Hai ricevuto un avviso bonario dall’Agenzia delle Entrate e ti chiedi cosa fare se hai già presentato il ravvedimento operoso? Ti segnalano un debito fiscale che pensavi di aver già regolarizzato? È importante capire se l’avviso è corretto o frutto di un errore, e come difendersi senza pagare due volte.
Cosa significa ricevere un avviso bonario dopo il ravvedimento operoso?
L’avviso bonario è un invito a pagare somme dovute, emesso a seguito di controlli automatici sulla dichiarazione. Ma se hai già presentato un ravvedimento operoso e versato imposta, interessi e sanzione ridotta, l’avviso potrebbe essere:
– Frutto di un errore materiale dell’Agenzia
– Legato a un ravvedimento parziale o incompleto
– Dovuto a codici tributo o annualità errate nei modelli F24
– Il risultato di un ritardo nella registrazione dei tuoi versamenti
Cosa devi controllare?
– Se hai effettivamente versato tutto quanto dovuto, includendo imposta, interessi e sanzione
– Se il ravvedimento è stato presentato correttamente e nei termini
– Se il modello F24 conteneva i codici tributo giusti, l’anno d’imposta corretto e l’importo esatto
– Se l’avviso riguarda un’altra imposta o periodo d’imposta rispetto a quello che hai regolarizzato
– Se hai presentato una dichiarazione integrativa, se era necessaria
Come difendersi se il ravvedimento è corretto ma l’avviso è sbagliato?
– Recupera copia dei modelli F24 e delle quietanze di pagamento
– Verifica il dettaglio dell’avviso e ricostruisci la tua posizione
– Se rilevi errori, invia una comunicazione all’Agenzia (anche tramite PEC) con la documentazione che prova il pagamento
– Se hai fatto tutto correttamente, puoi chiedere l’annullamento in autotutela dell’avviso
– Se ci sono dubbi, puoi richiedere un contraddittorio con l’Ufficio o fissare un appuntamento per chiarimenti
– Se l’Agenzia non corregge l’errore e procede con la cartella, puoi impugnarla con ricorso tributario
Cosa puoi ottenere con una reazione tempestiva?
– L’annullamento dell’avviso bonario, se il pagamento risulta già effettuato
– La correzione di eventuali errori formali, senza pagare due volte
– La sospensione di ulteriori azioni, come cartelle o iscrizione a ruolo
– Il riconoscimento della regolarità della tua posizione fiscale
Cosa fare se il ravvedimento è stato incompleto o errato?
– Puoi regolarizzare la parte mancante, con un secondo ravvedimento, se ancora nei termini
– Puoi versare la differenza indicata nell’avviso bonario, usufruendo della riduzione delle sanzioni
– Puoi chiedere una rateizzazione, se l’importo è troppo elevato per un versamento unico
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa da avvisi bonari e ravvedimenti ti spiega cosa fare se ricevi un avviso bonario dopo aver effettuato il ravvedimento operoso, come controllare la tua posizione e come evitare pagamenti doppi o ingiusti.
Hai ricevuto un avviso bonario che ti sembra sbagliato? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo i tuoi versamenti e ti diremo se puoi opporlo, correggerlo o ignorarlo in sicurezza.
Introduzione
L’avviso bonario, noto formalmente come “comunicazione di irregolarità”, è una lettera non ancora un atto esecutivo con cui l’Agenzia delle Entrate segnala al contribuente errori od omissioni emersi dai controlli sulla dichiarazione dei redditi o sui versamenti effettuati. Non si tratta quindi di una cartella esattoriale né di un vero e proprio accertamento, ma di un invito a regolarizzare la propria posizione prima che la situazione si aggravi. In pratica, è un campanello d’allarme: consente al contribuente (persona fisica, ditta individuale o società) di correggere spontaneamente l’irregolarità beneficiando di sanzioni ridotte (di regola pari a un terzo di quelle piene).
Dal punto di vista del debitore, ricevere un avviso bonario è un’occasione da non sottovalutare: agire tempestivamente consente di evitare l’iscrizione a ruolo del debito con sanzioni piene e successive azioni di riscossione forzata. In questa guida approfondita (oltre 10.000 parole, aggiornata a luglio 2025) esamineremo come funziona l’avviso bonario e il ravvedimento operoso in Italia – con riferimenti normativi, prassi e giurisprudenza recente – e cosa fare in concreto: presentiamo tabelle riassuntive, esempi pratici, oltre a una sezione di domande e risposte frequenti. Il taglio è avanzato ma divulgativo, adatto tanto ai professionisti legali e fiscali quanto ai contribuenti privati e imprenditori interessati a capire i propri diritti e obblighi. Le fonti utilizzate (normativa, circolari e sentenze) sono elencate in fondo alla guida.
1. Cos’è l’avviso bonario e quando viene emesso
Definizione e base normativa. L’avviso bonario è una comunicazione inviata dall’amministrazione fiscale al contribuente a seguito dei controlli sulle dichiarazioni o sui versamenti. La sua base normativa si trova principalmente nell’art. 36-bis del DPR 600/1973 (controllo automatizzato delle dichiarazioni dei redditi), nell’art. 54-bis del DPR 633/1972 (controllo automatizzato per l’IVA) e nell’art. 36-ter DPR 600/1973 (controllo formale delle dichiarazioni dei redditi). Tali norme prevedono che l’Agenzia delle Entrate, dopo aver liquidato le imposte dichiarate ed aver eventualmente riscontrato errori di calcolo, omissioni di versamento, utilizzo indebito di crediti, incoerenze o altri dati non quadranti, comunichi l’esito al contribuente prima di procedere a una riscossione forzosa.
In altri termini, l’avviso bonario segnala al contribuente le anomalie riscontrate e offre la possibilità di correggerle spontaneamente pagando quanto dovuto (imposta e interessi) con una sanzione agevolata, invece di quella ordinaria. Se il contribuente resta inerte, trascorso un certo termine l’Amministrazione procederà all’iscrizione a ruolo delle somme con applicazione delle sanzioni piene (generalmente il 30% dell’imposta, ora 25% – v. §5).
Tipologie di avvisi e tributi coinvolti. I controlli automatizzati (ex art. 36-bis DPR 600 e 54-bis DPR 633) riguardano la correttezza formale dei dati dichiarati e versati: ad esempio importi non pagati, errori aritmetici, crediti d’imposta esposti ma non spettanti, incongruenze tra dati della dichiarazione e quelli presenti in Anagrafe Tributaria. I controlli formali (ex art. 36-ter DPR 600) consistono invece in verifiche più approfondite su documenti e certificazioni: l’Agenzia può chiedere ricevute, scontrini, documenti per confermare detrazioni, oneri deducibili, ritenute, etc. In caso di scostamenti o documenti mancanti, viene emessa anch’essa una comunicazione di irregolarità post-controllo formale.
Sono interessati tutti i principali tributi dichiarativi statali: l’IRPEF e relative addizionali, l’IRES, l’IVA, l’IRAP, le ritenute non versate, e in generale qualunque imposta o contributo risultante dalla dichiarazione gestita dall’Agenzia delle Entrate. Anche i redditi soggetti a tassazione separata (come TFR, arretrati da lavoro, plusvalenze tassate separatamente) possono dare luogo a comunicazioni: in tali casi, di norma, l’ufficio liquida l’imposta dovuta senza sanzioni né interessi se il pagamento avviene entro 30 giorni. Infatti per queste fattispecie l’avviso bonario assume la forma di un semplice avviso di pagamento dell’imposta (calcolata separatamente dall’AE) che non prevede sanzioni se si paga entro 30 giorni. Se però il contribuente non paga neppure entro tale termine, verranno applicate le sanzioni ordinarie per omesso versamento anche su tali importi, con possibile iscrizione a ruolo successiva (in assenza di un ravvedimento spontaneo).
Esempio: il sig. Rossi nel 2024 ha percepito un TFR tassato separatamente per €10.000; l’Agenzia delle Entrate, dopo aver calcolato l’imposta dovuta su tale importo, gli invia nel 2025 un avviso bonario per tassazione separata chiedendo il versamento dell’imposta (mettiamo €2.000) entro 30 giorni. Pagando entro tale termine, non subirà alcuna sanzione né interessi (trattandosi di tassazione separata). Se invece non paga, quell’importo verrà iscritto a ruolo e notificato con cartella di pagamento, gravato della sanzione del 30% (ora 25%) e degli interessi di mora maturati.
Da segnalare che esistono strumenti analoghi all’avviso bonario anche per altri enti impositori: ad esempio, l’INPS invia spesso un “avviso bonario” ai datori di lavoro o ai lavoratori autonomi per contributi previdenziali non versati, prima di emettere l’avviso di addebito (titolo esecutivo per la riscossione coattiva). Allo stesso modo, l’Agenzia delle Dogane e altri enti possono inviare comunicazioni bonarie in ambito di proprie competenze. In questa guida tuttavia ci concentriamo sul procedimento dell’Agenzia delle Entrate, che copre la gran parte dei tributi erariali.
Forma e contenuto della comunicazione. L’avviso bonario si presenta come una lettera (cartacea inviata via raccomandata A/R, oppure notificata via PEC se il contribuente possiede un domicilio digitale) contenente il dettaglio delle imposte dovute o delle correzioni effettuate dall’ufficio. In allegato è normalmente fornito il modello F24 precompilato per effettuare il versamento in un’unica soluzione o, se ammesso, in forma rateale. La comunicazione indica inoltre:
- La causale dell’irregolarità riscontrata (es. “omesso versamento saldo IRPEF 2023 per €X”, oppure “controllo formale: oneri dedotti non documentati, imposta dovuta €Y”, etc.);
- Le somme richieste: l’imposta o maggiore imposta dovuta, gli interessi calcolati dal giorno in cui l’imposta era esigibile (interessi al tasso legale, maturati giorno per giorno), e la sanzione ridotta applicabile se si paga entro il termine indicato;
- Il termine entro cui occorre effettuare il pagamento per beneficiare della definizione agevolata: come vedremo tra poco, dal 2025 tale termine è di regola 60 giorni dal ricevimento (anziché 30 giorni com’era fino al 2024). Viene specificata anche la possibilità di chiedere una rateizzazione entro lo stesso termine (dettagli in §4);
- Le istruzioni per eventuali chiarimenti: l’avviso spiega che il contribuente, se ritiene l’irregolarità infondata o parzialmente errata, può presentare documenti o osservazioni all’ufficio competente (anche tramite il servizio telematico “Civis” o recandosi in ufficio) entro il medesimo termine, affinché l’ufficio riesamini la dichiarazione.
