrativa e versando l’importo dell’agevolazione con relativi interessi. Questo approccio “morbido” consente di sanare situazioni complesse (come aiuti COVID percepiti in eccedenza ai massimali UE) evitando l’avvio di procedimenti sanzionatori immediati.
- Altre casistiche: possono esservi lettere di compliance riguardanti, ad esempio, monitoraggio fiscale estero (mancata indicazione di attività finanziarie estere nel quadro RW, emersa grazie allo scambio di informazioni internazionali – in questi casi spesso l’Agenzia invia direttamente avvisi di accertamento con sanzioni, ma talvolta può preventivamente invitare al ravvedimento specie se sono riscontrati conti esteri non dichiarati di entità modesta); versamenti difformi (es. segnalazione di utilizzo di crediti in compensazione ritenuti non spettanti, con invito a riversare spontaneamente il credito inesistente per evitare sanzioni del 30%); oppure errori formali in dichiarazione (es. incoerenza tra dati anagrafici e codice fiscale, errori di calcolo, duplicazione di detrazioni) che potrebbero essere sanati con una dichiarazione integrativa a favore.
In generale, qualsiasi informazione anomala in possesso dell’amministrazione può dar luogo – se la policy del momento lo prevede – a un invito bonario invece che a un’immediata contestazione. Ad esempio, nella logica del “dialogo preventivo” più volte auspicato, l’Agenzia nel 2025 punta a segnalare tempestivamente anche le anomalie nelle ritenute fiscali comunicate dai sostituti d’imposta, le discordanze sui dati delle precompilate (730 vs Certificazioni Uniche), ecc., per permettere ai contribuenti di rimediare prima che tali dati confluiscano in controlli formali.
Importante: la ricezione di una comunicazione di compliance non significa necessariamente che vi sia un’irregolarità conclamata o una violazione compiuta. Spesso si tratta di “segnalazioni di potenziale errore” basate su dati automatici, che potrebbero avere una spiegazione lecita. Ad esempio, un contribuente potrebbe aver dichiarato meno ricavi di quelli risultanti nelle fatture elettroniche perché alcune fatture si riferivano ad operazioni fuori campo IVA o già stornate; oppure un apparente reddito non dichiarato potrebbe in realtà essere esente o già tassato altrove. Il sistema informativo fiscale non conosce le circostanze specifiche di ogni contribuente: si limita ad evidenziare scostamenti statistici o omissioni rispetto a dati standard. Sta poi al contribuente attivarsi per chiarire la situazione o riconoscere l’errore.
Ne consegue che, dal punto di vista del contribuente, ricevere una lettera di compliance non deve generare panico, ma andrebbe visto come un’occasione di controllo e verifica. È consigliabile leggere attentamente il contenuto della comunicazione, confrontarlo con la propria documentazione fiscale e valutare se l’osservazione del Fisco è fondata o se ci sono elementi a proprio discarico. I paragrafi seguenti spiegano come reperire materialmente la comunicazione, come interpretarne il contenuto, e le possibili azioni da intraprendere (pagamento, correzione o contestazione).
Dove trovare la comunicazione di compliance: PEC, Cassetto fiscale e altri canali
Le comunicazioni di compliance vengono inviate in formato elettronico, privilegiando il canale telematico. In particolare, secondo la prassi dell’Agenzia:
- Posta Elettronica Certificata (PEC): per i contribuenti (persone fisiche o soggetti IVA) che dispongono di un domicilio digitale, la lettera di compliance viene recapitata all’indirizzo PEC registrato. L’invio tramite PEC garantisce prova di consegna e ha valore legale di raccomandata. Ad esempio, l’Agenzia invia le comunicazioni ai titolari di partita IVA direttamente alla loro PEC risultante dall’INI-PEC (registro degli indirizzi certificati). Analogamente, per le persone fisiche che hanno eletto un domicilio digitale (o magari indicato la PEC nella dichiarazione), il messaggio viene recapitato via PEC. È importante dunque controllare regolarmente la propria casella PEC per non trascurare tali avvisi.
- Posta ordinaria (lettera semplice): nei casi in cui il contribuente non abbia una PEC attiva o registrata, l’Agenzia invia la comunicazione in formato cartaceo tramite servizio postale ordinario. Non trattandosi di un atto ufficiale da notificare, infatti, la lettera può essere spedita anche come semplice posta (non raccomandata). Si tenga presente che, in passato, alcune campagne di compliance utilizzavano anche raccomandate A/R per assicurare la consegna, specie se contenenti prospetti sensibili; tuttavia, oggi la tendenza è di usare la PEC o, in subordine, la posta ordinaria semplice. Attenzione: una lettera ordinaria può perdersi o non essere recapitata; il contribuente potrebbe venirne a conoscenza solo per vie traverse (es. tramite un avviso sul proprio cassetto fiscale). È quindi buona pratica utilizzare i servizi online per monitorare eventuali comunicazioni in caso si abbia il sentore di anomalie.
- Cassetto fiscale (portale AdE): indipendentemente dall’invio via PEC o posta, la comunicazione viene sempre messa a disposizione nell’area riservata online del contribuente, il cosiddetto Cassetto fiscale. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, dopo l’accesso con SPID/CIE/credenziali, si trova la sezione “L’Agenzia scrive”, spesso articolata in sottosezioni come “Inviti alla Compliance” o “Comunicazioni per promuovere l’adempimento spontaneo”. Qui è archiviata la lettera (in PDF) con tutti i dettagli e i relativi allegati o prospetti. Ad esempio, per le lettere sui redditi non dichiarati, nel Cassetto fiscale è presente la copia della comunicazione e un prospetto informativo di dettaglio delle anomalie riscontrate, con l’eventuale modello di dichiarazione integrativa precompilata. Per le lettere ai soggetti IVA relative alle fatture elettroniche, la comunicazione è visibile sia nel Cassetto fiscale sia nell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”, dove vengono resi disponibili i dati specifici dell’anomalia (elenchi di fatture, ecc.). Dunque, anche se la PEC non fosse stata letta o la lettera cartacea smarrita, il contribuente può trovare la comunicazione accedendo al proprio profilo sul sito AdE.
- Intermediario delegato: se il contribuente si avvale di un commercialista o CAF delegato al proprio Cassetto fiscale, quest’ultimo può accedere alle comunicazioni. Inoltre, è prevista la possibilità (opzionale) di far recapitare all’intermediario le comunicazioni: ad esempio, barrando un’apposita casella nella dichiarazione annuale (come quella presente nel modello Unico PF 2016 citato nello scenario 2017) l’Agenzia ha inviato le comunicazioni di anomalia direttamente sul canale telematico Entratel dell’intermediario delegato. Ciò avviene soprattutto per comunicazioni relative a studi di settore/ISA o ad ambiti dove è noto che il contribuente opera con assistenza fiscale. Pertanto, un contribuente che ha un consulente fiscale può verificare con quest’ultimo se siano pervenute comunicazioni di compliance a suo nome.
In sintesi, il luogo principale dove “trovarle” è il proprio cassetto fiscale online. Se si sospetta di rientrare tra i destinatari (ad es. perché si è consapevoli di un possibile errore nella dichiarazione), è opportuno controllare periodicamente nell’area riservata se compaiono avvisi personalizzati. L’Agenzia delle Entrate spesso invia anche alert via SMS o email (non PEC) per segnalare la presenza di una nuova comunicazione nel cassetto fiscale, a coloro che hanno fornito i propri contatti e attivato il servizio di allerta. Quindi potrebbe arrivare un sms sul cellulare tipo “E’ disponibile una nuova comunicazione per te sul portale dell’Agenzia delle Entrate”, che invita a collegarsi.
Infine, ricordiamo che queste comunicazioni non vengono pubblicate sull’albo online né notificate tramite messo (non essendo atti tributari formali). Dunque l’unico modo per conoscerle è tramite i canali indicati: PEC, posta o consultazione telematica. Nel dubbio, ad esempio se si è cambiato indirizzo PEC o se ne è scaduta la validità, conviene aggiornare subito i dati o controllare manualmente online.
Riconoscere la genuinità della comunicazione: poiché purtroppo esistono tentativi di phishing che simulano comunicazioni del Fisco, è lecito chiedersi come distinguere una vera lettera di compliance da un falso. In genere, le PEC provenienti dall’Agenzia delle Entrate hanno come mittente un indirizzo con dominio @pec.agenziaentrate.it
o simili, e l’oggetto riporta riferimenti come “Invito a regolarizzare comunicazione di compliance n. …”. Il testo della PEC non contiene link da cliccare per inserire credenziali o scaricare file eseguibili, ma invita a consultare il portale Fisconline/Entratel o allega direttamente il PDF della comunicazione. Se si ricevono email non PEC che chiedono dati bancari o credenziali spacciandosi per l’Agenzia, è quasi certamente un tentativo di frode. Un metodo sicuro è: accedere al proprio Cassetto fiscale e verificare se vi è traccia di quella comunicazione (numero identificativo, protocollo, data). Se la trovate lì, allora è autentica. In caso di dubbi, si può contattare l’Agenzia tramite i canali ufficiali (call center o ufficio territoriale) per chiedere conferma citando il numero di comunicazione.
Contenuto della comunicazione: cosa c’è nella lettera di compliance
Le lettere di compliance seguono generalmente uno schema standardizzato, adattato alla tipologia di anomalia riscontrata. Vediamo quali elementi informativi tipicamente contengono, secondo i fac-simile e le guide ufficiali:
- Intestazione e riferimenti: in alto figura il logo dell’Agenzia delle Entrate e l’oggetto (es. “Comunicazione esito controlli – Invito alla regolarizzazione di possibili errori” oppure “Segnalazione di anomalie – Adempimento spontaneo”). È presente un numero identificativo della comunicazione e l’anno di imposta a cui si riferisce. Vi è anche un “codice atto” (solitamente indicato in alto a sinistra) che serve per i pagamenti e per eventuali contatti con l’Agenzia. Sono indicati il codice fiscale e i dati anagrafici/ragione sociale del destinatario, e la data in cui la comunicazione è stata predisposta/spedita.
- Descrizione dell’anomalia riscontrata: il cuore della lettera è un paragrafo che spiega, in linguaggio abbastanza chiaro, quale sarebbe l’errore o omissione rilevato. Ad esempio: “dai dati in nostro possesso risulta che nel modello Redditi 2023 non sono stati dichiarati i seguenti redditi percepiti nell’anno 2022: …” oppure “dal confronto tra le fatture elettroniche emesse e il volume d’affari dichiarato per l’anno 2021 emerge una differenza di €…, corrispondente ad operazioni attive non dichiarate”. In sostanza viene esplicitato il fatto contestato: la categoria reddituale o il tipo di operazione non dichiarata, l’ammontare, e spesso l’origine del dato (es. “ci risulta da Certificazione Unica inviata dal tuo datore di lavoro che hai percepito € X non presenti nella dichiarazione”). Questa parte può essere più o meno dettagliata. In alcuni casi la lettera è accompagnata (o rimanda) a un prospetto analitico di dettaglio: ad esempio, l’elenco di tutti i clienti che hanno comunicato fatture nei tuoi confronti per tot importo, etc. Nel corpo principale però di solito si fornisce una sintesi chiara della presunta anomalia.
- Importi e imposte coinvolte: spesso la comunicazione indica anche, se applicabile, una stima delle maggiori imposte dovute a seguito dell’anomalia. Ad esempio: “redditi non dichiarati € 10.000, imposta IRPEF corrispondente € 2.400”, oppure “IVA relativa alle operazioni non dichiarate € 5.000”. In alcuni casi viene proprio allegato un modello F24 precompilato con i codici tributo e gli importi da versare in caso di ravvedimento operoso. Questo accade ad esempio per le comunicazioni da controllo automatizzato (ex art.36-bis DPR 600/73), dove c’è un calcolo preciso. Nelle lettere di compliance per infedele dichiarazione, talora l’Agenzia fornisce un calcolo esemplificativo delle sanzioni ridotte e interessi da pagare, oppure mette a disposizione sul portale un calcolatore. Ad esempio, in alcune campagne si comunicava: “Se intendi regolarizzare, ai fini IRPEF dovrai versare imposta € X, interessi € Y, sanzioni € Z (pari al 15% dell’imposta dovuta)”. Tuttavia, non sempre la lettera contiene l’ammontare esatto: può limitarsi a segnalare l’anomalia e rinviare il calcolo all’eventuale dichiarazione integrativa (che il contribuente compila con l’aiuto del prospetto precompilato). Per le lettere su Aiuti di Stato, il contenuto era l’elenco degli aiuti da regolarizzare ma senza un importo da pagare, in quanto il contribuente poteva scegliere se correggere i dati o restituire l’intero aiuto (il calcolo degli interessi di recupero spettava poi agli uffici). In generale, se la lettera include un F24 o importi specifici, conviene confrontarli con i propri conteggi o con l’aiuto di un professionista, per verificare la correttezza.
- Modalità per consultare i dettagli: la comunicazione indica come reperire maggiori informazioni di dettaglio. Tipicamente contiene frasi come: “Puoi consultare il prospetto informativo dettagliato accedendo al tuo Cassetto fiscale, sezione L’Agenzia scrive – Invito alla Compliance” oppure “nel prospetto allegato troverai l’elenco delle fatture/Certificazioni Uniche che hanno originato l’anomalia”. Per le anomalie IVA relative a fatture elettroniche, la lettera spesso aggiunge che i dati di dettaglio (fatture, importi, ecc.) sono disponibili nel portale Fatture e Corrispettivi sotto una voce dedicata. Questa indicazione è importante perché la mancata comprensione dei dettagli può generare confusione: il contribuente deve sapere dove andare a vedere la spiegazione puntuale (chi ha segnalato cosa). Ad esempio, se la lettera dice che “risultano redditi non dichiarati”, allega in genere una tabellina con: fonte del reddito (es. CU di datore X), importo, ritenute eventualmente subite, ecc. Se invece la lettera cita “operazioni IVA omesse”, fornirà il confronto tra fatture registrate vs dichiarato. Avere accesso a queste informazioni è fondamentale per poi decidere come agire.
- Invito all’azione (ravvedimento operoso o chiarimenti): verso la conclusione, tutte le lettere contengono un paragrafo che invita il contribuente a fare qualcosa. In genere le opzioni suggerite sono due:
- Se riconosci l’errore – regolarizza tramite ravvedimento operoso (presentando dichiarazione integrativa e versando il dovuto). Spesso viene illustrato sinteticamente come farlo (es. “mediante dichiarazione integrativa da inviare per via telematica indicando i redditi non dichiarati e utilizzando il modello F24 per il versamento di imposte, interessi e sanzioni ridotte”).
- Se non riconosci l’errore – comunica all’Agenzia gli elementi che giustificano l’anomalia. Tipicamente: “Qualora ritenessi di aver già correttamente assolto gli obblighi dichiarativi, puoi segnalarci elementi, fatti e circostanze non conosciuti dall’amministrazione in grado di giustificare la presunta anomalia”. La lettera indica anche come inviare tali elementi: ad esempio tramite servizio online CIVIS, oppure presentandosi presso l’ufficio territoriale competente, o tramite PEC all’indirizzo dell’ufficio. (Più avanti dettagliamo queste modalità).
- Termini (tempistiche): curiosamente, le comunicazioni di compliance di solito NON fissano un termine perentorio entro cui agire. Non troveremo frasi come “entro 30 giorni”. Il tono è: “potrai regolarizzare quanto prima per evitare il successivo avviso”. Tuttavia, viene spesso fatto intendere che conviene agire prima possibile, al fine di evitare l’avvio delle attività accertative. Alcune lettere suggeriscono di effettuare il ravvedimento prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, che usualmente avverrebbe entro certe scadenze di legge (ad es. l’ultimo anno utile per accertare). Per esempio, una campagna su redditi 2018 svolta nel 2022 implicherebbe che l’eventuale accertamento dovrebbe essere emesso entro il 31/12/2024: quindi conviene ravvedersi prima di quella data. In mancanza di un termine esplicito, come regola pratica il contribuente dovrebbe attivarsi tempestivamente. Tuttavia, nessuna decadenza immediata è collegata alla lettera: se anche passano alcuni mesi, il ravvedimento è comunque ammissibile finché l’ufficio non notifica un atto impositivo (o avvia un accesso, ispezione, verifica). Attenzione: una volta notificato un avviso di accertamento o avviso bonario “ufficiale”, il ravvedimento operoso “ordinario” non è più consentito su quella materia; pertanto la finestra temporale utile per ravvedersi coincide di fatto con il tempo prima della formalizzazione del controllo. È ragionevole pensare che l’Agenzia, dopo aver inviato le lettere e lasciato trascorrere alcuni mesi, proceda con gli accertamenti ai non rispondenti. Dunque non bisogna dormire sugli allori: anche senza scadenza tassativa nella lettera, conviene risolvere entro pochi mesi.
- Contatti e assistenza: in coda alla comunicazione, spesso vengono indicati i riferimenti per avere informazioni o supporto. Ad esempio: il numero verde dell’Agenzia dedicato alle comunicazioni di compliance (attivo dal lun al ven, opzione di menu per parlare con operatore); gli sportelli degli uffici territoriali (con indicazione di rivolgersi alla Direzione Provinciale competente); oppure il canale telematico CIVIS, disponibile sul sito AdE, attraverso cui inviare richieste di assistenza o trasmettere documentazione. Spesso il foglio delle istruzioni allegato spiega passo passo come accedere a CIVIS e selezionare la pratica di compliance per caricare eventuali giustificativi. Vengono anche richiamati i siti web dove trovare modelli e istruzioni (es. modello F24, istruzioni per integrativa). Questi riferimenti sono utilissimi per il contribuente, soprattutto quello privato o piccolo imprenditore non assistito da un professionista, per capire a chi rivolgersi in caso di dubbi.
