Hai ricevuto un avviso dall’Agenzia delle Entrate per verifica della documentazione sul Superbonus? Ti chiedono chiarimenti, integrazioni o l’invio di documenti entro un termine preciso? Ti stai chiedendo cosa comporta questa richiesta, se è pericolosa e come difenderti correttamente?
La verifica documentale sul Superbonus non è ancora un accertamento, ma è un controllo formale che può diventare molto serio. Se non rispondi in modo completo e nei tempi previsti, puoi perdere il beneficio fiscale e subire sanzioni.
Cos’è l’avviso di verifica documentazione sul Superbonus?
– È una richiesta formale di chiarimenti su interventi agevolati al 110%
– Può riguardare spese edilizie, asseverazioni tecniche, visti di conformità, bonifici parlanti, contratti, autorizzazioni edilizie
– Serve all’Agenzia per verificare la correttezza della detrazione o della cessione del credito
Cosa succede se non rispondi o mancano i documenti richiesti?
– L’Agenzia può disconoscere l’intero bonus, chiedendo la restituzione della detrazione o del credito
– Potresti ricevere un avviso di accertamento con sanzioni fino al 30%
– In caso di irregolarità gravi o false attestazioni, rischi responsabilità penale
– Se hai ceduto il credito, anche il cessionario può essere coinvolto nei controlli
Quali documenti possono essere richiesti?
– Asseverazioni tecniche firmate da professionisti abilitati
– Visto di conformità rilasciato da CAF o commercialista
– Fatture e bonifici parlanti relativi alle spese sostenute
– Permessi edilizi, CILAS, autorizzazioni comunali
– A.P.E., computi metrici, relazioni tecniche e cronoprogrammi dei lavori
– Contratti con imprese, SAL, attestazioni di congruità
Come difenderti se ricevi l’avviso?
– Leggi attentamente la richiesta e prendi nota della scadenza per rispondere
– Raccogli tutta la documentazione tecnica, fiscale e bancaria
– Se mancano alcuni documenti, cerca di recuperarli presso i fornitori, i tecnici o il comune
– Rispondi tramite PEC o con raccomandata A/R, allegando i documenti in formato leggibile e ordinato
– Se la richiesta è complessa o temi errori, rivolgiti subito a un professionista esperto
Cosa puoi ottenere se reagisci nel modo corretto?
– Conferma della validità della detrazione e chiusura della verifica
– Eviti l’accertamento e il recupero forzoso del credito
– Tuteli la posizione tua e di eventuali cessionari
– Migliori la tua affidabilità fiscale, anche per futuri bonus o controlli
Le verifiche sul Superbonus sono sempre più frequenti e spesso molto tecniche. Un errore formale può costare la perdita di migliaia di euro di agevolazioni. Ma se sei in regola, puoi difenderti in modo efficace e chiudere il controllo senza danni.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e bonus edilizi ti spiega cosa fare se ricevi un avviso per verifica documentale sul Superbonus, quali documenti allegare e come tutelarti.
Hai ricevuto una richiesta di documenti sul 110% e non sai come rispondere? Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo la correttezza della tua pratica e ti aiuteremo a rispondere in modo completo e difensivo.
Introduzione
Il Superbonus 110% – introdotto dal D.L. 34/2020 (Decreto Rilancio) – ha rappresentato un’enorme opportunità per la riqualificazione energetica e sismica degli edifici in Italia. Ha consentito ai beneficiari di recuperare più del costo sostenuto tramite detrazioni fiscali (o con cessione del credito/sconto in fattura). Tuttavia, proprio l’elevata misura dell’agevolazione e le numerose modifiche normative nel tempo hanno generato incertezze applicative e, oggi, un’intensa attività di controllo da parte del Fisco.
Con la fine delle opzioni di cessione del credito e sconto in fattura (salvo eccezioni) e l’emanazione di norme antifrode, si è aperta “la stagione dei controlli” da parte dell’Agenzia delle Entrate. Molti contribuenti stanno ricevendo un “avviso di verifica documentale” relativo al Superbonus: si tratta di comunicazioni con cui il Fisco richiede chiarimenti e documenti per accertare la spettanza dell’agevolazione. Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – fornisce un quadro completo su come affrontare tali avvisi, con riferimenti normativi aggiornati, prassi ufficiali e giurisprudenza recente. L’obiettivo è offrire un taglio giuridico avanzato ma chiaro, utile tanto agli avvocati e professionisti quanto a privati e imprenditori coinvolti, adottando il punto di vista del debitore (cioè del contribuente chiamato a restituire il bonus) per sviluppare le migliori strategie difensive.
Nota: Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate sono riportate in una sezione dedicata in fondo alla guida, per facilitarne la consultazione.
Contesto normativo e cause di decadenza del Superbonus
Prima di esaminare cosa fare in caso di verifica, è fondamentale comprendere il quadro normativo del Superbonus e in quali casi si può perdere l’agevolazione. Il Superbonus è stato introdotto dall’art. 119 D.L. 34/2020 (conv. L. 77/2020) e successivamente modificato da vari provvedimenti (decreti “Agosto” e “Semplificazioni” nel 2020-2021, Leggi di Bilancio 2021, 2022, 2023, ecc.). Nel 2022-2023 l’aliquota del Superbonus è stata gradualmente ridotta e sono state limitate le cessioni dei crediti (fino al D.L. 11/2023 convertito in L. 38/2023). La Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) ha introdotto ulteriori novità, recepite nell’aggiornamento del portale ENEA a luglio 2025.
In questo continumo di norme, due disposizioni chiave delineano le garanzie per i contribuenti e le cause di decadenza dall’agevolazione:
- Violazioni formali: L’art. 119, comma 5-bis, D.L. 34/2020 (introdotto nel 2021) stabilisce che “le violazioni meramente formali che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo non comportano la decadenza delle agevolazioni fiscali”. In altri termini, errori od omissioni formali (ad esempio, dati compilati in modo inesatto su moduli, piccole irregolarità documentali) non fanno perdere il Superbonus, purché non ostacolino i controlli dell’amministrazione finanziaria. Inoltre, se una violazione formale viene riscontrata, la decadenza dall’agevolazione si applica solo limitatamente al singolo intervento interessato dall’irregolarità, e non all’intera ristrutturazione. Questo principio tutela il contribuente da decadenze integrali e sproporzionate in presenza di meri vizi formali.
- Violazioni sostanziali: Lo stesso comma 5-bis chiarisce però che, se le irregolarità sono rilevanti ai fini della spettanza del bonus (ossia incidono sui requisiti sostanziali dell’incentivo), allora scatta la decadenza dal beneficio, ma anch’essa limitata al singolo intervento irregolare. Più avanti vedremo esempi di violazioni sostanziali. Inoltre, una norma specifica – l’art. 119, comma 13-ter, D.L. 34/2020 – elenca quattro cause tassative di decadenza dal Superbonus legate alla pratica edilizia semplificata (CILA/CILAS). Tale comma prevede che, per i lavori agevolati dal Superbonus realizzati con CILA asseverata (introdotta dal D.L. 77/2021), la decadenza delle agevolazioni (in deroga all’art. 49 DPR 380/2001) opera esclusivamente nei seguenti casi: a. Mancata presentazione della CILA/CILAS – se i lavori non sono stati preceduti dalla comunicazione asseverata richiesta, il beneficio decade totalmente. b. Interventi eseguiti in difformità dalla CILA/CILAS – se i lavori realizzati non corrispondono a quanto dichiarato nella pratica edilizia depositata, si perde il diritto al bonus per quegli interventi difformi. c. Assenza dell’attestazione dei dati urbanistici nel modulo CILAS – se non vengono indicati in CILAS gli estremi del titolo edilizio originario o la dichiarazione che l’immobile è ante 1967 (il famoso Quadro “F” del modulo), ciò è considerato vizio sostanziale e comporta la decadenza. In pratica, omettendo di attestare la legittimità edilizia dell’immobile nella CILAS, il Superbonus viene revocato, anche se l’immobile in realtà era legittimo (come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta interpello n. 122/2025). d. Non veridicità delle attestazioni ai sensi del comma 14 dell’art. 119 – in caso di attestazioni o asseverazioni false, ad esempio false attestazioni tecniche sul miglioramento energetico/sismico o un visto di conformità falso, si decade dal beneficio. Questa fattispecie ricomprende, di fatto, i casi di frode vera e propria (dichiarazioni mendaci, lavori mai eseguiti, documenti contraffatti, ecc.).
Oltre a queste ipotesi specifiche, esistono altre cause di decadenza “di fatto” del Superbonus individuate dalla prassi e dalla giurisprudenza, riconducibili a illeciti o abusi gravi. Ad esempio: lavori dichiarati ma mai eseguiti, false fatture (importi gonfiati o interventi fittizi), abusi edilizi sostanziali nell’immobile, difformità non sanate, asseverazioni infedeli, ecc. – condotte che comportano la perdita del diritto al bonus e possibili profili di responsabilità penale (truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, ecc.). In tali casi il recupero dell’agevolazione è accompagnato da sanzioni fiscali elevate e, se il fatto è doloso e rilevante, da procedimenti penali con sequestri preventivi dei crediti corrispondenti.
Riassumendo, la normativa tutela il contribuente in buona fede per gli errori formali innocui, ma è molto severa con le irregolarità sostanziali. Nei paragrafi successivi vedremo come queste regole si applicano nella pratica dei controlli fiscali, quali documenti occorre esibire e quali strategie adottare per evitare o limitare la decadenza dal Superbonus.
Cos’è l’“avviso di verifica documentale” del Superbonus?
Quando parliamo di “avviso di verifica documentazione” o “avviso di controllo” riferito al Superbonus, ci riferiamo in genere a una comunicazione ufficiale dell’Agenzia delle Entrate inviata al contribuente (beneficiario del bonus) allo scopo di verificare la corretta fruizione dell’agevolazione. Questi avvisi rientrano nell’ambito dei controlli fiscali che l’Amministrazione può effettuare sulle dichiarazioni dei redditi e sui crediti d’imposta. In concreto, possono assumere varie forme, ad esempio:
- Richiesta di documentazione / invito a esibizione: è la forma più tipica. L’Agenzia invia una lettera (spesso tramite PEC) in cui elenca i documenti relativi ai lavori incentivati da produrre entro un certo termine. Può essere strutturata come un “questionario” con specifiche domande (es. date dei pagamenti, estremi dei titoli abilitativi, dati tecnici) e richiesta di allegare copie di fatture, asseverazioni, CILAS, APE, ecc. In pratica è un accertamento formale/documentale in cui si chiede al contribuente di provare il possesso dei requisiti del Superbonus. Spesso viene citata la facoltà dell’Ufficio, ai sensi dell’art. 36-ter DPR 600/1973, di richiedere atti e documenti a supporto di oneri portati in detrazione.
