Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate per anomalie nella dichiarazione IVA? Ti segnalano incongruenze nei versamenti, nei rimborsi o tra i dati dichiarati e quelli comunicati dai tuoi fornitori o clienti? Ti stai chiedendo se è un vero problema, cosa rischi e come difenderti?
La lettera di compliance non è un accertamento, ma un invito a controllare e regolarizzare la tua posizione. Tuttavia, se ignorata o sottovalutata, può trasformarsi rapidamente in un accertamento formale, con sanzioni e interessi.
Cosa sono le anomalie nella dichiarazione IVA?
– Disallineamenti tra dichiarazione annuale IVA e i dati delle liquidazioni periodiche (LIPE)
– Differenze tra dichiarazioni e fatture elettroniche trasmesse
– Omessa o ritardata comunicazione dei dati IVA
– Rimborsi chiesti ma non spettanti
– Scostamenti tra operazioni attive e passive che non trovano riscontro
Perché ricevi una lettera di compliance per l’IVA?
– L’Agenzia delle Entrate ha rilevato dati incoerenti o sospetti nei tuoi adempimenti IVA
– Vuole darti la possibilità di correggere eventuali errori spontaneamente
– Mira a evitare accertamenti formali, ma può attivarli se non reagisci
Cosa rischi se ignori la lettera?
– Accertamento con maggiore imposta, sanzioni fino al 90% dell’IVA non versata e interessi
– In caso di errori gravi o sistematici, può scattare la denuncia penale per dichiarazione infedele
– Iscrizione a ruolo, pignoramenti, blocco dei rimborsi
– Perdita di affidabilità fiscale e maggiori controlli futuri
Cosa puoi fare per difenderti?
– Verifica subito la coerenza dei dati trasmessi con quelli effettivi
– Controlla le fatture elettroniche, le liquidazioni periodiche e la dichiarazione annuale
– Se c’è stato un errore materiale o tecnico, puoi ravvederti spontaneamente con sanzioni ridotte
– Se i dati del Fisco sono errati, puoi replicare formalmente con una memoria difensiva documentata
– Fatti assistere da un professionista per valutare se correggere o opporsi alla segnalazione
Cos’è il ravvedimento operoso per l’IVA?
– Una procedura che ti consente di sanare errori o omissioni prima che parta un accertamento
– Riduce le sanzioni fino a un decimo del minimo se agisci tempestivamente
– È possibile anche modificare le dichiarazioni già inviate, integrando i dati o correggendo gli importi
– Evita l’apertura del contenzioso tributario e mantiene il tuo profilo fiscale “pulito”
Cosa puoi ottenere se agisci per tempo?
– Eviti l’accertamento e le sanzioni piene
– Regolarizzi la posizione senza pregiudizi gravi
– Preservi i rimborsi IVA eventualmente richiesti
– Mantieni la tua affidabilità fiscale (importante per appalti, crediti d’imposta, compensazioni)
– Riduci al minimo i costi fiscali e legali
Una lettera di compliance per l’IVA non va ignorata, ma può diventare un’opportunità per sistemare in modo rapido e conveniente eventuali disallineamenti fiscali, evitando problemi futuri.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e fiscalità IVA ti spiega cosa significa ricevere una lettera di compliance per anomalie IVA, come rispondere, quando ravvedersi e come difenderti se i dati sono errati.
Hai ricevuto una segnalazione per incongruenze IVA? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione e ti diremo se puoi correggere, opporre o annullare la contestazione prima che si trasformi in un accertamento.
Introduzione
Le anomalie nella dichiarazione IVA e le relative lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un nuovo strumento di dialogo tra Fisco e contribuente, finalizzato a favorire la regolarizzazione spontanea degli errori o omissioni prima dell’avvio di accertamenti formali. In pratica, grazie all’incrocio dei dati disponibili nelle banche dati fiscali (fatture elettroniche, corrispettivi telematici, versamenti, comunicazioni periodiche IVA, ecc.), l’Amministrazione finanziaria è in grado di individuare rapidamente eventuali discrepanze tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto risulta dai dati effettivi. Quando emergono tali incongruenze – definite anomalie IVA – il Fisco invia al contribuente una “lettera di compliance” (o comunicazione per la promozione dell’adempimento spontaneo) in cui segnala l’irregolarità riscontrata e invita a correggerla spontaneamente entro termini prefissati, beneficiando di sanzioni ridotte grazie al ravvedimento operoso. Questo meccanismo rientra nelle previsioni dell’art. 1, commi 634-636, della Legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015), che ha introdotto strumenti avanzati di cooperazione fiscale e la condivisione automatica di questi dati anche con la Guardia di Finanza.
Dal punto di vista del contribuente-debitore, ricevere una lettera di compliance IVA può destare preoccupazione, ma va compresa nella sua natura: non è un atto di accertamento né una sanzione, bensì un invito bonario a verificare la propria posizione fiscale e a mettersi in regola. In altre parole, è un’opportunità per correggere errori ed evitare conseguenze ben più gravi (sanzioni elevate, accertamenti d’ufficio, contenzioso e persino profili penali in caso di evasione significativa). L’obiettivo di questa guida, aggiornata a luglio 2025 con le ultime novità normative e giurisprudenziali, è fornire un quadro approfondito e pratico su tutte le possibili anomalie IVA, sulle nuove modalità telematiche di comunicazione e risposta tramite cassetto fiscale, e su cosa fare in concreto dopo aver ricevuto una lettera di compliance. Adotteremo un linguaggio tecnico-giuridico ma accessibile, con taglio operativo adatto sia a professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia a imprenditori e privati cittadini. Troverete tabelle riepilogative, domande e risposte (FAQ) su casi frequenti, esempi pratici e riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati, così da affrontare la situazione con consapevolezza e tutelare al meglio i vostri diritti.
Cosa sono le anomalie nella dichiarazione IVA?
Per anomalia IVA si intende qualunque scostamento significativo o irregolarità tra i dati dichiarati dal contribuente nella dichiarazione annuale IVA e quelli emergenti dalle comunicazioni e transazioni effettive registrate nei sistemi dell’Agenzia delle Entrate. Negli ultimi anni il Fisco ha sviluppato algoritmi predittivi e sistemi di incrocio automatico dei dati che analizzano in tempo reale diverse fonti informative: le fatture elettroniche emesse tramite il Sistema di Interscambio (SdI), i corrispettivi giornalieri trasmessi telematicamente, le comunicazioni trimestrali delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE) e i dati dei versamenti F24 effettuati. Con un archivio digitale ormai completo delle transazioni commerciali, l’Amministrazione può confrontare il dichiarato con il riscontrato e individuare rapidamente incoerenze o omissioni. Tali anomalie, in un’ottica di “compliance” collaborativa, vengono segnalate al contribuente prima di procedere con metodi repressivi, così da consentire il ricalcolo spontaneo e il versamento del dovuto con sanzioni attenuate.
Tipologie principali di anomalie IVA
Le possibili anomalie riscontrabili – e che tipicamente danno luogo all’invio di una lettera di compliance – rientrano in alcune categorie principali, individuate nei Provvedimenti direttoriali emanati annualmente dall’Agenzia delle Entrate. Di seguito elenchiamo tutte le categorie di anomalia IVA ad oggi rilevanti, alla luce delle più recenti campagne di compliance (in particolare quelle relative alle dichiarazioni IVA 2022, 2023 e 2024):
- Omessa dichiarazione annuale IVA: il caso più grave e immediato. Si verifica quando il contribuente non presenta affatto la dichiarazione IVA per l’anno d’imposta dovuta, pur avendo svolto operazioni soggette a IVA. L’algoritmo incrocia la presenza di fatture elettroniche emesse o corrispettivi memorizzati a nome del contribuente con l’assenza totale della dichiarazione annuale corrispondente. In altre parole, risultano transazioni IVA attive (e/o passive) nella banca dati, ma manca il relativo Modello IVA. Questo è un campanello d’allarme serio, poiché implica potenzialmente IVA non dichiarata né versata. Esempio: un’impresa ha emesso fatture nel 2024, ma non ha inviato la dichiarazione IVA 2025 (relativa al 2024).
- Dichiarazione presentata ma incompleta (quadri obbligatori non compilati): riguarda contribuenti che hanno trasmesso il Modello IVA, ma omettendo alcuni quadri fondamentali, in particolare il quadro VE (dati delle operazioni attive/vendite) e/o il quadro VJ (acquisti in reverse charge). Nella pratica, può capitare per errore materiale o mancata comprensione degli obblighi dichiarativi che il contribuente invii una dichiarazione priva di questi quadri. Ad esempio, un soggetto passivo IVA che ha effettuato vendite e acquisti intracomunitari, ma non riporta nulla nel quadro VE o VJ rispettivamente. L’Agenzia considera tali dichiarazioni come “formalmente presentate ma incomplete”, configurando un’anomalia da sanare con l’integrazione dei dati mancanti.
- Operazioni attive dichiarate per importi irrisori a fronte di volumi effettivi superiori: questa anomalia emerge quando il contribuente dichiara un volume d’affari annuale insolitamente basso (ad esempio inferiore a 1.000 euro), mentre dai dati in possesso del Fisco risultano cessioni per importi ben maggiori. Il Provvedimento 280268/2025 ha fissato il parametro dei 1.000 € come soglia indicativa: se nel quadro VE (campo VE50, volume d’affari) – sommato eventualmente alle cessioni di beni ammortizzabili e passaggi interni (rigo VE40) – l’importo è inferiore a 1.000 €, eppure dalle fatture elettroniche e corrispettivi risulta un totale vendite molto superiore, ciò configura un’anomalia evidente. In sostanza, il contribuente sembra aver sottodichiarato le vendite. Questa categoria è considerata particolarmente insidiosa, perché un volume d’affari così basso potrebbe anche passare inosservato, mentre l’Agenzia dispone ormai del dato reale delle transazioni ed è in grado di rilevare anche scostamenti modesti. Esempio: un professionista dichiara €800 di compensi annui, ma dal Sistema di Interscambio risultano fatture emesse per €20.000.
- Mancata indicazione di operazioni in reverse charge (quadro VJ omesso): fattispecie specifica legata al meccanismo dell’inversione contabile. Riguarda contribuenti che hanno ricevuto fatture soggette a reverse charge (ad es. in edilizia, subappalti, acquisti di rottami, operazioni intra-UE, ecc.), ma non hanno compilato il quadro VJ della dichiarazione IVA relativo a tali operazioni. In regime di reverse charge, il cessionario/committente deve autofatturarsi l’IVA sulle fatture ricevute e riportare l’imposta sia a debito che a credito. Se questo non risulta in dichiarazione, l’Agenzia rileva un’anomalia perché dalle comunicazioni delle fatture elettroniche (che indicano il tipo di operazione) o dall’esterometro/intrastat risulta che il contribuente ha effettuato acquisti in reverse charge, ma non li ha dichiarati correttamente. Questa categoria in parte si sovrappone alla precedente “dichiarazione incompleta” concentrandosi però sul caso specifico del reverse charge. L’omissione può comportare una violazione sia formale (mancata compilazione del quadro) sia sostanziale (omessa autofatturazione dell’IVA dovuta).
- Omissione della comunicazione LIPE (liquidazioni periodiche IVA): oltre alle anomalie sulla dichiarazione annuale, l’Agenzia segnala anche la mancata presentazione di una o più comunicazioni trimestrali delle liquidazioni IVA in presenza di operazioni nel periodo. Questa è un’anomalia “parallela”: ad esempio, un contribuente potrebbe aver presentato la dichiarazione annuale, ma omesso la LIPE di uno o più trimestri dell’anno. Se dal Sistema risulta che in quei trimestri sono state emesse fatture o inviate comunicazioni di operazioni transfrontaliere (esterometro), la mancata LIPE viene considerata un’anomalia e viene inviata una comunicazione dedicata. L’Agenzia già a partire dal 2020 ha iniziato a inviare lettere di compliance specifiche per LIPE omesse, invitando i contribuenti a regolarizzarle (in genere con ravvedimento per omessa comunicazione, sanzione fissa ridotta). Questa categoria è importante perché il monitoraggio in corso d’anno tramite le LIPE consente al Fisco di individuare anomalie prima ancora della dichiarazione annuale.
- Altre incongruenze da incrocio dati: sebbene le macro-categorie sopra coprano la maggior parte dei casi, esistono ulteriori situazioni in cui possono emergere differenze. Ad esempio: disallineamenti tra l’IVA versata e quella dichiarata, incoerenze tra acquisti e vendite (es. acquisti ingenti e vendite esigue, suggerendo un’anomalia), operazioni non imponibili o esenti non correttamente indicate (es. operazioni intracomunitarie non dichiarate nei quadri specifici). Il sistema automatico potrebbe segnalare anche queste casistiche più specifiche, benché in tali situazioni spesso la risoluzione richiede una verifica analitica (es. operazioni in regime del margine sui beni usati potrebbero far sembrare basso il volume d’affari rispetto agli acquisti, ma ciò è dovuto al regime particolare). In presenza di “falsi positivi” di questo tipo, è fondamentale che il contribuente fornisca all’Agenzia chiarimenti e documentazione per dimostrare la correttezza formale della propria dichiarazione (si veda oltre).