In allegato alla comunicazione principale può esserci un “Foglio Avvertenze” con spiegazioni estese e riferimenti normativi. Ad esempio, nei fac-simile relativi a invii 2024, figura un “Foglio Avvertenze – Dichiarazione integrativa precompilata (anno d’imposta 2020)” dove l’Agenzia spiega come utilizzare l’eventuale dichiarazione integrativa precompilata messa a disposizione nel cassetto fiscale e come inviarla. In altri casi, l’allegato contiene le istruzioni per il ravvedimento (aliquote sanzioni ridotte, codici tributo F24 da usare, ecc.). Ad esempio, una guida ufficiale indicava che “la sanzione da versare con il ravvedimento è ridotta a 1/6 della misura minima” e riportava esempi di calcolo (15% dell’imposta per infedele dichiarazione, ecc.). È fondamentale leggere anche questi allegati, non solo la lettera principale, per avere il quadro completo delle opzioni disponibili.
Riassumendo, la lettera di compliance contiene tutte le informazioni essenziali per comprendere la situazione contestata e le strade per rimediare. Di seguito, una tabella riepilogativa con i principali elementi che ci si può aspettare di trovare:
Elemento nella lettera | Descrizione |
---|---|
Dati contribuente e riferimenti | Codice fiscale, nome/denominazione; numero identificativo comunicazione; codice atto; anno d’imposta di riferimento; data della comunicazione. |
Descrizione anomalia | Spiegazione sintetica dell’errore/omissione rilevato (redditi non dichiarati, differenze IVA, etc.), con indicazione degli importi non dichiarati o delle differenze riscontrate. |
Dettaglio dati (allegato o portale) | Elenco analitico dei redditi o operazioni non dichiarate, con fonti (es. CU datore X €…, fatture a cliente Y €…, etc.). Disponibile come allegato cartaceo o nella sezione dedicata online (Cassetto fiscale/Fatture e Corrispettivi). |
Imposte e sanzioni stimate | (Non sempre presente esplicitamente) Indicazione delle maggiori imposte dovute in caso di ravvedimento e delle sanzioni ridotte applicabili (spesso 1/6 del minimo, cioè 15% per infedele). A volte allegato F24 precompilato. |
Opzioni per il contribuente | – Invito a regolarizzare con ravvedimento operoso (dichiarazione integrativa + versamento imposte, interessi, sanzioni ridotte). – Invito a comunicare elementi giustificativi se non si riconosce l’anomalia (tramite CIVIS, PEC o ufficio). |
Assenza di obbligo immediato | Chiarimento che la comunicazione non è un atto impositivo e non obbliga ad un riscontro formale (volontarietà dell’adesione). (N.B.: Questo concetto può essere esplicitato o desumibile.) |
Conseguenze se inerti | (Implicito) Avvertenza che, in mancanza di correzione, l’Agenzia potrà procedere con formale accertamento, con applicazione delle sanzioni ordinarie. (Spesso formulato come “per evitare il successivo avviso di accertamento… ravvediti”). |
Contatti e supporto | Riferimenti per assistenza: Numero verde AdE, orari; servizio CIVIS online; Ufficio territoriale competente (indirizzo); eventuale email/PEC dell’ufficio; sito web per modulistica. |
Riferimenti normativi | Richiami a norme (es. art.13 D.Lgs.472/97 sul ravvedimento; art.5 co.1-bis D.Lgs.218/97 sull’adesione nei controlli automatizzati; Statuto contribuente; provvedimento attuativo della campagna). Questi possono trovarsi nel foglio avvertenze allegato. |
Questa tabella è naturalmente generica; il contenuto effettivo può variare. Ad esempio, le comunicazioni relative al Concordato Preventivo Biennale (CPB) 2024 inviate alle partite IVA contenevano uno specifico riferimento all’opportunità di aderire al CPB entro una certa data, oltre all’invito all’ordinario ravvedimento: “valuta l’ipotesi di aderire al concordato preventivo biennale”. Ciò ha generato non poca confusione, poiché mischiava due concetti (ravvedimento per il 2023 e adesione a CPB 2024-25) come vedremo. In altri casi, le lettere su crediti d’imposta fittizi contengono avvisi sul rischio di segnalazione penale se la condotta fosse fraudolenta. Ma in linea di principio, l’approccio è standard: informare, avvisare e invitare alla regolarizzazione spontanea.
Importante: la comunicazione di compliance di per sé non quantifica sanzioni aggiuntive in caso di inerzia. Non è un “pagalo entro X o ti sanziono di Y”. Semplicemente se non si fa nulla, arriverà (forse) un accertamento con sanzioni piene. Invece, se si coglie l’invito, si pagherà solo la sanzione ridotta del ravvedimento. Questo concetto va chiarito al contribuente per evitare fraintendimenti: la lettera non chiede denaro immediato (non è una cartella esattoriale né un avviso bonario con somme iscritte a ruolo già determinate). È una chiamata all’azione, non una richiesta coattiva.
Nei prossimi paragrafi approfondiremo come comportarsi una volta letta la comunicazione: come effettuare il ravvedimento operoso (pagare e correggere) oppure come rispondere contestando o giustificando le presunte irregolarità. Dal punto di vista del debitore (contribuente), è cruciale seguire una strategia ponderata per minimizzare gli esborsi indebiti e tutelare i propri diritti.
Come pagare (regolarizzare) quanto richiesto nella lettera di compliance
Se dopo aver esaminato la comunicazione di compliance il contribuente riconosce la fondatezza dell’anomalia segnalata, o comunque decide di adesguarsi per evitare guai peggiori, può procedere a regolarizzare la propria posizione fiscale. Ciò avviene mediante il ravvedimento operoso, ossia correggendo la dichiarazione e versando spontaneamente le somme dovute, con sanzioni ridotte. Di seguito i passi dettagliati per pagare correttamente e mettersi in regola:
1. Predisporre la dichiarazione integrativa. Il primo step è rettificare la dichiarazione dei redditi (o IVA, IRAP, ecc.) dell’anno in questione, includendo i dati omessi o corretti. Si utilizza il modello di dichiarazione relativo all’anno d’imposta oggetto di compliance. Ad esempio, se la lettera si riferisce all’anno d’imposta 2022, il contribuente dovrà presentare un modello Redditi 2023 integrativo (o modello IVA 2023 integrativo, se l’anomalia è su IVA 2022). Non si usa il modello dell’anno corrente, ma proprio quello dell’anno originario. I modelli degli anni passati sono scaricabili dal sito AdE (sezione Modulistica). In alcuni casi l’Agenzia semplifica fornendo addirittura una dichiarazione integrativa precompilata nel Cassetto fiscale – ad esempio, come accadde nel 2017, fu resa disponibile la dichiarazione 2014 “pronta da integrare” con prospetti precompilati per i redditi non dichiarati. Se disponibile, conviene usare quella perché contiene già gli importi segnalati. Altrimenti, il contribuente (o il suo intermediario) compilerà il modello integrativo inserendo:
- I redditi/operazioni non dichiarati emersi dall’anomalia (nei relativi quadri di reddito o di IVA). Ad esempio, se ci si è dimenticati di dichiarare dei redditi da lavoro autonomo, si compilerà il Quadro RL o RE del modello Redditi integrativo con tali importi.
- Tutti gli altri dati della dichiarazione originaria che rimangono invariati. La dichiarazione integrativa, infatti, deve riprodurre l’intera dichiarazione corretta in ogni sua parte, non solo le aggiunte. Quindi occorre riportare anche i redditi o elementi che erano stati dichiarati correttamente la prima volta. In sostanza, l’integrativa sostituisce la precedente dichiarazione, incorporando le modifiche.
- Barrare la casella apposita sul frontespizio che identifica la dichiarazione come “integrativa” riferita all’anno X (spesso indicando il tipo: integrativa a favore, a sfavore, ecc. – in questo caso è integrativa “a sfavore” del contribuente, poiché emergono maggiori imposte dovute).
La presentazione della dichiarazione integrativa avviene esclusivamente per via telematica, o tramite i servizi online del contribuente (Fisconline) o tramite un intermediario abilitato (commercialista, CAF via Entratel). La scadenza per un’integrativa “a sfavore” è generalmente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria (art.2 comma 8 DPR 322/1998); ma se siamo nell’ambito di un invito compliance, di norma siamo ancora abbondantemente entro tali termini. Ad esempio, un errore sul 2022 può essere integrato fino al 2028. Dunque il contribuente ha la facoltà di integrarla anche ben oltre la ricezione della lettera – ma, come detto, conviene farlo presto per evitare l’arrivo di un avviso di accertamento nel frattempo.
2. Calcolare le somme da versare. Una volta determinati i nuovi importi nella dichiarazione integrativa (ad esempio nuovi redditi imponibili, nuovo debito IVA, ecc.), bisogna quantificare:
- la maggior imposta dovuta su quanto non dichiarato originariamente;
- i relativi interessi legali, da calcolare giorno per giorno dal termine originario di versamento (tipicamente 30 giugno dell’anno di dichiarazione per Irpef/IRES, o 16 marzo per IVA annuale, ecc.) fino alla data in cui si effettua il pagamento effettivo;
- le sanzioni in misura ridotta per le violazioni commesse.
Per quanto riguarda le sanzioni, nel caso di dichiarazione infedele (omissione di redditi o imponibili) la sanzione base prevista dall’art.1, co.2 D.Lgs. 471/1997 è normalmente dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta. In contesti di ravvedimento l’Agenzia applica la misura minima (90%) e su quella calcola la riduzione. La riduzione dipende dal momento del ravvedimento: essendo di solito trascorso oltre un anno dal termine, si ricade nelle ipotesi di ravvedimento ultra-annuale. La particolarità delle lettere di compliance è che l’Agenzia consente una riduzione ancora più favorevole di quella ordinaria: infatti viene indicato che “la sanzione è ridotta a 1/6 della misura minima”, pari quindi al 15% della maggiore imposta dovuta. Questo è un punto importante: normalmente, per un ravvedimento oltre l’anno si applicherebbe 1/7 del minimo (circa 12,857%) se fatto prima dell’inizio di verifiche, oppure 1/6 (16,67%) se fatto dopo un PVC ma prima dell’accertamento. Nel regime transitorio e di prassi, per le comunicazioni di compliance si è scelta la frazione 1/6 tonda, ovvero sconto dell’85% sulla sanzione. Dunque nei casi di infedele dichiarazione si paga solo il 15% di sanzione (invece che il 90%). Ad esempio, su €1.000 di imposta evasa, la sanzione minima sarebbe €900; ravvedendosi si paga €150. In caso di omessa dichiarazione (violazione ben più grave), se la lettera consente ancora il ravvedimento entro 90 giorni, la sanzione fissa di €250 è ridotta a 1/10 (€25) perché ravvedimento entro 90gg; se oltre, il discorso è diverso e spesso non c’è lettera di compliance ma direttamente accertamento. Per errori formali (es. errata indicazione codici, crediti), le sanzioni possono essere forfettarie, ma in ravvedimento si riducono tipicamente a 1/8 o 1/9 a seconda dei casi. In qualunque situazione, la lettera o le avvertenze indicano quali sanzioni specifiche vanno considerate e come sono ridotte. Vale notare che queste sanzioni ridotte saranno “congrue” solamente se il contribuente versa tutto spontaneamente. Se poi residua qualcosa non versato, l’ufficio potrebbe applicare sanzioni piene sulla parte non regolarizzata.
Suggerimento pratico: spesso conviene utilizzare i software commerciali o il supporto di un commercialista per il calcolo esatto di interessi e sanzioni, poiché i tassi di interesse legale cambiano ogni anno, e occorre considerare le frazioni di anno nel calcolo. L’Agenzia delle Entrate sul suo sito fornisce strumenti di calcolo o istruzioni dettagliate per determinare gli interessi di mora. Inoltre, se la comunicazione riguarda più imposte (es. IRPEF e addizionali, o IVA e IRAP insieme), bisogna calcolare separatamente le sanzioni per ciascuna. Ad esempio, su un reddito non dichiarato che impatta IRPEF e addizionale regionale, la sanzione ridotta al 15% va calcolata sia sull’IRPEF che sull’addizionale dovuta (e l’Agenzia nei suoi esempi lo fa: €30 su 200€ di IRPEF, €7.50 su €50 di addiz regionale, ecc.).
3. Compilare il modello F24 per il pagamento. Una volta noti gli importi, il contribuente deve effettuare il versamento delle somme dovute utilizzando il modello F24. Il pagamento comprende:
- l’eventuale maggior imposta (o imposta dovuta in caso di omesso versamento);
- gli interessi maturati (codice tributo specifico per interessi da ravvedimento operoso);
- la sanzione ridotta (codice tributo sanzione da ravvedimento per quel tributo).
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate c’è una scheda “Codici tributo per ravvedimento” che elenca tutti i codici da usare. Ad esempio: 4001 per IRPEF saldo, 1991 per sanzione da Redditi persone fisiche, 1989 per interessi da ravvedimento IRPEF, e così via. La lettera di solito indica esattamente quali codici usare o li precompila. Nel modello F24 bisogna fare attenzione a riportare correttamente:
- Anno di riferimento (l’anno d’imposta cui si riferisce il pagamento, es. 2022).
- Codice atto (se richiesto): spesso le istruzioni dicono di indicare nel campo “codice atto” dell’F24 il numero presente sulla lettera, affinché il pagamento sia abbinato alla comunicazione. Questo campo esiste nella sezione Erario del modello F24 ed è opportuno valorizzarlo per sicurezza, anche se tecnicamente non obbligatorio in caso di ravvedimento spontaneo (diverso è per avvisi bonari dove il codice atto serve per abbinare il pagamento parziale). Se la lettera lo menziona esplicitamente, va riportato.
- Importi: suddividere l’importo di imposta, sanzione, interessi nei rispettivi codici tributo. Ad esempio: codice tributo 4001 (IRPEF) € X, codice 1989 (interessi IRPEF) € Y, codice 8901 (sanzioni pecuniarie Irpef) € Z, tutti con anno di riferimento 2022 e codice atto XYZ.
Il versamento con F24 può essere fatto online (tramite internet banking o servizi AdE) oppure presso banca/Posta. Importante: se l’importo da versare supera €5.000 e ci sono compensazioni, è obbligatorio inviare l’F24 tramite i canali telematici dell’Agenzia; nel ravvedimento di solito si versa e basta (nessuna compensazione), quindi si può anche pagare allo sportello se inferiore a 5.000€. Per importi rilevanti, magari frutto di più imposte, ricordare che sopra €1.000 il pagamento in contanti allo sportello non è consentito, meglio usare mezzi tracciati.
Talora la lettera stessa allega un bollettino Rav o un F24 semplificato precompilato: se presente, utilizzarlo rende tutto più facile. Altrimenti, prestare attenzione a non commettere errori nella compilazione del modello: un codice tributo sbagliato può vanificare il ravvedimento su quel tributo.
4. Effettuare il versamento. Dopo aver compilato l’F24, procedere al pagamento entro la data scelta per ravvedersi. Non c’è un obbligo di pagare immediatamente al ricevimento della lettera, ma come detto conviene farlo quanto prima. Il ravvedimento si perfeziona solo con il pagamento integrale di quanto dovuto. Se per caso il contribuente non dispone di liquidità sufficiente per pagare tutto, è un problema: il ravvedimento parziale non è previsto dalle norme (è ammesso solo se riferito a singole violazioni distinte). Ad esempio, se devo 10.000€ di imposte evase, non posso ravvedermi pagando solo metà: perché resterebbe fuori una parte dell’imposta non versata e la violazione per quella quota non sarebbe sanata. È necessario quindi reperire le somme per intero. A differenza degli avvisi bonari e degli accertamenti, non è prevista rateazione formale nel ravvedimento operoso: la legge consente la rateazione solo sugli importi degli avvisi bonari (fino a 8 rate) o degli accertamenti con adesione (fino a 8 rate oltre 50k) ma il ravvedimento è un atto spontaneo che richiede il contestuale pagamento. Nulla vieta, in teoria, di fare più ravvedimenti frazionati: ad esempio, se ho omesso due redditi distinti, potrei correggere prima uno e poi l’altro in due momenti diversi (ognuno con i suoi F24). Ma se l’anomalia è unica e monolitica, occorre saldare. Se il contribuente proprio non può pagare ora, potrebbe considerare – con l’ausilio di un consulente – se sia strategicamente preferibile non ravvedersi e attendere l’avviso di accertamento, sul quale poi chiedere una dilazione di pagamento (gli avvisi di accertamento esecutivi sono rateizzabili ex art.15-bis DPR 602/73 in 8-16 rate). Tuttavia, questo comporta perdere i benefici sanzionatori del ravvedimento (le sanzioni sarebbero al 90% anziché 15%) e dover eventualmente sostenere un contenzioso per guadagnare tempo. È una scelta rischiosa e onerosa. In generale, se possibile, il ravvedimento conviene sempre, magari ricorrendo a finanziamenti o accordi con l’Erario (ad es. alcune Entrate consentono il pagamento tramite compensazione con crediti fiscali se disponibili). Va comunque sottolineato che non esiste un diritto alla rateazione in sede di compliance: l’Agenzia richiede il pagamento spontaneo come condizione per chiudere bonariamente la faccenda.
5. Verifica dell’Agenzia e silenzio-assenso. Dopo aver inviato la dichiarazione integrativa e pagato con F24, il contribuente avrà compiuto quanto necessario. Non è previsto un riscontro formale immediato da parte dell’Agenzia di accettazione: di norma, se tutto è stato fatto correttamente, l’Agenzia non invierà alcuna ulteriore comunicazione, prendendo atto della regolarizzazione. In pratica vale una sorta di silenzio-assenso: se non si ricevono notizie, è buon segno. L’unica verifica che il contribuente può fare è controllare qualche mese dopo nel proprio Cassetto fiscale se risultano acquisiti la dichiarazione integrativa e i versamenti F24 (nella sezione Dichiarazioni presentate e Pagamenti eseguiti). Se i conti tornano, l’anomalia risulta sanata. In caso di errori nel ravvedimento (es. pagamento carente), l’Agenzia potrebbe a distanza di tempo inviare un nuovo sollecito o un avviso bonario per la parte non regolarizzata.