- Questionario: talvolta il Fisco invia un questionario più discorsivo, con cui invita a fornire chiarimenti scritti su determinate operazioni (ad esempio spiegare la natura di alcune spese, o dichiarare se si posseggono determinati requisiti soggettivi). Anche questo è accompagnato dalla richiesta di inviare documenti giustificativi.
- Invito al contraddittorio: in alcuni casi, soprattutto se dal controllo emergono già possibili irregolarità sostanziali, l’Ufficio convoca formalmente il contribuente per un contraddittorio preventivo (ai sensi dell’art. 5-ter D.Lgs. 218/1997). In tale sede il contribuente può presentare memorie e documenti, e l’Agenzia valuta se emanare un atto impositivo. Questo strumento è divenuto obbligatorio per gli accertamenti “sostanziali” dal 2020, ma per i controlli sui bonus edilizi viene usato a discrezione dell’Ufficio, specie nei casi complessi.
- Ispezioni e sopralluoghi: se si sospetta una frode grave (come lavori mai eseguiti, crediti fittizi), l’Agenzia delle Entrate (spesso in collaborazione con la Guardia di Finanza) può procedere con accessi presso il cantiere o l’immobile oggetto dei lavori. In tal caso, oltre ai documenti, si verifica fisicamente la presenza e la conformità degli interventi. Tali ispezioni sono meno frequenti e di solito successive a una prima fase documentale o a segnalazioni specifiche (ad esempio dall’ENEA o da anomalie riscontrate nelle banche dati).
In tutti i casi sopra, non si tratta ancora di un atto impositivo finale, ma di una fase istruttoria. È un momento cruciale: una risposta completa e precisa all’avviso di verifica può chiarire la posizione e evitare sanzioni o decadenze indebite, mentre una mancata risposta o una risposta insufficiente quasi certamente porteranno l’Ufficio a emettere un avviso di recupero delle imposte. Pertanto, è fondamentale: a) prestare la massima attenzione a queste comunicazioni (leggendo bene le richieste e le scadenze indicate); b) attivarsi subito per raccogliere la documentazione; c) eventualmente farsi assistere da un professionista (commercialista o avvocato tributarista) nella predisposizione della risposta.
Di seguito esamineremo quali documenti tipicamente vengono richiesti e devono essere conservati, come prepararsi al meglio per questa verifica e cosa aspettarsi dopo la fase di controllo documentale.
Documenti da conservare e presentare per il Superbonus
Una delle prime domande che ci si pone, di fronte a una verifica, è: quali documenti devo avere e consegnare? Sin dall’inizio dell’era Superbonus, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni precise sulla documentazione da conservare. In particolare, la Circolare AdE n. 28/E del 25 luglio 2022 (una corposa guida ai bonus edilizi) contiene alle pagg. 182-186 un elenco di circa 50 documenti potenzialmente rilevanti per il Superbonus. La circolare precisa che «possono essere richiesti soltanto i documenti indicati nella circolare, salvo il verificarsi di fattispecie non previste». Ciò significa che l’Amministrazione finanziaria, in sede di controllo, dovrebbe limitarsi a domandare i documenti elencati in quel vademecum (a meno di casi eccezionali). Attenzione: questo elenco è onnicomprensivo, ma non tutti i documenti si applicano a ogni contribuente; dipende dalla tipologia di intervento e dal soggetto. È quindi importante capire quali sono quelli pertinenti al proprio caso.
Riassumiamo i principali gruppi di documenti che vanno obbligatoriamente conservati e, se richiesti, esibiti al Fisco ai fini del Superbonus:
- Documentazione fiscale delle spese: Fatture o ricevute delle spese sostenute per i lavori e i beni agevolati, nonché le relative ricevute dei bonifici parlanti effettuati. Questi documenti provano il costo degli interventi e il pagamento con modalità tracciata richiesta (bonifico con causale dedicata). In sede di controllo viene verificato che gli importi corrispondano a quelli portati in detrazione/ceduti e che i pagamenti siano avvenuti nei termini corretti.
- Titolo di detenzione dell’immobile e autorizzazioni del proprietario: Se il beneficiario del Superbonus non è proprietario (es. inquilino o comodatario), serve la dichiarazione di consenso del proprietario dell’immobile agli interventi. In generale, vanno conservati i documenti che attestano il titolo di possesso dell’immobile: atto di proprietà o altro diritto reale, contratto di locazione o comodato regolarmente registrato, visura catastale aggiornata. Per i condomìni, è fondamentale la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori agevolati e la ripartizione delle spese. Tali atti dimostrano che il contribuente aveva diritto a effettuare i lavori e beneficiare della detrazione.
- Titoli abilitativi edilizi (CILA/CILAS e altri permessi): La normativa Superbonus ha introdotto una procedura semplificata: per gran parte degli interventi basta una CILA asseverata “Superbonus” (CILAS). Occorre conservare copia della CILA/CILAS presentata al Comune (con ricevuta di protocollo) e delle eventuali altre autorizzazioni edilizie necessarie. Ad esempio, se l’edificio è vincolato o gli interventi non rientravano tutti in manutenzione straordinaria, potrebbe essere servito un diverso titolo (SCIA, Permesso di Costruire, autorizzazione paesaggistica, ecc.). In sede di verifica verrà controllato che la CILAS sia stata effettivamente presentata e che gli interventi realizzati corrispondano a quanto dichiarato (ricordiamo che l’assenza di CILAS o la difformità dei lavori è causa di decadenza ex art.119 c.13-ter). Nota: la mancata indicazione di estremi del titolo edificatorio nel Quadro F della CILAS è considerata dall’Agenzia un vizio sostanziale, come visto, per cui il modulo deve essere compilato in ogni sua parte.
- *Asseverazioni tecniche e attestati: Sono il cuore del Superbonus. In caso di interventi di efficientamento energetico, il tecnico abilitato deve redigere l’asseverazione di congruità delle spese e miglioramento energetico, da trasmettere all’ENEA (tramite il Portale dedicato). Vanno conservate: copia dell’asseverazione depositata presso ENEA, con i relativi allegati (APE ante e post intervento firmati e timbrati dal tecnico, polizza di assicurazione del tecnico, ecc.), come pure la ricevuta di avvenuta trasmissione ENEA. Analogamente, per il Sismabonus al 110% occorre l’asseverazione tecnica antisismica presentata allo sportello unico comunale, comprensiva di progetto strutturale e autorizzazione sismica (se dovuta). Anche questa rientra tra i documenti essenziali. In verifica, l’Agenzia controlla che tali asseverazioni esistano, siano state trasmesse entro i termini (di regola entro 90 giorni dalla fine lavori per ENEA) e che attestino quanto richiesto dalla legge (due classi energetiche migliorate o adeguamento sismico, costi nei limiti massimi, ecc.).
- Visto di conformità e documenti del consulente fiscale: Per Superbonus, la legge (dopo D.L. 157/2021) ha reso obbligatorio il visto di conformità dei dati relativi alla detrazione, rilasciato da un commercialista, CAF o professionista abilitato, sia in caso di cessione/sconto che (dal 2022) anche per utilizzo in dichiarazione, salvo eccezioni. Bisogna quindi conservare l’attestazione di apposizione del visto di conformità. Inoltre, il CAF/professionista che appone il visto deve aver verificato una serie di documenti e dichiarazioni sostitutive del contribuente. L’elenco dei controlli per il visto è dettagliato (cfr. checklist predisposte dal CNDCEC e FNC) e comprende il riscontro di tutta la documentazione sopra elencata e di alcune dichiarazioni del beneficiario. È buona norma conservare anche una copia di questa checklist o comunque l’elenco dei controlli effettuati dal professionista. In sede di controllo, il Fisco potrà chiedere al contribuente copia del visto e potrà rivolgersi al professionista per verifiche sull’operato (il visto falso o infedele è sanzionato severamente).
- Dichiarazioni sostitutive del contribuente: L’Agenzia richiede spesso alcune autocertificazioni rese dal beneficiario, previste dalla normativa e oggetto di verifica da parte di CAF/professionista. Ad esempio, per le persone fisiche è previsto che dichiarino di non fruire del Superbonus per più di due unità immobiliari (limite introdotto dal 2021). Oppure va dichiarato che le spese agevolate sono al netto di eventuali contributi o altri incentivi ricevuti per gli stessi interventi. Ancora, il beneficiario potrebbe dover dichiarare che l’immobile non è di lusso (categoria A/1, A/8, A/9 escluse dal 110% salvo A/9 aperte al pubblico) o che è abitazione principale nel caso di villette nel 2023 (per cui l’aliquota è passata al 90% salvo alcuni casi). Queste autodichiarazioni sono importanti perché suppliscono a informazioni che il CAF o l’Agenzia non possono conoscere autonomamente (es.: numero di immobili su cui si è chiesto il bonus in tutta Italia). Bisogna quindi conservarle e, se non ancora fornite, presentarle in sede di controllo.
- Documenti vari a seconda dei casi: L’elenco potrebbe proseguire includendo altri atti specifici: ad esempio, la Dichiarazione dell’amministratore di condominio sulle spese imputate al singolo condomino e sul rispetto dei massimali per parti comuni; la certificazione dell’amministratore di cooperative di abitazione (per le Onlus/ODV c’erano previsioni particolari); la documentazione sul rispetto dei limiti di spesa (computi metrici, capitolati) e dei prezzari DEI o ministeriali per i costi massimi; eventuali contratti di appalto e stati di avanzamento lavori (SAL) se il bonus è stato fruito in più tranche; la comunicazione all’ASL di avvio lavori (quando obbligatoria per cantieri edili); DURC e documenti di regolarità contributiva delle imprese (non richiesti dalla norma per il bonus, ma utili se contestano pagamenti a imprese non in regola); copia della polizza RC professionale del tecnico asseveratore con massimale adeguato (obbligatoria ex art.119 comma 14). Insomma, è buona prassi conservare tutto il “fascicolo” del Superbonus.
In sede di verifica, l’Agenzia delle Entrate confronterà i documenti con i requisiti richiesti dalla legge e con i dati già in suo possesso. Ricordiamo infatti che il Fisco possiede già alcune informazioni: ad esempio, sa dal modello di comunicazione dell’opzione se il credito è stato ceduto e per quali importi, conosce dai modelli dichiarativi quanta detrazione è stata utilizzata ogni anno, e tramite l’ENEA può accedere ai dati trasmessi sulle asseverazioni (classi energetiche, importi asseverati, ecc.). Pertanto, la documentazione servirà a dimostrare la veridicità e correttezza di quelle informazioni e la sussistenza di tutti i presupposti dell’agevolazione.
