Dove Trovo Le Lettere Di Compliance Nel Cassetto Fiscale Dell’Agenzia Delle Entrate

Hai ricevuto un avviso informale dall’Agenzia delle Entrate o ti è stato detto che c’è una lettera di compliance a tuo nome, ma non ti è arrivato nulla per posta o PEC? Ti stai chiedendo dove trovare queste comunicazioni ufficiali, come accedervi e cosa fare una volta lette?

Le lettere di compliance non sempre arrivano via raccomandata. Spesso vengono inserite nel tuo Cassetto Fiscale, il portale personale dell’Agenzia delle Entrate che raccoglie tutte le informazioni sul tuo profilo fiscale.

Dove si trovano le lettere di compliance nel Cassetto Fiscale?
– Collegati al sito dell’Agenzia delle Entrate: www.agenziaentrate.gov.it
– Accedi all’area riservata con SPID, CIE o CNS
– Una volta dentro, entra nella sezione “La mia scrivania”
– Vai alla voce “Comunicazioni”“Comunicazioni di compliance”
– Lì troverai l’elenco delle lettere ricevute, con data, protocollo e contenuto scaricabile in PDF
– In alternativa, puoi anche controllare sotto la voce “Documenti” o “Consultazioni” se non la trovi subito

Cosa contengono le lettere di compliance?
– Dati su presunte anomalie nella tua dichiarazione dei redditi, IVA o quadro RW
– Segnalazioni su omessi versamenti, scostamenti, redditi esteri o anomalie ISA
– Un invito a regolarizzare la posizione tramite ravvedimento operoso
– Le modalità per rispondere o fornire documentazione integrativa

Perché è importante consultarle?
– Perché il Fisco considera la comunicazione ricevuta anche se non te l’ha inviata per posta
– Perché ti offrono la possibilità di correggere gli errori con sanzioni ridotte, prima di un vero accertamento
– Perché se non le visualizzi e non reagisci, potresti trovarti con un accertamento o una cartella esattoriale improvvisa

Cosa fare dopo aver letto la comunicazione?
– Verifica se l’anomalia segnalata è reale o frutto di un errore
– Se c’è stato un errore tuo, puoi ravvederti spontaneamente versando imposta, interessi e sanzione ridotta
– Se i dati del Fisco sono sbagliati, puoi rispondere via PEC o tramite intermediario
– Se non sai come procedere, rivolgiti a un professionista per difenderti correttamente

Cosa rischi se ignori la comunicazione?
Accertamento formale, con sanzioni piene (dal 90% in su)
Perdita di accesso a bonus, crediti o rimborsi
Cartella esattoriale e in casi gravi anche segnalazioni penali per dichiarazione infedele

Controllare il Cassetto Fiscale regolarmente è fondamentale: la presenza di una comunicazione non letta non ti esonera dalle conseguenze. Sapere dove trovarle è il primo passo per difendere la tua posizione fiscale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in compliance e contenzioso tributario ti spiega come individuare le lettere di compliance, cosa significano e cosa fare subito per evitarne le conseguenze.

Hai trovato una lettera nel tuo Cassetto Fiscale e non sai come rispondere? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo insieme la comunicazione ricevuta e ti diremo se correggere, opporsi o annullare la contestazione.

Introduzione

Le lettere di compliance sono comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti per segnalare possibili anomalie o omissioni fiscali, invitandoli a regolarizzare spontaneamente la propria posizione senza attendere un formale accertamento. Si tratta di avvisi bonari e non di atti impositivi: sono infatti comunicazioni preliminari prive di valore coercitivo, che non sono autonomamente impugnabili in Commissione Tributaria. L’obiettivo di queste lettere è promuovere la collaborazione Fisco-contribuente e prevenire sanzioni più gravi, offrendo al destinatario la possibilità di correggere errori o omissioni in modo agevolato.

Dove si trovano nel cassetto fiscale? All’interno dell’area riservata del sito dell’Agenzia (accessibile con SPID, CIE, CNS o credenziali Entratel) è presente la sezione “Cassetto fiscale”, che a sua volta contiene un’area denominata “L’Agenzia scrive”. In questa sezione – dedicata appunto alle comunicazioni inviate dal Fisco – è disponibile una sottosezione “Invito alla compliance”, dove il contribuente (o un intermediario delegato) può consultare tutte le lettere di compliance ricevute. In particolare, la sezione Invito alla compliance raccoglie i documenti relativi a: lettere di compliance, segnalazioni su banca dati VIES (partite IVA intracomunitarie) e comunicazioni di anomalie IVA (versamenti o liquidazioni periodiche anomale). Dunque, per trovare una lettera di compliance nel proprio cassetto fiscale bisogna seguire questo percorso nell’area autenticata: Cassetto fiscale → L’Agenzia scrive → Invito alla compliance → Lettere di compliance.

Che cosa sono le lettere di compliance e perché vengono inviate

Le lettere di compliance sono note anche come “lettere di invito alla regolarizzazione” o “alert fiscali”. A differenza di un avviso di accertamento formale, la lettera di compliance non accerta un tributo né intima un pagamento immediato, ma segnala un’incongruenza tra i dati in possesso del Fisco e quanto dichiarato dal contribuente. È quindi un invito rivolto al contribuente a verificare la propria posizione fiscale ed, eventualmente, a mettersi in regola spontaneamente con pagamento di imposte, interessi e sanzioni ridotte. L’Agenzia delle Entrate adotta queste comunicazioni nell’ottica di favorire l’adempimento spontaneo e instaurare un rapporto più trasparente e collaborativo con i cittadini, in linea con le best practice OCSE e con esperienze analoghe di altri Paesi.

Questo approccio “friendly” del Fisco italiano è stato avviato da diversi anni e ha base normativa specifica. La Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015), art. 1, comma 636, ha previsto che l’Agenzia delle Entrate possa mettere a disposizione dei contribuenti (e della Guardia di Finanza) le informazioni in suo possesso su possibili anomalie, secondo modalità stabilite da appositi provvedimenti direttoriali. In attuazione di ciò, l’Agenzia ha iniziato ad inviare comunicazioni mirate in una serie di casi tipici, con lo scopo di semplificare gli adempimenti, far emergere basi imponibili nascoste prima che scattino controlli veri e propri, e stimolare la correttezza fiscale preventiva.

In sostanza, invece di procedere subito con sanzioni e accertamenti ex post, il Fisco preferisce oggi inviare un preavviso bonario al contribuente, segnalando l’errore e dando la chance di correggerlo in autonomia. Questa strategia, introdotta gradualmente a partire dal 2016-2017, ha prodotto risultati significativi: ad esempio, nel solo 2016 furono inviate oltre 500 mila comunicazioni di questo tipo, che portarono a mezzo miliardo di euro di entrate aggiuntive per lo Stato tramite regolarizzazioni spontanee. Negli anni successivi il numero di lettere è aumentato costantemente; per il 2025 è stato annunciato l’invio di circa 3 milioni di lettere di compliance ai contribuenti italiani. Si tratta quindi di uno strumento ormai sistematico, inserito nelle convenzioni tra MEF e Agenzia come obiettivo annuale, volto a rendere il Fisco più “amico” e meno repressivo.

Le lettere di compliance non vanno confuse con le comunicazioni di irregolarità ex art. 36-bis DPR 600/1973 (i cosiddetti avvisi bonari dopo controlli automatici delle dichiarazioni) né con gli avvisi di accertamento. La differenza è importante:

  • Lettera di compliance: segnalazione informale di un possibile errore prima che parta un controllo formale. Non è impugnabile e non comporta, di per sé, l’iscrizione a ruolo di somme da pagare. Offre la chance del ravvedimento operoso con sanzioni ridotte.
  • Comunicazione di irregolarità (avviso bonario): esito di un controllo automatizzato su una dichiarazione già presentata (ad esempio liquidazione 730, controlli formali, liquidazioni periodiche IVA). Anche questo non è un atto impugnabile autonomamente, ma è un passaggio quasi formale: indica un importo da versare entro 30 giorni con sanzioni ridotte (10% in luogo di 30%) per evitare l’iscrizione a ruolo. Se non si paga o non si segnala errore, seguirà la cartella esattoriale.
  • Avviso di accertamento: è l’atto impositivo vero e proprio, emesso dall’ufficio qualora le irregolarità non siano state sanate. È notificato al contribuente e impugnabile entro 60 giorni in Commissione Tributaria. Dopo la notifica, in alternativa al ricorso, si può chiedere un accertamento con adesione (che riduce le sanzioni a 1/3) o proporre istanza di autotutela. Se l’accertamento diviene definitivo, le somme vengono iscritte a ruolo e affidate all’Agente della Riscossione (con ulteriore aggravio di sanzioni e interessi).

Riassumendo, la lettera di compliance è una sorta di “anticamera” dell’accertamento: avverte il contribuente dell’anomalia e lo invita a rimediare subito. Non attiva ancora alcun contenzioso, né interrompe la possibilità di ravvedimento (che anzi è incoraggiato), ma prelude a future azioni se ignorata. Proprio per la sua natura non provvedimentale, la lettera non può essere oggetto di ricorso: come sottolineato anche dalla Cassazione, nell’elenco degli atti impugnabili in giudizio (art. 19 D.Lgs. 546/92) non rientrano né gli avvisi bonari né gli inviti alla compliance. Bisognerà attendere l’eventuale atto successivo (ad esempio un avviso di accertamento o un provvedimento sanzionatorio) per poter instaurare un ricorso tributario. Questa impostazione è confermata dalla prassi amministrativa e da varie pronunce giurisprudenziali: le lettere “bonarie” non sono impugnabili e servono solo a prevenire il contenzioso, non a crearlo.

Dove trovare le lettere di compliance nel cassetto fiscale

Le lettere di compliance vengono inviate principalmente via PEC (Posta Elettronica Certificata) all’indirizzo PEC ufficiale del contribuente, se disponibile. Per i soggetti obbligati a dotarsi di un domicilio digitale (come le imprese e i professionisti iscritti ad albi) la notifica avviene quindi esclusivamente a mezzo PEC. Se il contribuente è una persona fisica senza PEC attiva o registrata in INI-PEC, l’Agenzia procede con l’invio per posta ordinaria cartacea, all’ultimo domicilio fiscale noto. In ogni caso, indipendentemente dal canale di recapito, la comunicazione è sempre resa disponibile anche nell’area riservata online.

Come anticipato, nel sito dell’Agenzia delle Entrate ogni contribuente ha un proprio Cassetto fiscale, consultabile previa autenticazione (tramite credenziali SPID, CIE, CNS o Fisconline/Entratel). All’interno del Cassetto fiscale vi è la sezione “L’Agenzia scrive”, una sorta di “postazione di corrispondenza” dove confluiscono gli atti e le comunicazioni che l’Agenzia invia al contribuente. Tale sezione è suddivisa in due aree principali:

  1. Invito alla compliance – dove si trovano le comunicazioni con cui l’Agenzia segnala al contribuente anomalie nella sua posizione fiscale. In questa area sono presenti sia i documenti inviati dall’Agenzia (lettere, prospetti di dettaglio, avvertenze), sia gli eventuali documenti prodotti dal contribuente in risposta (es. chiarimenti, documentazione giustificativa). In particolare, si possono monitorare:
    • Lettere di compliance vere e proprie (l’oggetto principale della nostra guida);
    • Comunicazioni banca dati VIES, riguardanti l’iscrizione o la cancellazione dall’archivio degli operatori intracomunitari (ad esempio avvisi relativi alla mancata presentazione di elenchi Intrastat o inattività della partita IVA ai fini VIES);
    • Lettere per anomalie dei versamenti IVA, ossia comunicazioni inviate a chi presenta incongruenze nelle liquidazioni periodiche IVA o negli omessi versamenti periodici rilevati.
  2. Comunicazioni di irregolarità – in quest’area sono invece raccolte le comunicazioni ex art. 36-bis e 36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72, cioè gli esiti dei controlli automatizzati delle dichiarazioni dei redditi e IVA, nonché delle liquidazioni IVA trimestrali. Si tratta dei tradizionali avvisi bonari post-dichiarazione. Dal cassetto fiscale, a partire circa da novembre di ogni anno, il contribuente può in questa sezione visualizzare gli eventuali avvisi relativi alla dichiarazione presentata (ad esempio Unico/Redditi dell’anno precedente) e ha la possibilità di pagare online quanto dovuto (mediante addebito su conto corrente) oppure, se non concorda, di presentare una richiesta di rettifica o annullamento della comunicazione. Queste funzioni telematiche (visualizzazione e pagamento, ovvero invio di istanza di sgravio) rientrano nei servizi di assistenza collegati agli avvisi bonari.

