Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate per redditi troppo bassi rispetto al tuo tenore di vita?
Ti segnalano che le spese sostenute risultano sproporzionate rispetto a quanto hai dichiarato al Fisco? In questi casi è fondamentale capire su quali dati si basa la comunicazione, cosa ti viene chiesto di chiarire e come rispondere in modo corretto per evitare l’avvio di un accertamento sintetico o redditometrico.
Quando arriva una lettera di compliance per redditi bassi?
– Quando il reddito dichiarato è incongruente con le spese sostenute, come mutui, auto, viaggi, polizze o investimenti
– Quando emergono anomalie dai dati incrociati in possesso dell’Agenzia delle Entrate (spese sanitarie, istruzione, carte di credito)
– Quando sei titolare di patrimoni o beni di valore che non trovano copertura nei redditi dichiarati
– Quando risultano movimentazioni bancarie superiori ai redditi ufficiali
– Quando è stato attivato il redditometro o è in corso un’analisi del rischio fiscale
Cosa contiene la lettera di compliance?
– Il riepilogo dei redditi dichiarati e delle spese considerate anomale
– L’indicazione dell’anno d’imposta interessato e della differenza da giustificare
– L’invito a fornire chiarimenti, documentazione o una dichiarazione integrativa
– La possibilità di regolarizzare con ravvedimento operoso, se ci sono errori reali
– L’avvertimento che, in assenza di risposta, potrà essere avviato un accertamento sintetico
Come rispondere a una lettera di compliance per redditi bassi?
– Verifica se le spese contestate sono effettivamente sostenute da te, o da altri familiari
– Dimostra l’esistenza di fonti di reddito esenti o non imponibili (es. donazioni, eredità, risparmi pregressi)
– Se i redditi sono stati dichiarati in modo errato, valuta una dichiarazione integrativa con ravvedimento
– Prepara una risposta chiara e documentata, allegando prove come estratti conto, contratti, bonifici, ricevute
– Se le spese sono state sostenute da altri soggetti, dimostra il loro coinvolgimento economico
– Se ritieni la contestazione infondata, puoi chiedere l’archiviazione e spiegare le tue ragioni in modo formale
Cosa puoi ottenere con una risposta ben impostata?
– L’archiviazione della segnalazione, se giustifichi in modo chiaro le presunte incongruenze
– La possibilità di regolarizzare con sanzioni ridotte, se ammetti spontaneamente un errore
– La prevenzione di un accertamento sintetico o redditometrico, che può portare a pesanti conseguenze
– La tutela della tua reputazione fiscale e patrimoniale, evitando l’apertura di contenziosi
– La chiusura della situazione con il minimo impatto economico
Attenzione: le lettere di compliance per redditi bassi non sono accertamenti, ma se ignorate possono trasformarsi in controlli formali, con ricostruzioni presuntive del reddito e sanzioni importanti. Rispondere con competenza e nei tempi giusti è essenziale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa da accertamenti sintetici, compliance fiscale e contenzioso tributario ti spiega come rispondere a una segnalazione per redditi bassi, cosa documentare, quando correggere e come proteggerti in modo efficace.
Hai ricevuto una lettera di compliance per reddito non coerente con le spese sostenute?
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Introduzione
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato l’invio di lettere di compliance ai contribuenti, ossia comunicazioni “amichevoli” con cui segnala possibili anomalie nelle dichiarazioni fiscali, invitando a verificare e regolarizzare la propria posizione senza attendere un formale accertamento. A luglio 2025 sono particolarmente sotto esame i casi di redditi dichiarati molto bassi rispetto a determinati parametri di riferimento. In particolare, a fine 2024 sono state recapitate circa 700.000 lettere di compliance rivolte a titolari di partite IVA (imprese individuali e lavoratori autonomi) i cui redditi 2023 risultano anomalamente bassi. L’anomalia tipica segnalata in queste comunicazioni è un reddito d’impresa o di lavoro autonomo inferiore a quello medio dei propri dipendenti nello stesso settore economico, circostanza ritenuta irragionevole in assenza di giustificazioni oggettive.
Questa guida – aggiornata a luglio 2025 con riferimenti normativi, prassi e giurisprudenza recentissimi – fornisce un’analisi approfondita dal punto di vista del contribuente (debitore) su come affrontare una lettera di compliance per “redditi bassi”. Si adotterà un linguaggio giuridico ma divulgativo, adatto sia a professionisti (avvocati, commercialisti) sia a contribuenti privati o imprenditori interessati a comprendere i propri diritti e obblighi. Troverete:
- Spiegazioni dettagliate su cos’è una lettera di compliance, perché viene inviata e come differisce da un avviso di accertamento.
- Strategie e rimedi pratici per rispondere: dal fornire chiarimenti all’Agenzia, al ravvedimento operoso, fino agli strumenti deflativi o difensivi in caso di successivo accertamento (istanza di autotutela, definizioni agevolate, rateizzazione, ricorso tributario, ecc.).
- Riferimenti normativi aggiornati e pronunce giurisprudenziali recenti (Corte di Cassazione, Commissioni Tributarie) che aiutano a inquadrare la legittimità e i limiti di tali iniziative del Fisco.
- Tabelle riepilogative (ad esempio sulle sanzioni ridotte del ravvedimento, sulle opzioni di definizione) e “FAQ – Domande e Risposte” con i quesiti più frequenti.
- Esempi pratici e fac-simili: dalla bozza di risposta da inviare all’Agenzia con le proprie giustificazioni, a uno schema di ricorso tributario, per poter simulare in concreto le possibili soluzioni.
Nota bene: Ricevere una lettera di compliance non equivale ad un’accusa formale di evasione né ad un atto impositivo. Si tratta di un invito al dialogo e alla compliance spontanea, in linea con un approccio preventivo inaugurato dall’Amministrazione finanziaria già da alcuni anni. Come vedremo, tuttavia, ignorare del tutto questo invito può comportare rischi futuri (ad esempio un accertamento vero e proprio). Pertanto, è importante capire come rispondere in modo appropriato, evitando sia allarmismi ingiustificati sia sottovalutazioni pericolose.
Cos’è una lettera di compliance e perché viene inviata
Una lettera di compliance è una comunicazione inviata dall’Agenzia delle Entrate al contribuente per segnalare una possibile anomalia o discrepanza nei dati dichiarati, incoraggiando a effettuare verifiche e, se necessario, a regolarizzare spontaneamente la propria posizione. Queste lettere rientrano tra le iniziative di promozione dell’adempimento spontaneo (o tax compliance), introdotte nell’ordinamento italiano dalla Legge n. 190/2014, commi 634-636 (Legge di Stabilità 2015), con l’obiettivo di aumentare la cooperazione tra Fisco e contribuente prima di ricorrere a metodi accertativi più gravosi.
Caratteristiche principali di una lettera di compliance:
- Non è un atto impositivo o sanzionatorio. Come chiarito dalla stessa Agenzia, la lettera non costituisce un avviso di accertamento né un provvedimento amministrativo formale. Non determina immediatamente né tasse da pagare né sanzioni, e non è impugnabile davanti al giudice tributario (in quanto non è un atto impositivo definitivo).
- Contiene l’indicazione dell’anomalia riscontrata nei dati fiscali dichiarati. Ad esempio, nelle lettere rivolte a persone fisiche viene esplicitato quali redditi, risultanti dalle banche dati dell’Agenzia, non risultano dichiarati o appaiono incongrui, con una tabella di dettaglio delle categorie interessate (es. redditi da locazione, redditi di lavoro, etc.). Nelle lettere a imprese e autonomi viene riportato l’indicatore anomalo (ad esempio il reddito troppo basso rispetto a un parametro) e, talvolta, l’ammontare di reddito potenzialmente contestabile in caso di controllo formale, insieme alla fonte dei dati utilizzati per il confronto.
- Indica come dialogare con l’Agenzia e regolarizzare. Alla lettera sono allegate o richiamate istruzioni pratiche: le modalità di accesso al proprio Cassetto fiscale, l’utilizzo del servizio di assistenza online CIVIS, la procedura per presentare un’eventuale dichiarazione integrativa di correzione. Spesso la lettera contiene un “Codice atto” o identificativo della comunicazione, da citare nei pagamenti o nelle comunicazioni di risposta.
- Forma e recapito: Di solito la comunicazione è intestata dall’Agenzia delle Entrate – spesso da una Direzione Centrale o Regionale – e viene inviata via PEC (se il contribuente ha una casella di Posta Elettronica Certificata) oppure per posta ordinaria in busta semplice.
In sostanza, la lettera di compliance segnala al contribuente un’anomalia e lo invita a verificarla. Come recita testualmente uno degli esempi di lettere inviati nel 2024:
Esempio estratto di lettera di compliance inviata a fine 2024 per reddito 2023 anomalo (Agenzia delle Entrate, Dir. Centr. Piccole e Medie Imprese). La lettera informa che il reddito d’impresa dichiarato per il 2023 è inferiore a quello dei dipendenti del settore, “aspetto che, in assenza di giustificazioni oggettive, può essere considerato anomalo”. Invita quindi il contribuente a rendere il reddito coerente col valore minimo di settore, suggerendo due opzioni: presentare una dichiarazione integrativa per il 2023, oppure aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB) per gli anni d’imposta 2024-2025 (con contestuale possibilità di ravvedimento speciale per gli anni 2018-2022).
Come si vede, il tono della lettera è formale ma non accusatorio: parla di “possibile anomalia” e lascia intendere che potrebbero esservi “giustificazioni oggettive” al reddito dichiarato. Non minaccia sanzioni immediate, ma suggerisce soluzioni per allinearsi ai parametri attesi.
Perché l’Agenzia invia queste lettere? Lo scopo dichiarato è favorire la compliance volontaria prima di procedere con accertamenti veri e propri. In passato, il Fisco avrebbe direttamente emesso avvisi di accertamento basati su studi di settore o redditometro senza preavviso; oggi invece preferisce avvisare il contribuente e dargli la chance di spiegare o correggere eventuali errori. Questo approccio è ritenuto meno gravoso e più trasparente nei rapporti con i cittadini.
Nel caso specifico dei redditi 2023 “troppo bassi”, la campagna di lettere di fine 2024 è motivata dall’introduzione di un nuovo indicatore di anomalia collegato al Concordato Preventivo Biennale (CPB), un regime opzionale varato nel 2024 (D.Lgs. 12/02/2024 n. 13) per le piccole Partite IVA. Questo indicatore confronta il reddito d’impresa dichiarato con la spesa media per dipendente nel settore di appartenenza: se il reddito del titolare è inferiore a tale soglia minima settoriale (detta “valore minimo di settore”), la posizione viene considerata anomala. In pratica – semplificando – “è anomalo che un datore di lavoro dichiari un reddito inferiore a quanto corrisposto mediamente ai propri dipendenti”. Questa anomalia è stata formalizzata nella Nota tecnica allegata al DM 14 giugno 2024 attuativo del CPB. Per esempio, se per uno specifico settore il reddito minimo calcolato è €18.984, un imprenditore che nel modello Redditi 2024 (redditi 2023) ha dichiarato €18.000 riceverà la lettera di compliance. Si tratta dunque di una segnalazione basata su presunzioni statistiche: non significa automaticamente che il contribuente abbia evaso (potrebbe aver avuto perdite o altre ragioni lecite), ma indica una situazione insolita che potrebbe meritare un controllo.
Va evidenziato che questo tipo di analisi sull’antieconomicità non è nuovo: già in passato l’Agenzia ha usato strumenti induttivi (come gli studi di settore, gli ISA – Indici Sintetici di Affidabilità – e il redditometro) per individuare imprese con margini troppo bassi o soggetti con spese incompatibili col reddito dichiarato. La giurisprudenza ha riconosciuto la legittimità, in linea di principio, di accertamenti analitico-induttivi basati su gravi incongruenze economiche: secondo la Corte di Cassazione, il Fisco può procedere a rideterminare il reddito anche in presenza di contabilità formalmente regolare, se la gestione appare complessivamente antieconomica e i dati dichiarati presentano scostamenti abnormi rispetto alle medie di settore. Ad esempio, è stata ritenuta valida la rettifica nei confronti di una società di persone che aveva attribuito compensi agli amministratori per €69.100 a fronte di un reddito d’impresa di soli €63.317: uno scenario in cui “i compensi sarebbero persino superiori ai redditi d’impresa”, non giustificato da alcuna particolare circostanza, e quindi indice di inattendibilità delle scritture. In casi simili, dove la redditività dichiarata è estremamente inferiore a quella media del settore, l’Agenzia può fondare l’accertamento su presunzioni semplici ma gravi, precise e concordanti, come appunto il confronto con le medie di settore.
In sintesi: la lettera di compliance per redditi bassi è un campanello d’allarme preventivo. Il Fisco comunica al contribuente: “abbiamo notato che il tuo reddito è insolitamente basso rispetto a X; controlla la tua dichiarazione, e se c’è un errore correggilo, altrimenti preparati a spiegarci perché è tutto regolare”. Nel prossimo paragrafo vedremo come distinguere i vari casi e quali azioni intraprendere.
Lettera di compliance vs avviso di accertamento: differenze e conseguenze
Prima di entrare nel merito delle possibili risposte, è fondamentale capire la differenza tra la comunicazione di compliance ricevuta e un eventuale avviso di accertamento tributario vero e proprio:
- Natura giuridica: la lettera di compliance è una comunicazione informale, priva di valore impositivo. Non crea un obbligo di pagamento né irroga sanzioni immediatamente. L’avviso di accertamento, invece, è un atto amministrativo formale con cui l’Ufficio rettifica la dichiarazione, quantifica maggiori imposte, interessi e sanzioni, e intima il pagamento entro termini di legge (di norma 60 giorni dalla notifica). L’accertamento costituisce titolo esecutivo se non impugnato.
- Impugnabilità: la lettera di compliance non è impugnabile davanti alla Commissione Tributaria, perché non rientra tra gli atti elencati nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992. Non essendo un provvedimento impositivo, il contribuente non può proporre ricorso immediato contro di essa (né, di norma, avrebbe interesse a farlo, mancando una pretesa attuale). Al contrario, un avviso di accertamento è impugnabile entro 60 giorni, ed il contribuente può chiederne l’annullamento al giudice se lo ritiene infondato o viziato.
- Finalità: la finalità della lettera è collaborativa e preventiva: l’Agenzia segnala un potenziale problema e invita a porvi rimedio spontaneamente. L’avviso di accertamento ha invece carattere autorativo e coercitivo: il Fisco, ritenendo dovute maggiori imposte, le accerta unilateralmente e potrà attivarne la riscossione coattiva se il contribuente non paga.