Effetti del ravvedimento operoso sulla potenziale pretesa fiscale: effettuando correttamente quanto sopra, si evitano le sanzioni più gravi e gli atti impositivi. Il pagamento spontaneo infatti chiude la questione limitatamente a ciò che è stato ravveduto. L’Agenzia delle Entrate, sull’argomento specifico oggetto di compliance, di regola non emetterà più l’avviso di accertamento perché la violazione è stata rimossa. Per sicurezza, molti contribuenti preferiscono anche inviare una breve comunicazione all’ufficio (tramite CIVIS o PEC) per notificare di aver eseguito il ravvedimento in data X relativamente alla comunicazione ricevuta – ma non è obbligatorio. Se tutto combacia, l’ufficio archivia la posizione. Ad esempio, se la lettera segnalava €50.000 di ricavi non dichiarati e il contribuente presenta integrativa aggiungendo quei €50.000 e versa l’IVA relativa + interessi + sanzioni 15%, l’Agenzia considererà che per quell’anno non c’è più evasione su quei ricavi. È tuttavia possibile che l’Agenzia controlli la correttezza dell’integrativa: se emergessero ulteriori difformità non coperte dal ravvedimento (magari altri redditi nascosti che non erano stati rilevati), l’ufficio potrebbe comunque accertarli, ma questo esula dall’anomalia oggetto della lettera iniziale. In pratica, il ravvedimento toglie terreno all’accertamento sul punto specifico.
Caso particolare – Concordato Preventivo Biennale (CPB): nel 2024 molti titolari di partita IVA hanno ricevuto lettere di compliance che suggerivano due alternative: fare la dichiarazione integrativa per il 2023 oppure aderire al cosiddetto CPB (un nuovo istituto introdotto dalla riforma fiscale, D.Lgs. 13/2024, che permette di concordare forfettariamente il reddito per il biennio successivo in cambio di certe agevolazioni). Se il contribuente intende aderire al CPB, in pratica accetta di dichiarare un reddito minimo predeterminato per il 2024-2025. Questo esula dal ravvedimento operoso strettamente inteso, ed è un’opzione eventuale per chi rientra nei parametri (soggetti ISA con ricavi sotto 5.164.000€, ecc.). Pagare quanto richiesto nella lettera di compliance CPB significa, in quel caso, presentare l’istanza di adesione al concordato (che di per sé non comporta pagamento immediato, ma impegna per le dichiarazioni future) e eventualmente regolarizzare il 2023. Non bisogna confondere l’adesione al CPB con il ravvedimento: il CPB non sana irregolarità pregresse (serve per il futuro), mentre il ravvedimento sistema il passato. Infatti l’Agenzia in quelle lettere invitava a fare entrambe le cose se necessario. Per pagare nel contesto CPB, qualora uno decidesse di aderire, bisognerà seguire le regole del concordato (che prevedono versamenti delle imposte concordate per il 2024 e 2025 in due rate annuali). Approfondiamo l’argomento CPB in un paragrafo dedicato più avanti, ma ai fini “ravvedimento” qui ribadiamo: l’adesione al CPB non sostituisce il ravvedimento per il 2023 – se avevi redditi 2023 non dichiarati, devi comunque fare integrativa e pagarli, a meno che non attendi un accertamento. Alcuni contribuenti erano confusi su questo punto e hanno criticato l’Agenzia per lettere “ambigue” che parevano forzare al concordato. Il chiarimento ufficiale è stato che le lettere CPB erano informative e volontarie, senza obblighi.
Esempio pratico di pagamento in ravvedimento: Tizio, contribuente privato, riceve a ottobre 2024 una comunicazione che segnala la mancata dichiarazione di €20.000 di redditi di lavoro autonomo nel 2022. Dalla lettera (e prospetto allegato) vede che tali redditi provengono da prestazioni occasionali certificate da una CU di un’azienda. Tizio verifica di aver effettivamente dimenticato di inserirli nel suo 730/2023. Decide di ravvedersi. Con l’aiuto del suo commercialista:
- Presenta un Modello Redditi PF 2023 integrativo aggiungendo quei €20.000 nel quadro RL.
- Calcola la maggiore IRPEF dovuta su €20.000: supponiamo €5.000 (aliquota media 25%). Calcola anche l’addizionale regionale supp. €200 (aliquota 1%).
- Calcola gli interessi legali dal 30/06/2023 al giorno di pagamento (poniamo al 30/11/2024): circa 1 anno e 5 mesi, al tasso 5% annuo per il 2023 e 5% per il 2024 (valori ipotetici), ottiene ~€375 di interessi.
- Calcola la sanzione ridotta: 15% di €5.000 = €750 per l’IRPEF, e 15% di €200 = €30 per l’addiz. reg.
- Compila l’F24 con: €5.000 codice 4001 anno 2022, €200 codice 3813 anno 2022, €375 codice 1989 anno 2022 (interessi IRPEF; per addizionali spesso gli interessi si sommano su codice IRPEF principale), €780 codice 8901 (sanzioni IRPEF+addiz).
- Paga l’F24 online. Il totale pagato è €5.000+200+375+780 = €6.355.
- Invia la dichiarazione integrativa telematicamente.
Dopodiché, non riceve ulteriori comunicazioni. Nel 2025 verifica che la sua integrativa risulta pervenuta e le somme versate. L’Agenzia non emetterà l’accertamento per quei €20.000 (che avrebbe comportato €5.000 imposta + €4.500 sanzione 90% + interessi + magari 1/3 in più in caso di adesione tardiva). Tizio ha risolto con €6.355 invece di rischiare ~€10.000 e un contenzioso. Ovviamente ha sopportato il costo pieno dell’imposta evasa, ma con sanzioni molto attenuate.
Conclusione su come pagare: Pagare quanto “richiesto” nella lettera di compliance equivale in sostanza a mettere in atto un ravvedimento operoso integrale. Ciò comporta del lavoro amministrativo (predisposizione dell’integrativa) e l’esborso delle somme calcolate. L’Agenzia delle Entrate, a fronte di ciò, considererà definita la posizione e non procederà oltre (salvo situazioni peculiari). È sempre consigliabile conservare con cura tutta la documentazione: copia della lettera di compliance ricevuta, la dichiarazione integrativa inviata (ricevuta di invio telematico), e le ricevute dei versamenti F24 effettuati. Così, se mai in futuro emergesse un equivoco (ad esempio l’ufficio che per errore inizia un accertamento dimenticandosi che il contribuente si era ravveduto), si avrà prova pronta per bloccarlo. In genere però i sistemi interni segnalano la compliance avvenuta.
In conclusione, pagare tramite ravvedimento è la soluzione raccomandata quando l’anomalia segnalata dal Fisco è corretta e il contribuente vuole chiudere la questione riducendo al minimo le sanzioni e senza strascichi contenziosi. Nel prossimo capitolo vedremo invece il percorso opposto: come contestare o giustificare la comunicazione, qualora il contribuente ritenga infondato (in tutto o in parte) quanto contestatogli.
Come contestare o giustificare la comunicazione di compliance (tutela del contribuente)
Dal punto di vista del contribuente (debitore), non sempre la miglior scelta è pagare e tacere. Ci sono casi in cui la comunicazione di compliance può contenere errori, dati non aggiornati o valutazioni discutibili. Oppure situazioni in cui il contribuente, pur riconoscendo l’anomalia, ha motivi validi da far valere (esoneri, prescrizioni, ecc.) o intende comunque contestare la pretesa eventualmente avanzabile dal Fisco. Poiché – come ribadito – la lettera in sé non è impugnabile in Commissione Tributaria, la “contestazione” in questa fase assume forme diverse dalla classica impugnazione: principalmente consiste nel fornire risposta all’Agenzia delle Entrate per spiegare perché la segnalazione potrebbe essere errata o già risolta. In mancanza di un canale formale di ricorso, il contribuente ha comunque a disposizione vari strumenti per tutelarsi e preparare la propria difesa ante litteram. Vediamo quali:
1. Verifica accurata dei dati segnalati. Prima di qualunque contestazione, il contribuente deve raccogliere e riesaminare la propria documentazione fiscale relativa al periodo contestato. Ad esempio, se la lettera segnala un reddito non dichiarato derivante da una Certificazione Unica, conviene procurarsi copia di quella CU (dal datore di lavoro o dal proprio cassetto fiscale) e confrontarla con la dichiarazione originaria. Spesso si scopre che:
- Il reddito era stato sì percepito, ma era esente o soggetto a tassazione separata (ad es. una borsa di studio esente, oppure un TFR già tassato alla fonte). In tal caso, l’Agenzia può averlo scambiato per reddito imponibile.
- Oppure il reddito era stato dichiarato altrove in maniera differente. Ad esempio, importi indicati in un quadro diverso o sommati ad altre voci; o un fabbricato dichiarato in Unico ma non risultante dalla visura catastale.
- L’Agenzia stessa potrebbe aver commesso errori di abbinamento (non frequenti, ma possibili). Ad esempio, attribuendo al contribuente un reddito di omonimi o errata partita IVA.
- Se l’anomalia riguarda fatture elettroniche vs dichiarazione IVA, il contribuente dovrebbe estrarre il proprio registro fatture emesse/vendite e confrontare i totali con quelli segnalati. Potrebbe emergere che alcune fatture considerate come “omesse” erano in realtà note di credito (quindi da escludere) o autofatture senza impatto sul volume d’affari.
Questa fase di due diligence interna è cruciale: il contribuente deve capire se effettivamente c’è stata una violazione o no. Se conclude di no, sono in regola, allora si passa a controbattere. Se invece emerge un errore, può valutare il ravvedimento (visto sopra).
2. Comunicazione di risposta all’Agenzia – presentazione di elementi giustificativi. Qualora il contribuente ritenga che i dati segnalati siano inesatti o già assolti, ha la facoltà di comunicarlo all’Agenzia fornendo i necessari riscontri. Le lettere di compliance stesse indicano come procedere: “basterà comunicarlo all’Agenzia, inviando eventuali elementi e documenti di cui l’Agenzia non era a conoscenza”. In pratica:
- Si possono inviare documenti e spiegazioni tramite il servizio telematico CIVIS. CIVIS (Consultazione e Invio istanze via web) è un canale messo a disposizione dall’AdE per gestire comunicazioni di irregolarità e avvisi bonari, ma in molte campagne è abilitato anche per gli “inviti compliance”. Accedendo a CIVIS dal sito AdE, il contribuente (o il suo intermediario) seleziona la comunicazione ricevuta (con il numero identificativo) e allega un messaggio o file PDF con la spiegazione del caso, più eventuali documenti allegati (es. ricevute di versamenti già effettuati, copie di dichiarazioni integrative presentate in precedenza, certificazioni dimostranti esenzioni, etc.). Ad esempio, se la lettera dice che manca la dichiarazione dei redditi e invece il contribuente l’aveva inviata (magari scartata per errore di forma), potrà allegare la ricevuta di presentazione. Oppure se contesta il calcolo di un reddito, allegherà la documentazione (contratti, legge di esenzione, ecc.).
- In alternativa o in aggiunta, il contribuente può recarsi presso l’Ufficio territoriale competente (menzionato sulla lettera) per avere un confronto diretto. In ufficio potrà presentare memorie e documenti cartacei, che verranno acquisiti al protocollo. Questa opzione è utile soprattutto per casi complessi in cui è preferibile spiegare di persona la situazione. Ad esempio, per un’anomala comparsa di reddito dovuta a un errore del sostituto d’imposta, il contribuente può portare la certificazione corretta e farla confrontare con i dati in Anagrafe tributaria.
- Si può anche inviare una PEC alla Direzione Provinciale di riferimento (spesso indicata in lettera) contenente la spiegazione e i documenti. È consigliabile citare nell’oggetto “Riferimento comunicazione compliance n….” e nel testo richiedere esplicitamente che la segnalazione venga riesaminata alla luce dei documenti allegati.
- Qualunque canale si usi, conviene sempre tenere traccia di ciò che si invia (salvare ricevute CIVIS, ricevuta di consegna PEC, protocolli di consegna in ufficio). Questo costituirà una prova dell’avvenuto contraddittorio preventivo.
Cosa comunicare esattamente? Bisogna fornire “elementi, fatti e circostanze non conosciuti dall’amministrazione in grado di giustificare la presunta anomalia”. In sostanza, colmare il gap informativo che ha portato alla segnalazione. Esempi tipici:
- “Il reddito da locazione di € 5.000 segnalato come non dichiarato in realtà era già ricompreso nel regime della cedolare secca e dichiarato al rigo XYZ della dichiarazione, come evidenziato nel prospetto che allego. Trattasi quindi di somma non soggetta a ulteriore tassazione ordinaria.”
- “L’apparente omissione di fatturato è dovuta al fatto che alcune operazioni nel 2018 erano fuori campo IVA (art.74 DPR 633/72) e, sebbene fatturate elettronicamente, non confluiscono nel volume d’affari. Allego dettaglio di tali operazioni per € 20.000 che spiegano la differenza.”
- “La differenza redditi 2023 è giustificata da un errore del datore di lavoro nella CU: l’importo di € 10.000 segnalato come non dichiarato in realtà era un’indennità esente art. 50, erroneamente inclusa nei redditi imponibili. Allego dichiarazione del datore di lavoro che rettifica la CU.”
- “Il contribuente ha presentato dichiarazione tardiva nei 90 giorni (vedasi ricevuta di invio telematico del xx/xx/2024) pagando contestualmente la sanzione di €25, pertanto la comunicazione di omessa dichiarazione risulta superata.”
- “Il credito d’imposta segnalato come indebitamente compensato era stato oggetto di precedente comunicazione e già riversato spontaneamente in data XX (F24 quietanzato allegato). Chiedo pertanto annullamento della presente segnalazione per intervenuta regolarizzazione.”
L’obiettivo è far sì che l’ufficio archivi la segnalazione senza ulteriori conseguenze, accettando le giustificazioni. Queste spiegazioni devono essere chiare, supportate da riferimenti normativi se opportuno, e corredate da documenti probatori. Se il contribuente non è pratico, è bene farsi assistere da un commercialista o un avvocato tributarista nel preparare la risposta, specie se la materia è complessa.
3. Esito del dialogo preventivo (fase pre-accertativa). Cosa succede una volta inviata la risposta? In genere, l’Agenzia:
- Esamina i documenti e le spiegazioni forniti.
- Se li ritiene soddisfacenti, la posizione viene chiusa senza emettere atti. Il contribuente potrebbe ricevere una lettera di riscontro in cui l’ufficio comunica, ad esempio, “abbiamo preso atto dei chiarimenti, la pratica è archiviata”, ma spesso non inviano nulla di formale. Semplicemente non seguirà alcun accertamento su quella specifica segnalazione. In alcuni casi (soprattutto con CIVIS) lo stato della pratica nel portale risulterà “chiusa con esito positivo”.
- Se invece le giustificazioni sono ritenute insufficienti o non pertinenti, l’Agenzia potrebbe procedere comunque all’emissione di un atto di accertamento. In tal caso, però, il contribuente avrà il vantaggio di aver già anticipato le sue difese: l’ufficio dovrà confutarle nell’atto. Ad esempio, se Tizio ha risposto che un reddito era esente e l’ufficio non concorda, quando emetterà l’avviso di accertamento dovrà motivare perché quell’esenzione non si applica. Questo è utile in prospettiva di contenzioso, perché la motivazione dell’accertamento dovrà tener conto delle osservazioni difensive già presentate (principio del contraddittorio). Non di rado, se l’ufficio ha dubbi, prima di accertare può contattare ulteriormente il contribuente (telefonicamente o invitandolo per chiarimenti). In tal modo a volte si evita proprio l’accertamento trovando una soluzione condivisa (ad esempio correggendo solo parzialmente).
- Se la materia lo consente, l’Agenzia potrebbe anche proporre una definizione alternativa: ad esempio, l’invito a sottoscrivere un accertamento con adesione su un importo ridotto. Questo però di solito avviene quando si è già in fase di avviso di accertamento notificato (allora il contribuente chiede adesione). In fase di compliance pura, l’adesione formale non è applicabile perché manca un atto impositivo. Tuttavia, talora uffici particolarmente dialoganti invitano il contribuente a un incontro e stilano un verbale informale in cui concordano l’imponibile. È una sorta di “ravvedimento concordato”.
È importante evidenziare che fornire spiegazioni all’Agenzia in fase di compliance non pregiudica il diritto di difesa successivo. Se poi viene emesso l’accertamento e il contribuente non concorda, potrà sempre impugnarlo dinanzi al giudice tributario, eventualmente riproponendo le stesse argomentazioni (arricchite e affinate). Anzi, il fatto di averle già prospettate e che l’ufficio non le abbia accolte potrà costituire materia di contestazione (ad esempio per difetto di motivazione adeguata dell’atto qualora l’ufficio abbia ignorato elementi probatori forniti, si può eccepire violazione dell’obbligo di esame delle osservazioni). In ogni caso, aver tentato il dialogo preventivo è solitamente vantaggioso: nella migliore delle ipotesi si evita il contenzioso, nella peggiore si creano presupposti migliori per affrontarlo (ad esempio perché si sono circoscritti i punti controversi).
4. Caso di lettere di compliance “discutibili” (es. CPB 2024): come reagire. Particolare menzione meritano le campagne di compliance che hanno suscitato polemiche, come quella di fine 2024 sulle partite IVA per il concordato biennale. Molti professionisti hanno giudicato quelle lettere confuse e vessatorie, in quanto confrontavano redditi di autonomi con costi medi dei dipendenti e invitavano genericamente ad “adeguarsi” ai minimi settoriali. In tali casi, il contribuente può trovarsi in disaccordo non tanto sui dati (il reddito dichiarato è quello, il minimo settore è un dato statistico) quanto sull’impostazione della comunicazione stessa. Qui la “contestazione” assume un carattere anche politico. Cosa può fare? Oltre a quanto detto (inviare chiarimenti se ha motivazioni per il basso reddito, come crisi, spese elevate, ecc.), può:
- Ignorare l’invito al concordato se non interessato, sapendo che non è obbligato ad aderire (le FAQ AdE hanno chiarito che l’adesione è volontaria e se non aderisce non deve fare nulla).
- Limitarsi semmai a ravvedere eventuali errori oggettivi (se ce ne sono) sul 2023, ma non sentirsi obbligato a incrementare il reddito solo perché la lettera lo suggerisce.
- Segnalare attraverso le associazioni di categoria (es. sindacati dei commercialisti, CNA, ecc.) eventuali incongruenze generali. Nel caso CPB, ad esempio, la Lega (partito di maggioranza) ha formalmente chiesto all’Agenzia di non insistere con quelle lettere perché “snaturano il rapporto di lealtà tra contribuente ed Erario”. Queste pressioni possono portare a una mitigazione delle richieste. Un singolo contribuente da solo incide poco su questo fronte, ma collettivamente sì.