Ai fini di questa guida, il nostro interesse si concentra sulla prima sottosezione, Invito alla compliance, e in particolare sulle Lettere di compliance. Dunque, per trovare una lettera di compliance nel cassetto fiscale bisogna:

  • Accedere all’Area riservata dell’Agenzia delle Entrate (con SPID, CIE, CNS o altre credenziali valide).
  • Cliccare su “Cassetto fiscale” (di solito ben visibile nel menu dei servizi online).
  • All’interno del Cassetto fiscale, selezionare la sezione “L’Agenzia scrive”.
  • Entrare quindi nella sottosezione “Invito alla compliance”.
  • Qui troveremo l’elenco delle comunicazioni: scegliendo “Lettere di compliance” potremo visualizzare le singole lettere ricevute, con indicazione dell’anno/periodo di riferimento e del tipo di anomalia segnalata. Cliccando sulla lettera specifica si aprirà il dettaglio o il PDF della comunicazione, comprensivo delle eventuali avvertenze e prospetti di anomalia allegati.

Va ricordato che per la consultazione delle lettere nel cassetto fiscale è possibile farsi supportare da un intermediario abilitato (es. un commercialista o un CAF) delegato. Se il contribuente ha preventivamente conferito delega per il cassetto fiscale al proprio professionista di fiducia, quest’ultimo potrà accedere e consultare la lettera in vece del contribuente. Inoltre, nelle dichiarazioni dei redditi esiste un campo dove il contribuente può autorizzare l’Agenzia a trasmettere le comunicazioni anche al proprio intermediario: ad esempio, nel Modello Redditi PF è possibile barrare l’opzione per inviare un duplicato degli “inviti alla compliance” all’intermediario che ha trasmesso la dichiarazione. Se ciò è stato fatto e l’intermediario ha accettato, l’Agenzia provvederà a recapitare la lettera anche tramite Entratel al professionista delegato.

Oltre al cassetto fiscale, alcune tipologie di comunicazioni possono essere consultate in altri ambienti telematici specifici. Ad esempio, le lettere di compliance inerenti a omesse LIPE o fatture IVA (per partite IVA) spesso sono rese disponibili anche nel portale “Fatture e Corrispettivi” dell’Agenzia. In quel portale, accessibile sempre con le proprie credenziali, c’è una sezione “Consultazione” dove il titolare di partita IVA può vedere gli inviti alla regolarizzazione per mancate comunicazioni IVA (ad es. se ha emesso fatture elettroniche ma non ha inviato la liquidazione periodica). In generale, comunque, anche queste informazioni sono visibili dal cassetto fiscale, che rimane il contenitore unificato. L’Agenzia delle Entrate adotta infatti un duplice canale: invio diretto via PEC e contestuale messa a disposizione online nell’area riservata. Per agevolare il contribuente, se quest’ultimo ha registrato sul portale il proprio indirizzo email o un numero di cellulare per notifiche, potrebbe ricevere un messaggio di avviso (via email/SMS) che lo informa che nel suo cassetto fiscale è presente una nuova comunicazione. Tale notifica tuttavia è generica e, per ragioni di riservatezza, non contiene dettagli sull’anomalia: invita semplicemente l’utente a effettuare l’accesso al portale per prendere visione della lettera.

Esempio pratico: Mario Rossi è un contribuente che ha dimenticato di dichiarare alcuni redditi nel 2022. Nel luglio 2024 Mario riceve una PEC dall’indirizzo ufficiale dell’Agenzia compliancePF@pec.agenziaentrate.it (uno degli account istituzionali usati per queste comunicazioni). Nella PEC trova allegata una lettera di compliance che segnala un reddito non dichiarato nel 2022. Mario, per scrupolo, accede anche all’area riservata sul sito dell’Agenzia, entra nel suo Cassetto fiscale > L’Agenzia scrive > Invito alla compliance, e ritrova esattamente la stessa lettera archiviata lì, con tutti gli allegati. In questo modo Mario è sicuro che la comunicazione è autentica (vederla nel cassetto fiscale è una garanzia che non sia phishing) e può scaricarne una copia digitale per il suo archivio.

Nota: è importante diffidare di eventuali email apparentemente provenienti dall’Agenzia ma inviate da indirizzi non ufficiali. L’Agenzia utilizza PEC con domini certificati (per le lettere di compliance ISA, ad esempio, vengono usate caselle mittenti no-reply come complianceISA1@pec.agenziaentrate.it e complianceISA2@pec.agenziaentrate.it). In nessun caso le comunicazioni autentiche richiedono di cliccare link esterni per inserire credenziali bancarie o simili. Purtroppo circolano tentativi di phishing che simulano rimborsi o anomalie fiscali per carpire dati: un contribuente informato farà bene a verificare sempre nel proprio cassetto fiscale la presenza di qualunque comunicazione ricevuta via email/PEC prima di darvi seguito. Se la lettera non è presente nel cassetto fiscale nella sezione “L’Agenzia scrive”, c’è motivo di sospettare che la notifica non provenga realmente dall’Amministrazione finanziaria.

Tipologie di lettere di compliance e ambiti di applicazione

Le campagne di compliance riguardano molteplici ambiti fiscali. L’Agenzia delle Entrate seleziona periodicamente liste di contribuenti in base a specifici indicatori di anomalia emersi dall’incrocio delle banche dati a sua disposizione. Di seguito esaminiamo le principali tipologie di lettere di compliance finora inviate, suddivise per materia e casistica.

1. Lettere di compliance per Persone Fisiche – Redditi non dichiarati o parzialmente dichiarati

Una delle prime e più numerose campagne di compliance ha riguardato le persone fisiche con dichiarazioni dei redditi incomplete. In particolare, l’Agenzia invia queste lettere quando, in base ai dati in suo possesso (comunicazioni dei sostituti d’imposta, registri immobiliari, anagrafe tributaria, etc.), risulta che il contribuente ha percepito nel periodo d’imposta alcuni redditi che non compaiono (in tutto o in parte) nella dichiarazione presentata.

Ad esempio, già nel 2016-2017 furono inviate migliaia di lettere a contribuenti che non avevano dichiarato alcuni redditi di fabbricati da locazione (canoni di affitto, anche in cedolare secca), redditi di lavoro dipendente o pensione risultanti da CU non riportati nel 730, assegni periodici corrisposti dall’ex coniuge, quote di partecipazione in società di persone (i cui redditi dovevano transitare in Unico ma non lo hanno fatto), redditi di capitale (dividendi e utili da società di capitali comunicati tramite mod. 770 dagli erogatori), altri redditi diversi o da lavoro autonomo occasionale e compensi di lavoro autonomo professionale in regime forfetario o di vantaggio non dichiarati. Tutte queste categorie di redditi omessi sono espressamente elencate nelle lettere inviate, così che il contribuente possa identificare quale tipologia di provento non risulta dichiarata.

Come vengono individuate queste anomalie? Di solito tramite confronto incrociato tra la dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente e le informazioni presenti nell’Anagrafe Tributaria. Ad esempio, se Tizio ha un contratto di locazione registrato al suo codice fiscale, l’Agenzia si aspetta che Tizio dichiari quel canone nel Quadro B del 730/Redditi. Se ciò non avviene, scatta l’alert. Analogamente, se Caio risulta come percettore di due Certificazioni Uniche (magari per due diversi lavori dipendenti) ma nella sua dichiarazione compare solo un CU, l’altro reddito da lavoro risulta omesso. Il sistema incrocia anche dati come:

  • contratti di locazione registrati vs. quadro RB dichiarazione;
  • certificazioni uniche (CU) di lavoro/pensione vs. quadro RC;
  • attestazioni di erogazione di assegni di mantenimento vs. quadro RL;
  • quadro RH (partecipazioni in società di persone) vs. modelli dichiarativi delle società;
  • modelli 770 delle società di capitali (dividendi) vs. quadro RL o RM dei percettori;
  • eventuali compensi di lavoro autonomo occasionale comunicati (es. tramite CU con ritenuta d’acconto) vs. quadro RL;
  • ecc.

Quando viene riscontrata un’incongruenza, l’Agenzia invia la lettera elencando i redditi mancanti e invitando il contribuente a verificare. Nella lettera viene di solito indicato l’anno d’imposta di riferimento e la categoria del reddito non dichiarato (con importo aggregato). Allegato alla lettera vi è spesso un prospetto di dettaglio dove per ciascuna categoria reddituale sono indicati i dati analitici che il Fisco conosce (ad esempio, “Canone di locazione 2020, contratto registrato n. …, importo € X non dichiarato”). Questo prospetto di anomalia viene reso disponibile nella sezione “L’Agenzia scrive” del cassetto fiscale.

Va sottolineato che queste lettere alle persone fisiche su redditi omessi non equivalgono a un ricalcolo dell’imposta dovuta: non riportano importi da pagare, ma solo i redditi (o imponibili) che risultano non dichiarati. Sarà il contribuente, se riconosce l’errore, a dover procedere a ricalcolare le imposte dovute su quei redditi tramite una dichiarazione integrativa (vedremo oltre come fare). Se invece ritiene che i dati dell’Agenzia siano errati (ad esempio perché quei redditi erano esenti o già tassati alla fonte, o perché ha elementi giustificativi), potrà segnalarlo all’Agenzia senza versare nulla immediatamente.

Esempio: Lettera di compliance inviata a un contribuente che nel 2021 ha percepito €10.000 di canoni di affitto abitativo ma non li ha dichiarati. La lettera (riferita all’anno d’imposta 2021) elenca tra le anomalie: “Redditi da locazione di immobili: €10.000 non risultano dichiarati”. In allegato, il prospetto dettaglia: “Contratto di locazione registrato n. 123456, decorrenza 01/01/2021, importo annuo €10.000, opzione cedolare secca: SÌ/NO”. Il contribuente, leggendo ciò, può facilmente collegare l’anomalia al suo contratto di affitto e rendersi conto di non aver dichiarato quel reddito.

2. Lettere di compliance per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi

Un’altra tipologia importante è quella delle comunicazioni inviate a contribuenti che risultano avere omesso completamente la dichiarazione annuale. Queste possono essere considerate anch’esse “compliance”, benché in passato l’Agenzia trattasse l’omessa dichiarazione direttamente con accertamenti d’ufficio. Negli ultimi anni, invece, prima di emettere un accertamento per omessa dichiarazione, vengono inviate delle “lettere per dichiarazione omessa” in cui si avvisa il contribuente che non risulta pervenuta la dichiarazione per un certo anno e si forniscono indicazioni per porvi rimedio spontaneamente.

Spesso tali comunicazioni informano il contribuente che l’Agenzia ha predisposto per lui una “dichiarazione precompilata” disponibile online, contenente i dati reddituali noti, che può essere utilizzata per sanare la situazione. Ad esempio, per le persone fisiche che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi relativa al 2020, l’Agenzia nel 2024 ha inviato lettere indicando che è disponibile una dichiarazione precompilata 2021 (anno imposta 2020) con i dati risultanti al Fisco, e invitando a presentarla quanto prima. In queste lettere si spiegano le sanzioni ridotte applicabili se il contribuente provvede subito: l’omessa dichiarazione, se presentata entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria, è considerata “tardiva” e punita con sanzioni minime (nel 2020 la scadenza era 30 novembre, quindi entro fine febbraio); oltre tale termine diventa omessa a tutti gli effetti e le sanzioni sono più elevate (dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con minimo €250 anche se non c’è imposta). Però anche dopo i 90 giorni, presentare spontaneamente l’omessa dichiarazione prima di ricevere formale accertamento consente di fruire di ravvedimento operoso sulle sanzioni, riducendole (ad esempio riduzione a 1/8 o 1/7 a seconda del momento). Queste informazioni vengono fornite nelle comunicazioni, spesso sotto forma di “Foglio Avvertenze” allegato alla lettera.

Le lettere per dichiarazione omessa tendono a specificare che, qualora il contribuente non attivi alcuna regolarizzazione, l’ufficio potrà procedere all’accertamento d’ufficio ai sensi dell’art. 41 DPR 600/73, determinando il reddito sulla base dei dati disponibili e applicando le sanzioni piene. Invece, se il contribuente presenta la dichiarazione (anche se oltre i termini) e versa il dovuto con sanzioni ridotte, eviterà l’accertamento. Dal punto di vista pratico, queste lettere guidano il contribuente alla soluzione: spesso indicano che nel suo cassetto fiscale, sezione “L’Agenzia scrive”, è già disponibile in allegato un modello di dichiarazione precompilata o un prospetto con i redditi noti. Oppure invitano a utilizzare la piattaforma della dichiarazione precompilata online, dove l’Agenzia ha caricato i dati.