In calce viene precisato che in caso di mancato pagamento o mancuna risposta nei termini, si procederà alla riscossione mediante cartella di pagamento, con l’applicazione delle sanzioni intere e degli interessi di mora (nonché degli aggi di riscossione di Agenzia Entrate Riscossione). Questa è la “minaccia” implicita: l’avviso bonario rappresenta l’ultima chiamata prima dell’inizio della fase coattiva.
Natura giuridica: atto non impugnabile. È molto importante chiarire che l’avviso bonario non è un atto impositivo definitivo: è considerato un atto amministrativo meramente interlocutorio/istruttorio, privo di efficacia esecutiva. Per questo motivo, la legge non consente di impugnare direttamente in Commissione Tributaria la comunicazione di irregolarità. L’avviso bonario infatti non contiene una pretesa tributaria definitiva, ma solo una proposta di definizione agevolata; l’eventuale contenzioso potrà sorgere solo dopo, sul successivo atto di riscossione (cartella o avviso di accertamento in caso di controllo formale) se il contribuente non concorda. La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che queste comunicazioni non sono immediatamente impugnabili, in quanto non costituiscono né un avviso di accertamento né un provvedimento equiparabile. D’altra parte, l’Agenzia delle Entrate è tenuta a rispettare il contraddittorio: l’invio dell’avviso bonario obbliga l’ufficio a sospendere l’iscrizione a ruolo in attesa della risposta del contribuente o dello spirare del termine. Solo dopo tale termine, in caso di mancato pagamento o mancata risposta, si procede con l’iscrizione a ruolo (vedi §5).
Nota: L’unica eccezione in cui un contribuente potrebbe impugnare qualcosa prima della cartella è nel caso particolare in cui l’ufficio, per errore procedurale, iscriva a ruolo le somme senza aver inviato la comunicazione quando invece era dovuta. In passato la giurisprudenza ha dibattuto se la mancata preventiva comunicazione invalidi la cartella. Attualmente prevale l’idea che, se dall’elaborazione automatizzata non emergono irregolarità rilevanti, l’Agente può legittimamente iscrivere a ruolo senza inviare alcun preavviso (ad esempio per controlli formali conclusi senza difformità). Viceversa, se vi erano incoerenze e l’ufficio omette l’avviso bonario, il contribuente può far valere in giudizio la violazione del diritto al contraddittorio, anche se questo di per sé non sempre comporta annullamento della cartella (bisogna provare l’eventuale pregiudizio difensivo subito). In ogni caso, queste sono situazioni limite: nella prassi l’Agenzia delle Entrate invia sempre le comunicazioni prima di iscrivere a ruolo gli esiti dei controlli automatici o formali, come confermato anche dallo Statuto del Contribuente (L. 212/2000, art. 6, c.5).
Termini per pagare o rispondere – Novità 2025. Come anticipato, a seguito della riforma fiscale in corso (decreti attuativi della L. 111/2023), il legislatore ha esteso i termini a disposizione del contribuente per definire gli avvisi bonari. In particolare, per gli avvisi bonari elaborati dal 1º gennaio 2025 in poi, il termine per pagare le somme dovute (o la prima rata) è stato portato da 30 giorni a 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. Analogamente, anche il termine per fornire eventuali chiarimenti all’ufficio passa a 60 giorni (prima era 30 giorni). Se la comunicazione viene trasmessa per via telematica a un intermediario (es. al commercialista tramite canale Entratel), i giorni diventano 90 dal momento in cui l’avviso si considera ricevuto dall’intermediario. Questa estensione dei termini è stata introdotta dall’art. 10 del D.Lgs. 1/2024 (correttivo della riforma fiscale) su forte richiesta dei professionisti, al fine di dare maggiore tempo ai contribuenti sia per reperire le somme sia per interloquire efficacemente con l’Agenzia.
Va evidenziato che il termine decorre dalla data di ricezione dell’avviso bonario (se spedito per raccomandata, la data di consegna; se via PEC, la data di presa visione o comunque di avvenuta consegna elettronica). Nel caso in cui il contribuente, entro tale termine, presenti osservazioni o documenti e l’ufficio risponda con una rettifica alla comunicazione originaria (ad esempio riconoscendo parzialmente le ragioni del contribuente e rideterminando il dovuto), solitamente decorre un nuovo termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione di rettifica per pagare il nuovo importo. Anche questo termine dovrebbe beneficiare dell’estensione a 60 giorni per gli atti dal 2025, secondo la ratio della norma (anche se va caso per caso, dipendendo dalla prassi attuativa).
Sospensione feriale delle comunicazioni. Un’ulteriore novità normativa prevede che l’Agenzia delle Entrate non invii avvisi bonari nei periodi critici di fine anno e ferie estive, salvo urgenze indifferibili. Dal 2024 infatti è stabilito che non vengono emesse comunicazioni dal 1º al 31 agosto e dal 1º al 31 dicembre di ogni anno. Inoltre, resta confermata la sospensione dei termini durante il mese di agosto: i 60 giorni (o 30 giorni) per pagare o rispondere all’avviso bonario rimangono sospesi dal 1º al 31 agosto, riprendendo a decorrere dal 1º settembre (per prassi si considera sospeso fino al 4 settembre). Ad esempio, un avviso bonario ricevuto il 20 luglio 2025 avrà il termine di 60 giorni “congelato” dal 1/8 al 31/8 e riprenderà a contare dal 1/9, venendo così a scadere attorno ai primi di novembre anziché il 18 settembre. Questa sospensione estiva (prevista dall’art. 7-quater del DL 193/2016, modificato da DLgs 1/2024) serve a evitare che scadenze importanti cadano nel mese di chiusura feriale, analogamente a quanto accade per i termini processuali. Riepilogando: atti emessi dal 2025 hanno 60 giorni (90 se via intermediario) per definizione; inoltre nessun avviso viene notificato in agosto e dicembre, e i giorni di agosto non si contano nel computo del termine di pagamento.
Contenuto finanziario: sanzioni ridotte e interessi. La peculiarità più rilevante dell’avviso bonario, come detto, è la riduzione delle sanzioni. In luogo della sanzione ordinaria prevista per l’irregolarità commessa, l’ufficio applica una sanzione agevolata se il contribuente paga entro il termine. Nella generalità dei casi di liquidazione automatizzata, la sanzione piena per omesso versamento è il 30% dell’imposta non pagata (art. 13 D.Lgs. 471/1997); l’avviso bonario propone invece il pagamento con sanzione ridotta a un terzo di tale importo, ossia 10% dell’imposta. Per i controlli formali, la sanzione ordinaria per le imposte o crediti indebiti riscontrati era tradizionalmente del 20% (2/3 di 30%) se definito entro 30 giorni. Attenzione: dal 1° settembre 2024, essendoci stata una riduzione delle sanzioni edittali (D.Lgs. 87/2024, art. 1), la sanzione piena per omessi versamenti è scesa al 25% e conseguentemente le percentuali ridotte cambiano leggermente. Per irregolarità commesse dopo tale data si applica infatti:
- 8,33% (cioè 1/3 di 25%) dell’imposta dovuta per gli avvisi bonari derivanti da controlli automatizzati. In pratica, per violazioni dal 1/9/2024 in poi, la comunicazione proporrà una sanzione ridotta all’8,33% anziché 10%. Le comunicazioni riguardanti periodi anteriori continuano ad applicare il 10%.
- 16,67% (cioè 2/3 di 25%) dell’imposta dovuta per le comunicazioni da controllo formale (36-ter) relative a violazioni post 1/9/2024. In precedenza, come detto, era il 20%.
Riassumendo, fino al 31/8/2024 le sanzioni ridotte in sede di avviso bonario erano 10% (automatizzato) o 20% (formale); dopo tale data diventano rispettivamente ~8,33% e 16,67%, fermo restando che il pagamento va eseguito entro i 60 giorni (30 gg fino agli avvisi 2024). Le comunicazioni indicano esplicitamente l’ammontare in euro della sanzione ridotta. Ad esempio, se dall’avviso emerge un’imposta non versata di €1.000, l’atto inviterà a pagare €1.000 + interessi + €100 di sanzione (10%) se l’irregolarità è pre-settembre 2024, oppure €1.000 + interessi + €83,33 di sanzione (8,33%) se successiva.
Oltre alla sanzione, nell’avviso vengono conteggiati gli interessi per il ritardato pagamento dell’imposta. Tali interessi decorrono normalmente dal giorno successivo alla scadenza originaria del tributo fino alla data di elaborazione dell’avviso (e, se si paga oltre tale data, fino alla data di effettivo pagamento). Il tasso applicato è il tasso di interesse legale vigente pro tempore, calcolato su base giornaliera. Ad esempio, nel 2023 il tasso legale era 5% annuo, sceso al 2% annuo dal 1/1/2025; ciò significa che su un importo di €1.000 dovuto dal 30 giugno 2024 e pagato il 30 marzo 2025 maturano circa 9 mesi di interessi: al 5% annuo per i primi 6 mesi e al 2% per i restanti 3 mesi, per un totale di circa €37 di interessi (indicativamente) che l’avviso includerà. Gli interessi si definiscono interessi da comunicazione (o di dilazione) e non sono sanzionatori né riducibili: vanno sempre calcolati per il periodo di ritardo effettivo. Va infine ricordato che in caso di successiva iscrizione a ruolo (cartella), decorreranno ulteriori interessi di mora (attualmente circa 4% annuo) dal 61º giorno dopo la notifica della cartella, come vedremo al §5.