Possiamo sintetizzare le principali categorie di anomalie IVA e il relativo significato pratico nella tabella seguente:
Categoria di anomalia IVA | Descrizione | Significato fiscale |
---|---|---|
Omessa dichiarazione annuale | Mancato invio del modello IVA annuale nonostante operazioni IVA nel periodo | IVA dovuta non dichiarata né versata (violazione grave). |
Dichiarazione incompleta (quadri VE/VJ) | Dichiarazione presentata priva del quadro vendite (VE) e/o acquisti in reverse charge (VJ) | Omissione di dati obbligatori (vendite o acquisti particolari). Potenziali errori o omissioni d’imposta. |
Volume d’affari irrisorio (< €1.000) | Volume d’affari dichiarato molto basso rispetto ai dati di fatture/corrispettivi | Probabile sottodichiarazione di operazioni attive (vendite). |
Reverse charge non dichiarato | Fatture ricevute in inversione contabile non riportate nel quadro VJ | IVA su acquisti non autodichiarata né assolta (violazione di reverse charge). |
Mancato invio LIPE trimestrale | Omessa comunicazione di liquidazione periodica in presenza di operazioni nel trimestre | Violazione formale (omessa comunicazione) e possibile IVA versata/non versata non monitorata. |
Altre incongruenze (dati fatture vs dichiarazione) | Differenze varie (acquisti vs vendite, operazioni esenti/non imponibili mal indicate, ecc.) | Possibili errori di compilazione o situazioni particolari da verificare caso per caso. |
Nota: Le soglie e criteri (es. limite 1.000 €) possono variare nel tempo secondo le indicazioni dei Provvedimenti dell’Agenzia. Le categorie sopra sono quelle emerse dalle campagne di compliance recenti (fino al 2025). In tutti i casi, l’obiettivo dell’Amministrazione è segnalare potenziali violazioni prima di procedere ad un accertamento, offrendo al contribuente la chance di spiegare o correggere la situazione.
La lettera di compliance dell’Agenzia: contenuto e modalità di invio
Quando viene riscontrata un’anomalia IVA rientrante nelle tipologie sopra descritte, l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente una comunicazione di compliance dedicata. Vediamo in dettaglio cosa contiene la lettera, come viene recapitata e quali informazioni mette a disposizione del contribuente per agevolarlo nella regolarizzazione.
Contenuto della comunicazione di anomalia IVA
Le lettere di compliance seguono uno schema standardizzato e ricco di informazioni utili. In cima alla lettera sono riportati i dati identificativi del contribuente destinatario: il codice fiscale/partita IVA, la denominazione (per le società) oppure nome e cognome (per le persone fisiche). Vengono inoltre indicati:
- Il numero identificativo della comunicazione e la data in cui è stata elaborata;
- Il codice atto associato (un riferimento interno dell’Agenzia);
- Il periodo d’imposta oggetto di verifica (es.: “anno d’imposta 2024” per la dichiarazione IVA 2025).
Se la dichiarazione annuale IVA risulta presentata, nella lettera vengono riportati anche la data di invio e il protocollo telematico di trasmissione di quella dichiarazione. Ciò serve a ricordare al contribuente quando (e se) ha presentato il modello, e costituisce un riferimento preciso nel caso in cui si debba inviare una dichiarazione integrativa (che farà riferimento al protocollo originario). Se invece la dichiarazione non risulta pervenuta, la lettera lo evidenzia chiaramente, riportando al suo posto la data di elaborazione della comunicazione di anomalia. In altre parole, se l’omissione è totale, il contribuente vedrà indicato che al giorno X (data di elaborazione) la dichiarazione risulta mancante. Ciò gli consente anche di “ricostruire la tempistica” degli adempimenti mancati, ovvero capire entro quando avrebbe dovuto presentare e da quanto tempo è in ritardo.
La sezione successiva della lettera entra nel merito dell’anomalia riscontrata. Viene descritta la natura dell’irregolarità (es.: “mancata presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2024” oppure “dichiarazione priva del quadro VE” o “operazioni attive dichiarate inferiori ai dati delle fatture elettroniche”, ecc.). Spesso la comunicazione riepiloga i dati oggettivi: ad esempio, potrebbe indicare l’ammontare di fatture elettroniche emesse risultanti a sistema e confrontarlo con il volume d’affari dichiarato, oppure elencare i trimestri per cui manca la LIPE, ecc. Questo aiuta il contribuente a comprendere esattamente l’eventuale errore o omissione commesso.
In aggiunta, la lettera fornisce indicazioni pratiche su come procedere. Tipicamente include:
- Istruzioni su come ottenere chiarimenti o ulteriori informazioni (ad esempio invitando a consultare il cassetto fiscale o a rivolgersi a canali di assistenza dedicati);
- Modalità per segnalare eventuali errori all’Agenzia o fornire spiegazioni (nel caso in cui il contribuente ritenga che i dati del Fisco non tengano conto di qualche elemento);
- Indicazioni su come correggere le irregolarità avvalendosi del ravvedimento operoso (esponendo sinteticamente la possibilità di presentare dichiarazione integrativa o tardiva e pagare le sanzioni ridotte).
L’intento dichiarato è di fornire “tutti gli strumenti necessari” al contribuente per sanare spontaneamente la propria posizione ed evitare sanzioni più gravi. In pratica, la lettera è pensata come un piccolo vademecum personalizzato: da un lato notifica l’anomalia, dall’altro spiega come rimediare e con quali benefici. Ad esempio, nelle lettere relative all’omessa dichiarazione IVA 2024 si chiarisce che la regolarizzazione può avvenire entro il 29 luglio 2025 (90 giorni dal 30 aprile) con sanzione di 25 €; nelle lettere su dichiarazioni infedeli si ricorda la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa versando le differenze d’imposta con sanzioni ridotte a frazioni del minimo.
È importante sottolineare che queste comunicazioni non contengono una quantificazione delle imposte dovute né un calcolo delle sanzioni: non sono “avvisi di pagamento” già determinati. Sarà il contribuente, se riconosce l’errore, a dover determinare il maggior imponibile, l’IVA dovuta, gli interessi e la sanzione in misura ridotta. La lettera tuttavia fornisce tutti gli elementi per questo calcolo o indica dove reperirli (ad esempio, rimanda ai servizi online per il calcolo del ravvedimento, o indica i codici tributo da usare in F24). Inoltre, in allegato alla lettera vengono fornite istruzioni operative: spesso sono allegate istruzioni su come accedere al proprio cassetto fiscale (per visualizzare il dettaglio dei dati), come utilizzare il servizio CIVIS di assistenza telematica e come compilare un’eventuale dichiarazione integrativa. In sintesi, l’Agenzia cerca di guidare passo passo il contribuente, consapevole che non tutti hanno familiarità con gli strumenti telematici o con i calcoli sanzionatori.
Dal punto di vista giuridico, è bene ricordare che la lettera di compliance non è un atto impositivo né un provvedimento sanzionatorio. Non contiene “contestazioni” formali in senso giuridico, né commina sanzioni immediate. Proprio per questo, tali comunicazioni non sono impugnabili davanti al giudice tributario: non essendo avvisi di accertamento né provvedimenti definitivi, il contribuente non può fare ricorso contro la lettera in sé. Si tratta infatti di un invito (spesso definito anche “invito bonario”) privo di efficacia coercitiva. È però un invito da prendere sul serio: come vedremo, ignorare la comunicazione significa di fatto rinunciare alla chance di ravvedersi con sanzioni ridotte e ci espone a successivi atti ben più gravosi (avvisi di accertamento con sanzioni piene, iscrizioni a ruolo, ecc.).
Modalità di invio: PEC, cassetto fiscale e portale Fatture & Corrispettivi
Le lettere di compliance IVA vengono inviate con modalità telematiche, sfruttando gli indirizzi digitali ufficiali e le aree riservate del contribuente, senza più ricorrere (se non in rari casi) alla posta cartacea. In particolare, secondo quanto stabilito dagli ultimi Provvedimenti attuativi (es. Provv. Prot. 280268/2025), le comunicazioni sono messe a disposizione con due canali paralleli:
- Invio tramite Posta Elettronica Certificata (PEC): la lettera viene trasmessa all’indirizzo PEC del contribuente registrato come domicilio digitale. Ogni partita IVA infatti (società o ditta individuale) è tenuta ad avere un domicilio digitale; per le persone fisiche non obbligate, se hanno una PEC registrata in Ini-PEC o comunicata al Fisco, la lettera arriva lì. L’invio via PEC garantisce certezza della notifica (la ricevuta di consegna ha valore legale). Bisogna quindi controllare la propria PEC: la comunicazione avrà come mittente un indirizzo PEC dell’Agenzia delle Entrate.
- Disponibilità nell’area riservata online (cassetto fiscale e Fatture&Corrispettivi): contemporaneamente, la comunicazione viene resa visibile accedendo al sito dell’Agenzia, nella sezione personale del contribuente. In particolare, è consultabile nella sezione “L’Agenzia scrive” del Cassetto fiscale oppure nell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”. Questo duplice canale assicura che, anche se la PEC non viene letta (o in caso di problemi con la consegna via PEC), il contribuente possa comunque trovare la lettera accedendo con le proprie credenziali SPID/CIE/CNS al portale dell’Agenzia. L’accesso è quello standard: ad esempio tramite area riservata del sito AE, percorso: Home –> La mia scrivania –> Cassetto fiscale –> L’Agenzia scrive, dove si trovano tutte le comunicazioni di compliance ricevute.
Questa modalità telematica garantisce la tracciabilità e l’accessibilità permanente del documento. Infatti, una volta nel cassetto fiscale, la lettera rimane archiviata e scaricabile, cosicché il contribuente (o il suo intermediario delegato) possa consultarla in qualsiasi momento e più volte, ad esempio per ricavare i riferimenti (numero comunicazione, dati anomalia, ecc.) quando compila l’F24 o invia documentazione.
Va segnalato un aspetto procedurale importante evidenziato anche nelle comunicazioni stesse: la casella PEC da cui parte l’invio non è abilitata alla ricezione di messaggi. In altri termini, non si può rispondere direttamente alla PEC mittente della lettera. Qualunque tentativo di farlo riceverebbe un errore o comunque non verrebbe letto dall’Agenzia. Questo è deliberato: le eventuali risposte o richieste del contribuente devono seguire altri canali (vedremo a breve quali), e non avvenire con un semplice “reply” alla PEC. Pertanto, attenzione: non rispondete alla PEC stessa con spiegazioni o allegati, perché non verrebbero considerati.
All’atto pratico, dunque, il contribuente riceverà sulla propria PEC una notifica con allegata la lettera (spesso firmata digitalmente dall’Agenzia). Contestualmente, se accede al proprio profilo sul sito dell’AdE troverà la comunicazione elencata. Per chi utilizza un intermediario abilitato (commercialista, CAF, consulente) delegato al cassetto fiscale, sarà quest’ultimo a poter visionare la lettera e avvisare il cliente. L’Agenzia, infatti, incoraggia i contribuenti meno esperti a farsi assistere dai propri consulenti anche in questa fase, delegando loro la visione e gestione delle comunicazioni. Ciò è possibile mediante le normali deleghe per il cassetto fiscale o per il servizio Fatture e Corrispettivi.
Esempio pratico: Mario Rossi, titolare di una ditta individuale (P.IVA), non ha presentato la dichiarazione IVA 2025 entro il 30/4/2025. Nel giugno 2025, l’Agenzia elabora la lista delle anomalie e invia una PEC all’indirizzo mariorossi@pec.it con oggetto indicativo tipo “Comunicazione esito incrocio dati IVA – Invito alla compliance” e allegato un PDF firmato. Mario, magari, non controlla regolarmente la PEC e non se ne accorge subito. Fortunatamente il suo commercialista, delegato, accedendo al cassetto fiscale vede comparire la nuova comunicazione e scarica la lettera. La lettera riporta che per l’anno d’imposta 2024 risulta omessa la dichiarazione IVA e invita Mario a provvedere entro il 29/07. Questo esempio mostra perché è fondamentale monitorare la PEC e il cassetto fiscale: la comunicazione via posta tradizionale potrebbe non arrivare più come in passato, quindi bisogna adeguarsi ai nuovi canali digitali.
Cosa fare dopo aver ricevuto la lettera di compliance IVA
Giunti al punto cruciale: se siete destinatari di una lettera di compliance per anomalie IVA, cosa conviene fare concretamente? In questa sezione affronteremo le azioni da intraprendere dal punto di vista del contribuente, distinguendo i vari casi. In generale, le strade sono due:
- Fornire chiarimenti o elementi giustificativi all’Agenzia, se ritenete che i dati segnalati siano errati o l’anomalia sia solo apparente (ad es. avete già regolarizzato, oppure l’operazione era non imponibile per legge, ecc.).
- Regolarizzare la posizione fiscale riconoscendo l’errore/omissione e procedendo con il pagamento spontaneo di imposte e sanzioni ridotte tramite ravvedimento operoso (presentando se necessario una dichiarazione integrativa o tardiva).
È anche possibile combinare le due cose: fornire spiegazioni e nel contempo effettuare correzioni parziali. L’importante è non ignorare la comunicazione. Analizziamo i passi operativi.
1. Verificare i dati e la correttezza della segnalazione
Appena ricevuta la lettera, il primo passo è leggere attentamente il contenuto e capire quale anomalia viene contestata. Confrontate quanto indicato dall’Agenzia con la vostra documentazione contabile e fiscale. In particolare:
- Se vi viene contestata un’omessa dichiarazione, chiedetevi: ho effettivamente dimenticato di inviare la dichiarazione IVA? Può sembrare banale, ma talvolta il contribuente pensa di aver adempiuto, magari ha predisposto il file ma poi per un disguido tecnico non è partito l’invio. Controllate le vostre ricevute di invio telematico. La lettera vi dà il protocollo telematico se avete inviato: se non c’è, significa che proprio non risulta inviata. Questa verifica va fatta subito, perché se veramente avete omesso l’invio, dovrete correre ai ripari entro 90 giorni dalla scadenza.
- Se viene segnalato un quadro mancante o valori incoerenti, recuperate copia della dichiarazione che avete trasmesso. Ad esempio, per un “quadro VE mancante”, aprite la vostra dichiarazione inviata e controllate: magari effettivamente il quadro VE è vuoto (forse perché in fase di compilazione è stato saltato). Oppure verificate il valore indicato come volume d’affari e confrontatelo con le vostre fatture emesse: se la lettera dice “hai dichiarato meno di 1000 € di vendite ma ne risultano 50.000 €”, controllate sul vostro registro vendite o sulle fatture elettroniche emesse in SdI qual è il totale reale delle operazioni attive per quell’anno.