Vale la pena ribadire che violazioni meramente formali nei documenti essenziali non comportano la decadenza dal Superbonus se non compromettono i controlli. Ad esempio, un timbro mancante su un’asseverazione altrimenti valida, un refuso nella data di una fattura, l’invio leggermente tardivo (ma spontaneo) di una comunicazione ENEA: tutte situazioni che, se sanate o spiegate, non dovrebbero far perdere il diritto. Il comma 5-bis dell’art.119 è uno scudo in tal senso. Diverso è il caso di documenti assenti o falsi: la mancanza totale di un’asseverazione o di una CILAS, o l’infedeltà di un’attestazione, sono violazioni sostanziali che normalmente porteranno alla decadenza per quell’intervento o per l’intero bonus (se rendono impossibile verificare i presupposti). Di conseguenza, è cruciale fornire all’Agenzia tutta la documentazione richiesta, evitando omissioni, e fornire eventuali spiegazioni integrative per inquadrare correttamente ogni documento.
(Di seguito, in Tabella 1, un riepilogo sintetico dei principali documenti da conservare):
Categoria di documenti | Descrizione e contenuto |
---|---|
Fatture e pagamenti | Fatture e ricevute comprovanti le spese sostenute; bonifici “parlanti” con causale dedicata, CF beneficiario e P.IVA impresa. Dimostrano gli importi e i pagamenti tracciati. |
Titolarità e consenso | Atto di proprietà o titolo di possesso dell’immobile; visura catastale; eventuale dichiarazione di consenso del proprietario se diverso dal beneficiario. Per condomìni, delibera assembleare autorizzativa ai lavori. |
Titoli abilitativi edilizi | CILA-Superbonus (CILAS) depositata, con protocollazione; eventuali altri permessi (SCIA, PdC) se richiesti; eventuali sanatorie ottenute. Il tutto per provare la regolarità urbanistica e la presentazione di CILAS (obbligatoria, pena decadenza). |
Asseverazioni tecniche e APE | Asseverazione tecnica di congruità e rispetto requisiti energetici inviata a ENEA (ecobonus) con ricevuta; APE pre e post intervento firmati; asseverazione tecnica sismica (sismabonus) depositata al SUE; relazione tecnica lavori. Necessari a dimostrare il salto di qualità energetica/sismica e costi entro limiti. |
Visto di conformità e verifiche fiscali | Visto di conformità rilasciato da CAF/professionista; check-list dei controlli effettuati prima del visto. Attesta la verifica formale di documenti e requisiti fiscali per la detrazione. |
Autodichiarazioni del contribuente | Dichiarazioni sostitutive su: numero unità immobiliari oggetto di Superbonus (max 2 per PF); rispetto massimali di spesa e assenza di altri contributi per stessi lavori; requisiti soggettivi (es. immobile non di lusso, uso come abitazione principale se richiesto, ecc.). Servono a confermare condizioni che il Fisco non può rilevare dai soli documenti. |
Altra documentazione tecnica/fiscale | Contratti e fatture d’appalto; computo metrico e attestazione congruità prezzi; DURC imprese; polizze assicurative tecnici; comunicazione ASL (sicurezza cantieri); fotografie dei lavori; estratti conti bancari (prova esborsi); ogni altro documento utile a provare la realizzazione degli interventi a regola d’arte e nel rispetto delle norme. |
Tabella 1 – Principali documenti da conservare per il Superbonus (fonte: AdE Circ. 28/E/2022 e normativa vigente).
Le verifiche dell’Agenzia: modalità e tempi di accertamento
Vediamo ora come l’Agenzia delle Entrate conduce i controlli sul Superbonus e quali sono gli esiti possibili.
1. Controlli automatizzati e formali sulle dichiarazioni: se il contribuente ha fruito del Superbonus come detrazione nella propria dichiarazione dei redditi, le prime verifiche avvengono in maniera automatizzata. Ad esempio, nel Modello 730/Redditi PF esiste un campo specifico per indicare la quota annuale di Superbonus detratta. Il sistema dell’Agenzia può fare controlli incrociati: verificare che la somma indicata non ecceda i limiti annuali, confrontare i dati eventualmente comunicati per la cessione, ecc. In caso di incongruenze evidenti, scatta un controllo automatizzato ex art. 36-bis DPR 600/73, con eventuale comunicazione di irregolarità (avviso bonario). Se, poniamo, si è indicata per errore una detrazione più alta del consentito, l’Agenzia emetterà una comunicazione chiedendo la restituzione della quota non spettante, con sanzione del 30% ridotta a 10% se si paga entro 30 giorni. Questi controlli avvengono entro pochi mesi dalla presentazione della dichiarazione e vanno sanati subito per evitare l’iscrizione a ruolo.
In aggiunta, l’Agenzia può effettuare il controllo formale ex art. 36-ter, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. In tal sede può richiedere i documenti a supporto delle detrazioni (ed è proprio il caso degli avvisi di cui parliamo). Se dal controllo formale emerge che la detrazione non spettava, l’Agenzia emetterà un’avviso di recupero pari all’imposta non versata, con sanzione e interessi.
2. Accertamento “sostanziale” ex art. 42 DPR 600/73: è il vero e proprio avviso di accertamento (atto impositivo) che contesta la mancata spettanza del Superbonus. I tempi di emissione dipendono dalla modalità di fruizione e dal tipo di violazione riscontrata. In generale, i termini di decadenza sono:
- Se la violazione emerge da un controllo dichiarativo “semplice” (automatizzato), l’accertamento va notificato entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui si è utilizzata la detrazione. Ad esempio, per una detrazione Superbonus indicata nella Dichiarazione 2022 (redditi 2021), un controllo automatizzato può portare a un accertamento entro il 31/12/2025.
- Se la violazione emerge da un controllo documentale e sostanziale successivo (es. verifica approfondita dei requisiti a seguito di ispezione o di documenti inviati), l’accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tornando all’esempio: per spese 2021 detratte nel 2022, un accertamento sostanziale (magari perché nel 2023 si è scoperto un abuso) dovrà arrivare entro il 31/12/2026. Si noti che questo termine (4° anno) è leggermente più breve di quello ordinario per gli accertamenti (che di regola è il 5° anno). Ciò dipende dal fatto che in certi casi di controllo formale l’atto di recupero segue regole proprie.
- Se il Superbonus è stato fruito tramite cessione del credito o sconto in fattura, il legislatore – conscio dell’elevato rischio frodi – ha esteso significativamente i termini. L’Agenzia delle Entrate potrà contestare utilizzi indebiti del credito mediante atto di accertamento da notificare entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo della quota annuale di credito. In pratica, ogni quota ceduta (e poi utilizzata dal cessionario in F24) resta suscettibile di controllo per 8 anni a decorrere dall’anno in cui è stata usata. Esempio: Tizio ha ceduto l’intero credito 110% di €100.000 a una banca nel 2021, che lo utilizza in compensazione in quote 2021-2025. L’Agenzia potrà emettere atti di recupero fino al 31/12/2029 per la quota 2021, fino al 31/12/2030 per la quota 2022, e così via. Di fatto, la finestra di accertamento si allunga parecchio (quasi doppia rispetto ai 4-5 anni standard). Importante: queste tempistiche (3°, 4° e 8° anno) sono a pena di decadenza: trascorso il termine, il contribuente non può più essere accertato per quelle annualità e importi.
In qualsiasi caso, l’avviso di accertamento o atto di recupero del credito emesso dall’Agenzia delle Entrate è immediatamente esecutivo. Ciò vuol dire che, decorsi 60 giorni dalla notifica senza pagamento o ricorso, le somme richieste diventano riscuotibili tramite ruolo, senza bisogno di un’ulteriore intimazione. L’importo contestato comprenderà: l’ammontare della detrazione indebitamente fruita (o del credito indebito utilizzato), gli interessi calcolati dal momento dell’utilizzo (al tasso legale, attualmente circa 5% annuo) e le sanzioni. Le sanzioni variano a seconda che si configuri un credito non spettante o un credito inesistente:
- Crediti/detrazioni non spettanti: quando i presupposti sostanziali c’erano ma si è fruito di più del dovuto o in modo irregolare (es. spesa oltre massimale, errore di calcolo). In tal caso si applica di norma la sanzione del 30% sull’importo dell’imposta o del credito non spettante. Dal 1° settembre 2024, in virtù del D.Lgs. 87/2024 (riforma sanzioni tributarie), questa sanzione base è leggermente ridotta al 25%.
- Crediti inesistenti per mancanza, anche parziale, dei requisiti documentali o sostanziali: è il caso più grave, in cui il credito vantato in realtà non doveva esistere (ad es. lavori fittizi o requisiti completamente assenti). In tal caso, oltre al recupero della somma e agli interessi, si applica una sanzione del 30% (25% dal 2024), più un’ulteriore sanzione dal 100% al 200% se il credito inesistente è stato anche utilizzato in compensazione. In sostanza, chi crea crediti fittizi e li usa per pagare tasse può essere sanzionato complessivamente fino al 230% dell’importo indebito (range che dal 2024 diventa 130%-165% per via della riduzione delle aliquote sanzionatorie). Questa distinzione tra “non spettante” e “inesistente” è tecnica, ma in pratica molte violazioni gravi (es. falsa attestazione, spese false) rientrano nella seconda categoria.
(Vedi Tabella 2 per un riepilogo dei termini di accertamento e sanzioni fiscali applicabili).
Scenario | Termine per contestazione (decadenza) | Sanzione amministrativa |
---|---|---|
Detrazione in dichiarazione – errore rilevato da controllo automatizzato | 31 dicembre 3° anno successivo alla dichiarazione (accertamento) | 30% dell’imposta non versata (rid. 1/3 se avviso bonario pagato entro 30 gg). Se errore formale del Fisco su scadenze → nessuna sanzione (errore scusabile). |
Detrazione in dichiarazione – violazione sostanziale emersa da verifica | 31 dicembre 4° anno successivo alla dichiarazione | 30% sull’imposta indebitamente detratta (25% dal 1/9/24). Se ravvedimento operoso prima dell’accertamento: sanzioni ridotte (fino a 1/5 del minimo) e possibilità di evitare atto impositivo. |
Credito ceduto/sconto in fattura (utilizzo in F24 da cessionario) | 31 dicembre 8° anno successivo all’anno di utilizzo del credito | Credito non spettante: sanzione 30% (25% dal 2024). Credito inesistente: sanzione base 30% (25%) più sanzione 100-200% se utilizzato in compensazione (totale 130-230%, ridotta a 130-165% dal 2024). |
Violazioni formali senza pregiudizio controlli | Nessun accertamento sul bonus (il bonus non decade) | Eventuali sanzioni formali fisse se previste (es. omessa comunicazione ENEA: oggi sanabile senza perdita bonus). Di norma, nessuna sanzione se errore scusabile e in buona fede. |
Violazioni sostanziali (bonus indebito) | Termini come sopra (4 o 8 anni) a seconda del caso | Oltre alle sanzioni tributarie indicate, possibili profili penali (es. indebita compensazione ex art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 se credito usato >50k€, truffa aggravata se frode sistematica). In sede penale, possibile sequestro preventivo dei crediti corrispondenti, anche a carico di cessionari in buona fede. |
Tabella 2 – Tempi di accertamento del Superbonus e regime sanzionatorio (fonti: R. Greco 2024, D.Lgs. 471/1997, L. 212/2000).
