Comunicazione Di Irregolarità Per Detrazioni Non Spettanti: Come Difendersi

Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità dall’Agenzia delle Entrate per detrazioni fiscali non spettanti? Ti contestano, ad esempio, spese mediche, bonus casa, detrazioni per familiari, ristrutturazioni o interessi passivi sul mutuo? Ti stai chiedendo cosa significa, cosa rischi e come difenderti efficacemente?

La comunicazione di irregolarità, o avviso bonario, segnala che qualcosa nella tua dichiarazione dei redditi non convince l’Agenzia. Non è ancora un accertamento, ma può trasformarsi in una cartella esattoriale se non rispondi nei termini previsti.

Cos’è una comunicazione di irregolarità per detrazioni non spettanti?
– Una lettera con cui il Fisco ti segnala che una o più detrazioni indicate nella tua dichiarazione non risultano supportate da documenti o dati coerenti
– Può riguardare bonus ristrutturazione, ecobonus, detrazioni per spese mediche, universitarie, assicurative, per figli a carico, affitti, ecc.
– Ti viene richiesto il pagamento della maggiore imposta, con sanzione ridotta al 10% e interessi minimi

Cosa succede se la ignori?
– Dopo 30 giorni, la comunicazione si trasforma in cartella esattoriale esecutiva, con sanzione piena (30%) e interessi più alti
– Potresti subire blocchi su rimborsi fiscali, pignoramenti o iscrizioni a ruolo
– In caso di importi elevati o errori sistematici, potrebbero avviarsi accertamenti più pesanti

Come difendersi dalla comunicazione di irregolarità?
– Verifica subito quale detrazione è contestata e controlla di avere la documentazione completa e valida
– Se la detrazione è corretta e giustificabile, puoi presentare una memoria difensiva o richiedere la rettifica della comunicazione
– Se hai effettivamente commesso un errore, puoi versare le somme richieste nei termini, beneficiando della sanzione ridotta
– Se i dati dell’Agenzia sono sbagliati, puoi allegare la documentazione mancante e ottenere l’annullamento totale o parziale della comunicazione

Quali documenti servono per difenderti?
– Fatture, ricevute o bonifici parlanti relativi alle spese detratte
– Contratti, certificazioni, CU e documentazione di familiari a carico
– Dichiarazioni sostitutive, visure, dati catastali o altri giustificativi
– In caso di bonus edilizi, le certificazioni ENEA, la CILAS, i pagamenti tracciabili e le abilitazioni tecniche

Cosa puoi ottenere se agisci correttamente e nei tempi?
Annullamento della comunicazione, se la detrazione era legittima
Riduzione della sanzione al minimo, se hai commesso un errore materiale
Chiusura definitiva del problema senza avviare un contenzioso
Mantenimento della tua affidabilità fiscale e regolarità contributiva

La comunicazione di irregolarità non va sottovalutata: è un primo segnale che può portare a conseguenze più gravi se ignorato. Ma può essere gestita in modo rapido e vantaggioso, se rispondi con documentazione corretta o con ravvedimento tempestivo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e difesa da comunicazioni fiscali ti spiega cosa fare se ricevi una segnalazione per detrazioni non spettanti, come reagire e quando puoi evitarne le conseguenze.

Hai ricevuto una comunicazione per detrazioni contestate? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo i documenti, la tua posizione fiscale e ti diremo se puoi annullare la pretesa o sanarla con il minor costo possibile.

Introduzione

Ricevere una comunicazione di irregolarità – comunemente chiamata avviso bonario – da parte dell’Agenzia delle Entrate può destare preoccupazione per qualsiasi contribuente, dal privato cittadino all’imprenditore. Si tratta di una lettera ufficiale inviata a seguito di controlli (automatici o formali) sulla dichiarazione dei redditi o IVA, in cui il Fisco segnala errori o difformità tra il dichiarato e il dovuto, come ad esempio detrazioni d’imposta non spettanti (cioè agevolazioni fiscali utilizzate senza averne diritto). Pur essendo definito “bonario” per la sua natura non immediatamente coercitiva, questo avviso costituisce un passaggio obbligato: in presenza di incertezze rilevanti nella dichiarazione, il mancato invio della comunicazione rende nulla la successiva cartella di pagamento. In altre parole, l’avviso bonario tutela il diritto al contraddittorio preventivo, offrendo al contribuente la chance di chiarire o regolarizzare la propria posizione prima dell’iscrizione a ruolo definitiva.

Scopo di questa guida: fornire un quadro completo – aggiornato a luglio 2025 – su come difendersi da una comunicazione di irregolarità che contesti detrazioni o crediti d’imposta non spettanti. Adotteremo un taglio avanzato, adatto sia ad avvocati tributaristi sia a contribuenti evoluti (privati e imprenditori), con linguaggio giuridico ma accessibile. Faremo riferimento alla normativa italiana vigente, includendo ultime novità normative e giurisprudenziali (come le riforme introdotte fino al 2024), e citeremo fonti autorevoli e sentenze recenti. La guida è arricchita da tabelle riepilogative, casi pratici e una sezione domande & risposte (FAQ) per facilitare la comprensione anche degli aspetti più complessi.

Perimetro di applicazione: Tutte le categorie di contribuenti possono ricevere comunicazioni di irregolarità – persone fisiche, professionisti, ditte individuali, società di persone e di capitali, enti non commerciali, ecc. – poiché i controlli fiscali automatizzati coprono trasversalmente ogni tipologia di dichiarazione. Le irregolarità contestate possono essere di vario genere (omessi versamenti, errori di calcolo, indebite compensazioni di crediti, scostamenti dagli indici ISA, ecc.), ma in questa sede ci concentreremo in particolare sul caso delle detrazioni d’imposta non spettanti, ovvero deduzioni, detrazioni o crediti d’imposta utilizzati senza averne diritto e che generano quindi un’imposta inferiore al dovuto.

Novità recente: a seguito della riforma fiscale del 2024, per le comunicazioni di irregolarità elaborate dal 1° gennaio 2025 il termine per regolarizzare (pagare o opporsi) è esteso da 30 a 60 giorni. Questa modifica – introdotta dall’art. 3 del D.Lgs. 5 agosto 2024 n.108 – uniforma il termine a quello previsto per le cartelle esattoriali, dando ai contribuenti più tempo per pagare o fornire chiarimenti. Restano inoltre confermate le sospensioni nel mese di agosto (ferie fiscali) e l’estensione a 90 giorni se la comunicazione è trasmessa telematicamente al professionista intermediario (es. al commercialista delegato, che poi la inoltra al contribuente). In ogni caso, le sanzioni in sede bonaria sono significativamente ridotte rispetto a quelle ordinarie, per incentivare il contribuente a definire subito la pendenza. Come vedremo, ciò significa pagare sanzioni molto più basse (tipicamente il 10% o 20% invece del 25-30% standard) se si paga entro il termine indicato.

Di seguito analizzeremo dettagliatamente:

  • le tipologie di controlli fiscali che danno origine a una comunicazione di irregolarità, e in particolare in quali casi emergono le contestazioni di detrazioni non spettanti (Parte I);
  • le azioni da intraprendere immediatamente alla ricezione dell’avviso, distinguendo il caso in cui il contribuente riconosca la fondatezza della contestazione (e voglia regolarizzare con pagamento) da quello in cui la ritenga infondata (e voglia difendersi producendo documenti o avanzando contestazioni) (Parte II);
  • le possibili strategie difensive sia in fase amministrativa (istanze di autotutela, definizione agevolata, ecc.) sia in fase di contenzioso tributario (ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria, strumenti deflattivi come mediazione e conciliazione, ecc.), con attenzione anche ai riflessi penali in caso di violazioni fiscali gravi (Parte III);
  • alcune casistiche pratiche simulate, con esempi tipici di detrazioni disconosciute e relative soluzioni;
  • una sezione finale FAQ con domande e risposte frequenti sull’argomento, per riepilogare i punti chiave in forma sintetica.

Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate sono elencate in fondo alla guida per un ulteriore approfondimento.

Importante: ogni situazione concreta presenta particolarità proprie. Questa guida fornisce un orientamento generale avanzato, ma non sostituisce una consulenza professionale mirata sul caso specifico. In caso di dubbi sulla legittimità della pretesa fiscale o se sono in gioco importi rilevanti, è consigliabile farsi assistere da un professionista qualificato sin dalle prime fasi.

Parte I – Tipologie di controlli fiscali e origine della comunicazione

Per capire come reagire a una comunicazione di irregolarità, è fondamentale comprendere come nasce questo avviso e quale tipo di controllo fiscale lo ha originato. La normativa italiana prevede principalmente due categorie di controlli sulla dichiarazione dei redditi (e IVA) da cui può scaturire l’invio di un avviso bonario:

  • il controllo automatizzato, disciplinato dall’art. 36-bis del DPR 600/1973 (per le imposte dirette) e dall’analogo art. 54-bis del DPR 633/1972 (per l’IVA);
  • il controllo formale, disciplinato dall’art. 36-ter del DPR 600/1973.

A questi si aggiungono iniziative “soft” come le lettere di compliance per anomalie (ad es. scostamenti dagli indici ISA, incoerenze nei dati dichiarati, ecc.), che invitano il contribuente a verificare e correggere spontaneamente eventuali errori. Le lettere di compliance non richiedono pagamenti immediati né irrogano sanzioni sul momento, ma se ignorate possono preludere a successivi accertamenti in piena regola. Nel contesto di questa guida ci focalizziamo sugli avvisi bonari “classici” conseguenti a controlli automatizzati o formali, in cui l’Agenzia riscontra un’imposta in più da versare e chiede il relativo pagamento con sanzioni ridotte.

Controllo automatizzato (art. 36-bis DPR 600/1973)

Il controllo automatizzato (o liquidazione automatica) è un controllo eseguito dall’Agenzia delle Entrate mediante procedure informatiche, subito dopo la presentazione della dichiarazione. Senza intervento umano valutativo, il sistema incrocia i dati dichiarati con quelli disponibili in Anagrafe Tributaria (versamenti effettuati tramite mod. F24, certificazioni dei sostituti d’imposta come le CU, dati dei modelli 770, ecc.) per verificare la correttezza formale e matematica della dichiarazione. Lo scopo è liquidare correttamente le imposte dovute (o i rimborsi spettanti) in base ai dati dichiarati, segnalando eventuali errori materiali, omissioni o incongruenze.

Esempi tipici di irregolarità rilevate dal controllo automatizzato:

  • Errori di calcolo: es. totale delle imposte ricalcolato diversamente per via di arrotondamenti o somme errate nei moduli.
  • Omessi versamenti dichiarati: es. il contribuente ha indicato un importo a saldo o un acconto dovuto ma non risulta il relativo versamento (mancato o insufficiente pagamento di imposte autoliquidate).
  • Detrazioni o crediti d’imposta non spettanti o in eccesso: es. utilizzo in compensazione di un credito fiscale non spettante (o superiore al dovuto) nel modello F24; oppure indicazione di una detrazione d’imposta eccedente i limiti consentiti. Ad esempio, un contribuente che in dichiarazione indica un credito IRPEF derivante dall’anno precedente che in realtà non aveva maturato, o che compensa un bonus fiscale senza averne i requisiti, vedrà emergere questa irregolarità dal controllo incrociato.
  • Incoerenze tra dati dichiarati e versamenti risultanti: es. differenze tra le ritenute d’acconto indicate dal sostituto d’imposta (datore di lavoro, ente pensionistico) e quelle dichiarate dal percipiente; oppure discrepanze tra gli importi dei pagamenti risultanti dai modelli F24 e quanto riportato in dichiarazione.

Di norma, questi controlli automatizzati avvengono entro pochi mesi dall’invio della dichiarazione, comunque prima dell’inizio della stagione dichiarativa successiva. Se dal controllo automatizzato risultano maggiori imposte dovute, l’esito viene comunicato al contribuente tramite una “comunicazione di irregolarità” (cioè l’avviso bonario vero e proprio). La notifica avviene di solito via PEC (se il contribuente ha un domicilio digitale registrato) oppure tramite raccomandata A/R all’indirizzo del domicilio fiscale.

L’avviso bonario da controllo automatizzato dettaglia gli importi risultanti dal ricalcolo: le imposte o maggiori imposte dovute, gli interessi calcolati fino alla data dell’avviso e la sanzione amministrativa ridotta applicabile. Importante: in questa fase non siamo ancora di fronte a un atto impositivo definitivo, ma ad una contestazione preliminare. Il contribuente ha la possibilità di regolarizzare con sanzioni ridotte oppure di segnalare all’Agenzia eventuali errori (dell’ufficio o propri) entro un termine prefissato (30 o 60 giorni, come vedremo).

Termini e sanzioni nel controllo automatizzato: Il contribuente ha ora 60 giorni dalla data di ricezione dell’avviso bonario (termine esteso dai previgenti 30 giorni per gli atti emessi dal 2025 in poi) per pagare le somme dovute o fornire chiarimenti all’Amministrazione. Qualora la comunicazione sia trasmessa al intermediario delegato (es. al proprio commercialista via Entratel/Civis), il termine è di 90 giorni dalla trasmissione, poiché la norma riconosce 30 giorni aggiuntivi per l’inoltro al contribuente. Inoltre, se questo periodo include il mese di agosto, opera la sospensione feriale dei termini: dal 1° al 31 agosto (tecnicamente fino al 4 settembre) il conteggio dei giorni è congelato. L’avviso stesso di solito riporta già la nuova scadenza tenendo conto della sospensione.