- Effetti se ignorati: se il contribuente ignora la lettera di compliance, nell’immediato non accade nulla – non ci sono sanzioni per mancata risposta, né decadenze automatiche dei benefici. Tuttavia, l’anomalia segnalata rimane e con ogni probabilità il nominativo sarà inserito tra quelli meritevoli di controllo approfondito futuro. L’Agenzia potrà effettuare ulteriori analisi e, se riterrà fondato il sospetto di evasione, emettere un avviso di accertamento vero e proprio (eventualmente sulla base di presunzioni semplici, come visto sopra). Viceversa, ignorare un avviso di accertamento comporta entro breve la definitività delle somme contestate e l’iscrizione a ruolo per la riscossione forzata: in mancanza di impugnazione o pagamento, l’atto diviene definitivo e verrà emessa una cartella esattoriale.
- Possibilità di interlocuzione: con la lettera di compliance il contribuente è espressamente invitato a dialogare con l’Agenzia (anche solo per fornire chiarimenti). Invece, una volta notificato un accertamento, lo spazio per il dialogo informale si restringe: restano possibili istituti “deflativi” (adesione, mediazione, conciliazione), ma in un quadro ormai contenzioso.
In altri termini, la lettera di compliance è un avviso bonario e preventivo, mentre l’accertamento è un atto autoritativo e successivo. Ciò si riflette anche sulle sanzioni: nella fase di compliance, se il contribuente riconosce l’errore può correggerlo con sanzioni ridotte (ravvedimento), mentre se si arriva all’accertamento saranno applicate le sanzioni ordinarie (più elevate) salvo riduzioni per adesione o acquiescenza.
Esempio: Mario riceve una lettera di compliance che segnala un reddito d’impresa 2023 troppo basso. Se Mario verifica di aver effettivamente sottratto imponibile, può inviare una dichiarazione integrativa e pagare subito la differenza d’imposta con sanzione ridotta, evitando ulteriori conseguenze. Se invece ignora l’avviso e il Fisco successivamente effettua un accertamento, Mario dovrà pagare la maggiore imposta con la **sanzione piena (normalmente il 70% dell’imposta evasa dal 1/9/2024) più interessi, salvo poi eventualmente avviare un contenzioso per contestare l’atto.
Riassumendo: non rispondere alla lettera non è una violazione, ma può rivelarsi una scelta controproducente. È consigliabile sfruttare l’opportunità della compliance per mettersi in regola a costi ridotti o per far pervenire le proprie ragioni al Fisco, così da prevenire – per quanto possibile – l’emissione di un accertamento formale.
Nei paragrafi successivi analizziamo cosa fare in concreto quando si riceve la lettera, distinguendo le varie situazioni in cui si può trovare il contribuente e fornendo una sorta di “procedura” ragionata di risposta.
Come procedere alla ricezione della lettera: opzioni e strategie del contribuente
Di fronte a una comunicazione di compliance per redditi bassi, il contribuente ha essenzialmente tre possibili atteggiamenti:
- Constatare che la dichiarazione è corretta e che l’anomalia è spiegabile, decidendo quindi di non modificare i dati ma eventualmente di fornire chiarimenti/documentazione all’Agenzia (subito o in seguito).
- Riconoscere che effettivamente vi è stata un’irregolarità o omissione (reddito non dichiarato o costi indebiti che hanno artificiosamente abbassato il reddito) e procedere a regolarizzare spontaneamente tramite dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso.
- Ignorare la comunicazione, ritenendo di aver agito regolarmente e scegliendo di non dare alcun seguito né spiegazione, accettando però il rischio di un eventuale futuro controllo (opzione sconsigliata in caso di situazione dubbia).
Vediamo in dettaglio le azioni da intraprendere in ciascuno di questi scenari, tenendo presente che non sono mutualmente esclusive: ad esempio, si può prima fornire spiegazioni e poi, se emergono elementi, fare comunque un ravvedimento parziale; oppure non rispondere subito ma predisporre le giustificazioni da utilizzare in sede di eventuale contraddittorio.
1. Verificare i dati e la propria posizione fiscale
Appena ricevuta la lettera, è buona prassi innanzitutto esaminare con attenzione il suo contenuto. Occorre identificare chiaramente cosa l’Agenzia ritiene anomalo:
- Qual è il periodo d’imposta interessato (nell’esempio, il 2023).
- Quali importi o indicatori vengono contestati: la lettera per redditi bassi potrebbe riportare il reddito dichiarato e il valore di riferimento (es. reddito minimo settore €X) per evidenziare lo scostamento. In altri casi di compliance, potrebbero essere elencati redditi non dichiarati, o categorie di reddito che risultano incongrue.
- L’identificativo della comunicazione (codice atto) e la data di invio.
- Eventuali istruzioni specifiche: ad esempio “collegarsi al cassetto fiscale per maggiori dettagli” oppure “rivolgersi alla Direzione Provinciale competente per chiarimenti”.
A questo punto, il contribuente deve raffrontare i dati indicati con la propria dichiarazione e contabilità. Domandarsi: perché l’Agenzia rileva questa anomalia? Alcuni possibili motivi e situazioni tipiche:
- Reddito d’impresa effettivamente basso per cause reali: ad es. l’attività nel 2023 ha avuto utili modesti o in perdita a causa di costi elevati, investimenti iniziali, contrazione del mercato, eventi straordinari (pandemia, calamità, ecc.). Oppure si tratta di un’attività secondaria rispetto ad altre fonti di reddito.
- Errori o omissioni nella dichiarazione: ad es. qualche ricavo non è stato dichiarato (l’azienda potrebbe aver incassato proventi non registrati, in nero), oppure sono stati dedotti costi non documentati/non deducibili che hanno abbattuto il reddito imponibile. In questi casi l’anomalia segnalata potrebbe effettivamente corrispondere a un’infedeltà dichiarativa.
- Differenze di regime fiscale: è possibile che il contribuente abbia altri redditi tassati con regimi speciali che l’Agenzia non ha considerato nella lettera. Un caso concreto evidenziato nel settore agricolo: alcune ditte individuali hanno un piccolo reddito d’impresa dichiarato (ad es. da attività di servizi conto terzi) che risulta basso, ma possiedono un’azienda agricola il cui reddito principale è tassato su base catastale e non compare tra i redditi “a bilancio”. L’Agenzia in alcuni casi non “vede” il reddito agrario (perché determinato con regole forfettarie) e segnala erroneamente l’attività come anomala. In tali situazioni, il reddito apparente è basso solo perché la gran parte del reddito reale segue un altro regime fiscale.
- Dati incompleti o non aggiornati nei database: la lettera potrebbe basarsi su informazioni parziali. Ad esempio, se l’Agenzia confronta il reddito d’impresa con le retribuzioni medie di settore, ma l’azienda ha una composizione particolare (molti part-time, collaboratori, ecc.), il confronto potrebbe non essere calzante. Oppure potrebbero mancare all’Agenzia elementi giustificativi (es. l’impresa opera in zone svantaggiate con agevolazioni, o beneficia di esenzioni temporanee).
Dunque, prima reazione: controllare i numeri. Si consiglia di estrarre copia della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno in questione (Modello Redditi o 730) e dei bilanci/registri contabili, e verificare:
- Qual è l’utile o reddito dichiarato e a cosa è dovuto (importo dei ricavi, dei costi, eventuali perdita fiscale pregressa scomputata, ecc.).
- Se emergono errori materiali: ad esempio ci si accorge di non aver inserito un componente positivo, o di aver dedotto per errore un costo indeducibile.
- Se la situazione economica dell’anno presenta elementi giustificativi: ad es. un imprenditore può constatare che nel 2023 ha sostenuto un grosso investimento in macchinari ammortizzabili, che ha ridotto drasticamente l’utile, oppure che ha pagato stipendi elevati ai dipendenti per trattenerli nonostante il calo di fatturato (strategie che riducono il reddito imponibile, ma per motivi imprenditorialmente sensati).
Questa fase di autodiagnosi è fondamentale per decidere il passo successivo. In caso di dubbio tecnico, è opportuno confrontarsi con il proprio commercialista o consulente fiscale: un professionista potrà aiutare a individuare eventuali irregolarità emendabili o, viceversa, a raccogliere i fatti e le prove che rendono il reddito dichiarato pienamente legittimo.
2. Richiedere maggiori informazioni all’Agenzia
Se dalla prima analisi emergono incertezze o necessità di chiarimenti sui dati in possesso dell’Agenzia, il contribuente può attivare un canale di comunicazione con il Fisco per ottenere ulteriori dettagli sull’anomalia segnalata. Diverse opzioni sono disponibili:
- Accesso al Cassetto Fiscale: Come indicato nella lettera stessa, collegandosi al proprio Cassetto fiscale sul sito dell’Agenzia (area riservata Entratel/Fisconline) è possibile spesso trovare una copia della comunicazione e eventuali allegati esplicativi. Spesso nella sezione “Compliance” del cassetto sono messi a disposizione:
- Un prospetto con i dettagli dei redditi o dati anomali rilevati.
- Un foglio di “Avvertenze” con spiegazioni su come compilare l’eventuale dichiarazione integrativa.
- Link telematici dedicati per predisporre e inviare direttamente la dichiarazione integrativa relativa all’anomalia.
- Call center (CAM) dell’Agenzia: La lettera (o il sito web indicato) fornisce i numeri del Centro di Assistenza Multicanale a cui rivolgersi per chiarimenti telefonici. I numeri ad oggi sono l’848.800.444 da fisso e lo 06.96668907 da cellulare, operativi lun-ven 9-17. Se la richiesta è complessa, spesso l’operatore suggerirà di recarsi presso l’ufficio competente.
- Uffici territoriali o Direzione Provinciale: È sempre possibile presentarsi (meglio previo appuntamento) presso l’ufficio dell’Agenzia indicato nella lettera (spesso la Direzione Provinciale di domicilio fiscale) per discutere la segnalazione con un funzionario. Portando con sé la documentazione contabile, si può chiedere conferma se effettivamente vi sia un problema e come eventualmente risolverlo.
- Servizio CIVIS: CIVIS è la piattaforma telematica dell’Agenzia per assistenza su comunicazioni e cartelle. Tramite CIVIS, accessibile dall’area riservata, il contribuente può:
- Inviare richieste di chiarimento in merito alla comunicazione ricevuta.
- Trasmettere documentazione giustificativa dell’anomalia segnalata, in formato elettronico.
Suggerimento: Anche qualora si abbia intenzione di regolarizzare con ravvedimento, può essere opportuno prima contattare l’Agenzia per confermare l’interpretazione della lettera. Ad esempio, chiedere tramite CIVIS se l’anomalia è riferita ad uno specifico importo non dichiarato o solo a un indicatore, così da sapere quanto occorrerebbe integrare. In alcuni casi, l’interlocuzione può far emergere che non è necessario alcun intervento (perché l’Agenzia si rende conto di elementi prima non considerati). Come ha spiegato l’Agenzia, “il contribuente può fornire elementi, fatti e circostanze non conosciuti dall’Amministrazione e, se ritenuti sufficienti, sanare le anomalie senza ulteriori adempimenti”. Dunque vale la pena sfruttare i canali di dialogo per evitare passi inutili.
3. Se il reddito è corretto (nessuna evasione): predisporre e inviare le giustificazioni
Questo scenario ricorre quando il contribuente, dopo verifica, ritiene di aver dichiarato correttamente tutti i redditi e che l’anomalia segnalata sia spiegabile con cause legittime. In altre parole, il reddito basso è reale ma non deriva da violazioni: semplicemente quell’anno l’attività ha reso poco, o vi sono particolarità (come altre fonti esenti) che il mero confronto statistico non coglie.
Cosa fare in questo caso? È comprensibile che il contribuente si senta ingiustamente sospettato e sia tentato di ignorare la lettera. In effetti, alcuni esperti sostengono che “in presenza di cause che rendono corretta la dichiarazione, nulla occorre fare, tantomeno replicare”, per non dare eccessiva importanza a una comunicazione che – di per sé – non obbliga ad alcunché. Tuttavia, è spesso consigliabile inviare una risposta all’Agenzia indicando le proprie ragioni, per diversi motivi pratici:
- Documentare subito la propria posizione: fornire elementi ora significa mettere agli atti dell’Ufficio le spiegazioni che poi, eventualmente, riproporreste in fase di accertamento. Ciò potrebbe convincere l’Agenzia a non procedere oltre se le giustificazioni sono solide; in ogni caso, le avrete già formulate e supportate da documenti.
- Evitare presunzioni errate: se restate in silenzio, l’Ufficio potrebbe presumere che l’anomalia sia frutto di evasione e passare direttamente all’accertamento (magari analitico-induttivo). Invece, inviando chiarimenti, potreste indirizzarli verso una archiviazione o quanto meno verso richieste di informazioni più mirate.
- Beneficiare di un approccio collaborativo: una risposta educata e argomentata dimostra buona fede e collaborazione. L’Agenzia spesso apprezza questo atteggiamento, soprattutto se confrontato con chi ignora gli inviti; nelle liste di controllo future, un contribuente che ha dialogato potrebbe essere considerato meno prioritario rispetto a chi non ha dato riscontro (che “potrebbe avere qualcosa da nascondere”).
Naturalmente, la scelta dipende anche dal tipo di giustificazione. Se la motivazione è semplice ed evidente (come nel caso citato dall’Confagricoltura Veneto: reddito d’impresa basso perché il reddito principale è agrario su base catastale), probabilmente l’Agenzia stessa “in questi casi al momento non serve fare niente di particolare” e potrebbe ignorare l’anomalia dopo ulteriori controlli interni. Se invece la spiegazione richiede dati che l’Agenzia non possiede affatto (es. circostanze personali, situazioni straordinarie), è opportuno farli presenti.
Come presentare le giustificazioni? Ecco alcuni consigli operativi:
- Forma: non esiste un modulo predefinito. Si può redigere una lettera in carta semplice indirizzata all’Ufficio segnalato (ad es. “Direzione Provinciale di XXX – Ufficio Accertamento”) indicando nell’oggetto il riferimento alla lettera di compliance (protocollo e data). In alternativa, se si usa CIVIS, le stesse spiegazioni possono essere fornite nel campo note allegando eventuali file PDF.
- Contenuto: la comunicazione dovrebbe includere:
- I dati del contribuente (nome, cognome/denominazione, codice fiscale/partita IVA) e gli estremi della comunicazione ricevuta.
- Un richiamo all’anomalia segnalata (es: “reddito d’impresa 2023 inferiore a € XX”).
- Una descrizione delle cause che giustificano tale situazione, allegando prove documentali. Bisogna essere chiari e puntuali. Ad esempio:
- “Nel 2023 la mia ditta individuale ha registrato un utile netto di soli €10.000 poiché trattasi di attività neo-avviata (inizio nel luglio 2022) con costi fissi elevati rispetto ai ricavi iniziali. Allego il bilancio d’esercizio 2023 dal quale risulta una spesa per canoni di locazione pari a €15.000 e un ammortamento di beni strumentali per €8.000, elementi che giustificano il risultato modesto.”
- “Si segnala che il contribuente svolge principalmente attività agricola il cui reddito (€25.000 circa) è assoggettato a tassazione catastale e non confluisce nel quadro RF del modello Redditi. L’attività di commercio florovivaistico (reddito 2023 €5.000) è secondaria e stagionale. Pertanto, il reddito d’impresa apparentemente basso è compensato dai redditi agrari, come da prospetto allegato.”
