Hai lavorato o lavori come intermediario assicurativo e ti trovi sommerso dai debiti? Hai ricevuto cartelle esattoriali, solleciti da banche o fornitori, oppure minacce di pignoramento? Ti stai chiedendo se puoi essere ritenuto personalmente responsabile e quali strumenti puoi usare per difenderti?
Molti intermediari assicurativi (subagenti, broker o mandatari) accumulano debiti per contributi non versati, tasse arretrate, anticipazioni non restituite o sanzioni. Ma anche nei casi più complessi esistono strumenti legali per sospendere le azioni esecutive, ridurre i debiti e proteggere il proprio patrimonio.
Quali sono i debiti tipici di un intermediario assicurativo?
– Debiti con l’Agenzia delle Entrate o INPS per tasse e contributi non versati
– Obbligazioni verso la compagnia mandante per anticipazioni, provvigioni negative, contestazioni
– Rate di prestiti personali o aziendali, spesso garantiti da fideiussioni
– Spese di ufficio, collaboratori, software, RC professionale e banche dati
– Pignoramenti in corso o imminenti, se la situazione è degenerata
Cosa rischi se non agisci?
– Iscrizione a ruolo e pignoramenti su conti, provvigioni e beni personali
– Segnalazioni in centrale rischi che ti impediscono di accedere a nuovi mandati o crediti
– Perdita della licenza operativa in caso di protesti o incapacità patrimoniale
– Sofferenza personale, familiare e reputazionale, soprattutto se lavori da solo
Come puoi difenderti in modo efficace?
– Verifica la legittimità dei debiti: molti sono prescritti, contestabili o documentati male
– Se hai troppi debiti per poterli pagare, puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, che consente:
– Sospensione immediata dei pignoramenti
– Taglio legale dei debiti fino all’80-90%
– Salvaguardia della tua posizione professionale e del tuo reddito futuro
– Se sei ancora in bonis, puoi trattare con banche e mandanti per un saldo e stralcio professionale
– In caso di contestazioni della compagnia assicurativa, puoi impugnare gli addebiti se privi di fondamento contrattuale o non documentati
– Se hai garantito con beni personali, valuta strategie di protezione del patrimonio residuo
Quando la responsabilità è personale e quando no?
– Se operi come ditta individuale, sei sempre responsabile con tutto il tuo patrimonio
– Se operi tramite società (es. srl), la responsabilità è limitata, salvo fideiussioni o comportamenti illeciti
– In caso di rapporti con l’IVASS o la compagnia, può esserci responsabilità professionale, ma non sempre patrimoniale
Cosa puoi ottenere se ti muovi con una strategia legale?
– Riduzione o annullamento dei debiti
– Blocco delle azioni esecutive e tutela della tua licenza
– Protezione del tuo conto corrente, dei compensi e dei beni familiari
– Recupero della tua operatività, anche con un piano di ristrutturazione
Essere un professionista con debiti non significa essere finito. Ma restare fermo, ignorare gli atti o sperare che passi può solo peggiorare la situazione. Con una strategia chiara e legale, puoi difenderti e ripartire.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti nella tutela dei professionisti e nelle procedure per la crisi del debitore ti spiega come difenderti se sei un intermediario assicurativo con debiti, cosa puoi fare e cosa puoi ottenere legalmente.
Hai ricevuto atti di riscossione o vuoi chiudere la tua posizione debitoria in modo efficace? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione professionale e ti diremo se e come puoi uscire dai debiti salvando la tua attività.
Introduzione
Un intermediario assicurativo (agente o broker) può trovarsi esposto a vari tipi di debiti derivanti dalla propria attività professionale e personale. Questi debiti possono includere obbligazioni verso compagnie di assicurazione (es. restituzione di anticipi provvigionali), banche, fornitori, Fisco e enti previdenziali, oltre a possibili esposizioni verso clienti o terzi. Quando l’ammontare complessivo dei debiti diventa insostenibile con le risorse disponibili, l’intermediario assicurativo si trova in una situazione di sovraindebitamento, ossia nell’incapacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni assunte. In tali casi è fondamentale conoscere quali strumenti di difesa l’ordinamento giuridico italiano mette a disposizione dal punto di vista del debitore – sia in via stragiudiziale (fuori dai tribunali) che in via giudiziale – per tutelare il proprio patrimonio residuo, ristrutturare o ridurre i debiti ed evitare conseguenze irreparabili come la perdita della casa di abitazione o la cessazione forzata dell’attività professionale.
Questa guida, aggiornata a luglio 2025, esamina in dettaglio come un intermediario assicurativo indebitato possa difendersi, attingendo alla normativa italiana vigente (in particolare il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) e alle più recenti sentenze e orientamenti giurisprudenziali. Il taglio è avanzato ma divulgativo: verranno affrontati gli strumenti legali a disposizione del debitore (dalle trattative private alle procedure di “sovraindebitamento”, fino alle difese nelle esecuzioni forzate), con spiegazioni chiare e riferimenti a norme e pronunce autorevoli. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione Domande & Risposte per chiarire i dubbi più comuni. L’obiettivo è fornire una guida completa sia a professionisti legali (avvocati, consulenti) sia agli stessi intermediari, imprenditori o privati che vogliano comprendere come tutelarsi efficacemente di fronte ai creditori. Il tutto, sempre dal punto di vista del debitore, ossia focalizzando i diritti e le strategie difensive di chi deve gestire e ridurre i propri debiti.
Tipologie di debiti di un intermediario assicurativo
Un intermediario assicurativo può contrarre debiti di diversa natura, ciascuno con caratteristiche giuridiche specifiche e diverse possibilità di gestione o difesa. È importante mappare tutte le esposizioni debitorie, perché le strategie possono variare a seconda del tipo di credito e del creditore. Ecco le principali tipologie di debiti che possono riguardare un intermediario assicurativo e le relative particolarità:
- Debiti verso la compagnia assicurativa mandante: Spesso gli agenti assicurativi ricevono anticipi provvigionali o finanziamenti dalla compagnia. In caso di revoca del mandato o calo della produzione, l’agente può trovarsi a dover restituire somme rilevanti alla compagnia. Tali debiti derivano da obblighi contrattuali (ad es. saldo di anticipazioni sulle provvigioni non guadagnate) e sono tipicamente liquidati in denaro. Se non pagati spontaneamente, la compagnia può agire legalmente (ingiunzione di pagamento) per recuperarli. Dal punto di vista difensivo, è importante verificare il contratto di agenzia: ad esempio, se l’anticipazione provvigionale era qualificata come anticipo con obbligo di restituzione, il credito è esigibile integralmente; se invece era una forma di minimo garantito, potrebbe non dover essere restituito. Inoltre, l’intermediario può contestare la quantificazione (es. chiedere compensazione con indennità di fine mandato eventualmente spettanti) oppure negoziare un piano di rientro con la compagnia onde evitare l’azione giudiziale.
- Debiti bancari e finanziari: Molti intermediari assicurativi operano come imprenditori individuali o tramite società di persone/srl, e possono aver acceso finanziamenti bancari per l’attività (fidi di cassa, mutui per ufficio, leasing auto, prestiti per liquidità) o anche debiti personali (mutuo casa, prestiti personali, carte di credito). Questi debiti sono regolati dal diritto civile e bancario. In caso di mancato pagamento, la banca può inviare solleciti, attivare società di recupero crediti e infine procedere con atti legali (decreto ingiuntivo, precetto e pignoramento). I contratti bancari sono titoli esecutivi solo in alcuni casi (es. saldo certificato di conto corrente per gli istituti di credito) e spesso la banca deve prima ottenere un decreto ingiuntivo. Sul piano difensivo, oltre alla trattativa per una moratoria o rinegoziazione, l’intermediario può verificare se vi siano irregolarità nel contratto bancario: anatocismo (interessi su interessi non consentiti), tassi di usura oltre i limiti legali, errori nel calcolo del TAEG, vizi formali (mancata consegna di copia contrattuale, ecc.). Queste contestazioni, se fondate, possono essere sollevate in sede di opposizione al decreto ingiuntivo o in un giudizio ordinario, al fine di ridurre il debito o far dichiarare la nullità di clausole onerose. Inoltre, per controversie specifiche con banche o finanziarie, è possibile ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), un organismo di risoluzione stragiudiziale che decide su reclamo del cliente questioni come l’applicazione di interessi o spese non dovute; la decisione ABF non è vincolante come una sentenza ma le banche vi si conformano di solito, ed è uno strumento rapido e a basso costo per far valere i propri diritti.
- Debiti verso clienti o terzi per responsabilità professionale: Un intermediario può incorrere in obblighi risarcitori verso clienti (ad esempio, se ha incassato premi assicurativi senza girarli alla compagnia causando scoperture, o se ha commesso errori professionali procuranti danni). Queste situazioni possono generare debiti di natura risarcitoria o obblighi di restituzione. Spesso l’intermediario è tenuto ad avere una copertura assicurativa di RC professionale; se presente, la polizza RC potrà coprire (entro i limiti) tali pretese, altrimenti il debitore risponde col suo patrimonio. Tali crediti, se accertati con sentenza o determinati, sono esigibili e il danneggiato può agire esecutivamente. Dal lato difensivo, oltre a coinvolgere l’assicurazione RC professionale per attivare la copertura, l’intermediario potrà opporsi a richieste non fondate contestando l’assenza di colpa o nesso causale (se si tratta di responsabilità civile). Questo rientra però nella gestione del singolo contenzioso più che del sovraindebitamento in sé. In caso di condanna al risarcimento, il debito risultante può essere trattato come gli altri debiti chirografari nelle procedure di composizione della crisi (non gode di privilegi se non è di natura diversa).
- Debiti verso fornitori e altre spese di gestione: Anche un intermediario assicurativo ha spese operative (affitto dell’ufficio, utenze, software gestionali, compensi di eventuali collaboratori o subagenti, ecc.). Se l’attività è strutturata, possono esservi fornitori non pagati. Questi debiti commerciali sono normalmente chirografari (senza garanzie) e seguono le regole ordinarie: inadempimento, sollecito, eventuale decreto ingiuntivo e pignoramento. La difesa qui consiste spesso nella trattativa (molti fornitori preferiscono accordarsi per un pagamento parziale a saldo piuttosto che intraprendere costose azioni legali) oppure nell’eventuale contestazione della fornitura (se vi sono vizi nella prestazione del fornitore). In sede concorsuale (procedure di sovraindebitamento o fallimento), questi creditori chirografari sono i primi a subire falcidie (riduzioni) perché non privilegiati.
- Debiti tributari (Erario) e contributivi (previdenza): Sono i debiti verso lo Stato, ad esempio IVA incassata sulle provvigioni e non versata, IRPEF o IRES dovute sui redditi, ritenute d’acconto non versate, nonché contributi previdenziali dovuti (per un agente in ditta individuale, i contributi INPS gestione commercianti; se ha dipendenti, contributi INPS dipendenti; per un broker iscritto a forma societaria potrebbe esservi Enasarco se applicabile, etc.). Questi debiti sono particolarmente delicati perché il Fisco e gli enti previdenziali godono di poteri speciali di riscossione. In genere, dopo l’accertamento e l’iscrizione a ruolo, le somme vengono affidate all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), che emette le cartelle esattoriali. Se l’agente non paga la cartella entro 60 giorni, la AER può attivare strumenti cautelari ed esecutivi senza bisogno di un giudice: ad esempio, può iscrivere ipoteca sugli immobili per debiti sopra €20.000 e può procedere ad espropriazione immobiliare (pignoramento e vendita di beni immobili) per debiti sopra €120.000, salvo il caso particolare della prima casa (vedi oltre). Può inoltre disporre il fermo amministrativo sui veicoli e il pignoramento di stipendi, conti correnti e altri crediti. I debiti tributari e contributivi sono spesso privilegiati per legge: ciò significa che in caso di concorso con altri crediti sono soddisfatti con priorità sui beni del debitore (hanno privilegio generale mobiliare e/o ipoteca se iscritta per i debiti erariali). Questo comporta che anche nelle procedure di sovraindebitamento, il trattamento di tali crediti è diverso: non possono essere semplicemente eliminati senza pagamento, almeno non per la parte coperta da privilegio, se non col consenso dell’ente. Tuttavia, la normativa attuale prevede strumenti di composizione fiscale: ad esempio, nel concordato preventivo o nel concordato minore il debitore può proporre il pagamento parziale dei tributi col beneficio della transazione fiscale (accordo col Fisco) e oggi il giudice può omologare anche senza adesione formale del Fisco purché sia assicurato il pagamento di almeno quanto il Fisco otterrebbe in una liquidazione. Nei piani del consumatore, la giurisprudenza ha ritenuto non necessaria la preventiva adesione dell’ente, potendo il giudice valutare d’ufficio l’equità del trattamento. Dal punto di vista extragiudiziale, il contribuente in difficoltà ha alcune opzioni: può chiedere una rateizzazione amministrativa delle cartelle (fino a 72 rate mensili, o anche 120 rate in casi di grave e comprovata difficoltà), che viene concessa automaticamente entro certi importi (oggi fino a €120.000) o previa prova della situazione per importi maggiori. Inoltre, sono state introdotte periodicamente definizioni agevolate o “rottamazioni” delle cartelle esattoriali: l’ultima, la rottamazione-quater prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), consente di estinguere i carichi affidati dal 2000 a giugno 2022 pagando solo imposte e contributi senza sanzioni né interessi di mora (con dilazione fino a 18 rate in 5 anni). Nel 2025 è stata persino introdotta la riammissione alla rottamazione per chi era decaduto dai pagamenti: i debitori che non avevano pagato le prime rate 2023 entro il 31 dicembre 2024 possono presentare domanda entro il 30 aprile 2025 e dilazionare gli importi arretrati con un interesse ridotto al 2%, pagando in un’unica soluzione entro 31 luglio 2025 o in massimo 10 rate. Questi strumenti di pace fiscale sono opportunità importanti per ridurre il carico debitorio fiscale, se disponibili: è dunque fondamentale restare aggiornati sulle normative di volta in volta emanate (spesso con le Leggi di Bilancio o decreti “Milleproroghe”). Va ricordato che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare l’abitazione principale del debitore se questa è l’unico immobile di proprietà, adibito a uso abitativo e residenza anagrafica, e non di lusso (categorie catastali A/8 o A/9): questa tutela, introdotta dal D.L. 69/2013, significa che la prima casa (nei limiti detti) è impignorabile per i debiti esattoriali. Sono comunque richiesti due presupposti: che il debito complessivo superi €120.000 e che sia stata iscritta ipoteca da almeno 6 mesi senza esito – se l’immobile è unico e prima casa, l’espropriazione non può procedere; se invece il debitore possiede più immobili, la protezione cade e AER può colpire quelli non prima casa (o anche la prima casa stessa se vi sono altre proprietà, poiché non è più “unico immobile”). I crediti previdenziali (INPS, casse) seguono regole analoghe, essendo anch’essi riscossi tramite AER ed equiparati ai tributi (spesso privilegiati). Dunque, per il debitore, le mosse difensive su questo fronte sono: attivare tempestivamente piani di rateizzo per evitare azioni aggressive, sfruttare condoni/rottamazioni per abbattere sanzioni e interessi, e includere tali debiti in eventuali piani di ristrutturazione tenendo conto del loro rango privilegiato (pagandoli almeno parzialmente in via preferenziale nel piano, salvo accordi diversi). In caso di notifica di cartelle, è anche importante verificare la prescrizione: molte cartelle sono impugnabili se notificate dopo il termine di legge (5 anni per contributi, 5 anni per tributi locali, 10 anni per alcune imposte erariali), o se AER non ha compiuto atti interruttivi nei termini. Contestare una cartella per prescrizione o vizi formali (mancata notifica, ecc.) può portare all’annullamento del debito in sede di giudizio tributario o di opposizione all’esecuzione.
- Debiti derivanti da sanzioni amministrative o penali: Sebbene meno frequente, un intermediario potrebbe aver contratto debiti per multe, sanzioni amministrative o penali pecuniarie (si pensi a multe stradali non pagate, sanzioni IVASS per violazioni regolamentari, ammende penali convertite in pene pecuniarie). Questi crediti, specie le sanzioni pecuniarie dello Stato, hanno un trattamento peculiare: tradizionalmente nell’ambito fallimentare le sanzioni pecuniarie non godono di privilegio (sono chirografarie) ma sono postergate (soddisfatte dopo i chirografari comuni) e soprattutto in passato non erano soggette a esdebitazione (cioè non venivano cancellate dal fallimento). Con le procedure di sovraindebitamento, la legge 3/2012 prima e ora il Codice della crisi non sembrano escludere espressamente l’inclusione di queste debiti, per cui è possibile proporne il trattamento nel piano, ma l’esdebitazione finale potrebbe non coprire debiti come le sanzioni (questo è un punto controverso e in evoluzione giurisprudenziale). Ad ogni modo, anche le multe affidate all’esattore rientrano in eventuali rottamazioni (le definizioni agevolate 2016-2023 hanno spesso incluso le sanzioni diverse da quelle per violazioni al Codice della Strada). Il debitore farà bene comunque a includerle nel quadro generale, sapendo che la legge consente di non pagarle integralmente in un piano, ma il giudice valuterà la meritevolezza caso per caso (l’omologazione potrebbe essere negata se per esempio si cerca di stralciare sanzioni per condotte gravi intenzionali). In linea di massima, però, i debiti da sanzioni amministrative possono essere trattati nelle procedure di composizione della crisi, mentre non sono esdebitabili le obbligazioni derivanti da illeciti civili extracontrattuali causati da fatto doloso del debitore (es: risarcimenti per dolo) e i debiti per mantenimento di figli o ex coniuge, che per legge rimangono esclusi dalla liberazione.
Come si vede, tutti i tipi di debito possono confluire nel quadro di crisi di un intermediario assicurativo. È importante censire ogni posizione debitoria e la relativa natura, perché ciò influirà sulle possibili strategie difensive. Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono le conseguenze del sovraindebitamento e, a seguire, come agire per difendersi sia fuori dalle aule giudiziarie che davanti al giudice.