Durante questi 60 (o 90) giorni il contribuente può scegliere di pagare quanto richiesto oppure di contestare l’irregolarità. Se opta per il pagamento entro i termini, usufruisce di una sanzione ridotta ad 1/3 di quella ordinaria. In pratica, nei casi più comuni di imposta non versata o di credito indebitamente utilizzato, la sanzione ordinaria sarebbe il 30% dell’imposta non pagata (secondo l’art. 13 D.Lgs. 471/1997) – percentuale che, a seguito della riforma del 2024, dal 1° settembre 2024 è stata abbassata al 25%. In fase bonaria però si applica una riduzione a un terzo: ciò significa che il contribuente paga solo il 10% (prima era 10%, ora tecnicamente ≈8,33% se la sanzione piena è 25%) della maggiore imposta, invece della sanzione intera. Ad esempio, se per una detrazione non spettante risultano €1.000 di IRPEF in più da versare, la sanzione piena sarebbe €300 (30%) – €250 se si applica il nuovo 25% – ma con l’avviso bonario sarà richiesto di versare solo €100 (cioè un terzo di 300, nell’esempio di sanzione al 30%).

💡 Tabella – Controllo automatizzato: caratteristiche principali

AspettoProcedura automatizzata (36-bis DPR 600/73)
Oggetto del controlloLiquidazione automatica delle imposte dichiarate: verifica aritmetica e formale di dichiarazioni dei redditi, IVA, ecc. Nessuna richiesta preventiva di documenti al contribuente. Incrocio dei dati dichiarati con anagrafe tributaria e pagamenti effettuati.
Esempi di irregolaritàErrori di calcolo; omesso/parziale versamento di importi dichiarati; utilizzo di crediti o detrazioni non spettanti (in compensazione o in dichiarazione); incoerenze tra dichiarato e dati dei sostituti d’imposta, ecc.
Tempistica del controlloEntro l’anno successivo alla dichiarazione (spesso entro pochi mesi dalla presentazione, prima della campagna dichiarativa seguente).
Notifica esitoInvio di comunicazione di irregolarità (“avviso bonario”) con PEC al domicilio digitale oppure raccomandata A/R al contribuente. Se inviato al intermediario (es. commercialista), quest’ultimo ha l’onere di trasmetterlo al contribuente.
Termine per pagare/rispondere30 giorni dal ricevimento (per avvisi elaborati fino al 2024); 60 giorni dal ricevimento per avvisi elaborati dal 1° gennaio 2025 in poi. +30 giorni (totale 90) se l’avviso è comunicato tramite intermediario abilitato. Sospensione feriale: dal 1° agosto al 4 settembre il termine è sospeso.
Sanzione ridotta1/3 della sanzione ordinaria applicabile. In genere: sanzione ordinaria 25-30% dell’imposta non versata (art.13 D.Lgs. 471/1997) → sanzione bonaria ~8,33–10%. (Nessuna sanzione se l’irregolarità riguarda redditi a tassazione separata da liquidare: in quel caso l’avviso richiede solo il pagamento dell’imposta entro 30 gg, senza sanzioni né interessi).
Norme principaliArt. 36-bis DPR 600/1973 (controllo automatico imposte dirette); Art. 54-bis DPR 633/1972 (controllo automatico IVA); D.Lgs. 462/1997 art. 2 (disciplina pagamenti e sanzioni ridotte); Statuto contribuenti L.212/2000 art.6 co.5 (obbligo contraddittorio se incertezze rilevanti, pena nullità cartella); D.Lgs. 108/2024 art.3 (termine 60 gg dal 2025).

Controllo formale (art. 36-ter DPR 600/1973)

Il controllo formale rappresenta un secondo livello di verifica, più approfondito e “umano” rispetto al controllo automatico. Ai sensi dell’art. 36-ter DPR 600/1973, l’Agenzia delle Entrate, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, può effettuare controlli mirati su alcuni contribuenti richiedendo e verificando la documentazione a supporto dei dati dichiarati. In pratica, si tratta di controlli a campione o su specifiche posizioni: l’Ufficio invita il contribuente a fornire ricevute, fatture, scontrini, attestazioni e altri elementi probatori che giustificano le deduzioni, detrazioni o crediti d’imposta indicati in dichiarazione. L’obiettivo è verificare la correttezza formale dei dati dichiarati, scovando errori od omissioni non rilevabili automaticamente, in particolare con riguardo agli oneri che danno diritto a benefici fiscali.

Esempi tipici di irregolarità emerse dal controllo formale:

  • Documenti mancanti o non validi: ad esempio oneri detraibili/deducibili (spese mediche, interessi passivi mutuo, spese di ristrutturazione edilizia, tasse scolastiche, premi assicurativi, ecc.) indicati in dichiarazione ma non supportati da documenti oppure con documenti non conformi. Un caso ricorrente: il contribuente indica spese sanitarie per €X da portare in detrazione al 19%, ma non è in grado di esibire scontrini o fatture per l’intero importo (magari ne ha persi alcuni, o non ha conservato la documentazione). Oppure, esibisce ricevute non idonee (es. intestate a un familiare non a carico, o pagate in contanti quando la legge richiedeva pagamento tracciabile). Queste situazioni portano a contestare la detrazione non spettante per mancanza di prova o per violazione di requisiti formali.
  • Errori materiali non rilevati dal controllo automatizzato: es. importi inseriti in dichiarazione nel rigo sbagliato, oppure incongruenze tra dati dichiarati e quelli risultanti da certificazioni di terzi già in possesso dell’Agenzia. Ad esempio, la banca comunica all’Anagrafe Tributaria gli interessi passivi del mutuo pagati dal contribuente, ma quest’ultimo in dichiarazione indica un importo maggiore: il controllo formale chiederà spiegazioni e, in mancanza di giustificativi (es. perché una parte degli interessi non è detraibile oltre un certo limite), contesterà la detrazione eccedente come non spettante.
  • Scostamenti in indici o altri dati che suggeriscono verifiche: talvolta uno scostamento anomalo (es. indicatori di incoerenza negli ISA, redditi dichiarati molto bassi a fronte di elevate spese detratte) induce l’ufficio ad approfondire richiedendo documentazione. Spesso però, se le incongruenze sono rilevanti, si procede direttamente con accertamenti veri e propri invece che con un semplice avviso bonario.

Il controllo formale prevede generalmente una fase preliminare di interlocuzione: l’ufficio invia una richiesta di documenti al contribuente, indicandogli quali pezze giustificative produrre e entro quando. Ad esempio, può arrivare una comunicazione (via posta o PEC) con cui l’Agenzia chiede di trasmettere, entro 30 giorni, le copie dei documenti relativi a specifiche detrazioni dichiarate (ricevute mediche, bonifici per ristrutturazioni, ecc.). Se il contribuente collabora prontamente e fornisce tutto il necessario, chiarendo eventuali incongruenze, è possibile che l’irregolarità venga risolta senza emettere alcuna richiesta di pagamento. Al contrario, se dalla documentazione fornita emergono comunque differenze (ad esempio alcune spese non risultano documentate, o non erano effettivamente agevolabili) oppure se il contribuente non risponde affatto alla richiesta, allora l’ufficio procede a calcolare le imposte dovute in più e invia la comunicazione di irregolarità analoga a quella del controllo automatico.

Esempio: Tizio ha dichiarato €3.000 di spese mediche detraibili, ma in seguito a richiesta esibisce ricevute solo per €2.000. L’Agenzia, in sede di controllo formale, contesterà €1.000 di spese non comprovate, quindi detrazione non spettante su tale importo. Verrà calcolata la maggiore IRPEF dovuta (19% di €1.000 = €190) più interessi e sanzione ridotta nella comunicazione di irregolarità.

Dal punto di vista termini e sanzioni, anche per il controllo formale il contribuente ha ora (a seguito della riforma) 60 giorni per pagare o eventualmente opporsi, se l’avviso è emesso dal 2025 in poi (erano 30 giorni per quelli fino al 2024). In genere l’avviso bonario da 36-ter viene inviato direttamente al contribuente (non via intermediario, poiché spesso c’è stata già la richiesta documenti direttamente); qualora fosse trasmesso al professionista delegato, si applicherebbe analogamente l’estensione a 90 giorni totali. Vale anche qui la sospensione feriale in agosto.

La sanzione ridotta nel controllo formale è diversa da quella del controllo automatico: la normativa (art. 2 D.Lgs. 462/1997) prevede una riduzione a 2/3 della sanzione ordinaria. In pratica, se l’irregolarità comporta maggior imposta che normalmente sarebbe sanzionata al 25-30%, in sede di avviso bonario la sanzione richiesta è circa il 20% (due terzi di 30%). Riprendendo l’esempio di €190 di IRPEF su detrazioni non spettanti: la sanzione piena sarebbe €57 (30% di 190, arrotondando), ma con l’avviso bonario formale si chiederebbe ~€38 (i 2/3 di 57). Se si paga nei termini, la vicenda si chiude così; se non si paga, l’importo a ruolo avrà sanzione intera (salvo favor rei, ossia 25% se applicabile) sul dovuto.

Da ricordare che il controllo formale spesso tocca proprio le detrazioni d’imposta e altri oneri dichiarati, perché verifica se il contribuente ha titolo per fruirne. Dunque, le “detrazioni non spettanti” sono una tipica contestazione da controllo formale: le spese c’erano ma non sono ammesse per motivi formali/sostanziali, oppure manca la prova delle spese. In questi casi il contribuente, come vedremo, dovrà attivarsi per dimostrare il contrario (fornendo i documenti mancanti prima possibile, se li ha, oppure contestando legalmente la pretesa se ritiene di aver diritto comunque).

Differenze sintetiche tra controllo automatico e formale: Il controllo automatico punta ad errori oggettivi e discrepanze facilmente riscontrabili incrociando dati, mentre il controllo formale mira a verificare la legittimità di deduzioni/detrazioni attraverso i documenti. Entrambi si concretizzano in un avviso bonario se c’è da recuperare imposta. La tabella seguente confronta i punti chiave:

💡 Tabella – Controllo automatico vs. controllo formale

CaratteristicaControllo automatico (36-bis)Controllo formale (36-ter)
Quando avvieneEntro 1 anno dalla dichiarazione (anno successivo)Entro 2 anni dalla dichiarazione (secondo anno successivo)
Cosa verificaErrori aritmetici, versamenti omessi, utilizzo crediti/detrazioni non spettanti da banche dati (verifica informatica).Correttezza formale dei dati: verifica documenti a supporto di oneri detraibili/deducibili e altri dati dichiarati (verifica umana).
Interazione col contribuenteNessuna richiesta preventiva di documenti. Si incrociano dati esistenti.Richiesta preventiva di documenti al contribuente (termine ≥30 gg); se non risponde o documenti insufficienti, si procede all’avviso bonario.
Atto emessoComunicazione di irregolarità con calcolo imposte/interessi/sanzioni ridotte.Comunicazione di irregolarità simile (dopo eventuale invito a produrre documenti).
Termine per definire30 gg (avvisi fino al 2024) → 60 gg (dal 2025). +30 gg se via intermediario.30 gg (fino al 2024) → 60 gg (dal 2025). Invii tramite intermediario rari (event. +30 gg).
Sanzione bonaria1/3 della sanzione ordinaria (di regola ~10% dell’imposta non versata).2/3 della sanzione ordinaria (di regola ~20% dell’imposta).
Se niente avvisoSe vi sono incertezze rilevanti, l’omesso avviso rende nulla la cartella successiva. Se però l’irregolarità è dovuta a omesso versamento di importi dichiarati dallo stesso contribuente, non c’è incertezza e l’avviso non è obbligatorio.Parimenti, per recuperi da controllo formale l’avviso bonario è obbligatorio (in quanto per definizione ci sono aspetti da chiarire). La giurisprudenza richiede il contraddittorio prima di iscrivere a ruolo somme da 36-ter, pena nullità in caso di mancata comunicazione.

Nota sull’obbligo di avviso bonario: come indicato, la legge (art. 6, c.5 L.212/2000) impone all’Amministrazione di invitare il contribuente a fornire chiarimenti se vi sono “incertezze su aspetti rilevanti” della dichiarazione, prima di iscrivere a ruolo somme derivanti da controlli automatici. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa tutela opera solo in presenza di veri profili di incertezza; se la difformità è dovuta a un mero mancato pagamento di quanto il contribuente stesso ha dichiarato, non sussiste l’obbligo di avviso bonario (poiché non c’è nulla da chiarire, l’imposta era pacificamente dovuta). Conseguentemente, in tali casi l’Agenzia può iscrivere direttamente a ruolo l’importo non versato, e il contribuente non ha diritto alle sanzioni ridotte dell’avviso bonario perché l’avviso non era dovuto. Questo principio è stato affermato, tra le altre, da Cass. n.12023/2015 e confermato da giurisprudenza costante. Viceversa, se c’è incertezza (ad es. detrazione dubbia), l’omessa comunicazione preventiva rende nulla la cartella: Cass. n.19052/2015 ha sancito la nullità di una cartella da controllo automatizzato non preceduta dall’avviso bonario quando vi erano elementi da chiarire.

In sintesi: la comunicazione di irregolarità è un atto intermedio, che segue il controllo e precede l’eventuale iscrizione a ruolo. Non è un’accertamento definitivo, ma ignorarla è pericoloso: se non si reagisce, diventerà una cartella esattoriale con sanzioni piene e rischio di azioni di recupero forzoso. Allo stesso tempo, l’avviso bonario offre opportunità al contribuente: può chiudere la questione rapidamente pagando il dovuto con uno sconto sulle sanzioni, oppure può far valere le proprie ragioni (presentando documenti o osservazioni) per evitare addebiti indebiti.

