Hai una pensione estera e non l’hai dichiarata in Italia?
Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate che ti contesta il mancato inserimento della pensione nella dichiarazione dei redditi? In questi casi è fondamentale capire se avevi l’obbligo di dichiarazione, cosa ti viene contestato e come difenderti per evitare accertamenti, sanzioni e recuperi fiscali.
Quando devi dichiarare la pensione estera in Italia?
– Se sei residente fiscalmente in Italia e ricevi una pensione da un ente estero
– Se la pensione non è imponibile solo nello Stato estero in base alla convenzione contro le doppie imposizioni
– Se i redditi esteri devono essere indicati nel Quadro RL o RM del Modello Redditi, anche se tassati alla fonte
– Se percepisci pensioni da enti privati o pubblici esteri non equiparabili a quelli italiani esenti
Cosa succede se non dichiari la pensione estera?
– L’Agenzia delle Entrate può avviare un accertamento sintetico o da dati incrociati (es. anagrafe dei conti esteri)
– Può emettere un avviso di accertamento per redditi omessi, con imposte, sanzioni e interessi
– Il reddito non dichiarato può far scattare il redditometro o controlli patrimoniali
– In caso di omissione reiterata o elevata, può esserci anche un rilievo penale per dichiarazione infedele
– Se la pensione era soggetta a monitoraggio fiscale, può essere contestata anche l’omessa compilazione del quadro RW
Come puoi difenderti o regolarizzare la tua posizione?
– Verifica la convenzione fiscale tra Italia e il Paese erogatore della pensione: in alcuni casi la tassazione spetta solo all’estero
– Valuta se hai diritto a crediti d’imposta per evitare la doppia imposizione
– Se si tratta di una dimenticanza, puoi presentare una dichiarazione integrativa con ravvedimento operoso
– Se ricevi una comunicazione dell’Agenzia, valuta la possibilità di adesione agevolata per ridurre sanzioni
– Se ritieni che la contestazione sia infondata, prepara una memoria difensiva, documentando la tassazione estera o l’esenzione
– Se l’Agenzia avvia un accertamento formale, puoi ricorrere alla Corte di Giustizia Tributaria, con il supporto di un legale esperto
Cosa puoi ottenere con la giusta strategia?
– L’annullamento della contestazione, se la pensione non doveva essere dichiarata
– La riduzione delle sanzioni, se regolarizzi spontaneamente o aderisci all’accertamento
– La rateizzazione delle somme dovute, se non riesci a pagare in un’unica soluzione
– La tutela della tua posizione fiscale, evitando iscrizioni a ruolo e blocchi patrimoniali
– La prevenzione di ulteriori contestazioni, se correggi l’errore anche per gli anni successivi
Attenzione: molte contestazioni su pensioni estere nascono da errori formali, mancate comunicazioni o incomprensioni sulle convenzioni internazionali. Ma anche se l’omissione è sostanziale, puoi intervenire subito e sistemare la tua posizione senza compromettere la tua serenità.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità internazionale, pensioni estere e contenzioso tributario ti spiega cosa fare se non hai dichiarato la pensione estera, come regolarizzarti e quando è possibile opporsi all’accertamento.
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Introduzione
La mancata dichiarazione di una pensione estera – per quanto possa sembrare un dettaglio di poco conto – può in realtà comportare conseguenze fiscali e legali molto gravi per il contribuente. In Italia vige infatti il principio della tassazione su base mondiale: i soggetti fiscalmente residenti sono tenuti a dichiarare tutti i redditi ovunque prodotti, incluse le pensioni percepite da enti esteri. Non adempiere a questo obbligo espone il contribuente a sanzioni pecuniarie elevate, al rischio di accertamenti retroattivi con recupero delle imposte evase, e nei casi più seri persino a responsabilità penali (omessa o infedele dichiarazione dei redditi).
Questa guida, aggiornata a luglio 2025, analizza in dettaglio cosa succede se non viene dichiarata una pensione estera secondo la normativa italiana vigente. Verranno esaminate le regole sull’obbligo dichiarativo e sulla tassazione delle pensioni estere (incluse le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e i meccanismi di credito d’imposta), le tipologie di pensioni estere e relativi trattamenti fiscali, gli strumenti di cooperazione internazionale (come lo scambio automatico di informazioni) e i profili penal-tributari in caso di evasione. Il tutto sarà esposto dal punto di vista del contribuente (il pensionato “debitore” verso il Fisco), con un taglio avanzato ma linguaggio chiaro e divulgativo, utile sia ai professionisti del diritto tributario sia ai privati e imprenditori coinvolti. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici riferiti al contesto italiano e una sezione finale di domande e risposte per chiarire i dubbi più frequenti.
Residenza fiscale e obbligo di dichiarare i redditi esteri
Prima di tutto, l’obbligo di dichiarare una pensione estera sussiste solo per i soggetti fiscalmente residenti in Italia. La normativa italiana (art. 2 TUIR) considera residente, ai fini delle imposte sui redditi, la persona che per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni) soddisfa almeno uno dei seguenti criteri alternativi:
- Iscrizione anagrafica in Italia: risulta iscritta nelle anagrafi della popolazione residente di un Comune italiano (criterio formale).
- Residenza civile in Italia: ha in Italia la propria dimora abituale, cioè vive stabilmente sul territorio (criterio sostanziale, art. 43 co.2 c.c.).
- Domicilio civile in Italia: ha in Italia il centro principale dei propri interessi economici e affettivi (criterio sostanziale, art. 43 co.1 c.c., il center of vital interests della persona).
È sufficiente che anche uno solo di questi requisiti ricorra per oltre sei mesi l’anno perché il soggetto sia considerato residente fiscale italiano. Ne consegue, ad esempio, che un cittadino italiano non iscritto all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) è presunto residente in Italia fino a prova contraria, e quindi tassato su tutti i redditi, anche se dichiara di vivere all’estero. Viceversa, un soggetto formalmente iscritto all’anagrafe italiana ma che di fatto ha trasferito all’estero sia la propria dimora abituale che il centro dei legami personali ed economici potrebbe far valere la propria residenza fiscale estera, superando la presunzione. In altre parole, l’iscrizione o meno all’AIRE è un indicatore importante ma non esclusivo: ciò che conta è la situazione effettiva. La Corte di Cassazione, in anni recenti, ha chiarito che un iscritto AIRE non può essere considerato residente in Italia se il suo domicilio (centro degli interessi vitali) è stabilito all’estero, anche se magari mantiene qualche appoggio o attività in Italia.
Di conseguenza, chi è residente fiscale in Italia deve dichiarare anche le pensioni estere percepite, mentre chi è effettivamente non residente non è tenuto a dichiarare redditi esteri (ma solo quelli prodotti in Italia, eventualmente). Spesso alcuni pensionati italiani trasferitisi in paesi con agevolazioni fiscali confidano che l’iscrizione all’AIRE o il cambio formale di residenza anagrafica sia sufficiente per non pagare tasse in Italia. In realtà, l’Agenzia delle Entrate può contestare la residenza fittizia se l’interessato mantiene legami significativi in Italia (abitazione, famiglia, interessi economici). In caso di contestazione, il pensionato rischia di essere tassato in Italia su tutti i redditi mondiali, pensione estera inclusa, come se non si fosse mai trasferito. È quindi fondamentale, per chi vuole davvero essere esente da obblighi fiscali in Italia, trasferire all’estero sia la propria presenza abituale sia il centro dei propri interessi, e poterlo documentare con elementi concreti (contratti di casa all’estero, bollette, conti bancari locali, vita familiare fuori dall’Italia, ecc.). In assenza di ciò, il Fisco italiano continuerà a considerare la persona residente e pretenderà la dichiarazione dei redditi esteri.
Nota: In questa guida daremo per scenario principale quello del contribuente residente in Italia che percepisce una pensione estera e non la dichiara al Fisco italiano. Le conseguenze discusse si riferiscono dunque al caso in cui, secondo le leggi italiane (e salvo diversa previsione di convenzioni internazionali), quella pensione doveva essere dichiarata in Italia. Più avanti tratteremo anche brevemente cosa accade se un pensionato si trasferisce davvero all’estero e quali tutele offrono le convenzioni bilaterali.
Trattamento fiscale delle pensioni estere in Italia
Dal punto di vista tributario, una pensione estera percepita da un residente italiano è in genere equiparata a una pensione italiana: confluisce nel reddito complessivo IRPEF e viene tassata secondo le aliquote progressive vigenti. La legge italiana prevede tuttavia meccanismi per evitare la doppia imposizione internazionale, in primis attraverso il credito d’imposta per le eventuali imposte pagate all’estero su quello stesso reddito. Inoltre, l’Italia ha stipulato numerose Convenzioni contro le doppie imposizioni (treaties) con altri Paesi, le quali stabiliscono regole specifiche su quale Stato ha il potere di tassare determinate tipologie di reddito, incluse le pensioni.
