Memorie Difensive Per Accertamento Con Adesione: Come Si Stilano

Hai ricevuto una proposta di accertamento con adesione e ti è stato chiesto di presentare memorie difensive prima dell’incontro con l’Agenzia delle Entrate? Ti stai chiedendo come si scrivono, cosa inserire, quali documenti allegare e quanto possono incidere sul contenuto dell’accordo?

Le memorie difensive nell’accertamento con adesione sono uno strumento fondamentale per negoziare al meglio con l’Ufficio. Ti permettono di contestare parzialmente o integralmente i rilievi, presentare la tua versione dei fatti e ottenere una riduzione delle imposte e delle sanzioni.

Cos’è l’accertamento con adesione?
– È una procedura volontaria e agevolata per definire l’accertamento prima del contenzioso
– Può essere attivata su iniziativa del contribuente o dell’Ufficio
– Ti permette di negoziare direttamente con l’Agenzia il contenuto dell’accertamento
– Prevede sanzioni ridotte a 1/3 del minimo di legge, e possibilità di pagamento rateale

Quando servono le memorie difensive?
– Dopo la notifica dell’invito o della proposta di accertamento
– Prima dell’incontro presso l’Ufficio
– Se vuoi contestare in parte i rilievi, proporre chiarimenti o allegare documentazione
– Se desideri dimostrare che l’entità dell’imponibile o delle imposte è stata sovrastimata

Come si redigono correttamente le memorie difensive?
– Analizza con attenzione la proposta ricevuta: verifica basi imponibili, calcoli, presunzioni
– Ricostruisci i fatti in modo chiaro e cronologico
– Contesta eventuali errori, duplicazioni o ricostruzioni arbitrarie
– Allega documenti fiscali, contabili o bancari a supporto della tua tesi
– Inserisci considerazioni giuridiche e fiscali ben motivate
– Richiedi, se utile, un confronto orale prima della sottoscrizione dell’accordo
– Redigi il documento con l’assistenza di un avvocato tributarista o fiscalista esperto

Cosa NON fare nelle memorie difensive?
– Negare tutto senza proporre soluzioni o alternative ragionevoli
– Inviare testi generici, privi di documentazione
– Rifiutare l’accertamento con adesione senza motivare
– Lasciare passare i termini senza rispondere, perdendo il beneficio della definizione agevolata

Cosa puoi ottenere con memorie difensive efficaci?
– Una riduzione dell’imponibile contestato
– Un accordo più favorevole, costruito su dati reali
– L’inserimento di clausole personalizzate nella definizione
Sospensione dei termini di impugnazione e sblocco di eventuali contenziosi pregressi
Pace fiscale definitiva senza dover ricorrere a giudici o mediazioni successive

Ricorda: l’accertamento con adesione è una trattativa formale, non una resa. Presentare memorie ben scritte e documentate è il modo migliore per difendere i tuoi diritti, ridurre l’impatto fiscale e chiudere il procedimento con il minimo danno possibile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in accertamenti fiscali e difesa tributaria negoziata ti spiega come stilare memorie difensive efficaci per l’accertamento con adesione e come usarle per ottenere il miglior risultato possibile.

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Introduzione all’accertamento con adesione

L’accertamento con adesione è un procedimento in cui il contribuente e il Fisco (es. l’Agenzia delle Entrate, per i tributi erariali) trovano un accordo sulle imposte dovute a seguito di un controllo fiscale o di un avviso di accertamento. In sostanza, si negozia consensualmente la base imponibile e l’imposta, formalizzando l’intesa in un atto di adesione sottoscritto da entrambe le parti. Questo atto concordato sostituisce integralmente l’originario avviso di accertamento, definendo in via definitiva il debito tributario. In cambio della collaborazione del contribuente, la legge prevede significativi benefici: su tutti, la riduzione delle sanzioni amministrative ad un terzo del minimo edittale previsto (anziché l’intera sanzione applicabile in caso di soccombenza in giudizio), nonché la possibilità di rateizzare le somme dovute (come vedremo oltre). Dal punto di vista pratico, l’accertamento con adesione consente quindi di evitare l’insorgere di un contenzioso tributario lungo e costoso, trovando invece una soluzione concordata e immediata della pretesa fiscale.

Finalità deflattiva e vantaggi – Lo scopo primario di questo istituto è deflattivo, ossia ridurre il numero di cause tributarie ricorrendo al dialogo e alla cooperazione. Per il contribuente, l’adesione offre un trattamento sanzionatorio agevolato (sanzioni ridotte) e spesso una riduzione della base imponibile contestata: durante il contraddittorio emergono infatti elementi difensivi che possono indurre l’Ufficio a rivedere al ribasso la propria pretesa. Per l’Amministrazione finanziaria, il beneficio è un recupero d’imposta rapido e certo, evitando di impiegare risorse in giudizi dall’esito incerto. L’accordo di adesione ha natura di provvedimento impositivo concordato e chiude tombalmente la vicenda per i periodi d’imposta oggetto dell’accertamento. Una volta perfezionato (mediante firma e pagamento), il contribuente rinuncia ad impugnare sia l’atto originario che l’atto di adesione stesso. La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che, dopo la firma dell’accordo e il pagamento concordato, qualsiasi ricorso successivo è inammissibile rispetto all’avviso definito in adesione. In altri termini, l’adesione comporta la rinuncia al contenzioso sul merito di quell’accertamento.

Differenze rispetto ad altri istituti – È importante distinguere l’accertamento con adesione da altri strumenti deflattivi o conciliativi. L’adesione avviene in fase pre-contenziosa, prima di presentare ricorso in Commissione Tributaria (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria), e mira a evitare che la controversia arrivi in tribunale. La conciliazione giudiziale, invece, si svolge quando il processo è già iniziato, trovando un accordo davanti al giudice (in udienza o fuori udienza) per chiudere la lite. L’acquiescenza (definizione agevolata ex art. 15 D.Lgs. 218/97) consiste nel pagare integralmente quanto richiesto nell’avviso di accertamento entro i termini, senza modificarne il contenuto, ottenendo in cambio una riduzione delle sanzioni amministrative (anch’essa pari a 1/3 del minimo edittale). A differenza dell’acquiescenza, però, l’accertamento con adesione permette di negoziare il contenuto dell’atto: il contribuente può far valere le proprie ragioni e ottenere una rideterminazione più favorevole dell’imponibile, oltre alla standardizzata riduzione delle sanzioni. In sintesi, l’adesione consente di ridurre sia la base imponibile contestata che le sanzioni, beneficiando al contempo della sospensione dei termini processuali, come vedremo, mentre l’acquiescenza riduce solo le sanzioni (a fronte di pagamento integrale) e la conciliazione opera quando ormai si è in giudizio, con sanzioni ridotte ma non tanto quanto in adesione (in primo grado 1/3 di quelle irrogate, spesso equivalente al 30-33% del minimo).

Collaborazione e prospettiva del contribuente – L’accertamento con adesione incarna una modalità di collaborazione tra Fisco e contribuente, in linea con un approccio moderno ai rapporti tributari improntato alla tax compliance. Il contribuente partecipa attivamente al procedimento, fornendo chiarimenti e documenti per chiarire la propria posizione e (se necessario) concordare quanto dovuto; l’Amministrazione, dal canto suo, mostra flessibilità premiando il contribuente cooperativo. I vantaggi pratici sono evidenti: riduzione del carico sanzionatorio e certezza immediata sul dovuto, evitando il rischio della lite (l’alea del giudizio viene eliminata in cambio della certezza del risultato concordato). Inoltre, qualora siano coinvolte violazioni potenzialmente penalmente rilevanti, l’adesione con pagamento integrale può avere effetti positivi anche sul piano penale (come approfondiremo più avanti): ad esempio, per reati come dichiarazione infedele od omessa dichiarazione, il pagamento di tutte le imposte dovute prima del dibattimento di primo grado è causa di non punibilità ex art. 13 D.Lgs. 74/2000. Dunque, dal punto di vista del contribuente (debitore), l’adesione rappresenta spesso una soluzione vantaggiosa per chiudere la vicenda tributaria con esborso certo e mitigato, evitando sanzioni piene e possibili conseguenze penali, a fronte però della rinuncia a far valere le proprie ragioni in giudizio (occorre quindi valutare attentamente caso per caso se il gioco vale la candela).

Quadro normativo aggiornato al 2025

L’istituto dell’accertamento con adesione è stato introdotto nel sistema italiano dalla fine degli anni ’90 e nel tempo ha subito varie modifiche, sino alle novità recentissime del 2023-2024. Di seguito inquadriamo il contesto normativo di riferimento e la sua evoluzione fino a luglio 2025, con cenno anche alla giurisprudenza chiave.

  • D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 – È il decreto legislativo che ha istituito l’accertamento con adesione, nell’ambito delle misure di deflazione del contenzioso tributario (insieme ad esempio alla conciliazione giudiziale). Il D.Lgs. 218/1997 contiene la disciplina base: quali atti sono definibili, le modalità di avvio (invito al contraddittorio da parte dell’ufficio ex art. 5, istanza del contribuente ex art. 6), gli effetti sul processo, le sanzioni ridotte, i termini di pagamento, ecc. Negli anni successivi, l’istituto è stato più volte ritoccato da interventi normativi specifici (ad es. è stata introdotta nel 1998 la possibilità di adesione anche per imposte indirette, e successivamente abrogata e poi reintrodotta l’adesione ai verbali di constatazione, come vedremo). Fino al 2023, tuttavia, l’impianto generale è rimasto quello delineato dal D.Lgs. 218/97, integrato dallo Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) che all’art. 12 comma 7 garantiva già un contraddittorio endoprocedimentale per le verifiche fiscali in loco (si dava cioè al contribuente 60 giorni per memorie prima dell’accertamento, se c’era stato accesso presso di lui). Va evidenziato che, fino a poco tempo fa, non esisteva un obbligo generale di contraddittorio prima degli accertamenti per tutte le imposte: la Cassazione a Sezioni Unite nel 2015 (sent. n. 24823/2015) aveva escluso l’obbligatorietà universale del contraddittorio, limitandola ai casi espressamente previsti da legge o a taluni tributi armonizzati (IVA) in base a principi UE. Questa situazione “a macchia di leopardo” (contraddittorio obbligatorio solo in alcuni casi) è stata oggetto di critiche e anche di un intervento della Corte Costituzionale: con sentenza n. 47/2023, la Consulta – pur dichiarando inammissibile la specifica questione – ha ammonito il legislatore a introdurre un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale per tutti gli accertamenti, ritenendo anomala la sua mancanza.
  • Legge Delega 9 agosto 2023 n. 111 (“Delega Fiscale”) – Anche a seguito del monito della Corte Costituzionale, il Parlamento, con la legge delega di riforma fiscale del 2023, ha previsto tra i principi direttivi proprio la generalizzazione del contraddittorio nella fase di accertamento. La delega (art. 17 L. 111/2023) impegnava il Governo a emanare decreti legislativi per adeguare la normativa tributaria, includendo il rafforzamento della compliance e degli strumenti deflattivi del contenzioso. Nell’attuare tale delega, tra la fine del 2023 e il 2024 il Governo ha emanato vari decreti legislativi che hanno innovato profondamente sia il processo tributario (es. con la L. 130/2022 e D.Lgs. 119/2023 sulle Corti di Giustizia Tributaria), sia la fase pre-contenziosa, con impatto diretto sull’accertamento con adesione.
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 219 – In vigore dal 2024, questo decreto (talora chiamato “Nuovo Statuto del Contribuente”) ha modificato la L. 212/2000 introducendo il nuovo art. 6-bis, che sancisce in termini generali il principio del contraddittorio preventivo obbligatorio. In base al nuovo art. 6-bis Statuto, tutti gli atti impositivi impugnabili davanti al giudice tributario devono essere preceduti da un contraddittorio effettivo col contribuente, a pena di nullità, salvo specifiche eccezioni di legge. Si è dunque reso universalmente obbligatorio quel confronto endoprocedimentale che prima era previsto solo in casi particolari o per taluni tributi (IVA) su spinta della giurisprudenza UE. Le eccezioni all’obbligo sono tassative e riguardano essenzialmente: a) gli atti frutto di controlli automatizzati o formali (liquidazioni ex art. 36-bis e 36-ter DPR 600/73 per imposte dirette, analoghi per IVA), e b) i casi di particolare urgenza per fondato pericolo per la riscossione. Tali esclusioni sono state dettagliate nel D.M. Economia 24/4/2024 (pubblicato in G.U. n.100/2024) che elenca gli atti per cui il contraddittorio non è dovuto: tra essi rientrano, ad esempio, le comunicazioni di irregolarità da controlli automatizzati, gli accertamenti parziali automatici ex art. 41-bis DPR 600/73 basati su incrocio dati, gli atti di recupero di crediti indebitamente compensati individuati da banche dati, le cartelle e intimazioni di pagamento, ecc.. Al di fuori di queste ipotesi, qualsiasi avviso di accertamento o atto impositivo emesso senza aver prima attivato il contraddittorio con il contribuente è ora annullabile su eccezione di quest’ultimo. Questa è una novità di portata storica: il diritto ad essere ascoltati diventa parte integrante del procedimento di accertamento, a garanzia del contribuente.
  • D.Lgs. 12 febbraio 2024 n. 13 – È il decreto attuativo della delega fiscale che ha ridisegnato alcuni aspetti chiave della procedura di accertamento con adesione, anche per coordinarla col nuovo contraddittorio obbligatorio. Sono molte le novità introdotte, efficaci ratione temporis per gli accertamenti avviati dal 2024 in poi. Possiamo sintetizzare i cambiamenti principali come segue: 1) viene prevista una nuova fase di “schema di atto” per il contraddittorio preventivo (vedi dopo), con contestuale invito all’adesione in alternativa alle memorie difensive; 2) viene formalmente reintrodotta l’adesione ai verbali di constatazione (PVC), con sanzioni ridotte a 1/6 (ne parleremo più avanti); 3) si chiarisce che anche gli atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati in compensazione rientrano tra quelli definibili in adesione; 4) si elimina ogni incertezza sulla unicità dell’istanza di adesione: il contribuente potrà chiedere l’adesione una volta sola per ciascun atto, evitando “doppi tentativi” (come vedremo, non è possibile ripresentare l’istanza dopo averla già chiesta nella fase di contraddittorio); 5) vengono eliminate procedure ridondanti in ambito pre-contenzioso, come l’istituto del reclamo/mediazione tributaria (art. 17-bis D.Lgs. 546/92), che dal 2024 è stato abrogato: in passato, per le controversie di valore fino a 50.000 € era obbligatorio presentare un reclamo all’Agenzia prima di ricorrere in tribunale, aprendo una fase di mediazione di 90 giorni. Ora tale passaggio non è più richiesto (tutte le liti vanno direttamente ricorse entro il termine ordinario), confidando nel fatto che strumenti come il contraddittorio preventivo e l’adesione rendano superflua la mediazione. Complessivamente, il D.Lgs. 13/2024 ha modificato vari articoli del D.Lgs. 218/97 al fine di rendere strutturale il confronto anticipato (pre-atto) e accelerare la definizione delle pretese tributarie.
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 220 – Altro decreto rilevante (entrato in vigore a gennaio 2024) che, in coordinamento con i precedenti, ha riformato il contenzioso tributario e, come accennato, abolito formalmente l’istituto del reclamo/mediazione (art. 17-bis D.Lgs. 546/92) a far data dal 1° gennaio 2024. Ciò significa che il contribuente, anche per cause di piccolo importo, non è più tenuto a presentare un reclamo all’ufficio e attendere 90 giorni, ma può depositare subito il ricorso in Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato (per le liti introdotte dal 2024 in poi). In pratica, è stata rimossa una fase procedurale che molti ritenevano un duplicato poco efficace dell’adesione (tant’è che le percentuali di successo del reclamo erano basse, attorno al 6-7%), e si è puntato tutto sul rafforzamento del contraddittorio preventivo e dell’adesione come filtri pre-giudiziali realmente utili.
  • D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87 – Intervento di riforma del sistema sanzionatorio tributario. Menzione rapida: questo decreto, in vigore dall’estate 2024, ha ridotto alcune sanzioni di base (ad esempio, la sanzione per utilizzo di crediti d’imposta inesistenti è scesa dal 30% al 25%). Ciò indirettamente si riflette anche sull’adesione, perché riducendo le sanzioni edittali di base, diminuisce anche l’importo delle sanzioni ridotte da versare in caso di adesione. Le regole di riduzione (1/3 del minimo edittale, o 1/6 su PVC) restano invariate, ma se il minimo legale è più basso la sanzione ridotta sarà ancor minore. È un elemento da tenere presente, specie per alcune violazioni. In ogni caso, nessuna modifica è stata apportata alle percentuali di abbattimento previste dall’adesione: rimangono quelle canoniche (1/3 e 1/6).
  • Altre novità: segnaliamo infine che la riforma del processo tributario (L. 130/2022, attuata con D.Lgs. 119/2023) ha principalmente cambiato la terminologia del giudice (rinominato “Corti di Giustizia Tributaria” i vecchi Commissioni Tributarie) e introdotto il giudice monocratico sotto una certa soglia, ma ciò non incide sul procedimento di adesione se non per questioni terminologiche (es. si parla ora di ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, anziché Commissione). Inoltre, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) aveva introdotto una definizione agevolata degli atti del 2019-2021 non impugnati con sanzioni ridotte a 1/18, ma si trattava di una misura straordinaria e oggi non vi sono “sanatorie” in corso applicabili agli accertamenti recenti. Dunque, al luglio 2025 il quadro è quello ordinario delineato sopra, senza sospensioni emergenziali (le sospensioni Covid 2020-21 dei termini sono ormai esaurite).