Esempio pratico di confronto (ravvedimento vs avviso vs cartella). Per comprendere l’importanza dell’avviso bonario dal lato economico, consideriamo il caso di un omesso versamento di imposta da €1.000, dovuta per l’anno d’imposta 2023 (scadenza 30 giugno 2024). Supponiamo che il contribuente non paghi tale importo nei termini. Vediamo tre scenari possibili di regolarizzazione:
- Scenario A: ravvedimento operoso tempestivo – Il contribuente si accorge autonomamente del mancato pagamento e si “ravvede” il 30 novembre 2024 (cioè 5 mesi dopo la scadenza). In base all’art. 13 D.Lgs. 472/1997, essendo trascorsi più di 90 giorni ma meno di un anno, la sanzione da ravvedimento è pari al 3,75% (1/8 del 30%) per violazioni 2024. Quindi pagherà: imposta €1.000 + sanzione €37,50 + interessi legali calcolati dal 1/7 al 30/11/2024 (al 5% annuo, circa €20). Totale circa €1.057,50. Dopo il 1/9/2024 la sanzione intera è scesa al 25%, quindi se l’irregolarità fosse stata commessa nel 2025 e ravveduta entro un anno, la sanzione sarebbe 3,125% (1/8 di 25%), quindi ancora più bassa (€31,25). Si noti dunque che agendo spontaneamente entro l’anno, Rossi se la cava con una sanzione esigua.
- Scenario B: definizione con avviso bonario – Il contribuente non si è ravveduto spontaneamente. L’Agenzia, tramite il controllo automatizzato, emette nel marzo 2025 un avviso bonario per quell’imposta non pagata. Poiché la violazione risale al 2024, si applica la sanzione ridotta del 10% (essendo commessa prima del 1/9/24). Dunque Rossi riceve la comunicazione con: €1.000 imposta + circa €25 di interessi (dal 1/7/2024 al 31/03/2025, al 5% annuo) + €100 di sanzione (10%). Totale €1.125 circa. Se paga entro 60 giorni dal ricevimento (beneficiando dell’estensione di termine vigente dal 2025), il debito è chiuso così. Ha speso un po’ di più rispetto al ravvedimento tempestivo, ma comunque meno di quanto avrebbe pagato in futuro. Inoltre, se la somma fosse elevata e Rossi non disponesse subito di €1.125, può attivare la rateizzazione (vedi oltre) mantenendo la sanzione agevolata.
- Scenario C: omissione e cartella esattoriale – Rossi ignora l’avviso bonario, non paga entro i 60 giorni. A questo punto (fine 2025) l’Agenzia iscrive a ruolo l’importo dovuto: l’imposta €1.000, gli interessi maturati fino a quel momento (diciamo €30, continuati ad accumularsi) e la sanzione intera del 30% sull’imposta (in quanto decadde dal beneficio). Verrà quindi notificata da Agenzia Entrate-Riscossione una cartella di pagamento con: imposta €1.000 + sanzione €300 + interessi di mora aggiuntivi maturati dopo l’iscrizione (fino alla notifica) – ipotizziamo altri €10 – e inoltre gli oneri di riscossione (aggi) pari al 3% circa se la cartella viene saldata entro 60 gg, altrimenti 6%. In totale nella cartella Rossi troverà all’incirca €1.345. Avrà 60 giorni per pagarla; se non lo fa, l’Agente potrà avviare misure come fermi amministrativi, pignoramenti ecc. con ulteriori costi.
Come si vede, attendere passivamente la cartella comporta un aggravio notevole: nel nostro esempio, Rossi pagherebbe quasi €1.345, contro i €1.125 se avesse definito subito l’avviso bonario, e ancor meno (€1.058) se avesse addirittura fatto ravvedimento in tempo utile. Senza contare le possibili spese successive di un eventuale contenzioso o di procedure coattive. Morale: l’avviso bonario è una “via d’uscita” più conveniente rispetto all’inerzia.
2. Il ravvedimento operoso: regolarizzare spontaneamente le violazioni
Prima di entrare nel dettaglio delle possibili azioni in risposta all’avviso bonario, è fondamentale chiarire il concetto di ravvedimento operoso, poiché molte scelte del contribuente ruotano attorno a questo istituto.
Cos’è il ravvedimento operoso. Previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, il ravvedimento operoso consente al contribuente di regolarizzare spontaneamente una violazione tributaria (ad es. un omesso o insufficiente versamento di imposta, oppure errori ed omissioni nella dichiarazione) beneficiando di sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie. In sostanza, il contribuente “colpevole” che si attiva di propria iniziativa, prima di essere scoperto dal Fisco, viene premiato con uno sconto della sanzione. Il ravvedimento si perfeziona effettuando: (a) il pagamento dell’imposta dovuta (o della differenza d’imposta), (b) il pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale per il periodo di ritardo, e (c) il pagamento di una sanzione in misura ridotta. Questi pagamenti vanno eseguiti contestualmente (preferibilmente con un unico modello F24) o comunque entro il termine di legge previsto per il ravvedimento, come chiarito anche dalla prassi. L’istituto è ammesso solo finché la violazione non sia già stata constatata dall’ufficio o siano iniziate verifiche o altri controlli di cui il contribuente abbia formale conoscenza. In altre parole: bisogna battere sul tempo l’Amministrazione.
Importante: “Il ravvedimento è escluso se la violazione è già stata contestata o se sono iniziati accessi, ispezioni o verifiche di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza” – art. 13, c.1 D.Lgs. 472/97. Inoltre non è ammesso ravvedere una dichiarazione omessa oltre 90 giorni dal termine (dichiarazione omessa “tardivamente” entro 90 gg può essere ravveduta).
Il ravvedimento operoso copre un ampio spettro di violazioni tributarie, ma il caso tipico è proprio l’omesso o tardivo versamento di un tributo dovuto. Ai fini del ravvedimento, le norme prevedono diverse fasce temporali di intervento, a cui corrispondono diverse riduzioni di sanzione (più è tempestivo il ravvedimento, più bassa la sanzione). Dal 1° settembre 2024 queste fasce hanno subito alcune modifiche per via del citato D.Lgs. 87/2024. Riassumiamo le principali (per omessi versamenti):
- Ravvedimento sprint: se il pagamento avviene entro 14 giorni dalla scadenza originaria, la sanzione ordinaria (che è del 15% in caso di versamento effettuato entro 90 giorni) è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo. In pratica si applica una sanzione dello 0,1% per ogni giorno di ritardo fino al 14°. Ad esempio, un ritardo di 8 giorni comporta 0,8% di sanzione. (Dal 1/9/24, essendo la sanzione edittale per i primi 90 gg scesa a 12,5%, il tasso giornaliero diventa ~0,0833% al giorno, quindi ~1,17% massimo in 14 gg).
- Ravvedimento breve: per versamento eseguito dal 15° al 30° giorno dalla scadenza. Si applica una sanzione fissa pari a 1/10 del minimo. Poiché fino al 31/8/24 il “minimo” entro 90 gg è considerato 15%, 1/10 è 1,5%. Dal 1/9/24, con minimo 12,5%, diventa 1,25%.
- Ravvedimento entro 90 giorni: per versamento eseguito oltre 30 gg ma entro 90 gg dalla scadenza originaria (o, se la violazione concerne una dichiarazione, entro 90 gg dal termine di presentazione di essa). La sanzione è 1/9 del minimo, cioè 1,67% (essendo 1/9 di 15%). Dal 1/9/24 ciò diventa 1,39% (1/9 di 12,5%).
- Ravvedimento lungo (entro 1 anno): per versamento eseguito oltre 90 gg ma entro 1 anno dalla violazione (o entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo, se applicabile). La sanzione è 1/8 del minimo. Poiché oltre 90 gg la sanzione ordinaria piena è 30%, 1/8 di 30% = 3,75%. (Dopo il 1/9/24, minimo 25%, dunque 1/8 = 3,125%).
- Ravvedimento biennale: (categoria abrogata dal 2024). Prima della riforma, per regolarizzazioni entro 2 anni dall’omissione la sanzione era 1/7 del minimo = 4,29%. Dal 2024 non c’è più distinzione tra oltre 1 anno e oltre 2 anni, quindi questa fattispecie confluisce nel successivo ravvedimento “ultra annuale” (vedi punto seguente).
- Ravvedimento ultra-biennale: (ora semplicemente ultra annuale). Prima, per ravvedimento oltre 2 anni, sanzione 1/6 del minimo = 5%. Dal 1/9/24, per tutte le regolarizzazioni oltre 1 anno dalla violazione (senza più soglia biennale) la sanzione ridotta è 1/7 di 25% = ~3,57%. Dunque, paradossalmente, dopo la riforma 2024 ravvedersi tardissimo (es. dopo 3 anni) costa meno di prima (3,57% anziché 5%), ma ravvedersi tra 1 e 2 anni costa un po’ più di prima (3,57% anziché 4,29%) poiché è stata unificata la soglia oltre l’anno.
- Ravvedimento post-contestazione (PVC): citiamo infine la particolare ipotesi introdotta nel 2015 che consente il ravvedimento anche dopo un processo verbale di constatazione (PVC della Guardia di Finanza), ma prima che arrivi un avviso di accertamento. In tal caso la sanzione è ridotta a 1/5 del minimo. Ad esempio, se in un PVC viene constatato un omesso versamento IVA (sanzione base 30% o 25%), il contribuente – purché non siano contestate falsità o mancate fatture – può versare entro 30 giorni dal PVC con sanzione al 6% (1/5 di 30) per definire spontaneamente. Questo istituto però non si applica dopo un avviso bonario formalmente notificato, come vedremo.