In via generale, se un soggetto è residente in Italia:
- Pensione estera senza convenzione: viene tassata integralmente in Italia secondo le aliquote IRPEF ordinarie. Se su tale pensione sono già state pagate imposte nello Stato estero (ritenute alla fonte o tassazione locale), il contribuente può fruire di un credito per le imposte estere pagate, fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa a quel reddito (art. 165 TUIR). In sostanza, l’imposta estera viene sottratta da quella dovuta in Italia, evitando che lo stesso reddito sia tassato due volte. Il diritto al credito d’imposta non si perde se non viene esercitato subito: la Cassazione ha confermato che il contribuente può ancora far valere il credito per imposte estere entro il termine ordinario di prescrizione (10 anni) anche se non lo aveva indicato nella dichiarazione originaria. In particolare, in presenza di una convenzione contro le doppie imposizioni, la detrazione delle imposte estere spetta comunque, e la mancata indicazione del reddito in dichiarazione italiana non può far decadere un diritto sancito dal trattato. (Diverso è il caso di imposte pagate a Stati senza convenzione: in tale ipotesi l’art. 165 TUIR, co.8, esclude il credito se il reddito estero non era stato dichiarato, ma questa preclusione non opera quando vige un accordo internazionale).
- Pensione estera con convenzione bilaterale: occorre distinguere tra pensioni pubbliche e pensioni private, poiché i trattati spesso le trattano in modo diverso. In molti casi, le pensioni private (cioè da lavoro nel settore privato o da enti previdenziali non pubblici) sono tassate esclusivamente nello Stato di residenza del beneficiario. Ciò significa che se un contribuente risiede in Italia, l’Italia ha il diritto esclusivo di tassare quella pensione privata estera (eventuali ritenute estere potranno poi essere recuperate a credito). Le pensioni pubbliche (provenienti da un’amministrazione statale estera per servizi resi a tale Stato, ad es. pensione governativa) invece spesso restano imponibili solo nello Stato che eroga la pensione, a meno che il beneficiario non abbia la cittadinanza anche dell’altro Stato. Ad esempio, molte convenzioni prevedono che una pensione pubblica estera percepita da un residente italiano non sia tassata in Italia se il pensionato possiede esclusivamente la cittadinanza dello Stato estero erogante (e non quella italiana). Se invece il pensionato è cittadino italiano oltre che residente, alcune convenzioni consentono l’imposizione anche in Italia.
In pratica, occorre consultare la specifica convenzione tra l’Italia e il Paese da cui proviene la pensione. Per fare alcuni esempi tratti dalle convenzioni vigenti:
- Pensioni da Regno Unito, Spagna, USA, Venezuela, Argentina: le pensioni pubbliche sono tassate solo in Italia se il beneficiario ha nazionalità italiana; le pensioni private sono tassate solo in Italia (in quanto Stato di residenza). Ciò significa che un residente in Italia paga le imposte in Italia su tali pensioni, evitando la doppia tassazione (ed eventuali ritenute estere vanno a rimborso/credito).
- Pensioni da Belgio, Germania: le pensioni pubbliche sono tassate solo in Italia se il pensionato ha cittadinanza italiana esclusiva; se egli possiede anche la cittadinanza estera, la pensione pubblica viene tassata solo in quello Stato estero. Le pensioni private sono comunque imponibili solo in Italia (residenza).
- Pensioni da Svizzera: le pensioni pubbliche sono tassate solo in Svizzera se il beneficiario è cittadino svizzero; se il pensionato non è cittadino svizzero (es. è italiano residente in Italia), la pensione pubblica è tassata in Italia. Le rendite AVS svizzere (assicurazione vecchiaia e superstiti) pagate a residenti in Italia godono di una particolare esenzione: essendo già assoggettate a ritenuta alla fonte elvetica a titolo d’imposta, non vanno dichiarate in Italia. Le pensioni private svizzere, invece, sono tassate solo in Italia (residenza).
- Pensioni da Canada: pensioni pubbliche e private sono imponibili solo in Italia fino a un importo di 10.000 dollari canadesi (circa €6.200); oltre tale soglia, diventano tassabili in entrambi i Paesi, con l’Italia che concede il credito per l’imposta pagata in Canada.
- Pensioni da Australia: sia pubbliche che private sono imponibili soltanto in Italia (residenza).
(Quelli citati sono solo alcuni esempi. Ogni convenzione bilaterale ha proprie clausole: ad esempio, l’Italia ha accordi speciali anche per pensioni di ex organismi internazionali, oppure aliquote agevolate su determinate tipologie di rendite estere. È sempre consigliabile verificare la convenzione applicabile al proprio caso.)
In assenza di convenzione, come detto, la pensione estera sconta la tassazione piena italiana con possibilità di credito d’imposta per le imposte pagate nello Stato estero (se documentate). Se invece la convenzione attribuisce la potestà impositiva esclusiva all’estero (caso raro per le pensioni private, più frequente per alcune pensioni pubbliche), allora l’Italia non tasserà la pensione: in genere in questi casi la somma neppure va indicata nella dichiarazione italiana, oppure va indicata ma come esente ex art. del trattato (è opportuno consultare le istruzioni fiscali o un professionista, perché alcune convenzioni prevedono comunque obblighi dichiarativi informativi). In ogni caso, confidare nel fatto che “la pensione è già tassata fuori, quindi non devo dichiararla” è pericoloso: spesso l’Italia ha comunque il diritto di tassare (con credito), specialmente per i redditi di fonte estera percepiti da propri residenti. Omettere la dichiarazione espone il contribuente a sanzioni, mentre dichiarare il reddito ed eventualmente chiedere l’applicazione della convenzione o del credito d’imposta è la strada corretta per evitare illeciti.
Da un punto di vista operativo, la pensione estera imponibile va dichiarata in Italia nel quadro dei redditi assimilati al lavoro dipendente/pensione (nel Modello Redditi PF o nel Modello 730, a seconda di come si presenta la dichiarazione). Non essendoci un sostituto d’imposta italiano che operi ritenute mensili (come avviene per le pensioni erogate dall’INPS), il pensionato dovrà calcolare e versare autonomamente le imposte dovute in sede di dichiarazione annuale. Sarà inoltre necessario compilare l’apposita sezione per il credito per imposte estere (quadro CR del Mod. Redditi) per ottenere lo sconto dell’eventuale imposta già pagata all’estero. Se il contribuente non usufruisce del credito in dichiarazione, potrà comunque farlo valere entro il termine di prescrizione come visto (anche tramite dichiarazione integrativa o istanza di rimborso).
Cosa succede se non dichiaro la pensione estera: sanzioni e accertamenti
Venendo al cuore della questione – cosa accade concretamente se un contribuente non dichiara al Fisco italiano la propria pensione estera – occorre distinguere le possibili conseguenze amministrative (sanzioni tributarie e recupero imposte) da quelle penali. In entrambi i casi, le conseguenze possono essere pesanti, proporzionate all’importo dell’imposta evasa e alle circostanze.
Recupero delle imposte dovute e interessi
In caso di omessa dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria procederà innanzitutto a recuperare le imposte evase sulla pensione estera non dichiarata. Il reddito non dichiarato verrà assoggettato a tassazione IRPEF come dovuto, applicando le aliquote progressive relative a ciascun anno d’imposta interessato. Ad esempio, se un pensionato avrebbe dovuto €5.000 di IRPEF sulla pensione estera per l’anno 2021 ma non l’ha dichiarata, il Fisco iscriverà a ruolo tale imposta non pagata. Oltre all’imposta evasa, saranno dovuti gli interessi legali/moratori maturati dal giorno in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato (in genere dalla scadenza del saldo imposte di quel anno) fino alla data del versamento effettivo. Il tasso di interesse legale è attualmente intorno al 4-5% annuo (soggetto a variazioni annuali), calcolato in modo semplice per ciascun giorno di ritardo. Gli interessi di mora servono a compensare il ritardo nel pagamento delle imposte dovute.
L’azione di accertamento del Fisco può coprire i periodi d’imposta non ancora prescritti. In generale, i termini di accertamento per l’Irpef sono: entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui andava presentata la dichiarazione (se la dichiarazione è stata presentata, anche se infedele), ed entro il 31 dicembre del settimo anno successivo (se la dichiarazione non è stata presentata affatto). Ad esempio, per un reddito del 2020 non dichiarato, l’Agenzia delle Entrate può emettere un avviso di accertamento fino al 31/12/2025 (se c’era dichiarazione, ma infedele) oppure fino al 31/12/2027 (se dichiarazione omessa). In presenza di attività estere non dichiarate (Quadro RW omesso) un tempo la legge prevedeva un raddoppio dei termini (fino a 10 o addirittura 14 anni nei casi più gravi), ma questo regime è stato parzialmente rivisto; ad oggi, grazie allo scambio di informazioni finanziarie, l’estensione automatica per “paesi black-list” non si applica più in molti casi, sebbene l’accertamento di redditi esteri resti possibile per un periodo più lungo rispetto ai redditi nazionali. Dunque, il Fisco può indagare diversi anni a ritroso e notificare avvisi di accertamento per ciascun anno non prescritto in cui la pensione estera non risultava dichiarata.