3. Emissione dell’avviso e fase contenziosa: una volta concluso il controllo, se l’Agenzia ritiene non spettante (in tutto o in parte) il Superbonus, notificherà l’atto di recupero o l’avviso di accertamento. Questo atto, come detto, è esecutivo immediatamente e contiene l’intimazione a pagare le somme entro 60 giorni o, in alternativa, la possibilità di presentare ricorso entro gli stessi 60 giorni. È importantissimo rispettare tale termine: trascorsi i 60 giorni senza ricorso, l’atto diventa definitivo e il debito iscritto a ruolo (salvo eventuale adesione). In genere, l’Agenzia include nell’atto anche la liquidazione delle sanzioni e interessi, e indica le modalità per il pagamento (anche rateizzabile se previsto) o per l’eventuale istanza di accertamento con adesione (che, se presentata, sospende i termini di impugnazione per 90 giorni).
4. Profili penali e altri enti coinvolti: nei casi di frode o abusi gravi, parallelamente all’accertamento tributario, possono attivarsi le autorità penali. La Guardia di Finanza conduce spesso indagini su crediti fittizi o asseverazioni false. La Cassazione penale ha recentemente confermato che il sequestro preventivo può colpire i crediti d’imposta da Superbonus anche se sono passati a terzi estranei al reato, qualora originino da operazioni fraudolente. Ciò perché la cessione non “purifica” l’origine illecita: il cessionario subentra nel credito viziato e il giudice penale può sequestrarlo impedendone l’ulteriore utilizzo. È fondamentale capire che la tutela prevista in ambito tributario per il cessionario in buona fede (responsabilità solidale solo per dolo o colpa grave, ex art. 121 D.L. 34/2020) non vale sul piano penale. In ambito fiscale, dunque, il cessionario diligente non dovrebbe subire contestazioni (salvo complicità), ma in ambito penale potrebbe comunque subire il congelamento del credito. I contribuenti coinvolti in vicende di frode complessa dovranno coordinare la difesa tributaria con quella penale, eventualmente valutando il patteggiamento o altre strategie che esulano dall’ambito di questa guida.
Passiamo ora alla parte più operativa: come difendersi in pratica da un avviso di recupero del Superbonus, quali strumenti utilizzare e quali strategie adottare, tenendo presenti i principi giuridici visti finora.
Come difendersi: strategie e strumenti a tutela del contribuente
Trovarsi di fronte a un avviso di contestazione sul Superbonus può essere allarmante, ma esistono diverse strategie difensive che il contribuente (eventualmente con il proprio consulente) può mettere in atto, sia prima che venga emesso un atto formale, sia dopo, in sede di contenzioso tributario. Esaminiamo i vari step dal punto di vista del debitore, ovvero del contribuente che rischia di dover restituire il bonus.
Durante la verifica: collaborazione e completezza
Rispondere all’avviso di richiesta documenti in modo puntuale e collaborativo è il primo fondamentale passo. Ecco alcuni consigli pratici per questa fase:
- Rispetto dei termini: nella lettera di compliance o richiesta documenti è indicata una scadenza (di solito 15 o 30 giorni) per fornire quanto richiesto. È essenziale rispettarla. Se la mole di documenti è ampia e il termine troppo breve, si può contattare telefonicamente o via PEC l’ufficio richiedente e, con atteggiamento collaborativo, chiedere una breve proroga motivandola (ad es. “sto reperendo documenti dal tecnico / dal condominio”). Spesso l’Ufficio concede qualche giorno in più se vede buona fede.
- Organizzazione della risposta: preparare un dossier chiaro. Allegare copia di tutti i documenti richiesti, numerandoli e, preferibilmente, predisponendo un indice. È utile aggiungere una breve nota esplicativa in cui elencate i documenti allegati e fornite eventuali spiegazioni. Ad esempio: “Documento 5: Asseverazione ENEA del 30/11/2021, trasmessa il 05/12/2021 (ricevuta n…); si evidenzia che il leggero ritardo (5 giorni) è dovuto a… ma non ha pregiudicato la verifica ENEA, come da allegata ricevuta”. Questa nota servirà a guidare il funzionario nel controllo e a chiarire eventuali apparenti anomalie.
- Completezza e coerenza: assicurarsi di fornire tutto quanto richiesto. Se manca qualcosa, spiegarne il motivo e indicare eventuali soluzioni. Ad esempio, se si è smarrita una fattura, procurarsene una copia conforme dall’impresa; se manca una dichiarazione, la si può predisporre all’istante (datata e firmata) e allegarla. Non tralasciare alcuna richiesta senza risposta: anche un documento considerato marginale potrebbe essere visto come essenziale dall’Ufficio.
- Verifiche preventive: prima di inviare, rileggete tutto con occhio critico, magari con l’aiuto di un professionista. Immedesimatevi nel controllore: ci sono discrepanze evidenti? Importi che non tornano? Se notate problemi, fornite subito chiarimenti o documenti integrativi. Ad es., se il totale delle fatture allegato è leggermente diverso dall’importo detratto (magari per arrotondamenti), spiegatelo nella nota. Anticipare le obiezioni possibili denota accuratezza e può evitare un accertamento.
- Forma di trasmissione: spedire via PEC all’indirizzo indicato o tramite il canale richiesto (talvolta l’Agenzia invita a usare il portale “Civis” o a recarsi di persona). La PEC è preferibile perché crea una prova certa dell’invio nei termini. Se i file sono voluminosi, si possono inviare in più PEC separate (es. PEC 1/3, 2/3, 3/3). In alternativa, consegnare a mano in ufficio facendosi rilasciare protocollo di ricezione.
- Atteggiamento col funzionario: mantenere un tono collaborativo e professionale. Evitare frasi polemiche o ostili. L’obiettivo è dimostrare di essere contribuenti diligenti che hanno fatto tutto il possibile per rispettare la legge. Questo può influire sulla discrezionalità del funzionario nell’interpretare le situazioni borderline.
Spesso, se la documentazione è completa e i requisiti in regola, la verifica si chiude senza ulteriori conseguenze. In caso contrario, se dall’analisi dei documenti emergono irregolarità (es. spese non ammissibili, documenti mancanti, ecc.), l’Agenzia procederà verso l’accertamento formale. Ma anche in questa eventualità, la condotta collaborativa può aver posto le basi per limitare il perimetro della contestazione (ad esempio circoscrivendolo a un singolo intervento invece che all’intero importo, grazie all’art.119 co.5-bis).
Ravvedimento operoso: sanare prima dell’accertamento
Se durante la verifica (o anche prima, autonomamente) il contribuente si rende conto di aver effettivamente commesso un errore sostanziale, conviene valutare il ravvedimento operoso. Il ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97) consente di regolarizzare spontaneamente violazioni fiscali beneficiando di sanzioni ridotte in misura tanto maggiore quanto più tempestiva è la regolarizzazione.
Applicato al Superbonus, significa: il contribuente presenta una dichiarazione integrativa andando a rimuovere la detrazione indebitamente fruita (in tutto o in parte) o comunicando l’intenzione di rinunciare al credito d’imposta, e contestualmente versa l’imposta corrispondente (o restituisce il credito se già avuto in rimborso/compensazione), unitamente a interessi e sanzione ridotta. In cambio, evita le sanzioni piene del 30% o 100% e si mette in regola prima di un formale accertamento.
Nel caso citato prima, della CILAS con quadro F non compilato, l’Agenzia Entrate nella risposta 122/2025 ha espressamente ricordato che il contribuente può ricorrere al ravvedimento operoso, a condizione che ciò avvenga prima della notifica di atti impositivi. Ravvedersi in quel caso significa: restituire il Superbonus fruito (ad esempio se il credito era ceduto, si tratta di riversarlo all’erario), pagare la sanzione ridotta e gli interessi, e così evitare l’accertamento. Inoltre l’Agenzia ha confermato che, una volta perso il Superbonus, il contribuente potrà comunque fruire delle detrazioni ordinarie alternative (Ecobonus 65%, Bonus ristrutturazioni 50% ecc., se i lavori rientrano in quelle agevolazioni) per recuperare parte delle spese. Naturalmente dovrà farlo tramite la propria dichiarazione dei redditi, visto che dal marzo 2024 non è più consentita la cessione per i nuovi utilizzi di bonus ordinari.
Quando conviene ravvedersi? In genere quando è inequivocabile che il bonus non spetti. Esempi: ci si accorge di aver involontariamente sforato il limite di spesa; oppure emerge che un requisito essenziale (come il miglioramento di 2 classi energetiche) non era stato effettivamente conseguito per errore tecnico; oppure, come nell’esempio, un adempimento sostanziale è stato omesso (es. CILAS non presentata in tempo). In questi casi, aspettare l’accertamento comporterebbe sanzioni piene e nessuna attenuante, mentre ravvedendosi si pagano sanzioni molto inferiori (spesso 1/8 o 1/5 del minimo, a seconda di quando ci si ravvede). Importante: per ravvedersi occorre non aver ancora ricevuto un atto di accertamento o PVC (processo verbale GdF) contestante la violazione. Se è già in corso un controllo documentale (richiesta di esibizione), si è ancora in tempo a ravvedersi, purché l’ufficio non abbia notificato un formale avviso di pagamento.
Il ravvedimento può essere parziale. Ad esempio, se dai documenti emerge che solo una parte delle spese era inammissibile (mettiamo €10.000 su €100.000 totali), il contribuente può restituire spontaneamente quella quota con sanzioni ridotte, sperando così di evitare l’intero disconoscimento o una penalità più alta sul resto. In pratica, l’ufficio potrebbe a quel punto contestare solo la parte residua se ritiene altre irregolarità.
In alcuni periodi il legislatore ha previsto forme di ravvedimento speciale. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 introdusse un “ravvedimento speciale” per le dichiarazioni 2021 e precedenti (poi esteso anche al 2022) con sanzioni ulteriormente ridotte. Queste opportunità vanno valutate caso per caso, magari con l’ausilio di un consulente fiscale, perché possono rendere conveniente chiudere la posizione.
Da notare: ravvedendosi, come detto, si può convertire il Superbonus in altri bonus ove possibile (ad esempio i lavori trainati possono ricadere nel 50% ristrutturazioni). L’Agenzia ha anche chiarito che, in caso di ravvedimento di crediti già ceduti, se il beneficiario originario restituisce tutto, il cessionario non viene sanzionato e può vedersi annullato il proprio debito (ovviamente il cessionario potrebbe aver pagato il creditore originario e potrà eventualmente rivalersi civilmente). Questo però dipende dalle singole situazioni.