- “Nel periodo d’imposta oggetto di segnalazione l’impresa ha deliberatamente mantenuto margini ridotti per ragioni di politica commerciale, al fine di acquisire clientela. Ciò spiega perché il reddito (6% dei ricavi) risulti inferiore al valore medio di settore (10%); trattasi di scelta imprenditoriale anti-ciclica e non di omessa dichiarazione di ricavi. Si allegano i bilanci 2022-2023 che mostrano il trend e una relazione tecnica del consulente aziendale che analizza il calo congiunturale del settore in quell’anno.”
- La dichiarazione esplicita che, alla luce di quanto esposto, “non sussistono ulteriori componenti positivi non dichiarati né violazioni fiscali da regolarizzare”. In pratica, si afferma che la dichiarazione era corretta.
- Eventuale disponibilità a fornire ulteriori chiarimenti (“rimango a disposizione per ogni ulteriore informazione o incontro”).
- Tono: mantenere un registro formale ma collaborativo. Evitare toni polemici del tipo “la Vostra comunicazione è infondata”; meglio usare frasi come “desidero fornire i seguenti elementi utili a chiarire la mia posizione”. Se ci sono state difficoltà personali che hanno inciso (malattia, lutti, crisi particolari), si possono menzionare brevemente, anche se – attenzione – la Cassazione ha ritenuto che vicende personali (es. l’avvocato che lavora poco per problemi familiari) non costituiscano di per sé prova sufficiente per giustificare un reddito basso ai fini di annullare un accertamento. Tuttavia, presentarle ora può quantomeno indurre l’ufficio a comprensione.
- Allegati: ogni fatto rilevante va provato. Se si invoca una perdita, allegare il modello dichiarativo con il riporto perdita o il bilancio con evidenza del risultato. Se si dichiara che il reddito principale è altrove, allegare la dichiarazione dei redditi con l’altro quadro compilato (es. quadro RA per redditi agrari). Se si parla di eventi eccezionali, qualsiasi documento (es. per calamità, certificati, ecc.) può essere utile. L’Agenzia valuterà i documenti: se li reputa attendibili e coerenti, potrebbe “ritenere sufficienti tali elementi e non richiedere altre incombenze” al contribuente.
Una volta predisposta la risposta, la si può inviare tramite PEC all’Ufficio (facendo attenzione a firmare digitalmente oppure allegare scansione firmata, a seconda delle prassi) oppure consegnare a mano protocollandola. In alternativa, come detto, l’invio tramite CIVIS ha pari efficacia ed è più rapido, avendo cura di caricare tutti gli allegati.
Esito possibile: se le spiegazioni fornite convincono l’Agenzia, la posizione potrebbe venire rimossa dalle liste di controllo o comunque retrocessa di priorità. Non è detto che l’ufficio risponda formalmente (spesso non viene data risposta immediata alle comunicazioni di compliance), ma in caso di futura contestazione il contribuente avrà una carta in più: potrà dimostrare di aver già chiarito l’apparente anomalia. D’altro canto, se l’Agenzia ritiene non esaurienti le giustificazioni, è probabile che proceda comunque ad approfondimenti. In tale evenienza, prima di emettere un accertamento vero e proprio, dovrebbe comunque instaurarsi un contraddittorio: per gli accertamenti basati su presunzioni semplici è prassi (sebbene non sempre obbligo di legge generale) invitare il contribuente a un confronto orale o per iscritto prima di emettere l’atto definitivo. Sarà quella l’occasione, eventualmente, per ribadire e integrare le prove a proprio favore.
Nota: Alcune associazioni di categoria hanno criticato queste lettere per redditi bassi definendole “strumenti intimidatori” che inducono i contribuenti a decisioni affrettate (come aderire al concordato) creando paure infondate. In effetti, un contribuente onesto con reddito basso potrebbe sentirsi ingiustamente sotto pressione. È importante però mantenere lucidità: se siete convinti della correttezza fiscale, non siete obbligati a modificare nulla. Limitatevi a spiegare la situazione. La legge (Statuto del Contribuente) riconosce il diritto del cittadino di essere ascoltato e di non subire accertamenti arbitrari. In caso di eventuale contenzioso, come vedremo, l’onere probatorio a carico del Fisco non è banale: dovranno dimostrare, con presunzioni gravi e concordanti, che il reddito reale era superiore. Le vostre spiegazioni mirano proprio a dissipare tali presunzioni.
4. Se il reddito dichiarato è inferiore a quello effettivo: regolarizzazione con ravvedimento operoso
Se dall’auto-verifica emerge che effettivamente il reddito dichiarato è stato sottostimato – in altre parole, c’è stata una violazione (omessa dichiarazione di parte di ricavi/proventi, oppure deduzione di costi fittizi/non deducibili che hanno abbassato illegittimamente l’imponibile) – la strada più saggia è procedere quanto prima a regolarizzare spontaneamente la propria posizione, beneficiando delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997).
Il ravvedimento operoso consente al contribuente di sanare volontariamente violazioni tributarie, a patto che: (a) la violazione non sia già stata formalmente contestata o scoperta dall’Amministrazione, né siano iniziati accessi/ispezioni/verifiche di cui abbia avuto formale conoscenza; (b) si paghino tutte le somme dovute (imposta o differenza d’imposta, interessi e sanzione in misura ridotta) entro il termine di ravvedimento.
Nel caso di dichiarazione infedele (ossia quando alcuni redditi non sono stati dichiarati o sono stati dichiarati costi inesistenti, determinando un’imposta dovuta maggiore di quella liquidata), i passaggi per il ravvedimento sono:
- Presentare una dichiarazione integrativa (a sfavore), riportando i dati corretti. Questa va trasmessa telematicamente, barrando la casella “Dichiarazione integrativa” sul frontespizio del modello relativo all’anno oggetto di correzione. Nella dichiarazione integrativa occorre indicare:
- “i redditi o gli imponibili non dichiarati, come segnalato nella lettera ricevuta”, ovvero aggiungere i ricavi omessi o stornare i costi indebiti.
- “tutti gli altri dati già esposti nella dichiarazione originaria e che non richiedono modifiche”, ricopiandoli (in modo che la nuova dichiarazione sia completa in ogni sua parte).
- Calcolare sanzioni e interessi dovuti: Per la dichiarazione infedele, la legge (post riforma 2023-24) prevede una sanzione base del 90% della maggiore imposta dovuta (ridotta al 70% per violazioni commesse dal 1/1/2024 in poi). Questa sanzione può essere defalcata per ravvedimento in misura proporzionale alla tempestività. In base all’art. 13 D.Lgs 472/97 (come modificato dal D.Lgs. 87/2024) le riduzioni attualmente sono:
- 1/10 della sanzione se ci si ravvede entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria (c.d. “ravvedimento sprint”).
- 1/9 della sanzione se il ravvedimento avviene entro 90 giorni dalla contestazione/lettera o entro un anno dall’omissione, a seconda dei casi (la norma riformata ha introdotto l’1/9 come possibile riduzione in alcune fattispecie, e nel caso delle lettere di compliance l’Agenzia raccomanda di agire entro 90 giorni dalla ricezione per rientrare in questa soglia).
- 1/8 della sanzione se ci si ravvede entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo (in questo caso, entro il 30 novembre 2024 per il periodo d’imposta 2023; ma la presenza della lettera riduce tale termine di fatto).
- 1/7 della sanzione se il ravvedimento avviene oltre il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo ma entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno seguente ancora.
- 1/6 della sanzione se il ravvedimento avviene successivamente (comunque prima di notifica di accertamento).
- Effettuare il versamento delle somme dovute. Il pagamento va fatto tramite modello F24, utilizzando i normali codici tributo relativi alle imposte oggetto di integrazione (IRPEF, addizionali, IVA, IRAP, ecc.), i codici tributo per le sanzioni e per gli interessi. Importante: sull’F24, nella sezione “Erario”, va riportato nell’apposita colonna il codice atto o identificativo della comunicazione di compliance, in modo che il versamento sia associato a quella specifica segnalazione. Ciò garantisce che l’Agenzia registri la vostra regolarizzazione come risposta a quella lettera. Ad esempio, se il reddito 2023 era sottostimato di €10.000 con una maggiore IRPEF dovuta di €2.500, la sanzione base sarebbe €1.750 (70% di 2.500) per violazione post-2024. Con ravvedimento entro 90 giorni dalla lettera, si applicherebbe 1/9: sanzione €194,44 circa (1.750/9), più interessi legali (supponiamo €2,5 al 2,5% annuo per un anno circa). In totale paghereste circa €2.697. Se invece attendete un accertamento, rischiate una sanzione piena del 70% (o 90% se relativa a violazioni 2023 prima di 1/9/24) – quindi €1.750 – oltre a interessi maggiori e soprattutto eventuali sanzioni aggiuntive (ad es. per omessa fatturazione se del caso). Il risparmio col ravvedimento è evidente: circa €1.550 in meno di sanzioni solo su questo importo, oltre al fatto che evitando l’accertamento eviterete le spese di un contenzioso.
- Presentare la dichiarazione integrativa e conservare le ricevute. La trasmissione telematica dell’integrativa va fatta (solitamente tramite un intermediario abilitato, commercialista o CAF, o personalmente via Fisconline) e occorre verificare l’esito di accettazione. Bisogna poi conservare la ricevuta telematica dell’invio e le quietanze dei versamenti F24 eseguiti. È opportuno magari trasmettere copia di tutto ciò anche all’ufficio, tramite CIVIS o PEC, a completamento: sebbene non obbligatorio, comunicare “Ho presentato integrativa protocollo XY e versato quanto dovuto, allego riscontri” può chiudere il cerchio e mettere l’Agenzia nelle condizioni di archiviare subito la segnalazione.
Con questi passaggi, il contribuente avrà regolarizzato la violazione prima che il Fisco intraprenda azioni forzose. Per legge, la sanzione ridotta pagata con ravvedimento non potrà più essere elevata: se tutto è stato fatto correttamente, “il debito è saldato”. L’Agenzia non avrà motivo di emettere accertamento (se lo facesse per errore, basterà dimostrare di essersi già ravveduti e l’atto sarebbe nullo per insussistenza di imposta evasa).
Ricapitolando i vantaggi del ravvedimento:
- Sanzioni drasticamente ridotte (dal 70-90% al 7-10% circa dell’imposta evasa, se tempestivo).
- Nessuna iscrizione a ruolo né spese aggiuntive.
- Niente “macchia” amministrativa: il ravvedimento è visto come adempimento spontaneo, non come sanzione irrogata, e generalmente evita anche possibili responsabilità penali (nelle ipotesi borderline, sanare spontaneamente può escludere il dolo di evasione).
- Possibilità di rateizzare (su questo punto si veda più avanti, sezione rateazione).
L’unico costo è appunto pagare subito le imposte dovute con la piccola sanzione e interessi. Ma questo vi mette al riparo da esiti ben peggiori. Attenzione: il ravvedimento è efficace solo se il pagamento è integrale; non è ammesso ravvedersi in modo parziale (ad esempio dichiarare solo metà dei ricavi evasi): in tal caso l’ufficio potrebbe comunque accertare la parte non dichiarata, applicando sanzioni piene su quella.
La normativa vigente (anche dopo le modifiche del 2024) conferma inoltre che la ricezione di una lettera di compliance non blocca il ravvedimento. Quindi, anche se avete ricevuto l’avviso bonario, siete ancora in tempo: l’importante è muoversi prima che partano “attività di accertamento di cui il contribuente abbia formale conoscenza” (come un processo verbale di constatazione, una convocazione formale, o un accertamento stesso). Le lettere di compliance non sono considerate formale avvio di accertamento, quindi il ravvedimento resta applicabile.
Focus: Termini per ravvedersi e decadenza
A titolo informativo, ricordiamo che la dichiarazione integrativa “a sfavore” può essere presentata entro il termine di decadenza per l’accertamento (attualmente il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria, cioè per il 2023 entro fine 2028). Tuttavia, il ravvedimento operoso con sanzioni ridotte può essere effettuato solo finché non vi sia formale contestazione. Ciò significa che, teoricamente, si potrebbe ravvedere anche anni dopo l’anno d’imposta, ma via via con riduzioni meno favorevoli (1/7 o 1/6). In pratica, se avete ricevuto ora la lettera e non intervenite, potreste ancora fare integrativa l’anno prossimo, ma rischiereste di trovare nel frattempo un accertamento notificato in casa, che vi preclude il ravvedimento tardivo. Dunque, salvo casi particolari, conviene aderire subito.
5. Valutare l’adesione a eventuali definizioni agevolate o regimi speciali (Concordato Preventivo Biennale, sanatorie)
La lettera di compliance per redditi bassi del 2024 menziona esplicitamente la possibilità, alternativa all’integrativa 2023, di aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB) per gli anni d’imposta 2024 e 2025. Questo fa parte di una strategia più ampia offerta al contribuente: “regolarizza il 2023 e metti in sicurezza il futuro con il concordato, e già che ci sei sistema anche il passato 2018-2022 con la sanatoria speciale”. Vediamo brevemente di cosa si tratta e se conviene.
- Concordato Preventivo Biennale (CPB): è un istituto introdotto in via sperimentale dal D.Lgs. 13/2024 (attuativo della Delega Fiscale) rivolto alle partite IVA di piccole dimensioni (in regime ISA o forfettario). Consente di “concordare” con l’Agenzia un reddito imponibile forfettario per il biennio 2024-2025, calcolato su base storica e su parametri di settore (tra cui il famoso reddito minimo per dipendente). In cambio, l’Agenzia rinuncia ad effettuare accertamenti sui periodi concordati, garantendo certezza al contribuente. Per aderire bisognava presentare un’apposita comunicazione entro il 12 dicembre 2024 (termine poi prorogato rispetto al 31 ottobre). Uno dei criteri era che, se il reddito dichiarato per il 2023 era sotto la soglia minima, ai fini del concordato veniva comunque preso come base almeno quel valore minimo (fino a un massimo di €40.000). L’Agenzia, con la lettera, sostanzialmente incoraggiava il contribuente a entrare nel CPB per “riequilibrare” i propri redditi futuri e anche per poter usufruire di una sanatoria sul pregresso.
- Ravvedimento speciale 2018-2022: la Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) aveva introdotto un ravvedimento operoso speciale per le violazioni dichiarative fino all’anno d’imposta 2021, con sanzione ridotta a 1/18 e pagamento rateale in 8 rate, il cui termine era scaduto a fine 2023. Con il meccanismo del CPB, tale possibilità di sanatoria è stata riaperta per chi aderiva: infatti, la lettera ricorda che “in tal caso (adesione al CPB) puoi anche avvalerti, entro il 31 marzo 2025, del ravvedimento per ciascuna delle annualità dal 2018 al 2022”. Si tratta dunque di un collegamento premiale: l’adesione al concordato sbloccava la chance di regolarizzare il passato 2018-22 con sanzione ridotta (simile al ravvedimento speciale) entro marzo 2025.