- In ogni caso, ricordare che la lettera non è un atto: non genera obbligo giuridico di aumentare il reddito né può essere utilizzata in giudizio contro il contribuente come ammissione di colpa. Se un giorno quell’autonomo fosse accertato per un reddito basso, potrà sempre difendersi mostrando bilanci, conti economici ecc., e il fatto che avesse ricevuto (e ignorato) una lettera di compliance non costituisce di per sé prova di evasione, ma solo che c’era un warning.
5. Prepararsi all’eventuale contenzioso futuro. Se le spiegazioni non sono state accettate e l’Agenzia emette un atto impositivo (avviso di accertamento, avviso bonario da controllo formale, ecc.), il contribuente può:
- Valutare un accertamento con adesione (in caso di avviso di accertamento) per trovare un accordo magari su importi ridotti e con sanzioni al 1/3. Spesso, se si è già svolto un contraddittorio pre-accertamento, l’adesione potrebbe concludersi con esito più favorevole perché alcune questioni saranno già state chiarite.
- Oppure presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, facendo valere tutte le eccezioni di merito e di diritto. Qui è utile sapere che aver ricevuto una lettera di compliance non impedisce di impugnare l’accertamento successivo. Anzi, talvolta può essere un argomento difensivo: ad esempio, la Cassazione in passato ha stabilito che per alcune materie l’omesso contraddittorio pre-accertativo rende nullo l’accertamento. Nel nostro caso, se una lettera di compliance è stata inviata, il contraddittorio c’è stato; ma se non è stata inviata quando doveva (perché previsto da norme come l’art.5-ter D.Lgs.218/97 per i redditi d’impresa), allora si può far valere la nullità. La giurisprudenza più recente (2024) richiede comunque di provare che l’assenza di contraddittorio ha leso il diritto di difesa (prova di resistenza), quindi è una difesa sottile. Però, se il contribuente ha fornito elementi in fase di compliance e l’ufficio nell’accertamento non li ha considerati, ciò può costituire vizio di motivazione. In sostanza, dal punto di vista strategico, aver interagito nella fase di compliance non penalizza affatto il contribuente in un eventuale giudizio, anzi. Pertanto è sempre consigliabile far presente le proprie ragioni già da subito.
Riassumendo sulla tutela del contribuente: La comunicazione di compliance apre una finestra di dialogo non formale con il Fisco. Il contribuente deve sfruttarla per far valere le proprie ragioni senza timore. Il tono dell’Agenzia è generalmente collaborativo, non inquisitorio, anche se talvolta può suonare un po’ pressante (“mettiamoci in regola…”). Ma il contribuente informato sa che i suoi diritti di difesa rimangono intatti: nulla gli è precluso se vorrà contestare in seguito. Nel frattempo, può convincere l’ufficio a desistere dall’accertare, presentando i fatti corretti.
Nella pratica odierna, molti uffici sono ben contenti di ricevere spiegazioni documentate perché possono chiudere la pratica più agevolmente. Si consideri che l’Agenzia è valutata anche sulla capacità di evitare contenziosi inutili: l’adempimento spontaneo si realizza anche quando il contribuente dimostra di essere già adempiente! Dunque fornire chiarimenti è nell’interesse di entrambi.
Un caso concreto: Caio riceve una lettera che segnala “mancata presentazione dichiarazione IVA 2024” (anno imposta 2023). In realtà Caio aveva presentato la dichiarazione IVA, ma dopo la scadenza, e forse il sistema l’ha considerata omessa. Caio recupera la ricevuta Entratel che prova l’invio tardivo (entro i 90 giorni, quindi valida) e la ricevuta F24 del versamento sanzione 1/10 (€25). Tramite CIVIS, invia copia di questi documenti spiegando che la dichiarazione è stata presentata seppur tardivamente, quindi la violazione è già sanata. L’ufficio verifica e risponde via CIVIS dopo qualche settimana: “Gentile contribuente, confermiamo che la S.V. ha già presentato la dichiarazione IVA sebbene tardivamente; non seguiranno ulteriori comunicazioni in merito”. Caio ha così evitato un possibile accertamento per dichiarazione omessa (che avrebbe comportato sanzione dal 120% al 240% dell’IVA non versata).
Altro esempio: Sempronio riceve lettera per redditi esteri non dichiarati (conto corrente in Svizzera). Egli però nel 2020 aveva aderito alla Voluntary Disclosure e sanato la posizione. Evidentemente quell’informazione non è stata incrociata. Sempronio fa scrivere al suo avvocato tributario una PEC all’ufficio allegando copia dell’istanza di voluntary disclosure accettata e degli F24 pagati, evidenziando che la materia è stata definita e nulla è più dovuto. L’ufficio controlla e si scusa per l’eventuale incrocio anomalo. Caso chiuso senza pagare nulla.
In sintesi, per contestare efficacemente:
- Documenta tutto e sii preciso.
- Usa i canali ufficiali (CIVIS, PEC, sportello).
- Mantieni un tono collaborativo ma fermo nelle tue ragioni.
- Richiama eventuali normative a tuo favore (esenzioni, decadenze).
- Se l’ufficio non risponde, sollecita (magari via PEC reiterando).
- Conserva ogni traccia scritta del dialogo.
Così facendo, avrai fatto il possibile per far valere le tue ragioni prima che nasca una lite tributaria. Questo è esattamente lo spirito del dialogo preventivo: evitare il contenzioso quando non necessario. Purtroppo, come visto, non sempre il dialogo preventivo funziona (alcuni lo definiscono un “disastro” se manca collaborazione reciproca). Ma tentar non nuoce e anzi è consigliato dallo Statuto del Contribuente (art.6, co.2 prevede la collaborazione per correggere errori di comune accordo, quando possibile).
Novità 2024-2025: dialogo preventivo, concordato biennale e altre riforme in tema di compliance
Negli anni recenti vi sono stati significativi sviluppi normativi e di prassi che incidono sul tema della compliance fiscale preventiva. Vale la pena soffermarsi su alcune novità rilevanti al 2024-2025, sia per capire il contesto in cui operano queste comunicazioni, sia per cogliere eventuali opportunità aggiuntive o cambiamenti di regole.
Contraddittorio e “dialogo preventivo” obbligatorio prima degli accertamenti
Il legislatore ha più volte ribadito l’importanza del contraddittorio endo-procedimentale, ovvero il confronto tra Fisco e contribuente prima dell’emissione di taluni avvisi di accertamento. Già in passato la giurisprudenza (Cass. SS.UU. 24823/2015) aveva affermato che per gli accertamenti “a tavolino” sui tributi armonizzati (IVA) era obbligatorio convocare il contribuente prima di emettere l’atto, pena la nullità, salvo casi di particolare urgenza. Il D.L. 34/2019 poi aveva esteso in via amministrativa l’invito al contraddittorio a quasi tutti gli accertamenti. Questa tendenza è stata parzialmente rivista di recente: con la Delega Fiscale 2023 e i decreti attuativi della riforma (in particolare D.Lgs. 8/2023 e 5/2023) sono stati individuati casi in cui il contraddittorio non è obbligatorio (ad esempio per gli accertamenti da liquidazione automatizzata ex art.36-bis e 54-bis, e per le omissioni di dichiarazione). Dal 30 aprile 2024, data di entrata in vigore di alcune norme, alcuni atti non richiedono più il contraddittorio preventivo, mentre per altri rimane (es. accertamenti basati su indagini finanziarie). Questo ha generato confusione: di fatto, il “dialogo preventivo” istituzionalizzato non copre ogni situazione.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha parallelamente rafforzato gli strumenti di compliance volontaria, che in parte suppliscono al contraddittorio. L’idea è: ti mando prima una lettera bonaria (compliance); se tu non rispondi e non correggi, poi ti mando l’accertamento senza ulteriori cerimonie. In un certo senso, la lettera di compliance può essere vista come una forma semplificata di contraddittorio preventivo, benché non formalizzata in un verbale. Essa permette comunque al contribuente di esporre le proprie ragioni prima dell’atto. Perciò, sebbene alcune riforme abbiano ridotto gli obblighi formali di contraddittorio, la prassi della compliance li compensa su un piano sostanziale.
Un elemento di novità è anche la spinta verso un dialogo più continuo durante il controllo: l’Agenzia sta sperimentando, per i controlli più complessi, il cosiddetto “preavviso di accertamento” (diverso dall’invito ordinario), cioè una sorta di bozza di accertamento inviata al contribuente con cui lo si invita a fornire osservazioni finali. Ad esempio, il Provvedimento del Direttore AdE n. 8253/2024 (citato nella richiesta, probabilmente relativo all’avvio di modelli di confronto preventivo) potrebbe far riferimento all’implementazione di procedure di cooperazione e dialogo ante literam. Purtroppo, come visto, quel numero di provvedimento corrisponde alla Certificazione Unica 2024 e forse c’è un refuso; ma possiamo pensare si volesse indicare un atto che rafforza il dialogo preventivo, in linea coi propositi della riforma fiscale. Ad esempio, la circolare MEF dei risultati 2016 dal titolo “Dal dialogo preventivo all’adempimento spontaneo, un nuovo Fisco per la crescita” già delineava questa filosofia. Nel 2025, il Viceministro Leo nelle dichiarazioni ufficiali ha più volte sottolineato la volontà di “ridurre i conflitti ex post favorendo la prevenzione e il dialogo”.
In pratica, per il contribuente queste evoluzioni significano: aspettarsi più comunicazioni bonarie prima di eventuali atti (specie su annualità correnti), ma non dare per scontato di essere sempre convocati formalmente. Bisogna cogliere l’occasione quando viene offerta. E se, viceversa, arrivasse un accertamento senza alcun preavviso (in quei casi ora consentiti), può valere la pena eccepire l’assenza di contraddittorio in ricorso, ma sapendo che la legge ora lo consente in alcuni casi (quindi l’esito è incerto). In assenza di obbligo formale, la compliance volontaria resta la vera forma di dialogo preventivo su cui puntare.
Concordato Preventivo Biennale (CPB) e lettere di compliance per incentivarne l’adesione
Una novità assoluta introdotta con il D.Lgs. 13/2024 (attuativo della Delega Fiscale) è il cosiddetto Concordato Preventivo Biennale per gli autonomi e le piccole imprese (soggetti ISA). Si tratta di un meccanismo per gli anni d’imposta 2023-2024 (poi prorogato al 2024-2025) in cui, semplificando, i contribuenti con determinati requisiti possono concordare con il Fisco un importo di reddito/IVA forfettario per due anni, calcolato sulla base del 2022, ottenendo in cambio la certezza di non subire accertamenti su quei due anni e uno “scudo” su eventuali errori minori (oltre ad alcune riduzioni sanzionatorie). L’obiettivo era far emergere basi imponibili maggiori in via collaborativa, offrendo pace fiscale biennale.
Ebbene, l’adesione iniziale al CPB per il 2024-2025 è risultata molto bassa entro la prima scadenza (15 settembre 2024), per cui l’Agenzia delle Entrate – su input del MEF – ha deciso di inviare lettere di compliance mirate per “spingere” i contribuenti ad aderire. Come già raccontato, tra novembre e dicembre 2024 sono state inviate oltre 700.000 lettere a titolari di partite IVA soggetti ISA segnalando redditi 2023 dichiarati inferiori a certi valori minimi e “invitando a valutare l’adesione al CPB” entro la nuova scadenza prorogata al 12 dicembre 2024. Queste comunicazioni hanno un contenuto peculiare: da un lato richiamano l’anomalia reddituale (reddito basso rispetto al settore), dall’altro presentano il CPB come opportunità. Di fatto però molti le hanno percepite come una pressione ad alzare artificialmente i redditi. Le reazioni sono state forti: associazioni di categoria, parlamentari, professionisti hanno parlato di “lettere vessatorie” e di potenziale abuso dello strumento compliance per finalità non proprie.
La situazione si è chiarita con l’intervento del Viceministro Leo e la pubblicazione di FAQ ufficiali sul sito AdE a fine novembre 2024. In queste FAQ l’Agenzia ha precisato (come già visto) che:
- Le lettere CPB hanno natura informativa e non preludono a controlli automatici.
- Non c’è alcun obbligo di risposta o adesione: sta al contribuente decidere liberamente se aderire al CPB o se integrare la dichiarazione. Non è stato predisposto un canale telematico per giustificazioni perché non c’è obbligo di giustificarsi se non si aderisce.
- Il metodo usato (confronto tra reddito e costo medio per dipendente del settore) è un criterio di massima e non è facile per il contribuente capire quanto dovrebbe dichiarare per risolvere l’anomalia. Quindi riconoscono la complessità interpretativa.
- In ogni caso, chi non aderisce al CPB entro dicembre non deve fare nulla e non subisce conseguenze immediate: la scelta è volontaria e l’eventuale ravvedimento su 2023 è sempre possibile, ma se ritiene di aver dichiarato correttamente può rimanere com’è.
Il CPB e la relativa campagna di compliance rappresentano un esempio lampante di come l’Agenzia stia cercando strade nuove per stimolare l’adempimento “ex ante”. Dal punto di vista del nostro tema, significa che le lettere di compliance possono essere utilizzate anche per finalità innovative, non solo per recuperare il passato ma per influenzare i comportamenti futuri dei contribuenti. Questo è un salto di qualità (e di delicatezza) nel rapporto Fisco-contribuente. Non più solo: “Hai sbagliato ieri, correggi”, ma anche: “Stai attento domani, dichiara di più per sicurezza”. Comprensibilmente, ciò può essere mal digerito e percepito come pressione indebita.
Al luglio 2025, il concordato biennale è in fase di partenza: i contribuenti che hanno aderito dovranno rispettare il concordato nelle dichiarazioni 2025 e 2026. Resta da vedere se la misura verrà resa strutturale o se era una tantum collegata alla riforma. Se dovesse ripetersi, è ipotizzabile che l’Agenzia riproponga le compliance come strumento promozionale (magari con correttivi dopo le critiche ricevute).
Implicazioni pratiche: se si riceve una lettera che incoraggia ad aderire a qualche definizione agevolata o concordato:
- Capire che non è obbligatorio; leggere eventuali provvedimenti allegati (nel caso CPB c’era un allegato normativo di riferimento: il DL 167/2024).
- Valutare in autonomia o con un professionista la convenienza dell’adesione. Non farsi trascinare dall’urgenza della lettera: spesso i termini vengono prorogati (come fu per il CPB stesso).
- Se non si aderisce, assicurarsi almeno di essere in regola con il passato, così da non offrire il fianco ad accertamenti. Molti che hanno ignorato il CPB poi hanno ricevuto controlli tradizionali su 2023: nulla di illegittimo in ciò, era prevedibile che redditi molto bassi sarebbero stati attenzionati comunque.
Provvedimenti per specifiche annualità: campagne mirate 2025
Oltre alle macro-novità, segnaliamo che nel 2025 sono state avviate nuove campagne di compliance su specifiche annualità e tributi:
- IVA 2024 (dichiarazione 2025): come già citato, provv. 280268/2025 ha inaugurato una campagna di incrocio real time tra fatture e dichiarazioni, con invio di lettere già a luglio 2025 per segnalare eventuali anomalie sulla dichiarazione IVA presentata a marzo 2025. È un timing molto più ravvicinato del passato: non aspettano 1-2 anni, ma agiscono pochi mesi dopo la dichiarazione. Ciò significa che il contribuente riceve l’invito quando ancora potrebbe (in teoria) presentare una dichiarazione integrativa entro 90 giorni (cioè entro fine luglio) o comunque ravvedersi con sanzioni minime. Questa tempestività è positiva, perché consente di correggere errori quasi in sede di autotutela immediata. Le tipologie di anomalie IVA individuate (quattro macro-categorie) sono quelle descritte prima: omessa dichiarazione, quadro vendite mancante, incongruenza forte tra fatture e dichiarato, mancanza di reverse charge attivo. Il consiglio per i soggetti IVA è quindi di prestare massima attenzione a queste comunicazioni estive e, se ricevute, agire subito: la dichiarazione integrativa IVA entro 90 giorni (fine luglio) comporta una sanzione fissa di €25 (dichiarazione tardiva) e sistema gran parte delle violazioni senza aggravio significativo. Se invece si va oltre, scatteranno sanzioni ben maggiori.
- Aiuti COVID e crediti d’imposta: nel 2024 e 2025 prosegue la verifica postuma di varie agevolazioni pandemiche (contributi a fondo perduto, crediti locazioni, bonus vari). Finora molte di queste verifiche hanno portato a comunicazioni di irregolarità (atti formali) per recupero dei crediti indebitamente compensati, ma non si escludono approcci via compliance per i casi borderline (es. crediti formalmente validi ma documentati male). I contribuenti che hanno usufruito di questi crediti dovrebbero tenere pronte le pezze giustificative: se arriva un invito a fornire chiarimenti, aderire inviando la documentazione può evitare la trasformazione in atto formale con sanzione 30%.
- Quarto trimestre 2023 – Sospensione di dicembre: Un elemento di calendario: nel 2024, il Governo ha stabilito di sospendere l’invio di comunicazioni nel mese di dicembre (oltre alla tradizionale sospensione di ferragosto). Questa prassi potrebbe reiterarsi per il futuro: ad esempio, anche nel 2025 potrebbe esserci il blocco di comunicazioni a ridosso delle festività natalizie. Ciò sposta gli invii a novembre e gennaio come accaduto a cavallo 2024-2025. Un contribuente che non ha ricevuto nulla entro fine novembre, potrebbe attendersi eventuali lettere ai primi di gennaio. È un dettaglio ma utile per i professionisti che monitorano gli arrivi massivi.
- Digitalizzazione ulteriore: l’Agenzia sta studiando l’introduzione di alert nel cassetto fiscale in tempo reale per alcune anomalie. Ad esempio, se un sostituto d’imposta non versa ritenute, il percettore potrebbe vedere un avviso (questo è un progetto ipotizzato per il futuro, rientrante nell’interoperabilità di banche dati).
