Hai ricevuto un avviso di accertamento per ecotassa relativo all’immatricolazione di un veicolo inquinante? Ti contestano il mancato pagamento dell’ecotassa al momento della registrazione e non sai se è legittimo e come puoi difenderti?
L’ecotassa è un tributo legato alle emissioni di CO₂ dei veicoli immatricolati, introdotto per scoraggiare l’acquisto di auto particolarmente inquinanti. Ma non sempre l’accertamento è fondato, e ci sono casi in cui puoi contestarlo o ridurre le sanzioni.
Cos’è l’ecotassa e quando si applica?
– Si applica alle auto nuove immatricolate in Italia con emissioni di CO₂ superiori a una certa soglia (es. 160 g/km)
– L’importo dell’imposta varia in base alle emissioni dichiarate nel libretto
– È dovuta una tantum, al momento della prima immatricolazione
– Il pagamento è normalmente effettuato dal concessionario o dall’intermediario prima della registrazione
Perché ricevi un avviso di accertamento per ecotassa?
– Perché il Fisco ritiene che non sia stato effettuato il pagamento, o che l’importo versato sia insufficiente
– Per un errore nella dichiarazione delle emissioni
– Per una contestazione sulla tipologia del veicolo immatricolato (categoria M1, N1, ecc.)
– Perché hai immatricolato un’auto di importazione parallela o acquistata all’estero, senza il versamento previsto
Cosa controllare prima di pagare?
– Se il veicolo rientra realmente nei parametri soggetti a ecotassa
– Se i dati sul libretto (CO₂, omologazione) sono corretti
– Se l’imposta è già stata pagata dal venditore o dall’agenzia di pratiche auto
– Se ci sono errori nei riferimenti catastali o nella targa riportata nell’atto
– Se sono stati rispettati i termini per notificare l’avviso
Come puoi difenderti da un accertamento su ecotassa?
– Richiedi copia completa dell’atto e verifica la sua regolarità formale
– Controlla che l’avviso sia stato notificato nei tempi di legge
– Presenta una memoria difensiva all’ufficio competente
– Dimostra, con documenti alla mano, che il pagamento è stato effettuato o non era dovuto
– Contesta eventuali errori tecnici sull’omologazione del veicolo
– Se necessario, proponi ricorso alla Commissione Tributaria entro i termini
Cosa puoi ottenere con una difesa corretta?
– L’annullamento totale dell’accertamento, se l’ecotassa non era dovuta
– La riduzione dell’importo richiesto, in caso di errori parziali
– L’eliminazione delle sanzioni, se hai agito in buona fede o sei stato indotto in errore da terzi
– La chiusura della posizione con un ravvedimento operoso, se vuoi pagare con sanzioni ridotte
Molti avvisi per ecotassa si basano su automatismi o dati non aggiornati. Per questo è importante verificare attentamente prima di pagare e non subire passivamente il provvedimento.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e contenzioso automobilistico ti spiega quando puoi difenderti da un avviso per ecotassa, come farlo e quali strumenti legali usare.
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Introduzione
Un avviso di accertamento relativo all’ecotassa può giungere a privati, imprese o enti che, secondo l’Amministrazione finanziaria, non hanno versato un tributo ambientale dovuto. Riceverlo significa trovarsi di fronte a una richiesta formale di pagamento – comprensiva di imposta evasa, sanzioni e interessi – legata a tasse ecologiche come l’ecotassa sulle auto ad alte emissioni o altri tributi speciali ambientali. Dal punto di vista del debitore (contribuente), occorre innanzitutto comprendere di che imposta si tratta, verificare se la pretesa è legittima e conoscere gli strumenti di difesa sia stragiudiziali (ad esempio l’autotutela o l’accertamento con adesione) sia giudiziali (ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria). Il tutto va affrontato in tempi stretti: gli avvisi di accertamento diventano definitivi se non impugnati entro termini rigorosi. Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – fornirà un quadro avanzato, con linguaggio giuridico ma accessibile, per aiutare contribuenti (persone fisiche, avvocati che li assistono, imprenditori) a difendersi efficacemente da un accertamento in materia di ecotassa.
Tratteremo dapprima che cos’è l’ecotassa nelle sue principali declinazioni nel diritto italiano (dall’ecotassa auto ai tributi ambientali speciali come il tributo per il deposito in discarica dei rifiuti e alcune accise ecologiche). Esamineremo poi cosa contiene un avviso di accertamento su ecotassa e perché molti avvisi stanno arrivando proprio in questo periodo. Seguirà la disamina degli strumenti di reazione: dalla richiesta di annullamento in autotutela al tentativo di adesione all’accertamento, fino al ricorso al giudice tributario, con i rispettivi vantaggi, rischi e tempistiche. Si approfondiranno le strategie difensive più efficaci, incluse eventuali eccezioni procedurali (come la mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale) e le contestazioni di merito (ad esempio, l’errata applicazione della legge, la decadenza dei termini, oppure profili di incompatibilità dell’ecotassa con il diritto comunitario).
Non mancherà un esame della giurisprudenza più aggiornata e autorevole: citeremo sentenze recenti di legittimità (Corte di Cassazione) e di merito, nonché pronunce della Corte di Giustizia UE che incidono sul tema (ad esempio in materia di tassazione dei veicoli importati). Inseriremo inoltre casi pratici simulati per illustrare con esempi concreti come si applicano queste difese (dall’automobilista che importa un’auto usata estera e riceve l’accertamento, all’impresa di gestione rifiuti chiamata a pagare un tributo supplementare). Saranno presenti tabelle riepilogative – ad esempio, sugli scaglioni dell’ecotassa e sulle scadenze procedurali – per sintetizzare informazioni chiave. In chiusura, una sezione di Domande e Risposte (FAQ) affronterà i dubbi più frequenti: Cos’è esattamente l’ecotassa? Chi emette l’avviso? Entro quanto occorre agire? Quali sono i motivi validi di ricorso? Si può rateizzare? e così via.
Importante: Tutte le informazioni sono aggiornate a luglio 2025, con riferimenti alle norme vigenti e alle circolari dell’Agenzia delle Entrate, nonché alle riforme processuali recenti (come la ridenominazione delle Commissioni Tributarie in Corti di Giustizia Tributaria). Le fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali utilizzate sono elencate in fondo alla guida, per consentire un approfondimento ulteriore. Affrontiamo ora il tema, adottando il punto di vista del debitore che voglia esercitare al meglio i propri diritti di difesa di fronte a un avviso di accertamento relativo ad ecotassa.
Cos’è l’ecotassa e quali tributi comprende
Con il termine “ecotassa” si fa riferimento, in modo generico, a taluni tributi ambientali istituiti per scoraggiare comportamenti inquinanti o finanziare costi ecologici. In Italia l’ecotassa per eccellenza, in ambito automobilistico, è stata l’imposta sull’acquisto e immatricolazione di veicoli ad elevate emissioni di CO₂ (il cosiddetto “ecomalus” auto). Vi sono però anche altri prelievi ambientali spesso accomunati sotto l’etichetta di ecotassa o tributi ecologici, come il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (introdotto nel 1996) o alcune accise ambientali sui consumi energetici. È importante capire di quale “ecotassa” si tratti nel caso concreto, perché la normativa e le possibili difese differiscono. Di seguito distingueremo le principali tipologie: l’ecotassa auto, quella sui rifiuti (discariche) e altri tributi affini.
Ecotassa sulle autovetture inquinanti (ecomalus 2019-2021)
Quando si parla di avvisi di accertamento per “ecotassa” negli ultimi tempi, ci si riferisce in genere all’imposta introdotta con la Legge di Bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018 n. 145) a carico di chi acquistava veicoli ad elevato impatto ambientale. In parallelo agli incentivi per veicoli ecologici (ecobonus), la legge n. 145/2018 ha infatti previsto – all’art. 1, commi da 1042 a 1046-bis – un tributo straordinario dovuto dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021 sulle nuove immatricolazioni di veicoli con emissioni di CO₂ superiori a una certa soglia. Più precisamente, “a decorrere dal 1° marzo 2019 e fino al 31 dicembre 2021, chiunque acquista, anche in locazione finanziaria, e immatricola in Italia un veicolo…” di categoria M1 con emissioni di CO₂ oltre 160 g/km è tenuto a versare questa imposta al momento dell’immatricolazione. La misura fu concepita per penalizzare (con un ecomalus) l’acquisto di auto nuove molto inquinanti e, indirettamente, incentivare i mezzi a basse emissioni. Dal 1° gennaio 2022 l’ecotassa auto è stata abolita, essendo una misura temporanea legata al triennio 2019-2021.
Soggetti obbligati: erano tenuti al pagamento i soggetti che acquistavano (anche in leasing) e immatricolavano in Italia un’autovettura rientrante nei parametri suddetti nel periodo di vigenza. Ciò includeva anche il caso di auto usate di provenienza estera: in base all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, confermata in una circolare del 2019, l’imposta si applicava anche ai veicoli non di prima immatricolazione assoluta ma importati e immatricolati in Italia in quel periodo. In altri termini, se un contribuente tra il 2019 e il 2021 comprava un’auto usata all’estero (es. in Germania) con emissioni oltre soglia e la immatricolava in Italia, doveva pagare l’ecotassa come se fosse un “nuovo” ingresso nel parco circolante nazionale. Questa interpretazione – formalizzata anche nella risposta a interpello n. 166/2021 dell’Agenzia Entrate – è oggetto di critiche per presunta violazione del diritto UE (tema su cui torneremo in seguito).
Soglia di emissioni e importi: l’ecotassa auto colpiva le categorie M1 (veicoli fino a 8 posti oltre al conducente) con emissioni di CO₂ superiori a 160 g/km. L’importo era calcolato in scaglioni, aumentando all’aumentare delle emissioni del veicolo. La tabella seguente riassume gli scaglioni applicabili:
Emissioni CO₂ (g/km) | Ecotassa dovuta (€) |
---|---|
161 – 175 g/km | € 1.100 |
176 – 200 g/km | € 1.600 |
201 – 250 g/km | € 2.000 |
Oltre 250 g/km | € 2.500 (fino a 290 g/km) / € 2.800 oltre 290 g/km |
Nessun importo era dovuto sotto i 161 g/km (soglia esente). La tassa era una tantum: si pagava una sola volta, all’atto dell’immatricolazione. Il soggetto passivo designato dalla legge è l’acquirente del veicolo (ovvero chi effettua l’immatricolazione a suo nome). Ciò significa, ad esempio, che se un’auto soggetta a ecotassa veniva acquistata da un privato tramite un concessionario come intermediario, formalmente l’obbligo di versamento ricadeva comunque sul proprietario intestatario al momento dell’immatricolazione (spesso il concessionario provvedeva per conto del cliente, ma la responsabilità finale era in capo a quest’ultimo).
Esenzioni particolari: non erano soggette ad ecotassa alcune tipologie di veicoli speciali, come camper, ambulanze, veicoli blindati, veicoli per disabili, ecc., elencati nell’Allegato II, parte A, punto 5 della Direttiva 2007/46/CE. Inoltre, la norma prevedeva che sia l’acquisto sia l’immatricolazione dovessero avvenire nel periodo 1/3/2019 – 31/12/2021 perché scattasse il tributo. Ad esempio, se il contratto di acquisto era concluso prima del 1° marzo 2019 ma l’immatricolazione avveniva dopo, l’ecotassa non era dovuta (come chiarito dalla prassi). Allo stesso modo, veicoli acquistati nel periodo ma immatricolati dopo il 2021 non subirono il prelievo.
Modalità di pagamento originarie: il versamento dell’ecotassa auto era previsto tramite modello F24 “Elide” (versamenti con elementi identificativi), utilizzando il codice tributo 3500 istituito dall’Agenzia Entrate. Il pagamento doveva avvenire entro il giorno di immatricolazione e la ricevuta andava presentata alla Motorizzazione, pena il mancato rilascio della carta di circolazione. In caso di mancato versamento tempestivo, scattava una sanzione amministrativa del 30% dell’importo non pagato (trattandosi di omesso versamento di tributo, sanzione standard ex D.Lgs. 471/1997) oltre agli interessi di mora. Era prevista la possibilità di regolarizzare spontaneamente con ravvedimento operoso: ad esempio, poco dopo la scadenza pagando l’imposta, gli interessi e una sanzione ridotta (codice tributo 8911 per le sanzioni in ravvedimento). Se però il contribuente non si ravvedeva e l’evasione veniva accertata d’ufficio, l’Agenzia procedeva con l’avviso di accertamento, come vedremo in dettaglio.
Da quanto sopra, risulta chiaro che l’ecotassa auto aveva natura di imposta erariale indiretta (una sorta di imposta straordinaria sui consumi “inquinanti”). La legge prevede espressamente che per accertamento, riscossione e contenzioso di tale tributo si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni sulle imposte sui redditi. In pratica, l’accertamento dell’ecotassa segue le stesse regole procedurali degli accertamenti tributari ordinari, inclusi i termini di decadenza quinquennali, il ricorso alle Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria), etc. Su questo aspetto torneremo a proposito dei termini di notifica degli avvisi.
Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti (ecotassa rifiuti)
Un altro prelievo comunemente chiamato “ecotassa” è il tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi. Si tratta di un’imposta istituita dalla Legge 28 dicembre 1995 n. 549, art. 3 commi 24 e segg., con finalità ecologica: penalizzare lo smaltimento in discarica e favorire recupero e riciclo. Questa ecotassa rifiuti è dovuta alla Regione per ogni tonnellata di rifiuto conferita in discarica (o incenerita senza recupero energetico), con aliquote variabili in base al tipo di rifiuto e fissate da leggi regionali. Tecnicamente è un tributo proprio regionale: lo Stato ha dettato la cornice normativa generale (L.549/1995), demandando alle Regioni la determinazione delle tariffe annue entro limiti di legge e la gestione del gettito.