Nel complesso, le riforme 2023-2025 hanno ampliato l’ambito applicativo dell’accertamento con adesione, rafforzato il contraddittorio anticipato e snellito le procedure, con l’obiettivo dichiarato di incentivare la definizione concordata delle controversie già nella fase amministrativa. In base a queste premesse normative, nei paragrafi successivi vedremo in dettaglio come funziona oggi la procedura, come redigere le memorie difensive e l’istanza di adesione, e quali strategie adoperare per ottenere il miglior risultato possibile nell’interesse del contribuente.

Atti definibili e ambito di applicazione dell’adesione

Prima di esaminare la procedura, è fondamentale capire quali atti impositivi possono essere oggetto di accertamento con adesione e chi sono i soggetti che vi possono accedere.

Atti accertativi definibili in adesione: In generale, tutti gli avvisi di accertamento o di rettifica riguardanti tributi erariali (imposte dirette e indirette di competenza dell’Agenzia delle Entrate) possono essere definiti mediante adesione. In particolare, rientrano nell’ambito:

  • Avvisi di accertamento in materia di imposte sui redditi (IRPEF, IRES) e relative addizionali.
  • Avvisi di accertamento IVA (Imposta sul valore aggiunto).
  • Avvisi di accertamento IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive), benché tributo regionale, perché l’accertamento è emesso dall’Agenzia Entrate.
  • Avvisi di accertamento o di liquidazione relativi ad altre imposte indirette amministrate dall’Agenzia (registro, successioni e donazioni, imposta di bollo, canone RAI, ecc.), in quanto il D.Lgs. 218/97 prevede estensione analoga per tali tributi.
  • Atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati in compensazione (es. crediti inesistenti o non spettanti): la riforma 2024 ha esplicitamente incluso anche questi atti tra quelli definibili, chiarendo che hanno natura accertativa. Già la Cassazione nel 2017 (sent. n. 11087/2017) aveva affermato che gli avvisi di recupero crediti d’imposta vanno trattati come avvisi di accertamento, con conseguente diritto del contribuente di avviare l’adesione e ottenere la sospensione di 90 giorni. Oggi ciò è codificato.

Inoltre, l’adesione è possibile – se previsto da norme speciali o regolamenti – anche per alcuni atti di Enti diversi dall’Agenzia Entrate. Ad esempio, l’Agenzia delle Dogane consente l’accertamento con adesione per taluni tributi doganali (anche se disciplinato da norme proprie). Tributi locali: per le imposte comunali (IMU, TARI, ecc.) l’accertamento con adesione non è previsto automaticamente a livello statale, ma molti Comuni lo hanno introdotto nei propri regolamenti tributari, richiamando in sostanza le regole del D.Lgs. 218/97. Pertanto, se ricevo un avviso di accertamento IMU, potrò chiedere l’adesione solo se il Comune lo prevede; in molti grandi comuni ciò è possibile. In mancanza di adesione locale, restano strumenti alternativi come l’acquiescenza (pagamento entro 60 gg con sanzioni ridotte a 1/3 ex art. 13 D.Lgs. 472/97) o la conciliazione giudiziale dopo il ricorso.

Atti esclusi dall’adesione: Non sono invece definibili con adesione quegli atti che non costituiscono avvisi di accertamento in senso proprio o che non sono impugnabili autonomamente. Ad esempio: le comunicazioni di irregolarità da controllo automatizzato (c.d. “avvisi bonari” ex art. 36-bis DPR 600/73) non danno accesso all’adesione, sia perché non sono atti impugnabili in Commissione, sia perché sono espressamente esclusi dal contraddittorio preventivo. Analogamente, le cartelle di pagamento, le intimazioni e altri atti della riscossione emanati dall’Agente della Riscossione non rientrano nel perimetro dell’adesione (sono atti successivi all’accertamento, per i quali eventualmente si valutano dilazioni, sospensioni o l’autotutela, ma non l’adesione). In sintesi, l’adesione si applica agli atti accertativi dell’imposta emessi dall’ente impositore originario; non si applica alle fasi di liquidazione automatica né alla riscossione coattiva.

Accertamenti “parziali” o integrativi: Un caso particolare merita menzione: se l’Agenzia emette un accertamento parziale (ad esempio ex art. 41-bis DPR 600/73, tipicamente basato su elementi specifici come indagini finanziarie), anche questo è definibile con adesione. Tuttavia, bisogna tener presente che l’accertamento parziale lascia aperta la possibilità per l’ente di emettere, successivamente, un ulteriore accertamento sul medesimo periodo d’imposta per altri elementi non considerati nel parziale. Se però un accertamento (parziale o globale) viene definito con adesione, la Cassazione ha affermato che l’Ufficio non può successivamente integrare per gli stessi elementi: in pratica l’accordo fa stato su quanto concordato, precludendo nuovi accertamenti sulle stesse componenti. Ad esempio, Cass., Sez. V, ord. n. 788/2025 ha ribadito che dopo un’adesione su un accertamento parziale, l’Amministrazione non può emettere un ulteriore atto integrativo sugli stessi redditi o elementi già oggetto di concordato, se non emergono fatti nuovi. Resta invece possibile un secondo accertamento su altri profili non trattati nell’adesione tombale (fermo restando eventuali limiti temporali e di decadenza).

Soggetti legittimati: L’istanza di accertamento con adesione può essere presentata da qualsiasi contribuente destinatario di un avviso di accertamento (o rettifica/liquidazione) emesso dall’Agenzia delle Entrate. Ciò comprende: persone fisiche (privati cittadini, lavoratori autonomi, ditte individuali), società di persone e di capitali, enti non commerciali per i tributi di loro competenza, nonché gli eventuali eredi del contribuente (se il contribuente destinatario è deceduto) o gli obbligati in solido cui sia intestato l’atto. In pratica, se ricevete un avviso dall’Agenzia Entrate – sia esso intestato a voi come persona fisica, o alla vostra società/ente, o in qualità di coobbligato – avete il diritto di attivare la procedura di adesione su quell’atto. Come detto sopra, nei tributi locali occorre che l’ente impositore abbia previsto l’istituto nel proprio regolamento, ma molti comuni lo fanno (quindi anche un avviso IMU, TARI ecc. può vedere un’adesione se la normativa locale lo permette).

Ufficio competente: La domanda di accertamento con adesione va presentata all’Ufficio che ha emesso l’atto impositivo. Per l’Agenzia delle Entrate, normalmente si tratta della Direzione Provinciale o dell’Ufficio Territoriale competente per il domicilio fiscale del contribuente. In caso di grandi contribuenti (es. società di dimensioni rilevanti) potrebbe essere competente la Direzione Regionale o un Ufficio Grandi Contribuenti. In ogni caso, l’avviso di accertamento stesso indica quale ufficio lo ha emesso, ed è a quello che va indirizzata l’istanza. Un’annotazione: la riforma 2024 ha introdotto una semplificazione nella gestione degli accertamenti riguardanti soggetti “fiscalmente trasparenti” (es. società di persone e i rispettivi soci, associazioni professionali, ecc.), stabilendo la competenza unificata di un solo ufficio per l’adesione: ad esempio, per un’accertamento a una SNC e ai suoi soci, sarà un unico ufficio a curare la procedura per tutti, evitando frammentazioni.

Procedura di accertamento con adesione: fasi e termini

Vediamo ora come si svolge concretamente la procedura di adesione, passo per passo, dal punto di vista del contribuente. Distinguermo due scenari: (A) quello in cui c’è un contraddittorio preventivo obbligatorio (quindi l’Ufficio invia uno schema di atto prima dell’avviso definitivo), e (B) quello in cui l’avviso viene emesso direttamente (senza fase preliminare, perché rientra tra le eccezioni).

A) Procedimento per atti con contraddittorio preventivo (dal 2024)

Con l’introduzione dell’art. 6-bis Statuto e del D.Lgs. 13/2024, per la generalità degli accertamenti è ora prevista una fase di contraddittorio prima dell’emissione dell’atto finale. Ecco l’iter tipico in questi casi:

  1. Comunicazione dello “schema di atto” – L’Ufficio, al termine dell’istruttoria, invia al contribuente una comunicazione contenente una bozza di avviso di accertamento (schema di provvedimento) con l’indicazione delle annualità controllate, delle maggiori imposte accertate, delle sanzioni e interessi che intende irrogare, e la motivazione analitica dei rilievi. In pratica, è come ricevere un avviso di accertamento provvisorio, non definitivo, finalizzato esclusivamente ad avviare il confronto. Contestualmente, la nuova norma impone che questa comunicazione rechi due distinti inviti per il contribuente: (a) l’invito a presentare eventuali osservazioni e memorie difensive entro un termine non inferiore a 60 giorni; (b) l’invito a presentare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni. Questi termini decorrono dal ricevimento dello schema di atto.
  2. Scelta del contribuente: osservazioni scritte o adesione immediata – Ricevuto lo schema, il contribuente ha due opzioni iniziali. Opzione A: presentare subito istanza di adesione entro 30 giorni, avviando il procedimento negoziale; in tal caso l’Ufficio fisserà l’incontro e la fase di trattativa (vedi punto 3). Opzione B: non chiedere adesione entro 30 giorni, ma inviare osservazioni difensive entro 60 giorni, cioè una memoria difensiva in cui confutare in tutto o in parte i rilievi contestati. L’innovazione qui è significativa: il legislatore offre esplicitamente la possibilità di “saltare” le memorie e negoziare da subito. Infatti, la norma specifica che l’istanza di adesione può essere presentata “in luogo delle osservazioni”. Questo significa che il contribuente può scegliere la via del confronto negoziale in alternativa al difendersi solo in forma scritta. Dal punto di vista strategico, questa scelta dipende dalla posizione del contribuente: se ritiene di avere argomenti forti per convincere l’Ufficio a archiviare o ridurre la pretesa senza dover contrattare, potrebbe inviare memorie; se invece preferisce immediatamente un tavolo di trattativa per rinegoziare l’accertamento, conviene chiedere l’adesione entro 30 giorni.
  3. Avvio della procedura di adesione su invito – Se il contribuente presenta l’istanza di adesione entro 30 giorni dallo schema, l’Ufficio è tenuto a avviare la procedura: invierà quindi al contribuente il formale invito a comparire (ex art. 5 D.Lgs. 218/97) indicando il giorno e il luogo dell’incontro. Di solito l’incontro si tiene presso la sede dell’Ufficio accertatore. L’invito conterrà il riepilogo delle annualità e degli importi contestati (in pratica riprende lo schema già inviato). Effetti sui termini: l’avvio della fase di adesione sospende il termine di decadenza per l’emissione dell’atto definitivo. In particolare, se tra la data fissata per la comparizione e la normale scadenza di decadenza dell’accertamento (es. 31 dicembre) vi sono meno di 90 giorni, tale scadenza si proroga automaticamente di 120 giorni. Ciò garantisce all’Ufficio sufficiente tempo per concludere la procedura senza perdere la potestà impositiva (anche qualora la trattativa si protragga a ridosso della decadenza).
  4. Contraddittorio endoprocedimentale “cartolare” – Se invece il contribuente non presenta istanza di adesione entro 30 giorni, ma trasmette solo le osservazioni difensive entro 60 giorni (opzione B), allora il contraddittorio avverrà in forma documentale (scambio di memorie) o con eventuale incontro informale per discutere le deduzioni. In esito a tale fase, l’Ufficio può decidere di archiviare il procedimento (se ritiene completamente fondate le difese del contribuente), oppure di rideterminare parzialmente l’accertamento accogliendo in parte le ragioni difensive, oppure ancora di confermare integralmente la propria pretesa. In ogni caso, trascorsi i 60 giorni di contraddittorio, l’Ufficio potrà procedere a emettere l’avviso di accertamento definitivo, motivando le ragioni per cui accoglie o respinge le osservazioni del contribuente. A questo punto (emissione dell’avviso), se il contribuente non aveva già richiesto l’adesione prima, ha comunque un’ulteriore chance: la legge gli consente di presentare istanza di accertamento con adesione entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. Questa è una sorta di “seconda opportunità” concessa a chi inizialmente ha preferito difendersi in via solo scritta e ora, di fronte all’atto definitivo (magari non soddisfacente), vuole tentare l’accordo. Ci sono però due importanti differenze in questo caso “post-avviso”: (i) il termine per l’istanza è ridotto a 15 giorni (anziché 30); (ii) la presentazione dell’istanza sospende il termine per fare ricorso solo per 30 giorni (invece dei normali 90 giorni). Inoltre – e questo è cruciale – la norma prevede che in sede di adesione avviata dopo l’emissione dell’avviso, l’Ufficio non è tenuto a considerare elementi di fatto nuovi rispetto a quelli già dedotti dal contribuente con le osservazioni presentate in precedenza. In pratica, se il contribuente ha avuto modo di esporre documenti e argomentazioni nel contraddittorio e non li ha presentati allora, non potrà tirar fuori ulteriori assi nella manica durante l’adesione post-avviso: quella fase serve a discutere margini transattivi sui rilievi già noti, più che a riaprire l’istruttoria. Questo meccanismo incoraggia il contribuente a giocare tutte le sue carte difensive subito (nelle memorie) oppure a optare direttamente per la trattativa anticipata, senza pensare di poter riservare qualche elemento per dopo. Coerentemente, se il contribuente aveva già chiesto l’adesione allo stadio di pre-avviso, non potrà richiederla una seconda volta dopo l’emissione dell’atto definitivo (principio del divieto di doppia istanza ora esplicitato in norma).
  5. Schema riassuntivo: possiamo riepilogare l’iter sopra descritto: (i) notifica dello schema di atto con inviti a memorie (60 gg) e adesione (30 gg); (ii) se il contribuente chiede adesione entro 30 gg (Opzione A), l’Ufficio avvia la procedura con invito a comparire, sospensione della decadenza e svolgimento del contraddittorio orale; (iii) se invece il contribuente non chiede adesione entro 30 gg e presenta solo osservazioni entro 60 gg (Opzione B), l’Ufficio conclude il contraddittorio scritto e poi emette l’avviso definitivo (eventualmente modificato); (iv) una volta notificato l’avviso, se non c’è già stata adesione prima, il contribuente può comunque chiedere adesione entro 15 gg (con sospensione termini di ricorso di 30 gg) oppure, in alternativa, proporre direttamente ricorso entro 60 gg; (v) se l’adesione era stata già chiesta allo stadio di schema, non è ammessa un’altra istanza dopo l’avviso. È evidente l’intento della riforma: stimolare l’accordo già nella fase di “pre-avviso”. Infatti, presentare subito istanza allo schema conviene perché dà più tempo (sospensione 90 gg) e consente un confronto più ampio; se si aspetta l’avviso definitivo, i tempi sono più stretti e il margine di manovra ridotto.

B) Procedimento per atti senza contraddittorio preventivo

Non tutti gli avvisi rientrano nell’obbligo di contraddittorio ex art. 6-bis. Come visto, sono esclusi per legge i casi di accertamenti derivanti da controlli automatizzati o formali, nonché le ipotesi di urgenza per pericolo per la riscossione motivate dall’Ufficio. In tali situazioni, l’Ufficio procede direttamente a emettere l’avviso di accertamento (o di rettifica) senza aver inviato uno schema preliminare. Ciò non significa che il contribuente perda la chance di adesione: nell’avviso stesso deve essere contenuto l’invito a presentare istanza di accertamento con adesione entro il termine per proporre ricorso (cioè entro 60 giorni). Questa clausola era già presente nella disciplina previgente ed è confermata/ribadita ora dalla riforma. In pratica, chi riceve un avviso “diretto” (senza invito precedente) ha comunque la possibilità di attivare l’adesione subito dopo, negli stessi termini dell’impugnazione.

Tempistiche: Per gli atti non preceduti da invito, la situazione ricalca quella ante-riforma: il contribuente, ricevuto l’avviso, ha 60 giorni per eventualmente impugnarlo e entro quello stesso termine (60 gg dalla notifica) può decidere di presentare istanza di adesione. L’istanza, anche se l’avviso per ipotesi omettesse l’invito (dimenticanza), è comunque ammessa per legge. Una volta presentata l’istanza, scatta la sospensione di 90 giorni del termine per ricorrere, esattamente come in passato. In sintesi, rispetto a prima, per gli atti senza contraddittorio non vi sono cambiamenti sostanziali: resta il termine ordinario di 60 giorni per chiedere l’adesione, con la sospensione di 90 giorni dei termini processuali. L’unica differenza notevole post-riforma è che oggi questi casi (atti “a sorpresa”) dovrebbero essere limitati alle sole fattispecie previste dal D.M. 24/4/2024, mentre prima qualunque accertamento “a tavolino” su imposte non armonizzate poteva essere emesso senza contraddittorio.

Presentazione dell’istanza di adesione

Forma e contenuto: L’istanza di accertamento con adesione si presenta in carta libera (non ci sono formalità particolari né bolli da applicare). È sostanzialmente una lettera, indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto, in cui il contribuente manifesta la volontà di definire l’accertamento mediante adesione. Deve contenere alcuni elementi essenziali: gli estremi identificativi dell’atto a cui si riferisce (numero/protocollo, data, periodo d’imposta, ecc.), i dati anagrafici e fiscali del contribuente, e l’esplicita richiesta di voler instaurare la procedura di adesione. Non è necessario inserire una motivazione dettagliata o confutare punto per punto i rilievi (non è un ricorso, ma una semplice domanda di definizione). Spesso è sufficiente una formula sintetica, ad esempio: “Il sottoscritto…, in relazione all’avviso di accertamento n.__ relativo all’anno __, propone istanza di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 6 D.Lgs. 218/97, restando a disposizione per il contraddittorio. Recapito telefonico/PEC per comunicazioni: …”. L’importante è che risulti chiaro a quale atto ci si riferisce e la volontà di avviare l’adesione.

Modulistica: Non esiste un modulo unico nazionale obbligatorio. Molti uffici dell’Agenzia delle Entrate mettono a disposizione un fac-simile di istanza sul proprio sito o presso gli sportelli, ma il contribuente non è tenuto ad usarlo. L’istanza redatta in proprio, purché contenga gli elementi richiesti, è perfettamente valida. Ad esempio, l’invito al contraddittorio che l’ufficio invia (nel caso A) spesso include un allegato prestampato con cui chiedere adesione: si può usare quello oppure predisporre una propria richiesta. In ogni caso, fa fede il rispetto dei termini: se l’accertamento era preceduto da contraddittorio, l’istanza va presentata entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di atto; se invece è un avviso senza contraddittorio, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, ridotti a 15 giorni qualora si tratti dell’avviso definitivo dopo contraddittorio non sfruttato.

Modalità di invio: L’istanza può essere presentata a mano direttamente all’ufficio (facendola protocollare per ricevuta) oppure spedita con raccomandata A/R (in tal caso fa fede la data di arrivo all’ufficio, non quella di spedizione, attenzione). Alcuni uffici accettano l’invio tramite PEC (posta elettronica certificata) – è consigliabile verificare le indicazioni sul sito dell’Agenzia o telefonare – nel qual caso conviene firmare l’istanza digitalmente o allegare scansione firmata.

Effetti sul contenzioso: La presentazione tempestiva dell’istanza comporta la sospensione del termine di ricorso davanti alle Corti di Giustizia Tributaria. In generale, la sospensione è di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza. Fa eccezione il caso già evidenziato in cui l’avviso era stato preceduto da contraddittorio obbligatorio e l’adesione viene chiesta solo dopo l’avviso: in tal frangente la sospensione è di soli 30 giorni. Esempio pratico: avviso notificato il 1° marzo, il termine ordinario per ricorrere scadrebbe il 30 aprile; il contribuente presenta istanza di adesione il 30 marzo (quando mancavano 30 giorni al termine) – i termini si sospendono per 90 gg fino al 28 giugno; se il 15 giugno si formalizza il mancato accordo, da 16 giugno ricominciano a decorrere i 30 giorni residui, che portano la nuova scadenza al 15 luglio per notificare il ricorso. In assenza di comunicazioni, per prudenza si considera sospeso comunque l’intero periodo (quindi termine al 29 luglio in questo esempio). La norma tutela comunque il contribuente: l’importante è non dimenticare di impugnare se l’adesione fallisce. Un errore comune è farsi prendere dalla trattativa e poi lasciar decorrere i termini di ricorso pensando magari che l’Ufficio manderà un sollecito (non è così). Bisogna tenere sempre nota della deadline per ricorrere in caso di esito negativo.

Unica istanza per atto: Come accennato, la legge ora conferma che si può chiedere l’adesione una sola volta per ciascun atto. Se si è già fruito della procedura in sede di contraddittorio preliminare, non la si può riproporre dopo l’avviso definitivo e viceversa. In passato ciò era implicito (una volta avviata l’adesione si esauriva il percorso), ma ora è esplicito: una istanza per atto, non di più. Dunque, se avete chiesto adesione sulla bozza (pre-avviso) e non c’è accordo, quando arriva l’avviso definitivo dovrete eventualmente ricorrere, non potete fare un secondo tentativo di adesione. Al contrario, se sulla bozza vi siete difesi solo con memorie, potrete ancora chiedere adesione dopo l’avviso, ma anche lì una volta sola.

Fase di contraddittorio e svolgimento delle trattative

Vediamo ora come si svolge la fase di discussione una volta che l’adesione è stata avviata (sia che parta su invito a comparire dall’Ufficio, sia che parta su istanza del contribuente). Dal punto di vista del contribuente, questa è la fase cruciale in cui presentare le proprie argomentazioni (anche integrative rispetto a eventuali memorie già inviate) e negoziare un accordo soddisfacente.

Convocazione e incontro: Ricevuta l’istanza, l’Ufficio deve convocare il contribuente con un invito a comparire, fissando la data del primo incontro. Di solito l’incontro si tiene presso l’Ufficio (di persona, davanti alla “Commissione accertamento con adesione” interna all’Agenzia) oppure, se logisticamente possibile, può avvenire da remoto tramite videoconferenza (questa seconda modalità è stata utilizzata durante la pandemia e in alcuni uffici è rimasta prassi su richiesta). All’incontro partecipa il funzionario o la squadra di funzionari che ha curato l’accertamento; il contribuente può partecipare personalmente e/o farsi assistere dal proprio difensore (commercialista, tributarista o avvocato tributarista), munito di delega se agisce in vece del contribuente. L’incontro è un vero e proprio contraddittorio orale: i funzionari dell’Ufficio illustrano i rilievi contestati e le risultanze delle verifiche (spiegando come sono arrivati a quantificare i maggiori imponibili e imposte); a loro volta il contribuente e il suo difensore hanno la possibilità di esporre oralmente le proprie ragioni, fornire chiarimenti, integrare la documentazione esibita e negoziare i punti controversi. Spesso si rianalizzano i rilievi uno ad uno, in un dialogo che può richiedere anche più di una seduta se la materia è complessa.

Durata del contraddittorio: La legge prevede che il procedimento di adesione dovrebbe concludersi entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. Questo termine non è perentorio (cioè non invalida l’accordo se si sfora) ma è indicativo. Decorso tale periodo, il contribuente può considerare chiusa la procedura e – se aveva un avviso già notificato – avviare il ricorso nei 60 giorni successivi (tenendo conto della sospensione). In pratica, se l’Ufficio tarda oltre i 90 giorni senza concludere né convocare, conviene muoversi per non perdere i diritti (anche se casi di inerzia totale sono rari). Nella prassi, molti accordi si raggiungono ben prima del limite dei 90 giorni: a volte bastano un paio di incontri in poche settimane. È però possibile concordare tra le parti una proroga dei colloqui se utile (fermo restando i termini di decadenza dell’accertamento per l’Ufficio, che come visto possono essere prorogati di 120 gg se si è a fine anno).