Nei capitoli successivi vedremo come comportarsi in pratica, a seconda che il contribuente ritenga fondato o meno il rilievo dell’Agenzia, quali strumenti ha a disposizione per difendersi, e quali strategie sono consigliabili sia per risolvere bonariamente la vicenda sia per prepararsi a un eventuale contenzioso.

Parte II – Cosa fare alla ricezione della comunicazione: opzioni e primi passi

Passiamo ora all’aspetto operativo: cosa deve fare un contribuente quando riceve una comunicazione di irregolarità che contesta, ad esempio, una detrazione non spettante? È fondamentale non ignorare l’avviso e agire tempestivamente entro i termini indicati. In generale, i passi chiave da compiere possono riassumersi così:

  1. Capire – leggere con attenzione la comunicazione, identificare l’irregolarità contestata (quale detrazione o credito specifico viene disconosciuto?) e comprenderne le cause (documento mancante? errore di calcolo? interpretazione restrittiva della norma da parte dell’ufficio?).
  2. Decidere – valutare se l’ufficio ha ragione (in tal caso conviene pagare, eventualmente fruendo di ravvedimento o definizione agevolata se possibile) oppure se si ritiene che la pretesa fiscale sia infondata o almeno in parte errata (in tal caso predisporre una risposta e una strategia di difesa).
  3. Agire – entro il termine di 30/60 giorni, mettere in atto la decisione: pagare le somme dovute (in un’unica soluzione o avviando la rateazione) oppure inviare all’Agenzia una comunicazione di risposta motivata (istanza di autotutela) con eventuale documentazione a supporto, chiedendo la rettifica/annullamento dell’avviso.

Nel seguito analizziamo separatamente il caso in cui il contribuente condivida il rilievo (irregolarità fondata) e il caso in cui lo contesti (irregolarità ritenuta infondata), fermo restando che vi possono essere situazioni intermedie (ad es. una parte della pretesa è corretta e una parte no – vedremo come gestire anche queste evenienze).

A) Irregolarità fondata – come regolarizzare al meglio (adesione alla comunicazione)

Se, dopo aver esaminato l’avviso, il contribuente riconosce che la contestazione è corretta, o comunque non è in possesso di elementi per contraddirla, è in genere consigliabile procedere a regolarizzare quanto prima la posizione versando il dovuto. I motivi per aderire subito (quando si ha torto) sono sostanzialmente:

  • Beneficio delle sanzioni ridotte: Come spiegato, pagando entro i termini indicati si beneficia della sanzione ridotta (1/3 o 2/3). Se invece si lascia decadere l’avviso bonario, la sanzione tornerà quella intera. Ad esempio, su €1.000 di imposta contestata per detrazioni non spettanti, pagare nei 60 gg significa sanzione €100 (10%), mentre dopo si salirebbe a €300 (30%). La differenza è notevole. Anche con la riduzione della sanzione base al 25%, pagare subito comporta sanzione ~€83 invece di €250.
  • Evitare maggiori oneri e riscossione coattiva: Se non si paga l’avviso bonario, l’Agenzia iscriverà a ruolo le somme e notificherà una cartella esattoriale. La cartella comporta, oltre alle sanzioni piene, anche gli interessi di mora (calcolati dal 61° giorno fino al pagamento, attualmente ~5% annuo sui tributi iscritti a ruolo) e gli aggi di riscossione (oneri spettanti all’Agente della Riscossione, pari al 3%–6% circa). Inoltre espone al rischio di procedure esecutive (fermo amministrativo, pignoramenti) se non si paga entro 60 giorni. Tutto ciò può essere evitato definendo subito in sede bonaria.
  • Chiusura rapida della vicenda e niente contenzioso: Pagando l’avviso bonario, la posizione viene definita in via automatica – l’Agenzia non emette ulteriori atti impositivi su quella differenza. Non sarà necessario affrontare un contenzioso tributario, con risparmio di tempo, spese (tributarie e legali) e incertezza. Dopo il pagamento integrale (o dell’ultima rata) l’irregolarità si considera sistemata; si consiglia di conservare le ricevute e verificare nel proprio cassetto fiscale che l’esito risulti “definito”.

Come pagare l’avviso bonario: In genere la comunicazione contiene già i modelli di pagamento (F24) precompilati per versare in un’unica soluzione oppure, se ammesso, per iniziare il pagamento rateale. Il contribuente può utilizzare tali modelli (o ricopiare i relativi codici tributo e importi su un F24 ordinario). È importante rispettare la scadenza indicata per evitare il decadimento del beneficio sanzionatorio. Se la lettera è ricevuta tramite PEC, spesso viene allegato un prospetto con gli estremi per il pagamento. In alternativa, è possibile pagare anche tramite i servizi telematici (Fisconline/Entratel) usando il codice atto riportato nella comunicazione.

Rateizzazione: Se l’importo è elevato e non si riesce a saldarlo in un’unica soluzione, la legge consente di rateizzare il debito dell’avviso bonario. È sufficiente pagare entro il termine la prima rata (indicata nei modelli F24 allegati) e ciò equivale a presentare istanza di rateazione. Le regole principali della rateizzazione ex D.Lgs. 462/1997 sono:

  • Fino a €5.000 di importo dovuto (somma di imposte + interessi + sanzioni ridotte): è possibile dilazionare in fino a 8 rate trimestrali (due anni). Quindi circa 1 rata ogni 3 mesi.
  • Oltre €5.000: si può ottenere fino a 20 rate. La prassi ha previsto in alcuni periodi rate trimestrali o bimestrali; generalmente si tratta di 20 rate trimestrali (5 anni). L’Agenzia specifica nel proprio avviso il piano di rate massimo ammesso e l’importo di ciascuna rata.
  • Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso di interesse legale (attualmente 3,5% annuo dal 2023, divenuto 5% dal 2024). Tali interessi di rateazione decorrono dal giorno successivo alla scadenza della prima rata.
  • Se il contribuente salta una rata o paga con eccessivo ritardo, la rateazione decade e l’intero importo residuo diviene immediatamente esigibile (verrà quindi iscritto a ruolo e cartella). In pratica la dilazione salta se non si paga una rata entro la scadenza della successiva.

Esempio: Caio riceve un avviso bonario con €10.000 tra imposte e interessi e €1.000 di sanzioni ridotte (totale €11.000). Può chiedere fino a 20 rate. Supponiamo opti per 8 rate trimestrali: paga la prima rata di circa €1.375 (1/8 del totale, comprensiva di interessi su 6 mesi circa) entro 60 giorni. Le successive 7 rate da ~€1.375 ciascuna vanno versate ogni tre mesi. Gli interessi complessivi saranno intorno a qualche centinaio di euro. Se Caio rispetta le scadenze, nulla altro è dovuto e l’avviso si considera definito regolarmente. Se invece Caio non paga una rata, l’Agenzia iscriverà a ruolo il residuo con sanzioni piene (detraendo ovviamente quanto già versato).

Ravvedimento operoso: Una domanda comune è se, ricevuta la comunicazione, sia possibile ricorrere al ravvedimento operoso anziché pagare l’avviso. Il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) consente al contribuente di autodenunciarsi e correggere spontaneamente errori od omissioni, pagando sanzioni ridotte in misura proporzionale alla tempestività (ad esempio 1/8 del minimo se entro 1 anno). Tuttavia, il ravvedimento è ammesso solo finché l’irregolarità non sia già stata constatata o non siano iniziati accessi/ispezioni (art.13, c.1, let. a) D.Lgs. 472/97). Nel caso di controlli automatici/formali, l’arrivo della comunicazione di irregolarità preclude il ravvedimento sulla specifica violazione, perché ormai l’ufficio l’ha formalmente rilevata. Il contribuente avrebbe potuto ravvedersi prima (ad esempio, se si accorgeva di aver indebitamente detratto una spesa, poteva presentare una dichiarazione integrativa e pagare con sanzione ridotta). Ma dopo la notifica dell’avviso bonario, occorre passare attraverso la procedura di cui al D.Lgs. 462/97, cioè pagare quanto richiesto (con sanzione già ridotta ad 1/3 o 2/3). In pratica, la comunicazione di irregolarità sostituisce il ravvedimento: offre una sanzione ridotta (anche se in misura generalmente meno vantaggiosa del ravvedimento ultra-annuale, ma comunque favorevole) in cambio del pagamento entro 30/60 giorni. Dunque non è possibile, ad esempio, ignorare l’avviso e presentare un F24 “spontaneo” con sanzione ridotta da ravvedimento: tale pagamento verrebbe considerato fuori termine e non eviterebbe l’iscrizione a ruolo.

Verifica post-pagamento: Dopo aver pagato l’intero importo (o tutte le rate), l’Agenzia non invierà una conferma formale (di solito). È però opportuno controllare dopo qualche settimana nel proprio cassetto fiscale che la posizione risulti chiusa/definita. In caso di errore nei pagamenti (es. F24 compilato con codice tributo sbagliato) potrebbe capitare che l’importo non sia stato attribuito correttamente: se dal cassetto non risulta definito, è bene attivarsi presso l’ufficio. Importante: se in futuro dovesse malauguratamente arrivare una cartella per somme che avete già pagato con l’avviso bonario, non allarmatevi: è probabilmente un errore (doppia imposizione). Basterà presentare un’istanza di annullamento in autotutela allegando le quietanze di pagamento per far sgravare la cartella. Tenere le ricevute è quindi fondamentale.

B) Irregolarità ritenuta infondata – come contestare e far valere le proprie ragioni

Passiamo ora al caso in cui il contribuente non condivida la pretesa fiscale contenuta nella comunicazione, ad esempio perché ritiene di aver diritto alla detrazione contestata. Questo è il momento di attivare le strategie difensive in sede amministrativa. È essenziale agire entro lo stesso termine di 30/60 giorni, presentando elementi a supporto della propria posizione. Vediamo gli strumenti a disposizione:

1. Segnalare immediatamente gli errori o presentare documenti mancanti (istanza di autotutela): La prima mossa, nonché la più semplice, è rispondere direttamente all’Agenzia delle Entrate segnalando perché l’irregolarità sarebbe erronea. Tecnicamente si tratta di un’istanza in autotutela, ossia una richiesta all’ufficio di annullare o rettificare in tutto o in parte la comunicazione perché infondata. Questa istanza non ha formalità rigidissime: può essere una lettera o PEC indirizzata all’ufficio che ha emesso l’avviso (i riferimenti sono indicati sul frontespizio), in cui si cita il numero di comunicazione e si spiegano le proprie ragioni, allegando eventuale documentazione probante.

Ad esempio, se la comunicazione contesta “spese mediche detratte non spettanti per €X” perché dall’incrocio dati risultavano incoerenze, ma il contribuente ha tutti i giustificativi validi, potrà inviarli in copia all’ufficio con una lettera di accompagnamento spiegando che le spese erano legittime e chiedendo l’annullamento dell’avviso. Oppure, se viene contestato un credito d’imposta non spettante ma in realtà il contribuente aveva presentato una dichiarazione integrativa che il sistema non ha agganciato, segnalerà questo fatto allegando copia della dichiarazione integrativa e della ricevuta di presentazione.

È importante che l’istanza sia inviata entro il medesimo termine di scadenza dell’avviso (30 o 60 gg), così che l’ufficio la prenda in carico prima di procedere oltre. Infatti, la presentazione di chiarimenti sospende nei fatti la riscossione finché l’ufficio non fornisce un riscontro: l’importante è avere prova di aver presentato la richiesta (es. ricevuta PEC, protocollo di consegna). Nella maggior parte dei casi, l’Agenzia esaminerà la documentazione:

  • Se riconosce l’errore (proprio o altrui), comunicherà l’annullamento totale o parziale dell’irregolarità. Ad esempio, se dalle pezze giustificative risulta che la metà delle spese contestate erano in realtà valide, si avrà uno sgravio parziale e verrà emesso nuovo avviso (o direttamente chiusura) con importi ridotti.
  • Se invece conferma la propria posizione (ritiene che la detrazione fosse comunque non spettante), notificherà un riscontro negativo. A volte il mancato accoglimento può avvenire con l’emissione della cartella di pagamento stessa: cioè, se non risponde diversamente entro il termine, il silenzio dell’ufficio si tramuta in iscrizione a ruolo delle somme.

In ogni caso, mai ignorare la comunicazione confidando che sia un errore del Fisco e si risolva da sé. Anche se siete convinti che l’Agenzia abbia sbagliato, è onere vostro segnalarlo e provare il contrario. Ad esempio: “Ho già pagato quella somma” – allora dovete assolutamente far pervenire la prova del pagamento, altrimenti il sistema potrebbe non averlo abbinato e procederà come se foste in difetto. Analogamente: “Questa detrazione è corretta per legge” – dovrete spiegare perché, magari citando la norma o circolare che vi dà ragione, perché difficilmente l’ufficio si accorgerà da solo di un proprio errore interpretativo se voi non glielo fate notare.

Quando l’importo in ballo è consistente, conviene far preparare l’istanza di autotutela a un professionista qualificato (commercialista o avvocato tributarista). Questi saprà impostare al meglio le argomentazioni, citando riferimenti normativi e di prassi, aumentando le chance di convincere l’ufficio. Inoltre, un professionista potrà interfacciarsi con i funzionari (anche attraverso il canale Civis dell’Agenzia, riservato agli intermediari, o fissando un appuntamento presso l’ufficio) per discutere la posizione. Talvolta, infatti, un colloquio diretto può risolvere malintesi e portare l’ufficio a soprassedere.