Una volta accertata l’imposta evasa, all’importo dovuto si aggiungeranno le sanzioni amministrative tributarie. Vediamole più da vicino.
Sanzioni amministrative (violazioni fiscali)
Le sanzioni amministrative per chi non dichiara redditi esteri sono previste dal D.Lgs. 471/1997 (che disciplina le sanzioni per le violazioni nelle dichiarazioni dei redditi) e da normative speciali per il monitoraggio fiscale. Esse differiscono a seconda che il contribuente avesse presentato la dichiarazione dei redditi (omettendo al suo interno la pensione estera: dichiarazione infedele) oppure non abbia proprio presentato la dichiarazione (omessa dichiarazione). In entrambi i casi, fino al 2024 la legge prevedeva anche un’aggravante specifica per i redditi esteri (un aumento di un terzo della sanzione), mentre con la riforma entrata in vigore il 1° settembre 2024 le sanzioni sono state ridefinite in misura fissa, eliminando tale aggravante. Ecco un riepilogo delle sanzioni applicabili:
- Dichiarazione infedele (dichiarazione presentata ma con reddito estero omesso o indicato in misura inferiore al reale): Per violazioni commesse fino al 31/8/2024, la sanzione amministrativa era compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta evasa, aumentabile di 1/3 in presenza di redditi esteri non dichiarati (diventando quindi 120% – 240% del tributo evaso). Ad esempio, se l’imposta evasa sulla pensione estera era €10.000, la sanzione poteva variare da €12.000 fino a €24.000. Dal 1° settembre 2024, per effetto del D.Lgs. 87/2024 (riforma delle sanzioni), la sanzione per dichiarazione infedele è stata fissata in misura proporzionale pari al 70% dell’imposta evasa (con un minimo di €150). Non c’è più un range edittale né l’aumento speciale per i redditi esteri – il 70% si applica a prescindere dalla fonte del reddito. Dunque, tornando all’esempio, per un’imposta evasa di €10.000 la sanzione dal 2024 è €7.000 (anziché minimo 12.000 in precedenza). Si noti che questa riduzione sanzionatoria opera in mitius anche per le violazioni pregresse non ancora definite: in base ai principi generali, il contribuente ha diritto all’applicazione della sanzione più favorevole se il procedimento non è concluso.
- Omessa dichiarazione (quando il contribuente avrebbe dovuto presentare il Modello Redditi ma non l’ha fatto affatto, includendo il caso in cui l’unico reddito era la pensione estera e si è omessa completamente la dichiarazione annuale): Fino al 2024 la sanzione edittale andava dal 120% al 240% dell’imposta evasa (anch’essa aumentata di 1/3 per redditi esteri, quindi teoricamente fino a 160% – 320%), con un minimo di €250. Dal 2024 la riforma ha previsto una sanzione fissa del 120% dell’imposta dovuta, con minimo €250. In pratica, omettere completamente la dichiarazione comporta ora una sanzione pari a 1,2 volte l’imposta evasa (prima poteva arrivare fino a 2,4 volte). Se dall’omessa dichiarazione non emergono imposte dovute (caso raro, ad esempio se la pensione estera era totalmente esente per convenzione), continua ad applicarsi la sanzione fissa da €250 a €1.000 per omessa dichiarazione senza debito d’imposta. Va aggiunto che se il contribuente presenta la dichiarazione con un ritardo superiore a 90 giorni (quindi tecnicamente “omessa” ma presentata tardivamente) prima che il Fisco avvii controlli, pagando spontaneamente il dovuto, la sanzione può ridursi al 75% (è una particolare attenuante introdotta nel 2023 per favorire la regolarizzazione tardiva). In ogni caso resta dovuta l’imposta e gli interessi come sopra.
- Omessa compilazione del Quadro RW (monitoraggio): Oltre alle sanzioni sulla mancata dichiarazione del reddito in sé, è prevista un’autonoma sanzione per la violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale relativi alle attività finanziarie estere. Infatti la legge (art. 4 D.L. 167/1990) obbliga i residenti a dichiarare nel Quadro RW del Modello Redditi il possesso di conti correnti esteri, investimenti finanziari all’estero, attività estere di natura finanziaria e trasferimenti da/per l’estero, così da monitorare capitali detenuti oltreconfine. Una pensione estera di per sé è un reddito (non un’attività finanziaria), quindi il solo fatto di percepire una pensione potrebbe non implicare il Quadro RW. Tuttavia, se la pensione viene accreditata su un conto estero, quel conto bancario rientra tra le attività da dichiarare. Oppure, se il contribuente ha aderito a un fondo pensione estero (previdenza integrativa all’estero) con forma di investimento, potrebbe esserci l’obbligo di monitorarne il valore. La sanzione per l’omessa (o infedele) compilazione del Quadro RW è pari al 3% – 15% dell’importo non dichiarato, ovvero del valore degli asset finanziari esteri non dichiarati. Se tali attività/proventi esteri sono detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata (“black list” non cooperative), la sanzione raddoppia al 6% – 30%. Questa sanzione è calcolata per ciascun anno di violazione. Ad esempio, se un pensionato ha mantenuto all’estero un conto corrente con saldo medio €20.000 su cui accredita la pensione, e non lo dichiara per 3 anni, la sanzione base potrebbe essere dal 3% al 15% di €20.000 per ciascuno dei 3 anni (quindi minimo €600 per anno, totale minimo €1.800). Anche per il Quadro RW sono previste riduzioni per regolarizzazione spontanea (si veda oltre): se la dichiarazione è presentata con massimo 90 giorni di ritardo, si applica solo una sanzione fissa di €258; con ravvedimento operoso le percentuali possono essere ridotte fino a 1/8 del minimo. Resta inteso che, se dall’attività estera non dichiarata sono dovute anche imposte patrimoniali (come IVAFE sul conto estero, pari al 0,2% annuo del valore, o IVIE su immobili esteri), il contribuente dovrà versare anche tali imposte evase oltre alla sanzione.
Le sanzioni amministrative, una volta irrogate, possono essere definite in via agevolata se il contribuente decide di acquiescere o aderire all’accertamento. In particolare, tramite l’istituto dell’accertamento con adesione (art. 5-ter D.Lgs. 218/1997) o la definizione agevolata, è possibile ottenere la riduzione della sanzione a 1/3 del minimo edittale. Ad esempio, un’omessa dichiarazione di redditi esteri sanzionata formalmente al 120% potrebbe essere definita pagando il 40%. Spesso l’Agenzia stessa, in sede di contraddittorio, applica la sanzione nel minimo edittale e poi la riduce di 1/3 se il contribuente accetta e paga, incentivando così la definizione bonaria. Nell’eventualità invece di un contenzioso tributario (ricorso in Commissione Tributaria), il giudice può valutare eventuali esimenti o attenuanti (ad esempio, obiettiva incertezza normativa): se la norma da applicare era realmente dubbia, la sanzione può essere annullata o ridotta. Tuttavia, nel caso di pensioni estere l’obbligo di dichiarazione è da anni ben stabilito e difficilmente si potrà invocare buona fede per evitare del tutto la sanzione (salvo casi particolari, come una errata indicazione fornita dall’Amministrazione stessa). La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che la mancata dichiarazione di attività estere non è una semplice irregolarità formale, ma un’infrazione sostanziale che ostacola i controlli. Ad esempio, la Cassazione ha confermato che l’omessa compilazione del Quadro RW costituisce un inadempimento grave che giustifica le sanzioni piene, senza possibilità di considerarla una violazione meramente formale.
Profili penali (reati tributari)
Oltre alle sanzioni amministrative pecuniarie, l’omessa dichiarazione di redditi esteri può sfociare in un procedimento penale tributario qualora ricorrano determinati presupposti di importo. I reati rilevanti sono essenzialmente due:
- Omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000): è il reato commesso da chi, obbligato a presentare la dichiarazione annuale dei redditi, non la presenta affatto entro i termini (omissione totale). Se l’imposta evasa supera €50.000 in un periodo d’imposta, scatta la sanzione penale con la reclusione da 2 a 5 anni. Questo potrebbe accadere, ad esempio, se un pensionato percepisce una pensione estera molto elevata e non presenta la dichiarazione in Italia, evadendo imposte oltre tale soglia. Sotto la soglia di €50.000 di imposta evasa annua, il fatto resta illecito amministrativo ma non penale. Vale la pena precisare che la “imposta evasa” si calcola al netto di eventuali crediti spettanti: qualora il contribuente abbia subito ritenute estere e, se dichiarando, avrebbe avuto diritto a un credito, ai fini penali di solito si considera evasa l’imposta al netto del credito spettante (questo secondo orientamenti giurisprudenziali volti a non penalizzare oltre il dovuto). In ogni caso, superata la soglia, il reato è consumato. Per il delitto di omessa dichiarazione non rileva se il contribuente avesse o meno intenzione di evadere (è un reato omissivo proprio a dolo generico: la volontà di non presentare la dichiarazione). Sono comunque previste cause di non punibilità se il contribuente presenta la dichiarazione omessa entro il termine di quella dell’anno successivo e paga integralmente imposte, interessi e sanzioni amministrative prima dell’inizio di un controllo: in tal caso il reato è estinto (art. 13 D.Lgs. 74/2000).
- Dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000): riguarda la fattispecie in cui la dichiarazione dei redditi è stata presentata ma con elementi attivi occultati o passivi fittizi tali da ridurre l’imponibile. Nel nostro contesto, equivale a aver presentato la dichiarazione annuale ma omettere di indicare la pensione estera. Affinché ciò costituisca reato occorre che l’imposta evasa ecceda €100.000 e, al contempo, che i redditi non dichiarati superino il 10% del reddito imponibile dichiarato (oppure superino comunque €2 milioni). Sono soglie piuttosto elevate; ad esempio, un pensionato che dichiara altri redditi per €30.000 e omette di dichiararne €20.000 di pensione estera (evasione di circa €5.000 di IRPEF) non ricade nel penale perché, pur essendo oltre il 10% non dichiarato, l’imposta evasa è sotto 100k. Invece chi dichiara 0 e omette 100% dei redditi, se l’imposta su essi supera 100k rientra nella fattispecie. Il reato di dichiarazione infedele è punito con la reclusione da 2 anni a 4 anni e 6 mesi (edittale aumentata a 5 anni dalle riforme recenti). Anche questo è un reato a dolo generico (intenzionalità di evadere, ma la legge presuppone il dolo quando le soglie sono superate). Va ricordato che la giurisprudenza ritiene non punibile il contribuente per infedele dichiarazione se l’omissione è dovuta a errori di calcolo o a incertezza su norme molto complesse, ma l’omissione integrale di un reddito estero difficilmente potrà essere giustificata come errore innocente a meno di situazioni eccezionali (es: convinzione, suffragata da indicazioni scritte dell’Agenzia, che la pensione fosse esente per convenzione). Anche per l’infedele dichiarazione la legge prevede la non punibilità in caso di pagamento integrale dei debiti tributari prima del giudizio: l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 estende talora l’esclusione della punibilità anche ai casi di dichiarazione infedele se il contribuente regolarizza e paga tutto il dovuto volontariamente.
Oltre a questi due reati principali, è opportuno menzionare un possibile ulteriore profilo in certe condotte: l’autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Questo reato, introdotto nel 2015, punisce chi impiega, trasferisce, investe in attività economiche denaro o beni provento di un proprio delitto, in modo da ostacolare la tracciabilità. Nel contesto fiscale, se l’omessa dichiarazione configura un delitto (ad esempio omessa dichiarazione oltre 50k), le somme sottratte al fisco diventano “provento di reato”. Se il contribuente le ha poi utilizzate attivamente per operazioni volte a celarne l’origine (per es. li ha depositati su conti cifrati, trasferiti in paradisi fiscali, reinvestiti in attività schermate), potrebbe rispondere anche di autoriciclaggio, punito con la reclusione da 2 a 8 anni. La Cassazione ha chiarito che l’autoriciclaggio è configurabile anche sui proventi di reati tributari commessi prima del 2015 (se la condotta di occultamento continua dopo l’entrata in vigore della legge). Si tratta di situazioni estreme, ma da tener presente: chi ha nascosto all’estero ingenti somme derivanti da evasione fiscale e le movimenta per ostacolare l’identificazione (ad esempio usando società offshore) rischia incriminazioni cumulative molto serie.
In caso di processo penale per reati tributari, oltre alla pena detentiva possono essere applicate pene accessorie come l’interdizione dagli uffici direttivi di imprese o l’incapacità a contrattare con la PA, etc., per la durata stabilita dall’art. 12 D.Lgs. 74/2000. Inoltre, lo Stato può procedere al sequestro e alla confisca dei proventi dell’evasione equivalenti all’imposta evasa (misure patrimoniali a tutela del credito erariale). È evidente che per un pensionato incorrere in un procedimento penale tributario è estremamente gravoso, sia in termini personali che economici.
Va tuttavia ricordato che la legge offre strumenti per evitare il processo penale a chi collabora e regolarizza. Abbiamo accennato alla causa di non punibilità per pagamento integrale (art. 13): se prima che l’autorità abbia conoscenza del reato il contribuente paga il dovuto, il reato è estinto. In più, anche successivamente, è spesso possibile patteggiare con pene ridotte se si è pagato il debito tributario. Queste considerazioni rafforzano l’importanza di attivarsi tempestivamente per sanare la propria posizione non appena ci si renda conto dell’omissione, per evitare di superare il “punto di non ritorno” dell’azione penale.
Esempio pratico di conseguenze sanzionatorie
Per illustrare la gravità delle sanzioni, consideriamo un caso concreto semplificato: il signor Rossi, residente in Italia, ha percepito negli ultimi 3 anni una pensione estera di €20.000 annui, che non ha mai dichiarato al fisco italiano. Supponiamo che su tale pensione all’estero sia stata applicata un’aliquota alla fonte del 10% (quindi €2.000 pagati all’estero ogni anno). In Italia, su €20.000 di reddito pensionistico l’IRPEF lorda annua sarebbe, ipotizziamo, circa €4.500 (tenendo conto delle aliquote progressive e delle detrazioni per pensione). Dichiarando correttamente, il signor Rossi avrebbe dovuto ogni anno €4.500 di imposta, da cui detrarre il credito di €2.000 per l’imposta estera, pagando €2.500 netti. Non avendo dichiarato nulla per 3 anni, ha evaso circa €7.500 di imposte italiane.
Alla luce di ciò, l’Agenzia delle Entrate, tramite lo scambio di informazioni finanziarie, individua il conto estero di Rossi e accerta l’omissione. Emette dunque avvisi di accertamento per i 3 anni, richiedendo: imposte evase €7.500 (più interessi, poniamo €500), sanzione amministrativa. Trattandosi di dichiarazioni omesse, e ipotizzando che la violazione è stata contestata dopo il 2025, si applica la sanzione fissa del 120%. Quindi sanzione = 120% * €7.500 = €9.000. A questo punto Rossi può aderire all’accertamento con adesione, ottenendo la riduzione della sanzione a 1/3 del minimo: il minimo edittale è 120% (quindi €9.000 stesso, essendo fissa), un terzo è 40% dell’imposta evasa. Dunque pagando €3.000 di sanzione (oltre a €7.500 + interessi di imposta) definisce il tutto. In totale Rossi dovrà versare circa €7.500 + €500 + €3.000 = €11.000 circa. Se invece fosse rimasto inerte, la sanzione piena di €9.000 per omessa dichiarazione per ciascun anno (in teoria 120% per ogni anno, dunque €3.000 * 3 = 9.000 totale comunque, perché il 120% si applica su ciascun anno evaso) sarebbe stata iscritta a ruolo, e l’Agente della riscossione avrebbe potuto attivare procedure esecutive sui suoi beni (conti correnti, pignoramento di un quinto della pensione in Italia se ne ha, ipoteca su immobili, ecc.) per recuperare il dovuto. In aggiunta, dal punto di vista penale, in questo esempio l’imposta evasa pro anno è €2.500, ben sotto la soglia di punibilità: €50.000. Quindi il signor Rossi non rischia un procedimento penale, trattandosi “solo” di un illecito amministrativo.
Modifichiamo ora l’esempio: supponiamo il signor Bianchi abbia percepito per 5 anni una pensione estera di importo molto alto, ad esempio €200.000 annui, non dichiarando nulla in Italia. Su €200.000 l’IRPEF lorda annua sarebbe circa €70.000; poniamo che all’estero erano prelevati €20.000 di imposte, quindi imposta evasa in Italia €50.000 all’anno. In 5 anni l’imposta evasa totale è €250.000. Qui le soglie penali sono largamente superate: già per ciascun anno (€50.000) scatta il reato di omessa dichiarazione (oltre soglia). Bianchi potrebbe essere imputato per 5 fatti di omessa dichiarazione, ciascuno punibile con 2-5 anni di reclusione. Anche se magari verrà contestato come continuato nel tempo, il rischio di diversi anni di carcere è concreto (le pene possono cumularsi, sia pur con il meccanismo del cumulo giuridico). Sul piano tributario, il fisco recupererà imposte per €250.000 + interessi e applicherà sanzioni amministrative: ante 2024 sarebbe stato 160-320% con aggravante estero; dal 2024 parliamo di 120% fisso per anno. Anche scontando adesione e attenuanti, Bianchi si troverebbe a dover pagare verosimilmente centinaia di migliaia di euro tra imposte e sanzioni. Se provasse a non pagare, il fisco potrebbe iscrivere ipoteca o procedere al pignoramento dei suoi beni. E sul fronte penale, per evitare il carcere, Bianchi dovrebbe attivarsi a pagare tutto il debito prima possibile: la legge concede la non punibilità se il pagamento integrale avviene prima che inizino le verifiche o comunque prima del dibattimento. Nel caso di importi così alti, è probabile che scatterebbe anche il sequestro preventivo dei suoi beni in via cautelare per garantire il credito erariale.