Conseguenze dei debiti e rischi per l’intermediario assicurativo indebitato
Accumulare debiti non gestiti espone l’intermediario assicurativo a conseguenze gravi, che vanno dall’aggressione del patrimonio (pignoramenti di beni) fino a ripercussioni sulla stessa attività professionale e status personale. Riassumiamo i principali rischi che il debitore corre se non interviene prontamente:
- Aggressione forzata del patrimonio (azioni esecutive): Il rischio più immediato è che i creditori attivino procedure di recupero forzoso. Ricevuti solleciti o messe in mora rimaste infruttuose, un creditore può agire giudizialmente chiedendo un decreto ingiuntivo (ingiunzione di pagamento) se il credito è dimostrabile per iscritto. Una volta ottenuto e notificato il decreto, se il debitore non propone opposizione entro 40 giorni, il decreto diventa esecutivo e il creditore può notificare un atto di precetto (l’intimazione a pagare entro 10 giorni) e poi procedere al pignoramento dei beni. I beni aggredibili includono: conti correnti, crediti verso terzi (es. provvigioni dovute da compagnie, affitti attivi), beni mobili anche presso l’abitazione (nei limiti di legge), veicoli, immobili di proprietà, quote societarie, stipendi o pensioni (nei limiti di 1/5 mensile). Un intermediario assicurativo, che spesso opera come ditta individuale, risponde con tutto il suo patrimonio personale presente e futuro (art. 2740 c.c.), non essendovi di regola separazione tra debiti professionali e personali se non ha una società con personalità giuridica. Questo significa che anche per debiti dell’attività (es. fido bancario per l’agenzia) il creditore può attaccare beni personali (conto personale, casa, ecc.). Le società di persone (sas, snc) implicano responsabilità illimitata almeno per i soci illimitatamente responsabili; le srl offrirebbero invece il “paracadute” del patrimonio separato, ma spesso gli intermediari in srl hanno fornito garanzie personali (fideiussioni) alle banche o ai locatori, rendendosi di fatto esposti personalmente. In caso di pignoramento immobiliare, come detto, l’unica protezione legale è per la prima casa se il creditore è l’Agente della Riscossione e ricorrono i presupposti di legge. I creditori privati (banche, fornitori) non hanno divieti di legge nel pignorare la casa di abitazione, indipendentemente dall’importo dovuto: in teoria anche per 5.000 € una banca potrebbe iscrivere ipoteca giudiziale e avviare un’esecuzione sulla casa del debitore; in pratica valuterà costi e benefici, ma nessuna norma glielo vieta. Dunque, il debitore rischia seriamente di perdere i beni: la casa può finire all’asta giudiziaria, i conti correnti possono essere bloccati (il pignoramento del conto congela le somme presenti fino a capienza del credito, impedendo al debitore di usarle), l’auto può essere sottoposta a fermo amministrativo (impedendone la circolazione) e poi pignorata e venduta. Questo scenario comporta anche ripercussioni pratiche devastanti: impossibilità di usare l’auto per lavoro, impossibilità di disporre di denaro sul conto, necessità di cercare nuova casa se venduta all’asta, ecc. Sul piano professionale, un intermediario senza conto bancario o senza auto può operare con difficoltà; se perde l’ufficio perché sfrattato per morosità, subisce danni reputazionali con i clienti. Inoltre, l’essere oggetto di pignoramenti pubblici può minare la fiducia delle compagnie mandanti. Nota bene: alcuni beni sono impignorabili o parzialmente protetti per legge: gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione (ad esempio, il computer e il telefono usati per l’attività, mobili dell’ufficio strettamente necessari) sono impignorabili nei limiti di quanto serve al lavoro del debitore, salvo che il creditore dimostri che eccedano il minimo indispensabile (art. 515 c.p.c.). Allo stesso modo, nell’abitazione non possono essere pignorati beni di uso quotidiano, letti, elettrodomestici essenziali, vestiti, etc. (art. 514 c.p.c.). Il pignoramento dello stipendio/pensione (se l’intermediario avesse anche altro reddito da lavoro dipendente o pensionistico) è limitato generalmente ad 1/5 del netto mensile (art. 545 c.p.c.), percentuale che cumula con eventuali altri pignoramenti concorrenti fino a un massimo di 1/2. Sul conto corrente, se su di esso affluisce lo stipendio o pensione, la legge tutela un importo pari al triplo dell’assegno sociale (circa €1.500 nel 2025) che deve restare disponibile se accreditato prima del pignoramento, e per gli accrediti successivi si applica il limite del quinto (D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015). Quindi almeno un “minimo vitale” sul conto andrebbe garantito. Per il resto però, il rischio di subire perdite patrimoniali è concreto.
- Rischio di insolvenza conclamata e procedure concorsuali: Se i debiti superano di molto le capacità del debitore, oltre alle singole azioni esecutive si profila il rischio di una procedura concorsuale più ampia. Per gli imprenditori commerciali (categoria in cui rientra l’intermediario assicurativo se svolge attività d’impresa con organizzazione), la legge prevede che se l’impresa ha dimensioni sopra certi parametri, in caso di insolvenza possa essere assoggettata a liquidazione giudiziale (il “nuovo” fallimento). I parametri dimensionali – confermati dal Codice della crisi, art. 2, comma 1, lett. d) – sono: attivo patrimoniale annuo oltre €300.000, ricavi lordi annui oltre €200.000, debiti anche non scaduti oltre €500.000. Se anche uno solo di questi limiti è superato negli ultimi tre esercizi, l’imprenditore è soggetto a liquidazione giudiziale in caso di insolvenza; se li non supera tutti, è considerato “piccolo” e non può essere assoggettato a fallimento. La grande maggioranza degli intermediari individuali rientra nelle soglie di non fallibilità (si pensi ad un agente monomandatario con ricavi di 100-150.000 € annui e debiti sotto 500.000 €). Tuttavia, ve ne sono alcuni di dimensioni maggiori (es. broker con portafoglio ampio o agenti plurimandatari strutturati) che potrebbero superare le soglie. In tal caso, un creditore o lo stesso debitore potrebbero chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza in tribunale. Con il Codice della crisi (in vigore dal 15 luglio 2022), il fallimento è stato sostituito dalla liquidazione giudiziale, ma la sostanza resta simile: un tribunale dichiara lo stato di insolvenza e nomina un curatore che espropria e liquida tutto il patrimonio dell’imprenditore a beneficio dei creditori. Le conseguenze per l’intermediario sarebbero: perdita della disponibilità di tutti i beni (anche futuri acquistati prima della chiusura della procedura), scioglimento dei contratti in corso, impossibilità di proseguire l’attività se non con l’eventuale esercizio provvisorio autorizzato (raro per un singolo agente), interdizione legale (perdita di capacità di agire in giudizio, incapacità ad amministrare i propri beni) e altre incapacità personali finché la procedura è aperta. Inoltre, come vedremo più avanti, un intermediario radiato dal RUI per fallimento non può esercitare finché dura la procedura e per un certo periodo dopo. Fortunatamente, se l’imprenditore è “sotto soglia” non può subire il fallimento ordinario: in tal caso il Codice della crisi prevede procedure “di sovraindebitamento” (concordato minore, liquidazione controllata) come alternative (ne parleremo). Va sottolineato però un elemento introdotto dalla riforma: oggi anche i creditori possono provocare l’apertura di una “liquidazione controllata” (procedura concorsuale minore) nei confronti di un debitore non fallibile, se il debitore è insolvente e il totale dei debiti scaduti supera €50.000. Questa è una novità di grande rilievo: prima del 2022 i creditori di un soggetto non fallibile erano costretti alle sole azioni esecutive individuali; ora, se il debitore ha accumulato oltre 50.000 € di debiti insoluti, uno o più creditori possono rivolgersi al tribunale per aprire la liquidazione controllata del sovraindebitato (una sorta di “piccolo fallimento” in cui un liquidatore gestisce l’intero patrimonio). Ciò può avvenire anche senza il consenso del debitore, sebbene con alcune garanzie: il P.M. non ha legittimazione a richiederlo (per concentrare le risorse sui casi maggiori) e la domanda del creditore è ammessa solo se il debitore è insolvente e il giudice accerta quel minimo di €50.000 di debiti scaduti. In pratica, i creditori possono ora “forzare” un debitore non fallibile in una procedura concorsuale collettiva quando i debiti sono rilevanti. Il Tribunale di Catania, ad esempio, in un caso del 2024 ha negato la liquidazione giudiziale a un’impresa perché non superava le soglie dimensionali (debiti < €500.000), rilevando però che astrattamente avrebbe potuto aprirsi la liquidazione controllata su istanza, trattandosi di soggetto sovraindebitato. Per il debitore, subire una procedura concorsuale (anche minore) significa perdere il controllo: non potrà più gestire liberamente i beni (che passano al liquidatore), eventuali azioni esecutive in corso confluiranno nella procedura, e l’esito sarà tipicamente la liquidazione di ogni asset per pagare i creditori in percentuale. Dal lato positivo, l’apertura di una procedura concorsuale può portare all’esdebitazione, cioè alla cancellazione dei debiti residui dopo la chiusura (vedi oltre), ma nel frattempo l’intermediario potrebbe perdere l’iscrizione al RUI (registro intermediari assicurativi) per indegnità sopravvenuta (il D. Lgs. 209/2005 prevede la cancellazione per fallimento; non menziona esplicitamente il concordato minore o la liquidazione controllata, ma è verosimile che IVASS equipari la liquidazione controllata al fallimento ai fini della cancellazione, dati gli effetti analoghi). In effetti, l’art. 119-bis del Codice Assicurazioni (introdotto nel 2020) prevede che ai fini dei requisiti di onorabilità dell’intermediario non vi devono essere procedure concorsuali in corso e dispone la cancellazione in caso di fallimento, con possibilità di reiscrizione solo a cessazione degli effetti del fallimento. La norma non è stata ancora adeguata al nuovo Codice della crisi, ma prudentemente un intermediario dovrebbe assumere che anche un concordato minore o una liquidazione controllata comportino una segnalazione a IVASS e possibile sospensione/cancellazione temporanea.
- Decadenza o sospensione dell’autorizzazione professionale: Come appena accennato, esistono ripercussioni professionali specifiche. Un intermediario assicurativo iscritto al RUI deve mantenere requisiti di onorabilità. Tra questi requisiti vi è il non essere interdetto, inabilitato, fallito o condannato per certi reati (art. 110 Cod. Assicurazioni). La sopravvenienza di uno stato di insolvenza concorsuale può portare a un provvedimento di radiazione o cancellazione d’ufficio dal registro. L’IVASS, ai sensi del Regolamento 40/2018, dispone la cancellazione d’ufficio, tra gli altri motivi, in caso di perdita dei requisiti di legge o per sopravvenuto fallimento dell’intermediario. Un intermediario radiato a seguito di fallimento potrà chiedere la reiscrizione solo dopo che le incapacità personali derivanti dalla procedura concorsuale siano cessate (in caso di fallimento, ciò avviene di norma con la chiusura della procedura e l’eventuale riabilitazione). In termini concreti: se un agente viene dichiarato fallito o sottoposto a liquidazione controllata, rischia di perdere la possibilità di operare nel settore fino a completa definizione della procedura e riacquisto dei requisiti (ad es. dopo esdebitazione). Questo è un forte deterrente: spesso l’intermediario preferirà trovare soluzioni alternative (piani ristrutturazione, accordi) per evitare di essere dichiarato insolvente in sede giudiziale. Bisogna però anche considerare che le procedure di sovraindebitamento introdotte dal 2012 (piano del consumatore, accordo, ecc.) hanno natura concorsuale ma non sono formalmente equiparate al fallimento. Dunque, un intermediario che accede a un piano del consumatore o concordato minore potrebbe sostenere di non dover essere radiato, trattandosi di procedure volontarie di composizione della crisi e non di “fallimento”. L’IVASS non si è ancora espressa chiaramente su questo punto (dato il carattere nuovo delle procedure), ma è ragionevole pensare che finché l’intermediario rispetta il piano omologato e non commette illeciti, potrebbe mantenere l’iscrizione (salvo eventuali provvedimenti su base discrezionale in caso di situazioni particolarmente compromesse che mettano a rischio clienti o compagnie). In sintesi, il debitore deve mettere sul piatto anche la propria carriera: se ignorando i debiti finisse in un default conclamato con procedura concorsuale, rischia di non poter più lavorare come assicuratore autonomo per anni; se invece gestisce attivamente la crisi con strumenti ad hoc, ha più chance di continuare a operare (magari sotto supervisione del tribunale, ma comunque operativo).
- Stress personale, costi e implicazioni familiari: Oltre agli aspetti legali, vanno menzionati i risvolti umani e familiari. Un intermediario fortemente indebitato subisce pressione psicologica dai creditori (talora anche comportamenti al limite del lecito da parte di società di recupero crediti, come telefonate insistenti, visite a domicilio, messaggi minacciosi – condotte che, ricordiamo, possono integrare violazioni della privacy e reati di molestia o estorsione se trascendono: il debitore ha diritto di non essere diffamato né perseguitato). Lo stress può compromettere la lucidità nel gestire l’attività e la vita privata. Inoltre, se il patrimonio è in comunione o co-intestato con familiari (ad esempio, casa cointestata con il coniuge), i debiti personali dell’intermediario possono indirettamente colpire anche i familiari: il creditore può pignorare l’intero immobile cointestato (salvo tutelare poi la quota del coniuge in sede di distribuzione), oppure se c’è una fideiussione prestata dal coniuge o un parente, questi verranno escussi. I figli a carico possono risentire di eventuali decurtazioni del reddito familiare (pignoramento stipendio) o della perdita della casa. Insomma, l’effetto-domino è da scongiurare. Ecco perché la legge italiana parla di “procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento” (noti come legge salva-suicidi in via informale) proprio per evidenziare l’esigenza di dare sollievo alle persone sommerse dai debiti, evitando tragedie personali e familiari. Oggi esistono anche le procedure familiari unitarie: membri della stessa famiglia indebitati per cause comuni possono accedere insieme a un unico piano/concordato, semplificando e risolvendo in maniera coordinata la crisi. Ad esempio, coniugi coobbligati per un mutuo possono presentare un piano comune evitando duplicazioni di costi e assicurando che entrambi siano liberati dal debito contestualmente. Questo aspetto è molto utile per l’intermediario il cui nucleo familiare sia coinvolto (garanti, cofirmatari).
Riassumendo, le conseguenze del sovraindebitamento per un intermediario assicurativo possono essere devastanti sul piano patrimoniale (pignoramenti e vendite forzate), legale (procedure concorsuali, eventuale perdita di autorizzazioni), professionale (interruzione dell’attività) e personale. Difendersi da questi rischi è possibile ed è l’oggetto dei paragrafi successivi, dove analizzeremo prima le strategie stragiudiziali (cioè le mosse che il debitore può compiere senza avviare una procedura giudiziaria) e poi quelle giudiziali, comprese le procedure di composizione della crisi previste dal nostro ordinamento per i debitori non fallibili.
(Segue una guida in due parti: soluzioni stragiudiziali e soluzioni giudiziali, con approfondimenti sulle procedure, tabelle riassuntive, FAQ e riferimenti normativi e giurisprudenziali.)
Strategie difensive stragiudiziali (soluzioni extra-giudiziali)
La prima linea di difesa per un intermediario assicurativo indebitato è tentare di gestire la crisi fuori dalle aule di tribunale, attraverso negoziati e accordi con i creditori o altre iniziative che possano prevenire o evitare le vie legali. Le soluzioni stragiudiziali presentano il vantaggio di essere (se riescono) più rapide, riservate e flessibili rispetto a una procedura concorsuale, e soprattutto permettono all’intermediario di mantenere il controllo diretto della propria attività e patrimonio, evitando le stigmatizzazioni pubbliche e i costi di un procedimento giudiziario. D’altro canto, richiedono la disponibilità e collaborazione dei creditori: non sempre infatti i creditori sono disposti ad accettare accordi stragiudiziali, specie se ritengono di poter recuperare interamente per via forzata. Esaminiamo le principali strategie extra-giudiziali:
1. Analisi della situazione debitoria e pianificazione
Come primo passo, l’intermediario deve fare un’analisi onesta e completa di tutti i debiti e delle proprie risorse. Ciò include: elencare i creditori, gli importi dovuti (capitale, interessi, eventuali spese legali già maturate), la natura dei crediti (chirografari, privilegiati, garantiti da pegno/ipoteca, ecc.), le scadenze e l’eventuale stato delle procedure in corso (sollecito semplice, messa in mora, causa pendente, decreto ingiuntivo emesso, pignoramento avviato, ecc.). Contemporaneamente, va redatto un prospetto del patrimonio e del reddito del debitore: beni immobili con relativi gravami, beni mobili di valore (veicoli, ecc.), liquidità, crediti attivi (es. provvigioni maturate da incassare, rimborsi fiscali attesi), redditi mensili netti e spese incomprimibili per vivere e lavorare. Questa due diligence interna è fondamentale per capire quanto si può ragionevolmente offrire ai creditori e in che tempi. Ad esempio, se l’intermediario dispone di un immobile non essenziale, potrebbe valutare di venderlo volontariamente sul mercato per pagare i debiti (una vendita volontaria rende spesso di più di un’asta giudiziaria); se ha un reddito regolare, può programmare delle rate mensili sostenibili; se possiede polizze vita riscattabili o TFR accantonato, sono risorse potenzialmente attivabili per ridurre il debito. Questa fase preparatoria serve anche a individuare eventuali prescrizioni o nullità che possano estinguere o ridurre il debito: per esempio, accertare se alcune cartelle esattoriali sono prescritte (e quindi impugnabili per farle annullare, evitando di includerle in accordi) o se un contratto di mutuo presentava usura (il che darebbe forza in trattativa col creditore bancario). In sintesi, bisogna determinare: cosa posso pagare? quando? e cosa non posso pagare?
Un consiglio pratico è redigere un “piano del debitore” anche solo a uso interno: un documento in cui si ipotizza, ad esempio, di pagare integralmente i debiti considerati essenziali o privilegiati (come i contributi INPS, se c’è rischio di sanzioni penali per omesso versamento) e offrire un pagamento parziale ai chirografari, magari usando l’eventuale liquidità ricavata dalla vendita di un bene e poi con rate per il resto. Questo piano informale sarà la base da proporre poi ai creditori.
