Lettere Di Compliance Per Omessa Compilazione Rw: Come Difendersi

Hai ricevuto una lettera di compliance dall’Agenzia delle Entrate per omessa compilazione del quadro RW? Ti segnalano che non hai dichiarato attività finanziarie o patrimoniali detenute all’estero, come conti correnti, investimenti, criptovalute, immobili? Ti stai chiedendo se devi rispondere, cosa rischi e come difenderti?

Il quadro RW serve per monitorare le attività estere detenute da persone fisiche, enti e società semplici residenti in Italia. L’omessa compilazione non comporta solo sanzioni, ma può dare origine a presunzioni di evasione fiscale, soprattutto se i redditi prodotti non sono stati dichiarati.

Cos’è una lettera di compliance per quadro RW?
– È una comunicazione che ti informa che l’Agenzia ha rilevato attività estere a tuo nome (tramite scambi automatici di informazioni internazionali)
– Ti invita a verificare se hai omesso o compilato in modo errato il quadro RW
– Ti dà la possibilità di regolarizzare spontaneamente la tua posizione tramite ravvedimento operoso, evitando accertamenti e sanzioni più gravi

Cosa succede se ignori la lettera?
– Scatta un accertamento per monitoraggio fiscale omesso e, se ci sono redditi esteri non dichiarati, anche per evasione tributaria
– Le sanzioni vanno dal 3% al 15% (o fino al 30%) del valore dell’attività non dichiarata
– Se il Fisco ritiene che l’omissione sia stata volontaria, può avviare procedimenti penali per omessa o infedele dichiarazione
– Può disporre accertamenti bancari, accessi fiscali, blocchi patrimoniali

Come difendersi in caso di omessa compilazione RW?
– Verifica con attenzione le attività effettivamente detenute all’estero: conti correnti, trading account, polizze, immobili, criptovalute
– Controlla se si tratta di attività realmente soggette all’obbligo di dichiarazione (alcuni casi sono esclusi)
– Se l’omissione è confermata, puoi utilizzare il ravvedimento operoso, versando sanzioni ridotte
– Se la segnalazione è errata, puoi replicare con documentazione e spiegazioni
– Fatti assistere da un professionista per quantificare l’eventuale sanzione dovuta e regolarizzare correttamente

Cos’è il ravvedimento operoso per il quadro RW?
– È una procedura che consente di sanare spontaneamente l’omessa o errata dichiarazione
– Prevede sanzioni molto più basse: dallo 0,1% all’1,5% circa, a seconda del ritardo
– Può essere utilizzato anche per dichiarare i redditi esteri collegati
– Ti permette di evitare l’avvio di un accertamento formale

Cosa puoi ottenere se agisci in tempo?
Evitare accertamenti e sanzioni maggiorate
Escludere responsabilità penali, se presenti
Mantenere la tua reputazione fiscale intatta
Limitare l’impatto economico della regolarizzazione
– Prevenire blocchi su conti, patrimoni o accertamenti bancari

Dimenticare il quadro RW non significa sempre evasione, ma ignorare la lettera di compliance è un errore grave. Il Fisco ormai riceve dati da decine di Paesi e incrocia automaticamente le informazioni con le tue dichiarazioni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in fiscalità internazionale e contenzioso tributario ti spiega cosa fare se ricevi una lettera per omessa compilazione RW, quando puoi ravvederti e come evitare le conseguenze più gravi.

Hai ricevuto una segnalazione dall’Agenzia per attività estere non dichiarate? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo insieme la tua posizione e ti diremo se puoi sanare, difenderti o opporre la contestazione, proteggendo redditi, patrimoni e serenità fiscale.

Introduzione

Negli ultimi anni l’Amministrazione finanziaria italiana ha intensificato l’invio di lettere di compliance rivolte ai contribuenti che presentano anomalie nella dichiarazione dei redditi, in particolare per quanto riguarda il Quadro RW (monitoraggio fiscale delle attività estere). Si tratta di comunicazioni “bonarie” con cui l’Agenzia delle Entrate segnala al contribuente un’omissione o errata compilazione del Quadro RW e lo invita a regolarizzare spontaneamente la propria posizione. Queste lettere sono il frutto delle recenti evoluzioni nella cooperazione internazionale in materia fiscale: grazie allo scambio automatico di informazioni tra Stati (implementato nell’UE con la Direttiva 2014/107/UE e a livello globale con il Common Reporting Standard (CRS)), il Fisco italiano dispone oggi di una mole enorme di dati sui conti finanziari esteri dei propri residenti. In pratica, l’Agenzia riceve segnalazioni da banche e autorità fiscali estere riguardo a conti correnti, investimenti, polizze e altre attività detenute all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia: queste informazioni, incrociate con le dichiarazioni fiscali italiane, permettono di individuare facilmente discrepanze ed omissioni. Proprio su tale base sono partite le campagne di compliance relative ai redditi e patrimoni esteri non dichiarati (inizialmente riferite al periodo d’imposta 2016, e progressivamente per gli anni successivi).

L’invio delle lettere di compliance si è dunque affermato come uno strumento preventivo, volto a favorire l’emersione spontanea delle violazioni ed evitare ai contribuenti inadempienti le ben più gravose conseguenze di un accertamento formale. Si pensi che nel solo 2025 è previsto l’invio di circa 3 milioni di lettere di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate, mirate in particolare ai redditi non dichiarati da investimenti finanziari all’estero (conti trading, exchange di criptovalute, ecc.). Ricevere una simile comunicazione non va mai preso alla leggera, ma neppure deve causare panico: è fondamentale comprenderne il significato e sapere come reagire in modo tempestivo e corretto. In questa guida approfondiremo come difendersi da una lettera di compliance per omessa compilazione del Quadro RW, analizzando gli obblighi normativi (con riferimenti aggiornati alla normativa italiana al luglio 2025), gli strumenti di regolarizzazione a disposizione del contribuente, le strategie difensive (sia in fase preventiva che contenziosa) e le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia. L’approccio sarà di livello avanzato – adatto a professionisti (avvocati tributaristi, dottori commercialisti), imprenditori e privati con situazioni complesse – ma con un linguaggio chiaro e divulgativo. Il punto di vista adottato è quello del contribuente inadempiente (il “debitore” nei confronti del Fisco), al fine di fornire indicazioni pratiche su come tutelarsi e regolarizzare la propria posizione nel modo più conveniente possibile. Infine, sono incluse domande e risposte su quesiti frequenti, tabelle riepilogative di sanzioni e scadenze, nonché simulazioni pratiche di calcolo, per rendere la trattazione completa e operativa.

Il Quadro RW e l’obbligo di monitoraggio fiscale delle attività estere

Per contestualizzare il problema, occorre innanzitutto capire cosa prevede la legge in tema di monitoraggio fiscale delle attività detenute all’estero. L’obbligo di compilazione del Quadro RW nella dichiarazione dei redditi deriva dall’art. 4 del D.L. 28 giugno 1990 n.167 (convertito in L. 4 agosto 1990 n.227) e successive modifiche. Tale normativa – emanata fin dagli anni ’90 in funzione anti-evasione valutaria e rafforzata nel tempo – impone alle persone fisiche fiscalmente residenti in Italia (nonché ad alcuni enti e società di persone) di dichiarare i investimenti patrimoniali e finanziari detenuti all’estero. In particolare, sono obbligati al monitoraggio:

  • Persone fisiche residenti in Italia (sia cittadini italiani che stranieri fiscalmente residenti);
  • Enti non commerciali residenti (es. trust, fondazioni, ONLUS residenti che detengono attività estere);
  • Società semplici e associazioni equiparate residenti.

Nota: Le società di capitali e gli enti commerciali non compilano il Quadro RW, poiché per questi soggetti vige l’obbligo di indicare eventuali attività estere nelle scritture contabili e nei bilanci. Ciò significa che se una S.p.A. o S.r.l. possiede conti o beni all’estero “occulti”, la violazione non riguarda il monitoraggio fiscale (che formalmente non si applica alle società di capitali), ma comunque integra altre violazioni tributarie (dichiarazione infedele, omessa indicazione a bilancio di cespiti, possibili reati di frode, ecc.). Dunque, l’assenza di Quadro RW per un soggetto IRES non implica liceità nel detenere capitali esteri non dichiarati, ma semplicemente che il controllo avverrà con strumenti diversi. In questa guida, per brevità, ci focalizzeremo sul caso tipico delle persone fisiche residenti, che sono i destinatari diretti delle lettere di compliance sul Quadro RW.

Attività estere da dichiarare e soglia di esenzione

L’obbligo di monitoraggio fiscale copre tutte le attività estere di natura finanziaria o patrimoniale suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. L’ampiezza è notevole: vanno indicati in RW, ad esempio, conti correnti e depositi bancari esteri, partecipazioni in società non residenti, titoli obbligazionari o azionari esteri, fondi comuni d’investimento esteri, polizze assicurative estere a contenuto finanziario, immobili situati all’estero, metalli preziosi detenuti all’estero, criptovalute custodite su exchange esteri, ecc.. Sono incluse sia le attività detenute direttamente dal contribuente, sia quelle detenute indirettamente o per interposta persona. Ad esempio, se un immobile estero è posseduto tramite una società offshore, o se un conto è formalmente intestato a un trust estero di cui il residente è beneficiario effettivo, tali situazioni rientrano comunque nell’obbligo dichiarativo: l’Agenzia si attende che il titolare effettivo residente dichiari in RW il valore dell’attività estera tramite cui gode del bene. Analogamente, se il residente ha una delega a operare su un conto intestato ad un terzo, oppure un conto cointestato, ciascun delegato/cointestatario residente deve dichiarare l’intero valore del conto, indicando la propria percentuale di competenza. La logica è di evitare schermi formali: conta la disponibilità effettiva del bene estero, non solo l’intestazione formale.

Va evidenziato che l’obbligo di monitoraggio sussiste indipendentemente dal fatto che l’attività produca effettivamente un reddito in un dato anno: è sufficiente la mera potenzialità che generi redditi imponibili. Ad esempio, un conto corrente estero infruttifero (senza interessi) deve comunque essere dichiarato se il contribuente ne ha disponibilità, anche se non ha prodotto redditi. L’obiettivo del monitoraggio è far emergere patrimoni esteri, a prescindere dal loro rendimento. In ogni caso, qualora l’attività estera produca redditi (interessi, dividendi, plusvalenze, canoni di locazione, ecc.), tali redditi vanno dichiarati nei quadri reddituali della dichiarazione (RL, RT, RM a seconda della categoria) e assoggettati a tassazione in Italia (salvo credito per eventuali imposte pagate all’estero, ex art. 165 TUIR). L’anomalia segnalata nelle lettere di compliance riguarda spesso entrambi gli aspetti: mancata compilazione del Quadro RW e mancata dichiarazione dei redditi esteri correlati.