Conviene aderire al CPB? Dipende dalla situazione individuale. Il CPB implica che il contribuente si impegna a dichiarare per il 2024-2025 almeno un certo reddito concordato (tipicamente più alto di quello che avrebbe forse dichiarato altrimenti), pagando le relative imposte. È un po’ come una “tassa di assicurazione” per evitare controlli. Se l’azienda prevedeva comunque di crescere e raggiungere quei redditi, potrebbe essere neutro o vantaggioso. Ma se il contribuente stima di continuare ad avere redditi bassi (per es. per difficoltà economiche reali), aderire significherebbe pagare imposte su un reddito forfettario più alto di quello effettivo, con uno sforzo finanziario non da poco. Non a caso, i primi dati indicavano una scarsa adesione al CPB (da qui il tono pressante della lettera, che le associazioni hanno criticato come un “ennesimo tentativo di far aderire a uno strumento che non ha riscosso successo”).
Al luglio 2025, il termine per aderire al CPB è scaduto e peraltro il legislatore ha già modificato la disciplina (il D.Lgs. 108/2024 ha in parte rivisto o sospeso il meccanismo). Quindi, per chi non ha aderito entro fine 2024, il tema CPB non è più sul tavolo nell’immediato. Tuttavia, la logica rimane: il Fisco potrebbe offrire in futuro altre definizioni agevolate o “patti” per regolarizzare. Ad esempio, non si esclude che nel 2025-2026 possano essere varate nuove versioni di concordato o nuove sanatorie.
In questa fase, il contribuente deve soprattutto badare al 2023. Il CPB e affini riguardavano la prospettiva futura. Se avete ricevuto la lettera e non avete aderito al CPB, concentratevi su cosa fare per il 2023 (e su eventuali anni passati irregolari da ravvedere in via ordinaria, visto che il ravvedimento speciale non è più disponibile se non era esercitato).
Un discorso a parte meritano eventuali “definizioni agevolate” di atti impositivi qualora si arrivi all’emissione di un avviso di accertamento. Ma queste le affrontiamo più avanti, quando parleremo di strumenti deflativi post-accertamento (acquiescenza, adesione, ecc.).
6. L’ipotesi di non fare nulla (ignorare la lettera)
Come accennato, il contribuente non ha un obbligo giuridico di risposta alla lettera di compliance. Potrebbe quindi decidere di non intraprendere alcuna azione: niente chiarimenti, niente integrativa, semplicemente attendere. Questa opzione è certamente la meno consigliabile se si è consapevoli di avere qualcosa da regolarizzare, perché in tal caso è come lasciare al Fisco via libera per un futuro accertamento (per di più con sanzioni piene).
Ma consideriamo il caso del contribuente che sinceramente ritiene di essere in regola e di avere valide giustificazioni per il reddito basso. Alcuni professionisti sostengono che, in tale situazione, rispondere possa essere superfluo e che convenga aspettare un’eventuale mossa formale del Fisco per reagire nelle sedi opportune. In particolare, si potrebbe ragionare così: “Se poi mi faranno un accertamento basato solo su questa presunzione, lo impugnerò e vincerò, perché ho le prove che il mio reddito basso era giustificato; tanto, finché non c’è un atto vero, non ho nulla contro cui difendermi concretamente”.
Questa linea, sebbene comprensibile, presenta dei rischi che vanno valutati:
- Inserimento nelle liste selettive: come esplicitato dalla stessa Agenzia, il mancato adeguamento alle proposte della lettera (né ravvedimento né adesione) “potrebbe portare sicuramente all’inserimento nelle liste selettive per l’accertamento futuro”. Significa che, pur non scattando nulla immediatamente, il vostro nominativo sarà molto probabilmente segnato per un controllo successivo. Magari non subito, ma nei prossimi anni potreste essere oggetto di verifica.
- Accertamento analitico-induttivo basato su presunzioni: l’Agenzia, “ove rinvenga ulteriori situazioni di anomalia”, potrebbe elaborare un accertamento utilizzando questo elemento come presunzione semplice, integrata da altre eventuali evidenze. Ad esempio, potrebbe incrociare anche i vostri movimenti bancari alla ricerca di ricavi non dichiarati. Se emergessero ad esempio prelievi o versamenti non giustificati, li combinerebbero con il fatto del reddito basso per costruire un impianto probatorio (in tal caso più robusto). La Cassazione ha stabilito che in materia di controlli bancari, i movimenti non giustificati fanno scattare una presunzione legale di ricavi non dichiarati (art. 32 DPR 600/73), invertendo l’onere della prova a carico del contribuente. Quindi ignorare la lettera potrebbe indurre l’ufficio ad approfondire, ad esempio, sui conti correnti.
- Perdita del “bonus ravvedimento”: attendendo l’accertamento si perde la chance di ravvedersi. Le sanzioni passeranno dal 10% scarso al 70-90% dell’imposta evasa. Anche se poi vinceste in giudizio, dovreste comunque anticipare costi e subire stress.
- Assenza di contraddittorio anticipato: è vero che potrete far valere le vostre ragioni nel ricorso, ma intanto l’accertamento potrebbe essere emesso senza avervi sentito prima (a meno che non sia obbligatorio un invito al contraddittorio per quella tipologia – nel caso di accertamenti da redditometro, ad esempio, la legge impone un contraddittorio preventivo; per analitico-induttivi no, non obbligatoriamente). Quindi rischiate di dovervi difendere in sede contenziosa ex post, mentre un dialogo ex ante con l’ufficio è generalmente preferibile per evitare di arrivare allo scontro.
In conclusione, ignorare la lettera dovrebbe essere l’ultima opzione, da considerare solo se: (a) si è assolutamente certi della correttezza della propria posizione; (b) si è pronti eventualmente a sostenere un contenzioso; (c) magari la cifra in ballo è così modesta e le giustificazioni così autoevidenti che si confida ragionevolmente che un accertamento non verrà mai fatto (es. reddito di poco sotto soglia e contribuente in regime forfettario minimo). In tutti gli altri casi, è preferibile quantomeno inviare una comunicazione di chiarimenti (scenario del punto 3) per tentare di dissuadere il Fisco dall’intraprendere azioni.
Per riassumere le possibili azioni e le rispettive conseguenze, ecco una tabella riepilogativa:
Opzione del contribuente | Descrizione | Vantaggi | Svantaggi/Rischi |
---|---|---|---|
Fornire spiegazioni all’Agenzia (senza rettificare) | Invia lettera/CIVIS con motivazioni del reddito basso e documenti giustificativi. | – Evita (o riduce) probabilità di accertamento se le motivazioni convincono.– Mette agli atti prove a proprio favore da riutilizzare in futuro.– Dimostra collaborazione (potrebbe farvi considerare meno a rischio). | – Non risolve la posizione se in realtà c’è evasione (in tal caso serve ravvedimento, non basta spiegare).– L’ufficio potrebbe non rispondere e comunque decidere di controllare, se non ritiene sufficienti le spiegazioni (le vostre argomentazioni dovranno poi essere riproposte eventualmente in ricorso). |
Regolarizzare con ravvedimento operoso (dichiarazione integrativa e pagamento) | Corregge la dichiarazione, dichiara i redditi omessi o rimuove costi indebiti, paga imposte + interessi + sanzione ridotta. | – Mette fine alla vicenda per quell’anno: niente accertamento successivo su quei punti, avete già pagato il dovuto.– Sanzioni ridotte al minimo (vedi ravvedimento).– Evita contenzioso e ulteriori oneri. | – Esborso finanziario immediato (bisogna pagare entro breve tutto il dovuto).– Ammissione dell’errore: se l’evasione era significativa, pagare ora può essere oneroso; alcuni potrebbero sperare in future sanatorie e preferire aspettare (soluzione comunque aleatoria e rischiosa). |
Aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB) | (Opzione valida solo fino a dic 2024) Accetta reddito concordato per 2024-25 e utilizza ravvedimento speciale per 2018-22. | – Evita controlli su 2024-25.– Sanzioni ultra-ridotte su anni precedenti (ravvedimento speciale 1/18).– Pace fiscale globale se l’azienda intende proseguire e normalizzarsi. | – Richiede pagare imposte su un reddito “minimo” anche se in futuro avreste guadagnato meno (costo potenziale).– Complessità e impegno vincolante per due anni.– Non è più disponibile dopo scadenza (menzione qui solo storica). |
Non rispondere e non correggere (ignorare la lettera) | Nessuna azione intrapresa; si attende eventuali sviluppi. | – Nessun impegno immediato, né spesa né fatica.– Se effettivamente non segue nessun accertamento (caso raro in presenza di vera anomalia) avete risparmiato tempo. | – Alto rischio di inserimento nelle liste di controllo e successivo accertamento, con sanzioni piene.– Perdita della chance di ravvedimento con sanzioni ridotte (dopo, pagherete molto di più).– Dovrete eventualmente difendervi in contenzioso (costi legali, tempo, incertezza esito). |
La tabella illustra chiaramente che, a meno di situazioni davvero peculiari, non reagire affatto è la scelta meno prudente. Regolarizzarsi è d’obbligo se si riconosce l’errore; spiegare e documentare è opportuno se si è convinti di aver ragione ma bisogna farlo capire al Fisco.
Nei prossimi paragrafi vedremo alcuni aspetti specifici: i tempi da rispettare, cosa succede se comunque si arriva a un accertamento, e come funzionano i principali strumenti difensivi e di definizione agevolata a disposizione del contribuente.
Tempistiche da rispettare e prossime fasi
Diamo uno sguardo ai tempi rilevanti in questo contesto, perché anche le scadenze giocano un ruolo cruciale nel decidere come muoversi:
- 90 giorni dalla ricezione della lettera: è il termine, non di legge ma di prassi, entro cui l’Agenzia “consiglia” al contribuente di attivarsi. Come detto, effettuare il ravvedimento operoso entro 90 giorni dall’arrivo evita di perdere le riduzioni massime. Anche per inviare chiarimenti/documenti, è bene non attendere troppo: se li mandate dopo mesi, è possibile che l’ufficio abbia già nel frattempo predisposto un accertamento. Dunque, pur non essendoci un obbligo perentorio, conviene considerare 90 giorni come tempo massimo per reagire. Esempio: lettera ricevuta il 15 gennaio 2025 → cercate di completare ravvedimento o invio spiegazioni entro metà aprile 2025.
- 12 dicembre 2024: era la scadenza per aderire al Concordato Preventivo Biennale per 2024-25. Ormai trascorsa, la menzioniamo solo perché indicata nella lettera. Chi ha aderito avrà poi scadenze specifiche per versare gli acconti concordati e per perfezionare il ravvedimento speciale su 2018-22 (entro 31/3/2025). Chi non ha aderito, semplicemente ignorerà questa parte.
- 31 marzo 2025: scadenza indicata per il ravvedimento speciale 2018-2022 riservato agli aderenti CPB. Anche questa rileva solo per chi ha intrapreso quel percorso.
- 30 novembre 2024: termine di presentazione del modello Redditi 2024 (redditi 2023) se non fosse già stato presentato. Nel nostro caso, il modello Redditi 2024 è stato già presentato (altrimenti non avreste ricevuto la lettera, bensì sareste in omissione). Tuttavia, chi vuole ravvedersi per 2023 entro l’anno successivo dovrebbe farlo entro questa data per rientrare nella riduzione 1/8. In pratica, se la lettera fosse arrivata tardivamente (es. a ottobre 2025, ipotesi), uno potrebbe ravvedersi entro novembre 2025 col beneficio 1/8. Ma nel nostro scenario le lettere sono arrivate entro fine 2024, quindi 90 giorni da allora cade comunque prima di novembre 2025.
- Termine accertamento: l’anno d’imposta 2023 è accertabile dall’Agenzia fino al 31 dicembre 2028 (5 anni successivi all’anno di presentazione, avvenuta nel 2024). Questo significa che, teoricamente, anche se ora non succede nulla, potreste ricevere un avviso di accertamento per il 2023 in qualunque momento entro fine 2028. In pratica però, se l’Agenzia ha segnalato l’anomalia ora, è plausibile che eventuali controlli partano nei prossimi 1-2 anni (2025 o 2026), non molto oltre. Difatti, spesso l’Agenzia concentra le attività su annualità recenti per massimizzare l’efficacia dell’azione.
- Preavviso di accertamento sintetico (redditometro): una nota sui tempi in caso di redditometro o sintetico (più per persone fisiche con spese anomale che per redditi d’impresa). La legge prevede che per gli accertamenti sintetici il contribuente debba essere invitato a comparire e fornire dati entro il termine per l’emissione (art. 38 DPR 600/73). Non è il nostro caso specifico, ma se in futuro questo metodo sarà usato, c’è un contraddittorio obbligatorio. In ogni caso, una lettera di compliance come questa potrebbe considerarsi già una forma di contraddittorio preventivo, se seguita da un atto solo in caso di mancata risposta.
- 60 giorni dalla notifica di un eventuale avviso di accertamento: è il termine per reagire a un accertamento se arriverà. Bisognerà in quel caso decidere se fare acquiescenza (pagare con sanzioni ridotte di 1/3) entro quei 60 giorni, o presentare ricorso (con eventuale istanza di mediazione se il valore rientra nei limiti, attualmente 50.000 €). Su questo torneremo nella sezione successiva dedicata ai rimedi in caso di accertamento.
In sintesi: muovetevi rapidamente, preferibilmente entro 3 mesi, per sfruttare tutti i benefici. Dopo aver fatto ciò che è opportuno (ravvedimento o invio chiarimenti), conservate tutta la documentazione: copia della lettera, ricevute di invio PEC/CIVIS, ricevuta di presentazione dell’eventuale integrativa, F24 pagati, documenti giustificativi. Tenete pronto un “dossier” perché, anche a distanza di anni, se l’Agenzia dovesse malauguratamente procedere comunque con un accertamento, voi possiate immediatamente opporre le evidenze in vostro possesso (magari l’accertamento verrà emesso da un ufficio diverso o da personale che non conosce il pregresso – sta a voi ricostruire la storia).
Una volta trascorso il periodo iniziale, se avete risposto o vi siete ravveduti, probabilmente non accadrà nulla di ulteriore: il vostro caso sarà considerato chiuso o monitorato. Se invece non avete fatto nulla, oltre il termine ragionevole di attesa, aumenterà via via la probabilità di ricevere una visita o una comunicazione ulteriore (ad esempio un questionario o un invito al contraddittorio).
Nel prossimo capitolo, per completezza, trattiamo i possibili rimedi e tutele qualora la situazione evolva in un accertamento vero e proprio, e come affrontarlo.