Strategie difensive in sede di adesione: Durante gli incontri di contraddittorio il contribuente (assistito dal suo consulente) dovrà mettere in campo le argomentazioni migliori a supporto della propria posizione. Ecco le principali tipologie di difesa e mosse negoziali che si possono adottare:

  • Contestazione di errori fattuali e presentazione di prove: Se alcuni rilievi si basano su presupposti fattuali errati, è fondamentale evidenziarlo chiaramente. Ad esempio, se viene contestato un ricavo non dichiarato ma il contribuente può provare documentalmente che tale ricavo in realtà non esiste o è inferiore, deve presentare le pezze giustificative (fatture, contabili, documenti) durante il contraddittorio. Spesso capita che in sede di verifica o nei PVC non siano stati forniti tutti i documenti: l’adesione è il momento per colmare queste lacune. Se il contribuente riesce a dimostrare l’erroneità di alcuni addebiti, l’Ufficio ne prenderà atto e quei rilievi verranno stralciati o ridimensionati nell’importo. Esempio: se erano stati contestati costi indeducibili ma ora si dimostra che quei costi erano inerenti all’attività, il funzionario potrà accogliere le giustificazioni ed eliminare (o ridurre) il rilievo correlato. Consiglio pratico: presentate sempre in copia (da lasciare all’Ufficio) i documenti probatori e, se complessi, preparate una breve memoria di supporto che li elenchi e ne spieghi la rilevanza. L’obiettivo è convincere il funzionario che alcuni importi contestati non reggono: più l’errore è palese, più facilmente l’Ufficio cederà su quel punto.
  • Negoziazione su stime e quantificazioni incerte: Molti accertamenti – ad esempio quelli basati su studi di settore/ISA, sul redditometro (sintetico), su ricostruzioni indirette di reddito d’impresa, o su valutazioni di immobili – presentano margini di incertezza in quanto frutto di stime. In sede di adesione, c’è spazio per trovare un compromesso quantitativo su questi elementi. Tipicamente le parti possono accordarsi su un importo “a metà strada” tra quanto inizialmente preteso dall’Ufficio e quanto sostenuto dal contribuente. Esempio concreto: l’ufficio contesta ricavi non dichiarati per €100.000 basandosi su presunzioni, il contribuente sostiene che al massimo l’omissione è di €60.000 – è possibile chiudere concordando, poniamo, €80.000. Questa è l’essenza della natura transattiva dell’adesione: non si tratta tanto di stabilire chi abbia teoricamente ragione al 100%, ma di mediare su un importo accettabile per entrambi. Dal lato contribuente, conviene arrivare al tavolo con una propria proposta (anche scritta) di definizione, magari leggermente inferiore alla cifra che sarebbe disposto a pagare, così da avere margine per la trattativa. Mostrarsi collaborativi ma fermi su alcuni punti può portare l’Ufficio a compromessi. Nota: l’Ufficio non è obbligato ad accettare la proposta del contribuente, ma presentarla aiuta spesso a trovare un punto di incontro. La proposta può emergere anche oralmente durante il dialogo, ma formalizzarla per iscritto (se le cifre sono corpose) può essere utile per chiarezza e per farla eventualmente sottoscrivere come base d’accordo.
  • Questioni giuridiche: Se il disaccordo riguarda interpretazioni di norme (es. la detraibilità di un onere, l’assoggettamento a imposta di una data fattispecie, l’applicabilità di un’esenzione), è ovviamente più difficile trovare un compromesso aritmetico. L’Ufficio infatti non può “disapplicare” la legge o accordare trattamenti contrari alla norma. Tuttavia, talvolta – valutato anche il rischio di perdere in giudizio – l’Ufficio può scegliere di abbandonare un rilievo controverso pur di chiudere il resto dell’accertamento. Formalmente lo farà motivando (nell’atto finale) di aver accolto la tesi del contribuente su quel punto. In pratica, se una questione giuridica appare davvero opinabile e rischiosa, il funzionario potrebbe decidere di non insistirvi in sede di adesione (in modo informale: “chiudiamo su tutto il resto e lasciamo perdere questo rilievo dubbio”). Dal canto vostro, portate eventuali precedenti favorevoli (circolari, sentenze di Cassazione) a sostegno della vostra posizione giuridica, per dare argomenti al funzionario nel giustificare l’abbandono del rilievo. Ad esempio, se contestano un’operazione come elusiva ma c’è una recente Cassazione che esclude l’abuso del diritto in casi simili, mostrarla può indurre l’Ufficio a soprassedere su quel rilievo, concentrandosi su altri.
  • Limiti alla negoziazione: È bene ricordare che non tutto è negoziabile. (i) Non si possono introdurre nell’adesione questioni estranee all’atto o nuovi motivi: l’adesione verte esclusivamente sui rilievi di quell’avviso e su quell’annualità. Non posso quindi chiedere di discutere, ad esempio, di un altro anno non accertato o di altri tributi non contemplati. (ii) Non posso aspettarmi che l’Ufficio accetti soluzioni contra legem: se per legge un dato reddito è imponibile, non potrò “convincere” l’Ufficio a esentarlo in adesione. L’Ufficio, semmai, potrebbe rinunciare a contestarlo per ragioni pratiche, ma non formalizzare in un accordo qualcosa di palesemente illegittimo. Dunque, l’adesione non è un condono arbitrario, ma ha confini delineati dal rispetto della legalità.
  • Sanzioni e interessi: Un aspetto su cui non c’è contrattazione è quello sanzionatorio: la misura delle sanzioni ridotte è fissata direttamente dalla legge (1/3 del minimo oppure 1/6 se adesione a PVC). Quindi il funzionario non può “tirare ulteriormente sul prezzo” delle sanzioni. L’unico beneficio che automaticamente scatta è che, se nell’avviso originario la sanzione era stata calcolata sopra il minimo edittale, in adesione comunque si riduce prima al minimo e poi a 1/3 di esso. Gli interessi restano dovuti per intero fino alla data di versamento (il tasso è quello legale aumentato per legge di alcuni punti, a seconda del tributo); su questo non c’è margine discrezionale. Pertanto, la trattativa riguarda essenzialmente imponibili e imposte, mentre sanzioni e interessi seguono automaticamente il risultato.
  • Registro dei precedenti (Tax risk): per contribuenti strutturati (es. grandi imprese), potrebbe pesare la considerazione di non creare un precedente negativo. Se un’adesione su certe poste può implicare un “ammissione” di criteri che poi verranno adottati anche per anni successivi, la difesa potrebbe essere più restia a concedere. Tuttavia questo esula dalla procedura in sé e attiene alla strategia aziendale complessiva di tax risk management. In ogni caso, il legislatore, abolendo la mediazione e potenziando l’adesione, ha voluto che questo contraddittorio pre-giudiziale sia il momento principale per risolvere le questioni; quindi è nell’interesse del contribuente usare al meglio questa sede per evitare il processo.

Atteggiamento dell’Ufficio: Va detto che la normativa attuale insiste sul fatto che il contraddittorio debba essere “effettivo” e non meramente formale. Ciò significa che i funzionari sono tenuti realmente ad ascoltare le difese del contribuente e a valutarle con apertura mentale. Se non possono accoglierle in toto, spesso propongono soluzioni transattive (ridurre importi, eliminare rilievi marginali). È chiaro che ogni Ufficio ha il suo approccio, ma in generale l’adesione funziona quando c’è dialogo genuino. Dal punto di vista pratico, mantenere un tono rispettoso e collaborativo aiuta: ammettere magari gli errori effettivamente commessi, contestando solo ciò che è eccessivo, può dare credibilità alla difesa. All’opposto, presentarsi con arroganza o insistere su pretese irricevibili può irrigidire la controparte. Ricordiamo che il funzionario, per lasciare qualcosa sul tavolo, deve poterlo motivare: forniamogli noi le motivazioni (fatti, documenti, sentenze) perché possa giustificare eventuali sconti o rinunce in sede di adesione.

Esito della trattativa – accordo o mancato accordo: Alla fine del contraddittorio ci sono due possibili esiti:

  • Accordo raggiunto: se le parti giungono a un’intesa sulle somme da versare, si procede a redigere e sottoscrivere l’atto di accertamento con adesione. Questo documento (redatto su modello conforme al DM 28/07/1997) contiene i dati delle parti, l’indicazione degli imponibili concordati per ciascun tributo e annualità, le relative imposte, le sanzioni ridotte e gli interessi, nonché l’eventuale piano di rateazione. Viene firmato dal contribuente (o suo procuratore) e dal Capo Ufficio dell’Agenzia (o funzionario delegato). La firma congiunta formalizza l’accordo, ma questo produce effetto solo se il contribuente adempie al pagamento di quanto dovuto nei termini di legge (vedi oltre la sezione su pagamento e perfezionamento). L’atto di adesione sostituisce integralmente l’avviso di accertamento originario: quest’ultimo, una volta firmato l’accordo, è assorbito dall’adesione e non è più impugnabile né autonomamente efficace. Rimane in vita solo come “garanzia” fino al completamento del pagamento, nel senso che se l’accordo non viene perfezionato col pagamento, l’originario avviso torna esigibile per intero. La Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito la natura dell’atto di adesione come provvedimento negoziale non impugnabile dal momento del perfezionamento (sent. n. 7371/2016).
  • Mancato accordo: se le parti non riescono a trovare un punto d’incontro, la procedura di adesione si conclude con un nulla di fatto. I motivi possono essere vari: il contribuente non è disposto a pagare oltre una certa soglia e l’Ufficio non intende scendere sotto quel limite, oppure emergono divergenze insanabili su questioni di principio, ecc. In tal caso occorre distinguere: (i) se l’adesione era stata avviata prima dell’emissione dell’atto (fase di pre-avviso), allora l’Ufficio procederà a notificare l’avviso di accertamento (solitamente confermando le somme inizialmente contestate, salvo piccole concessioni che l’Ufficio potrebbe comunque aver deciso unilateralmente di fare) allo scadere dei termini; (ii) se invece l’adesione era avviata dopo un avviso già notificato (quindi su istanza post-avviso), quell’avviso rimane valido ed efficace per l’intero importo iniziale, come se l’adesione non fosse mai stata attivata. Il contribuente a questo punto potrà presentare ricorso al giudice tributario entro il termine che gli rimane: come spiegato, si contano i giorni residui pre-istanza più i 90 (o 30) giorni sospesi. Importante: non esiste alcun atto impugnabile intermediario emesso dall’Ufficio in caso di mancato accordo. La legge non prevede una “controproposta” formale rifiutata su cui fare ricorso. Finché è in corso l’adesione non c’è materia del contendere davanti al giudice; solo quando l’adesione fallisce “rivive” l’atto originario (avviso) che torna ad essere l’oggetto del potenziale ricorso. È prassi comunque che, se non si raggiunge l’accordo, i funzionari facciano sottoscrivere al contribuente un verbale di mancato accordo (anche solo con una frase tipo “adesione non perfezionata per mancato accordo”). Ciò serve a cristallizzare la data di chiusura negativa della procedura, facilitando il calcolo dei termini processuali residui. Se il contribuente rifiutasse di firmare tale verbale, non sarebbe un grosso problema (non è obbligatorio), ma normalmente lo si firma per presa d’atto.

Attenzione – dichiarazioni durante l’adesione: Un aspetto insidioso emerso dalla giurisprudenza recente: secondo la Cassazione, le dichiarazioni rese dal contribuente nel verbale di adesione – anche se poi l’accordo non si perfezionapossono valere come prova nel successivo giudizio. In altre parole, se durante la trattativa di adesione il contribuente ammette qualche irregolarità o concorda certi importi per poi tirarsi indietro senza firmare, quella ammissione scritta potrebbe essere utilizzata dall’Ufficio come elemento probatorio in caso di contenzioso. Ad esempio, Cass., Sez. V, ord. n. 6391/2022 ha ritenuto che il verbale dell’adesione non perfezionata facesse piena prova delle circostanze in esso affermate. Questo impone massima cautela e coerenza durante le trattative: evitate di fare concessioni o dichiarazioni che non siete poi disposti a confermare. Se riconoscete un errore, sappiate che quell’ammissione resterà agli atti. Ciò non significa che non si possa transigere – anzi l’adesione è fatta per ammettere qualcosa in cambio di uno sconto – ma occorre farlo in modo ponderato, sapendo che non si potrà poi sostenere l’opposto in giudizio.

Formalizzazione dell’accordo: pagamento e perfezionamento

Una volta raggiunto l’accordo e redatto l’atto di adesione, restano alcuni passi formali decisivi dal lato del contribuente: il pagamento delle somme concordate e l’eventuale rateazione. Solo con il pagamento, infatti, l’adesione si considera perfezionata e definitivamente efficace.

Consegna dell’atto e condizione sospensiva: Secondo la disciplina, l’accordo diviene definitivo e inoppugnabile solo col pagamento. La riforma 2024, a questo riguardo, ha introdotto una prassi per evitare comportamenti opportunistici: è stato stabilito che la consegna della copia dell’atto di adesione firmato al contribuente avviene solo dopo che questi ha effettuato il pagamento (o almeno la prima rata) dovuto. In passato, infatti, era successo che qualche contribuente, ottenuto in mano l’atto firmato dall’Ufficio, poi non pagasse e tentasse comunque ricorsi o altre manovre dilatorie; ora ciò non è più possibile. Dunque, dopo la firma, il contribuente dovrà procedere al versamento prima di ricevere la copia definitiva dell’accordo.

Termini di pagamento: Il termine ordinario è di 20 giorni dalla redazione (firma) dell’atto di adesione. Ad esempio, se l’atto è sottoscritto il 1° ottobre, il pagamento – o la prima rata – va effettuato entro il 21 ottobre. Se il 20° giorno cade di sabato o festivo, slitta al primo giorno lavorativo successivo. Il pagamento delle somme (imposte, sanzioni ridotte, interessi) va effettuato tramite modello F24 per i tributi erariali, utilizzando gli appositi codici tributo per “accertamento con adesione” (di solito codici con finale A). Per imposte diverse pagabili con modelli specifici (es. registro), si userà il modello previsto (F23 o F24 con sezioni dedicate). L’atto di adesione contiene l’indicazione delle somme dovute e consente la compensazione interna tra eventuali imposte a credito e a debito emergenti dall’accordo (ad esempio, se riducono un imponibile potrebbe risultare un credito IRAP utilizzabile in compensazione nel calcolo finale). Attenzione: non è ammessa la compensazione con crediti d’imposta esterni. Cioè, non si può pagare il debito da adesione usando un credito IVA o altri crediti propri: va versato in denaro. La legge lo vieta espressamente, soprattutto per gli atti di recupero crediti indebitamente compensati (serbando una certa logica: non puoi estinguere un debito da credito fittizio usando un altro credito). Questo divieto in realtà vale in generale per tutte le somme dovute a seguito di definizioni ex D.Lgs. 218/97. Pertanto, se avete crediti fiscali disponibili, non potete utilizzarli direttamente per l’adesione; potrete eventualmente usarli per altri pagamenti futuri, ma intanto dovrete versare l’adesione cash e semmai chiedere a rimborso o in compensazione altrove i vostri crediti. È una cosa che spesso dispiace a chi ha crediti ingenti (pensiamo a società con grossi crediti IVA), ma il legislatore vuole garantire liquidità immediata all’Erario tramite queste definizioni.

Rateazione: Se l’importo è elevato, il contribuente può chiedere di pagare a rate. La normativa prevede fino a 8 rate trimestrali di pari importo. Se però le somme dovute superano €50.000, sono ammesse fino a 16 rate trimestrali. La prima rata va versata entro 20 giorni dalla firma dell’atto, contestualmente all’eventuale importo non rateizzabile (mi spiego: se le rate non dividono esattamente l’importo, di solito si versa subito l’eventuale eccedenza oltre la quota intera per far tornare i conti). Le successive rate scadono ogni tre mesi (esempio: atto firmato il 1° ottobre, prima rata entro 21 ottobre, seconda rata 21 gennaio, terza rata 21 aprile e così via). Su ciascuna rata successiva alla prima si applicano gli interessi al tasso legale (dal giorno successivo alla prima scadenza fino alla data di pagamento di ciascuna rata). Importante: se si opta per la rateazione, il contribuente deve prestare un vincolo: devono essere versate contestualmente alla prima rata anche le somme pari alle prime tre rate complessive di importo (oppure, se l’importo a debito è inferiore a €50.000, le prime due rate) – questo per garantire un impegno minimo iniziale. In realtà questa regola valeva per conciliazione giudiziale; per l’adesione attualmente è sufficiente pagare la prima rata, ma è sempre consigliabile verificare caso per caso con l’ufficio le modalità di rateazione ammesse. L’adesione perfezionata con rateizzazione mantiene comunque il beneficio sanzionatorio e non comporta garanzie aggiuntive (a differenza della rateazione ordinaria delle cartelle, qui non servono fideiussioni o altro).