Condizioni di ammissibilità del ravvedimento. Oltre al limite temporale (attivarsi prima della “scoperta” ufficiale), ci sono alcune condizioni. La più importante l’abbiamo detta: assenza di notifica di atti di liquidazione o accertamento o comunicazioni di irregolarità relative alla violazione. In pratica, dopo che è stato notificato un avviso bonario per quella violazione, il ravvedimento operoso “ordinario” non è più consentito. Ciò perché l’atto bonario viene assimilato a una contestazione formale del debito (pur se non definitiva) – vedremo però nel §3 un caso particolare in cui il contribuente può ancora ravvedersi con sanzione ridotta del 3,75%, prima della scadenza dell’avviso. Un’altra condizione implicita: il ravvedimento è valido solo se si paga integralmente quanto dovuto (tributo + interessi + sanzione ridotta). Pagamenti parziali non perfezionano il ravvedimento a meno che entro la scadenza ravvedimentale non si saldi anche il restante dovuto. Ad esempio, se per un omesso versamento occorre versare €1.000 e sanzione ridotta €30, pagare solo l’imposta (€1.000) entro i termini non basta: sarebbe un pagamento spontaneo tardivo ma senza riduzione di sanzioni (le sanzioni verrebbero poi iscritte a ruolo). Tuttavia, la Cassazione di recente ha chiarito che un lieve errore sul calcolo della sanzione non inficia il ravvedimento se il versamento è avvenuto in buona fede: in sostanza, se il contribuente versa tutto il tributo e interessi e versa almeno in parte la sanzione, l’ufficio dovrebbe consentirgli di integrare l’importo senza considerare decaduto il ravvedimento (principio di collaborazione e buona fede) – v. Cass. 27817/2022 e Cass. 2016/2023 (ord.) su perfezionamento del ravvedimento con versamento carente delle sole sanzioni. Ad ogni modo, è sempre consigliabile farsi assistere nel calcolo per evitare errori.
Ravvedimento e avviso bonario. Come anticipato, c’è un rapporto di esclusione: una volta che l’Agenzia ha inviato l’avviso bonario per un’omissione, la violazione non è più considerata “spontanea” e quindi il ravvedimento operoso ordinario non è più applicabile. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito ciò già con la Circolare 23/E del 2015, e la Corte di Cassazione ha ribadito che “non esiste ravvedimento del pagamento oltre il termine indicato nella comunicazione”: chi paga dopo la scadenza dell’avviso bonario perde il diritto alla sanzione ridotta e subisce quindi la sanzione piena. Di conseguenza, se il contribuente non definisce l’avviso bonario nei termini e cerca successivamente di pagare per conto proprio, l’Ufficio considererà il pagamento come parziale acconto e procederà comunque a iscrivere a ruolo la differenza di sanzioni e interessi dovuta.
Tuttavia – ed è un punto di grande rilevanza pratica – finché il termine dell’avviso bonario non è scaduto, il contribuente può comunque provare a utilizzare il meccanismo del ravvedimento per pagare importi dovuti con sanzione inferiore a quella del 10% prevista dall’avviso stesso. In sostanza, può decidere di non aderire formalmente all’avviso bonario e invece versare con F24 l’imposta dovuta aggiungendo una sanzione ridotta da ravvedimento (es. 3,75%) al posto del 10%. Questa strategia, se attuata entro il termine della comunicazione, può portare un ulteriore risparmio. Ad esempio: Tizio riceve un avviso bonario IRPEF che richiede €1.000 + 10% = €1.100. Invece di pagare con l’F24 allegato, Tizio – entro lo stesso termine – versa con un proprio F24 €1.000 di imposta + €37,50 di sanzione (3,75%) + interessi, indicando i codici tributo del ravvedimento. In questo modo la sanzione passa dal 10% al 3,75%, riducendo l’esborso totale. Naturalmente ciò è possibile solo se nessun pagamento è stato ancora effettuato sull’avviso e se il versamento avviene comunque entro i 60 giorni (o 30 giorni per atti 2024) dalla notifica dello stesso. In pratica, è un ravvedimento “tardivo” ma effettuato entro la finestra bonaria.
Bisogna però prestare cautela: questa soluzione non è ufficialmente prevista dalla norma – anzi, come detto formalmente dopo la notifica dell’avviso il ravvedimento sarebbe precluso. Si tratta quindi di una prassi di fatto, suggerita da alcuni esperti, che può funzionare perché in fin dei conti l’Erario riceve tutto il dovuto (imposta, interessi, sanzione seppur minore) e quindi potrebbe soprassedere dall’iscrivere a ruolo la differenza. Diverse fonti confermano che il ravvedimento è ammissibile fino alla scadenza della prima rata dell’avviso bonario. L’effetto è appunto considerare “spontaneo” il pagamento entro quel termine, riducendo la sanzione al 3,75% (ravvedimento breve) purché il versamento avvenga entro 30 giorni dalla scadenza dell’avviso. Attenzione: se sono già decorsi i 30 giorni (o 60 giorni) e l’avviso è scaduto senza pagamento, allora non vi è più scampo – la riduzione 1/3 è persa e la sanzione piena va in cartella. Invece se il contribuente ha pagato in ritardo ma comunque prima della cartella, potrebbe ricevere una cartella solo per le sanzioni residue al 30%: in quel caso talvolta le Commissioni Tributarie hanno accolto ricorsi riducendo ex post la sanzione al 10%, ma la Cassazione (sent. 26508/2021) ha smentito tale possibilità, stabilendo che il pagamento oltre il termine bonario non dà diritto allo sconto. Dunque, l’unico modo lecito per sfruttare il ravvedimento dopo l’avviso è quello di farlo dentro i termini dell’avviso stesso (di fatto “anticipando” il pagamento con sanzione minore). In caso di dubbi su questa operatività, è consigliabile farsi assistere da un tributarista, valutando pro e contro.
Riassumendo: prima che arrivi un avviso bonario, il contribuente è libero di ravvedersi (pagare spontaneamente) con sanzioni calcolate in base al ritardo. Dopo che la violazione è stata formalmente comunicata dall’AE, il ravvedimento operoso ordinario non è più tecnicamente utilizzabile – a meno di effettuare il pagamento entro la scadenza bonaria includendo la sanzione ridotta, come “scorciatoia” per pagare meno del 10%. In qualsiasi caso, se vi è già stata la notifica di una cartella esattoriale, il ravvedimento non si applica più e l’unica via per ridurre sanzioni è eventualmente il contenzioso o altre definizioni agevolate.
Riepilogo riduzioni sanzioni (ravvedimento vs definizione vs cartella). Per avere un quadro chiaro, si propone la seguente tabella riepilogativa delle sanzioni applicabili in diverse fasi, ipotizzando un’omissione di versamento con sanzione ordinaria 30% (25% dopo 1/9/24):
Momento della regolarizzazione | Sanzione applicata (violazioni fino 31/8/24 → dopo 1/9/24) |
---|---|
Ravvedimento entro 14 giorni | 0,1% per giorno (max 1,4%) → 0,0833% al giorno (max ~1,17%) |
Ravvedimento 15–30 giorni | 1,5% → 1,25% |
Ravvedimento 31–90 giorni | 1,67% → 1,39% |
Ravvedimento entro 1 anno | 3,75% → 3,125% |
Ravvedimento oltre 1 anno | 5% (oltre 2 anni) → 3,57% (oltre 1 anno) |
Definizione avviso bonario (auto) | 10% → 8,33% (se violazione post 1/9/24) |
Definizione avviso bonario (formale) | 20% → 16,67% (post 1/9/24) |
Omesso pagamento, cartella | 30% (sanzione piena) → 25% (per violazioni post 1/9/24) |
Nel seguito vedremo come comportarsi alla ricezione di un avviso bonario, tenendo presenti queste percentuali.
3. Cosa fare quando si riceve un avviso bonario
Passiamo ora alla pratica dal punto di vista del contribuente (debitore): quali sono i passi da compiere se ci arriva un avviso bonario dall’Agenzia delle Entrate? Le opzioni principali sono tre:
- Verificare e, se corretto, pagare l’importo dovuto entro i termini, usufruendo delle sanzioni ridotte (eventualmente anche rateizzando il pagamento, se l’importo è elevato).
- Se non si è d’accordo (in tutto o in parte) con la pretesa, fornire chiarimenti o contestare la comunicazione entro i termini, avviando un contraddittorio con l’ufficio.
- Valutare l’utilizzo del ravvedimento operoso (nei limiti consentiti) come alternativa al pagamento “pieno” indicato nell’avviso, per ridurre ulteriormente la sanzione, come discusso a fine §2.
Analizziamo in dettaglio ciascuna di queste azioni.
3.1 Verificare l’avviso bonario
Appena riceviamo la comunicazione, la prima cosa da fare è leggerla con attenzione e verificare le irregolarità segnalate. Spesso l’avviso bonario elenca in modo chiaro le differenze rilevate: ad esempio “Non risulta versato l’acconto IRPEF 2024 di euro XXX con scadenza 30/11/2024”, oppure “Risultano ritenute dichiarate per euro YYY ma certificate per euro ZZZ: imposta dovuta euro KKK”, ecc. Bisogna confrontare questi dati con la propria contabilità, le quietanze di versamento, i documenti della dichiarazione presentata. Potrebbe trattarsi, come detto, di diversi tipi di casistiche:
- un tributo dichiarato ma non versato (o versato solo in parte);
- un errore formale di compilazione che ha portato a un minor versamento;
- l’utilizzo indebito di un credito d’imposta inesistente o già utilizzato altrove;
- la mancata esibizione (nel caso di controllo formale) di un documento giustificativo, che comporta lo scarto di una detrazione/deduzione e quindi un’imposta maggiore;
- oppure un errore dell’Agenzia stessa, ad esempio un pagamento effettuato ma non correttamente attribuito, o dati di altri enti non aggiornati.
È fondamentale stabilire se l’avviso è fondato o no. Se il contribuente riconosce la correttezza dell’irregolarità segnalata (es. effettivamente ha dimenticato di pagare quell’acconto) conviene passare subito all’azione di pagamento o ravvedimento (v. §3.3). Se invece ritiene vi sia un errore (suo o dell’ufficio), dovrà raccogliere le prove documentali necessarie.
Esempi tipici:
- Se l’avviso contesta un omesso versamento ma il contribuente è sicuro di aver pagato, potrebbe esserci stato un errore di codice tributo o anno d’imposta nel modello F24: in tal caso bisogna recuperare le ricevute di pagamento per dimostrare l’avvenuto versamento e far correggere l’errore di imputazione.
- Se l’avviso comunica un disallineamento su ritenute o crediti, bisogna controllare se per caso si è sbagliato a indicare qualcosa nella dichiarazione.
- Nel controllo formale, se l’avviso disconosce oneri dedotti/detratti, occorre reperire e presentare le ricevute, fatture o quietanze che provano il diritto alla detrazione (ad esempio spese mediche, interessi mutuo, ecc. che erano state indicate in dichiarazione).