L’accertamento è emesso: difesa nel contenzioso tributario
Se, nonostante tutto, l’Agenzia notifica un avviso di accertamento/recupero per il Superbonus, il contribuente ha la facoltà di impugnarlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (nuova denominazione delle Commissioni Tributarie Provinciali). Come già indicato, il termine è 60 giorni dalla notifica. Vediamo gli strumenti e le strategie difensive in questa fase:
- Accertamento con adesione: prima di avventurarsi nel ricorso, si può tentare un accordo con l’Agenzia. Presentando un’istanza di accertamento con adesione (entro 60 giorni dalla notifica), si apre la possibilità di un contraddittorio con l’ufficio, con sospensione dei termini per 90 giorni. Nel frattempo si terrà un incontro (anche telematico) con il funzionario per discutere la contestazione. Se si trova un accordo, l’avviso viene “definito” con un atto di adesione in cui di solito si riducono le sanzioni di 1/3 (quindi ad es. da 30% a 20%). L’adesione può essere utile se il contribuente riconosce almeno in parte la fondatezza della pretesa e vuole evitare il contenzioso prolungato. Nel caso di Superbonus, l’adesione potrebbe portare a ridurre la sanzione o concordare l’entità del credito non spettante, specie in situazioni complesse. Se però la questione è di puro diritto (es.: l’Ufficio dice “niente bonus perché quadro F mancante”, il contribuente vorrebbe far valere il contrario), difficilmente si troverà accordo: l’adesione richiede in genere ammissione del contribuente. In assenza di adesione, trascorsi 90 giorni il termine di ricorso riprende a decorrere.
- Ricorso tributario: il ricorso va presentato presso la Corte di Giustizia Tributaria (CGT) competente (in genere quella della provincia dove ha sede l’ufficio emittente l’atto). Per importi contestati oltre €3.000 è necessaria l’assistenza di un difensore abilitato (avvocato, commercialista o esperto iscritto alle liste). Nel ricorso occorre indicare i motivi per cui l’accertamento è illegittimo o infondato, allegando la documentazione probatoria. Nel caso del Superbonus, i possibili motivi di ricorso possono essere molteplici:
- Vizi procedurali: ad esempio, mancato invio del previo invito a comparire (se richiesto), difetto di motivazione nell’atto, errata applicazione dei termini di decadenza, ecc. Questi aspetti vanno valutati tecnicamente, ma è sempre bene controllare che l’Agenzia abbia seguito l’iter corretto (spesso lo fa, ma non si sa mai).
- Merito: contestazione delle violazioni: qui bisogna dimostrare che i requisiti del Superbonus in realtà c’erano e l’ufficio ha torto nel negare l’agevolazione, oppure che l’eventuale irregolarità non giustifica la decadenza totale o la sanzione applicata. Esempi:
- Errore formale vs sostanziale: Se l’accertamento si basa su una mancanza formale, si invocherà l’art.119 comma 5-bis: violazione formale non pregiudizievole = niente decadenza. Occorre argomentare perché quell’errore non ha impedito i controlli. Ad es.: “È vero che la comunicazione ENEA finale è stata inviata con 10 giorni di ritardo, ma è stata comunque acquisita prima dell’avvio di qualunque controllo; il dato è ora nella banca dati ENEA e l’Agenzia l’ha potuto verificare, dunque non c’è pregiudizio al controllo. La decadenza non può essere applicata ex art.119 co.5-bis”. Si citeranno magari precedenti di prassi (circolari) che considerano la tardiva comunicazione ENEA una violazione formale sanabile.
- Applicazione parziale della decadenza: Qualora vi sia effettivamente un’irregolarità sostanziale su un intervento, si può far leva sul fatto che la decadenza va limitata a quell’intervento e non all’intera agevolazione. Ad esempio: se su 5 interventi realizzati uno non era ammissibile, il contribuente può sostenere che la perdita del bonus vada circoscritta alla spesa relativa a quell’intervento, e che per le altre spese l’agevolazione resti valida. Questo principio è sancito proprio dal comma 5-bis (seconda parte) e va evidenziato al giudice per evitare interpretazioni eccessivamente punitive.
- Prova del merito dei requisiti: Bisogna eventualmente dimostrare che i requisiti contestati in realtà sono soddisfatti. Questo può richiedere consulenze tecniche di parte. Ad esempio, se l’ufficio sostiene che il salto di 2 classi energetiche non è avvenuto (magari perché ritiene l’APE errato), il contribuente può produrre una perizia tecnica asseverata da un esperto indipendente che conferma il miglioramento energetico ottenuto. Oppure, se si contesta che alcune spese non fossero congrue, si può portare un’analisi tecnica e di mercato a dimostrazione che i costi rientravano nei massimali. Il giudice tributario è spesso disposto ad accettare tali prove se ritiene che l’Agenzia non abbia tenuto conto di elementi sostanziali.
- Principio dell’affidamento e buona fede: un altro argomento chiave è richiamare il principio di tutela dell’affidamento del contribuente (art. 10, Statuto del Contribuente – L. 212/2000). Tale articolo stabilisce che i rapporti tra fisco e contribuente sono improntati alla collaborazione e buona fede e che non sono irrogate sanzioni né interessi se il contribuente ha seguito indicazioni dell’amministrazione poi modificate. Nel contesto Superbonus, caratterizzato da norme “schizofreniche” e chiarimenti ondivaghi, questo principio può essere vitale. Ad esempio, se il contribuente ha agito seguendo una circolare o FAQ ufficiale e poi l’Agenzia ha cambiato interpretazione, si può sostenere l’esimente dell’errore scusabile. Una recente sentenza di Cassazione (n. 12648/2024) ha ribadito la centralità dell’affidamento: in quel caso un contribuente aveva commesso un errore di versamento fidandosi di un prospetto errato fornito dall’Agenzia stessa, e la Corte ha considerato scusabile l’errore, annullando le sanzioni e facendo prevalere il principio di tutela della buona fede. Nel Superbonus, il “caos normativo” non giustifica di per sé l’errore, come ha detto Cassazione Penale, ma se il contribuente dimostra di aver fatto tutto il possibile per informarsi e operare correttamente, l’errore può essere considerato scusabile. Ciò include aver richiesto interpelli all’Agenzia in caso di dubbio, aver consultato professionisti, e essersi conformato alla prassi del momento. Se queste condizioni sono vere nel vostro caso, sottolineatele nel ricorso: mostrano al giudice che non c’è stata malafede o negligenza grave.
- Proporzionalità della sanzione e dell’azione repressiva: in dottrina e giurisprudenza tributaria sta emergendo anche l’argomento della proporzionalità. Ovvero: la reazione del Fisco deve essere proporzionata all’irregolarità e al contesto. Ad esempio, togliere l’intero Superbonus di €100.000 per un errore marginale che non incide sul risultato ottenuto potrebbe apparire eccessivo e iniquo. Alcune Commissioni Tributarie (oggi CGT) hanno in effetti mostrato sensibilità verso i contribuenti in buona fede, evitando decadenze totali per errori tecnici formali di lieve entità e valutando con attenzione i casi in cui il contribuente aveva rispettato le norme vigenti e i successivi cambi normativi lo hanno penalizzato. Citare questi orientamenti e richiamare principi costituzionali (art. 3 e 53 Cost., capacità contributiva ed eguaglianza) può aiutare a dare una cornice equitativa al ricorso. Ad esempio: “Si invitano i giudici a valutare la proporzionalità della sanzione espulsiva – perdita integrale del bonus – rispetto alla condotta del ricorrente che, in buona fede, ha realizzato l’efficientamento energetico previsto ottenendo risultati tangibili (documentati) e ha mancato solo un adempimento formale. Una decadenza totale si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalità e con la tutela dell’affidamento”. Tali argomentazioni, pur non vincolanti, possono orientare la decisione verso una riduzione del danno per il contribuente.
- Sospensione della riscossione: se si ricorre, l’importo iscritto a ruolo non viene automaticamente sospeso. È necessario presentare un’apposita istanza di sospensione alla CGT, allegando prova di un danno grave e irreparabile dalla riscossione immediata (ad esempio, importo elevato che compromette la liquidità aziendale o familiare). Spesso, se il caso è fondato, le Commissioni concedono la sospensione fino alla sentenza di primo grado. Ciò toglie pressione al contribuente durante il processo. L’istanza di sospensione va presentata insieme al ricorso o anche successivamente (entro la prima udienza) e la Commissione decide in tempi brevi (entro 180 giorni dalla richiesta, spesso prima).
- Documenti e prove nel ricorso: è cruciale allegare tutti i documenti utili a dimostrare le proprie ragioni. Quindi tutta la documentazione tecnica e fiscale già esibita all’Agenzia, eventuali perizie di parte, copie di interpelli o FAQ su cui ci si è basati, corrispondenza con l’ENEA o il Comune che chiarisca aspetti tecnici, sentenze di altri casi analoghi (come quelle citate dal blog ADICU sulla tendenza pro-contribuente per errori formali). In diritto tributario non c’è un vero principio del precedente vincolante, ma portare all’attenzione del giudice una sentenza favorevole su un caso simile può essere persuasivo. Es.: una Commissione regionale che ha stabilito che l’errore X non comportava la decadenza del bonus per proporzionalità.
- Ruolo dei professionisti e terzi responsabili: se il contenzioso coinvolge aspetti dove la responsabilità magari ricade su un terzo (tecnico, impresa, amministratore), il contribuente in causa con il Fisco comunque deve tutelare sé stesso. Nel processo tributario non è possibile “chiamare in causa” il terzo responsabile per fargli pagare l’imposta al posto nostro. Però, la presenza di un errore altrui può essere sottolineata per far emergere la propria buona fede (es.: “il progettista ha commesso un errore di calcolo, il committente non poteva accorgersene”). Dopo di che, ottenuta magari una riduzione di sanzioni per buona fede, il contribuente potrà in separata sede agire contro il responsabile per il risarcimento del danno subito (vedi paragrafo successivo). È comunque importante che, in giudizio, il contribuente mostri di non aver avuto volontà elusiva: se c’è un responsabile tecnico, magari allegare la sua dichiarazione di assunzione di responsabilità o un documento che mostri che il committente si era affidato a lui, può giovare.
In sintesi, la difesa nel merito consisterà nel dimostrare la legittimità della propria posizione o quantomeno attenuare la portata della violazione contestata, sfruttando i margini interpretativi e i principi di tutela esistenti. Le prime pronunce giurisprudenziali sul Superbonus, dopo iniziali incertezze, sembrano pian piano riconoscere queste tesi: non tutti i giudici tributari applicano ciecamente la decadenza, molti valutano caso per caso distinguendo chi ha agito in buona fede e ha soddisfatto la sostanza della norma.
Va infine considerato che, qualora l’esito in primo grado fosse sfavorevole, resta la possibilità di appello (CGT di secondo grado) e poi ricorso per Cassazione. Ma ciò comporta tempi lunghi e costi. In parallelo, potrebbero attivarsi strumenti legislativi di definizione agevolata delle liti pendenti (negli ultimi anni ce ne sono state diverse: rottamazione liti 2019, conciliazione agevolata 2023, ecc.). Dunque, mantenere aperto il contenzioso talvolta consente di beneficiare di una sanatoria se il legislatore la concede (pagando magari solo il tributo senza sanzioni). Questa è un’ulteriore considerazione strategica.