Un esempio è la lettera per dichiarazione 2020 non presentata (inviata nel 2022-2023): il Fisco elenca i redditi risultanti (es. CU di lavoro dipendente €20.000, CU di pensione €5.000, ritenute subite, ecc.) e avverte che il contribuente non ha presentato il modello Redditi PF 2021. Si suggerisce di presentarlo immediatamente per evitare conseguenze più gravi. Spesso viene specificato un termine entro cui agire: ad esempio, “si consiglia di regolarizzare la sua posizione entro 30 giorni dal ricevimento della presente” oppure, se si è ancora entro il 90° giorno, quella scadenza precisa (oltre la quale la dichiarazione non è più considerabile tardiva ma omessa). Anche se trascorrono più di 90 giorni, la presentazione volontaria è comunque possibile (la dichiarazione sarà “omessa ma presentata spontaneamente” e servirà come base per calcolare il dovuto, con sanzioni applicabili). In genere, se il contribuente ignora l’invito, dopo qualche mese l’ufficio emette l’avviso di accertamento d’ufficio, determinando il reddito imponibile in via presuntiva (di solito partendo dai redditi noti aumentati di eventuali altri indizi) e applicando sanzioni dal 120% al 240%. È quindi decisamente preferibile reagire alla lettera e trasmettere la dichiarazione mancante.

3. Lettere di compliance IVA e imprese – Omessi adempimenti IVA, comunicazioni e liquidazioni

Il mondo IVA è anch’esso oggetto di inviti alla compliance, rivolti a imprese e lavoratori autonomi. In particolare, l’Agenzia invia lettere in caso di omessa presentazione della dichiarazione IVA annuale, di omessa trasmissione delle Liquidazioni Periodiche IVA (LIPE), oppure di discrepanze tra i dati IVA dichiarati e quelli risultanti dalle fatture elettroniche e corrispettivi telematici.

  • Omessa dichiarazione IVA annuale: analogamente a quanto detto per le persone fisiche, se un soggetto IVA (ditta individuale, società, ecc.) non presenta la dichiarazione IVA annuale, il Fisco non procede immediatamente con accertamento ma invia prima un invito a regolarizzare. Ad esempio, a inizio maggio 2017 l’Agenzia segnalò a 190.000 soggetti IVA che non avevano presentato la dichiarazione IVA 2016 (anno d’imposta) entro il termine, invitandoli a provvedere tramite ravvedimento. Anche più di recente, nel luglio 2025 sono state inviate comunicazioni ai soggetti per cui risulta la mancata presentazione della dichiarazione IVA 2024 (anno imposta 2023). Queste lettere, recapitate via PEC, indicano che l’Agenzia ha rilevato l’omissione e invitano a trasmettere la dichiarazione entro 90 giorni dal termine ordinario, beneficiando delle sanzioni ridotte (presentando quindi la dichiarazione entro il 29 luglio nel caso di scadenza 30 aprile). Nella lettera vengono riportati i dati identificativi del contribuente, il periodo d’imposta mancante e la data di elaborazione della comunicazione di anomalia. Se nel frattempo il contribuente ha già trasmesso (anche se in ritardo) la dichiarazione, la lettera lo indica: ad esempio può riportare “la dichiarazione risulta trasmessa in data XX/YY/ZZ” se l’invio è stato tardivo. In caso contrario, viene esplicitato che “non risulta pervenuta la dichiarazione IVA per l’anno …”.
  • Omessa LIPE (Comunicazione Liquidazioni Periodiche IVA): a partire dal 2017, i soggetti IVA devono inviare trimestralmente le LIPE. L’Agenzia incrocia i dati delle fatture elettroniche emesse, dell’esterometro (fino al 2021) e dei corrispettivi telematici con l’avvenuta presentazione delle LIPE. Se rileva che un contribuente ha effettuato operazioni attive (vendite), ad esempio risultanti dalle fatture elettroniche e dai corrispettivi trasmessi, ma manca la LIPE di quel trimestre, ecco che scatta la lettera di compliance. Un Provvedimento del Direttore del 7 ottobre 2021 ha definito proprio questo tipo di comunicazioni per anomalie LIPE. Il confronto considera tre flussi informativi principali:
    1. Fatture elettroniche emesse (dati SDI);
    2. Esterometro (dati delle operazioni con l’estero, fino a quando era separato);
    3. Corrispettivi telematici inviati.
    Se dalle fatture/corrispettivi risulta che nel trimestre c’erano vendite, ma non è pervenuta la relativa LIPE, viene inviata la comunicazione. Ad esempio, nel 2021 furono inviate lettere riguardo alle omesse LIPE del 1° e 2° trimestre 2021 per contribuenti che pur avendo operato (fatture elettroniche emesse) non avevano inviato le Liquidazioni di quei trimestri. Le lettere LIPE anomale via PEC informano il contribuente della mancanza e invitano a rimediare (presentando le LIPE mancanti e pagando la sanzione dovuta ravveduta). Si noti che anche i contribuenti forfetari/minimi che hanno emesso fatture elettroniche possono aver ricevuto tali lettere per errore, pur essendo esonerati dall’IVA: infatti il sistema poteva segnalarli non trovando la LIPE, senza considerare che erano in regime di vantaggio. In tali casi, ovviamente, non c’è obbligo di invio di alcuna LIPE: la lettera andrà contestata comunicando all’Agenzia l’esimente (es. regime forfettario). Nella lettera stessa spesso si avvisa che eventuali soggetti esonerati possono ignorare/comunicare la loro situazione. Anche qui, allegato alla comunicazione, vi è in genere un foglio avvertenze sulle sanzioni previste per tardiva comunicazione IVA. Ad esempio, l’omessa LIPE è punita con sanzione amministrativa fissa (da €500 a €2.000 per ciascuna, ridotta alla metà se la trasmissione avviene entro 15 giorni). La lettera ricorda che, ricorrendo al ravvedimento operoso, la sanzione può essere ridotta (ad esempio a 1/9 se si invia entro 90 giorni dal termine, a 1/8 se entro l’anno successivo, ecc., secondo l’art. 13 D.Lgs. 472/97). Vengono forniti anche i riferimenti per il pagamento: ad esempio, indicazione di utilizzare il codice tributo 8911 (sanzioni da ravvedimento) con anno di riferimento e codice atto riportato in lettera per versare la sanzione ridotta dovuta.
  • Anomalie tra dichiarazione IVA e dati di fatture/corrispettivi: Un filone più recente (2024-2025) riguarda le comunicazioni inviate quando, pur avendo presentato la dichiarazione IVA, emergono incongruenze rispetto ai dati delle fatture elettroniche e corrispettivi. Ad esempio, se un contribuente ha dichiarato un volume d’affari molto inferiore alla somma degli importi delle fatture elettroniche emesse nello stesso anno, il sistema può segnalarlo. Oppure se risultano corrispettivi telematici giornalieri ma mancano in dichiarazione. In questi casi, l’Agenzia invia una lettera con un prospetto comparativo: da un lato i dati dichiarati (es. quadro VE della dichiarazione IVA), dall’altro i dati risultanti dalle fatture e corrispettivi. E invita il contribuente a verificare e, se necessario, presentare una dichiarazione integrativa IVA per correggere. Un esempio concreto: nel luglio 2025 sono partite lettere per anomalie nella dichiarazione IVA 2025 (anno imposta 2024). In particolare, con Provvedimento Prot. n. 280268 del 3/7/2025, l’Agenzia ha definito le modalità di messa a disposizione delle informazioni ai contribuenti che non hanno inviato la dichiarazione IVA 2024 o l’hanno inviata con errori nei dati di fatturato. Le lettere contengono tutte le informazioni utili per capire l’irregolarità e i passi per regolarizzare. Se la dichiarazione risulta trasmessa (ma con dati divergenti), la lettera riporta anche la data e il protocollo telematico di presentazione; se invece la dichiarazione è del tutto mancante, la lettera indica la data in cui è stata elaborata la comunicazione di anomalia (ossia quando il sistema ha “fotografato” l’assenza). In queste comunicazioni vengono forniti precisi dettagli sull’anomalia: ad esempio “ammontare operazioni attive risultanti da SDI: €100.000; volume d’affari dichiarato: €50.000”. Inoltre, vengono date istruzioni pratiche su come ottenere chiarimenti o fornire spiegazioni, e su come correggere tramite ravvedimento. Da notare che per le lettere relative alla dichiarazione IVA 2024 (invio 2025) il termine per ravvedersi era 29 luglio 2025 se la dichiarazione non era stata proprio inviata, perché coincide con i 90 giorni oltre il 30 aprile. Chi invece aveva inviato la dichiarazione ma vuole correggerla può farlo con una dichiarazione integrativa senza termini stringenti (se non quelli ordinari del ravvedimento, ovvero entro il termine di decadenza dell’accertamento, generalmente 31/12/2029 per anno 2024). In tutti i casi, la lettera sottolinea che il ravvedimento consente la riduzione delle sanzioni e che comunque “restano dovute le sanzioni ridotte per le violazioni prodromiche”, ad esempio l’omessa fatturazione se fosse il caso, da sanare separatamente. Ciò significa che se l’anomalia deriva da un’omissione a monte (es. non aver emesso fatture per alcune operazioni), quella è una violazione distinta punibile a parte; ma tipicamente le lettere di compliance IVA mirano a far sanare la dichiarazione, non a punire in questa fase le violazioni sostanziali, che comunque verrebbero alla luce solo in caso di controllo approfondito.

4. Lettere di compliance su Indici Sintetici di Affidabilità (ISA)

Un ambito di compliance più “nuovo” riguarda le segnalazioni di anomalie nei dati dichiarati ai fini degli ISA. Gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità fiscale) hanno sostituito gli studi di settore, e sono indicatori calcolati sulle dichiarazioni di imprese e lavoratori autonomi per valutarne l’affidabilità fiscale. L’Agenzia ha messo in atto un sistema in cui, dopo la presentazione delle dichiarazioni, vengono analizzati i dati ISA e, se emergono anomalie o omissioni (ad esempio incoerenze nei modelli dati ISA rispetto ad altre fonti), invia comunicazioni ai contribuenti interessati.

La base normativa qui è la stessa Legge 190/2014 citata, ma declinata per gli ISA. Ad esempio, il Provvedimento n. 305720 del 24/7/2025 ha individuato le anomalie ISA relative al periodo d’imposta 2023 e stabilito come comunicarle ai contribuenti. Tra le fonti informative incrociate per trovare anomalie ISA ci sono: Certificazioni Uniche, contratti di locazione, modelli Redditi, modelli ISA di anni precedenti, dati dei registri IVA, ecc..

Quali possono essere queste anomalie? Ad esempio:

  • Omissione di elementi rilevanti nel modello ISA: magari il contribuente non ha indicato alcuni dati obbligatori (ricavi, costi, rimanenze) o li ha indicati in modo incoerente.
  • Incongruenze tra dati ISA e dati dichiarazione Redditi: i due moduli non combaciano (ricavi dichiarati vs ricavi ISA, ecc.).
  • Scostamenti anomali rispetto ad anni precedenti o al settore: ad esempio margini troppo bassi, percentuali di ricarico incoerenti, ecc., che segnalano possibili omesse fatturazioni o errori.
  • Mancata presentazione del modello ISA in presenza di cause non giustificate.
  • Dati contabili discordanti con altre comunicazioni (es. fatture elettroniche vs ricavi ISA).

Le lettere di compliance ISA vengono rese disponibili nel cassetto fiscale, in una sezione dedicata: infatti nel Cassetto, sotto Consultazioni, c’è proprio l’area “ISA/Studi di settore – Comunicazioni di anomalia”. Il contribuente soggetto ISA per il 2023, ad esempio, troverà lì le eventuali segnalazioni delle anomalie identificate dal provvedimento 24/7/2025. Contestualmente, l’Agenzia invia di solito una PEC di avviso (da complianceISA1@pec.agenziaentrate.it o simili) che informa che è presente una comunicazione ISA nel cassetto. Come detto, quella PEC è solo un avviso generico, no-reply, che non contiene dettagli. Sarà compito del contribuente accedere e leggere la comunicazione completa.