- Se si tratta di mancata LIPE, controllate i vostri invii trimestrali: in quali trimestri non avete mandato la comunicazione? Può succedere ad esempio per il quarto trimestre (dimenticanza, oppure confusione tra invio della dichiarazione e della quarta LIPE). La lettera indicherà il periodo mancante.
In parallelo, accedete (o fate accedere il vostro consulente) al cassetto fiscale e/o al portale Fatture e Corrispettivi. Come segnalato, lì potrete vedere il dettaglio dei dati in possesso dell’Agenzia riguardo all’anomalia. Ad esempio, nel cassetto fiscale potrebbero esserci allegati con l’elenco delle fatture che compongono il totale segnalato. Il portale Fatture e Corrispettivi consente di estrarre le fatture elettroniche emesse/ricevute in un certo anno. Ciò vi permette di avere la base informativa completa: saprete esattamente quali elementi l’Agenzia sta considerando (niente è “misterioso” o “segreto”: per trasparenza, i dati sono consultabili dal contribuente stesso).
A questo punto, valutate se la segnalazione è corretta oppure no. Possiamo avere due scenari:
- Segnalazione fondata (errore effettivo): vi rendete conto che, in effetti, avete commesso la violazione indicata. Ad esempio, vi accorgete che per una svista non avete inviato la dichiarazione, oppure che avete dimenticato di inserire un quadro, o ancora che c’è stata una sottodichiarazione di ricavi (magari dovuta al fatto che alcune fatture non erano state contabilizzate). In tal caso, conviene procedere spediti verso la regolarizzazione spontanea, approfittando del ravvedimento operoso potenziato. Più avanti vedremo i dettagli (sezione successiva).
- Segnalazione non fondata o anomalia solo apparente: capita in diverse situazioni. Ad esempio, l’Agenzia segnala vendite non dichiarate ma in realtà quelle “vendite” erano operazioni non imponibili (esportazioni, cessioni intra UE) che avete sì effettuato ma che in dichiarazione IVA vanno in quadri diversi e magari sono state correttamente indicate lì (non nel VE fatture imponibili). Oppure, può essere il caso di operazioni in regime speciale: operazioni esenti o fuori campo – come servizi sanitari, operazioni finanziarie, regime agricolo speciale, vendite di beni usati in regime del margine – che agli occhi dell’algoritmo potrebbero apparire come “fatture emesse senza dichiarazione di IVA” mentre invece sono operazioni che legittimamente non concorrono al volume d’affari imponibile. In altri casi ancora, l’Agenzia potrebbe aver commesso un errore di abbinamento dati (raro ma possibile): ad esempio attribuendo al contribuente fatture che in realtà sono state stornate o emesse per errore e poi annullate. Se ritenete di essere in questa situazione, dovrete attivare un canale di dialogo con l’Amministrazione, per spiegare e documentare la realtà. È comunque prudente, anche in questi casi, fare una doppia verifica con il vostro consulente: perché se vi sbagliate e in realtà c’è un errore, conviene ravvedersi per evitare guai. Se invece siete sicuri che la vostra dichiarazione sia corretta, avete il diritto di farlo presente e di non subire sanzioni.
2. Regolarizzare le irregolarità con ravvedimento operoso
Se dall’analisi dei dati risulta che effettivamente c’è stato un errore o omissione da parte vostra, la linea d’azione raccomandata dall’Agenzia (e conveniente per voi) è di regolarizzare spontaneamente quanto prima, utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso. Il ravvedimento operoso, disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, consente al contribuente che si autodenuncia di una violazione fiscale di pagare l’imposta dovuta con una sanzione amministrativa ridotta (proporzionalmente al tempo trascorso) e con interessi moratori calcolati al tasso legale. In questo contesto, grazie anche alle recenti riforme normative, il ravvedimento diventa uno strumento estremamente vantaggioso: le sanzioni ridotte sono di gran lunga inferiori a quelle che verrebbero applicate in caso di accertamento successivo.
Vediamo i casi tipici di regolarizzazione nel contesto delle anomalie IVA:
- Omessa dichiarazione IVA presentata entro 90 giorni (dichiarazione tardiva): per la dichiarazione IVA annuale, il termine ordinario è il 30 aprile dell’anno successivo (ad esempio 30/04/2025 per il 2024). Se ci si ravvede e si presenta la dichiarazione entro i 90 giorni successivi (ossia entro il 29 luglio 2025 per l’anno 2024), la dichiarazione è considerata validamente presentata (seppur tardiva) e la violazione si configura come “dichiarazione tardiva” anziché omessa. In tal caso, la legge prevede una sanzione fissa ridotta: l’art. 5, comma 1, D.Lgs. 471/1997 stabilisce una sanzione da 250 € a 2.000 € per omessa dichiarazione poi presentata entro il termine di 90 giorni. Applicando il ravvedimento operoso, si riduce tale minimo edittale a 1/10 (come da art.13, c.1, lett.c, D.Lgs. 472/97). Risultato: la sanzione da versare è pari a 25 euro. Questo importo simbolico (25 €) – invariato anche alla luce delle modifiche normative in vigore nel 2025 – rappresenta un forte incentivo a regolarizzarsi subito. Oltre alla sanzione, naturalmente, chi non aveva presentato la dichiarazione dovrà presentarla (ora per allora) e versare l’IVA dovuta eventualmente emergente dalla dichiarazione, più gli interessi legali dall’originaria scadenza di versamento (per l’IVA annuale 2024, la scadenza sarebbe stata 16/03/2025 se a debito). Esempio: Alfa Srl non ha presentato la dichiarazione IVA 2025 entro aprile. Riceve la lettera a giugno 2025. Entro il 29 luglio 2025 invia telematicamente la dichiarazione tardiva 2025 e risulta un’IVA a debito di 10.000 €. Contesta un F24 con: imposta 10.000 €, interessi calcolati (supponiamo 1% annuo per pochi mesi, circa 50 €) e sanzione 25 € (codice tributo specifico per tardiva dichiarazione). Così si mette in regola ed evita le ben più gravi sanzioni dell’omissione (che vedremo tra poco).
- Conseguenze penali: un beneficio cruciale del ravvedimento entro 90 giorni è che la dichiarazione, pur tardiva, non è considerata omessa agli effetti penali. Infatti, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 74/2000, il reato di omessa dichiarazione si configura solo se la dichiarazione non è presentata oltre il 90° giorno dalla scadenza e l’imposta evasa supera €50.000. Dunque, presentando entro 90 giorni si evita in radice la fattispecie penale. Se invece si lasciasse trascorrere il 90° giorno, l’omissione diventerebbe penalmente rilevante (oltre soglia) e a nulla varrebbe poi presentarla in ritardo per evitare il reato – anche se il pagamento integrale prima del giudizio potrebbe estinguere la punibilità, ma sarebbe molto più rischioso e costoso. Questo per sottolineare che l’adempimento nei 90 giorni è fondamentale: mette al riparo da sanzioni amministrative elevate e da guai penali.
- Dichiarazione IVA infedele (errori/omissioni in dichiarazione presentata): rientrano qui i casi in cui la dichiarazione è stata inviata, ma contiene dati errati o incompleti che hanno comportato un’imposta inferiore al dovuto o un credito superiore al spettante. Esempi: omissione di ricavi imponibili, indebita detrazione di IVA su acquisti, mancata indicazione di operazioni in reverse charge, ecc. In tal caso la regolarizzazione avviene tramite la presentazione di una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’art. 8, DPR 322/98) con i dati corretti, e il versamento della maggiore IVA dovuta. Le sanzioni edittali applicabili a posteriori sarebbero quelle per dichiarazione infedele (art. 5, D.Lgs. 471/97) pari al 90% della maggior imposta o del minor credito utilizzato, oltre ad eventuali altre sanzioni correlate (ad esempio, indebita detrazione IVA anch’essa sanzionata al 90%). Tuttavia, col ravvedimento operoso tali sanzioni sono ridotte in misura variabile a seconda del quando si ravvede il contribuente. Fino al 2023, lo sconto dipendeva dal tempo trascorso; dal 1° settembre 2024 è entrata in vigore una riforma (D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87) che ha uniformato e in parte ulteriormente ridotto alcune sanzioni da ravvedimento.
- Ravvedimento entro un anno dall’omissione: spesso le lettere di compliance arrivano entro pochi mesi dalla scadenza, quindi il ravvedimento avviene “presto”. Ad esempio, per anomalie 2024 la lettera arriva a metà 2025. Se il contribuente ravvede prima che sia trascorso un anno dalla violazione (diciamo entro 2025), può beneficiare della riduzione massima. Tipicamente, per dichiarazione infedele, si applica una sanzione pari a 1/8 del minimo (riduzione standard per ravvedimento entro un anno). Nel nostro caso, 1/8 di 90% = 11,25% dell’imposta. Ma attenzione: qui le violazioni spesso sono due come detto (infedele + eventuale indebita detrazione). Si può ravvedere ciascuna. Facciamo un esempio numerico per chiarezza (ispirato a un caso reale): Esempio: Contribuente ha detratto indebitamente IVA per 1.000 € (magari perché ha registrato una fattura non spettante) e di conseguenza ha dichiarato un credito IVA maggiore di 1.000 € rispetto al corretto. La violazione consiste in: (a) aver detratto IVA non dovuta (sanzione base 90% dell’IVA indebita = 900 €) e (b) dichiarazione infedele per aver esposto un saldo errato (altri 90%, dunque 900 €). In sede di accertamento cumulerebbero, ma in ravvedimento vanno considerate singolarmente con riduzione. Con ravvedimento (ipotizzando entro un anno), la sanzione per ciascuna si riduce a 1/8: quindi 900 € * 1/8 = 112,50 € per ciascuna, dunque 225 € totale. L’interesse legale ad oggi è basso (5% annuo dal 2024) e per pochi mesi su 1.000 € è trascurabile (circa 20-30 €). In totale il contribuente pagherebbe circa 1.000 € (imposta) + 225 € (sanzioni) + interessi, quindi ~1.255 €. Se non ravvedesse e arrivasse un accertamento, l’Ufficio applicherebbe le due sanzioni del 90% in cumulo giuridico, il che – semplificando – porta a una sanzione unica intorno al 100-110% (spesso si applica il cumulo con aumento di 1/4): quindi attorno a 1.125 € di sanzione . Inoltre, se si attendesse l’accertamento, si perderebbe la riduzione ulteriore di 1/3 prevista per adesione o acquiescenza (che ridurrebbe 1.125 € a 750 € circa). In definitiva, comunque ravvedersi costa molto meno: 225 € vs un minimo di ~750/1.125 € in seguito. Questo semplice calcolo conferma l’interesse a sanare volontariamente.
- Ravvedimento oltre un anno: se per qualche ragione il contribuente tarda e supera l’anno, il ravvedimento è ancora possibile fino alla contestazione formale, ma la riduzione della sanzione è meno favorevole (1/7, 1/6, etc., a seconda dei casi). Ad esempio, dopo il primo anno ma entro il secondo, la riduzione scende (nuove regole alla mano) a circa 1/7, e così via. La riforma del 2024 ha eliminato alcune differenze e semplificato gli scaglioni, ma la logica resta: prima ci si ravvede, meno si paga di sanzione. In ogni caso, anche un ravvedimento tardivo (purché fatto prima di notifica di atti) è enormemente vantaggioso rispetto all’accertamento. Importante: una volta che l’Agenzia notifica un formale avviso di accertamento o una comunicazione di irregolarità art.54-bis (avviso bonario) per quella violazione, il ravvedimento non è più ammesso sull’imposta accertata. Dunque è essenziale anticipare le mosse del Fisco. Finché avete solo la lettera di compliance, siete nei tempi per ravvedervi; se dovesse arrivare un “avviso bonario” ufficiale, quello costituirebbe causa ostativa al ravvedimento per le somme ivi contenute.
- Omissione di LIPE o altri obblighi formali: se l’anomalia riguarda la mancata comunicazione delle liquidazioni periodiche, la regolarizzazione consiste semplicemente nell’invio (se ancora possibile) della LIPE mancante e nel pagamento della sanzione fissa prevista per omessa comunicazione (sanzione amministrativa di 500 € per ogni LIPE omessa, ridotta a 1/9 se ravveduta entro un anno, quindi ~55 € per ciascuna, oppure 1/8 se entro pochi mesi = ~62.50 €). Spesso però per le LIPE, se la lettera arriva dopo molto tempo, conviene valutare se il termine per ravvederle non sia già passato; comunque le sanzioni ridotte per ravvedimento sulle violazioni formali come questa sono anch’esse molto più basse del minimo edittale. L’Agenzia su questo tipo di anomalia è generalmente più indulgente: lo scopo principale è farsi inviare i dati mancanti per completare il mosaico, e “moral suasion” a rispettare gli obblighi comunicativi.
Come effettuare concretamente il ravvedimento? Bisogna seguire alcuni passi operativi:
- Predisporre la dichiarazione integrativa o tardiva: utilizzare i modelli di dichiarazione dell’anno in questione (es. Modello IVA 2025 per l’anno 2024) barrando la casella di integrativa (se l’originale fu inviata) o tardiva (se omessa). Compilare correttamente tutti i quadri, includendo i dati precedentemente omessi o corretti. Se era già stata inviata una dichiarazione, l’integrativa riporterà tutti i dati invariati più la correzione.