2. Comunicazione e negoziazione con i creditori
Una volta chiaro il quadro, è bene agire prontamente contattando i creditori, preferibilmente prima che intraprendano azioni legali. Ignorare le richieste di pagamento è la peggiore strategia: spinge i creditori a rivolgersi subito agli avvocati, aumentando i costi a vostro carico (interessi di mora e spese legali) e irrigidendo le posizioni. Invece, un debitore che si fa avanti in modo proattivo dimostra buona fede e può talvolta ottenere maggiore comprensione. Come procedere? Si può iniziare inviando ai creditori una lettera (meglio tramite un legale di fiducia) in cui si riconosce l’esistenza del debito (se incontestabile) ma si rappresentano le difficoltà finanziarie e si chiede formalmente un incontro o uno scambio per trovare un accordo stragiudiziale. Nella lettera, o successivamente al tavolo di trattativa, è utile presentare una proposta concreta: ad esempio, “sono disponibile a pagare X euro a saldo del vostro credito di Y euro, possibilmente rateizzandoli in 24 mesi, a causa della mia situazione economica documentata”. Molti creditori, soprattutto se sono consapevoli che il recupero forzoso sarebbe lungo o incerto, preferiranno un uovo oggi (un pagamento immediato parziale) alla gallina domani (rischiare di non trovare beni da pignorare o doverli dividere con altri creditori). Questo tipo di accordo viene detto “saldo e stralcio”, quando si offre una somma ridotta a chiusura definitiva della pendenza. Le percentuali di stralcio variano: banche e finanziarie spesso accettano il 40-50% se il debito è molto deteriorato, a volte anche meno se sanno che il debitore potrebbe altrimenti portare i libri in tribunale; i fornitori commerciali talvolta si accontentano del 30-40%; le compagnie di assicurazione per provvigioni anticipate potrebbero mirare a importi più alti (70-80%) se credono di poterli recuperare coattivamente, ma tutto dipende dalle circostanze (ad esempio, se l’agente non ha beni intestati, potrebbe convincere la compagnia che è meglio prendere subito un 30% che spendere soldi in una causa forse infruttuosa). Importantissimo: ogni accordo raggiunto andrà formalizzato per iscritto, preferibilmente in un accordo transattivo che preveda la rinuncia del creditore ad ogni ulteriore pretesa dopo l’esatto adempimento dell’accordo (così il debitore è sicuro di non vedersi richiedere il residuo in futuro). Se l’accordo prevede una rateazione, il creditore potrebbe chiedere di formalizzare il tutto tramite cambiali o titoli esecutivi, in modo da poter agire più rapidamente in caso di inadempimento sulle rate: ad esempio, far firmare al debitore delle cambiali per le singole rate o per l’importo stralciato; in tal caso, il debitore deve essere certo di poterle pagare, altrimenti tornerebbe in situazione di insolvenza aggravata. In alternativa, specie con banche e finanziarie, la transazione può essere formalizzata con scrittura privata semplice, o atto notarile in caso di necessità di garanzie reali (p. es. la concessione di ipoteca su un immobile come garanzia del nuovo piano di rientro).
Durante la negoziazione, è utile essere trasparenti sullo stato di difficoltà (eventualmente mostrando documenti che attestino il calo di reddito, i bilanci in perdita, le altre esposizioni) senza però scoprirsi totalmente: comunicare ad esempio che “ci sono altri creditori e che un fallimento è ipotesi concreta” può spronare il creditore ad aderire all’accordo per non rischiare il fallimento del debitore dove recupererebbe meno. Tuttavia, bisogna calibrarsi: minacciare i creditori con la parola fallimento o procedura concorsuale può essere un’arma a doppio taglio, perché alcuni potrebbero al contrario precipitarsi a fare istanza di fallimento o pignoramento temendo di restare incagliati. Quindi la comunicazione va gestita con tatto, magari facendo percepire che “nell’interesse di tutti” è meglio trovare un accordo bonario invece di arrivare a conseguenze estreme.
Va ricordato inoltre che esistono alcune figure professionali o enti che possono assistere in queste trattative: ad esempio, il debitore può farsi affiancare da un organismo di composizione della crisi (OCC) anche per la sola fase stragiudiziale, oppure rivolgersi a consulenti del debito (ci sono associazioni di consumatori o studi legali specializzati). Bisogna però diffidare di società non qualificate che promettono miracolose cancellazioni di debiti: purtroppo operano anche sedicenti “società saldo & stralcio” che chiedono compensi salati senza effettivo potere contrattuale. Meglio affidarsi a un avvocato esperto della materia o a un OCC pubblico (di solito istituito presso gli Ordini professionali o le Camere di commercio).
Tra i creditori con cui conviene trattare per primi vi sono quelli che potrebbero causare i danni maggiori se agiscono: ad esempio, il creditore ipotecario della casa (la banca del mutuo) – conviene cercare un accordo per evitare l’asta; l’Agenzia Entrate-Riscossione – conviene attivare la rateazione o aderire a definizioni agevolate per bloccare fermi e ipoteche; i dipendenti/colleghi eventualmente creditori di stipendi – conviene saldarli, perché hanno privilegio alto e possibili tutele giuslavoristiche. Invece, piccoli creditori chirografari dispersi potrebbero anche non agire subito e quindi si può tenerli a bada temporaneamente. È essenziale avere una visione d’insieme: se ho 10 creditori, non posso offrire a tutti il 50% se questo supera le mie capacità – dovrò magari puntare a uno stralcio maggiore con alcuni e minore con altri, in funzione delle priorità e delle leve negoziali.
3. Piani di rientro rateali e moratorie
Non sempre si arriva a uno stralcio; in alcuni casi il debitore punta a guadagnare tempo più che a tagliare l’importo. Se il problema è temporaneo (es. crisi di liquidità dovuta a un incasso ritardato, ma si prevede di poter pagare integralmente in futuro), si può negoziare un piano di rientro rateale senza riduzione del capitale, magari chiedendo solo la rinuncia parziale agli interessi di mora o una moratoria iniziale. Questo approccio è sensato quando si vuole evitare che il creditore passi alle vie legali: molti istituti di credito, ad esempio, aderiscono a piani di rientro informalmente (a volte anche formalizzati come atti di riconoscimento di debito con promessa di pagamento per interrompere prescrizioni e dare struttura al rientro). Attenzione: se viene sottoscritto un piano di rientro, spesso contiene clausole risolutive (basta saltare una rata per decadere dal beneficio e il creditore potrà agire immediatamente per l’intero, considerando risolto l’accordo). Dunque fate i conti bene prima di impegnarvi. A livello di sistema bancario esistono anche le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento in via stragiudiziale come gli accordi di ristrutturazione assistiti da OCC o le negoziazioni assistite. Ma restando nell’ambito di semplici accordi diretti: un piano di rientro ragionevole potrebbe essere, ad esempio, pagare un arretrato di €30.000 in 36 rate mensili da €833 ciascuna, eventualmente con interessi ridotti. Spesso i creditori apprezzano un debitore che spontaneamente propone un calendario di pagamenti concreto piuttosto che doverlo inseguire.
Un altro strumento da valutare è la moratoria: se il vostro problema è di brevissimo termine (es. aspettate un pagamento grosso tra 6 mesi, oppure dovete vendere un immobile ma occorre tempo), potete chiedere ai creditori di sospendere le azioni per un periodo concordato, al termine del quale salderete. Le banche, per le imprese in temporanea difficoltà, aderiscono talvolta a moratorie ABI (accordi quadro per sospendere quota capitale dei mutui per 6-12 mesi). Nel caso di un intermediario assicurativo, se l’attività è in calo ma potrebbe riprendersi, si può provare a chiedere alla banca di congelare le rate del mutuo o leasing per un anno, così da poter pagare altri debiti urgenti e riprendere fiato.
4. Verifica dei vizi dei crediti e opposizioni stragiudiziali
Difendersi dai debiti significa anche contestarli quando vi sono motivi validi. Prima di pagare o accordarsi, il debitore (magari con l’aiuto di un legale) dovrebbe controllare se il credito vantato sia legittimo in ogni aspetto. Alcuni possibili vizi:
- Prescrizione maturata: come detto, molti crediti si prescrivono in 5 anni (es. parcelle professionali, canoni di affitto scaduti, contributi previdenziali, interessi) o in 10 anni (es. prestiti bancari con contratto scritto, decreti ingiuntivi non eseguiti). Se un creditore vi chiede denaro dopo molti anni di silenzio, potrebbe darsi che il diritto si sia estinto. Occorre vedere se ci sono stati atti interruttivi. In sede stragiudiziale, potete eccepire la prescrizione rispondendo formalmente alla richiesta e negando il pagamento per intervenuta prescrizione (consigliabile farlo con lettera raccomandata PEC, così rimane traccia). Se il creditore insiste o agisce in giudizio, sarete coperti dall’aver sollevato l’eccezione (che poi andrà riproposta in giudizio, visto che la prescrizione non è rilevata d’ufficio ma solo su eccezione del debitore).
- Importo errato o interessi illegittimi: è comune che gli estratti conto del debito contengano interessi di mora calcolati male, magari su interessi già scaduti (illegittima capitalizzazione) o a tassi usurari. Ad esempio, alcuni contratti revolving o cessioni del quinto hanno TAEG superiori ai tassi soglia di usura: in questi casi la legge (art. 1815 c.c.) prevede che non siano dovuti interessi. Ci sono state molte cause in cui i debitori hanno visto rideterminare il debito sottraendo tutti gli interessi usurari. Dunque, far eseguire una perizia contabile su mutui o prestiti può evidenziare margini di trattativa: se la perizia mostra un TAEG usuraio, il debitore può presentarla alla banca e proporre “accetto di pagare il capitale residuo ma senza interessi, altrimenti sarò costretto a fare causa per usura”. Cassazioni recenti hanno confermato che va considerato ogni onere nel TAEG ai fini dell’usura e che eventuali clausole di “interessi di mora usurari” comportano la riconduzione al tasso legale (anche se la giurisprudenza di merito è altalenante sui dettagli). Analogamente, se un conto corrente ha accumulato interessi anatocistici non dovuti (specie prima del 2000, quando era prassi capitalizzare trimestralmente gli interessi attivi e passivi in modo asimmetrico), il saldo potrebbe essere contestabile. Queste contestazioni tecniche richiedono l’ausilio di un esperto contabile e legale, ma in certe situazioni di debiti elevati con banche vale la pena esplorarle.
- Vizi formali nelle procedure di riscossione: per le cartelle esattoriali, ad esempio, controllare sempre la regolarità delle notifiche: molte persone scoprono di avere debiti a ruolo mai notificati correttamente e ciò può invalidare la cartella. Se scoprite che una cartella non vi è mai giunta (magari fu notificata per irreperibilità e messa agli atti del Comune senza vostra conoscenza), potreste opporla dicendo di non aver avuto modo di pagarla. Oppure se AER ha iscritto ipoteca senza i presupposti di legge (es. sotto 20.000 € di debito, o su prima casa protetta) potete chiederne la cancellazione. Queste opposizioni vanno in tribunale (commissione tributaria o giudice ordinario a seconda dei casi), ma il solo sollevarle stragiudizialmente a volte induce la controparte a riconsiderare la propria posizione.
- Invalidità del titolo di credito: se il credito deriva da un contratto annullabile o da una transazione conclusa per errore/violenza, ecc., esiste la possibilità di contestarlo. Caso tipico: un creditore presenta una cambiale in protesto: se voi l’avevate emessa come garanzia e la somma principale è contestata, potete eccepire la mancanza di causa. Tuttavia, i titoli esecutivi autonomi come le cambiali complicano la difesa (bisogna agire giudizialmente per sospenderne l’esecuzione, di solito pagando cauzione). Meglio prevenire: non firmare cambiali o riconoscimenti se non siete sicuri del debito, perché poi contestarlo è più difficile.
In generale, ogni volta che ritenete un debito non dovuto o eccessivo, potete rispondere al creditore con una lettera di contestazione, indicando i motivi (prescrizione, importo non corretto, inesistenza del rapporto, ecc.) e negando il pagamento. Questo spesso sposta la dialettica sul piano legale: il creditore dovrà valutare se fare causa rischiando di perderla o accantonare (o ridurre la pretesa). Alcune società di recupero crediti acquistano pacchetti di crediti scaduti e provano comunque a incassare anche quelli prescritti, sperando che il debitore paghi per paura: conoscere i propri diritti e saper rispondere a tono (magari citando articoli di legge) mette molti di questi soggetti sulla difensiva, e spesso desistono su chi appare “ben consigliato”.
5. Consolidamento dei debiti e supporto finanziario esterno
Un’altra via stragiudiziale è cercare di riorganizzare il debito attraverso nuovo finanziamento o l’intervento di terzi. Ad esempio, se l’intermediario ha ancora un merito creditizio decente, potrebbe ottenere un prestito di consolidamento (una banca che eroga liquidità per estinguere tutti i debiti frammentati, lasciando un’unica rata più sostenibile). Purtroppo, quando la situazione è già compromessa (protesti, ritardi, CRIF segnalata) è difficile che le banche concedano nuovi crediti. In tal caso, a volte la rete familiare può aiutare: un parente con liquidità potrebbe prestare il denaro per chiudere i debiti (magari garantendosi un’ipoteca di secondo grado sulla casa dell’intermediario a tutela). Oppure, se c’è un immobile, valutare un mutuo ipotecario (se non c’è già) da destinare a pagare i debiti: certo, aggiunge un debito ma spalma in molti anni il rimborso con interessi relativamente bassi. Bisogna però fare attenzione a non “gettare buon denaro dietro a cattivo denaro”: se la mole di debito è sproporzionata rispetto alle prospettive, fare altri debiti per pagare i vecchi può solo rinviare il problema e aggravarlo (si entra in un circolo vizioso). Il consolidamento funziona se la crisi è di liquidità ma non di solvibilità – in altri termini, se la situazione può tornare sostenibile riducendo la pressione immediata. Se invece si tratta di insolvenza strutturale, è più saggio percorrere direttamente le procedure concorsuali di esdebitazione, come vedremo, anziché indebitarsi ulteriormente.
Esiste anche un meccanismo legale poco noto: il Fondo di prevenzione usura gestito da alcune fondazioni e dal MEF, che rilascia garanzie statali su piccoli prestiti bancari a favore di soggetti sovraindebitati (per evitare che cadano vittime di usura). I requisiti per accedere non sono semplici (serve essere seguiti da una fondazione antiusura riconosciuta, dimostrando che coi soldi si pagheranno i debiti urgenti) e le somme erogabili sono contenute (massimo €30.000 circa). Un intermediario assicurativo potrebbe teoricamente candidarsi se la sua crisi lo espone a usurai, ma è un’ipotesi limite. Comunque, la conoscenza di questi strumenti è utile.
6. Soluzioni stragiudiziali “assistite” (composizione negoziata della crisi)
Dal 2021, l’ordinamento italiano mette a disposizione degli imprenditori (anche piccoli) un nuovo strumento di allerta precoce: la composizione negoziata della crisi (D.L. 118/2021, ora integrata nel Codice della crisi). Si tratta di un percorso volontario in cui l’imprenditore in difficoltà, tramite piattaforma telematica, chiede la nomina di un esperto indipendente che lo aiuti a negoziare con i creditori un accordo di ristrutturazione, il tutto in modo riservato e stragiudiziale (anche se sotto l’egida di un ente camerale/giudiziario). Questo strumento è pensato soprattutto per imprese medio-grandi, ma è accessibile anche a imprenditori minori e persino agricoli, senza limiti di soglia. Un intermediario assicurativo titolare di partita IVA potrebbe attivarlo se intende salvare la propria attività ristrutturando il debito. La composizione negoziata prevede che l’esperto analizzi la situazione e convochi i creditori per esplorare soluzioni (può essere un accordo stragiudiziale o la conversione in un concordato semplificato). Durante la negoziazione, l’imprenditore può chiedere misure protettive al tribunale (simili alla sospensione delle azioni esecutive). Il vantaggio è che è un percorso flessibile, e se si trova l’accordo non si passa da giudizio se non per omologhe eventuali. Tuttavia, la composizione negoziata ha costi e complessità non indifferenti (bisogna predisporre piani finanziari, pagare l’esperto) ed è utile se l’impresa ha prospettive di continuità (ad esempio, la crisi è dovuta a uno shock temporaneo ma c’è un business sano da tutelare). Nel caso di un agente piccolo, potrebbe essere eccessivo: spesso per debiti modesti conviene direttamente il piano del consumatore o concordato minore (che vedremo nella sezione giudiziale) senza passare da questa fase. Per completezza però lo citiamo: è uno strumento extragiudiziale con supporto istituzionale, e in qualche caso può portare a un accordo con i creditori evitando l’apertura di procedure concorsuali formali.
7. Autotutela contro pratiche scorrette dei recuperatori
Mentre cercate di negoziare, potreste subire pressioni forti da società di recupero crediti. Ricordate che, pur essendo debitore, avete diritti: il recupero crediti deve rispettare la vostra dignità e privacy. Telefonate ossessive a tutte le ore, messaggi intimidatori al lavoro, farvi contattare da finti “avvocati” o minacciare cose irreali (“domani ti arrestiamo se non paghi” – in Italia non esiste il carcere per debiti civili) sono comportamenti illeciti. Potete reagire inviando una diffida formale alla società di recupero e al creditore mandante, intimando di cessare gli abusi e comunicare solo in forma scritta. Se continuano, potete sporgere denuncia alle autorità (ci sono state condanne per molestie nei confronti di operatori troppo aggressivi) oppure segnalare la questione all’AGCM (Autorità Garante Concorrenza e Mercato) che vigila sulle pratiche commerciali scorrette, o ancora all’OAM (Organismo degli Agenti e Mediatori) se si tratta di recuperatori finanziari iscritti. Sappiate anche che quando scatta una procedura concorsuale o di composizione (di cui ora parleremo) tutti i creditori dovranno fermarsi: quindi, in ultima analisi, se un recuperatore vi perseguita e non intende ragionare, l’attivazione di una procedura giudiziale può fare da scudo (gli atti di recupero verranno sospesi – vedi oltre Come bloccare i pignoramenti).