- Ravvedimento speciale e sanatorie 2023-2024: la legge di bilancio 2023 aveva introdotto un ravvedimento speciale per violazioni fino al 2021 con sanzioni ridotte a 1/18. Ciò ha portato alcuni contribuenti a sanare errori più vecchi senza attendere compliance. È utile menzionarlo perché chi ha già sanato con ravvedimento speciale un certo errore (ad esempio un reddito 2018), se ricevesse comunque per ritardi una lettera di compliance su quell’anno, potrà rispondere allegando la ricevuta del ravvedimento speciale ed evitare qualsiasi doppio intervento. Al 2025, è prevista una riapertura di un ravvedimento speciale bis per periodi 2019-2023 in correlazione con il CPB 2025-26, segno che il legislatore sta offrendo molti strumenti deflattivi.
In definitiva, l’orizzonte normativo attuale evidenzia una linea chiara: favorire la compliance spontanea con tutti i mezzi (dalle lettere amichevoli alle definizioni agevolate), riducendo i margini per l’evasione “inconsapevole” e migliorando il tasso di adempimento senza arrivare al giudice. Il contribuente deve quindi essere consapevole di vivere in un ecosistema fiscale dove le omissioni emergono sempre più velocemente grazie all’incrocio dei dati, e dove viene data una chance di rimediare prima della stangata. Questa consapevolezza è il miglior antidoto sia contro eventuali distrazioni, sia contro la tentazione di rischiare sanzioni elevate: spesso conviene collaborare per tempo. D’altro canto, il contribuente ben consigliato saprà anche quando è il caso di resistere – ad esempio, se la pretesa è infondata – usando a proprio vantaggio gli strumenti di dialogo e successivamente di contenzioso per far valere le proprie ragioni.
Domande frequenti (FAQ) sulle comunicazioni di compliance
Di seguito una serie di domande comuni che professionisti, privati e imprenditori si pongono in merito alle lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate, con risposte sintetiche basate sulla normativa e la prassi attuale:
D1: Che cos’è esattamente una “comunicazione di compliance”?
R: È una lettera informativa che l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente per segnalare possibili errori, omissioni o anomalie nella sua posizione fiscale, prima di intraprendere un accertamento formale. In pratica, il Fisco avvisa il contribuente che qualcosa non torna (ad es. redditi non dichiarati, discrepanze IVA, ecc.) e lo invita a regolarizzare spontaneamente (presentando dichiarazione integrativa e pagando il dovuto con sanzioni ridotte) oppure a fornire chiarimenti se ritiene di aver già adempiuto correttamente. Non è un atto impositivo né una sanzione, ma un alert bonario.
D2: Ho ricevuto questa comunicazione via PEC: è ufficiale? Devo considerarla come una cartella esattoriale?
R: Sì, se proviene dall’indirizzo PEC dell’Agenzia delle Entrate, è una comunicazione ufficiale (non è phishing). Tuttavia non è una cartella né un avviso di pagamento immediato. Non genera alcun debito iscritto a ruolo in automatico. Va considerata come un invito. Conferma comunque che l’Agenzia ha riscontrato qualcosa di anomalo nei tuoi dati. Se hai dubbi sull’autenticità, controlla entrando nel tuo Cassetto fiscale: dovresti trovare la stessa comunicazione archiviata lì. In caso affermativo, è autentica. Trattala seriamente (analizzandone il contenuto), ma sapendo che non sei obbligato a versare nulla immediatamente: hai la possibilità di scegliere come procedere.
D3: La lettera di compliance è impugnabile in Commissione Tributaria? Posso fare ricorso contro di essa?
R: No, non è impugnabile autonomamente. Non rientra tra gli atti tassativamente elencati (avvisi di accertamento, cartelle, rimborsi negati, ecc.) per cui è ammesso il ricorso. Essendo una comunicazione priva di valore impositivo, il giudice tributario non avrebbe materia su cui pronunciarsi. L’eventuale ricorso verrebbe dichiarato inammissibile. La strada giusta è, invece, interagire con l’Agenzia direttamente (tramite chiarimenti o ravvedimento operoso). Solo se in seguito arriverà un atto impositivo vero e proprio (es. un avviso di accertamento o un avviso di liquidazione) potrai, se lo ritieni opportuno, presentare ricorso contro di esso, facendo valere anche il fatto di aver eventualmente già fornito chiarimenti in fase di compliance. In sintesi: la lettera in sé non si contesta davanti al giudice, ma eventualmente si contestano gli esiti successivi (se negativi).
D4: Devo rispondere per forza alla lettera di compliance? C’è un termine entro cui devo farlo?
R: Non c’è un obbligo legale di risposta formale, né un termine perentorio fissato nella legge. La lettera ti invita a prendere una iniziativa, ma sei tu a decidere se e quando farlo. Detto questo, è nel tuo interesse non ignorare la comunicazione: se riconosci l’errore, conviene ravvederti prima possibile per ottenere lo sconto massimo sulle sanzioni ed evitare l’accertamento; se non riconosci l’errore, fornire spiegazioni può persuadere l’ufficio a non procedere contro di te. Non esiste un termine rigido (tipo “30 giorni dalla ricezione”) – salvo alcune eccezioni in cui l’Agenzia potrebbe suggerire di regolarizzare entro una certa data per usufruire di un’agevolazione (es. entro la scadenza di un condono). In generale, però, prima agisci meglio è. Ad esempio, spesso le lettere arrivano a ridosso di fine anno perché l’accertamento potrebbe scattare l’anno successivo: se tu risolvi tutto entro dicembre, è improbabile che a gennaio ti mandino l’avviso. In sintesi: non sei obbligato a rispondere, ma trascurare la lettera è rischioso (dopo un po’ potresti ricevere una cartella o un accertamento con sanzioni maggiori). Non occorre rispondere se scegli di non aderire ad un eventuale concordato biennale – in quel caso puoi semplicemente non fare nulla, come chiarito dalle FAQ AdE.
D5: Cosa succede se ignoro completamente la comunicazione di compliance?
R: Nel breve termine, nulla di immediato: non ci sono sanzioni automatiche o addebiti diretti per il solo fatto di ignorare la lettera. Tuttavia, dopo un certo periodo (variabile da caso a caso, di solito alcuni mesi fino a un anno), l’Agenzia quasi certamente procederà ad un accertamento formale se l’anomalia riscontrata era effettivamente fondata. In altre parole, passata la fase bonaria, partirà la fase impositiva “hard”: potresti ricevere:
- un avviso di accertamento (se trattasi di imposta sui redditi, IVA, ecc.) con le maggiori imposte, interessi e sanzioni piene (in genere 90% o più) e addirittura sanzioni raddoppiate se si configura omessa dichiarazione;
- oppure una comunicazione di irregolarità (avviso bonario) formalmente impugnabile se la situazione rientra nei controlli automatizzati (questi avvisi bonari prevedono 30 giorni per pagare con sanzione ridotta a 1/3, ma se hai ignorato la compliance significa che non hai neanche beneficiato del ravvedimento a 1/6).
- In alcuni casi estremi, se l’evasione è molto grande, l’Agenzia potrebbe far partire anche verifiche sul campo o segnalazioni penali (es. redditi esteri non dichiarati di importo elevato possono configurare reato oltre certe soglie). Ignorare un’anomalia nota può portare a ciò.
In sintesi: il rischio più grande è passare dall’invito bonario ad un accertamento severo. Le sanzioni diventano assai più alte (per infedele dichiarazione si sale dal 15% al 90% minimo, e non c’è più riduzione). Inoltre l’accertamento, una volta notificato, se non viene definito, può sfociare in una cartella esattoriale e misure di riscossione coattiva. Quindi ignorare la lettera significa potenzialmente perdere la chance di risolvere a buon mercato e andare incontro a “punizioni” molto peggiori. Per questo l’Agenzia invia le lettere: per evitare al contribuente queste punizioni, avvertendolo in anticipo. Dunque, a meno che tu non sia assolutamente certo che la segnalazione sia infondata (ma in tal caso meglio comunicarlo, come detto), trascurare completamente la lettera non è consigliabile.
D6: Come posso comunicare all’Agenzia che la segnalazione è sbagliata?
R: Puoi farlo tramite diversi canali:
- Il metodo più comodo è usare il servizio online CIVIS (accessibile dall’area riservata del sito AdE). Selezioni l’opzione relativa alle comunicazioni di compliance e inserisci una richiesta di assistenza riferita al tuo caso. Potrai allegare documenti (in PDF) e scrivere una spiegazione. L’Agenzia ti risponderà sempre via CIVIS o telefonicamente.
- In alternativa, puoi inviare una PEC all’Ufficio dell’Agenzia indicato nella lettera, spiegando dettagliatamente perché ritieni che l’anomalia non sussista e allegando prove (es. copie di modelli dichiarativi, ricevute di versamenti, certificazioni, norme di legge). Indica sempre il numero della comunicazione e i tuoi dati.
- Oppure puoi recarti di persona presso l’Ufficio territoriale competente (magari previo appuntamento) e portare i documenti cartacei. Gli addetti protocolleranno la tua memoria difensiva.
- C’è anche un numero di telefono dedicato: il call center AdE (800.90.96.96 da fisso, 06.96668907 da cellulare) con opzione per “adempimento spontaneo”. Telefonando, potrai parlare con un operatore al quale esporre il problema. Spesso, se è risolvibile rapidamente (es: “vedo che in effetti lei ha già fatto ravvedimento, ok”), chiudono la pratica. Tuttavia per cose complesse, ti chiederanno comunque di inviare documenti via CIVIS o PEC.
In ogni caso, nella lettera stessa c’è una sezione che spiega “come segnalare all’Agenzia elementi non conosciuti”: segui quelle istruzioni. Ricorda di essere chiaro e conciso nella spiegazione, di riferirti a fatti oggettivi e di allegare tutte le evidenze. Ad esempio: “Ho già dichiarato quel reddito nel quadro XY come puoi vedere nella copia della dichiarazione allegata”, oppure “Quel reddito era esente ai sensi di legge, vedi documenti allegati”. Dopo aver inviato, attendi riscontro: se non arriva entro qualche settimana, puoi sollecitare (via telefono o inviando un remind via PEC). Spesso l’esito sarà che l’ufficio ti risponde confermando l’archiviazione della posizione oppure motivando perché invece ritiene ancora la difformità (in tal caso, probabilmente seguirà accertamento, ma avrai anticipato la tua difesa).
D7: Ho già sistemato l’errore prima di ricevere la lettera – ad esempio ho fatto un ravvedimento per conto mio – ma la lettera è arrivata lo stesso. Cosa devo fare?
R: Può capitare che la lettera sia partita mentre tu avevi già regolarizzato, oppure l’Agenzia non ha incrociato subito il tuo ravvedimento. In tal caso:
- Se effettivamente hai già presentato la dichiarazione integrativa e pagato tutto prima, allora sei a posto. Ti consiglierei comunque di comunicare all’ufficio che hai già provveduto (allega copia dei modelli F24 pagati e ricevuta dell’integrativa). Così loro aggiornano lo status e non ti inviano altri solleciti. Invia la comunicazione via CIVIS o PEC.
- Se avevi sistemato parzialmente, ad esempio hai pagato ma ti sei dimenticato di presentare l’integrativa (o viceversa), approfitta della lettera per completare ciò che manca. Magari scrivi all’ufficio spiegando: “ho ricevuto la Vs comunicazione, segnalo che ho già in data XX versato €… a titolo di ravvedimento (F24 allegato) e provvedo ora a trasmettere la dichiarazione integrativa”. Loro capiranno che sei collaborativo.
- Se hai aderito a una definizione agevolata diversa (esempio: condono, sanatoria) per cui ritieni di non dover nulla, evidenzia questo aspetto. Ad esempio: “L’anomalia si riferisce all’anno 2019, che ho definito con il ravvedimento speciale ex L.197/2022, pagando il dovuto (quietanza allegata). Pertanto non residuano violazioni su quell’anno.” L’ufficio, verificato ciò, chiuderà senza problemi.
In sintesi, la cosa migliore è far presente all’Agenzia che la posizione è già regolarizzata con i dettagli del caso. Non dare per scontato che se hai pagato non ti accertino: a volte se non vedono la dichiarazione integrativa, scatta lo stesso l’accertamento per infedele, nonostante il pagamento. Quindi sempre meglio fornire un quadro completo all’ufficio. Con la tua comunicazione, la lettera di compliance avrà sortito l’effetto: farli accorgere che sei in regola, evitando atti inutili.
D8: Posso chiedere una rateizzazione dell’importo che risulta dalla lettera di compliance?
R: Formalmente no, non esiste una procedura di rateizzazione per il pagamento in sede di ravvedimento operoso. Per ottenere le sanzioni ridotte del ravvedimento, bisogna versare integralmente quanto dovuto (imposta + interessi + sanzione ridotta) in un’unica soluzione. Gli istituti di rateazione previsti dalla legge riguardano:
- gli avvisi bonari da controlli automatizzati (rate fino a 8 trimestrali se debito > €5.000);
- gli avvisi di accertamento/adesione (rate trimestrali fino a 8 o 16 se importi grossi).
Ma per la compliance non c’è un “piano di pagamento” ufficiale. Questo significa che se l’importo è elevato e non hai liquidità, sei in una situazione difficile: o trovi i fondi per ravvederti, oppure puoi considerare di non ravvederti e attendere l’avviso, che poi potrai rateizzare (ma pagando più sanzioni). È una valutazione da fare con attenzione e magari con supporto di un consulente. A volte si può adottare una strategia mista: regolarizzare parzialmente alcune annualità e attendere l’atto per il resto. Non è l’ideale, ma si può fare se la compliance riguarda più anni: ad es. sistemi 2018 e 2019 e lasci che accertino 2020, così rateizzi quello. In ogni caso, l’Agenzia preferisce il ravvedimento immediato. Tieni presente che non è escluso poter compensare in F24 l’importo dovuto con eventuali crediti fiscali disponibili (IVA a credito, ecc.): questa è un’alternativa al trovare liquidità, se hai crediti nel cassetto puoi usarli per pagare l’F24 del ravvedimento (purché siano crediti certi, liquidi e disponibili, attenzione a usare solo crediti legittimi per non peggiorare la situazione). Quindi, la risposta breve: no, non puoi rateizzare la compliance; la risposta lunga: puoi rateizzare dopo, sull’accertamento, ma pagherai di più. Valuta se coinvolgere la tua banca per un prestito, se l’importo ravvedimento è molto minore delle sanzioni future: spesso è preferibile fare uno sforzo unico ora che trascinarsi un debito con aggio e interessi di mora dopo.
D9: Dopo aver pagato con ravvedimento, posso ancora fare ricorso se penso poi di aver sbagliato a pagare?
R: Tecnicamente, no. Se hai effettuato un ravvedimento operoso e quindi presentato integrativa e pagato spontaneamente, stai riconoscendo la violazione e attivando una forma di definizione agevolata della stessa. Non c’è un atto contro cui ricorrere, perché non ti è stato notificato nulla: hai agito spontaneamente. In teoria, se tu ritenessi di aver versato somme non dovute, l’unica strada sarebbe eventualmente presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate (entro 48 mesi per imposte dirette) sostenendo che quel pagamento era indebito. Però se contestualmente hai presentato una dichiarazione integrativa autoliquidando l’imposta, diventa contraddittorio dire che non era dovuto. In pratica, il ravvedimento chiude la partita in via amministrativa, e di solito esclude successivi contenziosi su quella materia. Questo è il motivo per cui si consiglia di ravvedersi solo quando si è convinti della violazione; se ci sono dubbi di interpretazione normativa o questioni di diritto rilevanti, a volte il contribuente può decidere di non ravvedersi e aspettare l’accertamento, per poi contestarlo in giudizio. Esempio: se credi fermamente che un reddito fosse esente e l’Agenzia invece lo pretende tassabile, pagando con ravvedimento accetti la tassazione, mentre potresti preferire far emettere avviso e portare la questione al giudice. Chiaramente, questo implica rischiare sanzioni piene e spese legali. Quindi è una scelta ponderata: ravvedersi = fine dei giochi e niente ricorsi, non ravvedersi = via al potenziale contenzioso. Nota: se hai pagato dopo una comunicazione di irregolarità (che è diversa dalla compliance), c’è giurisprudenza che ammette ricorso anche contro l’avviso bonario pagato, in certi casi di “pagamento contestuale a ricorso” – ma per compliance non c’è proprio atto. Quindi una volta fatto ravvedimento, quel capitolo è chiuso.
D10: Se non sono d’accordo con la pretesa del Fisco, è meglio che non paghi nulla finché non mi arriva un accertamento, così poi faccio ricorso?
R: Questa è più una strategia che una domanda, ma val la pena rispondere: sì e no, dipende dai casi. Se la pretesa è palesemente infondata e di natura giuridica (non un mero errore materiale), potrebbe avere senso non ravvedersi e prepararsi a impugnare l’eventuale accertamento. Esempio: l’Agenzia sostiene con lettera che un certo provento sia reddito imponibile, ma tu hai un’interpretazione suffragata magari da una circolare o da giurisprudenza che è esente. In tal caso, ravvedendoti pagheresti ciò che ritieni non dovuto; invece lasciando che accertino potresti poi far valere le tue ragioni e vincere. Devi però mettere in conto tempi e costi del contenzioso, e il rischio (se perdi) di pagare sanzioni piene e interessi nel frattempo. Quindi devi essere abbastanza sicuro della tua posizione e di solito queste valutazioni le fa un avvocato tributarista di concerto col cliente. Per importi modesti di solito non conviene andare in contenzioso e si preferisce definire. Per importi grandi o questioni di principio, può valere la pena combattere. Una via intermedia è: rispondere con i chiarimenti senza pagare, e vedere se l’ufficio desiste. Se poi arriva l’accertamento, allora parti col ricorso. Questo ti dà almeno la chance che l’ufficio ci ripensi. Ricorda però: se perdi in giudizio pagherai anche le spese e non avrai più lo sconto del ravvedimento (ma potrai ancora ottenere la riduzione sanzioni a 1/3 se paghi entro certi termini dopo la sentenza). In sintesi: se sei convinto di aver ragione, difenditi; se c’è anche solo dubbio, spesso il ravvedimento è la via più economica. Ecco perché il punto di vista del debitore deve essere molto pragmatico: conviene litigare o conviene definire? Ogni caso è a sé.