Esistono tuttavia alcune soglie di esenzione e casi particolari in cui l’obbligo dichiarativo è escluso o attenuato:

  • Per i conti correnti e depositi bancari, è previsto un esonero dal monitoraggio se il valore massimo complessivo dei conti detenuti all’estero non supera 15.000 € in alcun momento dell’anno. Questa soglia, inizialmente fissata a 10.000 €, è stata elevata a 15.000 € a partire dal 2014. Ciò significa che piccoli risparmi all’estero sotto tale limite cumulativo annuale non vanno indicati in RW. Esempio: se un contribuente ha avuto nel 2024 un conto estero con saldo massimo di 10.000 € e nessun altro investimento estero, non è tenuto al monitoraggio per il 2024. Attenzione: la soglia si riferisce ai soli depositi e conti correnti; altre attività (es. partecipazioni, immobili, titoli) vanno dichiarate a prescindere dal loro importo, salvo casi specifici di esonero.
  • Sono esonerati dall’obbligo RW i contribuenti frontalieri e il personale in servizio all’estero (diplomatici e assimilati) per i soli depositi e conti correnti detenuti nel Paese estero di lavoro. Ad esempio, un lavoratore italiano frontaliere in Svizzera che detiene un conto in Svizzera su cui accredita lo stipendio può beneficiare di questo esonero limitato (introdotto dalla Circolare AE 38/E/2013).
  • Non va compilato RW per le attività estere affidate in gestione/distribuzione a intermediari finanziari italiani già tenuti a comunicare i relativi movimenti all’Anagrafe Tributaria (banche italiane, fiduciarie che esercitano l’opzione risparmio amministrato, etc.). In sostanza, se il contribuente si avvale di un intermediario residente, sarà quest’ultimo ad assolvere agli obblighi di monitoraggio (applicando eventualmente imposte come IVAFE, imposta sostitutiva su rendite, ecc.), sollevando il cliente dall’indicazione in RW. Un tipico esempio sono i depositi titoli esteri gestiti tramite una banca italiana: in quel caso i dati dovrebbero già essere noti al fisco tramite la banca. Attenzione: questa esclusione non copre le attività estere detenute tramite intermediari non residenti o piattaforme estere non vigilate da autorità italiane.
  • Iscritti AIRE e non residenti: chi è fiscalmente non residente in Italia non è soggetto al monitoraggio fiscale italiano. Può capitare però che alcuni italiani iscritti all’AIRE ricevano lo stesso la lettera di compliance se in Anagrafe Tributaria risultano erroneamente residenti, oppure per annualità in cui erano ancora residenti in Italia. In tali casi dovranno ovviamente chiarire la loro posizione (come vedremo, presentando prove della residenza estera).

In sintesi, la disciplina del Quadro RW è pervasiva e complessa, ma prevede alcune mirate esenzioni. Il ricevimento di una lettera di compliance per omessa compilazione RW potrebbe talvolta riguardare situazioni in cui, a rigor di legge, l’obbligo dichiarativo non sussisteva. Ad esempio, come anticipato, è accaduto che siano state inviate comunicazioni anche a cittadini italiani residenti all’estero iscritti AIRE o a lavoratori frontalieri (soggetti in realtà esenti), nonché a contribuenti che avevano investimenti esteri tramite banche italiane (quindi già fiscalmente regolari). Ciò dipende dal fatto che l’Agenzia, disponendo di dati finanziari grezzi dall’estero, inizialmente segnala ogni anomalia e solo in un secondo momento – anche grazie alle risposte dei contribuenti – distingue i “falsi positivi” dalle reali omissioni. Pertanto, se ritenete di aver ricevuto una lettera per errore (perché rientrate in un caso di esclusione), sarà fondamentale fornire all’Ufficio le dovute spiegazioni e documentazione, come vedremo nella parte dedicata alle strategie di risposta.

Sanzioni per omessa compilazione del Quadro RW

L’omessa (o infedele) compilazione del Quadro RW comporta l’applicazione di specifiche sanzioni amministrative tributarie, previste dall’art. 5, comma 2, D.L. 167/1990. Tali sanzioni sono dovute a prescindere dall’eventuale emersione di imposte evase sui redditi esteri: in altre parole, anche se i redditi prodotti da quelle attività fossero stati dichiarati regolarmente (o fossero esenti/non imponibili), la mancata dichiarazione dell’attività in sé costituisce violazione formale punibile. Si tratta infatti di un obbligo di monitoraggio, distinto dagli obblighi di tassazione. Secondo la Corte di Cassazione, l’omessa indicazione di attività estere in RW non è una semplice irregolarità formale priva di conseguenze, ma un’violazione sostanziale che ostacola l’attività di controllo, giustificando quindi l’irrogazione della relativa sanzione.

Le sanzioni ordinarie previste sono di carattere proporzionale rispetto all’importo non dichiarato. In particolare:

  • Per attività detenute in Paesi collaborativi (c.d. white list ai fini del monitoraggio) la sanzione amministrativa va dal 3% al 15% dell’ammontare non dichiarato.
  • Per attività detenute in Paesi non collaborativi (black list fiscale, ovvero Stati senza accordi di scambio di informazioni) la sanzione è raddoppiata: dal 6% al 30% dell’importo non dichiarato.

Queste percentuali si applicano sul valore dell’attività estera non dichiarata: tipicamente il saldo di conto o il valore di mercato al termine dell’anno (per conti e strumenti finanziari) oppure il costo di acquisto (per immobili), ecc. La violazione si configura per ciascun anno di omessa dichiarazione. Ad esempio, se un contribuente non ha dichiarato un conto estero da €100.000 per 3 anni (2018, 2019, 2020), l’Agenzia – in assenza di regolarizzazione spontanea – potrebbe teoricamente irrogare tre sanzioni, ciascuna del 3-15% (essendo, poniamo, un Paese white list). In pratica, di solito l’Ufficio tende ad applicare il minimo edittale (es. 3% per anno) in mancanza di aggravanti, ma la somma delle sanzioni può comunque risultare molto elevata (nell’esempio, circa €9.000 complessivi, ossia 3% * 3 anni * €100k).

Attenuanti e riduzioni: la normativa prevede alcune riduzioni di pena in caso di condotta collaborativa:

  • Se il contribuente corregge spontaneamente l’omissione presentando una dichiarazione integrativa entro 90 giorni dalla scadenza originaria (dichiarazione tardiva), si applica solo una sanzione fissa minima di €258, ulteriormente riducibile a 1/10 (€25,80) per effetto del ravvedimento operoso. Questa è una forma di “penalità minima” prevista dall’ordinamento per chi regolarizza entro 90 giorni, considerata quasi un’ipotesi di lieve tardività. Oltre tale termine, però, scatta la sanzione proporzionale piena.
  • Ravvedimento operoso oltre i 90 giorni: decorso il termine breve di 90 giorni, il contribuente può comunque avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997) fino a quando non sia avviata un’attività di accertamento. Il ravvedimento consente di ottenere una riduzione significativa delle sanzioni, proporzionata alla tempestività della regolarizzazione. In mancanza di una previsione specifica per il monitoraggio, si applicano le riduzioni generali dell’art.13 D.Lgs.472/97: ad esempio, se la violazione viene regolarizzata oltre un anno dalla scadenza ma prima di contestazioni, la sanzione si riduce a 1/6 del minimo. Ciò equivale, nel caso del monitoraggio, a pagare lo 0,5% dell’importo non dichiarato (cioè 1/6 del 3%) se Paese collaborativo, oppure l’1% (cioè 1/6 del 6%) se Paese non collaborativo, per ciascun anno omesso. Questa aliquota ridotta per ravvedimento coincise con quanto era previsto nelle procedure di collaborazione volontaria (VD, come vedremo). Se la regolarizzazione avviene prima (ad es. entro un anno dall’omissione), le riduzioni sono ancora maggiori (1/7, 1/8 o 1/9 a seconda dei casi, fino ad arrivare a 1/10 se entro 90 giorni, come visto). Dunque, il ravvedimento operoso rappresenta la strada più vantaggiosa per sanare un RW omesso, purché il contribuente agisca prima di ricevere formali atti impositivi.
  • Cumulo giuridico per violazioni pluriennali: un importante aspetto sanzionatorio, chiarito da recenti pronunce giurisprudenziali, riguarda il caso di omissione reiterata su più anni. In passato ci si chiedeva se, in presenza di plurime violazioni dello stesso tipo (Quadro RW omesso per più annualità), il contribuente dovesse subire una sanzione per ciascun anno (cd. cumulo materiale) oppure se si dovesse applicare l’istituto della continuazione previsto dall’art. 12 D.Lgs.472/97, che comporta un’unica sanzione aumentata (cd. cumulo giuridico). Ebbene, la Corte di Cassazione con varie decisioni (Cass. nn. 16517/2022, 6310/2023, 11849/2023) ha stabilito che si applichi il cumulo giuridico in caso di omessa dichiarazione RW pluriennale. Ciò significa che, se ad esempio un contribuente ha omesso RW per 5 anni di fila, verrà irrogata un’unica sanzione base, aumentata fino al doppio o al triplo in considerazione del prolungato inadempimento, invece di cinque sanzioni separate. In pratica, riprendendo l’esempio precedente (€100k non dichiarati per 5 anni in paese white list): l’Ufficio potrebbe determinare la sanzione applicando il 3% (€3.000) come base e aumentandola, poniamo, al doppio (€6.000) per la continuazione, anziché sommare €3.000 * 5 = €15.000. Questo orientamento giurisprudenziale è più favorevole al contribuente e vincolante per l’Amministrazione (che infatti ha iniziato ad adeguarsi). Vale la pena sottolineare che il cumulo giuridico si applica solo alle violazioni omogenee (più omissioni RW); non evita invece che, se il capitale estero ha prodotto redditi non dichiarati, a questi ultimi vengano applicate le ulteriori sanzioni per infedele dichiarazione (dal 90% al 180% dell’imposta evasa) oltre a quelle da RW. Su questo punto – cumulo tra sanzioni RW e sanzioni per redditi – torneremo parlando delle interazioni col penale: basti qui evidenziare che le sanzioni monitoraggio e quelle sui redditi sono distinte e cumulabili, in quanto puniscono violazioni diverse (obbligo di dichiarare un cespite vs obbligo di pagare imposte sui relativi frutti). La Cassazione, da ultimo con ord. n. 6752/2025, ha escluso l’applicabilità del cumulo giuridico tra la sanzione RW e la sanzione per dichiarazione infedele, trattandosi di condotte eterogenee (violazione di norme diverse mediante una pluralità di azioni). Ciò conferma che il contribuente che omette sia il quadro RW sia i redditi esteri si espone doppio fronte sanzionatorio.
  • Presunzione di evasione per capitali in Black List: un ulteriore aggravio riguarda i casi più gravi in cui attività estere non dichiarate sono detenute in Paesi non collaborativi. In base all’art. 12, co.2 del D.L. 78/2009, si presume (salvo prova contraria) che i capitali non dichiarati in Paesi black list siano costituiti con redditi sottratti a tassazione in Italia. Questa presunzione legale implica che, oltre alle sanzioni amministrative, il Fisco possa considerare quei valori come redditi evasi, da tassare recuperando imposte e applicando le sanzioni per infedele dichiarazione (che in tal caso sono raddoppiate per legge). Ad esempio, se un contribuente deteneva €1 milione su un conto in un paradiso fiscale non dichiarato, potrebbe essergli contestata non solo la sanzione RW 6-30%, ma anche l’Irpef evasa su €1 milione come “reddito presunto”, con sanzione infedele al 180% dell’imposta. Si tratta evidentemente di una situazione estrema e di difficile difesa, se non riuscendo a dimostrare con documenti l’origine lecita e già tassata di quelle somme (onere probatorio a carico del contribuente). Fortunatamente, il perimetro di questa presunzione si è ristretto: molti Paesi un tempo black list (Svizzera, Monaco, Singapore, ecc.) hanno siglato accordi e sono divenuti collaborativi negli ultimi anni, annullando l’automatismo della presunzione per il futuro. Inoltre, se il contribuente aderisce a regolarizzazioni come la voluntary disclosure, la presunzione è disapplicata per legge. Rimane però un serio rischio per chi ancora nasconde ingenti capitali in giurisdizioni opache.