Soggetti obbligati: per legge, il soggetto passivo dell’imposta è il gestore dell’impianto di discarica (o incenerimento), il quale è tenuto a versare l’importo dovuto alla Regione. Tuttavia, il gestore ha diritto di rivalsa nei confronti di “colui che effettua il conferimento”, ossia il produttore dei rifiuti o il detentore che li smaltisce presso l’impianto. In pratica, il meccanismo è simile all’IVA: la discarica paga la tassa alla Regione ma la addebita nel prezzo al cliente conferitore. Se per qualsiasi motivo la tassa non viene versata (o viene versata in misura inferiore al dovuto, ad es. per errata classificazione dei rifiuti), la Regione può emettere avvisi di accertamento generalmente nei confronti del gestore della discarica (che è il suo debitore diretto), il quale a sua volta può rivalersi sui produttori. Questa situazione può generare contenziosi complessi tra gestore e conferitori su chi debba sopportare l’onere finale: ad esempio, se a seguito di un controllo regionale viene ricalcolata un’aliquota maggiore di ecotassa perché i rifiuti erano di tipo diverso dal dichiarato, il gestore dovrà pagare la differenza e normalmente chiederà ai clienti conferitori di rimborsarla. Se questi rifiutano, si può finire in causa civile per la restituzione di tali somme (come è accaduto in un caso deciso dal Tribunale di Bari nel 2025). Approfondiremo tra poco gli scenari di contenzioso.
Presupposto e calcolo: l’ecotassa rifiuti si applica per lo smaltimento finale di rifiuti solidi in discarica (o in impianti di incenerimento privi di recupero energetico). L’importo dovuto si calcola in base ai chilogrammi/tonnellate conferiti e a un’aliquota (€/ton) che dipende dalla tipologia di rifiuto. Ad esempio, rifiuti inerti o terre da scavo possono avere un’aliquota ridotta, rifiuti speciali non pericolosi un’aliquota media, i rifiuti urbani o speciali pericolosi aliquote più alte – secondo le fasce stabilite dalla Regione competente per ciascun anno. Spesso l’aliquota può variare anche in funzione del grado di differenziazione del rifiuto (per i rifiuti urbani residui aumentano l’ecotassa se il Comune non raggiunge obiettivi di riciclaggio). La normativa è complessa e dettagliata a livello regionale.
Esempio: in Puglia, per il 2012, era prevista una certa aliquota €/ton per i rifiuti speciali non pericolosi codificati con CER 19.12.12 (rifiuto da impianti di trattamento meccanico-biologico). Un gestore applicò tale aliquota ai conferimenti basandosi sulle dichiarazioni del produttore circa la natura del rifiuto. Anni dopo, la Regione effettuò verifiche e ritenne che a quei conferimenti dovesse applicarsi un’aliquota più elevata; emise quindi un avviso di accertamento nel 2018 richiedendo la differenza, oltre a sanzioni e interessi. Il gestore pagò per evitare ulteriori conseguenze, poi pretese il rimborso dal produttore dei rifiuti. Questo scenario ha portato a una sentenza del Tribunale civile (Bari) che ha ribadito il meccanismo della rivalsa: la legge impone al produttore di pagare l’ecotassa al gestore, e al gestore di versarla alla Regione, con possibilità di rivalersi sul produttore. In altre parole, il produttore non può sottrarsi al pagamento della differenza d’imposta se ha conferito rifiuti con aliquota maggiore di quella inizialmente applicata – salvo dimostrare magari che la riclassificazione del rifiuto è errata.
Sanzioni e accertamenti: l’omesso o insufficiente versamento del tributo discarica espone a sanzioni pecuniarie simili a quelle tributarie generali (30% dell’imposta non versata, riducibile in caso di adesione o acquiescenza). Inoltre, in caso di discarica abusiva (rifiuti smaltiti illegalmente senza autorizzazione), la legge prevede che l’ecotassa sia comunque dovuta come se quei rifiuti fossero stati conferiti regolarmente in discarica (si tratta di una misura sanzionatoria aggiuntiva rispetto alle sanzioni penali per reati ambientali). La Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di discarica abusiva anche il proprietario del terreno, se ha tollerato l’abbandono, può essere chiamato a pagare l’ecotassa per “culpa in vigilando”. In particolare, il proprietario evita la responsabilità solo se denuncia tempestivamente l’abbandono di rifiuti alle autorità regionali competenti; in caso contrario, deve pagare il tributo come se fosse egli stesso il gestore della discarica illegale. Questa interpretazione, confermata da Cassazione Sez. Trib. n. 11833/2024, mira a incentivare i proprietari a non permettere discariche sul proprio fondo. Dunque, un avviso di accertamento ecotassa può colpire, ad esempio, il titolare di un terreno dove terzi hanno scaricato rifiuti abusivamente, se egli non ha segnalato l’evento (un caso peculiare ma che rientra nel “punto di vista del debitore” che si ritrova una pretesa di ecotassa inaspettata).
Giurisdizione competente: le controversie relative al tributo discariche rientrano nella giurisdizione tributaria (Corti di Giustizia Tributaria), non amministrativa. Ciò è stato sancito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 25515/2016, risolvendo in via definitiva i dubbi: nonostante la natura ambientale, l’ecotassa è un tributo e come tale le liti sui relativi avvisi di accertamento vanno proposte davanti al giudice tributario ordinario, e non al TAR. Questo è importante per il contribuente: anche per le ecotasse regionali, le regole di impugnazione e i termini sono quelli del processo tributario (60 giorni per ricorrere, ecc.), analoghi a quelli per l’ecotassa auto di cui sopra.
Altri tributi ambientali (accise e oneri “ecologici”)
Oltre alle due principali ecotasse esaminate, esistono altri tributi o sovraimposte legati a finalità ambientali che potrebbero generare avvisi di accertamento in caso di omissione. Senza pretesa di esaustività, citiamo alcuni esempi:
- Accise ambientali su prodotti energetici: sono le componenti di accisa (sulle emissioni, sul carbone, sull’energia elettrica auto-prodotta, ecc.) introdotte per ragioni ecologiche. Un’azienda potrebbe ricevere un accertamento per mancato pagamento di un’accisa “verde” – ad esempio, l’accisa sul consumo di gas naturale se beneficiava di un’esenzione non spettante. Questi accertamenti seguono le regole delle accise (che hanno un regime in parte diverso, spesso di competenza dell’Agenzia Dogane-Monopoli, ma il contenzioso è sempre tributario).
- Tributi locali per l’ambiente: ad esempio l’addizionale provinciale sui rifiuti (TEFA) applicata alla TARI comunale, destinata alle Province per funzioni ambientali. Se un contribuente non paga la TARI, l’ente locale potrebbe accertare anche il TEFA non versato. La difesa in tal caso rientra nell’opposizione a ingiunzioni o cartelle TARI, ma si tratta comunque di tributi collegati ad aspetti ambientali.
- Contributi ambientali obbligatori: come il contributo CONAI sugli imballaggi o i contributi per smaltimento di particolari beni (RAEE, pneumatici, ecc.). Questi in realtà non sono tributi in senso stretto ma contributi parafiscali dovuti ai consorzi di filiera. Il recupero di contributi non versati avviene in sede civilistica oppure tramite ingiunzioni, e il “debitore” potrebbe difendersi contestando di non essere tenuto (ad es. perché ha già versato a monte). Pur non essendo accertamenti tributari classici, meritano menzione come oneri ambientali che imprese e privati possono trovarsi a dover contestare.
- “Ecotasse” minori: il termine ecotassa è stato talora usato per altri prelievi, come la prevista (ma mai entrata in vigore, al momento) imposta sugli articoli in plastica monouso o sulle bevande zuccherate, concepite con scopo ambientale/sanitario. In futuro, se implementate, potrebbero anch’esse generare atti di accertamento.
In generale, le strategie difensive che analizzeremo – focalizzate sull’ecotassa auto e sul tributo discariche – hanno principi applicabili anche ad altri tributi ambientali: occorre sempre verificare il presupposto normativo, il termine di accertamento, l’organo competente e i motivi di illegittimità eventualmente opponibili (errori di persona, di calcolo, decadenza, vizi di notifica, ecc.). Nei prossimi paragrafi ci concentriamo specificamente sull’avviso di accertamento ecotassa relativo all’imposta auto 2019-2021, che è il caso attualmente più diffuso e che presenta alcune peculiarità (ad esempio il profilo di diritto UE). Successivamente estenderemo il discorso anche agli altri casi simili.
L’avviso di accertamento per ecotassa: caratteristiche e contenuto
Un avviso di accertamento è l’atto con cui l’ente impositore contesta formalmente al contribuente un’omissione o irregolarità fiscale, quantificando le somme dovute. Nel caso dell’ecotassa auto (2019-21), gli avvisi sono emessi dall’Agenzia delle Entrate, per conto dello Stato (anche se il gettito originariamente era destinato a un fondo per l’ecobonus). Nel caso dell’ecotassa rifiuti, l’avviso è emesso dalla Regione (o da Agenzia Entrate Riscossione su delega, se ormai iscritto a ruolo). In ogni caso, l’avviso indica l’ufficio accertatore (es. Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di …), il destinatario (contribuente), la motivazione della pretesa, il dettaglio di imposta non versata, interessi e sanzioni, nonché le istruzioni per il pagamento o per l’eventuale impugnazione.
Nel contesto dell’ecotassa auto, gli avvisi di accertamento 2024-2025 notificati dall’Agenzia delle Entrate riguardano tipicamente: omesso versamento dell’ecotassa dovuta all’immatricolazione entro il 2019-2021, oppure versamento insufficiente (ad esempio, se qualcuno ha indicato emissioni inferiori al reale). La casistica più comune è la prima: il contribuente ha immatricolato un veicolo soggetto a ecotassa senza pagarla affatto. Ciò è avvenuto spesso nei casi di auto usate importate: molti proprietari non erano al corrente dell’imposta e al PRA/Motorizzazione l’immatricolazione è stata comunque eseguita (probabilmente per mancanza di un blocco immediato), generando ora recuperi a posteriori. Alcuni avvisi potrebbero riferirsi anche a differenze di importo (ad esempio, se per errore è stato versato 1.100 € ma l’auto aveva emissioni in fascia superiore, doveva 1.600 €).
L’avviso dettaglierà per ogni veicolo: targa, telaio, data di immatricolazione, CO₂ g/km, importo ecotassa dovuto. Indicherà poi la sanzione (nella misura del 30% dell’imposta non pagata, ridotta eventualmente ad 1/3 in caso di definizione immediata se applicabile) e gli interessi moratori calcolati dal giorno in cui il tributo andava versato (data immatricolazione) fino alla data di accertamento. È prassi che nell’atto sia incluso un prospetto per il pagamento spontaneo (cd. modello di versamento precompilato o indicazioni dei codici tributo da usare). Ad esempio, a fine 2024 l’Agenzia ha introdotto nuovi codici tributo A600, A601, A602 per versare ecotassa accertata, sanzioni e interessi rispettivamente. In alcuni avvisi queste indicazioni sono riportate, in altri il contribuente viene rinviato alla risoluzione dell’Agenzia Entrate competente (e.g. la Risoluzione n. 53/2024) o al sito web per i codici.
Un elemento cruciale dell’avviso è l’indicazione dei termini per la definizione: spesso viene specificato che, se il contribuente paga entro 60 giorni, evita l’aggravio di ulteriori interessi e può beneficiare (quando consentito) di sanzioni ridotte. Attenzione: per gli avvisi di accertamento tributari vige l’istituto della acquiescenza (ex art. 15 D.Lgs. 218/1997), che normalmente consente, pagando entro 60 giorni senza ricorrere, di ottenere la riduzione della sanzione ad 1/3. Tuttavia, per l’ecotassa auto questa riduzione parrebbe non applicabile, stando ad alcuni commentatori. Ciò perché l’ecotassa è un tributo “straordinario” le cui sanzioni, essendo per omesso versamento (30%), in caso di acquiescenza risulterebbero già ridotte? In realtà la questione è tecnica: l’atto potrebbe già contenere la sanzione minima, e l’Agenzia potrebbe ritenere che non si applichi un’ulteriore riduzione. Un documento dell’Ordine Avvocati di Nola osserva espressamente: “Non si applica la riduzione ad 1/3 della sanzione nel caso di acquiescenza entro 60 giorni dalla ricezione dell’atto” (riferito agli accertamenti ecotassa). Pertanto, chi volesse chiudere subito pagando, dovrebbe verificare se nel suo avviso la sanzione è già stata eventualmente ridotta o meno. Ne riparleremo nelle strategie di difesa (sezione sull’acquiescenza).
Infine, l’avviso riporta le informazioni sul ricorso: ente presso cui fare opposizione (Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio), termine di 60 giorni per proporre ricorso, nonché l’eventuale obbligo di presentare un reclamo/mediazione se l’importo contestato rientra nelle soglie (attualmente fino a €50.000, v. infra).
Perché gli avvisi ecotassa arrivano ora? – Termini di accertamento e decadenza
Molti contribuenti sono rimasti sorpresi dal ricevere nel 2024-2025 accertamenti relativi a veicoli immatricolati nel 2019 o 2020, considerando che l’ecotassa è stata abolita dal 2022. È importante capire che l’abolizione della tassa non estingue il debito per il periodo in cui era in vigore. L’Agenzia delle Entrate è ancora legittimata a recuperare nel 2025 un’imposta dovuta nel 2019, purché rispetti i termini di legge per l’accertamento. Tali termini discendono dal richiamo alle norme sulle imposte sui redditi: in generale, l’ufficio ha tempo fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere pagato. Per un’omessa corresponsione nel 2019, il termine ordinario di decadenza era il 31/12/2024.
Tuttavia, bisogna considerare gli eventi straordinari che hanno sospeso i termini nel 2020 a causa dell’emergenza Covid-19. In Italia, con riferimento ai termini di decadenza fiscali, c’è stata una sospensione di circa 85 giorni (indicativamente dal 8 marzo al 31 maggio 2020) disposta dai decreti emergenziali. Questa sospensione si somma ai termini ordinari, spostando in avanti la scadenza. Dunque, per le ecotasse 2019 il termine ultimo per notificare l’accertamento non era il 31/12/2024, ma circa 26 marzo 2025. Ed infatti, l’Agenzia ha provveduto ad emettere e notificare gli atti tra la fine del 2024 e i primissimi mesi del 2025. Come spiegato in una guida specialistica, “per l’anno 2019, l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe pervenire entro il 31 dicembre 2024, ma con la sospensione Covid di 85 giorni il termine è posticipato al 26 marzo 2025”. Ciò significa che se un avviso relativo al 2019 viene notificato oltre tale data (26/3/2025), il contribuente potrebbe eccepirne la decadenza (cioè l’atto sarebbe nullo per tardività).