2. Pagamento parziale dell’importo non controverso: Se la comunicazione contiene più rilievi o importi e il contribuente ne contesta solo una parte, è possibile regolarizzare in parte e contestare il resto. La normativa consente il pagamento frazionato: “l’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente provvede a pagare le somme dovute…” (art. 2, c.2 D.Lgs. 462/97). Questo significa che potete pagare, ad esempio, gli importi su cui siete d’accordo (beneficiando delle sanzioni ridotte su quella parte) e non pagare la parte che ritenete indebita. L’Agenzia iscriverà a ruolo solo la quota non pagata, con sanzioni intere su di essa.

Facciamo un esempio: l’avviso chiede €4.000 (di cui €3.000 per un primo rilievo che riconoscete corretto, e €1.000 per un secondo rilievo che contestate). Potete versare €3.000 (comprensivo di imposte, interessi, sanzioni ridotte relative a quel rilievo) entro i 60 giorni. Per l’altro €1.000 non versato, l’Agenzia emetterà cartella dopo 60 giorni con sanzione piena sul relativo tributo. In sede di eventuale contenzioso vi concentrerete solo su tale parte. Attenzione: è buona prassi segnalare all’ufficio, nell’istanza, che avete effettuato pagamento parziale e specificare a quali codici tributo si riferisce, per evitare confusione nei sistemi automatici. Inoltre bisogna assicurarsi che il pagamento parziale copra interamente i singoli addebiti accettati (compresa la quota di sanzioni e interessi), altrimenti il sistema potrebbe considerare l’avviso non definito e iscrivere comunque a ruolo differenze minime.

In caso di pagamento parziale, siete comunque protetti sulla parte pagata: quella non potrà più essere contestata dall’ufficio. Sulla parte restante, invece, andrete avanti con la contestazione. Questa strategia “mista” può rivelarsi utile per limitare i rischi: ad esempio, se uno dei due rilievi è palese (meglio pagarlo subito) e l’altro è dubbio, vi concentrate sul secondo. Inoltre, pagando parzialmente non perdete il beneficio sanzionatorio su ciò che versate, mentre sulla parte che rifiutate pagherete eventualmente la sanzione intera solo se perderete in contenzioso.

3. Impugnazione (ricorso) dell’avviso bonario: Formalmente, la comunicazione di irregolarità non rientra tra gli atti impugnabili elencati tassativamente nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992. In passato si riteneva dunque che non fosse possibile fare ricorso alle Commissioni Tributarie contro un avviso bonario, dovendosi attendere la cartella o l’avviso di accertamento successivo. Tuttavia la Corte di Cassazione ha ormai chiarito che il contribuente ha facoltà di impugnare subito l’avviso bonario, se lo desidera. Questo perché qualsiasi atto con cui il Fisco comunica una “pretesa tributaria compiuta e motivata” lede potenzialmente il contribuente e dev’essere impugnabile per garantire tutela immediata. Dunque, pur non essendo obbligato a farlo, il contribuente può proporre ricorso entro 60 giorni dalla comunicazione di irregolarità (termine previsto per gli atti impugnabili) anche contro il mero avviso bonario.

Questa possibilità, affermata già da Cass. n. 25297/2014, è stata confermata da numerose pronunce tra cui Cass. n. 22536/2020. In sostanza: l’avviso bonario è impugnabile in via facoltativa. Ciò significa che se anche non lo impugnate, potrete comunque impugnare la cartella dopo; ma se volete, potete giocare d’anticipo impugnandolo subito.

Conviene impugnare subito l’avviso bonario? Nella pratica, raramente il contribuente sceglie di presentare ricorso in Commissione Tributaria (ora Corte di Giustizia Tributaria) già contro la comunicazione di irregolarità. Questo per vari motivi:

  • L’ufficio, dal canto suo, non è obbligato a sospendere la procedura se riceve un ricorso sul bonario, in quanto l’atto non era formalmente impugnabile. Spesso gli uffici procedono comunque all’iscrizione a ruolo decorso il termine di 30/60 giorni se non vedono il pagamento, anche se sanno del ricorso. In altre parole, il ricorso contro avviso bonario non sospende automaticamente la successiva cartella. Il contribuente potrebbe quindi trovarsi a dover impugnare anche la cartella (che nel frattempo viene emessa), col rischio di un doppio contenzioso in parallelo sul medesimo oggetto.
  • Le Commissioni Tributarie possono talvolta dichiarare il ricorso inammissibile ritenendo che l’atto non fosse autonomamente impugnabile (non tutti i giudici di merito sono allineati all’indirizzo della Cassazione). Ciò complicherebbe la situazione processuale.
  • Spesso conviene utilizzare il periodo bonario per interloquire in via amministrativa con l’ufficio (istanza, esibizione documenti) e vedere se la questione si risolve senza bisogno del giudice. Il ricorso dovrebbe essere l’extrema ratio, quando l’ufficio rigetta ogni chiarimento.

Detto ciò, ci sono casi in cui impugnare subito l’avviso può essere opportuno: ad esempio, se l’importo richiesto è molto alto e si teme che l’iscrizione a ruolo possa avvenire rapidamente, il contribuente potrebbe ricorrere e contestualmente chiedere al giudice una sospensione cautelare per bloccare la cartella in arrivo. Oppure, se l’ufficio ha chiaramente torto su un punto di diritto e non intende recedere, il contribuente può decidere di andare subito in giudizio sull’avviso per abbreviare i tempi.

Riassumendo le opzioni difensive entro i 30/60 giorni:

  • Comunicare con l’ufficio (autotutela) presentando documenti e motivazioni a discarico – via raccomandata, PEC, Civis o appuntamento – per cercare di far annullare o correggere l’avviso bonario senza contenzioso.
  • Pagare parzialmente la parte non contestata, se applicabile, e segnalare la cosa.
  • Avviare un ricorso tributario (eventualmente chiedendo anche la sospensione al giudice) oppure attendere la fase successiva. L’impugnazione immediata è facoltativa: potete sempre decidere di attendere la cartella ed impugnare quella, senza alcuna preclusione.

Nel caso in cui l’ufficio non accolga l’istanza in autotutela e quindi, trascorso il termine, iscriva comunque le somme a ruolo, ci si dovrà preparare ad affrontare il contenzioso tributario vero e proprio. La fase del ricorso è trattata in Parte III, ma anticipiamo qui che il contribuente avrà ancora la possibilità di difendersi davanti al giudice, portando magari nuovi documenti (se non erano stati prodotti prima) e facendo valere anche eventuali vizi di procedura (es. nullità per difetto di motivazione o mancato contraddittorio, se applicabile).

Prima di passare alla Parte III, dedichiamo un breve paragrafo alle strategie in caso di irregolarità parzialmente fondate – scenario frequente. Se una parte dell’avviso è corretta e una parte no, la condotta migliore è:

  • Pagare la parte corretta entro i termini (così da chiuderla con sanzioni ridotte).
  • Contestare formalmente la parte restante, seguendo le vie sopra descritte (istanza all’ufficio ed eventuale successivo ricorso per la parte non definita).

In questo modo, vi assicurate di non pagare oltre il dovuto sulla porzione riconosciuta e, insieme, di concentrare la lite solo su ciò che è realmente controverso. Spesso l’Agenzia stessa, vedendo il pagamento parziale e le contestazioni sul resto, potrebbe rivedere le proprie posizioni e magari desistere su alcuni punti dubbi.

Parte III – Strategie difensive avanzate e contenzioso tributario

Qualora la vicenda non si risolva in sede bonaria, si entra nell’ambito del contenzioso tributario. In questa parte analizzeremo le strategie difensive a disposizione del contribuente “debitore” che si trova a dover impugnare formalmente la pretesa fiscale relativa a detrazioni non spettanti. Inoltre, considereremo i possibili riflessi penali in caso di violazioni fiscali di una certa gravità (poiché il contribuente, nell’elaborare la strategia, deve tener conto anche di eventuali rischi di natura penale).

Difesa in sede di contenzioso tributario

Se l’avviso bonario non è stato definito e si è tradotto in una cartella di pagamento oppure (più raramente) in un avviso di accertamento formale, il contribuente ha la possibilità di rivolgersi al giudice tributario per far valere le proprie ragioni. Ricordiamo che dal 2023 le Commissioni Tributarie sono state ridenominate Corti di Giustizia Tributaria di Primo e Secondo Grado, ma la sostanza del processo non è cambiata. Ecco i punti salienti per impostare la difesa:

  • Atto da impugnare: generalmente sarà la cartella di pagamento emessa dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione) a seguito del mancato pagamento dell’avviso bonario. La cartella, notificata al contribuente, contiene il dettaglio delle somme iscritte a ruolo (imposte, interessi, sanzioni ora in misura piena, aggi di riscossione). In alcuni casi, specie per controlli formali o qualora l’ufficio voglia cristallizzare la propria pretesa, potrebbe essere stato notificato un avviso di accertamento in luogo della cartella. Ad esempio, se durante il controllo formale emergono elementi più complessi o altri redditi non dichiarati, l’Agenzia potrebbe emettere un avviso di accertamento con la contestazione di indebite detrazioni (e in tal caso l’avviso bonario costituiva comunque un passaggio intermedio obbligatorio). Sia la cartella che l’eventuale avviso di accertamento sono atti impugnabili davanti al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica.
  • Tempistica e procedura di ricorso: dalla notifica dell’atto (cartella/accertamento) decorrono 60 giorni per proporre ricorso (art. 21 D.Lgs. 546/92). Se l’importo in contestazione non supera una certa soglia (attualmente €50.000 di tributo, al netto di sanzioni e interessi), il ricorso costituisce anche reclamo/mediazione, cioè viene prima inviato all’ufficio che ha emanato l’atto e se entro 90 giorni non si trova un accordo, diventa ricorso giurisdizionale. Nel caso di cartella derivante da controllo automatizzato, l’atto “a monte” è una liquidazione automatica, quindi rientra tra quelli mediabili; l’ufficio potrebbe in sede di mediazione (se presentate memorie convincenti) annullare in autotutela la cartella o ridurre le somme. Se ciò non avviene, si procederà innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria.
  • Motivi di ricorso: in sede di ricorso, dovrete esporre i motivi di impugnazione, che possono essere di legittimità (vizi procedurali) e di merito (contestazione della pretesa fiscale). Nel caso di detrazioni non spettanti, i motivi tipici includono:
    • Erroneità nel merito della ripresa fiscale: ad esempio, dimostrare che le spese contestate erano effettivamente sostenute e documentate, quindi la detrazione spettava. Qui è cruciale allegare nuovamente tutti i documenti probatori. Anche se li avevate già forniti all’ufficio, presentateli al giudice, perché è questi che dovrà valutarli ora. La prova spetta in larga parte a voi: secondo la Cassazione, in tema di agevolazioni fiscali è onere del contribuente provare di averne i requisiti. Se la detrazione era subordinata a una certa spesa, dovrete convincere il giudice di aver sostenuto quella spesa e che essa rientra tra quelle agevolabili. Per questo in giudizio si possono anche produrre documenti nuovi (ad esempio, se ve n’era qualcuno non inviato in sede di controllo formale).
    • Eccezioni procedurali: verificare se l’Agenzia ha rispettato tutte le regole. Ad es., mancato invio dell’avviso bonario quando era dovuto (come visto, causa di nullità della cartella); difetto di motivazione dell’atto impugnato; errata notifica; calcoli sbagliati negli importi; ecc. Spesso, nel caso di cartella da controllo automatizzato, l’eccezione principale è proprio l’omesso contraddittorio: se riuscite a dimostrare che l’irregolarità comportava aspetti incerti (tipicamente non un omesso versamento palese, ma appunto una detrazione negata) e che non avete mai ricevuto la comunicazione di irregolarità, potreste ottenere l’annullamento della cartella. Attenzione: l’Agenzia produce in giudizio copia della comunicazione e dell’invio; se risulta che vi fu PEC o raccomandata regolarmente spedita, difficilmente il giudice vi darà ragione sulla mancata notifica, a meno che non vi siano vizi specifici (es. PEC inviata all’indirizzo sbagliato, ecc.).
    • Divieto di “motivi aggiunti” dell’ufficio in giudizio: c’è un principio chiamato divieto di motivazione postuma, per cui il Fisco non può in contenzioso addurre ragioni totalmente nuove rispetto a quelle esplicitate nell’atto impugnato (per non violare il diritto di difesa del contribuente). Se ad esempio la cartella dice semplicemente “detrazione per ristrutturazione non spettante per documentazione carente”, l’ufficio non può in giudizio introdurre un diverso motivo, tipo “detrazione non spettante perché l’immobile non dava diritto al bonus”. Tuttavia, è ammessa una migliore specificazione di quanto già contestato. Ad esempio, se l’atto parlava genericamente di documenti mancanti, l’ufficio può nel processo dettagliare quali documenti mancavano, senza che ciò sia considerato un nuovo motivo. La Cassazione ha affermato che non è vizio di motivazione né indebita integrazione se la ragione fondante della ripresa era chiara sin dall’inizio – nel caso di specie, l’assenza di documentazione a supporto della detrazione. In pratica, non sperate di vincere sostenendo solo che la motivazione dell’avviso fosse succinta: se era comprensibile che vi accusavano di non aver provato la spesa, dovrete comunque fornire la prova in giudizio, perché il giudice guarderà alla sostanza.
  • Svolgimento del processo: Il giudizio tributario di primo grado si svolge prevalentemente in forma scritta (deposito di ricorso, memoria dell’ufficio, eventuali repliche). Può essere opportuno chiedere anche un’udienza pubblica per chiarire a voce al collegio la situazione, specie se complessa. Nel nostro caso (detrazioni non spettanti) il cuore sarà l’esame dei documenti: se avete portato evidenze solide (es. ricevute, contratti, normative) che provano il vostro diritto, enfatizzatele nella memoria e in udienza.
  • Strumenti deflativi in corso di causa: Anche durante il processo esistono possibilità di accordo. Si può proporre una conciliazione giudiziale con l’ufficio: in sostanza, trovare un compromesso sul tributo dovuto. La conciliazione comporta, per legge, sanzioni ridotte del 50% su quanto concordato (se avviene in primo grado) e il pagamento in tempi brevi. Ad esempio, se siete in grado di provare almeno metà delle spese contestate, potreste proporre di conciliare riconoscendo metà delle imposte e con sanzione al 15% (invece del 30%). Questo strumento può risolvere la lite più celermente ed evitare appello. Dal 2023 la conciliazione è incentivata e può essere molto vantaggiosa nei casi incerti.
  • Esiti possibili: Il giudice può darvi ragione totale, annullando l’atto (cartella o accertamento) – ad esempio se accoglie la vostra prova sulle detrazioni o riscontra un vizio procedurale insanabile. Oppure può darvi ragione parziale, ad esempio riconoscendo solo alcune spese e riducendo il carico fiscale. In tal caso la sentenza rideterminerà l’importo dovuto. Infine, può darvi torto, confermando la legittimità dell’operato dell’ufficio. Le sentenze possono essere appellate dall’una o dall’altra parte in secondo grado.