Questi esempi servono a comprendere che non dichiarare una pensione estera può avere conseguenze economiche devastanti, e che l’entità della risposta sanzionatoria dipende molto dalle cifre in gioco e dalla tempestività con cui il contribuente reagisce una volta scoperto.
Scambio automatico di informazioni e controlli internazionali
È importante sottolineare che, nell’odierno contesto di cooperazione fiscale internazionale, nascondere al fisco italiano una pensione estera è divenuto molto più difficile. L’era del segreto bancario e dei capitali occultati all’estero sta tramontando: l’Italia e decine di altri Paesi aderiscono allo scambio automatico di informazioni finanziarie secondo lo standard OCSE del Common Reporting Standard (CRS). Ciò significa che gli intermediari finanziari esteri (banche, broker, compagnie di assicurazione, ecc.) trasmettono annualmente alle autorità fiscali locali i dati dei conti detenuti da soggetti esteri, e tali dati vengono poi scambiati con i Paesi di residenza dei titolari. Dal 2017 in poi, l’Italia riceve ogni anno informazioni su conti correnti e depositi detenuti all’estero da migliaia di propri residenti, incluse le generalità del titolare, saldo di fine anno, interessi maturati, ecc. Se un pensionato ha un conto in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svizzera, San Marino, o in qualsiasi dei ~100 Paesi aderenti al CRS, l’Agenzia delle Entrate italiana verosimilmente riceve segnalazione di tale rapporto.
Come si collega ciò alla pensione estera? Molto semplice: quasi sempre la pensione viene accreditata su un conto bancario, e se quel conto è all’estero, il suo saldo e movimentazioni possono emergere. Ad esempio, un pensionato ex-INPS residente in Portogallo che lasci la pensione su un conto portoghese viene segnalato all’Italia? No, in questo caso sarebbe il contrario (conto italiano di non residente). Ma pensiamo a un pensionato italiano in Italia con pensione tedesca accreditata su conto in Germania: la banca tedesca, sapendo che il cliente risiede in Italia, riporterà i dati del conto alle autorità tedesche che li inoltrano all’Italia. L’Agenzia delle Entrate, riscontrando flussi o consistenze bancarie non coerenti con i redditi dichiarati (es. vede accrediti mensili da un ente estero che somigliano a una pensione, ma in dichiarazione non risulta), potrà avviare un controllo. Negli ultimi anni, il Fisco italiano ha inviato molte lettere di compliance a contribuenti invitandoli a “mettersi in regola” dopo aver ricevuto segnalazioni di redditi esteri non dichiarati (lavoro dipendente, pensioni, interessi, ecc.). In particolare, a partire dal 2022-2023, sono state inviate comunicazioni per redditi esteri da lavoro o pensione rilevati attraverso lo scambio automatico, invitando i contribuenti a presentare dichiarazione integrativa e pagare il dovuto per evitare guai maggiori.
Oltre al CRS (che copre la maggior parte dei Paesi europei ed extraeuropei, inclusa la Svizzera, molti centri finanziari asiatici, Caraibi, etc.), esiste l’accordo FATCA tra Italia e USA per lo scambio sui conti finanziari detenuti da cittadini statunitensi in Italia e viceversa. Gli USA non aderiscono ancora al CRS globale, ma con FATCA forniscono all’Italia dati (seppur limitati) sui conti italiani presso banche USA. Se dunque la pensione estera transita su un conto in uno Stato cooperativo, l’informazione prima o poi giungerà. E anche in assenza di flussi finanziari tracciabili, l’Italia può venire a conoscenza di pensioni estere attraverso altri canali: ad esempio, tramite richieste mirate alle autorità estere (lo strumento dello scambio di informazioni su richiesta previsto dalle convenzioni), oppure attraverso controlli incrociati (se ad es. il pensionato trasferisce somme sul suo conto italiano, le movimentazioni potrebbero insospettire il fisco se non giustificate dai redditi dichiarati).
Va menzionato che l’Italia partecipa attivamente anche ad iniziative come la Convenzione Multilaterale OCSE sul mutuo scambio di informazioni e le direttive UE in materia fiscale (DAC). In particolare, la Direttiva UE 2011/16 e successive modifiche (DAC2, DAC6, DAC7) prevedono la collaborazione tra Stati membri per scambiarsi dati finanziari, comunicazioni su schemi elusivi e altro. Per i privati, l’impatto più forte è stato con DAC2 (recepita dal 2017), che ha introdotto lo scambio automatico tipo CRS anche intra-UE. Inoltre, la direttiva 2010/24/EU sulla mutua assistenza nella riscossione consente a uno Stato membro di recuperare crediti tributari per conto di un altro: se, ad esempio, un contribuente si trasferisce in Francia pensando di sfuggire alle cartelle esattoriali italiane, l’Italia può chiedere alle autorità francesi di esigere quei debiti come se fossero propri, pignorando stipendi o pensioni in Francia. Questa cooperazione rende inefficace il tentativo di “scappare all’estero” per non pagare, almeno all’interno dell’Unione Europea.
In ambito extra-UE, l’Italia ha accordi bilaterali di assistenza sia in materia di accertamento che di riscossione con vari Stati, e aderisce alla Convenzione OCSE/CdE che copre anche la mutua riscossione. Significa che, sebbene più complesso, anche fuori dall’Europa un grosso debito tributario italiano può essere oggetto di assistenza al recupero da parte di Paesi esteri (es. l’Italia ha chiesto con successo a Svizzera e Monaco di riscuotere imposte da ex residenti trasferiti lì, dopo i nuovi accordi).
Infine, sul piano penale, va detto che i reati tributari gravi come le frodi o le omissioni rilevanti rientrano tra quelli per cui è possibile l’emissione di un Mandato di Arresto Europeo o altre forme di cooperazione giudiziaria. Non è frequente vedere estradizioni per evasione fiscale semplice, ma in teoria un’evasione milionaria potrebbe portare l’Italia a chiedere assistenza a Interpol o all’arresto in uno Stato estero del contribuente latitante. In ogni caso, l’informazione ormai circola: è molto rischioso confidare di farla franca non dichiarando redditi esteri, perché i sistemi informativi incrociati e la collaborazione tra amministrazioni finanziarie rendono le possibilità di essere individuati sempre più alte.
Come regolarizzare una pensione estera non dichiarata
Se un contribuente si accorge di non aver dichiarato una pensione estera, è fondamentale agire tempestivamente per regolarizzare la propria posizione, minimizzando le sanzioni ed evitando i possibili risvolti penali. La legge italiana mette a disposizione lo strumento del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997), che consente di sanare spontaneamente omissioni ed errori fiscali con sanzioni ridotte, a condizione che l’Amministrazione non abbia ancora avviato controlli o contestazioni sul periodo d’imposta in questione.
In pratica, tramite il ravvedimento operoso il contribuente può presentare una dichiarazione integrativa per l’anno in cui ha omesso il reddito (o, se non aveva proprio presentato la dichiarazione, può presentarla tardivamente entro certi limiti), andando a indicare la pensione estera non dichiarata e liquidando le relative imposte dovute. Unitamente alla dichiarazione integrativa, occorre versare:
- l’imposta dovuta su quel reddito (al netto di eventuali crediti esteri spettanti),
- gli interessi maturati (calcolati al tasso legale dal giorno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata),
- una sanzione ridotta in misura dipendente dal tempo trascorso.
Le riduzioni sanzionatorie sono tanto maggiori quanto più tempestivo è il ravvedimento. Le principali casistiche:
- Ravvedimento entro 90 giorni dalla scadenza della dichiarazione omessa/infedele: sanzione ridotta a 1/10 del minimo. Nel caso di dichiarazione omessa, entro 90 giorni la normativa consente ancora di presentarla considerandola valida (sia pure tardiva): in tal caso si paga una sanzione fissa minima di €25 (pari a 1/10 di €250), oltre alle imposte. Se invece la dichiarazione era stata presentata ma la pensione non inserita (dichiarazione infedele), entro 90 giorni si può inviare una integrativa “rettificativa” con sanzione ridotta anch’essa a 1/10 del minimo (quindi tipicamente 1/10 del 90%, ossia 9% dell’imposta evasa). In molti casi pratici, comunque, chi si ravvede lo fa dopo più tempo, avendo scoperto l’errore in seguito.