Se arriva un avviso di accertamento: rimedi difensivi e definizioni agevolate
Ipotizziamo ora lo scenario peggiore: nonostante i vostri sforzi (o per vostra scelta di inazione), l’Agenzia delle Entrate decide di procedere con un avviso di accertamento relativo al reddito basso segnalato. Ciò potrebbe avvenire perché, a giudizio dell’Ufficio, l’anomalia non è stata sanata né adeguatamente giustificata, e magari sono emersi altri indizi di base imponibile sottratto.
Un accertamento per “redditi bassi” assumerebbe probabilmente la forma di un accertamento analitico-induttivo (ex art. 39 c.1 lett. d DPR 600/73) se il contribuente è soggetto a contabilità, oppure di un accertamento sintetico (redditometro) se parliamo di persona fisica e la contestazione è sulla capacità di spesa. Nel nostro contesto parliamo di imprese/autonomi, dunque più facile la prima ipotesi: l’ufficio contesta che la contabilità, pur formalmente regolare, è inattendibile perché antieconomica, rideterminando un maggior reddito imponibile sulla base di percentuali di margine o ricostruzioni presuntive.
Esempio di accertamento possibile: l’ufficio potrebbe notificare un avviso in cui si legge che “considerato che il contribuente Alfa srl ha dichiarato per l’anno 2023 un reddito (€10.000) con indice di redditività (5%) estremamente inferiore rispetto al settore di appartenenza (15%), e rilevato inoltre che i compensi erogati agli amministratori (€50.000) superano l’utile conseguito, si accerta induttivamente un maggior reddito imponibile di €X, congruo rispetto alla media settoriale”, con conseguente imposta e sanzioni.
Di fronte all’accertamento, il contribuente ha comunque a disposizione diversi strumenti di tutela e/o di definizione agevolata. Vediamoli:
A) Richiesta di Autotutela all’Ufficio
Non appena ricevuto l’avviso (o il *“PVC” – processo verbale – se c’è stato un controllo più approfondito prima), si può presentare all’ufficio una istanza di annullamento in autotutela. L’autotutela è il potere/dovere della Pubblica Amministrazione di correggere o annullare i propri atti quando risultino palesemente viziati o errati. In ambito tributario, il contribuente può inviare all’ente che ha emanato l’atto una richiesta motivata di riesame, evidenziando errori di fatto o di diritto.
Nel nostro caso, l’autotutela potrebbe essere utile se:
- L’accertamento contiene evidenti errori (ad es. ha ignorato un vostro ravvedimento già effettuato, oppure ha fatto calcoli sbagliati sui dati, oppure ancora non ha tenuto conto di documenti che invece avevate inviato e protocollato).
- Sono emerse dopo la lettera nuove prove a vostro discarico che non erano state valutate.
Tuttavia, bisogna essere realisti: se l’ufficio è arrivato a emettere l’atto, difficilmente farà marcia indietro in autotutela a meno che non abbiate argomenti molto forti e oggettivi. L’autotutela non sospende i termini per il ricorso, quindi va sempre presentato ricorso entro 60 giorni anche se chiedete autotutela (a meno che l’ufficio non annulli l’atto prima, cosa rara in tempi brevi).
Può però valere la pena provarci se, ad esempio, l’accertamento si basa su presupposti manifestamente sbagliati (es: scambia il vostro caso per un altro, non considera che siete un forfettario, ecc.). Inviate subito una PEC con l’istanza di autotutela, allegando le prove e chiedendo l’annullamento totale/parziale. In Lombardia, sperimentalmente, esiste anche la possibilità di presentare istanze di autotutela via CIVIS. La risposta può arrivare anche dopo mesi, e in caso di silenzio l’istanza si considera respinta.
B) Acquiescenza all’accertamento (definizione agevolata delle sanzioni)
Se ritenete che l’accertamento sia fondato (o comunque non conveniente da impugnare) e volete chiudere la faccenda senza controversie, potete optare per l’acquiescenza. Consiste nel non impugnare l’atto e pagare tutto quanto richiesto entro 60 giorni, beneficiando di una riduzione delle sanzioni ad 1/3 del minimo previsto (art. 15 D.Lgs. 218/1997). In pratica, le sanzioni vengono ridotte di due terzi. Ad esempio, se l’avviso applica una sanzione del 90% su €10.000 di maggiore imposta (€9.000), con acquiescenza paghereste solo il 30% (€3.000) oltre all’imposta e interessi. L’atto così definito non è più impugnabile.
L’acquiescenza conviene se:
- L’ufficio non ha lasciato margini di trattativa o non avete elementi per far abbassare la pretesa.
- La violazione c’è e preferite chiudere pagando meno sanzioni anziché rischiare in giudizio.
- Non potete accedere all’adesione (vedi dopo) per motivi di valore o perché l’accertamento è stato emesso senza invito.
Per fruire dell’agevolazione è necessario non aver già presentato ricorso e pagare entro il termine (anche in forma rateale, se l’accertamento lo consente: di solito le somme possono essere dilazionate fino a 8 rate se sopra una certa soglia). Pagando la prima rata entro 60 giorni e le successive trimestralmente, si perfeziona comunque la definizione, purché tutte le rate siano saldate.
Attenzione: se l’importo è elevato e non si paga o si salta una rata, si perde l’agevolazione e l’atto torna dovuto per intero (meno quanto eventualmente versato a acconto).
C) Accertamento con adesione
L’adesione all’accertamento (D.Lgs. 218/1997) è uno strumento che consente al contribuente di concordare con l’ufficio un contenuto parzialmente diverso dell’atto, prima di adire le vie legali. In genere, dopo la notifica dell’avviso (o in certi casi prima, con un invito a comparire), il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione e aprire un dialogo con l’ufficio. Ne segue un incontro (anche più di uno) durante il quale si valutano le prove, si discutono le posizioni e si cerca un accordo su un’imposta dovuta di compromesso.
Nel contesto di un reddito basso accertato, l’adesione potrebbe portare ad esempio a riconoscere alcune giustificazioni: l’ufficio potrebbe ridurre il maggior reddito accertato tenendo conto di elementi che il contribuente fornisce (che magari in fase di emissione non erano stati adeguatamente considerati). Se si trova un accordo, viene redatto un atto di adesione con le nuove somme dovute. I vantaggi dell’adesione sono:
- Le sanzioni sono ridotte ad 1/3 (come per l’acquiescenza) del minimo.
- È possibile la rateazione fino a 8 rate trimestrali (12 se importi sopra 50.000 €).
- Si evita il giudizio e si “pulisce” la situazione con il Fisco su base concordata.
Per attivare l’adesione, bisogna presentare istanza all’ufficio entro il termine per il ricorso (60 giorni dalla notifica). Ciò sospende i termini di impugnazione per 90 giorni. Entro quel periodo si tiene la discussione. Se non ci si accorda, il contribuente avrà ancora 30 giorni dalla chiusura del procedimento per presentare ricorso (gli effetti sospensivi prolungano i termini).
Nel nostro caso, potrebbe valere la pena se avete elementi per convincere l’ufficio ad abbassare la pretesa. Ad esempio, portare documenti nuovi sulle spese effettive o dimostrare che parte del reddito “omesso” era in realtà non tassabile. L’ufficio dal canto suo potrebbe voler chiudere recuperando almeno in parte (magari offrendovi di togliere le sanzioni maggiori e applicare solo la 1/3).
D) Mediazione e conciliazione giudiziale
Se decidete di presentare ricorso in Commissione Tributaria, ricordate che per le controversie di valore non superiore a €50.000 (importo del tributo al netto di sanzioni) è obbligatorio il tentativo di mediazione tributaria (art. 17-bis D.Lgs. 546/92). In pratica, si deposita il ricorso che vale anche come istanza di mediazione: l’ufficio ha 90 giorni per eventualmente formulare una proposta di mediazione (ad esempio riducendo importi o sanzioni). Se accettate, la lite si chiude con atto di mediazione e sanzioni ridotte al 35% del minimo. Se non c’è accordo, il processo prosegue.
Durante il processo, in qualunque grado, è sempre possibile trovare un accordo con conciliazione giudiziale: le parti concordano una rideterminazione delle somme dovute e la Commissione emette una sentenza di conciliazione. Anche qui la legge prevede uno sconto sulle sanzioni: al 40% del minimo se la conciliazione avviene in primo grado, 50% se in appello (art. 48 D.Lgs. 546/92).
Questi strumenti vanno oltre lo scopo di questa guida, ma è utile sapere che esistono: servono a evitare di arrivare fino in Cassazione, trovando un compromesso sanzionatorio.
E) Ricorso in Commissione Tributaria
Qualora non si aderisca né si faccia acquiescenza, rimane la via del ricorso giudiziale (ora di fronte alle Corti di Giustizia Tributaria, nuova denominazione degli organi di primo e secondo grado).
Come impostare la difesa in giudizio in un caso del genere? Ecco alcuni possibili motivi di ricorso che un contribuente, con l’aiuto del proprio avvocato tributarista o commercialista, potrebbe far valere:
- Insussistenza della pretesa tributaria / Carenza di prova: contestare nel merito che il maggior reddito accertato esista davvero. Sottolineare che l’ufficio si è basato su un mero calcolo presuntivo (reddito dipendenti vs reddito imprenditore) senza prove concrete di ricavi non dichiarati. Evidenziare che la contabilità è regolarmente tenuta e che l’antieconomicità non è di per sé prova certa di evasione. Citare giurisprudenza sul punto: es. Cass. ha affermato che l’accertamento induttivo è ammesso in presenza di contabilità formalmente regolare solo se la difformità rispetto a parametri di settore raggiunge livelli di grave irragionevolezza. Se nel vostro caso lo scostamento non era poi così abnorme, rimarcarlo. Oppure evidenziare che c’erano ragioni economiche valide (già eventualmente esposte nella fase precontenziosa) e che l’ufficio le ha ignorate arbitrariamente. Se disponete di perizie o analisi di settore che mostrano come il vostro margine, pur basso, rientri magari nei limiti di una crisi generalizzata, presentatele.
- Violazione di legge o vizi procedurali: ad esempio, eccepire la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale se ritenete che fosse dovuto. Su questo c’è dibattito: per gli accertamenti basati su presunzioni semplici non c’è obbligo generale di contraddittorio preventivo, tranne in materia di tributi armonizzati UE (IVA) se l’accertamento è “a tavolino” – a seguito di pronunce della Corte UE e Cass. SU n.24823/2015. Quindi, se l’avviso riguarda anche IVA, potreste eccepire la nullità per mancato contraddittorio preventivo (se effettivamente non vi hanno convocato per spiegarvi prima dell’atto). Non è una linea garantita, ma da tentare.
Altri vizi formali possibili: motivazione insufficiente o per relationem non appropriata (se l’avviso non spiega come è stato quantificato il reddito “congruo” o copia passaggi standard senza calarli nel caso concreto, potrebbe violare l’obbligo di motivazione ex art. 3 L.241/90). Oppure errori grossolani sui soggetti, annualità, etc. - Errori di calcolo: se l’ufficio ha ricalcolato il reddito aggiuntivo, controllare ogni riga. Spesso, in questi accertamenti, usano percentuali medie: verificate se hanno applicato il % giusto, se hanno considerato eventuali spese deducibili correlate, etc. Qualsiasi discrepanza può essere contestata.
- Disapplicazione sanzioni per obiettiva incertezza: ipotesi estrema, ma si può argomentare che data la particolarità del caso (es. nessuna violazione chiara ma solo valutazioni su reddito basso) si versi in situazione di incertezza tale da escludere le sanzioni amministrative (art. 6 c.2 D.Lgs.472/97). Non sempre i giudici accolgono, ma tentar non nuoce per ridurre le sanzioni anche giudizialmente.
Nel predisporre il ricorso, sarà cruciale allegare tutta la documentazione probatoria: bilanci, dichiarazioni originarie, eventuali carte già inviate all’ufficio, ecc. Si può chiedere CTU (Consulenza Tecnica) se c’è da esaminare documenti contabili complessi per dimostrare la veridicità del risultato economico.
Ricordatevi di chiedere espressamente in ricorso la disapplicazione delle sanzioni o comunque la loro riduzione in via gradata (il giudice tributario può ridurre le sanzioni se ritiene la misura eccessiva o se accoglie parzialmente il ricorso).
F) Rateizzazione delle somme dovute
Infine, un aspetto pratico: se dall’accertamento emergono somme da pagare (per acquiescenza, adesione o conciliazione), si possono ottenere dilazioni. Abbiamo già accennato che:
- In sede di adesione o conciliazione, la legge consente fino a 8 rate trimestrali (o 16 rate se importo oltre €50.000).
- In sede di acquiescenza, l’atto stesso generalmente concede la possibilità di pagamento frazionato (di solito indicate nel provvedimento di irrogazione delle sanzioni).
- Se invece si fa ricorso e si perde, le somme a quel punto dovute saranno iscritte a ruolo: a quel punto interviene l’Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia) e varranno le regole generali di rateizzazione delle cartelle:
- Debiti fino a €120.000: rateazione semplice fino a 84 rate mensili (7 anni) ottenibile con semplice richiesta.
- Debiti oltre €120.000: possibile fino a 120 rate mensili (10 anni) se si prova lo stato di difficoltà finanziaria e si rientra nei coefficienti di legge. Dal 2025 in poi, la normativa prevede un’estensione graduale: ad esempio per richieste nel 2025-26 si può chiedere direttamente fino a 120 rate anche per importi inferiori (purché >84 rate). In sostanza, il sistema è divenuto più permissivo.
- Tasso di interesse di dilazione: attualmente relativamente basso (intorno al 2-3% annuo dopo gli ultimi provvedimenti).
Conclusione di questa sezione: Il contribuente, informato e assistito, ha a disposizione vari strumenti per difendersi o per risolvere la pendenza a condizioni favorevoli anche dopo la fase di compliance. L’ideale rimane evitare di giungervi: meglio ravvedersi o chiarire prima. Ma se succede, non è la fine – si può ancora rimediare con le procedure qui descritte. Naturalmente, ogni passaggio successivo (adesione, ricorso) comporta costi e incertezze crescenti, quindi è sempre opportuno fare un calcolo costi-benefici e valutare realisticamente le proprie chance di vittoria in giudizio e la propria capacità di sostenere i pagamenti.
