Ravvedimento Operoso Crypto: Come Si Fa Con L’Avvocato

Hai realizzato guadagni da Bitcoin, Ethereum o altre criptovalute e ti sei accorto di non averli dichiarati correttamente? Hai ricevuto una segnalazione dall’Agenzia delle Entrate o vuoi evitare un accertamento fiscale per attività in crypto? Ti stai chiedendo come funziona il ravvedimento operoso per le criptovalute e se puoi regolarizzarti senza sanzioni gravi?

Se hai omesso la dichiarazione di cripto-attività, capital gain o non hai compilato il quadro RW, puoi ancora rimediare grazie al ravvedimento operoso, uno strumento legale che ti permette di regolarizzare spontaneamente la tua posizione fiscale, con sanzioni ridotte e senza conseguenze penali.

Quando è utile il ravvedimento operoso sulle criptovalute?
– Se non hai dichiarato le plusvalenze realizzate dalla compravendita di crypto
– Se non hai compilato il quadro RW per cripto detenute su exchange esteri
– Se hai ricevuto alert, lettere di compliance o comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate
– Se vuoi sanare spontaneamente la tua situazione prima di controlli o indagini

Quali errori puoi sanare con il ravvedimento?
– Omissione o errore nella dichiarazione dei redditi da crypto-trading
– Mancata dichiarazione del valore delle criptovalute nel quadro RW
– Errori nel calcolo delle plusvalenze o minusvalenze
– Omesso monitoraggio fiscale di wallet esteri, exchange decentralizzati o custodial

Come funziona il ravvedimento operoso crypto?
– Si presenta una dichiarazione integrativa dei redditi o del quadro RW
– Si pagano le imposte dovute sulle plusvalenze, con sanzioni ridotte dal 30% al 1,5% o meno
– Si può sanare anche per più anni passati, se non c’è stato accertamento in corso
– È fondamentale documentare tutte le operazioni, con tracciabilità e calcoli precisi

Quali documenti servono?
Estratti conto e cronologia completa delle transazioni da exchange e wallet
– Report dettagliati con date, valori di acquisto e vendita, valute coinvolte
– Documentazione bancaria a supporto di eventuali bonifici in entrata/uscita
– Se possibile, report automatici generati da strumenti specializzati (CoinTracking, Koinly, ecc.)

Perché serve l’assistenza di un avvocato?
– Per valutare se esistono i presupposti per l’obbligo dichiarativo
– Per redigere una strategia difensiva e documentale, soprattutto se i valori in gioco sono rilevanti
– Per coordinare il ravvedimento con le tempistiche fiscali
– Per gestire eventuali contestazioni dell’Agenzia delle Entrate, anche in fase di controllo successivo
– Per evitare errori tecnici che potrebbero invalidare la regolarizzazione

Cosa puoi ottenere?
Pace fiscale e regolarità piena nei confronti del Fisco
Sanzioni minime, senza interesse composto o iscrizione a ruolo
Nessun impatto penale, se la regolarizzazione è spontanea e completa
Possibilità di operare legalmente, anche con importi elevati e nel lungo termine
Tutela fiscale e patrimoniale, in caso di futuro controllo

Molti investitori crypto non sanno che la mancata dichiarazione può portare a gravi conseguenze fiscali, ma allo stesso tempo la legge consente di regolarizzarsi con strumenti rapidi, efficaci e sostenibili.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità delle criptovalute e contenzioso tributario ti spiega come funziona il ravvedimento operoso per le cripto-attività, quando puoi utilizzarlo e perché è fondamentale agire con assistenza tecnica.

Hai timore di un accertamento per criptovalute non dichiarate? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione e ti diremo come ravvederti legalmente, senza errori e con il massimo risparmio.

Introduzione

Il ravvedimento operoso è uno strumento fondamentale dell’ordinamento tributario italiano che consente ai contribuenti di regolarizzare spontaneamente errori od omissioni fiscali, beneficiando di sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie. Nel contesto delle criptovalute, dove la disciplina fiscale si è evoluta rapidamente negli ultimi anni, il ravvedimento operoso assume un ruolo cruciale. Molti investitori in cripto-attività, infatti, potrebbero aver mancato di dichiarare correttamente redditi o patrimoni digitali per mera ignoranza delle regole (spesso complesse e di recente introduzione) o per sottovalutazione degli obblighi. Regolarizzarsi in tempi brevi è importante sia per evitare le pesanti sanzioni previste, sia per prevenire conseguenze più gravi, come l’apertura di accertamenti fiscali o addirittura l’insorgere di profilature penali in caso di evasioni significative.

Perché è importante regolarizzare subito? Le normative fiscali sulle criptovalute sono diventate molto stringenti negli ultimi anni e continuano ad aggiornarsi. Ciò significa che le omissioni passate rischiano di essere individuate dal Fisco con maggiore facilità, complice l’aumento dei controlli anche internazionali sul patrimonio digitale. Inoltre, la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto alcune novità (come l’abolizione di soglie di esenzione e l’inasprimento futuro dell’aliquota fiscale) che rendono ancora più importante “mettersi in regola” quanto prima. Agire proattivamente tramite ravvedimento consente di ridurre al minimo il costo economico della regolarizzazione (grazie alle sanzioni ridotte) e di ritrovare serenità nella gestione delle proprie criptovalute, evitando il timore costante di sanzioni o interventi dell’Agenzia delle Entrate.

Criptovalute e fisco: inquadramento normativo al 2025

Prima di entrare nel merito del ravvedimento operoso, è necessario comprendere quali siano gli obblighi fiscali relativi alle criptovalute e come la normativa italiana si è evoluta di recente. Questo contesto ci permette di identificare quali violazioni potremmo aver commesso (omessa indicazione nel quadro RW, mancato pagamento di imposte sulle plusvalenze, ecc.) e quindi di capire come sanarle.

Tassazione delle plusvalenze da cripto-attività (persone fisiche non imprenditori)

Fino al 2022 le criptovalute erano trattate per analogia come valute estere ai fini delle imposte sui redditi. In base a interpretazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria prima della riforma organica, si applicavano le regole dell’art. 67 co.1-ter TUIR previste per le valute estere: le plusvalenze su criptovalute erano tassabili come redditi diversi solo in caso di prelievo da wallet (conversione in valuta fiat) con giacenza media superiore a 51.645,69 € per almeno 7 giorni lavorativi nel periodo d’imposta. In altre parole, un privato che avesse venduto criptovalute contro euro realizzando un guadagno, pagava un’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze solo se il valore medio dei suoi wallet superava la soglia di circa 51.645 € (equiparazione alla norma sulle valute estere). Sotto tale soglia, le plusvalenze venivano considerate esenti per carenza di intento speculativo. Inoltre, lo scambio fra valute virtuali non era esplicitamente normato: generalmente si riteneva che permutare una criptovaluta con un’altra non facesse emergere tassazione immediata (salvo poi tassare all’atto del cash-out in fiat).

Dal 2023 il quadro normativo è cambiato radicalmente. La Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) ha introdotto una disciplina organica per le “cripto-attività”, distinguendole dalle valute estere e inserendo una nuova categoria di redditi diversi finanziari. In particolare, è stato aggiunto all’art. 67 TUIR il comma 1, lettera c-sexies, che prevede la tassazione del complesso delle plusvalenze e altri proventi derivanti dalla cessione a titolo oneroso, rimborso, permuta o detenzione di cripto-attività, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. Dunque per gli anni fiscali 2023 e 2024 i privati devono dichiarare i redditi da cripto se il totale delle plusvalenze/proventi annui supera 2.000 €; oltre tale soglia tutto il gain è imponibile (la norma definisce la soglia come limite oltre cui scatta l’imponibilità, non come franchigia esentasse). Su tali redditi si applica un’imposta sostitutiva del 26%, in linea con l’aliquota sui redditi finanziari di natura similare.

Nota: la norma include anche i “proventi” da permuta o detenzione di cripto-attività. Questo ha destato dubbi interpretativi, poiché poteva suggerire la tassazione di scambi crypto-crypto o addirittura della semplice detenzione. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 30/E del 27/10/2023, ha chiarito che la permuta tra cripto-attività aventi la medesima funzione non è imponibile; la tassazione si applica invece quando dalla permuta si ottiene un asset di diversa natura (ad esempio, convertire Bitcoin in una stablecoin è considerato realizzo imponibile). In sintesi: scambiare BTC con ETH non genera immediatamente plusvalenza tassabile (essendo entrambe cripto “valuta”), mentre scambiare BTC con una stablecoin (o con beni/servizi) sì, poiché la stablecoin ha funzione assimilabile a valuta legale o comunque diversa da una cripto volatile. Resta sempre imponibile, ovviamente, la conversione finale in euro o altre valute FIAT.

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto anche misure una tantum per favorire l’emersione del patrimonio crypto pregresso: i contribuenti potevano optare per una “rivalutazione” del costo di acquisto delle criptovalute detenute al 1° gennaio 2023 pagando un’imposta sostitutiva del 14% sul valore a tale data (pagabile entro il 30/6/2023, in unica soluzione o in tre rate con interessi al 3%). Inoltre, per sanare omissioni pregresse, era prevista una regolarizzazione straordinaria (vedi oltre) con pagamento di un’imposta del 3,5% sul valore delle cripto detenute a fine di ciascun anno (o al momento del realizzo) per il periodo 2016-2021, oltre a una somma aggiuntiva dello 0,5% per ciascun anno a titolo di sanzioni e interessi. Chi non aveva mai dichiarato nulla poteva aderire a questa sanatoria speciale entro il 30/11/2023, evitando così il più oneroso ravvedimento ordinario per quei periodi.