In sintesi, l’omessa compilazione del Quadro RW espone a sanzioni pesanti. Tuttavia, il sistema sanzionatorio attuale – anche grazie all’interpretazione giurisprudenziale – offre opportunità significative di riduzione per chi si attiva spontaneamente: in particolare con il ravvedimento operoso tempestivo le sanzioni possono ridursi fino al 0,5%-1% annuo (importi relativamente modesti), mentre chi ignora la lettera e subisce l’accertamento rischia il 3-6% annuo (o più) oltre alle eventuali imposte evase e rispettive sanzioni. Nel prosieguo vedremo come sfruttare al meglio questi strumenti di regolarizzazione. Prima, però, apriamo una parentesi sulle pregresse edizioni della Voluntary Disclosure, perché sono strettamente legate sia all’origine dei dati che l’Agenzia sta utilizzando, sia alle possibili strategie difensive attuali.

La Voluntary Disclosure (VD1, VD-bis, VD-ter) e la cooperazione internazionale

Negli anni 2015-2017 l’Italia ha sperimentato due edizioni della Collaborazione Volontaria (Voluntary Disclosure) che hanno anticipato l’era dello scambio automatico di informazioni. Si tratta di procedure straordinarie con cui il legislatore ha offerto ai contribuenti la possibilità di autodenunciare spontaneamente gli asset detenuti all’estero non dichiarati, versando le imposte dovute e beneficiando di sanzioni ridotte e, soprattutto, dell’esclusione della punibilità per i reati tributari connessi. L’idea di fondo era: “approfitta ora per emergere, perché presto avremo i mezzi (accordi internazionali) per scoprirti”. In effetti, la prima Voluntary Disclosure (VD1) è stata introdotta con L. 15 dicembre 2014 n. 186 (entrata in vigore a gennaio 2015), proprio contestualmente alla firma di importanti accordi quali FATCA con gli USA e l’adesione italiana al CRS OCSE. La VD1 ha avuto un notevole successo: oltre 129.000 domande presentate nel 2015 e un gettito di circa 3,8 miliardi di euro per l’Erario. I contribuenti che vi hanno aderito hanno regolarizzato capitali esteri per decine di miliardi, pagando tutte le imposte arretrate sui redditi d’investimento e versando sanzioni ridotte (in misura pari a 1,5% annuo sui capitali non dichiarati in Paesi collaborativi e 3% annuo per quelli in Paesi black list – corrispondenti, rispettivamente, a 0,5% e 1% annuo per il monitoraggio più una percentuale analoga a titolo di sanzione sui redditi evasi). Sul piano penale, i partecipanti alla VD1 hanno ottenuto l’esclusione della punibilità per reati tributari di omessa/infedele dichiarazione e riciclaggio, nonché è stato introdotto contestualmente il nuovo reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.) per punire in futuro chi trasferirà proventi illeciti all’estero.

Una seconda edizione (Voluntary Disclosure-bis) è stata prevista con il D.L. 193/2016 (conv. L. 225/2016) per riaprire i termini nel 2017. La VD-bis, attiva fino al 31 luglio 2017, era sostanzialmente simile alla prima, sebbene abbia registrato un’adesione minore (segno che la maggior parte degli interessati avevano già aderito alla prima). Una novità della VD-bis è stata l’introduzione del reato di “emersione fraudolenta” per chi avesse utilizzato strumentalmente la procedura per ripulire proventi da reati diversi da quelli fiscalmente non punibili. In altre parole, si puniva con il carcere (1,5 – 6 anni) chi avesse tentato di mascherare, tramite VD, fondi di provenienza illecita (es. traffico, corruzione) non coperti dall’esimente penale della VD. Tale previsione ha avuto scarso rilievo pratico, ma rende l’idea del rigore con cui il legislatore ha voluto evitare abusi.

Dopo il 2017 non vi sono state ulteriori voluntary disclosure generalizzate. Tuttavia, la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha introdotto alcune misure di “tregua fiscale” per sanare specifiche irregolarità pregresse: tra queste, il ravvedimento speciale per le dichiarazioni fino al 2021 (sanzioni ridotte a 1/18) e una procedura di regolarizzazione delle cripto-attività detenute fino al 2021 (con pagamento di un’imposta sostitutiva del 3,5% sui valori emersi, più una sanzione dello 0,5% per ciascun anno omesso). Quest’ultima in particolare è vista da molti come una sorta di “mini-voluntary” rivolta a chi non aveva dichiarato criptovalute in RW e relativi redditi: la scadenza per aderirvi è stata il 30 novembre 2023. Anche se limitata al comparto crypto, essa conferma la tendenza del legislatore a offrire occasioni straordinarie di emersione.

E veniamo al presente: VD-ter. Al luglio 2025, non è (ancora) in vigore una terza edizione della collaborazione volontaria, ma è significativo notare che nel marzo 2024 il Governo ha annunciato – approvando in Consiglio dei Ministri uno schema di decreto – l’intenzione di riaprire i termini per una nuova voluntary disclosure internazionale rivolta alle attività estere non dichiarate relative ad annualità pregresse (si vocifera fino al 2019/2020). Al momento in cui scriviamo, tale provvedimento non ha completato l’iter legislativo, ma l’orientamento politico sembra favorevole a un’ultima finestra di emersione, forse con condizioni meno generose delle prime due (dato il diverso clima internazionale). È probabile che il nuovo eventuale condono volontario sarà accompagnato da ulteriori strette sui controlli internazionali: del resto, l’Italia aderisce attivamente a tutte le iniziative di cooperazione fiscale (scambio automatico CRS, scambio su ruling e schemi elusivi DAC6, protocolli bilaterali, ecc.). Già oggi, la quantità di informazioni che annualmente affluisce all’Agenzia delle Entrate è imponente, e con l’adesione di sempre più Paesi al network di scambio (si pensi a Svizzera dal 2017, San Marino dal 2019, vari paesi dei Caraibi, Emirati Arabi dal 2018, ecc.) diventa difficile immaginare luoghi dove un residente italiano possa occultare patrimoni senza che prima o poi vengano segnalati.

In sintesi, le precedenti edizioni di Voluntary Disclosure spiegano perché oggi l’Agenzia dispone di dati storici così dettagliati: molti contribuenti che non hanno aderito né alla VD1 né alla VD-bis si ritrovano ora a essere identificati come reportable persons attraverso il CRS. Le lettere di compliance che stanno arrivando costituiscono dunque una sorta di “ultimo avvertimento” per costoro. Chi ha già regolarizzato tutto tramite VD o ravvedimenti non dovrebbe riceverle (a meno di errori); chi invece ha ignorato quelle opportunità, ora viene bonariamente invitato a mettersi in regola, prima che scattino misure ben più severe. Nel prossimo capitolo, entreremo nel merito di queste lettere: come sono fatte, chi le riceve, cosa contengono, e – soprattutto – come comportarsi al ricevimento di una lettera di compliance per omessa compilazione RW.

La lettera di compliance dell’Agenzia: caratteristiche e finalità

Le lettere di compliance inviate dall’Agenzia delle Entrate sono comunicazioni dal tono inizialmente informale (non sono provvedimenti sanzionatori né accertamenti in senso stretto) con cui si segnalano al contribuente una o più “anomalie dichiarative” riscontrate. Nel nostro contesto, l’anomalia tipica consiste nell’omessa o incompleta compilazione del Quadro RW in uno o più anni d’imposta, spesso accompagnata dalla mancata dichiarazione di correlativi redditi di fonte estera. Tali lettere vengono trasmesse generalmente via PEC (se il contribuente ha un domicilio digitale attivo) oppure messe a disposizione nell’area riservata del portale Fisconline (sezione L’Agenzia scrive), con invio di una raccomandata A/R per i soli soggetti non telematici. Il contenuto della lettera è standardizzato: nel testo si comunica che, in base alle informazioni ricevute da specifiche Autorità fiscali estere (nell’ambito di accordi di scambio automatico di informazioni), risultano attività finanziarie o investimenti detenuti all’estero dal contribuente che non trovano riscontro nella dichiarazione dei redditi presentata per l’anno X. Viene quindi invitato il contribuente a verificare la propria posizione e, se necessario, a correggere spontaneamente gli errori od omissioni mediante dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso. In allegato (o tramite download dal sito) è normalmente disponibile un prospetto dettagliato delle attività risultate anomale, con indicazione per ciascuna di: paese estero, tipologia (conto corrente, deposito titoli, polizza, ecc.), istituto segnalante (es. nome della banca estera), saldo o valore al 31/12 dell’anno in questione, eventuale valore massimo nell’anno, ammontare totale dei redditi (interessi, dividendi) corrisposti, eventuali ritenute fiscali estere subite, e così via. Di solito è proprio consultando questo dettaglio che il contribuente riesce a capire a cosa si riferisce l’anomalia (ad esempio: “conto n. XXX presso UBS Zurich con saldo €256.000 al 31/12/2019 e interessi €1.500”). Si tratta di informazioni derivanti dal CRS: le banche estere comunicano annualmente saldi e redditi dei conti dei soggetti esteri (tra cui i residenti italiani), e tali dati affluiscono all’Agenzia. Nota: Spesso la lettera riguarda un singolo periodo d’imposta (ad es. il 2020, sulla base dei dati CRS 2021 comunicati nel 2022); ciò non significa che altri anni siano “puliti”, ma semplicemente che il primo screening è partito da un anno. È possibile che in futuro arrivino lettere per anni successivi se le irregolarità persistono, oppure che dopo il primo contatto l’ufficio estenda la verifica anche alle annualità contigue.