8. Esempio pratico stragiudiziale
Caso: Mario è un intermediario assicurativo monomandatario che, a causa di un forte calo delle provvigioni negli ultimi due anni e alcune spese personali impreviste, ha accumulato €150.000 di debiti così suddivisi: €50.000 con una banca (scoperto di conto e carta di credito), €20.000 con il fisco (IVA non versata e IRPEF a seguito dichiarazione), €15.000 con l’INPS, €30.000 di anticipi provvigionali richiesti indietro dalla compagnia assicurativa dopo la risoluzione del mandato, €10.000 di canoni arretrati dell’ufficio e bollette, €25.000 con fornitori vari (marketing, telefono, assicurazione RC professionale non pagata). Mario possiede una piccola casa dove abita (unico immobile, senza mutuo) e un’auto. Non ha liquidità importanti a parte €5.000 sul conto. Il suo reddito attuale da subagente (ha trovato collaborazione con un collega) è di €1.500 netti mensili. Strategia: Mario decide di evitare per quanto possibile il tribunale. Fa un piano: vende l’auto (non essenziale, può usare i mezzi) ricavando €8.000; mette in affitto una stanza della casa tramite locazione breve guadagnando €300 al mese extra; con questi accorgimenti, stima di poter mettere insieme €15.000 entro pochi mesi. Contatta la banca e propone: “vi pago subito €15.000 cash a saldo del debito di 50k, oppure posso darvi €300 al mese per i prossimi anni”: la banca preferisce €15k subito (stralcio del 70%) e Mario userà il ricavato auto + risparmi per saldare (ottenendo dalla banca quietanza a saldo e stralcio). Con la compagnia di assicurazione propone un accordo diverso: essendo fiero di voler saldare tutto il dovuto, chiede una dilazione: €30k in 60 rate da €500. La compagnia acconsente (preferisce avere tutti i 30k seppur in 5 anni che dover fare causa); formalizzano l’accordo con scrittura autenticata, la compagnia si riserva in caso di mancato pagamento di poter agire subito per l’intero. Mario è abbastanza sicuro di poter pagare con i 300€ dell’affitto stanza + 200€ dei suoi. Nel frattempo, Mario ha aderito alla rottamazione-quater per i €20k di debito fiscale: toglierà sanzioni e interessi, e rateizzerà in 18 rate semestrali (circa €1.100 a semestre); l’INPS similmente ha concesso una rateazione in 24 mesi per i 15k (circa €650 al mese). Sapendo di non poter pagare tutto questo insieme (500 compagnia + 650 INPS + rottamazione semestrale + affitto ufficio corrente), Mario parla col proprietario dell’ufficio, che intanto aveva minacciato sfratto: gli offre di pagare i €10k arretrati in 24 mesi, ma dato che ha lasciato l’ufficio (si è spostato presso l’ufficio del collega per risparmiare) concordano che pagherà solo €5k a saldo, in 5 rate da 1.000€. I fornitori minori da €25k: a due principali che gli hanno fatto causa (per €15k totali) offre stralcio 30% e ottiene pace a 4.5k (pagata usando una parte dei 5k risparmi iniziali); gli altri 10k decide di non pagarli subito perché non hanno ancora reagito – in prospettiva li includerà in un eventuale piano di sovraindebitamento se necessario, ma per ora li tiene “in stand-by”. Risultato: Mario con manovre stragiudiziali è riuscito a dimezzare il debito complessivo e a darsi respiro. Certo, vive con poco, ma non ha perso la casa né ha procedure in corso. Questa strategia funziona se tutti collaborano; nel caso qualche creditore avesse rifiutato, Mario avrebbe dovuto valutare la procedura giudiziale. Infatti, notiamo un punto critico: Mario ora ha ancora debiti rateizzati per diversi anni (30k compagnia + 15k INPS + ~20k rottamazione = ~65k). Se la sua attività non riprende quota, potrebbe comunque non reggere le rate. In tal caso, lui avrà guadagnato tempo ma dovrà forse ricorrere alle procedure concorsuali per liberarsi del residuo.
Conclusione sulla fase stragiudiziale: la via extragiudiziale può portare a ottimi risultati, ma richiede abilità negoziale, un po’ di fortuna (creditori comprensivi) e risorse almeno parziali da mettere sul piatto. Se il debito è eccessivo o i creditori rigidi, arriva il momento di considerare le soluzioni giudiziali, che approfondiamo ora.
Strategie difensive giudiziali (soluzioni legali in sede giudiziaria)
Quando i tentativi stragiudiziali non bastano o falliscono, l’intermediario assicurativo indebitato deve ricorrere agli strumenti previsti dalla legge che coinvolgono l’autorità giudiziaria. Queste strategie includono sia difese nelle azioni legali promosse dai creditori, sia soprattutto l’accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e simili, con l’aiuto del tribunale. Affrontiamo separatamente questi due aspetti:
A. Difendersi nelle azioni esecutive e nelle cause dei creditori
Se un creditore ha già intrapreso un’azione giudiziaria (ingiunzione, causa ordinaria, pignoramento), il debitore non è privo di rimedi. Vediamo i principali:
- Opposizione a decreto ingiuntivo: Quando viene notificato un decreto ingiuntivo (solitamente un atto emesso dal giudice su ricorso del creditore, che ingiunge di pagare entro 40 giorni pena esecuzione), il debitore che contesta il debito in tutto o in parte deve reagire entro 40 giorni con un’opposizione presso il tribunale che ha emesso il decreto. L’opposizione si propone con atto di citazione (o ricorso se il decreto era stato emesso da un giudice di pace) e dà il via a un giudizio ordinario in cui il debitore diventa attore-opponente e il creditore opposto deve dimostrare il fondamento della sua pretesa. Presentare opposizione sospende l’esecuzione provvisoria se il decreto non era stato dichiarato provvisoriamente esecutivo ab initio (nei decreti per cambiali, assegni, o crediti fondati su atto notorio spesso il giudice concede la provvisoria esecutività immediata, allora l’opposizione non ferma il pignoramento salvo chiedere una sospensiva). In sede di opposizione, il debitore può far valere tutte le eccezioni di merito (es. il credito non esiste, è minore, è prescritto, c’è stata usura, inadempimento del creditore, compensazione con controcrediti, ecc.) e eccezioni processuali (notifica irregolare, incompetenza del giudice, ecc.). È un vero e proprio processo e richiede assistenza legale. Molto spesso il solo proporre opposizione spinge il creditore a trattare (se la sua posizione non è blindata) per evitare i tempi lunghi e l’esito incerto di un giudizio. Tuttavia, attenzione a opporsi solo se vi sono motivi seri: un’opposizione infondata serve solo a ritardare un po’ il pignoramento ma poi il debitore soccombente dovrà pagare anche le spese legali aggiuntive. Va usata quindi quando c’è una reale contestazione del credito. Un tipico caso in cui opporsi è la presenza di anatocismo/usura in un decreto ingiuntivo su saldo di conto bancario: il debitore può opporsi chiedendo CTU bancaria e spesso ottenere sensibili riduzioni. Oppure se il creditore non aveva titolo sufficiente (es. chiede ingiunzione per fatture mai firmate dal debitore, contestate per difetti nella fornitura). Se l’opposizione evidenzia questioni serie, talvolta il giudice può anche revocare il decreto ingiuntivo o negare l’esecutorietà, proteggendo il debitore durante il processo.
- Opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi: Se il creditore è passato direttamente al pignoramento (ad esempio aveva già un titolo esecutivo definitivo, come una sentenza o un decreto ingiuntivo non opposto in tempo, oppure un titolo stragiudiziale come cambiale, mutuo fondiario, ecc.), il debitore può ancora agire con due tipi di opposizione nel corso dell’esecuzione forzata:
- Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): è l’azione con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione. Può riguardare motivi sopravvenuti (es. “ho già pagato il debito, quindi il creditore non aveva diritto a pignorare”) oppure, se proposta prima che l’esecuzione inizi (opposizione pre-esecutiva), può basarsi su motivi intrinseci al titolo (es. nullità del mutuo fondiario per usura originaria, per cui il titolo non sarebbe valido). Se il pignoramento è già iniziato, si deve agire davanti al giudice dell’esecuzione chiedendo anche la sospensione dell’esecuzione se vi è urgenza. L’opposizione all’esecuzione è un vero giudizio di cognizione parallelo all’esecuzione.
- Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): serve per contestare vizi formali degli atti dell’esecuzione (es. il precetto è nullo perché privo di elementi essenziali; il pignoramento è stato notificato irregolarmente; il bene pignorato è eccedente i limiti di legge – pignorati beni impignorabili, ecc.). Va proposta entro termini brevi (di solito 20 giorni dalla notifica dell’atto viziato).
- Istanze di conversione del pignoramento: Il Codice di procedura offre al debitore un’ancora di salvezza per evitare la vendita forzata di un bene pignorato: l’conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.). Consiste nel chiedere al giudice di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro che si deposita a garanzia. In pratica il debitore deve depositare in tribunale una somma pari all’intero credito pignorato aumentato delle spese e degli interessi di legge maturati, oppure almeno una prima tranche pari a 1/5 del totale e chiedere di pagare il resto in rate mensili fino a un massimo di 18 mesi (con interesse del 50% in più del tasso legale). Se il giudice accorda la conversione, i beni pignorati vengono liberati (es. sospende l’asta immobiliare, toglie il fermo all’auto, sblocca il conto etc.) e il debitore deve poi pagare ogni mese la rata stabilita altrimenti si decade e l’esecuzione riprende. Questa è un’ottima soluzione se il debitore riesce a raccogliere almeno il 20% del dovuto subito (magari chiedendo aiuto a parenti) e ha reddito per le rate. Nel caso di un intermediario con casa all’asta, ad esempio, può salvare la casa depositando il 20% del debito e poi pagando il resto in 18 mesi, guadagnando tempo anche per eventualmente vendere la casa sul mercato e saldare tutto prima di finire le rate. La conversione è un diritto del debitore per legge (il giudice la concede se sono rispettati i requisiti di deposito), quindi i creditori non possono opporsi efficacemente ad essa (a parte contestazioni su calcoli). Molti debitori ignorano questa opportunità, che invece è molto potente per chi ha un barlume di liquidità.
- Sfruttare le protezioni derivanti da procedure concorsuali pendenti: Se, nelle more di un’esecuzione, il debitore presenta domanda di concordato preventivo (per imprenditori fallibili) o di concordato minore/piano del consumatore (per non fallibili), può chiedere la sospensione delle esecuzioni ex lege. Nella sezione successiva dettaglieremo: ad esempio, dopo il deposito di un piano del consumatore o concordato minore, il tribunale può emettere un provvedimento di sospensione dei pignoramenti sino alla decisione di omologa. Dunque, una strategia difensiva giudiziale è proprio avviare per tempo una procedura di sovraindebitamento per mettere al riparo il patrimonio dai creditori individuali. Questo però ricade nella parte concorsuale, che ora esploriamo sistematicamente.
B. Procedure di sovraindebitamento e insolvenza minore (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata)
Qui entriamo nel cuore delle soluzioni giudiziali a disposizione di un intermediario assicurativo sovraindebitato: le cosiddette procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019, artt. 65-83 per piani e concordati, 268-277 per liquidazione, 282-283 per esdebitazione). Queste procedure – spesso chiamate anche “legge salva suicidi” riferendosi alla vecchia L.3/2012 – mirano a offrire al debitore non fallibile un percorso per ristrutturare o liquidare il debito sotto controllo del tribunale, con la prospettiva finale di cancellare i debiti residui (esdebitazione).
Nel caso di un intermediario assicurativo, si può accedere a tali procedure se non si è soggetti a liquidazione giudiziale (cioè se “non fallibili” per dimensione o tipologia). In pratica: imprenditori individuali sotto soglia, professionisti, consumatori e altri soggetti esclusi dal fallimento rientrano; se invece l’intermediario fosse una società o impresa sopra soglia, dovrà usare gli strumenti concorsuali ordinari (concordato preventivo, ristrutturazione del debito art. 182-bis L.F. ora art. 57 CCII, ecc. – non trattati qui per brevità, in quanto scenario meno comune).
Le procedure disponibili per il sovraindebitamento sono principalmente quattro: due di tipo “negoziale” (il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore e il concordato minore) e due di tipo “liquidatorio” (la liquidazione controllata e l’esdebitazione del debitore incapiente). Approfondiamole singolarmente:
1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “Piano del consumatore”)
Cos’è: È la procedura riservata al debitore persona fisica “consumatore”, cioè che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Questo significa che un intermediario assicurativo può accedere al piano del consumatore solo se i suoi debiti sono in prevalenza di natura personale/privata, non legati alla sua attività imprenditoriale. Ad esempio, se Tizio era un agente ma i suoi debiti consistono principalmente in un mutuo prima casa, spese familiari e qualche finanziamento al consumo, potrebbe qualificare come consumatore. La giurisprudenza recente (Corte Appello L’Aquila 1540/2023) ha affermato che persino un ex imprenditore cancellato può usare il piano del consumatore per includere residui debiti d’impresa, purché attualmente non svolga più attività d’impresa e i suoi scopi siano ora solo personali. Ciò in quanto la definizione di consumatore nel Codice fa riferimento alla persona fisica che agisce “senza scopi legati ad attività d’impresa o professionale svolte anche in passato oltre che attualmente”. Questa interpretazione estensiva consente a molti ex agenti di accedere al piano come consumatori, includendo nel piano pure debiti fiscali o verso fornitori originati dall’attività cessata. Tuttavia, va ricordato che la Cassazione ha avuto un orientamento più restrittivo: secondo un’ordinanza del 2023, un ex imprenditore che ha cessato da oltre un anno non può accedere al concordato minore e, per analogia, neanche mascherarsi da consumatore se i debiti sono promiscui, dovendo piuttosto andare in liquidazione controllata. C’è dunque un po’ di incertezza: alcune Corti ammettono l’ex agente al piano consumatore se ha chiuso bottega, altre no. In ogni caso, se l’intermediario è ancora in attività imprenditoriale, dovrà usare il concordato minore (vedi dopo), non potendo qualificarsi consumatore attuale.
Come funziona: Il Piano del consumatore (oggi “ristrutturazione dei debiti del consumatore”) è un piano di pagamento dei debiti senza necessità di consenso dei creditori, che viene predisposto dal debitore con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e sottoposto all’omologazione del tribunale. In pratica, il consumatore elabora una proposta su come intende pagare (in che percentuale e con quali tempi) ciascun creditore. Può proporre ad esempio di pagare alcuni creditori al 100%, altri al 20%, a seconda delle risorse e di ciò che è fattibile. Il piano può prevedere stralci dei debiti, moratorie (dilazioni di pagamento) anche superiori a un anno per i crediti privilegiati se ciò migliora la soddisfazione rispetto a una liquidazione – la Cass. 4622/2024 ha chiarito che la moratoria annuale ex art. 8 L.3/2012 non è inderogabile, quindi un piano può dilazionare i privilegiati anche su più anni, se giustificato. La caratteristica chiave del piano è che non richiede il voto dei creditori: saranno sentiti in udienza per eventuali osservazioni, ma la decisione finale spetta al giudice (Tribunale) che omologa il piano se ritiene soddisfatti i requisiti di legge. I requisiti principali sono:
- Il debitore deve essere meritevole, ovvero non aver colposamente o con malafede aggravato la sua situazione debitoria. Questo criterio di meritevolezza (una volta molto stringente, ora un po’ attenuato) significa che il giudice valuta il comportamento pregresso: se, ad esempio, il consumatore ha contratto debiti sapendo di non poterli onorare o ha dissipato denaro in spese frivole causando il default, potrebbe essere giudicato non meritevole e negata l’omologazione. Con la riforma, però, si richiede colpa grave, dolo o frode perché scatti l’esclusione. Quindi scelte imprudenti ma non temerarie di norma non impediscono l’accesso. Inoltre, come stabilito da Cass. 28225/2022, il giudice deve tener conto anche di eventuali responsabilità dei creditori – es. banche che hanno concesso credito facile aggravando il sovraindebitamento: ciò attenua la colpa del debitore.
- Il piano deve assicurare che i creditori non ricevano meno di quanto otterrebbero in una liquidazione di tutti i beni del debitore (principio del best interest of creditors). Quindi occorre allegare una simulazione: “Se liquidassi tutto il mio patrimonio, i creditori chirografari avrebbero il X%. Il mio piano offre almeno X% a ciascuno, o comunque non meno”. Questo per non danneggiare i creditori rispetto all’alternativa. Per i creditori muniti di pegno/ipoteca, il piano non può ridurli sotto il valore di stima del bene su cui hanno garanzia senza il loro consenso (devono prendere almeno l’equivalente del bene, se il debitore vuole tenerlo).
- Devono essere soddisfatte le cause di prelazione secondo l’ordine legale, a meno di consenso diverso dei creditori privilegiati. In un piano del consumatore, tuttavia, si può prevedere di pagare parzialmente i privilegiati se il ricavato dei loro beni è insufficiente e se comunque prendono quanto otterrebbero liquidando quei beni. Per i debiti fiscali con privilegio, ad esempio, il debitore può proporre un parziale pagamento; l’Agenzia Entrate potrà contestare ma il giudice può anche omologare senza adesione se ritiene rispettato il detto best interest (questo grazie alla L.176/2020 che ha eliminato il veto dell’erario nei piani, adesso confermato dal CCII).
- Deve essere allegata una relazione dell’OCC che attesti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano (cioè che le entrate previste siano realistiche). L’OCC è un organismo terzo (tipicamente gestito da professionisti iscritti in apposito albo) che assiste il debitore e garantisce al giudice la correttezza dell’operazione.