Dopo il contenzioso: rivalsa e responsabilità di terzi
Dal punto di vista del debitore-contribuente, l’eventuale perdita del Superbonus è un danno economico serio. Qualora la decadenza sia dovuta a errori o inadempienze altrui (del tecnico, dell’impresa, dell’amministratore condominiale, ecc.), è importante sapere che si possono intraprendere azioni di rivalsa in sede civile. La giurisprudenza civile recente sta infatti affermando che professionisti e imprese coinvolti nei lavori sono tenuti a risarcire il committente se, per loro colpa, quest’ultimo perde il diritto al Superbonus. Ad esempio:
- La Cassazione civile, Sez. II, n. 1234/2023 ha stabilito che l’impresa esecutrice può essere responsabile della perdita del Superbonus se non ha rispettato le specifiche tecniche richieste, anche in assenza di clausole contrattuali esplicite. Ciò significa che l’appaltatore è tenuto implicitamente a eseguire i lavori in modo da far ottenere i benefici fiscali promessi, e se non ci riesce per sua negligenza, deve rispondere dei danni.
- Il Tribunale di Milano, n. 235/2024 ha riconosciuto il diritto al risarcimento del committente perché l’impresa aveva erroneamente valutato le migliorie energetiche, non riuscendo a conseguire il salto di classe e facendo così perdere il bonus al cliente.
- Il Tribunale di Roma, n. 321/2024 ha addirittura affermato la responsabilità del progettista: se il progetto non era conforme ai requisiti e ciò ha causato la revoca del bonus, il tecnico progettista è responsabile per negligenza e tenuto a risarcire il committente.
Quindi, il contribuente “debitore” verso il Fisco può, una volta definita la sua posizione tributaria (o anche parallelamente, se la responsabilità è chiara), cercare ristoro da chi ha commesso gli errori a monte. Naturalmente occorre dimostrare il nesso causale: ad esempio, se la mancata compilazione della CILAS è colpa del tecnico o dell’impresa che doveva occuparsene, il cittadino potrà chiedere i danni (l’importo del Superbonus perso) a quel soggetto. Queste cause civili richiedono perizie e possono essere complesse, ma le prime pronunce indicano che i giudici sono sensibili al fatto che il privato non sia lasciato solo a subire la perdita per colpe altrui.
Dal punto di vista pratico, conviene formalizzare per iscritto (anche in corso d’opera) le responsabilità: ad esempio, far inviare al tecnico asseveratore una dichiarazione scritta in cui riconosce l’errore (se c’è stato), o comunque raccogliere elementi che facilitino poi la prova in giudizio civile. E ricordarsi che i termini di prescrizione per chiedere danni contrattuali sono in genere 10 anni, quindi c’è margine per agire anche dopo il contenzioso tributario.
Casistiche pratiche e simulazioni
Di seguito proponiamo alcune simulazioni di casi pratici – ispirate a situazioni realmente accadute – per illustrare l’applicazione concreta delle regole e strategie discusse finora, dal punto di vista del contribuente.
Caso 1: Errore formale risolto in verifica – Il signor Rossi ha beneficiato del Superbonus per la riqualificazione energetica della sua villetta. Alla fine dei lavori, però, il tecnico asseveratore ha dimenticato di indicare nel portale ENEA il numero di protocollo della CILAS, un dato richiesto a fini statistici. L’Agenzia invia una richiesta di documenti. Azione: Rossi fornisce tutta la documentazione (fatture, CILAS, asseverazioni) e spiega nella nota che l’omissione del protocollo CILAS è stato un errore formale del tecnico, che non pregiudica i controlli poiché la CILAS stessa è allegata e autentica. Esito: l’Ufficio concorda che l’errore è formale e “non arreca pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo”, dunque – in base all’art. 119 co.5-bis – non procede alla decadenza. La pratica si chiude senza sanzioni né recuperi. (Questo esempio mostra come un vizio meramente formale, adeguatamente chiarito, non comporta la perdita del bonus).
Caso 2: Omessa indicazione in CILAS (vizio sostanziale) – La società Alfa ristruttura un edificio di sua proprietà con Superbonus, presentando nel 2021 la CILA Superbonus. Tuttavia, per un disguido, non compila la sezione “F” relativa alla legittimità edilizia (l’immobile era peraltro legittimato da sanatoria poco prima). Nel 2025 l’Agenzia verifica la documentazione. Azione: Alfa cerca di sostenere che si tratta di un errore formale e che l’immobile era comunque legittimo. Chiede se può integrare ora quell’informazione. Esito: l’Agenzia (richiamandosi alla Risposta 122/2025) ribadisce che “la mancata compilazione del quadro F determina la decadenza dall’agevolazione”, trattandosi della causa di decadenza lettera c) dell’art.119 co.13-ter. Non è considerato errore formale ma vizio sostanziale. La società Alfa perde il diritto al Superbonus su tutti gli interventi di quella CILAS. Tuttavia, Alfa ravvede la violazione prima dell’emissione dell’accertamento: restituisce il credito 110% indebito alla Tesoreria erariale, beneficiando di sanzioni ridotte (1/8 del 30%, dunque 3,75%) e interessi. Dopodiché Alfa potrà fruire delle detrazioni ordinarie (es. Ecobonus 65%) sulle stesse spese, tramite dichiarazione, anche se purtroppo senza possibilità di cessione del credito (vietata dal D.L. 39/2024). (Questa simulazione riflette il caso reale risolto dalla risposta AdE 122/2025: evidenzia che un adempimento omesso in CILAS non è sanabile ex post, ma il ravvedimento operoso mitiga l’impatto economico e consente di passare ai bonus minori).
Caso 3: Intervento non agevolabile e abuso edilizio – Il signor Bianchi ottiene il Superbonus per vari lavori, tra cui la chiusura di un balcone con veranda. Tale intervento però non era agevolabile (non migliora l’efficienza energetica, anzi potrebbe essere un abuso se non autorizzato). Bianchi comunque include le spese della veranda nel computo e cede l’intero credito alla banca. Nel 2024, un controllo incrociato con l’Agenzia territoriale evidenzia che quella veranda è abusiva. Esito: l’Agenzia Entrate contesta che le spese relative alla veranda non spettavano e, anzi, classifica quel credito come inesistente per carenza del requisito edilizio (l’abuso comporta decadenza ex art.49 DPR 380/2001, richiamato dall’art.119). Viene emesso un atto di recupero: Bianchi deve restituire la quota di detrazione relativa alla veranda, con sanzione 100% (essendo abuso sostanziale) più interessi. Fortunatamente il resto dei lavori (cappotto, caldaia) erano in regola e il bonus su quelli rimane (decadenza parziale grazie all’art.119 co.5-bis). Sul piano penale, tuttavia, l’abuso potrebbe configurare dichiarazioni mendaci: la GdF segnala la cosa in Procura. Viene disposto un sequestro preventivo sul credito ceduto alla banca relativo alla veranda (un importo di ~€10.000), benché la banca fosse ignara. La Cassazione infatti ha confermato che la buona fede del cessionario non impedisce il sequestro dei crediti da reato. Difesa: Bianchi in giudizio tributario argomenta che l’intervento veranda va escluso, ma chiede almeno la sanzione ridotta al 30% perché confidava nel tecnico che l’aveva inserita. La CGT riconosce l’errore tecnico ma non accoglie il buonafede: conferma la sanzione del 100%. Bianchi dovrà rivalersi sul tecnico progettista per il danno (il quale effettivamente non avrebbe dovuto includere spese abusive; l’azione di rivalsa è supportata dalla giurisprudenza: Cass. 1234/2023 che attribuisce all’impresa/progettista la responsabilità di errori tecnici che fanno perdere il bonus). (Questo scenario mostra un caso misto: decadenza parziale per l’intervento non eleggibile, forte sanzione per abuso, e implicazioni penali con danno anche al cessionario).
Caso 4: Cambio di interpretazione sfavorevole – La signora Verdi, nel 2022, installa un impianto fotovoltaico con Superbonus, leggendo le FAQ ENEA che chiariscono come l’impianto vada considerato “trainato” e ammesso anche su pertinenza non riscaldata. Nel 2023, un nuovo interpello AdE cambia indirizzo dicendo che quell’interpretazione era errata (ipotetico scenario). Nel 2025 l’Agenzia contesta a Verdi che il fotovoltaico non spettava perché la pertinenza non era riscaldata. Difesa: Verdi impugna l’accertamento sostenendo di aver fatto affidamento sulle indicazioni ufficiali disponibili all’epoca (FAQ sul sito istituzionale). Richiama l’art. 10 Statuto Contribuente e la buona fede: non può essere punita per aver seguito l’orientamento poi mutato. Inoltre, evidenzia che ha effettivamente collegato l’impianto all’abitazione principale e raggiunto gli scopi ambientali. Esito: la CGT accoglie parzialmente: annulla le sanzioni applicate (invocando l’errore scusabile per affidamento legittimo), ma conferma la restituzione della detrazione fotovoltaico perché la nuova interpretazione, sebbene successiva, viene ritenuta vincolante. In sostanza Verdi perde il bonus su quell’intervento ma non paga sanzioni né interessi (in base al principio di tutela dell’affidamento). Questo risultato, ancorché a metà, è comunque positivo perché riconosce la buona fede. (La simulazione riflette l’orientamento per cui ignorantia legis non excusat, ma affidamento in indicazioni fuorvianti del Fisco sì. Il contribuente diligente può evitare sanzioni se prova di aver seguito le regole del gioco poi cambiate).
Caso 5: Frode con cessione a terzi estranei – La ditta Omega presenta documenti falsi per un Superbonus su un edificio fatiscente: nessun lavoro viene davvero eseguito, ma ottiene l’approvazione formale e cede crediti per €500.000 a vari cessionari (banche e imprese). La frode viene scoperta da indagini GdF nel 2024. Esito tributario: l’Agenzia qualifica i crediti come del tutto inesistenti (nessun presupposto sostanziale) e notifica atti di recupero sia alla ditta Omega sia, per quanto di competenza, ai cessionari che nel frattempo li avevano utilizzati in compensazione. In base all’art. 121 modificato nel 2022, i cessionari in buona fede rispondono solo per dolo o colpa grave, quindi se riescono a documentare di aver acquistato quei crediti con la dovuta diligenza (visto di conformità presente, ecc.) non dovrebbero subire il recupero. Tuttavia, la ditta Omega, responsabile della frode, è insolvente e non paga. Esito penale: sul fronte penale, viene disposto il sequestro preventivo dei crediti per l’intero importo, in mano a chiunque si trovino, cessionari compresi. Quindi anche la banca cessionaria, pur non colpevole, vede bloccata la possibilità di usarli e subisce un danno economico grave (la Cassazione ha ritenuto legittimo questo approccio, anteponendo l’interesse pubblico a reprimere la frode alla tutela dei terzi di buona fede). Considerazioni: i cessionari potranno semmai rivalersi civilmente su Omega (che però è fallita…). Questa situazione estrema sottolinea che, in caso di frode conclamata, il contribuente fraudolento è esposto sia a pretese tributarie massime (restituzione + sanzione 200%) sia a condanne penali (truffa aggravata, indebita percezione di erogazioni) con sequestri patrimoniali, mentre i terzi coinvolti rischiano comunque conseguenze patrimoniali anche senza colpa. Dal lato difensivo, c’è ben poco da fare se non cercare attenuanti penali (collaborare, patteggiare) e, per i terzi, dimostrare la propria totale estraneità così da evitare almeno sanzioni tributarie aggiuntive.