Per le annualità successive: per il 2020 il termine ordinario è 31/12/2025, prorogato anch’esso di 85 giorni (quindi fine marzo 2026); per il 2021, termine 31/12/2026 prorogato a circa fine marzo 2027. Ci si aspetta dunque una “seconda ondata” di avvisi verso fine 2025 (per i mancati versamenti del 2020) e un’ulteriore verso fine 2026 (per quelli del 2021). In altre parole, l’attività accertativa è scaglionata in base alla scadenza dei termini di decadenza. Questo spiega perché “proprio alla fine del 2024 si stanno concentrando le richieste di pagamento dell’ecotassa riferite a tale annualità, ed è prevedibile una nuova ondata l’anno prossimo per il tributo relativo al 2020 e al 2021”. Chi ha immatricolato nel 2020 e non ha pagato, potrebbe quindi ricevere l’avviso nel 2025 o inizio 2026; chi ha immatricolato nel 2021, riceverlo nel 2026/inizio 2027.
Per i tributi discarica rifiuti, vigono termini analoghi (5 anni dalla commissione dell’omissione) salvo diverse disposizioni regionali. In pratica, se un’azienda non ha versato l’ecotassa rifiuti per conferimenti del 2018, la Regione dovrebbe aver notificato l’atto entro fine 2023 (5 anni) – molte regioni infatti effettuano controlli a distanza di anni. Anche qui, il periodo Covid ha congelato termini (con interpretazioni talvolta discusse in dottrina, ma ormai la linea generale è che quei mesi non contano nel computo).
Verifica delle date sull’avviso: È fondamentale, appena si riceve un accertamento, controllare la data di notifica dell’atto e confrontarla con la data dell’eventuale violazione (immatricolazione auto o conferimento rifiuti) per valutare la decadenza. Se l’ente impositore ha notificato fuori termine, l’atto è nullo e questo può essere eccepito come motivo principale di ricorso. Ad esempio, se un contribuente ha immatricolato l’auto in aprile 2019, l’accertamento avrebbe dovuto arrivare entro marzo 2025; se arriva dopo, è impugnabile per decadenza. Nei nostri casi pratici più avanti forniremo esempi di calcolo.
Differenza tra avviso bonario e avviso di accertamento
Alcuni contribuenti potrebbero aver ricevuto precedentemente un semplice sollecito di pagamento o comunicazione dall’ente (specie per tributi regionali) prima dell’avviso formale. Ad esempio, una Regione o l’Agenzia potrebbe inviare un “avviso bonario” invitando a regolarizzare entro tot giorni, prima di emettere l’atto impositivo vero e proprio. Se avete ricevuto un sollecito del genere e non avete aderito, l’ente passerà all’accertamento formale. Una volta notificato l’avviso di accertamento “definitivo”, ci troviamo di fronte a un atto impositivo impugnabile (e non più una semplice intimazione bonaria). È importante riconoscere la differenza: l’avviso bonario non interrompe i termini di decadenza né richiede ricorso (lo si può eventualmente utilizzare per pagare con riduzioni). L’avviso di accertamento invece ha forza di titolo esecutivo trascorsi i termini, quindi va affrontato con gli strumenti di difesa formali.
In sintesi, l’avviso di accertamento ecotassa rappresenta il momento conclusivo della potestà di accertamento tributario: se non contrastato, diverrà definitivo e porterà alla riscossione coattiva. Nei prossimi capitoli vedremo come reagire efficacemente.
Come reagire a un avviso di accertamento ecotassa – Strategie difensive
Alla ricezione di un avviso di accertamento, il contribuente ha di fronte una scelta strategica: accettare la pretesa e pagare (magari con sanzioni ridotte e/o a rate), oppure contestarla con gli strumenti a disposizione. Presentiamo qui le opzioni principali, distinguendo le vie stragiudiziali (verso l’Amministrazione finanziaria) e quelle giudiziali (ricorso in Commissione/Corte tributaria). È fondamentale agire tempestivamente, in quanto molte di queste azioni hanno tempistiche precise (60 giorni in primis).
Opzione 1: Acquiescenza – pagare con sanzioni ridotte
L’acquiescenza consiste nel non impugnare l’accertamento e pagare integralmente quanto richiesto entro il termine di legge (60 giorni dalla notifica), avvalendosi delle riduzioni di sanzioni previste. Come accennato, la regola generale è che le sanzioni amministrative si riducono ad 1/3 se il contribuente rinuncia al ricorso e paga entro 60 giorni. Questo è stabilito dall’art. 15 D.Lgs. 218/1997. Nel contesto ecotassa, bisogna verificare se l’atto esplicitamente consente tale definizione agevolata. In ogni caso, facendo acquiescenza si evita il contenzioso e si chiude la partita subito.
Pro: evita spese legali e incertezze, garantisce la fine della vicenda rapidamente. Si ottiene (di regola) uno sconto del 66% sulle sanzioni. Ad esempio, su €300 di sanzione, se si fa acquiescenza se ne pagano €100. Inoltre, con il pagamento tempestivo si arrestano gli interessi di mora ulteriori.
Contro: si rinuncia a contestare l’atto, anche se fosse illegittimo. Una volta pagato, l’accertamento diventa definitivo e non impugnabile. Inoltre, se poi non si riescono a rispettare le eventuali rate concordate (in caso di pagamento rateale) l’agevolazione salta e si rischia l’iscrizione a ruolo dell’intero importo con sanzioni piene. Dunque è una strada da scegliere solo se si è convinti della fondatezza dell’accusa o si vuole chiudere la questione a qualunque costo, e se si ha la liquidità per farlo.
Nel caso ecotassa auto: come evidenziato, voci autorevoli sostengono che l’acquiescenza con riduzione a 1/3 potrebbe non essere applicabile perché la sanzione del 30% sarebbe già la misura minima. In pratica, alcuni avvisi potrebbero già contenere la sanzione del 30% (minimo edittale per omesso versamento) e quindi l’Amministrazione non concederebbe un ulteriore taglio a 10%. Bisogna leggere attentamente l’avviso: se menziona la possibilità di pagare sanzioni ridotte (ad esempio 1/3), allora l’agevolazione è ammessa. Se tace o dice “sanzioni già ridotte”, allora pagando non si avrà ulteriore sconto. In ogni caso, l’acquiescenza rimane un’opzione se si vuole evitare la lite. Il pagamento si effettua con modello F24 utilizzando i codici tributo appositi (per avvisi ecotassa: A600 imposta, A601 sanzioni, A602 interessi, A100 spese). È possibile chiedere un pagamento rateale anche in caso di acquiescenza (vedi oltre la sezione Rateizzazione).
Opzione 2: Autotutela – chiedere l’annullamento all’ente emittente
L’autotutela è la richiesta informale (ma motivata) rivolta allo stesso ente che ha emesso l’atto, affinché lo annulli o rettifichi per errori palesi o illegittimità. È un’istanza che non costa nulla e può essere presentata anche subito, tuttavia non sospende i termini di impugnazione. Significa che, se si invia una domanda di autotutela all’Agenzia delle Entrate o alla Regione, questa potrebbe anche non rispondere o rigettarla: nel frattempo i 60 giorni per fare ricorso decorrono comunque. Dunque l’autotutela va utilizzata con cautela, idealmente quando si è certi di un errore materiale nell’atto.
Esempi validi per ecotassa (auto): il caso più chiaro è se “il versamento era stato eseguito”. Se cioè il contribuente ha effettivamente pagato l’ecotassa all’epoca ma l’ente non ne ha traccia (magari per un errore di imputazione del codice fiscale o del telaio), basterà inviare in autotutela copia dell’F24 pagato: l’ufficio, verificato l’errore, annullerà l’accertamento. Altra ipotesi: errore di persona: l’avviso intestato alla persona sbagliata (evento raro, ma se ad esempio un’auto cointestata e ha pagato uno ma l’avviso arriva all’altro, o casi particolari). Oppure se nell’avviso c’è un palese errore di calcolo (ad es. hanno messo 2.500 € ma l’auto emetteva 180 g/km quindi doveva essere 1.600 €). Ancora: se l’atto riguarda anno 2022 (quando la tassa era abolita) è manifestamente illegittimo e l’ufficio dovrebbe annullarlo in autotutela appena segnalato. Dalla fonte Pavoni: “nel caso in cui dovessero risultare accertamenti per tale annualità (2022) è sufficiente presentare istanza di autotutela per l’annullamento di un atto palesemente illegittimo”.
Esempi per ecotassa rifiuti: se l’avviso regionale calcola tonnellate errate rispetto ai registri di carico/scarico, o applica un’aliquota sbagliata (non conforme alla legge regionale), conviene segnalare subito via istanza tali discrepanze. Spesso gli uffici regionali rivedono l’atto se l’errore è documentato. Altro esempio: se l’azienda ha già pagato per lo stesso periodo a seguito di altro avviso o ravvedimento, può chiedere lo sgravio in autotutela.
Pro: l’autotutela, se accolta, risolve la questione rapidamente e senza contenzioso. L’ente può annullare totalmente l’atto o rettificarlo (ad esempio, togliere un veicolo erroneamente incluso).
Contro: non c’è obbligo per l’Amministrazione di rispondere in tempi brevi o di accogliere. Se l’ente respinge o ignora l’istanza, l’unica via rimane il ricorso. Per questo è prudente, quando si fa autotutela, preparare comunque il ricorso nel frattempo, in modo da non farsi trovare fuori tempo. Un modo strategico per guadagnare tempo è combinare autotutela e accertamento con adesione (vedi opzione successiva).
Opzione 3: Accertamento con adesione – tentare un accordo con l’ufficio
L’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997) è uno strumento deflattivo del contenzioso: consente al contribuente di chiedere un confronto con l’ufficio accertatore per discutere l’atto e, se possibile, raggiungere un accordo sulla definizione dell’imposta dovuta. Presentando un’istanza di adesione, si sospende automaticamente il termine per fare ricorso per 90 giorni dalla data di presentazione. In quei 90 giorni l’ufficio vi convocherà (o in alcuni casi può rispondere che non intende aderire) per un’udienza di adesione. Se si trova un accordo, verrà redatto un atto di adesione in cui si stabilisce il nuovo importo dovuto, con applicazione delle sanzioni ridotte a 1/3 del minimo (in caso di adesione la sanzione viene ridotta più che in acquiescenza: tipicamente al 20% se il minimo era 30%) e possibilità di pagamento rateale in 8 rate trimestrali (fino a 20 rate se l’importo supera €50.000). Se non si raggiunge un accordo, o se il contribuente poi non paga quanto concordato, l’adesione si considera nulla e si può comunque procedere col ricorso (i 60 giorni ripartono da dove erano rimasti, prolungati dei 90 giorni di sospensione).
Ha senso nel caso ecotassa? Dipende. L’adesione dà il vantaggio di allungare i tempi e ridurre le sanzioni a 1/3 in ogni caso. Tuttavia, l’ecotassa auto è un tributo “secco”, difficilmente ridiscutibile nel merito: o era dovuta o no, non ci sono imponibili da rideterminare (come succede per le imposte sui redditi). Pertanto, l’ufficio potrebbe al massimo concedere la sanzione ridotta (cosa che comunque otterreste in adesione per legge). In pratica, fare istanza di adesione vi garantisce di prendere tempo (90 gg in più) e di avere comunque lo sconto sanzioni 1/3 se formalizzate l’accordo. Per esempio, su €1.000 di ecotassa non pagata, sanzione 30% = €300; in adesione paghereste sanzione €100 anziché €300, oltre all’imposta e interessi. Se però la vostra contestazione è su un principio (tipo non dovute perché usato estero, o prescrizione), difficilmente l’ufficio in adesione vi esenterà: più probabile che dica “la legge è questa, la applichiamo”. In adesione l’ufficio non può disapplicare la norma per voi (ad esempio non può decidere che l’ecotassa non si applichi all’usato estero perché sarebbe in contrasto col diritto UE – quello lo può dire solo un giudice eventualmente). Quindi l’adesione in questi casi servirebbe solo come tattica dilatoria per avere più tempo di organizzare il ricorso o per attendere magari una definizione agevolata legislativa.
Procedura: l’istanza va inviata all’ufficio che ha emesso l’avviso (di solito via PEC o raccomandata) prima che scadano i 60 giorni del ricorso. Basta indicare che si chiede di avviare l’accertamento con adesione sull’avviso n. …, e magari anticipare su quali punti si contesta. L’ufficio vi comunicherà la sospensione dei termini e la data di convocazione. Se vi presentate (anche tramite professionista delegato) potrete esporre le vostre ragioni e vedere se c’è margine di “trattativa”.
Possibile esito: per ecotassa auto, un esito di adesione potrebbe essere: conferma dell’imposta dovuta, riduzione sanzione 30%→10%, rateazione. Per ecotassa rifiuti, dove magari ci sono quantità contestate, è più tipico rideterminare il dovuto (es. la Regione potrebbe accettare di ridurre del 10% le tonnellate tassate se si dimostra una certa tara, ecc.) e applicare sanzione ridotta.
Vantaggi: termporaggiamento dei termini e riduzione sanzioni garantita (1/3). Svantaggi: se non c’è margine, si può perdere tempo. Attenzione però: la sospensione di 90 giorni NON si applica alle ingiunzioni di pagamento o cartelle già iscritte a ruolo (vale solo per avvisi in fase di accertamento). Quindi va usata prima che l’atto diventi definitivo.
Opzione 4: Ricorso al giudice tributario (Corte di Giustizia Tributaria)
Se si ritiene l’accertamento infondato o illegittimo e non si è trovato sollievo con le vie sopra, la strada è il ricorso giudiziario dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale) competente per territorio. Competenza territoriale: per ecotassa auto, trattandosi di atto dell’Agenzia Entrate, è la Corte tributaria nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto (spesso coincide con la provincia del contribuente). Per ecotassa rifiuti, l’atto regionale indica anch’esso un ufficio impositore (es. Regione X – Dipartimento Ambiente) e la competenza è la Corte Tributaria del capoluogo regionale o della provincia interessata.
Tempistica: il ricorso va notificato (via PEC all’ufficio o ufficiale giudiziario) entro 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso, salvo sospensioni dovute ad adesione (come visto) o ferie (dal 1 al 31 agosto i termini sono sospesi per legge). Se ad esempio avete ricevuto l’atto il 15 gennaio 2025, il termine è 15 marzo 2025; presentando adesione il 1 marzo, si sospende fino a fine maggio e riprende per i giorni restanti a giugno. È cruciale rispettare il termine, pena l’inammissibilità del ricorso (e l’atto diventa definitivo).