Procedura in breve: Il consumatore presenta, tramite avvocato o direttamente con l’OCC, un ricorso al Tribunale di residenza con la proposta di piano e tutta la documentazione (elenco dettagliato di creditori, inventario dei beni, redditi, spese di mantenimento, atto di stato civile, ecc.). Il tribunale, verificati i documenti e i requisiti, ammette il debitore alla procedura e fissa un’udienza (di solito entro 60-90 giorni) chiamando i creditori. Nel decreto di apertura, il giudice può sospendere le azioni esecutive pendenti su istanza del debitore. In pratica, se ad esempio c’era un pignoramento della casa, con quel decreto viene “congelato” (il tribunale notifica ai giudici delle esecuzioni la sospensione). Da quel momento fino all’omologazione, i creditori non possono iniziare nuovi pignoramenti. All’udienza, i creditori possono comparire e fare osservazioni (spesso inviano note scritte tramite l’OCC). Il giudice valuta: se il piano è fattibile e rispetta legge e il debitore è meritevole, emette sentenza di omologazione del piano, anche se i creditori dissentono. Se invece ravvisa problemi (es. opposizione motivata di un creditore sulla meritevolezza o su omissioni di beni) può rigettare l’omologazione. Durante questo iter, non c’è voto dei creditori, la loro “voce” è solo eventuale opposizione in udienza. Un creditore potrà ad esempio lamentare che il debitore è stato sleale (magari ha omesso un bene), e il giudice valuterà. Se tutto va bene, con l’omologazione il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti. Da quel momento, il debitore dovrà eseguirlo fedelmente: pagare le somme promesse nelle tempistiche previste, sotto la sorveglianza dell’OCC (spesso nominato gestore o addirittura ausiliario per sovraintendere ai pagamenti). Gli atti esecutivi pendenti vengono chiusi: es. i pignoramenti vengono revocati, le ipoteche su beni eventualmente destinati a restare di proprietà vengono mantenute ma congelate in attesa dei pagamenti da piano, ecc. Una volta completato il pagamento del piano, il debitore può chiedere l’esdebitazione per far cancellare eventuali residui (ma nel piano del consumatore di solito si prevede già la cancellazione integrale dei debiti pagando la percentuale offerta: se paghi quanto omologato, il resto è già non più dovuto ex lege).
Vantaggi: Il piano del consumatore permette di ridurre sensibilmente l’ammontare dei debiti (si sono visti piani che falcidiavano anche oltre il 50-70% del totale) senza dipendere dall’accordo dei creditori – il potere decisionale è in mano al giudice. È ideale per chi ha qualche disponibilità di pagamento ma non sufficiente a soddisfare tutti: ad esempio, salvare la casa pagando la banca ipotecaria magari all’80% e stralciando i chirografari al 10%. Durante la procedura, come già detto, il debitore è protetto dalle azioni esecutive, quindi può vivere senza l’incubo immediato di pignoramenti. Inoltre, può trattenere beni essenziali: nulla vieta di proporre un piano in continuità in cui il debitore mantiene ad es. l’automobile per lavorare e non la liquida, purché copra almeno il valore d’uso attraverso i pagamenti ai creditori. Importante: nel piano del consumatore il debitore può prevedere di mantenere la casa di abitazione, continuando a pagare il mutuo se c’è, o pagando una parte del dovuto al creditore ipotecario mentre vive lì. Spesso i tribunali tutelano la prima casa nel quadro del piano, specie se vi abitano minori o persone fragili.
Svantaggi/limitazioni: Non tutti possono accedere (serve status di consumatore) e soprattutto serve la meritevolezza. Se, ad esempio, l’intermediario ha accumulato debiti per gioco d’azzardo o lussi personali, rischia che il giudice lo dichiari non meritevole e quindi neghi l’omologa. In tal caso l’unica via resterebbe la liquidazione controllata. Inoltre, il piano richiede comunque di avere una capacità di pagamento minima: non è possibile offrire zero ai creditori (salvo rare eccezioni, ma allora si andrebbe in esdebitazione incapiente). Quindi se il debitore non ha reddito né beni, il piano non è fattibile – in tal caso c’è la procedura ad hoc dell’esdebitazione incapiente (vedi più avanti). Un altro limite è che, se il debitore ha coobbligati (es. un fideiussore), l’omologazione del piano non libera i coobbligati a meno che anch’essi non partecipino (nel caso di coniugi, c’è la procedura familiare). Quindi, la banca potrebbe rifarsi sul garante per la quota di debito stralciata. Questo implica che in sede di predisposizione del piano conviene coinvolgere i garanti e magari far presentare un piano familiare congiunto.
2. Concordato minore (ex “Accordo di ristrutturazione del debito” per sovraindebitati)
Cos’è: Il concordato minore è la procedura concorsuale destinata ai debitori sovraindebitati che non sono consumatori, quindi tipicamente imprenditori “minori”, professionisti, start-up, ditte individuali, imprese agricole, ecc.. In pratica copre tutte le situazioni non fallibili in cui però c’è un’attività economica di mezzo. Se un intermediario assicurativo è ancora attivo come impresa (anche sotto soglia) e i debiti riguardano in parte l’attività, dovrebbe orientarsi su questo strumento (salvo, come visto, tentare la carta del piano consumatore se chiude l’attività e la maggior parte dei debiti sono personali). Il concordato minore ha alcune somiglianze con il concordato preventivo delle imprese maggiori, ma è più semplice e snello.
Come funziona: La logica è simile a quella di un concordato preventivo: il debitore propone un accordo ai creditori, i creditori votano, e se si raggiunge una certa maggioranza e il tribunale approva, il piano diventa vincolante per tutti. Dunque, a differenza del piano del consumatore, qui conta il voto dei creditori. La soglia di approvazione è la maggioranza dei crediti ammessi al voto (>50% dell’ammontare). Nel concordato minore i creditori sono coinvolti direttamente, perché si ritiene che un imprenditore (anche piccolo) debba passare per il consenso. Tuttavia, è una procedura più accessibile di un concordato preventivo: basti pensare che non c’è un minimo percentuale di soddisfazione chirografari prefissato (nel preventivo servirebbe 20% salvo deroghe), qui l’unico limite è sempre il best interest test (nessuno prenda meno che in liquidazione).
Procedura: Il debitore presenta ricorso in tribunale con proposta di concordato minore e un piano (redatto con l’ausilio di un OCC, includendo tutti i documenti contabili, fiscali e l’elenco di debiti e beni, nonché la relazione OCC). Il tribunale ammette la procedura e nomina un commissario giudiziale (spesso coincide con l’OCC già coinvolto). Può contestualmente ordinare la sospensione delle azioni esecutive individuali pendenti su richiesta del debitore, analogamente al piano consumatore. Si indice quindi un’adunanza dei creditori o comunque si raccolgono i voti (anche per via telematica o scritta). Il debitore può classare i creditori in categorie omogenee (non obbligatorio, ma possibile). I creditori privilegiati votano solo per la parte del loro credito che resterebbe insoddisfatta secondo la proposta (es. se un ipotecario è coperto al 100% dal valore dell’immobile, non vota; se prenderebbe l’80%, vota per il 20% non coperto). Servono voti favorevoli di creditori che rappresentino più della metà dei crediti ammessi (esclusi eventualmente dal computo i non votanti e i privilegiati interamente soddisfatti). Se la maggioranza è raggiunta, si passa all’omologazione da parte del tribunale. Il giudice verifica la regolarità della procedura, la legittimità del contenuto (rispetto priorità, niente clausole illecite) e la fattibilità del piano (basandosi sulla relazione OCC). Se tutto ok, omologa e il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti. Se la maggioranza non è raggiunta, la procedura viene chiusa senza omologa; il debitore però ha la chance di chiedere la conversione in liquidazione controllata in extremis, per non perdere la protezione concorsuale.
Contenuto della proposta: Può prevedere le forme più varie di soddisfacimento dei crediti: pagamenti dilazionati parziali, cessione di beni specifici ai creditori o vendita e riparto, apporto di capitali di terzi (es. un familiare mette soldi per far riuscire l’accordo), prosecuzione dell’attività con destinazione utili futuri ai creditori (concordato in continuità), oppure cessazione attività e liquidazione ordinata (concordato liquidatorio). Si può distinguere tra creditori e trattarli diversamente, purché rispettando le cause legittime di prelazione e il principio di parità all’interno della stessa classe. Esempio: un agente assicurativo con debiti d’impresa propone: “Vendo la mia seconda casa e con il ricavato pago 100% dell’ipoteca e 30% dei chirografari; inoltre continuo l’attività e per i prossimi 3 anni darò ai creditori il 50% delle mie provvigioni future; mio fratello apporterà €10.000 che saranno distribuiti ai creditori chirografari a titolo di miglior soddisfazione”. Questa potrebbe essere una proposta articolata, eventualmente creando una classe per i fornitori chirografari che accettano un 40%, un’altra classe per i fornitori che hanno garanzie personali (potrebbero voler percentuale diversa), ecc. L’importante è che al confronto con la liquidazione pura i creditori stiano uguale o meglio. Nel concordato minore, a differenza del piano consumatore, non c’è un giudizio di meritevolezza del debitore; conta invece la convenienza economica del piano e la volontà della maggioranza dei creditori. Quindi anche un imprenditore che ha fatto errori gravi può proporlo – saranno i creditori semmai a non fidarsi e votare contro, oppure il giudice potrà rigettare l’omologa se ravvisa frodi specifiche (ad es. il debitore ha nascosto beni: questo sarebbe motivo di inammissibilità per atti in frode ai creditori, comune a tutte le procedure).
Cram down e dissenso abusivo: Di regola, se la maggioranza non approva, il concordato minore fallisce. Tuttavia, è prevista una forma limitata di omologazione forzata (cram-down): il tribunale può omologare ugualmente nonostante dissenso se verifica che a votare contro è stato un solo creditore determinante ma che viene comunque soddisfatto integralmente nel piano, oppure se il voto negativo è manifestamente pretestuoso/abusivo (es. un piccolo creditore blocca tutti chiedendo di essere soddisfatto in misura irragionevole). Questi casi sono rari e devono essere ben motivati. Nella normalità, se i creditori dicono no, si va in liquidazione.
Vantaggi: Il concordato minore consente di ristrutturare i debiti con il consenso della maggioranza evitando la liquidazione integrale del patrimonio. È utile quando il debitore vuole continuare l’attività e ha una prospettiva di risanamento parziale. Ad esempio, un intermediario che ha ancora un portafoglio clienti valido e vuole evitare di chiudere: con un concordato in continuità può stoppare i pignoramenti, avere tempo e spazio per rimettersi in carreggiata, magari riducendo la pressione debitoria. Inoltre, può ridurre i debiti in modo significativo con l’accordo dei creditori – tipicamente i creditori finanziari preferiscono un 30-40% in concordato subito che attendere anni forse per nulla. Un altro vantaggio è la flessibilità: essendo negoziale, se il debitore riesce a coinvolgere creditori chiave prima depositando il ricorso, può presentare un piano che sa già di poter far approvare. Spesso infatti è prudente saggiare informalmente i creditori maggiori su cosa accetterebbero, così da formulare una proposta realistica. Durante il concordato minore, come per il piano, il debitore gode della protezione da nuove azioni esecutive e della sospensione di quelle in corso (moratoria generale).
Svantaggi: Richiede la maggioranza di voto – ciò significa che il debitore deve convincere i creditori della bontà del piano. Se i rapporti sono tesi o i creditori confidano di ottenere di più altrove, potrebbero votare no. Anche se il giudice può forzare in casi di dissenso abusivo, rimane il rischio di insuccesso. Inoltre, la procedura ha dei costi (compenso OCC/commissario, spese legali) e dura qualche mese per la fase di voto e omologa. Se fallisce, il tempo speso complica ulteriormente la situazione (anche se, come detto, si può ripiegare subito sulla liquidazione controllata chiedendola al volo, restando così protetti).
La Cassazione ha stabilito che un imprenditore cessato da oltre 1 anno non può accedere al concordato minore (art. 33 c.4 CCII) – deve averlo fatto entro l’anno dalla cessazione o altrimenti passare per liquidazione. Questo per evitare che uno chiuda e dopo molto tempo, con debiti aziendali, eviti la liquidazione collettiva. Quindi, se un ex intermediario ha cessato attività da più di 12 mesi, la legge gli precluderebbe il concordato minore: potrà o usare il piano consumatore (se considerato consumatore) oppure la liquidazione controllata. Questo limite è controverso e criticato, ma è letteralmente nel Codice.
3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio”)
Cos’è: È la procedura concorsuale di carattere liquidatorio dedicata ai debitori sovraindebitati (non fallibili) in cui sostanzialmente l’intero patrimonio del debitore viene liquidato (venduto, monetizzato) sotto il controllo del tribunale e di un liquidatore nominato, per distribuire il ricavato ai creditori. È paragonabile in buona parte al vecchio fallimento personale (infatti la liquidazione controllata è l’equivalente per i non fallibili di ciò che la liquidazione giudiziale è per i fallibili). A differenza di piano e concordato, qui non c’è una proposta di pagamento parziale da parte del debitore, bensì si mette a disposizione tutto il patrimonio e i creditori vengono soddisfatti secondo le regole di prelazione sulla base di ciò che si ricava. In cambio, il debitore ottiene (al termine) la esdebitazione di quel che non è riuscito a pagare. La liquidazione controllata può essere volontaria (chiesta dallo stesso debitore) oppure – come novità – può essere chiesta dai creditori (o anche dagli eredi del debitore deceduto) in presenza delle condizioni (insolvenza del debitore e debiti > €50.000). In questo secondo caso è una procedura concorsuale forzata.
Per un intermediario assicurativo sovraindebitato, la liquidazione controllata è di solito l’ultima risorsa, usata quando non è possibile o non è riuscito un piano/concordato, oppure quando i creditori lo impongono. Ad esempio, se l’agente non ha reddito per sostenere un piano e possiede qualche bene (es. la casa) che i creditori vogliono aggredire in modo ordinato, conviene spesso anche al debitore scegliere la liquidazione controllata piuttosto che subire mille pignoramenti: almeno c’è un’unica procedura, con costi ridotti rispetto a tante esecuzioni, e alla fine può chiedere l’esdebitazione automatica.
Procedura: Il debitore (o il creditore) presenta ricorso al tribunale per aprire la liquidazione controllata. Il tribunale, accertati i presupposti (sovraindebitamento = insolvenza o squilibrio persistente; per istanza di creditore, debiti > €50.000 e insolvenza conclamata), dichiara aperta la liquidazione controllata con un decreto e nomina un liquidatore (spesso un professionista iscritto nell’albo dei curatori). Da quel momento:
- Il patrimonio del debitore (tutti i beni di sua proprietà al momento dell’apertura e quelli che acquista fino alla chiusura, salvo alcune eccezioni di legge) forma l’attivo della liquidazione. Il debitore ne perde la disponibilità: non può venderli o gravarli, ci penserà il liquidatore.
- Si fermano tutte le azioni esecutive individuali; i creditori devono presentare le domande di insinuazione al passivo entro il termine fissato (di solito 60-90 giorni). Chi non si insinua tempestivamente può farlo tardivamente finché non sono ripartite le somme, ma con onere a suo carico di eventuali spese.
- Il debitore deve collaborare col liquidatore, consegnare documenti, indicare i beni, etc., analogamente ai doveri di un fallito.
- Il liquidatore redige l’inventario, verifica le istanze dei creditori e compila lo stato passivo (l’elenco dei crediti ammessi, con indicazione di privilegi, importi, ecc.), che viene reso esecutivo dal giudice.
- Il liquidatore predispone un programma di liquidazione su come intende vendere i beni: ad es. se c’è una casa, decide se fare un tentativo di vendita all’asta (anche utilizzando eventualmente procedure competitive telematiche), se l’agente ha un portafoglio clienti vendibile, potrebbe valutare di cederlo, se ci sono crediti li riscuote, ecc.
- I beni vengono quindi venduti o liquidati e le somme raccolte vengono periodicamente distribuite ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (ipotecari con precedenza sul ricavato dei beni ipotecati, privilegiati mobiliari privilegiati sul resto, poi chirografari proporzionalmente, ecc.). Se il patrimonio è insufficiente, i creditori chirografari possono non vedere nulla; i privilegiati prendono solo fino a capienza.
- Una volta esaurito l’attivo (o se rimangono beni di valore trascurabile), il liquidatore presenta il conto finale e il giudice chiude la procedura.
La durata dipende dalla complessità: può durare qualche anno (il Codice prevede l’obiettivo di chiudere in 3 anni, ma può prolungarsi con autorizzazione se necessario). Un Tribunale ha chiarito che la durata può superare il triennio se la complessità lo impone, purché giustificato.
Esdebitazione: Una volta chiusa la liquidazione controllata, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione quasi automatica: il Codice prevede che il giudice dichiari la cancellazione dei debiti insoddisfatti contestualmente alla chiusura, salvo che un creditore o il P.M. facciano opposizione specifica entro il termine (cosiddetta esdebitazione “a contraddittorio differito”). I motivi per negare l’esdebitazione sono: se il debitore ha agito con dolo o colpa grave o frode causando l’indebitamento, oppure se ha violato obblighi di collaborazione nella procedura. Se nessuno si oppone o le opposizioni sono respinte, l’esdebitazione viene concessa e il debitore è liberato da tutti i debiti residui anteriori (eccetto quelli non esdebitabili per legge, es. debiti per mantenimento, per risarcimenti da illecito doloso, e sanzioni penali/amm.ve se escluse). L’esdebitazione riguarda anche il coobbligato illimitatamente responsabile (es. socio di Snc sottoposta a liq. controllata) ma non copre eventuali fideiussori/garanti terzi.
Trattamento del debitore durante la liquidazione: È bene evidenziare che, a differenza di un fallito tradizionale che subiva l’interdizione, qui il debitore mantiene la capacità di agire, può continuare eventuali attività lavorative (ma i nuovi redditi prodotti durante la procedura potrebbero in parte confluire nell’attivo, se superano le necessità di sostentamento). Ciò che guadagna con il suo lavoro post-apertura in misura necessaria per mantenimento suo e famiglia gli viene lasciato; solo la parte eccedente può essere richiesta dal liquidatore per soddisfare i creditori. Ad esempio, il tribunale fisserà un minimo vitale che il debitore può tenere del suo stipendio, il resto andrà alla massa. Anche beni futuri ereditati entro la chiusura finirebbero nell’attivo (tranne alcune eredità di modico valore o legati di famiglia).
Durante la liquidazione, il debitore non può contrarre nuovi debiti che non sia in grado di adempiere, se lo fa rischia sanzioni (anche penali, come bancarotta semplice se spende in modo grave a danno creditori). Ha obbligo di informare il liquidatore di variazioni patrimoniali.