Ricordiamo che, in pendenza di giudizio, per evitare effetti esecutivi della cartella, si può chiedere alla Corte tributaria la sospensione dell’esecuzione (art. 47 D.Lgs. 546/92) se sussistono gravi e fondati motivi. Ciò blocca eventuali azioni di recupero fino alla decisione. Spesso i giudici concedono la sospensione se il contribuente ha già versato una parte significativa o se la pretesa appare discutibile e l’importo elevato.

Inoltre, se l’importo è tale da mettere in pericolo la vostra attività o patrimonio, segnaliamo che dal 2023 esiste la possibilità di chiedere la sospensione anche all’Agente della Riscossione, presentando un’autodichiarazione in cui si attesta di aver proposto ricorso: in tal caso, AdER sospende le azioni esecutive fino a 180 giorni dopo la sentenza di primo grado (D.L. 146/2021 conv. L.215/2021). È una tutela ulteriore per evitare di subire pignoramenti durante il contenzioso, ma va attivata tempestivamente dopo la notifica della cartella.

In definitiva, la strategia processuale dovrà combinare difesa sul merito (prove delle spese o dei requisiti delle detrazioni) e difesa sui vizi formali (eventuali errori dell’ufficio nel procedimento). Nel caso di detrazioni non spettanti, spesso la partita si gioca principalmente sul merito, ossia dimostrare che invece erano spettanti. Bisogna essere onesti nella valutazione: se effettivamente mancava un requisito sostanziale, il giudice applicherà la legge (es.: hai pagato la spesa in contanti quando la norma richiedeva il pagamento con bonifico tracciato – difficilmente si vince, salvo eccepire l’illegittimità della norma stessa, strada impervia). Se invece la questione è interpretativa (es.: ritieni spettante una detrazione che l’AdE nega per via di un’interpretazione restrittiva), allora porta a sostegno circolari, interpelli, sentenze che sposano la tua tesi.

Riflessi penali e strategie difensive collegate

Un aspetto avanzato, ma importante nei casi più gravi, riguarda le possibili conseguenze penali legate alle irregolarità contestate. In linea generale, le violazioni riscontrate tramite controlli automatizzati/formali possono, se di entità rilevante, integrare talvolta fattispecie di reato tributario ai sensi del D.Lgs. 74/2000. Dal punto di vista del contribuente (ora imputato potenziale), è fondamentale tenere presente questo profilo perché la scelta di pagare o non pagare nei tempi può influire sulla configurazione di reati e sulle cause di non punibilità.

Quando scatta la segnalazione penale? L’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di segnalare alla Procura della Repubblica le violazioni tributarie che configurano reati, una volta accertate. Nel contesto di un avviso bonario per detrazioni non spettanti, i possibili reati ipotizzabili sono principalmente:

  • Dichiarazione infedele (art.4 D.Lgs. 74/2000): se l’indebita detrazione ha comportato l’indicazione di un’imposta inferiore di oltre €100.000 (soglia di imposta evasa) e superiore al 10% dell’imposta effettiva o a €2 milioni di imponibile non dichiarato. Ad esempio, se avete “risparmiato” €120.000 di IRPEF grazie a detrazioni fittizie, siete sopra la soglia – è un caso estremo ma possibile per imprese o grandi contribuenti. La dichiarazione infedele è un reato commesso al momento della presentazione della dichiarazione, punito con la reclusione da 2 a 4.5 anni (dopo modifiche 2015).
  • Dichiarazione fraudolenta (artt.2 e 3 D.Lgs. 74/2000): richiede l’uso di mezzi fraudolenti (fatture false o artifici/sotterfugi). Non è tipicamente il caso delle detrazioni non spettanti, a meno che il contribuente non abbia falsificato documenti per ottenerle (es. ricevute mediche create ad hoc, allora potrebbe configurarsi la frode mediante altri artifici).
  • Indebita compensazione di crediti inesistenti (art.10-quater D.Lgs. 74/2000): se la “detrazione” contestata in realtà era un credito d’imposta utilizzato in compensazione orizzontale (F24) che è inesistente (cioè mai maturato davvero, o fittizio) per importi superiori a €50.000. In tal caso, l’ufficio qualifica la condotta come indebita compensazione: se il credito era solo “non spettante” (esisteva ma non poteva essere usato) la pena è da 1.5 a 6 anni; se era “inesistente” (del tutto fittizio) da 2 a 6 anni. La giurisprudenza ha elaborato differenze su dolo e buona fede in questi casi, ma ora le definizioni di non spettante vs inesistente sono codificate dal 2024.
  • Omesso versamento di ritenute o IVA (artt.10-bis e 10-ter): poco attinenti al tema “detrazioni”, ma se l’irregolarità riguardasse un omesso versamento (es. non hai versato IVA per importo sopra soglia €250.000), l’avviso bonario (se inviato, ma abbiamo detto che per omessi versamenti il bonario non è obbligatorio) segnalerebbe un possibile reato. Comunque, per completezza: omesso versamento di ritenute >€150.000 o IVA >€250.000 integra reato a partire dalla scadenza del termine di pagamento dell’acconto dell’anno successivo.

Perché queste soglie e reati interessano il contribuente? Perché la normativa prevede delle cause di non punibilità se il contribuente paga il dovuto. In particolare l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 (come modificato prima dal D.L. 124/2019 e poi dal D.Lgs. 75/2020) stabilisce che per alcuni reati tributari, il pagamento integrale del debito tributario (imposta + interessi + sanzioni amministrative) prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado estingue il reato. Questo vale per i reati di omesso versamento e indebita compensazione, e anche per la dichiarazione infedele (introdotto nel 2019). Ad esempio, se un contribuente viene denunciato per indebita compensazione >€50.000 ma poi, entro l’inizio del processo penale, paga tutto il dovuto, non sarà punibile penalmente (il processo si chiuderà).

Inoltre, il D.Lgs. 87/2024 ha introdotto nuove cause di non punibilità o attenuanti: una legata allo stato di crisi di liquidità non imputabile (art.13 co.3-bis, applicabile ad omessi versamenti gravi) e una di particolare tenuità dell’offesa per importi molto ridotti.

Collegamento con l’avviso bonario: Ebbene, l’avviso bonario è l’occasione per il contribuente di mettersi in regola prima che scatti la sanzione penale. Se si riceve l’avviso per un importo che, se non pagato, integrerà un reato, pagando entro i 30/60 giorni si evita la denuncia. Ad esempio, se un avviso da controllo automatizzato segnala €300.000 di IVA non versata (sopra soglia penale), il contribuente ha tempo fino alla scadenza del bonario per pagare almeno sotto soglia (idealmente tutto) e così evitare la denuncia. Infatti, la prassi dell’Agenzia è di attendere l’esito dell’avviso bonario: se paghi, non c’è più reato (il fatto diventa pagato nei termini, quindi non punibile); se non paghi, allo scadere ti segnala alla Procura.

Va detto che per dichiarazione infedele, la denuncia scatta comunque dopo la constatazione (non c’è un termine fisso come il 30/60 giorni), ma certamente pagare spontaneamente il dovuto (anche se tardivamente) pone in essere il presupposto per l’esimente ex art.13 (pagamento integrale) o quantomeno per una forte attenuante.

Strategie difensive integrate: Se siete in una situazione a rischio penale, è cruciale coinvolgere subito un avvocato penalista tributario. La strategia potrebbe includere:

  • Rateizzare il pagamento attraverso l’avviso bonario: la legge prevede che l’adesione a un piano di rateazione con l’Erario prima del patteggiamento o della sentenza di primo grado sospende il processo penale per taluni reati e, se il pagamento si completa, estingue il reato. Con le modifiche del 2024, si è chiarito che la pendenza di una rateazione esclude la punibilità finché si rispettano le rate (esempio tipico: omesso versamento IVA, se l’imputato ottiene un piano di rate e lo segue, non viene punito).
  • Coordinarsi con la Procura: In alcuni casi, gli avvocati difensori concordano con la Procura una proroga del processo in attesa che il contribuente completi i pagamenti, così da poter poi chiedere l’archiviazione per avvenuto pagamento. Ciò per evitare condanne inutili destinante a essere annullate per sopravvenuta non punibilità.
  • Documentare cause di forza maggiore: Se il mancato pagamento era dovuto a crisi di liquidità non imputabile, preparare la documentazione (es. crisi di impresa, eventi eccezionali) per invocare la nuova esimente introdotta nel 2024.

In sintesi, dal punto di vista del debitore, l’avviso bonario è un momento cruciale non solo fiscalmente ma anche penalmente: pagando o concordando un piano prima che la vicenda degeneri, si può evitare di incorrere in sanzioni penali pesanti. Se invece si ignora l’aspetto penale e ci si concentra solo sul ricorso, si rischia di vincere magari in Cassazione dopo anni ma avere nel frattempo collezionato una condanna penale (paradosso da evitare).

Nel caso concreto delle detrazioni non spettanti, i profili penali potrebbero emergere per importi molto elevati (dichiarazione infedele), oppure per utilizzo indebito di crediti d’imposta (specie se “inesistenti” = fraudolenti). Ad esempio, si pensi ai bonus edilizi: l’uso indebito in compensazione di crediti “non spettanti” oltre 50k potrebbe portare a incriminazione ex art.10-quater. In tali casi, regolarizzare la posizione col Fisco (magari sfruttando anche eventuali definizioni agevolate se previste: la Legge di Bilancio 2023 ha consentito di definire avvisi bonari 2019-20 con sanzione solo 3%) assume un valore ancora più strategico, perché significa evitare il processo penale o potersi difendere con l’arma dell’avvenuto pagamento.

Conclusione parte III: Affrontare una comunicazione di irregolarità con contestazione di detrazioni non spettanti richiede quindi, nei casi complessi, un approccio a 360 gradi: tecnico-tributario (prove documentali, eccezioni di diritto), procedurale (rispetto dei termini, scelta dei riti alternativi come mediazione, conciliazione) e se necessario penalistico (valutare soglie e opportunità di estinguere il reato pagando). Il contribuente-debitore deve mantenere un atteggiamento proattivo, documentare tutto e farsi assistere da consulenti esperti per modulare al meglio la propria strategia difensiva.

Esempi pratici e casi particolari (simulazioni)

Di seguito presentiamo alcuni casi pratici simulati, basati su situazioni realmente frequenti, per illustrare l’applicazione concreta dei principi esposti e le possibili soluzioni.