Le categorie di contribuenti interessate dalle lettere di compliance sul Quadro RW includono:

  • Coloro che detengono conti finanziari all’estero non dichiarati, emersi tramite CRS (conti correnti, depositi, investimenti bancari);
  • Titolari di polizze assicurative estere, gestioni patrimoniali o fondi esteri non dichiarati;
  • Persone che hanno percepito redditi esteri (interessi, dividendi, proventi da trust, etc.) non dichiarati;
  • Soggetti che non hanno aderito alle precedenti edizioni di voluntary disclosure e hanno continuato a mantenere capitali all’estero;
  • Talvolta, come detto, anche soggetti che potrebbero non essere in difetto (es. iscritti AIRE, frontalieri, conti tramite intermediari italiani), in quanto il filtro iniziale è ampio.

In ogni caso, la ricezione della lettera non equivale ad un’accusa formale, ma configura un’opportunità di chiarire o sanare bonariamente la posizione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, adotta un approccio “collaborativo” in questa fase: pone il contribuente a conoscenza di possibili irregolarità e gli lascia la possibilità di rimediare spontaneamente senza incorrere nelle pesanti sanzioni di un accertamento immediato. Lo scopo dichiarato è di “incentivare la regolarizzazione fiscale senza sanzioni elevate”. In pratica, finché il contribuente risponde alla lettera e/o effettua il ravvedimento, resterà nell’alveo del trattamento sanzionatorio ridotto. Viceversa, ignorare la lettera o non fornire riscontri adeguati probabilmente farà scattare un successivo invito formale o un accertamento vero e proprio. Si può dire che la lettera di compliance funga da “ultimatum bonario”: avverte il contribuente che il Fisco già sa della sua attività estera non dichiarata, dandogli però la chance di regolarizzarsi con costi contenuti. È un approccio in linea con lo Statuto del Contribuente (L. 212/2000) e con la strategia di compliance cooperativa: far emergere spontaneamente il maggior numero di basi imponibili, riservando la repressione severa solo ai casi di mancata collaborazione.

Cosa non è la lettera di compliance: non è un avviso di accertamento, non è una contestazione formale di reato, non comporta nell’immediato né sanzioni né iscrizioni a ruolo. Non ci sono termini perentori di legge per rispondere (anche se viene raccomandato di farlo in tempi brevi). Non è neppure pubblica (arriva solo al contribuente interessato). Essa non impegna giuridicamente il contribuente – il quale potrebbe anche scegliere di non fare nulla – ma naturalmente ignorarla è altamente sconsigliato. Come vedremo, il vantaggio per chi si muove in fase di compliance è enorme in termini di riduzione delle sanzioni e di evitamento di guai peggiori (anche penali). Al contrario, perdere questo treno significa esporsi a conseguenze molto più serie. Nel prossimo paragrafo delineeremo dunque come difendersi concretamente quando si riceve una lettera di compliance per omessa compilazione del Quadro RW, passo dopo passo dalla ricezione alla regolarizzazione, distinguendo i diversi scenari possibili.

Cosa fare se si riceve una lettera di compliance sul Quadro RW: guida passo-passo

Ricevere una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate relativa a conti o investimenti esteri non dichiarati può generare comprensibile apprensione. È però fondamentale mantenere lucidità e adottare un approccio proattivo, seguendo una serie di passi consigliati. Di seguito proponiamo una guida operativa, suddivisa in fasi, su come gestire in modo efficace la situazione dal punto di vista del contribuente (o del suo professionista di fiducia):

1. Non ignorare la comunicazione – La prima regola, apparentemente banale ma cruciale, è di non restare inerti. Ignorare la lettera è la scelta peggiore in assoluto. Anche se ritenete che la segnalazione sia errata, dovete attivarvi per chiarirla. Il motivo è duplice: da un lato, la lettera indica che l’Agenzia ha già informazioni su di voi (dati bancari esteri) e dunque, se non riceve riscontro, quasi certamente passerà ad un livello successivo di controllo, perdendo la “pazienza bonaria”. Dall’altro lato, come già spiegato, il ravvedimento operoso – che consente forti riduzioni delle sanzioni – non è più ammesso dopo la notifica di un avviso di accertamento. Finché siete nella fase della semplice lettera, potete ravvedervi e cavarvela con poco; se lasciate che l’Ufficio emetta un atto formale, le sanzioni balzeranno a livelli molto più alti e dovrete eventualmente affrontare un contenzioso per farle ridurre. Insomma, ignorare la lettera significa rinunciare ai benefici ora disponibili. Anche nel (raro) caso pensiate di essere totalmente nel giusto, è comunque opportuno interagire con l’Agenzia fornendo spiegazioni, anziché tacere. Conclusione: appena presa visione della comunicazione, mettetevi in agenda di occuparvene tempestivamente. Idealmente, entro 30-60 giorni dal ricevimento dovreste già aver analizzato la situazione e deciso la linea d’azione (regolarizzazione o chiarimenti).

2. Accedere ai dettagli dell’anomalia – Il secondo passo è procurarsi tutti i dettagli tecnici delle anomalie contestate. Come accennato, la lettera spesso fornisce solo un riassunto generico (“risultano attività estere non dichiarate per l’anno X”). È necessario quindi accedere al documento analitico allegato. Se avete ricevuto la PEC, l’allegato dettagliato può essere un PDF protetto; se la comunicazione è disponibile sul portale online, dovrete scaricarlo dal vostro Cassetto Fiscale. Ecco come procedere:

  • Accedete al portale Fisconline/Entratel con le vostre credenziali (SPID, CIE, CNS o tramite intermediario abilitato).
  • Navigate nella sezione “L’Agenzia scrive” oppure “Compliance” e individuate la comunicazione in questione (identificata da un numero protocollo e anno).
  • Scaricate il documento PDF di dettaglio delle anomalie su attività detenute all’estero (il nome può essere tipo “Avvertenze – Dichiarazione disponibile (anno d’imposta XXXX)”).

Aprendo questo allegato, troverete di norma una tabella analitica contenente per ciascuna attività estera segnalata: il Paese estero da cui proviene la segnalazione, la tipologia di rapporto (conto corrente, deposito titoli, polizza vita, fondo, ecc.), un identificativo del rapporto (es. numero di conto mascherato), il saldo o valore di mercato al 31 dicembre dell’anno in esame, l’importo massimo raggiunto durante l’anno (talora indicato), l’ammontare totale dei redditi generati da quell’attività nell’anno (es. interessi accrediti, dividendi incassati), l’eventuale ritenuta fiscale estera subita su tali redditi, il codice fiscale del titolare (il vostro) e l’ente segnalante (es. la banca estera XYZ). Questi dati vi confermeranno esattamente cosa l’Agenzia sa e contesta. Spesso i contribuenti scoprono “sorprese”, ad esempio conti dimenticati aperti anni prima con pochi euro, di cui avevano perso memoria, oppure differenze di pochi euro dovute a errori formali. Non di rado, comunque, sarà subito chiaro di quale rapporto si tratti – probabilmente proprio quello che non avevate inserito in RW.

Esempio pratico: Mario Rossi riceve lettera per “anomalia periodo d’imposta 2019”. Nel dettaglio legge: *Paese: Svizzera – Intermediario: Credit Suisse AG – Tipo rapporto: Conto corrente – ID: *…123 – Saldo al 31/12/2019: €256.000 – Interessi accreditati: €1.500. Rossi a quel punto ricorda di avere effettivamente un conto in Svizzera con quelle caratteristiche, che nel 2019 non aveva indicato in RW né dichiarato gli interessi. Ecco dunque spiegata l’anomalia: quell’importo di €256k doveva comparire nel Quadro RW 2019 e quegli interessi di €1.500 andavano dichiarati tra i redditi di capitale.

Se non riuscite ad accedere al cassetto fiscale (es. per problemi tecnici o perché non siete abilitati), potete anche rivolgervi a un ufficio territoriale dell’Agenzia o al vostro commercialista, fornendo gli estremi della comunicazione, per ottenere copia del dettaglio. È cruciale avere in mano tutti questi dati prima di decidere il da farsi.

3. Analizzare la propria posizione fiscale per l’anno/i segnalato/i – Una volta conosciuti i dettagli, occorre fare un’analisi obiettiva della propria dichiarazione dei redditi relativa all’anno (o agli anni) interessati dall’anomalia. Bisogna chiedersi:

  • Ho effettivamente omesso di dichiarare quell’attività estera? (Ad es.: non compilato affatto il Quadro RW per quell’anno, oppure l’ho compilato ma tralasciando proprio quel conto/asset).
  • Ho omesso di dichiarare i redditi prodotti da quell’attività? (Ad es.: interessi su quel conto non indicati nei miei redditi di capitale, dividendi esteri non tassati, plusvalenze non dichiarate, ecc.).
  • Oppure avevo dichiarato tutto correttamente e ritengo che l’Agenzia stia sbagliando? (Potrebbe capitare: ad esempio, il conto estero era stato effettivamente indicato in RW e i redditi dichiarati, quindi dov’è l’errore? Bisogna capire se si tratta di un disallineamento di codici, di un errore formale o di dati non correttamente incrociati).

In pratica, per ogni voce segnalata occorre inquadrare la situazione in uno dei seguenti casi:

  • Caso A – Omissione reale: Se, spulciando la dichiarazione originaria di quell’anno, constatate che effettivamente non avete indicato quell’asset estero pur essendone titolari, e avreste dovuto farlo (nessuna esenzione applicabile), oppure non avete dichiarato i redditi da esso derivanti, allora la segnalazione coglie nel segno: c’è stata un’omissione. Non serve negare l’evidenza né tergiversare: conviene riconoscerlo e procedere a sistemare tramite ravvedimento operoso quanto prima (vedi punto 4).
  • Caso B – Posizione regolare o quasi: Se invece dai vostri documenti risulta che quell’asset era già indicato in dichiarazione (magari con qualche differenza) e i redditi pure, potreste essere sostanzialmente in regola e la lettera derivi da un disallineamento formale di dati. Ad esempio, può succedere che il conto fosse sì dichiarato, ma con un codice Paese errato, o con un valore differente per via di diverse date di rilevazione; oppure che i redditi esteri siano stati dichiarati in un quadro diverso (es. come “redditi diversi” invece che “redditi di capitale”) non immediatamente incrociabile dal sistema automatico. In tali ipotesi, non c’è materia per pagare imposte perché avete già assolto al dovuto, ma è opportuno comunque fornire spiegazioni all’Agenzia, documentando che eravate in regola oppure provvedendo a correggere eventuali errori formali residui. Ad esempio, se avete indicato il conto ma sbagliando il codice nazione, segnalatelo e magari presentate una dichiarazione integrativa a solo scopo correttivo (senza impatto d’imposta, le sanzioni per mero errore formale possono essere azzerate o molto ridotte). L’obiettivo in questo scenario è convincere l’Ufficio che non c’è stato occultamento di materia imponibile, ma al più un refuso tecnico, così che archivi la posizione.
  • Caso C – Contribuente non obbligato: Può darsi che, approfondendo, vi rendiate conto di essere esenti dall’obbligo per quell’anno. Ad esempio: quell’anno eravate residenti all’estero (iscritti AIRE) e quindi legittimamente non avete compilato RW; oppure il conto estero segnalato era un conto aperto tramite una banca italiana (quindi soggetto ad esonero); oppure ancora siete un frontaliere con un conto nel paese di lavoro. In queste situazioni, la lettera vi è arrivata perché l’Agenzia vi ha considerato “potenzialmente” soggetti a obbligo, ma avete elementi per dimostrare il contrario. Anche in tal caso, sarà fondamentale rispondere (vedi punto 5) spiegando perché nessuna regolarizzazione è dovuta, allegando idonea documentazione (es. certificato di iscrizione AIRE, contratto di lavoro frontaliero, dichiarazione della banca italiana, ecc.). Se i chiarimenti risultano convincenti, l’Ufficio provvederà ad archiviare la segnalazione senza sanzioni.