Procedura speciale di reclamo/mediazione: se il valore della controversia (imposta + sanzioni, senza interessi) non supera €50.000, il ricorso presentato è formalmente un reclamo, soggetto a tentativo obbligatorio di mediazione con l’ente impositore. Questo significa che il ricorso va depositato, ma la Corte non decide subito: l’Agenzia (o Regione) ha 90 giorni per valutare e può accogliere parzialmente o offrire una mediazione. Trascorsi 90 giorni, se non c’è accordo, il ricorso procede automaticamente come contenzioso. In sede di mediazione, l’ente può proporre una riduzione delle sanzioni al 35% (invece del 50% che sarebbe in sentenza in caso di soccombenza parziale). Per l’ecotassa auto, spesso l’importo è entro 50k, quindi questa fase si applicherà. In pratica, dopo aver depositato il ricorso, l’Agenzia potrebbe contattarvi tramite la Commissione per un accordo transattivo (simile all’adesione ma successivo). Se siete già passati per l’adesione senza successo, difficile che in mediazione concedano molto di più – ma a volte, per chiudere, potrebbero offrire il 35% di sanzione invece di 100%.
Contenuto del ricorso: va redatto in conformità al D.Lgs. 546/1992, indicando i motivi di fatto e di diritto per cui si chiede l’annullamento (totale o parziale) dell’atto. Nel prossimo capitolo elencheremo i possibili motivi di ricorso specifici per ecotassa. Qui basti dire che i tipici motivi includono: insussistenza del presupposto (ad es. l’auto non rientrava tra quelle soggette, o l’imposta non era dovuta per legge in quel caso), erroneità dell’accertamento (ad es. pagamento già effettuato, calcoli sbagliati), violazione di legge (ad es. atto emesso oltre i termini, carenza di motivazione, mancato contraddittorio ove richiesto, o illegittimità della norma applicata per contrasto col diritto UE). Si può chiedere anche l’annullamento parziale (es. solo delle sanzioni per non punibilità, o riduzione interessi se calcolati male).
Iter processuale: una volta notificato e depositato (telematicamente) il ricorso, se non vi è mediazione o se fallisce, si andrà all’udienza (che può essere cartolare o in presenza). In giudizio si possono fornire prove documentali (es. la ricevuta F24 pagata, la carta di circolazione che attesta emissioni inferiori a quanto sostenuto, perizie tecniche sul rifiuto, ecc.). Il giudice tributario, con sentenza, potrà accogliere il ricorso (annullando l’atto, in tutto o in parte) oppure respingerlo.
Sospensione della riscossione: presentare ricorso non sospende automaticamente la riscossione dell’imposta. Per legge, l’ente impositore può comunque iscrivere a ruolo 1/3 delle somme accertate anche se pende ricorso, trascorsi 30 giorni dalla scadenza dei 60 giorni (quindi 90 giorni da notifica) – questo in teoria. In pratica, per importi modesti spesso attendono la sentenza di primo grado. Ma per sicurezza, il contribuente può presentare istanza di sospensione dell’atto al giudice tributario, contestualmente al ricorso, dimostrando che dall’esecuzione deriverebbe un danno grave e irreparabile. Ad esempio, se vi chiedono €5.000 e non pagare subito vi causa fermo amministrativo dell’auto, ecc., potete chiedere la sospensione. La Corte tributaria decide sull’istanza cautelare entro ca. 30-45 giorni, sospendendo fino alla sentenza. Se la sospensione è concessa, nulla sarà dovuto intanto; se negata, conviene valutare se pagare almeno 1/3 per evitare more.
Costi: fare ricorso comporta il pagamento di un contributo unificato (marca da bollo) che dipende dal valore della causa: fino a €5.000 è €30; da 5k a 25k è €60; oltre 25k e fino a 75k è €120, e così via. Oltre, può salire. Inoltre, se ci si affida a un professionista (avvocato o commercialista abilitato), ci saranno parcelle legali – che però, in caso di vittoria, possono essere in tutto o in parte rifuse dall’ente soccombente (il giudice può condannare l’ente alle spese). Se il contribuente perde, di solito paga un contributo unificato aggiuntivo e può essere condannato a rimborsare le spese legali all’ente (ma spesso le Corti tributario compensano le spese nei casi dubbi).
Vantaggi del ricorso: è l’unico modo per far valere certe eccezioni di diritto (come l’illegittimità dell’ecotassa su usato UE, o far valere la decadenza, ecc.) su cui l’ufficio in autotutela o adesione non transigerebbe. Inoltre, consente di ridurre o azzerare il debito se si vince. Ad esempio, c’è un concreto argomento che l’ecotassa su vetture usate d’importazione violi l’art. 110 TFUE (non discriminazione merci UE); un giudice potrebbe sollevare la questione alla Corte di Giustizia UE o disapplicare la norma. L’ufficio invece non lo farebbe mai spontaneamente.
Svantaggi: tempi e incertezza. Un processo tributario di primo grado dura in media 1-2 anni. Nel frattempo, potrebbe arrivarvi la cartella per 1/3 o addirittura per tutto (se perdete in primo grado, l’ufficio può riscuotere 50% delle imposte in attesa dell’appello, e così via). Bisogna essere pronti a gestire la riscossione eventualmente con altre istanze di sospensione in appello. Va però detto che, essendo questioni nuove, c’è la possibilità di esito favorevole. Inoltre, il legislatore talvolta vara definizioni agevolate delle liti pendenti: ad esempio, con la “tregua fiscale” 2023 è stato possibile definire controversie tributarie pagando un po’ di percentuale se pendenti da anni. Se la causa ecotassa resta pendente e il legislatore in futuro include questi tributi in una pace fiscale, si potrebbe chiudere a condizioni vantaggiose (ipotesi aleatoria, ma non impossibile).
Opzione 5: Rateizzazione del pagamento
Qualunque strada si scelga (acquiescenza, adesione o anche esito di mediazione/giudizio), se permane un importo da pagare, il contribuente può chiedere la rateazione del debito. In ambito accertamento, come detto, già la legge consente fino a 8 rate trimestrali per importi fino a 5.000 €, e fino a 20 rate se l’importo supera 5.000 €. Questo vale sia per somme definite in adesione sia per acquiescenza. Se invece l’atto diventa definitivo e viene affidato all’Agente della riscossione, si potrà ancora chiedere una dilazione (sino 72 rate mensili, o 120 se grave difficoltà). Quindi la rateazione è un aspetto complementare: non risolve la contestazione, ma allevia l’esborso.
Nel contesto ecotassa auto, molti importi contestati sono sotto 5.000 € (ad es. 1.100 + penali). Ciò significa che si possono ottenere fino a 8 rate trimestrali (due anni). Se però un soggetto ha immatricolato più veicoli e ha un avviso cumulativo di, ad esempio, €10.000, potrà chiedere fino a 20 rate (5 anni). La richiesta di rateazione di norma si presenta all’atto del pagamento (barrando l’opzione sul modello F24 se previsto, o facendo domanda all’ente impositore). Se si è in fase di cartella, la si presenta all’Agente Riscossione secondo le sue regole.
Suggerimento: se pensate di pagare ma non subito tutto, è meglio definire l’accertamento con adesione (sanzioni ridotte) e in sede di adesione chiedere la dilazione: l’accordo di adesione conterrà il piano rate. Se invece si fa acquiescenza, bisogna entro 60 gg pagare la prima rata e fare richiesta formale di rateazione all’ente, allegando eventualmente l’F24 con prima rata. In caso di contenzioso, se si perde, la rateazione si chiede a riscossione.
Riepilogo strumenti di difesa (tabella)
Per chiarezza, riportiamo in tabella i vari strumenti di difesa e le loro caratteristiche principali dal punto di vista del contribuente:
Strumento | Effetto | Vantaggi | Svantaggi |
---|---|---|---|
Autotutela (richiesta annullamento) | L’ufficio può annullare/ridurre l’atto. Non sospende termini di ricorso. | Procedura gratuita e veloce, risolve errori evidenti senza lite. | L’ente può ignorare o rifiutare. Nessuna garanzia di esito. Bisogna comunque ricorrere entro 60 gg se nessuna risposta. |
Accertamento con adesione | Incontro col fisco, possibile accordo. Sospende termini ricorso per 90 gg. | Sospensione dei termini (più tempo). Sanzioni ridotte a 1/3 se si adesione. Possibilità di discutere e chiarire. | Se niente accordo, si è solo ritardato il contenzioso. L’ufficio non può annullare l’imposta se non ha margini (es. questioni di diritto UE). |
Acquiescenza (pagamento entro 60 gg) | Pagamento integrale con rinuncia al ricorso. | Fine immediata della controversia. Di regola sanzioni ridotte a 1/3 (ma in ecotassa auto potrebbe non applicarsi pienamente). Niente spese legali o tempi lunghi. | Rinuncia a far valere ragioni di annullamento. Esborso immediato. Se pagamento a rate e si decade, niente più sconti. |
Ricorso (reclamo) in Commissione/Corte tributaria | Si avvia il giudizio. Per importi ≤50k c’è fase di mediazione 90 gg. | Unico modo per far valere vizi sostanziali (decadenza, infondatezza, illegittimità legge). Possibilità di annullamento totale o parziale dell’atto. Giudice terzo. | Procedura tecnica: richiede tempo, competenze (spesso serve un avvocato abilitato), costi contributo unificato. Esito incerto. Durante il processo, possibilità di dover pagare provvisoriamente parte delle somme (salvo sospensione). |
Definizioni agevolate (condono) | Pagamento ridotto per chiudere lite (se previsto da legge). | Vantaggioso se disponibile: riduce importi e chiude subito. | Dipende da interventi legislativi straordinari; non c’è certezza che ve ne saranno per ecotassa. Attualmente (2025) non attivabili per avvisi così recenti. |
Rateizzazione (dilazione pagamento) | Non è una “difesa” in sé, ma un ausilio nel pagamento. | Allevia l’impatto finanziario, possibile sia in fase bonaria che di riscossione coattiva. | Gli interessi di dilazione aumentano il costo. Se si salta una rata, si decade dal beneficio e tutto il debito residuo diventa esigibile. |
Questa tabella aiuta a decidere la combinazione di strumenti: ad esempio, autotutela + ricorso (sperando nell’annullamento ma preparando ricorso); oppure adesione per prendere tempo e poi, se fallisce, ricorso; oppure acquiescenza + rateazione se si vuole chiudere e diluire. Non esiste una risposta unica: dipende dalla situazione del contribuente e dalla forza dei motivi per contestare. Nel dubbio, se ci sono motivi seri di illegittimità, è spesso consigliabile presentare ricorso e non pagare subito – almeno per avere la chance di far valere le proprie ragioni, potendo sempre eventualmente transigere in corso di causa.
Motivi di impugnazione e difesa nel merito dell’ecotassa
Vediamo ora più nel dettaglio quali sono le difese di merito che un contribuente può opporre contro un avviso di accertamento ecotassa. Molti di questi costituiscono i “motivi di ricorso” da articolare nel ricorso al giudice tributario; tuttavia, possono essere spunti anche per l’autotutela o l’adesione, laddove l’ufficio fosse sensibile. Li distingueremo in base alla tipologia di ecotassa (auto vs rifiuti) e alla natura del vizio (motivi formali vs sostanziali).
1. Ecotassa auto (2019-21): motivi di ricorso comuni
Per gli avvisi relativi all’ecotassa sulle auto inquinanti, i principali motivi di impugnazione sono:
- Pagamento già effettuato: Se il contribuente ha in realtà pagato l’ecotassa all’epoca dell’immatricolazione, ma ciò non risulta all’ufficio, questo è un motivo dirimente. In giudizio si produrrà l’F24 quietanzato attestante il versamento. Il giudice, accertato il pagamento, annullerà l’atto per insussistenza del debito. In casi simili, l’autotutela è risolutiva (come già detto).
- Veicolo non soggetto per legge: Ad esempio, l’auto immatricolata era sotto la soglia di emissioni (≤160 g/km). Se l’Agenzia l’ha tassata per errore (magari per un dato sbagliato), il contribuente lo dimostrerà con la carta di circolazione dove è indicato il valore di CO₂. Questo rientra in “l’auto, in base a quanto documentato nella carta di circolazione, non superava le soglie di emissioni CO₂ costituenti il presupposto del tributo”. Il giudice, verificato ciò, annullerà l’imposta. Analogamente, se il veicolo rientrava tra quelli esenti (camper, ecc.), va fatto valere.
- Fuori periodo di vigenza: Se l’immatricolazione non rientrava nel periodo 1/3/2019 – 31/12/2021. Può succedere per errori: es. auto immatricolata a febbraio 2019 (non soggetta) ma per qualche ragione segnalata come soggetta. Oppure, come accennato, se erroneamente fosse stato contestato per un acquisto 2022. In ricorso si deduce che “il veicolo era stato acquistato e immatricolato in data antecedente al 1° marzo 2019 o posteriore al 31 dicembre 2021”, quindi fuori dal campo di applicazione della legge. L’atto va annullato perché manca il presupposto temporale normativo.
- Decadenza dei termini: Questo è fondamentale: se l’avviso è stato notificato oltre il termine di decadenza (vedi sopra), va eccepito. Ad esempio, atto relativo a omesso versamento 2019 notificato dopo il 26/3/2025 è tardivo. È un vizio di legittimità che il giudice rileva su eccezione: l’atto sarà annullato integralmente perché l’ufficio ha perso il potere impositivo. Bisogna provare in giudizio la data di notifica (ad esempio mediante l’avviso di ricevimento o la PEC, confrontandola con la data dell’evento tassato). L’Agenzia potrebbe difendersi sostenendo un termine diverso, ma la legge parla chiaro: 5 anni dal momento in cui doveva essere pagata l’imposta, salvo sospensioni straordinarie. Le sospensioni covid 2020 vanno conteggiate: su questo non ci sono dubbi interpretativi ormai. Quindi è relativamente facile per il giudice decidere.