Vantaggi: La liquidazione controllata è spesso l’unica via se il debitore non può offrire nulla ai creditori in un piano. Permette di risolvere la posizione debitoria in modo definitivo: dopo (o anche durante, decorsi 3 anni, nel nuovo regime) si ottiene la liberazione dai debiti. Il debitore può insomma “toccare il fondo” liquidando i suoi beni, ma in tempi relativamente rapidi avere il fresh start. Ricordiamo che la esdebitazione di diritto introdotta dal Codice fa sì che il beneficio sia praticamente automatico a meno di opposizioni giustificate, diversamente dal passato in cui bisognava fare un’istanza e dimostrare meritevolezza. Ciò incentiva il debitore a non nascondere nulla e affidarsi alla liquidazione sapendo che poi potrà ripartire pulito (in 3 anni, o anche prima se la procedura chiude prima). Inoltre, la liquidazione controllata ferma la giungla di esecuzioni: è un procedimento ordinato e unico, il che spesso aumenta perfino le chance di recupero per i creditori (evita corse preferenziali, e i costi totali sono minori). Per dire, vendere un immobile in sede concorsuale a volte consente di trovare acquirenti a prezzi migliori che in vendite all’asta disordinate, grazie alla supervisione di un liquidatore competente. Dal punto di vista del debitore, un vantaggio è che alcuni beni potrebbero essere salvaguardati: ad esempio, i beni impignorabili restano tali (il liquidatore non può liquidare gli strumenti di lavoro indispensabili, né gli oggetti di uso personale, ecc.), e il giudice può autorizzare il debitore a tenere somme adeguate per le necessità. Inoltre, il debitore persona fisica può concordare col liquidatore di tenere l’abitazione a disposizione per un certo tempo prima di venderla (il Codice lo prevede anche nel fallimento ordinario, figurarsi qui se la famiglia ha bisogno di qualche mese per trovar casa).
Svantaggi: Ovviamente, il debitore perde il patrimonio. Se vi era un’attività imprenditoriale, viene di fatto spenta (a meno che qualcuno non rilevi l’azienda intera, cosa rara per un agente). L’intermediario assicurativo probabilmente perderà l’iscrizione al RUI come visto, se dichiarato in liquidazione. Quindi questa procedura sacrifica la continuità professionale e la proprietà di beni cari (la casa di famiglia, se c’è, potrà essere venduta salvo accordi specifici – ad esempio, se c’è un mutuo e la banca ipotecaria non vuole farla vendere perché conviene aspettare, può capitare che la casa resti invenduta, ma è fuori dal controllo del debitore). È insomma una sorta di “fallimento personale”. Il fardello psicologico non è leggero, ma va considerato che, se i debiti sono impagabili, talvolta accettare la liquidazione e ripartire da zero è la scelta più pragmatica. Anche perché – e questo è un altro svantaggio mitigato però dall’esdebitazione – durante la procedura i creditori non soddisfatti integralmente potranno opporsi all’esdebitazione se scoprono comportamenti scorretti del debitore, e se il giudice concorda, il debitore resterebbe coi debiti (il che vanificherebbe il beneficio). Ma questa negazione è circoscritta ai casi di frode o dolo come detto, non di certo se semplicemente non c’erano abbastanza beni. Dunque la maggior parte dei debitori ottiene l’esdebitazione. Attenzione: l’esdebitazione non copre eventuali debiti nuovi sorti dopo l’apertura della procedura (es. se non pagate le tasse correnti) né alcune categorie come sanzioni/mantenimento come ricordato.
Per completare il quadro, citiamo infine una quarta procedura, più recente e particolare:
4. Esdebitazione del debitore incapiente (c.d. “esdebitazione senza utilità”)
Cos’è: Introdotta dapprima nel 2020 e ora all’art. 283 CCII, è la possibilità per il debitore persona fisica sovraindebitato, non fallibile e MERITEVOLE, che non possiede alcun patrimonio liquidabile né capacità di offrire ai creditori utilità nel prossimo futuro, di ottenere comunque la cancellazione dei debiti senza dover passare per una procedura di liquidazione formale. È un istituto di “fresh start puro” per i casi di indigenza, per evitare che chi è nullatenente resti per sempre schiacciato dai debiti irrecuperabili.
Condizioni: Dev’essere un soggetto che:
- Non può essere assoggettato a liquidazione giudiziale (quindi rientra tra i sovraindebitati).
- Si trova in stato di insolvenza con debiti che non è in grado di pagare.
- Non ha alcun patrimonio liquidabile e nessuna concreta capacità di offrire pagamenti (nemmeno parziali) ai creditori.
- È meritevole, nel senso che il sovraindebitamento non deriva da colpa grave, frode o dolo (criterio molto importante qui).
- Non ha già usufruito di esdebitazione di questo tipo in passato; è ammessa una sola volta nella vita.
Procedura: Il debitore presenta ricorso (solitamente assistito dall’OCC) al tribunale per ottenere l’esdebitazione del incapiente. Deve allegare le prove del suo stato (ad esempio, niente immobili, niente risparmi, reddito minimo, ecc.), l’elenco dei debiti e indicare le ragioni per cui è diventato insolvente, dimostrando la propria buona fede (es. “mi sono ammalato, ho dovuto chiudere e vivere a debito, ora ho solo una pensione sociale”). Il tribunale, se ritiene meritevole e verificato che non ci sono risorse da liquidare, dichiara l’esdebitazione immediata. Viene nominato un OCC/liquidatore con funzioni minime giusto per avvisare i creditori e vigilare nei successivi 4 anni. Eh sì, perché c’è un “rovescio della medaglia”: se il debitore incapiente beneficia di questa cancellazione debiti, per i 4 anni successivi dovrà comunicare ai creditori e al liquidatore se intervengono miglioramenti della sua situazione patrimoniale (eredità, vincite, incremento reddito, ecc.). Se entro 4 anni dal provvedimento il debitore ottiene risorse che gli consentirebbero di soddisfare i creditori almeno al 10% del dovuto, allora quella esdebitazione può essere revocata e i creditori riattivarsi sui nuovi beni. Se invece trascorrono 4 anni senza che nulla cambi in meglio, l’esdebitazione diventa definitiva. I creditori in ogni caso in quei 4 anni non possono agire (la procedura è pendente, benché in uno stato dormiente).
Questa soluzione è pensata per chi ha zero prospettive di recupero – tipicamente un soggetto molto povero con debiti magari per fideiussioni o per pregresse attività, che vive di nulla. Non è la situazione tipica dell’intermediario assicurativo medio (di solito c’è almeno un bene, una casa magari), ma in astratto potrebbe applicarsi: si pensi a un intermediario che ha chiuso, venduto tutto per sopravvivere, e comunque i debiti restano e lui ora campa solo di modesto stipendio da impiegato – se quel modesto stipendio basta appena a vivere, potrebbe darsi il caso.
Vantaggi: Permette a chi è completamente privo di risorse di non essere inchiodato per sempre dai debiti. È un atto di clemenza legale: la definizione giornalistica è “zero debiti a chi non ha più nulla”. Non richiede di pagare nulla ai creditori (da qui il nome “senza utilità”). È quindi l’unica via per debitori assolutamente incapienti, che altrimenti sarebbero esclusi anche dalle procedure (piano e concordato presuppongono qualcosa da dare, la stessa liquidazione controllata formalmente avrebbe dei costi e poco senso se non c’è nulla da liquidare).
Svantaggi: Molto restrittiva nei requisiti (meritevolezza altissima richiesta – se c’è il minimo sospetto che il debitore abbia fatto il furbo, il giudice non gliela concederà; il legislatore vuole evitare il “furbetto” che nasconde soldi e chiede la pulizia, per poi tirare fuori i soldi dopo 4 anni). Inoltre, quei 4 anni successivi sono un periodo in cui qualsiasi miglioramento economico significativo andrà in parte ai vecchi creditori: questo può anche essere visto come giusto (se vinci alla lotteria entro 4 anni, è giusto che paghi i tuoi ex creditori fino al 10%), ma anche come deterrente: il debitore potrebbe non avere incentivo a migliorare troppo la sua condizione in quei 4 anni. Ad ogni modo, trascorsi i 4 anni, è libero. È un istituto comunque non automatico: il tribunale può rigettare se fiuta abusi.
Nota: L’esdebitazione incapiente è diversa dall’esdebitazione “normale” dopo liquidazione: quest’ultima presuppone che tu abbia liquidato il liquidabile (anche se era poco) in una procedura; qui invece salti proprio la procedura di liquidazione. Proprio per questo i requisiti sono stringenti e una sola volta.
Come scegliere la procedura adatta?
Ricapitoliamo in una tabella comparativa le caratteristiche dei vari strumenti giudiziali per il debitore sovraindebitato, dal punto di vista del debitore/intermediario:
Procedura | Soggetti ammessi | Necessità di pagare qualcosa? | Ruolo dei creditori | Effetti su patrimonio | Durata tipica | Esdebitazione finale |
---|---|---|---|---|---|---|
Piano del consumatore (ristrutturazione debiti) | Persona fisica consumatore (no debiti d’impresa attivi). Escluso imprenditore in attività. Ex imprenditore cessato può tentare accesso se debiti personali prevalenti. | Sì, deve offrire ai creditori un pagamento, anche parziale, che rappresenti il massimo delle sue possibilità (può stralciare una parte rilevante dei debiti, ma in genere almeno una minima quota va pagata). Se totalmente incapiente, meglio esdebitazione art.283. | Nessun voto; i creditori possono solo fare osservazioni. Decide tutto il giudice. | Il debitore conserva i beni che il piano non destina alla liquidazione. Può conservare casa e beni strumentali se il piano prevede di mantenerli e pagarne i creditori garantiti secondo best interest. Patrimonio non coinvolto dal piano resta al debitore. | Circa 4-6 mesi per l’omologa (dipende dai tribunali, può essere anche più veloce). L’esecuzione del piano poi dura quanto previsto (può essere immediato con liquidazione beni o durare anni se prevede rate). Durante l’esecuzione, il debitore opera sotto vigilanza OCC. | Sì, al termine dell’esecuzione integrale del piano omologato i debiti residui sono cancellati. Se il debitore non rispetta il piano, l’omologazione può essere revocata e tornano esigibili (salvo convertire in liquidazione controllata). |
Concordato minore | Debitori non consumatori: imprenditori sotto soglia, professionisti, impr. cessati da <1 anno. Escluso imprenditore cessato da oltre 1 anno (art. 33 c.4 CCII) a meno che sia consumatore. | Sì, il debitore propone di pagare una parte dei debiti in base al valore del patrimonio e prospettive. Ci può essere stralcio anche importante, ma tendenzialmente i creditori privilegiati vanno soddisfatti almeno per valore garanzie e chirografari ottengono almeno quanto avrebbero in liquidazione. | Voto dei creditori: serve >50% crediti favorevoli. Se mancata maggioranza, piano respinto (possibile cram-down solo in casi eccezionali di dissenso abusivo). Creditori privilegiati votano per parte non soddisfatta. | Il debitore può mantenere beni se il piano lo prevede (es. continuare attività con i beni strumentali; non vendere casa se ad es. un familiare copre il valore ipoteca). Beni non destinati a essere liquidati rimangono al debitore, ma se il concordato è liquidatorio allora praticamente tutti i beni non essenziali saranno venduti sotto controllo debitore/commissario. | Più lungo del piano: apertura procedura, raccolta voti, omologa – spesso 6-12 mesi. Poi se il piano prevede pagamenti pluriennali, si estende su quel periodo. Durante la procedura il debitore può chiedere moratoria delle azioni esecutive e continuare l’attività. | Sì, a completamento dell’esecuzione del concordato omologato il debitore è liberato dai debiti residui non soddisfatti (l’omologazione comporta l’obbligo dei creditori di accontentarsi di quanto previsto). Se il concordato non viene adempiuto, su istanza può essere convertito in liquidazione controllata, ma i debiti restanti rivivono fino a nuova esdebitazione. |
Liquidazione controllata | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) in stato d’insolvenza. Può accedervi volontariamente, oppure esservi trascinato dai creditori (se debiti >50k). | No, il debitore non deve pagare nulla di tasca sua oltre a consegnare i beni. L’intero patrimonio viene liquidato ai creditori. Egli non deve offrire percentuali: si distribuirà quel che c’è. | Nessun voto. Procedura d’ufficio: i creditori presentano solo domanda di insinuazione e partecipano passivamente. Non possono opporsi alla liquidazione se avviata (a meno di contestare il passivo). | Tutti i beni del debitore sono espropriati e liquidati dal liquidatore (eccetto beni impignorabili). Il debitore perde la disponibilità del patrimonio. Può tuttavia mantenere i redditi da lavoro nella misura necessaria al suo sostentamento (il superfluo va ai creditori). Attività d’impresa cessa, salvo liquidatore esercizio provvisorio se utile vendere azienda funzionante (raro per piccole imprese). | Durata variabile: in teoria andrebbe chiusa in ~3 anni, ma può prolungarsi se ci sono beni difficili da vendere. | Sì, esdebitazione quasi automatica a chiusura: il giudice la dichiara salvo opposizioni dei creditori se il debitore ha avuto condotte fraudolente o gravemente colpose. In pratica la maggioranza dei debitori otterrà esdebitazione immediata alla chiusura. In ogni caso, decorsi 3 anni dall’apertura (2 anni se c’era composizione assistita precedente) il debitore può chiedere l’esdebitazione anche prima della chiusura per norma transitoria. Dunque massimo entro 3 anni la liberazione scatta, anche se la liquidazione non ha soddisfatto integralmente i crediti. (Debiti esclusi: alimenti, risarcimenti dolo, sanzioni amm.ve/penali). |
Esdebitazione incapiente | Persona fisica non fallibile, in insolvenza, senza beni né reddito aggredibile, meritevole, che non può accedere ad altre procedure perché non c’è nulla da liquidare. Una sola volta nella vita. | No, non paga nulla. Proprio zero ai creditori (non essendo in grado). | I creditori possono opporsi durante il procedimento se contestano i presupposti. Una volta ottenuta, i creditori vengono avvisati e non possono agire per 4 anni, salvo revoca se condizioni mutano. | Il debitore mantiene quel poco che ha (non c’è procedura liquidatoria). Se entro 4 anni riceve utilità (eredità, vincita, arricchimento) deve destinarle fino al 10% ai creditori, pena revoca esdebitazione. Dopo 4 anni senza novità, eventuali utilità restano sue definitivamente. | Relativamente breve: il tribunale esamina e può concedere l’esdebitazione con un decreto, diciamo entro alcuni mesi. Poi c’è il periodo di osservazione 4 anni, ma non è una “procedura” attiva, solo un obbligo di comunicare variazioni. | Sì, se concessa l’esdebitazione libera da tutti i debiti antecedenti. Può essere revocata se entro 4 anni il debitore torna abbiente oltre soglia 10% crediti, altrimenti trascorsi i 4 anni diventa definitiva. Se revocata, i creditori riprendono diritto all’azione (ma è raro). |
(Fonti: Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) artt. 65-83, 268-277, 282-283; Massimario Cassazione 2022; Cass. civ. 28225/2022; Corte App. L’Aquila 1540/2023; avvocaticartellesattoriali, 2025.)
Cosa conviene fare? Considerazioni finali dal punto di vista del debitore
Dal punto di vista del debitore/intermediario assicurativo, l’ordine delle opzioni di difesa può essere immaginato così:
- Tentare un accordo stragiudiziale se fattibile (evita formalità, costi e pubblicità; mantenete controllo). Ma non intestardirsi se è chiaro che non riuscirete comunque a soddisfare i creditori in modo apprezzabile.
- Se avete reddito e volete evitare di perdere beni essenziali, valutare Piano del consumatore (se rientrate come consumatore) oppure Concordato minore (se siete imprenditore minore con prospettiva di continuare attività). Queste soluzioni permettono spesso di salvare la casa o l’azienda con pagamenti parziali, e sono preferibili se realizzabili. Tenete presente che il piano del consumatore è unilaterale ma richiede meritevolezza; il concordato minore richiede convincere i creditori – quindi se c’è ostilità, magari è meglio il piano (qualora possiate accedervi).
- Se non avete davvero modo di pagare se non svendendo tutto, oppure se piano/concordato falliscono o non praticabili, la Liquidazione controllata è la via obbligata ma non va vissuta come una catastrofe: è un percorso che in circa 3 anni vi ripulisce dai debiti comunque. Certo, perdete i beni (che del resto i creditori vi avrebbero tolto comunque con pignoramenti), però arrivate al traguardo di fresh start. Pensate che in passato senza legge 3/2012, i debitori civili restavano inseguiti a vita dai creditori; ora la legge riconosce il diritto a ricominciare.
- Se proprio siete nullatenenti e socialmente deboli, l’Esdebitazione incapiente è una manna dal cielo: non vergognatevi a chiederla se ne avete i requisiti, perché significa che davvero la vita vi ha messo in ginocchio e la legge vuole darvi sollievo. Ovviamente dovete essere onesti sul fatto di non avere nulla.
- Un caso particolare: se siete socio illimitatamente responsabile di una società (es. socio di S.n.c. o accomandatario di S.a.s.) e la società viene liquidata coattivamente, potete essere coinvolto nella liquidazione con effetto sui beni personali (liquidazione “in estensione” ex art.256 CCII). Vi troverete quindi dentro una liquidazione giudiziale (se la società era fallibile) o controllata (se società sotto soglia) in solido. In tal caso i consigli di difesa sono simili, ma dovrete coordinarvi con le procedure riguardanti la società (spesso conviene farle confluire in un’unica gestione).
- Attenzione alle condotte da evitare: qualunque sia la strada scelta, non cercate scorciatoie illegali. Nascondere beni ai creditori (vendendoli a parenti fittiziamente, svuotare conti dopo che c’è pignoramento in vista, ecc.) può costituire reato di frodi ai creditori e comporta l’inammissibilità di qualunque procedura concorsuale (atti in frode fanno rigettare i piani). Similmente, contrarre nuovi debiti quando siete insolventi nella speranza di tappare buchi può costituire aggravamento fraudolento del dissesto. Quindi giocate a carte scoperte con i professionisti che vi assistono e col giudice: la trasparenza e la collaborazione sono indispensabili per ottenere fiducia e alla fine l’esdebitazione. Se avete compiuto atti discutibili in passato, confidatevi col vostro legale: potrebbe essere comunque gestibile (es. pagamenti preferenziali a qualche creditore nei mesi prima della procedura vanno dichiarati, ma di solito non impediscono l’accesso, al più il liquidatore li revoca).