Novità 2025: La Legge di Bilancio 2025 (L.207/2024, commi 23-29) ha ulteriormente modificato la tassazione futura delle cripto-attività. In un’ottica di irrigidimento del regime fiscale, è stato disposto che dal periodo d’imposta 2025 sparisce la soglia di esenzione dei 2.000 €. Ciò significa che tutte le plusvalenze da criptovalute, anche di modesta entità, diverranno imponibili e andranno dichiarate (questo impatterà soprattutto i piccoli detentori senza finalità speculative, finora esclusi dagli obblighi dichiarativi se sotto soglia). Inoltre, l’aliquota sostitutiva resterà al 26% per il 2025 ma verrà elevata al 33% dal 2026, allineandosi di fatto alla tassazione dei capital gain delle partecipazioni qualificate. La L.207/2024 ha anche riproposto una nuova opportunità di rivalutazione: i contribuenti potranno assumere il valore delle cripto al 1° gennaio 2025 come costo fiscale, pagando un’imposta sostitutiva del 18% sul valore (versamento entro il 30/11/2025, anche qui in massimo tre rate con interessi). Questo meccanismo permette di “cristallizzare” eventuali plusvalori maturati fino al 2024 pagando il 18% invece del 26%/33% che si applicherebbe al realizzo futuro – un’opzione utile per chi ha crypto acquistate a prezzi bassissimi e teme la futura aliquota maggiore.

Da quanto sopra risulta evidente come il legislatore stia progressivamente integrando le cripto-attività nel sistema fiscale ordinario, eliminando agevolazioni e imponendo aliquote allineate (o persino superiori) a quelle di altri investimenti finanziari. Diventa pertanto sempre più rischioso rimanere nell’ombra: la mancata dichiarazione di redditi crypto oggi non ha più giustificazioni in un “vuoto normativo” (come forse si poteva sostenere fino a qualche anno fa), ma costituisce a tutti gli effetti un’evasione d’imposta. Ne consegue che le sanzioni, sia amministrative che (potenzialmente) penali, in caso di accertamento saranno applicate in modo rigoroso. Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono gli obblighi dichiarativi specifici (quadro RW e imposte patrimoniali), per poi affrontare le sanzioni connesse e infine le modalità di ravvedimento.

Monitoraggio fiscale: Quadro RW, IVAFE e imposta sulle cripto-attività (IVCA)

Oltre alla tassazione delle plusvalenze, i detentori di criptovalute devono prestare attenzione agli obblighi di monitoraggio fiscale e di versamento delle eventuali imposte patrimoniali sui propri asset digitali. In Italia vige, dal 1990, un regime di monitoraggio delle attività estere attraverso il quadro RW della dichiarazione dei redditi (disciplinato dal D.L. 167/1990). Fino a tempi recenti non era pacifico se e come le criptovalute rientrassero in tale obbligo, ma oggi la situazione è chiarita.

Fino al 2022: In assenza di una norma ad hoc, l’Agenzia delle Entrate riteneva comunque che le cripto-valute (intese come valute virtuali tipo Bitcoin, Ether, etc.) andassero indicate nel Quadro RW a fini di monitoraggio, indipendentemente dall’ammontare detenuto. La prassi equiparava infatti le criptovalute a attività estere di natura finanziaria: di conseguenza, se il wallet o l’exchange non era intermediato da un soggetto residente in Italia, le cripto erano considerate “attività detenute all’estero” e come tali soggette a monitoraggio. Questo valeva sia per criptovalute custodite su exchange esteri, sia per quelle detenute in self-custody (es. wallet su hard disk o chiavetta hardware), poiché in tal caso si interpretava la detenzione come estera se il dispositivo non si trovava fisicamente in Italia – anche se questa distinzione risultava di fatto irrilevante, dato che l’obbligo RW scattava comunque “a prescindere” dal luogo di conservazione. Un importante chiarimento è arrivato con la risposta a interpello n. 437/2022, in cui l’Agenzia confermava che le cripto detenute direttamente dall’utente (private wallet) devono essere monitorate come quelle presso exchange, salvo il caso in cui vi sia un intermediario italiano coinvolto.

Sul piano delle imposte patrimoniali collegate al quadro RW, fino al 2022 le criptovalute non erano soggette a IVAFE, l’imposta sul valore delle attività finanziarie estere, poiché non riconducibili a depositi o conti correnti tradizionali. In pratica, il contribuente che indicava Bitcoin & affini in RW pagava solo l’eventuale sanzione fissa di bollo sui conti italiani (se depositati presso un intermediario italiano), ma nessuna imposta patrimoniale annuale sul controvalore crypto se detenuti all’estero. Questo trattamento più benevolo è però cambiato con la riforma recente.

Dal 2023: La Legge 197/2022 ha introdotto espressamente l’obbligo di dichiarare le cripto-attività nel quadro RW (o nel quadro W del modello 730) e, contestualmente, ha istituito un’imposta patrimoniale specifica sulle cripto. L’art. 4 del D.L. 167/90 è stato modificato per includere nel monitoraggio tutte le cripto-attività, indipendentemente da dove e come siano detenute. La citata Circolare AdE 30/E/2023 (§3.4) ha confermato che l’obbligo di monitoraggio sussiste a prescindere dalle modalità di archiviazione (exchange online, hardware wallet, paper wallet, ecc.) e dal luogo (Italia o estero) di detenzione. In altre parole, ogni cripto-attività va indicata in RW, salvo il caso in cui sia affidata in gestione ad un intermediario fiscale italiano che effettua già la comunicazione (ad es., se le vostre crypto sono presso un operatore italiano che applica regime amministrato/gestito, potrebbe non servire RW – ma attenzione, ad oggi pochi intermediari italiani offrono un servizio del genere sulle crypto).

In parallelo, è stata introdotta l’imposta sul valore delle cripto-attività (IVCA), sul modello dell’IVAFE. L’aliquota è del 0,2% annuo (2 per mille) sul valore delle cripto detenute. Tale imposta patrimoniale si calcola generalmente sul valore di mercato al 31 dicembre di ciascun anno (o al momento di cessazione detenzione, se vendute prima), tenendo conto dei giorni di detenzione nell’anno. Ad esempio, se un contribuente possedeva 1 BTC al 31/12, dal 2023 dovrà pagare lo 0,2% del valore in euro di quel BTC a fine anno come IVCA. È prevista un’esenzione analoga a quella dell’IVAFE per piccoli importi: se il valore complessivo delle attività finanziarie estere (incluse cripto) non supera €5.000, l’IVAFE/IVCA non è dovuta. Attenzione: questa esenzione riguarda il pagamento dell’imposta patrimoniale, non necessariamente l’obbligo di dichiarazione. Ad esempio, se un contribuente ha €4.000 in criptovalute su exchange estero, formalmente non pagherà IVCA (sotto soglia 5k) ma potrebbe comunque dover compilare il quadro RW se è superata l’eventuale soglia per il monitoraggio.

A tal proposito, va ricordato che esiste una soglia di esclusione dal monitoraggio per i conti esteri con giacenza massima sotto €15.000 nell’anno. Tuttavia, tale soglia si applica espressamente a conti correnti e depositi bancari; per le altre attività finanziarie (inclusi investimenti e cripto) l’obbligo scatta anche per importi inferiori. In pratica, secondo le istruzioni ufficiali, qualsiasi importo in cripto detenuto fuori da intermediari residenti va dichiarato in RW, sebbene in passato alcuni considerassero esonerate le giacenze minime. L’unico caso di esonero è quando le criptovalute sono detenute attraverso un intermediario italiano che funge da sostituto d’imposta, perché in tal caso l’intermediario stesso assolve agli obblighi di monitoraggio (analogo al possesso di un fondo estero tramite banca italiana).

Nuove aliquote IVAFE/IVCA dal 2024: È utile segnalare che, per effetto della L.197/2022 e successivi ritocchi, dal 2024 l’aliquota IVAFE ordinaria sui beni esteri in Paesi non cooperativi è stata raddoppiata al 4 per mille, e lo stesso 4‰ risulta applicabile alle cripto-attività detenute (indipendentemente dal Paese) stando agli ultimi indirizzi normativi. Ciò significa che per il 2023 l’IVCA è al 2‰, ma dal 2024 potrebbe essere al 4‰ in molti casi, rendendo ancora più oneroso il “costo” annuale di detenzione delle crypto a fini fiscali. Anche qui esenzioni e dettagli applicativi sono in via di chiarimento, ma il trend è evidente: il Fisco italiano considera oramai le criptovalute alla stregua di investimenti finanziari esteri, soggetti sia a tassazione reddituale sia a prelievi patrimoniali.

Riassumendo: chi risiede fiscalmente in Italia ed è titolare di criptovalute deve:

  1. Dichiarare nel quadro RW il valore delle proprie cripto-attività detenute fuori dal circuito degli intermediari italiani, per ogni anno d’imposta (valore al 31/12, oppure al momento di realizzo se si sono vendute prima di fine anno). Questo adempimento è di monitoraggio e serve anche per il calcolo dell’eventuale IVCA/IVAFE dovuta.
  2. Calcolare e versare l’IVCA/IVAFE sulle criptovalute, con l’aliquota vigente (2‰ per il 2023, 4‰ dal 2024 se applicabile), salvo esenzioni per importi minimi. Il versamento si effettua tramite F24 con appositi codici tributo nell’anno successivo (in sede di saldo imposte).
  3. Dichiarare le eventuali plusvalenze o altri redditi derivanti da operazioni su cripto (trading, cash-out, interessi da staking, ecc.) nel quadro Redditi pertinente (generalmente quadro RT del modello Redditi PF, se regime dichiarativo) e pagare l’imposta sostitutiva del 26% (salvo variazioni future al 33%). Se ci si avvale di un intermediario italiano con regime amministrato/gestito, l’imposta sui redditi crypto sarà applicata e versata direttamente da quest’ultimo, ma attualmente la maggior parte degli utenti opera su piattaforme estere o self-custody, quindi deve autoliquidare le imposte.

Alla luce di questi obblighi, quali sono le violazioni più comuni che un contribuente potrebbe aver commesso e che possono essere sanate tramite ravvedimento? Le casistiche principali sono:

  • Omessa o incompleta compilazione del quadro RW: non aver dichiarato le criptovalute detenute (o averle dichiarate solo in parte) negli anni passati; conseguentemente non aver versato l’IVAFE/IVCA dovuta.
  • Omessa dichiarazione di plusvalenze o redditi crypto: aver effettuato operazioni tassabili (vendite in gain, conversioni imponibili, rendite da staking, ecc.) senza indicarle in dichiarazione e senza pagarci il 26%. Questo può configurarsi come dichiarazione infedele (se si è presentato il Modello Redditi ma privo di queste informazioni) oppure come omessa dichiarazione (se non si è proprio presentata la dichiarazione pur avendone l’obbligo a causa di quei redditi).
  • Errori formali o tardivi adempimenti: ad esempio presentazione tardiva del quadro RW entro 90 giorni (violazione meno grave, sanzione fissa) oppure errori di calcolo nelle imposte versate (versamenti insufficienti), ecc. Anche questi possono essere regolarizzati.