- Violazione del diritto UE (auto usate importate): Questo è il motivo “innovativo” più interessante. Si sostiene che l’ecotassa, come applicata ai veicoli usati provenienti da altri Stati membri, violi l’art. 110 del Trattato sul Funzionamento UE che vieta tassazioni discriminatorie fra prodotti nazionali e importati. La logica: in Italia la tassa colpiva anche un’auto usata immatricolata in Germania e reimmatricolata qui, ma non colpiva un’auto usata già circolante in Italia al 2019 (venduta usata fra italiani). Questo ha reso l’acquisto di usato estero più costoso rispetto all’usato nazionale, quindi potenzialmente dissuade le importazioni e favorisce il mercato interno, in violazione dei principi di libera circolazione. A supporto, si cita il precedente della Corte di Giustizia UE che nel 2011 (causa C-402/09, Tatu c. Romania) ha dichiarato illegittima un’imposta rumena similare su auto usate importate, giudicandola discriminatoria. Inoltre, proprio di recente, la Corte di Giustizia (causa C-694/22, sentenza 22/02/2024) ha condannato Malta per un sistema di tassazione delle auto usate che incentivava i veicoli già immatricolati localmente rispetto a quelli importati, confermando la violazione del Trattato. Nel ricorso, dunque, un contribuente che ha importato un’auto usata e si vede chiedere l’ecotassa può eccepire che la norma nazionale (art.1 co.1042 L.145/2018, interpretata da AdE in senso comprensivo degli usati esteri) è contraria al diritto UE e chiederne la disapplicazione. Finora in Italia non risultano sentenze di merito che abbiano ancora accolto tale tesi (il Quattroruote del gennaio 2025 confermava che non vi erano pronunce, sebbene diversi ricorsi fossero in essere). Sarà compito delle Commissioni tributarie decidere: potrebbero anche rinviare la questione alla Corte di Giustizia UE con un rinvio pregiudiziale, oppure potrebbero direttamente disapplicare la norma interna ai sensi dell’art. 11 della legge 212/2000 se la ritengono palesemente in contrasto col diritto comunitario. L’esito è incerto, ma è una difesa significativa. Va preparata adeguatamente, magari citando la giurisprudenza UE pertinente: oltre al caso Romania 2011, c’è giurisprudenza costante (es. Commissione c. Danimarca, Commissione c. Finlandia, C-508/22 del 2023 ecc.) che afferma il principio che un tributo auto non deve super-tassare l’usato importato rispetto al residuo valore dell’usato domestico. Nota: È bene sottolineare che l’Agenzia Entrate, nella risposta interpello 166/2021, ha sostenuto la legittimità dell’imposta anche per l’usato estero citando il principio “chi inquina paga”. Ma come nota il dott. Tamburro: quella è solo prassi amministrativa, non vincolante per il giudice, e i principi unionali prevalgono. Infatti la CGUE in casi analoghi ha respinto l’argomento ambientale quando di fatto c’è discriminazione.
- Vizi procedurali (contraddittorio): Un ulteriore motivo, di carattere procedurale, potrebbe essere la mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale prima dell’emissione dell’avviso. Nel diritto tributario italiano, per i tributi “non armonizzati” (come questo) non c’è un obbligo generale di contraddittorio salvo sia previsto da norma specifica o si dimostri un concreto pregiudizio dall’assenza. L’ecotassa auto era autoliquidata dal contribuente, l’Agenzia ha poi fatto controlli incrociati con i dati della Motorizzazione e ha emesso direttamente gli avvisi. Si potrebbe sostenere che l’ufficio avrebbe dovuto inviare un invito a fornire osservazioni o documenti prima di accertare, ma è un argomento debole se l’accertamento si basa su dati oggettivi (immatricolazione avvenuta, mancato versamento, tutto documentale). La Cassazione (Sez. Unite n. 24823/2015) ha stabilito che la violazione del contraddittorio predecisionale comporta nullità solo se il contribuente prova che, se ascoltato, avrebbe potuto far valere elementi idonei a evitare l’atto. Nel caso ecotassa, quali elementi? Forse nel caso di auto importate, il contribuente avrebbe potuto far presente la questione europea – ma l’ufficio non avrebbe comunque potuto disapplicare la legge. Quindi la chance di successo su questo motivo è modesta. Tuttavia, nulla vieta di inserirlo come argomentazione aggiuntiva, specie se l’istruttoria dell’ufficio presentava dubbi. Ad esempio, se una persona aveva effettivamente fatto un versamento ma l’ufficio non lo sapeva, sentire il contribuente prima avrebbe evitato l’avviso – questo sì sarebbe un caso concreto di pregiudizio.
- Errori formali dell’atto: infine, come in ogni avviso, vanno valutati eventuali vizi formali: difetto di motivazione (ad esempio se l’atto non spiega l’origine del debito o non individua il veicolo e la norma violata, violando l’art.7 L.212/2000), vizi di notifica (atto notificato a soggetto sbagliato o a indirizzo errato – raro se via PEC), errori di calcolo. Questi motivi vanno sollevati se esistono, anche se spesso il giudice può ritenerli superati se in giudizio l’ente fornisce chiarimenti. Ad esempio, se la motivazione era stringata ma dall’insieme si capisce, le Commissioni tendono a non annullare solo per questo. Comunque, sempre meglio indicarli in subordine.
In un ipotetico schema di ricorso ecotassa auto, i motivi potrebbero essere:
- Illegittimità dell’atto per intervenuta decadenza;
- Insussistenza del presupposto (veicolo non soggetto / pagamento già effettuato);
- Illegittimità della pretesa per violazione art.110 TFUE (nel caso veicolo UE importato);
- Violazione dei diritti difesa per omesso contraddittorio;
- Altri vizi formali (motivazione/ notifica).
2. Ecotassa rifiuti (discarica): motivi di ricorso comuni
Per il tributo discariche, a grandi linee i motivi sono:
- Decadenza: anche qui, se la Regione ha notificato oltre i 5 anni, eccepire decadenza. Ad esempio Cass. n.20256/2015 conferma che “in tema di tributo speciale discariche, spetta all’Amministrazione dimostrare la tempestività dell’accertamento”, quindi è onere loro ma noi dobbiamo sollevare la questione.
- Soggetto non tenuto: ad es., avviso intestato al proprietario del terreno per discarica abusiva, ma questi prova di aver denunciato subito l’evento (quindi secondo Cass. 11833/2024 non deve pagare). Oppure un caso: Regione notifica al produttore rifiuti invece che al gestore – qui c’è un difetto di destinatario perché formalmente doveva farlo al gestore (che poi rivalersi in separata sede). Questo dipende dalle leggi regionali: alcune consentono ingiuntiva al produttore direttamente. Va valutato.
- Errato calcolo quantitativi: se contestano tot tonnellate in più, il contribuente può portare registri, formulari, perizie per dimostrare un quantitativo inferiore. Il giudice può disporre CTU tecnica se necessario.
- Errata classificazione rifiuto: spesso il contenzioso è sul tipo di rifiuto (pericoloso vs no, tal quale vs pretrattato) da cui dipende l’aliquota €/ton. Se il produttore/gestore sostiene che il rifiuto era di un tipo con tassa minore, deve provare la propria tesi (analisi chimiche, atti autorizzativi, etc.). La Cassazione (es. n.158/2024, se esistente) avrà criteri su onere della prova: in genere la P.A. deve motivare perché ritiene che era di tipo peggiore (onere su di lei, v. Cass. 20256/15 in Racc.). Quindi nel ricorso si dirà: la Regione non ha fornito prova che i rifiuti fossero di categoria soggetta ad aliquota X, mentre risultano classificati come Y con aliquota inferiore (allegando doc).
- Doppia imposizione o esenzione: casi particolari: se quei rifiuti erano già stati tassati in altro contesto (ad es. terre e rocce escluse per legge, ma la Regione le ha tassate lo stesso), si fa valere l’esenzione.
- Sanzioni non dovute per buona fede: a volte, se il contribuente dimostra di aver agito senza volontà evasiva (es. ha applicato l’aliquota indicata dall’ente conferitore pubblico, poi rivelatasi errata), potrebbe chiedere almeno l’annullamento/riduzione delle sanzioni per obiettiva incertezza. La Cassazione però su tributi di massa così tende a non escludere sanzioni salvo ravvedimento.
- Violazioni procedurali: qui in ambito regionale spesso c’è l’obbligo di un “atto di contestazione” previo (la legge 549/95 parlava di contestazione). Se la Regione non ha mandato alcun avviso di accertamento e direttamente iscrive a ruolo, potrebbe essere impugnato per difetto di forma. Inoltre, come nel caso auto, contraddittorio: TAR Molise una volta si era dichiarato giurisdizione, ecc., poi Cass SU 25515/16 ha definito la giurisdizione tributaria. Oggi il contraddittorio nelle procedure regionali ambientali non è sempre formalizzato; ma si può eccepire se non c’è stata alcuna comunicazione.
In sostanza, i ricorsi ecotassa rifiuti sono spesso molto tecnici, basati su fatti (quanti rifiuti, di che tipo, chi ha pagato, ecc.) e su eccezioni di diritto (chi è tenuto, decadenza). Anche qui, attenzione al profilo UE: in passato qualche questione fu portata, ma in genere il tributo discarica fu ritenuto compatibile col diritto UE perché è un tributo interno generale (non è tassa di confine, e non discrimina prodotti esteri, colpisce tutti i rifiuti smaltiti). Quindi l’art.110 TFUE qui non c’entra. Piuttosto, può entrare l’art. 191 TFUE (“chi inquina paga”) come principio interpretativo: ma la Corte Costituzionale italiana ha giudicato legittimo il tributo speciale proprio in base a quel principio. Dunque poche chance su quel fronte.
Una casistica particolare: discarica abusiva – se proprietario ricorre, come detto l’unica difesa è provare di aver denunciato o di non aver potuto sapere. Cass. 11833/2024 ha creato un precedente severo: proprietario che non denuncia paga ecotassa per culpa. Quindi se un malcapitato riceve avviso per discarica non autorizzata sul suo terreno, dovrà dimostrare di essere parte lesa attiva (denuncia, sgombero) per provare esimente. Altrimenti, secondo Cassazione, la pretesa sarà confermata (ci sono stati casi analoghi in Cass. 2019 e 2020, coerenti).
Giurisprudenza aggiornata e casi rilevanti
Esaminiamo ora alcune pronunce giurisprudenziali recenti che riguardano le ecotasse, per comprendere gli orientamenti e poterli utilizzare nella nostra difesa:
- Cass., Sez. Unite, 13 dicembre 2016, n. 25515: caso cruciale che abbiamo citato, in cui le Sezioni Unite hanno stabilito che “le controversie riguardanti gli avvisi di accertamento in materia di tassa sulle discariche rientrano nella giurisdizione tributaria”. La vicenda era nata da un conflitto di giurisdizione: il TAR Molise si era dichiarato non competente a decidere su un avviso ecotassa, ritenendo spettasse al giudice tributario. Le SU hanno confermato: l’ecotassa è un tributo (non una tariffa sinallagmatica) e quindi le Commissioni Tributarie sono competenti. Questo precedente garantisce oggi che qualunque ricorso contro ecotassa (auto o rifiuti) vada al giudice tributario, senza incertezze. Lo si può citare se mai sorgesse eccezione contraria.
- Cass., Sez. Trib., 21 marzo 2024, n. 7698: pronuncia molto recente (2024) che coinvolge il tributo discarica. Secondo il sommario, “la Suprema Corte si è pronunciata su una controversia relativa al ricalcolo dell’ecotassa dovuta da una società che gestiva una discarica”. Non disponiamo del testo integrale qui, ma è probabile riguardi un caso simile al Tribunale Bari: forse Cassazione ha deciso come deve avvenire la ripartizione oneri tra gestore e conferitore, o la legittimità di un ricalcolo tardivo. Potrebbe aver affermato ad esempio che il produttore dei rifiuti, sebbene tenuto in rivalsa, non ha legittimazione a ricorrere contro l’accertamento notificato al gestore, o qualcosa del genere. In mancanza di dettagli, citiamo un’altra decisione utile: Cass., Sez. Trib., 18 luglio 2019, n. 19324, la quale ha ribadito la natura tributaria dell’ecotassa e ha affermato che “in tema di tributo speciale per il deposito in discarica, l’omesso versamento legittima l’irrogazione di sanzione amministrativa e spetta all’Amministrazione provare i fatti costitutivi della pretesa (quantità e qualità dei rifiuti)”. Questo per dire che l’onere della prova in giudizio grava in primis sull’ente impositore (deve dimostrare i presupposti della maggiore tassa, ad esempio con verbali di ispezione). Se la prova è lacunosa, il contribuente ne beneficia (principio generale processuale).
- Cass., Sez. Trib., 2 maggio 2024, n. 11833: questa è la sentenza sul proprietario e discarica abusiva di cui abbiamo parlato. Vale la pena riportare la massima in sintesi: “Il proprietario del terreno è responsabile in solido del tributo speciale ecotassa per i rifiuti smaltiti abusivamente sul suo terreno, salvo che dimostri di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai competenti organi regionali prima della contestazione”. La Corte in pratica configura una sorta di presunzione di corresponsabilità del proprietario inattivo. Questo è un monito: chi subisce ciò dovrà adeguarsi a tale onere probatorio.
- Cass., Sez. Trib., 21 marzo 2024, n. 7676: (menzionata nei risultati) potrebbe riguardare la definizione di alcune operazioni sui rifiuti (es. “messa in riserva” e se soggetta a ecotassa o no). Spesso si discute se certe operazioni intermedie (stoccaggi provvisori, trattamenti) facciano scattare il tributo. La Cassazione in varie pronunce ha detto che solo il deposito definitivo in discarica genera il tributo, non altre fasi. Se n.7676/2024 tratta questo, confermerebbe che se un rifiuto va a recupero o a impianto estero, ecotassa non dovuta, ecc. (Questo per i tecnici del settore).
- Giudici di merito su ecotassa auto (import usato): come anticipato, finora (luglio 2025) non risultano sentenze pubblicate che abbiano accolto o rigettato in modo deciso la tesi del contrasto UE. Probabilmente alcune Commissioni Tributarie Provinciali stanno decidendo in questi mesi. Una pronuncia interessante è attesa perché potrebbe delineare la via: ad esempio, se una CTP accogliesse il ricorso di un contribuente con un’auto importata, ciò sarebbe un precedente da seguire. In mancanza, si può citare la dottrina e la CJUE come fatto. Ad ogni modo, in giudizio la norma unionale è self-executing: il giudice italiano può disapplicare la legge interna se convinto del contrasto.
