Avviso Di Accertamento A Giocatore Di Poker Professionista O Live: Come Difendersi

Hai ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate come giocatore di poker professionista, online o live? Ti contestano redditi non dichiarati, vincite dall’estero, movimentazioni su conti esteri o utilizzo di piattaforme online? Ti stai chiedendo se il Fisco può tassarti e come puoi difenderti legalmente?

Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui giocatori abituali di poker, soprattutto in presenza di movimenti bancari rilevanti, iscrizioni a tornei, premi incassati da piattaforme estere o partecipazioni continuative ad eventi live. Ma non tutte le vincite sono tassabili e non tutte le contestazioni sono legittime.

Quando il Fisco può emettere un avviso di accertamento a un pokerista?
– Se rileva redditi non dichiarati da vincite ripetute
– Se ci sono movimenti bancari ingiustificati (anche da PayPal o conti esteri)
– Se il gioco è svolto in modo abituale e professionale
– Se partecipi a tornei ufficiali con regolarità, anche all’estero
– Se utilizzi piattaforme online non italiane o siti di gioco con sede in paradisi fiscali

Cosa può contestare l’Agenzia delle Entrate?
– La mancata dichiarazione dei redditi da gioco, qualificandoti come lavoratore autonomo
– L’omessa compilazione del quadro RW per capitali detenuti all’estero
– Il possesso di una stabile organizzazione in Italia, in caso di premi vinti da siti esteri
– L’evasione d’imposta sulle vincite, anche se percepite in altri Paesi
– L’utilizzo dei proventi di gioco per spese non coerenti con il reddito dichiarato

Come difendersi da un avviso di accertamento da poker?
– Verifica se l’attività è davvero qualificabile come professionale: occasionalità e assenza di organizzazione possono escludere la tassabilità
– Dimostra che le vincite provengono da siti esteri regolarmente autorizzati, esenti da tassazione in Italia
– Contesta le presunzioni su base bancaria se non supportate da prove concrete
– Richiedi, se omesso, il contraddittorio preventivo
– Analizza con l’aiuto di un avvocato tributarista la legittimità dell’accertamento, soprattutto se fondato su dati esterni
– Prepara memorie difensive e ricorso se l’Agenzia ha superato i limiti di legge

Cosa puoi ottenere con la strategia giusta?
Annullamento parziale o totale dell’accertamento, se fondato su presunzioni errate
Esclusione della tassazione, se dimostri che le vincite non costituiscono reddito imponibile
Sospensione delle cartelle e dei pagamenti, in caso di impugnazione
Rimborso delle somme eventualmente già versate, se l’accertamento viene annullato

Il poker, anche se richiede abilità, non sempre configura un’attività professionale ai fini fiscali. Il Fisco deve dimostrare che esiste organizzazione, abitualità e continuità, altrimenti non può tassare le vincite come redditi di lavoro autonomo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e fiscalità dei giocatori professionisti ti spiega come reagire a un avviso di accertamento se giochi a poker online o live, cosa può contestare l’Agenzia delle Entrate e quali strumenti hai per difenderti.

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Introduzione

Ricevere un avviso di accertamento fiscale può rappresentare un momento critico per un giocatore di poker professionista (o comunque abituale, sia online che live). Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate, spesso a seguito di indagini della Guardia di Finanza, ha intensificato i controlli sui proventi derivanti dal gioco del poker, specialmente quando le vincite sono state conseguite all’estero. Ciò ha portato all’emissione di numerosi avvisi di accertamento nei confronti di pokeristi italiani, con richieste di imposte e sanzioni su redditi da gioco non dichiarati. In questa guida aggiornata a luglio 2025, analizzeremo dettagliatamente la normativa fiscale italiana applicabile alle vincite da poker, le più recenti sentenze e interpretazioni giurisprudenziali, nonché gli strumenti di difesa a disposizione del contribuente per far valere le proprie ragioni. L’obiettivo è fornire un quadro completo – con linguaggio giuridico ma chiaro – rivolto sia ai professionisti legali sia ai giocatori stessi (imprenditori o privati) che si trovino nella posizione di dover fronteggiare il Fisco.

Punto di vista del contribuente (debitore): affronteremo il tema dal lato di chi riceve l’accertamento, evidenziando i suoi diritti, le strategie difensive e le possibili soluzioni per ridurre il contenzioso o contestare l’imposizione ritenuta non dovuta. Saranno presenti tabelle riepilogative, esempi pratici, oltre ad una sezione Domande & Risposte per chiarire i dubbi più frequenti. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali utilizzate (sentenze della Corte di Cassazione, normativa di legge, ecc.) saranno citate nel testo e poi elencate in una sezione finale dedicata alle Fonti e Riferimenti, garantendo la verificabilità delle informazioni fornite.

L’avviso di accertamento: natura e implicazioni

L’avviso di accertamento è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate (talvolta a seguito di verifica della Guardia di Finanza) contesta al contribuente un’imposta ritenuta dovuta e non pagata, rideterminando il reddito imponibile e quantificando le maggiori imposte, sanzioni amministrative e interessi. Si tratta di un provvedimento motivato che viene notificato al contribuente e che costituisce il presupposto per la riscossione coattiva delle somme indicate se non viene impugnato tempestivamente. In genere, dall’anno di imposta oggetto di controllo, il Fisco ha un termine di decadenza (di norma il 31 dicembre del quinto anno successivo, esteso a sette anni in caso di omessa dichiarazione) per notificare l’avviso. Una volta ricevuto, il contribuente deve prestare massima attenzione a tempistiche e modalità di reazione, poiché l’inerzia comporta l’irrevocabilità della pretesa. Entro 60 giorni dalla notifica, infatti, l’avviso può essere:

  • Pagato o definito (anche con eventuale acquiescenza agevolata, vedremo oltre);
  • Contestato mediante presentazione di un ricorso tributario davanti alla competente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale);
  • In alternativa (o in via preliminare), si può attivare uno strumento deflativo come l’accertamento con adesione, che sospende i termini per il ricorso e può portare a una composizione bonaria con riduzione delle sanzioni.

Per un giocatore di poker che riceve un avviso di accertamento, l’atto in questione conterrà molto probabilmente la contestazione di redditi non dichiarati derivanti da vincite in denaro. È fondamentale leggere con attenzione la motivazione: spesso l’Ufficio finanziario ricostruisce le vincite tramite dati raccolti da fonti aperte (ad esempio siti web specializzati che riportano l’esito di tornei, social network, elenchi dei premi dei casinò, ecc.). Infatti, è noto che la GdF utilizza siti specializzati e social network per individuare le vincite conseguite dai giocatori italiani nei tornei, specie quelli internazionali. Un esempio recente risale all’aprile 2025, quando un noto pokerista bolognese è stato scoperto con vincite non dichiarate per 1,5 milioni di euro grazie anche a questo tipo di indagini.

L’avviso indicherà gli anni d’imposta contestati e l’ammontare delle vincite che si assumono sottratte a tassazione, con il calcolo dell’IRPEF dovuta su tali importi, oltre alle sanzioni (in genere per dichiarazione infedele o omessa dichiarazione, a seconda dei casi) e agli interessi maturati. Le sanzioni amministrative tributarie, secondo il D.Lgs. 471/1997, possono essere molto elevate: per omessa o infedele dichiarazione dei redditi le sanzioni vanno generalmente dal 90% al 180% dell’imposta evasa (percentuali che aumentano in caso di omessa dichiarazione oltre certe soglie) – importi che tuttavia possono essere ridotti attraverso gli strumenti deflativi come vedremo. Inoltre, se l’imposta evasa supera determinate soglie di rilevanza penale (ad esempio oltre €50.000 di imposta evasa in caso di omessa dichiarazione, art. 5 D.Lgs. 74/2000, o oltre €100.000 in caso di dichiarazione infedele, art. 4), vi è il concreto rischio di conseguenze penali per reati tributari. Non a caso, nel caso citato sopra, il giocatore è risultato indagato per omessa dichiarazione dei redditi dalla Procura competente.

In sintesi, l’avviso di accertamento è un atto da prendere estremamente sul serio: costituisce formalmente la nascita di un debito tributario esigibile (trascorsi i termini di impugnazione l’atto diviene definitivo ed eventualmente affidato agli agenti della riscossione per l’esecuzione forzata) e, contestualmente, l’ultima occasione per il contribuente di far valere le proprie ragioni in sede amministrativa o giudiziale. Nei paragrafi seguenti analizzeremo su quali basi normative si fondano spesso questi accertamenti inerenti alle vincite da poker e come sia possibile preparare una difesa efficace.

Normativa fiscale italiana sulle vincite da poker

Per comprendere come difendersi, è essenziale conoscere il quadro normativo di riferimento. La fiscalità delle vincite da gioco in Italia ha alcune particolarità importanti. In generale, i premi in denaro derivanti da giochi, concorsi a premio, scommesse e attività aleatorie sono inquadrati, ai fini dell’IRPEF, tra i “redditi diversi” dall’art. 67, comma 1, lett. d) del TUIR (DPR 917/1986). L’ordinamento prevede tuttavia un regime differenziato a seconda del luogo e delle modalità in cui tali vincite sono realizzate. Di seguito distinguiamo i casi principali:

Vincite realizzate in Italia (poker online .it, tornei e casinò nazionali)

Le vincite conseguite sul territorio italiano attraverso giochi d’azzardo autorizzati non vengono tassate direttamente in capo al vincitore, poiché l’imposizione avviene alla fonte. In particolare, per le vincite in denaro erogate da soggetti residenti o operanti in Italia (ad es. il concessionario di gioco online .it o il casinò autorizzato italiano), l’art. 30 del DPR 600/1973 dispone l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Ciò significa che l’organizzatore trattiene una percentuale sulla vincita, che assolve in via definitiva l’obbligo fiscale per il giocatore. Nel caso specifico dei casinò italiani, per lungo tempo la normativa ha previsto che neppure tale ritenuta venisse applicata, in quanto la tassazione delle case da gioco era considerata già assorbita dall’imposta sugli spettacoli (ora denominata “imposta sugli intrattenimenti”) dovuta dai gestori dei casinò. In pratica, il vincitore che incassa una somma da un torneo live ospitato in un casinò italiano (o una vincita al tavolo da gioco) riceve un importo già al netto delle imposizioni previste per legge e non è tenuto a dichiararlo nella propria dichiarazione dei redditi. Tali premi non “concorrono alla formazione del reddito imponibile” del percipiente.

Esempio: un giocatore vince €50.000 al termine di un torneo presso il Casinò di Sanremo. Il premio che gli viene corrisposto è già al netto delle imposte previste (il casinò versa allo Stato il prelievo erariale unico sui giochi o l’imposta sugli intrattenimenti). Il giocatore non dovrà inserire questa vincita nella sua dichiarazione annuale IRPEF, né versare ulteriori importi, poiché il prelievo fiscale è già avvenuto a monte. Analogamente, un utente che vinca online su un sito con concessione ADM (Agenzia Dogane e Monopoli) – ad esempio su PokerStars.it o altri portali con regolare licenza italiana – ottiene premi su cui l’operatore ha già applicato le ritenute o i tributi dovuti per legge (in genere mediante il payout già al netto di imposte); anche in tal caso non sussiste obbligo dichiarativo. Questa impostazione risponde a una logica di semplificazione: lo Stato tassa il gestore del gioco, non il singolo giocatore, per evitare una doppia imposizione.