Esempi pratici e simulazioni (casi di studio)
Per rendere più concreta la trattazione, presentiamo di seguito alcuni casi pratici simulati, rappresentativi di situazioni che possono verificarsi, e la possibile gestione di ciascuno:
Caso 1: Errore effettivo e ravvedimento tempestivo
Tizio è un imprenditore individuale nel settore commercio al dettaglio. Nel 2023 ha omesso dalla dichiarazione parte degli incassi in contanti (stimati in circa €15.000 di imponibile non dichiarato) e ha dichiarato un reddito di €10.000. A novembre 2024 riceve la lettera di compliance che segnala il suo reddito come anomalo rispetto al minimo di settore (€20.000). Tizio, messo alle strette, riconosce la violazione. Entro febbraio 2025 presenta con l’aiuto del commercialista una dichiarazione integrativa 2023 includendo i €15.000 omessi (il reddito sale a €25.000). Calcola la maggiore imposta IRPEF dovuta (supponiamo €4.500), la sanzione base (90% di 4.500 = €4.050, ma siccome la violazione è avvenuta nel 2023 pre-riforma, si applicherebbe il 90%) e la riduce a 1/8 (essendo entro l’anno seguente alla dichiarazione originaria, più di 90 giorni ma entro Unico 2025): sanzione ~€506. Aggiunge interessi legali (ca. €150). Versa tutto (4.500+506+150) in un F24 indicando il codice atto. Risultato: Tizio ha speso circa €5.156 per sanare, contro i circa €8.000 che avrebbe rischiato di pagare se scoperto (sanzione piena e interessi maggiori). L’Agenzia registrerà l’integrativa: la lettera di compliance è risolta e Tizio non subirà accertamento per il 2023. Il suo nominativo probabilmente uscirà dai radar per quell’anno, anche se resterà monitorato per il futuro.
Caso 2: Reddito basso giustificato – invio di chiarimenti e nessun accertamento
Caio gestisce una piccola impresa artigiana (falegnameria). Nel 2023 dichiara €8.000 di reddito, poiché ha avuto commesse scarse e ha comunque voluto pagare per intero il suo operaio per tenerlo in organico (costo dipendente €20.000, incassi €60.000, utile basso). Riceve la lettera di compliance. Caio valuta che non c’è nulla di irregolare: è stata un’annata storta, ma tutto dichiarato. Decide di rispondere tramite PEC all’Agenzia: nella lettera spiega che il suo margine è stato basso per ragioni di mercato (allega copia di un articolo di settore che evidenzia il calo di domanda nel 2023) e soprattutto perché ha sostenuto costi fissi alti (allega il Conto Economico 2023 che mostra il peso del costo del personale). Evidenzia che l’azienda ha utilizzato riserve degli anni precedenti per coprire le spese (allega estratto del patrimonio netto). Dopo l’invio, non riceve risposte formali. Nessun accertamento arriva nel 2025 né nel 2026. Caio rientra negli ISA 2024 con un punteggio di affidabilità discreto (avendo dichiarato poi un reddito 2024 più alto grazie alla ripresa). L’anomalia 2023 viene archiviata come caso di “legittima anti-economicità”: la spiegazione è stata ritenuta plausibile. Caio non ha pagato nulla in più e ha evitato guai fornendo chiarezza.
Caso 3: Giustificazioni non accolte – contraddittorio e adesione parziale
Sempronia è un’avvocata in regime ordinario. Nel 2023, al terzo anno di attività, dichiara un reddito di €12.000. Riceve la lettera di compliance che segnala l’anomalia rispetto ai parametri (avvocato al terzo anno avrebbe dovuto fatturare almeno €30.000 secondo i dati medi). Sempronia aveva effettivamente lavorato poco nel 2023 causa problemi familiari, ma aveva comunque speso per mantenere lo studio. Invia una risposta spiegando che ha lavorato solo 6 mesi per via del decesso del padre e di essersi dovuta dedicare all’azienda agricola di famiglia (allega certificati e documenti). L’Agenzia tuttavia non si accontenta, probabilmente memore di casi analoghi (la Cassazione nel 2020 ha ritenuto irrilevante l’aver iniziato da poco o le vicende personali per giustificare redditi bassi di un avvocato). Nel 2026 l’ufficio notifica a Sempronia un avviso di accertamento basato sui parametri (pur aboliti formalmente, li usano come criterio di ricostruzione del reddito potenziale), determinando maggiori compensi non dichiarati per €15.000. Sempronia presenta istanza di accertamento con adesione: durante il contraddittorio riesce a far valere che nel frattempo (2024-25) la sua attività è decollata e il 2023 era un outlier; inoltre mostra che i pochi clienti 2023 sono stati acquisiti a tariffe scontate per farsi un nome. L’ufficio, temendo un esito incerto in causa, propone un’adesione riducendo i compensi non dichiarati contestati da €15.000 a €7.500. Sempronia accetta. Paga la maggiore imposta su €7.500 (~€2.000) e le sanzioni 1/3 del minimo (sanzione base 70% di 2.000 = 1.400, ridotta a ~467). Totale con interessi ~€2.600, in più rispetto a nulla se avessero creduto alle sue ragioni, ma molto meno dei circa €5.000 che l’accertamento originario avrebbe comportato. E soprattutto evita il giudizio.
Caso 4: Inerzia totale e accertamento con esito in Commissione
Pinco ha una ditta individuale di installazione infissi. Nel 2023 dichiara €5.000 di reddito, mentre paga due dipendenti per totali €40.000. La lettera di compliance lo avvisa dell’anomalia, ma Pinco – mal consigliato – decide di ignorarla, convinto che “non possono sapere se ho evaso, magari la fa franca”. Non fa integrativa e non risponde. Nel 2025 riceve un invito al contraddittorio dall’ufficio: viene invitato a presentarsi con documenti. Lui non si presenta. Nel 2026 gli notificano un avviso di accertamento pesante: ricavi in nero presunti €50.000, maggiore IRPEF + IVA + IRAP totale €25.000, sanzioni 100% (essendo recidivo anche per l’IVA, ipotizziamo). Pinco è costretto a rivolgersi a un avvocato e fare ricorso. In giudizio, porta come giustificazione che nel 2023 ha realizzato lavori in economia per il proprio magazzino (quindi i dipendenti erano impegnati senza produrre ricavi di mercato). Non avendo però tracciato nulla di ciò, ha poche prove (solo l’inventario di magazzino con più beni capitalizzati). La Commissione, vedendo che effettivamente le giustificazioni sono postume e senza riscontro oggettivo, dà parzialmente ragione al Fisco: riduce i ricavi in nero accertati a €30.000 (riconoscendo che forse qualcosa per uso interno c’era) ma conferma la legittimità dell’accertamento. Pinco si ritrova a pagare comunque circa €15.000 tra imposte e sanzioni, più ha speso €3.000 di legali e perizie. Avrebbe potuto pagare molto meno col ravvedimento iniziale, ma ormai il danno è fatto. Inoltre, l’Agenzia lo terrà d’occhio per il futuro come contribuente “non collaborativo”.
Come mostrano questi casi, agire prontamente e in modo appropriato fa la differenza tra un esito indolore e uno molto costoso. Ogni situazione è a sé, ma la guida fornita fin qui dovrebbe aiutare a orientarsi e a evitare errori comuni.
Fac-simili di atti: lettera di risposta e ricorso (esempi)
Di seguito proponiamo dei modelli semplificati di documenti che potrebbero tornare utili: una lettera di risposta all’Agenzia con chiarimenti (caso di reddito basso giustificato) e uno schema di ricorso tributario (in caso di accertamento). Andranno adattati al caso concreto, ma possono servire da traccia.
Fac-simile di lettera di risposta/istanza di autotutela per reddito basso
(Da inviare via PEC o raccomandata alla Direzione Provinciale competente – Ufficio Accertamento)
**Oggetto:** Comunicazione di compliance prot. n. 123456/2024 – Riscontro e chiarimenti – Contribuente XYZ Srl (P.IVA 12345678901)
Spett.le Agenzia delle Entrate,
Direzione Provinciale di [Nome Provincia] – Ufficio Accertamento
Il sottoscritto [Nome Cognome], in qualità di legale rappresentante di **XYZ Srl**, Codice Fiscale/P.IVA 12345678901, con sede in [indirizzo],
**PREMESSO CHE** in data 10/12/2024 la società scrivente ha ricevuto via PEC una comunicazione per la promozione della compliance (prot. n. 123456/2024 – Divisione Contribuenti, DC PMI) relativa alla Dichiarazione dei Redditi anno d’imposta 2023, nella quale si segnala un’anomalia consistente in un reddito d’impresa inferiore a quello dei dipendenti del medesimo settore economico;
**PRECISA QUANTO SEGUE:**
- La XYZ Srl ha effettivamente dichiarato, per l’anno d’imposta 2023, un **reddito imponibile di €15.000**, a fronte di **costi per il personale dipendente pari a €50.000** (n. 2 dipendenti a tempo pieno). Tale situazione è dovuta a motivi oggettivi e documentabili, e non a omissioni dichiarative:
- In particolare, nel corso del 2023 la società ha investito in **attività di ricerca e sviluppo** di un nuovo prodotto, sostenendo costi **extraordinari** (materiali e prototipi) per circa **€30.000**, interamente spesati a Conto Economico e finanziati mediante utilizzo di riserve di utili degli esercizi precedenti. Dette spese, pur penalizzando il risultato d’esercizio 2023, sono destinate a generare ricavi nei prossimi anni. (V. **Documento Allegato 1:** estratto del Bilancio 2023 con evidenza dei costi di R&S).
- La contrazione dell’utile è inoltre attribuibile a un **calo congiunturale dei ricavi** nel settore, come risulta dai dati pubblicati dall’Associazione di categoria [Allegato 2: report economico settoriale], che mostrano per il 2023 una flessione media del 20% nelle vendite di zona.
- Non da ultimo, si evidenzia che la società ha **erogato compensi amministratore per €20.000** (al socio unico), importo che in sede di dichiarazione è stato dedotto dal reddito d’impresa come previsto dalla normativa (art. 95 TUIR). Se tali compensi non fossero stati dedotti, il reddito ante imposte sarebbe risultato pari a circa €35.000, un valore in linea con gli indicatori di settore. La scelta di remunerare l’amministratore, riducendo l’utile di esercizio, è stata effettuata per ragioni finanziarie e di gestione patrimoniale.
- Si dichiara quindi che **tutti i ricavi relativi al 2023 risultano regolarmente dichiarati**. La **disparità** rilevata tra reddito d’impresa e costo del personale è un effetto contabile di circostanze particolari (investimenti e politiche retributive) e non la spia di ricavi omessi.
- A riprova di ciò, si allegano ulteriori elementi:
- **Allegato 3:** copia del Modello Redditi 2024 della società, da cui si evince l’indicazione di tutti i componenti positivi di reddito e la corretta compilazione del quadro RS in merito alle spese di ricerca e sviluppo (beneficiando del credito d’imposta R&S, le spese sono state rendicontate dettagliatamente all’Agenzia separatamente).
- **Allegato 4:** Situazione contabile al 31/12/2023 con dettaglio dei costi suddivisi per natura, evidenziando le voci straordinarie.
- **Allegato 5:** Relazione del Consiglio di Amministrazione al bilancio 2023, approvata dall’assemblea dei soci, che espone le ragioni del calo di redditività nell’esercizio e le prospettive di ripresa per l’anno successivo.
**Tutto ciò considerato**, si **ritiene che non sussistano violazioni** degli obblighi dichiarativi né imponibili occultati relativi all’anno 2023. Pertanto **non si ravvede la necessità di presentare dichiarazione integrativa** né di procedere ad alcun ravvedimento operoso.
La scrivente società resta comunque a completa disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento e per esibire, anche in contraddittorio personale, ogni documentazione aggiuntiva che l’Ill.mo Ufficio ritenesse utile esaminare.
Confidando che le informazioni fornite siano sufficienti a chiarire la posizione fiscale per l’anno in oggetto e a **escludere il caso in esame dalle anomalie meritevoli di accertamento**, si porgono distinti saluti.
Cordiali saluti,
*Luogo*, *Data*
Firma: _Nome Cognome_
**Legale Rappresentante XYZ Srl**
(Fine fac-simile)
Questo modello andrebbe adattato alla propria situazione, evidenziando con bullet point o elenchi numerati le cause specifiche del reddito basso e allegando sempre documenti di supporto. Il tono è fermo ma collaborativo, e si dichiara esplicitamente che non c’è omissione. Si noti che viene usata un’impostazione simile a una mini-memoria difensiva: questo va bene, anzi spesso l’Ufficio apprezza la chiarezza e completezza.
Fac-simile di Ricorso tributario (estratto) – Reddito d’impresa basso accertato
(Si tratta solo di uno schema semplificato degli elementi principali di un ricorso da presentare alla Commissione Tributaria – va redatto in conformità agli art. 18 e 20 D.Lgs. 546/92, completo di intestazione, autorità giudiziaria competente, dati delle parti, motivo di impugnazione, ecc. Qui ne abbozziamo alcune parti salienti relative ai motivi di ricorso.)
**RICORSO**
Innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di [XXX]
Ricorrente: **XYZ Srl**, C.F. 12345678901, con sede in…, in persona del legale rapp.te pro tempore Sig. …, elettivamente domiciliata presso …, difesa dall’Avv… (C.F… – domiciliatario).
Contro
Resistente: **Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di XXX**, con sede in…, in persona del Direttore pro tempore.
**Avverso l’Avviso di Accertamento n. TUV/2025/1234567** notificato in data 10/09/2025, emesso dalla DP di XXX – Ufficio Accertamento, relativo ad IRES, IRAP e IVA anno d’imposta 2023, con il quale sono stati accertati maggiori ricavi per €50.000 e liquidate maggiori imposte per €… oltre sanzioni e interessi.
*(Omissis – parte dedicata alla sintesi dei fatti, descrizione della lettera di compliance ricevuta, eventuale ravvedimento non effettuato, arrivo accertamento, ecc.)*
**Motivi di ricorso:**
1. **Sull’illegittimità dell’accertamento per carenza di presupposti e difetto di motivazione:** L’atto impugnato è fondato esclusivamente su elementi presuntivi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 39, c.1 lett.d) DPR 600/73. In particolare, l’Ufficio ha ritenuto “antieconomica” la gestione 2023 della società solo in base al **confronto con indici medi di settore**, senza individuare alcuna concreta attività non dichiarata. Tale operato è in contrasto con i consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui *“l’Agenzia delle Entrate può accertare maggiori ricavi anche con l’utilizzo delle medie di settore, pure in presenza di contabilità regolare, solo se la difformità dell’indice di redditività raggiunge livelli di abnormità e irragionevolezza”* (Cass. ord. n. 23427/2020):contentReference[oaicite:106]{index=106}. Nel caso di specie, la redditività dichiarata (5%) benché inferiore alla media (10%), **non presenta quello scostamento abnorme** richiesto: la differenza è di 5 punti percentuali, spiegabile con normali oscillazioni di mercato. L’atto inoltre **difetta di motivazione**: si limita a richiamare una “nota tecnica di settore” senza riportare i calcoli specifici con cui si è giunti ai €50.000 di ricavi presunti. Il contribuente non è posto in grado di comprendere appieno le ragioni dell’imposizione, in violazione degli artt. 7 L.212/2000 e 3 L.241/90.
