Ex Soci Impresa Vendita Capi Di Biancheria: Cosa Fare Per Difendersi

Hai fatto parte di una società attiva nella vendita di capi di biancheria per la casa o intimo e oggi, nonostante tu non sia più socio, stai ricevendo richieste di pagamento, cartelle esattoriali o atti di pignoramento? Ti stai chiedendo se puoi ancora essere ritenuto responsabile dei debiti aziendali e come difenderti legalmente per proteggere il tuo patrimonio personale?

Molti ex soci di imprese operanti nel settore del tessile e della biancheria si trovano coinvolti in situazioni debitorie anche dopo la cessione o la chiusura della società. Ma non tutti i soci rispondono automaticamente dei debiti aziendali: molto dipende dalla forma giuridica dell’impresa, dai ruoli ricoperti e dagli atti sottoscritti.

Quando un ex socio può essere chiamato a rispondere dei debiti aziendali?
– Se eri socio di una SNC o SAS, rispondi illimitatamente e con tutto il tuo patrimonio per i debiti sorti fino alla tua uscita formale
– Se eri socio di una SRL o SRLS, non rispondi dei debiti aziendali, salvo:
– Aver firmato fideiussioni personali o garanzie bancarie
– Aver gestito di fatto l’attività anche dopo l’uscita formale
– Aver percepito somme non giustificate o effettuato prelievi indebiti
– Se non hai formalizzato correttamente la tua uscita, potresti risultare ancora socio per il Fisco e i creditori

Quali sono i debiti più frequenti nel settore della biancheria e tessile?
Fornitori non saldati per merce acquistata a stock o stagionale
Rate di finanziamenti per acquisto locali o attrezzature
Cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, INPS
Debiti bancari derivanti da affidamenti o anticipi su fatture
Canoni di locazione o leasing commerciale arretrati

Come puoi difenderti da queste richieste, se sei un ex socio?
– Verifica la forma giuridica dell’impresa e accerta la data ufficiale della tua uscita
– Controlla se hai firmato garanzie personali o altri impegni economici per la società
– Se ricevi atti di riscossione, valuta un’opposizione per mancanza di legittimazione passiva
– Se i debiti sono effettivamente personali ma non sostenibili, puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, che ti consente di:
Bloccare i pignoramenti in corso
Pagare solo in base alla tua reale disponibilità economica
Cancellare il residuo a fine piano, se le condizioni lo consentono
– In presenza di cartelle viziate o notificate irregolarmente, puoi agire per l’annullamento per vizi formali o sostanziali

Cosa puoi ottenere se agisci subito e con gli strumenti giusti?
Protezione del tuo patrimonio personale e familiare
Cancellazione o riduzione dei debiti aziendali che non ti competono più
Sospensione delle azioni esecutive
Chiusura definitiva della posizione debitoria e ripartenza libera da vincoli

Essere stati soci in un’impresa non vuol dire dover restare esposti per sempre ai debiti aziendali. Ma è fondamentale valutare con precisione se le richieste sono legittime e come reagire legalmente.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti nella difesa di ex soci e nelle procedure di composizione della crisi del debitore ti spiega come tutelarti se sei un ex socio di un’impresa di vendita di biancheria con debiti, cosa verificare e come uscire dalla crisi.

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Introduzione

Il presente approfondimento, rivolto a professionisti, imprenditori e cittadini con competenze avanzate, offre una guida completa sulle responsabilità e le difese possibili per gli ex soci di una società (persone o capitali) che ha cessato l’attività (ad es. un negozio di abbigliamento). Vengono illustrate le norme chiave del Codice Civile e del TUIR/DPR 602/73 (oggi parte del T.U. riscossione), aggiornate alle ultime novità del 2025, nonché le pronunce giurisprudenziali più recenti (in particolare Cass. SS.UU. n. 3625/2025, Cass. 8048/2025, Cass. 23341/2024 e Cass. 31933/2019). La trattazione, sebbene tecnica, è svolta in forma divulgativa, con tabelle riassuntive, esempi pratici e FAQ, dal punto di vista degli ex soci/debitori. Al termine sono indicate le fonti normative e giurisprudenziali citate.