La comunicazione ISA tipicamente elenca le anomalie riscontrate nei dati dichiarati per l’applicazione degli ISA. Ad esempio: “Mancata indicazione di compensi per lavoro autonomo occasionale in quadro RE, a fronte di CU presenti”; oppure “Scostamento tra ricavi dichiarati (€X) e importo contratti di locazione registrati (€Y)”. Queste sono solo ipotesi: le anomalie possibili sono molte. Accanto a ciò, la lettera indica quali strumenti ha il contribuente per reagire:

  • Verificare gli scostamenti (ossia prendere atto dei dati evidenziati).
  • Regolarizzare mediante ravvedimento operoso eventuali infrazioni (ad esempio presentare una dichiarazione integrativa se effettivamente mancava qualcosa).
  • Fornire chiarimenti tramite canali telematici dedicati se ritiene di essere in regola o di avere giustificazioni.

A differenza di altre lettere di compliance, qui l’Agenzia mette a disposizione un Software di compilazione anomalie ISA (ad es. “Software anomalie 2025”) che consente al contribuente di inviare una risposta strutturata per spiegare le ragioni delle anomalie. Questo strumento telematico permette di compilare una sorta di questionario di risposta dove il contribuente può inserire spiegazioni, giustificazioni e allegare elementi a supporto, il tutto in formato elettronico. Le risposte trasmesse tramite tale software vengono acquisite dall’Agenzia e conservate nella stessa sezione del cassetto fiscale insieme alla comunicazione originaria. In pratica, il contribuente può “dialogare” con il Fisco riguardo a quelle anomalie, fornendo il suo punto di vista. Ad esempio, se l’anomalia segnalata è “Ricavi 2023 inferiori del 30% rispetto ai contratti di locazione registrati”, il contribuente potrebbe rispondere che alcuni contratti erano relativi a immobili esenti o affitti di famiglia non imponibili, allegando documentazione, e così via.

Ovviamente, anche per le anomalie ISA vale la possibilità di ravvedimento: se dalle segnalazioni emergono omissioni che comportano imposta dovuta (e.g. ricavi non dichiarati), il contribuente può sanare con dichiarazione integrativa e F24. Le sanzioni applicabili in ravvedimento dipendono dal tipo di violazione (es. infedele dichiarazione al 90% dell’imposta evasa, ridotta a 1/6 se ravvedimento oltre un anno, etc.). L’importante è che il contribuente non attenda un accertamento: se sa di aver commesso errori, è sempre preferibile correggere subito per evitare il successivo intervento sanzionatorio pieno.

In sintesi, le lettere ISA rappresentano un meccanismo di compliance interattiva: il Fisco segnala dati anomali e offre al contribuente la chance sia di spiegare (se pensa di essere nel giusto) sia di correggere (se riconosce l’errore), il tutto attraverso canali telematici dedicati. Anche qui, ovviamente, la lettera ISA non è impugnabile: è solo un avviso. Qualora il contribuente ignori la segnalazione e il Fisco ritenga comunque dovuta maggiore imposta, si passerà a un atto impositivo vero (avviso di accertamento parziale ad esempio, impugnabile). D’altro canto, se il contribuente ha fornito spiegazioni convincenti tramite il software, è possibile che l’ufficio decida di non procedere oltre (in pratica una chiusura in autotutela del potenziale accertamento).

5. Lettere di compliance su attività estere e redditi esteri (Quadro RW e non solo)

Un ulteriore ambito delicato è quello dei patrimoni e redditi detenuti all’estero dai residenti in Italia. Negli ultimi anni, grazie allo scambio automatico di informazioni finanziarie tra Stati (Common Reporting Standard – CRS), l’Agenzia delle Entrate riceve dati su conti correnti, investimenti e polizze assicurative che i contribuenti italiani possiedono all’estero. Se tali attività non risultano dichiarate nel Quadro RW (monitoraggio fiscale) o se i redditi da esse generati non sono stati dichiarati, l’Agenzia può intervenire.

Anche qui, l’approccio iniziale è spesso di compliance soft: vengono inviate lettere di compliance per attività estere non dichiarate, invitando il contribuente a verificare e regolarizzare. Ad esempio, a partire dal 2018-2019 l’Agenzia ha inviato lettere a chi risultava titolare di conti correnti esteri o investimenti non indicati nel Quadro RW, oppure a chi aveva percepito redditi esteri (interessi, dividendi) non dichiarati in Italia. Provvedimenti direttoriali recenti hanno disciplinato queste comunicazioni: uno è il Provvedimento n. 439255/2022, che ha fornito indicazioni sulle lettere di compliance relative ai redditi esteri emersi dallo scambio di informazioni.

Tipicamente, la lettera su conti esteri contesta al contribuente la detenzione di un conto o investimento estero per un certo anno, chiedendo di verificare se è stato dichiarato. Spesso allega un estratto delle informazioni ricevute: ad esempio, “Conto corrente n. XYZ presso Banca ABC in Svizzera, saldo al 31/12/2020 €50.000, saldo medio €40.000”. Se il contribuente non ha indicato nulla nel quadro RW 2021 (riferito al 2020), è evidente l’omissione. La lettera invita a regolarizzare presentando eventualmente una dichiarazione integrativa per quell’anno, compilando il quadro RW e pagando le sanzioni ridotte per l’omessa dichiarazione RW (sanzione ordinaria 3-15% del valore non dichiarato, ridotta ad esempio a 1/8 o 1/6 col ravvedimento a seconda del tempo trascorso). Analogamente, se sul conto risultavano interessi attivi non dichiarati, va integrato il Quadro RL e versata la relativa imposta (es. IVAFE e imposta sugli interessi).

Spesso, però, prima ancora della lettera di compliance, l’Agenzia invia un questionario formale per chiedere spiegazioni su dati esteri. La prassi infatti varia: talvolta si procede direttamente con questionari (che sono atti istruttori formali, da cui parte il controllo) e solo successivamente con un eventuale avviso di accertamento; altre volte si fa precedere il questionario da una lettera informale di compliance. In alcuni casi, la lettera di compliance è essa stessa il questionario: può infatti invitare il contribuente a fornire informazioni entro un certo termine. Bisogna leggere attentamente il tenore della comunicazione: se contiene frasi come “La S.V. è invitata a fornire chiarimenti/elementi entro 30 giorni”, potrebbe configurarsi come un invito art. 11, co.1, DL 201/2011 (che è comunque nell’alveo della compliance, ma con obbligo di risposta onde evitare possibili sanzioni in caso di mancata collaborazione).

In generale, comunque, la lettera su conti esteri non dichiarati offre al contribuente l’opportunità di ravvedersi evitando il peggio. Se ad esempio Tizio ha un conto in Germania non dichiarato per il 2020 e riceve la lettera nel 2022, potrà presentare l’integrativa 2021 (anno imposta 2020) indicando quel conto in RW, pagare l’IVAFE eventualmente dovuta su quel conto (0,2% del saldo) e la sanzione ridotta per RW omesso (3% ridotto). Se il conto aveva fruttato interessi per 1000€, dovrà anche dichiarare e pagare imposta su quegli interessi (26%) più interessi e sanzioni ridotte per infedele dichiarazione su quei redditi. Il tutto tramite ravvedimento operoso. Così facendo, eviterà un futuro accertamento con sanzioni piene (oltre al rischio penale se le somme fossero ingenti – ricordiamo che omessa dichiarazione di attività estere per importi superiori a €2 milioni o redditi esteri evasi oltre €50.000 può configurare reati tributari, che però sono estinguibili in caso di integrale pagamento di imposte e sanzioni prima del dibattimento ex art. 13 DLgs 74/2000). Dunque il ravvedimento tempestivo dopo la lettera di compliance può anche mitigare rischi penali, laddove applicabili, perché dimostra la volontà di regolarizzare.

Se invece il contribuente ritiene di essere nel giusto (ad esempio il conto estero era cointestato a un soggetto estero e lui non era tenuto a dichiararlo, oppure i soldi erano già tassati all’estero con credito d’imposta sufficiente, ecc.), dovrebbe comunque fornire chiarimenti. La lettera in genere indica come farlo: può invitare a contattare l’ufficio via email/PEC o a utilizzare il canale CIVIS (vedi oltre) per inviare documenti. Talora viene fissato un appuntamento in ufficio o un termine per risposta scritta. È importante non ignorare la comunicazione, perché in assenza di riscontri l’ufficio presumibilmente procederà con un accertamento.

6. Altre casistiche particolari di compliance

L’elenco delle possibili lettere di compliance si va ampliando man mano che l’Agenzia implementa nuovi controlli incrociati. Citiamo alcune ulteriori casistiche di recente introduzione:

  • Lettere di compliance “Superbonus e Catasto”: Nel 2023-2024 l’Agenzia (in collaborazione con l’Agenzia del Territorio) ha inviato lettere ai beneficiari del Superbonus 110% che, a seguito dei lavori edilizi agevolati, non hanno aggiornato i dati catastali dell’immobile come invece sarebbe obbligatorio in caso di modifiche. Queste lettere avvisano dell’inosservanza dell’obbligo di aggiornamento catastale post-lavori (spesso emerso incrociando i dati dei SAL Superbonus con l’assenza di pratiche Docfa) e preannunciano sanzioni amministrative se non si provvede. In pratica, si tratta di inviti a regolarizzare la posizione catastale (presentando le opportune variazioni) per evitare la multa (che può essere attorno a €1.032 ai sensi del DL 78/2010). Sono compliance un po’ atipiche perché riguardano un aspetto non direttamente fiscale ma connesso a un bonus fiscale; nondimeno, rientrano nell’azione di stimolo all’adempimento spontaneo.
  • Lettere di compliance sugli “Aiuti di Stato”: Nel 2023-2024 risultano avviate comunicazioni verso imprese che hanno fruito di Aiuti di Stato o aiuti “de minimis” (ad esempio contributi Covid) per i quali sono emerse anomalie nella autodichiarazione degli aiuti o possibili superamenti di massimali. In pratica, l’Agenzia sta inviando lettere ai beneficiari di aiuti Covid segnalando, ad esempio, che non risulta presentata la dichiarazione sostitutiva sugli aiuti entro il termine, oppure che dai dati acquisiti l’impresa avrebbe superato il tetto del “Temporary Framework” UE. Queste lettere invitano a verificare e, se necessario, a restituire volontariamente gli importi non spettanti o a sanare l’omessa dichiarazione. Sono ambiti abbastanza tecnici, che solitamente coinvolgono anche il Registro Nazionale Aiuti di Stato. Scopo finale è evitare di dover procedere con recuperi coattivi degli aiuti indebitamente percepiti, dando modo alle aziende di sistemare spontaneamente eventuali dichiarazioni mancanti o rinunce all’agevolazione eccedente.
  • Lettere di compliance sulle dichiarazioni d’intento IVA: Si segnalano inviti rivolti a esportatori abituali o ai loro fornitori in merito alle lettere d’intento. Ad esempio, se un fornitore ha ricevuto dichiarazioni d’intento false o irregolari da parte di clienti che poi non hanno rispettato i requisiti, l’Agenzia può inviare un alert. Oppure se un esportatore ha dichiarato di non aver superato il plafond ma i dati doganali mostrano diversamente. In questi casi le comunicazioni spiegano il potenziale problema e invitano a regolarizzare (versando l’IVA non applicata se dovuta, con sanzioni ridotte).
  • Altre anomalie settoriali: ad es. conguagli di imposta sostitutiva su rivalutazioni (il Fisco può segnalare a società che hanno effettuato rivalutazioni di beni ma non versato la rata d’imposta sostitutiva successiva); oppure omesse presentazioni di comunicazioni di intento, LIPE particolari, ecc.. Un caso segnalato è l’invio di 90mila lettere nel 2019 per anomalie relative alle dichiarazioni dei redditi con bonus ristrutturazioni: in quel frangente il Fisco informò molti contribuenti di errori nelle detrazioni edilizie esposte, invitando a controllare e rettificare se del caso.

In sintesi, ogniqualvolta il Fisco individua un’area dove c’è scostamento tra quanto dovrebbe essere dichiarato e quanto è stato dichiarato, può attivare la leva della compliance. La gamma di tributi e ambiti è amplissima: IRPEF, IVA, imposte sostitutive, monitoraggio estero, imposta di registro (locazioni), imposta di bollo (ci sono state lettere per bolli sulle fatture elettroniche non versati, ad esempio), contributi previdenziali (in coordinamento con INPS), ecc. Ovviamente il meccanismo è sempre lo stesso: segnalazione bonaria preliminare -> possibilità di rimediare -> eventuale successivo atto impositivo se inadempienza persiste.