Nei capitoli successivi esamineremo il regime sanzionatorio collegato a tali violazioni e poi dettaglieremo come operare il ravvedimento in pratica per ciascun tipo di omissione.

Sanzioni per omissioni su criptovalute: cosa si rischia?

Prima di vedere come calcolare e versare il dovuto col ravvedimento, è bene chiarire quali sanzioni la legge prevede in caso di controlli fiscali, così da apprezzare i vantaggi offerti dalla regolarizzazione spontanea. Il sistema sanzionatorio tributario distingue tra:

  • Violazioni reddituali sostanziali (dichiarazione infedele od omessa): riguardano il non aver dichiarato redditi imponibili, con imposte evase.
  • Violazioni di monitoraggio (quadro RW): riguardano l’omessa indicazione di attività estere (criptovalute incluse), a prescindere dalla tassazione dei relativi redditi.

È importante notare che queste violazioni sono cumulabili: ad esempio, chi non ha dichiarato €10.000 di plusvalenze crypto e al contempo non ha compilato il quadro RW per €50.000 di crypto detenute, subirà sia la sanzione per infedele dichiarazione sui redditi evasi sia la sanzione per omessa indicazione in RW. Vediamo le singole misure sanzionatorie previste (aggiornate alle novità legislative recenti).

Sanzioni per redditi crypto non dichiarati

La dichiarazione infedele si ha quando il contribuente presenta la dichiarazione dei redditi annuale, ma omette di inserirvi una parte di imponibile (ad esempio non indica le plusvalenze da cripto). Fino al 31 agosto 2024 la sanzione amministrativa prevista dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. 471/1997 era dal 90% al 180% dell’imposta evasa, con un minimo di €250 in ogni caso. Se l’omissione riguardava redditi esteri, la sanzione veniva aumentata di un terzo (fino a 120%–240%). Dunque, ad esempio, omettere €5.200 di imposta su plusvalenze crypto estere portava, in sede di accertamento, a una sanzione base minima di €6.240 (cioè il 120% di €5.200).

Dopo la riforma del 2024 (D.Lgs. 87/2024 in vigore dal 1/9/2024), le sanzioni per infedele dichiarazione sono state ridotte: ora è prevista una sanzione unica pari al 70% dell’imposta non dichiarata, con minimo €150. Sono state inoltre abrogate le maggiorazioni per redditi esteri, per cui non si applica più l’incremento di 1/3 legato alla fonte estera del reddito. Il 70%, di fatto, sostituisce l’intervallo 90–180%. Esempio: se nel 2025 si accerta che Tizio ha evaso €5.200 di imposte su cripto, la sanzione sarà €3.640 (70% di €5.200), laddove in passato sarebbe stata almeno €4.680 (90%) o addirittura €6.240 (120% se estere).

Va evidenziato che la riforma 2024 introduce una specifica attenuante per chi si autodenuncia in tempi rapidi: se il contribuente presenta una dichiarazione integrativa correggendo l’errore prima dei termini di decadenza dell’accertamento e comunque prima di aver ricevuto formale notizia di verifiche o controlli, allora la sanzione per infedele è ulteriormente ridotta al 50% dell’imposta evasa. In altri termini, se l’errore “emerge” da un’integrativa spontanea (quindi in pratica grazie al ravvedimento prima dell’avviso di accertamento), la sanzione scende al 50%. Questa previsione premiale si affianca (senza sostituirla) alla disciplina del ravvedimento operoso: in sostanza codifica uno sconto sanzionario per chi regolarizza entro i limiti dell’accertabilità.

Omessa dichiarazione: se il contribuente non presenta affatto la dichiarazione dei redditi pur essendo obbligato (ad esempio, aveva solo plusvalenze crypto da dichiarare sopra soglia e non lo ha fatto, o ha saltato l’intera dichiarazione contenente anche altri redditi), si configura la violazione più grave. La sanzione, ex art. 1, comma 1, D.Lgs. 471/1997, va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con minimo €250. Questa è la base ante riforma; la riforma 2024 non ha (per ora) modificato espressamente tali percentuali per l’omessa dichiarazione, quindi rimangono in vigore. Di fatto, per omessa dichiarazione di redditi crypto l’Ufficio applicherà almeno il 120% dell’imposta non dichiarata (con aumento a 150% – 180% – 240% in caso di circostanze aggravanti o importi rilevanti). Nel caso in cui non fosse dovuta alcuna imposta (ipotesi rara in contesto omessa, che è per definizione legata a imposte dovute) si applicherebbe comunque la sanzione fissa minima di €250.

È importante ricordare che, oltre alle sanzioni amministrative, nei casi più gravi scattano anche conseguenze penali. La normativa di riferimento è il D.Lgs. 74/2000. La dichiarazione infedele (art.4 D.Lgs.74/2000) diventa reato se l’imposta evasa supera €100.000 e gli elementi attivi sottratti a tassazione superano il 10% del reddito dichiarato oppure €2 milioni. L’omessa dichiarazione (art.5 D.Lgs.74/2000) è reato se l’imposta evasa supera €50.000. Le pene previste vanno, rispettivamente, da 1 a 3 anni (infedele) e da 2 a 5 anni (omessa) di reclusione. Ad esempio, omettere di dichiarare plusvalenze crypto per importi molto elevati può far superare il tetto di €50.000 di imposta evasa, esponendo il contribuente a un procedimento penale. Ravvedimento e profili penali: Il pagamento del dovuto tramite ravvedimento non estingue automaticamente il reato (a differenza di quanto avviene per altri reati tributari come l’omesso versamento IVA, dove pagare prima del dibattimento estingue il reato). Tuttavia, il ravvedimento può costituire una circostanza attenuante e in generale, se effettuato prima dell’inizio di attività penali, riduce la probabilità che si arrivi a un procedimento (poiché elimina l’evasione sul piano amministrativo). In ogni caso, per importi rilevanti è opportuno il coinvolgimento di un legale al fine di valutare le migliori strategie di tutela penale.

Sanzioni per omessa compilazione del quadro RW (monitoraggio)

La mancata indicazione di attività finanziarie estere (criptovalute incluse) nel quadro RW configura una violazione distinta, di natura formale-sostanziale. L’art. 5, comma 2, D.L. 167/1990 (come modificato) prevede una sanzione dal 3% al 15% dell’ammontare non dichiarato, per ciascun anno di omissione. Se le attività estere sono detenute in Paesi a fiscalità privilegiata (black list), la sanzione raddoppia al 6% – 30%. Queste percentuali si applicano sul valore dei beni non monitorati (ad esempio, il valore di mercato delle criptovalute non indicate al 31/12), indipendentemente dal fatto che abbiano prodotto redditi tassabili. Importante: la Cassazione ha più volte ribadito che l’omessa compilazione del quadro RW non è una semplice formalità, bensì una violazione di rilievo sostanziale che ostacola il controllo fiscale. Non è dunque possibile invocare la tesi dell’“errore formale” per evitare le sanzioni proporzionali: se l’RW manca oltre i termini, si applicano almeno le sanzioni minime del 3% annuo (o 6% annuo per Paesi black list).

Attenuanti e particolarità: Se il contribuente presenta il quadro RW entro 90 giorni dalla scadenza originaria (dichiarazione tardiva “sanabile”), la violazione è punita in modo più lieve, con una sanzione fissa di €258 in luogo di quelle proporzionali. In pratica, se ci si accorge entro 3 mesi di aver saltato il quadro RW, si può presentare una dichiarazione integrativa tardiva: ciò evita il 3-15% annuo, applicando invece solo €258 di multa (per dichiarazione tardiva entro 90 giorni). Oltre il 90° giorno, però, la dichiarazione è considerata omessa ai fini RW e scattano le percentuali. In ogni caso, come vedremo, il ravvedimento operoso consente di ridurre anche queste sanzioni.

Crypto e Paesi black list: Un dubbio interpretativo riguarda il raddoppio 6-30%. Le criptovalute, non essendo collegate ad un territorio fiscale specifico, di per sé non dovrebbero subire il raddoppio. Se però le crypto sono detenute tramite un exchange con sede in un Paese black list, alcuni ritengono applicabile l’aliquota aggravata. La Circolare 30/E-2023 ha chiarito che le cripto-attività vanno monitorate “indipendentemente” dal luogo e non sembrano soggette al trattamento black list in automatico. Anzi, taluni commentatori sostengono esplicitamente che le cripto non sono soggette al raddoppio black list in quanto categoria a sé stante. Dunque, prudentemente, potremmo assumere che la sanzione per omessa RW su crypto è 3-15% annuo (non raddoppiata), salvo caso in cui si dimostri che i wallet erano situati in un certo paese black list (ma scenario raro, data la natura decentralizzata).

Va sottolineato un aspetto: la sanzione RW colpisce l’omessa dichiarazione del patrimonio, non il mancato versamento di IVAFE/IVCA. Se il contribuente ha anche omesso di pagare l’imposta patrimoniale sulle crypto, quella è un’ulteriore violazione (omesso versamento tributo) sanzionata separatamente con il 30% dell’imposta non versata. In pratica:

  • Per omessa indicazione in RW: sanzione 3-15% annuo del valore.
  • Per omesso versamento IVAFE/IVCA: sanzione 30% dell’imposta dovuta (ridotta a 25% dal 2024).

Tuttavia, di solito queste vanno insieme: se non hai compilato RW, probabilmente non hai nemmeno calcolato e versato l’IVAFE. In sede di ravvedimento, bisognerà sanare entrambi i profili (pagare l’IVAFE dovuta con interessi e sanzione ridotta, e pagare la sanzione RW ridotta).