Perfezionamento e decadenza dall’accordo: L’accertamento con adesione si considera perfezionato solo con il pagamento entro 20 giorni di quanto dovuto (o della prima rata). Se il contribuente non paga nei termini, l’accordo perde efficacia. In pratica è come se non si fosse mai definito nulla: l’Agenzia procederà a far valere l’avviso originario per intero. Più precisamente, la legge prevede che in caso di mancato versamento l’Amministrazione iscriva a ruolo le somme dovute secondo l’avviso di accertamento originario (quindi senza le riduzioni concordate). Inoltre, essendo ormai decorsi i termini di impugnazione, quell’avviso è divenuto definitivo e il contribuente dovrà pagarlo integralmente con sanzioni piene. Dunque, si tratta di un vero autogol non pagare dopo aver firmato: si perdono i benefici e pure la possibilità di ricorso. Ad esempio, la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato da un contribuente che aveva firmato l’adesione ma poi non pagato, confermando che la sola firma sancisce l’accordo e il successivo inadempimento non riapre i termini di impugnazione (Cass., ord. 25497/2022). In sostanza, se prevedete difficoltà finanziarie a onorare l’accordo, meglio non firmarlo oppure concordare importi e un piano di rate compatibili con le vostre disponibilità. Va detto che in caso di mancato pagamento, il Fisco di regola procede come detto con il ruolo sul dovuto, aggiungendo una sanzione da omesso versamento (30%) e interessi di mora. C’è stato dibattito se l’Ufficio possa pretendere anche le somme “piene” dell’avviso originario o sia vincolato all’accordo: formalmente l’avviso originario resta a garanzia, quindi alcuni ritengono che la decadenza faccia rivivere l’obbligo integrale. In pratica però l’orientamento è di riscuotere quanto nell’accordo + le sanzioni per il ritardato pagamento. Ad ogni modo, è una situazione da evitare assolutamente: l’adesione va conclusa solo se si è sicuri di poter rispettare i pagamenti.

Sanzioni penali e perfezionamento: Oltre alle sanzioni amministrative, abbiamo accennato agli effetti sul penale. Ribadiamo in breve: l’accertamento con adesione in sé non estingue il reato tributario eventualmente configurabile (non è un “patteggiamento” penale). Tuttavia il fatto di pagare integralmente il debito fiscale (imposte + sanzioni + interessi) prima di determinati termini del processo penale può condurre alla non punibilità per alcuni reati tributari, ex art. 13 D.Lgs. 74/2000. Ad esempio, per i reati di dichiarazione infedele od omessa dichiarazione, la legge prevede la non punibilità se il debito è estinto prima dell’apertura del dibattimento: un’adesione perfezionata con pagamento integrale soddisfa questa condizione, facendo venir meno il reato. Per reati più gravi (es. frode fiscale, false fatture), il pagamento funziona almeno come attenuante specifica, con riduzione fino alla metà della pena. Quindi, chi avesse un procedimento penale in corso (o potenziale) e aderisce, potrà giovarsi di queste disposizioni di clemenza. Ovviamente, aderire implica un’ammissione del debito tributario, ma spesso è strategicamente utilizzato proprio dalla difesa penale per mostrare pentimento e ravvedimento operoso, ottenendo sconti di pena. È sempre opportuno coordinare l’azione del difensore tributario con l’avvocato penalista in tali frangenti. In sintesi: l’adesione non appartiene al processo penale, ma ha effetti indiretti molto rilevanti su di esso, perché consente di rientrare nelle cause di non punibilità o attenuanti previste dalla legge penale tributaria.

Come redigere una memoria difensiva efficace

Una parte centrale della strategia del contribuente, prima e durante l’accertamento con adesione, consiste nella preparazione di valide memorie difensive. Con questo termine ci si riferisce generalmente agli scritti difensivi che il contribuente può presentare all’Ufficio per esporre le proprie ragioni e confutare i rilievi fiscali. Le memorie difensive possono assumere ruoli leggermente diversi a seconda della fase in cui sono utilizzate: ad esempio, una memoria presentata entro 60 giorni dalla chiusura di una verifica fiscale (ex art. 12, c.7 Statuto) o entro 60 giorni dallo schema di atto nel nuovo contraddittorio preventivo serve a convincere l’Ufficio a non emettere (o a ridimensionare) l’accertamento; una memoria allegata all’istanza di adesione può invece servire da base per la discussione orale, mettendo nero su bianco i punti contestati. In ogni caso, i principi di redazione sono simili. Ecco alcune linee guida su come si stila una memoria difensiva efficace in ambito accertamento:

  • Struttura chiara e formale appropriata: Intestare la memoria all’Ufficio competente (es. “Alla Direzione Provinciale di … – Ufficio Accertamento”), indicando l’oggetto in modo preciso: “Memoria difensiva in riscontro alla Comunicazione di accertamento n… (periodo d’imposta …)”. In apertura, identificare il contribuente (nome, codice fiscale/partita IVA) e l’atto o il processo verbale a cui la memoria si riferisce (con data e numero). Mantenere uno stile formale ma chiaro e sintetico: evitare giri di parole ridondanti e andare al punto, pur con il dovuto garbo istituzionale. Ad esempio, si può esordire con “Il sottoscritto XY, in qualità di titolare della ditta …, espone di seguito le proprie osservazioni in merito ai rilievi contenuti nella Comunicazione di accertamento indicata in oggetto”.
  • Ricostruzione dei fatti e premessa sintetica: Nella prima parte è utile riassumere brevemente i fatti che hanno portato all’accertamento e la posizione del contribuente. Ad esempio: “In data … la Guardia di Finanza eseguiva verifica presso la società, conclusa con PVC prot. …, nel quale venivano contestati …; in data … l’Agenzia delle Entrate notificava avviso di accertamento n… relativo all’anno …, con le seguenti riprese a tassazione: …”. Questa premessa fattuale deve essere concisa ma completa, per dare subito il contesto. Se si tratta di memorie presentate in fase di contraddittorio prima dell’avviso, il contesto potrebbe essere: “In data … è stata notificata la comunicazione delle risultanze con invito a presentare osservazioni entro 60 giorni. Con la presente memoria si intendono confutare i rilievi ivi contenuti”.
  • Suddivisione per rilievi: Organizzare la memoria per punti, affrontando ciascun rilievo contestato separatamente. Utilizzare titoletti o numeri per ciascun rilievo (es. 1) Ricavi non dichiarati per €XX; 2) Costi indeducibili per €YY; 3) Omessa fatturazione IVA €ZZ, etc.). Questo aiuta l’Ufficio a seguire le argomentazioni e associare a ogni contestazione le relative controdeduzioni. Per ogni rilievo: (i) sintetizzare qual è la contestazione dell’Ufficio, (ii) spiegare la vostra posizione in merito, supportandola con documenti, norme o giurisprudenza.
  • Argomentazioni giuridiche e documentali: Nello svolgimento di ciascun punto difensivo, alternare spiegazioni testuali e richiami a prove/documenti. Se ad esempio contestate un ricavo non dichiarato, potete scrivere: “Il rilievo in esame ipotizza un ricavo non contabilizzato di €100.000 sulla base di un movimento bancario del … (cfr. all. 1, copia estratto conto). Al riguardo si osserva che tale entrata non costituisce ricavo, bensì un finanziamento soci come da verbale assemblea del … (all.2) e movimento contabile n… (all.3). Si allega copia del verbale e della scheda contabile da cui risulta il finanziamento. Pertanto la somma non ha natura imponibile ai fini IRPEF/IVA.”. Usare un linguaggio chiaro: “il rilievo è infondato perché…”, “si dimostra che…”, “in diritto, si rileva che…”. Se esistono circolari dell’Agenzia delle Entrate che vi danno ragione, citatele (magari l’Ufficio le conosce, ma ribadirle rafforza). Se ci sono sentenze di Cassazione pertinenti, menzionatele brevemente e allegatele se possibile. Ad esempio: “La Cassazione ha affermato che i versamenti bancari giustificati come finanziamenti soci non configurano ricavi occulti (Cass. n. XXX/20XX), principio applicabile al caso di specie.”. Questo segnala all’Ufficio che in un eventuale giudizio avreste argomenti solidi.
  • Tono propositivo e non polemico: È importante che la memoria non sia percepita come ostile. Evitate toni aggressivi o minacciosi (del tipo “vi porteremo in Commissione e vinceremo”). Invece, mantenete un tono professionale e orientato alla soluzione: “Si confida che le suddette evidenze probatorie, chiarendo la reale dinamica, possano essere favorevolmente valutate dall’Ufficio, conducendo al giusto ridimensionamento del rilievo”. In pratica, invitate l’Ufficio a riesaminare con obiettività. Se qualche rilievo è effettivamente corretto (ad es. un errore formale del contribuente), non ignoratelo: potreste anche ammetterlo in memoria, isolandolo dagli altri. Ad esempio: “Il rilievo n.4 (errata applicazione aliquota IVA su operazione X) viene riconosciuto dal contribuente: si tratta di un errore materiale su cui non si formulano contestazioni”. Ciò aumenta la credibilità sulle altre difese, mostrando un atteggiamento cooperativo.
  • Conclusioni e richieste: La memoria difensiva può concludersi con un paragrafo riassuntivo, in cui si chiede espressamente quanto si desidera dall’Ufficio. Ad esempio: “In virtù di tutto quanto esposto, il contribuente chiede in via principale l’archiviazione/annullamento integrale dell’avviso di accertamento in oggetto, poiché infondato nei rilievi contestati; in via subordinata, ove l’Ufficio ritenga di non poter accogliere integralmente le deduzioni, chiede di volerlo convocare per esperire la procedura di accertamento con adesione, al fine di definire la pretesa in misura ridotta, come peraltro già richiesto con apposita istanza presentata in data …”. Formulare una richiesta subordinata del genere è utile: in sostanza dite “se proprio non volete annullare tutto in autotutela, allora almeno trattiamo con adesione”. Ovviamente, se avete già contestualmente attivato l’adesione, lo segnalerete.
  • Allegati: Elencate in fondo alla memoria gli eventuali documenti allegati, numerandoli (All.1, All.2, …) e descrivendoli (es: “All.1: Estratto conto bancario c/c n… – movimenti 01/01/2021-31/03/2021”, “All.2: Verbale assemblea soci del …”, “All.3: Sentenza Cass. 1234/2019”, etc.). Inviate la memoria preferibilmente via PEC o raccomandata, oppure consegnatela a mano facendola protocollare, così da avere prova della ricezione.

In sintesi, una buona memoria difensiva deve essere ben strutturata, documentata, rispettosa e focalizzata sui punti essenziali: così avrà le massime chance di convincere l’Ufficio, o quantomeno di porre le basi per una trattativa in sede di adesione. Dal punto di vista del contribuente, è spesso utile farsi assistere da un professionista esperto (commercialista o avvocato tributarista) nella redazione, poiché occorre unire competenze contabili (per analizzare i rilievi) e legali (per inquadrare le norme e la giurisprudenza applicabile). Tuttavia, anche i contribuenti privati o piccoli imprenditori possono predisporre buone memorie puntando sui fatti e fornendo ogni chiarimento possibile: l’importante è essere chiari e onesti nelle spiegazioni, perché se qualcosa non torna o appare pretestuoso, l’Ufficio lo noterà.

Fac-simile di memoria difensiva (esempio pratico)

Di seguito proponiamo un modello esemplificativo di memoria difensiva, ipotizzando il caso di un avviso di accertamento con alcuni rilievi, redatto dal punto di vista del contribuente. Si tratta di un fac-simile puramente indicativo (non esaustivo), da adattare ai singoli casi.

Oggetto: Memoria difensiva – Avviso di Accertamento n. 12345678 anno d’imposta 2020 – Ditta Alfa S.r.l.
Contribuente: Alfa S.r.l., CF/P.IVA 01234567890, con sede in … (FI), rappresentata dal legale rappresentante Sig. Mario Rossi, nato il …, domiciliato per la carica in … – assistito dal Dott. Giulio Bianchi (Commercialista, iscritto ODCEC di …, delega allegata).
Autorità emittente: Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Firenze, Ufficio Accertamento.

Premessa e contesto:
In data 10/05/2024 la scrivente società ha ricevuto notifica dell’Avviso di Accertamento n. 12345678 relativo al periodo d’imposta 2020, con il quale codesto Ufficio contesta maggiori ricavi non dichiarati per €50.000 e riprende a tassazione costi ritenuti indeducibili per €20.000, oltre alle correlate sanzioni e interessi. Tali rilievi originano dal Processo Verbale di Constatazione della Guardia di Finanza notificato in data 01/03/2024, cui è seguito contraddittorio endoprocedimentale concluso senza intesa. Con la presente memoria, predisposta ai sensi dell’art. 6, comma 1, D.Lgs. 218/97 (fase di accertamento con adesione attivata su istanza del contribuente del 15/05/2024), si intendono illustrare le ragioni del contribuente, al fine di ottenere la revisione in autotutela dei rilievi ovvero di pervenire ad una definizione concordata ai sensi di legge.

1. Rilievo A – Presunti ricavi non contabilizzati €50.000
Sintesi contestazione: L’Ufficio contesta che sul c/c bancario aziendale n. 12345 presso Banca XYZ si riscontra, alla data del 10/07/2020, un versamento contante di €50.000, non giustificato in contabilità, presumendo trattarsi di ricavo da vendite “in nero”.
Osservazioni difensive: La società tiene a chiarire che l’importo di €50.000 versato il 10/07/2020 NON rappresenta un ricavo di vendita, bensì deriva da un finanziamento soci a favore della società. In particolare, con verbale di assemblea del 01/07/2020 (cfr. All.1), i soci hanno deliberato un finanziamento soci infruttifero di €100.000, da erogarsi in due tranche da €50.000 ciascuna (di cui la prima in data 10/07/2020). Tale finanziamento è regolarmente registrato nella contabilità della società (cfr. scheda contabile “finanziamenti da soci” All.2). Si allega altresì l’estratto conto bancario (All.3) dal quale si evince che il giorno 10/07/2020 vi è un versamento di €50.000 proveniente dal c/c personale del socio Mario Rossi (come da contabile bancaria). In base all’art. 46, comma 1, TUIR, i finanziamenti soci non costituiscono ricavi imponibili. Conclusione sul punto: il rilievo è infondato in fatto e diritto, essendo il versamento in oggetto correttamente qualificato come finanziamento e non generatore di ricavi tassabili. Si chiede pertanto l’integrale annullamento del rilievo A.