Attenzione ai termini: anche la fase di verifica e eventuale recupero documenti deve avvenire celermente, perché il termine di 60 giorni (o quello residuo) corre. È opportuno, se si hanno dubbi, contattare subito il proprio consulente fiscale (commercialista o CAF) fornendo copia dell’avviso ricevuto, in modo da chiarire entro pochi giorni la situazione.
3.2 Se l’avviso è sbagliato (in tutto o in parte): come interagire con l’ufficio
Qualora riteniamo che l’avviso bonario non sia corretto – ad esempio perché abbiamo già pagato quelle somme, oppure perché abbiamo diritto a un credito che l’Agenzia non ha considerato, o ancora perché c’è un palese errore di calcolo – non dobbiamo ignorarlo, ma anzi sfruttarlo come occasione per sistemare la situazione senza ricorrere al giudice. L’avviso bonario infatti offre una sede di contraddittorio “anticipato”, in cui il contribuente può far valere le proprie ragioni direttamente presso l’ufficio, evitando che si arrivi a una cartella o a un accertamento.
Le modalità per farlo sono tipicamente indicate nella comunicazione stessa. In generale, possiamo:
- Inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate (all’indirizzo o tramite il canale indicato sull’avviso) allegando la documentazione e i chiarimenti che dimostrano l’errore. Ad esempio, se contestano un omesso versamento ma noi abbiamo la ricevuta F24, la trasmetteremo chiedendo lo sgravio dell’avviso. O, nel controllo formale, invieremo i documenti richiesti (che magari non erano stati recapitati in prima istanza). Questo invio può avvenire via PEC, tramite il servizio online CIVIS (accessibile con credenziali Entratel/Fisconline, consente di dialogare telematicamente con l’AE per le comunicazioni di irregolarità), oppure recandosi di persona all’ufficio territoriale competente con i documenti cartacei.
- Prenotare un appuntamento o contattare telefonicamente l’ufficio (c’è spesso un numero di telefono dedicato), spiegando la situazione. Spesso gli operatori, se la questione è semplice (ad es. pagamento già effettuato), riescono a verificare e risolvere in tempi rapidi inserendo una correzione.
- Presentare un’istanza in autotutela formale: in pratica una lettera in cui si chiede l’annullamento totale o parziale dell’avviso bonario per i motivi esposti, allegando prove. L’autotutela non ha termini perentori, ma è bene presentarla entro i 60 giorni, così l’ufficio sospende la scadenza fino a decisione (in genere gli uffici considerano le risposte pervenute entro il termine come “sospensive” dell’iscrizione a ruolo fino a loro valutazione).
Se le ragioni del contribuente risultano fondate, l’esito sarà l’annullamento (sgravio) dell’avviso bonario o la sua rettifica. In caso di rettifica, l’ufficio invierà una nuova comunicazione con il ricalcolo: ad esempio “a seguito delle sue osservazioni, l’imposta dovuta è rideterminata in €X, sanzioni €Y, interessi €Z”. A quel punto il contribuente potrà definire pagando il nuovo importo (di solito entro 30 giorni dalla nuova comunicazione, termine anch’esso portato a 60 gg dal 2025).
Se invece l’ufficio respinge i chiarimenti (ritenendo corretto l’avviso iniziale), di norma comunica sinteticamente il rigetto (oppure, più spesso, lascia decorrere i termini e procede comunque a iscrivere a ruolo). In tal caso il contribuente, non avendo pagato, riceverà poi la cartella e potrà eventualmente impugnare quella avanti al giudice tributario per far valere le stesse ragioni. Purtroppo a quel punto si sarà perso il beneficio della sanzione ridotta: la cartella, anche se contestata, conterrà sanzioni al 30% (o 25%). Se poi il contribuente vincerà in giudizio, non dovrà pagare nulla; se perderà, pagherà il 30% pieno. Quindi c’è un rischio nel non definire: occorre valutare quanto si è sicuri dell’errore dell’Agenzia.
Ad esempio, se l’avviso riguarda oneri dedotti ma non documentati e il contribuente sa di non avere i documenti validi (quindi sa che perderebbe un eventuale ricorso), è inutile intestardirsi: conviene pagare con la sanzione ridotta e chiudere la faccenda. Se invece si è certi di aver ragione (pagamento effettuato, oppure deduzione spettante per legge ma erroneamente contestata), vale la pena insistere: spesso l’Agenzia stessa annulla in autotutela l’avviso bonario se l’errore è evidente e provato, evitando il contenzioso.
Controversie frequenti. Alcuni casi frequenti di contestazione di avvisi bonari riguardano: mancata compensazione di crediti (il contribuente aveva un credito d’imposta che l’Agenzia non ha considerato nell’automatismo – magari per problemi di codice, ecc.), versamenti tardivi “lievi” (pagati con pochi giorni di ritardo: su questo la Cassazione ha stabilito che l’avviso bonario va comunque inviato se il pagamento è oltre la scadenza, ma la sanzione è ridotta al 10% se entro 90gg; se invece il pagamento è avvenuto entro 15 giorni, rientra nel ravvedimento sprint con 0,1% al giorno, quindi a rigore l’avviso bonario dovrebbe già tenere conto di ciò, ma non sempre succede – in caso di sovrapposizione, si può chiedere rettifica), errori formali in dichiarazione (es. doppia indicazione di un reddito, o inversione di cifre, che genera debito fittizio: in questi casi la spiegazione all’ufficio con i documenti risolve).
Imposte locali o altre irregolarità. Vale la pena ricordare che se l’avviso bonario riguarda contributi INPS o altri enti (non AE), la procedura di contestazione può differire: ad esempio con INPS bisogna rivolgersi alla sede competente entro 30 giorni dall’avviso bonario per chiedere rettifica, altrimenti viene emesso avviso di addebito. Per i tributi comunali (IMU, TARI, ecc.), gli “avvisi bonari” sono spesso semplici solleciti: se non si concorda, conviene contattare l’ufficio tributi comunale per chiarimenti o presentare memorie; se si arriva all’avviso di accertamento (atto vero e proprio) allora quello sarà impugnabile davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.
In generale, è sempre preferibile risolvere in questa fase bonaria, quando le sanzioni sono ridotte e c’è spazio per il dialogo, piuttosto che lasciare che il debito vada in cartella (con sanzioni piene) per poi dover fare opposizione. L’“economia” di questa scelta va valutata caso per caso, magari con l’ausilio di un professionista.
3.3 Se l’avviso è fondato: pagamento, rateazione, ravvedimento
Nel caso in cui, dopo la verifica, riconosciamo di dover effettivamente pagare le somme richieste (in tutto o in parte), l’approccio migliore è procedere tempestivamente al pagamento per usufruire degli sconti sulle sanzioni ed evitare ulteriori problemi. A questo punto le opzioni sono:
- Pagamento integrale entro il termine (60 giorni, oppure 30 giorni per avvisi del 2024 e precedenti), utilizzando il modello F24 precompilato allegato. Questo permette di chiudere la pendenza sfruttando la sanzione ridotta al 10% (o 8,33% se previsto). Si potrà pagare presso la banca, posta o online come un normale F24. È importante rispettare la scadenza indicata: pagamento anche di un solo giorno oltre comporta la perdita dell’agevolazione e il successivo invio a ruolo delle sanzioni residue. Se l’importo è elevato ma si hanno le risorse liquide, pagare in un’unica soluzione evita gli interessi di dilazione.
- Richiesta di rateizzazione del debito bonario. La normativa consente di dilazionare gli importi degli avvisi bonari fino a un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. In passato vi era una distinzione: importi fino a €5.000 massimo 8 rate, oltre €5.000 fino a 20 rate; ma la Legge di Bilancio 2023 ha eliminato questa differenza, estendendo la possibilità di 20 rate anche ai debiti minori. Pertanto oggi un contribuente può chiedere fino a 20 rate indipendentemente dall’importo dovuto. La prima rata va versata entro lo stesso termine di 60 giorni (prima era 30) previsto per la definizione. Le successive rate scadono ogni 3 mesi. Durante la rateazione restano confermate le sanzioni ridotte (non decadono, a patto di rispettare il piano), e sugli importi rateizzati si pagano interessi di rateazione (al tasso di interesse legale, ex art. 3-bis DLgs 462/97) dal giorno successivo alla scadenza della prima rata. In pratica l’F24 della prima rata conterrà imposta + sanzioni ridotte + interessi fino a quella rata, mentre ciascuna rata successiva conterrà la quota capitale e gli interessi maturati nel trimestre.
Per avvalersi della rateazione, in genere non occorre una richiesta formale preventiva: basta barrare la casella “rateizzazione” nel modello F24 della prima rata (il modulo precompilato spesso indica già la possibilità di pagamento rateale con i codici specifici). L’importo va suddiviso in rate costanti (salvo adeguamento interessi). Esempio: avviso bonario da €6.000, si possono chiedere 8 rate da €750 l’una (più interessi). Importante: se si opta per la rateazione, tutti i pagamenti delle rate devono avvenire puntualmente. In caso contrario, si decade dai benefici.
- Attenzione al “lieve inadempimento” nelle rate. La legge prevede comunque la clausola del “lieve inadempimento” (art. 15-ter DPR 602/1973) per cui non si decade immediatamente dalla dilazione in caso di piccoli ritardi o lievi insufficienze nelle rate. In particolare, non comporta decadenza: a) un ritardo di pagamento della rata fino a 7 giorni; b) un pagamento parziale della rata con importo mancante non superiore al 3% della rata e comunque a €10.000; c) il ritardo della ultima rata entro 3 mesi (90 giorni). In tali casi, il contribuente può regolarizzare versando la quota mancante e i relativi interessi di mora entro la scadenza immediatamente successiva (o entro 90 gg per l’ultima rata) senza perdere il beneficio. Ad esempio, se una rata scade il 30 settembre e viene pagata il 5 ottobre (5 giorni di ritardo), la rateazione prosegue normalmente; oppure se su una rata da €1.000 si pagano €990 (mancano €10, che è l’1% quindi <3%), si potrà versare i €10 mancanti con ravvedimento prima della rata seguente senza decadenza. Questo favor in parte rei è stato confermato esteso anche alle rate da avvisi bonari. Dunque, c’è un margine di tolleranza. Ovvio che se il ritardo/omissione eccede tali limiti, la rateazione decade: l’intero debito residuo diviene immediatamente esigibile e viene iscritto a ruolo con sanzioni piene (dedotto quanto già versato). Inoltre, in caso di decadenza l’Agente della riscossione può attivare procedure coattive sul residuo senza ulteriori avvisi.