Ricapitolando sanzioni crypto (ante ravvedimento):

  • Redditi crypto non dichiarati (infedele): 90%–180% imposta evasa (min €250). Dal 2024: 70% fisso (min €150). Se integrativa spontanea prima accertamento: 50%. Omessa dichiarazione: 120%–240% (min €250).
  • Quadro RW omesso: 3%–15% annuo valore non dichiarato (6%–30% se Paese black list). Dichiarazione RW tardiva entro 90 gg: €258 fissa.
  • IVAFE/IVCA non pagata: 30% dell’imposta non versata (ridotta a 25% dal 2024).

Questi importi, se cumulati per più anni, possono diventare esorbitanti (si pensi a chi per 3-4 anni non ha dichiarato niente: una sanzione RW minima del 3% annuo su, ad esempio, €100.000 di crypto non dichiarate, fa €3.000 per anno, quindi €12.000 per 4 anni solo di RW; aggiungendo eventuali imposte evase e relative sanzioni, si arriva a decine di migliaia). Ecco perché il ravvedimento operoso risulta estremamente conveniente: permette di applicare riduzioni significative su queste sanzioni base, evitando il collasso finanziario del contribuente e incentivando l’emersione spontanea.

Nei prossimi paragrafi illustreremo proprio come si calcolano le sanzioni ridotte in caso di ravvedimento e quali sono le procedure pratiche da seguire per regolarizzare la posizione.

Il ravvedimento operoso: come funziona e quando è ammesso

Il ravvedimento operoso è disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997. In sintesi, consente al contribuente di correggere volontariamente una violazione tributaria, prima che l’Amministrazione finanziaria gliela contesti formalmente, versando:

  • il tributo dovuto (o la differenza d’imposta non pagata),
  • gli interessi moratori maturati (calcolati al tasso legale annuo, giorno per giorno),
  • una sanzione in misura ridotta.

La misura della sanzione ridotta dipende dal momento in cui il ravvedimento avviene rispetto alla scadenza originaria e alle attività di controllo avviate. In altri termini, esistono diverse “finestre temporali” di ravvedimento, ciascuna con la sua frazione di riduzione prevista dalla legge. È prassi distinguere: ravvedimento sprint (entro 14 giorni), breve (entro 30 giorni), medio (entro 90 giorni), lungo (entro un anno), lungo oltre anno (oltre un anno, ma prima di accertamento). Inoltre, dal 2015 in poi sono state eliminate molte cause ostative: oggi tutti i contribuenti, anche se destinatari di controlli, possono ravvedersi fino a quando non venga notificato formale atto di accertamento o liquidazione relativo a quella violazione. Ad esempio, si può fare ravvedimento anche se è già iniziata una verifica fiscale in azienda, purché non sia ancora stato notificato l’avviso di accertamento; l’unico limite è appunto l’arrivo dell’atto impositivo. La riforma del 2015 (L.190/2014) ha infatti tolto come preclusione l’accesso o ispezione, lasciando solo la notifica dell’atto finale. Ciò estende molto l’ambito temporale in cui un contribuente può “pentirsi” e sistemare le cose spontaneamente.

Vediamo ora le principali tipologie di ravvedimento e le relative sanzioni ridotte, distinguendo tra regime pre-riforma 2024 (per violazioni commesse fino al 31/8/2024) e post-riforma (violazioni dal 1/9/2024), laddove ci sono differenze:

Sanzioni ridotte – Violazioni commesse fino al 31/8/2024:

  • Entro 14 giorni dalla scadenza: sanzione ridotta a 0,1% per ogni giorno di ritardo (ravvedimento “sprint”). Equivale a 1/10 del minimo edittale giornaliero (lo 0,1% al giorno è infatti 1/10 di 1% al giorno, dato che per ritardi brevissimi la sanzione piena sarebbe lo 0,1% per giorno).
  • Dal 15° al 30° giorno: sanzione fissa pari a 1,5% (cioè 1/10 del minimo del 15%). Ravvedimento “breve”.
  • Dal 31° al 90° giorno: sanzione 1,67% (cioè 1/9 del minimo del 15%). Ravvedimento “medio”.
  • Entro 1 anno dalla scadenza (o entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale, se la violazione riguarda importi dichiarativi): sanzione 3,75% (1/8 del 30%). Ravvedimento “lungo annuale”.
  • Entro 2 anni dall’evento (o entro la dichiarazione successiva successiva): sanzione 4,29% (1/7 del 30%). Ravvedimento “lungo biennale”.
  • Oltre 2 anni: sanzione 5,0% (1/6 del 30%). Ravvedimento “ultrannuale”.

Le percentuali sopra si riferiscono alla sanzione ordinaria minima della violazione. Nota: per violazioni come l’infedele dichiarazione, la “sanzione minima” era 90% (poi 70% dal 2024). Tuttavia, per semplicità, nel ravvedimento si tende ad applicare le stesse frazioni ai minimi edittali. Ad esempio, se si ravvede una dichiarazione infedele (minimo 90%), entro un anno si applicherà 1/8 di 90% = 11,25%. Nel caso del 2022 sanato nel 2023 nell’esempio di TorinoConsulting: sanzione piena 3% del valore RW, ridotta a 0,375% (1/8) se ravveduta entro anno.

Sanzioni ridotte – Violazioni dal 1/9/2024: la riforma D.Lgs. 87/2024 ha introdotto nuove fattispecie di ravvedimento per stadi avanzati del procedimento e ha reso più vantaggiosa la riduzione in alcuni casi. In particolare:

  • Resta possibile la riduzione 1/7 anche se la regolarizzazione avviene oltre il termine della dichiarazione relativa al periodo (prima c’era limite 2 anni; ora l’art.13 lett. b-bis estende sempre 1/7 se prima di atto). In sostanza, anche oltre 2 anni, finché non c’è accertamento notificato, si può avere 1/7 (4,29%) invece di 1/6.
  • Introdotta riduzione 1/6 (art.13 lett. b-ter) se il ravvedimento avviene dopo la comunicazione dello schema di atto di accertamento in fase di contraddittorio (ossia dopo che il Fisco ha consegnato il PVC o schema, ma prima della notifica formale). Equivale al 5% se base 30%, o al 11,67% se base 70% ecc.
  • Introdotta riduzione 1/5 (lett. b-quater) se la regolarizzazione avviene dopo la constatazione della violazione (processo verbale di constatazione) ma prima di aderire all’accertamento.
  • Introdotta riduzione 1/4 (lett. b-quinquies) se la correzione avviene dopo la comunicazione dell’atto in contraddittorio (dopo controdeduzioni).
  • Per dichiarazioni IVA tardive viene esteso a 90 giorni il termine per ravvedersi con 1/10 (prima era 30 gg).

Questi dettagli, più rilevanti per professionisti, mostrano la tendenza del legislatore a incentivare il ravvedimento anche nelle fasi avanzate, pur con sanzioni via via meno ridotte. Nel contesto del contribuente medio crypto, di solito ci si muove prima (non si aspetta il PVC della Guardia di Finanza per ravvedersi!). Quindi i casi comuni rientrano nelle riduzioni standard 1/8, 1/7, 1/6 in base al ritardo accumulato.

Interessi: Il tasso di interesse legale su base annua è stabilito dal Codice Civile e aggiornato periodicamente. Negli anni recenti è stato: 5% annuo fino al 31/12/2023, poi ridotto al 2,5% per il 2024 e al 2,0% per il 2025. Gli interessi si calcolano giorno per giorno dalla data in cui il tributo avrebbe dovuto essere pagato (o dalla data di scadenza della dichiarazione, se parliamo di RW) fino al giorno in cui si effettua il ravvedimento. Sono pochi punti percentuali e quindi in genere incidono poco rispetto a imposta e sanzioni (ma vanno comunque versati).

Schema riassuntivo (ravvedimento standard, ante settembre 2024):

Tipo di RavvedimentoTermine rispetto violazioneSanzione ridotta (violazioni imposte)
SprintEntro 14 giorni0,1% per ogni giorno di ritardo (≈1/10 del minimo giornaliero)
BreveEntro 30 giorni1,50% fisso (1/10 di 15%)
MedioEntro 90 giorni1,67% (1/9 di 15%)
Lungo annualeEntro 1 anno (o termine dich.)3,75% (1/8 di 30%)
Lungo biennaleEntro 2 anni (o seconda dich.)4,29% (1/7 di 30%)
Oltre 2 anniOltre 2 anni, prima accert.5,00% (1/6 di 30%)

(Nota: per quadro RW omesso, la “violazione” non ha una scadenza intermedia – se non presentata entro 90 gg è considerata omessa. In caso di ravvedimento RW oltre 90 giorni, si usa come base il 3% annuo applicando ad esso 1/8, 1/7, ecc. come spiegato più avanti.)

Quando NON è possibile ravvedersi

Come accennato, l’unica preclusione generale al ravvedimento è l’essere già stati raggiunti da un atto impositivo. In particolare, se l’Agenzia Entrate ha già notificato un avviso di accertamento o una contestazione di sanzioni relativo alla violazione, non è più possibile il ravvedimento operoso su quella specifica annualità/violazione. Inoltre, se la violazione consiste nell’omessa dichiarazione oltre 90 giorni, tecnicamente dopo tale termine la dichiarazione non può più essere “ravveduta” come valida (sarà considerata omessa comunque). Si può però presentare ugualmente la dichiarazione oltre i termini per cristallizzare gli importi dovuti: ciò non evita la sanzione di omessa dichiarazione, ma può essere utile per dimostrare collaborazione e potrebbe essere valutato in sede di contenzioso. In tali casi estremi, il ravvedimento operoso in senso stretto non opera (perché la dichiarazione è irrimediabilmente omessa), ma il contribuente può comunque versare spontaneamente le imposte dovute con sanzioni ridotte, sperando in un trattamento sanzionatorio mitigato ex art. 7 D.Lgs. 472/97 (circostanze attenuanti) o in sede di adesione. In ogni caso, per i nostri scopi, assumeremo che il ravvedimento è utilizzabile, poiché la gran parte delle situazioni crypto rientra in violazioni sanabili.