Cosa fare dopo aver ricevuto una lettera di compliance

Ricevere una lettera di compliance non è motivo di panico, ma neppure da sottovalutare. È un’opportunità per sistemare la propria posizione fiscale beneficiando di sconti sulle sanzioni, ma occorre agire con cognizione di causa. Di seguito una guida passo-passo alle azioni consigliate per il “debitore” (termine che useremo qui per indicare il contribuente potenzialmente debitore d’imposta a seguito della segnalazione):

1. Leggere attentamente la comunicazione e gli allegati

Per prima cosa, esaminare con calma la lettera ricevuta. Verificare:

  • Anno d’imposta e tipo di anomalia indicata (es. Redditi 2021 – redditi da locazione non dichiarati).
  • Dettaglio dei dati segnalati: se c’è un prospetto allegato, controllare ad es. quali contratti, quali importi specifici sono menzionati.
  • Avvertenze: leggere il foglio avvertenze dove spesso è spiegato cosa fare, entro quando e con quali benefici.
  • Codice atto: è in alto a sinistra; servirà se deciderete di effettuare pagamenti tramite modello F24 (va riportato nell’apposito campo per collegare il versamento alla comunicazione).

Bisogna capire se la segnalazione è corretta o se invece si basa su un equivoco:

  • Se, a una prima analisi, vi rendete conto che effettivamente avete commesso l’errore/omissione (ad esempio vi accorgete di non aver inserito quel reddito, o di aver saltato una dichiarazione), allora la strada sarà la regolarizzazione spontanea.
  • Se invece ritenete di essere in regola, dovrete raccogliere le prove e i documenti che lo dimostrano, per comunicarlo all’Agenzia (non basta ignorare la lettera, pena quasi certa escalation a controllo formale). Ad esempio: la lettera dice che non avete dichiarato un certo reddito, ma magari quel reddito era esente per legge o già tassato alla fonte a titolo definitivo; in tal caso predisponete i documenti (leggi, certificazioni) che lo attestano.

Talvolta la lettera può contenere errori palesi (capita di rado, ma può succedere): ad esempio attribuzione di un reddito ad un codice fiscale sbagliato. In questi casi, è importante segnalarlo subito all’Agenzia, fornendo i chiarimenti opportuni, affinché corregga i suoi dati e interrompa il procedimento nei vostri confronti.

2. Richiedere informazioni o chiarimenti (se necessario)

Se qualcosa non è chiaro nella lettera o avete dubbi sul contenuto, potete sfruttare i canali di assistenza messi a disposizione:

  • Call Center dell’Agenzia (CAM): Il numero verde 800.90.96.96 da fisso (oppure 06.96668907 da cellulare, a tariffazione ordinaria) consente di parlare con gli operatori del Fisco. Navigando le opzioni, selezionate quelle relative ai “servizi con operatore – comunicazioni direzione centrale accertamento”. Questo canale è attivo lun-ven ore 9-17. Fornendo il vostro codice fiscale e magari il codice atto della lettera, potrete chiedere delucidazioni sul significato della comunicazione o su come procedere.
  • Ufficio territoriale: Potete rivolgervi direttamente (meglio su appuntamento) all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per il vostro domicilio fiscale. Allo sportello, un funzionario potrà esaminare la lettera insieme a voi e rispondere a domande. Portate con voi la lettera e la documentazione pertinente.
  • Intermediario (commercialista, CAF): Se vi avvalete di un professionista per le vostre dichiarazioni, coinvolgetelo immediatamente. Egli potrà interpretare correttamente la lettera e consigliarvi sul da farsi. Spesso i CAF hanno linee dirette con l’Agenzia per chiarimenti.
  • Servizio online “CIVIS”: Di questo parliamo più diffusamente a parte, ma anticipiamo che è uno sportello telematico dove è possibile inoltrare richieste di assistenza sulle comunicazioni. Se siete registrati ai servizi telematici, potete accedere a CIVIS e aprire un ticket relativo alla vostra lettera di compliance, ponendo quesiti o chiedendo verifica dei dati.

Un consiglio: documentate ogni contatto. Se chiamate il call center, segnatevi data, ora e nome dell’operatore e un riassunto di cosa vi ha detto. Se andate in ufficio, conservate ricevute o annotate i riferimenti del funzionario. Questo tornerà utile in caso di eventuali malintesi futuri o per dimostrare la vostra diligenza nel cooperare.

3. Decidere come reagire: regolarizzare o contestare?

A questo punto, disponete delle informazioni per decidere la vostra linea d’azione. Si prospettano due vie principali (non mutualmente esclusive in alcuni casi):

A) Regolarizzare (adesione sostanziale) – Se riconosco la fondatezza della segnalazione (ossia ho effettivamente omesso qualcosa), conviene procedere alla regolarizzazione spontanea. Questa avviene, nella quasi totalità dei casi, tramite ravvedimento operoso: presentazione di eventuale dichiarazione integrativa e pagamento di imposte, interessi e sanzioni ridotte. Approfondiremo a breve la procedura esatta.

B) Contestare o giustificare (non adesione) – Se non condivido la segnalazione perché ritengo di essere in regola o perché l’anomalia è solo apparente, allora dovrò fornire chiarimenti e documenti all’Agenzia per spiegare la situazione. Tecnicamente, abbiamo detto, la lettera non è impugnabile, quindi non c’è un “ricorso” ora; ma c’è la possibilità di replicare informalmente per evitare che l’iter prosegua ingiustamente. In questa fase, “contestare” significa in realtà convincere l’ufficio che l’anomalia non sussiste o è frutto di un misunderstanding. Ad esempio: lettera dice “redditi di capitale non dichiarati €5.000”, ma voi sapete che quei €5.000 erano già stati assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta da parte della banca; invierete dunque all’ufficio l’attestazione bancaria che mostra l’applicazione dell’imposta sostitutiva, spiegando che per legge tali redditi non andavano ridichiarati. Oppure lettera “omesso quadro RW per conto estero X”: replicate che il conto aveva saldo inferiore a €15.000 e solo cointestato per firma senza disponibilità, dunque fuori obbligo monitoraggio, allegando magari estratto conto e contratto di cointestazione.

È importante capire che regolarizzare e contestare non si escludono in assoluto: può esserci un mix. Ad esempio, su due rilievi presenti nella lettera, potreste riconoscerne uno come fondato (e lo sanate) e uno come infondato (e lo contestate). Nulla vieta di fare entrambe le cose: ad es. integrativa per il reddito effettivamente omesso e lettera di chiarimenti per l’altro punto. L’importante è farlo in modo chiaro, segnalando all’ufficio quali parti state regolarizzando e su quali invece fornite spiegazioni.

4. Come regolarizzare: ravvedimento operoso e dichiarazione integrativa

Il ravvedimento operoso è lo strumento cardine per sanare spontaneamente le violazioni tributarie. Nel contesto delle lettere di compliance, il ravvedimento è esplicitamente incoraggiato: le comunicazioni dell’Agenzia infatti ricordano che chi riceve la lettera “può correre ai ripari e correggere errori o omissioni ricorrendo al ravvedimento operoso”.

In cosa consiste ravvedersi? Significa:

  • Presentare una dichiarazione integrativa (se la violazione riguarda una dichiarazione già inviata ma incompleta) oppure presentare la dichiarazione omessa (se non l’avevate proprio inviata).
  • Versare le imposte dovute in più (o i contributi/IVA dovuti) relative a ciò che emerge come non dichiarato.
  • Versare gli interessi legali maturati su tali imposte, calcolati dal giorno in cui avreste dovuto pagare (generalmente, per IRPEF e IVA, dal 30 giugno dell’anno successivo all’imposta) fino al giorno del pagamento effettivo. Il tasso legale è variato negli anni (nel 2023 ad esempio è 5%, nel 2024 5%, etc., va applicato pro-rata temporis).
  • Versare le sanzioni in misura ridotta previste per le violazioni commesse.

Per quanto riguarda la dichiarazione integrativa: va utilizzato lo stesso modello dichiarativo relativo all’anno in questione, barrando la casella “Dichiarazione integrativa” e indicando le nuove informazioni. Ad esempio, se è da correggere il 730/2021 (redditi 2020), si può presentare un Modello REDDITI PF 2021 integrativo entro il termine di accertamento (fine 2025) con il quadro omesso compilato. Oppure se va integrata l’IVA 2024, si trasmette un Modello IVA 2024 integrativo. In caso di dichiarazione omessa, si presenta come “dichiarazione tardiva” se entro 90 giorni, altrimenti viene acquisita come integrativa sui generis (di solito il frontespizio va barrato come “dichiarazione integrativa” anche se in realtà è la prima presentazione, proprio perché fuori termine).

Pagamento di imposte, interessi, sanzioni: Questo avviene tramite Modello F24. Nella sezione Erario si indicano i tributi dovuti con i relativi codici tributo (Irpef 4001, Iva 600x, etc.), anno di riferimento e importo. Le sanzioni vanno versate con codici tributo appositi (in genere “8911” per sanzioni da dichiarazione, oppure codici specifici per monitoraggio estero, ecc.). Nello spazio “codice atto” del modello F24 va riportato il codice atto indicato sulla lettera, così l’Agenzia collega il pagamento alla compliance ricevuta. Questo è importante soprattutto se in futuro vorrete dimostrare di aver aderito all’invito.

Calcolo delle sanzioni ridotte: dipende dal tipo di violazione:

  • Dichiarazione infedele (omissione di redditi in dichiarazione presentata): sanzione ordinaria 90% della maggiore imposta dovuta. Col ravvedimento, se pagate oltre 1 anno ma prima dell’accertamento, la sanzione è ridotta a 1/6 del minimo, quindi 15%. (Se ravvedimento entro 1 anno dall’omissione: 1/8, cioè 11,25%; entro 90 gg: 1/9 cioè 10%). La lettera di solito arriva dopo più di un anno, quindi applicherete 1/6 = 15%.
  • Omessa dichiarazione presentata entro scadenza ravvedimento (90 gg): sanzione ordinaria 120-240% imposta, minimo €250. Entro 90 gg si considera tardiva: sanzione fissa da €250 a €1000 (se dovuta imposta) riducibile a 1/10 (€25) se entro 90gg (in realtà entro 7/90gg varie fattispecie). Dopo 90gg, se ravvedete prima di accertamento, l’Agenzia di solito applica 1/6 del minimo (quindi 120%/6 = 20% imposta, minimo ~€41 se imposta zero, ma la normativa su omessa con ravvedimento è complessa; il più delle volte ci si accorda su una sanzione di compromesso per chi presenta spontaneamente dopo 90gg).
  • Omessa LIPE: sanzione €500-€2000 per ciascuna, ridotta a 1/8 (se ravvedimento lungo termine) o 1/9 (entro 90gg). Es. se dovuta €500, con ravvedimento entro 90gg -> ~€55; oltre 90gg -> €62,5.
  • Omessa indicazione Quadro RW: sanzione 3-15% valore (o 6-30% se paradisi fiscali). Ravvedimento entro 2 anni: 1/6 del minimo (quindi 0,5% se 3%, o 1% se 6% per PF non cooperative); oltre 2 anni: 1/5 del minimo, etc.
  • Violazioni IVA varie (omessa fatturazione, ecc.): c’è una miriade di possibili sanzioni, ma se state regolarizzando solo la dichiarazione, spesso quelle “prodromiche” come hanno detto, restano teoricamente dovute. Tuttavia, in sede di compliance di solito non vi si chiede espressamente di ravvedere anche l’omessa fatturazione, ci si concentra sulla dichiarazione/versamenti. Sta alla coscienza del contribuente decidere se ravvedere anche quelle. Non entra però nel caso tipico, ecco.

A supporto del contribuente, l’Agenzia ha anche predisposto alcuni tool di calcolo. Ad esempio, sul sito, nella sezione “Compliance per i cittadini”, fu resa disponibile un’applicazione di calcolo sanzioni e interessi per aiutare i contribuenti a quantificare quanto dovuto in caso di ravvedimento. Inserendo l’imposta non dichiarata e la data in cui si intende pagare, il tool restituiva l’ammontare di interessi e sanzioni ridotte. Oggi questi strumenti possono essere integrati nei servizi online (ad esempio F24 precompilati). In ogni caso, se si è incerti nel calcolo, è bene farsi assistere da un professionista o dagli stessi funzionari (talvolta negli uffici calcolano per voi e vi dicono l’importo esatto da versare).