- Calcolare le maggiori imposte dovute e le sanzioni: il cassetto fiscale e la lettera vi danno un’idea delle differenze; col vostro consulente calcolate l’IVA in più da versare o il minor credito da restituire. Calcolate gli interessi legali dalla data di scadenza originaria (il tasso legale è attualmente 5% annuo nel 2023-2024, 4% nel 2025). Calcolate la sanzione ridotta applicabile: ad esempio 1/10 di 250 (25 €) per tardiva entro 90gg, oppure 1/8 di 90% dell’imposta per infedele entro anno, etc. Se non siete sicuri, sul sito dell’Agenzia è disponibile una guida e spesso anche tool di calcolo. Inoltre, molti software fiscali hanno funzionalità per il calcolo del ravvedimento. Importante: se ci sono più violazioni distinte (come nell’esempio detrazione indebita + infedele), il ravvedimento va effettuato per ciascuna (cioè sommate le sanzioni ridotte relative a ognuna). Attenzione anche alle cosiddette violazioni prodromiche: ad esempio, l’omessa fatturazione di operazioni attive è una violazione distinta sanzionata di suo (90-180% dell’IVA non fatturata, con minimo €500 per fattura) oltre alla dichiarazione infedele. In sede di ravvedimento, teoricamente si dovrebbe ravvedere anche quella (sebbene se ci si autodenuncia prima di accertamento, l’Ufficio di solito tende ad applicare solo la sanzione unificata dell’infedele o almeno a cumulare giuridicamente). Per prudenza un contribuente accorto ravvede tutto il ravvedibile.
- Effettuare il pagamento tramite modello F24: il ravvedimento si perfeziona col pagamento. Nel modello F24 vanno indicati i codici tributo appropriati per: IVA dovuta, interessi, sanzione. Per la tardiva dichiarazione ad esempio esiste un codice tributo specifico (“8911” per sanzioni da ravvedimento, indicando anno di riferimento). Le istruzioni ministeriali (spesso allegate alla lettera) forniscono questi codici. È fondamentale compilare l’F24 con precisione e inviarlo attraverso il sistema bancario o Entratel come di consueto. Se l’importo è elevato e non riuscite a sostenerlo in unica soluzione, sappiate che non è possibile rateizzare formalmente un ravvedimento (la rateazione è ammessa solo per somme iscritte a ruolo o avvisi bonari). Tuttavia nulla vieta di effettuare più ravvedimenti parziali: ad esempio, se avete 3 annualità da ravvedere, potete ravvederne una per volta; oppure, se dovete versare molta IVA arretrata, potete ravvedere per singolo periodo mensile/trimestrale (nel caso di versamenti omessi) o singola violazione, scaglionando così i pagamenti. L’importante è che prima che il Fisco contesti voi abbiate versato tutto. In generale, per l’anomalia oggetto di lettera di compliance, conviene risolvere in un’unica azione per evitare che parta l’accertamento.
- Presentare la dichiarazione integrativa/tardiva: dopo (o contestualmente a) il pagamento, inviate telematicamente la dichiarazione integrativa o tardiva tramite i canali Entratel/Fisconline (solitamente tramite il vostro commercialista o intermediario). L’ordine temporale pagamento/invio in teoria può essere invertito, ma è consigliato pagare prima così da essere sicuri di mettere gli estremi del ravvedimento (ad es. nella dichiarazione integrativa c’è uno spazio per indicare di aver versato col ravvedimento). In ogni caso, entrambi gli step vanno compiuti. Tenete le ricevute di invio e di F24.
- Controllare eventuali risposte o esiti: spesso, se tutto è fatto correttamente, non riceverete ulteriori comunicazioni (silenzio-assenso). L’Agenzia avrà registrato la vostra integrativa e il pagamento. In alcuni casi però, specialmente se avete fornito spiegazioni aggiuntive, potreste ricevere un riscontro o l’invito a presentare documenti (ma questo è più raro in fase di compliance). Potete comunque controllare nel cassetto fiscale: la vostra anomalia risulterà sanata se vedrete comparire la nuova dichiarazione acquisita e i versamenti effettuati.
Ricordiamo che il ravvedimento operoso è possibile finché non vi sia stata “formale contestazione” o avvio di verifiche di cui abbiate avuto notizia. La ricezione di una lettera di compliance non è considerata formale contestazione: difatti la stessa Agenzia ribadisce che il ravvedimento resta possibile anche se sono iniziate attività di verifica, “salvo la notifica di atti specifici di accertamento”. Quindi anche se (ipotesi) la Guardia di Finanza vi ha fatto un accesso breve o avete avuto un questionario, in linea di principio potete ancora ravvedervi – certo, se vi stanno già controllando conviene farlo di corsa prima che chiudano le operazioni. Invece, la notifica di un avviso bonario (ad esempio derivante da controllo automatizzato, come quelli emessi ai sensi dell’art.54-bis DPR 633/72) blocca il ravvedimento per quella specifica imposta/periodo, perché a quel punto siete stati formalmente comunicati dell’esito del controllo e avete 30 giorni per pagare con sanzione 10% (ridotta a 1/3 del 30%). Insomma, c’è comunque un beneficio in quel caso (sanzione 10% invece di 30%), ma è minore del ravvedimento (che poteva essere al 5% o giù di lì). Quindi meglio non arrivare alla fase dell’avviso bonario.
3. Fornire chiarimenti o contestare dati errati (dialogo con il Fisco)
Nel caso in cui riteniate che l’anomalia segnalata sia frutto di un equivoco o di dati incompleti in possesso dell’Agenzia, avete la possibilità – ed è vostro interesse – di interlocuire con l’Amministrazione per chiarire la vostra posizione. Questa è una fase di “contraddittorio volontario”: non obbligatoria per legge, ma favorita dalla stessa Agenzia nell’ottica di collaborazione. I canali messi a disposizione per fornire chiarimenti o richiedere informazioni sono i seguenti, come indicato nelle comunicazioni e nelle relative guide dell’Agenzia:
- Telefono – Centro di Assistenza Multicanale (CAM): Esiste un numero verde dedicato: 800.90.96.96 (da fisso, gratuito) oppure 06/96668907 (da cellulare, a tariffa urbana) attivo Lunedì-Venerdì ore 9-17. Occorre seguire le opzioni del menu vocale: selezionare “servizi con operatore – comunicazioni per l’adempimento spontaneo”. In questo modo si viene messi in contatto con un operatore dell’Agenzia specializzato in queste comunicazioni. Tramite telefono, potete spiegare la vostra situazione, chiedere conferma su come procedere, segnalare eventuali errori palesi. Ad esempio: “Ho ricevuto questa lettera ma in realtà quell’operazione era esente IVA ai sensi di… devo comunicarvelo in qualche modo?”. L’operatore può darvi consigli sul da farsi. Ovviamente, via telefono non si possono inviare documenti, ma è utile per un primo contatto o per questioni semplici.
- Assistenza telematica tramite servizio “CIVIS”: Il Civis è un canale telematico di assistenza dove il contribuente (o il suo intermediario) può inviare comunicazioni e documenti all’Agenzia riguardo a comunicazioni di irregolarità o compliance. In particolare, c’è una sezione “Assistenza sulle comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo”. Accedendo con SPID/CIE/CNS al portale, seguendo il percorso Home > Servizi > Servizi trasversali > Assistenza > Civis, potete selezionare il servizio ad hoc e inviare documentazione giustificativa per l’anomalia segnalata. Vi verrà chiesto di indicare l’identificativo della comunicazione (che trovate sulla lettera) e di caricare i file (in PDF/A o TIFF, max 5MB ciascuno) con le spiegazioni e prove. Ad esempio, se l’anomalia è “operazioni attive sotto 1.000€” ma voi operavate in regime del margine (dove in fattura c’è scritto “IVA non esposta per regime del margine”), potrete allegare una nota spiegativa e magari qualche fattura d’esempio per far capire che il sistema ha rilevato importi totali di vendite ma non erano imponibili. Il Civis consente di ottenere un protocollo di invio e poi vi fornirà una ricevuta di esito (accettato o scartato). Tramite lo stesso canale potete monitorare lo stato della lavorazione della vostra pratica. Il vantaggio del Civis è che resta traccia scritta della vostra comunicazione, e la documentazione arriva direttamente all’ufficio competente. Questo strumento è altamente consigliato per questioni tecniche complesse: ad esempio, se contestate un’anomalia perché avete già fatto ravvedimento prima di ricevere la lettera, potreste inviare tramite Civis la prova del pagamento già effettuato, così che l’Agenzia sappia che siete a posto (può darsi infatti che lettera e ravvedimento si siano “incrociati” nei tempi). Oppure, se c’è un errore di persona (operazioni attribuite a voi per errore), potete segnalarlo e allegare ciò che serve.
- Contatto diretto con l’ufficio territoriale via PEC/email o di persona: In alternativa ai canali centralizzati, potete rivolgervi alla Direzione Provinciale o Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate competente per la vostra posizione. I riferimenti (PEC, mail, telefono) di ogni DP sono disponibili sul sito dell’Agenzia (siti regionali). Indicando nella comunicazione PEC tutti i riferimenti (vostri dati, numero lettera, ecc.), potete spiegare il caso. Oppure potete prenotare un appuntamento presso l’ufficio locale. Tenete presente che gli uffici locali dovrebbero già avere accesso alla vostra comunicazione e ai dati, quindi possono gestire la cosa anche internamente. Spesso, però, conviene passare da Civis o telefono come prima istanza, e ricorrere all’ufficio locale se la questione rimane irrisolta o richiede un confronto diretto.
In qualsiasi modo comunichiate, cosa potete ottenere? Essenzialmente, se le vostre spiegazioni sono convincenti e documentate, l’Agenzia potrà prendere atto che l’anomalia non sussiste o è già stata sanata, e quindi non procederà ad accertamento. Non aspettatevi però una “lettera di annullamento” formale (anche se talvolta viene inviata una risposta). Il più delle volte, se tutto è chiarito, l’esito sarà che non succederà nulla: la migliore conferma del successo è il silenzio (nessun atto successivo). In alcuni casi, se c’è margine di dubbio, l’ufficio potrebbe invitarvi ad esibire ulteriori documenti o informazioni, oppure potrebbe comunque predisporre un accertamento ma tener conto delle vostre giustificazioni. Ad esempio, se c’è un sospetto di operazione imponibile occultata ma voi sostenete che fosse esente, l’ufficio potrebbe richiedere il contratto o la natura dell’operazione per verificare davvero l’esenzione.
Importante: ogni comunicazione inviata (telefonata, PEC, Civis) non sospende i termini per il ravvedimento. Se, ad esempio, non siete sicuri di avere ragione e chiamate l’Agenzia, ma nel frattempo i 90 giorni stanno per scadere, attenzione a non farli scadere invano. È sempre possibile fare un doppio binario: ravvedersi sul dubbio (male che vada avete pagato un piccolo importo) e contemporaneamente fornire spiegazioni. Se poi risulta che avevate ragione, potrete valutare di chiedere il rimborso della sanzione versata (ci sono sentenze che hanno riconosciuto il diritto al rimborso di sanzioni pagate in ravvedimento se poi si dimostra che il presupposto impositivo era errato). Dunque, per stare sereni, conviene spesso un approccio prudenziale: se c’è il minimo dubbio, meglio ravvedere, e poi eventualmente chiarire per ottenere uno sgravio o rimborso se foste nel giusto. Se invece siete assolutamente certi e potete dimostrarlo, allora potete limitarvi a spiegare.
4. Conseguenze del mancato adempimento spontaneo
Cosa accade se il contribuente ignora la lettera di compliance e non fornisce né chiarimenti né si ravvede? In tal caso, trascorso il termine dato (ad esempio il 29 luglio nel caso di omessa dichiarazione, o comunque dopo un periodo ragionevole), l’Agenzia attiverà le normali procedure di accertamento e riscossione. In pratica:
- Omessa dichiarazione: l’ufficio procederà a un accertamento d’ufficio dell’IVA dovuta per l’anno non dichiarato. Questo avviso di accertamento potrà basarsi sui dati a disposizione (fatture elettroniche, corrispettivi, studi di settore/ISA, ecc.) e determinare induttivamente il volume d’affari e l’imposta evasa. Le sanzioni saranno molto più alte: l’omessa dichiarazione non regolarizzata è punita con sanzione dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 €. Quindi, se c’erano 10.000 € di IVA, la sanzione può essere 12.000 € fino a 24.000 €, invece di 25 € in ravvedimento! Inoltre, non essendo più entro 90 giorni, la dichiarazione presentata tardivamente (se fatta dopo) è considerata omessa e serve solo a determinare il dovuto, ma la violazione resta. L’accertamento d’ufficio comporterà anche l’iscrizione a ruolo delle somme se non pagate e l’avvio della riscossione coattiva. Senza contare i possibili riflessi penali: omessa dichiarazione oltre soglia di 50k € è reato, e la comunicazione alla Procura scatta se si perfeziona il reato (90 giorni decorsi senza ravvedimento, imposta evasa > soglia). A quel punto il ravvedimento postumo non evita il processo penale, anche se pagare prima del dibattimento può estinguere la pena per particolare tenuità in base all’art. 13 DLgs 74/2000 (ma il procedimento potrebbe comunque avviarsi). In sintesi: ignorare l’invito è altamente sconsigliato.
- Dichiarazione infedele (errori non corretti): l’Agenzia potrà emettere un avviso di accertamento per maggior IVA dovuta, applicando la sanzione del 90% (per infedele) oppure cumulando le violazioni (come visto prima, potenzialmente arrivando ~100-120%). In sede di accertamento, il contribuente potrà ancora avvalersi di strumenti deflativi: accertamento con adesione (cercando un accordo e magari riducendo sanzioni del 1/3) o il pagamento entro 30 giorni con sanzioni ridotte a 1/3 (acquiescenza). Ciò ridurrebbe, ad esempio, il 90% a 30%. Ma 30% è comunque molto più di ciò che sarebbe costato ravvedersi (a volte 5% o 10%). Inoltre, un accertamento formale comporta spese aggiuntive (ad es. eventuali interessi di mora, indennità di notifica, ecc.) e apre i termini del contenzioso. Se non siete d’accordo, dovreste poi fare ricorso in Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria di primo grado), con costi e incertezze. Tutto questo scenario si poteva evitare con il ravvedimento. Quindi, a meno che siate convinti che il Fisco abbia torto e siate pronti a litigare davanti ai giudici, conviene sistemare prima.