2. **Sull’erroneità della ricostruzione del reddito e valutazione delle prove contrarie:** L’Ufficio ha omesso di considerare importanti elementi giustificativi forniti dal contribuente in sede di contraddittorio (memo PEC del 20/07/2025, Allegato 6). In particolare, era stato dimostrato che nel 2023 la società ha sostenuto **costi straordinari per €40.000** relativi a manutenzioni straordinarie e investimenti interni, che hanno ridotto l’utile. Tali costi – documentati in atti – spiegano l’apparente bassa redditività. L’Ufficio non li ha minimamente valutati, incorrendo in una **motivazione omessa o insufficiente** su questo punto. Si richiama Cass. n. 7538/2020, secondo cui *“la presenza di un saldo di cassa negativo (spese superiori agli incassi) costituisce anomalia contabile che fa presumere ricavi non contabilizzati”*:contentReference[oaicite:107]{index=107}: **nel nostro caso, al contrario, il saldo di cassa è ampiamente positivo** e l’antieconomicità è solo teorica. Dunque la presunzione dell’Ufficio risulta vinta dalle prove contrarie presentate, ingiustamente ignorate.
3. **Violazione del diritto al contraddittorio e dei principi dello Statuto del Contribuente:** L’accertamento è stato emesso in assenza di un preventivo confronto effettivo. L’Ufficio non ha accolto la richiesta di rinvio dell’incontro né ha risposto puntualmente alle memorie presentate prima dell’emissione (violazione art. 12, c.7 L.212/2000). Inoltre, considerando che la ripresa riguarda anche IVA, si eccepisce la nullità dell’atto per mancato contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio ai sensi della giurisprudenza UE (CGUE, cause C-276/12 e C-277/12). La lettera di compliance ricevuta un anno prima non può considerarsi supplire a tale obbligo, poiché non è stato instaurato un dialogo effettivo sul calcolo presuntivo poi adottato.
*(Segue eventualmente un motivo sulle sanzioni:)*
4. **In subordine, sulla disapplicazione/riduzione delle sanzioni:** Qualora, per ipotesi, fosse riconosciuta una qualche maggiore imposta, si chiede fin d’ora la **non applicazione delle sanzioni amministrative** per obiettiva incertezza del diritto e/o mancanza di dolo. La particolare situazione – con parametri nuovi introdotti dal DM 14/6/2024 (Concordato Preventivo Biennale) – configurava una novità interpretativa che può aver tratto in errore la contribuente sulla necessità di adeguamento volontario. In ulteriore subordine, si invoca il potere di **riduzione discrezionale delle sanzioni** da parte della Commissione, in considerazione della buona fede della società (che ha fornito collaborazione in ogni fase) e della natura prevalentemente estimativa della contestazione.
**Richiesta finale:**
Alla luce dei motivi esposti, la ricorrente chiede che codesta Ill.ma Commissione voglia:
- In via principale, **annullare integralmente l’avviso di accertamento impugnato**, per insussistenza del maggior reddito accertato e conseguentemente delle maggiori imposte e sanzioni;
- In via subordinata, ridurre quanto dovuto ad importi minori ritenuti di giustizia, applicando le più favorevoli disposizioni in tema di sanzioni e pagamento del tributo;
- Con vittoria di spese di giudizio.
Si allegano i documenti di prova di cui in indice (tra cui: bilancio 2023, estratti contabili, copia PEC e memorie presentate all’Ufficio, documentazione fotografica degli investimenti interni, ecc.).
Luogo, Data.
Avv. XYZ – difensore della ricorrente (firma)
(Fine estratto ricorso)
Questo esempio è parziale, ma illustra come argomentare su più fronti: merito (assenza di base imponibile nascosta), vizi procedurali, sanzioni. Naturalmente ogni ricorso va cucito sul caso concreto e rispettare le formalità (notifica, firma digitale se via PEC, ecc.).
L’importante è far emergere che l’accertamento basato su un reddito “troppo basso” è pur sempre un accertamento su presunzioni: quindi si vince se si dimostra che tali presunzioni non reggono a fronte dei fatti reali. La Cassazione è intervenuta spesso su casi di margini ridotti o incongruenze, a volte dando ragione al Fisco (come nell’ordinanza su compensi amministratori superiori all’utile), altre volte al contribuente se quest’ultimo è riuscito a giustificare l’antieconomicità con situazioni particolari. Ad esempio, in altre pronunce la Suprema Corte ha annullato accertamenti quando il contribuente ha provato l’assenza di operazioni non dichiarate e la situazione di crisi (costi elevati non riducibili) era documentata e plausibile.
Ricordiamo che dal 2023 in avanti il contenzioso tributario è interessato da alcune novità: i giudici tributari diventano professionali, c’è il principio della soccombenza per le spese (chi perde paga le spese legali), e in Cassazione è previsto un filtro di ammissibilità più severo. Ciò rende ancora più importante risolvere la questione a monte, se possibile.
Domande frequenti (FAQ)
D1: La lettera di compliance è un vero e proprio accertamento? Devo per forza rispondere o fare qualcosa?
R: No, la lettera non è un accertamento e non obbliga formalmente a rispondere o a pagare. È un invito bonario a verificare e, eventualmente, a correggere errori. Non ci sono sanzioni automatiche se non rispondi. Tuttavia, ignorarla del tutto può essere rischioso: se l’anomalia segnalata è reale, l’Agenzia potrebbe in seguito procedere con un accertamento vero. Quindi, pur non essendoci un obbligo giuridico di risposta, è fortemente consigliato prendere in considerazione la comunicazione e valutare il da farsi (come spiegato nella guida). Se sei certo che sia infondata, puoi anche decidere di non replicare, ma preparati comunque a un eventuale contraddittorio futuro. In sintesi: non è obbligatorio rispondere, ma è nell’interesse del contribuente chiarire o regolarizzare spontaneamente per evitare conseguenze più gravose.
D2: Entro quanto tempo devo regolarizzare con ravvedimento operoso dopo aver ricevuto la lettera?
R: Prima è, meglio è. L’Agenzia suggerisce di agire entro 90 giorni dalla ricezione, perché così mantieni il diritto alle sanzioni ridotte al minimo (1/9 o 1/8 circa). Trascorsi i 90 giorni, non c’è un divieto assoluto di ravvedersi (puoi comunque farlo finché non ti notificano un accertamento), ma potresti perdere qualche beneficio di riduzione e soprattutto potresti essere anticipato dal Fisco: se ti notificano un atto di contestazione, da quel momento il ravvedimento non è più ammesso. Quindi il consiglio pratico è di completare l’eventuale ravvedimento nel giro di pochi mesi. Considera che preparare l’integrativa e trovare i fondi per pagare richiede tempo, quindi attivati subito. Se hai bisogno di più di 90 giorni (ad es. per reperire liquidità), sappi che formalmente il ravvedimento è ammesso anche dopo, ma sei in un terreno incerto.
D3: La lettera dice che potrei aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB). Che cos’è e devo aderire?
R: Il CPB è un regime speciale introdotto nel 2024 che consentiva alle piccole partite IVA di concordare il reddito per il 2024-2025, con il vantaggio di evitare controlli su quei due anni e di sanare il passato 2018-2022 con sanzioni ridotte. Era una sorta di “pacchetto” per mettersi in regola globalmente. Non era obbligatorio aderire, era una facoltà. La lettera lo menzionava per incentivare chi aveva redditi bassi ad alzarli nei due anni successivi aderendo a questo patto. Se non hai aderito entro dicembre 2024, ora la finestra è chiusa (salvo futuri provvedimenti). Quindi, se leggi la lettera ora (nel 2025) quella parte non è più attuale se non l’hai già sfruttata. In ogni caso, l’adesione al CPB va ponderata: aveva senso solo per alcuni (chi prevedeva di poter sostenere redditi minimi concordati). Molti contribuenti e consulenti l’hanno ritenuto poco conveniente, tanto che la stessa Agenzia lamenta lo scarso successo. Dunque, non devi aderire per forza; era una opzione. Se non hai aderito, dovrai semplicemente concentrarti su ravvedimento/giustificazioni per il 2023 e stare attento in futuro. Se invece hai aderito, assicurati di rispettare gli impegni concordatari per non decadere dai benefici.
D4: Cosa succede se ignoro la lettera e non faccio nulla?
R: Nell’immediato, nulla: non succede niente automaticamente. Ma molto probabilmente verrai inserito nelle liste di possibili controlli. L’Agenzia potrebbe, trascorso un po’ di tempo, svolgere verifiche più approfondite sul tuo caso. Potresti ricevere in futuro un questionario, un invito a comparire o direttamente un avviso di accertamento basato sulle informazioni che ha (con presunzioni). Ignorare la lettera significa anche rinunciare alla chance del ravvedimento operoso con sanzioni ridotte: se ti faranno un accertamento, pagherai sanzioni molto più alte e avrai meno margini di trattativa. In sintesi: ignorare è una scelta, ma comporta rischio elevato di accertamento e di costi maggiori poi. È consigliabile ignorare solo se sei certo al 100% che la lettera sia infondata e sei pronto eventualmente a difenderti in giudizio. Per la stragrande maggioranza dei contribuenti, vale la pena fare almeno qualcosa (ravvedersi o farsi sentire).
D5: Ho ricevuto la lettera ma sono convinto di aver dichiarato tutto giusto. Posso semplicemente non correggere nulla?
R: Sì, se sei convinto che il tuo reddito basso sia corretto e giustificato, non devi correggere nulla (non si ravvede ciò che non è sbagliato). In tal caso, l’alternativa è tra rispondere fornendo spiegazioni (come illustrato nella guida) oppure, come detto sopra, non rispondere affatto. Dipende da quanto solide sono le tue giustificazioni e da quanto vuoi essere proattivo. La linea prudente è: non correggere nulla (perché non c’è errore), ma informare l’Agenzia dei motivi legittimi del tuo reddito basso. Così speri di evitare il controllo. Se invece scegli di non rispondere, assicurati di raccogliere e conservare tutti i documenti che potranno dimostrare la bontà della tua posizione, nel caso in cui ti chiamino a controllo o accertamento. Ricorda: non sei obbligato a rettificare la dichiarazione se era esatta; l’onere di provare che c’era reddito nascosto spetta al Fisco in un eventuale accertamento futuro. Il tuo compito è solo farti trovare pronto con le prove contrarie.
D6: La lettera parla di “ravvedimento per gli anni 2018-2022 entro 31/3/2025”. Vuol dire che possono farmi controlli anche su quegli anni?
R: Nel contesto, quella frase si riferisce alla possibilità di usare il ravvedimento speciale su 2018-22 se aderivi al concordato. Non significa che sicuramente ti controlleranno quegli anni; significa che, se sospettavi di avere evaso anche in anni passati ancora accertabili (2018-2019-2020-2021-2022), ti stavano dando un’ultima chance di sanare anche quelli con sanzioni ridotte. In generale, il Fisco può controllare gli ultimi 5 anni (a ritroso dal 2025 si arriva al 2020, o 2019 se dichiarazione omessa). Quindi 2018 e 2019 sono ormai in gran parte decaduti come accertabilità ordinaria (nel 2025, l’anno d’imposta 2018 non è più accertabile se non in casi di reato o omessa dichiarazione). Diciamo che la lettera voleva spingerti a fare pulizia sul passato. Se non l’hai fatto entro marzo 2025, adesso non hai più quella particolare agevolazione. Ma puoi comunque ravvederti per anni ancora aperti se hai irregolarità (es. 2020, 2021) alle condizioni ordinarie. Oppure potresti attendere nuove pace fiscali, se ci saranno, ma è una scommessa. In sintesi: non significa che ti controlleranno per forza il 2018-22, però se c’è un pattern (es. redditi bassissimi per più anni) e l’ufficio se ne accorge, potrebbe estendere i controlli retroattivamente fin dove può. Meglio prevenire ravvedendo eventuali errori anche di quegli anni, se ci sono.
D7: Ho letto che le lettere di compliance vengono inviate anche per altri motivi, ad esempio redditi esteri non dichiarati o affitti non dichiarati. La risposta da dare è simile?
R: Sì, il concetto generale è analogo. L’Agenzia invia lettere di compliance per varie anomalie: redditi esteri da monitoraggio non dichiarati, immobili non registrati a tassazione, redditi di lavoro o pensione non dichiarati (magari un CU non inserito), incoerenze ISA, ecc. In tutti i casi, la struttura è: ti avvisano, tu puoi ravvederti se hai dimenticato qualcosa (dichiarazione integrativa) oppure comunicare spiegazioni se invece eri regolare (magari l’Agenzia ha info sbagliate). Quindi il metodo di approccio è simile: verificare, chiedere chiarimenti, ravvedersi se necessario, oppure fornire elementi difensivi. Naturalmente ciascuna anomalia ha le sue specificità (ad es. per redditi esteri potrebbe convenire aderire alla “voluntary disclosure” se esiste, o per affitti non dichiarati c’è la sanzione del 90% che con ravvedimento scende, ecc.). Ma la filosofia è la stessa: risolvere prima che diventi accertamento. Questa guida è incentrata sui redditi bassi, ma molte indicazioni (ravvedimento operoso in primis) valgono trasversalmente.
D8: Posso fare ravvedimento operoso a rate? Non dispongo subito di tutta la liquidità per pagare imposte e sanzioni in un’unica soluzione.
R: Il ravvedimento operoso in sé non prevede formalmente la possibilità di rateizzare, perché la norma richiede il pagamento integrale di quanto dovuto per perfezionarlo. Tuttavia, puoi gestirlo in maniera un po’ flessibile: ad esempio, se l’importo è elevato, potresti intanto presentare la dichiarazione integrativa (così blocchi eventuali iniziative dell’ufficio, mostrando la volontà di regolarizzare) e procedere ai pagamenti magari suddividendo su due mesi, se riesci a stare in tempi brevi. Ad esempio, potresti pagare prima l’imposta e un po’ di sanzione, e qualche settimana dopo completare con interessi e resto sanzione. L’importante è che prima che l’ufficio ti notifichi qualcosa tu abbia versato tutto. Non c’è una vera rateazione formalizzata con ravvedimento (a differenza del ravvedimento speciale che consentiva 8 rate). Quindi, se non riesci proprio a pagare, hai due strade:
- Contattare l’ufficio e spiegare la situazione, vedere se attendono prima di accertare (non è garantito, ma a volte se vedono buona fede possono concordare un piano informale).
- Oppure, aspettare l’eventuale avviso di accertamento e poi chiedere la rateazione su quello (ma a quel punto, addio sanzioni ridotte).
Un’altra alternativa: pagare parzialmente col ravvedimento e poi attendere l’accertamento per la parte restante e rateizzare quella – però è un gioco complesso e rischioso. Quindi, meglio fare di tutto per trovare le risorse (anche un prestito, se il risparmio di sanzioni giustifica). In sintesi: il ravvedimento rateizzato non esiste formalmente (salvo il caso del ravvedimento speciale che era un’eccezione). Devi pagare il dovuto il prima possibile in soluzione unica. Se non puoi, considera di farne il più possibile – eventuali piccoli ritardi o frazionamenti ravvicinati potrebbero essere tollerati se l’importante è che quando controlleranno trovino tutto versato.
D9: Se regolarizzo ora, rischio di essere comunque oggetto di controlli in futuro? In pratica, fare integrativa non è un’ammissione di colpa che potrebbe mettermi “sotto il riflettore”?