Una volta completata la regolarizzazione, è opportuno comunicare all’Agenzia di averlo fatto, in modo che archivi la posizione. In teoria, il sistema incrocia e se vede arrivare la dichiarazione integrativa e gli F24 pagati col codice atto, associa e chiude il caso. Ma per sicurezza, è buona prassi inviare tramite CIVIS o PEC una lettera all’ufficio spiegando: “In riferimento alla Vs comunicazione prot. X del [data], il sottoscritto ha provveduto a regolarizzare come segue: invio dichiarazione integrativa protocollo n… il …; versamento F24 di €… in data … (copia allegata). Chiedo pertanto conferma che non residuano ulteriori adempimenti.” Questo sollecito finale spesso non è necessario, ma male non fa per avere traccia scritta.

Attenzione: il ravvedimento “aderendo” alla compliance non permette rateazione. Occorre pagare in unica soluzione. Se l’importo è molto elevato e non si ha liquidità, il contribuente è di fronte a un dilemma: ravvedersi comunque (magari parzialmente) o aspettare l’accertamento per poi rateizzare. Purtroppo la normativa sul ravvedimento richiede il pagamento integrale di imposta, interessi e sanzioni ridotte affinché sia valido. Non esiste la possibilità di ravvedersi a metà (ad esempio pagando solo una quota). Invece, dopo un eventuale avviso di accertamento, se si aderisce all’adesione o anche dopo un avviso bonario, la legge consente la rateazione (di solito fino a 8 rate per importi <€5.000, o 16 rate in 48 mesi per importi maggiori, e oltre). Quindi, paradossalmente, un contribuente che non ha fondi potrebbe trovarsi costretto a non poter sfruttare il ravvedimento perché non può pagare subito tutto.

C’è però un aspetto da considerare: nel 2023-2024 il legislatore ha introdotto dei “ravvedimenti speciali” per le violazioni degli anni passati (ad esempio il Ravvedimento speciale previsto dalla Legge di Bilancio 2023 per violazioni fino al 2021, con sanzione ridotta a 1/18). Alcuni di questi strumenti permettono la rateazione in 8 rate delle somme dovute. Tuttavia sono misure straordinarie, limitate nel tempo. Ad oggi (luglio 2025) non risulta prorogato il ravvedimento speciale per nuovi anni, salvo alcune ipotesi di Concordato Preventivo Biennale (CPB) di cui si parla. In ogni caso, queste opportunità particolari esulano dalla procedura ordinaria: se sono in vigore e vi trovate a poterne usufruire, un professionista potrà consigliarvelo. Ma normalmente, la strada è ravvedimento ordinario one-shot.

Esempio pratico di regolarizzazione: riprendiamo Mario Rossi, che ha ricevuto lettera per €10.000 di affitti non dichiarati nel 2021. Mario calcola: l’IRPEF evasa (cedolare secca) su €10.000 sarebbe 21% = €2.100. Più interessi 1,25% annuo circa per 3 anni = ~€80. Sanzione infedele dichiarazione: 90% di €2.100 = €1.890; ravvedimento oltre 1 anno → 1/6 di €1.890 = €315. Totale circa €2.100 + €80 + €315 = €2.495. Mario presenta online il Modello Redditi PF 2022 integrativo (per 2021) aggiungendo i €10.000 nel quadro RB, ricalcolando l’imposta cedolare, ecc. Il sistema Entratel genera un esito con quell’imposta. Mario compila un F24: €2.100 con codice tributo cedolare 1842 anno 2021, €80 con codice interessi 1991, €315 con codice sanzione 8911, il tutto indicando il codice atto ABC123 della lettera. Paga l’F24 tramite home banking. Infine, invia via CIVIS copia dell’F24 e protocolli, segnalando di aver ottemperato. L’Agenzia prenderà atto e non invierà alcun accertamento; caso chiuso. Mario ha risolto con €2.495 invece di rischiare un accertamento con sanzione 90% piena (€1.890) + imposta + interessi + in caso di contenzioso altre spese, e forse l’ufficio avrebbe potuto contestare sanzioni maggiorate se ravvisava comportamenti recidivi.

5. Come contestare o giustificare (senza pagare): invio di chiarimenti e documenti

Se invece ritenete che la comunicazione sia in tutto o in parte errata o non dovuta, è importante rispondere all’Agenzia fornendo elementi a vostra difesa. Ignorare la lettera in attesa dell’accertamento e poi fare ricorso non è una buona strategia: meglio prevenire spiegando subito la vostra ragione, magari l’ufficio eviterà di emettere l’atto. Questa fase la potremmo chiamare impropriamente “contestazione”, ma in realtà è una fase di interlocuzione con l’Amministrazione (non giudiziale).

Ci sono vari modi di inviare i chiarimenti:

  • Tramite il servizio online CIVIS: che consente di caricare una richiesta di esame della comunicazione allegando documenti.
  • Via PEC o raccomandata A/R** all’ufficio competente, con una lettera formale.
  • Presentandosi di persona in ufficio e consegnando una memoria.

Vediamo CIVIS nel dettaglio, poiché è lo strumento consigliato dall’Agenzia stessa per gestire queste situazioni a distanza.

CIVIS (Comunicacióni di irregolarità e servizi): È un servizio telematico disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate (sezione Servizi -> Servizi per… -> Civis). Per accedervi bisogna essere registrati (ormai con SPID/CIE l’accesso è immediato). All’interno di CIVIS, il contribuente può selezionare il tipo di comunicazione ricevuta (es. “Compliance per i cittadini” o “Compliance IVA”) e quindi caricare una richiesta di assistenza relativa a quella lettera. In pratica, CIVIS permette di:

  • Visualizzare la comunicazione (spesso viene mostrato il PDF stesso inviato).
  • Inviare una richiesta scegliendo tra opzioni tipo “Chiarimenti su comunicazione di compliance” o “Segnalazione elementi giustificativi”.
  • Allegare documentazione in PDF/TIFF che comprovi la propria tesi (es. dichiarazioni già presentate, certificazioni, quietanze).
  • Scrivere un testo (nell’apposito campo) dove spiegare la situazione.

Una volta inviata la richiesta su CIVIS, viene assegnato un ticket e l’ufficio competente la esaminerà, fornendo poi una risposta sempre tramite la piattaforma (il contribuente riceverà notifica via email che la risposta è disponibile, e potrà leggerla accedendo a CIVIS). CIVIS è comodo perché lascia traccia scritta di tutta l’interazione ed evita di doversi recare fisicamente allo sportello.

In alternativa o in aggiunta, potete inviare una PEC all’indirizzo PEC istituzionale della Direzione Provinciale che figura sulla lettera (di solito nella lettera c’è scritto: “per informazioni rivolgersi a DP di …, Ufficio X, email/PEC: …”). Nella PEC scriverete gli stessi contenuti che avreste messo in CIVIS, allegando i PDF necessari. Assicuratevi che la PEC sia inviata con ricevuta di consegna e conservate queste ricevute.

Quali argomentazioni portare? Dipende dal caso concreto. Eccone alcune ricorrenti:

  • Reddito esente/non imponibile: Spiegare che il reddito segnalato non doveva essere dichiarato perché esente per legge o soggetto a imposta sostitutiva. Allegare la norma o documenti: es. certificato che quell’assegno periodico era per i figli e non tassabile, oppure che quell’UTD di capitale era esente.
  • Errore di identificazione: Se pensate che la segnalazione non vi riguardi (magari omonimia), dichiaratelo e chiedete verifica (questo è raro, ma può capitare in banche dati estere).
  • Dichiarazione già corretta in precedenza: può succedere che la lettera arrivi tardi, quando voi avete già fatto un ravvedimento. In tal caso basterà segnalare: “Ho già presentato integrativa in data…, prot… e pagato con F24 copia allegata”. L’ufficio verificherà e chiuderà (magari c’era un incrocio temporale).
  • Causa di esclusione: Spiegare perché quell’obbligo non vi spettava. Es: lettera per mancata LIPE, ma voi eravate nel regime forfetario → allegate attestazione del regime e note che i forfetari non presentano LIPE.
  • Errori formali: A volte si può far notare che l’anomalia è dovuta a un errore formale senza impatto sostanziale. Es: la lettera segnala ricavi non dichiarati, ma in realtà erano stati inseriti in un altro rigo della dichiarazione per sbaglio. Qui occorre convincere che l’imposta era comunque stata pagata. Se si riesce a dimostrare che non c’è stato danno erariale, l’ufficio potrebbe soprassedere.

Importante: mantieni sempre un tono collaborativo nella comunicazione. Anche se sei convinto di aver ragione, evitare toni polemici o arroccati. Ricorda che sei in sede amministrativa, non contenziosa. Frasi come “sono certo di aver adempiuto, Vi invito a un cortese riscontro e all’annullamento dell’eventuale procedimento in corso” sono meglio di “diffido codesto ufficio dal procedere ulteriormente”. Queste ultime potrai riservarle eventualmente nel ricorso, ma qui l’approccio conciliante paga di più.

Una volta inviate le spiegazioni:

  • Se l’ufficio le riterrà accoglibili, potrebbe archiviare il caso senza emettere nulla e magari rispondere su CIVIS “Posizione regolare, nulla dovuto” (talora lo fanno).
  • Se non le troverà convincenti, è probabile che seguirà comunque un atto formale (avviso di accertamento o contestazione sanzioni). In tal caso, avrete comunque modo di difendervi in giudizio, ma almeno avrete già pronte le vostre argomentazioni (e i documenti li avevate anticipati, il che in sede contenziosa mostra buona fede da parte vostra).

Una possibilità ulteriore: se l’ufficio non è pienamente convinto ma c’è margine, potrebbe invitarvi a un contraddittorio. Ad esempio, per anomalie ISA o redditi esteri, possono fissare un appuntamento per discuterne. Trattatelo come un incontro di adesione: portate tutta la documentazione e magari il vostro consulente. In quella sede, se emergesse che in parte avevate torto e in parte ragione, si potrebbe trovare un accordo (ad esempio dichiarare solo una parte di quei redditi omessi). Formalmente, in assenza di un vero procedimento di accertamento, non c’è ancora uno strumento giuridico per concludere un accordo; ma di fatto, l’ufficio può scegliere di limitare l’eventuale futuro accertamento a ciò che appare effettivamente dovuto.

6. Strumenti particolari di interlocuzione: CIVIS, PEC, SPID, etc.

Abbiamo già menzionato CIVIS come canale di risposta e le PEC come mezzo di comunicazione ufficiale. Spendiamo qualche parola per chiarire come usare al meglio questi strumenti:

  • SPID: è fondamentale per accedere al cassetto fiscale e ai servizi come CIVIS. Se non lo avete ancora, attivatelo (o in alternativa CIE/CNS). Il SPID vi consente anche di vedere la vostra situazione debitoria, i versamenti, ecc., cose utili mentre preparate la regolarizzazione.
  • PEC: Se siete un privato non obbligato, considerate di attivare comunque una PEC personale. Costa poco e vi permette di ricevere subito eventuali future comunicazioni dall’Agenzia. Inoltre dà più peso alle vostre comunicazioni verso l’ufficio. Una PEC inviata all’Agenzia ha valore legale pari a raccomandata.
  • CIVIS: Oltre a caricare richieste, tramite CIVIS potete prenotare un appuntamento telefonico con un funzionario. C’è la funzione “Prenota un appuntamento” sul sito, dove potete scegliere appuntamento telefonico o in presenza. Se selezionate accertamenti/cartelle, potreste spiegare che volete discutere una compliance. Questa opzione è utile se preferite parlarne direttamente ma senza andare fisicamente all’ufficio.
  • Altri servizi online: L’Agenzia ha un servizio “Consegna documenti e istanze” online, utilizzabile per mandare documentazione agli uffici senza PEC. È accessibile sempre via area riservata; scegliete l’ufficio destinatario e caricate i file con una breve istanza. Può essere un’alternativa se CIVIS non ha una categoria adatta (ad esempio per le lettere su aiuti di Stato potreste usare questo).
  • Telefono e mail ordinaria: Alcune lettere forniscono un numero di telefono diretto dell’ufficio o una mail normale (tipo nome.cognome@agenziaentrate.it). Potete provare a usarli, ma la mail ordinaria non ha valore legale (meglio PEC). Il telefono diretto può aiutarvi a chiarire informalmente piccole cose ma non sostituisce la necessità di scrivere.