Quadro normativo di base

  • Società di persone (S.n.c., S.a.s. ecc.): in linea generale tutti i soci (nella S.n.c. e gli accomandatari nella S.a.s.) rispondono illimitatamente e solidalmente dei debiti sociali. Ciò significa che durante la vita sociale gli obblighi della società sono “suddivisi” fra i soci senza limiti di valore (art. 2291 c.c. per la S.n.c., artt. 2313 ss. c.c. per la S.a.s.). Solo i soci accomandanti (nelle S.a.s.) rispondono limitati alla quota conferita/liquidata, a meno che non abbiano partecipato di fatto alla gestione.
  • Società di capitali (S.r.l., S.p.A., cooperative di capitale): i soci hanno di norma responsabilità limitata. Dopo lo scioglimento e la cancellazione dal registro, l’art. 2495 c.c. stabilisce che i creditori insoddisfatti possono rivalersi sui soci per somme finite nella liquidazione, fino alla concorrenza di quanto ciascuno ha percepito. In pratica, “l’estinzione della società” trasferisce le obbligazioni residue ai soci, ma solo entro il valore dei beni liquidati a ciascuno. Ad esempio, Art. 2495 c.c. dispone: «[…] i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione».

Figura: Corte di Cassazione, a Roma (immagine simbolica).

  • Fictio iuris di sopravvivenza: l’art. 2495 c.c. prevede due “scappatoie” per i creditori: la società può essere dichiarata fallita entro 1 anno dalla cancellazione (coincidente con l’insolvenza precedente); i debiti tributari possono essere pretesi entro 5 anni dalla cancellazione (D.Lgs. 175/2014, art. 28, c.4). Nei primi 5 anni dopo la cancellazione, la “società estinta” è ancora soggetto passivo degli accertamenti; trascorsi tali termini l’ente viene considerato inesistente anche fiscalmente.
  • Norme tributarie speciali: fino al 2024 l’art. 36 del D.P.R. 602/1973 subordinava la responsabilità tributaria dei soci (di società di capitali) al loro aver ricevuto utili o beni societari nei due anni precedenti o durante la liquidazione. Tale norma è stata abrogata e sostituita dal Testo Unico dei versamenti e riscossione (D.Lgs. 33/2025), ma in pratica la regola rimane che i soci di S.r.l./S.p.A. rispondono delle imposte non pagate entro i limiti dell’attivo ricevuto (con specifiche verifiche sui versamenti o trasferimenti intervenuti). In ogni caso, le sanzioni tributarie non ricadono automaticamente sui soci – salvo prova di loro responsabilità personale.

Responsabilità dei soci dopo la cessazione dell’attività

Società di persone (S.n.c., S.a.s.)

In una società di persone regolarmente iscritta, la responsabilità dei soci è già illimitata e solidale anche durante la vita sociale. Ciò significa che la chiusura e cancellazione non “creano” un debito nuovo a carico dei soci, ma semplicemente confermano quanto già esisteva: «la chiusura di una società di persone non crea una nuova obbligazione a carico dei soci, ma semmai conferma quella che già esisteva». L’art. 2312 c.c. (corrispondente ad art. 2495 c.c. per le società di capitali) prevede infatti che, una volta cancellata la società, «i creditori sociali non soddisfatti possono agire verso i soci e, se c’è colpa, verso i liquidatori». Non essendo previsto alcun limite quantitativo (diverso da quello del patrimonio personale dei soci), i creditori potranno richiedere a ciascun socio l’intero residuo dell’obbligazione sociale, esercitando poi il diritto di regresso interno fra soci.