- Mancata LIPE: se ignorata, porta a una sanzione comunicata anch’essa tramite avviso bonario o atto di contestazione. La sanzione piena è 500 € (ridotta a 250 se la liquidazione poi è presentata entro i termini di dichiarazione annuale, ma se siete già oltre, è 500 €). Con ravvedimento poteva essere ~55 €. Oltre a ciò, la mancata LIPE può far insospettire il Fisco su quell’annualità, predisponendo controlli.
- Condivisione dei dati con la Guardia di Finanza: vale la pena ribadire quanto accennato: i commi 634-636 L.190/2014 prevedono che i dati delle anomalie siano resi disponibili anche alla Guardia di Finanza. In pratica, se non vi regolarizzate, quelle stesse informazioni potrebbero attivare anche un controllo della GdF, specie per violazioni gravi. La GdF potrebbe decidere di eseguire un’ispezione approfondita in azienda (soprattutto in casi di sospetto di frodi IVA, fatture false, etc. che magari emergono da certi pattern anomali). Quindi, ignorare la lettera significa rischiare “il peggio”: non solo l’atto dell’Agenzia ma pure possibili verifiche sul campo.
- Perdita di attenuanti future: Le comunicazioni bonarie e la compliance rientrano tra gli strumenti deflattivi. La giurisprudenza ha chiarito, ad esempio, che la notifica di una cartella dopo controllo automatizzato non è illegittima per mancato invio dell’avviso bonario se non ci sono errori da chiarire. Tradotto: il Fisco non è obbligato a mandarti infinite sollecitazioni. Se te ne manda una (la compliance) e tu la ignori, difficilmente poi potrai lamentarti che non ti hanno avvisato prima di accertarti. In Commissione Tributaria la “buona fede” del contribuente viene considerata se questi ha reagito proattivamente. Se invece non hai fatto nulla, sarà difficile ottenere clemenza.
In conclusione, cosa fare è piuttosto chiaro: rispondere in qualche modo. O pagando il dovuto con ravvedimento, o spiegando perché non c’è dovuto. Non fare nulla è la scelta peggiore perché porta quasi certamente a un aggravio di sanzioni e a un contenzioso perdente.
5. Tutele e diritti del contribuente in sede di compliance
Vale la pena spendere qualche parola sui diritti del contribuente e le tutele procedurali di cui gode in questa fase “pre-accertativa”. Anche se la compliance è un invito, il contribuente non deve sentirsi indifeso: al contrario, l’ordinamento (sia a livello di Statuto del Contribuente che di prassi interne) prevede alcuni accorgimenti a garanzia di una collaborazione equilibrata:
- Accesso ai dati e trasparenza: come visto, il contribuente ha diritto di conoscere quali elementi specifici hanno originato l’anomalia. Tramite il cassetto fiscale e i servizi online può accedere ai dettagli. Questo dà attuazione ai principi di trasparenza e conoscenza degli atti (art. 6, co.2-4 L.212/2000 Statuto contrib.): non ci devono essere “prove segrete” a suo carico, tutto dev’essere conoscibile.
- Facoltà di contraddittorio “preventivo”: sebbene non ancora codificato come obbligo generale in ogni caso, l’Agenzia di sua iniziativa offre la possibilità di interloquire prima di emettere un accertamento. Questo è in linea con lo spirito dello Statuto (art. 6, co.5 L.212/2000 incoraggia gli uffici a comunicare al contribuente i dati in loro possesso da cui possano derivare accertamenti, affinché egli possa fornire spiegazioni prima). Le Sezioni Unite della Cassazione in passato hanno affermato che il contraddittorio endoprocedimentale non è obbligatorio per gli accertamenti tributari interni salvo previsione espressa, ma l’amministrazione lo sta realizzando volontariamente attraverso queste comunicazioni. Dunque, il contribuente ha l’opportunità di far valere le proprie ragioni subito, risparmiandosi magari un ricorso dopo. È importante esercitare questa facoltà con tempestività.
- Non impugnabilità della lettera (nessun obbligo di adire le vie legali): come già detto, la lettera non è un provvedimento. Ciò significa che il contribuente non deve fare ricorso né ha termini per impugnarla. Può serenamente usare gli strumenti di dialogo e ravvedimento, e semmai impugnerà l’eventuale atto successivo (accertamento) se ritiene ancora ingiusto. Questo elimina pressioni: la lettera non comporta l’onere di difendersi legalmente entro 60 giorni (come sarebbe per un atto impositivo). C’è dunque spazio per la collaborazione senza litigi formali.
- Utilizzo di un difensore o intermediario: il contribuente può farsi assistere da un professionista di fiducia già in questa fase. Non serve attendere il giudizio. Ad esempio, può delegare il commercialista a gestire i rapporti (in pratica succede quasi sempre), oppure consultare un avvocato tributarista per valutare se ravvedersi o no, e magari far scrivere a lui una memoria da inviare all’ufficio. In molti casi, l’apporto di un esperto consente di far valere eccezioni o particolarità (norme di nicchia, sentenze) che il contribuente da solo non saprebbe argomentare. L’Agenzia stessa riconosce questo ruolo, tant’è che tramite Civis o PEC l’invio può avvenire anche tramite intermediario abilitato con delega.
- Possibilità di accedere a definizioni agevolate: va segnalato che se, successivamente, venisse comunque emesso un atto di accertamento, il contribuente ha a disposizione tutti gli strumenti deflattivi e le eventuali sanatorie vigenti. Ad es., nel 2023-2024 ci sono state edizioni di definizione agevolata avvisi bonari, rottamazione cartelle, ecc. Ovviamente l’auspicio è risolvere prima, ma il contribuente non perde tutele: potrà sempre aderire, transigere, richiedere rateazione (anche dell’avviso bonario si possono rateizzare le somme >5.000 € fino a 8 rate), e così via. Naturalmente queste sono ipotesi eventuali e spesso meno favorevoli economicamente del ravvedimento, ma esistono.
In sintesi, la posizione del contribuente durante la compliance è diversa da quella passiva di chi subisce un accertamento già deciso: qui il contribuente è chiamato a diventare parte attiva, collaborare o correggersi spontaneamente. In cambio, l’ordinamento gli offre sconti di sanzioni e la chance di evitare conseguenze peggiori. È un approccio che la dottrina definisce di tax compliance cooperativa, destinato a premiare chi si autoregolarizza (filosofia del “carrot and stick”: severità nei controlli, clemenza massima per chi collabora).
Esempi pratici e simulazioni (casi reali italiani)
Di seguito presentiamo alcune simulazioni pratiche, ispirate a casi tipici italiani, per illustrare in modo concreto come gestire le anomalie IVA e le lettere di compliance. Ogni esempio evidenzia la situazione iniziale, la reazione consigliata e l’esito finale.
Caso 1: Dichiarazione IVA omessa – regolarizzazione entro 90 giorni
Situazione: La ditta individuale XYZ di Milano ha effettuato operazioni imponibili durante tutto il 2024 (ha emesso fatture per circa €50.000 di imponibile con IVA al 22%). Per dimenticanza e mancanza di assistenza fiscale, il titolare non presenta la dichiarazione IVA 2025 (dovuta entro 30/4/2025). A giugno 2025 riceve via PEC la lettera di compliance che segnala l’omissione e invita a mettersi in regola entro il 29 luglio 2025 con sanzione ridotta di 25 €.
Cosa fare: XYZ verifica subito di non aver proprio inviato la dichiarazione. Nel cassetto fiscale vede l’elenco delle sue fatture elettroniche 2024, confermando vendite per €50.000 + IVA 11.000. Deve quindi presentare il modello IVA tardivo. Si rivolge a un commercialista, il quale prepara la dichiarazione IVA 2025 tardiva indicando IVA a debito per €11.000 (supponiamo non ci fossero acquisti detraibili rilevanti). Calcolano l’IVA dovuta e gli interessi dal 16/3/2025 al 30/7/2025 (circa 4 mesi, interesse legale 5% annuo ~ €183 di interessi). La sanzione per tardiva entro 90gg è fissa 25 €. XYZ paga con F24: €11.000 di imposta (cod.6099 periodo 12/2024), €183 cod.1668 interessi, €25 cod.8911 sanzione. Contestualmente il commercialista invia telematicamente la dichiarazione tardiva barrando l’apposita casella. Tutto entro metà luglio 2025.
Esito: L’Agenzia recepisce la dichiarazione e il pagamento. Nessun ulteriore atto viene emesso. XYZ ha così evitato un futuro accertamento d’ufficio che quasi certamente sarebbe arrivato in autunno. Ha pagato l’IVA dovuta e una sanzione irrisoria. Inoltre, avendo rispettato i 90 giorni, non scatterà alcuna denuncia penale: l’omissione è stata sanata in tempo utile. Questo caso evidenzia il beneficio massimo della compliance: €25 di sanzione invece di, potenzialmente, €13.200 (il 120% di 11k) di sanzione in accertamento, e senza processo penale.
Caso 2: Quadro VJ mancante (reverse charge non dichiarato) – integrativa con ravvedimento
Situazione: La società Alfa Srl, operante nell’edilizia, ha presentato la dichiarazione IVA annuale 2025 relativa al 2024, compilando il quadro VE per le vendite (imponibile €200.000, IVA 22% = 44.000) e detraendo IVA sugli acquisti per €30.000 (quadro VF). Tuttavia, Alfa nel 2024 aveva ricevuto diverse fatture in reverse charge interno (per subappalti edili, soggetti a inversione contabile) per un imponibile di €50.000 che non ha registrato correttamente: l’IVA su queste operazioni (22% di 50.000 = 11.000) andava integrata e riportata sia a debito che a credito nel quadro VJ, ma l’azienda ha omesso di farlo, detraendo magari tale IVA come se fosse un acquisto normale (è possibile abbia inserito quei €11.000 comunque tra gli acquisti). L’Agenzia incrocia i dati e rileva che nel 2024 risultano fatture elettroniche emesse a carico di Alfa con natura N6 (reverse charge) per €50.000, ma la dichiarazione IVA di Alfa non riporta nulla nel VJ. Invia dunque una lettera di compliance segnalando “operazioni in inversione contabile non dichiarate”.
Cosa fare: Alfa Srl, assistita dal fiscalista, riconosce l’errore: effettivamente ha contabilizzato male quelle fatture. Fortunatamente l’IVA a debito di 11.000 sulle fatture in reverse sarebbe stata totalmente detraibile, quindi in sostanza non cambia l’imposta netta dovuta, ma formalmente è una violazione sia di dichiarazione infedele sia di errata detrazione (se l’hanno detratta senza metterla a debito, hanno un credito in più di 11.000). Alfa decide di presentare una dichiarazione integrativa: nel quadro VJ indica imponibile 50.000 e IVA 11.000 sia a debito che (di nuovo) a credito nel VF. Questo farà emergere che in realtà il saldo IVA precedentemente dichiarato non cambia (ipotizzando che abbiano detratto quell’IVA altrove, l’integrativa sistemerà la collocazione). Tuttavia, per il Fisco c’è stata infedeltà dichiarativa: avendo omesso un quadro obbligatorio, Alfa è passibile di sanzione. Stimiamo la sanzione base: 90% di 11.000 = 9.900 € per infedele (più eventualmente un’altra 90% per indebita detrazione, ma può darsi che se era comunque detraibile la questione è solo formale). In ogni caso, ravvedendosi entro l’anno, Alfa paga 1/8 di 9.900 = 1.237,50 € di sanzione. Gli interessi sul differenziale di imposta? In realtà l’imposta netta versata a marzo non era errata, quindi non ci sono imposte da versare (caso particolare: hanno fatto il reverse “a metà”, pagando l’IVA a fornitori esteri invece che col reverse? Difficile senza complicare; ipotizziamo che non ci siano imposte in più da versare, solo la sanzione per la dichiarazione errata). Alfa compila l’F24 con €1.237,50 di sanzione ravveduta (codice tributo pertinente) e invia l’integrativa.
Esito: L’Agenzia, visti integrativa e pagamento, chiude lì la questione. Alfa ha speso poco più di 1.200 € per sanare un errore che, se scoperto in accertamento, poteva costare quasi 10.000 € di sanzioni, oltre alla figura peggiore di aver “nascosto” il reverse charge (cosa che a volte fa insinuare l’ipotesi di frode, anche se qui non era voluta). Alfa inoltre evita possibili complicazioni: in alcuni casi l’omesso reverse charge potrebbe portare il Fisco a negare temporaneamente la detrazione di quell’IVA (accusandoti di indebita detrazione), costringendo poi a ricorrere per farla valere. Con il ravvedimento tutto resta sotto controllo. Questo caso insegna che anche errori formali come un quadro non compilato vanno sanati, perché l’Agenzia li vede e altrimenti applicherà comunque sanzioni.
Caso 3: Anomalia “falsa” – operazioni esenti scambiate per imponibili
Situazione: La ditta Beta è una piccola società che svolge attività di servizi sanitari esenti IVA (esempio: clinica medica). Nell’anno 2024 ha emesso fatture per €80.000 relative a prestazioni mediche esenti ex art.10 DPR 633/72. Ha anche effettuato poche operazioni imponibili marginali (€5.000 + IVA 1.100 per vendita di parafarmaci). Beta presenta la dichiarazione IVA 2025 indicando: volume d’affari non imponibile €80.000 (nel quadro VE parte operazioni esenti) e imponibile €5.000 con IVA dovuta €1.100; credito IVA modesto, ecc. Dalle fatture elettroniche però il sistema dell’Agenzia vede fatture per un totale di €85.000 e forse, non leggendo la specifica natura, interpreta che Beta abbia venduto per 85k ma ne ha dichiarati solo 5k imponibili. Potrebbe quindi scattare un’anomalia tipo “volume d’affari dichiarato inferiore al reale”. Beta riceve lettera di compliance che le segnala vendite non dichiarate per €80k.