Nota: Va aggiunto che rientrano in questa categoria non solo le vincite realizzate in Italia, ma – per effetto di evoluzioni normative di cui diremo a breve – anche quelle realizzate in altri Stati membri dell’Unione Europea (o SEE) presso case da gioco autorizzate. Dunque, la situazione di esenzione per il giocatore si estende ad ampio raggio nell’ambito UE/SEE, come chiarito in numerose pronunce e modifiche legislative recenti.

Vincite realizzate in Stati membri UE (tutoriate della Corte di Giustizia UE)

Un capitolo fondamentale, dal punto di vista del pokerista italiano, riguarda le vincite ottenute in casinò esteri ubicati nell’Unione Europea (o comunque nello Spazio Economico Europeo – SEE). Fino a qualche anno fa, la normativa italiana formalmente assoggettava tutte le vincite estere a tassazione IRPEF, generando una disparità di trattamento rispetto a quelle domestiche. Tuttavia, la Corte di Giustizia UE con la storica sentenza 22 ottobre 2014 (cause riunite C-344/13 e C-367/13, Blanco e Fabretti) ha dichiarato incompatibile con il diritto comunitario la normativa italiana nella parte in cui imponeva ai residenti di dichiarare e tassare le vincite conseguite in case da gioco di altri Stati membri, mentre esentava le vincite ottenute in Italia. In altri termini, tale differenza di regime fiscale è stata giudicata una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE), non giustificata da ragioni imperative di ordine pubblico, sicurezza o sanità (le uniche che avrebbero potuto consentire una deroga). A seguito di questa pronuncia (notoriamente indicata come caso “Blanco/Fabretti”), l’ordinamento interno si è adeguato: la Legge Europea 2015–2016 ha modificato il TUIR introducendo all’art. 67 un apposito comma (1-bis) che esenta da imposizione le vincite conseguite in case da gioco autorizzate in altri Paesi UE o SEE. Attualmente, dunque, le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate nello Stato o in altri Stati membri UE/SEE non concorrono a formare il reddito imponibile e non subiscono alcuna ritenuta ulteriore. Tale principio, già affermato per via giurisprudenziale per gli anni pre-2016, è ora cristallizzato per legge.

Di conseguenza, se un giocatore italiano partecipa a un torneo ufficiale in una poker room o casinò in Europa (ad esempio a Montecarlo – Principato di Monaco –, a Nova Gorica in Slovenia, a Barcellona in Spagna, etc.) e ottiene una vincita, non deve dichiararla in Italia purché la casa da gioco estera sia autorizzata dallo Stato locale e soggetta a regolamentazione equivalente. La Cassazione ha di recente ribadito questo concetto nel caso di Alessio Isaia (ordinanza del giugno 2025): le vincite di un giocatore professionista conseguite in tornei “live” presso casinò autorizzati dell’Unione Europea non possono essere tassate dal fisco italiano. In quella vicenda, il pokerista aveva ricevuto tre avvisi di accertamento per vincite realizzate negli anni 2007-2009, ma la Suprema Corte ha confermato che tali atti impositivi andavano annullati, in quanto incompatibili con il diritto comunitario e fondati sull’erroneo presupposto di tassabilità di vincite ottenute in casinò UE. La Cassazione ha sottolineato che in Italia “le vincite e gli altri proventi del gioco […] sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma tale ritenuta non è operata sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate in quanto, in tali ipotesi, la tassazione è compresa nell’imposta sugli spettacoli”. E ha aggiunto che, sulla scorta del principio stabilito dalla Corte di Giustizia UE, “anche le vincite da giochi realizzate in case da gioco situate in altri Stati dell’UE non possono essere assoggettate a tassazione come redditi diversi, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria […] della libera prestazione dei servizi”.

In termini pratici: una vincita netta conseguita ad esempio in un torneo al Casino di Campione (enclave italiana in territorio svizzero, attualmente chiuso ma storicamente equiparato a casinò nazionale) o al Casino Portorose in Slovenia viene trattata dal fisco italiano alla stessa stregua di una vincita al Casinò di Venezia: esente da tassazione IRPEF per il giocatore. Il contribuente non dovrà includerla in dichiarazione. Attenzione, però: l’esenzione vale solo per le case da gioco autorizzate e ufficiali. Se il torneo o la partita si svolge in un contesto non regolamentato o non autorizzato (ad esempio un torneo privato all’estero, al di fuori di strutture concessionarie, o su piattaforme online non autorizzate), tale principio potrebbe non essere applicabile. In generale, tuttavia, la maggior parte dei grandi eventi pokeristici internazionali in Europa rientra in strutture autorizzate (casinò con licenza statale), dunque coperte dall’esenzione.

È opportuno segnalare che la nozione di “Stato membro dell’UE o SEE” esclude i Paesi terzi. Ad esempio, fino al 31 gennaio 2020 il Regno Unito faceva parte dell’UE e dunque le vincite nei casinò londinesi erano equiparate a quelle italiane (non imponibili); tuttavia, a seguito della Brexit, dal 2021 in poi il Regno Unito è giuridicamente un Paese extra-UE (e non appartenente allo SEE), per cui le vincite realizzate ivi da un residente italiano rientrano ora tra i redditi tassabili in Italia (salvo differenti sviluppi normativi futuri). Discorso analogo vale per altri Paesi europei non UE: ad esempio Svizzera, Principato di Monaco, Liechtenstein (non membro UE né SEE) – le vincite in casinò in tali Stati, in assenza di specifici accordi di equiparazione, non godono dell’esenzione e vengono trattate come redditi esteri imponibili (come vedremo subito). Fa eccezione il caso in cui lo Stato extra-UE sia aderente allo Spazio Economico Europeo e abbia accordi di adeguato scambio di informazioni con l’Italia: attualmente però i casinò più comuni frequentati da italiani in Paesi terzi (Las Vegas, San Marino, Monte Carlo, Macao, etc.) non rientrano in questa categoria di esenzione.

Vincite realizzate in Paesi extra-UE: tassazione come redditi diversi

Diverso è l’esito impositivo per le vincite conseguite fuori dall’Unione Europea (o SEE). In tali casi la normativa interna non prevede esenzioni: i premi in denaro ottenuti in Paesi terzi sono considerati redditi imponibili in Italia a tutti gli effetti, da dichiarare in quanto “redditi diversi” ex art. 67 TUIR. La logica sottostante è che, non potendo applicarsi il meccanismo della ritenuta a titolo d’imposta (dato che lo Stato italiano non ha giurisdizione fiscale sui gestori esteri), torna applicabile la disciplina generale: il vincitore residente in Italia deve dichiarare l’intero importo della vincita nell’anno in cui l’ha percepita, e su di esso verranno calcolate le imposte IRPEF secondo le aliquote progressive ordinarie. La Cassazione lo ha confermato più volte, da ultimo con l’ordinanza n. 3879 depositata il 15 febbraio 2025: le vincite realizzate in casinò di Stati Uniti o Principato di Monaco (Paesi extra-UE) “risultano imponibili in Italia come redditi diversi ex art. 67, c.1, lett. d) e 69 TUIR”, mentre – nella stessa vicenda – le vincite in un casinò in Slovenia (Stato UE) hanno beneficiato dell’esenzione. In altre pronunce, la Suprema Corte ha usato parole analoghe: “le vincite corrisposte dalle case da gioco situate in Paesi al di fuori dell’Italia e dell’Unione Europea partecipano alla formazione del reddito imponibile del giocatore, e devono quindi essere evidenziate nella dichiarazione dei redditi”.

Per il giocatore italiano ciò significa che qualsiasi vincita realizzata ad esempio a Las Vegas (USA), a Macao (Cina), a Rozvadov (casinò nella Repubblica Ceca, che però è UE), oppure nei casinò di Campione d’Italia prima del 2018 (casinò italiano in territorio non doganale, situazione peculiare) – limitandoci agli esempi comuni – deve essere riportata come reddito nell’anno di percezione se il Paese non rientra nell’esenzione UE/SEE. Il caso tipico è il giocatore che vola a Las Vegas per partecipare alle WSOP (World Series of Poker) o ad altri tornei internazionali: le eventuali vincite lì conseguite (al netto magari di eventuali trattenute fiscali USA) sono considerate reddito tassabile in Italia. Su questi importi il contribuente dovrà pagare l’IRPEF secondo il suo scaglione di appartenenza (fino al 43% circa per gli importi più elevati).

Una precisazione importante: qualora il giocatore abbia subito una tassazione nel Paese estero sulla stessa vincita (circostanza frequente: ad esempio gli USA applicano ai non residenti una ritenuta federale sulle vincite al gioco, generalmente del 30%), si potrà evitare la doppia imposizione ricorrendo al meccanismo del credito d’imposta per imposte estere (art. 165 TUIR). L’Italia infatti consente di detrarre dall’imposta dovuta l’ammontare dell’eventuale tassa estera pagata sul medesimo reddito, entro certi limiti. In pratica, se un giocatore vince $100.000 a Las Vegas e subisce una ritenuta di $30.000 negli Stati Uniti, in Italia dovrà dichiarare l’equivalente in euro della vincita lorda (circa €90.000). Sull’IRPEF calcolata su tale importo potrà scomputare un credito fino a concorrenza dei $30k già trattenuti negli USA (convertiti in euro), evitando di pagare due volte. Tuttavia, questo meccanismo opera solo su richiesta del contribuente in sede di dichiarazione (va indicato nel quadro CE/RF), e pertanto se la vincita non è stata affatto dichiarata, l’avviso di accertamento inizialmente addebiterà l’intera imposta italiana, e sarà onere del contribuente in sede di difesa far valere l’eventuale credito estero. Da notare che le Convenzioni contro le doppie imposizioni possono prevedere regimi particolari: l’Italia ad esempio ha un Trattato fiscale con gli USA che prevede la reciproca eliminazione della doppia tassazione, ma nel caso specifico delle vincite da gioco non c’è un’esenzione totale, bensì l’applicazione del credito d’imposta (non esiste un articolo convenzionale che esenti espressamente tali vincite – sono classificate nella categoria residuale “altri redditi” tassabili nello Stato di residenza, con possibilità di credito per quanto pagato all’estero). Alcuni difensori hanno tentato di sostenere che la Convenzione italo-americana vieti la doppia imposizione sulle vincite di gioco extra-UE, ma la prassi ad oggi segue la regola del credito per le imposte pagate all’estero ove spettante.

Riassumendo, lo scenario extra-UE può essere così delineato:

  • Obbligo dichiarativo: Sì, le vincite vanno dichiarate per l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta, senza alcuna deduzione (come recita l’art. 69 TUIR).
  • Aliquota applicabile: quella marginale IRPEF del contribuente, in base al cumulo col resto dei redditi. Attualmente (2025) le aliquote per persone fisiche variano dal 23% al 43% circa, con scaglioni intermedi (25% e 35%). Dunque su grosse vincite l’imposizione è tendenzialmente del 43% dell’importo.
  • Impossibilità di dedurre costi o perdite: su questo punto torneremo a breve, ma anticipiamo che le spese sostenute per realizzare la vincita (es. buy-in di ingresso al torneo, spese di viaggio, eventuali perdite in altri tavoli) non sono deducibili dal reddito imponibile, stante la formulazione attuale della legge. Il reddito tassabile è pari all’importo lordo vinto.
  • Crediti d’imposta esteri: è possibile detrarre l’eventuale imposta sul reddito già pagata allo Stato estero, presentando idonea documentazione.
  • Sanzioni in caso di mancata dichiarazione: Se il contribuente omette di dichiarare queste vincite, e non sono state pagate imposte all’estero oppure sono state inferiori a quelle italiane, l’Agenzia delle Entrate recupererà l’IRPEF evasa e applicherà sanzioni amministrative dal 90% al 180% dell’imposta (salvo riduzioni per adesione o acquiescenza). Inoltre, per somme rilevanti, potrà scattare la denuncia per reato tributario come visto sopra.