Per un intermediario, uno dei beni più importanti può essere la propria reputazione professionale: è comprensibile voler evitare il “marchio” di una procedura concorsuale. Tuttavia, va anche considerato che spesso i fornitori o partner importanti sanno già dei vostri problemi (ad esempio, la compagnia mandante sarà al corrente se avete sospeso pagamenti) e in ogni caso un pignoramento immobiliare è pubblico alla conservatoria, un eventuale protesto appare nei registri – insomma, l’informazione trapela comunque. Invece, chiudere i debiti con un piano omologato può addirittura essere letto come un gesto di responsabilità. Inoltre, le procedure di sovraindebitamento sono meno stigmatizzanti del fallimento (non c’è pubblicazione in bollettino fallimentare, anche se l’omologazione è comunque pubblica). Ad ogni modo, bilanciate l’orgoglio con la convenienza: a volte trascinarsi per anni con i debiti per “non fallire” porta solo a perdere più soldi e tempo, mentre una soluzione giudiziale rapida vi avrebbe rimesso in carreggiata prima.
Come bloccare i pignoramenti e tutelare i beni essenziali
Una delle preoccupazioni principali del debitore è: “Come faccio nel frattempo, mentre cerco di risolvere, a impedire che mi portino via tutto?”. Abbiamo già toccato la questione, ma la riepiloghiamo focalizzandoci sui rimedi immediati:
- Richiesta di sospensione nelle procedure concorsuali minori: non appena depositate un ricorso per piano del consumatore o concordato minore, chiedete al giudice di sospendere le esecuzioni in corso. La maggior parte dei tribunali accoglie subito (anche senza sentire i creditori) se dimostrate che c’è un pignoramento imminente e il piano appare non manifestamente infeasible. Col decreto di apertura, i pignoramenti vengono congelati: le aste rinviate, i prelievi su stipendio sospesi (il datore sarà avvisato di non trattenere oltre). Nessun creditore potrà iniziarne di nuovi dalla pubblicazione del decreto di apertura (i nuovi pignoramenti sarebbero improcedibili). Questa protezione c’è anche nella liquidazione controllata (simile al fallimento: automatic stay per tutti). Quindi, appena possibile attivate una procedura concorsuale, se capite di non poter pagare, perché è lo scudo più efficace. Addirittura, Cass. 2024 ha confermato la possibilità di dilazione ultrannuale per ipotecari nel piano: ciò significa che, ad es., la banca con ipoteca non potrà farvi la vendita forzata se nel piano prevedete di pagarla in 5-10 anni regolarmente (purché prenda almeno quanto avrebbe dall’asta). In pratica il tribunale può bloccare anche il creditore ipotecario se vede che col piano ha garanzia di soddisfazione migliore o pari all’esecuzione.
- Moratoria legale degli interessi: dal momento del deposito di una domanda di procedura di sovraindebitamento, gli interessi sui debiti chirografari sono sospesi. Ciò evita che la situazione peggiori: se impiegate 6 mesi a omologare, almeno i debiti senza garanzia non cresceranno di ulteriori interessi di mora in quel periodo. Questo è stabilito dall’art. 69 CCII.
- Conservazione di beni essenziali in corso di procedura: come visto, il giudice può autorizzare in concordato/piano che contratti in corso vengano sospesi o sciolti se onerosi (es. sciogliersi da un leasing per evitare pignoramento del bene e ulteriori rate). Inoltre, beni funzionali alla continuità non possono essere toccati dai singoli creditori: se l’agente prosegue la sua attività in concordato, i suoi strumenti di lavoro e macchinari non possono essere pignorati perché necessari al piano. Nel piano del consumatore, se il debitore prevede di continuare a pagare il mutuo e tenere la casa, il giudice sospende l’eventuale asta e tutela il possesso dell’abitazione. Queste misure assicurano che il debitore non venga privato dei beni di prima necessità mentre cerca la composizione.
- Coinvolgere i coobbligati/familiari: i procedimenti familiari sono utili per proteggere il nucleo. Se la moglie dell’agente ha garantito un debito, e l’agente ottiene sospensione, la banca purtroppo potrebbe comunque agire sulla moglie garante (perché la sospensione vale solo per azioni contro il debitore principale). Per evitare ciò, conviene presentare un piano/concordato familiare congiunto, includendo anche il coniuge garante: in tal modo pure contro di lei scattano le protezioni.
- Opposizioni mirate in esecuzione individuale: se dovete guadagnare qualche settimana nell’attesa di presentare la domanda di sovraindebitamento, e c’è un’asta fissata, potete fare un’ultima mossa: un’opposizione agli atti esecutivi o all’esecuzione, chiedendo la sospensione al giudice dell’esecuzione. Ad esempio, eccepire che il precetto è invalido, o che state per depositare un concordato (alcuni G.E. sospendono se vedono un’indicazione seria di procedura concorsuale imminente). Oppure, come detto, chiedere la conversione del pignoramento offrendo il 20% del credito a pegno della sospensione (serve liquidità subito per questa strada però) – Art. 495 c.p.c.
- Assicurazioni a tutela del debitore? In commercio esistono alcune polizze che assicurano rischi di perdita di beni per debiti (es. polizze che rimborsano il mutuo in caso di perdita impiego e insolvenza). Sono tuttavia strumenti limitati e spesso non disponibili per situazioni già compromesse. Un cenno: esiste la possibilità di cointestare beni con coniuge in comunione per metà (il creditore può pignorare l’intero ma il coniuge poi chiede il 50% del ricavato), o creare un fondo patrimoniale per proteggere la casa dai creditori estranei ai bisogni familiari – ma attenzione, fare un fondo patrimoniale o trust quando i debiti già incombono può configurare atto in frode (revocabile e con conseguenze). Se fatto anni prima in bonis, può dare qualche difesa (un creditore per debiti extra-familiari non può pignorare la casa in fondo patrimoniale se lo scopo del debito non era per esigenze della famiglia). Però non è una panacea e qui parliamo di difese ex ante. Una volta nei guai, meglio affidarsi agli strumenti legali concessi piuttosto che a escamotage potenzialmente nulli.
Concludendo questa lunga disamina, dal punto di vista del debitore (in particolare l’intermediario assicurativo), difendersi dai debiti significa: conoscere i propri diritti, attivarsi per tempo sfruttando le opportunità di legge (dalle rateizzazioni fiscali ai piani di sovraindebitamento), e collaborare con i creditori onesti o col tribunale in trasparenza. Il sistema normativo italiano, soprattutto dopo le riforme recenti, offre numerosi strumenti equilibrati per risolvere situazioni debitorie senza annientare la dignità e la vita economica del debitore. La chiave è scegliere lo strumento giusto per il proprio caso e farsi assistere da professionisti competenti (avvocati specializzati in crisi da sovraindebitamento, OCC accreditati): la materia è complessa, come questa guida dimostra, ma le ricompense in termini di tranquillità ritrovata e ripartenza meritano lo sforzo.
Domande frequenti (FAQ) – Debitore intermediario assicurativo indebitato
Di seguito una serie di domande comuni che un intermediario assicurativo con debiti potrebbe porsi, con risposte sintetiche ma puntuali basate su quanto esposto.
1. Un intermediario assicurativo può essere dichiarato fallito? – Dipende dalla dimensione. Se opera come impresa commerciale e supera anche uno dei parametri di cui all’art. 2, c.1, lett. d) CCII (oltre €300.000 attivo, €200.000 ricavi, €500.000 debiti), in caso d’insolvenza può essere soggetto a liquidazione giudiziale (ex fallimento). In tal caso i suoi debiti vanno gestiti con le procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo, ecc.). Se invece è sotto soglia, non è soggetto a fallimento e può usare le procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata). La maggior parte degli intermediari individuali rientra nei non fallibili. Nota: anche una società di intermediazione assicurativa (es. s.r.l.) se insolvente è soggetta a liquidazione giudiziale indipendentemente dalle soglie, perché le soglie non si applicano alle società (in linea generale ogni società commerciale è fallibile, salvo forse micro-SRL di fatto sotto parametri, ma la questione è dibattuta). In ogni caso, per società o grandi broker esuliamo dal focus debiti persona fisica. Quindi, un agente assicurativo persona fisica di solito non “fallisce”, ma può essere coinvolto in liquidazione controllata se i creditori la chiedono (debiti >50k).
2. Cosa rischio se non pago i debiti? – I rischi principali sono: azioni legali dei creditori (decreti ingiuntivi, pignoramenti di conti, stipendio, auto, immobili) con conseguente perdita coattiva di beni e redditi; aumento continuo del debito per interessi e spese legali; eventuale segnalazione come cattivo pagatore nei database creditizi (CRIF, CAI se assegni protestati, bollettino protesti per cambiali) che rende difficile ottenere credito in futuro; possibili provvedimenti su autorizzazioni professionali (IVASS può radiarvi se dichiarati falliti o se emergono comportamenti disonesti con i clienti); stress e problemi familiari dovuti a chiamate di recupero e precarietà economica. Non c’è il carcere per i debiti civili, ma c’è per eventuali reati connessi (ad es. sottrazione fraudolenta di beni ai creditori, omesso versamento di ritenute oltre soglie penali, bancarotta se fallibile, ecc.). Quindi, il non pagamento porta a un lento aggravarsi della situazione, motivo per cui è bene non restare passivi.
3. Possono portarmi via la casa di abitazione? – Sì, i creditori privati possono pignorarla, a meno che non sia protetta da un fondo patrimoniale (e il debito non sia per bisogni familiari) o da altra struttura di protezione fatta con largo anticipo. L’Agente della Riscossione (Fisco/Equitalia) invece non può pignorare la prima casa se è l’unico immobile di residenza non di lusso, a prescindere dall’importo (ha solo limite di ipoteca >20k). Altri creditori non hanno questo divieto. Tuttavia, nella pratica, raramente un creditore chirografario spende soldi per pignorare una casa se il debito è inferiore a, diciamo, €30-50k, perché la procedura d’asta è costosa. Ma può farlo legalmente. Entrando in una procedura di sovraindebitamento (piano/concordato), potete salvaguardare la casa prevedendo di pagare i creditori ipotecari secondo giustizia e mantenere l’immobile. Molti piani del consumatore sono stati usati proprio per salvare la casa evitando l’asta: es. Tribunale Napoli Nord 2022, piano omologato con pagamento 37% del mutuo residuo ha permesso al debitore di conservare la casa. Se invece finite in liquidazione, la casa sarà venduta dal liquidatore e dovrete lasciarla (di solito non immediatamente, ma una volta aggiudicata). Ci sono casi eccezionali in cui la casa in liquidazione può non essere venduta: ad es. se il suo valore di mercato è molto basso rispetto al mutuo residuo (nessuno la compra, la banca preferisce tener ipoteca e la liquidazione chiude lasciando la casa invenduta ma il debito residuo esdebitato – si è visto in alcune prassi). Però sono eccezioni. In generale, per salvare la casa: o pagate i creditori garantiti con negoziazione/piano o trovate un familiare che riscatti il debito ipotecario, altrimenti la perdete.
4. Possono pignorare anche i soldi sul conto e lo stipendio/pensione? – Sì. Il conto corrente può essere pignorato: la banca blocca l’importo fino a concorrenza del debito al momento dell’atto e poi lo assegna al creditore su ordine del giudice. Se sul conto arrivano stipendi/pensioni, la legge tutela un minimo vitale: l’ultimo accredito pre-pignoramento è libero fino a circa €1.500 (3 volte l’assegno sociale), il resto viene bloccato; gli accrediti successivi vanno girati al creditore nella misura di 1/5 e il resto vi è lasciato. Il pignoramento dello stipendio o pensione presso il datore/ente previdenza è limitato al 20% del netto mensile (o 1/10 se stipendio basso, oppure 1/5 su pensione al netto di minimo impignorabile ~€690). Se avete più pignoramenti, possono cumularsi fino a massimo metà stipendio. Il pignoramento presso terzi può colpire anche provvigioni dovute da compagnie: la compagnia assicurativa potrebbe ricevere atto dal creditore e dover versare a lui le provvigioni maturate invece che a voi. Ciò è legale e possibile. Una volta aperto un concordato/piano, i pignoramenti su stipendi/provvigioni vengono sospesi.
5. I debiti fiscali (Es. cartelle) li devo pagare per forza tutti? – No, si possono gestire in vari modi: (a) Rateizzazione amministrativa fino a 6 anni (72 rate) o 10 anni (120 rate) se l’importo e la condizione lo consentono – questo dilaziona il debito ma non lo riduce. (b) Definizioni agevolate (“rottamazioni”): se sei nei termini per aderire, paghi solo imposte e niente sanzioni/interessi (un bel risparmio). Attualmente (luglio 2025) è in corso la rottamazione-quater, con possibilità di riammissione per decadenze entro aprile 2025. (c) Sovraindebitamento: includendo i debiti fiscali in un piano o concordato, puoi anche prevedere uno stralcio parziale (ad es. pagare solo il 30% dell’IVA dovuta) – l’Agenzia Entrate di solito vota contro se propone meno del 100% del privilegio, ma il giudice può omologare comunque se garantisci il best interest. Nei fatti, molti piani consumatore hanno falcidiato l’IVA e altre imposte (che in teoria sono privilegiati “indisponibili”) perché la legge 176/2020 ha rimosso il veto assoluto erariale. Quindi, sì, puoi tagliare i debiti fiscali tramite procedure, purché i crediti privilegiati ricevano almeno il valore dei beni su cui hanno privilegio (se non ci sono beni, spesso significava comunque poco). In liquidazione controllata, i debiti fiscali vengono trattati come privilegiati e chirografari: p.es., l’IVA privilegiata si paga con prelazione sul ricavato dei beni mobili (se ce ne sono) e l’eventuale residuo come chirografo (che spesso prende zero). Dopo la chiusura, se ottieni esdebitazione, anche le imposte non pagate si cancellano (lo ha chiarito Cass., l’esdebitazione fallimentare cancella pure IVA e tributi, se il decreto non la esclude espressamente). Fanno eccezione solo eventuali sanzioni penali (multe da reato) che non si estinguono, e le sanzioni amministrative potrebbero essere considerate non cancellabili (anche se su queste c’è dibattito, in L.3/2012 non erano escluse, nel CCII non c’è menzione esplicita, alcuni ritengono restino perché la delega di riforma lo chiedeva). In soldoni: col sovraindebitamento puoi ridurre sensibilmente i debiti con Erario e INPS, cosa impensabile fuori da esso.
6. Che fine fanno i debiti verso i clienti (es. premi non girati, risarcimenti)? – Se hai causato un danno a un cliente e questo ha un credito risarcitorio verso di te, può insinuarsi come chirografo nelle procedure. Se però il danno è frutto di condotta dolosa (es. truffa al cliente), quel credito non viene esdebitato neanche a fine procedura (art. 280 CCII esclude esdebitazione per debiti da fatto illecito doloso). Quindi, ad esempio, se hai sottratto intenzionalmente premi a 10 clienti e questi ottengono sentenze per appropriazione indebita, quei debiti non si estinguono con l’esdebitazione. È un’eccezione rilevante: l’esdebitazione non copre debiti per danni da illecito doloso e per obblighi di mantenimento e alimentari. Dunque, se quella fattispecie ci rientra, anche dopo la procedura i clienti potrebbero perseguitarti – sebbene in pratica se hai liquidato tutto e sei nullatenente, potrebbero non avere mezzi efficaci. In sintesi: i debiti verso clienti vengono trattati come parte del passivo; se sono derivati da colpa, potrai stralciarli/esdebitarti; se derivati da dolo molto probabilmente resteranno (teoricamente, perché se non avrai beni rimarranno inesigibili, ma come principio sì).
7. Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento? – Ci sono dei costi di procedura: tipicamente devi rivolgerti a un OCC o professionista gestore della crisi, che chiederà un compenso (stabilito in base a DM 2020, variabile secondo complessità e attivo). Spesso si tratta di qualche migliaio di euro (per un piano semplice magari €2-3k, per concordato con molti creditori anche €5-6k). Alcuni OCC presso ordini forensi applicano tariffe calmierate. Poi c’è il costo dell’avvocato se ne incarichi uno – spesso l’OCC stesso collabora con avvocati. Le spese vive: marche da bollo, contributo unificato (€98). Nella liquidazione controllata, il liquidatore verrà pagato in prededuzione con i soldi ricavati dalla vendita dei beni (percentuale sulle vendite). Se non ci sono beni, il tribunale a volte chiede al debitore di versare un fondo spese (anche solo €500) per compensare il liquidatore almeno simbolicamente. Nell’esdebitazione incapienti, l’OCC ha diritto a metà del compenso liquidazione ma lo Stato (fondo giustizia) glielo versa in caso di incapienza, quindi al debitore incapiente praticamente non costa nulla. Alcuni comuni e regioni hanno programmi di assistenza debitori con copertura di costi OCC (es. progetti antiusura etc.). In conclusione: un minimo investimento è richiesto, ma consideratelo parte della soluzione – spesso gli avvocati e OCC permettono pagamenti rateali del proprio onorario, capendo la situazione.
8. Quanto tempo ci vuole per uscire dai debiti con queste procedure? – Riassumendo: un piano del consumatore può essere omologato in pochi mesi e se prevede la liquidazione di un immobile ad esempio, potresti essere esdebitato nel giro di 6-12 mesi (il tempo di vendere e distribuire). Se prevede rate quinquennali, allora dopo quei 5 anni avrai finito. Un concordato minore simile: 6-12 mesi per omologa, poi la durata dipende dal piano (possono essere 2-3-5 anni di adempimento). La liquidazione controllata dura intorno a 2-3 anni per chiudere e l’esdebitazione arriva al massimo al 3° anno (o anche prima se vendono tutto e chiudono prima). L’esdebitazione incapiente è la più rapida: in pochi mesi ottieni il beneficio, poi c’è quell’attesa di 4 anni ma senza fare nulla di speciale tu, solo mantenendo condotta trasparente. Quindi, realisticamente, un intermediario oppresso dai debiti oggi potrebbe – iniziando subito un percorso – trovarsi libero dai debiti in 1-3 anni a seconda dello strumento. Ciò è decisamente meglio che restare indebitato per decenni.