  • Esempio: due ex soci di una S.n.c. hanno debiti residui di €100.000 dopo liquidazione. Se Maria ha incassato €10.000 dalla liquidazione e Luigi €40.000 (la S.n.c. chiude con 50k distribuiti in tutto), i creditori potranno pretendere dai soci fino a €100.000 (solidarietà). Se Maria paga tutto, poi potrà rivalersi su Luigi affinché versi la sua parte (a Luigi rimarrebbero €75.000 da pagare, recuperabili con regresso). Se invece entrambi rinunciano al credito, i loro eredi rimangono responsabili come successori.
  • S.a.s. – soci accomandanti: in caso di società in accomandita semplice, i soci accomandatari (amministratori) rispondono come in S.n.c. (illimitatamente), mentre gli accomandanti rispondono fino alla quota conferita/liquidata (art. 2313 c.c.), a meno di gestione di fatto. È perciò essenziale verificare se un socio accomandante abbia mai partecipato alla gestione; in caso negativo, la sua responsabilità fiscale e civile è limitata al conferimento. Inoltre, la Cassazione ha chiarito che anche se il socio accomandante decidesse di pagare debiti della società, ciò non lo rende automaticamente illimitatamente responsabile: «il socio accomandante che si impegna a pagare un debito della società di persone non diventa per questo illimitatamente responsabile; è indispensabile lo svolgimento di un’attività gestoria che implichi scelte di pertinenza del titolare». In pratica, il mero aver soddisfatto un credito sociale non eleva la sua responsabilità oltre la quota conferita.

Società di capitali (S.r.l., S.p.A., cooperative di capitale)

Nelle società di capitali, la responsabilità dei soci è limitata: essi rispondono dei debiti sociali soltanto entro il valore dei beni ricevuti in sede di liquidazione finale. In concreto, art. 2495 c.c. e i principi collegati fanno sì che dopo la cancellazione dal registro delle imprese i creditori possano agire contro i soci solo fino alla concorrenza di quanto ogni socio ha incassato. Ciò vale anche (per analogia interpretativa) per le cooperative di capitale: ogni socio rischia al massimo la restituzione delle somme percepite. Nessun altro patrimonio personale è aggredibile, salvo garanzie personali eventualmente prestate dagli stessi soci.

  • Limite di legge: come sottolinea la Corte di Cassazione, il debito sociale che grava sui soci non è un nuovo debito creato dalla liquidazione, ma rimane lo stesso debito originario della società, trasferito per successione ai soci entro i limiti di quanto percepito. Da ciò discende che anche eventuali sanzioni tributarie comminate alla società estinta ricadono sui soci solo entro tale limite: la Cassazione ha infatti stabilito che il socio risponde del debito della società (ivi incluse le sanzioni pecuniarie) «nei limiti di quanto ricevuto in sede di liquidazione».
  • Sanzioni fiscali: La questione delle sanzioni merita un cenno a parte. La Cassazione, con ordinanza n. 23341/2024, ha affermato che i soci rispondono anche delle sanzioni tributarie (artt. 5-6 D.Lgs. 472/1997) che gravavano sulla società, ma sempre entro il limite dell’attivo percepito. Va tuttavia evidenziato che in passato (in sede di primo grado e appello tributario) qualche giudice ha escluso la colpa dei soci e la validità del trasferimento delle sanzioni, richiamando l’art. 7 del D.L. 269/2003 che limita la responsabilità fiscale; la questione non è pacifica e spesso viene decisa caso per caso.
  • Garanzie personali: se alcuni soci hanno prestato garanzie personali per obbligazioni sociali (ad es. fideiussioni), il creditore potrà rivalersi su tali garanzie anche dopo la cancellazione. Inoltre, se gli amministratori (o liquidatori) hanno agito dolosamente – trasferendo beni ai soci o nascondendo attività – possono rispondere personalmente oltre i loro compiti statutari.

Strategie difensive tributarie

I debitori-ex soci possono adottare diverse strategie per difendersi da pretese fiscali o civili:

  • Verifica delle condizioni di azione: l’Amministrazione finanziaria può notificarvi avvisi di accertamento o cartelle esattoriali solo entro termini e condizioni stabiliti dalla legge. In particolare, nei primi 5 anni dalla cancellazione la società “estinta” è ancora soggetto di diritto tributario (c.d. fictio legis degli art. 28 D.Lgs. 175/2014). Trascorsi 5 anni, l’ente è inattivo anche per il fisco e in teoria l’Agenzia non può più emettere nuovi atti nei confronti della società cancellata. Gli ex soci, comunque, non possono subire pretese superiori a quelle che avrebbero potuto avanzare durante quei 5 anni. È fondamentale controllare quindi le date di cancellazione e dei singoli atti impositivi: un avviso notificato oltre il quinquennio potrebbe essere illegittimo.
  • Impugnazione degli atti impositivi: se ricevete un avviso di accertamento o una cartella di pagamento legati ai debiti della vecchia società, è necessario impugnare l’atto entro i termini di legge (60 giorni per l’avviso di accertamento, 40 giorni per la cartella) dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente. Le motivazioni possono riguardare, ad esempio, errori di calcolo del tributo, vizi di forma o merito, mancanza del presupposto tributario. Nel ricorso va argomentato che, ai sensi dell’art. 2495 c.c., la responsabilità del socio è subordinata alle somme ricevute in liquidazione: se il socio ha preso poco o nulla, la sua quota di debito è molto limitata.
  • Prova del non aver ricevuto nulla: in particolare, la giurisprudenza recente ha chiarito che la tutela del socio esiste in fase esecutiva, non in quella di legittimità dell’atto impositivo. In pratica, l’Amministrazione può notificare gli avvisi anche se in sede di liquidazione il socio non ha preso utili, ma dovrà provare in sede di riscossione (o in giudizio) che il socio abbia effettivamente ricevuto risorse utili. Il socio difende il proprio patrimonio oppositoriamente dimostrando di non avere nulla ricevuto. Ad esempio, se non vi sono effettivamente state distribuzioni (debiti preesistenti all’immediata liquidazione), potrete far valere la nullità dell’esecuzione oltre il valore percepito.
  • Cause sospensive e ricorsi: nel frattempo si può richiedere la sospensione della riscossione (ad es. tramite il deposito delle imposte dilazionate o ricorso gerarchico) e portare la controversia nei gradi successivi (Commissione Regionale, Cassazione tributaria). Se la controversia è vinta in primo grado (ad es. Cassazione 3625/2025 ribadisce che la mancata riscossione in liquidazione non esclude l’interesse a notificare un accertamento, ma riconosce al socio di dimostrare l’assenza di utili in sede esecutiva), occorrerà impugnare gli atti nei gradi superiori. Ogni decisione negativa dovrà essere analizzata da un legale tributarista, considerato il continuo evolversi della giurisprudenza.
  • Accordo con l’Agenzia: in alcuni casi i soci potrebbero valutare di chiudere rapidamente il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate (ad es. avvalendosi di eventuali definizioni agevolate o pagando la quota di debito corrispondente al loro attivo percepito), per poi rivalersi internamente sugli altri soci. Tuttavia, tali soluzioni vanno valutate con un professionista esperto in diritto tributario.
  • Esdebitazione e procedure concorsuali personali: se i soci si trovassero anche in una situazione di sovra-indebitamento personale, possono considerare gli strumenti di composizione della crisi (legge n. 3/2012, ora Codice della crisi). Un accordo di composizione della crisi o l’accesso alla procedura di esdebitazione potrebbero consentire di azzerare i debiti residui, compresi quelli per quote societarie, se il giudice ritiene l’insolvenza insanabile. NB: l’avvio di queste procedure dipende dalle condizioni soggettive di ciascun socio e va seguito con un avvocato o commercialista specializzato.