- Corte di Giustizia UE: abbiamo già richiamato due pronunce fondamentali:
- Corte di Giustizia UE, 7 aprile 2011, causa C-402/09 (Tatu) – dichiarò incompatibile con art.110 TFUE l’imposta di immatricolazione rumena perché penalizzava veicoli usati importati rispetto a quelli già immatricolati in Romania.
- Corte di Giustizia UE, 22 febbraio 2024, causa C-694/22 (Commissione c. Malta) – ha ritenuto che il regime maltese (che imponeva una tassa annuale più alta per auto immatricolate dopo il 2009, quindi colpendo di più quelle importate dopo quella data rispetto alle vecchie locali) avesse “l’effetto di incentivare la vendita di veicoli usati nazionali e di disincentivare l’importazione di veicoli usati similari”, in violazione dell’art.110 TFUE. Questa frase si adatta perfettamente alla situazione italiana. La differenza è che l’Italia applicava una tassa one-shot anziché annuale, ma l’effetto economico è analogo: scoraggiare import usato perché ti costa 1100-2500 € in più. Quindi è molto probabile che, se portata a Lussemburgo, la nostra ecotassa usato farebbe la stessa fine.
Alla luce di ciò, un contribuente potrebbe anche auspicare che la Commissione Europea apra un procedimento di infrazione contro l’Italia (come fece contro Malta). Non risulta ancora ufficiale, ma data la pubblicità sul tema, non è escluso. Ciò comunque non risolve nell’immediato: finché la legge è vigente, uno deve pagare e poi al limite farsi restituire anni dopo se UE condanna lo Stato. Quindi la via giudiziale interna è quella da percorrere subito.
Simulazioni pratiche (casi esemplificativi)
Per concretizzare l’impianto teorico, proponiamo tre scenari pratici di contribuenti (debitore) alle prese con un avviso di accertamento ecotassa, illustrando le possibili difese e l’esito:
Caso 1: Ecotassa auto su veicolo usato importato dall’estero
Scenario: Il signor Marco nel settembre 2019 acquista in Germania una BMW X5 usata (immatricolata originariamente nel 2016, con 170 g/km di CO₂) e la reimmatricola in Italia. All’epoca non sapeva dell’ecotassa e non versa i €1.100 dovuti. A dicembre 2024 riceve dall’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento per €1.100 di imposta, €330 di sanzioni (30%) e €100 circa di interessi. Totale richiesto ~ €1.530. Marco è sconcertato perché la tassa nel frattempo è stata abolita e perché la sua auto era usata.
Analisi: L’avviso è entro i termini (settembre 2019 -> entro marzo 2025, è arrivato dic 2024, ok). Non c’è stato alcun errore di persona o pagamento effettuato. Il veicolo rientrava tecnicamente nel presupposto della legge (CO₂ >160, immatricolazione in periodo). Quindi formalmente l’accertamento è corretto secondo la legge italiana. Marco però può contestare: (a) la legge è contraria al diritto UE; (b) eventualmente la mancata instaurazione del contraddittorio (ma qui non avrebbe molto da aggiungere oltre a quanto dirà nel ricorso); (c) può chiedere almeno la riduzione sanzioni.
Scelta difensiva: Marco, ritenendo ingiusto il balzello, decide di impugnare. Valuta di presentare prima istanza di accertamento con adesione per guadagnare 3 mesi, sapendo che difficilmente l’Agenzia rinuncerà all’imposta ma almeno otterrà la sanzione ridotta. Presenta l’adesione: l’ufficio lo convoca, lui espone l’argomento UE ma (come previsto) l’Agenzia risponde che non può disapplicare la norma nazionale. Gli offre però la definizione con sanzione al 10% (€110 anziché 330). Marco a quel punto ha due opzioni: aderire pagando €1.100 + 110 + interessi (risparmierebbe €220 di sanzioni) oppure rifiutare e andare avanti col ricorso. Marco decide di non conciliare in adesione, perché vuole tentare di azzerare tutto col giudice. Quindi nei 60+90 giorni prepara con l’avvocato tributarista un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.
Nel ricorso invocano espressamente l’art.110 TFUE e citano la sentenza Tatu 2011 e Commissione c. Malta 2024, chiedendo al giudice di disapplicare la legge italiana nella parte in cui impone ecotassa sulle auto già immatricolate in UE. L’avvocato di Marco chiede anche, subordinatamente, la riduzione della sanzione (qualora fosse dovuta) e la non applicazione di interessi per ritardi non imputabili (prova anche questa strada). In parallelo, presenta istanza cautelare di sospensione sostenendo che Marco subirebbe un danno a pagare ora (in verità 1.500 € non è un danno grave di solito, infatti il giudice potrebbe rigettare la sospensione ritenendo che l’importo è modesto e comunque l’auto non viene fermata da ciò).
Esito possibile A: La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado esamina il caso e decide di accogliere la tesi di Marco, annullando l’avviso. Supponiamo che nel frattempo ci sia stata un’evoluzione: un’altra Commissione in Italia ha già sollevato questione pregiudiziale o applicato direttamente il diritto UE. Il collegio di Marco, prendendo posizione, scrive in sentenza che l’ecotassa, applicata ai veicoli usati importati, costituisce una imposizione discriminatoria vietata dal Trattato e quindi disapplica la norma interna e annulla l’atto. In tal caso, Marco non deve pagare nulla. Lo Stato probabilmente appellerà e magari porterà la cosa in Cassazione, ma intanto per Marco il primo round è vinto e l’esecuzione sospesa. Se lo Stato non fa appello entro 6 mesi, la sentenza passa in giudicato e fine. (È probabile però che l’Agenzia appelli almeno per avere uniformità di diritto).
Esito possibile B: La Corte invece decide in modo più cauto: respinge la questione UE ritenendo che non possa disapplicare la legge nazionale senza un intervento della Corte di Giustizia. Magari il giudice tributario afferma di non essere convinto del contrasto (o di attendere indicazioni superiori) e quindi rigetta il ricorso di Marco, confermando l’avviso. In tal caso, Marco sarà condannato a pagare (€1.530 + eventuali spese di giudizio). Potrà però proporre appello alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex Commissione Regionale) e poi eventualmente in Cassazione, tenendo viva la questione. Durante l’appello, potrà chiedere sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado (per evitare di pagare nel frattempo). Spesso le CTR concedono sospensione se vedono che c’è questione seria. In parallelo, potrebbe auspicare che qualche altro caso simile arrivi in Cassazione e magari la Cassazione stessa faccia rinvio pregiudiziale a Lussemburgo. La battaglia sarebbe lunga (diversi anni). Nel frattempo, se nulla si muove, Marco potrebbe valutare un accordo transattivo in appello (conciliazione giudiziale): ad esempio, pagare solo il 50% di imposta e sanzioni ridotte al 15%. Se l’Agenzia vede il rischio di perdere su tutta la linea per via UE, potrebbe essere incline a un accordo, ma finché non ci sono pronunce contrarie, tenderà a resistere.
Considerazioni: Il caso di Marco rappresenta moltissimi contribuenti nella stessa situazione. Il suo esito potrà creare un precedente importante. Dal punto di vista difensivo, la forza del caso sta nel diritto UE, mentre sul piano interno c’è poco da fare (ha effettivamente violato la legge nazionale). Dunque, è un classico esempio di contenzioso di principio. È consigliabile affrontarlo con assistenza legale specializzata, data la complessità (questioni di diritto internazionale).
Caso 2: Ecotassa su rifiuti – Gestore discarica vs produttore
Scenario: La società EcoGest Srl gestisce una discarica per rifiuti non pericolosi. Nel 2018 accetta conferimenti di rifiuti industriali da parte della ditta MetalScrap S.p.A. per un totale di 10.000 tonnellate, applicando l’aliquota ecotassa di €5/ton (secondo la dichiarazione del cliente che li classifica come “rifiuti da riciclo scarti metallici” a tassazione ridotta). Nel 2023 la Regione compie un accertamento e contesta che quei rifiuti in realtà erano rifiuti speciali non recuperabili, da tassare a €10/ton. Emana quindi un avviso di accertamento a carico di EcoGest chiedendo €50.000 di differenza (10k ton x €5 in più), più 30% di sanzione (€15.000) e interessi. EcoGest, per evitare guai con la concessione, paga subito l’avviso alla Regione in acquiescenza (tra l’altro la Regione non concede riduzione sanzioni, considerandola evasione). Ora EcoGest chiede a MetalScrap di rimborsarle €65.000 pagati, ma MetalScrap si rifiuta sostenendo di aver dichiarato correttamente all’epoca e che la rivalsa non le spetta. EcoGest Srl cita in giudizio MetalScrap S.p.A. avanti al tribunale civile per restituzione di €65.000 indebitamente non corrisposti.
Questioni legali: Qui vediamo un duplice livello:
- Quello tributario tra EcoGest e Regione (ormai concluso con pagamento in acquiescenza, quindi non impugnato; EcoGest ha rinunciato a ricorso per evitare sanzioni maggiori e magari la sospensione attività). EcoGest avrebbe potuto contestare la pretesa in Commissione Tributaria eccependo che la riclassificazione era errata, ecc., ma ha scelto di pagare (forse perché effettivamente i rifiuti non erano come dichiarato, oppure per quieto vivere con l’ente pubblico).
- Quello civilistico tra gestore e produttore sulla rivalsa dell’ecotassa pagata. La legge 549/95 art.3, co.32 dispone l’obbligo di rivalsa del gestore verso il conferitore. Questo crea un rapporto obbligatorio privato: se il gestore paga X di tributo per i rifiuti di un cliente, può esigerli da quel cliente. MetalScrap contesta magari dicendo “tu gestore hai accettato rifiuti senza verificarli, colpa tua se la Regione ti chiede di più”.
Difesa di MetalScrap: In tribunale, MetalScrap può sostenere che i rifiuti consegnati erano effettivamente scarti destinati a recupero e che la Regione ha sbagliato; che EcoGest non avrebbe dovuto pagare senza ricorrere; e che comunque la rivalsa non è automatica se l’importo è dovuto a negligenza del gestore. EcoGest d’altro canto dirà che si è fidata delle dichiarazioni del produttore (che infatti per legge è responsabile della corretta classificazione) e che la legge impone la rivalsa.
Esito: Il Tribunale esaminerà i fatti: se emerge che MetalScrap aveva dichiarato il codice CER X che portava a €5/ton, ma poi in realtà i carichi contenevano impurità o non erano stati recuperati, probabilmente riterrà che EcoGest ha legittimamente dovuto pagare la differenza e quindi condannerà MetalScrap a rimborsare. Proprio il Tribunale di Bari, sentenza 269/2025 riflette un caso simile: un gestore ha chiesto in restituzione le somme di ecotassa pagate a seguito di accertamento regionale, vincendo la causa contro la società conferitrice. Il giudice ha affermato che il gestore aveva l’obbligo di versare e diritto di rivalsa, e il produttore l’obbligo corrispondente. Quindi ha ordinato alla conferitrice di pagare quelle somme (oltre interessi, presumibilmente).
Dal punto di vista “difendersi dall’ecotassa”, qui il “debitore” finale risulta MetalScrap, che pensava di aver chiuso con €50k (5€/ton * 10k ton già pagati in tariffa?), e invece si ritrova a doverne pagare altri €65k. La sua difesa nel merito – che la classificazione era corretta – doveva idealmente essere portata nel giudizio tributario. Ma non essendo stata parte in quel giudizio (la Regione non le ha notificato nulla direttamente), ora in sede civile è più difficile. Imparerà la lezione che se accade di nuovo, converrà partecipare (magari intervenendo volontariamente nel giudizio tributario tra gestore e Regione, cosa teoricamente possibile in qualità di coobbligato).
Caso 3: Ecotassa per discarica abusiva su terreno privato
Scenario: La signora Anna è proprietaria di un terreno agricolo. Nel 2022 scopre che ignoti hanno scaricato sul suo fondo decine di sacchi di rifiuti edili e vecchi elettrodomestici. Purtroppo, sottovaluta la cosa e non lo denuncia subito; pensa di farli rimuovere con calma. Nel 2024 l’ARPA regionale, durante un sopralluogo, individua la discarica abusiva e segnala alla Regione. La Regione notifica ad Anna un avviso di accertamento ecotassa calcolando, a forfait, 5 tonnellate di rifiuti x €20/ton = €100 di tributo, con sanzione 30% (€30) e interessi. Totale circa €140. Anna rimane sorpresa perché credeva di semmai rischiare una multa, non una “tassa” su quei rifiuti che non sono nemmeno suoi.
Analisi: Qui la legge (art.3 co.32 L.549/95) prevede che per le discariche abusive si applica l’ecotassa come se quei rifiuti fossero stati conferiti regolarmente, e ne è tenuto il “responsabile dell’abbandono”. La giurisprudenza più recente (Cass. 11833/2024) estende questa responsabilità al proprietario inerte. Anna potrebbe comunque non essere la reale responsabile (lei non ha depositato nulla, è vittima dell’altrui condotta). La norma però, per ragioni di incentivo alla vigilanza, la coinvolge.
Difesa: Anna può certamente presentare ricorso alla Corte Tributaria sostenendo di non essere soggetto passivo dell’ecotassa perché non ha effettuato alcun conferimento in discarica, né autorizzato altri a farlo. Potrebbe invocare la non debenza del tributo per carenza soggettiva: il tributo colpisce chi gestisce o conferisce, lei non è né l’uno né l’altro. Tuttavia, la controparte (Regione) replicherà con la Cassazione 2024 sopra citata: il proprietario che non denuncia è equiparato a responsabile in solido. Anna può cercare di distinguere il suo caso: ad esempio, se i rifiuti sono stati abbandonati a sua insaputa e lei vive lontano, potrà dire che non poteva accorgersene prima del sopralluogo ARPA. Se riesce a dimostrare di aver comunque, appena saputo, avviato lo smaltimento, può invocare l’esimente. Ad esempio, se avesse denunciato ai Carabinieri non appena scoperto, oggi avrebbe prova di aver segnalato (il che, secondo Cassazione, l’avrebbe esentata). Se non lo ha fatto, potrebbe nel ricorso dichiarare di aver comunque incaricato una ditta di bonificare prima ancora dell’avviso (se è vero). Insomma, deve dipingersi come diligente e vittima.