7. L’autotutela e il passo successivo (se il Fisco insiste)

Poniamo che, nonostante i chiarimenti inviati o l’inerzia da parte vostra, l’Agenzia decida comunque di procedere e notifichi un avviso di accertamento (o un atto di irrogazione sanzioni, a seconda dei casi). Cosa fare a quel punto? Si apre la fase contenziosa vera e propria, in cui avrete due strade:

  • Accettare/definire l’atto: mediante acquiescenza (pagando entro 60 gg con sanzioni ridotte a 1/3) o accertamento con adesione (chiedendo l’adesione entro 15 gg dalla notifica, ottenendo la sospensione dei termini e cercando un accordo in contraddittorio; in caso di accordo, sanzioni a 1/3 e possibilità di rateazione). L’adesione è facoltativa ma spesso conveniente se l’ufficio mostra apertura.
  • Impugnare l’atto innanzi alla Commissione Tributaria (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). Si deve presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica, previa eventuale istanza di reclamo/mediazione se il valore è entro €50.000.

Prima di ricorrere, tuttavia, c’è un ultimo tentativo in sede amministrativa: l’autotutela. L’autotutela tributaria è il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di annullare o rettificare i propri atti quando li riconosca errati o illegittimi, anche fuori dai casi di adesione. In teoria, si può chiedere in qualsiasi momento, anche dopo un avviso di accertamento, di riesaminare la questione. Nel nostro contesto:

  • Se non avete aderito alla compliance e vi arriva l’accertamento, potete presentare subito un’istanza di autotutela all’ufficio riesponendo i vostri argomenti (magari corredandoli meglio) e chiedendo l’annullamento dell’atto. L’ufficio potrebbe accoglierla totalmente, parzialmente o respingerla. La prassi è che difficilmente annullano totalmente un atto appena emesso (a meno di errori lampanti), però non è impossibile, specie se portate nuovi elementi decisivi.
  • Se invece avevate parzialmente regolarizzato ma per qualche motivo l’ufficio vi ha contestato altro, in autotutela potete far presente che avete già ravveduto per la parte che riconoscevate e chiedere almeno lo sgravio delle sanzioni su quella parte.
  • Da notare: anche in fase di adesione o ricorso si può sempre prospettare all’ufficio la questione autotutela, ossia far capire che in giudizio solleverete certi punti solidi, magari l’ufficio preferirà evitare una causa persa ritirando l’atto in autotutela. Ad esempio, se dimostrate documentalmente che il reddito contestato era esente per norma di legge, l’ufficio può prendere atto ed evitare di andare in giudizio perdendo, annullando quell’addebito.

L’autotutela, tuttavia, non sospende i termini per il ricorso. Quindi attenzione: se ricevete l’atto e presentate istanza di autotutela, il termine di 60 giorni per ricorrere continua a decorrere. Se l’ufficio non risponde entro quel termine (spesso non risponde affatto, o risponde negativamente), rischiate di far scadere i termini di impugnazione. Dunque, la regola aurea è: presentare comunque ricorso nei termini, anche se parallelamente si è chiesto autotutela. In molti casi, se l’ufficio è d’accordo sull’autotutela, vi inviterà a rinunciare al ricorso solo dopo aver annullato l’atto.

Nel contesto delle compliance, a dire il vero, l’autotutela vera e propria entra poco in gioco, perché idealmente o si sistema prima (ravvedimento) o si discute in adesione. Ma è comunque un meccanismo da conoscere, specie se ritenete di aver subito un’ingiustizia palese. Ad esempio, ci sono state pronunce di Cassazione che hanno affermato la legittimità di impugnare in giudizio anche il diniego di autotutela in casi particolari (Sez. Unite 3698/2009 e successive): quindi se l’ufficio rifiuta di annullare un atto manifestamente errato, il contribuente potrebbe impugnare tale diniego per far valere le proprie ragioni (ma è un terreno molto tecnico e solo per casi estremi).

8. Conseguenze in caso di inerzia: cosa succede se ignoro la lettera?

Dal punto di vista del debitore, è importante sapere cosa comporta non fare nulla dopo aver ricevuto la lettera di compliance. In linea generale:

  • Nessuna sanzione immediata per il silenzio: Non ci sono penalità aggiuntive o reati per il solo fatto di ignorare la lettera. Trattandosi di un invito bonario, non esiste un obbligo giuridico di risposta (fatta salva l’ipotesi di lettera che formalmente contenga un questionario ex art. 11 DL 201/2011, ma allora è più di una semplice lettera).
  • Perdita del beneficio del ravvedimento “rapido”: se non cogliete l’occasione di ravvedervi presto, potreste successivamente doverlo fare con sanzioni meno ridotte. Ad esempio, se ignorate e poi vi pentite dopo un anno, la riduzione passa da 1/6 a 1/5 o 1/4. Peggio, se scatta un formale PVC (processo verbale) o un accertamento, il ravvedimento non è più ammesso su quella violazione.
  • Alto rischio di accertamento: l’esperienza insegna che quasi sempre alla mancata adesione alla compliance segue un accertamento fiscale. L’Agenzia, infatti, avendo già i dati in mano, se non riceve riscontro procederà. I tempi possono variare (in alcuni casi pochi mesi, in altri un anno o due, ma non di più in genere). L’accertamento comporterà sanzioni piene e interessi di mora ulteriori. Ad esempio, omesso reddito €10.000 ignorato: arriverà avviso con imposta dovuta + 90% di €10.000 = €9.000 di sanzione (forse ridotta a 2/3 se definibile in adesione) più interessi e aggi eventualmente.
  • Preclusione di alcuni istituti deflativi: se ignorate la compliance e aspettate l’accertamento, potrete sì fare adesione o conciliazione, ma avrete perso la chance del ravvedimento più conveniente. In qualche caso, normative premiali potrebbero tenere conto della mancata collaborazione: ad esempio, il cumulo giuridico delle sanzioni o la non applicazione di misure di favore può essere valutato diversamente se il contribuente non ha colto l’invito iniziale. Va detto che non c’è una norma che aumenti la sanzione perché non si è risposto alla compliance – la sanzione è quella base della violazione – però non avrete alcuna riduzione extra. Al contrario, chi aderisce subito ha “solo” la sanzione ridotta.
  • Eventuale segnalazione alla Guardia di Finanza: può succedere per i casi più gravi. Se la lettera riguardava omessa dichiarazione con importi elevati e non rispondete, l’Agenzia potrebbe inoltrare il caso alla GdF per approfondimenti, o innescare controlli più ampi (indagini finanziarie, ecc.).
  • Rischio di procedimento penale: questo interessa solo omissioni grosse. Ad esempio, omessa dichiarazione con imposta evasa > €50.000, o infedele dichiarazione con imposta evasa > €100.000, sono reati tributari (artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/2000). La lettera di compliance in sé non attiva la procura, ma se ignorata e si arriva all’accertamento, l’ufficio dovrà fare la segnalazione penale se riscontrano quei limiti. Es. avete evaso €200.000 di IVA, vi mandano lettera compliance, voi nulla, fanno accertamento: oltre alla cartella, partirà la notizia di reato. Se invece con la lettera regolarizzate e pagate, quel reato non è mai contestato perché l’omissione è stata sanata prima dell’accertamento (anzi, per taluni reati il pagamento integrale del debito prima del giudizio estingue il reato, ma non entriamo nel penale).

In breve: ignorare la lettera espone il contribuente al massimo della reazione fiscale successiva, mentre aderire consente un trattamento sanzionatorio più mite e nessun contenzioso. Dal punto di vista pragmatico, anche qualora si ritenesse la lettera infondata, conviene quantomeno comunicare le proprie ragioni (come visto sopra) anziché tacere. Il silenzio viene interpretato dall’Amministrazione come mancanza di controdeduzioni, quindi come conferma implicita dell’anomalia.

Riepilogo finale delle opzioni del contribuente (Tabella):

Situazione del contribuenteAzione consigliata dopo la letteraEsito/Benefici
Ha effettivamente omesso o sbagliato qualcosa, può pagareRavvedimento operoso (integrativa + F24)Sana l’irregolarità con sanzioni ridotte (ad es. 1/6), evita accertamento e contenzioso.
Ha omesso/sbagliato ma non può pagare subito tutto– Valutare ravvedimento parziale su elementi meno onerosi.– Considerare di aderire comunque per ridurre sanzioni e poi chiedere rate dopo accertamento (scelta rischiosa).Difficile: senza pagamento integrale il ravvedimento non perfeziona. Possibile attendere accertamento e poi rateizzare, ma con sanzioni maggiori (salvo definizione agevolata se prevista).
Ritiene di aver dichiarato correttamente (anomalia infondata)Inviare chiarimenti e documenti via CIVIS/PEC, eventualmente incontro con ufficio. NON pagare nulla finché convinto di aver ragione.L’ufficio potrebbe archiviare se accetta le spiegazioni. Se invece procede, almeno avete gettato basi per futura difesa.
Non risponde né regolarizza (inerzia)Alto rischio avviso di accertamento con sanzioni piene; perderà benefici di riduzione sanzioni. Potrà solo fare adesione o ricorso dopo, con costi e rischi maggiori.

Domande frequenti (FAQ) sulla compliance fiscale

D: Le lettere di compliance sono impugnabili in Commissione Tributaria?
R: No. Le lettere di compliance non sono atti impugnabili autonomamente perché non rientrano tra quelli elencati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/92 (che elenca avvisi di accertamento, cartelle, rifiuti di rimborso, ecc.). Sono considerati atti “prenotativi” privi di efficacia impositiva. Lo conferma anche la prassi: “non si tratta di atti impositivi, ma di lettere bonarie, quindi non autonomamente impugnabili”. Bisogna attendere il successivo eventuale avviso di accertamento (o altro atto formale con pretesa tributaria) per poter presentare ricorso. Tuttavia, se ricevete un atto formale dopo aver ignorato la lettera, in sede di ricorso potrete far presente di aver ricevuto quell’invito e magari contestare, ad esempio, che l’ufficio non ha tenuto conto delle vostre spiegazioni (se le avevate date) o altro, ma questo sul merito della causa più che sulla legittimità della lettera in sé.

D: Quanto tempo ho per rispondere o regolarizzare dopo la lettera?
R: La lettera di compliance spesso non fissa un termine perentorio, ma invita ad attivarsi “il prima possibile”. In alcuni casi viene suggerito un termine (es. 30 giorni), in altri viene menzionata la scadenza di un beneficio (es. 90 giorni per invio tardivo dichiarazione). In generale, conviene agire entro 30 giorni dal ricevimento: sia per mostrare collaborazione, sia perché l’ufficio di solito pianifica l’accertamento dopo qualche mese, quindi prima si sistema meglio è. Se state per ravvedervi oltre i 30 giorni, va comunque bene (il ravvedimento è valido finché l’atto formale non vi è notificato). Se invece avete bisogno di più tempo (magari per reperire documenti), potete comunicarlo all’Agenzia: ad esempio, tramite CIVIS, aprite un ticket dicendo che avete ricevuto la lettera e che fornirete i chiarimenti/regolarizzerete entro tal data perché avete in corso accertamenti interni. Ciò almeno segnala la vostra buona fede e potrebbe far attendere l’ufficio prima di emettere atto.

D: Cosa succede se la lettera arriva a un vecchio indirizzo e non la vedo in tempo?
R: Se avete la PEC, la comunicazione si considera recapitata lì (anche se non la leggete subito, la PEC fa fede). Se invece la mandano per posta ordinaria e va persa, potreste non accorgervene. In questi casi, purtroppo, non esiste un obbligo di notifica formale per la lettera (non è raccomandata A/R). Può capitare quindi che il contribuente scopra l’anomalia solo all’arrivo dell’accertamento. Per questo è utilissimo il cassetto fiscale: consultarlo periodicamente può farvi accorgere di eventuali lettere inserite (nell’area “L’Agenzia scrive”) anche se non le avete ricevute fisicamente. L’Agenzia di solito invia comunque anche una PEC/email di avviso area riservata. In ogni caso, se non avete visto la lettera e vi arriva l’atto, potete sempre spiegare che non ne eravate a conoscenza; questo non annulla l’atto (non essendo obbligatoria la notifica, la mancata conoscenza della lettera non è vizio procedurale), però può essere un argomento equitativo da far valere in sede di adesione (es. chiedere almeno di applicare sanzioni ridotte come se vi foste ravveduti subito, appellandovi alla buona fede).

D: Se aderisco alla lettera di compliance, pago solo la differenza di imposta o anche sanzioni e interessi?
R: Dovrete pagare imposta + interessi + sanzioni ridotte. La lettera non comporta condono delle sanzioni, semplicemente vi consente di applicare il ravvedimento operoso (che prevede sanzioni ridotte in misura variabile). Ad esempio, per un reddito non dichiarato con 90% di sanzione, col ravvedimento a 1/6 pagherete il 15%. Non esiste, salvo provvedimenti straordinari del legislatore, la possibilità di pagare la sola imposta senza sanzioni. L’idea della compliance è “se ti ravvedi spontaneamente ti applichiamo solo una piccola sanzione simbolica”; ma comunque qualcosa va aggiunto. Gli interessi legali vanno sempre calcolati (sono generalmente modesti, ma si devono). In alcuni casi particolari (es. definizione di omessa dichiarazione entro 90gg) le sanzioni sono fisse, ma comunque ridotte.