R: In teoria, il ravvedimento operoso è pensato proprio per chiudere la partita di un’irregolarità, e l’Amministrazione, incassato il dovuto, di solito non ha interesse a perseguitare oltre il contribuente per quell’anno. Anzi, apprezza il fatto che si sia ravveduto spontaneamente. Quindi non c’è motivo di credere che chi si ravvede venga poi perseguitato di più – semmai il contrario: se non ti fossi ravveduto, saresti sicuramente un target. Certo, l’ufficio potrebbe notare che ti sei ravveduto su quell’anno e, se vedesse pattern simili in altri anni vicini, magari porrà attenzione anche a quelli. Ma, considerato che con la lettera già ti avevano “scoperto”, ravvederti non peggiora la situazione, la migliora. Dal punto di vista giuridico, il ravvedimento estingue la violazione e impedisce l’irrogazione di ulteriori sanzioni per la stessa. Ovviamente, assicurati che il ravvedimento sia completo e corretto; se lo fai male (es. dimentichi di integrare qualcosa) potresti ricevere un controllo residuo.
Insomma, regolarizzare è visto positivamente e ti toglie dalle posizioni irregolari. L’Agenzia addirittura usa le lettere di compliance perché spera che uno si ravveda e loro possano concentrare risorse altrove. Quindi no, non temere un “riflettore” punitivo: se paghi, chiudi e volta pagina. Al massimo, impegnati per il futuro a non incorrere nelle stesse anomalie (così non riceverai nuove lettere). Un contribuente che si adegua volontariamente tende a essere considerato meno rischioso di uno che ignora le comunicazioni.
D10: Sono preoccupato, queste lettere significano che il Fisco sa tutto di noi? Come fanno a sapere se il mio reddito è “troppo basso”?
R: L’Agenzia incrocia un’enorme quantità di dati nelle proprie banche dati: dichiarazioni, versamenti, CU dei dipendenti, comunicazioni IVA, dati previdenziali, ecc. Nel caso dei redditi bassi, hanno evidentemente elaborato statisticamente i dati delle dichiarazioni degli ultimi anni individuando, settore per settore, qual è il rapporto medio tra dipendente e reddito del titolare. Sono quindi in grado di calcolare un valore minimo atteso. Quando invii la tua dichiarazione annuale, i sistemi fanno dei controlli incrociati e di coerenza (questo succede ormai in automatico). I casi anomali vengono selezionati per attività di controllo. La lettera stessa in genere è prodotta centralmente e inviata massivamente. Dunque sì, il Fisco sa molto. Non necessariamente “sa tutto”, ma certamente è in grado di scovare molte incongruenze. Lo Statuto del Contribuente garantisce che verrai informato di queste incongruenze e potrai spiegare: è proprio lo scopo della lettera.
Non vivi sotto una sorveglianza assoluta, ma considera che con la fatturazione elettronica, l’anagrafe dei rapporti finanziari, gli incroci telematici, le possibilità di occultare redditi si restringono sempre di più. Quindi conviene adottare un comportamento fiscale il più possibile trasparente e lineare, e in caso di errori usare questi strumenti di ravvedimento. Ormai il Fisco utilizza strumenti di data analysis e machine learning per individuare deviazioni significative. Ad esempio, in passato mandava lettere per spese con il redditometro basato su tenore di vita; ora sta sperimentando questi nuovi indicatori (come quello dei redditi bassi vs costo lavoro). Non c’è da allarmarsi se uno è in regola: se scatta l’anomalia ma tu puoi provarne il motivo, sei a posto. Se invece uno tende a dichiarare poco ma possiede molto (case, auto, ecc.), prima o poi uno di questi strumenti lo intercetterà.
In breve: l’Agenzia ha affinato molto le sue tecniche di controllo incrociato. Le lettere di compliance sono il lato “soft” di questa attività: preferiscono avvisarti e darti modo di ravvederti piuttosto che colpirti all’improvviso. Approfitta di questa filosofia più collaborativa a tuo vantaggio.
Conclusioni
Le comunicazioni di compliance per redditi bassi rappresentano un tassello dell’evoluzione nei rapporti Fisco-contribuente: da una logica puramente repressiva si è passati a una logica preventiva e di cooperazione, in cui al contribuente viene offerta una chance di correggersi da solo o di far valere le proprie ragioni prima che scatti l’accertamento.
Dal punto di vista del contribuente (specie quello onesto o magari solo imprudente), questa è un’opportunità da cogliere: significa poter ridurre drasticamente sanzioni e contenziosi, mantenendo un buon rapporto con l’Amministrazione finanziaria. Come abbiamo visto:
- Chi ha commesso un errore o un’omissione ha lo strumento del ravvedimento operoso per rimediare con costi relativamente contenuti e senza macchie.
- Chi è convinto di aver agito correttamente può e deve farlo presente all’Agenzia, fornendo elementi a sostegno: spesso il dialogo chiarisce situazioni apparentemente strane senza bisogno di aprire un caso legale.
- In ogni caso, è fortemente sconsigliato restare passivi: le conseguenze a lungo termine dell’inerzia possono essere molto onerose.
Abbiamo anche sottolineato come il quadro normativo, aggiornato al 2025, abbia introdotto novità importanti:
- Riduzione delle sanzioni base (dal 90% al 70% per infedele dichiarazione dal 2024), che alleggerisce un po’ il peso delle eventuali contestazioni, e nuove regole di ravvedimento più flessibili in alcuni casi.
- Definizioni agevolate e condoni mirati (come il CPB e il ravvedimento speciale) che sono strumenti straordinari: quando ci sono, vale la pena valutarli con attenzione; quando non ci sono, non bisogna contarci troppo perché potrebbero non ripetersi presto, e basare la propria compliance sull’aspettativa di condoni è rischioso.
- Giurisprudenza recente di legittimità che delimita i poteri dell’Amministrazione: anche se il Fisco innova le tecniche (es. nuovi indicatori), non può prescindere dai principi di prova presuntiva e di contraddittorio. Un accertamento fondato solo sul “reddito troppo basso” deve comunque reggere al vaglio del giudice, e sarà annullato se il contribuente dimostra l’assenza di materia imponibile sottratta. Ciò dà fiducia che un contribuente “pulito” potrà far valere le proprie ragioni se necessario.
In definitiva, il punto di vista del debitore (contribuente) dev’essere pragmatico: la lettera di compliance non è un atto ostile, ma un segnale. Va interpretata come il semaforo giallo che ti invita a fermarti e controllare. Se tiri dritto col rosso, poi arriva la multa vera. Se invece ti fermi e dai precedenza (cioè sistemi le cose dovute, o quantomeno fai vedere che hai ragione tu), allora proseguirai il tuo viaggio fiscale senza intoppi.
Per i professionisti (avvocati, dottori commercialisti) che assistono i contribuenti, queste situazioni sono occasione per mettere in campo sia competenze tecniche (nel ricalcolo corretto delle imposte in ravvedimento, nell’analisi di bilancio per spiegare gli scostamenti) sia capacità di negoziazione con gli uffici, oltre che per predisporre eventuali difese in sede contenziosa. L’approccio consigliato è sempre: prima cercare la soluzione bonaria/deflattiva, poi, solo se inevitabile, la via giudiziaria.
Ci auguriamo che questa guida, con le sue oltre 10.000 parole di approfondimento, esempi e riferimenti, sia servita a chiarire ogni aspetto di come rispondere a una lettera di compliance per redditi bassi. Agire con consapevolezza e tempestività è la chiave per trasformare quella che all’inizio può sembrare una minaccia in una semplice parentesi, da chiudere senza strascichi.
Grazie per l’attenzione – Buona compliance!
Fonti e riferimenti normativi
- Leggi e normativa:
- Statuto del Contribuente – L. 212/2000: in particolare art. 6 (diritto all’informazione) e art. 12 (garanzie del contribuente sottoposto a verifiche). Questo statuto permea l’approccio collaborativo delle lettere di compliance.
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Stabilità 2015): commi 634-636 introducono formalmente le comunicazioni di compliance come strumento di promozione dell’adempimento spontaneo.
- D.Lgs. 18/12/1997, n. 472: art. 13 sul ravvedimento operoso. Modificato dal D.Lgs. 14/06/2024 n. 87 (riforma delle sanzioni) che ha ridotto alcune sanzioni e rivisto le frazioni di riduzione.
- D.Lgs. 14/02/2024, n. 13: istituisce il Concordato Preventivo Biennale (CPB) – regime opzionale per 2024-25. Cfr. artt. 1-27 per requisiti, calcolo redditi concordati, ecc. (Modificato dal D.Lgs. 29/08/2024 n. 108).
- Provvedimento Direttore AE 14/06/2024: approva la “Nota tecnica e metodologica” del CPB con indicatori settoriali, incluso l’indicatore del reddito minimo per dipendente.
- Decreto MEF 7/05/2024: definisce le nuove regole del redditometro per gli anni dal 2016 (accertamento sintetico). La sua applicazione è stata poi sospesa con Atto di indirizzo MEF 23/05/2024.
- D.Lgs. 19/06/1997, n. 218: disciplina gli strumenti deflattivi (adesione, acquiescenza, conciliazione). Vedi art. 6 (adesione: sanzioni 1/3), art. 15 (acquiescenza: sanzioni 1/3), art. 17-bis D.Lgs. 546/92 (mediazione: sanzioni 35%), art. 48 D.Lgs. 546/92 (conciliazione: sanz. 40%/50%).
- D.P.R. 29/09/1973, n. 600: art. 39 c.1 lett.d) – accertamento analitico-induttivo (contabilità inattendibile); art. 38 – accertamento sintetico (redditometro, con contraddittorio obbligatorio).
- D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (TUIR): art. 5 (trasparenza società di persone), art. 95 (deducibilità compensi amministratori), art. 109 (principio di inerenza dei costi). Citati a supporto in contenziosi su antieconomicità.
- Codice di procedura civile: art. 2729 (presunzioni semplici) – per la valutazione in giudizio delle presunzioni di reddito anomalo; art. 360 c.1 n.3 c.p.c. – ricorso in Cassazione per violazione di legge (spesso usato nelle pronunce tributarie citate).
- Tasso di interesse legale: D.M. MEF 13/12/2022 (fissa 5% per il 2023); D.M. 13/12/2023 (2,5% per il 2024); D.M. 10/12/2024 (2% dal 2025).
- Prassi amministrativa e documentazione ufficiale:
12. Agenzia Entrate – Sito web, sezione “Compliance per i cittadini” – guide e fac-simili lettere. Ad es. “L’Agenzia ti scrive: lettera di invito a regolarizzare possibili errori” (manuale PDF); Provvedimenti annuali anomalie ISA (es. Provv. 23/6/2023).
13. Circolare AE 12/10/2016 n. 42/E: chiarimenti su ravvedimento operoso dopo la riforma 2015. Ribadisce che dichiarazione omessa oltre 90gg non ravvedibile.
14. Comunicato stampa AE 4/12/2024 (congiunto ADC-AIDC-UNGDCEC): critiche alle lettere di compliance CPB (“toni inopportuni, strumento intimidatorio”).
15. Agenzia Entrate-Riscossione – Guida alla rateizzazione (2023): spiega nuove soglie automatiche fino 120k, 84/120 rate e relative finestre temporali. - Giurisprudenza (massime e sentenze):
16. Cass., ord. 20/10/2021 n. 29017: principio sulla motivazione per relationem delle sentenze di merito, citato in [24] (metodo richiamato per validità motivazione CTP/CTR).
17. Cass., ord. 26/03/2020 n. 7538: in tema di accertamento induttivo, “saldo di cassa negativo = presunzione di ricavi in nero pari al disavanzo”.
18. Cass., ord. 18/12/2019 n. 32812: (trattata in [24]) conferma legittimità accertamento induttivo su contabilità con saldi cassa negativi, onere prova a carico contribuente sui movimenti finanziari.
19. Cass., ord. 15/07/2020 n. 14996: (caso avvocato neo-abilitato) legittimo accertamento parametrico su basso reddito nonostante soli 18 mesi di attività. Situazione personale irrilevante.
20. Cass., ord. 26/10/2020 n. 23427: (caso compensi amministratori > utile) legittimo accertamento analitico-induttivo: conferma utilizzo medie settore se redditività dichiarata fortemente antieconomica. Sanziona il fatto che compensi soci (€69k) superavano reddito società (€63k).
21. Cass., sez. V, 5/04/2019 n. 8923: (citata in FiscoToday) ribadisce che contabilità formalmente regolare ma antieconomica può essere rettificata ex art.39 c.1 lett.d DPR 600/73.
22. Cass., ord. 16/11/2018 n. 29554: conferma che accertamento analitico-induttivo è ammesso anche con contabilità regolare se esistono presunzioni gravi (es. ricarichi anomali).
23. Cass., SS.UU., 18/12/2009 n. 26635: (storica, su studi di settore) riconosce obbligo di contraddittorio per accertamenti standardizzati; base per successivi interventi su redditometro.
24. Corte Costituzionale 7/4/2015 n. 70: (redditometro) dichiarò illegittime parti del D.M. 24/12/2012 per eccesso discrezionalità su spese medie ISTAT – portò a sospensione redditometro 2016-.
25. Corte Giustizia UE, 16/10/2019 causa C-189/18 (Glencore): su contraddittorio: per IVA (tributo armonizzato) contraddittorio endoprocedurale è diritto fondamentale; riflessi in ambito nazionale (Cass. SU 24823/2015).
Come Rispondere a una Lettera di Compliance per Redditi Bassi
Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate perché dichiari redditi troppo bassi rispetto al tuo tenore di vita? Ti segnalano incongruenze tra le spese sostenute e quanto dichiarato nel Modello Redditi o 730?
Sempre più spesso il Fisco invia queste comunicazioni ai contribuenti che, sulla base di dati incrociati (spese, bonifici, movimenti bancari, auto intestate, immobili, viaggi), risultano avere un reddito apparente troppo basso per giustificare il proprio stile di vita. Ma una lettera di compliance non è un accertamento formale: puoi rispondere e chiarire la tua posizione.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza il contenuto della lettera e la documentazione allegata
- 📌 Verifica la coerenza tra reddito dichiarato e spese effettive, segnalando eventuali errori o dati parziali
- ✍️ Redige una risposta tecnica dettagliata per evitare che la lettera si trasformi in accertamento sintetico
- ⚖️ Ti assiste se il Fisco procede comunque con un avviso di accertamento, presentando memorie e ricorso
- 🔁 Ti supporta anche in una regolarizzazione spontanea per evitare sanzioni e interessi
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e accertamenti da redditometro
- ✔️ Specializzato nella difesa di contribuenti con redditi contestati o reputati incoerenti
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Una lettera di compliance per redditi bassi non va ignorata. Con la giusta assistenza puoi dimostrare la tua reale situazione economica ed evitare sanzioni o accertamenti inutili.
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