Esempio: Nel 2022 un giocatore italiano ottiene $200.000 di premi in vari eventi alle WSOP di Las Vegas. I premi sono stati incassati previa ritenuta del 30% negli USA (circa $60.000), quindi il giocatore ha portato a casa netti $140.000. Se il giocatore non ha dichiarato nulla in Italia, il Fisco – tramite controlli incrociati o informazioni reperite pubblicamente – potrà contestare l’intero importo in euro dei $200k (circa €180.000) come reddito non dichiarato nel 2022. Verranno calcolate imposte per circa €70-75.000 (ipotizzando aliquota media sul cumulo redditi attorno al 40%) più sanzioni (diciamo 100% dell’imposta = ~€70.000) e interessi. Totale contestato intorno a €140-150k. A questo punto il giocatore, se dimostra le ritenute USA già subite, potrà vedersi riconoscere un credito di circa €55-60.000 (corrispondente alla tassa estera) che riduce l’imposta da pagare in Italia, portando il dovuto netto a ~€15.000 di imposta e lasciando però applicate le sanzioni (sulle imposte inizialmente evase) eventualmente riducibili per adesione. Nonostante il credito, l’omessa dichiarazione ha causato comunque sanzioni e problemi, e il giocatore dovrà affrontare il contenzioso o cercare un accordo. Se l’ammontare evaso di imposta per quell’anno supera €50.000, rischia anche una condanna penale per omessa dichiarazione.

Poker: hobby, attività occasionale o attività d’impresa?

Un aspetto dibattuto è se il giocatore di poker professionista debba considerarsi alla stregua di un lavoratore autonomo/imprenditore, con obbligo di aprire partita IVA, oppure no. La normativa italiana attuale non prevede una specifica categoria professionale per il “giocatore d’azzardo” o il giocatore di poker. Non esiste un codice ATECO dedicato né una disciplina analoga a quella degli sportivi professionisti riconosciuti (come i calciatori, regolati dalla L. 91/1981). In assenza di un inquadramento ad hoc, l’approccio del Fisco finora è stato quello sopra descritto: tassare i proventi da gioco nell’alveo dei redditi diversi, senza riconoscere la deducibilità di costi o l’esercizio di un’attività organizzata. In altre parole, il pokerista, per quanto possa di fatto svolgere quella che egli considera una “professione” (giocando regolarmente e traendone sostentamento economico), non viene trattato come un lavoratore autonomo con partita IVA, bensì come un privato cittadino che realizza vincite (redditi occasionali) di natura aleatoria. Questa impostazione ha effetti sfavorevoli per il contribuente, in primis perché non consente di dedurre alcuna spesa.

Come evidenziato da molti commentatori, il sistema attuale ignora completamente i costi che il giocatore sostiene: buy-in dei tornei, eventuali perdite in altre giocate, spese di viaggio, alloggio, formazione, strumenti (PC, connessione) – tutte voci che in qualunque attività professionale verrebbero sottratte dai ricavi per determinare il reddito netto, ma che nel regime dei redditi diversi non sono deducibili. Il TUIR infatti stabilisce che le vincite vanno tassate “senza tener conto delle spese sostenute per la loro produzione”. Questo può portare a situazioni paradossali: un player potrebbe risultare in perdita economica netta sull’anno (perché le spese e le perdite superano le vincite), e dover comunque versare IRPEF perché magari ha effettuato una grossa vincita singola. Ad esempio, se nel 2025 un giocatore ha speso €20.000 in iscrizioni a vari tornei, vincendone uno soltanto per €15.000 e non ottenendo altri premi, egli sarebbe in perdita di €5.000 come bilancio complessivo, ma il Fisco gli chiederebbe comunque di dichiarare €15.000 come reddito diverso e pagarci imposte (anche se di fatto il suo “reddito” reale è negativo). Un esempio numerico è stato riportato anche in letteratura: se un giocatore deposita €1000 su un conto di gioco estero, perde €700 in varie partite e termina l’anno con €800 sul conto (quindi €200 in meno di quanto investito), paradossalmente la normativa letterale porterebbe a tassare €800 come vincita (ossia il “saldo positivo” rispetto a zero, ignorando che in realtà vi è una perdita netta di €200). Questa evidente distorsione ha suscitato critiche e richieste di riforma, ma al luglio 2025 non risultano modifiche risolutive: l’unica forma di “compensazione” riconosciuta è stata, come detto, l’introduzione dell’esenzione per le vincite UE, ma ciò attiene alla territorialità più che al calcolo del reddito.

Alcuni giocatori professionisti hanno valutato l’idea di aprire partita IVA cercando di far rientrare l’attività di poker sotto una categoria economica (ad esempio consulenze o spettacolo) per poter dedurre le spese. Tuttavia, tale strategia è giuridicamente molto incerta: manca il presupposto della “professionalità” tipica” riconosciuta e il rischio è che l’Agenzia delle Entrate non riconosca l’inquadramento, continuando comunque a considerare le vincite tassabili come redditi diversi (magari contestando la detrazione di costi non ammessi). In effetti, come notato, non c’è una norma che definisca e regolamenti la “professione” del pokerista. Pertanto, al momento la maggior parte dei giocatori – persino i più attivi e vincenti – non opera con partita IVA, ma dichiara (quando dichiara) le sole vincite tassabili secondo il regime di cui sopra. In caso di accertamenti, l’Agenzia tende a contestare le vincite non dichiarate, non certo la mancata apertura di una posizione IVA. Anzi, la prassi del Fisco è considerare sufficiente recuperare l’IRPEF sui redditi diversi: non risultano contestazioni di IRAP o altri tributi tipici dell’attività d’impresa ai pokeristi (l’IRAP colpisce il valore aggiunto prodotto da un’attività autonomamente organizzata, e nel caso del giocatore singolo difficilmente configurabile, a meno di strutture particolari). Dunque, per concludere, il pokerista “pro” rimane fiscalmente un privato che realizza occasionalmente redditi diversi – una “zona grigia” che lo costringe a navigare tra l’assenza di riconoscimento formale e un prelievo fiscale potenzialmente esoso sulle vincite lorde.

Tabella 1: Trattamento fiscale delle vincite da poker in base al luogo di realizzazione

Luogo/TIPO di vincitaTrattamento fiscale per il giocatore (residente ITA)Obbligo di dichiarazioneNote
Casinò/Giochi in Italia (fisici o online .it)Esenti da IRPEF (tassazione a monte mediante ritenuta o imposta concessionario).No (già tassate alla fonte)Es. tornei in casinò italiani, vincite su siti .it.
Casinò in UE/SEE autorizzatiEsenti da IRPEF (equiparati a vincite italiane, per evitare discriminazioni).No (non vanno dichiarate)Norma introdotta nel 2016 dopo pronuncia UE.
Casinò extra-UE (es. USA, Montecarlo)Tassate come redditi diversi (IRPEF progressiva sul 100% del lordo).Sì (dichiarare l’importo lordo)Credito d’imposta per eventuali tasse estere.
Piattaforme online NON .it (siti esteri senza concessione)Tassate come redditi diversi (analoghe a vincite extra-UE).Sì (dichiarare i profitti netti)**Illegale giocare su siti non autorizzati ADM.
Vincite in Italia già assoggettate a imposta sostitutiva (es. lotterie nazionali)Esenti (premi già al netto, tassazione sostitutiva)NoEsempio: Superenalotto, lotterie istantanee.
Sponsor/contratti di team pro (redditi diversi dal gioco)Tassati secondo natura (lavoro autonomo o impresa, se applicabile).Sì, se rilevantiEs. compensi da sponsorizzazioni: non sono vincite di gioco, ma redditi da lavoro.

Note: * in tabella si indica “dichiarare i profitti netti” per i siti online esteri: in pratica il Fisco tende a guardare i flussi finanziari da e verso l’estero (monitoraggio quadro RW, vedi oltre). In teoria andrebbe dichiarato l’importo delle vincite lorde senza deduzione perdite; tuttavia per gli account online è controverso cosa costituisca “vincita” – prudenzialmente andrebbe dichiarato l’eventuale saldo positivo trasferito sul proprio conto bancario. In ogni caso giocare su siti esteri privi di concessione ADM è vietato e può comportare sanzioni ulteriori.

Obblighi dichiarativi e monitoraggio fiscale

Dichiarazione dei redditi (Quadro RL – Redditi Diversi): come anticipato, se un giocatore nel corso dell’anno ha conseguito vincite da gioco imponibili (tipicamente extra-UE, oppure in generale vincite soggette a tassazione e non già tassate a monte), dovrà inserire l’ammontare complessivo tra i redditi diversi nella dichiarazione dei redditi annuale (Modello Redditi PF, ex Unico). Il riferimento è il Quadro RL, sezione dedicata ai redditi diversi, rigo RL15 e seguenti, con l’indicazione analitica o aggregata delle somme. L’Agenzia delle Entrate, in una propria risoluzione interpretativa, ha chiarito che “le vincite percepite nel periodo d’imposta” vanno indicate per l’intero importo e senza deduzioni. Ciò conferma la lettera della norma: ad esempio, se nel 2024 un soggetto ha vinto €100.000 in un torneo in Marocco e speso €10.000 di buy-in, dovrà comunque dichiarare €100.000 come reddito (poi, come detto, potrà sottrarre in sede di calcolo l’eventuale imposta marocchina pagata, se documentata, ma non il buy-in). Il periodo d’imposta rilevante coincide con l’anno solare di incasso della vincita.

Quadro RW – Monitoraggio trasferimenti da/per l’estero: un’ulteriore attenzione va posta al monitoraggio fiscale. Il quadro RW della dichiarazione è quello in cui vanno segnalati i trasferimenti da e verso l’estero di importi superiori a €10.000 e/o gli investimenti e attività finanziarie detenute all’estero. Molti giocatori movimentano fondi su conti di gioco esteri o ricevono bonifici dall’estero in caso di vincite. Secondo le istruzioni, andrebbero segnalati nel quadro RW i trasferimenti di denaro da o verso l’estero che superano €10.000, anche se relativi a vincite di gioco. Ad esempio, se un casinò di Las Vegas invia un bonifico di $50.000 a un giocatore in Italia, quest’ultimo dovrà indicare in RW l’importo, a fini di tracciabilità, oltre a dichiararlo come reddito in RL. La mancata compilazione del quadro RW può comportare sanzioni amministrative (sebbene distinte da quelle sul reddito).

Documentazione probatoria: è consigliabile che il giocatore conservi tutta la documentazione relativa alle vincite e alle eventuali imposte pagate all’estero (certificati di vincita, ricevute di pagamento del casinò, moduli fiscali come il 1042-S statunitense, ecc.). Tali documenti saranno essenziali in caso di contestazione per dimostrare l’ammontare esatto delle somme percepite e delle ritenute subite. Come emerso nel caso Isaia, ad esempio, la presenza di bonifici bancari e ricevute di pagamento da vari casinò europei è stata decisiva per convincere la Cassazione che si trattava di vincite UE non tassabili.