Ricondurre ciascuna anomalia ad uno dei tre casi sopra vi aiuterà a decidere la strategia: correggere e pagare nel Caso A, chiarire e documentare nel Caso B o C. Ovviamente si possono presentare più anomalie di tipo diverso nella stessa lettera, da gestire separatamente (es. un conto effettivamente omesso e un altro invece già dichiarato ma contestato per differenze: in tal caso farete ravvedimento sul primo e fornirete spiegazioni sul secondo). Se avete dubbi sull’interpretazione dei dati o sulle norme applicabili al vostro caso, è prudente consultare un professionista qualificato (dottore commercialista o avvocato tributarista) esperto in fiscalità internazionale, che saprà valutare correttamente la posizione e assistervi nei passi successivi.

4. Regolarizzare con ravvedimento operoso (se dovuto) – Focalizziamoci sul Caso A, il più comune: avete effettivamente omesso di dichiarare un’attività estera e forse anche i relativi redditi; quindi occorre corrigere l’errore pagando il dovuto. Il mezzo ordinario per farlo è la presentazione di una dichiarazione integrativa (per ciascun anno da correggere) unitamente al versamento, tramite modello F24, delle imposte evase e delle sanzioni ridotte per ravvedimento operoso. Vediamo in pratica i passaggi:

  • Calcolo delle imposte dovute sui redditi esteri non dichiarati: se l’attività estera (conto, investimento) ha prodotto redditi imponibili in Italia che non avevate dichiarato (interessi, dividendi, plusvalenze, ecc.), dovrete determinare l’ammontare delle imposte italiane evase. Bisogna applicare la tassazione vigente in quegli anni: ad esempio, interessi bancari e dividendi esteri di norma scontano l’imposta sostitutiva 26%; le plusvalenze su partecipazioni possono essere al 26% oppure parzialmente imponibili in Irpef (in base alla qualifica); i redditi da immobili esteri vanno in IRPEF ordinaria, etc. Occorre anche considerare eventuali crediti d’imposta per ritenute fiscali estere già subite (es. se su quegli interessi la banca estera vi ha già trattenuto un 15%, potete scomputarlo dall’imposta italiana dovuta, ex art.165 TUIR). In casi complessi, è bene farsi aiutare da un fiscalista per questo calcolo. Il risultato sarà l’ammontare di ciascuna imposta da versare (con relativi codici tributo) per ogni anno.
  • Calcolo delle sanzioni in ravvedimento: dovrete poi quantificare le sanzioni ridotte sia per la violazione RW che per l’eventuale infedele dichiarazione sui redditi. Come visto, per il Quadro RW omesso la sanzione base è 3-15% (o 6-30% se black list) per anno; in ravvedimento la si riduce secondo l’epoca della regolarizzazione. Tipicamente, trattandosi spesso di annualità di qualche anno fa (oltre 2 anni), si applicherà la riduzione a 1/6 del minimo: quindi 0,5% annuo (se white list) o 1% (se black list) sul valore non dichiarato. Per i redditi non dichiarati, la sanzione da infedele dichiarazione è dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta; il minimo (90%) si riduce anch’esso in ravvedimento. Esempio: se evasi €1.500 di Irpef su interessi esteri, la sanzione base è €1.350 (90%). Se ravvedete dopo oltre un anno, riducete a 1/6: pagherete €225 di sanzione. Anche gli interessi legali vanno aggiunti, dal giorno della scadenza originaria al giorno del pagamento (ma sono importi di solito modesti su base annua).
  • Compilazione delle dichiarazioni integrative: bisognerà predisporre un Modello REDDITI integrativo per ciascun anno interessato dalle omissioni. In ciascuna integrativa indicherete nel Quadro RW il valore dell’attività estera (colonne 3 e 4: valore iniziale/finale o picco, a seconda delle istruzioni) e eventuali IVAFE dovute (imposta sul valore attività finanziarie estere, lo 0,2% annuo per conti e investimenti – da calcolare e includere se applicabile). Inoltre, nei quadri reddituali corrispondenti (es. quadro RL o RT per interessi, quadro RM per redditi esteri a tassazione separata, ecc.) riporterete i redditi esteri non dichiarati originariamente. Importante: la dichiarazione integrativa va barrata come “integrativa” del precedente modello e presentata con il frontespizio indicante l’anno di riferimento e la data di presentazione. Si può trasmettere telematicamente (tramite commercialista o intermediario, o con Fisconline se abilitati) oppure consegnare cartacea presso l’ufficio (per annualità molto vecchie).
  • Predisposizione dell’F24: tutti gli importi da versare – imposte, interessi, sanzioni – vanno pagati tramite modello F24. Occorre utilizzare i corretti codici tributo: ad esempio, il codice 8120 per la sanzione monitoraggio RW, il 8904 per la sanzione infedele, i soliti codici imposta per Irpef o imposta sostitutiva, il codice 1998 per interessi da ravvedimento, e così via. Nel compilare l’F24, è consigliabile suddividere i versamenti per singola annualità e causale, per chiarezza. Spesso l’Agenzia, nella stessa lettera, suggerisce i principali codici tributo da usare e magari un prospetto di calcolo semplificato (ma attenzione: è sempre bene verificare con precisione).
  • Esempio di simulazione di ravvedimento: supponiamo che la lettera riguardi il 2019 e che abbiate omesso di dichiarare un conto estero con saldo €100.000 (white list) che ha prodotto €2.000 di interessi. Calcolo: imposta sostitutiva 26% su €2.000 = €520 da pagare; sanzione infedele 90% = €468 ridotta a 1/6 = €78; sanzione RW 3% = €3.000 ridotta a 1/6 = €500; interessi legali su imposta dal 2020 a oggi (~5 anni al tasso medio 1%) ~ €26. Totale F24 ≈ €520 + €78 + €500 + €26 = €1.124. A fronte di imposte evase per €520, se ravveduto subito pagherete solo €604 di sanzioni/interessi. Se aveste aspettato l’accertamento, potenzialmente le sanzioni avrebbero potuto superare i €3.500 (tra RW e infedele cumulate, seppur con possibile cumulo giuridico). Il risparmio è evidente.
  • Termini per ravvedersi: il ravvedimento operoso è esercitabile fino a quando non vi sia stata notifica di atti di liquidazione o accertamento relativi a quella violazione (art.13 D.Lgs.472/97). Ricevere la lettera di compliance non preclude il ravvedimento (non è un atto formale impositivo). Quindi potete procedere anche se avete già la comunicazione in mano. Se però dovesse arrivare un avviso di accertamento prima che completiate il ravvedimento, perdete la chance. Ecco perché è importante agire prontamente: per evitare che l’ufficio, non vedendo movimenti, vi anticipi con un atto ufficiale. In pratica, dal giorno della lettera avete una finestra utile (spesso di diversi mesi) in cui il ravvedimento è ancora ammesso; cercate di non farvela chiudere in faccia per inattività.

Portato a termine il ravvedimento (integrative inviate e F24 pagati), avrete sanato la violazione fiscale dal punto di vista tributario. La posizione, in teoria, risulterà regolare come se l’errore non fosse mai avvenuto. Ricordiamo infatti che l’art. 13-ter D.Lgs. 472/97 prevede il “rapporto di causa-effetto” per cui la regolarizzazione estingue la violazione. In altre parole: avete omesso, ma avete rimediato spontaneamente pagando il dovuto, quindi non siete più sanzionabili con atti successivi per quei fatti.

5. Predisporre la risposta all’Agenzia con chiarimenti – Sia che abbiate proceduto al ravvedimento (Caso A), sia che non abbiate nulla da regolarizzare ma occorra spiegare la situazione (Caso B o C), è fortemente consigliato inviare una risposta scritta all’Agenzia delle Entrate in riferimento alla lettera di compliance ricevuta. Questa risposta non è formalmente obbligatoria, ma è buona prassi, per vari motivi: comunica all’ufficio che avete preso in carico la segnalazione (evitando solleciti o passaggi a fase successiva automatica), fornisce all’Amministrazione gli elementi per capire cosa avete fatto o perché ritenete infondata l’anomalia, e costituisce un primo atto difensivo protocollato che può tornare utile in futuro.