Riassumendo: se non avete ancora ricevuto a casa alcun avviso dall’Agenzia delle Entrate per i vostri redditi/asset crypto non dichiarati, siete ancora in tempo per ravvedervi e rimediare con costi relativamente contenuti. Se invece avete ricevuto una contestazione o un questionario specifico sulle crypto, è opportuno valutare con un legale le strade alternative (ad es. adesione all’accertamento, che riduce sanzioni di 1/3, oppure istanze di autotutela se vi sono errori formali).

Nel capitolo seguente passeremo alla procedura pratica: come calcolare esattamente imposte, interessi e sanzioni ridotte e come effettuare i versamenti e la presentazione delle eventuali dichiarazioni integrative.

Procedura pratica per il ravvedimento operoso sulle criptovalute

In questa sezione guideremo passo-passo attraverso un percorso di ravvedimento relativo alle violazioni fiscali più comuni nel mondo crypto. L’idea è di fornire un metodo applicabile sia a chi deve regolarizzare poche migliaia di euro di asset, sia a chi invece ha situazioni più complesse. Attenzione: se gli importi sono significativi o le annualità coinvolte molteplici, è vivamente consigliato farsi assistere da un professionista qualificato (commercialista o avvocato tributarista). Un esperto potrà verificare i calcoli, prevenire errori nella compilazione delle dichiarazioni integrative e valutare eventuali profili penali (nel qual caso l’assistenza di un avvocato è d’obbligo). Detto ciò, conoscere il procedimento nel dettaglio aiuta qualunque contribuente a orientarsi meglio e a dialogare con il proprio consulente in modo consapevole.

I passaggi fondamentali sono: (1) individuare le annualità e i tipi di violazione da sanare; (2) determinare il dovuto (imposte, interessi, sanzioni ridotte) per ciascun anno; (3) effettuare i versamenti tramite modello F24 con i corretti codici tributo; (4) presentare le dichiarazioni integrative necessarie (per rettificare i dati fiscali originari, es. quadro RW mancante o redditi omessi); (5) conservare tutta la documentazione e, se opportuno, informare l’Agenzia (in alcuni casi si invia una lettera di accompagnamento). Procediamo con ordine.

1. Identificare le violazioni da regolarizzare

Come primo step occorre fare una sorta di check-up fiscale delle proprie attività in criptovalute per gli anni passati, ponendosi alcune domande chiave:

  • In quali anni d’imposta ho detenuto criptovalute? (Ricordiamo che l’anno d’imposta coincide con l’anno solare per le persone fisiche).
  • Per ciascun anno, ho dichiarato nel quadro RW il valore delle mie cripto detenute su exchange esteri o wallet privati? E, se dovuto, ho versato l’IVAFE/IVCA?
  • Per ciascun anno, ho realizzato plusvalenze o altri redditi da crypto superiori alle soglie di esenzione vigenti (51.645 € pre-2022, 2.000 € per 2023-24)? Se sì, li ho inseriti nella dichiarazione dei redditi e ho pagato le relative imposte?
  • Ho presentato regolarmente il Modello Redditi PF (o 730) ogni anno? Oppure in qualche anno non ho proprio presentato la dichiarazione (magari perché pensavo di non avere redditi imponibili)?

È utile predisporre una tabella riepilogativa anno per anno, indicando: valore di criptovalute detenute a fine anno, plusvalenze realizzate, stato della dichiarazione (presentata regolarmente, presentata ma incompleta, omessa del tutto), eventuali imposte già pagate. Questo inventario vi permetterà di individuare esattamente dove intervenire.

Esempio: Supponiamo il Sig. Rossi, investitore crypto dal 2018, con questo storico:

  • 2018-2019: deteneva Bitcoin su un exchange estero, valore < €10.000, nessuna vendita. Non ha indicato nulla in RW. (Violazione: omessa compilazione RW per 2018-19; no imposta IVAFE dovuta poiché sotto soglia €5.000, ma obbligo monitoraggio sì in teoria).
  • 2020: valore crypto a fine anno €60.000, nessuna vendita. Non ha dichiarato RW. (Violazione: omessa RW 2020; IVAFE non dovuta fino al 2022 ma dal 2023 sarebbe stata IVCA – per 2020 comunque niente IVAFE).
  • 2021: ha fatto cash-out con plusvalenza €20.000 prelevando da wallet estero (soglia 51k superata, quindi tassabile). Non ha dichiarato la plusvalenza né RW (valore crypto residuo fine 2021 €30.000). (Violazioni: omessa RW 2021; omessa dichiarazione di €20.000 di reddito estero).
  • 2022: non ha fatto movimenti (solo detenzione €40.000 su wallet hardware). Non ha dichiarato RW. (Violazione: omessa RW 2022; nessuna imposta evasa poiché niente realizzi).
  • 2023: (dichiarazione da presentare nel 2024) non ancora presentata al momento del ravvedimento: ha plusvalenze €5.000 da vendite crypto. Sa di doverle dichiarare ma non l’ha fatto ancora. (Violazione potenziale: dichiarazione infedele 2023 in caso di omissione, prevenibile).

In questo scenario, Rossi dovrà ravvedere quadro RW 2018-2022 e i redditi 2021 (plusvalenza 20k) e 2023 (plusvalenza 5k, se ha già saltato la dichiarazione o intende sanarla ora). Notare che per 2023 potrebbe essere ancora in tempo a presentare il Modello Redditi nei termini ordinari (entro 30/11/2024) quindi non sarebbe nemmeno ravvedimento ma adempimento normale se non scaduto – ma prendiamo il caso in cui fosse ormai scaduto e volesse ravvedere tardivamente.

2. Calcolare imposte, interessi e sanzioni dovuti

Una volta individuate le omissioni, bisogna quantificare per ciascun anno quanto versare. Conviene separare il calcolo per violazioni reddituali (imposte su plusvalenze) e violazioni RW/IVAFE.

a) Redditi (plusvalenze) non dichiarati:
Per ogni anno in cui si sono avuti redditi crypto imponibili non dichiarati:

  • Imposta dovuta: calcolare il 26% della plusvalenza (per anni fino al 2022, era comunque 26% su reddito diverso); per il 2023 anche 26% se >2.000 €; per 2018-2021, se rientravate nella condizione imponibile (esempio oltre soglia 51k per foreign currency rule). Se quell’anno c’era perdita netta, allora non c’era imposta dovuta e tecnicamente non c’è ravvedimento su imposta (ma attenzione che il quadro RW andava comunque compilato, quindi resta la parte RW).
  • Interessi legali: sul tributo sopra calcolato, applicare il tasso legale per i giorni di ritardo. Esempio: imposta 2021 di €5.200 (dal nostro esempio di €20k gain *26%), pagamento effettuato il 30/09/2025 (circa 3 anni e 9 mesi dopo il 30/06/2022, termine saldo Irpef 2021): calcolare interessi al 5% annuo fino al 31/12/2023 e 2.5% dal 2024, 2% dal 2025. Precisamente: €5.200 * 5% * (549/365) + €5.200 * 2.5% * (365/365) + €5.200 * 2% * (273/365) ≈ €5.200 * (0,0752 + 0,025 + 0,01495) ≈ €5.200 * 0,11515 = €598 circa di interessi. (Questo calcolo può essere fatto anno per anno, ma per semplicità basti sapere che più tempo è passato, più interessi maturano. In 3-4 anni di ritardo, siamo attorno al 10-15% del tributo in interessi).
  • Sanzione ridotta: individuare la sanzione base (infedele o omessa) e applicare la riduzione in base ai tempi. Nell’esempio: anno 2021, reddito estero non dichiarato -> infedele dichiarazione (perché lui comunque presentò la dichiarazione? se l’ha presentata senza quei redditi sì, infedele; se non l’ha presentata affatto sarebbe omessa). Diciamo che presentò ma senza crypto: infedele. Sanzione base all’epoca: 120% imposta (per reddito estero) = €6.240. Rossi ravvede nel settembre 2025, quindi oltre 2 anni dalla violazione e anche oltre termini accertamento? No, accertamento 2021 decadrebbe fine 2026, quindi siamo prima, ma >2 anni. Possiamo applicare riduzione 1/6 (vecchio regime) o 1/7 se beneficiamo del nuovo regime b-bis (che consente 1/7 oltre termine). Ad abundantiam prendiamo 1/6 del minimo: €6.240 * 1/6 = €1.040. (Se volessimo usare il beneficio introdotto nel 2024, potremmo ridurre a 1/7 = €891; non è chiaro se applicabile retroattivamente, ma col principio del favor rei potremmo forse farlo. Per prudenza calcoliamo con vecchio: €1.040). Quindi per 2021 redditi, Rossi verserà sanzione ravvedimento di ~€1.000 invece di rischiare €6.240.

Ripetere per ciascun anno con redditi evasi. Un anno come il 2023 con plusvalenza €5.000 non dichiarata (26% = €1.300 imposta): se sta ravvedendo prima che gli arrivi qualcosa e ancora entro un anno, sanzione infedele nuova base 70% = €910, ridotta ad esempio 1/8 (entro novembre 2025, integrativa presentata, prima accertamento) = €113.8. Quindi su €1.300 dovrebbe pagare circa €1.300 + pochi interessi + €114 di sanzione.

b) Quadro RW omesso e IVAFE/IVCA non versata:
Per ogni anno in cui non si è compilato RW ma si detenevano cripto:

  • Calcolare il valore non dichiarato: tipicamente il controvalore in euro al 31/12 di tutte le cripto detenute (o al momento di cessazione se vendute prima di fine anno). Se si avevano più wallet/exchange, va considerato il totale (anche se in dichiarazione andrebbero righi distinti, per la sanzione contano i “valori non dichiarati”).
  • IVAFE/IVCA dovuta: determinare se quell’anno c’era imposta patrimoniale da pagare. Fino al 2022, no IVAFE su crypto (quindi solo monitoraggio, nessuna imposta – di conseguenza, per quegli anni, non c’è “omesso versamento IVAFE”, c’è solo omessa dichiarazione RW). Dal 2023 in poi, IVCA 2‰: calcolare 0,2% del valore medio/di fine anno se > €5.000. Ad esempio, Rossi 2023: €50.000 in crypto al 31/12/2023 -> IVCA = €100. Se non l’ha pagata, omesso versamento su €100.
  • Sanzione RW ridotta: base 3% annuo del valore. Applicare riduzione ravvedimento. Esempio: Rossi 2018 aveva €8.000 non dichiarati, sanzione base 3% = €240. Ravvede nel 2025, quindi oltre 2 anni: riduzione 1/6 -> paga €40. Per 2020 (€60.000 non dichiarati) base 3% = €1.800, ravvedendo oltre 2 anni 1/6 -> €300.
  • Sanzione IVAFE/IVCA ridotta: se vi era imposta patrimoniale non versata, sanzione base 30% (25% se dopo 2024) di tale imposta. Applicare riduzione. Nell’esempio Rossi 2023: IVCA €100, sanzione base 30% = €30, ravvede prima di un anno (entro 2024) -> 1/8 ad es. = €3,75. Importo risibile. In genere l’IVAFE è piccola quindi anche le sanzioni relative sono piccole; il grosso sta nelle sanzioni RW percentuali.