Raccomandazione pratica: se un giocatore professionista sa di aver realizzato vincite tassabili, la via più prudente è rivolgersi a un fiscalista esperto e procedere a una corretta dichiarazione dei redditi, con l’indicazione dei relativi importi. Così eviterà l’insorgere di accertamenti e soprattutto l’applicazione di pesanti sanzioni. Purtroppo in passato molti pokeristi italiani (complice anche una certa confusione normativa e “zone grigie” interpretative) hanno omesso di dichiarare, confidando (erroneamente) che le vincite all’estero fossero equiparate a quelle nazionali o che non vi sarebbe stato controllo. L’“Operazione All In” condotta dall’Agenzia delle Entrate nei primi anni 2010 ha smentito questa convinzione: decine di top player furono colpiti da avvisi di accertamento per somme ingenti. In tempi più recenti, l’attenzione del Fisco rimane alta specialmente sui vincitori di premi significativi fuori UE.

È importante sottolineare che l’evoluzione normativa post-2016 ha chiarito molti dubbi: ora sappiamo con certezza che solo le vincite in UE/SEE autorizzate sono esenti, mentre tutte le altre vanno dichiarate. Se dunque prima del 2016 qualcuno poteva invocare l’incertezza del diritto, oggi quella scusa non regge più.

Esempi pratici di calcolo e casi concreti

Vediamo ora alcuni esempi pratici, per fissare le idee sulle situazioni che un giocatore di poker può trovarsi ad affrontare e sul relativo trattamento fiscale e contenzioso.

  • Esempio 1: Vincite solo in Italia nel 2024. Mario è un giocatore dilettante che nel 2024 ha vinto €10.000 in un torneo al casinò di Venezia e altri €5.000 giocando cash game online su un sito italiano. Queste somme sono state incassate netto (nel senso che Mario ha ricevuto l’importo senza dover pagare nulla allo Stato). In dichiarazione dei redditi 2025 Mario non dovrà indicare né i €10k né i €5k, in quanto si tratta di redditi esenti per il beneficiario (già tassati a monte). Non riceverà alcun avviso di accertamento per aver “omesso” queste vincite, perché l’AdE stessa sa che non devono emergere in dichiarazione.
  • Esempio 2: Vincite in Italia e all’estero UE nel 2024. Supponiamo che Luca, professionista, nel 2024 abbia vinto €50.000 al torneo IPT di Sanremo (Italia) e €30.000 al EPT di Barcellona (Spagna, UE). Entrambi i premi non sono soggetti a IRPEF per Luca. In Spagna il casinò potrebbe aver applicato trattenute locali? In realtà la Spagna – dovendo rispettare il principio UE – non dovrebbe tassare un italiano sulla vincita (e comunque, anche se l’avesse fatto, Luca non pagherà doppio in Italia). Luca non dichiarerà né i 50k né i 30k. Nessun accertamento è dovuto su queste somme (l’Agenzia potrebbe teoricamente monitorare che erano in UE, ma data la normativa, non le contesterà).
  • Esempio 3: Vincita extra-UE non dichiarata. Antonio nel 2023 ha vinto $100.000 (circa €92.000) in un torneo a Las Vegas. Non ha presentato dichiarazione per il 2023 perché pensava di non doverlo fare (magari non aveva altri redditi). La GdF, controllando i risultati WSOP pubblicati online, segnala il caso. Nel 2025 Antonio riceve un avviso di accertamento: l’Agenzia gli contesta €92.000 di reddito 2023 non dichiarato. IRPEF dovuta circa €35.000 (ipotizziamo), sanzioni al 120% = €42.000, interessi €2.000: totale circa €79.000. Inoltre, avendo superato la soglia, viene segnalato alla Procura per omessa dichiarazione. Antonio è in difficoltà: tuttavia ha un’ancora di salvezza parziale, perché in Nevada il casinò gli aveva trattenuto $30.000 di tasse. Grazie a documenti forniti, Antonio può chiedere che nel ricalcolo l’imposta italiana sia ridotta del credito estero (~€27k). L’Agenzia in sede di adesione potrebbe riconoscerglielo, abbattendo l’IRPEF netta a circa €8.000. Le sanzioni verrebbero ricalcolate sull’imposta evasa netta (ipotizziamo €8k evasi, sanzione 120% = €9.600). In adesione le sanzioni possono essere ridotte a 1/3: €3.200. Dunque Antonio, se collabora, potrebbe chiudere pagando ~€8k + €3.2k + interessi modestissimi: in totale sui €12.000. Questo esempio mostra che, sebbene l’avviso iniziale fosse pesantissimo, utilizzando credito d’imposta e adesione si può mitigare parecchio il danno, evitando anche il processo penale (perché l’imposta evasa scende sotto €50k). Morale: meglio dichiarare subito, ma se ci si è “dimenticati”, conviene collaborare appena colti in fallo.
  • Esempio 4: Vincite modeste e casi di “infedele dichiarazione”. Chiara nel 2022 ha vinto €5.000 su PokerStars.com (sito non autorizzato, tecnicamente illegale) e €3.000 in un piccolo casinò a San Marino (extra-UE). In totale €8.000. Non li ha dichiarati. Probabilmente l’Agenzia non attiverà un accertamento per cifre così basse – le verifiche puntano a grandi vincitori – ma se lo facesse, contesterebbe €8k di reddito 2022. L’IRPEF evasa è sui €2.000, sanzione 90% = €1.800. Caso ben sotto i limiti penali. Chiara potrebbe chiudere con un pagamento ridotto (ad esempio in acquiescenza con sanzione ridotta a 1/3 = €600 di sanzioni, oltre ai €2.000 imposta e interessi). Un caso simile potrebbe essere definito con un esborso totale di circa €2.700.
  • Esempio 5: Giocatore che dichiara in perdita. Paolo nel 2025 ha incassato vincite tassabili per €100.000 complessivi, ma ha anche avuto spese per €80.000 (tra buy-in e viaggi). Se fosse un’impresa dichiarerebbe utile €20k e pagherebbe su quelli; ma da privato dovrà dichiarare €100k. IRPEF magari €35k. Risultato: Paolo ha perso soldi, e in più paga tasse sui soldi che non ha realmente guadagnato. È una situazione reale per molti gambler ad alta frequenza, che perdono su alcuni tavoli e vincono su altri. Purtroppo la legge attuale non offre soluzioni, se non – in prospettiva – una eventuale riforma normativa.

Gli esempi potrebbero continuare, ma questi casi evidenziano i principali scenari. Passiamo ora a illustrare come difendersi quando l’avviso di accertamento è ormai arrivato.

Sanzioni e conseguenze in caso di mancata dichiarazione

Come già accennato, la mancata dichiarazione di redditi da vincite comporta l’applicazione di sanzioni amministrative tributarie di rilievo, oltre all’eventuale procedimento penale se i valori superano le soglie di punibilità. È utile riepilogare:

  • Violazioni “formali” vs “sostanziali”: Non dichiarare un reddito imponibile è considerata una violazione sostanziale che comporta sanzioni pecuniarie proporzionate all’imposta evasa. Per le vincite da gioco (redditi diversi) si ricade nella disciplina generale dell’infedele dichiarazione (art. 1, comma 2, D.Lgs. 471/1997) se il contribuente ha presentato la dichiarazione ma ha omesso quel reddito, con sanzione dal 90% al 180% dell’imposta corrispondente al reddito non dichiarato. Se invece il contribuente non ha proprio presentato la dichiarazione annuale pur avendo l’obbligo (caso tipico: giocatore senza altri redditi che non presenta Modello Redditi, ignorando le vincite), si configura la più grave violazione di omessa dichiarazione (art. 1, comma 1, D.Lgs. 471/1997) con sanzione dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, minimo €250. Tali sanzioni possono essere ridotte in sede di definizione agevolata.
  • Sanzioni penali: Il D.Lgs. 74/2000 prevede che la dichiarazione infedele sia reato se l’imposta evasa supera €100.000 e il reddito non dichiarato supera il 10% di quanto dichiarato (comunque almeno €2 milioni); la omessa dichiarazione è reato se l’imposta evasa supera €50.000. Nei casi di grossi giocatori (es. milioni vinti e zero dichiarato) è facile superare questi limiti, come evidenziato dal caso di Bologna del 2025. La condanna penale può comportare reclusione (per omessa dichiarazione, da 2 a 5 anni). Pagare il debito tributario, pur doveroso, non estingue il reato per queste fattispecie (a differenza di altri reati minori come l’omesso versamento IVA dove la causa di non punibilità per integrale pagamento è stata introdotta). Tuttavia, la collaborazione con il Fisco può mitigare la posizione (ad es. evitare l’aggravamento e dimostrare buona fede parziale). In ogni caso, la difesa penale è un capitolo a sé che richiede l’assistenza di un avvocato penalista esperto in reati tributari.
  • Cartella esattoriale e riscossione forzata: Trascorsi 60 giorni senza ricorso né pagamento, l’accertamento diviene esecutivo e l’importo viene affidato all’Agente della Riscossione (es. Agenzia Entrate Riscossione) per l’emissione della cartella di pagamento. Da quel momento il contribuente potrebbe subire atti cautelari o esecutivi (fermo di veicoli, ipoteche, pignoramenti) se non paga. Va evidenziato che, in base al D.Lgs. 159/2015, gli avvisi di accertamento emessi oggi valgono anche come atto esecutivo: ciò significa che già dopo 30 giorni dalla notifica l’Agenzia può iscrivere ipoteca o fermo, e dopo 60 giorni può procedere a esecuzione senza passare per la cartella (salvo che il contribuente abbia nel frattempo avviato un ricorso con istanza di sospensione). Per questo è cruciale reagire tempestivamente all’avviso.

Riassumendo, le conseguenze di ignorare un avviso di accertamento sono estremamente gravose. Ecco perché, dal punto di vista del debitore, è opportuno valutare subito tutte le opzioni difensive disponibili, sia per evitare il contenzioso (strumenti deflativi) sia per preparare un’eventuale difesa in giudizio.

Strumenti deflativi del contenzioso: come ridurre la pretesa prima del ricorso

Gli strumenti deflativi del contenzioso sono procedure che consentono di evitare o limitare il contenzioso tributario, spesso attraverso una soluzione concordata con l’Amministrazione finanziaria o un’auto-correzione. Per un giocatore di poker destinatario di un avviso di accertamento, valutare queste strade può rivelarsi vantaggioso in molti casi. Analizziamo le principali:

Autotutela amministrativa

L’autotutela è il potere/dovere dell’Amministrazione finanziaria di annullare o rettificare d’ufficio i propri atti quando risultino evidentemente infondati o illegittimi. In altre parole, l’Agenzia delle Entrate stessa può “tornare sui propri passi” e cancellare (totalmente o parzialmente) un avviso di accertamento, senza bisogno di attendere il giudice, qualora riconosca un errore. Dal lato pratico, il contribuente che ritiene manifestamente sbagliato l’accertamento può presentare una istanza in autotutela all’ufficio, evidenziando le ragioni e le prove dell’errore e chiedendo l’annullamento.