D11: Che differenza c’è tra la comunicazione di compliance e la comunicazione di irregolarità (avviso bonario) che arriva dopo i controlli formali?
R: Sono due cose diverse:
- La comunicazione di compliance (di cui trattiamo qui) è un invito bonario, non ha natura di atto esigibile, e mira a farti correggere volontariamente prima che parta un atto formale. Non è impugnabile e non ha termine di pagamento.
- La comunicazione di irregolarità (avviso ex art.36-bis DPR 600/73 o 54-bis DPR 633/72), spesso chiamata “avviso bonario”, invece è il risultato di un controllo automatico su dichiarazioni già presentate (o di un controllo formale ex 36-ter). In essa l’Agenzia quantifica un importo da pagare entro 30 giorni, con sanzione ridotta a 1/3. Se paghi entro 30 gg bene (chiudi la pendenza), se non paghi o contesti parzialmente, dopo 30 gg l’Agenzia può iscrivere a ruolo e mandare cartella o ingiunzione. Quindi l’avviso bonario è un atto impositivo in senso lato – tanto che oggi la giurisprudenza maggioritaria consente anche di impugnarlo immediatamente in Commissione (specie dopo Cass. SU 2020 n.8500, che ha definito impugnabile l’estratto di ruolo, riflesso sugli avvisi bonari ecc.). Quindi ha una valenza più forte. Esempio: se la liquidazione automatica trova 100€ di imposta non versata, ti manda un avviso dicendo paga 100 + interessi + 10% (1/3 di 30%) = 100+… entro 30 gg.
In sintesi: la lettera di compliance precede l’iscrizione a ruolo, l’avviso bonario è già una richiesta di pagamento legata a un controllo. Inoltre, l’avviso bonario può riguardare errori di calcolo o versamento, mentre la compliance di solito anomalie più sostanziali (es. redditi occultati). Non vanno confusi. In pratica, se ricevi un avviso bonario, quello devi considerarlo attentamente perché ha scadenza 30 gg per la sanzione ridotta e puoi anche fare ricorso se lo ritieni sbagliato; se ricevi la compliance, hai più libertà di manovra ma nessuna scadenza definita. Va detto però che a volte la differenza si assottiglia: ad esempio se non rispondi alla compliance e poi paghi spontaneamente dopo i 30gg dell’avviso bonario che ti è arrivato, quell’avviso bonario (essendo atto) è impugnabile. Quindi se per assurdo uno volesse impugnare subito, potrebbe ignorare la compliance, aspettare l’avviso bonario e impugnare quello (c’è un dibattito, ma ormai si tende ad ammetterlo). Però con l’avviso bonario perdi il beneficio 1/6 e hai solo 1/3. Quindi idealmente meglio risolvere in compliance.
D12: La lettera di compliance interrompe o proroga i termini di decadenza per l’accertamento?
R: No, la comunicazione di compliance non ha un effetto giuridico sui termini di decadenza (i termini entro cui l’Agenzia deve notificare gli accertamenti). Solo alcuni atti formali (tipo PVC della Guardia di Finanza, richiesta di documenti ex art.51 per IVA, ecc.) possono prorogare di un anno la decadenza, oppure l’adesione la sospende per 90 gg, ecc. Ma una semplice lettera di compliance non è prevista dalla legge come causa di proroga. Quindi, ad esempio, se per l’anno d’imposta 2018 il termine di decadenza per accertamento era il 31/12/2024, una lettera compliance inviata nel 2022 o 2023 non sposta quel termine: l’accertamento, se vogliono farlo, va comunque notificato entro fine 2024. Questo per dire che l’Agenzia non può “tenerti in sospeso all’infinito” mandando lettere: scaduti i termini, non può più accertare, lettera o non lettera. Occhio però: se ravvedendoti tu presenti una dichiarazione integrativa a sfavore, quell’atto “riapre” i termini per i soli elementi integrati (perché è come se tu dichiarassi ora un reddito prima non noto). Ma è un discorso a parte e in pratica l’accertamento non servirebbe più perché hai autodenunciato. Quindi non considerarlo una proroga, piuttosto un’autotassazione tardiva. In breve: la compliance non interrompe né sospende alcun termine legale per il Fisco. Loro devono comunque rispettare le scadenze d’accertamento. Un contribuente può anche strategicamente scegliere di “far scadere” l’annualità (se è molto vicina alla decadenza) ignorando la lettera: esempio, lettera su 2017 ricevuta a novembre 2023 – se entro fine 2023 non arriva accertamento, quell’anno è decaduto e non potrà più essere recuperato. È un gioco d’azzardo, perché l’ufficio di solito in questi casi notifica l’atto in extremis a dicembre se uno non ha aderito. Ma formalmente non c’è interruzione: la lettera non li autorizza ad accertare più tardi del dovuto.
D13: Che cos’è il Concordato Preventivo Biennale (CPB) e cosa c’entra con queste lettere?
R: Il CPB è, in estrema sintesi, un nuovo istituto previsto dalla riforma fiscale, destinato alle partite IVA di piccole dimensioni e soggette agli ISA. Consente di “concordare” con l’Agenzia un importo di reddito e IVA per il biennio successivo, basato tendenzialmente sul reddito dichiarato in un anno base (2022). In cambio, l’Agenzia garantisce che non effettuerà accertamenti su quel biennio se il contribuente rispetta i valori concordati, e concede uno “scudo fiscale” su eventuali lievi omissioni pregresse (c’è un collegamento con il cosiddetto ravvedimento speciale per anni fino al 2021). È volontario: il contribuente presenta un modello di proposta, l’Agenzia risponde con la quantificazione del dovuto biennale, e se il contribuente accetta paga le imposte concordate in due anni. È una sorta di “forfait concordato” per semplificare la vita (ma anche per far pagare qualcosina in più subito al Fisco). C’entra con le lettere di compliance perché, come abbiamo visto, l’Agenzia a fine 2024 ha usato le lettere per pubblicizzare l’adesione al CPB, soprattutto verso chi aveva dichiarato poco nel 2023. Ha segnalato anomalie reddituali e contestualmente spinto a considerare il CPB. Quindi in quell’occasione le “lettere di compliance” sono state impiegate non solo per correggere errori del passato, ma per indirizzare scelte future. Molti contribuenti e consulenti si sono trovati spiazzati da questa commistione. In pratica, se hai ricevuto una lettera CPB: sappi che non eri obbligato ad aderire (era un invito), potevi anche solo correggere il 2023 con ravvedimento (se necessario) e ignorare il CPB. Se invece hai aderito, ora dovrai dichiarare per 2024-25 almeno i minimi concordati, e in cambio l’Agenzia non ti disturberà su quei due anni (salvo decadenza da concordato se non rispetti pagamenti o fai furberie). È un istituto innovativo, attualmente circoscritto a questi anni. Le lettere CPB erano una tantum, non costituiscono un nuovo tipo di lettera permanente. Difficilmente dopo la scadenza (dicembre 2024) ne invieranno altre per CPB, se non qualora riaprano i termini. Ma potrebbe esserci un CPB anche per bienni successivi, questo ancora non si sa: se così fosse, potremmo aspettarci comunicazioni analoghe. In breve, CPB = accordo preventivo biennale; lettera CPB = sollecito ad accordarsi. Se non hai aderito entro i termini, ora quell’opzione è sfumata (per 24-25), ma nulla ti vieta di regolarizzare alla vecchia maniera se avevi errori.
D14: Le lettere di compliance riguardano anche le imposte locali o i contributi INPS?
R: Al momento, le lettere di compliance sono uno strumento tipico delle Entrate per le imposte erariali (Irpef, Ires, IVA, Registro in parte, ecc.) e per questioni correlate come aiuti di Stato. Non vi sono analoghe campagne strutturate per tributi locali (IMU, TARI, ecc.) a livello nazionale, anche se alcuni Comuni a volte inviano avvisi bonari per IMU/TASI, ma sono iniziative locali isolate. Per i contributi previdenziali INPS, c’è qualcos’altro: l’INPS invia avvisi bonari contributivi che però sono atti di riscossione (con scadenza per il pagamento prima di iscrivere a ruolo). L’AdE Riscossione (ex Equitalia) a volte invia “comunicazioni di cortesia” per allertare i debitori su rate scadute, ma anche quelle non sono atti impugnabili. In sintesi, il concetto di compliance preventiva è più sviluppato in ambito Agenzia delle Entrate. L’INPS e i Comuni lavorano più con il ravvedimento operoso spontaneo del contribuente (che c’è anche lì) ma senza inviare lettere personalizzate se non raramente. L’Agenzia Entrate Riscossione (cioè il “braccio” che riscuote cartelle) non manda compliance: manda semmai, a volte, un preavviso prima di pignoramenti (ma è altra storia). Quindi concentrati su imposte statali: lì sì, è probabile ricevere compliance se c’è qualcosa di notevole.
D15: Fino a quanti anni indietro possono mandarmi queste lettere?
R: Non c’è un limite fisso diverso da quello degli accertamenti. In genere le lettere di compliance vengono inviate entro i termini di accertamento per quell’anno, solitamente anzi con qualche margine. Ad esempio, nel 2023 hanno inviato lettere per redditi 2019 e 2020; nel 2024 per redditi 2021 e qualcuno 2022; nel 2025 già per redditi 2022-2023 e IVA 2024. Difficilmente scrivono per annualità ormai decadute (perché non avrebbe senso se non possono più accertarle). Quindi direi: tipicamente entro i 5 anni successivi all’anno fiscale. Per i redditi esteri, c’è una finestra di raddoppio termini in caso di omessa dichiarazione RW (fino a 10 anni), ma l’Agenzia di solito in quei casi emette direttamente accertamenti (visto l’importo elevato spesso). Una cosa da notare: alcune lettere arrivano dopo un accertamento se questo è annullabile per vizio procedurale. Mi spiego: se l’Agenzia emette un accertamento senza contraddittorio dove era obbligatorio e rischia l’annullamento in giudizio, può scegliere di rinunciare all’atto in autotutela e retrocedere a una fase di “invito”. È raro, ma può succedere come rimedio. In generale però, aspettati lettere sui periodi ancora “aperti”. Per farla semplice: se non hai ricevuto nulla su anni che ormai non possono più essere accertati (ad esempio 2015 o precedenti, decaduti), non te le manderanno su quelli. Se te ne mandassero su anno decaduto, servirebbe giusto a segnalarti qualcosa ma non avrebbero poi potere di agire – sarebbe strano.
D16: Mi hanno notificato intanto una cartella/accertamento ma dopo ho trovato nel cassetto una lettera di compliance sullo stesso argomento mai vista prima: posso contestare che dovevano inviarmi la lettera prima?
R: Situazione non comune ma possibile se la lettera non ti è arrivata per qualche disguido (PEC non letta, indirizzo errato) e intanto è partito l’atto. Purtroppo, l’assenza o presenza della lettera di compliance non costituisce vizio formale dell’accertamento, perché non è obbligatoria per legge (a differenza di un invito al contraddittorio formale che in certi casi è obbligatorio). Quindi non puoi far annullare un accertamento solo dicendo “eh ma c’era la lettera che non ho visto”. Quello che puoi fare, nel merito, è magari chiedere all’ufficio in autotutela di considerare il ravvedimento come se fosse stato fatto. Ma se ormai c’è l’atto, è difficile: l’ufficio a quel punto preferisce far seguire l’iter normale (adesione o ricorso). Insomma, la lettera di compliance è un bonus, non un diritto esigibile. Alcuni potrebbero pensare: “lo Statuto contribuente dice che prima di accertare devono comunicare l’esito del controllo” – vero, ma quella norma ha eccezioni ed è ritenuta non vincolante per la validità dell’atto (tranne in casi particolari come detto prima su IVA). Quindi nella pratica, se è già arrivato un accertamento, il treno del dialogo bonario è passato. Si può ancora cercare una soluzione in adesione (magari chiedendo la sanzione minima come se fosse ravvedimento, ma è discrezionale dell’ufficio accordarla, di solito no, però può ridurti le sanzioni ad 1/3 come da adesione). In definitiva, la lettera di compliance va colta quando arriva; se non l’hai vista e sei già all’atto esecutivo, devi difenderti su quello. Puoi al massimo far presente nel ricorso che l’Agenzia non ti ha effettivamente reso possibile l’adempimento spontaneo perché la comunicazione non ti è giunta, magari come elemento equitativo per chiedere spese a tuo favore se vinci, ma non è un vizio invalidante di per sé.
D17: Conviene aderire subito o aspettare quasi la fine dei termini di accertamento per ravvedersi (così ritardo il pagamento)?
R: Tecnicamente potresti ritardare, perché il ravvedimento è ammesso finché non ti notificano nulla. Ma è rischioso: se aspetti troppo, l’ufficio potrebbe emettere l’accertamento e a quel punto il ravvedimento non è più consentito. Se proprio vuoi posticipare l’esborso, potresti coordinarti con l’ufficio (ma non è che ti diano una proroga ufficiale). Considera anche che più tempo passa, più interessi maturano, e se entri nell’anno successivo c’è anche un possibile aumento del tasso legale. Quindi a conti fatti risparmieresti poco a temporeggiare, anzi potresti pagare di più di interessi. Inoltre, fare un ravvedimento “sul filo di lana” (tipo dicembre dell’ultimo anno utile) può essere pericoloso perché se qualcosa va storto (pagamento non acquisito, integrativa con errori) non hai tempo di rimediare. La strategia di aspettare ha senso solo se speri che l’Agenzia dimentichi di accertarti e tu la faccia franca senza pagare: possibilità estremamente remota se ti hanno mandato la lettera (ti hanno individuato, difficilmente poi lasciano perdere del tutto). Più realisticamente, se uno ha problemi di liquidità immediata può prendere un paio di mesi per reperire fondi, ma far passare oltre 6-9 mesi dall’invito è già esporsi molto. In genere conviene aderire prima, anche perché spesso l’Agenzia manda le lettere con un certo anticipo sugli accertamenti: se rispondono bene coloro che ricevono le lettere, possono anche decidere di non accertare chi non ha risposto perché magari in percentuale esigua. Ma è un azzardo. Direi: no, non conviene attendere troppo. Meglio dormire sonni tranquilli e chiudere la questione.
D18: Mi faccio assistere da un professionista o posso gestirla da solo?
R: Dipende dalla complessità del caso. Se la lettera di compliance è semplice (esempio classico: hai dimenticato di dichiarare 2 CU di piccoli importi), e hai dimestichezza con F24 e dichiarazioni, potresti anche procedere autonomamente col ravvedimento usando i modelli disponibili e calcolando con attenzione. L’Agenzia spesso cerca di facilitare il contribuente (ad esempio, ti mette a disposizione la precompilata integrativa). Tuttavia, se non sei sicuro di fare tutto correttamente, è altamente consigliabile avvalersi di un dottore commercialista o esperto fiscale. Sbagliare un ravvedimento (per esempio non indicare un dato, o calcolare male la sanzione) può comportare che rimanga una parte di violazione e quindi in futuro arrivi comunque un accertamento su quella parte. Il professionista inoltre può aiutarti anche a decidere se contestare invece di pagare, valutando la situazione a 360 gradi. Considera anche il carico emotivo: a volte ricevere lettere del Fisco genera ansia; un professionista sa come interpretare esattamente la comunicazione e può interloquire con l’ufficio a tuo nome (delegandolo, può usare CIVIS ecc.). In particolare per aziende e partite IVA, è prassi rivolgersi al commercialista di fiducia subito. Per un privato con modesto reddito la scelta potrebbe essere secca: pagare €300 al CAF per farsi fare integrativa o provare a farla da solo risparmiando quella somma. Io direi che di norma, il supporto professionale garantisce un risultato corretto e ottimale. Inoltre, se la lettera riguarda questioni complesse (es. normativa di aiuti di Stato, casi di doppia imposizione internazionale, ecc.), non tentare assolutamente il fai-da-te: potresti peggiorare la situazione non presentando la cosa nel modo giusto. Quindi la risposta: fatti assistere se c’è incertezza; se è banale e te la senti, puoi fare da solo, ma con massima attenzione.
D19: Dopo aver fatto tutto (pagato o chiarito), come faccio a sapere ufficialmente che va tutto bene?
R: Purtroppo l’Agenzia non sempre invia una comunicazione di avvenuta regolarizzazione. In molti casi, il “segnale” che tutto è a posto è il silenzio: se passa il tempo e non ricevi avvisi di accertamento, vuol dire che molto probabilmente la questione è chiusa. Tuttavia, puoi ottenere qualche conferma indiretta:
- Se hai utilizzato CIVIS, spesso troverai nello stato della pratica una dicitura tipo “chiusa – soluzione fornita” o riceverai un messaggio di chiusura. Puoi anche scaricare la ricevuta della tua richiesta risolta.
- Puoi contattare telefonicamente l’ufficio (magari dopo qualche mese) chiedendo conferma che non risultano pendenze su quell’anno dopo il tuo ravvedimento. Non è un certificato, ma se l’operatore controlla a terminale e dice “sì, vedo che ha integrato, nessun controllo in corso”, puoi stare sereno.
- In casi importanti, puoi presentare un’istanza scritta di sgravio/archiviazione e chiedere risposta. Non c’è un format standard perché formalmente non c’è nulla da sgravare, ma potresti scrivere: “In riferimento alla Vs comunicazione prot… e agli atti di regolarizzazione eseguiti (F24, integrativa), chiedo conferma dell’archiviazione della posizione”. L’ufficio potrebbe rispondere con lettera semplice confermando. Non sempre lo fanno, ma tentare… (specie se sei assistito da avvocato, questi spesso chiedono formalmente conferma per iscritto).
- Un altro segnale: se dopo la stagione accertativa (che di solito avviene a fine anno) non ti è arrivato nulla, è probabile che tu non sia in elenco controlli perché hai risolto. Tieni presente che l’Agenzia impiega sistemi informatici: di solito quando fai ravvedimento, quell’anomalia esce dalla lista “da accertare”. Quindi confidare nel silenzio è ragionevole.
In conclusione: nessuna notizia è una buona notizia. Se vuoi essere iper-sicuro, puoi recarti all’ufficio e farti dire a voce che è tutto ok (magari facendoti mettere un timbro su una copia della tua integrativa come “presa in carico” – qualche funzionario disponibile lo fa). Ma nella maggior parte dei casi, risolto il problema, l’Agenzia passa oltre. Naturalmente conserva tutti i documenti: se per caso dovesse arrivare comunque un atto su quell’anno erroneamente, sarai pronto a opporre che avevi già regolarizzato (evenienza rara, ma meglio prepararsi).