Cosa fare: Beta e il suo consulente intuiscono subito che l’Agenzia ha considerato i 80k esenti come se fossero mancate vendite imponibili. La dichiarazione era compilata correttamente (operazioni esenti erano dichiarate nel quadro VE dedicato alle operazioni esenti, non sommano nel VE50). Quindi Beta non ha nulla da rettificare in termini di imposta: ha operato legittimamente in esenzione. In questo caso la cosa migliore è fornire chiarimenti all’Agenzia per evitare un inutile avviso. Beta prepara una risposta tramite CIVIS: allega copia di alcune fatture esenti e spiega che le operazioni sono esenti da IVA ex art.10, quindi non costituiscono base imponibile, e che in dichiarazione quelle operazioni sono state riportate nel quadro VE dedicato (dando eventualmente i dettagli: rigo VE33 per esempio, con 80.000). Invia il tutto, citando il numero della comunicazione.
Esito: L’ufficio competente, esaminando la segnalazione di Beta, concorda che non c’è irregolarità sostanziale. Registra internamente la spiegazione. Non viene emesso alcun atto impositivo successivo. Beta non ha dovuto pagare nulla, ha solo speso un po’ di tempo del consulente. Questo caso dimostra che non tutte le lettere comportano un pagamento: se siete nel giusto, spiegatelo. Fondamentale, però, era non ignorare la lettera: se Beta non avesse risposto, è probabile che l’ufficio (non avendo elementi, e vedendo 80k “scomparsi”) avrebbe emesso un avviso di accertamento presumendo ricavi non dichiarati e IVA evasa su 80k, costringendo Beta a fare ricorso per dimostrare che erano esenti. Prevenire con un chiarimento informale ha evitato un contenzioso formale.
Caso 4: Mancata presentazione LIPE – ravvedimento e prevenzione
Situazione: Il sig. Rossi, consulente informatico con P.IVA, nel 2023 ha omesso di inviare la Comunicazione della liquidazione IVA del 4° trimestre 2022. Probabilmente perché la dichiarazione annuale IVA 2023 l’ha presentata a febbraio 2023 includendo già quei dati, e non ha fatto la comunicazione separata di quell’ultimo trimestre (errore comune nel periodo in cui coincide scadenza dichiarazione e ultima LIPE). L’Agenzia, nell’ambito delle compliance sulle LIPE, a metà 2024 invia una lettera che segnala “omessa comunicazione liquidazione periodica IV trimestre 2022”. La lettera invita Rossi a regolarizzare inviando i dati mancanti e pagando sanzione ridotta.
Cosa fare: Rossi controlla e conferma di aver saltato la LIPE Q4 2022. Tuttavia, la sua dichiarazione annuale IVA per il 2022 (presentata poi nel 2023) era corretta e ha versato tutta l’IVA regolarmente. Quindi l’omissione è solo formale. Rossi, essendo nel luglio 2024, è oltre un anno dal fatto (gennaio 2023 era la scadenza LIPE Q4 2022) ma può ancora ravvedere la violazione formale perché non gli è stata contestata formalmente (ora c’è la compliance). La sanzione piena per una LIPE omessa è 500 €. Ravvedimento oltre un anno ma prima di contestazione consente 1/7 del minimo (nuove regole): 500/7 ≈ 71,4 € (o 1/6 se contassimo fino all’anno, ma è passato). Rossi compila un F24 con ~€72 di sanzione codice tributo ravvedimento violazioni IVA, e invia attraverso il portale “Fatture e Corrispettivi” i dati del IV trimestre 2022 (ormai tardivi, ma il sistema li accetta per dovere informativo).
Esito: L’Agenzia recepisce i dati tardivi (li userà a fini statistici) e incassa la sanzione ridotta. Nessuna ulteriore multa viene inflitta a Rossi. Inoltre, avendo Rossi compreso l’errore, in futuro porrà attenzione a inviare tutte le LIPE nei termini. Questo caso evidenzia come anche obblighi “minori” come le comunicazioni periodiche, se trascurati, comportano sanzioni – ma la compliance permette di ridurle molto e di riportare il contribuente in carreggiata.
Caso 5: Inadempimento persistente – accertamento e sanzioni piene
Situazione: (Esempio negativo) La società Omega riceve nel 2025 una lettera di compliance per non aver presentato la dichiarazione IVA 2025 (anno d’imposta 2024). Omega versa in difficoltà finanziarie e decide di ignorare l’invito, pensando di poter guadagnare tempo. Non presenta nulla entro luglio, né oltre. Nell’ottobre 2025, l’Agenzia – visto il mancato ravvedimento – elabora un accertamento d’ufficio stimando che Omega abbia realizzato operazioni imponibili per €100.000 (basandosi sui movimenti bancari e fatture elettroniche parziali) con IVA dovuta €22.000. Emana quindi un avviso di accertamento con imposta €22.000, sanzione omessa dichiarazione al 150% = €33.000, interessi e aggiunge anche l’indeducibilità dell’IVA sugli acquisti per quell’anno (trattandola come indetraibile perché dichiarazione omessa, a volte succede in pendenza di omessa, poi sanabile). Omega a questo punto non ha liquidità per pagare e nemmeno presenta ricorso (le chance sarebbero scarse, perché l’omissione è palese, al massimo contestare l’entità). Trascorsi 60 giorni senza ricorso né pagamento, la cartella di pagamento viene iscritta a ruolo per circa €55.000 tra imposte, sanzioni e interessi. Nel frattempo, la Procura viene informata per il reato di omessa dichiarazione (l’imposta evasa accertata è 22k, sotto soglia penale di 50k, quindi in questo caso niente reato – soglia non superata; ma se fosse stata sopra, sarebbe partita la denuncia). Omega ora si ritrova con un debito enorme e aggravi (aggiungeremo aggio riscossione 3%, ecc.). Nel 2026 arriverà l’Agente della Riscossione a pignorare conti o beni se non pagano o rateizzano.
Morale: Se Omega avesse ravveduto a luglio 2025, avrebbe pagato solo €25 di sanzione e magari 22k di IVA. Certo, il problema è che non aveva liquidità, ma ignorare non ha risolto nulla: il debito fiscale rimane e anzi cresce. In questi casi sarebbe stato più saggio ravvedersi almeno per bloccare sanzioni e poi eventualmente chiedere una rateazione straordinaria. L’Agenzia in genere preferisce la compliance perché incassa prima e senza contenzioso; se costretta all’accertamento applicherà tutto il rigor di legge.
Questi esempi coprono diverse situazioni e mostrano come la condotta del contribuente influenzi radicalmente l’esito: collaborazione e tempestività portano a soluzioni indolori o sostenibili; inerzia o reticenza sfociano in esiti onerosi e potenzialmente rovinosi. Ogni contribuente dovrebbe valutare con attenzione la propria situazione e, in caso di dubbio, farsi consigliare da un esperto per scegliere la strategia migliore.
Domande frequenti (FAQ) su anomalie IVA e lettere di compliance
D: Che cos’è esattamente una “lettera di compliance” che ho ricevuto dall’Agenzia delle Entrate?
R: È una comunicazione informale con cui l’Agenzia ti segnala una possibile anomalia o irregolarità nella tua dichiarazione (in questo caso IVA) rispetto ai dati in suo possesso, e ti invita a verificarla e a regolarizzarla spontaneamente. Non è un atto di accertamento né una multa immediata, ma un avviso bonario: ti offre la possibilità di correggere errori o fornire spiegazioni, beneficiando di sanzioni ridotte se devi pagare qualcosa. In pratica è un modo per “metterti in guardia” e permetterti di sistemare la situazione senza conseguenze gravi.
D: La lettera di compliance è obbligatoria? Cioè, il Fisco deve mandarla prima di farmi un accertamento?
R: Non in termini di stretta obbligatorietà giuridica generale (salvo alcuni casi particolari previsti dalla legge), ma di fatto l’Agenzia adotta questa prassi per moltissime situazioni perché è più efficiente e conforme allo Statuto del Contribuente (che incoraggia l’invito a regolarizzare). Ad esempio, per le anomalie da liquidazioni IVA (36-bis) la legge prevede l’invito a pagare prima della cartella. Per altre anomalie, non sarebbe obbligatorio, ma l’Agenzia sceglie di farlo per stimolare l’adempimento spontaneo. Quindi, se ricevi la lettera, consideraTi fortunato: hai un’opportunità. Se anche, in ipotesi, l’Amministrazione non te la inviasse, potrebbe comunque procedere direttamente ad accertamento e la cosa sarebbe legittima (salvo eccezioni). Ma negli ultimi anni la regola è che prima ti scrivono quasi sempre.
D: Ho ricevuto questa lettera: devo rispondere entro qualche termine specifico?
R: Dipende dal tipo di anomalia: spesso la lettera indica un termine per regolarizzare, ad esempio entro 90 giorni dalla scadenza originaria (nel caso di dichiarazione omessa), oppure entro 30 giorni per fornire elementi, ecc. In generale, non c’è un termine legale per “rispondere”, perché non è una contestazione formale. Tuttavia, per ottenere i benefici massimi del ravvedimento, devi agire nei tempi previsti: ad esempio, per la tardiva dichiarazione IVA, il termine chiave è 90 giorni dal 30 aprile. Per errori, prima lo fai meglio (comunque ravvedimento entro un anno è la fascia più favorevole). Se devi semplicemente fornire chiarimenti, è bene farlo il prima possibile, preferibilmente prima che l’Agenzia emetta un avviso di accertamento. Quindi, non c’è un ricorso da fare entro 60 giorni né altro, ma agisci tempestivamente: idealmente entro la scadenza indicata nella lettera stessa.
D: Posso ignorarla e aspettare? Magari prescrive?
R: Ignorare la lettera non fa “andare in prescrizione” nulla, anzi porta quasi certamente a un peggioramento della tua posizione. Se non fai nulla, l’Agenzia – trascorso un po’ di tempo – procederà con gli strumenti ordinari: controllo automatizzato, avviso bonario, accertamento. Non c’è un vantaggio ad aspettare, al contrario perdi il diritto alla sanzione ridotta e rischi sanzioni piene e interessi di mora maggiori. La violazione di per sé ha termini di accertamento lunghi (fino al 31/12 del quinto anno successivo, estesi a 7 in caso di omessa dichiarazione). Quindi non confidare che “cade in prescrizione” velocemente: l’Agenzia ha anni di tempo e ti ha già individuato. Meglio cogliere l’occasione ora.
D: La lettera di compliance è un atto impugnabile? Posso fare ricorso contro di essa?
R: No, non è impugnabile in Commissione Tributaria perché non ha natura di atto impositivo definitivo. È solo un invito, privo di una pretesa quantificata. Potrai eventualmente impugnare l’avviso di accertamento o la cartella che dovesse seguire, ma non la lettera in sé. Dunque, non c’è un contraddittorio “giudiziale” a questo stadio, solo dialogo amministrativo. Concentrati quindi sul fornire spiegazioni o correggere l’errore, anziché pensare al ricorso (che non è ammesso in questa fase).
D: Se fornisco chiarimenti all’Agenzia (perché credo abbiano sbagliato), poi devo fare qualcosa per avere una risposta ufficiale?
R: In genere no. Se hai usato Civis o PEC per spiegare la situazione, nella maggior parte dei casi l’Agenzia non risponde formalmente, ma terrà conto di quanto inviato. Può succedere che ti scrivano per avere ulteriori delucidazioni o documenti se servono. Ma se tutto è chiarito, la vicenda si chiude tacitamente lì. Non aspettarti un “annullamento” scritto della comunicazione (che, ricordiamo, non essendo un atto, non viene annullata o confermata). Un segnale implicito che tutto è ok è che non riceverai nei mesi successivi alcun avviso di accertamento per la questione in oggetto. Se invece passa molto tempo e sei in ansia, puoi contattare l’ufficio per chiedere conferma informale che la tua segnalazione è stata recepita. In casi più strutturati, talvolta l’Agenzia invia una breve risposta via PEC di presa d’atto, ma non è la norma.
D: Come faccio a pagare la sanzione ridotta di cui parlano? C’è un bollettino allegato?
R: Non c’è un bollettino precompilato. Devi utilizzare il modello F24 per versare imposte, interessi e sanzioni. Nella lettera solitamente trovi le istruzioni sui codici tributo da usare e su come compilarlo. Per esempio: se regolarizzi l’omessa dichiarazione, userai il codice tributo per la sanzione da dichiarazione tardiva (che è 8911, anno di riferimento 2024) versando 25 €. Se devi versare IVA aggiuntiva, userai i normali codici IVA (603X per acconti, 6099 per saldo, a seconda dei periodi). Se non ti è chiaro, il tuo commercialista saprà predisporre l’F24. Puoi anche usare il portale “Calcolo ravvedimento” sul sito AdE (se disponibile) che ti aiuta a quantificare sanzioni e interessi. Ricorda che l’F24 va poi pagato in banca, posta o online come fai di solito per i pagamenti fiscali.
D: Posso rateizzare le somme del ravvedimento?