Nel contesto delle vincite da poker, l’autotutela è risultata decisiva soprattutto nei casi in cui l’Agenzia aveva erroneamente tassato vincite non imponibili (UE). Dopo la sentenza UE del 2014, ad esempio, l’Agenzia ha alzato bandiera bianca su molti contenziosi in essere, disponendo in autotutela l’annullamento degli accertamenti emessi contro giocatori che avevano vinto in casinò europei. L’avvocato Max Rosa – che patrocinò molti di questi casi – dichiarava nel 2016: “L’Agenzia delle Entrate si sta ritirando da quasi tutti i contenziosi [dell’Operazione All In] utilizzando l’istituto dell’autotutela”. Ciò significa che, riconosciuta l’incompatibilità comunitaria, gli uffici stessi revocarono gli atti impositivi ancora pendenti, evitando di protrarre liti perse.

Perciò, se un avviso di accertamento oggi includesse erroneamente anche vincite UE esenti, sarebbe opportuno presentare immediatamente un’istanza di autotutela, allegando magari copia dei documenti che provano che quei tornei erano in Stati UE e citando la normativa vigente e la giurisprudenza (Cass. 2025, etc.). In molti casi l’ufficio annulla quella parte di imponibile senza necessità di ricorrere. Analogamente, se l’avviso avesse errori materiali, come un evidente sbaglio di calcolo, o riferisse vincite a un soggetto diverso, l’autotutela è la via più rapida.

Limiti dell’autotutela: va detto che l’autotutela è discrezionale da parte dell’amministrazione; il contribuente non ha un diritto soggettivo all’annullamento, ma solo un interesse legittimo. L’ufficio potrebbe ignorare o rigettare l’istanza senza conseguenze (e allora l’unica via è il ricorso). Inoltre, l’autotutela non sospende i termini per fare ricorso: occorre quindi comunque predisporre il ricorso entro 60 giorni, a meno che l’Agenzia nel frattempo annulli l’atto impugnato. In pratica, conviene usare l’autotutela come “leva” parallela: presentare l’istanza subito dopo la notifica dell’avviso, ma prepararsi al ricorso se non si ottiene risposta in tempi brevi.

L’autotutela è ideale per errori palesi o casi in cui la stessa Agenzia ha cambiato orientamento. Nel caso di diverse interpretazioni della legge (non errori oggettivi), difficilmente l’ufficio accoglierà l’istanza, preferendo lasciare la decisione al giudice.

Accertamento con adesione

L’accertamento con adesione (disciplinato dal D.Lgs. 218/1997) è uno strumento che consente al contribuente e all’ufficio accertatore di instaurare un contraddittorio per eventualmente concordare una soluzione sulla pretesa fiscale. In pratica, dopo la notifica di un avviso (o ancor prima dopo un processo verbale di constatazione), il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione, chiedendo un incontro con l’ufficio. L’effetto immediato è la sospensione dei termini per impugnare: i 60 giorni vengono congelati e riprendono a decorrere (con ulteriori 90 giorni aggiuntivi) dall’eventuale mancato accordo. Nel frattempo, si svolge uno o più incontri in cui si discutono i punti della contestazione e si verifica se c’è margine per definire l’accertamento in via transattiva.

I vantaggi dell’adesione sono significativi:

  • Se si raggiunge un accordo, le sanzioni vengono ridotte a 1/3 di quelle minime previste per legge. Nel nostro caso di redditi non dichiarati, la sanzione minima è 90%, quindi diventerebbe 30%. Spesso l’ufficio può anche rivedere parzialmente l’imponibile (es. riconoscere alcune deduzioni di costi che in sede contenziosa non potrebbe, oppure accettare un imponibile inferiore a quello iniziale in base alle prove addotte).
  • Si evita il contenzioso lungo e costoso; la procedura è rapida (massimo 90 giorni per la chiusura). Mentre una causa può durare anni, con l’adesione si chiude la questione in pochi mesi.
  • Ulteriore beneficio: effetto premiale penale. La legge prevede che se il reato contestato rientra tra quelli tributari “minori” (non dolosi specifici), l’adesione e il pagamento possono estinguere le conseguenze penali. Nel caso del pokerista, l’infedele dichiarazione rientra tra i reati per cui il pagamento del dovuto (anche a seguito di adesione) estingue il reato prima della sentenza definitiva, purché avvenga prima dell’apertura del dibattimento (art. 13 D.Lgs. 74/2000). Quindi, aderire può anche mettere al sicuro sul fronte penale, evitando guai giudiziari (questo è un aspetto tecnico ma cruciale per chi rischia tali incriminazioni).

Nella pratica, come si sviluppa l’adesione nel caso di vincite da poker? Dipende. Se l’accertamento verte su vincite estere non dichiarate, i margini di trattativa riguardano soprattutto:

  • La quantificazione dell’imponibile: es. il contribuente mostra che parte delle somme erano già tassate all’estero, o che alcune entrate contestate non erano vincite ma movimenti di denaro propri (capita che il Fisco scambi un trasferimento di fondi per una vincita). L’ufficio potrebbe quindi decurtare l’imponibile degli importi non dovuti.
  • Le sanzioni: su quelle c’è la certezza della riduzione a 1/3 in caso di accordo, quindi su €100k di imposta evasa con sanzione base 120k, si scenderebbe a sanzione di 40k.
  • La rateazione: se si aderisce, è possibile chiedere di pagare il dovuto anche a rate (fino a 8 rate trimestrali, o 16 se l’importo supera €50.000).

Attenzione: l’adesione comporta la sottoscrizione di un atto di adesione e il successivo pagamento (o prima rata) entro 20 giorni. Se non si paga, l’adesione decade e l’accertamento torna valido per intero. Quindi è impegnativo: bisogna essere certi di poter sostenere il pagamento concordato.

Se il contribuente presenta istanza di adesione e l’accordo non si trova (o il contribuente poi non firma perché non soddisfatto), verrà redatto un verbale di mancato accordo. A quel punto i termini per il ricorso riprendono (con 60 + 90 giorni dal deposito istanza, dunque circa 150 giorni totali dalla notifica iniziale). Il contribuente potrà allora procedere col ricorso in Commissione tributaria. Nulla di quanto emerso nel contraddittorio di adesione potrà essere usato in giudizio contro il contribuente (non c’è formalmente il rischio di “autoincriminazione”, perché le trattative di adesione sono riservate).

In sintesi, conviene tentare l’adesione? Nella maggior parte dei casi , soprattutto se:

  • Ci sono elementi da chiarire all’ufficio e possibilità di ridurre la pretesa mostrando documenti;
  • Si mira a ottenere la forte riduzione delle sanzioni;
  • Si vuole guadagnare tempo (l’adesione allunga i tempi per il ricorso di 90 gg, utili per prepararsi eventualmente meglio).

Viceversa, se l’avviso appare totalmente infondato e si punta a farlo annullare integralmente in giudizio (ad esempio perché il Fisco insiste a tassare vincite UE post-2016 o altre situazioni “blindate” a favore del contribuente), alcuni preferiscono andare direttamente in causa. Tuttavia, nulla vieta di presentare adesione anche solo per vedere la reazione dell’Ufficio e magari ottenere già in quella sede un riconoscimento delle proprie ragioni.

Reclamo e mediazione tributaria

Un ulteriore strumento deflattivo applicabile è il reclamo/mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/1992). Si tratta di una procedura obbligatoria per le liti di valore relativamente basso: al 2025, per gli atti il cui valore contestato non eccede €50.000 (questa soglia potrebbe essere innalzata, stando a proposte di riforma, ma attualmente è 50k), il contribuente non può presentare ricorso in Commissione senza prima aver presentato un’istanza di reclamo all’ufficio che ha emesso l’atto. Questa istanza vale anche come ricorso (se la controversia non si concilia entro 90 giorni, l’istanza si perfeziona come ricorso depositato). In essa il contribuente può formulare una proposta di mediazione, cioè di definizione della lite con uno sconto sulle sanzioni (solitamente).

Per gli accertamenti da vincite di importo elevato, spesso il valore supera 50k, quindi la mediazione obbligatoria non si applica. Ma nei casi medio-piccoli (es. contestazione di €30k tra imposte e sanzioni), il giocatore dovrà procedere con il reclamo. In tale fase l’ufficio territoriale differente (l’AdE ha organismi dedicati alla mediazione) valuta il caso e può accogliere parzialmente il reclamo riducendo la pretesa o annullandola. Se accoglie in parte, fa una proposta di mediazione; se il contribuente l’accetta, la lite si chiude. Anche qui le sanzioni, in caso di accordo, sono ridotte al 35% del minimo (un po’ più alte che in adesione, ma comunque ridotte). La mediazione è quindi simile all’adesione nei risultati, con la differenza che si attiva dopo l’eventuale ricorso (anche se sotto forma di reclamo) e che è limitata per valore.

Nella pratica, per un debitore conviene segnalare già nell’istanza di reclamo la propria disponibilità a una soluzione e magari indicare quali aspetti dell’atto ritiene sbagliati. L’ufficio, per evitare spese di giudizio, se la posizione del contribuente è solida potrebbe mediamente accettare di ridurre la sanzione o rivedere parzialmente la base imponibile.

Acquiescenza (definizione agevolata dell’accertamento)

L’acquiescenza consiste nella scelta di non impugnare l’atto e di pagare quanto richiesto, beneficiando però di una riduzione delle sanzioni ad un terzo (art. 15, D.Lgs. 218/97). Questo strumento si attua pagando (o rateizzando) entro 60 giorni dalla notifica dell’accertamento l’intero importo delle imposte più interessi, e 1/3 delle sanzioni irrogate. In pratica, se un avviso richiede €10.000 di imposte e prevede €9.000 di sanzioni (100%), colui che fa acquiescenza verserà €10.000 + €3.000 (1/3 di 9k) + interessi, chiudendo la partita. L’acquiescenza è da valutare quando:

  • L’accertamento è corretto nei suoi presupposti e il contribuente non ha possibilità di vittoria in giudizio (ad esempio, effettivamente Tizio ha vinto cifre fuori UE e non le ha dichiarate: qui la legge è chiara e non c’è margine per contestare la debenza dell’imposta, magari l’unico margine sarebbe sulle sanzioni, ma queste vengono già ridotte pagando subito).
  • L’importo in gioco non è troppo elevato e si preferisce evitare i costi emotivi e finanziari di un contenzioso lungo.

Spesso, chi ha effettivamente evaso ma vuole risolvere rapidamente, opta per l’acquiescenza. Rispetto all’adesione, l’acquiescenza non comporta trattative: è un prendere atto e pagare con sconti sulle sanzioni. La riduzione sanzioni (1/3) in acquiescenza è leggermente meno vantaggiosa dell’adesione (1/3 del minimo, in molti casi coincide con 1/3 dell’irrogato comunque). Però l’acquiescenza può essere fatta immediatamente senza attendere convocazioni. Attenzione: l’acquiescenza preclude qualunque successiva impugnazione, perché equivale ad accettare l’addebito.

Nel contesto in esame, un giocatore potrebbe scegliere acquiescenza se ad esempio riceve un avviso per €20.000 di imposte e €18.000 di sanzioni, sapendo di aver torto. Pagherà €20k + €6k (1/3 di 18k) = €26k più pochi interessi, chiudendo la vicenda in 2 mesi. Se facesse ricorso rischierebbe di pagare di più (sanzioni intere) e spese legali. Quindi in alcuni casi è sensato.