Ogni caso reale può presentare combinazioni differenti di questi elementi. L’importante, per il contribuente, è comprendere la propria posizione e muoversi di conseguenza: se si è in torto palese, meglio ravvedersi; se si è nel giusto, combattere facendo valere tutti i propri diritti; se l’errore è altrui, non esitare a rivalersi. Come si è visto, le tutele esistono, ma vanno attivate con tempestività e cognizione di causa.
Domande frequenti (FAQ)
D: Cos’è esattamente un “avviso di verifica documentale” sul Superbonus?
R: È una comunicazione (via PEC o raccomandata) con cui l’Agenzia delle Entrate richiede al beneficiario del Superbonus di inviare o esibire specifica documentazione e chiarimenti relativi alle spese e agli interventi agevolati. Spesso assume la forma di un questionario o di una lettera di compliance in cui si domandano fatture, bonifici, asseverazioni, CILA, ecc., per verificare che il contribuente avesse diritto al bonus. Non è un atto impositivo, ma una fase di controllo: va presa molto sul serio, perché dalle risposte fornite dipende l’eventuale successiva emissione di un accertamento.
D: Quali documenti possono chiedermi in fase di controllo?
R: Solo quelli rilevanti ai fini del Superbonus, in particolare quelli elencati nella Circolare Agenzia Entrate 28/E del 2022 (pagg.182-186). Tra questi: fatture e ricevute delle spese, bonifici parlanti, titolo di proprietà o contratto d’affitto, consenso del proprietario (se diverso), delibera condominiale, CILA/CILAS, asseverazioni tecniche (ecobonus e/o sismabonus) con ricevute ENEA, APE pre e post, visto di conformità, dichiarazioni sostitutive del contribuente (es. rispetto di limiti di spesa, numero di immobili agevolati), attestati di titoli edilizi o di stato legittimo, polizze dei tecnici, documenti fotografici, ecc.. Non tutti questi documenti si applicano a ogni caso: dipende dalla tipologia di interventi e dal soggetto. In generale, l’Agenzia potrà chiedere soltanto i documenti indicati in quella circolare, salvo situazioni particolari non previste.
D: Quanto tempo ha l’Agenzia delle Entrate per controllare il mio Superbonus?
R: Dipende. In caso di utilizzo in dichiarazione dei redditi, eventuali accertamenti devono essere notificati entro il 4º anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quindi circa entro 4-5 anni dal periodo d’imposta). Se invece il bonus è stato ceduto come credito, l’Agenzia può emettere atti di recupero fino all’8º anno successivo all’utilizzo di ciascuna quota annuale ceduta. Ad esempio, per crediti usati nel 2021 possono arrivare accertamenti fino al 31/12/2029. Le contestazioni da controlli automatizzati (errori evidenti in dichiarazione) avvengono prima, in genere entro 2-3 anni. Oltre questi termini, scatta la decadenza e il contribuente non può più essere accertato. In ogni caso, una volta notificato un avviso di accertamento, si hanno 60 giorni per ricorrere.
D: Posso davvero perdere il Superbonus per un semplice errore formale?
R: In linea di principio no, un errore meramente formale non comporta la decadenza dal beneficio, a condizione che non ostacoli i controlli. Questo è sancito dall’art. 119 comma 5-bis del Decreto Rilancio. Ad esempio, una dimenticanza nella compilazione di un modulo, una svista ininfluente, un refuso: se il requisito sostanziale c’è e l’errore non incide sulla verifica, il bonus non va perso. Caso tipico: comunicazione ENEA inviata in ritardo ma prima che il controllo inizi – molto probabilmente è considerata valida, perché l’ENEA ha comunque i dati. Attenzione: non spetta al contribuente decidere cosa sia formale; bisogna convincere l’Agenzia (o il giudice) che l’errore è innocuo. Alcune omissioni considerate formali: mancata indicazione del visto di conformità nella prima dichiarazione (se poi integrata), errori di codice fiscale sui bonifici (sanabili con documenti bancari), ecc. Oltre a ciò, se l’errore formale dovesse emergere, la decadenza – in base al 5-bis – si applicherebbe solo al singolo intervento irregolare, non all’intero bonus.
D: Quali sono le violazioni che fanno decadere sicuramente dal Superbonus?
R: Le principali cause di decadenza “immediata” sono: mancata presentazione della CILAS, lavori difformi dalla CILAS, assenza dell’attestazione del titolo edilizio in CILAS, false attestazioni o asseverazioni. Queste, previste dall’art.119 comma 13-ter, portano alla perdita del diritto all’agevolazione (in genere limitatamente al singolo intervento irregolare, salvo falsità generalizzata). Altre violazioni sostanziali: interventi non rientranti tra quelli agevolabili, mancato miglioramento energetico richiesto, costi gonfiati oltre la congruità, lavori effettuati su immobili non qualificabili (es. edificio non residenziale in percentuale insufficiente, immobile di lusso, ecc.), mancanza di APE o di asseverazione tecnica – in tutti questi casi l’Amministrazione considererà indebita la detrazione fruita e ne chiederà la restituzione. Tuttavia, come detto, se ad esempio solo una parte di interventi era non ammissibile, la decadenza si dovrebbe limitare a quella parte specifica.
D: Se mi contestano la spettanza del Superbonus, quali sanzioni e interessi devo affrontare?
R: In caso di detrazione o credito non spettante (cioè fruito in misura maggiore del dovuto, ma su lavori reali e con requisiti per il resto in regola), la sanzione amministrativa è del 30% dell’imposta/credito indebito, oltre agli interessi (circa 5% annuo attualmente). Questa sanzione base scende al 25% dal 2024 per effetto di una riforma. In caso di credito “inesistente” (quindi privo sostanzialmente di fondamento, tipico delle frodi), la legge prevede una sanzione molto più pesante: 100% fino a 200% dell’importo, se il credito è stato usato in compensazione. In pratica, il trasgressore incassa il doppio (oltre a dover restituire tutto). Anche questa forbice è stata leggermente ridotta dal 2024 (105%-140%). Se però uno si autodenuncia e ravvede prima dell’accertamento, può pagare sanzioni ridotte (anche al 5% o meno del dovuto, a seconda dei tempi). L’importante è agire prima che l’Agenzia notifichi atti. Sul fronte penale, se la somma indebitamente compensata supera €50.000, scatta il reato di indebita compensazione (art.10-quater D.Lgs.74/2000) con rischio di reclusione; per frodi più complesse si configura la truffa aggravata ai danni dello Stato. La Cassazione penale ha autorizzato il sequestro dei crediti fraudolenti anche presso terzi cessionari ignari, quindi chi compra crediti in buona fede rischia comunque il blocco patrimoniale (ma non le sanzioni tributarie se prova la sua diligenza).
D: Se mi accorgo di un errore prima che lo faccia il Fisco, posso correggerlo?
R: Sì. È la logica del ravvedimento operoso. Puoi presentare una dichiarazione integrativa, rinunciando (in tutto o in parte) al Superbonus indebitamente fruito, e pagare spontaneamente la quota di imposta dovuta con sanzioni ridotte e interessi. Deve però essere fatto spontaneamente, ossia prima di ricevere un formale accertamento (una semplice richiesta di documenti non preclude il ravvedimento). Ad esempio, se scopri che mancava un requisito e temi la decadenza, puoi restituire il bonus e magari convertire le spese nei bonus minori (50%-65%) se applicabili. Pagherai una sanzione molto bassa (anche 1/10 o 1/8 del 30%, a seconda del timing). L’Agenzia incoraggia il ravvedimento: ha chiarito, ad esempio, nel caso della CILAS incompleta che il contribuente poteva ravvedersi e in tal caso avrebbe evitato il 110% ma avrebbe potuto usare le detrazioni ordinarie. Quindi, se sai di aver sbagliato e le somme sono elevate, ravvedersi conviene perché elimina il rischio di punizioni più gravi. Consultati magari con un fiscalista per fare bene i calcoli e le procedure (F24 con codice tributo corretto ecc.).
D: Ho ricevuto un accertamento sul Superbonus – devo pagare subito?
R: No, hai 60 giorni dalla notifica per decidere il da farsi: puoi pagare (tutto o chiedere rateazione se prevista) oppure presentare un ricorso in Commissione Tributaria (ora Corte Giustizia Tributaria). Pagando entro 60 giorni le sanzioni sono ridotte del 30% (istituto dell’acquiescenza), ma rinunci a contestare. Se ritieni l’atto sbagliato, presenta ricorso: attenzione però che l’accertamento è esecutivo, quindi dopo 60 giorni l’importo potrebbe essere inviato a riscossione. Per evitare che ti arrivino cartelle durante il processo, devi chiedere al giudice tributario la sospensione dell’atto (mostrando che pagare ti creerebbe danno grave). Spesso per cifre importanti e questioni fondate la sospensione viene concessa. Durante i 60 giorni puoi anche chiedere un incontro con l’Agenzia (accertamento con adesione): sospende i termini e potete cercare un accordo (con riduzione sanzioni di 1/3). Se l’accordo fallisce, hai 60+90 giorni per fare ricorso. Insomma, non è necessario pagare subito se si intraprende la via del contenzioso o dell’adesione, ma bisogna attivarsi tempestivamente con le procedure giuste.
D: Se faccio ricorso, quali sono le mie chance? Ci sono sentenze favorevoli ai contribuenti?
R: Le pronunce sono ancora poche essendo il Superbonus recente, ma ci sono segnali incoraggianti. Alcuni giudici tributari hanno riconosciuto ad esempio che errori tecnici formali non giustificano la perdita del bonus integrale; che va tutelato il legittimo affidamento di chi ha agito secondo le regole vigenti al momento; e che bisogna applicare un criterio di proporzionalità nelle sanzioni e decadenze, specie se il contribuente ha agito in buona fede. Per contro, in casi di frode conclamata, le Corti (anche la Cassazione) sono durissime. Dunque le chance dipendono molto dal tipo di violazione: se hai ragione (es. l’ufficio interpreta male la norma, o tu hai commesso solo un peccato veniale), direi che c’è margine per vincere o almeno far eliminare le sanzioni. Se invece l’errore c’è ma era in buona fede, il giudice potrebbe comunque mantenere il recupero dell’imposta ma toglierti le sanzioni (magari applicando l’art. 10 Statuto contribuente). In ogni caso, impostare bene la difesa è fondamentale. Ci sono pronunce di merito (CTR) che hanno annullato accertamenti superbonus ritenendo che l’ufficio non avesse tenuto conto di giustificazioni valide del contribuente – segno che il contenzioso può essere fruttuoso. Non esitare a far valere principi anche di rango superiore (costituzionali, UE sulla proporzionalità) se calzano al tuo caso.