- Ravvedimento entro 1 anno dall’omissione: sanzione pari a 1/8 del minimo. Ad esempio, per infedele dichiarazione (minimo 90%) si pagherebbe il 11,25% dell’imposta evasa; per omessa dichiarazione (minimo 120%) si pagherebbe il 15%. Quindi se l’imposta evasa era €5.000, la sanzione col ravvedimento entro un anno sarebbe €562 per infedele, €750 per omessa.
- Ravvedimento oltre 1 anno ma prima che l’ufficio contesti la violazione: le riduzioni calano progressivamente (1/7, 1/6, 1/5 del minimo, a seconda se il ravvedimento avviene dopo 2 anni, dopo avviso bonario, ecc.). Dal 2024, la normativa sul ravvedimento è stata estesa anche alle fasi pre-accertamento: in sostanza, finché non arriva un vero e proprio atto impositivo, il contribuente può ancora ravvedersi, seppur con riduzioni minori.
Attenzione: Il ravvedimento non è ammesso se l’amministrazione finanziaria ha già avviato accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento (ad esempio, se è già stata notificata una convocazione o un questionario specifico sulla pensione estera). In tal caso, ogni pentimento spontaneo non evita le sanzioni piene. Pertanto conviene ravvedersi prima di ricevere segnali dal fisco (o immediatamente dopo una lettera di compliance, perché quella di solito non preclude il ravvedimento se ci si attiva subito).
Oltre al ravvedimento ordinario, va ricordato che con la Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) è stato introdotto un Ravvedimento operoso speciale per le violazioni dichiarative commesse fino al 2021. Questo consentiva, entro il 31 marzo 2023, di regolarizzare versando 1/18 del minimo edittale della sanzione e pagando il tributo. Ad esempio, omesse dichiarazioni di anni passati potevano essere sanate con sanzione ridotta al ~5,5%. Tuttavia si trattava di una misura una tantum, ormai scaduta. Resta dunque il ravvedimento ordinario come strumento principale.
Se il contribuente invece ha già ricevuto un avviso di accertamento per la pensione estera non dichiarata, egli può ancora evitare almeno il contenzioso presentando istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni dall’avviso. In questo modo si “congela” la possibilità di ricorso e ci si siede a tavolino con l’ufficio per trovare un accordo. L’adesione consente, come detto, la riduzione delle sanzioni ad un terzo del minimo, e talvolta anche qualche limatura sull’imponibile (ad esempio, riconoscendo un credito d’imposta estero non inizialmente considerato, ecc.). Se si raggiunge un accordo, si paga quanto concordato (imposte + interessi + sanzioni ridotte) e si perfeziona la definizione. Se non si raggiunge accordo o non si attiva l’adesione, resta la via del ricorso in Commissione Tributaria, entro 60 giorni dall’accertamento (o 90 se si è fatta istanza di adesione). In sede di ricorso, il contribuente potrà far valere le proprie ragioni – ad esempio invocare una convenzione internazionale che esenta quella pensione da tassazione in Italia, oppure contestare errori di calcolo, ecc. – ma difficilmente potrà contestare il fatto di non aver dichiarato se la normativa lo richiedeva. Il contenzioso potrebbe semmai ridurre le sanzioni (se c’è margine di discrezionalità o se il giudice riconosce attenuanti). Bisogna valutare costi e benefici del fare ricorso, considerando che in caso di soccombenza si pagano anche le spese di giudizio e interessi ulteriori.
Un ultimo consiglio: non ignorare mai le comunicazioni del fisco. Se ricevete una lettera o un questionario relativo a redditi esteri, è segno che vi sono dati in possesso dell’Agenzia. Ignorare l’invito può portare a un accertamento d’ufficio molto penalizzante. Meglio affrontare la situazione, magari facendosi assistere da un esperto tributario, per trovare la soluzione meno onerosa (adesione, ravvedimento, richiesta di rateizzazione del dovuto, ecc.). Spesso mostrando collaborazione si evitano le sanzioni peggiori. Al contrario, la inerzia può far perdere opportunità di definizioni agevolate e sfociare in cartelle esattoriali di importi elevati.
Domande frequenti (FAQ)
D: Chi è tenuto a dichiarare in Italia una pensione estera percepita dall’estero?
R: Tutti i contribuenti residenti fiscalmente in Italia devono indicare nella dichiarazione annuale dei redditi le pensioni estere da loro percepite. Il principio è che i residenti sono tassati sul reddito mondiale (worldwide income). Non importa se la pensione proviene da un Paese UE o extra-UE, o se è stata già tassata alla fonte: se si è residenti in Italia, quel reddito va dichiarato (salvo eventuali specifiche esenzioni previste da convenzioni). I non residenti in Italia, invece, non devono dichiarare le pensioni di fonte estera al fisco italiano (dovranno però rispettare gli obblighi fiscali del Paese di residenza). Attenzione: “residente” non significa soltanto essere iscritti all’anagrafe italiana, ma anche avere domicilio o dimora abituale in Italia per più di metà anno. Dunque, italiani iscritti AIRE ma che di fatto vivono principalmente in Italia sono considerati residenti e devono dichiarare tutto; viceversa, chi è formalmente residente ma vive stabilmente all’estero potrebbe non essere tenuto (in presenza di prova convincente della residenza estera).
D: La pensione estera è già tassata nel Paese d’origine: devo comunque dichiararla e pagarci le tasse in Italia?
R: Sì, devi comunque dichiararla in Italia se sei fiscalmente residente qui. La doppia imposizione viene evitata tramite il credito d’imposta: in sede di dichiarazione, indicherai l’imposta estera definitiva pagata su quella pensione e ne otterrai lo scomputo dall’IRPEF dovuta in Italia. Se, ad esempio, la tua pensione estera è di €10.000 l’anno, tassata con €1.000 all’estero, e in Italia su 10.000 avresti un’IRPEF di €2.300, dichiarando recupererai i €1.000 esteri come credito e pagherai solo €1.300 (la differenza). Questo meccanismo vale sia in presenza di convenzione bilaterale sia – con qualche limite in più – in assenza. L’importante è dichiarare il reddito e il credito spettante. Se non dichiari nulla, stai di fatto godendo di un illecito vantaggio: o non paghi nulla (se l’estero non tassava) o paghi solo all’estero ma non la parte eventualmente dovuta in Italia. In ogni caso l’Italia può rivendicare la sua tassazione. Nota: alcune convenzioni assegnano la tassazione esclusiva al Paese estero (ad esempio certe pensioni pubbliche): in tal caso, in Italia non è dovuta imposta, ma è comunque prudente segnalarlo nella dichiarazione (se previsto) o tramite un quadro RW/RS, per conoscenza. In mancanza di dichiarazione, l’Italia inizialmente non sa se quel reddito era esente da convenzione o no, e potrebbe farti un accertamento salvo poi riconoscere l’esenzione solo in sede di contenzioso, con dispendio di energie.
D: Quali sanzioni rischia chi non dichiara una pensione estera?
R: In sintesi, dal lato tributario amministrativo le sanzioni vanno da un minimo del 70% dell’imposta evasa (se hai presentato la dichiarazione ma incompleta, e regolarizzi spontaneamente puoi scendere a circa 1/8 di tale importo) fino a un massimo teorico del 240% dell’imposta (per violazioni pregresse gravi, ridotto al 120% fisso dal 2024). Inoltre c’è la sanzione aggiuntiva del 3-15% (per anno) sui valori non dichiarati all’estero (quadro RW). In termini concreti: se evadi €10.000 di IRPEF su pensioni estere, rischi una sanzione base di €7.000 (70%) se l’illecito è attuale, che poteva essere €12.000-18.000 con le vecchie regole. In più, se avevi soldi su conti esteri non dichiarati, 3-15% di quei valori. Dal lato penale, se l’imposta evasa supera le soglie di punibilità (€50.000 annui per omessa dichiarazione, €100.000 per infedele con altre condizioni), allora si rischia un processo penale: omessa dichiarazione punita con reclusione 2–5 anni, infedele dichiarazione 2–4,5 anni. Per importi inferiori, nessun processo penale ma restano le sanzioni pecuniarie salate. Bisogna anche considerare gli interessi di mora e l’eventuale cumulo su più anni: omettere per anni può portare a decine (o centinaia) di migliaia di euro tra imposte dovute e sanzioni. Nell’eventualità estrema di manovre di occultamento sofisticate dei capitali, si potrebbe configurare anche l’autoriciclaggio, con pene fino a 8 anni, ma parliamo di casi di evasione deliberata di notevole entità. La stragrande maggioranza dei casi comporta sanzioni finanziarie, che però possono mettere in seria difficoltà il contribuente medio (pignoramenti di beni, decurtazioni della pensione italiana se ne ha una, ecc.).