  • Caso 1: Spese sanitarie non documentate – Il sig. Rossi presenta la dichiarazione dei redditi indicando €800 di spese mediche detraibili al 19%. Dovrebbe ottenere una detrazione di circa €152 dall’IRPEF. A novembre riceve una comunicazione di irregolarità (controllo formale) che contesta €300 di queste spese come non spettanti, chiedendo il pagamento di €57 di IRPEF più €11 di sanzioni (20% ridotto a 2/3) + interessi. Rossi realizza di aver perso alcuni scontrini farmacia per circa €300. Come si difende? In questo caso l’ufficio ha ragione: mancano i documenti per €300 di spese. Rossi potrebbe teoricamente recuperare copie delle ricevute dal farmacista o medico se possibile entro 60 giorni. Se ci riesce, le invia all’Agenzia chiedendo l’annullamento (motivando che le spese erano reali e ora provate). Se non riesce, la strategia migliore è pagare subito quanto richiesto (€57+ interessi) entro 30 giorni, beneficiando della definizione bonaria. Contestare senza pezze d’appoggio sarebbe inutile. Dunque Rossi paga e la detrazione gli viene ridotta di 300€ (pagando la relativa imposta). Conclusione: spesa non provata, meglio definire per evitare sanzioni piene; tenere a mente di conservare sempre gli scontrini originali per 5 anni.
  • Caso 2: Detrazione per ristrutturazione edilizia “persa” per mancato invio comunicazione ENEA – La sig.ra Bianchi ha diritto al bonus ristrutturazioni 50% su lavori edili. Per fruirne, la legge prevedeva l’invio di una comunicazione all’ENEA (Agenzia per l’energia) entro 90 giorni dal termine dei lavori. Bianchi, per ignoranza, non invia la comunicazione ENEA, ma indica comunque in dichiarazione una detrazione di €5.000. Dopo un anno, riceve un avviso bonario (controllo formale) che le contesta l’intera detrazione come non spettante, chiedendo il versamento di €5.000 di IRPEF + sanzione ~€1.000 (20%) + interessi. In questo caso la violazione è formale ma con impatto sostanziale: l’omesso invio all’ENEA fa decadere l’agevolazione secondo la normativa vigente (salvo possibilità di “remissione in bonis” pagando una sanzione entro l’anno successivo, cosa ormai scaduta). Come difendersi? Giuridicamente è difficile sostenere il diritto alla detrazione senza l’invio ENEA obbligatorio. Bianchi potrebbe presentare ricorso sostenendo l’eccezione di natura meramente formale dell’adempimento (tentando di far leva sul principio di prevalenza della sostanza, soprattutto se i lavori c’erano e sono documentati): alcune CTP in passato hanno dato ragione ai contribuenti su omissioni simili, ma non c’è certezza. Valutando costi/benefici, Bianchi potrebbe aderire alla definizione agevolata con sanzione ridotta: pagando entro 60 gg quei ~€6.000 complessivi, chiude la partita. In alternativa, se l’importo è troppo alto, può rateizzare (20 rate) e parallelamente fare ricorso chiedendo sospensione? Ma attenzione: se fa ricorso, perde la chance sanzione 1/3. Conclusione: caso difficile; la scelta dipende dall’entità degli importi e dall’orientamento giurisprudenziale del luogo. L’adesione bonaria è la via prudente se non si vuole rischiare, a meno di trovare un vizio procedurale per annullare tutto (poco probabile qui).
  • Caso 3: Credito d’imposta non spettante utilizzato in compensazione – La società Alfa nel 2024 utilizza in F24 un credito d’imposta di €20.000 (ad es. un bonus sanificazione Covid) a riduzione dei versamenti dovuti. In realtà, emerge che la società non aveva i requisiti per tale bonus e quindi quel credito non spettava. Il controllo automatico incrocia i dati e invia un avviso bonario chiedendo €20.000 di imposta non versata, con sanzione ridotta 10% (€2.000) + interessi. Come agire? Se Alfa riconosce l’errore (il bonus effettivamente non spettava), la mossa migliore è pagare entro 60 giorni i €22.000 + interessi. Potrà farlo in 8 o 20 rate se necessario. Così, mette a posto la sua posizione con sanzione ridotta. Se invece Alfa ritiene di aver diritto al bonus (magari per un’interpretazione diversa della norma), può presentare istanza difensiva citando la normativa e, se l’ufficio non recede, prepararsi a impugnare la cartella. In giudizio dovrà convincere che i requisiti c’erano (onere suo) o magari eccepire che la normativa era poco chiara (obiettiva incertezza), il che – se riconosciuto – potrebbe esonerare da sanzioni amministrative e persino penali. Attenzione però: €20.000 di credito non spettante non dà luogo a reato (sotto €50k), ma comunque meglio risolvere. Conclusione: per importi così, spesso si fa valere l’incertezza normativa: se c’era spazio interpretativo, puntare a far annullare la sanzione in autotutela (lo Statuto prevede che non si applichino sanzioni per obiettiva incertezza, art. 6 co.2 L.212/2000). In mancanza di questo, Alfa potrebbe valutare la definizione agevolata se mai prevista (nel 2023, ad esempio, avrebbe pagato solo 3% di €20k = €600 di sanzioni in base alla tregua fiscale).
  • Caso 4: Avviso bonario per omesso versamento già pagato – La sig.ra Verdi riceve un avviso bonario che richiede €1.500 per IRPEF non versata nell’anno precedente. In realtà, la sig.ra Verdi ha già pagato quella somma tramite F24, ma per un errore materiale il pagamento è stato registrato su un altro periodo (o un altro codice tributo). L’avviso quindi è frutto di uno sganciamento del pagamento. Come si difende? Invia immediatamente (via PEC) all’ufficio copia dell’F24 quietanzato e chiede l’annullamento dell’avviso per “errore di imputazione”. Se l’ufficio riconosce il pagamento, annullerà tutto senza problemi. Da non fare: ignorare l’avviso pensando “tanto ho pagato, si accorgeranno”. Se Verdi non segnalasse nulla, il sistema procederebbe a ruolo e dovrebbe poi impugnare la cartella, ecc. Quindi ha fatto bene a intervenire. Conclusione: caso di errore del sistema, risolvibile facilmente col dialogo: melius allegare pagamento e risolvere in bonis che dover fare ricorso dopo.
  • Caso 5: Grande azienda con detrazioni indebite e profili penali – La XYZ S.p.A. tramite alcune operazioni elusive si era indebitamente dedotta costi per creare un credito IVA fittizio di €600.000, compensato poi con IVA dovuta. Riceve una comunicazione di irregolarità per credito inesistente di €600.000 utilizzato, chiedendo il versamento di tale IVA + sanzione 1/3 di quella ordinaria (che sarebbe al 90% in questi casi, quindi 30% ridotto a 1/3 = 30%) = €180.000 di sanzioni + interessi. Siamo di fronte a un’evidente manovra al limite della frode. Strategia: XYZ coinvolge immediatamente un legale penale, poiché usare un credito inesistente >50k configura reato (art.10-quater, soglia superata di molto). Decide di aderire al 100% all’avviso bonario, magari chiedendo la massima rateazione (20 rate) per pagare €600k+€.180k in 5 anni. Così facendo, evita che scatti l’esecuzione forzata e soprattutto potrà argomentare nel (probabile) procedimento penale che il debito è in via di pagamento rateale: secondo la legge, finché rispetta le rate, la punibilità è esclusa. Nel frattempo valuta se ci sono margini per un concordato con l’Agenzia (difficile su un credito falso). Conclusione: in casi enormi e delicati, pagare (anche a rate) diventa parte integrante della difesa penale. XYZ dovrà poi stare attenta a rispettare le scadenze rateali: se decade, la notizia di reato già partita porterà a processi e possibili condanne. L’importo è tale che comunque ci sarà un monitoraggio; ma se paga tutto entro il dibattimento, potrà ottenere la non punibilità ex art.13.

Questi esempi mostrano come si possa spaziare da situazioni banali (scontrini persi) a situazioni complesse (abusi fiscali milionari): la logica difensiva deve sempre adeguarsi al caso concreto, facendo leva sugli strumenti disponibili (definizioni agevolate, ravvedimenti, contenzioso, etc.) più appropriati. In ogni caso tempestività, documentazione e consulenza esperta sono i tre pilastri per affrontare al meglio qualsiasi comunicazione di irregolarità.

FAQ – Domande frequenti

Di seguito una serie di domande comuni in materia di comunicazioni di irregolarità e le relative risposte sintetiche, per riepilogare i punti salienti in forma di FAQ:

D: Che cos’è esattamente una “comunicazione di irregolarità” o avviso bonario?
R: È una lettera inviata dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatici o formali sulla dichiarazione, in cui si segnalano differenze tra il dichiarato e il dovuto. Indica le maggiori imposte che risultano dovute, gli interessi e le sanzioni ridotte da pagare. Non è un atto impositivo definitivo, ma una fase preventiva in cui al contribuente è data la possibilità di pagare con sanzioni ridotte oppure di segnalare errori all’Amministrazione prima che parta la riscossione forzosa.

D: Ho ricevuto un avviso bonario: devo pagare subito?
R: Non immediatamente, ma entro un termine preciso. Hai un termine (30 giorni, oppure 60 giorni per gli avvisi emessi dal 2025 in poi) per decidere il da farsi. Se ritieni corretto l’addebito, puoi pagare l’importo indicato – in unica soluzione o a rate – entro quel termine, beneficiando della sanzione ridotta (di solito al 10% o 20% a seconda del tipo di controllo). Se invece pensi che sia sbagliato, entro lo stesso termine puoi contestarlo fornendo prove e spiegazioni all’Agenzia. In tal caso, di norma la riscossione viene sospesa in attesa della risposta dell’ufficio (non partirà subito la cartella finché l’istruttoria sull’istanza di autotutela non si conclude). Importante: scaduto il termine senza esito, l’Agenzia può procedere oltre.

D: Posso rateizzare le somme di un avviso bonario?
R: , la rateazione è prevista per legge. Non serve fare una richiesta particolare: è sufficiente pagare la prima rata entro il termine indicato nell’avviso. Pagando la prima rata, si perfeziona automaticamente la dilazione. Puoi seguire il piano rateale allegato alla comunicazione: tipicamente fino a 8 rate trimestrali se il debito (imposte+sanzioni+interessi) è ≤ €5.000, oppure fino a 20 rate se supera €5.000. Sulle rate successive alla prima si pagano interessi (attualmente interessi legali 5% annuo dal 2024, prima 3,5%). Se salti una rata, la rateazione decade e l’intero importo residuo viene iscritto a ruolo immediatamente. In caso di temporanea difficoltà a pagare una rata, contatta subito l’ufficio per trovare soluzioni prima che decada.

D: Cosa succede se ignoro l’avviso bonario e non pago né rispondo?
R: Succede che l’Agenzia iscriverà le somme a ruolo e ti verrà notificata una cartella esattoriale (da parte di Agenzia Entrate Riscossione). A quel punto la sanzione non è più ridotta (diventa il 30% ordinario, o 25% per violazioni dal 2024) ma quella intera. Inoltre iniziano a maturare gli interessi di mora dal giorno successivo alla notifica della cartella, e si aggiungono gli oneri di riscossione. Ricevuta la cartella, avrai 60 giorni per pagare (senza sconti) oppure per proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione) se vuoi opporla. Se anche la cartella viene ignorata oltre i 60 gg, l’Agente della Riscossione potrà attivare procedure coattive (fermi amministrativi su veicoli, pignoramenti su conti, stipendi, immobili, ecc.). Da notare: se le somme riguardano imposte tipo IVA o ritenute certificate non versate di importo rilevante, il mancato pagamento definitivo può comportare anche una denuncia penale (superate certe soglie). Insomma, ignorare l’avviso bonario è la scelta peggiore.

D: La comunicazione di irregolarità si può impugnare in Commissione Tributaria?
R: Formalmente non è nell’elenco degli atti impugnabili obbligatori, ma la Cassazione ha chiarito che il contribuente può impugnarla facoltativamente subito. Quindi, , oggi si ritiene ammissibile proporre ricorso contro l’avviso bonario entro 60 giorni dalla notifica, per far valere subito le tue ragioni. Tuttavia, va anche detto che non essendo un atto definitivo, spesso l’impugnazione immediata non è la via più efficiente: potresti comunque dover impugnare anche la successiva cartella se l’ufficio va avanti nonostante il ricorso. In pratica molti contribuenti preferiscono usare la fase bonaria per dialogare con l’Agenzia (autotutela) e fare ricorso solo se questo fallisce. Ma la facoltà di ricorrere subito c’è, soprattutto se vuoi chiedere misure cautelari al giudice.

D: Ho pagato l’avviso bonario: devo fare altro?
R: No, una volta pagato integralmente (o dopo aver versato tutte le rate previste) l’irregolarità è definita e non dovrai fare altro. Conserva con cura le ricevute dei pagamenti effettuati. L’Agenzia solitamente non invia una conferma esplicita di avvenuta definizione, ma puoi controllare tramite il tuo cassetto fiscale online: l’esito dell’avviso dovrebbe risultare come “definito” o “chiuso”. In genere non arriverà alcuna cartella successivamente. Se, per ipotesi, dovesse arrivarti per errore una cartella sulle stesse somme (può succedere in rari casi, ad esempio per disallineamenti di dati), sarà sufficiente presentare all’Agente della Riscossione un’istanza di sgravio in autotutela allegando le prove di pagamento per ottenere l’annullamento immediato.

D: Cosa significa sanzione “ridotta a 1/3” o “a 2/3” nell’avviso?
R: Significa che l’Agenzia, in sede di comunicazione bonaria, ti chiede solo una frazione della sanzione normalmente prevista. In particolare, “ridotta a 1/3” vuol dire che paghi un terzo della sanzione ordinaria; “ridotta a 2/3” vuol dire che paghi due terzi della sanzione ordinaria. Facciamo un esempio numerico: poniamo che normalmente la violazione sarebbe punita con €300 di sanzione. Se nell’avviso leggi “sanzione ridotta a 1/3”, l’Agenzia te ne chiede solo €100 (cioè un terzo di 300). Questa situazione (1/3) è tipica dei controlli automatici ex 36-bis. Se invece nell’avviso c’è la dicitura “2/3”, nel nostro esempio vorrebbe dire €200 su 300 (due terzi): caso tipico del controllo formale ex 36-ter. È dunque un “premio” per chi regolarizza subito. Se non paghi nei termini, quella sanzione ridotta viene revocata e si torna alla sanzione intera (nel nostro esempio, €300) quando si passerà alla cartella.

D: Se non posso pagare subito una grossa somma, mi conviene rateizzare l’avviso bonario o aspettare la cartella e rateizzare quella?
R: Salvo rare eccezioni, meglio rateizzare l’avviso bonario. Ci sono almeno due ragioni:

  1. La sanzione è ridotta nel bonario (10% o 20%) mentre in cartella sarebbe piena (25-30%). Anche se rateizzi la cartella, la sanzione non viene più scontata.
  2. Gli interessi sulle rate dell’avviso bonario sono limitati (interesse legale) e, soprattutto, se rispetti il piano rateale eviti conseguenze penali per omessi versamenti. Invece, se lasci scadere il bonario e poi rateizzi con l’Agente della Riscossione la cartella, potresti aver già integrato gli estremi di un reato (ad es. omesso versamento IVA) quando la cartella è stata emessa – benché pagando poi potresti non essere punito, ma intanto la notizia di reato parte. Inoltre la cartella porta con sé l’aggio di riscossione (ulteriore costo, ~3-6%), cosa che l’avviso bonario non ha.