9. Posso continuare a lavorare come intermediario assicurativo durante queste procedure? – Sì, salvo eccezioni: Durante un piano o concordato, tu resti titolare della tua impresa e puoi proseguire l’attività (anzi, spesso il piano è basato sul continuare a lavorare e destinare reddito ai creditori). Il tribunale di solito autorizza la prosecuzione con l’assenso del commissario/gestore per monitorare che non dissipi soldi. Quindi puoi incassare provvigioni, pagare le spese correnti e vivere – con l’obbligo di destinare ai creditori quanto stabilito. L’IVASS però potrebbe avere obiezioni: in caso di concordato o procedura pendente, formalmente il Codice Assicurazioni non lo menziona come causa di sospensione immediata, però se sei in liquidazione controllata (simile al fallimento) quasi certamente verrai radiato e non potrai operare finché non ottieni l’esdebitazione e fai reiscrivere (e dimostri di nuovo onorabilità). Durante un piano/concordato minore, alcuni intermediari hanno continuato a lavorare – la legge non lo vieta. Sta all’IVASS decidere: data la ratio delle norme, credo che fintanto che paghi i creditori secondo un piano omologato, IVASS non intervenga se non c’è stata condotta fraudolenta. Ma se ad esempio il tuo mandato era già revocato per debiti, comunque stavi già fermo. Diciamo che fino all’eventuale provvedimento di radiazione IVASS, puoi operare. In liquidazione controllata, siccome il patrimonio è affidato a liquidatore, tu personalmente potresti cercare lavoro subordinato o altro, ma come imprenditore sei out. Considera però: se conti di restare nel settore, riuscire a ottenere un piano del consumatore e pagare regolarmente i creditori è la via migliore per mostrarti affidabile. Se finisci in liquidazione, potrai ricominciare solo dopo qualche anno e con nuova iscrizione (art.114 Cod. Ass. consente reiscrizione se cessate le incapacità post-fallimentari). Quindi, la risposta è: sì, puoi lavorare durante le procedure, ma dipende quale e serve valutare impatto regolamentare. Molti preferiscono comunque informare la mandante e concordare come gestire il portafoglio – ad es. durante un concordato, la compagnia potrebbe nominare un sostituto per tutelare i clienti, ma mantenere l’agenzia viva per non perdere valore. Sono situazioni da gestire caso per caso.
10. Cosa succede se non rispetto un accordo o una procedura omologata? – Se hai fatto un accordo stragiudiziale saldo e stralcio e poi non paghi le rate, il creditore tornerà all’importo originario (salvo quanto versato) e probabilmente andrà in causa subito (e avrà anche un titolo esecutivo se hai firmato cambiali). Se non rispetti un piano del consumatore omologato, il tribunale su istanza dei creditori può revocare l’omologazione e far riprendere le azioni (spesso contestualmente dichiara aperta la liquidazione controllata per evitare vantaggi a creditori più veloci). Nel concordato minore, se non rispetti, i creditori possono chiedere la risoluzione e il tribunale dichiara risolto l’accordo e apre la liquidazione controllata d’ufficio (i crediti tornano esigibili al netto di quanto intanto pagato). Nell’esdebitazione incapienti, se nei 4 anni fai il furbo e ometti di segnalare miglioramenti o vieni scoperto con risorse, il tribunale può revocare il beneficio. In generale, l’ordinamento prevede che se il debitore abusa o non adempie, si torna al regime ordinario: i creditori riacquistano pieni diritti (tranne per le somme già incassate da loro ovviamente). Quindi è cruciale, se intraprendi una procedura, portarla a termine correttamente. Non entrare in un piano se pensi di non poterlo sostenere: meglio scegliere direttamente la liquidazione, fare un anno duro ma poi finire pulito, piuttosto che fare un piano di 5 anni e mollarlo a metà – in quel caso avrai solo dilazionato la crisi e perso la fiducia dei giudici.
11. Ho una polizza vita o un fondo pensione: me lo toccano? – Le polizze vita non riscattabili e i fondi pensione complementari sono impignorabili per legge (art. 1923 c.c. e D.Lgs. 252/05): ciò significa che in una procedura di liquidazione non sono aggredibili dai creditori. Tuttavia, se tu le puoi riscattare volontariamente (ad es. polizza vita mista con valore di riscatto), ti potrebbe essere chiesto di farlo per mettere le somme a disposizione. In un piano volontario potresti tenerle se non sono decisive. Un fondo pensione individuale di solito non si tocca fino a pensione. Anche un TFR maturato è parzialmente impignorabile (per legge solo 1/5). Questo per dire che ci sono alcuni beni “protetti” che il debitore può mantenere: strumenti di lavoro, oggetti personali, pensioni minime, polizze vita non ancora maturate, ecc. Nella composizione, questi elementi verranno considerati ma spesso non toccati. Comunicali comunque all’OCC per valutare.
12. Dopo l’esdebitazione, se mi arriva un’eredità, i creditori possono rifarsi? – No, una volta ottenuta l’esdebitazione definitiva (nel piano/concordato alla fine, in liquidazione al decreto di chiusura con esdebitazione), i creditori pregressi non hanno più alcun diritto, anche se tu diventassi ricco il giorno dopo. È il concetto di fresh start. Unica eccezione è l’esdebitazione incapiente con la finestra 4 anni: lì sì, se l’eredità ti arriva entro 4 anni dal provvedimento, devi darne comunicazione e se con quell’eredità avresti potuto pagare almeno il 10%, i creditori potrebbero chiedere revoca. Ma se arriva dopo 4 anni, no problem. Quindi, diciamo, dopo la chiusura dell’insolvenza sei libero di arricchirti – e ti auguriamo di farlo con prudenza stavolta! (Nota: i debiti esclusi da esdebitazione, es. mantenimento o dolo, restano però esigibili sempre – se ti arriva eredità dopo, quei creditori esclusi potranno attaccarla perché il loro credito non era stato perdonato).
13. Diventerò pubblicamente conosciuto come “fallito” o inserito in registri? – Le procedure di sovraindebitamento non confluiscono nel casellario giudiziale o in registri facilmente consultabili dal pubblico generale. Tuttavia, l’omologazione di un piano o l’apertura di una liquidazione controllata sono annotate nel Registro delle Procedure di Insolvenza (tenuto presso tribunali) e nel registro imprese se il soggetto è imprenditore. Inoltre, vengono pubblicate sul sito del tribunale (portale della crisi) e a volte su siti di giurisprudenza. Non c’è più l’albo dei falliti come un tempo, e per sovraindebitamenti mai c’è stato stigma legale. L’IVASS come detto riceve notifica se radiato o condannato, ma non c’è obbligo formale di comunicare l’avvio del piano (a meno che il regolamento 40/2018 equipari la condizione a qualcosa). Insomma, la tua cerchia professionale potrebbe venire a saperlo, ma non c’è un pubblico ludibrio. Anzi, dal 2023 esiste il Registro nazionale delle procedure di crisi accessibile però solo a utenti qualificati (autorità, parti interessate). Quindi preoccupati il giusto: i tuoi clienti finali difficilmente verranno a saperlo a meno che la cosa non trapeli da pettegolezzi.
14. Vale la pena dichiarare il sovraindebitamento o meglio tirare avanti sperando in tempi migliori? – Questa è una domanda cruciale e la risposta dipende dalla prospettiva concreta. Se i debiti sono gestibili con sacrifici e c’è ragionevole aspettativa di incrementare i guadagni (es. un giovane intermediario che ha avuto un anno storto ma vede contratti futuri rosei), può valere la pena rinegoziare e tirare avanti pagando i debiti regolarmente, magari con qualche dilazione. D’altra parte, se i debiti sono già fuori controllo rispetto al reddito e patrimonio, attendere peggiora solo: maturano interessi, i creditori possono attivarsi in modo disordinato (pignorandoti magari quel poco che ti permette di lavorare, costringendoti a chiudere l’attività – il che ironicamente riduce la possibilità di risollevarsi). Inoltre, come visto, la legge ora consente ai creditori di costringerti in liquidazione se superi €50k di debiti scaduti. Quindi rischi di perdere l’iniziativa. Dichiarare sovraindebitamento (cioè attivare una procedura) è paragonabile a un’azienda che dichiara concordato preventivo: non è piacevole, ma è un atto di gestione strategica per salvare il salvabile e ripartire. Alla luce delle norme attuali che proteggono il debitore onesto e agevolano la sua riabilitazione, direi che se i conti non tornano, prima si agisce meglio è. Numerosi studi dimostrano che i piani presentati tardivamente hanno meno successo perché il patrimonio del debitore si è già eroso in mille modi (pagamenti preferenziali, spese legali inutili, ecc.). Quindi, fatta salva la speranza di un colpo di fortuna (che non è strategia), meglio affrontare la crisi e risolverla in modo ordinato.
15. Dopo l’esdebitazione, potrò ottenere crediti o mutui in futuro? – L’esdebitazione non cancella le segnalazioni creditizie pregresse automaticamente, però passati un po’ di anni dalla chiusura, se hai ripreso reddito e non hai più insolvenze, le banche possono tornare a fidarsi. Non c’è nessuna preclusione legale a contrarre nuovi mutui o finanziamenti dopo esdebitazione (nel fallimento c’era una specie di interdizione, ma qui no). Ovviamente una banca se vede che 3 anni fa hai fatto un sovraindebitamento ci penserà due volte: dovrai ricostruire la reputazione finanziaria. Spesso chi esce da queste procedure adotta un profilo prudente col credito almeno per qualche anno. Però abbiamo testimonianze di esdebitati che, risollevatisi, hanno poi ottenuto piccoli prestiti (magari con garanti) e mano a mano normalizzato la posizione. Anche perché l’esdebitazione dice che sei “libero da debiti”, paradossalmente sei più solvibile di prima! La Centrale Rischi di Banca d’Italia registra insolvenze per 36 mesi in genere, quindi dopo quell’arco temporale spariscono segnalazioni negative. Quindi direi che, completato il percorso, nel medio termine potrai riaccedere al credito, specie se porti evidenze di redditi stabili e nessun’altra pendenza.
Conclusione
Essere un intermediario assicurativo indebitato è senza dubbio una condizione difficile, ma come abbiamo visto il diritto offre numerosi strumenti di difesa e di soluzione. Il debitore onesto ma sfortunato non è più lasciato in balia dei creditori: le normative italiane, adeguandosi anche ai principi europei, gli forniscono una “cassetta degli attrezzi” per negoziare, ristrutturare o persino azzerare i debiti, bilanciando i diritti dei creditori con la possibilità di un fresh start. Dalle trattative bonarie – sempre da tentare con trasparenza – alle procedure giudiziali di sovraindebitamento, il debitore può e deve giocare un ruolo attivo per difendere il necessario (la casa, i mezzi per lavorare) e per mettere fine all’incubo dei debiti perennemente pendenti. Questa guida ha illustrato un percorso graduale e complesso, il cui filo conduttore è la meritevolezza e la buona fede del debitore: l’ordinamento tutela chi dimostra correttezza, collaborazione e volontà di risolvere.
Dal punto di vista pratico, il nostro intermediario assicurativo indebitato dovrebbe:
- Valutare oggettivamente la propria situazione finanziaria e le cause del dissesto.
- Farsi consigliare da esperti (avvocati, OCC) sulle opzioni percorribili.
- Non avere timore di attivare una procedura formale se necessaria, né di affrontare i creditori apertamente.
- Evitare comportamenti che possano pregiudicare i diritti altrui (niente fughe di beni, preferenze occulte, ecc.), per conservare il beneficio delle protezioni di legge.
- Considerare il sovraindebitamento come una fase da gestire e superare, non come una vergogna insormontabile: in ambito imprenditoriale e professionale, l’insuccesso economico è sempre possibile, l’importante è gestirlo con integrità.
In conclusione, “come difendersi” per un intermediario assicurativo con debiti significa principalmente conoscere e usare le difese legali a propria disposizione, senza procrastinare. Con un buon piano – che sia stragiudiziale o giudiziale – il debitore potrà ridurre il danno, evitare il tracollo totale (o risalirvi subito dopo) e ritornare a concentrarsi sulla propria attività e sul futuro, avendo appreso lezioni preziose in termini di gestione finanziaria.
Le norme e le sentenze più aggiornate confermano un approccio favorevole al debitore meritevole: dalla Cassazione che permette anche all’ex imprenditore di accedere al piano del consumatore, ai tribunali che omologano piani salvacasa con forti stralci, fino alla nuova esdebitazione “automatica”. Tutti segnali che la società riconosce l’importanza di dare una seconda chance.
Dal punto di vista del debitore questo è un messaggio di speranza, ma anche di responsabilità: usate queste opportunità con serietà e ne raccoglierete i frutti in termini di pace familiare, stabilità e credibilità professionale riconquistata.
Fonti (normativa, dottrina e giurisprudenza)
- Codice Civile: Art. 2740 c.c. (responsabilità patrimoniale del debitore); Artt. 514-515 c.p.c. (beni mobili impignorabili e limiti); Art. 545 c.p.c. (limiti pignorabilità stipendi/pensioni); Art. 1923 c.c. (impignorabilità assicurazioni sulla vita).
- Codice delle Assicurazioni Private (D.Lgs. 209/2005): Art. 110 (requisiti di onorabilità); Art. 113 (…), Art. 114 (reiscrizione intermediario radiato per fallimento); Regolamento IVASS n. 40/2018 (cancellazione d’ufficio dal RUI per fallimento o perdita requisiti).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, modificato D.Lgs. 83/2022): Art. 2, comma 1, lett. d) (definizione di “imprenditore minore” con soglie attivo €300k, ricavi €200k, debiti €500k); Art. 33, c.4 (divieto concordato minore oltre 1 anno da cessazione attività); Art. 65-73 (Ristrutturazione dei debiti del consumatore, ex piano consumatore); Art. 74-83 (Concordato minore); Art. 268-277 (Liquidazione controllata del sovraindebitato); Art. 278-283 (Esdebitazione nella liquidazione controllata ed esdebitazione del debitore incapiente); Art. 280 CCII (condizioni per esdebitazione: esclusione se sovraindebitamento con dolo o colpa grave); Art. 282-283 CCII (procedimento esdebitazione e esdebitazione incapienti); Art. 390 CCII (disposizioni transitorie esdebitazione di diritto).
- Decreto Legge 69/2013 (conv. L. 98/2013): Art. 52 (impignorabilità prima casa da Equitalia, requisiti: unico immobile non lusso, debito <120k per ipoteca).
- Legge 3/2012 (abrogata, “legge sovraindebitamento”): Principi recepiti nel nuovo Codice, ma giurisprudenza su di essa ancora utile: es. art. 8, co.4 L.3/12 (moratoria 1 anno privilegiati) e sua derogabilità.
- Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023): commi 222-230 (Stralcio automatico debiti <€1000 2000-2015); commi 231-252 (Definizione agevolata “rottamazione-quater” debiti 2000-2022).
- Decreto Milleproroghe 2023 (DL 198/2022 conv. L. 14/2023): riapertura termini rottamazione-quater e riammissione decaduti (entro 30/04/2025).
- Circolare Agenzia Entrate 19/E del 6 maggio 2015: (chiarisce che sovraindebitamento riguarda qualsiasi soggetto non fallibile, inclusi lavoratori autonomi, dipendenti, etc.).
- Massimario Corte di Cassazione – Relazione illustrativa n.87/2022 sul Codice della Crisi: sezioni rilevanti su sovraindebitamento e esdebitazione di diritto, esdebitazione incapienti.
- Corte di Cassazione:
- Sent. Cass. Sez. Un. 1869/2016: ha escluso accesso a piano consumatore per debiti anche parzialmente d’impresa (nozione restrittiva di consumatore).
- Ord. Cass. n. 28225/2022: su meritevolezza nel piano consumatore, considerare comportamento scorretto delle banche (credito imprudente) attenua colpa debitore.
- Ordinanza ex art. 363-bis c.p.c. 2023 (principio di diritto): ex imprenditore cancellato da >1 anno non può accedere a concordato minore, unica via liquidazione.
- Cass. Sez. I civ. n. 34150/2024 (23/12/2024): ha confermato ammissibilità di moratoria ultrannuale nei piani del consumatore per crediti ipotecari (vedi anche Cass. 30543/2024).
- Cass. Sez. I civ. n. 4622/2024 (21/02/2024): ha chiarito interpretazione flessibile di art.8 co.4 L.3/2012 sulla moratoria privilegiati >1 anno nei piani (creditori possono essere pagati >12 mesi se più conveniente).
- Cass. Sez. I civ. n. 34164/2024 (23/12/2024): su modifica accordo ex L.3/2012 in fase esecutiva, coinvolgimento di tutti i creditori.
- Cass. Sez. I civ. n. 34133/2024 (23/12/2024): su concessione di termine 90gg per nuova proposta ex L.167/2020 a debitore dopo omologa accordo L.3/2012 fallito.
- Corte di Appello L’Aquila, sent. n. 1540 del 3/11/2023: – Principio: imprenditore cessato e cancellato può accedere al piano del consumatore ex art.67 CCII includendo anche debiti d’impresa residui; definizione di consumatore riferita all’attualità (chi non svolge ora attività d’impresa); richiamo art. 33 c.4 CCII che gli preclude concordato minore oltre l’anno, quindi unica via è piano consumatore.
- Tribunale di Catania, decreto 10 ottobre 2024: – Ha rigettato liquidazione giudiziale per non superamento soglie art.2 lett.d) (debiti < €500k), sottolineando accertamento d’ufficio delle soglie ex art. 367 CCII e prospettando liquidazione controllata come alternativa se richiesta; debiti accertati < €500k quindi liquidazione giudiziale improcedibile; esprime dissenso verso opposta interpretazione CA Catania (che temeva furbizia debitori nel non depositare bilanci) sostenendo che comunque creditori hanno strumento liquidazione controllata a disposizione.
- Tribunale Napoli Nord, 2 novembre 2021: – Omologato piano consumatore con dilazione ultrannuale ipotecari (richiamato da Cass. 4622/2024).
- Tribunale Pordenone, decreto 11 gennaio 2021: – Ammesso ex imprenditore a piano consumatore, motivando su nozione ampia di consumatore.
- Tribunale di Milano, decreto 14 luglio 2022: – Interpretazione restrittiva: debitore ex imprenditore con debiti promiscui non ammesso a piano consumatore (preferenza liquidazione).
- Tribunale Mantova, decreto 23 gennaio 2025: – Ammessa a liquidazione controllata persona socio accomandatario inattiva da anni e lavoratore dipendente, non fallibile la società, quindi come sovraindebitato per estinguere debiti societari e personali.
- Tribunale Savona, decreto 23 gennaio 2025: – Sulla possibile durata >3 anni di una liquidazione controllata: ammesso prolungamento se necessario.
- Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 2 novembre 2021: – Confermava già ammissibilità dilazione ultrannuale ipotecari in piani.
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