D20: In sintesi, qual è il vantaggio per me di aderire alla compliance?
R: Il vantaggio principale è economico e di rischio:
- Paga solo le sanzioni ridotte (di solito 1/6) invece che quelle intere. Ad esempio, per €1.000 di imposta, paghi €150 di sanzione invece di €900 (e se andassi in contenzioso e perdessi, potresti arrivare anche al 135% ossia €1.350).
- Eviti gli interessi di mora e l’aggio di riscossione che maturerebbero se il debito finisse a ruolo. Versando spontaneamente paghi solo gli interessi legali fino ad oggi, non i tassi maggiorati successivi.
- Eviti la cartella esattoriale o pignoramenti: non avendo un atto esecutivo a carico, non rischi fermo auto, ipoteche, prelievi forzosi, etc.
- Eviti il contenzioso legale: niente spese di giudizio, parcelle di avvocati, né incertezza dell’esito.
- Riduci lo stress e il tempo: risolvi amministrativamente in tempi brevi.
- Nel caso di violazioni penal-tributarie (omessa dichiarazione sopra soglia, ecc.), il ravvedimento operoso può avere effetti scriminanti o attenuanti penali (se fatto prima dell’avvio di verifiche). Quindi aderire alla compliance, ravvedendosi, può in taluni casi evitare una denuncia penale (es. omessa dichiarazione punibile diventa non punibile se si presenta dichiarazione prima di formale conoscenza di verifiche).
In poche parole, la compliance ti dà la possibilità di **“metterti in regola” con il minor danno possibile】. Certo, devi comunque pagare le imposte dovute – non è un condono – ma lo fai a condizioni agevolate e senza contenzioso. Quindi il vantaggio è grande rispetto a subire un accertamento. L’unico scenario in cui non c’è vantaggio è se realmente non dovevi pagare nulla (perché la pretesa era infondata). In tal caso, ravvedersi significherebbe pagare il non dovuto, e il vantaggio economico svanisce. Quindi, salvo questa ipotesi, la compliance conviene. Non a caso, come abbiamo detto, milioni di contribuenti l’hanno sfruttata e il gettito recuperato è elevato, segno che molti preferiscono pagare con sconto che litigare.
D21: E se la lettera di compliance mi arriva due volte o per errori già chiariti?
R: Può succedere che per un disguido ti arrivi un duplicato o una nuova lettera su qualcosa che avevi già sistemato magari poco prima. In tal caso, basta contattare l’ufficio e farlo presente, allegando la prova di aver già definito (o di aver già inviato chiarimenti). L’Agenzia a volte spedisce liste massivamente e può capitare qualche sovrapposizione. Non ignorarla pensando “avranno sbagliato, sapranno che ho pagato”: meglio comunque mandare una PEC breve: “Rif vostro invito del…, faccio presente che la posizione risulta già definita come da doc allegati. Gradirei conferma di archiviazione”. Giusto per essere sicuri che chiuda.
D22: Dopo la compliance, l’Agenzia potrebbe comunque effettuare controlli o accertamenti aggiuntivi?
R: Se hai aderito e regolarizzato completamente l’anomalia segnalata, l’Agenzia di regola non procederà oltre su quella specifica questione. Tuttavia, conserva sempre il potere di controllare la tua posizione in generale. Ad esempio, se hai regolarizzato un reddito estero non dichiarato, ma nel frattempo l’ufficio scopre altre irregolarità indipendenti (es. ti contesta costi indeducibili non collegati al reddito estero), può comunque farti un accertamento su altro. Oppure, se il ravvedimento era incompleto (ti sei scordato un pezzo), possono contestare la parte mancante. Ma in linea di massima, un’anomalia sanata chiude quel capitolo. Addirittura, in alcuni casi l’Agenzia, dopo un ravvedimento, premia il contribuente abbassando il profilo di rischio: ad esempio, se emerge che hai reagito correttamente alla compliance, potresti avere un punteggio ISA migliore negli anni successivi (non è ufficiale ma può influire). Nel caso del concordato biennale CPB, se hai aderito e manterrai fede, l’Agenzia per norma non potrà accertare i periodi concordati (salvo tu decada per inadempimento). Quindi hai proprio uno scudo su quegli anni. Quindi direi: compliance fatta bene = tranquillità su quel fronte. Ovviamente questo non significa immunità a vita: resti sempre soggetto a possibili controlli su altre materie o anni. Ma almeno la problematica evidenziata dovrebbe essere considerata risolta. Un piccolo consiglio: dopo aver ravveduto, puoi richiedere all’Agenzia il rilascio di un certificato di regolarità fiscale (talvolta richiesto per appalti ecc.). Una volta registrato il ravvedimento, risulterai regolare sotto il profilo Equitalia e AdE per quei debiti (perché non ci sono cartelle pendenti). Quindi la compliance contribuisce al tuo tax clearance. E se per caso un funzionario in futuro sollevasse ancora quell’argomento per errore, tu potrai facilmente dimostrare di averlo definito. In sostanza, hai “messo una pietra sopra” quell’irregolarità.
Esempi pratici e simulazioni
Per rendere più concreti i concetti esposti, presentiamo alcuni scenari pratici tipici con relative soluzioni dal punto di vista del contribuente. Queste simulazioni, tutte riferite all’ordinamento italiano, mostrano come procedere in diverse situazioni.
Esempio 1: Omissione di redditi da lavoro autonomo
Scenario: Mario è un architetto libero professionista (regime ordinario). Nel 2023, per l’anno d’imposta 2022, ha presentato il Modello Redditi PF dichiarando €50.000 di reddito professionale. A ottobre 2024 riceve via PEC una comunicazione di compliance dall’Agenzia delle Entrate che segnala “redditi non dichiarati per l’anno d’imposta 2022”. In particolare, la lettera riporta che secondo i dati in Anagrafe Tributaria Mario avrebbe percepito ulteriori €15.000 da lavoro autonomo occasionale nel 2022, certificati tramite due Certificazioni Uniche rilasciate da una società Alfa Srl (€10.000) e da uno studio Beta (€5.000), che non risultano inseriti in dichiarazione. Mario, controllando i suoi archivi, si rende conto che effettivamente nel 2022 aveva svolto consulenze extra fuori dalla sua attività principale: due contratti di collaborazione occasionale, remunerati con CU, che erroneamente non aveva passato al commercialista per includerli nella dichiarazione. Insomma, l’Agenzia ha ragione: Mario ha omesso di dichiarare quei 15.000 €.
Soluzione: Dal punto di vista di Mario, la scelta ottimale è ravvedersi subito. Egli contatta il suo commercialista e gli fornisce copia delle CU segnalate. Il commercialista:
- Predispone un Modello REDDITI PF 2023 integrativo (anno imposta 2022) in cui aggiunge €15.000 tra i redditi di lavoro autonomo occasionali (quadro RL). Il reddito complessivo di Mario per il 2022 diventa così €65.000 anziché 50.000.
- Ricalcola le imposte dovute per il 2022: su quei €15.000 aggiuntivi, trattandosi di reddito imponibile IRPEF, Mario paga (come scaglione marginale) ad esempio il 35% di IRPEF = €5.250, più il 26% circa di aliquote locali (ipotizziamo €1500 tra regionale e comunale). Totale maggiore imposta dovuta ~€6.750.
- Calcola gli interessi legali dal 30/6/2023 (scadenza saldo IRPEF 2022) ad oggi (diciamo 31/10/2024): a tassi legali del 5% circa, su €6.750 per 16 mesi, ~€450 di interessi.
- Calcola la sanzione ridotta: l’omissione configurava “dichiarazione infedele”. Sanzione ordinaria 90% di €6.750 = €6.075. Ridotta a 1/6 = €1.012,50. (Arrotondiamo a €1.013).
- Compila l’F24 con i codici tributo:
- 4001 (IRPEF saldo) anno 2022: €5.250
- 3844 (Addizionale comunale) anno 2022: supponiamo €500
- 3813 (Addizionale regionale) anno 2022: €1.000
- 1989 (Interessi da ravvedimento IRPEF) anno 2022: €450
- 8901 (Sanzioni da ravvedimento IRPEF) anno 2022: €1.013 (copre anche le sanzioni sulle addizionali, tipicamente si sommano sotto 8901).
- Mario firma e invia telematicamente la dichiarazione integrativa tramite il suo intermediario, e contestualmente paga l’F24 di importo totale ~€8.213 (5.250+1.500+450+1.013).
- Tramite il servizio CIVIS, il commercialista invia un breve messaggio all’Agenzia allegando la ricevuta di presentazione dell’integrativa e dell’F24, segnalando che “il contribuente ha regolarizzato integralmente quanto segnalato con Vs comunicazione prot…/2024”.
- L’Agenzia, dopo qualche settimana, risponde via CIVIS con “Pratica chiusa”.
Esito: Mario ha speso €8.213 in totale. Se avesse ignorato la lettera, presumibilmente nel 2025 l’Agenzia gli avrebbe notificato un avviso di accertamento per quei €15.000 con imposta €6.750, sanzione 90% = €6.075, interessi (più lunghi) ~€600 e magari spese: totale oltre €13.400, da pagare in tempi rapidi o da impugnare. Così ha risparmiato circa €5.200 di sanzioni e ottenuto la chiusura bonaria del caso. Dal suo punto di vista di “debitore fiscale”, ha potuto onorare il debito tributario con un aggravio limitato (15% invece di 90%). Ora per quell’anno 2022 non rischia nulla su quel fronte. Il commercialista gli raccomanda più attenzione per il futuro nel comunicare tutti i redditi. L’Agenzia archivia la posizione di Mario come contribuente collaborativo che ha aderito alla compliance.
Esempio 2: Anomalia IVA – fatture emesse superiori al dichiarato
Scenario: La ditta individuale XYZ di Lucia opera nel commercio al dettaglio ed è soggetta a fatturazione elettronica e invio corrispettivi telematici. Per l’anno d’imposta 2024, Lucia presenta a febbraio 2025 la dichiarazione IVA 2025 dichiarando un volume d’affari (operazioni attive imponibili) di €80.000. A luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate invia a Lucia (via PEC) una lettera di compliance per “Controllo incrociato fatture elettroniche – Anno imposta 2024” dove risulta che le fatture elettroniche emesse da Lucia (e transitate attraverso lo SDI) ammontano invece a €100.000, con una differenza di €20.000 rispetto a quanto dichiarato come operazioni attive. La lettera elenca i progressivi delle fatture interessate e segnala un presumibile IVA evasa di circa €4.400 (ipotizzando aliquota media 22%). Questa è una delle anomalie individuate dal provvedimento del 3/7/2025 citato prima: fatturato dichiarato anormalmente più basso del transato.
Lucia verifica la sua contabilità 2024 e scopre l’errore: effettivamente, a causa di un problema col software, il registro IVA vendite su cui si è basata per la dichiarazione aveva escluso alcune fatture di dicembre 2024 (per totali €20.000) perché erano state emesse a cavallo di Capodanno e inserite erroneamente nell’anno successivo. In sostanza, Lucia ha dichiarato meno IVA di quella dovuta per €20.000 di operazioni imponibili.
Soluzione: Lucia decide di rimediare immediatamente, essendo ancora in tempo per un ravvedimento molto conveniente (siamo solo 5 mesi dopo la dichiarazione). Con l’aiuto di un consulente fiscale, procede così:
- Presenta (entro fine luglio 2025) una dichiarazione IVA integrativa per il 2024, includendo i €20.000 di operazioni attive mancanti. Ora il suo volume d’affari 2024 risulterà €100.000, allineato alle fatture realmente emesse.
- Calcola la maggior IVA dovuta su €20.000: supponiamo che tutte fossero al 22%, allora IVA = €4.400.
- Calcola gli interessi legali dal 16/03/2025 (termine per il saldo annuale IVA 2024) a oggi (fine luglio 2025): ~4 mesi, tasso 5% annuo, su €4.400 = circa €73 di interessi.
- Calcola la sanzione da ravvedimento: essendo ravvedimento entro pochi mesi, la sanzione per omesso versamento IVA (30% ordinario) si riduce a 1/8 del 30% (poiché entro un anno) oppure, siccome siamo su controllo incrociato, l’Agenzia aveva prospettato sanzione infedele 90% ridotta a 1/6 = 15% su quell’imposta. In ogni caso, essendo molto tempestivo, la sanzione sarà minima. Per uniformità consideriamo la fattispecie infedele dichiarazione: 90% di 4.400 = 3.960; 1/6 = €660. (Se fosse considerato omesso versamento, 30% di 4.400 = 1.320; 1/8 = 165. In realtà l’errore sta in dichiarazione, quindi scenario infedele).
- Compila l’F24:
- codice tributo 6099 (IVA dovuta annuale) anno 2024: €4.400
- codice 1991 (interessi da ravvedimento IVA): €73
- codice 8904 (sanzione IVA da dichiarazione infedele) anno 2024: €660
- Paga l’F24 immediatamente, per evitare ritardi.
- Tramite il canale Fatture e Corrispettivi (che la lettera indica) oppure via mail alla Direzione Regionale (spesso per questi controlli IVA c’è un indirizzo dedicato), Lucia trasmette una breve nota in cui dichiara: “In riferimento alla Vs comunicazione del 14/7/2025, si comunica di aver regolarizzato l’anomalia segnalata presentando in data 28/7/2025 dichiarazione IVA integrativa 2025 (anno 2024) e versando €4.400 di imposta, €73 di interessi e €660 di sanzioni come da modello F24 che si allega. Si prega di prendere atto della regolarizzazione.”.
- L’Agenzia, attraverso il sistema, verificherà l’arrivo dell’integrativa e del pagamento. Lucia non riceve ulteriori comunicazioni (forse un generico ringraziamento automatizzato via PEC per aver utilizzato il servizio).
Esito: Lucia ha pagato €5.133 in tutto. Se non avesse fatto nulla, successivamente avrebbe rischiato:
- Un avviso di accertamento per IVA evasa €4.400 con sanzione 90% = €3.960, più interessi a fine 2025 per altri ~€200, totale richiesto ~€8.560, oltre alla perdita del beneficio di definizione ridotta (in adesione sarebbe 2/3 di sanzioni) e eventuali problemi di punteggio affidabilità.
- Inoltre, l’omissione prolungata di €4.400 IVA volendo pignoli configura reato di omesso versamento IVA se superasse 250k (non è questo il caso, per fortuna era piccola).
Grazie alla compliance e al ravvedimento tempestivo, ha invece risparmiato parecchio (circa €3.400 di sanzioni/interessi) e, soprattutto, ha sanato entro luglio, evitando magari anche ravvicinate ispezioni dell’ufficio (che spesso quando vedono scostamenti IVA preparano accessi brevi). Ora la posizione IVA 2024 di Lucia è regolare e coerente con le fatture elettroniche.
Didatticamente, questo esempio mostra l’importanza di intervenire subito su queste anomalie incrociate: erano passati solo pochi mesi dalla dichiarazione e Lucia ha colto al volo il segnale senza aspettare. Così facendo ha pagato solo il 15% di sanzione, come previsto, e interessi quasi nulli.
Esempio 3: Lettera “Concordato Preventivo” – contribuente in difficoltà
Scenario: Giovanni è un artigiano (idraulico) in contabilità semplificata. Per il 2023 ha dichiarato un reddito di €10.000, pagando pochissime imposte, perché ha avuto un anno molto scarso (o almeno così risulta dai dati dichiarati). Nel luglio 2024 però riceve una lettera dall’Agenzia (posta ordinaria, perché niente PEC) che lo informa che il suo reddito 2023 è significativamente inferiore al “minimo” del suo settore secondo gli ISA, e lo invita a valutare l’adesione al Concordato Preventivo Biennale 2024-25, i cui termini sono stati prorogati a dicembre 2024. La lettera di fatto suggerisce che Giovanni nel 2023 “ha dichiarato troppo poco” e gli prospetta due opzioni: presentare eventualmente dichiarazione integrativa 2024 per alzare il reddito 2023, e/o aderire al CPB dichiarando almeno un certo importo forfettario nel 2024-25. Giovanni legge questa lettera e si sente confuso: in realtà il 2023 per lui è andato male davvero, e non pensa di aver nascosto nulla; semplicemente ha lavorato poco per motivi personali. D’altro canto, teme che se non aderisce, l’Agenzia lo prenderà di mira. È anche spaventato dalla prospettiva di dover comunque pagare più tasse.
Possibile soluzione: Innanzitutto, Giovanni verifica se per caso nel 2023 ha omesso qualcosa (potrebbe essergli sfuggita qualche fattura in dichiarazione? qualche ricavo non contabilizzato?). Dopo attenta verifica, risulta che la sua contabilità era corretta: ha davvero fatturato solo €10.000 nel 2023. Non c’è, dunque, un errore specifico da correggere (nessuna imposta evasa de facto). La lettera è su base statistica, non c’è un importo dovuto immediatamente. Giovanni allora:
- Decide di non presentare alcuna integrativa sul 2023, perché non ci sono ricavi in più da dichiarare (inventarseli sarebbe folle, pagherebbe tasse non dovute).
- Riguardo all’adesione al CPB 2024-25: Giovanni si informa (magari col suo consulente) su cosa comporterebbe. Scopre che dovrebbe impegnarsi a dichiarare per il 2024 e 2025 un reddito almeno pari a quello “minimo” del suo settore (supponiamo €18.000/anno secondo i parametri ISA). Se aderisse, dovrebbe quindi dichiarare e versare imposte su €18.000 anche se nel 2024 guadagnasse meno, e lo scudo lo proteggerebbe da controlli su 24-25. Giovanni riflette: le prospettive 2024 non sono rosee, forzarsi a dichiarare 18k potrebbe essere per lui uno sforzo inutile. Inoltre l’adesione è volontaria.
- Giovanni opta per non aderire al CPB. La lettera stessa non impone di dare un riscontro se non aderisce. Quindi Giovanni semplicemente non compila il modulo di adesione entro il 12/12/2024.