Cosa può ottenere: Onestamente, con la giurisprudenza attuale, le sue chance di annullare l’atto sono basse a meno che non abbia prove di denuncia preventiva. Potrebbe puntare quantomeno a nulla sanzione per buona fede: dire, pago 100 € tributo ma toglietemi la sanzione 30 perché non è un comportamento volontario. Alcune Commissioni potrebbero accogliere questa equa soluzione, riducendo sanzione per esimente (anche se legalmente l’omissione c’è stata, ma si può invocare l’art.6, co.5 D.Lgs.472/97: non punibilità se il fatto dovuto a causa di forza maggiore – qui è borderline).
Se Anna perde in primo grado, l’importo è piccolo. Potrebbe anche decidere di evitare spese di appello e pagare. Però, attenzione: dietro c’è magari anche un procedimento penale per discarica abusiva (art. 256 Dlgs 152/2006) dove Anna potrebbe essere imputata come culpa in vigilando. Quindi la vicenda tributaria è solo un tassello.
Esito: Poniamo che in Commissione Tributaria la signora Anna perda, perché esibisce foto dei rifiuti ma nessuna denuncia fatta. Il giudice cita Cass. 11833/24 e dice: “il proprietario non ha assolto all’onere di immediata denuncia, dunque l’atto è legittimo”. Anna a quel punto paga i 140 € e chiude lì (magari nel frattempo ha speso molto di più per far smaltire quei rifiuti tramite ditta specializzata). La lezione per i proprietari è: segnalare subito e bonificare, altrimenti oltre al danno ambientale c’è pure la tassa.
Questa simulazione evidenzia come la difesa del “non sono stato io” non esime dal tributo speciale, a differenza magari delle sanzioni penali dove la colpa va provata (qui la legge tributaria usa un meccanismo oggettivo per incentivare la vigilanza).
Questi tre casi coprono situazioni frequenti: l’automobilista con auto estera, la diatriba tra imprese su tributi rifiuti, e il privato incappato in un abbandono di rifiuti. Ciascuno ha implicazioni diverse e mostra come la strategia difensiva debba adattarsi: nel primo caso battaglia giuridica di principio; nel secondo scelta di campo su chi deve pagare; nel terzo un po’ di fatalità (importo modesto, ma principio severo).
Domande frequenti (FAQ) su avviso di accertamento ecotassa
D1: Che cos’è esattamente l’ecotassa?
R: In Italia con ecotassa si intende generalmente un tributo ambientale dovuto per certe attività inquinanti. In particolare: (a) l’ecotassa auto era l’imposta (vigente 2019-2021) sulle immatricolazioni di auto con alte emissioni di CO₂; (b) l’ecotassa rifiuti è il tributo speciale sullo smaltimento in discarica dei rifiuti solidi, introdotto dal 1996; (c) esistono poi altre tasse “verdi” (accise ambientali, contributi vari). Nel contesto degli avvisi 2024-25, per lo più ecotassa si riferisce alla prima (ecotassa auto), ma anche i recuperi delle Regioni sul tributo discariche rientrano nel tema. In tutti i casi è un prelievo dovuto all’ente pubblico per finalità ambientali.
D2: Chi emette l’avviso di accertamento ecotassa?
R: Dipende dal tributo: per l’ecotassa auto l’atto è emesso dall’Agenzia delle Entrate (che agisce per conto dello Stato). Per il tributo discariche, l’accertamento è emesso dalla Regione competente (di solito a firma di un dirigente dell’ufficio ambiente o tributi regionali). Talvolta la regione può delegare la notifica all’Agenzia Entrate-Riscossione, ma formalmente il provvedimento è regionale. Nell’atto c’è sempre indicato l’ente emanante e l’ufficio. In entrambi i casi, l’eventuale ricorso andrà proposto nei confronti di quell’ente (Ministero/Agenzia o Regione).
D3: Cosa contiene un avviso di accertamento ecotassa?
R: Elenca i dati del contribuente e del fatto imponibile: ad esempio per l’ecotassa auto, troverai la descrizione del veicolo (targa o telaio, modello, emissioni, data immatricolazione) e l’importo dovuto. Indica la norma violata (es: “art.1 commi 1042 ss L.145/2018”). Quantifica poi l’imposta evasa, gli interessi maturati e la sanzione amministrativa applicata (di regola il 30% dell’imposta). Inoltre, spiega come pagare (codici tributo F24, possibilità di rate) e come ricorrere (termine 60 gg, autorità competente). Spesso include anche la dicitura che, se paghi entro 60 gg, la sanzione è ridotta a 1/3 (ma, come detto, per ecotassa potrebbe non essere prevista esplicitamente questa riduzione).
D4: Quanto tempo ho per pagare o impugnare?
R: 60 giorni dalla data di notifica. Entro 60 giorni puoi: presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria competente; oppure pagare con eventuale riduzione sanzioni (acquiescenza); oppure chiedere accertamento con adesione (in tal caso il termine per ricorrere si sospende e si allunga di 90 giorni). Dopo 60 giorni, se non hai fatto nulla, l’atto diventa definitivo e l’ente potrà iscriverlo a ruolo per la riscossione coattiva.
D5: Devo pagare subito l’importo richiesto?
R: No, non immediatamente. Hai appunto 60 giorni per decidere. Se intendi fare ricorso, non devi pagare (a meno che tu voglia pagare una parte per star tranquillo su interessi: ma di norma no). Se decidi di accettare e vuoi chiudere, allora entro 60 gg dovrai eseguire il pagamento (in un’unica soluzione o almeno la prima rata se rateizzi). Scaduti i 60 giorni senza ricorso, l’importo diventa esigibile: l’ente di solito invia il carico all’agente della riscossione e ti arriverà una cartella o un’altra intimazione di pagamento. Quindi non ignorare l’atto: o paghi o ricorri.
D6: Posso rateizzare l’ecotassa accertata?
R: Sì. L’Agenzia delle Entrate concede rateazione sugli avvisi secondo l’importo: fino a €5.000, massimo 8 rate trimestrali; oltre 5.000, fino a 20 rate trimestrali. Devi fare richiesta di rateazione contestualmente all’adesione o all’acquiescenza. Se fai ricorso e poi perdi, potrai ancora chiedere rate all’Agente Riscossione (72 rate mensili standard). Nel caso ecotassa auto, importi tipici (1.100-2.500 €) rientrano sotto 5k, quindi 8 rate (2 anni). Tieni presente che sulle rate si pagano interessi di dilazione. Se salti una rata, decadi dal beneficio e tutto il debito residuo diventa esigibile subito. Quindi valuta con attenzione il piano.
D7: L’ecotassa auto non era stata abolita? Perché mi chiedono soldi ora?
R: Vero, la tassa sulle auto nuove inquinanti è stata abolita dal 1° gennaio 2022. Ma questo significa solo che per le immatricolazioni dopo tale data non si applica più. Non significa che lo Stato rinunci a riscuotere quella dovuta negli anni precedenti quando la legge c’era. È simile a quando aboliscono un’imposta ma rimane il controllo sugli arretrati. Gli avvisi arrivano ora perché l’Agenzia ha avuto alcuni anni per incrociare i dati e soprattutto perché il termine ultimo per accertare il 2019 era fine 2024 (prorogato a marzo 2025). Quindi li mandano all’ultimo per non farli prescrivere. Il fatto che col 2022 sia stata tolta non ti esonera dal pagarla se dovevi pagarla nel 2019-21. Purtroppo è così. È comprensibile la percezione di “tassa abolita che ritorna” (come la definiscono ironicamente alcuni articoli), ma giuridicamente la debenza è rimasta per il passato.
D8: L’auto l’ho comprata dal concessionario, non doveva pensarci lui a pagare l’ecotassa?
R: La legge indica come soggetto passivo l’acquirente intestatario del veicolo, anche se consente che il pagamento sia effettuato “da chi richiede l’immatricolazione in nome e per conto dell’acquirente” (ad esempio il concessionario). In pratica, per le auto nuove vendute in Italia, i concessionari spesso incassavano dal cliente anche l’importo dell’ecotassa e lo versavano. Se però per qualche motivo il concessionario non lo ha fatto (errore, dimenticanza), formalmente l’Agenzia chiede conto a te proprietario. Potresti eventualmente rivalerti civilmente sul concessionario se avevi pattuito che era compreso. Ma l’Agenzia verso di te è legittimata. Diverso è se l’auto era in leasing: lì soggetto passivo è il locatario (utilizzatore) secondo la norma, anche se l’immatricolazione è a nome della società di leasing. In caso di leasing, bisogna vedere il contratto: di solito l’utente doveva rimborsare imposte. In sintesi, per il Fisco, “chi acquista e immatricola” paga – nel dubbio sei tu che compari sul libretto.
D9: Ho ricevuto avvisi per due anni (2019 e 2020), posso fare un unico ricorso?
R: No, dovrai proporre ricorsi separati per atti separati. Ogni avviso fa testo a sé. Potrai chiedere magari la riunione delle cause se vanno davanti allo stesso giudice e riguardano questioni identiche. Ma tecnicamente devi impugnare ciascun avviso entro 60 giorni dalla rispettiva notifica. Non dare per scontato che attendere il secondo per impugnare tutto insieme sia possibile – rischi di far decadere il primo. Procedi atto per atto. Puoi però nella memoria difensiva poi richiamare gli stessi argomenti.
D10: Per importi così piccoli (es. 100€ di ecotassa rifiuti) vale la pena fare ricorso?
R: Dipende dal principio in gioco. Considera i costi: sotto €3.000 potresti fare ricorso da solo senza assistenza tecnica (è ammessa l’autodifesa nel processo tributario per cifre minori). Oltre 3k serve un difensore abilitato. Se la somma è 100€, il contributo unificato è €30. Se fai da te, hai speso €30 e un po’ di tempo. Quindi se ritieni davvero ingiusto, puoi farlo. Se devi pagare un professionista, onestamente il costo supererà il beneficio economico. Magari potresti trovare presso associazioni di categoria (es. associazione consumatori o di imprenditori) qualche supporto meno oneroso se è interesse comune fare causa pilota. Spesso su temi ambientali/tributari ci si coalizza. Valuta anche che su importi minori i giudici tributari spesso tendono a confermare l’atto se il principio di legge è chiaro, senza troppi sforzi – mentre su cifre alte stanno più attenti. Non dovrebbe essere così, ma succede. Comunque, la convenienza economica personale potrebbe essere negativa; però c’è l’aspetto di coscienza e magari di evitare precedenti.
D11: Se faccio ricorso, devo pagare subito qualcosa (tipo 1/3)?
R: Di per sé, no, il ricorso sospende la riscossione fino a decisione di primo grado per i tributi erariali. Precisamente, il D.Lgs. 546/92 prevede che l’ente non possa riscuotere fino a 60 giorni dopo la decisione di primo grado più di metà delle imposte (nel caso di avvisi da Agenzia Entrate). In pratica l’Agenzia Entrate attende l’esito di primo grado prima di incassare (salvo casi di stretta necessità). Per sicurezza, come detto, puoi anche chiedere al giudice tributario una sospensiva. Nel frattempo, non sei obbligato a versare il terzo come succedeva tanti anni fa (quella era una vecchia regola per le impugnazioni di cartelle). Oggi con gli avvisi di accertamento no, la riscossione è frazionata solo dopo la sentenza. Quindi se fai ricorso entro 60gg, in teoria non paghi nulla almeno fino alla sentenza di primo grado. Se poi perdi, ti chiederanno il dovuto (spesso 1/3 subito, perché 2/3 restano sospesi se fai appello). Ma potrai impugnare e chiedere ulteriore sospensione in appello. Quindi c’è la possibilità di protrarre la non riscossione per anni, pur con il debito latente. Naturalmente, se ritieni probabile la sconfitta, magari pagare prima evita interessi e aggi eventuali. Ma non c’è obbligo immediato.
D12: Quali sono le sanzioni previste per l’ecotassa?
R: Per l’ecotassa auto, trattandosi di omesso versamento di imposta, la sanzione è il 30% dell’importo non pagato (art. 13 D.Lgs. 471/1997). Non ci sono sanzioni penali o accessorie, solo quella amministrativa pecuniaria. Per il tributo discariche, l’art. 3 comma 32 L.549/95 rinvia alle sanzioni tributarie ordinarie in caso di omesso versamento, quindi sempre 30%. In caso di discarica abusiva, oltre all’ecotassa c’è di solito un procedimento penale a parte per violazione norme ambientali, ma quello è indipendente (il pagamento dell’ecotassa non estingue il reato, sono cose diverse).
D13: È vero che se denuncio subito gli sversamenti il proprietario non paga ecotassa?
R: Sì, come discusso sopra. La Cassazione ha stabilito che il proprietario del terreno non risponde dell’ecotassa se ha presentato denuncia tempestiva di discarica abusiva alle autorità competenti (Regione o Comune). Questo lo solleva da corresponsabilità. Se invece tace, viene considerato corresponsabile a titolo di colpa. Quindi è fortemente consigliato, qualora scopriate rifiuti sul vostro terreno: informare subito per iscritto l’ARPA, il Comune e la Regione, e le forze dell’ordine, chiedendo l’intervento. Questa documentazione vi tutela in futuro per non dover pagare tributi su rifiuti altrui (oltre a evitare guai penali). Nel dubbio, meglio eccedere in zelo.
D14: L’Agenzia delle Entrate o la Regione potevano avvisarmi prima di emettere l’accertamento?
R: Avrebbero potuto, ma non erano obbligate in modo tassativo (almeno per l’ecotassa auto). L’Agenzia delle Entrate spesso invia “lettere di compliance” per altri tributi, ma in questo caso specifico non risulta abbia inviato comunicazioni preventive di massa (forse perché confidava che i contribuenti conoscessero la norma, oppure per tempi stretti). Alcune Regioni inviano inviti o avvisi bonari prima di formalizzare, ma non c’è una regola uniforme. Se non l’hanno fatto, puoi lamentarlo nel ricorso (mancato contraddittorio), ma come spiegato il successo di tale motivo è incerto. Vale come critica generica: sarebbe stata buona amministrazione avvisare (anche solo per esempio pubblicare annunci sui siti regionali o sui giornali, alcuni lo hanno fatto in Lombardia a fine 2024 informando che gli avvisi sarebbero arrivati). Purtroppo, se non lo hanno fatto, l’atto non è nullo solo per questo (salvo per tributi dove il contraddittorio è obbligatorio, qui non riconosciuto tale finora).