R: Formalmente, no. Il ravvedimento richiede il pagamento integrale di imposte, interessi e sanzioni per perfezionarsi. Non esiste una norma che permetta un piano di rate sul ravvedimento stesso (a differenza degli avvisi bonari o delle cartelle che sono rateizzabili per legge). Tuttavia, c’è una flessibilità: poiché il ravvedimento lo gestisci tu, puoi scegliere di ravvedere singole violazioni separatamente. Ad esempio, se hai 3 anni di IVA omessi, potresti ravvederne uno per volta, mese per mese, in modo da diluire esborsi (non c’è un obbligo di sanare tutto insieme, sebbene l’Agenzia ovviamente preferirebbe). Attenzione però: questa “rateazione di fatto” funziona solo finché non interviene un controllo. Se ti ravvedi parzialmente e poi arriva accertamento per ciò che non hai ancora sanato, su quella parte residua perderai il beneficio. Quindi è una tattica da usare con cautela. In definitiva, se l’importo è molto elevato e non hai liquidità, valuta di contattare l’ufficio: in alcuni casi potrebbero suggerirti di fare un’adesione dopo (che è rateizzabile) piuttosto che un ravvedimento monstre. Ma in generale, per gli importi tipicamente coinvolti nelle compliance, conviene fare lo sforzo e pagare in un’unica soluzione per chiudere la partita.
D: Cosa succede se ho aderito alla lettera (pagato tutto) ma poi l’Agenzia mi manda comunque un avviso?
R: Potrebbe succedere in casi rari, di solito per disallineamenti temporali. Ad esempio, tu regolarizzi e magari l’automatismo genera lo stesso un avviso perché non hanno fatto in tempo a registrare il tuo ravvedimento. In tal caso non devi pagare due volte: ti basterà presentare un’istanza di annullamento in autotutela allegando le prove del ravvedimento effettuato in data antecedente. L’ufficio, verificato il pagamento, annullerà l’avviso formale. Questa è un’eventualità poco frequente, ma rassicurati: se hai fatto tutto bene, non pagherai sanzioni doppie. Mantieni traccia di ricevute F24 e protocolli inviati, pronti a esibirli se necessario.
D: Ricevere la lettera di compliance significa che sono sotto indagine o a rischio per l’Agenzia?
R: Non necessariamente in senso negativo. Significa che sei sotto attenzione automatica per quell’aspetto, ma allo stesso tempo ti stanno dando una chance amichevole. È chiaro che se ignori, finirai in un processo più “duro” di controllo. Se invece sistemi, in molti casi il tuo nominativo potrebbe anche essere tolto dall’elenco dei casi da accertare, perché hai aderito spontaneamente (lo scopo del Fisco è incassare, se incassa spontaneamente non ha interesse a perseguitare oltre). Quindi non è paragonabile a una perquisizione o un’indagine per frode; è un alert. Certo, se l’anomalia è grave (es. milioni di euro non dichiarati) e magari anche ravvedendoti l’ufficio sospetta evasione volontaria, potrebbero comunque approfondire (soprattutto la Guardia di Finanza ha accesso ai dati e potrebbe decidere un controllo mirato). Ma per la maggioranza dei casi, adempiere chiude lì la faccenda. Diciamo che sei “sotto i riflettori” in quel momento: sta a te spegnerli facendo la cosa giusta, oppure attirarli di più ignorando.
D: Se pago col ravvedimento, rischio di ammettere colpa e magari il Fisco poi controlla altri anni?
R: Il ravvedimento operoso è per definizione un’autodenuncia di violazione. Sì, stai ammettendo che per quell’anno hai versato meno del dovuto o hai sbagliato. Ma è la filosofia stessa della norma: in cambio dell’ammissione e del pagamento rapido, hai l’esimente di sanzioni gravi. L’Agenzia, di norma, non ti punisce ulteriormente per aver ravveduto, anzi sei visto come contribuente collaborativo. Ciò potrebbe ridurre la probabilità di controlli futuri, piuttosto che aumentarla. Diverso sarebbe se emergesse un comportamento ripetitivo: se ogni anno tu ometti e ravvedi solo dopo essere beccato, magari l’ufficio può attivarsi per verificare a monte le tue dichiarazioni. Ma se ravvedi e poi mantieni corretto il futuro, non hai motivo di essere oggetto di particolari attenzioni. In più, il pagamento spontaneo può avere effetti positivi in un eventuale contesto penale: per alcuni reati tributari, il pagamento integrale delle imposte e interessi prima del dibattimento estingue il reato (art. 13 D.Lgs.74/2000). Quindi ravvedersi può proteggerti su tutti i fronti. Non temere: correggere un errore non è mai usato contro di te come “prova” per altri periodi, semmai come prova di ravvedimento operoso.
D: Quali sono le fonti normative di riferimento per queste lettere di compliance IVA?
R: Più che leggi specifiche sulle “lettere”, abbiamo un quadro di norme e atti:
- la Legge 190/2014 (commi 634-636) che ha dato il via all’utilizzo massivo di comunicazioni per promuovere la compliance e lo scambio dati con GdF;
- una serie di Provvedimenti del Direttore AE emanati ogni anno che individuano le anomalie e le modalità di comunicazione (es: Provv. 3/7/2025 n.280268 per anomalia IVA 2024, Provv. 15/7/2024 n.295324 per anomalie 2021-22, Provv. 12/6/2024 n.264278, Provv. 13/6/2023 n.210441, etc.);
- il D.Lgs. 471/1997 (sanzioni tributarie) e 472/1997 (ravvedimento operoso art.13) aggiornati dalle riforme recenti (D.Lgs. 158/2015 e D.Lgs. 87/2024) che disciplinano le sanzioni e riduzioni;
- lo Statuto del Contribuente (L. 212/2000) art.6 che incentiva il contraddittorio preventivo;
- varie Circolari AE (es. Circ.42/E/2016 su sanzioni tardiva dichiarazione) e risoluzioni che chiariscono l’applicazione pratica.
Abbiamo citato molte di queste fonti nella guida e ne trovi un elenco completo in fondo nella sezione Fonti.
D: E se dopo tutto ciò io non concordo e mi arriva un accertamento, cosa posso fare?
R: Se proprio arriva un avviso di accertamento e ritieni ancora che sia ingiusto (o errato nel calcolo), hai a disposizione i rimedi ordinari: puoi presentare istanza di accertamento con adesione (sospendendo i termini e cercando un accordo con l’ufficio) oppure fare direttamente ricorso alla Commissione Tributaria entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Nel ricorso potrai far valere le tue ragioni, incluse – se del caso – eventuali vizi procedurali (ma il fatto che ti avessero mandato o meno la lettera di compliance di solito non è un vizio invalidante dell’accertamento, salvo situazioni specifiche). Potrai anche invocare la tua buona fede se avevi cercato di collaborare. Il giudice valuterà il merito: se effettivamente non c’era evasione, potrà annullare l’atto; se c’era, purtroppo a quel punto pagherai il dovuto con sanzioni e interessi, magari ridotti se hai pagato in pendenza di giudizio (c’è la definizione agevolata delle liti in certi periodi). In sostanza, la lettera di compliance non ti pregiudica alcuna difesa futura: potrai comunque rivolgerti alla giustizia tributaria sugli atti successivi. Ma, come abbiamo visto, conviene usare la giustizia come ultima risorsa e provare prima le vie brevi.
Tabelle riepilogative
Per ricapitolare i punti salienti, presentiamo alcune tabelle di sintesi utili.
Tabella 1 – Regolarizzazione delle principali violazioni IVA segnalate (con riferimenti normativi)
Anomalia segnalata | Come regolarizzare | Sanzione base | Sanzione con ravvedimento | Normativa |
---|---|---|---|---|
Omessa dichiarazione IVA (dichiarazione non presentata entro scadenza) | Presentare dichiarazione tardiva entro 90 giorni; versare imposta dovuta + interessi; sanzione fissa ridotta | Da €250 a €2.000 (art.5 c.1 D.Lgs 471/97); reato se imposta > €50k e >90gg (art.5 D.Lgs 74/2000). | €25 (1/10 di €250) se entro 90gg. Dopo 90gg: ravvedimento non più su sanzione fissa, ma su sanzione omessa dichiarazione 120-240% (art.5), es. 1/7 di 120% se fatto prima di accertamento. | Art.13 c.1 lett.c D.Lgs 472/97; Art.5 D.Lgs 471/97; Circ.42/E/2016. |
Dichiarazione infedele (omissione di imponibili o indicazione crediti non spettanti) | Presentare dichiarazione integrativa; versare maggior imposta + interessi; sanzione ridotta su infedele | 90% imposta evasa o credito indeb. (art.5 c.4 D.Lgs 471/97). Se omessa fatturazione singole operazioni: ulteriore 90-180% per ciascuna (art.6) con min €500 per fattura. | 1/8 di 90% = 11,25% (se entro 1 anno). 1/7 ≈12,86% (oltre 1 anno); 1/6 ≈15% (oltre 2 anni) ecc., fino a 1/5 (termine accert.). Eventuale cumulo giuridico se più violazioni in uno stesso atto (ravvedimento calcolato singolarmente). | Art.13 D.Lgs 472/97 (come mod. da D.Lgs 87/2024); Art.5 e 6 D.Lgs 471/97; Provv. 3/7/2025 (esempi di anomalie VE<VdF). |
Quadro VE/VJ omessi (dich. incompleta) | Presentare integrativa con quadri compilati; versare eventuale differenza IVA se emerge; sanzione infedele (vedi sopra) | 90% imposta relativa ai dati non dichiarati (se comportano imposta) oppure sanzione fissa omissiva se solo formale (da valutare caso per caso). | Se comportava imposta: come infedele (riduzioni sopra). Se era solo violazione formale (nessun impatto su imposta): sanzione fissa €250 (art.8 c.1 D.Lgs 471/97) ravvedibile 1/8 = €31,25. | Art.5 e 8 D.Lgs 471/97; Art.13 D.Lgs 472/97. Provv. 3/7/2025 (mancato VE/VJ). |
Operazioni attive non dichiarate (es. >€1000) | Presentare integrativa includendo i ricavi non dichiarati; versare IVA + interessi; sanzione infedele 90% su IVA evasa + eventuale omessa fatturazione | 90% imposta non dichiarata; se fatture mancate: min €500 cad. (90-180%). Reato dichiarazione infedele se imposta evasa >€100k e >10% del dichiarato (art.4 D.Lgs 74/2000). | Come dichiarazione infedele (vedi sopra). Omessa fatturazione: ravvedibile ciascuna fattura con 1/8 di min €500 = €62,50 cad. (entro 1 anno). In pratica conviene ravvedere comunque tutto il dovuto, benefici penali: pagamento integrale prima del dibattimento estingue reato (art.13 DLgs 74/2000). | Art.6 D.Lgs 471/97 (omessa fatturazione); Art.5 D.Lgs 471/97 (infedele); Art.4 DLgs 74/2000 (reato infedele). |
Acquisti in reverse charge non dichiarati | Presentare integrativa con quadro VJ; versare eventuale differenza (se l’IVA non era stata assolta); sanzione infedele e/o indebita detrazione | 90% dell’IVA non assolta (se emersa come debito) + 90% su eventuale detrazione indebita; potenziale contestazione omessa autofattura (sanzione formale 100€ per fattura, art.6 D.Lgs 471/97). | Riduzioni come infedele: tipicamente 1/8 di 90% per l’IVA a debito non assolta. Se l’IVA era totalmente detraibile, spesso l’imposta a debito coincide con indebito credito: ravvedi entrambi (vedi esempio Alfa Srl). Importi ridotti sensibilmente (es. 11k € -> ~€1.237 sanzione ravv.). | Art.5 e 6 D.Lgs 471/97; Provv. 3/7/2025 (reverse charge non dichiarato). |
LIPE omessa (comunic. trimestrale) | Inviare la comunicazione LIPE mancante (anche se tardiva); versare sanzione fissa ridotta | €500 per ciascuna omessa (art.11 c.2-ter D.Lgs 471/97), rid. a €250 se inviato entro dichiarazione annuale. | 1/9 o 1/8 di €500 se ravvedimento: ad es. €55,56 (1/9) se entro un anno; ~€62,50 (1/8) se oltre. Per più trimestri omessi, sanzione per ciascuno. | Art.11 D.Lgs 471/97; Provv. 15/7/2024 (anomalie LIPE). |
Altre violazioni (es. errori formali) | Dipende dal caso: se errore meramente formale (nessun impatto imposta) spesso non sanzionabile o €250; se impatta imposta vedi infedele. | Variabile (da €250 fisse a %). | Ravvedimento generalmente 1/8 del minimo se entro anno. | Statuto contrib. art.6 (non sanzionare errori formali senza danno erario). |
Nota: Le percentuali di ravvedimento indicate (1/8, 1/7, ecc.) si riferiscono al regime in vigore dal 2025. “Entro un anno” significa entro 1 anno dall’omissione/errore; “oltre” significa dopo, ma prima dell’eventuale avviso. I riferimenti normativi chiave sono riportati, per approfondirli si veda la sezione successiva. In caso di dubbi sul calcolo esatto della sanzione ridotta, è bene consultare le tabelle ufficiali o il supporto di un esperto.