D: Posso chiedere la rateizzazione delle somme da pagare aderendo?
R: No, purtroppo no. Il ravvedimento richiede il pagamento integrale. Non c’è una procedura di rateazione con Equitalia (anche perché non c’è cartella). Potete però, se l’importo è alto, valutare con la banca un prestito o un fido per pagare: a volte l’interesse bancario è inferiore alle sanzioni che risparmiereste evitando l’accertamento. In alternativa, come detto, l’altra via è attendere l’avviso e poi rateizzare quello, ma pagando sanzioni molto più alte complessivamente (quindi fate bene i conti, potrebbe convenire chiedere aiuto finanziario per pagare subito, se la differenza è notevole).

D: Ho già un piano di rate con Agenzia Riscossione, questa nuova regolarizzazione come impatta?
R: La regolarizzazione via ravvedimento è indipendente da eventuali rateizzazioni che avete per cartelle pregresse. State di fatto pagando spontaneamente prima che il debito entri in una cartella, quindi non c’entra con Agenzia Entrate Riscossione. Se però ignorate la lettera e arriva un nuovo accertamento, una volta a ruolo andrà a sommarsi alle altre cartelle che avete. Tenete presente che se avete in corso una definizione agevolata o un piano del saldo e stralcio, i nuovi debiti non vi faranno decadere da quelli, ma ovviamente peggiorano la vostra situazione generale. Dunque è sempre meglio chiudere le pendenze prima che generino ulteriori cartelle.

D: La lettera di compliance è la stessa cosa dell’“adesione cooperativa” (cooperative compliance) per le grandi imprese?
R: No, sono cose diverse. La Cooperative Compliance (Adempimento collaborativo, D.Lgs. 128/2015) è un regime riservato a società molto grandi (con volume d’affari sopra certi limiti) che stipulano accordi con l’Agenzia per avere un dialogo costante e prevenire il rischio fiscale, con un presidio di tax control framework interno. In quel regime l’azienda comunica preventivamente operazioni potenzialmente a rischio e ottiene dall’Agenzia un parere vincolante. Le lettere di compliance invece sono comunicazioni massive inviate a contribuenti di ogni tipo (soprattutto piccoli/medi) su anomalie specifiche riscontrate ex post. Quindi non vanno confusi: nel linguaggio comune entrambe rientrano nel concetto ampio di “fisco collaborativo”, ma la cooperative compliance è un istituto normato a sé. Le lettere di compliance di cui parliamo qui sono invece iniziative amministrative unilaterali del Fisco, non un accordo di regime.

D: Se regolarizzo dopo la lettera, posso essere soggetto comunque a controlli?
R: In linea di massima, se hai regolarizzato correttamente ciò che ti hanno contestato, quell’aspetto non verrà più oggetto di accertamento. L’Agenzia infatti controlla l’esito: se vede che hai presentato integrativa e pagato, non ha motivo di procedere ulteriormente su quel punto. Potresti eventualmente ricevere un controllo su altro (nessuno garantisce immunità totale), ma è improbabile che insistano sullo stesso rilievo. Anzi, la collaborazione spesso riduce la probabilità di futuri controlli: sei visto come contribuente che, se sollecitato, adempie. Ovviamente questo non significa che entrando nel “radar” non possano verificare altre cose; ma tendenzialmente le risorse sono limitate e preferiscono concentrarle su chi non aderisce. Un caso particolare: se dalla tua regolarizzazione emerge un’evasione molto grande, potrebbe scattare l’obbligo per l’ufficio di segnalare il fatto (ad es. all’Antifrode o alla Procura se era reato, anche se poi il reato si estingue per pagamento). Ma se hai pagato tutto, difficilmente avrai ulteriori noie.

D: Ho ricevuto due lettere di compliance contemporaneamente (es. una per Redditi PF e una per IVA), come gestirle?
R: Capita che per lo stesso contribuente arrivino segnalazioni distinte su ambiti diversi (magari perché generati da diversi uffici). Ad esempio, lettera per redditi non dichiarati e lettera per anomalia IVA. In tal caso, trattatele separatamente secondo le regole proprie di ciascuna, ma cercate di avere una visione d’insieme: potrebbe convenire recarsi in ufficio e discutere di tutto in una volta. Oppure, se regolarizzate, fatelo per entrambi gli aspetti e nelle note fate presente che state adempiendo a tutto. L’Agenzia non sempre incrocia le due posizioni immediatamente (un ufficio si occupa delle persone fisiche, un altro dell’IVA di quell’azienda se ditta individuale), ma potete essere voi a coordinare inviando magari un’unica PEC indirizzata a entrambi gli uffici competenti, con oggetto “comunicazioni prot. X e Y – riscontro”. In questo modo vi semplificate la vita e date prova di massima trasparenza.

D: Cosa sono i “fac-simile di lettera” pubblicati sul sito dell’Agenzia?
R: L’Agenzia delle Entrate, nella sezione “Se l’Agenzia ti scrive” del portale, mette a disposizione i fac-simile delle varie tipologie di lettere di compliance inviate. Si tratta di modelli generici che mostrano come sarà strutturata la comunicazione, con esempi di contenuto. Ad esempio, troverete il fac-simile di lettera per redditi da locazione non dichiarati, quello per omessa IVA, quello per quadro RW, ecc. Sono molto utili perché permettono ai contribuenti (o ai consulenti) di capire in anticipo di cosa si tratta, anche prima di riceverle. Se siete curiosi, potete scaricarli dal sito istituzionale: spesso sono elencati per anno di invio (es. “Invio lettere periodo 2019”, “Invio lettere anno 2024” ecc.). All’interno di essi c’è anche il “Foglio avvertenze” che spiega come accedere al cassetto fiscale e a CIVIS, nonché come compilare l’eventuale integrativa. Quindi, se ricevete una lettera, consultare il fac-simile corrispondente può aiutarvi a interpretarla e trovare subito le istruzioni di dettaglio.

D: Dopo aver regolarizzato, riceverò una conferma di chiusura?
R: In genere no, non formalmente. Se volete avere conferma ufficiale, dovreste chiederla espressamente. L’Agenzia non invia un “certificato di compliance” spontaneo. Tuttavia, se avete usato CIVIS per l’assistenza, potreste ricevere lì una risposta tipo “abbiamo ricevuto la documentazione, nulla è più dovuto” come esito. Questo potete stamparlo e conservarlo. Oppure, se avete consegnato a mano, fatevi rilasciare protocollazione della vostra memoria. In assenza di risposte, comunque, il segnale che è tutto a posto sarà il silenzio nel tempo: se passano i termini di decadenza dell’accertamento senza che vi arrivi nulla, significa che la situazione è stata considerata risolta (o comunque non meritevole di accertamento). Per scrupolo, se era una questione semplice potete contattare dopo qualche mese l’ufficio per telefono e chiedere se è tutto ok dopo il vostro ravvedimento: spesso vi diranno “sì signore, è regolarizzato, non c’è più niente in sospeso”.

Conclusioni: il punto di vista del contribuente (“debitore”) informato

Dal punto di vista del contribuente, le lettere di compliance vanno viste non come un’aggressione, ma come un campanello d’allarme utile. Certo, riceverne una può generare apprensione – il pensiero corre a possibili problemi fiscali – ma nella maggior parte dei casi è preferibile ricevere una lettera di compliance oggi che un accertamento con sanzioni salate domani. Il contribuente accorto, alla luce di quanto illustrato:

  • Tiene monitorata la propria posizione (consultando il cassetto fiscale, aggiornando il domicilio digitale, etc.).
  • In caso di comunicazione, analizza lucidamente se c’è stato un errore e ne valuta l’entità.
  • Utilizza gli strumenti di dialogo con il Fisco per chiarire dubbi e, se necessario, correggere il tiro.
  • Agisce tempestivamente, sfruttando il ravvedimento per sanare con costi limitati piuttosto che procrastinare.
  • Documenta tutto e, se in disaccordo col Fisco, prepara per tempo la propria difesa, cercando magari soluzioni conciliative prima di arrivare allo scontro legale.

Alla fine, anche dal lato dell’Agenzia, l’invio delle lettere di compliance riflette una filosofia più moderna in cui il contribuente viene considerato (almeno inizialmente) in buona fede e meritevole di essere avvertito e guidato, anziché punito immediatamente. Approfittare di questa opportunità è nel migliore interesse del “debitore fiscale”. Come recita la guida dell’Agenzia stessa “L’Agenzia ti scrive”, la cosa importante quando si riceve la comunicazione è attivarsi in ogni caso: solo così si eviterà che le irregolarità diventino il fondamento di un avviso di accertamento vero e proprio. In altri termini: meglio un ravvedimento oggi che una cartella esattoriale domani.

Fonti e riferimenti

  • Agenzia delle Entrate – Guida fiscale “L’Agenzia ti scrive: lettera di invito a regolarizzare possibili errori”, Marzo 2019. (Guida ufficiale alla compliance per persone fisiche, con istruzioni passo-passo e casistica).
  • Agenzia delle Entrate – Provvedimento del 15 febbraio 2019 (Prot. 48520/2019) sulle modalità di invio delle comunicazioni di promozione della compliance (PEC come canale prioritario).
  • Agenzia delle Entrate – Provvedimento del 3 luglio 2025 (Prot. 280268/2025) in materia di comunicazioni di anomalia per dichiarazioni IVA 2024.
  • Agenzia delle Entrate – Provvedimento del 24 luglio 2025 (Prot. 305720/2025) relativo alle comunicazioni delle anomalie ISA periodo d’imposta 2023.
  • Art. 1, comma 636, L. 190/2014 – Normativa primaria che istituisce le comunicazioni di anomalie per promuovere la compliance fiscale.
  • Normativa di riferimento sulle sanzioni e ravvedimento: D.Lgs. 472/1997, art. 13 (misure riduzioni sanzioni); DPR 322/1998, art. 2 c8-8bis (dichiarazione integrativa); DPR 600/73 art. 41 (accertamento d’ufficio per omessa dichiarazione); DLgs 74/2000 art. 13 (causa di non punibilità penale a seguito pagamento integrale).
  • Sito Agenzia Entrate – sezione “Cassetto Fiscale: l’Agenzia scrive” (es. approfondimento FiscoeTasse) per la struttura delle sottosezioni Invito alla compliance e Comunicazioni di irregolarità.
  • Sito Agenzia Entrate – sezione “Compliance per i cittadini”, sottopagine “A chi e come viene inviata la comunicazione” e “Contenuto della comunicazione”, “Come regolarizzare gli errori commessi” (spiegazioni ufficiali su PEC, cassetto, allegati istruzioni e uso di CIVIS).

Dove trovo le lettere di compliance nel Cassetto Fiscale dell’Agenzia delle Entrate? Te lo spiega Studio Monardo

Hai sentito parlare di lettere di compliance ma non sai se ne hai ricevute?
Vuoi controllare nel tuo Cassetto Fiscale ma non riesci a trovarle o interpretarle correttamente?

Le lettere di compliance sono inviate dall’Agenzia delle Entrate tramite i canali digitali ufficiali (PEC o area riservata), e molte volte restano inosservate. Ignorarle però può portare ad accertamenti veri e propri. È fondamentale sapere dove cercarle e come leggerle.

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  • 📌 Controlla se hai ricevuto comunicazioni di compliance per anomalie IVA, quadro RW, redditi, ISA, bonus
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  • ⚖️ Ti difende se la comunicazione evolve in accertamento, avviso bonario o iscrizione a ruolo
  • 🔁 Ti supporta nella prevenzione di future anomalie fiscali e nella gestione corretta delle dichiarazioni

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in compliance fiscale e accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate
  • ✔️ Specializzato nella difesa da irregolarità IVA, redditi esteri, criptovalute, bonus e contributi
  • ✔️ Consulente legale per partite IVA, lavoratori dipendenti, pensionati e imprese

Conclusione

Le lettere di compliance si trovano nel tuo Cassetto Fiscale, ma spesso passano inosservate.
Con il giusto supporto puoi recuperarle, leggerle correttamente e rispondere prima che si trasformino in accertamenti.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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