Attenzione: Nel ravvedimento di quadro RW è essenziale pagare anche le eventuali imposte correlate (IVAFE/IVCA) per rendere efficace la regolarizzazione. Se uno paga la sola sanzione RW ma non versa l’IVAFE dovuta, la violazione non è sanata completamente. Dunque assicuratevi di versare contestualmente l’imposta patrimoniale arretrata con interessi e sanzione ridotta.

Esempio finale di calcolo combinato: Riprendiamo il Sig. Rossi e calcoliamo il dovuto per l’anno 2021, dove aveva: crypto non dichiarate €30.000 (valore al 31/12/21) e plusvalenza €20.000 non dichiarata. Abbiamo:

  • Imposta plusvalenza 2021: €5.200.
  • Interessi sul 2021 (fino al 2025): ~€600.
  • Sanzione imposta infedele ridotta: ~€1.000 (come sopra).
  • Sanzione RW 2021 base: 3% di 30.000 = €900. Ravvedendo entro 2024 (entro dichiarazione 2024, lui lo fa forse nel 2025, poniamo 1/6): ~€150. (Se integrava entro fine 2023 sarebbe 1/8 = €112.5, ma ormai è oltre).
  • (IVAFE 2021 non dovuta, perché crypto esenti IVAFE fino 2022).

Totale da versare per 2021: imposta €5.200 + interessi €600 + sanzioni €1.000 + €150 = €6.950 circa. Se non ravvedesse e venisse accertato: imposta €5.200 + interessi (uguali) + sanzione infedele piena €6.240 + sanzione RW piena €900 = oltre €12.900, più eventuali sanzioni penali. Si comprende il risparmio.

3. Compilare e pagare il modello F24

Una volta ottenuti gli importi dovuti per ciascun anno e voce, bisogna effettuare i pagamenti tramite modello F24, utilizzando i codici tributo appropriati e indicando l’anno di riferimento (“anno di imposta” cui si riferisce il ravvedimento). È fondamentale dividere correttamente i versamenti tra: imposte, sanzioni e interessi, perché l’Agenzia li esige su codici diversi. Riportiamo i codici tributo più rilevanti nel nostro caso (persone fisiche, imposte da Redditi PF):

  • Imposta sostitutiva su plusvalenze crypto: non esiste un codice “dedicato esclusivamente alle crypto”, ma si usa il codice generale delle imposte sostitutive sui redditi diversi da dichiarazione. Ad esempio, 1100 è il codice per l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cess. a titolo oneroso di partecipazioni e altri redditi diversi (sezione Erario, modello F24). In alternativa, se tali redditi erano nel quadro RT rigo specifico, può essere utilizzato il codice 1242 (imposta sostitutiva su redditi diversi di natura finanziaria – sezione V, quadro RM). È bene verificare sul sito AdE o con un commercialista il codice esatto in base al rigo dichiarativo. Molti utilizzano 1100 per versare il 26% sui redditi finanziari non soggetti a ritenuta.
  • Sanzione ridotta su imposta evasa: il codice generico per sanzioni da ravvedimento relative a tributi erariali è 8901 o 8911? Occorre distinguere. L’Agenzia prevede: 8901 per sanzioni da imposte dirette (Irpef) ravvedute, 1989 per interessi da ravvedimento Irpef. Tuttavia per imposte sostitutive (26%) si utilizzano codici propri: ad es. 8945 è il codice sanzione da ravvedimento per imposta sostitutiva sui redditi diversi finanziari, e 1945 il relativo interessi. Infatti la tabella Fisco&Tasse riporta: Sostitutiva RT, cod.1100 (imposta), 8945 (sanzione), 1945 (interessi). Quindi, seguendo questa logica:
    • Imposta plusvalenze crypto anno X: codice 1100, importo dovuto.
    • Sanzione ravvedimento su tale imposta: codice 8945, importo calcolato (sanzione ridotta 1/..).
    • Interessi da ravvedimento su tale imposta: codice 1945, importo interessi calcolati.
  • IVAFE/IVCA (imposta patrimoniale cripto): l’IVAFE ordinaria ha codice 4048 per il versamento a saldo. Non so se hanno distinto IVCA, probabilmente no, essendo analoga, forse si continua a usare 4048 per IVAFE includendo IVCA. Oppure potrebbe essere istituito il codice 4049 o simili. Bisogna controllare la Risoluzione AE che istituisce i codici per crypto: infatti la L.197/2022 ha previsto codici per sanatoria e per IVCA. Da una ricerca, risultano: codici 1718 per imposta sostitutiva 3.5% sanatoria, 1719 per sanzioni 0.5%, ma per IVCA corrente? Un riferimento dalla prassi: la Circolare 30/E 2023 e istruzioni modello Redditi 2024 dovrebbero indicarlo. Comunque, per ravvedere l’IVAFE/IVCA non versata:
    • Codice tributo 4048 (IVAFE) per l’anno di riferimento, importo 0.2% (o 0.4%).
    • 1991 per interessi su IVAFE da ravvedimento (ipotizzando logica simile a 1989 per Irpef).
    • 8911 per sanzione monitoraggio? In realtà 8911 è usato spesso per sanzioni monitoraggio quadro RW ridotte e anche per altre sanzioni per tributi vari. Ad esempio, un commercialista consiglia: “sanzione ridotta monitoraggio RW, codice 8911 sezione Erario” indicando anno e importo. Dati i possibili dubbi, molti preferiscono separare:
      • 8911 per sanzione monitoraggio (omessa RW) ridotta,
      • 8906 per sanzioni IVAFE? (Forse no, 8906 è sanzione da liquidazione automatica). Meglio semplificare: 8911 è genericamente “Sanzioni pecuniarie da ravvedimento operoso su tributi” – si può usare per sanzioni IVAFE/IVCA ridotte.

In pratica, per ciascun anno in cui si ravvede:

  • un F24 con sezione Erario, con più righe: una riga per ogni codice tributo dovuto. Ad esempio anno 2021: riga cod.1100 imposta €5.200, riga cod.8945 sanzione €1.040, riga cod.1945 interessi €600, riga cod.8911 sanzione monitoraggio €150. (L’F24 accetta importi con due decimali). Per più annualità si possono sommare in un unico F24 più righe, oppure presentare modelli separati per anno per chiarezza.
  • NB: se l’F24 risulta di importo elevato e il contribuente non ha liquidità sufficiente, è possibile pagare in più tranche ravvedendo anno per anno (ma l’ideale è regolarizzare tutto subito). Non esiste la rateazione formale del ravvedimento: il pagamento deve essere integrale per considerarsi perfezionato.

Dopo il pagamento, conviene verificare che l’F24 sia andato a buon fine (se fatto online avremo ricevuta). Tenere copia dei modelli.

4. Presentare le dichiarazioni integrative

Il ravvedimento non si esaurisce col pagamento: se la violazione riguarda dati omessi/errati in dichiarazione, occorre anche correggere la dichiarazione presentando un modello UNICO integrativo. Questo è essenziale soprattutto per:

  • Inserire il quadro RW mancante (o rettificare i valori in RW).
  • Inserire i redditi crypto nel quadro RT/RM che non erano stati dichiarati, in modo che l’Agenzia abbia contezza formale dell’imponibile (anche se l’imposta è stata versata via F24).
  • In generale, far risultare “ufficialmente” i nuovi dati, poiché il ravvedimento operoso opera su errori “nella dichiarazione” o “versamenti omessi” ma presuppone anche che la dichiarazione sia resa congruente.

Come fare l’integrativa: Se siete pratici di dichiarazione dei redditi, potete utilizzare il software dell’Agenzia (Desktop Telematico, modulo Redditi PF) o affidarvi a un commercialista/caf. Bisogna compilare per l’anno X un modello Redditi PF indicato come “Dichiarazione integrativa”, barrando la casella “Integrativa” nel frontespizio e specificando se è integrativa nei termini (entro il 31/12 del quinto anno successivo) o fuori termini (oltre, ma ormai c’è ampliamento tempi – comunque indicare integrativa art.2 c.8 DPR 322/98 se entro termini accertamento). Nella nuova dichiarazione, inserirete:

  • Quadro RW con i dati delle criptovalute di quell’anno (valori in colonna 8 “valore finale” e colonna 9 “valore iniziale” se previsto, giorni di detenzione, ecc.; per criptovalute dal 2023 c’è un codice “21 – cripto-attività” da usare in colonna 3 del RW).
  • Quadro RT (Sezione II o altra appropriata) con l’indicazione delle plusvalenze realizzate e l’imposta sostitutiva calcolata. Oppure quadro RM se era lì. Le istruzioni 2023 prescrivono di indicare le plus crypto nella Sez. II del Quadro RT (rigo RT21 e seguenti) come “altri redditi diversi di natura finanziaria” soggetti a imposta sostitutiva 26%.
  • Ricalcolare il nuovo quadro RN (riepilogo imposte) anche se poi il versamento l’avete già fatto: risulterà un saldo a debito che però avete versato con ravvedimento, quindi potete allegare nota che è stato pagato con F24 tal dei tali.