- Valutare ravvedimento operoso (se conveniente e permesso). Come discusso nel §2, se siamo ancora nei termini dell’avviso bonario e non abbiamo iniziato i pagamenti rateali, potremmo considerare di usare il ravvedimento per ridurre ancora le sanzioni (pagando con sanzione 3,75% anziché 10%). Questa opzione va valutata con attenzione, perché ufficialmente l’Agenzia non la pubblicizza. In pratica, funziona soprattutto se: (a) il contribuente può pagare subito in un’unica soluzione l’importo comprensivo di sanzione ridotta; (b) la differenza di sanzioni è significativa (ad es. su importi alti il risparmio tra 10% e 3,75% è notevole); (c) si è nei primissimi 30 giorni dalla notifica. Se si sceglie questa via, non si usa il modello F24 allegato, ma si compila un normale F24 indicando separatamente: l’imposta dovuta col suo codice tributo, gli interessi (codice tributo apposito) e la sanzione ridotta ravvedimento (codice tributo dedicato, es. “8929” per sanzioni da avviso bonario ravvedute). Nel campo “codice atto” va riportato il codice comunicazione dell’avviso bonario per consentire all’Agenzia di collegare il versamento. Si ricorda che se è già stata versata la prima rata dell’avviso, non è più possibile ravvedersi (bisogna proseguire col piano al 10%). Dunque questa scelta va fatta subito, prima di effettuare pagamenti secondo l’avviso.
In sintesi, se l’avviso bonario è corretto conviene pagare. L’opzione più semplice e sicura è utilizzare l’F24 allegato entro i termini, in unica soluzione o rate. Il ravvedimento “parallelo” conviene solo in determinate situazioni e con un po’ di esperienza, perché bisogna calcolare da sé importi e codici – se fatto male, si rischia di invalidare la definizione agevolata. Chi non se la sente, farà meglio a seguire la procedura standard e pagare il dovuto al 10%. L’importante è non ignorare l’avviso: in caso contrario, come vedremo ora, arriva la cartella esattoriale con il conto salato.
4. Cosa succede se non si paga l’avviso bonario: dalla comunicazione alla cartella
Quando il contribuente non paga (né contesta validamente) l’avviso bonario entro i termini, la fase bonaria si chiude e si passa alla fase esecutiva. Si concretizza cioè il “punto di non ritorno” oltre il quale il debito diventa definitivo e maggiorato di sanzioni piene. Procediamo con ordine:
Iscrizione a ruolo e cartella di pagamento. Trascorsi 60 giorni dalla notifica dell’avviso bonario (30 per atti fino al 2024) senza che il contribuente abbia né pagato né fornito chiarimenti validi, l’Agenzia delle Entrate provvede a iscrivere a ruolo le somme dovute. “Iscrivere a ruolo” significa affidare il credito al concessionario della riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia) per il recupero coattivo. Viene quindi formata una cartella di pagamento, ossia l’atto con cui l’Agente della Riscossione intima formalmente al contribuente di pagare entro 60 giorni quanto dovuto. La cartella verrà notificata al contribuente (via PEC o tramite messo notificatore) di solito entro alcuni mesi dalla scadenza dell’avviso bonario.
Nella cartella, come più volte ricordato, le sanzioni tornano in misura intera. In pratica l’Agenzia delle Entrate comunica all’Agente: “Tizio non ha pagato l’avviso bonario, iscrivi a ruolo €X di imposta, €Y di interessi e il 30% (o 25%) di €X come sanzione, al netto di quanto eventualmente versato”. Se ad esempio l’avviso era per €1.000 imposta + €100 sanzioni ridotte + €30 interessi e Tizio non ha pagato nulla, la cartella sarà per €1.000 + €300 sanzioni + interessi (continuati a maturare fino all’emissione ruolo) – dedotto l’eventuale “sanzione ridotta” iniziale perché sostituita dalla piena. In altre parole, si perdono tutti i benefici dell’avviso bonario. Inoltre la cartella conterrà gli oneri di riscossione (attualmente, compenso pari al 3% delle somme iscritte se la cartella è pagata nei 60 gg, altrimenti 6%) e le spese di notifica (qualche decina di euro). Ecco perché l’importo in cartella risulta sempre più alto di quello che era nell’avviso bonario.
Nota: In alcuni casi particolari (ad es. avvisi su dichiarazioni dei redditi con esito a credito o senza debiti d’imposta) la normativa prevede che se non emergono somme da pagare, l’Agenzia non invia alcun avviso bonario e può iscrivere a ruolo eventuali sanzioni per errori formali. La Cassazione ha stabilito che se dall’elaborazione automatica non risultavano carenze di imposta, la cartella emessa senza preavviso è legittima. Ad esempio, se un contribuente indica un credito inesistente ma poi lo compensa in misura minore, potremmo avere solo una sanzione per infedele dichiarazione senza imposta a debito: in tal caso l’avviso bonario non è obbligatorio e si può notificare direttamente la cartella con la sanzione. Sono però situazioni relativamente rare.
La cartella esattoriale: caratteristiche. La cartella di pagamento è un titolo esecutivo a tutti gli effetti. Ciò significa che se il contribuente non paga entro 60 giorni dalla notifica, l’Agente della Riscossione può avviare le procedure esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi, ecc.) senza bisogno di ulteriori autorizzazioni. Rispetto all’avviso bonario, dunque, la cartella ha forza cogente: non è più un dialogo bonario, ma un’ingiunzione di pagamento.
Dal punto di vista del contribuente, la cartella è il primo atto contro cui è ammesso il ricorso in Commissione Tributaria (CTP). Se egli intende contestare il merito della pretesa fiscale (ad esempio sostenendo di aver pagato o che l’imposta non era dovuta), può presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica della cartella – tipicamente impugnando la validità sostanziale del ruolo, dato che il controllo automatico è equiparato a una liquidazione d’imposta impugnabile. La giurisprudenza ha chiarito che sono deducibili in quella sede anche vizi relativi alla mancata risposta dell’ufficio alle osservazioni presentate dopo l’avviso bonario, oppure errori di calcolo, ecc. Insomma, il contribuente ha un’ultima chance in contenzioso. Ma attenzione: nel giudizio di cartella le sanzioni ormai sono al 30%, il giudice non può più accordare lo sconto 10% (quello era un beneficio amministrativo mancato). Quindi si vince tutto o si perde tutto (salvo possibilità di riduzione delle sanzioni solo se si discute di continuazione di violazioni, tema oltre il nostro ambito).
La cartella, se non pagata, genera dal 61º giorno interessi di mora (stabiliti annualmente, ~3,5-4% annuo in questi anni) e permane iscritta come debito fino a pagamento o annullamento (per effetto di ricorso vinto, sgravio, prescrizione, rottamazione, ecc.). Dunque, ignorare la cartella è altamente sconsigliato: a quel punto, se non si paga, l’Agente può procedere con varie azioni: fermo amministrativo di autoveicoli, iscrizione di ipoteca su immobili di proprietà, pignoramento di conti correnti, stipendi, crediti verso terzi, etc.. Queste misure possono scattare anche dopo parecchi mesi o anni, ma dalla cartella in poi il contribuente è esposto al rischio concreto di esecuzione forzata.
Definizioni agevolate e rateazioni post-cartella. Vale la pena menzionare che se un contribuente arriva alla cartella, ha comunque alcune possibili vie di “uscita”:
- Può chiedere una rateizzazione della cartella ad Agenzia Entrate-Riscossione (normalmente fino a 72 rate mensili per importi sotto €60.000 senza dover provare difficoltà, e fino a 120 rate se dimostra stato di difficoltà grave, secondo l’art. 19 DPR 602/73). Questo però non ripristina le sanzioni ridotte: dilaziona solo l’importo dovuto (comprensivo di sanzioni piene). Inoltre, se decade dalla dilazione della cartella, non potrà poi accedere ad alcune procedure di pace fiscale (es. il concordato preventivo biennale – CPB – introdotto dal 2023).
- Negli ultimi anni, il legislatore ha varato diverse “rottamazioni” delle cartelle e definizioni agevolate. Ad esempio, nel 2023 la Definizione agevolata avvisi bonari 2019-21 (L. 197/2022) ha permesso di definire con sanzione al 3% alcune comunicazioni non ancora iscritte a ruolo. Oppure la Rottamazione-quater (2023/24) consente di pagare le cartelle in forma ridotta senza sanzioni né interessi di mora. Questi provvedimenti straordinari esulano dalla procedura ordinaria, ma sono importanti: ad esempio, se uno ha ormai una cartella da controllo automatizzato, nel 2023 poteva rottamarla pagando solo l’imposta, risparmiando il 30%. Al momento (luglio 2025) non ci sono nuove rottamazioni in corso dopo la Quater, ma un ravvedimento speciale bis per il biennio 2019-23 è in discussione (DL 84/2025). È sempre bene tenersi aggiornati su eventuali sanatorie che il legislatore propone, specie se si hanno debiti già in cartella o in arrivo.
Conclusione: arrivati a questo stadio, il contribuente che aveva ricevuto l’avviso bonario ha perso i vantaggi e deve affrontare un debito maggiorato e un possibile contenzioso. Ignorare l’avviso bonario significa incorrere in sanzioni maggiori e un lungo iter di riscossione forzata. Ecco perché sin dall’inizio sottolineiamo: all’arrivo di un avviso bonario la parola d’ordine è “agire subito”. Pagare o chiarire, ma non lasciare che scada inutilmente. In caso di difficoltà economica, meglio almeno attivare la rateazione con sanzioni ridotte che lasciare andare tutto in cartella. Un professionista può aiutarci a trovare la soluzione meno onerosa e magari a prevenire errori futuri.
Di seguito, per ricapitolare, presentiamo una sessione di domande e risposte sugli aspetti più comuni riguardanti avvisi bonari e ravvedimento operoso dal punto di vista del contribuente.