- Come cautela, per “chiudere” bonariamente il discorso, Giovanni scrive comunque (facoltativo) una breve PEC all’ufficio locale: “In merito alla Vs comunicazione prot… su possibili anomalie reddito 2023: segnalo di aver regolarmente dichiarato quanto percepito. Il calo di reddito è dovuto a cause eccezionali (malattia per diversi mesi). Non emergono ricavi non dichiarati. Pertanto non sussistono violazioni da regolarizzare. Quanto al CPB, valuterò eventualmente in futuro ma allo stato non aderisco.”. Questa non è obbligatoria, ma Giovanni la invia per far presente di non essere un evasore, allegando se vuole prove della malattia o crisi (es. riduzione clienti).
- L’Agenzia probabilmente non risponde formalmente, ma registra che Giovanni non ha aderito. A fine 2024, il CPB si chiude senza la sua adesione.
Esito: Nel 2025, cosa succede a Giovanni? Potrebbero verificarsi due situazioni:
- Se Giovanni nel 2024 torna a fatturare più normalmente (diciamo 15k o 20k), l’Agenzia potrebbe anche lasciar perdere ulteriori azioni sul 2023, considerandolo un anno sfortunato. Soprattutto se Giovanni rientra nei parametri negli anni seguenti.
- Se invece Giovanni continua a dichiarare redditi bassissimi, l’Agenzia potrebbe pensare che davvero c’è evasione e avviare un controllo tradizionale. In tal caso, Giovanni dovrà affrontarlo mostrando le sue pezze giustificative (es. conti economici, spese, etc.). Non avendo nulla da nascondere, reggerà il controllo (che in mancanza di ricavi nascosti, non troverà granché, se non l’inattendibilità magari, ma senza movimenti bancari anomali l’accertamento induttivo puro sarebbe arduo).
In ogni caso, Giovanni non ha peggiorato la sua posizione non aderendo: non ha subito sanzioni immediate, e conserva il diritto di difendersi se lo accerteranno. Certo, ha perso l’occasione di avere lo scudo biennale, ma riteneva di non averne bisogno. Dal suo punto di vista, è stato corretto non pagare tasse non dovute.
Questo scenario illustra che le lettere di compliance come quelle sul CPB non sempre richiedono un’azione finanziaria: a volte la scelta migliore è non fare nulla e mantenere la propria posizione, se si è in buona fede e in regola. Importante però monitorare: Giovanni dovrà essere pronto, nel caso, a giustificare la sua posizione di fronte ad un eventuale accertamento. Ha già iniziato a costruire la sua difesa con la PEC inviata (documentando la malattia, ad esempio). La Lega (partito politico) e i sindacati hanno criticato la lettera definendola “vessatoria”, ma Giovanni sapeva di poter esercitare la volontarietà e così ha fatto.
Esempio 4: Lettera per Aiuti di Stato non registrati
Scenario: L’azienda Alfa SRL nel modello Redditi 2021 (anno imposta 2020) aveva indicato di aver fruito di un credito d’imposta COVID (es. contributo fondo perduto emergenza) per €50.000 e lo ha iscritto nel prospetto Aiuti di Stato. Tuttavia, per un errore formale nel compilare i codici (codice Ateco errato, dimensione impresa non precisata), la piattaforma RNA non è riuscita a iscrivere quell’aiuto come regolare. Nel maggio 2024, la società Alfa riceve via PEC una comunicazione di compliance dall’Agenzia con oggetto “Promozione adempimento spontaneo – Aiuti di Stato non registrati”, in cui si informa che l’aiuto di €50.000 dichiarato per il 2020 non è stato iscritto nei registri per mancanza di coerenza coi requisiti. La lettera chiede di regolarizzare presentando una dichiarazione integrativa con i dati corretti. In alternativa, se l’aiuto non spettava proprio (non è errore formale ma sostanziale), allora di restituire integralmente i €50.000 + interessi. Fortunatamente, Alfa SRL sa di aver avuto diritto all’aiuto; fu solo un errore di compilazione (ad esempio, hanno messo codice settore sbagliato).
Soluzione: Alfa SRL, tramite il suo consulente fiscale:
- Prepara una dichiarazione integrativa Redditi 2021 (anno 2020) in cui compila correttamente il prospetto Aiuti di Stato: inserisce il giusto codice Ateco, il giusto codice Regione, dimensione impresa, etc., riguardo a quell’aiuto Covid.
- In questa integrativa non emergono imposte da pagare (si corregge solo un dato di monitoraggio). Quindi non c’è F24 con imposte o sanzioni, trattandosi di un errore formale. Non c’è sanzione per aver sbagliato il prospetto, di per sé.
- Invia telematicamente l’integrativa.
- Risponde via PEC all’Agenzia (o tramite l’area riservata RNA se indicato un contatto), segnalando: “Abbiamo presentato dichiarazione integrativa in data X rettificando i dati dell’aiuto di Stato come richiesto. L’aiuto era spettante, trattasi di correzione formale. Si chiede l’iscrizione dell’aiuto nei registri.”.
- Dopo qualche mese, l’aiuto appare correttamente registrato su RNA nel 2025 (la lettera infatti indicava che a seguito di regolarizzazione, l’iscrizione avverrà nell’esercizio finanziario successivo a quello di presentazione dell’integrativa, dunque nel 2025).
- Nessuna sanzione viene irrogata, perché la compliance era proprio finalizzata a far evitare sanzioni (in teoria, se non avesse corretto, avrebbe rischiato la sanzione di omessa comunicazione di aiuto, ma qui tramite compliance ha risolto).
Esito: Alfa SRL mantiene il suo contributo di €50.000 senza doverlo restituire né subire penalità, avendo tempestivamente corretto l’errore formale. Questa simulazione mostra un caso in cui la compliance serve da “reminder” per adempimenti dichiarativi più che per pagamenti. Di certo, se Alfa avesse ignorato, il rischio era che il contributo venisse considerato indebito e magari chiesto indietro come da normativa sugli aiuti illegittimi (con interessi). Invece così ha evitato un contenzioso con la Corte dei Conti o con la Commissione Europea in ipotesi estrema.
Esempio 5: Comunicazione di anomalia già risolta da ravvedimento
Scenario: Beatrice nel 2022 si accorge di aver dimenticato di dichiarare nel 2021 dei redditi esteri (conto corrente con piccoli interessi). Senza aspettare nulla, a settembre 2022 presenta un ravvedimento operoso: dichiarazione integrativa 2021, paga €500 di imposte e sanzioni ridotte. Tutto a posto. Tuttavia, per lentezze amministrative, a marzo 2023 l’Agenzia delle Entrate le invia una lettera di compliance segnalando la stessa omissione di redditi esteri 2021 (che appare dall’incrocio con dati CRS) e invitandola a regolarizzare. Beatrice riceve la lettera, un po’ sorpresa.
Soluzione: Beatrice:
- Verifica che la comunicazione si riferisce proprio a ciò che lei ha già fatto. Sì, coincide.
- Invia tramite PEC una risposta all’ufficio: “In riferimento alla Vs comunicazione prot… relativa a redditi esteri 2021 non dichiarati, segnalo che ho già provveduto a regolarizzare spontaneamente la posizione in data 15/09/2022, presentando dichiarazione integrativa e versando €… (copia F24 e ricevuta Entratel allegate). Pertanto la segnalazione risulta superata.”.
- L’ufficio risponde dopo un mese con lettera semplice di archiviazione: “Gentile contribuente, la ringraziamo per la comunicazione. Confermiamo che la S.V. ha già regolarizzato l’anomalia segnalata, pertanto non sono dovuti ulteriori adempimenti. Ci scusiamo per il sovrapporsi della comunicazione rispetto al ravvedimento già effettuato.” (questo è l’esito auspicabile; se anche non avessero risposto, Beatrice avendo le prove, si sarebbe comunque tutelata).
- Nessuna ulteriore azione è necessaria.
Esito: Beatrice non ha dovuto pagare nulla di più, ha semplicemente chiarito. Il suo caso evidenzia l’importanza di comunicare all’Agenzia se si è già ravveduto per evitare confusione. E dimostra che le compliance sono uno strumento flessibile: l’ufficio, constatando che l’obiettivo (regolarizzazione) è già stato raggiunto, si ferma lì.
Questi esempi coprono varie situazioni: dal ravvedimento “classico” su imposte dovute (Esempi 1 e 2), al caso di resistenza motivata (Esempio 3), a casi di errori formali e procedure innovative (Esempio 4), fino alla sovrapposizione di adempimenti (Esempio 5). In tutti, abbiamo adottato il punto di vista del contribuente/debitore fiscale, valutando convenienza e passi da compiere. La morale comune è che, nella stragrande maggioranza dei casi, conviene affrontare proattivamente le comunicazioni di compliance, sfruttandole come chance per ridurre sanzioni e rischi, oppure come opportunità per spiegare la propria situazione e prevenire contestazioni ingiuste. La fiscalità moderna tende sempre più a questo modello cooperativo: i contribuenti sono chiamati a collaborare in cambio di un fisco meno aggressivo. Perciò, essere informati su come funzionano questi strumenti di compliance e saperli gestire appropriatamente è ormai parte integrante del bagaglio di chiunque – privato cittadino, imprenditore o professionista – voglia navigare in sicurezza nel sistema tributario italiano.
Conclusioni
Le comunicazioni di compliance dell’Agenzia delle Entrate rappresentano uno degli strumenti cardine del “nuovo Fisco” improntato alla collaborazione preventiva e alla compliance spontanea. Dal punto di vista del contribuente (specie se si trova, anche involontariamente, nella posizione di debitore verso l’Erario), queste lettere vanno viste non come minacce immediate, ma come occasioni per rimediare a potenziali errori con il minimo aggravio e senza contenzioso. Abbiamo analizzato in dettaglio dove reperire tali comunicazioni (PEC, Cassetto fiscale), come interpretarle (contenuto tipico, allegati), e soprattutto come reagire: dal ravvedimento operoso con pagamento di imposte e sanzioni ridotte, alla predisposizione di chiarimenti e documenti difensivi per contestare eventuali addebiti infondati.
Si è visto che il sistema è in continua evoluzione: nuove campagne di compliance (IVA 2024, Aiuti di Stato, concordato biennale) sono state attuate nel 2024-2025 per ampliare il perimetro del dialogo e aumentare la tempestività dei controlli. Da un lato, ciò significa che il contribuente ha più opportunità di essere “avvisato” e di mettersi in regola prima dell’accertamento; dall’altro, richiede maggiore attenzione e reattività da parte sua, nonché una conoscenza aggiornata degli istituti (ad esempio capire cos’è il concordato preventivo biennale e che una lettera su di esso non è un obbligo ma un invito).
Dal profilo giuridico, abbiamo sottolineato che tali comunicazioni non sono atti impugnabili e non costituiscono di per sé provvedimenti sanzionatori, ma è nel prosieguo (eventuale accertamento) che si concretizza la pretesa fiscale. Questo sposta la “partita” su un terreno pre-contenzioso, dove contano le prove e i dialoghi informali tanto quanto (se non di più) le eccezioni formali in giudizio. Un contribuente ben preparato utilizzerà dunque la fase di compliance per raccogliere documenti, presentare memorie e magari ottenere l’archiviazione del caso, oppure – se l’accertamento dovesse comunque arrivare – per aver già gettato le basi difensive (costringendo l’Ufficio a confrontarsi con esse, pena vizi dell’atto).
In conclusione, dal punto di vista pratico-operativo:
- Se ricevi una lettera di compliance: analizzala a fondo. Non ignorarla pensando a una truffa (verifica in cassetto fiscale) e non andare nel panico confondendola con una cartella esattoriale. È il Fisco che ti dice: “controlla questa cosa, puoi ancora aggiustarla o spiegarmela”.
- Valuta onestamente la tua posizione. Se c’è davvero un errore/omissione, ravvediti senza indugio: i vantaggi in termini di riduzione sanzioni sono tangibili. Se ritieni di essere nel giusto, raccogli le tue ragioni e comunicale in modo appropriato.
- Fatti assistere da professionisti se necessario, perché molti adempimenti (dichiarazione integrativa, calcolo interessi, ecc.) possono essere ostici e le scelte difensive vanno calibrate bene. Un errore in questa fase può costare caro dopo.
- Ricorda che, salvo casi particolari, l’Agenzia non vuole “punirti” ma incassare il dovuto e prevenire irregolarità future: se collabori, normalmente la vicenda si chiuderà senza strascichi. La compliance è vantaggiosa anche per il Fisco (recupera gettito più in fretta e con meno spese) e quindi c’è un interesse reciproco a risolvere bonariamente.
- Tieni traccia di tutto: protocolla documenti, conserva PEC, F24, ricevute. Nel malaugurato caso di contenzioso, poter esibire la tua risposta alla compliance e la tua buona fede può influire positivamente (ad esempio per le spese di giudizio o per dimostrare l’assenza di dolo grave).
La giurisprudenza più recente, pur non riguardando direttamente la impugnabilità delle lettere (pacificamente esclusa), conferma il principio che il contraddittorio preventivo è essenziale e che la sua omissione – quando dovuta – può annullare un accertamento, a meno che il contribuente non riesca a indicare quali elementi avrebbe fatto emergere. Ebbene, la compliance è una forma informale di contraddittorio: sfruttarla significa anche mettere agli atti (magari via PEC o CIVIS) gli elementi a tuo favore. Se poi il Fisco facesse orecchie da mercante e procedesse comunque, tu avrai già sollevato quelle circostanze e potrai dire al giudice: “le avevo evidenziate e l’ufficio le ha ignorate”, il che rafforza la tua posizione processuale.
Alla luce di tutto ciò, lo strumento delle comunicazioni di compliance, sebbene nato solo da pochi anni, si è ritagliato un ruolo da protagonista nell’ambito dei controlli fiscali italiani. Per il contribuente informato, rappresenta un alleato per ridurre al minimo le conseguenze di eventuali inadempimenti: meglio una lettera bonaria oggi che una cartella esattoriale domani. Dal lato opposto, per chi pensasse di poter ignorare l’invito senza conseguenze, va ribadito che ciò difficilmente farà venir meno la pretesa: semplicemente la trasformerà in un atto più oneroso e vincolante.
In definitiva, il punto di vista del debitore ragionevole sarà: accogliere il dialogo preventivo, fare un check-up delle proprie dichiarazioni alla luce dei dati segnalati dal Fisco, e agire di conseguenza, bilanciando i costi immediati (pagare una sanzione ridotta) con i rischi futuri (pagare molto di più o finire in lite). Questa guida, aggiornata a luglio 2025, ha cercato di fornire gli strumenti conoscitivi per compiere tali scelte in modo consapevole, con riferimenti puntuali alle fonti normative e di prassi più recenti (provvedimenti AdE, circolari e sentenze). Conoscere e capire la compliance fiscale significa, in ultima analisi, saper gestire meglio il proprio rapporto col Fisco, evitando sia inutili perdite economiche che evitabili conflitti legali. E, auspicabilmente, portando il sistema verso un rapporto di maggiore fiducia reciproca – obiettivo finale dichiarato di questa “stagione di dialogo” inaugurata dall’Agenzia.
Fonti utilizzate:
- Agenzia delle Entrate – Portale istituzionale, Sezione Schede “Compliance”, contenuti sulle comunicazioni per promuovere l’adempimento spontaneo (consultati via archivio).
- Agenzia delle Entrate – Provvedimento Prot. n. 221010 del 7/5/2024, Istruzioni per l’adempimento spontaneo in caso di aiuti di Stato non registrati.
- Agenzia delle Entrate – Provvedimento Prot. n. 280268 del 3/7/2025, Procedure operative per comunicazioni di compliance su IVA 2024.
- Agenzia delle Entrate – FAQ pubblicate fine 2024 su concordato biennale, riassunte da Edotto (Moscioni, 21/7/2025).
- Euroconference News – Approfondimenti e circolari, in particolare su ravvedimento operoso e impugnabilità atti, 2023 (materiale citato per regime ravvedimento, es. sanzione 1/6).
- Documentazione giurisprudenziale: Cass. sez. trib. su contraddittorio (richiamo sommario); statuto contribuente art.6 co.5 (menzionato).
Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate e non sai dove trovarla online o come regolarizzare la tua posizione? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate e non sai dove trovarla online o come regolarizzare la tua posizione?
Le comunicazioni di compliance vengono inviate per segnalare anomalie nei redditi dichiarati, omissioni, dati incoerenti o errori formali. Non si tratta ancora di un accertamento fiscale, ma è importante intervenire subito per evitare sanzioni.
📍 Dove trovo la lettera di compliance?
Puoi consultare la lettera accedendo all’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, tramite:
- SPID, CIE o Carta Nazionale dei Servizi (CNS)
- Sezione: “La mia scrivania” > Comunicazioni”
- Oppure: “Cassetto fiscale” > Comunicazioni di compliance”
Lì troverai il dettaglio delle anomalie segnalate, con i dati fiscali messi a confronto.
💳 Come posso pagare?
Se intendi regolarizzare, puoi farlo in autonomia oppure con l’aiuto del tuo consulente o avvocato di fiducia:
- Accedi alla sezione “Fatture e Corrispettivi” oppure “Versamenti” dal sito dell’Agenzia
- Puoi utilizzare il modello F24 precompilato allegato alla comunicazione
- In alternativa, puoi generare un F24 personalizzato, indicando il codice tributo corretto
- È possibile pagare in unica soluzione o tramite rateizzazione, se previsto
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
- 📂 Verifica la legittimità della comunicazione e l’effettiva esistenza delle irregolarità
- 📌 Ti consiglia se è il caso di pagare, rispondere, oppure contestare la segnalazione
- ✍️ Redige una risposta tecnica per evitare che la compliance si trasformi in accertamento
- ⚖️ Ti assiste in caso di successivo avviso di accertamento o richiesta di pagamento
- 🔁 Ti supporta anche in eventuali ravvedimenti operosi, definizioni agevolate o rateizzazioni
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e difesa da controlli automatizzati
- ✔️ Specializzato nella gestione di lettere di compliance e anomalie fiscali
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Una lettera di compliance non è un’accusa, ma un’opportunità per regolarizzare senza sanzioni gravi. Ma va affrontata con attenzione, per evitare errori o conseguenze peggiori.
📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa fiscale comincia da qui.