Le modalità di risposta sono due, a seconda dei casi:

  • (A) Risposta comunicando l’avvenuta regolarizzazione: se avete eseguito il ravvedimento operoso, potete inviare una lettera sintetica in cui dichiarate di aver provveduto a regolarizzare la posizione relativa all’anno X, indicando gli estremi delle dichiarazioni integrative presentate (protocollo telematico e data) e dei versamenti F24 effettuati (codici tributo, importi e date). In sostanza, fate sapere all’Ufficio che avete ottemperato all’invito e che la violazione è stata sanata. Allegare copia delle ricevute di presentazione e dei modelli F24 pagati è facoltativo ma consigliabile (agevola il funzionario nel riscontro). Questo tipo di comunicazione è breve e fattuale. Spesso l’Ufficio, ricevuta tale risposta, non darà un riscontro esplicito (non è tenuto a farlo), ma avrà cura di archiviare il caso nei suoi sistemi come “compliance avvenuta”. In questo modo, difficilmente arriveranno ulteriori atti: avete messo un “punto” documentato sulla vicenda.
  • (B) Risposta con chiarimenti (nessuna regolarizzazione dovuta): se dal vostro esame risulta che non dovete fare ravvedimento perché l’anomalia è frutto di un errore dell’Agenzia o comunque di un disallineamento formale, allora la vostra risposta dovrà essere più articolata, finalizzata a dissipare il sospetto di violazione. In tal caso:
    • Spiegate chiaramente e in modo circostanziato la situazione. Esempi: “Nel 2020 ero residente fiscalmente in Francia, come da iscrizione AIRE allegata, dunque non soggetto all’obbligo RW in Italia per tale anno”; oppure “Il conto estero segnalato è stato effettivamente indicato nel Quadro RW della dichiarazione 2019 (come da copia allegata), tuttavia con codice stato 07 invece di 14 per un errore materiale; i valori erano comunque interamente dichiarati”; oppure “I redditi esteri segnalati (dividendi) erano esenti da imposizione in Italia ai sensi dell’art. ____, motivo per cui non compaiono in dichiarazione”. Insomma, fornite il perché ritenete di essere in regola o comunque di non aver commesso un’irregolarità sostanziale.
    • Allegate documenti probatori a supporto: copia della dichiarazione dei redditi originaria dove si vede il Quadro RW compilato (se il problema era un mero errore formale), certificati di residenza estera o iscrizione AIRE, estratti conto che dimostrano che il saldo segnalato era sotto soglia, documenti contrattuali che attestano che l’attività era affidata a intermediario italiano, copia del frontespizio e ricevuta di un’eventuale integrativa già inviata per correggere un dettaglio, ecc..
    • Se riconoscete di aver commesso un piccolo errore formale (es. un codice fiscale non riportato, un dato impreciso), ammettetelo con trasparenza e dichiarate che provvederete (o avete provveduto) a rettificarlo. Esempio: “Mi sono avveduto di un errore di compilazione (indicazione errata del codice Paese). Ho già trasmesso una dichiarazione integrativa a sola finalità di correzione formale, come da ricevuta allegata”. Questo mostra collaborazione e buona fede.
    • Chiedete espressamente che, alla luce dei chiarimenti forniti, l’anomalia segnalata venga archiviata e non si proceda oltre. Potete usare formule di cortesia istituzionale tipo: “Si confida che la presente comunicazione consenta di definire senza ulteriori iniziative la posizione in oggetto, attesa l’insussistenza di violazioni sostanziali”.
    • Mantenete un tono professionale e collaborativo, evitando atteggiamenti polemici o ostili. L’obiettivo è convincere l’Ufficio, non attaccarlo.

Questa risposta di chiarimenti funge, di fatto, da istanza in autotutela: mettete l’Amministrazione nelle condizioni di rivedere la segnalazione alla luce delle vostre spiegazioni, auspicando l’archiviazione. Se l’ufficio si riterrà soddisfatto, chiuderà il caso e (probabilmente) non vi disturberà oltre. Se invece non fosse convinto, potrebbe contattarvi per richiedere ulteriori informazioni, oppure procedere con un formale invito a comparire o accertamento; ma almeno avrete fin da subito presentato le vostre difese, rafforzando la vostra posizione in un eventuale futuro contenzioso.

Inviare la risposta: la comunicazione all’Agenzia può essere inviata preferibilmente via PEC alla Direzione Provinciale competente (l’indirizzo PEC istituzionale è di solito reperibile sul sito dell’Agenzia; ad es. dp.[nomeprovincia].pec@agenziaentrate.it). In alternativa è possibile spedirla con raccomandata A/R o consegnarla a mano all’ufficio protocollo (facendosi timbrare una copia per ricevuta). Indicate chiaramente nell’oggetto il riferimento alla lettera di compliance (protocollo e anno) e al periodo d’imposta. Non esiste un termine perentorio imposto per la risposta (la lettera invita genericamente a “provvedere quanto prima”); in genere è buona norma rispondere entro 90 giorni dal ricevimento, o prima se si è già completato il ravvedimento. Un riscontro entro 2-3 mesi è ragionevole e dimostra tempestività; se ci si dilunga oltre (es. >6 mesi) si rischia che nel frattempo l’ufficio faccia partire un invito formale.

6. Conservare la documentazione della regolarizzazione – Dopo aver inviato la risposta e/o completato i pagamenti, non resta che attendere. Come detto, in genere non arriverà una conferma formale di archiviazione. L’assenza di ulteriori comunicazioni entro un lasso di tempo congruo (alcuni mesi, un anno) può essere interpretata come “nessuna nuova, buona nuova”. In qualche caso l’Agenzia potrebbe inviare un breve avviso di presa d’atto (“La sua posizione per l’anno X risulta regolarizzata”), ma non è garantito. Se trascorsi, ad esempio, 6-12 mesi dal ravvedimento non avete più notizie, potete eventualmente contattare l’ufficio (telefono o mail ordinaria) per chiedere se la posizione risulta chiusa. Ad ogni modo, conservate con cura tutto il dossier della regolarizzazione: copie delle dichiarazioni integrative inviate, ricevute di invio e di pagamento F24, copia della PEC di risposta inviata e relativa ricevuta di consegna, nonché ovviamente la lettera di compliance originale. Questo fascicolo potrebbe tornarvi utile nel malaugurato caso di futuri equivoci o contestazioni (ad esempio, per dimostrare che vi eravate ravveduti prima della notifica di un eventuale atto, il che renderebbe nullo quest’ultimo). Tali documenti potrebbero anche servire, ipoteticamente, per attestare ad autorità estere che avete regolarizzato la posizione in Italia, qualora foste coinvolti in procedimenti internazionali (scenario raro ma non impossibile). In sintesi: mai cestinare o perdere le prove di quanto fatto.

Riassumiamo il flusso operativo tipico in caso di omissione RW da sanare: 1) Ricezione lettera → 2) Scaricare dettaglio anomalia → 3) Verificare omissioni → 4) (Opzionale) farsi assistere da un professionista → 5) Calcolare imposte e sanzioni dovute → 6) Versare F24 con ravvedimento → 7) Presentare dichiarazione integrativa → 8) Inviare lettera di risposta all’Agenzia. Con questi passaggi, nella stragrande maggioranza dei casi la vicenda si conclude positivamente, senza strascichi ulteriori.

Dopo la compliance: possibili sviluppi e strumenti di difesa in caso di accertamento formale

Se avete seguito le indicazioni sopra, è molto probabile che la situazione si risolva senza sfociare in contenzioso. Ma è bene essere consapevoli di cosa potrebbe accadere se la fase di compliance non va a buon fine – ad esempio perché non avete aderito al ravvedimento nei tempi, oppure perché l’Agenzia ritiene insufficiente la vostra risposta. In tali eventualità, l’Ufficio può attivare la procedura di controllo formale attraverso due principali strumenti: l’invito a comparire/inviare dati e l’avviso di accertamento con sanzioni. Vediamoli brevemente e analizziamo quali difese restano al contribuente a questo punto.

  • Invito formale o questionario: prima di emettere un avviso di accertamento, l’Agenzia spesso invia un invito al contraddittorio (ai sensi dell’art.5-ter D.Lgs.218/97, se trattasi di imposte sui redditi) oppure un semplice questionario ex art.51 DPR 633/72. In sostanza, si tratta di una convocazione (o richiesta scritta) in cui si invita il contribuente a comparire per fornire chiarimenti in merito a determinati investimenti esteri non dichiarati, ed eventualmente a definire bonariamente la questione con un accordo (accertamento con adesione). Se ricevete un simile invito, significa che la fase bonaria non è stata considerata soddisfacente: siete ad un passo dall’accertamento ufficiale. Tuttavia avete ancora un’ultima chance di trattativa: presentandovi all’ufficio (magari con il vostro difensore) potete discutere l’esito e proporre un’adesione. L’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/97) consente infatti, in caso di accordo, di pagare le maggiori imposte dovute con sanzioni ridotte a 1/3 del minimo. Questo può mitigare l’impatto sanzionatorio (anche se è comunque molto meno vantaggioso del ravvedimento). Se ritenete di avere elementi per convincere l’ufficio a ridurre le pretese (es. contestate l’origine dei fondi come redditi già tassati, ecc.), questa è la sede per farlo. L’invito a comparire sospende i termini per l’eventuale ricorso e, se non si perfeziona un’adesione entro 90 giorni, l’Agenzia potrà procedere con l’avviso.
  • Avviso di accertamento con irrogazione di sanzioni: è l’atto formale con cui l’Agenzia recupera le imposte non versate e applica le sanzioni piene per le violazioni riscontrate. Nel nostro contesto, un avviso tipico potrebbe contenere: il recupero dell’Irpef (o imposta sostitutiva) sui redditi esteri non dichiarati, con sanzione del 90% (o superiore se aggravanti, es. capitali black list); l’irrogazione della sanzione monitoraggio del 3% (o 6%) annuo sul valore dell’attività non dichiarata, per ciascun anno; il cumulo eventualmente giuridico tra annualità (in ossequio alla Cassazione) ma senza cumulo con la sanzione sui redditi; gli interessi; e l’eventuale raddoppio dei termini di accertamento se applicabile (per annualità lontane in Paesi ex black list prima del 2015, l’ufficio potrebbe aver beneficiato del termine raddoppiato a 10 anni). Una volta notificato l’avviso di accertamento (per raccomandata o PEC), il contribuente ha 60 giorni di tempo per decidere se impugnarlo davanti al giudice tributario oppure definirlo. Le opzioni a questo punto sono:
    • Acquiescenza: pagamento integrale entro 60 giorni senza fare ricorso, usufruendo di una riduzione delle sanzioni di 1/3 (ai sensi dell’art.15 D.Lgs.218/97). Ciò significa che, ad esempio, una sanzione del 3% annuo verrebbe ridotta al 2% annuo. L’acquiescenza conviene se l’avviso è sostanzialmente corretto e non vi sono margini di vittoria in giudizio, perché evita spese e ulteriori aggravi.
    • Ricorso in Commissione Tributaria: se ritenete l’accertamento ingiusto o eccessivo, potete presentare ricorso (tramite avvocato o commercialista abilitato) al nuovo Tribunale tributario competente entro 60 giorni. In sede di giudizio, le possibili linee difensive includono: contestare eventuali errori sulla residenza fiscale (se eravate non residenti, l’obbligo RW non c’era), eccepire la decadenza dei termini di accertamento (ad esempio, se l’anno in oggetto è 2014 e non c’era raddoppio applicabile, l’accertamento notificato dopo il 31/12/2019 sarebbe tardivo e va annullato), contestare la duplicazione sanzionatoria (sostenendo magari l’applicabilità del cumulo giuridico tra RW e infedele, benché la Cassazione si sia espressa diversamente, c’è spazio di discussione), far valere cause di non punibilità o esimenti (ad es. errore incolpevole se siete stati male consigliati, cause di forza maggiore, ecc. – difficili però da far valere). Inoltre, se dalle prove risulta che il capitale estero era frutto di redditi già tassati in passato, potreste opporvi alla tassazione presuntiva integrale (qui l’onere è vostro di dimostrarlo). Va detto che spesso, in materia di investimenti esteri non dichiarati, le argomentazioni difensive tecniche sono limitate: i giudici tendono a dare ragione al Fisco se l’omissione è provata, salvo appunto questioni di termini decaduti o duplicazioni sanzioni. In ogni caso, in giudizio potreste anche giocarvi la carta della proporzionalità delle sanzioni, richiamando il principio ne bis in idem sostanziale di matrice europea: la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. 37424/2021) ha affermato che l’eventuale cumulo di sanzioni tributarie e penali per i medesimi fatti deve rispettare criteri di proporzione e che, in presenza di sanzioni amministrative molto elevate, si potrebbe configurare una violazione della Convenzione Europea (CEDU). Nel vostro caso, se ad esempio foste colpiti sia da sanzioni RW sia da condanna penale per gli stessi soldi occultati, potreste sollevare tale eccezione.
    • Conclusione anticipata della lite: anche dopo aver presentato ricorso, resta aperta la possibilità di chiudere la disputa con un accordo transattivo con l’Agenzia, mediante la conciliazione giudiziale (art.48 D.Lgs.546/92) che comporta sanzioni ridotte al 40% o 50% a seconda del momento, oppure rinunciando al ricorso prima della sentenza in cambio di sanzioni al 50%. Sono tecnicismi procedurali che il vostro difensore valuterà, ma in sostanza forniscono ulteriori opportunità di trattativa e risparmio sanzioni anche in extremis.