D: Entro quanti anni il Fisco può accertare una pensione estera non dichiarata?
R: Normalmente l’Agenzia delle Entrate può notificare avvisi di accertamento entro il 5° anno successivo a quello in cui avresti dovuto dichiarare il reddito (quindi ad esempio entro il 2026 per un reddito 2020). Se non hai proprio presentato la dichiarazione dei redditi, il termine si allunga al 7° anno successivo. Questi termini però possono essere prorogati in particolari situazioni: ad esempio, prima del 2017, per attività detenute in Paesi a fiscalità privilegiata i termini raddoppiavano (si poteva arrivare anche a 10 anni, o 14 in casi di omessa dichiarazione con paesi black list). Oggi con lo scambio di informazioni molti Paesi non sono più considerati “black list” e il raddoppio generalizzato non si applica, salvo casi di ostacolo alle indagini. Comunque, prudenzialmente il Fisco può indagare abbastanza a ritroso: nel 2025 potrebbero ancora accertare redditi del 2019 (dichiarazione 2020) se omessi. Va aggiunto che i termini di accertamento penale (prescrizione del reato) sono diversi: per un reato di omessa dichiarazione la prescrizione è di 6 anni aumentabili fino a 7 anni e mezzo (reclusione max 5 anni), per infedele circa 6 anni e mezzo; quindi il penale può “pendere” per diversi anni dopo il fatto. Ma la regola generale è 5+ anni lato fiscale. Se uno fa un ravvedimento operoso, di solito si possono sistemare anche annualità già “vecchie” (pagando spontaneamente) purché non siano già state contestate: attenzione però che dopo il 5°/7° anno l’amministrazione non può più accertare, ma neanche il contribuente può più ravvedersi su quelle annualità (sarebbe inutile, essendo prescritti i debiti tributari – a meno che non ci siano attività estere non dichiarate, che in teoria restano sempre sanzionabili se scoperte tramite penale, ma entriamo in tecnicismi).
D: Se mi trasferisco all’estero da pensionato, devo continuare a dichiarare qualcosa in Italia?
R: Dipende dal tuo status fiscale. Se diventi residente fiscale estero a tutti gli effetti (iscrizione AIRE e trasferimento reale di dimora e interessi), allora dal periodo d’imposta seguente il trasferimento non dovrai più dichiarare la pensione estera in Italia. Dovrai però dichiararla e tassarla nel nuovo Paese di residenza, salvo agevolazioni locali (es. in Portogallo c’è stata fino a poco tempo fa un’esenzione decennale per pensionati esteri, ora ridotta). Fai attenzione però: se la tua pensione è una pensione pubblica italiana (es. ex dipendente pubblico), la maggior parte delle convenzioni prevede che resti tassabile solo in Italia anche se vivi fuori (eccetto tu acquisti la cittadinanza dell’altro Paese). Quindi se un ex-dipendente pubblico italiano si trasferisce in Portogallo, la sua pensione ex-INPDAP rimane tassata in Italia alla fonte e non verrà tassata in Portogallo (situazione opposta rispetto alle private). In generale, è fondamentale capire la differenza tra pensione pubblica e privata nelle convenzioni. Se sei un pensionato privato che si trasferisce in un Paese convenzionato che tassa solo i residenti (come quasi tutti), la tua pensione italiana dovrebbe essere tassata solo nel nuovo Stato (l’Italia smetterà di tassarla all’origine, ma dovrai fare domanda di detassazione presentando certificato di residenza estera). Se invece sei pensionato pubblico, l’Italia continuerà a trattenerci l’IRPEF. In entrambi i casi, una volta non più residente in Italia, non devi presentare dichiarazione dei redditi in Italia a meno che tu abbia rimasto qualche reddito qui (ad es. affitti da immobili in Italia, che come non residente devi dichiarare in Italia). Ricorda che l’Italia potrebbe comunque verificare che tu sia davvero non residente: hanno intensificato i controlli sui pensionati all’estero per scovare residenze fittizie. Quindi conserva prove della tua effettiva vita all’estero (bollette, contratti, etc.). Se l’Agenzia delle Entrate ti contesta dicendo che secondo loro sei ancora residente in Italia, allora tenteranno di tassarti su tutto (pensioni comprese) e starà a te difenderti dimostrando il contrario. In sintesi: trasferimento genuino all’estero = niente dichiarazione in Italia per redditi esteri (ma occhio alle pensioni pubbliche italiane, che sono un’eccezione e potrebbero rimanere tassate alla fonte italiana anche dopo, salvo rimborsi via convenzione).
D: Cosa posso fare se mi accorgo di non aver dichiarato una pensione estera per anni?
R: La parola d’ordine è ravvedimento operoso. Finché non sei sotto verifica, puoi correggere il passato presentando dichiarazioni integrative e pagando il dovuto con sanzioni ridotte. Più aspetti, più la sanzione ridotta cresce (da 1/10 del minimo se entro 90 giorni, fino a 1/5 se dopo constatazione). Quindi conviene muoversi subito. Dovresti rivolgerti a un commercialista o consulente fiscale esperto in redditi esteri: ti aiuterà a quantificare le imposte dovute per ciascun anno, tenendo conto di detrazioni e crediti spettanti, e calcolerà sanzioni e interessi. Presentando le integrative e versando il tutto eviterai gli accertamenti e soprattutto qualunque profilo penale (se paghi prima che partano controlli, il reato di omessa dichiarazione non è punibile). Se l’importo da pagare è alto e non hai liquidità immediata, valuta che puoi chiedere una rateizzazione all’Agenzia Riscossione una volta ricevuta l’eventuale cartella. Ma meglio pagare spontaneamente se possibile, perché le sanzioni in ravvedimento sono molto inferiori rispetto a quelle post-accertamento. Ad esempio, se dovresti €10.000 di imposte per vari anni, potresti riuscire a cavartela pagando in totale forse €12-13 mila con ravvedimento; se aspetti l’accertamento rischi di pagarne 20-25 mila con sanzioni piene. Insomma, meglio tardi che mai: sanare spontaneamente è sempre visto bene. Inoltre, presentando le integrative eviterai che quella omissione condizioni negativamente anche il futuro (se vorrai chiedere rimborso di crediti, se vorrai metterti in regola con l’esterometro, ecc.).
D: Una pensione estera può essere esente da tassazione in Italia?
R: Sì, ci sono alcuni casi particolari di esenzione totale o parziale in Italia, generalmente previsti dalle convenzioni o dalla legge, ad esempio: (1) Pensioni estere pubbliche percepite da persone che non sono cittadini italiani: molte convenzioni in tali circostanze esentano l’Italia dal tassare, lasciando la tassazione al Paese erogante. (2) Rendite di guerra o pensioni per servizi speciali: ad esempio pensioni di invalidità per veterani erogate da stati esteri, spesso esenti per analogia alle rendite esenti italiane (INAIL). (3) Pensioni di organismi internazionali: alcune pensioni corrisposte da enti come Nazioni Unite, UE, NATO e simili a ex funzionari possono essere esenti da imposte nazionali (perché già soggette a regime fiscale interno dell’organismo). Ad esempio, un ex funzionario ONU residente in Italia riceve la pensione UNJSPF che per statuto non è imponibile dagli Stati membri (tranne contributo di solidarietà interno). (4) Regime speciale “impatriati pensionati”: l’Italia ha introdotto un regime opzionale (art. 24-ter TUIR) per attrarre pensionati esteri nel Sud Italia, offrendo una tassazione forfettaria al 7% per 10 anni sui redditi esteri, pensioni incluse, a chi trasferisce la residenza in piccoli comuni di alcune regioni. Chi aderisce a questo regime paga solo il 7% sulla pensione estera (in luogo dell’IRPEF ordinaria). È una misura facoltativa con requisiti specifici (residenza all’estero per almeno 5 anni precedenti, provenienza da Paesi con accordo, trasferimento in comuni sotto 20.000 abitanti in regioni del Mezzogiorno). Se uno ne beneficia, di fatto la pensione estera non sconta IRPEF ordinaria ma questa imposta sostitutiva agevolata. Al di fuori di tali ipotesi, tutte le pensioni estere vanno dichiarate e sono imponibili in Italia, se si è residenti. Anche se fossero di modesto importo e magari incapienti rispetto alle detrazioni (ad esempio pensione estera di €1.000 all’anno, che di fatto non genererebbe imposta per via della no-tax area), vanno ugualmente indicate in dichiarazione. Se poi dall’aggiunta non risulta imposta, nessun problema, ma l’adempimento dichiarativo va fatto – altrimenti, paradossalmente, si rischia una sanzione fissa per omessa dichiarazione ancorché non c’erano imposte dovute.
D: Devo indicare qualcosa nel Quadro RW per la pensione estera?