5. Domande frequenti (FAQ)
D: Ho ricevuto un avviso bonario: posso ignorarlo e aspettare la cartella per guadagnare tempo?
R: Tecnicamente sì, puoi non rispondere né pagare e attendere la cartella, ma è fortemente sconsigliato. Ignorare l’avviso bonario significa perdere la chance di pagare con sanzione ridotta (10% o 8,33%) e subire invece la sanzione piena (30% o 25%), più interessi di mora e oneri di riscossione. Inoltre dalla cartella in poi scattano potenzialmente pignoramenti, fermi ecc. Se hai bisogno di tempo, è meglio chiedere la rateizzazione dell’avviso bonario: in questo modo dilazioni il pagamento ma mantieni le sanzioni agevolate e blocchi sul nascere la riscossione coattiva. Ricorda che già l’avviso bonario ti dà circa 2 mesi di tempo; con una rateazione puoi estenderlo fino a 5 anni (20 trimestri). Dunque, non c’è convenienza reale nel rimandare tutto alla cartella.
D: L’avviso bonario è impugnabile davanti al giudice tributario?
R: No, l’avviso bonario non è impugnabile in Commissione Tributaria. Non essendo un atto impositivo definitivo ma solo una comunicazione interlocutoria, la legge non prevede ricorso diretto (sono “atti meramente istruttori”). Potrai eventualmente impugnare la successiva cartella di pagamento o avviso di accertamento se non concordi, facendo valere in quella sede le tue ragioni. Ciò non toglie che puoi – anzi devi – reagire all’avviso bonario con strumenti amministrativi: ad esempio inviando documenti e osservazioni all’ufficio entro 60 giorni per far correggere eventuali errori. Ma se l’ufficio insiste, l’unico modo di portare la questione davanti a un giudice sarà aspettare la cartella e impugnare quella. (Eccezione: se per ipotesi l’Agenzia iscrivesse a ruolo somme senza averti inviato l’avviso bonario pur dovuto, potresti contestare la cartella per violazione del contraddittorio, ma nel tuo caso l’avviso è arrivato, quindi questo non si applica).
D: Qual è il termine esatto per pagare un avviso bonario?
R: Per le comunicazioni emesse dal 2025 in poi, il termine è di 60 giorni dal ricevimento dell’avviso (90 giorni se l’avviso è stato trasmesso al tuo intermediario fiscale). Fino agli avvisi emessi a fine 2024 il termine standard era 30 giorni (90 giorni se a intermediario). Fai attenzione: ricevimento significa la data in cui ti è arrivata la raccomandata o PEC, non la data del documento. D’estate c’è una sospensione: il mese di agosto non si conta (termini congelati dal 1º al 31/8). Dunque, se ad esempio l’avviso ti arriva il 20 luglio 2025, i 60 giorni si sospendono dal 1/8 al 31/8, riprendono dal 1/9 e scadranno circa il 20 ottobre 2025. Questo sarà indicato anche nella comunicazione. In ogni caso, entro tale scadenza devi aver pagato (o almeno la prima rata) oppure inviato eventuali chiarimenti. Se l’Agenzia accoglie i chiarimenti e ti manda un nuovo calcolo, di solito avrai 60 giorni da quel nuovo avviso per pagare il nuovo importo.
D: Posso pagare un avviso bonario a rate? Come funziona?
R: Sì, puoi rateizzare gli importi dell’avviso bonario. Attualmente la legge permette fino a 20 rate trimestrali (quindi 5 anni) anche per importi modesti. In passato c’era una distinzione (fino a 8 rate sotto 5.000€, 20 rate sopra), ma ora non c’è più: puoi chiedere direttamente il massimo di 20 rate per qualsiasi somma. La procedura è semplice: di solito non serve fare domanda, basta barrare la casella “rateazione” nel modello F24 e versare la prima rata entro 60 giorni. L’importo viene suddiviso in rate uguali (più interessi legali). Le scadenze delle rate sono trimestrali (esempio: prima rata 30 settembre, seconda 31 dicembre, terza 31 marzo, e così via). Se preferisci meno rate, puoi decidere tu quante (entro il massimo consentito). Ricorda che devi pagare puntualmente tutte le rate: c’è un piccolo margine di tolleranza (max 7 giorni di ritardo o 3% di importo, vedi prossima domanda), ma oltre quello decadi dal beneficio e il residuo va subito a ruolo con sanzione intera. Durante la rateazione mantieni la sanzione ridotta se resti in regola. Nota: sulle rate successive alla prima pagherai un piccolo interesse di dilazione (al tasso legale annuo, 2% nel 2025). Troverai il piano dettagliato nel prospetto che l’Agenzia ti fornirà dopo il pagamento della prima rata o sul cassetto fiscale.
D: Cosa succede se salto una rata dell’avviso bonario o la pago in ritardo? Perdo tutto?
R: Dipende dal ritardo. La normativa del lieve inadempimento ti viene incontro: non decadi dalla rateizzazione se il ritardo è contenuto entro certi limiti. In particolare:
- Se paghi una rata con ≤7 giorni di ritardo (rispetto alla scadenza trimestrale), la rateazione non decade. Ad esempio, rata in scadenza 30/06 pagata il 5/07: ok, sei nei 5 giorni.
- Se versi una rata incompleta, ma la parte mancante non supera il 3% della rata e comunque €10.000, e la colmi entro la scadenza successiva, non decadi. Esempio: rata €1.000, paghi €980 (mancano €20, cioè 2% < 3%): se versi i €20 mancanti (con interessi) entro la data della prossima rata, è tutto ok.
- Se l’ultima rata del piano la paghi in ritardo ma entro 90 giorni dalla scadenza, anche in questo caso non c’è decadenza (pagherai però gli interessi di mora su quei giorni di ritardo).
Fuori da questi casi di “lieve inadempimento”, invece, purtroppo si decade. Ciò significa che l’intero residuo del debito diventa immediatamente esigibile e l’Agenzia lo invierà a ruolo (cartella) applicando le sanzioni piene sul residuo. Inoltre perdi la possibilità di altre definizioni agevolate su quel debito. Quindi, se sai di non riuscire a rispettare una rata, cerca magari di rimediare entro i limiti (es. pagare entro pochi giorni) oppure contatta l’Agenzia per trovare soluzioni (in alcuni casi se la rateazione non è ancora decaduta si può chiedere un lieve differimento). Se proprio decadi, potrai comunque chiedere all’Agente della riscossione una nuova rateizzazione della cartella (ma a condizioni diverse, e intanto hai perso il 10% vs 30%).
D: Posso fare ravvedimento operoso dopo aver ricevuto un avviso bonario, per pagare con sanzione ancora più bassa?
R: Questa è una domanda complessa. La regola ufficiale è: no, dopo la notifica dell’avviso bonario il ravvedimento operoso non è più ammesso, perché la violazione non è più spontanea (ti è già stata contestata). Quindi, se ad esempio ti contestano un omesso versamento, ormai l’Agenzia lo sa e non puoi “ravvederti” come se nulla fosse. Tuttavia, in pratica, finché sei entro il termine dell’avviso bonario, puoi comunque pagare spontaneamente il dovuto calcolando tu una sanzione ridotta (esempio 3,75% invece del 10%) – in pratica un ravvedimento – e se lo fai entro i 30/60 giorni e saldi tutto, spesso l’Agenzia considera regolarizzata la posizione. In tal caso pagheresti meno di quanto indicato nell’avviso. Questa è una strategia utilizzabile con cautela: conviene solo se la differenza è notevole e se sei in grado di calcolare correttamente importi e compilare l’F24 coi giusti codici (incluso il codice atto dell’avviso). Se qualcosa va storto, rischi poi di trovarti una cartella per differenze. Quindi, formalmente la risposta è “no, non è previsto ravvedersi dopo l’avviso”; ma di fatto c’è una finestra (fino alla scadenza della prima rata) in cui alcuni contribuenti esperti fanno ravvedimento per ridurre la sanzione dal 10% al 3,75%. Se intendi farlo, assicurati di: 1) non aver già pagato la prima rata; 2) essere ancora entro i 30 giorni successivi la scadenza originaria dell’avviso; 3) versare contestualmente imposta, interessi e sanzione ridotta breve (3,75%). In caso di dubbi, chiedi al tuo consulente. Ricorda comunque che dopo la scadenza dell’avviso (oltre i 60 gg) ogni pagamento tardivo non gode più di alcuna riduzione: la Cassazione ha chiarito che chi paga oltre il termine perde il beneficio e la sanzione resta quella piena.
D: Cosa succede se non pago né rispondo all’avviso bonario entro i termini?
R: Trascorso il termine (60 giorni) senza definizione, l’Agenzia iscriverà a ruolo il debito e riceverai la cartella esattoriale. Nella cartella ti verrà chiesto l’importo con sanzioni intere (30% o 25%), interessi maturati e oneri di riscossione. Avrai altri 60 giorni per pagare la cartella, oppure potrai rateizzarla (72 rate di solito) o impugnarla in Commissione Tributaria se ritieni di aver motivi validi. Però a quel punto, come detto, hai perso lo sconto sanzioni. Inoltre, se non paghi la cartella, l’Agente della Riscossione potrà procedere con il recupero forzoso: potresti subire fermo dell’auto, pignoramento di somme sul conto, sullo stipendio o altre esecuzioni. Insomma, ignorare l’avviso bonario fa scattare tutte le conseguenze spiacevoli della riscossione coattiva. Meglio evitare.
D: L’Agenzia delle Entrate mi ha inviato una “comunicazione di compliance” (lettera per invito a regolarizzare) prima ancora della dichiarazione o di un avviso bonario. È la stessa cosa?