Parallelamente al procedimento tributario, se le somme non dichiarate sono ingenti, potrebbe attivarsi un procedimento penale per reati tributari. Ricordiamo infatti che la dichiarazione infedele è reato se l’imposta evasa supera €100.000 annui (soglia abbassata da €150k a €100k dal 2015) e gli attivi sottratti a tassazione superano €2 milioni, mentre l’omessa dichiarazione (se addirittura non presentaste il modello) è reato sopra €50.000 di imposta evasa. Tuttavia, la sola omissione del Quadro RW non costituisce di per sé reato: i reati riguardano le imposte evase, non le sanzioni amministrative non pagate. La Cassazione penale ha escluso, ad esempio, che la mancata compilazione di RW integri il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11 D.Lgs.74/2000), in quanto l’occultamento deve riferirsi al mancato versamento di tributi dovuti, non a evitare sanzioni amministrative. Quindi, se il capitale estero non generava redditi imponibili o se comunque le imposte erano modeste, potreste non incorrere in alcun procedimento penale. E se anche scatterà una denuncia, tenete presente che il ravvedimento e il pagamento del dovuto costituiscono cause di non punibilità o attenuanti: ad esempio, il pagamento integrale dei debiti tributari prima del dibattimento penale consente l’estinzione del reato di omessa/infedele dichiarazione (art.13 D.Lgs.74/2000), come confermato da Cass. pen. n.37321/2021. In parole povere: se regolarizzate tutto e pagate, anche la giustizia penale – ove attivata – potrebbe chiudersi senza condanne.

Come ultima risorsa difensiva, menzioniamo la possibilità di sollevare, in sede giurisdizionale, questioni di legittimità su alcuni aspetti della normativa: ad esempio, la presunzione legale sui capitali in paradisi fiscali è stata oggetto di critiche, ma finora la Corte Costituzionale non l’ha ritenuta illegittima (nessuna pronuncia di incostituzionalità è intervenuta sul punto); il raddoppio dei termini di accertamento per attività estere è stato confermato lecito dalla Corte Cost. nel 2011, a patto della tempestiva contestuale denuncia penale. Quindi questi fronti sono coperti. Invece sul fronte della cumulabilità delle sanzioni qualche spazio argomentativo rimane (vista l’evoluzione altalenante in Cassazione). In definitiva, però, confidare sul successo in contenzioso su queste materie è rischioso: molto meglio evitare di arrivarci, sfruttando la fase di compliance e ravvedimento.

Domande frequenti (FAQ) sulle lettere di compliance RW e relative difese

D: Cosa succede se ignoro la lettera di compliance ricevuta?
R: L’inerzia è sconsigliatissima. Se non reagisci, l’Agenzia quasi certamente passerà a un successivo stadio formale: potresti ricevere un invito a comparire o direttamente un avviso di accertamento con sanzioni piene. Inoltre, una volta notificato un accertamento, non potrai più avvalerti del ravvedimento operoso. Ignorare la lettera equivale quindi a rinunciare alle sanzioni ridotte e rischiare il massimo della pena pecuniaria (e possibili rilievi penali se ci sono imposte evase rilevanti). Anche se ritieni di essere nel giusto, è sempre meglio rispondere fornendo chiarimenti, piuttosto che tacere.

D: Entro quando devo rispondere alla lettera?
R: Non c’è un termine perentorio stabilito dalla legge o indicato nella lettera (spesso si invita genericamente a provvedere “prima possibile”). Tuttavia, per prassi è bene agire entro 90 giorni circa dal ricevimento. Muoversi entro 2-3 mesi dimostra collaborazione e generalmente evita che l’ufficio intraprenda verifiche formali nel frattempo. Se hai bisogno di più tempo (ad es. per reperire fondi o documenti), cerca comunque di far sapere all’Agenzia che stai lavorando sul caso. L’importante è non dare l’impressione di disinteressarsi.

D: Ho la residenza fiscale all’estero (iscritto AIRE), eppure ho ricevuto la lettera per omessa compilazione RW. Devo fare qualcosa?
R: Sì, devi comunicare all’Agenzia che non eri tenuto all’obbligo RW perché non residente in Italia per quell’anno. Alleghi copia dell’iscrizione AIRE o certificato di residenza fiscale estera e spieghi che, essendo non residente, non dovevi dichiarare quegli asset (che eventualmente hai dichiarato nel tuo paese estero). In questo modo l’ufficio potrà verificare e archiviare l’anomalia. Se invece effettivamente eri residente in Italia (magari l’iscrizione AIRE è avvenuta dopo l’anno in questione), allora l’obbligo c’era e va regolarizzato.

D: Ho ricevuto una lettera per un conto estero sotto 15.000 €, che sapevo esente da RW. È corretto?
R: La soglia di 15.000 € esonera dall’obbligo RW i conti correnti bancari esteri se il loro saldo massimo nell’anno non supera tale importo. Se sei sicuro che tutti i tuoi conti esteri sommati non hanno mai ecceduto 15k, allora formalmente non dovevi dichiararli. In tal caso rispondi all’Agenzia evidenziando questo fatto (magari allegando estratti conto che mostrino i saldi massimi). È possibile che la lettera ti sia arrivata comunque perché l’Agenzia vede un saldo ma non conosce se tu avessi altri conti (il controllo automatico forse non considera la soglia). Fornendo prova, dovrebbero archiviare senza sanzioni. Attenzione: la soglia vale solo per depositi bancari; se l’anomalia riguarda altri investimenti (es. titoli, crypto, ecc.), l’esonero non si applica e la sanzione sarebbe dovuta.

D: Mi si contesta un’omessa dichiarazione RW su un conto già indicato in dichiarazione dall’altro cointestatario. Possibile?
R: Sì, è possibile. Se un conto è cointestato tra due persone residenti, entrambi devono dichiararlo in RW per l’intero valore con indicazione della percentuale di possesso. Ad esempio, marito e moglie cointestatari di un conto da €50.000 devono ciascuno indicare €50.000 (e quota 50%). Se uno dei due non l’ha fatto, quella è un’omissione. Il fatto che l’altro cointestatario l’abbia indicato non esonera il primo. Quindi la lettera è corretta in tal senso: dovrai ravvederti per la tua parte. Caso diverso: se l’altro intestatario è un soggetto non obbligato (es. una società di cui tu sei delegato a operare), allora forse tu non dovevi dichiarare (salvo tu fossi titolare effettivo). Bisogna valutare bene la natura della cointestazione e i ruoli.

D: Se faccio ravvedimento operoso dopo aver ricevuto la lettera, possono comunque multarmi o perseguitarmi?
R: Una volta che hai completato il ravvedimento (pagando imposte e sanzioni ridotte e presentando integrative), la violazione si considera definita. L’Agenzia non emetterà ulteriori sanzioni su quegli importi, a meno che il ravvedimento sia stato parziale o errato. È importante far pervenire all’ufficio la notizia che ti sei ravveduto, così bloccano eventuali elaborazioni automatiche pendenti. In linea teorica, se tu ravvedi e loro per un disguido ti mandano lo stesso un avviso, avresti ottime chances di farlo annullare in autotutela o vincere in contenzioso mostrando le ricevute di ravvedimento fatte prima della notifica. Quindi stai tranquillo: ravvederti ti mette al riparo, non in pasto al leone.

D: La lettera parla solo dell’anno 2020. Ma io ho quel conto dal 2016, non dichiarato. Devo sanare anche gli anni precedenti?
R: Formalmente, la comunicazione riguarda l’anomalia 2020. Però l’Agenzia quasi certamente dispone anche dei dati degli anni successivi (2021, 2022, ecc.) e forse precedenti (2017-2019 tramite CRS, e 2016 via FATCA/accordi bilaterali). È saggio regolarizzare tutti gli anni ancora accertabili in cui hai omesso RW, non solo quello segnalato. Ad esempio, se hai il conto dal 2016, valuta il ravvedimento 2016-2019 oltre al 2020, per chiudere definitivamente ogni pendenza. La Cassazione consente il cumulo giuridico tra tali anni, quindi l’esborso aggiuntivo non sarà proibitivo. Così facendo eviti che l’anno prossimo ti arrivi nuova lettera per il 2021 e così via. Regolarizzando in un colpo solo tutte le annualità, risparmi tempo e vivrai più sereno. Ovviamente verifica prima che siano ancora nei termini: ad esempio il 2016 potrebbe essere decaduto nel 2023 se Paese white list. Se un anno è ormai prescritto, puoi anche scegliere di non toccarlo (rischio sanzione passato).

D: Ho già aderito alla Voluntary Disclosure qualche anno fa, ma ora ricevo una lettera su un conto. Possibile?
R: In linea di massima, chi ha completato una VD non dovrebbe essere destinatario di compliance su quelle attività, perché regolarizzate. Tuttavia potrebbero esserci due casi: (1) la lettera si riferisce a un’attività diversa/non inclusa nella VD; in tal caso probabilmente ti è sfuggito qualcosa e dovrai sanare. (2) Oppure si riferisce proprio a qualcosa che hai dichiarato in VD, ma per un errore l’Agenzia la vede come non dichiarata. Ad esempio, potresti aver aderito a VD per anni fino al 2014, e la lettera riguarda il 2020 – segno che dopo la VD hai tenuto nuovo denaro all’estero senza dichiararlo (capita, purtroppo). Oppure c’è un disallineamento burocratico (magari quel conto era nella tua relazione VD ma con nome diverso). Se sei sicuro di aver regolarizzato tutto in VD, rispondi spiegando ciò e allegando copia degli atti di VD presentati e accettati. È interesse dell’Agenzia non “punire” chi ha già pagato in VD. Se invece la lettera si riferisce a post-VD, significa che dopo la collaborazione volontaria hai omesso di nuovo: brutta situazione, ma puoi comunque ravvederti adesso per questi anni recenti (non c’è preclusione a ravvedersi anche dopo una VD, se emergono nuove violazioni).