Termini per l’integrativa: Per gli anni dal 2018 in poi si è entro i termini (5 anni successivi) e si può fare integrativa a favore o sfavore. Per anni più vecchi di 5 anni, la dichiarazione è “cristallizzata” e non emendabile, ma anche il Fisco non può più accertare (prescrizione). Dato che chiedono dal 2016 in sanatoria, supponiamo dal 2016 in poi si ravvede. Se fosse 2016 (dichiarazione 2017), entro fine 2023 era l’ultimo anno per integrativa, ormai scaduto; tuttavia se avete aderito a sanatoria ok. Se non avete sanato 2016, a metà 2025 quell’anno è decaduto da accertamento (5° anno dal 2017 scaduto il 31/12/2022, o 31/12/23 se con proroga Covid), quindi potreste anche lasciarlo stare se non accertato (anche se in teoria quadro RW ha sanzioni proprie con termini più lunghi? In passato le violazioni RW erano considerabili non tributarie e senza prescrizione breve, ma credo abbiano equiparato ai 5 anni). In un’ottica prudente, ravvedete quello che è ravvedibile e utile.

Invio delle integrative: Dopo aver preparato i modelli integrativi, vanno trasmessi telematicamente all’Agenzia (tramite Entratel/Fisconline). Si riceverà ricevuta di avvenuta presentazione. Conservare copie di tutto.

5. Rapporti con l’Agenzia delle Entrate post-ravvedimento

Una volta completato il ravvedimento (pagamenti + integrative), non è richiesto inviare nulla all’Agenzia per notificare la cosa: il ravvedimento si perfeziona automaticamente con il pagamento di quanto dovuto e con la presentazione dell’eventuale integrativa. Tuttavia, in casi complessi, talvolta il contribuente (specie se già era in corrispondenza con l’Agenzia) preferisce inviare una lettera all’ufficio locale comunicando di aver provveduto a ravvedersi per le annualità X, allegando copia degli F24 e delle integrative, chiedendo eventualmente conferma che non seguiranno sanzioni ulteriori. Non è obbligatorio, ma può essere fatto per scrupolo.

Se il ravvedimento è stato calcolato correttamente, l’Agenzia normalmente non manderà alcuna contestazione ulteriore. Nel caso in cui emergano difformità (ad es. versato importo leggermente errato, o integrativa non coincide con i versamenti), l’ufficio potrebbe contattarvi per chiarimenti o emettere una comunicazione di irregolarità (il classico avviso bonario da liquidazione automatica). In tal caso, trattandosi di ravvedimento, di solito l’ufficio semplicemente richiederà la piccola differenza dovuta senza applicare altre sanzioni (a meno che l’errore non infici la validità del ravvedimento). Per questo è importante farsi seguire, almeno in revisione, da un professionista: un errore nel ravvedimento, se comporta un insufficiente pagamento, può far decadere il beneficio sulle parti non ravvedute.

Interlocuzione con l’Agenzia: Se prima del ravvedimento avevate ricevuto un questionario o invito a comparire relativo alle criptovalute (ad esempio, l’Agenzia sta inviando questionari a chi risulta avere movimenti su exchange esteri), è consigliabile rispondere al questionario indicando che avete proceduto a regolarizzare la posizione tramite ravvedimento operoso, allegando copia dei documenti. Questo potrebbe indurre l’ufficio a chiudere il caso bonariamente. È importante farlo con tatto legale: in questi frangenti, meglio farsi rappresentare da un avvocato o commercialista che scriva per voi, in modo da fornire solo le informazioni dovute ed evitare ammissioni eccessive di colpa (pur essendosi ravveduti, mantenere un profilo professionale nella corrispondenza).

Se invece avete già ricevuto un avviso di accertamento (speriamo di no a questo punto, perché significava ravvedimento tardivo), il ravvedimento non è più applicabile e si dovrà seguire la strada dell’accertamento con adesione o del ricorso. Fuori dallo scopo di questa guida, ma vale dire: a volte anche post-notifica l’ufficio accetta un “ravvedimento operoso speciale” in adesione riducendo sanzioni a 1/3, ma è materia diversa.

Conservazione della documentazione: Tenete in archivio: ricevute F24, ricevute invio integrative, calcoli effettuati, eventuali estratti conto dell’exchange o report sulle operazioni (questi non vanno consegnati all’Agenzia di per sé, ma se un domani fanno un controllo, avere la documentazione delle transazioni crypto per giustificare i calcoli fatti è fondamentale). Anche le chiavi pubbliche dei wallet, stampate o salvate, possono servire per dimostrare i saldi detenuti in certe date.

Infine, dopo aver ravveduto il passato, impostatevi per il futuro: ovvero adottate procedure per dichiarare correttamente anno per anno, magari rivolgendovi a consulenti preparati in materia crypto-fisco. Il ravvedimento è un’àncora di salvezza per il passato, ma è sempre meglio non doverlo più utilizzare per il futuro!

Domande frequenti (FAQ) sul ravvedimento operoso crypto

Domanda: Ho detenzione di criptovalute su un hardware wallet (chiavetta) che tengo a casa. Devo comunque dichiararle nel quadro RW?
Risposta: Sì. Dal 2023 la legge prevede espressamente che tutte le cripto-attività vadano monitorate in RW, indipendentemente dalle modalità di conservazione e dal luogo. Già prima del 2023 l’Agenzia consigliava di dichiararle comunque, ma ora è obbligo di legge. Non conta se le chiavi sono su una chiavetta a casa tua: finché le cripto non sono affidate a un intermediario italiano, rientrano nell’obbligo. Dovrai quindi indicare a fine anno il controvalore in euro delle monete detenute (calcolato su exchange affidabili) e pagare l’imposta IVCA dello 0,2% sullo stesso se dovuta.

Domanda: Ho fatto migliaia di transazioni crypto-crypto e non so come calcolare le plusvalenze. Devo considerare ogni scambio come realizzo?
Risposta: In base alle ultime indicazioni, le permute tra criptovalute della stessa natura (ad esempio cripto “di pagamento” come BTC con ETH) non realizzano una tassazione immediata. Il realizzo si computa quando esci su valuta fiat o su asset di natura diversa (es. stablecoin, NFT ecc.). Dunque, per calcolare le plusvalenze tassabili devi principalmente considerare: conversioni in euro (o altra valuta fiat), acquisti di beni/servizi pagati in crypto, scambi crypto ↔ stablecoin, cessioni di NFT contro crypto, etc. In tali casi devi determinare la differenza tra il valore normale (in €) dell’asset ricevuto e il costo fiscale della crypto ceduta. È un calcolo complesso se hai molti movimenti. Si consiglia di usare un software di crypto tax tracking: ce ne sono diversi (CoinTracking, TokenTax, ecc.) che importano le API degli exchange e generano report fiscali. In sede di ravvedimento dovrai ricalcolare le plusvalenze di ciascun anno secondo il metodo corretto (generalmente FIFO o LIFO coerente, l’importante è che sia ragionevole e documentato). Se l’onere è troppo elevato, valuta di farti assistere da un commercialista specializzato che ricostruisca la posizione. Sarà un costo, ma probabilmente inferiore alle sanzioni che maturerebbero se ignorassi il problema.

Domanda: Non ho mai presentato la dichiarazione dei redditi perché avevo solo redditi esenti e qualche cripto. Cosa devo fare se ora voglio regolarizzare?
Risposta: Se in alcuni anni eri sotto la soglia per presentare il 730/Unico (ad esempio avevi solo redditi da lavoro dipendente con CU e niente d’altro), ma avevi criptovalute, la situazione è delicata: formalmente dovevi comunque presentare la dichiarazione per compilare il quadro RW, perché il monitoraggio internazionale obbliga anche i “incapienti” a dichiarare gli investimenti esteri. Quindi si configura un’omessa dichiarazione (anche se senza imposta). Puoi comunque rimediare presentando ora le dichiarazioni omesse come “integrative” (verranno considerate omesse ai fini giuridici, ma accettate dall’Agenzia) e ravvedendo la sanzione per omessa dichiarazione RW. Questa sanzione, se la dichiari entro 90 gg dal termine originario, era €258; se oltre, è 3% annuo del valore. Nel tuo caso sarai oltre, quindi 3% annuo. Il ravvedimento ti permette di pagarla ridotta (ad esempio 1/6 se son passati anni). Quindi per ogni anno versa la sanzione ridotta (cod.8911) e presenta il quadro RW. Non essendoci imposte evase, non avrai sanzioni per infedele sul reddito (art.1 D.Lgs.471/97 prevede min €250 solo se imposta dovuta; se imposta evasa = 0 e redditi dichiarati 0, potresti cavartela con solo le sanzioni RW). Consigliabile farsi assistere comunque perché l’Agenzia potrebbe contestare l’omissione del modello.

Domanda: Le mie criptovalute erano su un exchange italiano (registrato OAM). Devo comunque fare il quadro RW e ravvedermi?
Risposta: Se l’exchange opera in Italia come sostituto d’imposta (ad esempio applica imposta 26% sulle vendite e trasmette i dati fiscali), e soprattutto se invia comunicazione patrimoniale a fine anno al cliente, allora probabilmente le tue cripto sono già “monitorate” dall’intermediario e non serve il quadro RW nè pagare IVAFE (perché l’intermediario applica imposta di bollo 2‰ sulla comunicazione). Tuttavia, la maggior parte degli exchange “italiani” in realtà non funge da sostituto d’imposta completo. Alcuni soggetti iscritti all’OAM (registro operatori virtual currency) non hanno ancora un ruolo equiparabile alle banche. Per sicurezza, verifica le condizioni contrattuali: se non c’è scritto che applicano imposte per conto tuo, allora considera di sì, devi dichiarare tu. In dubbio, meglio dichiarare il quadro RW comunque (non sarai sanzionato per eccesso di zelo).