Conciliazione giudiziale

Se il contribuente presenta ricorso e la causa è avviata, esiste comunque la possibilità di chiudere la lite in conciliazione davanti al giudice tributario (art. 48 D.Lgs. 546/92). La conciliazione può essere fuori udienza (su proposta delle parti, con accordo depositato) o in udienza (suggerita dal giudice stesso). I termini dell’accordo possono prevedere un importo inferiore di imposte e sanzioni. Le sanzioni, in caso di conciliazione, sono ridotte al 40% del minimo se avviene in primo grado, al 50% in appello. È un po’ meno conveniente rispetto all’adesione, ma resta un buon sconto.

Spesso la conciliazione viene usata se emergono in giudizio elementi nuovi o se la giurisprudenza pendente consiglia a entrambi di evitare un esito incerto. Nel 2021, ad esempio, molti giudizi su vincite estere sono stati conciliati aspettando l’esito della Cassazione: l’Agenzia poteva temere di perdere per la parte UE ma vincere sulla parte extra-UE, quindi magari ha conciliato riconoscendo l’esenzione UE e incassando solo sulle extra-UE, con sanzioni ridotte. Dal canto suo il contribuente evita di portare la causa fino alla Cassazione con spese e tempi lunghi.

In definitiva, la conciliazione è un ultimo “filtro” deflattivo disponibile anche dopo l’inizio del contenzioso. È utile tenerla in considerazione e spesso gli avvocati la propongono in sede di trattativa con l’Avvocatura dello Stato (che difende l’AdE in giudizio). Nel caso di un pokerista, si potrebbe proporre ad esempio: “Concilio offrendo di pagare le imposte ma chiedo sanzioni ridotte al minimo”. L’Agenzia può accettare specie se teme di non incassare nulla in caso di sconfitta totale.

Rateizzazione dei pagamenti

Un aspetto pratico non trascurabile: se dall’accertamento emerge un debito rilevante, il contribuente potrebbe non avere liquidità sufficiente immediata. Tutti gli strumenti sopra citati (adesione, acquiescenza, conciliazione) consentono di richiedere una rateazione del dovuto. Generalmente: fino a €50.000, massimo 8 rate trimestrali; oltre €50.000, fino a 16 rate trimestrali (quindi 4 anni). Rate trimestrali significano 4 rate l’anno. Questa dilazione è concessa automaticamente su richiesta nell’atto di adesione o conciliazione. Se invece l’atto è definitivo e va a riscossione, a quel punto ci si rivolge all’Agente della riscossione per piani di rateazione (che possono arrivare anche a 72 rate mensili, quindi 6 anni, se il debito supera certe soglie, con verifica di difficoltà). Importante: se si rateizza in adesione o conciliazione, il mancato pagamento di una rata fa decadere i benefici (resta dovuto tutto con sanzioni piene meno quanto versato). Invece nella fase di riscossione, se si salta una rata, la decadenza scatta dopo 5 rate non pagate.

Il debitore, insomma, ha la possibilità di spalmare il pagamento. Un esempio: accertamento definito in adesione per €300.000 totali. Può chiedere 16 rate trimestrali da ~€18.750 cadauna. Questo può rendere sostenibile l’esborso e talvolta è condizione per poter accettare l’accordo.

Tabella 2: Strumenti di definizione e loro effetti

StrumentoQuando si attivaVantaggi per il contribuenteSvantaggi/Vincoli
AutotutelaPrima del ricorso (istanza all’AdE)Annullamento totale/parziale atto se errore palese. Procedura veloce, nessun costo.Discrezionale: nessuna garanzia di accoglimento. Non sospende termini ricorso.
Accertamento con adesioneEntro 60 gg da avviso (istanza)Sospende termini ricorso; riduce sanzioni a 1/3 del minimo; consente confronto e possibile riduzione imponibile; rateazione fino 8/16 trimestri; “scudo penale” per alcuni reati.Richiede accordo con ufficio; se non si paga entro 20 gg salta tutto; allunga procedimento (max 90 gg).
Reclamo-mediazioneContestualmente al ricorso (atti ≤50k)Riduzione sanzioni al 35% in caso di accordo; evita processo; può portare annullamento parziale.Obbligatorio per legge se ≤50k; durata 90 gg; esito incerto (ufficio valuta).
AcquiescenzaEntro 60 gg (pagamento 100% imposta + 1/3 sanzioni)Sanzioni ridotte a 1/3 (simile adesione); chiusura immediata della pendenza; evitato contenzioso.Bisogna pagare tutto subito (o rate breve); rinuncia totale a contestare; niente ulteriori riduzioni imposta.
Conciliazione giudizialeDurante causa (fino appello)Riduzione sanzioni al 40% (1° grado) o 50% (appello); possibile accordo su importo imposta (es. condono parziale); si evitano gradi successivi di giudizio.Necessita accordo con controparte (AdE); se in appello sanzioni sconto minore; richiede spesso concessioni reciproche.
Rottamazioni / Definizioni agevolate straordinarie(Dipende da leggi speciali)Talvolta Stato offre condoni su sanzioni e interessi per liti pendenti o cartelle. Esempio: definizione liti 2023 al 90% imposte senza sanzioni.Non sempre disponibili; condizioni fissate per legge; coprono solo periodi specifici.

Come si vede, esistono diversi strumenti per evitare di arrivare fino alla sentenza. Il consiglio per il debitore è di valutare seriamente una definizione bonaria soprattutto quando la pretesa fiscale è corretta nel merito (ad es. vincite extra-UE effettivamente non dichiarate). In questi casi intestardirsi in ricorsi su questioni già chiarite può solo aggravare la posizione (sanzioni intere, spese legali, interessi di mora in accumulo, ecc.). Viceversa, se la pretesa appare illegittima (es. tassazione di redditi non imponibili), conviene usare inizialmente autotutela/adesione per ridurre il contendere e poi, se necessario, andare avanti con il ricorso per ottenere giustizia piena.

Il contenzioso tributario: ricorso alle Corti di giustizia tributaria

Se non è stato possibile definire l’accertamento in via amministrativa, l’ultima parola spetta al giudice tributario. Dal 2023, con la riforma della giustizia tributaria, le Commissioni tributarie hanno cambiato nome in Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado. La procedura però rimane simile. Vediamone i tratti salienti dal punto di vista di un contribuente (giocatore di poker) che intenda fare ricorso:

  • Termine per il ricorso: 60 giorni dalla notifica dell’avviso (prorogati di 90 se si è fatto adesione). Il ricorso va notificato all’Ufficio emittente (PEC o ufficiale giudiziario) e poi depositato telematicamente sul portale Sigt (processo tributario telematico). Se il valore è ≤ €50k occorre presentare reclamo-mediazione (come detto).
  • Svolgimento del processo: in primo grado (CGT di primo grado, ex provinciale) ci sarà un contraddittorio scritto e, su richiesta, un’udienza. Il contribuente può farsi assistere da un difensore abilitato (consigliabile, data la complessità). Nel ricorso andranno indicati i motivi di impugnazione, che potrebbero essere di merito (es. “le vincite erano in UE quindi non tassabili, l’accertamento è illegittimo in parte”) e/o di diritto (es. “violazione di legge nell’applicare sanzione oltre il minimo” ecc.). Nel frattempo, se la somma accertata supera €ricordo, è sospesa in attesa giudizio?**. In base all’art. 15 del D.Lgs. 546/92, il contribuente può chiedere alla Corte la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato se dal pagamento può derivargli un danno grave e se il ricorso presenta profili di fondatezza (“fumus boni iuris”). Nel caso di un debito molto alto che metterebbe in ginocchio il giocatore, conviene chiedere questa sospensione cautelare, che la Corte può concedere in pochi mesi, bloccando la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
  • Sentenza di primo grado: la Corte deciderà confermando l’atto, annullandolo o annullandolo parzialmente. Ad esempio, potrebbe dare ragione al giocatore se le vincite sono risultate esenti, o magari confermare l’imponibilità ma ridurre le sanzioni per qualche vizio. Se la sentenza annulla l’atto, l’Agenzia dovrà restituire l’eventuale 1/3 pagato in pendenza di giudizio (in genere, per poter appellare, il contribuente che perde deve versare il 50% dovuto; se invece vince, nulla è dovuto).
  • Appello: la parte soccombente può appellare entro 60 giorni alla CGT di secondo grado (ex Commissione regionale). Il processo di appello è simile e di norma è l’ultimo grado di merito.
  • Ricorso in Cassazione: è ammesso solo per motivi di diritto (violazioni di legge o vizi di motivazione) e non sospende di per sé la riscossione. Spesso, però, sui temi di diritto importanti (come la qualificazione delle vincite da poker) è la Cassazione che pone la parola fine, unificando l’interpretazione. Ad esempio, sulle vincite extra-UE tassabili le sezioni semplici della Cassazione si sono pronunciate più volte nel 2020 e 2021 in senso favorevole al Fisco. Sulle vincite UE, la Cassazione ha recepito la linea tracciata dalla Corte UE nel 2014, come abbiamo visto. Nel 2025 non risultano questioni pendenti in Cassazione di particolare incertezza su questo tema: il quadro è ormai consolidato (UE esente, extra-UE tassabile). Ciononostante, se emergessero nuovi temi (es. la questione deducibilità delle perdite, sollevata magari come eccezione di incostituzionalità), potrebbe esservi contenzioso ulteriore.
  • Costi del processo: presentare ricorso comporta il pagamento del contributo unificato (variabile in base al valore della lite: es. €150 fino a 5.000€, €500 fino a 50.000€, €1.500 oltre 200.000€, etc.). Inoltre vi sono i compensi del difensore. Se si vince, il giudice di regola condanna l’Agenzia a rifondere le spese legali (così è avvenuto in molti casi post-2014, con l’AdE condannata a pagare migliaia di euro di spese ai giocatori). Se si perde, viceversa, potrebbero essere addebitate spese al contribuente (di solito però nei confronti di privati senza soccombenza grave, i giudici mitigano le spese).

In definitiva, il contenzioso è un percorso lungo (una causa tributaria può durare 2-3 anni in primo grado e altrettanti in appello, Cassazione anche di più) e va affrontato solo se vi sono buone ragioni. Nel caso di avvisi a pokeristi, conviene litigare se la pretesa è ritenuta illegittima – e come visto oggi il grosso delle liti verte sui confini UE/extra-UE o su questioni di prove. Ad esempio, se l’Ufficio attribuisce a reddito anche somme che non erano vincite (magari movimenti tra conti del giocatore scambiati per vincite), il contribuente avrà motivo di ricorrere producendo evidenze. Oppure, un tema ancora da esplorare potrebbe essere la compatibilità costituzionale del divieto di deduzione delle perdite: un contribuente potrebbe in giudizio eccepire che tassare il lordo violerebbe principi di capacità contributiva (tassando anche somme non realmente arricchenti). Finora, però, tali questioni non sono arrivate a far breccia.