R: Dipende. Il Quadro RW serve a monitorare investimenti e attività finanziarie all’estero (conti, depositi, partecipazioni, immobili, metalli preziosi, crypto, polizze, ecc.). La pensione estera come flusso di reddito non è di per sé un “investimento detenuto all’estero”. Però, come detto, se l’accrediti su un conto estero, quel conto va dichiarato (riportando il valore massimo e di fine anno). Se percepisci la pensione tramite assegno o su carta e la consumi senza un conto, allora non c’è da indicare nulla in RW (ma questo è raro al giorno d’oggi). Inoltre, se la pensione estera deriva da un fondo pensione estero (previdenza complementare privata estera), potrebbe configurarsi un investimento estero da monitorare: ad esempio, se hai riscattato una somma o se hai lasciato una posizione aperta in un fondo oltreconfine. In linea di massima, conti correnti esteri e depositi vanno sempre dichiarati se sei residente, a prescindere se vi transitano pensioni o altri redditi, salvo il caso in cui hai nominato un intermediario finanziario italiano come sostituto d’imposta (allora assolve lui al monitoraggio). La mancata indicazione del quadro RW comporta sanzioni specifiche (3-15% come detto) e l’Agenzia può presumere che attività estere non dichiarate abbiano prodotto redditi anch’essi non dichiarati. Quindi è importante non trascurare questo adempimento parallelo.
D: L’Agenzia delle Entrate come potrebbe scoprire che non ho dichiarato la pensione estera?
R: Oggi le possibilità sono elevate: tramite lo scambio automatico di informazioni finanziarie (CRS), l’Italia riceve dati sui conti esteri dei suoi residenti, compresi i movimenti. Se la tua pensione viene accreditata su un conto estero a tuo nome, è probabile che arrivi segnalazione. Anche senza conti, l’Agenzia può scoprirlo incrociando dati: per esempio, se hai trasferito i soldi su un conto italiano, quei movimenti bancari potrebbero insospettire in sede di controlli antifrode (soprattutto se consistenti). Inoltre, attraverso accordi bilaterali o convenzioni, il Fisco può chiedere direttamente al Paese estero informazioni sui redditi di un contribuente (scambio su richiesta). Negli ultimi anni ci sono stati casi clamorosi di collaborazioni internazionali: ad esempio con la Svizzera dopo la fine del segreto bancario, l’Italia ha ottenuto liste di conti e posizioni assicurative di cittadini italiani. Con la Germania e altri paesi UE, ci si scambia annualmente dati fiscali rilevanti. La stessa INPS (ente pensionistico italiano) scambia dati con gli enti pensionistici esteri per il coordinamento previdenziale: non è impossibile che segnalazioni di doppia residenza emergano anche in quel contesto. Dunque, il sistema di compliance fiscale ormai è globale: immaginare di poter percepire una pensione estera per anni senza dichiararla e senza che nessuno se ne accorga è sempre più irrealistico. È più saggio regolarizzare spontaneamente che confidare nell’invisibilità.
D: In conclusione, qual è il vostro consiglio per un pensionato con redditi esteri?
R: Dichiarare sempre tutto ciò che la legge richiede, sfruttando le agevolazioni e le tutele che pure esistono (come le convenzioni contro le doppie imposizioni che evitano il doppio carico fiscale). Se avete dubbi sulla tassazione di una pensione estera, rivolgetevi a un esperto: potrebbe emergere che quella pensione è imponibile solo all’estero (e allora saprete come documentarlo) oppure che va dichiarata in Italia ma potete detrarre l’imposta estera. In ogni caso, l’onere dichiarativo va rispettato. Se siete in arretrato con il fisco, valutate il ravvedimento operoso prima che il fisco valuti voi… E se ricevete comunicazioni o questionari, non ignorateli: affrontate la situazione possibilmente con l’assistenza di un tributarista, per trovare la soluzione meno dolorosa. Ricordate che le sanzioni tributarie, per quanto onerose, si riducono fortemente con la collaborazione, mentre diventano gravose con l’inerzia. Infine, tenetevi informati: la legislazione fiscale è in evoluzione (come abbiamo visto con la recente riforma delle sanzioni dal 2024), e nuove opportunità o regimi possono emergere (ad esempio, se siete pensionati esteri che vogliono venire in Italia, c’è quel regime del 7% che potrebbe interessarvi). Insomma, fate della trasparenza fiscale la vostra migliore difesa – ed eviterete di trovarvi nei panni del “debitore” perseguitato dal Fisco, con tutti gli strumenti di cui dispone.
Fonti e riferimenti (normativa, prassi e giurisprudenza)
- Art. 3, D.P.R. 917/1986 (TUIR) – Principio della tassazione worldwide dei residenti.
- Art. 2, co.2, D.P.R. 917/1986 (TUIR) – Definizione di residenza fiscale delle persone fisiche (come modif. da D.Lgs. 209/2023).
- Circolare Agenzia Entrate 1/2001 – Chiarimenti sul monitoraggio fiscale dei redditi esteri (Quadro RW).
- Convenzioni contro le doppie imposizioni Italia-… (es. Italia-Svizzera, Italia-Germania, Italia-UK, Italia-USA, ecc.): disposizioni sulla tassazione delle pensioni pubbliche e private.
- Art. 165, D.P.R. 917/1986 (TUIR) – Credito d’imposta per imposte estere. Cass. Civ. 9/09/2024 n.24160 – Diritto al credito anche se il reddito estero non fu indicato, in presenza di convenzione. Cass. Civ. 20/04/2025 n.10642 – Il credito per imposte estere può essere esercitato entro termine decennale, non decade se non utilizzato subito.
- D.Lgs. 74/2000, artt. 4-5 – Reati di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione (soglie €100k/€50k). Cass. Pen. 24/01/2024 n.1309 – Configurabilità del reato di autoriciclaggio per proventi da reati tributari (anche antecedenti).
- D.Lgs. 471/1997, art. 1 – Sanzioni per dichiarazione infedele (90-180% imposta evasa, +1/3 se estero). D.Lgs. 471/1997, art. 5 – Sanzioni monitoraggio (3-15% attivi esteri non dichiarati).
- Riforma sanzionatoria 2024 (D.Lgs. 87/2024) – Introduzione sanzioni fisse: infedele 70%, omessa 120%, eliminazione aumento per estero.
- Normativa UE e accordi internazionali: Direttiva 2011/16/UE (scambio info DAC), Direttiva 2010/24/UE (mutua riscossione), Accordo FATCA USA-Italia 2014, Convenzione Multilaterale OCSE 2010 – Meccanismi di cooperazione fiscale e scambio automatico di informazioni.
- OECD – Common Reporting Standard (CRS): standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, implementato in Italia dal 2017 (D.Lgs. 29/2017).
- Giurisprudenza di Cassazione su residenza fiscale: Cass. Civ. Sez. V ord. 6/06/2022 n.18009 – Iscrizione AIRE non decisiva, conta effettivo centro interessi all’estero; Cass. Civ. Sez. V sent. 1/03/2019 n.6081 – Irrilevanza sola iscrizione AIRE se dimora e affari restano in Italia.
- Cass. Pen. sez. III 27/03/2019 n.15027 – (principio generale) Esclusione punibilità se pagamento integrale debito tributario avviene prima del dibattimento (art. 13 D.Lgs 74/2000).
- Agenzia Entrate – Risposta a interpello n.100/2023 – Chiarimenti su imponibilità pensione italiana di ex-dipendente pubblico residente all’estero (convenzione Portogallo).
Cosa Succede Se Non Dichiaro la Pensione Estera?
Percepisci una pensione da un altro Stato e non l’hai indicata nella dichiarazione dei redditi in Italia? Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate o temi un controllo fiscale?
Sempre più spesso, il Fisco italiano incrocia i dati con quelli esteri per individuare pensioni non dichiarate, specialmente da paesi UE, Svizzera o con cui esistono accordi di cooperazione. Ma non tutte le omissioni sono evasione dolosa: in molti casi si può regolarizzare la propria posizione ed evitare sanzioni pesanti.
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- 📂 Analizza la tua situazione fiscale e previdenziale, compresa la tipologia di pensione percepita
- 📌 Verifica se la pensione estera è imponibile in Italia o esente in base alle convenzioni internazionali
- ✍️ Redige istanze di autotutela, memorie difensive o accede a istituti deflattivi per evitare il contenzioso
- ⚖️ Ti rappresenta nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate o in eventuali ricorsi
- 🔁 Ti assiste in una regolarizzazione agevolata e nel corretto inserimento della pensione nelle future dichiarazioni
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e fiscalità internazionale
- ✔️ Specializzato nella gestione di pensioni estere non dichiarate e nella doppia imposizione
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Se non hai dichiarato una pensione estera, non aspettare l’arrivo di una sanzione. Con la giusta assistenza legale puoi chiarire la tua posizione e metterti in regola senza rischi inutili.
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