2. Rilievo B – Costi per spese pubblicitarie indeducibili €20.000
Sintesi contestazione: Vengono disconosciuti costi per sponsorizzazioni sportive (€20.000) dedotti nell’anno 2020, ritenuti dall’Ufficio non di competenza o comunque non inerenti all’attività d’impresa.
Osservazioni difensive: La scrivente ha sostenuto nell’esercizio 2020 spese di sponsorizzazione per €20.000 a favore dell’A.S.D. Sportiva Beta (cfr. contratto di sponsorizzazione All.4 e fatture All.5). Tali costi sono di competenza dell’anno 2020, come da contratto (durata annuale) e da fatture datate 2020. Quanto all’inerenza, trattasi di sponsorizzazione del campionato regionale di calcio, in cui il marchio della società Alfa S.r.l. compariva sulle divise e sui cartelloni: ciò ha portato benefici di immagine e promozione, con un ritorno commerciale, comprovato dall’aumento di clienti nell’area in cui operava la squadra (si allega documentazione fotografica All.6 e relazione marketing All.7). Ai sensi dell’art. 108 TUIR, le spese di pubblicità sono integralmente deducibili nel periodo di competenza. La Cassazione ha più volte affermato che l’inerenza va valutata in senso qualitativo e non quantitativo, e che le sponsorizzazioni sportive, se adeguatamente documentate, sono inerenti perché mirano ad accrescere il prestigio e la visibilità del marchio (v. Cass. n. 34358/2019). Conclusione sul punto: il rilievo appare privo di fondamento, essendo le spese in oggetto pienamente deducibili. Se ne chiede dunque lo stralcio totale.

(Si prosegue analogamente per eventuali altri rilievi…)

Conclusioni:
Alla luce di quanto sopra esposto, la società Alfa S.r.l. chiede, in via principale, l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento n. 12345678/2020, risultando i rilievi in esso contenuti infondati e comunque superati dalla documentazione prodotta. In via subordinata, qualora codesto Ufficio ritenga di non poter aderire completamente alle presenti deduzioni, si chiede che il contribuente venga convocato ai fini dell’accertamento con adesione (istanza già presentata il 15/05/2024 e attualmente pendente) per definire transattivamente la pretesa. La società si rende disponibile fin d’ora a valutare una soluzione concordata, tenuto conto degli elementi forniti.

Allegati: 1) Verbale assemblea soci 01/07/2020; 2) Scheda contabile “finanziamenti soci” 2020; 3) Estratto conto bancario Luglio 2020 c/c Alfa S.r.l.; 4) Contratto di sponsorizzazione 2020 Alfa S.r.l. – ASD Beta; 5) Fatture n.10 e 11/2020 ASD Beta; 6) Foto cartelloni pubblicitari stadio Beta; 7) Relazione marketing 2021 su effetti sponsorizzazione.

Firma del Legale Rappresentante … (Mario Rossi)
Firma del Professionista incaricato … (Giulio Bianchi)

(Il modello sopra è semplificato a fini illustrativi: in casi reali, le memorie potrebbero essere più corpose o tecniche a seconda dei rilievi.)

Simulazioni pratiche di definizione in adesione

Per meglio comprendere l’applicazione concreta dell’accertamento con adesione dal punto di vista del contribuente, vediamo alcune simulazioni di situazioni reali e come sono state risolte attraverso memorie difensive e accordi.

Esempio 1 – Commerciante con ricavi non dichiarati (studio di settore): Il Sig. X gestisce un negozio di abbigliamento. Per l’anno 2022 l’Agenzia delle Entrate gli contesta, con un avviso di accertamento, ricavi non dichiarati per €30.000, desunti dall’applicazione degli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), oltre a una sanzione del 90% (€27.000). Il contribuente ritiene che la stima sia eccessiva, in quanto quell’anno ha avuto il negozio chiuso per ristrutturazione 3 mesi e costi straordinari. Azione: Presenta istanza di accertamento con adesione e una memoria difensiva spiegando queste circostanze, allegando documentazione (fatture di ristrutturazione, comunicazioni ai clienti sulla chiusura temporanea, ecc.). Esito: All’incontro di adesione, riesce a convincere l’Ufficio a ridurre l’omesso ricavo da €30.000 a €10.000, portando anche gli studi di settore degli anni precedenti che mostravano coerenza. Si raggiunge un accordo su +€10.000 di imponibile. Sanzione: ridotta al 1/3 del minimo (in questo caso 30% di €10.000 = €3.000). Vantaggio per il contribuente: originariamente avrebbe dovuto pagare €30.000 * 22% (aliquota) = €6.600 di imposte + €27.000 di sanzioni = €33.600 (oltre interessi); con l’adesione paga €10.000 * 22% = €2.200 di imposte + €3.000 di sanzioni = €5.200 (interessi minimi). Ha risparmiato oltre €28.000 e ha chiuso la questione subito, evitando il processo.

Esempio 2 – Professionista con costi contestati: L’Avv. Y, libero professionista, subisce un controllo per l’anno 2021. Gli vengono contestati €15.000 di costi dedotti che secondo l’Ufficio non sarebbero inerenti (spese di viaggio e aggiornamento professionale). Avviso notificato con imposta IRPEF aggiuntiva €6.000 e sanzioni €2.000 (1/3 del minimo in acquiescenza). L’Avvocato è convinto che quelle spese siano inerenti (viaggi per convegni e corsi obbligatori). Azione: Decide di non aderire subito ma di inviare osservazioni difensive nel contraddittorio, spiegando la natura di quelle spese e allegando inviti ai convegni, attestati di partecipazione, ordini del giorno che mostrano la rilevanza formativa. Esito: L’Ufficio accoglie in parte: riconosce la deducibilità di €10.000 su 15.000 (considerando alcuni costi eccessivi non giustificati), riducendo l’imponibile. Emana quindi l’avviso definitivo con maggiore imponibile €5.000 (non €15.000). A questo punto, l’Avvocato Y potrebbe fare ricorso per quei €5.000, ma preferisce chiedere adesione entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso. Si siede al tavolo e ottiene un piccolo ulteriore sconto: l’Ufficio accetta di ridurre ancora €2.000, portando a €3.000 l’imponibile aggiuntivo. Accordo: €3.000 di reddito imponibile in più, IRPEF dovuta ~€1.200, sanzione €360 (30% di 1.200, equivalente a 1/3 del 90%). Considerazioni: Il professionista ha limitato i danni e ha chiuso rapidamente: inizialmente rischiava €6.000 di imposte su 15k e 2k sanzioni, con le difese ha ridotto tutto a circa €1.560 totale. Certo, avrebbe potuto tentare il ricorso su 5k rimasti, ma ha valutato costi/benefici e ha preferito l’accordo. Questo esempio mostra l’efficacia di presentare memorie dettagliate, sfruttando poi la seconda chance dell’adesione post-avviso.

Esempio 3 – Azienda con omessa dichiarazione IVA (profilo penale): La società Z S.r.l. non ha presentato la dichiarazione IVA per l’anno 2020, omettendo di dichiarare €200.000 di IVA dovuta. L’Ufficio emette avviso di accertamento per IVA evasa €200.000, con sanzione 120% (€240.000). Qui scatta anche la denuncia penale ex art. 5 D.Lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione oltre soglia). Azione: La società, su consiglio dell’avvocato penalista, presenta istanza di accertamento con adesione. Durante la trattativa, l’Ufficio ovviamente non può ridurre l’imposta (va pagata per intero), ma accetta di applicare tutte le attenuanti sul fronte sanzionatorio: in adesione le sanzioni vengono ridotte a 1/3 del minimo edittale. Nel caso di omessa dichiarazione IVA, la sanzione edittale va dal 120% al 240% dell’imposta; il minimo è 120%, quindi 1/3 del minimo = 40% dell’imposta. Su €200.000, dunque, sanzione ridotta a €80.000. Accordo: la società Z paga €200.000 di IVA + €80.000 sanzioni + interessi, magari a rate (importo elevato). Effetto penale: Poiché la società ha versato tutte le imposte dovute prima dell’apertura del dibattimento penale, beneficerà della non punibilità ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 74/2000. Inoltre, avendo definito l’IVA evasa, in caso di processo penale il legale rappresentante potrà dimostrare di aver completamente “riparato” il danno erariale, rafforzando la propria posizione. In conclusione, l’adesione ha consentito di evitare una pesantissima sanzione amministrativa piena e, soprattutto, ha salvato l’imprenditore dal rischio di condanna penale, sebbene al costo di un esborso immediato notevole. Dal punto di vista del contribuente, questa era chiaramente la scelta più conveniente: un processo penale avrebbe portato probabilmente a una condanna (difficile difendersi per €200k di IVA omessa), mentre così il reato è estinto per legge.

Esempio 4 – Accertamento parziale banche dati (no contraddittorio): La Sig.ra W riceve nel 2025 un avviso “parziale” ex art. 41-bis DPR 600/73: l’Agenzia ha incrociato i dati e ha scoperto che nel 2021 ha percepito redditi da lavoro autonomo da una collaborazione di €10.000 non dichiarati (risulta da CU non indicata in dichiarazione). Trattandosi di controllo da banche dati, l’atto è stato emesso senza contraddittorio preventivo. La contribuente ammette l’errore (si era dimenticata di quel reddito), ma nota che l’Agenzia ha calcolato interessi e una sanzione del 30% piena (€3.000). Azione: Presenta istanza di adesione entro 60 gg dall’avviso. Esito: L’Ufficio, in sede di adesione, ovviamente non può modificare l’imponibile (reddito certo) ma applica la riduzione sanzione a 1/3 del minimo: in questo caso, omessa dichiarazione di redditi soggetti a ritenuta, sanzione edittale 90%, minimo 90% → ridotta a 30% con acquiescenza; essendo l’adesione equiparata, le viene concessa la stessa 1/3 del minimo = 30%. Ma attenzione: l’avviso era stato emesso con 30% già? Se fosse stato con sanzione piena 90%, con adesione scende a 30%. Accordo: La Sig.ra W firma l’adesione, paga l’imposta dovuta sui €10.000 (poniamo €2.300) + sanzione ridotta (€900) + interessi, e rateizza il tutto in 4 rate trimestrali. Morale: Anche sugli atti “semplici” dove non c’è molto da discutere nel merito, l’adesione conviene per ottenere la riduzione delle sanzioni e la rateazione.

Come si evince da queste simulazioni, dal punto di vista del contribuente l’adesione è spesso conveniente: riduce sanzioni, dà respiro con le rate e chiude le pendenze più rapidamente. Bisogna però saperla gestire: presentare memorie convincenti, non lasciarsi sfuggire i termini e, se si firma un accordo, rispettarlo nei pagamenti. In ogni caso, l’adesione è una facoltà, non un obbligo: se l’offerta dell’Ufficio risultasse inaccettabile (ad esempio sconto irrisorio rispetto a quanto ritenete giusto), avete sempre la possibilità di rinunciare all’accordo e andare in giudizio.

Domande frequenti (FAQ) sull’accertamento con adesione

Di seguito una serie di domande e risposte che riepilogano i principali dubbi di contribuenti e professionisti in materia di accertamento con adesione, soprattutto alla luce delle novità normative recenti.

D1: Chi può richiedere l’accertamento con adesione?
R: Qualsiasi contribuente che riceve un avviso di accertamento (o di rettifica/liquidazione) dall’Agenzia delle Entrate ha diritto di presentare istanza di adesione. Ciò vale per persone fisiche, titolari di partita IVA (professionisti, ditte individuali), società di persone e di capitali, enti non commerciali, ecc., nonché per gli eredi o coobbligati se l’avviso è intestato a loro (es. avvisi emessi pro-quota ai soci per trasparenza). Nel caso di tributi locali, come detto, bisogna che il Comune abbia previsto l’istituto nel regolamento, ma molti lo fanno. In sintesi: se ricevete un avviso da Agenzia Entrate (IRPEF, IVA, Registro, ecc.), potete attivare l’adesione; se ricevete un atto da Comune, verificatene il regolamento ma spesso è possibile (es. IMU in grandi Comuni).

D2: Quali atti possono essere definiti con adesione?
R: Sono definibili in adesione gli avvisi di accertamento e gli avvisi di rettifica/liquidazione per le principali imposte erariali. In particolare: avvisi riguardanti IRPEF, IRES, IVA, IRAP, imposta di registro, imposta di successione/donazione, bollo, canone, ecc.. Inoltre, dopo la riforma 2024, anche gli avvisi di recupero crediti d’imposta indebitamente fruiti sono espressamente inclusi. Esclusi invece gli atti da controlli automatizzati o formali (che non sono avvisi impugnabili) e gli atti dell’Agente della Riscossione come cartelle e intimazioni. Possibili anche adesioni su avvisi emessi da Regioni o Comuni, se la normativa locale lo prevede.

D3: Quali benefici ottengo aderendo, rispetto a pagare e basta (acquiescenza) o fare ricorso?
R: I benefici principali dell’adesione sono: (1) Sanzioni amministrative ridotte a 1/3 del minimo edittale (pari circa al 33,3%) – è la stessa riduzione prevista per l’acquiescenza, ma con l’adesione avete anche la possibilità di ridurre la base imponibile negoziando, cosa che con il “pagare e basta” non avreste. (2) Rateizzazione: potete pagare fino a 8 rate trimestrali (16 rate se l’importo supera 50.000 €). Invece con l’acquiescenza dovreste pagare tutto entro 30 giorni in un’unica soluzione per aver lo sconto. (3) Sospensione dei termini di ricorso: presentando l’istanza si sospende il termine per fare ricorso di 90 giorni (o 30 giorni in caso di adesione post-contraddittorio). Questo vi dà più tempo e vi evita di correre subito in tribunale. (4) Definizione concordata e certezza del dovuto: evitando il giudizio, eliminate i rischi dell’esito incerto – è vero che in giudizio potreste vincere (e pagare zero) ma potreste anche perdere e pagare tutto con sanzioni piene, interessi e spese legali; con l’adesione trovate un compromesso certo e chiudete la questione. (5) Effetti penali favorevoli (se pertinenti): se l’accertamento riguarda fatti che potrebbero costituire reato tributario (es. omessa dichiarazione, dichiarazione infedele), il pagamento integrale delle imposte con adesione può evitare la punibilità o attenuare la pena, come previsto dal D.Lgs. 74/2000. Inoltre, rispetto alla conciliazione giudiziale (accordo in corso di causa), l’adesione offre di solito una riduzione sanzioni uguale o migliore (conciliazione in primo grado = 1/3 sanzioni irrogate, spesso equivalente a circa 1/3 del minimo, mentre adesione è 1/3 del minimo garantito, quindi se l’atto aveva sanzione sopra il minimo l’adesione è più conveniente). Senza contare che l’adesione vi evita di pagare il contributo unificato del ricorso e altre spese processuali. In sintesi, l’adesione bilancia la rinuncia al giudizio con una serie di vantaggi economici e procedurali non trascurabili.