Tabella 2 – Canali di comunicazione e assistenza per il contribuente
Canale | Come si utilizza | Quando usarlo | Vantaggi |
---|---|---|---|
PEC/Email all’ufficio | Inviare una PEC all’indirizzo dell’ufficio competente (DP) con oggetto/riferimenti lettera, spiegazione e allegati. | Quando si preferisce interloquire direttamente con l’ufficio locale, o per formalizzare per iscritto una risposta. | Traccia scritta, contatto diretto con funzionari locali. Può essere usata per allegare documenti. |
Cassetto fiscale – Sez. “L’Agenzia scrive” | Accesso area riservata con SPID/CIE, visualizzazione della lettera e eventuali link a informazioni aggiuntive. | Per scaricare copia della lettera, verificare dati analitici delle anomalie (fatture, ecc.). | Permette di vedere dettagli dell’anomalia e di avere evidenze precise di cosa contesta l’Agenzia. |
CIVIS (Assistenza online) | Tramite portale AE > Servizi > Civis, sezione “Compliance”, invio documenti in PDF con spiegazioni. | Quando occorre inviare documentazione giustificativa (es. contratti, fatture esenti, prove di pagamenti già fatti) o spiegazioni articolate. | Canale telematico sicuro e tracciato; protocollo di invio e ricevute esito. Consente di allegare file e monitorare la pratica. |
Telefono (call center) | Numero verde 800.90.96.96 (opzione “adempimento spontaneo”). Dare all’operatore codice fiscale e numero comunicazione per riferimento. | Per chiarimenti veloci, dubbi sul da farsi, segnalare errori immediati (ad es. “ho già pagato, risulta?”) o farsi guidare su come procedere. | Interazione umana immediata; l’operatore può consultare la tua posizione a video e dare consigli pratici. Nessun costo da fisso. |
Intermediario abilitato (commercialista, CAF) | Delegare il proprio professionista all’accesso cassetto e comunicazioni. Egli può poi usare i suoi canali Entratel/Civis per inviare istanze a tuo nome. | Quasi sempre consigliato, soprattutto se il contribuente non ha dimestichezza con i temi fiscali. Il professionista valuta la lettera e agisce di conseguenza (ravvede o invia note). | Competenza tecnica; può rappresentarti efficacemente, riducendo il rischio di errori procedurali. Spesso gli intermediari hanno canali dedicati con l’Agenzia per risolvere più celermente. |
Tabella 3 – Cronologia tipica dell’operazione di compliance IVA (anualità 2024 come esempio)
Data/Periodo | Evento | Descrizione |
---|---|---|
2 maggio 2025 (scadenza originaria) | Scadenza presentazione Dichiarazione IVA 2025 (anno imposta 2024) | Termine ultimo ordinario (30 aprile prorogato al 2 maggio essendo 30/4 sabato). Dopo questa data, dichiarazione considerata tardiva entro 90gg, poi omessa. |
Maggio-giugno 2025 | Analisi incrocio dati da parte AE | L’Agenzia elabora i dati: confronta dichiarazioni arrivate con fatture, corrispettivi, LIPE, etc., individua chi non ha presentato dichiarazione e altre incongruenze. |
Giugno 2025 (indicativo) | Emissione lettere di compliance IVA 2025 | Invio tramite PEC e disponibilità in cassetto fiscale delle comunicazioni per omessi invii o dati anomali. Obiettivo: avvisare entro fine giugno, in modo da lasciare quasi un mese per ravvedersi. |
29 luglio 2025 | Termine 90 giorni per tardiva (dichiarazione IVA) | Entro questa data, chi non aveva presentato può ancora inviare tardiva con sanzione ridotta (25€). Dopo questa data la dichiarazione è considerata omessa definitivamente. |
Luglio-agosto 2025 | Eventuale feedback contribuente | In questo periodo molti contribuenti eseguono ravvedimenti (versamenti F24) e inviano integrative. L’Agenzia recepisce in tempo reale o quasi i pagamenti (telematici) e le dichiarazioni tardive. Anche eventuali chiarimenti via Civis/PEC vengono inviati tipicamente entro fine estate. |
Autunno 2025 | Azioni successive dell’Agenzia (se necessario) | L’Agenzia verifica chi non ha aderito. Per omesse dichiarazioni non regolarizzate entro 90gg: avvio di accertamenti d’ufficio. Per infedeltà non ravvedute: predisposizione di controlli, possibili avvisi di accertamento o di liquidazione automatizzata. Invio eventuali avvisi bonari da 36-bis su differenze riscontrate. Possibile trasmissione nominativi a GdF per approfondimenti se anomalie rilevanti. |
2026 e oltre | Eventuale contenzioso o definizione | I contribuenti che hanno ricevuto avvisi a fine 2025, se non concordano, presentano ricorsi nel 2026. Altri magari aderiscono agli avvisi (pagando con sanz. ridotta 1/3) o richiedono rateazioni. Le cause tributarie eventuali si svilupperanno negli anni seguenti. Nel frattempo, l’Agenzia nel 2026-27 replicherà l’operazione per le annualità successive. |
N.B.: Le tempistiche possono variare; l’Agenzia talvolta invia le lettere anche un po’ più tardi (ad es. luglio) a seconda di quando sono pronti i provvedimenti. L’importante è capire la finestra temporale: tra la scadenza dichiarativa e il 90° giorno, il contribuente viene allertato e può sistemare. Dopo, scattano i meccanismi ordinari.
Conclusioni
Le lettere di compliance IVA rappresentano un’evoluzione nei rapporti Fisco-contribuente: spostano l’enfasi dalla repressione ex post alla prevenzione e collaborazione. Dal punto di vista del contribuente (sia esso un piccolo imprenditore, un professionista o una società), ricevere una simile comunicazione dovrebbe essere visto non come un attacco, ma come un’occasione per mettersi in regola con il minimo dei costi e per evitare una futura controversia. Abbiamo visto come, a fronte di violazioni anche serie, la regolarizzazione spontanea consenta di ridurre drasticamente le sanzioni e di evitare conseguenze penali o economiche ben più onerose. D’altro canto, ignorare queste segnalazioni significa precludersi gli sconti e prepararsi a subire l’intervento autoritativo (con sanzioni piene e possibili indagini).
È fondamentale, per i contribuenti, sviluppare una cultura della compliance: dotarsi di sistemi di controllo interno, affidarsi a consulenti fidati e controllare regolarmente le proprie comunicazioni nel cassetto fiscale. L’era dei controlli aleatori sta lasciando spazio a controlli sistematici e incroci continui: quasi in tempo reale il Fisco può accorgersi di anomalie. Ciò richiama ciascuno a una maggiore attenzione nella tenuta contabile e dichiarativa. Un errore può capitare, ma è bene correggerlo prima che sia il Fisco a farlo notare. Oggi, grazie alle lettere di compliance, anche se il contribuente non si è accorto da solo, gli viene data una “seconda chance” senza immediata punizione: un approccio che può essere vantaggioso per entrambi le parti (il Fisco incassa prima, il contribuente paga meno e mantiene un buon profilo di compliance).
Dal punto di vista giuridico avanzato, queste procedure sollevano anche qualche interrogativo su confini e garanzie: ad esempio, l’integrazione con la Guardia di Finanza crea un doppio binario di controlli su cui occorrerà vigilare affinché non sfoci in duplicazioni sanzionatorie (aspetti di ne bis in idem in caso di doppie sanzioni amministrative e penali, ecc.). La giurisprudenza sta man mano delineando i principi: la Cassazione ha chiarito che l’assenza della fase di invito non rende nullo l’accertamento, ma dall’altro lato premia il contribuente collaborativo in termini di trattamento sanzionatorio. Inoltre, andrà monitorato l’impatto delle nuove norme (D.Lgs. 87/2024) che rendono il ravvedimento ancora più conveniente e flessibile: ciò potrebbe portare a un aumento delle adesioni alle compliance, ma bisognerà vedere come gli uffici gestiranno eventuali ravvedimenti parziali e richieste di rimborso di sanzioni in caso di ripensamenti giurisprudenziali (si pensi all’eventualità che si ravveda un credito indebitamente utilizzato e poi una sentenza di legittimità stabilisca che quel credito era invece spettante: c’è spazio per chiedere indietro la sanzione pagata? Alcune decisioni, come Cass. 27817/2022, sembrano aprire a tale possibilità in certe circostanze).
Per concludere, dal punto di vista del contribuente-debitore, la strategia consigliabile di fronte a una lettera di compliance è riassumibile in tre parole: tempestività, trasparenza e collaborazione. Tempestività nel verificare e agire, trasparenza nel mettere sul tavolo all’Agenzia la reale situazione (se c’è un errore, ammetterlo; se non c’è, spiegarlo con prove), collaborazione nel senso di usare gli strumenti offerti (telefono, Civis, ravvedimento) e non porsi in una posizione di scontro pregiudiziale. Questo atteggiamento, oltre a risolvere nell’immediato il problema con costi contenuti, contribuisce a costruire un profilo fiscale più affidabile che in futuro potrebbe persino ridurre la probabilità di venire scelti per controlli (basti pensare agli Indici di affidabilità fiscale – ISA: regolarizzare gli errori migliora il punteggio e quindi si entra meno nelle liste selettive dei controlli).
In definitiva, le anomalie IVA segnalate e le lettere di compliance vanno affrontate attivamente e consapevolmente: questa guida vi ha fornito gli strumenti giuridici e pratici per farlo al meglio, con un occhio sia alle norme sia alla prassi concreta. In caso di dubbi complessi, il consiglio finale è di rivolgervi a professionisti qualificati, poiché – come visto – ogni caso può avere sfumature particolari (dalla fattispecie sanzionatoria applicabile alle opportunità di difesa) che un occhio esperto saprà valutare. Il fine ultimo deve essere sempre quello di mettere in regola la propria posizione evitando il contenzioso, ma senza rinunciare ai propri diritti quando si è nel giusto. Compliance non significa subire passivamente: significa anzi partecipare attivamente al processo di accertamento, e far valere la propria buona fede e correttezza prima che scatti il conflitto.
Come dimostrato da numerosi casi risolti positivamente e dai miliardi di euro recuperati in questi anni grazie alla compliance, questo approccio win-win è la direzione in cui si muove il sistema tributario italiano: un fisco più tecnologico e informato, e contribuenti più collaborativi e informati a loro volta.
Fonti normative, prassi e giurisprudenza citate (luglio 2025)
- Legge 23 dicembre 2014, n.190 (Legge di Stabilità 2015), commi 634-636 art.1: introduzione delle comunicazioni per promuovere l’adempimento spontaneo e condivisione dati con GdF.
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633 (Decreto IVA): Art.54-bis (controllo automatizzato dichiarazioni IVA) – base giuridica degli avvisi bonari IVA; Art.55 (accertamento d’ufficio per omessa dichiarazione IVA).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.471: Art.5 (sanzione omessa dichiarazione e infedele dichiarazione); Art.6 (sanzioni omessa fatturazione e documentazione); Art.8 (sanzioni violazioni formali su dichiarazioni); Art.11 (sanzioni omessa comunicazione dati, incluse LIPE).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.472: Art.13 (ravvedimento operoso) – disciplina delle riduzioni sanzioni. Modificato dal D.Lgs. 158/2015 e dal D.Lgs. 87/2024.
- D.Lgs. 24 settembre 2015, n.158: Riforma del sistema sanzionatorio (riduzione sanzioni dichiarazione infedele dal 100% al 90% ecc.).
- D.Lgs. 14 giugno 2024, n.87: Ulteriore riforma sanzioni e ravvedimento (in vigore dal 1/9/2024). Unifica percentuali riduzione ravvedimento (es. eliminazione differenza tra violazioni da 36-bis e altre) e abbassa alcuni minimi (es. omesso versamento da 30% a 25%).
- Legge 27 luglio 2000, n.212 (Statuto del Contribuente): Art.6, co.5 – inviti al contraddittorio per evitare errori del contribuente; Art.6, co.2-4 – diritto alla conoscenza atti e collaborazione.
- D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74: Art.4 (delitto dichiarazione infedele, soglia €100k imposta evasa/10% attivo); Art.5 (delitto omessa dichiarazione, soglia €50k); Art.13 (cause di non punibilità – pagamento integrale tributi prima del giudizio).
- Provvedimento AE 3 luglio 2025 n. 280268/2025: Definizione modalità di messa a disposizione al contribuente delle informazioni su anomalie dichiarazione IVA 2024. Elenca tipi di anomalie (omessa dichiarazione, quadri VE/VJ assenti, operazioni attive < €1.000). Firmato dal Direttore Vincenzo Carbone.
- Provvedimento AE 15 luglio 2024 n. 295324/2024: Comunicazioni anomalie IVA periodo d’imposta 2021 (e seguenti) – omesse LIPE e altre discrepanze.
- Provvedimento AE 12 giugno 2024 n. 264078/2024: Avvio compliance dichiarazione IVA 2023 (periodo 2022) – analoghe modalità (menzionato da informativa AE).
- Provvedimento AE 13 giugno 2023 n. 210441/2023: Comunicazioni anomalie IVA periodo d’imposta 2021 – indicato in Fiscomania per termini ravvedimento.
- Circolare AE 12 ottobre 2016, n.42/E: Chiarimenti su sanzioni per dichiarazione tardiva entro 90gg (sanzione fissa 250 ridotta a 1/10=25€).
- Circolare AE 22 giugno 2020, n.17/E: Istruzioni su invito al contraddittorio obbligatorio ex art.5-ter DLgs 218/97 (non direttamente sulle compliance generiche, ma sul contraddittorio pre-accertamento).
- Sentenza Corte di Cassazione sez. Trib. n.27817 del 22/09/2022: in tema di ravvedimento operoso e diritto al rimborso sanzioni se viene meno il presupposto (caso di omesso versamento con versamento parziale ravveduto al 6% vs 10%). Conferma che riduzione 1/3 sanzioni ex art.2 co.2 DLgs 462/97 (avvisi bonari) spetta comunque se sanato tempestivamente.
- Ordinanza Corte Cass. n.12997 del 15/05/2025: (citata da ratio) sulla validità di cartella senza firme digitali dopo compliance – irrilevante al nostro contesto specifico.
- Giurisprudenza di legittimità varia su contraddittorio: Cass. SS.UU. 24823/2015 (non obbligo contraddittorio generalizzato salvo casi); Cass. 21104/2017 (avviso bonario impugnabile? Cass. oscillante: SU 16293/2007 negava impugnabilità, sez. semplice 2022 l’ha ammessa se si contesta merito e si paga per definire).
Anomalie dichiarazione IVA e lettera di compliance? Fatti Difendere da Studio Monardo
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Conclusione
Una lettera di compliance per anomalie IVA è un’occasione per chiarire o correggere senza subire accertamenti pesanti.
Con il giusto supporto puoi difendere la tua posizione, evitare sanzioni e ripristinare la regolarità fiscale.
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