L’unico caso in cui conviene rateizzare la cartella è se hai già perso il treno del bonario, cioè sono scaduti i termini ed è già stata emessa la cartella. A quel punto ovviamente rateizzare la cartella è utile per evitare pignoramenti. Ma finché sei in tempo, approfitta della dilazione sull’avviso bonario.

D: Ho ricevuto un avviso bonario ma avevo già pagato quella somma, cosa devo fare?
R: In questo caso non devi pagare di nuovo (ovviamente!), ma neanche restare passivo sperando che “il sistema” si accorga dell’errore. Devi attivarti: entro il termine dell’avviso, invia all’Agenzia una comunicazione (meglio via PEC o tramite il canale Civis se tramite intermediario) spiegando la situazione e allegando la prova del pagamento eseguito (copia del modello F24 quietanzato, ecc.). Chiedi espressamente l’annullamento (sgravio) dell’avviso per pagamento già effettuato. Se il pagamento risulta effettivamente regolare, l’ufficio provvederà ad annullare la pretesa (talvolta si tratta semplicemente di un errato abbinamento nel loro sistema, risolvibile velocemente). Mai ignorare l’avviso pensando “è un loro errore, vedranno che ho pagato”: i sistemi non sono infallibili e potresti comunque finire a ruolo se non intervieni attivamente, perché per l’Agenzia quel pagamento potrebbe non essere stato associato correttamente. Meglio spendere tempo ora che poi fare ricorso contro una cartella ingiusta.

D: Che differenza c’è tra comunicazione di irregolarità e avviso di accertamento?
R: La comunicazione di irregolarità (avviso bonario) non è un atto impositivo definitivo: è più simile a un “preventivo” che il Fisco ti fa, dandoti modo di pagare con sconto sulle sanzioni o di controbattere senza subito subire conseguenze. L’avviso di accertamento, invece, è un atto formale, tipicamente emesso a seguito di verifiche più complesse (es. controlli in ufficio o ispezioni in azienda), con cui il Fisco contesta maggiori imposte in modo definitivo. Se non fai nulla contro un avviso di accertamento, dopo 60 giorni questo diventa esecutivo e l’importo viene iscritto a ruolo immediatamente; se non sei d’accordo, devi impugnarlo entro 60 giorni dinanzi al giudice tributario. In genere, l’avviso bonario precede una eventuale cartella di pagamento; l’avviso di accertamento, invece, sostituisce la cartella (oggi per legge l’accertamento vale già come titolo esecutivo, senza bisogno di cartella). La comunicazione di irregolarità deriva da controlli automatizzati/formali su quanto hai dichiarato tu stesso; l’accertamento spesso nasce da controlli più ampi che scoprono redditi non dichiarati o violazioni più gravi. Ricorda: l’avviso bonario ti offre l’opportunità di sistemare bonariamente; l’accertamento è già una contestazione piena che richiede reazione formale.

D: Cosa sono “36-bis” e “36-ter” di cui si parla nell’avviso?
R: Sono riferimenti normativi che trovi spesso nell’intestazione o nel corpo della comunicazione. Indicano la base legale del controllo effettuato:

  • “art.36-bis DPR 600/73” si riferisce al controllo automatizzato delle dichiarazioni dei redditi. Quindi se vedi citato 36-bis, vuol dire che l’irregolarità è emersa da un controllo informatico di routine (errori di calcolo, versamenti mancanti, utilizzo di crediti non spettanti, ecc.).
  • “art.36-ter DPR 600/73” si riferisce al controllo formale. Se l’avviso menziona 36-ter, significa che c’è stato un intervento umano di verifica documentale: probabilmente ti avevano chiesto ricevute o altri documenti e, valutandoli, hanno trovato errori (o non li hanno ricevuti affatto).

La differenza pratica è che col 36-ter (controllo formale) l’avviso bonario applica sanzione ridotta 2/3, mentre col 36-bis (automatico) la sanzione è ridotta 1/3 (come spiegato sopra). Inoltre, in passato col 36-bis avevi 30 gg e col 36-ter 30 gg: ora entrambi sono 60 gg dal 2025, quindi su termini non c’è più differenza. In sintesi: sono solo “etichette” del tipo di controllo da cui nasce l’avviso.

D: Durante il termine di pagamento c’è di mezzo agosto: cambia qualcosa?
R: Sì. I termini sono sospesi per legge dal 1° agosto al 31 agosto (più precisamente fino al 4 settembre compreso) di ogni anno. È la cosiddetta sospensione feriale dei termini tributari, analoga a quella processuale. Quindi, ad esempio, se un avviso bonario ti viene notificato il 20 luglio, i 60 giorni scadrebbero il 18 settembre, ma grazie alla sospensione di agosto la scadenza slitta di circa 34 giorni in più, verso metà ottobre (il conteggio esatto dipende dall’anno, di solito si arriva al 21-22 ottobre). In pratica agosto non conta. Nota: spesso l’avviso stesso indica già la nuova data di scadenza tenendo conto della sospensione feriale, ma se non lo facesse, sappi di questo allungamento.

D: Ho un punteggio ISA basso da due anni e ho ricevuto una “comunicazione di anomalia”: rischio una multa immediata?
R: No, le lettere per anomalie ISA (Indicatori Sintetici di Affidabilità fiscale) non chiedono pagamenti immediati. Si tratta di comunicazioni di compliance: l’Agenzia ti informa che dai tuoi dati dichiarati emergono incoerenze o anomalie (ad esempio, ricavi troppo bassi rispetto alle spese) che potrebbero in futuro portare ad accertamenti. Ma non sono avvisi bonari: non contestano imposte da pagare ora, né irrogano sanzioni in automatico. Servono a stimolare il contribuente a controllare e, se del caso, correggere la propria situazione. Puoi quindi sfruttare l’informazione per fare un ravvedimento operoso su eventuali errori, beneficiando di sanzioni ridotte, oppure se ritieni che i dati siano corretti, semplicemente prepararti a eventuali controlli futuri raccogliendo le giustificazioni. Se ignori queste comunicazioni, non scatta alcuna sanzione automatica, ma potresti essere selezionato per un accertamento approfondito successivamente (dove sì, potrebbero arrivare avvisi veri con sanzioni). In sintesi: le comunicazioni ISA ti avvertono, non ti multano sul momento.

D: In caso di irregolarità, è meglio fare da soli o farsi assistere?
R: Dipende dalla complessità del caso. Se si tratta di pagare e basta importi modesti e non ci sono dubbi (es. hai dimenticato di versare €50 di saldo, ti arriva avviso per 50+5 di sanzioni), puoi provvedere da solo, seguendo le istruzioni. Ma quando ci sono contestazioni complesse, importi rilevanti, o dubbi sulla legittimità della pretesa, è fortemente consigliato farsi assistere da un commercialista o avvocato tributarista esperto. Un professionista saprà valutare se la pretesa è fondata, saprà impostare correttamente l’istanza di autotutela citando norme e circolari, e in caso di contenzioso conoscerà procedure e strategie per ottenere il miglior risultato (anche solo una conciliazione favorevole, ad esempio). Inoltre, se c’è il rischio di conseguenze penali (vedi sopra), è fondamentale il supporto di un legale, che potrà gestire la situazione in coordinamento con eventuali indagini (es. potrebbe interloquire con la Procura per posticipare la denuncia in attesa del pagamento, ecc.). Insomma, per questioni semplici va bene il fai-da-te, ma per questioni serie meglio investire in una buona consulenza: nel bilancio finale, conviene.

D: Quali sono le fonti normative da conoscere per approfondire?
R: In fondo a questa guida troverai un elenco dettagliato delle principali fonti normative e giurisprudenziali di riferimento. In particolare suggeriamo di consultare:

  • DPR 600/1973, art. 36-bis e 36-ter (disciplinano i controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni), e DPR 633/1972, art. 54-bis per l’IVA.
  • D.Lgs. 462/1997 (disciplina la riscossione delle somme da controlli automatici/formali, termini di pagamento, rateazione e sanzioni ridotte).
  • D.Lgs. 471/1997 art. 13 e D.Lgs. 472/1997 (sanzioni tributarie e principi generali, inclusa la definizione di crediti non spettanti vs. inesistenti e il ravvedimento operoso).
  • Statuto del Contribuente, L. 212/2000, in particolare l’art. 6 c.5 (obbligo di comunicazione prima del ruolo se incertezze) e art. 10 (tutela dell’affidamento e buona fede).
  • D.Lgs. 74/2000 (reati tributari) con le modifiche più recenti (D.Lgs. 75/2020 e D.Lgs. 87/2024 confluiti nel T.U. 173/2024) per i profili penali.
  • Circolari e risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate che chiariscono varie casistiche: ad es. la Circolare n. 192/E del 23/07/1998 (prima guida operativa su controlli e avvisi bonari); la Risoluzione 110/E/2010 (sull’impugnabilità degli avvisi bonari, poi superata dalla Cassazione); la Circolare 17/E del 02/08/2019 (sugli ISA e relative comunicazioni di anomalie); la Circolare 25/E del 20/08/2020 (sui reati di omesso versamento dopo le modifiche normative).
  • Principali sentenze di Cassazione: ad esempio la n. 19052/2015 (obbligo di invio dell’avviso bonario a pena di nullità in caso di incertezze); la n. 22536/2019 (conferma impugnabilità immediata dell’avviso bonario); altre sentenze Penali come la 52542/2018 (sul dolo nell’omesso versamento IVA in caso di crisi, poi evoluta) e 5914/2022 (sulla distinzione credito non spettante/inesistente ai fini penali).

Insomma, le fonti non mancano! Nel dubbio, consulta sempre i riferimenti normativi indicati sull’atto che hai ricevuto: da lì puoi risalire alla norma di legge o al provvedimento applicato, e quindi capire diritti e doveri collegati.

Conclusioni

Le comunicazioni di irregolarità rappresentano uno strumento “di mezzo” tra la presentazione della dichiarazione dei redditi e un eventuale accertamento fiscale vero e proprio: un momento in cui al contribuente è data la possibilità di correggere il tiro con costi sanzionatori contenuti, oppure di far valere le proprie ragioni in via amministrativa prima che scatti la riscossione coattiva. In questa guida abbiamo esaminato come affrontarle al meglio, a seconda che si tratti di semplici dimenticanze, di errori materiali oppure di contestazioni più sostanziali.

Dal punto di vista di un contribuente (sia esso un privato o un imprenditore), ricevere un avviso bonario dovrebbe innescare immediatamente un processo di analisi interna e confronto con i propri consulenti: bisogna capire perché è nata l’irregolarità e scegliere consapevolmente se adeguarsi (pagando) oppure resistere (contestando). In entrambi i casi, tempestività e metodo sono cruciali. Pagare subito comporta benefici notevoli (riduzione delle sanzioni, chiusura rapida della vicenda, evitamento di possibili strascichi penali). Contestare con fondatezza può evitare di subire addebiti non dovuti, ma richiede preparazione di documenti e motivazioni ben articolate, nonché disponibilità ad affrontare un eventuale contenzioso.

Negli ultimi anni il legislatore ha reso il sistema più equilibrato per i contribuenti corretti ma in difficoltà: dall’ampliamento dei termini di risposta (60 gg dal 2025), alla riduzione di alcune sanzioni (omesso versamento dal 30% al 25% dal settembre 2024), fino a introdurre cause di non punibilità per chi si ravvede in buona fede (incertezza normativa, crisi di liquidità). Questo significa che oggi, più che mai, collaborare tempestivamente con il Fisco conviene.

In definitiva, un avviso bonario non è ancora una condanna, ma una possibilità. Con l’atteggiamento giusto e l’assistenza adeguata, si può trasformare quello che inizialmente è percepito come un problema in un’occasione per regolarizzare la propria posizione fiscale (se si è commesso un errore) oppure per chiarire malintesi (se si è nel giusto), evitando conseguenze peggiori.

“La compliance fiscale oggi è parte integrante del buon governo dell’impresa e delle proprie finanze personali: conoscerne gli strumenti (come il modesto ma importantissimo avviso bonario) aiuta a navigare nelle acque complesse del nostro sistema tributario, minimizzando rischi e costi.”


Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate a luglio 2025)

Di seguito elenchiamo le principali fonti normative citate o utili in materia, nonché alcune pronunce giurisprudenziali rilevanti che hanno orientato la prassi e la difesa del contribuente:

Normativa primaria:

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi:
    Art. 36-bis: Controllo automatizzato delle dichiarazioni (liquidazione delle imposte, rimborsi e segnalazione irregolarità).
    Art. 36-ter: Controllo formale delle dichiarazioni (richiesta e verifica documenti giustificativi, rettifiche di errori nelle dichiarazioni).
    👉 Queste norme sono il fondamento giuridico degli avvisi bonari nelle imposte sui redditi.
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633Istituzione e disciplina dell’IVA:
    Art. 54-bis: Controllo automatizzato delle dichiarazioni IVA (richiama in parte art.36-bis DPR 600/73).
    👉 Analogo al 36-bis ma per l’IVA. Prevede l’invio di comunicazione al contribuente se dal controllo emergono differenze.
  • Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 462Definizione agevolata delle imposte a seguito dei controlli automatici e formali:
    Art. 2: Termini di pagamento delle somme dovute a seguito di controlli ex 36-bis e 36-ter; riduzione delle sanzioni ad un terzo (o due terzi) se pagamento entro 30 giorni; possibilità di rateazione (fino a 8 rate trimestrali sotto €5.000, fino a 20 rate sopra €5.000); sospensione dei termini in agosto. (Modificato dal D.Lgs. 108/2024 che ha portato il termine da 30 a 60 giorni dal 2025).
    Art. 3: Decadenza dalla rateazione in caso di mancato pagamento rate; iscrizione a ruolo delle somme non pagate.
    👉 Disciplina cardine della procedura bonaria: contiene la “logica” degli avvisi bonari (paghi entro X giorni, sanzione ridotta, altrimenti si iscrive a ruolo).
  • Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette e IVA:
    Art. 13: Sanzione per omesso, insufficiente o ritardato versamento di imposte: 30% dell’importo non versato (ridotto al 25% per violazioni dal 1/9/2024 per effetto del D.Lgs. 87/2024). N.B.: il comma 1-bis distingue il caso di utilizzo di crediti non spettanti (sanzione 30%, ora 25%) e crediti inesistenti (sanzione 100% dell’importo, minimo 258€, aumentabile fino al 200% in casi gravi).
    – Altre sanzioni rilevanti: es. art. 1 (dichiarazione infedele: 90% dell’imposta evasa, con circostanze attenuanti se <3% imponibile), art. 5 (omessa dichiarazione: 120%–240% imposta dovuta).
    👉 Importante per capire la base sanzionatoria su cui si applicano le riduzioni in sede bonaria e le differenze tra crediti non spettanti vs inesistenti.
  • Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative tributarie:
    Art. 13: Ravvedimento operoso – elenca le riduzioni di sanzione (da 1/10 a 1/8 del minimo, ecc.) applicabili se il contribuente regolarizza spontaneamente prima di vari termini. Importante: esclude ravvedimento se la violazione è già stata constatata o sono iniziati accessi/ispezioni (quindi dopo avviso bonario niente ravvedimento).
    Art. 6: Cause di non punibilità – prevede, tra l’altro, che le sanzioni non sono applicate se violazioni dipendono da obiettive condizioni di incertezza su norme tributarie (principio dell’affidamento).
    👉 Utile per verificare se si può invocare esimenti (incertezza normativa) o usare ravvedimento.
  • Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente):
    Art. 6, comma 5: Obbligo del contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo derivante da liquidazione di tributi da dichiarazione, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Previsto un invito a fornire chiarimenti entro almeno 30 gg. Sanzione di nullità per i provvedimenti emessi in violazione di tale obbligo.
    Art. 10: Tutela dell’affidamento e buona fede – il contribuente non è sanzionato se ha dato adempimento a indicazioni dell’amministrazione poi risultate sbagliate o se è indotto in errore da incertezza normativa.
    👉 Lo Statuto è spesso invocato nei ricorsi: l’art.6 comma 5 è la base per eccepire la nullità di cartelle senza avviso bonario; l’art.10 per chiedere esonero da sanzioni in caso di incertezza interpretativa.
  • Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74Reati penali tributari: (aggiornato dal D.Lgs. 75/2020 e D.Lgs. 87/2024, confluiti nel Testo Unico D.Lgs. 173/2024)
    Reati dichiaraTivi: Art. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti falsi); Art. 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici); Art. 4 (Dichiarazione infedele) – soglie di punibilità: imposta evasa > €100.000 e imponibile non dichiarato > 10% di quello dichiarato o > €2 mln.
    Art. 5 (Omessa dichiarazione, soglia > €50.000 imposta evasa).
    Reati omissivi: Art. 10-bis (Omesso versamento di ritenute certificate > €150.000); Art. 10-ter (Omesso versamento IVA > €250.000); Art. 10-quater (Indebita compensazione di crediti non spettanti > €50.000, o inesistenti > €50.000, per anno).
    Art. 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte).
    Art. 13: Causa di non punibilità per pagamento integrale del debito tributario prima del processo: estesa dal 2019 anche ai reati dichiarativi (infedele, fraudolenta) oltre che ai reati omissivi (versamenti, compensazioni). Il D.L. 124/2019 e D.Lgs. 75/2020 hanno abbassato le soglie di rilevanza penale e contestualmente previsto che il pagamento evita la punibilità. Il D.Lgs. 87/2024 ha aggiunto commi 3-bis e 3-ter introducendo ulteriori esimenti: non punibilità se l’omesso versamento è dovuto a crisi di liquidità comprovata e non imputabile (certi limiti) e criteri di particolare tenuità dell’offesa. Inoltre ha chiarito che la pendenza di rateazione in corso (se rispettata) esclude punibilità per i reati omissivi.
    👉 Per il contribuente, queste norme indicano quando un’irregolarità fiscale sfocia nel penale e come il pagamento tempestivo possa evitare conseguenze penali.
  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023):
    “Tregua fiscale”: commi 153-159 prevedevano la definizione agevolata degli avvisi bonari relativi ai periodi d’imposta 2019 e 2020 (controlli automatizzati) notificati entro il 31/3/2023, con sanzioni ridotte al 3% (invece di 10%). Pagamento rateale in 20 rate.
    – Ravvedimento operoso speciale per dichiarazioni 2021 non veritiere (con sanzioni ridotte 1/18).
    👉 Misura straordinaria conclusa nel 2023, ma importante precedente: il legislatore ha riconosciuto condizioni molto favorevoli per definire le pendenze bonarie degli anni Covid.
  • Decreto Legislativo 5 agosto 2024, n. 108Decreto attuativo riforma fiscale 2023 (c.d. “decreto concordato preventivo e semplificazioni”):
    Art. 3: Ha modificato l’art.2 D.Lgs. 462/97 estendendo da 30 a 60 giorni il termine per pagare o rispondere alle comunicazioni da controlli automatizzati/formali, per gli atti elaborati dal 1/1/2025. Ha esteso conseguentemente a 90 giorni il termine se l’avviso è trasmesso agli intermediari.
    👉 Questa è la novità normativa che abbiamo più volte citato: in vigore dal 2025, accoglie una richiesta dei professionisti di avere più tempo per gestire gli avvisi.
  • Decreto Legislativo 14 giugno 2024, n. 87Attuazione della delega fiscale 2022 in materia di sanzioni penali tributarie:
    – Innovazioni (come già accennato in art.13 D.Lgs.74/2000): ha precisato definizioni di credito non spettante vs inesistente per uniformità; ha introdotto formalmente la non punibilità per crisi di liquidità in caso di omessi versamenti (stabilendo criteri: ad es. calo fatturato, adempimenti regolari precedenti); ha coordinato le soglie dei reati con l’istituto della rateazione; ha introdotto la causa di esclusione punibilità per versamenti in corso di rateazione non decaduta. Confluito nel Testo Unico 173/2024 (raccolta delle norme penali tributarie).
    👉 Impatta sulla parte penale, definendo meglio il quadro: ad es. ora si sa con certezza che “credito non spettante” è quello esistente ma usato oltre il consentito, mentre “inesistente” è quello fittizio; questo rileva sia per sanzioni amministrative (30% vs 100%) sia per reati (art.10-quater).

Prassi amministrativa (Documenti di prassi rilevanti):

  • Circolare AE n. 192/E del 23 luglio 1998: Controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni. Prima circolare di prassi che illustra in modo organico la procedura degli avvisi bonari introdotta nel 1998. Spiega le modalità di calcolo, gli esempi di irregolarità, come funzionano termini e rateazioni, e fornisce istruzioni agli uffici su quando non inviare comunicazioni (es. su omessi versamenti palesi).
  • Circolare AE n. 17/E del 2 agosto 2019: ISA e compliance. Contiene indicazioni sulle comunicazioni di anomalie ISA, il loro significato e l’invito al ravvedimento operoso. Utile per capire che tali comunicazioni non sono atti impositivi ma alert informativi.
  • Provvedimenti annuali AE sulle anomalie ISA: Ad esempio, Provvedimento AE 1° luglio 2024 – definisce le modalità di comunicazione al contribuente delle anomalie riscontrate per il triennio 2019-2021.
  • Circolare AE n. 25/E del 20 agosto 2020: Omessi versamenti e reati tributari dopo modifiche del 2019-2020. Chiarisce la portata delle nuove cause di non punibilità penale (pagamento, soglie) e il coordinamento con la definizione agevolata degli avvisi bonari introdotta nel 2020 post-Covid. Rilevante perché spiega che se il contribuente aderisce alla rateazione dell’avviso bonario e paga, ciò incide sul procedimento penale (in senso favorevole).
  • Risoluzione AE n. 36/E del 26 giugno 2012: Sospensione feriale termini avvisi bonari. Conferma che il termine per pagare la comunicazione ex 36-bis/ter è sospeso dal 1/8 al 4/9 (in base all’allora DL 16/2012, ora art.7-quater DL 193/2016).
  • (Storica) Risoluzione AE n. 110/E del 15 dicembre 2010: affermava la tesi (all’epoca) dell’inimpugnabilità dell’avviso bonario, richiamando Cass. SS.UU. 16293/2007. È stata superata dagli sviluppi giurisprudenziali successivi, ma storicamente significativa.

Giurisprudenza di legittimità (sentenze chiave):

  • Cassazione Civile, Sez. Tributaria, 11/05/2012 n. 7344: Una delle prime aperture verso l’impugnabilità autonoma dell’avviso bonario (in quel caso derivante da controllo formale 36-ter). Afferma che anche la comunicazione ex 36-ter può essere impugnata subito dal contribuente, in analogia a quanto si andava delineando per il 36-bis.
  • Cassazione SS.UU., 08/09/2016 n. 17758: Pronuncia a Sezioni Unite sulla generale impugnabilità immediata di atti non definitivi che incidono su diritti, benché non elencati dall’art.19 D.Lgs.546/92. Questo principio, affermato in un caso di diniego di autotutela, è stato poi utilizzato come argomento a favore dell’impugnabilità degli avvisi bonari.
  • Cassazione Sez. VI-5, ord. 19/02/2016 n. 3315: Conferma l’ammissibilità del ricorso contro la comunicazione di irregolarità ex art.36-bis. Caso in cui la CTR Lazio aveva negato l’impugnabilità, la Cassazione risolve in senso opposto (pro-impugnazione).
  • Cassazione Sez. V, 05/02/2021 n. 3466: Ulteriore ribadimento che l’avviso bonario è impugnabile facoltativamente. Sancisce che l’elenco dell’art.19 non è tassativo alla luce dei principi costituzionali (richiama art.24 Cost. diritto difesa, art.53 dovere fiscale, art.97 buon andamento).
  • Cassazione Sez. V, 24/09/2019 n. 23549: Conferma la nullità del ruolo/cartella se l’ufficio non ha inviato l’avviso bonario in presenza di incertezze su aspetti rilevanti, richiamando espressamente Cass. 19052/2015. Ribadisce che l’obbligo del contraddittorio ex art.6 co.5 Statuto è condizionato all’incertezza e che per omessi versamenti di importi dichiarati (certezza) l’avviso non serve.
  • Cassazione Sez. VI-5, 17/10/2019 n. 22536: (Men che la data, coincide con 2020, depositata 15/10/2020). È la sentenza già citata sul tema impugnabilità: ribadisce che la comunicazione di irregolarità, portando a conoscenza del contribuente una pretesa compiuta e motivata, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario. Specifica anche che l’eventuale ricorso contro l’avviso bonario non sospende l’obbligo dell’ufficio di riscuotere decorso il termine (quindi consiglia al contribuente, se ricorre, di pagare comunque o chiedere sospensione).
  • Cassazione Sez. III Penale, 28/11/2018 n. 52542: In tema di omesso versamento IVA, afferma che la crisi di liquidità dell’imprenditore non esclude il dolo penalmente rilevante, potendo semmai essere valutata come elemento sulla colpevolezza (quindi come attenuante, non esimente). Questa linea è stata parzialmente superata dalla norma del 2024 che introduce l’esimente per crisi di liquidità non imputabile (art.13 co.3-bis D.Lgs.74/2000).
  • Cassazione Sez. III Penale, 13/07/2017 n. 34474: Caso su indebite compensazioni: la Cassazione distingue tra crediti inesistenti (fittizi) e crediti non spettanti (esistenti ma utilizzati indebitamente) per quanto concerne il dolo e la configurazione del reato ex art.10-quater. In particolare, afferma che per i crediti inesistenti il dolo è insito nella loro stessa inesistenza (quindi la buona fede è di fatto esclusa), mentre per i crediti non spettanti potrebbe esservi in teoria errore. Ora con la definizione normativa del 2024 la distinzione è ancor più marcata anche sul piano sanzionatorio.
  • Cassazione Sez. III Penale, 22/02/2022 n. 5914: Ulteriore sentenza sul reato di indebita compensazione che tratta approfonditamente la distinzione tra credito non spettante e inesistente ai fini del dolo. Rilevante perché poco prima della riforma definitoria del 2024, evidenzia come fosse necessario un intervento per chiarire la portata di queste nozioni.
  • Cassazione SS.UU. Penali, 27/01/2021 n. 2474: Stabilisce un principio di diritto sul concorso apparente di norme tra dichiarazione infedele (art.4) e indebita compensazione (art.10-quater). Le Sezioni Unite hanno chiarito che l’utilizzo in dichiarazione annuale di crediti non spettanti che riducono l’imposta dovuta configura solo il reato di indebita compensazione e non quello di dichiarazione infedele, in base al principio di specialità (il 10-quater assorbe l’infedele per la parte di crediti). Questo per evitare doppia incriminazione per lo stesso fatto.
  • Cassazione Sez. V, 21/12/2022 n. 37307: Sentenza recente in ambito tributario che tocca un punto interessante: il calcolo dei termini di sospensione Covid sugli avvisi bonari e i versamenti tardivi. Fa cenno al fatto che, per via di alcune proroghe durante la pandemia, in quel caso specifico il contribuente poteva beneficiare di 60 gg eccedenti. Non di rilevanza generale, se non per ricordare che tra 2020 e 2021 molte scadenze di pagamenti da avvisi bonari furono prorogate dai vari decreti emergenziali.

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