D: Il mio credito Superbonus l’ho ceduto alla banca: se l’Agenzia trova qualcosa che non va, chi ne risponde?
R: Dipende dalla situazione e dal periodo. In generale, la legge (art. 121 D.L.34/2020) prevede che il cessionario del credito risponde in solido con il cedente solo in caso di concorso nella violazione (dolo o colpa grave). Ciò significa che se tu hai ceduto il credito onestamente e la banca lo ha acquistato rispettando tutti gli adempimenti (visto di conformità, asseverazioni regolari, ecc.), sul piano tributario l’Agenzia dovrebbe rivalersi su di te (cedente) e non sulla banca. Se però la banca è stata negligente o collusa (es. ha comprato crediti senza visto, da soggetti dubbi), allora può essere considerata corresponsabile e dover restituire il credito. In pratica: se tu hai commesso un’irregolarità e vieni scoperto, l’Agenzia ti chiederà di restituire il bonus indebito. Se tu non hai risorse, potrebbe tentare di coinvolgere il cessionario solo provando la sua malafede. Va detto che in sede penale le cose stanno diversamente: come visto, il giudice può sequestrare il credito anche al cessionario in buona fede. Ma dal punto di vista del debito tributario, la banca onesta non viene penalizzata (oltre alla perdita del credito stesso, che di fatto viene annullato). Quindi, il debitore principale rimani tu: se hai ceduto e poi perdi il diritto al bonus, l’Agenzia formalmente recupera l’imposta da te, e tu dovrai eventualmente rifondere la banca in base agli accordi contrattuali (spesso i contratti di cessione prevedono questa eventualità). Se invece la banca era complice nella frode, allora sì, ne risponderà solidalmente.
D: Il mio tecnico/impresa ha sbagliato e io ho perso il Superbonus: posso rivalermi su di loro?
R: Sì. Ci sono già sentenze che riconoscono il diritto al risarcimento del committente contro il tecnico o l’impresa che, con errori o negligenze, gli hanno fatto perdere il beneficio. Per esempio, Cassazione 1234/2023 ha stabilito che un’impresa deve risarcire il danno se non ha rispettato le specifiche tecniche e ciò ha causato la revoca del bonus. Oppure il Tribunale di Milano ha condannato un’impresa a risarcire il cliente perché, sbagliando i calcoli, non aveva raggiunto il miglioramento energetico necessario e il bonus è andato perso. Anche i progettisti possono essere chiamati in causa (Tribunale Roma 321/2024 ha ritenuto un architetto responsabile per errore progettuale che ha fatto decadere il bonus). Quindi, dal punto di vista civilistico, puoi certamente chiedere i danni: il danno emergente è l’importo delle detrazioni perse (o restituito al Fisco) e gli eventuali oneri connessi. Bisogna però provare il nesso causale: ovvero che la colpa del tecnico/impresa ha direttamente portato alla perdita del bonus. Ad es., se l’impresa non ha raggiunto la prestazione energetica promessa, devi dimostrare che per colpa sua il salto di classe non c’è stato e l’ENEA ha invalidato il bonus. Spesso è utile avere clausole contrattuali dove l’impresa o il tecnico garantiscono il risultato ai fini del bonus. Ma anche in assenza, i giudici, come visto, tendono a riconoscere una responsabilità professionale in capo a loro. Quindi la risposta è: sì, puoi rivalerti, e viste le somme in gioco conviene farlo. Chiaramente, se l’errore è stato tuo (es. non hai voluto fare la CILAS per risparmiare tempo), allora no, non puoi incolpare altri. Ma se tu hai fatto tutto tramite i professionisti e sono loro che hanno sbagliato, hai buone chance di essere risarcito.
D: Ho terminato i lavori e ottenuto il Superbonus, ma ora ho paura di essere controllato: cosa posso fare per stare tranquillo?
R: La cosa migliore è fare un check-up preventivo con un esperto: rivedere tutta la documentazione come se dovessi sottoporti a verifica. Se noti qualcosa di mancante, procuratelo subito. Ad esempio, assicurati di avere copie digitali di tutti i file ENEA (asseverazioni, APE, ricevute) – sul portale c’è la sezione per scaricare i documenti inviati. Verifica che le fatture siano intestate correttamente a chi ha diritto alla detrazione e che i bonifici siano quelli speciali (non bonifici normali). Controlla che la CILAS sia stata presentata prima dell’inizio lavori e riporti tutti i dati necessari (estremi titolo, dichiarazione ante-67). Se scopri piccoli errori (es. il bonifico era compilato male), puoi ancora porvi rimedio: ad esempio con certificazioni integrative della banca. Mantieni ordinata la raccolta documenti (come presentato in questa guida). Inoltre, puoi consultare le FAQ dell’ENEA e dell’Agenzia Entrate aggiornate: spesso lì chiariscono cosa viene tollerato e cosa no. Se permangono dubbi interpretativi su qualcosa di rilevante e non hai ancora fruito della detrazione (o devi ancora concludere qualcosa), valuta di presentare un interpello all’Agenzia: è un’istanza in cui chiedi ufficialmente come si applica la norma al tuo caso; la risposta ti vincola ma anche ti tutela (se segui la risposta, non potranno contestarti). Insomma, prevenire è meglio che curare: una due diligence post-lavori può farti dormire più sereno. E poi, statisticamente, non tutti verranno controllati – ma chi lo sarà, dovrà poter mostrare subito di avere le carte in regola.
In conclusione, affrontare un avviso di verifica del Superbonus richiede sì competenze tecniche e giuridiche, ma soprattutto un metodo: raccogliere i fatti (documenti), capire il diritto applicabile, e costruire una risposta o difesa adeguata. Con questa guida, che coniuga normativa, prassi e giurisprudenza al luglio 2025, speriamo di aver fornito ai contribuenti e ai loro consulenti gli strumenti per orientarsi in questa complessa materia e tutelare al meglio i propri diritti, senza farsi schiacciare da errori procedurali o eccessi di severità. Il Superbonus è stata un’opportunità eccezionale, ma come tutte le opportunità porta con sé responsabilità: conoscerle a fondo è il primo passo per poterne continuare a beneficiare legittimamente.
Fonti e riferimenti
- Agenzia Nazionale ENEA – Documenti di riferimento Superbonus 110% (Elenco normative e aggiornamenti, inclusi DL 34/2020, DL 77/2021, L. 207/2024).
- ENEA, Avviso di aggiornamento Portale SuperEcobonus – 04/07/2025 (novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025, proroga termini asseverazioni).
- Circ. Agenzia Entrate n. 28/E del 25.07.2022, § Superbonus (pagg. 182-186): elenco documenti da controllare e conservare (circa 50 voci).
- D.L. 34/2020 conv. L. 77/2020, art. 119: comma 5-bis (violazioni formali non decadono); comma 13-ter (decadenza solo nei casi a, b, c, d: CILA e attestazioni). Introdotto da D.L. 77/2021 (decr. Semplificazioni).
- Agenzia Entrate – Risposta a interpello n. 122/2025 (2G/04/2025): caso CILAS incompleta (quadro F non compilato) e decadenza Superbonus. Conferma cause art.119 c.13-ter lett. c), possibilità di ravvedimento e utilizzo bonus minori, no plusvalenza 26% in caso di decadenza.
- Corte di Cassazione – Sez. Penale, sent. n. 8390/2025 (depositata 28/02/2025): sequestro preventivo crediti Superbonus su fattispecie Consorzio – costi di gestione non detraibili, conferma sequestro e principio: somme di mero coordinamento fuori perimetro bonus. Richiama Circolare AdE 23/E/2022 e Risposta interpello 623/2021 su esclusione costi amministrativi.
- Corte di Cassazione – Sez. Penale, sent. n. 3108/2024 (o 2023): sequestro preventivo ex art.321 c.p.p. dei crediti ceduti a terzi estranei al reato. Principio: cessione non crea nuovo diritto autonomo, credito rimane inficiato ab origine; sequestro possibile presso cessionario in buona fede. Cass. Pen. Sez II, sent. 12/07/2024 n. 28064 (conferma irrilevanza art.121 in sede penale).
- Corte di Cassazione – Sez. Civile II, sent. n. 12648/2024: ribadisce prescrizione decennale per riscossione tributi, ma soprattutto principio di errore scusabile se contribuente indotto in errore da prospetti Fisco; confermata tutela affidamento e niente sanzioni in tale caso.
- Normativa di riferimento varia: D.Lgs. 471/1997 (sanzioni tributi: art. 13 sulle sanzioni per indebita compensazione – introdotto da DL 157/2021, convertito L. 234/2021); Statuto del Contribuente L. 212/2000 art.10 (collaborazione e buona fede, no sanzioni se ci si conforma a indicazioni poi mutate); D.Lgs. 74/2000 artt.10-bis, 10-ter, 10-quater (reati di omesso versamento e indebita compensazione); Codice Penale art.640-bis (truffa aggravata per erogazioni pubbliche); DPR 380/2001 art.49 (decadenza incentivi su immobili abusivi, derogato in parte dall’art.119 co.13-ter).
Avviso per verifica documentazione Superbonus? Fatti Difendere da Studio Monardo
Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate o da ENEA che ti chiede di inviare documenti relativi al Superbonus?
Temi che un errore formale o una dimenticanza possa farti perdere l’intera agevolazione?
L’avviso di verifica documentale può arrivare anche a distanza di mesi o anni dalla fruizione del Superbonus. È un passaggio delicato: un errore nella gestione della risposta può portare alla revoca del beneficio e alla richiesta di rimborso con interessi e sanzioni.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
- 📂 Analizza la comunicazione ricevuta e la tipologia di documentazione richiesta
- 📌 Verifica la correttezza tecnica e fiscale dei documenti prodotti (asseverazioni, fatture, bonifici, comunicazioni ENEA)
- ✍️ Predispone una risposta formale dettagliata da inviare all’Agenzia delle Entrate o all’ente competente
- ⚖️ Ti difende in caso di successiva contestazione, recupero del beneficio o avviso di accertamento
- 🔁 Ti assiste anche nei casi di cessione del credito o sconto in fattura già effettuati
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e bonus edilizi
- ✔️ Consulente nella gestione di controlli fiscali su Superbonus, Ecobonus, Bonus Facciate e Sismabonus
- ✔️ Consulente legale per tecnici asseveratori, condomìni, imprese edili e beneficiari privati
Conclusione
Un avviso di verifica sulla documentazione del Superbonus non va mai sottovalutato.
Con la giusta assistenza puoi rispondere correttamente, evitare la decadenza dal beneficio e proteggere la tua posizione fiscale.
📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa sul Superbonus comincia da qui.