Tabelle riepilogative

Tipo di societàResponsabilità sociLimite di responsabilità dopo cancellazione
Società in nome collettivo (S.n.c.)Soci illimitatamente e solidalmente responsabili di tutte le obbligazioni sociali. Dopo cancellazione, ciascun socio può essere escusso per l’intero debito residuo.Nessun limite (devono rispondere fino alla concorrenza di tutti i debiti remasti).
S.a.s. (società accomandita semplice)Soci accomandatari (amministratori): illimitati e solidali come nella S.n.c.. Soci accomandanti: responsabilità limitata alla quota conferita/liquidata (salvo gestione di fatto).Accomandatari: no limite (come S.n.c.). Accomandanti: fino alla quota conferita/liquidata (anche se hanno pagato debiti sociali rimangono limitati).
Società a responsabilità limitata (S.r.l.)Responsabilità limitata alle somme conferite (e distribuite in liquidazione). In sede di liquidazione i soci ricevono l’eventuale avanzo.Fino alle somme ricevute in liquidazione; oltre tale limite il debito soc. residuo non è trasferibile.
Società per azioni (S.p.A.)Stessa disciplina della S.r.l.: soci limitati alle somme conferite/distribuite.Come per la S.r.l.: fino all’attivo percepito.
Cooperative di capitaleSoci limitati alle somme conferite (più eventuali obiettivi sociali).Come per S.r.l./S.p.A.: fino alle somme liquidate; eventuali garanzie personali prestate restano aggredibili.
Fusione/incorporazioneLa società incorporata o fusa è considerata estinta: il nuovo soggetto succede in tutti i rapporti (art. 172 TUIR). Eventuali azioni tributarie devono agire contro la nuova società (subentrante).I debiti tributari della società fusa si trasferiscono alla società risultante; i soci della società estinta non sono chiamati a rispondere di debiti tributari residui (che gravano sul nuovo ente).

Le tabelle sintetizzano la regola generale: nei gruppi societari di persone i soci rispondono senza limiti (ad eccezione degli accomandanti in S.a.s.), mentre nelle società di capitali rispondono solamente entro quanto percepito al momento della liquidazione finale.

Simulazioni pratiche

  • Esempio 1 – Società di persone (S.n.c.). Marco e Anna erano soci di una S.n.c. di abbigliamento, che ha cessato l’attività con debiti residui di €60.000 dopo liquidazione. Marco aveva incassato €20.000 in sede di liquidazione, Anna €10.000; la parte residua dell’attivo è stata utilizzata per pagare altri creditori. I debiti non pagati sono invece stati ereditati dai soci. Un creditore può agire contro entrambi indistintamente (solidarietà) fino a €60.000; se Marco paga €60.000, potrà rivalersi su Anna per la sua quota residua. Se invece entrambi rinunciassero al credito, i loro eredi subirebbero la responsabilità come successori. (Principio: soci snc rispondono in solido per tutti i debiti societari residui.)
  • Esempio 2 – Società di capitali (S.r.l.). La S.r.l. «Moda S.r.l.» scioglie l’attività nel 2023. Dopo aver saldato i fornitori rimangono €50.000, versati rispettivamente a due soci (Alice €20.000, Bruno €30.000). La società viene cancellata. Nel 2024 emergono debiti fiscali IRES per €80.000. L’Agenzia delle Entrate invia avvisi di accertamento alla S.r.l. (ancora entro 5 anni, art. 28 D.Lgs.175/2014) e contestualmente notifica ad Alice e Bruno ingiunzioni di pagamento di imposta per €20.000 e €30.000 ciascuno (nel rispetto del criterio di solidarietà fino al limite percepito). Alice e Bruno possono contestare l’accertamento (ad esempio, impugnando il quantum d’imposta calcolato), ma non potranno eccepire in tale sede di non dover pagare perché la società era senza utili: ciò infatti è irrilevante in fase di legittimità. Se l’accertamento fosse divenuto definitivo, nella successiva fase esecutiva Alice e Bruno potrebbero far valere di non aver ricevuto somme superiori a €20k e €30k, bloccando l’esproprio oltre tali cifre. Le sanzioni (€9.000 nell’esempio) rimangono iscritte a carico della società e la loro “eredità” ai soci è controversa: per prudenza Alice e Bruno impugnano anche la parte sanzionatoria, sostenendo che debba restare in capo all’ente estinto (alcuni orientamenti lo prevedono).
  • Esempio 3 – Società Accomandita Semplice (S.a.s.). La SAS “Biancheria&Bene” è composta da un socio accomandatario (gestore) e un socio accomandante. La S.a.s. si scioglie, ma il socio accomandante – pur non avendo partecipato alla gestione – paga volontariamente alcuni debiti residui (€5.000) per senso di responsabilità. La Cassazione (ordinanza n. 8048/2025) ha specificato che tale pagamento volontario non estende la sua responsabilità: infatti, non essendo soci accomandanti gestori, rispondono solo fino alla quota conferita. Quindi anche avendo “aiutato” la società, l’accomandante resta limitato alla sua partecipazione. L’azionamento fiscale nei suoi confronti avverrà al massimo per tale importo.
  • Esempio 4 – Fusione societaria. La S.p.A. «BoutiqueAlfa» (con residui €10.000 in liquidazione e soci X, Y) si fonde per incorporazione in «BoutiqueBeta». Per effetto della fusione (art. 172 TUIR) «BoutiqueBeta» subentra in tutti i rapporti attivi e passivi di «Alfa». Gli eventuali debiti fiscali residui di «Alfa» sono ora riferibili a «Beta» (il nuovo soggetto). Se «Beta» salda tali debiti (€8.000), poi potrà agire per regresso solo nei confronti degli ex soci di «Alfa» sulla base di garanzie prestate o conferimenti non eseguiti. I soci di «Alfa» non subiscono in prima battuta l’azione fiscale, perché la responsabilità tributaria segue il fenomeno della fusione.