D4: Come si presenta l’istanza di accertamento con adesione? Ci sono moduli specifici?
R: L’istanza è molto semplice: va fatta in carta libera, indirizzata all’ufficio che ha emesso l’atto. Basta indicare gli estremi dell’atto (numero, protocollo, anno d’imposta), i dati del contribuente e la volontà di definire in adesione. Non serve motivare nel merito (non è un ricorso); si può scrivere, ad esempio: “…chiede l’attivazione della procedura di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 218/97 e resta a disposizione per il contraddittorio…”. L’importante è rispettare i termini: se l’atto è stato preceduto da contraddittorio, l’istanza va inviata entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema; se è un avviso “diretto” senza contraddittorio, entro 60 giorni dalla notifica; se c’era contraddittorio ma non avete aderito prima, entro 15 giorni dall’avviso definitivo. L’istanza può essere presentata a mano (fatevela protocollare) oppure inviata con raccomandata A/R (fa fede la data di arrivo) o tramite PEC se l’ufficio la accetta. Alcuni uffici offrono modelli prestampati (siti web o sportelli) ma non sono obbligatori: anche una vostra lettera firmata con i dati essenziali va benissimo. Notate: se l’ufficio vi ha inviato uno schema con già un prospetto per l’adesione, spesso allega un format di risposta; potete usare quello oppure fare la vostra istanza, è indifferente.

D5: Cosa succede ai termini per fare ricorso se chiedo l’adesione?
R: Il termine per impugnare in Commissione tributaria (Corte di Giustizia Trib.) viene sospeso a seguito della presentazione dell’istanza. In generale, la sospensione è di 90 giorni dalla data di presentazione. C’è il caso particolare già discusso: se l’avviso era preceduto da contraddittorio obbligatorio ex art. 6-bis e voi non avevate aderito prima ma presentate istanza dopo l’avviso, allora la sospensione è di soli 30 giorni. Durante questo periodo (90 o 30 gg) l’Ufficio dovrebbe svolgere e concludere la procedura di adesione. Dopo: se non si raggiunge l’accordo, il contribuente ha ancora tempo per fare ricorso. I giorni che restavano al momento della presentazione + tutti i giorni di sospensione si ricalcolano dalla chiusura dell’adesione. Esempio: avviso notificato 1° marzo, termine ricorso 60 gg = 30 aprile; il 30 marzo presento istanza (mancavano 31 gg). Sospensione 90 gg fino al 28 giugno. Se so già che non c’è accordo al 15 giugno, dal 16 giugno decorrono i 31 gg residui, quindi il termine nuovo diventa 17 luglio. In assenza di comunicazioni, per sicurezza considerate 90 gg pieni dalla presentazione: nel caso, 30 marzo + 90 gg = 28 giugno, poi aggiungo 31 gg = 29 luglio come ultima data. In ogni caso, attenzione: se l’adesione fallisce, dovete attivarvi per il ricorso entro i termini rimanenti, non aspettate comunicazioni dall’Ufficio. Segnatevi sempre la deadline su un’agenda, perché se la mancate l’atto (avviso) diventa definitivo!

D6: Posso presentare più di una istanza di adesione sullo stesso atto?
R: No, è ammessa una sola istanza per atto. La riforma 2024 l’ha esplicitato, ma era logico anche prima. In pratica, se avete già chiesto l’adesione allo stadio di pre-avviso (schema), poi non potete richiederla di nuovo dopo l’avviso definitivo. Viceversa, se in fase di contraddittorio vi siete limitati a memorie e non avete chiesto adesione, potete farlo dopo sul definitivo, ma lì finisce (non c’è un terzo round). Quindi, potete esercitare la facoltà di adesione una volta sola per ciascun atto impositivo. Se l’accordo non si conclude e l’avviso rimane, dovrete percorrere la strada del ricorso. Non è possibile ritentare la via negoziale due volte sullo stesso accertamento.

D7: Cosa posso discutere e modificare in sede di adesione?
R: In adesione si può discutere tutto il merito dell’accertamento: sia questioni di fatto che di diritto. L’obiettivo è arrivare a un compromesso sostenibile. In pratica, potete portare elementi per ridurre la quantificazione dei ricavi non dichiarati (documentando che erano minori), potete far riconoscere costi che erano stati disconosciuti (esibendo fatture, prove di inerenza), potete sostenere che un certo rilievo è infondato in diritto (es. spiegare che un’esenzione spettava, o che una plusvalenza non è imponibile) e convincere l’Ufficio a toglierlo. L’accordo finale può prevedere che alcuni rilievi siano stralciati totalmente, altri magari siano parzialmente accolti dal contribuente (imponibile ridotto rispetto al contestato). Di fatto, si rivedono imponibili, imposte e sanzioni finché entrambe le parti trovano una quantificazione accettabile. Ci sono però limiti: l’accordo deve riguardare tutto l’atto, non potete definire solo alcuni rilievi lasciandone fuori altri (l’adesione ha effetto “tombale” sull’intero avviso). E non potete introdurre in adesione motivi nuovi o anni diversi non compresi nell’avviso (ogni adesione è riferita a quell’atto e quel periodo). Inoltre l’Ufficio, come detto, non può concordare cose contrarie alla legge (es. dichiarare esente un reddito tassabile per legge), quindi i margini di trattativa sono sul quantum e sulle valutazioni incerte, non sulle norme vincolanti. In generale, l’adesione è appunto una “mediazione economica”: non si stabilisce chi avesse pienamente ragione, ma quanto pagare per chiudere.

D8: Se aderisco, posso poi fare ricorso su ciò che non mi convince?
R: No. Una volta che l’accertamento con adesione è perfezionato – cioè avete firmato l’atto di adesione e pagato quanto dovuto – l’accordo diventa definitivo e non impugnabile. Né l’atto di adesione né l’originario avviso (che viene assorbito) possono più essere portati davanti al giudice tributario. In pratica, aderendo rinunciate al contenzioso. Questo significa che dovete aderire solo se siete realmente disposti ad accettare quell’esito. La Cassazione ha più volte dichiarato inammissibili i ricorsi presentati contro avvisi già definiti in adesione, anche se magari il contribuente aveva cambiato idea dopo aver pagato. L’unica ipotesi teorica per provare a contestare l’accordo sarebbe di sostenere un vizio del consenso (errore grave, costrizione) ma si tratta di casi limite e andrebbero eventualmente fatti valere tramite istanza di autotutela all’Amministrazione, non certo in giudizio. Quindi, attenzione: dopo che aderite, game over sul fronte giudiziario. Se avete dubbi seri sulla legittimità di alcuni rilievi, valutate bene se vi conviene accettare comunque l’accordo (magari per convenienza economica) o se invece sia il caso di rinunciare all’adesione e fare ricorso. Ricordate inoltre – come già evidenziato – che se firmate ma non pagate, l’adesione decade ma a quel punto i termini per ricorrere saranno comunque scaduti, ritrovandovi con un debito definitivo e senza possibilità di difesa. Quindi aderite soltanto se siete convinti e se potrete onorare l’accordo.

D9: Cosa succede se non rispetto i termini di pagamento dell’adesione?
R: Il pagamento tempestivo è fondamentale. Dopo la firma, avete 20 giorni per pagare tutto (o almeno la prima rata). Se non pagate entro tale scadenza, l’accordo diventa inefficace. In pratica è come se non aveste definito nulla: l’Agenzia potrà procedere a farvi pagare l’importo originario contestato. Più precisamente, l’adesione prevede che la sua efficacia è subordinata al versamento; se questo non avviene, l’Amministrazione iscriverà a ruolo le somme dovute secondo l’avviso di accertamento originario, cioè senza le riduzioni concordate. Inoltre, essendo ormai trascorsi i termini di impugnazione, quell’avviso sarà definitivo e dovrete pagarlo per intero con sanzioni piene. Quindi sarebbe un autogol enorme firmare e poi non pagare: perdereste sia i benefici sia il diritto al ricorso. Ad esempio, la Cassazione (Sez. V, ord. 25497/2022) ha stabilito che il ricorso presentato dopo un’adesione perfezionata solo con la firma ma non seguita dal pagamento è inammissibile, perché comunque la firma sancisce l’accordo e il mancato pagamento non lo riapre al giudizio. In genere, in caso di mancato pagamento il Fisco iscrive a ruolo le somme non versate dell’accordo più una sanzione da omesso versamento (30%) e interessi. Formalmente l’avviso originario resta a garanzia, quindi qualche giurista ha ritenuto che il contribuente debba comunque l’intero originario; ma nella prassi si riscuote quanto concordato + sanzioni da tardivo. In ogni caso, è una situazione da evitare assolutamente: se prevedete di non poter pagare, meglio non concludere l’adesione, oppure concludetela solo prevedendo rate sostenibili.

D10: Posso pagare in compensazione con crediti d’imposta l’importo dovuto in adesione?
R: No. Il pagamento delle somme dovute a seguito dell’adesione deve avvenire mediante versamento “cash” (F24 con saldo, addebito su conto, contanti entro i limiti, etc.). Non è ammessa la compensazione di quelle somme con eventuali crediti d’imposta a disposizione. Questa regola è sancita espressamente, in particolare per i casi di adesione sugli avvisi di recupero crediti indebitamente utilizzati (sarebbe paradossale pagare un credito fittizio usando un altro credito), ma in generale si applica a tutte le somme dovute per definire atti con adesione, conciliazione o acquiescenza. Quindi, se avete crediti IVA o altri crediti fiscali, non potete utilizzarli per compensare il debito da adesione; dovrete pagare l’importo e semmai chiedere rimborso del vostro credito o usarlo per altri pagamenti futuri. Il legislatore ha voluto assicurarsi che queste forme di definizione portino liquidità immediata nelle casse erariali. Questo spesso spiazza i contribuenti con grossi crediti (es. aziende esportatrici con crediti IVA), ma purtroppo la norma è chiara.

D11: Durante la pandemia Covid c’erano sospensioni o definizioni particolari: sono ancora attuali?
R: Negli anni 2020-2021 ci sono stati vari interventi straordinari. Ad esempio, la sospensione dei termini di accertamento e di impugnazione durante il lockdown, e la definizione agevolata degli atti del periodo 2019-2020 prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (c.d. “pace fiscale” con sanzioni ridotte a 1/18). Al luglio 2025, tuttavia, tutto è tornato alla normalità. Le sospensioni Covid sono terminate e i termini hanno ripreso a decorrere regolarmente (infatti ora stanno arrivando avvisi per il 2017-2018 con termini allungati proprio per quelle sospensioni, ma nulla di più). Le definizioni straordinarie avevano scadenze precise (quella con sanzioni 1/18 si applicava ad atti 2019-2021 non impugnati entro metà 2023, ormai conclusa). Quindi oggi l’accertamento con adesione segue le regole ordinarie illustrate nella guida, senza sconti o sospensioni emergenziali in vigore. L’unica novità extra-procedurale recente è la riforma dei giudizi tributari: ora le Commissioni si chiamano Corti di Giustizia Tributaria (L. 130/2022), ma ciò non incide sull’adesione se non per adeguare i nomi nei modelli. In futuro potrebbero esserci nuove “tregue fiscali” (il Governo a volte ne propone), ma al momento non ce ne sono relative agli accertamenti in adesione.

D12: L’accertamento con adesione estingue il reato tributario? Posso usarlo nel processo penale?
R: L’accertamento con adesione di per sé non fa cessare automaticamente il reato tributario eventualmente commesso (non è come un condono penale). Tuttavia, se il contribuente tramite l’adesione paga tutte le imposte dovute (oltre a sanzioni e interessi), ciò può integrare le condizioni per la non punibilità o le attenuanti previste dal diritto penale tributario. Ad esempio, per i reati di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000) o omessa dichiarazione (art. 5), l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 prevede la non punibilità se il debito tributario, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, viene estinto prima dell’apertura del dibattimento. Un’adesione perfezionata con pagamento integrale soddisfa questo requisito, quindi il reato viene meno. Per reati più gravi come la frode fiscale o l’emissione di false fatture, il pagamento totale costituisce un’attenuante specifica (può ridurre la pena fino alla metà). In pratica, aderire e pagare conviene enormemente a chi ha un procedimento penale pendente o potenziale per evasione: è chiaro che aderendo di fatto ammettete il debito fiscale, ma spesso a livello penale questa scelta è consigliata dalla difesa per dimostrare ravvedimento operoso e ridurre le sanzioni penali. È opportuno, in tali casi, che il tributarista e il penalista lavorino di concerto. In sintesi: l’adesione non appartiene formalmente al processo penale, ma ha effetti indiretti molto positivi su di esso grazie alle norme che premiano il pagamento del dovuto (estinzione o attenuazione del reato).