Giurisprudenza recente di rilievo

Per completezza, riepiloghiamo alcune sentenze e pronunce chiave che riguardano la tassazione delle vincite di gioco, utili da conoscere per orientarsi:

  • Corte di Giustizia UE, sentenza 22 ottobre 2014 (cause C-344/13 e C-367/13, Blanco e Fabretti): ha dichiarato contraria al diritto UE la normativa italiana che tassava le vincite realizzate in casinò di altri Stati membri, discriminando rispetto a quelle nazionali. Questa pronuncia ha avuto effetto vincolante e ha portato all’adeguamento legislativo nel 2016.
  • Corte di Cassazione, Sez. Trib., sentenza n. 1221/2019 (dati esemplificativi): tra le prime a recepire Blanco/Fabretti, stabilendo la disapplicazione della norma interna per contrasto con diritto UE e annullando accertamenti su vincite a Campione d’Italia e Slovenia pre-2016. (Nella realtà esistono varie pronunce 2017-2020 in tal senso).
  • Corte di Cassazione, Sez. Trib., n. 24589 del 31/08/2020: ha sancito che “Non entrano nel reddito le vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate nello Stato o negli altri Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo SEE”, confermando definitivamente l’esenzione UE. Questa sentenza richiama la nuova normativa e la conformità al diritto UE.
  • Corte di Cassazione, Sez. Trib., n. 24598 del 31/08/2020: caso complementare al precedente, ha affrontato la tassazione di vincite in case da gioco extra-UE, affermando che queste restano imponibili quali redditi diversi e non trovano ostacolo nelle norme UE sulla libera circolazione. In pratica, Cassazione 2020 ha respinto i ricorsi di contribuenti che sostenevano la parità di trattamento anche per i casinò extra-UE, ritenendo legittima la tassazione in Italia di vincite a Las Vegas e similari.
  • Commissione Tributaria Regionale (ora CGT II grado) Lombardia, sent. n. 3754 del 15/10/2021: ha fatto scalpore perché, ribaltando il primo grado, ha dato torto a un noto giocatore imponendogli il pagamento su una grossa vincita a Las Vegas, riaffermando che le vincite fuori UE concorrono al reddito. La difesa del contribuente aveva invocato anche la convenzione Italia-USA e principi UE sulla libera circolazione dei capitali con paesi terzi, ma i giudici regionali non hanno accolto tali argomenti. Questo caso è probabilmente quello poi approdato in Cassazione con l’ord. 3879/2025, conclusasi sfavorevolmente per il giocatore.
  • Corte di Cassazione, ord. n. 3879 del 15/02/2025: come già dettagliato, ha affrontato un accertamento su vincite 2010 di un giocatore con premi in Slovenia, USA e Monaco. Ha confermato che Slovenia (UE) non tassabile, USA e Monaco tassabili in Italia. È una pronuncia importante perché aggiornata al quadro normativo attuale e perché ribadisce la linea di demarcazione netta UE vs extra-UE.
  • Corte di Cassazione, ord. del 2025 (ricorso Alessio Isaia): menzionata nell’articolo Agipro del 24/6/2025, in cui la Cassazione ha accolto il ricorso del giocatore annullando l’avviso per vincite in casinò europei. La particolarità qui è che la CTR Piemonte aveva erroneamente trattato i redditi come derivanti da tornei online, mentre erano live in Europa, ignorando prove documentali. La Cassazione ha censurato quell’errore di fatto e applicato i principi di esenzione UE.

In generale, oggi si può dire che la giurisprudenza è consolidata: non risultano verdetti contrastanti su come tassare le vincite, dopo l’assestamento successivo al 2014-2016. Ciò non toglie che possano emergere in futuro nuove questioni (ad esempio, se venisse riconosciuto uno status professionale al giocatore, o se venisse contestata costituzionalmente la tassazione del lordo). Ma al momento, il contenzioso ruota più su aspetti probatori (dimostrare dove è stata vinta la somma, distinguere se un evento era autorizzato, provare l’eventuale pagamento estero, ecc.) che su interpretazioni di legge dubbie.

Domande frequenti (FAQ)

D: Ho vinto soldi giocando a poker, devo pagare tasse?
R: Dipende da dove e come hai vinto. Se le vincite provengono da giochi/tavoli in Italia o in casinò dell’Unione Europea, no – sono esenti da ulteriori imposte in Italia (già tassate alla fonte o esentate per legge). Se invece hai vinto in Paesi extra-UE (es. tornei negli USA, casinò di Montecarlo, ecc.), – devi dichiarare l’importo vinto come reddito diverso e pagare l’IRPEF dovuta. Anche le vincite online su siti non autorizzati italiani (siti .com esteri) vanno dichiarate. In pratica: vincite da gioco in Italia/UE esenti; vincite fuori UE tassabili.

D: Ho già pagato tasse sul posto (es. trattenuta al casinò estero), devo pagarle di nuovo in Italia?
R: Devi comunque dichiarare la vincita lorda in Italia, ma puoi usufruire del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero (se documentate) fino a concorrenza dell’IRPEF italiana su quel reddito. In sostanza l’Italia evita la doppia imposizione riconoscendo quanto hai già versato fuori. Ad esempio, se hai subito 5.000 € di tasse all’estero e in Italia su quella vincita ne risulterebbero 7.000, pagherai solo la differenza (2.000 €). Se all’estero hai pagato più che in Italia, puoi chiedere che l’eccedenza non tassata non venga comunque tassata qui (non è previsto rimborso oltre il dovuto italiano).

D: Come faccio a sapere se un casinò estero è considerato “autorizzato UE” quindi esente?
R: In linea generale, tutti i casinò situati in Stati membri dell’UE (o SEE) e operanti con regolare concessione di quel paese sono considerati autorizzati e le vincite ivi conseguite sono esenti in Italia. Ad esempio: casinò di Slovenia, Francia, Spagna, Austria, Malta, ecc. rientrano. Attenzione a luoghi come il Principato di Monaco o Svizzera: non sono UE/SEE, quindi non rientrano nell’esenzione. Se hai dubbi, verifica lo status del paese: se non è UE né SEE, le vincite sono tassabili. Un caso particolare: Campione d’Italia (enclave in Svizzera) aveva un casinò italiano – vincite esenti (come in Italia). San Marino: non UE, ma c’è accordo doganale; prudenzialmente considerare vincite tassabili (a meno che future intese le esentino). In caso di dubbio, meglio consultare un esperto o l’Agenzia Entrate.

D: Devo dichiarare anche i tornei di poker online?
R: Se giochi su siti .it con concessione italiana (es. Lottomatica, PokerStars.it, etc.), i proventi sono già tassati a monte (il gestore versa imposte sul rake, etc.) e tu non devi dichiarare le singole vincite. Se però giochi su siti esteri non autorizzati (illegali in Italia), tecnicamente stai violando la legge e inoltre le eventuali vincite non hanno avuto tassazione: andrebbero quindi dichiarate come reddito estero (oltre al rischio sanzioni per aver giocato su siti non adm). In pratica: resta nel circuito legale italiano e non avrai problemi fiscali; se giochi fuori circuito, ufficialmente dovresti dichiarare i profitti (ma stai commettendo un illecito amministrativo giocando lì).

D: Qual è la soglia oltre la quale posso avere problemi penali?
R: Per l’omessa dichiarazione, se in un anno hai evaso più di €50.000 di imposta (non di vincite, di imposta dovuta!) scatta il reato. Considerando aliquote 40-43%, €50k di imposta evasa corrispondono a circa €120k di vincite non dichiarate in quell’anno. Per la dichiarazione infedele (se hai presentato la dichiarazione ma incompleta), serve imposta evasa > €100k e almeno il 10% del reddito non dichiarato (e >€2 mln di imponibile omesso): casi rari per un singolo anno di vincite. Quindi il parametro pratico è €50k imposta evasa = soglia penale. Ad esempio, €200k di vincite extra-UE non dichiarate in un anno comportano circa €80k di imposta evasa → reato di omessa dichiarazione. In questi casi, attivati subito per sistemare pagando (se paghi tutto prima del dibattimento puoi ottenere cause di non punibilità per alcuni reati minori, ma per omessa dich. questo aiuta solo come attenuante). In qualunque caso, se ricevi un accertamento grosso, fatti seguire anche penalmente.

D: Posso dedurre le spese (buy-in, viaggi, hotel) dalle vincite?
R: No, purtroppo. La legge attuale non lo consente. Le vincite da gioco rientrano nei redditi diversi e sono tassate integralmente sul loro ammontare. Non c’è modo di dedurre costi inerenti, nemmeno i buy-in dei tornei da cui provengono le vincite. Questo è un punto molto contestato e oggetto di possibili future riforme, ma allo stato attuale il fisco tassa il lordo delle vincite. Solo se fossi un’azienda con oggetto il gioco (es. una società di gestione di gioco d’azzardo, ma il giocatore singolo non lo è) potresti dedurre costi, ma come spiegato il giocatore non è considerato attività d’impresa. Quindi no: spese di partecipazione, perdite in altri tavoli, viaggi, etc. restano a tuo carico e non riducono l’imponibile. L’unica compensazione è il credito per le imposte estere già pagate, come detto.

D: E se vengo sponsorizzato da un poker team o faccio il coach di poker?
R: Attenzione, qui parliamo di redditi di natura diversa dal “gioco” in sé. Se percepisci compensi come testimonial o pro di una poker room, cachet per pubblicità, o redditi da coaching (insegnamento) o streaming, questi non sono “vincite da gioco” ma redditi di lavoro autonomo (o occasionale, a seconda della continuità) oppure redditi d’impresa. Dovrai quindi gestirli diversamente: tipicamente, se sei un coach abituale o uno streamer con introiti, dovresti aprire partita IVA come formatore o intrattenitore e pagare imposte e contributi su quei compensi. Se invece sono occasionali (es. un premio una tantum da un sito) puoi dichiararli come redditi diversi da lavoro occasionale (diversi da quelli di gioco, altra categoria). Insomma, non confondiamo: le vincite ai tavoli seguono le regole discusse finora; gli altri proventi legati alla tua attività nel poker (ma non derivanti dal gioco) seguono le regole ordinarie del tipo di reddito (lavoro, impresa…). Un avviso di accertamento potrebbe anche includere questi se non li hai dichiarati, ma sarebbero contestati come redditi non dichiarati di altra natura (con altre sanzioni eventualmente).

D: Ho ricevuto un avviso di accertamento: cosa devo fare subito?
R: Come prima cosa: niente panico, ma agisci tempestivamente. Entro 60 giorni devi decidere se pagare o contestare. I passi consigliati: 1) Analizza l’atto con un esperto (dottore commercialista o avvocato tributarista) per capire se ci sono errori o spazi di difesa. 2) Raccogli tutti i documenti relativi alle vincite contestate (prove del luogo, eventuali tasse pagate, etc.). 3) Valuta se presentare istanza di accertamento con adesione: è spesso una buona idea perché sospende i termini e puoi discutere con l’ufficio. 4) Se ritieni l’accertamento sbagliato su punti chiave (es. tassano cose non tassabili), puoi anche presentare istanza di autotutela subito chiedendo l’annullamento. 5) Se decidi di aderire o fare acquiescenza (pagare con sconti), prepara il piano finanziario per farvi fronte, eventualmente chiedendo rate. 6) Se invece devi fare ricorso, occhio alle formalità: rivolgiti a un legale abilitato, calcola il contributo unificato, rispetta i termini di notifica e deposito. 7) Valuta di chiedere la sospensiva al giudice se l’importo è esoso. In parallelo, potresti ancora trovare un accordo col Fisco in extremis (mediazione/conciliazione). In sintesi: non ignorare l’atto. L’errore peggiore è lasciar scadere i termini: dopo sarà tutto definitivo e molto più oneroso (e potenzialmente con azioni esecutive in arrivo).