Domande e risposte (FAQ)

D: Il socio risponde automaticamente di tutti i debiti sociali dopo la cancellazione?
R: No. In base all’art. 2495 c.c. il creditore può agire contro i soci solo fino alle somme o ai beni liquidati a ciascun socio. Ciò significa che, se in fase di liquidazione un socio non ha ricevuto nulla dall’attivo, di norma non può essere fatto corresponsabile dei debiti sociali residui (salvo casi di garanzie personali o atti fraudolenti). In sostanza ogni obbligazione sociale viene “smembrata” fra i soci in maniera solidale, ma entro la quota da loro percepita.

D: In quali casi i soci rispondono a titolo di responsabilità tributaria?
R: Per le società di capitali sono due i profili principali: (i) i soci che hanno ricevuto utili o beni societari nei due esercizi precedenti la liquidazione rispondono solidalmente delle imposte dovute su tali utili (art. 36 DPR 602/73, oggi art. 113 T.U. riscossione); (ii) per i debiti tributari residui della società estinta l’Agenzia delle Entrate può rivalersi sui soci entro il limite del valore ricevuto in liquidazione (art. 2495 c.c.). In altre parole, solo se il socio ha incassato una quota in liquidazione può essere chiamato a rispondere di quella quota di debito. Ad esempio, se dopo liquidazione a un socio è stato attribuito €20.000 di attivo, l’Agenzia potrà chiedergli al massimo €20.000 di tributi (più eventuali interessi).

Tuttavia, attenzione: se il socio non ha ricevuto nulla formalmente, ciò non impedisce l’accertamento tributario nei suoi confronti. Come chiarito dalle SS.UU. 2025, il Fisco può notificare avvisi di accertamento anche se in bilancio finale non risultano somme distribuite agli ex soci. Spetta però all’Amministrazione provare in giudizio l’esistenza di beni trasferiti o utilità di cui i soci abbiano beneficiato, prima di escutere il socio. In pratica, se il socio dimostra in esecuzione di non aver ricevuto alcun attivo, potrà sottrarsi al pagamento oltre l’entità dei pagamenti già effettuati.

D: Cosa succede se la società fallisce entro un anno dalla cancellazione?
R: In virtù dell’art. 10 Legge Fallimentare, se l’insolvenza era già presente al momento della cancellazione si può chiedere il fallimento entro un anno. In tal caso si dice che la società estinta “rivive” per la procedura fallimentare in nuce. I creditori concorsuali potranno soddisfarsi tramite il fallimento dell’ente estinto, senza dover agire separatamente sui singoli soci. Fuori da questa eccezione (art. 10 LF), non esiste reviviscenza giudiziale della società cancellata.

D: Il socio accomandante di una S.a.s. che paga i debiti sociali diventa illimitatamente responsabile?
R: No. La Cassazione (ord. 8048/2025) ha confermato che la responsabilità del socio accomandante rimane sempre limitata alla sua quota, anche se egli provvede volontariamente al pagamento di un debito societario. Pagare debiti con fondi personali non muta il carattere di socio accomandante (non gestionario). Per renderlo responsabile illimitato sarebbe necessario che assumesse in concreto una gestione di fatto dell’impresa, situazione che lo legherebbe come accomandatario.