Domanda: Ho minusvalenze da criptovalute negli anni scorsi, posso portarle in deduzione ora se faccio ravvedimento?
Risposta: Le minusvalenze da cripto-attività realizzate possono essere portate a compensazione di future plusvalenze nello stesso ambito dei redditi diversi finanziari entro il quarto anno successivo (regola generale per minus in RT). Se hai minus non dichiarate formalmente, dovresti quantificarle e riportarle nella dichiarazione (quadro RT sezione delle minusvalenze). Il ravvedimento di per sé si usa per pagare imposte dovute, non per recuperare crediti. Tuttavia, presentando le integrative per gli anni passati potresti dichiarare quelle minusvalenze e poi usarle a scomputo di plusvalenze attuali (entro limite temporale). Ad esempio, minus 2020 dichiarata tardivamente potrà compensare plus fino a 2024. Fai attenzione: la gestione delle minus pregresse richiede che fossero state dichiarate in origine. Se non lo erano, potrebbe essere tardi per recuperarle se fuori termine. È materia complessa, fatti consigliare da un commercialista. In generale, il ravvedimento viene percepito dall’Agenzia come atto a sanare violazioni con debito d’imposta, non certo per “far comparire” minus a proprio vantaggio. Quindi procedi con cautela e trasparenza.

Domanda: Ho ricevuto adesso (2025) una lettera dall’Agenzia Entrate che mi invita a spiegare movimentazioni su Binance del 2021. Posso ancora fare ravvedimento?
Risposta: Una lettera di compliance o un questionario conoscitivo di per sé non preclude il ravvedimento (non è un atto di accertamento, né una contestazione formale). Quindi sei ancora nei termini per ravvederti. Anzi, dovresti farlo il prima possibile! Dopo aver ravveduto, potrai rispondere alla lettera allegando la prova di aver regolarizzato (F24, integrativa). In molti casi l’ufficio, vedendo che hai pagato tutto spontaneamente, archivia la segnalazione senza procedere oltre. Non ignorare però la lettera: se non rispondi, quasi sicuramente apriranno un accertamento vero. Quindi: ravvedimento immediato e contestuale risposta (meglio se fatta predisporre da un professionista per dare tutte le info necessarie e nulla di più).

Domanda: Quanto indietro posso spingermi col ravvedimento? Posso ravvedere violazioni del 2015 o anteriori?
Risposta: Tecnicamente puoi regolarizzare anche annualità molto vecchie, ma c’è un limite pratico: le annualità oltre il quinto anno precedente sono decadute da accertamento (salvo casi di reato, che allungano i termini a 8 anni). Ad esempio il 2015 è decaduto il 31/12/2021 (5 anni dopo il 2016) per gli aspetti tributari amministrativi. Ciò significa che l’Agenzia non può più sanzionarti né chiederti imposte per il 2015. Inutile quindi ravvederlo ora – sarebbe gettare denaro. Inoltre, dopo il 5° anno non è più ammessa la dichiarazione integrativa. Quindi, in generale, ravvedi gli ultimi 5 anni (se c’è qualcosa anche 6° anno per prudenza, se temevi reati). Oltre, valuta col tuo avvocato se c’è rischio penale (difficile se importi modesti). In sintesi: no, non ha senso ravvedere prima del 2016/2017 nel 2025, a meno di situazioni eccezionali. Concentrati sul 2018-2023.

Domanda: Cosa rischio se non faccio ravvedimento e lascio tutto così com’è?
Risposta: Dipende dalla quantità di omissioni. Se hai piccoli importi e pensi di farla franca, stai comunque rischiando, perché l’Agenzia sta ottenendo informazioni sempre più dettagliate sui conti esteri e sulle transazioni crypto (anche grazie allo scambio di informazioni internazionale e alle normative antiriciclaggio, oltre alla nuova DAC8 europea che includerà le piattaforme crypto). Il rischio concreto è un accertamento tributario con le sanzioni piene illustrate sopra (multipli di ciò che avresti pagato ravvedendoti). Inoltre, se i guadagni evasi erano cospicui, rischi un procedimento penale. Ad esempio, la Corte di Cassazione con sentenza n. 8269/2025 ha confermato il sequestro di oltre €830.000 di criptovalute a un artista che non aveva dichiarato 836 mila € di ricavi in crypto da vendita di NFT, configurando reato tributario. In quel caso, oltre alle sanzioni economiche, la persona ha subìto un procedimento penale per dichiarazione infedele. In un’altra recente pronuncia (Cass. 28077/2024), la Suprema Corte ha ribadito tolleranza zero sulle attività estere non dichiarate, definendo l’omessa compilazione del quadro RW come un inadempimento grave che legittima anche misure incisive come sequestri. In sintesi: non fare nulla ti espone a scenari potenzialmente rovinosi. Viceversa, il ravvedimento operoso ti mette al riparo dalla gran parte di queste conseguenze, perché una volta che hai pagato il dovuto con sanzioni ridotte, l’eventuale accertamento in arrivo verrebbe chiuso senza ulteriori aggravi (o addirittura non verrà avviato). Anche il penale, senza imposta evasa (perché hai pagato) diviene molto meno probabile o sostenibile. Dunque, la convenienza di regolarizzare è quasi sempre altissima.

Domanda: Il ravvedimento operoso mi garantisce l’anonimato? L’Agenzia delle Entrate poi mi controllerà di più?
Risposta: Il ravvedimento operoso è una procedura spontanea e non punitiva: se eseguito correttamente, l’Agenzia non ha motivo di “perseguitarti” in seguito. Anzi, spesso chi si ravvede viene archiviato come soggetto collaborativo. Non esiste un “anonimato” in senso stretto – stai comunque presentando integrative e pagando tributi, quindi stai rivelando ciò che non avevi dichiarato – ma queste informazioni restano nei loro archivi esattamente come quelle di un contribuente ordinario. Non vieni segnalato alla Procura (a meno che emergano reati già compiuti come false fatturazioni, ma non è il caso di crypto). In linea generale, regolarizzare la propria posizione riduce il rischio di controlli futuri, perché ti allinei alla conformità. Naturalmente, dovrai da ora in avanti mantenere la contabilità crypto in ordine e continuare a dichiarare, altrimenti tornerai nel mirino. Ma dopo un ravvedimento ben fatto, l’Agenzia ha interesse a concentrare le risorse su chi ancora evade, non su chi ha sanato. Quindi, nessuna “lista nera”: semmai, entri nella lista dei contribuenti che hanno sistemato la posizione.

Conclusioni

Il ravvedimento operoso applicato al mondo delle criptovalute è, a tutti gli effetti, una ancora di salvezza per i contribuenti che hanno passato qualche anno di incertezza normativa o di sottovalutazione degli obblighi fiscali. L’evoluzione delle norme – passate in poco tempo dal vuoto legislativo a un regime puntuale e stringente – ha colto molti di sorpresa, ma offre contestualmente gli strumenti per rimediare. Abbiamo visto come le sanzioni potenziali per le omissioni in ambito crypto possano essere estremamente pesanti; eppure, grazie al ravvedimento, è possibile ridurle anche di oltre l’80-90% in molti casi, evitando altresì le conseguenze più gravi (basti pensare che regolarizzando il dovuto ci si mette quasi al riparo da eventuali procedimenti penali, perché non vi sarà più “imposta evasa” su cui procedere).

Dal punto di vista dell’avvocato tributarista o del commercialista, guidare il cliente nel ravvedimento crypto significa combinare competenze tecniche di calcolo fiscale con capacità strategiche di interlocuzione con il Fisco. Ogni situazione va valutata singolarmente: quante annualità, quali importi, presenza di possibili reati, sostenibilità finanziaria dei pagamenti. In alcuni frangenti, si potrà considerare anche l’opportunità di adesioni o definizioni agevolate (se già in fase di accertamento) o attendere possibili future sanatorie. Tuttavia, ad oggi, ravvedersi spontaneamente resta la soluzione migliore e meno costosa per chiunque abbia omesso di dichiarare criptovalute.

Chiude la nostra guida un consiglio pratico: non attendete oltre. Se leggendo queste pagine vi siete riconosciuti in alcune mancanze dichiarative, attivatevi subito per raccogliere la documentazione e fare i calcoli. Ogni ritardo ulteriore potrebbe farvi perdere qualche beneficio (per esempio, il fattore tempo incide sulla percentuale di sanzione ridotta). Muoversi in autonomia va bene per le situazioni semplici, ma in caso di dubbi affidatevi a professionisti di fiducia: la materia è nuova e in continua evoluzione, e un occhio esperto eviterà errori formali che potrebbero vanificare gli sforzi. Con la regolarizzazione completata, potrete finalmente detenere e investire in criptovalute con maggiore tranquillità, avendo messo in sicurezza il passato e sapendo come gestire il futuro fiscale del vostro patrimonio digitale.


Fonti e riferimenti normativi

Agenzia Entrate – Circolare n. 30/E del 27/10/2023, “Trattamento fiscale delle cripto-attività”.

Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (Legge di Bilancio 2023), commi 126-147, disciplina fiscale delle cripto-attività.

Legge 23 dicembre 2024 n. 207 (Legge di Bilancio 2025), commi 23-29, nuove aliquote e rivalutazione cripto.

D.Lgs. 90/2017 (recepimento V Direttiva AML), definizione di “valuta virtuale” (rilevante ai fini qualificatori).

D.L. 167/1990 art. 4: monitoraggio fiscale attività estere (quadro RW) e sanzioni 3%-15%.

D.Lgs. 471/1997 art. 1: sanzioni per infedele (90-180%, ora 70%) ed omessa dichiarazione (120-240%); maggiorazione 1/3 per redditi esteri (abrogata dal 2024).

D.Lgs. 472/1997 art. 13: ravvedimento operoso (frazioni di sanzioni ridotte); modifiche D.Lgs. 87/2024 dal 1/9/24.

D.Lgs. 74/2000: reati tributari – art.4 infedele dichiarazione (soglie €100k imposta, €2 mln imponibile) e art.5 omessa dichiarazione (soglia €50k imposta).

Corte Cassazione – sez. penale – sentenza n. 8269/2025: imponibilità redditi da NFT e crypto anche se non convertiti, conferma sequestro per evasione €836k.

Corte Cassazione – sez. penale – sentenza n. 1760/2025: annullato sequestro preventivo di Bitcoin in caso di reato tributario, chiarisce che le criptovalute non sono denaro legale per confisca.

Corte Cassazione – sez. civ. – ordinanza n. 28077/2024: omessa compilazione quadro RW considerata violazione sostanziale grave, sanzioni proporzionali legittime.

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Conclusione

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