D13: Se l’ufficio non mi convoca o non mi risponde dopo la mia istanza, posso fare qualcosa?
R: La legge impone all’ufficio, ricevuta l’istanza, di attivarsi e concludere entro 90 giorni (anche se il termine è ordinatorio). Se ipoteticamente l’ufficio rimanesse inerte – evenienza rara – il contribuente, allo scadere dei 90 giorni dalla domanda, può considerare chiusa la procedura e deve tutelarsi presentando ricorso entro i termini (calcolando i 90 gg di sospensione). Non esiste un mezzo per obbligare l’ufficio a concludere: semplicemente, se non convoca o non risponde, l’adesione non produce alcun accordo e bisogna andare avanti col contenzioso. In pratica, il silenzio dell’ufficio equivale a un “mancato accordo” di fatto. Nella prassi, come detto, è raro che l’ufficio ignori l’istanza: di solito convocano. Può capitare magari che convochino tardi o che dopo un incontro non formalizzino nulla. In questi casi, il contribuente può sollecitare per iscritto, ma deve comunque stare attento alla propria scadenza. Non c’è il silenzio-assenso in adesione. Quindi la regola d’oro è: monitorare i termini e, se l’adesione non va a buon fine entro i 90 giorni (o 30), presentare ricorso in tempo per non perdere il diritto. Segnalo che, con la riforma, la questione del contraddittorio non svolto va eccepita subito in ricorso, quindi se l’ufficio non vi ha ascoltato neanche in adesione (ipotizzando abbia ignorato l’istanza) quella può essere una ragione di nullità dell’atto da far valere in giudizio. Ma meglio comunque non arrivare a questo: se dopo 90 giorni non si muove nulla, depositate il ricorso.

D14: Quali sono le differenze tra l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale?
R: Entrambi gli istituti mirano a definire in via concordata una pretesa tributaria, ma differiscono per momento procedurale e modalità. L’adesione avviene prima del ricorso, in fase amministrativa, direttamente con l’ufficio accertatore; la conciliazione giudiziale avviene dopo che il ricorso è stato presentato, quindi in sede di processo, davanti al giudice tributario, e viene formalizzata con un accordo omologato dal giudice. Nell’adesione le sanzioni sono ridotte ex lege a 1/3 del minimo; nella conciliazione in primo grado le sanzioni sono ridotte a 1/3 di quelle irrogate (che spesso coincide col 30% del minimo, ma se l’avviso aveva già sanzioni al minimo, 1/3 di quelle equivale proprio a 1/3 del minimo). In appello, la conciliazione prevede sanzioni ridotte a 1/2 di quelle irrogate (cioè sconto 50%). Un’altra differenza: l’adesione sospende i termini di ricorso e previene il giudizio; la conciliazione chiude una causa già iniziata (serve comunque il benestare del giudice per renderla efficace). Inoltre, l’adesione è su base volontaria su istanza del contribuente; la conciliazione può essere proposta da entrambe le parti e il giudice stesso può spingere per conciliare. In pratica, l’adesione è preferibile per chiudere subito con lo sconto massimo sulle sanzioni evitando le spese di giudizio; la conciliazione entra in gioco se per qualche motivo non si è fatto l’adesione e ci si trova già in causa. Con la scomparsa del reclamo, dal 2024 tutte le liti vanno direttamente in tribunale se non si definisce prima: l’adesione diventa ancora più importante perché rimane l’unico vero momento di confronto prima del processo. Se la si salta, si potrà comunque tentare una conciliazione fino alla sentenza di primo grado. Un’ultima notazione: in adesione al tavolo c’è l’organo tecnico che ha fatto l’accertamento (i funzionari istruttori), in conciliazione invece vi troverete di fronte l’avvocatura dell’ente (i legali dell’Agenzia). Questi potrebbero avere margini diversi di trattativa e solitamente la conciliazione riflette condizioni simili a quelle che si sarebbero potute ottenere in adesione (forse leggermente peggiori sulle sanzioni, es. 40% invece di 33%). Quindi, meglio giocarsi bene l’adesione prima; la conciliazione resta un buon ripiego se vi siete già incamminati nel contenzioso.

D15: L’adesione è possibile anche per avvisi di accertamento emessi dalla Guardia di Finanza?
R: Questa domanda nasce da un equivoco. La Guardia di Finanza in realtà non emette avvisi di accertamento tributari: essa svolge verifiche e redige processi verbali (PVC), ma l’avviso vero e proprio lo emette sempre l’Agenzia delle Entrate, anche se basato sul lavoro della GdF. Dunque l’accertamento con adesione si riferisce sempre ad atti dell’Agenzia (o dell’Agenzia Dogane, o di enti locali eventualmente). La confusione sta nel fatto che, dopo una verifica GdF, uno magari vorrebbe trattare subito con chi l’ha fatta. In effetti esiste l’istituto dell’adesione al PVC (recentemente reintrodotto), che consente di definire i rilievi di un verbale GdF prima che esca l’avviso. Ma se non si sfrutta quella opportunità, l’unica adesione possibile sarà quella sull’avviso dell’Agenzia Entrate successivo. In breve: se arriva la Finanza e contesta cose, potete aderire al PVC entro 30 giorni dalla notifica del verbale (con sanzioni ridotte a 1/6); altrimenti, quando l’Agenzia vi notificherà l’avviso di accertamento basato su quel PVC, potrete fare l’adesione classica (sanzioni 1/3). La reintroduzione dell’adesione ai verbali nel 2024 offre quindi un momento ulteriore a monte, ma riguarda sempre la sfera amministrativa. In ogni caso, sia su PVC che su avviso emesso su input GdF, l’adesione si svolge con l’Agenzia delle Entrate (che ha la competenza a definire).

Tabelle riepilogative

Di seguito alcune tabelle riassuntive utili per inquadrare in modo sintetico le caratteristiche dell’adesione rispetto ad altri istituti e le novità introdotte dalla riforma.

Tabella 1 – Confronto tra strumenti deflattivi: adesione, acquiescenza, conciliazione

StrumentoFaseRiduzione sanzioniBase imponibileSospensione termini ricorsoRateazione
Accertamento con adesione (avviso)Pre-contenzioso (dopo avviso, prima del ricorso)1/3 del minimo edittaleRinegoziabile: imponibile concordato può essere inferiore a quanto contestato: 90 gg (o 30 gg se contraddittorio già svolto): fino 8 rate trimestrali (16 se >50k)
Adesione al PVC (verbale GdF)Pre-avviso (subito dopo verifica)1/6 del minimo edittaleNon modificabile (si accettano integralmente i rilievi del PVC)(Non rileva, l’avviso non viene emesso): fino 8 o 16 rate trimestrali (come sopra)
Acquiescenza (art.15 D.Lgs.218/97)Pre-contenzioso (dopo avviso, senza ricorso)1/3 del minimoNon modificabile (si accetta l’atto così com’è)No sospensione; però versando entro 60 gg si ottiene lo scontoNo (va pagato tutto entro 60 gg)
Conciliazione giudiziale – 1° gradoIn corso di processo (CT I grado)1/3 delle sanzioni irrogate (≈33% del minimo se sanzione al minimo)Rinegoziabile (accordo tra le parti su importi)(Non sospende, chiude la causa con sentenza di conciliazione): fino 8 rate trimestrali (16 se >50k) per importi concordati (art.48 D.Lgs.546/92)
Conciliazione giudiziale – 2° gradoIn corso di appello (CT II grado)1/2 delle sanzioni irrogate (50%)Rinegoziabile (come sopra)(Chiude il giudizio con cessazione della materia del contendere) (come sopra)
Definizione agevolata straordinaria (es. L.197/2022)Occasionale (stabilita da legge speciale)Variabile (es. 1/18 delle sanzioni)Non modificabile (si paga quanto richiesto, salvo stralcio sanzioni)Eventuale sospensione prevista dalla legge specialeRate secondo la legge (es. 20 rate trimestrali L.197/22)

(NB: Ravvedimento operoso non incluso in tabella perché è una regolarizzazione spontanea ante-accertamento, non comparabile alle definizioni di atti)

Tabella 2 – Novità introdotte dalla riforma 2023-2024 in tema di adesione

AspettoPrima della riformaDopo la riforma (2024)
Contraddittorio preventivoObbligatorio solo in alcuni casi (verifiche in loco, accertamenti IVA per giurisprudenza UE) – non generalizzatoObbligatorio per legge in tutti i casi (art.6-bis Statuto) salvo atti automatici/urgenza. Schema di atto con inviti a memorie (60 gg) e adesione (30 gg) prima di ogni avviso.
Adesione su invito (pre-avviso)Non formalmente prevista: l’invito a comparire era una facoltà dell’ufficio, ma non c’era uno “schema” obbligatorio per tutti gli atti.Prevista e incentivata: schema di atto con prospetto e invito a adesione entro 30 gg in luogo delle osservazioni. Sospensione termini ricorso 90 gg se adesione chiesta su avviso senza contraddittorio, 30 gg se chiesta post-contraddittorio.
Adesione ai PVC (processi verbali)Era stata abrogata nel 2015 e non disponibile negli ultimi anni.Reintrodotta: adesione al verbale entro 30 gg, accettandone tutto il contenuto, con sanzioni ridotte al 1/6 del minimo. Possibile segnalare errori materiali nel PVC da correggere (adesione “condizionata”).
Mediatore/reclamo tributarioObbligatorio per ricorsi fino €50.000: istanza all’AdE con attesa 90 gg (art.17-bis D.Lgs.546/92).Abolito dal 2024. Non è più richiesto il reclamo: il ricorso si deposita subito entro 60 gg. Il contraddittorio preventivo e l’adesione ne prendono il posto come filtri deflattivi.
Unicità istanza adesioneNon era disciplinata espressamente, ma di fatto una volta fatta l’adesione non si poteva replicare.Esplicitata: una sola istanza per atto. Divieto di chiedere adesione due volte sullo stesso avviso.
Atti di recupero creditiIncertezza: Cass. 2017 pro adesione, ma uffici a volte negavano 90 gg sospensione sostenendo che non fossero “avvisi di accertamento”.Chiarito in legge: anche gli avvisi di recupero crediti d’imposta definibili in adesione (art. 1 D.Lgs. 218/97 novellato). 90 gg sospensione ricorso applicabili.
Riduzione sanzioni baseD.Lgs. 87/2024: alcune sanzioni (es. crediti inesistenti) ridotte nei minimi → riflesso: adesione su tali violazioni costerà un po’ meno.
Denominazione organiCommissioni Tributarie Provinciali/Regionali.Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado (L.130/2022) – cambia solo il nome da indicare nei ricorsi, irrilevante per adesione.

Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate a luglio 2025)

  • D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 – Istituzione dell’accertamento con adesione e conciliazione giudiziale.
  • Statuto del Contribuente (L. 212/2000) – Art. 12 c.7 (contraddittorio dopo verifiche in loco); art. 6-bis (introdotto da D.Lgs. 219/2023) sul contraddittorio preventivo generalizzato.
  • Legge 9 agosto 2023 n. 111 (Delega Fiscale 2023) – Principi per la generalizzazione del contraddittorio e la revisione dell’accertamento.
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 219 – Attuazione delega: Nuovo Statuto contribuente, introdotto art.6-bis L.212/2000 (obbligo contraddittorio).
  • D.M. MEF 24 aprile 2024 – Elenco atti esclusi dal contraddittorio (controlli automatizzati, formali, urgenze).
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 220 – Riforma del contenzioso tributario: abrogazione reclamo/mediazione (art.17-bis D.Lgs.546/92) dal 2024.
  • D.Lgs. 12 febbraio 2024 n. 13 – Riforma dell’accertamento e concordato preventivo biennale: modifiche al D.Lgs. 218/97 (invito adesione entro 30 gg, reintroduzione adesione PVC, divieto doppia istanza, etc.).
  • D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87 – Revisione sanzioni tributarie: ridotti alcuni minimi edittali (es. art.13 D.Lgs.471/97 da 30% a 25% per crediti inesistenti).
  • Circolare Min. Finanze 235/1997 – Prima circolare esplicativa del D.Lgs.218/97 (fornisce istruzioni operative sull’adesione e conciliazione).
  • Circ. Agenzia Entrate 65/E del 28/06/2001 – Chiarimenti sulla gestione dell’adesione (es. termine 90 gg, modalità pagamento, casi particolari).
  • Cass., Sez. Unite, sent. 24823/2015 – Contraddittorio endoprocedimentale: non obbligatorio per accertamenti “a tavolino” (posizione poi superata dalla riforma).
  • Cass., Sez. Unite, sent. 7371/2016 – Natura dell’adesione: accordo di natura negoziale, precluso il ricorso dopo perfezionamento.
  • Cass., Sez. V, sent. 11087/2017 – Avvisi di recupero crediti d’imposta assimilabili ad accertamenti: adesione applicabile e sospensione 90 gg valida.
  • Cass., Sez. V, sent. 18904/2018 – (Ante riforma) Adesione PVC: decadenza termini (questa pronuncia affrontava problemi poi risolti con reintroduzione adesione PVC nel 2024).
  • Cass., Sez. V, ord. 15898/2020 – Adesione conclusa preclude il ricorso.
  • Cass., Sez. III Penale, sent. 118/2020 – Conferma che pagamento integrale prima del dibattimento estingue il reato di omesso versamento IVA (rilevanza dell’avvenuta definizione).
  • Cass., Sez. V, ord. 6391/2022 – Valore probatorio dell’adesione non perfezionata: le ammissioni nel verbale di adesione possono costituire prova in giudizio.
  • Cass., Sez. V, ord. 25497/2022 – Accertamento con adesione perfezionato: ricorso successivo inammissibile (dopo firma e accordo sul quantum, l’atto non è più impugnabile).
  • Cass., Sez. V, ord. 26618/2024 (14/10/2024) – Ribadisce che dopo adesione l’atto originario non è più impugnabile.
  • Cass., Sez. V, ord. 788/2025 (depositata 11/01/2025) – Accertamento parziale definito con adesione: preclusa integrazione su stessi elementi (non si può riaccertare quanto già oggetto di accordo).
  • Corte Costituzionale, sent. 47/2023 – Invita il legislatore a introdurre l’obbligo generalizzato di contraddittorio per tutti gli accertamenti (monito recepito nella riforma).

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  • 📌 Verifica la correttezza dei rilievi, l’eventuale infondatezza delle presunzioni e i margini di riduzione
  • ✍️ Redige memorie difensive dettagliate con documentazione giustificativa e ricostruzione fiscale alternativa
  • ⚖️ Ti assiste nel contraddittorio e nella trattativa con l’Ufficio per ottenere un esito equo e sostenibile
  • 🔁 Valuta, se necessario, l’alternativa del ricorso tributario o della definizione agevolata

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in accertamento con adesione e diritto tributario negoziale
  • ✔️ Consulente per la redazione di memorie difensive e accordi fiscali preventivi
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia

Conclusione

Con l’accertamento con adesione puoi evitare il contenzioso e trattare direttamente con l’Agenzia delle Entrate.
Con memorie difensive efficaci e ben articolate puoi ridurre sensibilmente le pretese fiscali e chiudere la vertenza in modo vantaggioso.

📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua strategia difensiva comincia da qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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