D: Cosa succede se la società si è estinta da più di 5 anni e ricevo un accertamento?
R: Dopo 5 anni dalla cancellazione la società estinta non esiste più nemmeno fiscalmente (D.Lgs. 175/2014, art. 28). In teoria, trascorsi 5 anni non si può più emettere alcun atto tributario nei confronti della società. Se vi perviene un atto dopo tale termine, è possibile eccepire la sua nullità per decadenza dei termini. In ogni caso, se l’atto fosse stato legittimamente emesso entro il quinquennio, i soci che erano in carica alla cancellazione possono ancora essere chiamati a rispondere entro il limite delle somme ricevute (vale sempre art. 2495 c.c.).

D: Un ex socio può soccombere per sanzioni personali della società?
R: Generalmente no. Le sanzioni penali o amministrative irrogate alla società ricadono sulla sola persona giuridica, salvo diversa disposizione di legge (art. 7 D.L. 269/2003). Pertanto i soci non rispondono di sanzioni tributarie comminate alla società in automatico. Tuttavia, come visto, alcuni orientamenti giudiziari (Cass. 23341/2024) hanno ritenuto i soci tenuti alle sanzioni in proporzione alla loro quota percepita. Perciò, in caso di avvisi che includano sanzioni, il socio dovrà valutare se impugnarle e dimostrare di non aver beneficiato della violazione fiscale.

D: Il socio è tenuto a dimostrare l’infondatezza del debito o viceversa il Fisco deve provare che ha ricevuto utili?
R: Una volta che l’Agenzia notifica l’avviso, l’onere probatorio si divide: il Fisco deve dimostrare l’esistenza del debito della società (per gli anni impugnati) e che esso rimane irrisolto; il socio deve dimostrare l’ammontare degli utili ricevuti. Secondo la Cassazione, il requisito dell’avere ricevuto somme (art. 2495 c.c.) va accertato specificamente per ciascun socio. In pratica, l’Avvocatura dello Stato dovrà produrre atti da cui risulti che al socio sono stati attribuiti beni o utili (es. scritture liquidazione). Se il socio prova di non aver incassato nulla, ciò inibisce l’esproprio su beni propri (la sua responsabilità si riduce a zero o a eventuali garanzie).

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice Civile italiano (Aggiornato al 2025): art. 2291 (responsabilità soci SNC), art. 2312 c.c. (liquidazione società di persone), art. 2313 c.c. (S.a.s.), art. 2491 e 2495 c.c. (scioglimento e cancellazione società), art. 2496 c.c. (obblighi liquidatori), art. 2324 c.c. (limitazione accomandante).
  • Normativa fiscale e di riscossione: DPR 602/1973, art. 36 (ora art. 113 T.U. versamenti e riscossione, e. v.), D.Lgs. 175/2014 (art. 28 commi 3-4), D.L. 269/2003 (art. 7 sul principio di responsabilità). Codice delle società di capitali (D.Lgs. 12/2018).
  • Giurisprudenza: Cass. SS.UU. n. 3625/2025 (responsabilità tributaria soci dopo estinzione); Cass. ord. 20840/2023 (responsabilità soci S.r.l. a base ristretta); Cass. ord. 8048/2025 (socio accomandante S.a.s. paga debiti); Cass. 23341/2024 (sanzioni tributarie ereditate dai soci); Cass. civ. 31933/2019 (principi generali sulla liquidazione). Altre sentenze tributari: CTP/CTR su notifica a soci di società cancellata (es. Cass. 13565/2021 sull’insussistenza dell’accertamento “per successione” in S.a.s.) e Cass. 24579/2022 (sull’estintività delle fusioni).

Queste fonti fornisono il quadro completo delle regole attuali e delle interpretazioni giurisprudenziali sul tema. È sempre consigliato rivolgersi a un professionista per l’analisi specifica del caso concreto e per l’assistenza nelle eventuali difese legali.

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Conclusione

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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