D15: Ci sono state già sentenze favorevoli ai contribuenti sull’ecotassa auto?
R: Al momento (luglio 2025) non ci risultano sentenze di merito note che abbiano annullato accertamenti ecotassa auto. Tuttavia, esperti e associazioni segnalano che numerosi ricorsi sono stati presentati e che c’è un orientamento giurisprudenziale europeo chiaro. È questione di tempo prima che qualche Commissione Tributaria decida. Non appena vi saranno pronunce (di CTP o CTR), se positive, faranno notizia. Lo stesso Quattroruote e altri media seguono il tema. Dunque, se sei fra i primi a ricorrere, sappi che stai “aprendo la strada”; se sei indeciso, potresti aspettare di vedere qualche esito (ma attenzione a non far scadere il tuo termine!). Eventualmente puoi ricorrere e poi chiedere al tuo giudice di sospendere in attesa di un giudizio della Cassazione o della Corte UE – non è scontato, ma possibile. Comunque, sul tributo rifiuti, invece, di sentenze ce ne sono tante (per lo più confermano la debenza, salvo casi di errori formali). Sull’ecotassa auto specifica, la partita è all’inizio.
D16: Cosa succede se non faccio nulla e non pago?
R: Dopo 60 giorni l’atto diventa definitivo. L’Agenzia Entrate iscriverà a ruolo l’importo dovuto, maggiorato delle spese e degli interessi nel frattempo maturati. Ti verrà notificata una cartella esattoriale da Agenzia Entrate Riscossione. Da quel momento hai altri 60 gg per pagare la cartella (o eventualmente fare un ultimo ricorso contro la cartella, ma solo per vizi di notifica dell’atto originario o di pagamento già avvenuto – non potrai più discutere nel merito la tassa, perché l’accertamento è definitivo). Se ancora non paghi, si attiveranno le procedure esecutive: fermo amministrativo sull’auto, pignoramento conto corrente, stipendio, ecc., a seconda dell’importo. Insomma, ignorare non fa sparire il problema, anzi peggiora (perché si aggiungono oneri e misure coercitive). Se proprio non vuoi/poui pagare, almeno il ricorso ti dà speranza di vittoria o transazione. Ignorare è la scelta peggiore.
D17: Posso evitare il processo e trovare un accordo col Fisco per importi ridotti?
R: Sì, tramite i meccanismi deflativi: l’adesione (prima del ricorso) o la mediazione/conciliazione (dopo il ricorso). Nell’adesione l’ufficio potrebbe rinunciare a qualcosa (in genere solo parte sanzioni). In mediazione, puoi proporre di pagare, ad esempio, il 50% del dovuto per chiudere. L’Agenzia potrebbe accettare se pensa di rischiare in giudizio. Nel 2023 c’era anche la “conciliazione agevolata” per cause pendenti (pagavi solo imposta e 1/18 sanzioni) ma riguardava liti depositate entro 2022, quindi non applicabile a questi nuovi contenziosi. Forse in futuro faranno una rottamazione cartelle che includerà anche questi crediti: se l’ecotassa va a ruolo, potrebbe essere definibile con sconto di sanzioni e interessi. Ad esempio, la “Rottamazione-quater 2023” permetteva di pagare le cartelle 2000-2017 senza sanzioni né interessi. Se fra qualche anno varassero una rottamazione per cartelle 2023-2025, le ecotasse non pagate finite a ruolo potrebbero rientrarvi. È aleatorio contarci, ma storicamente l’Italia ogni tot anni fa sanatorie. Attenzione però: una volta che fai ricorso e la lite è pendente, potresti definire con una “definizione delle liti” se verrà offerta (nel 2023 c’era per cause ante 2023, con percentuali variabili in base all’esito). Insomma, l’accordo individuale col fisco è possibile via adesione/conciliazione; l’accordo di massa (condono) dipende dal legislatore. Per ora nulla di specifico.
D18: Mi conviene farmi assistere da un avvocato o tributarista?
R: Se l’importo e la complessità sono rilevanti, sì. Ad esempio, per contestare la questione di diritto UE è altamente consigliabile farsi assistere, perché servono riferimenti normativi e tecnici forti. Anche per navigare tra adesione, reclamo, ecc., un esperto è utile. Inoltre, dal punto di vista psicologico e strategico, avere un professionista che dialoga con l’ufficio spesso facilita accordi (un contribuente da solo rischia di non essere preso sul serio o di commettere errori procedurali). Valuta i costi: per poche centinaia di euro di tassa, forse no; ma se hai migliaia di euro in ballo o vuoi impostare una causa-pilota, investire in una buona difesa può farti risparmiare importi ben maggiori. Considera anche che, se vinci, puoi chiedere il rimborso delle spese legali all’ente soccombente. In cause tributarie ciò avviene di frequente (salvo casi in cui compensano). Quindi potresti recuperare anche la parcella.
D19: L’ecotassa auto tornerà in futuro?
R: Non si sa. Per ora è stata abolita e nessun governo recente sembra intenzionato a reintrodurla nel breve (era impopolare). Si parla più di incentivi per elettriche e di possibili tasse europee sulle emissioni in generale, ma nulla di concreto a livello di tassa nazionale sulle auto private oltre al bollo. Quindi è improbabile che rivedremo la stessa ecotassa nel prossimo futuro. Tuttavia, il concetto di “chi inquina paga” prenderà altre forme (zone traffico limitato, penalizzazioni indirette, ecc.). In ogni caso, per chi aveva quel debito 2019-21, purtroppo la partita resta aperta a meno di un intervento clemenziale (che finora non è arrivato nonostante pressioni, ad esempio associazioni di consumatori hanno chiesto di condonare l’ecotassa sull’usato estero, ma per ora nulla).
D20: Ho ricevuto anche una “multa” (sanzione amministrativa) dalla Provincia per lo smaltimento rifiuti, oltre all’ecotassa regionale – sono cose diverse?
R: Sì, possono coesistere: l’ecotassa è il tributo ambientale dovuto per legge tributaria. La “multa” provinciale potrebbe essere un’ordinanza ingiunzione per violazione amministrativa ambientale (ad esempio per conferimento illecito o tardiva comunicazione). Sono procedimenti distinti: la multa va impugnata in sede diversa (di solito Prefetto o Giudice di Pace a seconda del caso, o TAR se è sanzione ambientale elevata). Non è raro che un medesimo fatto generi un accertamento fiscale e uno amministrativo. Purtroppo, vanno affrontati entrambi separatamente. Una vittoria sul fronte tributario non annulla automaticamente la sanzione amministrativa, e viceversa, salvo ci sia un intreccio di presupposti. Bisogna coordinare le difese. In tal caso è ancor più importante farsi seguire da professionisti esperti sia di tributario sia di diritto ambientale, per non perdere pezzi.
Queste FAQ coprono le domande più comuni. Ovviamente ogni caso concreto ha le sue particolarità: se la tua domanda specifica non trova risposta qui, ti conviene consultare un professionista con i documenti alla mano.
Conclusioni
Difendersi da un avviso di accertamento in materia di ecotassa richiede un’analisi attenta della situazione fattuale e normativa. Abbiamo visto che esistono vari strumenti e motivi per far valere le proprie ragioni: dalla contestazione di aver già pagato o di non essere soggetto passivo, fino a complesse questioni di diritto comunitario che potrebbero annullare la pretesa per contrasto col principio di non discriminazione. Il contribuente (debitore) deve muoversi tempestivamente (entro 60 giorni) e in maniera informata, possibilmente assistito, scegliendo la strategia più adatta: dialogo con l’ente se l’errore è palese e sanabile, oppure battaglia legale se è una questione di principio o di interpretazione controversa.
È essenziale conoscere sia i diritti (ad esempio il diritto a un processo equo, alla sospensione se ci sono gravi ragioni, alle riduzioni sanzioni in caso di definizione) sia i doveri (rispettare i termini, presentare prove concrete delle proprie affermazioni, versare almeno gli importi non contestabili). In questa guida si è fornito un panorama avanzato che speriamo aiuti privati cittadini, avvocati e imprese a orientarsi in una materia peculiare a cavallo tra il diritto tributario e il diritto ambientale.
L’auspicio è che eventuali zone d’ombra normative (come l’ecotassa sull’usato estero) vengano chiarite al più presto magari con un intervento normativo o giurisprudenziale, così da evitare un contenzioso di massa. Nel frattempo, chi riceve un avviso di accertamento ecotassa ha gli strumenti per difendersi nelle sedi opportune, facendo valere i propri diritti con i mezzi che l’ordinamento gli mette a disposizione. Come insegna il principio “suum cuique tribuere” (dare a ciascuno il suo), è giusto pagare il dovuto quando effettivamente previsto dalla legge in modo legittimo, ma è altrettanto giusto opporsi a richieste che si ritengono infondate o ingiuste, affidandosi allo Stato di diritto e ai suoi controlli di legalità.
Fonti utilizzate
Normativa (Italia):
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1 commi 1042–1046-bis (Ecotassa auto – Legge di Bilancio 2019)
- Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3 commi 24–40 (Tributo speciale depositi in discarica, c.d. ecotassa rifiuti)
- D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 15 (Acquiescenza – riduzione sanzioni a 1/3)
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 (Cause di non punibilità in materia tributaria)
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13 (Sanzione omesso versamento 30%)
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Processo tributario) – termini ricorso 60 gg, sospensione, reclamo/mediazione, ecc.
- Statuto del Contribuente (L. 212/2000), art. 7 (Obbligo di motivazione) e art. 11 (disapplicazione norme interne contrastanti col diritto UE)
Giurisprudenza italiana:
- Cass., Sez. Unite, 13/12/2016, n. 25515: giurisdizione tributaria per ecotassa discariche
- Cass., Sez. Trib., 21/03/2024, n. 7698: controversia su ricalcolo ecotassa discarica (gestore discarica) – nota: sommario disponibile.
- Cass., Sez. Trib., 2/05/2024, n. 11833: ecotassa discarica abusiva – responsabile il proprietario che non denuncia.
- Cass., Sez. Trib., 21/03/2024, n. 7676: tributo discariche – messa in riserva rifiuti (presumibilmente esclusione ecotassa per operazioni non di smaltimento).
- Cass., Sez. Trib., 9/10/2015, n. 20256: onere prova ecotassa discariche a carico Amministrazione (dimostrare quantità/qualità).
- Cass., Sez. Trib., 18/07/2019, n. 19324: ecotassa discariche – conferma sanzioni per omesso pagamento tributo speciale (principio “chi inquina paga”).
- CTR (Puglia), Sent. 158/2024: [ipotetica, riferimento da def.finanze] – può riguardare ecotassa e discriminazione (non confermato).
- Tribunale di Bari, Sez. Imprese, 28/01/2025, n. 269: rapporto gestore discarica vs conferitori – obbligo rivalsa ecotassa rifiuti.
Giurisprudenza UE:
- Corte di Giustizia UE, 7/04/2011, causa C-402/09 (Tatu vs Romania): illegittima tassa immatricolazione auto usate importate – violazione art. 110 TFUE.
- Corte di Giustizia UE, 22/02/2024, causa C-694/22 (Commissione vs Malta): regime maltese tassa auto usate viola art. 110 TFUE (incentiva usato nazionale, disincentiva import).
- Altre CGUE citate in dottrina: sentenza 29/04/2004 C-387/01; 25/01/1977 C-46/76; 17/06/2003 C-383/01; 28/01/1981 C-32/80; 20/03/1984 C-314/82; 16/07/1992 C-343/90; ordinanza 17/04/2018 C-640/17; sentenza 28/09/2023 C-508/22 (principi su art.110 TFUE applicati a veicoli).
Prassi amministrativa:
- Agenzia Entrate – Risoluzione n. 32/E del 28/02/2019: Chiarimenti ecotassa auto (applicabile anche a veicoli usati importati).
- Agenzia Entrate – Risposta interpello n. 166/2021: Ecotassa dovuta anche per acquisto auto usata UE (non vincola il giudice).
- Agenzia Entrate – Risoluzione n. 53/E del 11/11/2019: Istituzione codici tributo 8960-8961-8962 per versamento ecotassa accertata (poi sostituiti da A600-A601-A602 nel 2024).
- Circolare Agenzia Entrate n. 8/E del 10/04/2019: Approfondimenti ecotassa ed ecobonus (riporta commi 1042-1045 L.145/2018).
- Documenti Regione Veneto/Lombardia 2019: indicazioni che in caso di mancato pagamento ecotassa auto, avvisi di accertamento sarebbero stati emessi.
- Corte Costituzionale: sentenza n. 238/2009 (ecotassa discariche legittima in quanto tributo proprio regionale, non violazione principi).
Avviso di accertamento su ecotassa? Fatti Difendere da Studio Monardo
Hai acquistato o immatricolato un veicolo soggetto a ecotassa e ora l’Agenzia delle Entrate ti chiede il pagamento con sanzioni?
Ti contestano l’omesso versamento o ti hanno notificato un avviso di accertamento?
L’ecotassa è dovuta su alcune auto nuove con emissioni di CO₂ superiori ai limiti stabiliti dalla legge. In molti casi però l’accertamento si basa su errori, mancanza di comunicazione o responsabilità del venditore. Se hai ricevuto un avviso, puoi difenderti e far valere le tue ragioni.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza l’atto di accertamento e verifica la correttezza del calcolo e delle emissioni contestate
- 📌 Accerta se il versamento spettava al venditore o all’acquirente e in che momento
- ✍️ Redige memorie difensive o istanze di annullamento in autotutela
- ⚖️ Ti assiste nel presentare ricorso alla Commissione Tributaria in caso di accertamento infondato
- 🔁 Valuta eventuali possibilità di ravvedimento operoso per ridurre sanzioni e interessi
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e accertamenti su imposte indirette
- ✔️ Consulente per la difesa da tributi minori come ecotassa, bollo auto e imposta di registro
- ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Un avviso di accertamento per ecotassa non significa automaticamente dover pagare tutto e subito.
Con il giusto supporto legale puoi verificare se l’imposta è dovuta, contestare sanzioni ingiuste e difendere i tuoi diritti.
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