D: In futuro cambierà qualcosa per tassare meno i giocatori?
R: È difficile prevedere riforme, ma c’è un acceso dibattito sulla possibilità di tassare solo il profitto netto del giocatore. Alcune proposte auspicano di permettere almeno la deduzione dei buy-in o di adottare un sistema simile a quello di altri paesi, dove il gioco professionistico è riconosciuto e tassato su base netta. Finché però il legislatore non interviene, la situazione resta quella descritta. L’unica evoluzione positiva finora è stata eliminare la discriminazione con l’estero UE (cosa avvenuta). Un giocatore professionista che voglia evitare l’erosione fiscale di buona parte del suo lordo talvolta valuta di trasferirsi fiscalmente all’estero in paesi più favorevoli (Malta, UK pre-Brexit, ecc.). Ma questa è una scelta personale di vita, con implicazioni oltre il fisco, e deve essere reale (non una fittizia residenza estera, che anzi aggraverebbe i problemi se scoperta). In Italia, al momento, essere un giocatore vincente comporta dover mettere in conto che quasi la metà del lordo finisce al Fisco (se i redditi sono elevati). Un contesto in evoluzione potrebbe essere quello delle nuove piattaforme di gioco o normative europee sul gambling online – ma per ora nessuna modifica in vista sul trattamento fiscale interno.

D: Il mio avviso di accertamento riguarda vincite di tornei dal 2015 al 2018, alcuni in UE altri extra-UE. Posso far valere l’esenzione UE anche retroattivamente?
R: Sì. La legge di esenzione è entrata in vigore nel 2016, ma la Corte di Giustizia aveva già stabilito il principio per gli anni precedenti. Dunque, anche per il 2015 (e prima) le vincite in UE vanno considerate non tassabili per effetto diretto del diritto UE. Ad esempio, se nel 2015 hai vinto a Nova Gorica (Slovenia) e ti contestano l’IRPEF, puoi eccepire che la norma nazionale era contrastante col diritto UE e va disapplicata, come infatti hanno fatto le Commissioni tributarie e la Cassazione. Quindi, , anche retroattivamente l’esenzione UE si applica (nessuna imposta dovuta), eventualmente dovrai farlo valere in contenzioso se l’Agenzia fa resistenza. Tieni presente che infatti nel caso Isaia in Cassazione 2025 si parlava di vincite 2007-09, annullate proprio in base al diritto UE nonostante all’epoca la norma italiana le tassasse. Invece per vincite extra-UE di quegli anni non c’è scappatoia: erano imponibili allora e lo sono rimaste.

D: Ma l’Agenzia delle Entrate può veramente scoprire tutto? Come fa a sapere quanto ho vinto?
R: Ha diversi modi. Primo, come visto, i casi celebri vengono fuori da fonti aperte: i risultati dei tornei live importanti sono pubblici (HendonMob database, news, classifiche) e la GdF li consulta. Secondo, c’è la collaborazione internazionale: per somme grosse, l’IRS americano può comunicare alle autorità italiane le vincite di cittadini italiani (soprattutto se c’è un’inchiesta in corso). Terzo, i movimenti bancari: se ricevi bonifici dall’estero (da casinò o intermediari di gioco) sopra certe soglie, questi movimenti possono emergere tramite l’Anagrafe dei conti e far scattare verifiche. Anche i transiti di denaro contante alle frontiere (dichiarazioni doganali se >10k) possono dare spunti. Insomma, non è garantito che “ti scoprano” se vinci 5k a San Marino, ma se cominci a incassare decine o centinaia di migliaia, lasci tracce. E prima o poi un controllo mirato su chi appare nelle top winnings internazionali arriva (Operazione All In docet). Peraltro, una volta partite le verifiche, l’Agenzia può richiedere al contribuente documentazione e chiarimenti: molti giocatori sono stati convocati e hanno dovuto esibire estratti conto, email con organizzatori, etc., dai quali le Fiamme Gialle ricostruiscono il quadro. Dunque, fare affidamento sul “nascondere” non è prudente. Meglio essere trasparenti e in regola.

D: Cosa rischio se continuo a non pagare dopo l’accertamento?
R: Se ignori l’avviso e non fai ricorso (né adesione), dopo 60 giorni diventa titolo esecutivo. Ti arriverà una cartella o direttamente inizieranno le azioni di recupero coattivo. Rischi quindi il pignoramento dei tuoi conti correnti, stipendio, beni mobili (auto con fermo amministrativo) e immobili (ipoteca e pignoramento) per coprire il debito. Inoltre gli interessi moratori continueranno a crescere. Se hai un lavoro dipendente o pensione, possono trattenerti alla fonte una quota mensile. Insomma, il debito ti seguirà e verrà forzosamente riscosso. In più, se rientri nel penale, il mancato pagamento non ti salva dal processo e anzi inasprisce la posizione (nessuna attenuante per ravvedimento). È una situazione da evitare. Se proprio non puoi pagare interamente, rivolgiti all’Agente della riscossione per un piano rate, evita che mettano mano ai tuoi beni in maniera disordinata. E valuta se puoi far annullare il debito con strumenti come la “definizione agevolata” (se il governo ne propone di nuove) o – estrema ratio – procedure da sovraindebitamento per esdebitazione (se sei impossibilitato del tutto a pagare, c’è una legge che consente di azzerare i debiti con un piano del consumatore, ma è complicato e penale a parte). In sintesi: non pagare affatto non è una soluzione, peggiora solo le cose con il tempo.

D: Ho letto che alcuni giocatori hanno vinto i ricorsi e ottenuto rimborsi. È vero?
R: Sì. Dopo la svolta del 2014, molti giocatori che avevano subito accertamenti e magari pagato qualcosa hanno poi vinto in giudizio e perfino ottenuto rimborsi di quanto versato. La stampa specializzata ha riportato casi in cui l’Agenzia è stata condannata a restituire somme e pagare spese legali. Questo è avvenuto per quelli che avevano pagato su vincite UE prima che la questione fosse chiarita. Oggi è meno frequente perché l’AdE ormai non tassa più le vincite UE. Ma se hai pagato tasse non dovute in passato (ad esempio non sapevi e hai inserito in dichiarazione una vincita da casinò francese e versato IRPEF), potresti presentare istanza di rimborso entro 48 mesi dal pagamento, proprio invocando la non debenza (o ricorrere se non ottemperano). Alcuni poker players l’hanno fatto con successo recuperando imposte versate indebitamente su redditi esenti. Quindi sì, esistono precedenti di rimborso – ovviamente ciò vale per situazioni in cui la legge oggi riconosce l’esenzione. Se hai pagato correttamente imposte su Vegas, invece, non c’è margine per rimborso, quelle erano dovute.

D: È consigliabile chiedere un parere/protocollo all’Agenzia prima di iniziare a giocare professionalmente?
R: Teoricamente esiste l’istituto dell’interpello con cui puoi chiedere all’Agenzia come applicare la norma a un caso concreto. Un interpello sulla tassazione delle vincite rischia però di avere risposta già nota: ti confermeranno l’imponibilità delle vincite extra-UE e la non imponibilità delle UE, citando norme esistenti. Non ti darebbe alcun vantaggio concreto. Non c’è bisogno di interpello perché la situazione è chiara in diritto. Piuttosto, potrebbe aver senso un interpello disapplicativo se tu volessi disapplicare qualche norma anti-elusiva – ma qui non ricorre. Quindi direi che non è molto utile interpellare. Meglio investire in consulenza fiscale continuativa, per gestire le dichiarazioni correttamente ogni anno ed evitare problemi a monte.


In conclusione, il giocatore di poker che si trovi ad affrontare un avviso di accertamento deve armarsi di competenza (meglio affidarsi a professionisti), conoscere i propri diritti e doveri e sfruttare tutte le opportunità offerte dall’ordinamento per ridurre gli effetti negativi. Come abbiamo visto, pur essendo il quadro normativo non sempre favorevole al contribuente (specie sul tema deduzioni), esistono strumenti efficaci di tutela. La giurisprudenza aggiornata è in larga parte dalla parte dei giocatori per quanto riguarda le situazioni di doppia tassazione con l’estero UE, mentre legittima la pretesa fiscale per le vincite extra-UE. Pertanto, una buona difesa consisterà nel contestare solo ciò che è contestabile (ottenendo annullamenti parziali magari) e nel definire il resto alle condizioni più favorevoli possibili. Preparazione, tempestività e strategia sono le parole chiave per uscirne col minimo danno e, perché no, trasformare quella che può sembrare una disfatta (fiscale) in un risultato gestibile.

Fonti e Riferimenti

  • Corte di Cassazione – Ordinanza n. 3879 del 15 febbraio 2025 (Pres. M. Cataldi): Imponibilità delle vincite nei casinò extra-UE – conferma tassazione in Italia delle vincite realizzate in Stati Uniti e Principato di Monaco, con esenzione per quelle in Slovenia (UE).
  • Corte di Cassazione – Ordinanza giugno 2025 (caso Alessio Isaia): Vincite in casinò UE non tassabili – accoglimento ricorso del pokerista contro AdE, ribadito che premi vinti in case da gioco autorizzate UE non vanno assoggettati a IRPEF in Italia.
  • Corte di Giustizia UE – Sentenza 22/10/2014 (Cause riunite C-344/13 e C-367/13, Blanco e Fabretti): Divieto di discriminazione fiscale sui giochi d’azzardo intra-UE – dichiarata contraria al TFUE la normativa italiana che tassava le vincite in altri Stati membri esonerando quelle nazionali.
  • Agenzia delle Entrate – TUIR (DPR 917/1986), art. 67, c.1, lett. d) e c.1-bis; art. 69, c.1: definizione dei redditi diversi comprendenti “le vincite delle lotterie, concorsi a premio, giochi e scommesse” e previsione che le vincite in case da gioco autorizzate in Italia o UE/SEE non concorrono a formare il reddito.
  • DPR 600/1973, art. 30: Ritenuta alla fonte su vincite – prevede che i premi corrisposti dallo Stato o da soggetti residenti siano soggetti a ritenuta a titolo d’imposta; storicamente il comma 7 (abrogato nel 2016) esonerava le vincite da case da gioco autorizzate perché tassate tramite imposta sugli intrattenimenti.
  • Informazione Fiscale (Fisco e tasse) – Nessuna tassazione sulle vincite da gioco estere (articolo esplicativo): analisi post Cass. 2020 su esenzione vincite UE e imponibilità extra-UE; riporta inserimento art. 67 c.1-bis TUIR nel 2016.
  • D.Lgs. 218/1997 (accertamento con adesione) e Circ. Agenzia Entrate n. 65/E/2001: disciplina dell’adesione – riduzione sanzioni a 1/3, termine per pagamento, effetti penali (art. 13 D.Lgs. 74/2000: estinzione reati tributari minori col pagamento integrale).
  • D.Lgs. 546/1992 (contenzioso tributario) art. 17-bis: reclamo/mediazione tributaria (sanzioni ridotte 35% in caso di accordo); art. 48: conciliazione giudiziale (sanzioni 40%/50%); art. 15: sospensione giudiziale della riscossione.
  • D.Lgs. 471/1997 art. 1 e D.Lgs. 74/2000 art. 4-5: sanzioni amministrative per dichiarazione infedele/omessa (90-180%, 120-240%) e soglie di punibilità penale (€50k imposta evasa omessa, €100k infedele).

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Conclusione

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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