R: No, le lettere di compliance (o “segnalazioni di anomalie”) sono comunicazioni inviate dall’Agenzia in base ad analisi di rischio, tipicamente prima ancora che tu presenti la dichiarazione o comunque prima di un controllo formale. Ad esempio ti avvisano che risulta una fattura con IVA non dichiarata, invitandoti a controllare. Non sono avvisi bonari, e soprattutto non ti precludono il ravvedimento operoso. Anzi, spesso sono inviate proprio entro il termine di 90 giorni dalla scadenza della dichiarazione per darti modo di presentare una dichiarazione integrativa e ravvederti evitando guai peggiori. Quindi, se ricevi una lettera del genere, non è ancora un atto impositivo: puoi correggere la dichiarazione, pagare il dovuto con ravvedimento alle aliquote ordinarie (es. 1/6, 1/7 a seconda dei casi) e la cosa finisce lì. Viceversa, l’avviso bonario di cui parliamo in questa guida arriva dopo la presentazione della dichiarazione ed è basato su un riscontro già certo di imposta dovuta. Comunque, anche le lettere di compliance vanno considerate con attenzione: ignorarle potrebbe portare poi a successivi avvisi bonari o accertamenti con sanzioni maggiorate.
D: Quali imposte possono portare ad avvisi bonari? Solo IRPEF e IVA o anche altre?
R: In linea di principio, tutte le imposte e tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate che emergono in dichiarazione: quindi IRPEF, addizionali regionali/comunali, IRES, IRAP, IVA, ritenute non versate, imposte sostitutive, ecc. Anche i contributi previdenziali INPS dichiarati nel quadro RR possono essere oggetto di comunicazione (ma spesso per quelli è l’INPS stessa a inviare avvisi). Inoltre, come detto, le imposte a tassazione separata (TFR, plusvalenze soggette a separata, ecc.) generano avvisi bonari particolari in cui l’imposta viene calcolata e richiesta senza sanzioni (se paghi entro 30 gg). L’ambito tipico comunque sono i controlli automatizzati ex art. 36-bis DPR 600 e 54-bis DPR 633: questi riguardano la coerenza interna della dichiarazione e dei versamenti. Ad esempio, se presenti il modello Redditi con saldo IRPEF €5.000 ma hai versato €3.000, il 36-bis tirerà fuori un avviso per i €2.000 mancanti. Oppure, se usi un credito IVA inesistente, il 54-bis se ne accorge incrociando i dati. I controlli formali (36-ter) invece tipicamente riguardano IRPEF e addizionali, oneri detraibili/deducibili, ritenute, ecc., in base a documenti. Tributi locali (IMU, TARI, ecc.): lì la procedura è diversa, sono i Comuni a emettere avvisi di accertamento (talvolta preceduti da solleciti bonari, ma non c’è una norma univoca come per lo Stato). Contributi Inps: come detto, Inps spesso invia un avviso bonario al contribuente con 30 giorni per pagare, dopodiché emette un avviso di addebito (che è paragonabile a una cartella esattoriale immediatamente esecutiva). Quindi concettualmente simile, ma ente diverso e normative proprie.
D: Ho già una cartella di pagamento derivante da un vecchio avviso bonario di qualche anno fa. Posso ancora ottenere lo sconto delle sanzioni al 10%?
R: Purtroppo no: se sei già alla fase di cartella, la sanzione è ormai al 30% (o 25%) e non c’è modo ordinario di riportarla al 10%. L’unica possibilità è sperare in una definizione agevolata straordinaria. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto una definizione al 3% per gli avvisi bonari degli anni d’imposta 2019-2020-2021 non ancora cartellati, e la Rottamazione-quater ha permesso di cancellare le sanzioni e interessi delle cartelle fino al 30/6/2022. Quindi, se la tua cartella rientrava in queste finestre, avresti potuto aderire e pagare solo l’imposta (nel caso della rottamazione). Se non l’hai fatto e la cartella è ancora pendente, al momento (luglio 2025) non c’è una nuova rottamazione in vigore. Pagare ora la cartella significa pagare il dovuto per intero (imposta + sanz. + interessi). Tieni però d’occhio eventuali nuove iniziative: ad esempio, a luglio 2025 si discute di un Ravvedimento speciale bis per irregolarità 2019-2023 che potrebbe riaprire termini di sanatoria. In passato ci sono state anche sanatorie per le sole sanzioni (condono sanzioni). Sono misure occasionali, non prevedibili con certezza. Quindi, la risposta immediata è: no, a cartella notificata non puoi avere sanzione 10%, se non tramite un provvedimento legislativo di clemenza (o vincendo un ricorso sul merito, ma quello annulla tutto, non è uno sconto sulle sanzioni).
D: In conclusione, qual è il comportamento migliore dal punto di vista di un contribuente/debitore?
R: Riassumendo i consigli chiave:
- Prevenire è meglio che curare: se ti accorgi di un errore o omesso pagamento, fai subito ravvedimento operoso – più aspetti, più sale la sanzione (fino al 5%). Non aspettare l’avviso bonario, perché quando arriva sei già al 10% minimo.
- Se l’avviso arriva: non andare nel panico, ma neppure sottovalutarlo. Leggilo attentamente, coinvolgi il tuo consulente se serve, e decidi un piano d’azione entro i 60 giorni. Ignorarlo è la scelta peggiore.
- Se hai i soldi, paga e chiudi la questione nei termini (meglio ancora se puoi ravvederti a sanzione 3,75%, ma va fatto con precisione). Pagare l’avviso bonario significa pace fiscale su quel fronte: il Fisco non applicherà ulteriori sanzioni né interessi di mora.
- Se non hai liquidità sufficiente, attiva la rateazione: versa la prima rata entro 60gg e avrai altri 19 trimestri per finire. Non saltare le rate senza motivo.
- Se non sei d’accordo sul debito, comunica col Fisco: presenta documenti, spiega l’errore, insomma fatti vivo. Mostrare collaborazione spesso evita la cartella; e se anche dovessi andare in contenzioso, aver manifestato le tue ragioni prima può essere apprezzato in sede giudiziale.
- Non esitare a farti assistere da esperti: gli avvisi bonari possono contenere tecnicismi (sanzioni, interessi, codici) non intuitivi. Un commercialista o tributarista può gestire ravvedimenti e definizioni in modo corretto, evitandoti errori costosi.
In definitiva, dal punto di vista del debitore l’avviso bonario è una “seconda chance” offerta dal Fisco: sfruttala per regolarizzare la tua posizione a condizioni favorevoli. È certamente meglio affrontare subito un piccolo sacrificio economico (pagare con lo sconto) che trovarsi più avanti con un debito gonfiato e magari con ufficiali giudiziari alla porta. La legge offre vari strumenti di tutela del contribuente, ma sta a te attivarli nei tempi giusti. Con tempestività, dialogo e – se necessario – supporto professionale, un avviso bonario si può risolvere in modo relativamente indolore, evitando che diventi “la temuta cartella esattoriale” con tutte le sue conseguenze.
Fonti e riferimenti normativi
- Normativa di base:
- DPR 29/09/1973 n.600, art. 36-bis e 36-ter – (Controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni) – Fonte: G.U.
- DPR 26/10/1972 n.633, art. 54-bis – (Liquidazione automatizzata dichiarazioni IVA).
- D.Lgs. 18/12/1997 n.462 – (Definizione agevolata dei controlli automatici) – in particolare art. 2 c.2 (riduzione sanzioni a 1/3 se pagamento entro 30gg).
- D.Lgs. 18/12/1997 n.471, art.13 – (Sanzioni per ritardato od omesso versamento) – 15% entro 90gg, 30% oltre.
- D.Lgs. 18/12/1997 n.472, art.13 – (Ravvedimento operoso) – condizioni e riduzioni sanzioni.
- L. 27/07/2000 n.212 (“Statuto del contribuente”), art.6 c.5 – (Obbligo contraddittorio per controlli automatici/formali).
- DPR 29/09/1973 n.602, art.15-ter – (Lieve inadempimento nelle rateazioni) – tolleranza 7 gg/3%/90 gg.
- Tasso di interesse legale: 5% annuo per il 2023 (DM 13/12/2022), 5% per il 2024 (DM 13/12/2023), 2% per il 2025 (DM 13/12/2024).
- Novità 2023-2025:
- Delega Fiscale – L. 9/08/2023 n.111.
- D.Lgs. 5/08/2024 n.108 – (Attuazione delega: estensione termini avvisi bonari a 60gg dal 1/1/25).
- D.Lgs. 14/06/2024 n.87 – (Riforma sanzioni tributarie: riduzione sanzioni omesso versamento dal 30% al 25% dal 1/9/24).
- D.Lgs. 30/01/2024 n.1 – (Correttivo riforma fiscale: art.10 sospensione invii agosto/dicembre, uniforma termini a 60gg).
- L. 29/12/2022 n.197 (Legge di Bilancio 2023), commi 153-159 – (Definizione agevolata avvisi bonari 2019-21 al 3%).
- DL 29/03/2023 n.34 conv. L.56/2023, art.17-bis – (Estensione rate 20 rate anche <5.000€).
- Prassi e circolari:
- Circ. AE n.23/E del 09/06/2015 – (Chiarimenti su ravvedimento dopo PVC e su preclusione dopo comunicazioni).
- Circ. AE n.17/E del 29/04/2016 – (Chiarimenti su lieve inadempimento nelle rate, esteso anche a avvisi bonari).
- Guida AE “L’Agenzia informa – Controlli automatici e comunicazioni” – ed. gennaio 2024 – (Vademecum su gestione comunicazioni di irregolarità: sospensioni feriali, rate, ecc.).
- Risoluzione AE n.132/E del 29/11/2011 – (Istituzione codici tributo 8929 sanzioni e 1980 interessi per ravvedimento rate omesse avvisi bonari).
- Giurisprudenza recente:
- Cass. civ. Sez. V, 30/09/2021 n.26508 – (Pagamento oltre 30gg dall’avviso = sanzione piena).
- Cass. civ. Sez. VI, 22/09/2022 n.27817 – (Ravvedimento operoso perfezionato anche se sanzione versata parzialmente, se integrata successivamente – principio di leale collaborazione).
- Cass. civ. Sez. V, 14/11/2018 n.29299 – (Ravvedimento operoso implica riconoscimento violazione ma non preclude istanza di rimborso se errore di fatto – caso non pagamento in autotutela).
- Cass. civ. Sez. Unite, 18/04/2016 n.7665 – (Avvisi bonari non impugnabili autonomamente; impugnabilità solo della cartella).
- Cass. civ. Sez. V, 05/03/2014 n.5089 – (Omissione invio avviso bonario non comporta nullità cartella se non vi è incertezza sui dati – confermato da Cass. 26508/21).
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