D: Quali sono le sanzioni penali possibili per omessa dichiarazione di attività estere?
R: In sé, come detto, non c’è un reato specifico per il Quadro RW non compilato. I reati tributari potenzialmente correlati sono: dichiarazione infedele (art.4 D.Lgs.74/2000), punita con reclusione fino a 3 anni (4 anni e 6 mesi se fatti post 2015) se l’imposta evasa > €100k; omessa dichiarazione (art.5 D.Lgs.74/2000), punita con reclusione fino a 5 anni, se imposta evasa > €50k; e in casi estremi sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11), punita con reclusione fino a 6-7 anni, se si compiono atti simulati per evadere il fisco. Quest’ultimo è stato talvolta contestato a chi trasferiva fondi all’estero per sfuggire alla riscossione. Però la Cassazione ha chiarito che non basta aver tenuto soldi all’estero e non pagare la sanzione RW per configurare l’art.11: serve un’attività fraudolenta (es. distrae beni dopo notifica cartella). Quindi, a meno che tu non abbia fatto operazioni ingannevoli, non rischi il penale solo per RW. Il rischio penale concreto sorge se i redditi non dichiarati connessi all’estero superano le soglie dette (€100k imposta annua): ad es. se avevi milioni di euro producendo decine di migliaia di euro di interessi l’anno non dichiarati, quello è reato. In tal caso, ravvedersi e pagare tutto prima del processo ti salva dalla pena (causa di non punibilità sopravvenuta, art.13).

D: Se l’Agenzia scopre gli importi esteri, può tassarmi anche il capitale?
R: In generale, il Fisco può esigere le imposte sui redditi generati dal capitale estero (interessi, dividendi, plusvalenze non dichiarate). Il capitale in sé (ad esempio il saldo del conto) di norma non è oggetto di tassazione, salvo che scatti la presunzione di cui all’art.12 c.2 D.L.78/09 per paradisi fiscali: in quel caso, se non provi che quel capitale deriva da redditi già tassati, l’Agenzia può trattarlo come “reddito sottratto” tassabile. È una sorta di tassazione retroattiva sul patrimonio, usata come extrema ratio nei casi offshore più gravi. Esempio: €1.000.000 detenuti dal 2010 alle Bahamas, mai dichiarati e di origine ignota. L’Agenzia potrebbe presumere che siano frutto di ricavi in nero e applicare Irpef + 180% sanzione. Se ti trovi in uno scenario simile, l’unica difesa è dimostrare l’origine del patrimonio (eredità, redditi già tassati altrove, ecc.). Fortunatamente tale presunzione è iuris tantum (superabile con prova contraria) e non si applica se il Paese è collaborativo o se hai aderito a VD.

D: In futuro potrei ricevere altre lettere per altri anni o altre attività?
R: È possibile. L’attività di compliance è continua: ogni anno l’Agenzia riceve nuovi dati dalle autorità estere. Se per esempio hai omesso RW anche per il 2021 e 2022, potresti essere contattato per quegli anni. Per questo conviene regolarizzare tutto subito, come dicevamo. Anche nuove tipologie di attività (es. criptovalute non dichiarate) potrebbero in futuro essere oggetto di campagne mirate. Già nel 2024-2025 ci si aspetta un controllo intensificato sulle cripto, sfruttando fonti open e cooperazione internazionale. Il consiglio generale è: una volta risolta una compliance, fai un “check-up” completo della tua fiscalità estera e sistema eventuali altre dimenticanze con un ravvedimento spontaneo, senza aspettare la prossima lettera.

D: Posso ancora aderire alla Voluntary Disclosure adesso?
R: Attualmente no, non c’è una finestra aperta di collaborazione volontaria generalizzata (dopo la chiusura della VD-bis nel 2017). Puoi soltanto usare il ravvedimento operoso ordinario caso per caso. Tuttavia, come discusso, il Governo sta valutando una riapertura della voluntary per il 2024-2025: tieni d’occhio eventuali novità legislative. Se partisse una VD-ter, potresti aderire beneficiando di alcune tutele penali extra e sanzioni forfettarie. Ma finché non è legge, non puoi far altro che il ravvedimento. Ricorda che esisteva il ravvedimento speciale 2023 per anni fino al 2021 con sanzione 1/18, ma quel termine è scaduto a marzo 2023 (poi prorogato a marzo 2024 per il 2021). Se non ne hai usufruito allora, ora non è più accessibile.

D: Le sanzioni da RW e da redditi esteri si possono “sommare”?
R: Purtroppo sì, sono autonome e cumulabili. La violazione RW e la violazione di infedele dichiarazione sono distinte in diritto. La Cassazione 2025 ha escluso il cumulo giuridico tra esse (essendoci più azioni, vedi sopra). Ciò significa che in caso di accertamento ti troverai due sanzioni separate: es. 3% sul saldo non dichiarato e 90% sull’imposta evasa. Non c’è preclusione al cumulo materiale. In fase di ravvedimento, tuttavia, paghi entrambe ridotte quindi l’impatto è comunque contenuto. Se però pensi di subire un trattamento duplicativo eccessivo, in sede di ricorso puoi chiedere al giudice una mitigazione per continuazione o invocare i principi CEDU di proporzionalità. È una strada in salita, ma che qualche giudice potrebbe accogliere in casi limite di sanzioni abnormi.

D: Ho ricevuto la lettera, ma sto anche valutando di trasferirmi fiscalmente all’estero quest’anno. Se divento non residente l’anno prossimo, possono farmi qualcosa?
R: Il trasferimento di residenza all’estero dopo aver commesso le violazioni non ti esime dalle conseguenze per gli anni in cui eri residente. L’Agenzia può comunque notificarti accertamenti per il passato e, se del caso, chiedere assistenza al paese estero per la riscossione (esistono accordi UE per riscuotere crediti fiscali in altri Stati membri). Inoltre, trasferirsi in pendenza di accertamenti potrebbe insospettire le autorità (rischi di essere visto come “fuga dal fisco”). Meglio risolvere prima le pendenze. Se invece il trasferimento era già in atto a prescindere, assicurati di fare tutto nei crismi (iscrizione AIRE, 183 giorni fuori, ecc.) per risultare effettivamente non tassabile in Italia dall’anno successivo. Ma ribadiamo: per gli anni passati in cui eri residente, cambiare residenza ora non annulla quelle obbligazioni.

D: Mi conviene fare da solo il ravvedimento o farmi assistere da un esperto?
R: Dipende dalla tua confidenza con la materia. Se si tratta di situazioni semplici (es. un conto estero con pochi interessi) e sei in grado di calcolare importi e compilare i modelli, potresti far da te. Tuttavia, in molti casi coinvolgono temi di fiscalità internazionale non banali (crediti d’imposta, plusvalenze in valute estere, ecc.) e considerato che un piccolo errore potrebbe costare caro, è spesso opportuno affidarsi a un professionista qualificato. Il costo della consulenza sarà probabilmente inferiore alle sanzioni risparmiate grazie a un ravvedimento corretto e completo. Inoltre, un esperto saprà anche predisporre al meglio la risposta da inviare all’Agenzia, parlando il “linguaggio” giusto. Data la delicatezza della materia (anche penalmente), per patrimoni di un certo rilievo il supporto professionale è un investimento sensato.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Sanzioni Quadro RW: confronto scenari principali

Scenario violazione RWSanzione applicabileNote
Regolarizzazione entro 90 gg (dichiarazione tardiva)€258 fissa (ridotta a €25,80 con ravvedimento)Valido per errori sanati entro 90 giorni dal termine.
Ravvedimento oltre 90 gg (Paese collaborativo)3% del valore non dichiarato, ridotto fino a 0,5% (1/6 min.)Riduzione 1/8, 1/7, 1/6 a seconda del ritardo; 0,5% è per ravvedimento oltre 2 anni (1/6 di 3%).
Ravvedimento oltre 90 gg (Paese non collaborativo)6% del valore, ridotto fino a 1% (1/6 min.)1% è tipico per ravvedimenti tardivi su paesi black list (1/6 di 6%).
Accertamento (no adesione) – 1 anno omesso, white list3% – 15% (tipicamente 3% minimo per anno)Per più anni, Cassazione: cumulo giuridico unico (es. 3% aumentato).
Accertamento (no adesione) – 1 anno, black list6% – 30% (tipicamente 6% minimo per anno)Se capitale di dubbia provenienza, può scattare presunzione di evasione (tassazione del capitale).
Accertamento con adesione (rid. 1/3 sanzioni) – white listSanzione base 3% ridotta a 2% per anno (sul valore)Adesione: sanzione ridotta di 1/3. Se più anni, l’aumento per continuazione poi ridotto.
– black listSanzione base 6% ridotta a 4% per anno
Omessa compilazione sanata in VD (2015/2017)~0,5% annuo (white) / 1% annuo (black)Condizioni VD chiuse; dati indicativi per confronto.
(*) Le percentuali sono sul valore dell’attività estera non monitorata. Le sanzioni sui redditi evasi sono aggiuntive (90% imposta evasa, riduzioni ravvedimento analoghe).

Tabella 2 – Termini di accertamento per redditi/attività estere

Anno d’impostaNotifica accertamento entro (regola generale)Estensione per Paesi non collaborativiNote
Fino al 201531/12 del 5° anno successivo (dich. 2016 entro 2021)Raddoppio termini a 10 anni (dich. 2016 entro 2026)Art.12 co.2-bis DL 78/09 (abrogato dal 2015 in poi). Termini raddoppiati anche senza reato penale.
2016 – 201931/12 del 5° anno (dich. 2017 entro 2022, etc.)Nessun raddoppio automatico (norma abrogata)Salvo caso di reati tributari: in tal caso termini estesi a 7 anni (omessa) o 8 anni (infedele) se denuncia entro scadenza.
2020 e seguenti31/12 del 5° anno (dich. 2021 entro 2026, etc.)Nessun raddoppio automaticoL’adesione CRS di molti paesi rende quasi obsoleto il concetto di “non collaborazione” ai fini termini. Reati tributari: estensione termini se denunciati.
Legenda: il termine decorre dall’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Se la dichiarazione è omessa, i termini raddoppiano (10 anni di default).

(**) Nota: Dopo la modifica legislativa del 2015, il raddoppio automatico dei termini per investimenti black list è stato abolito. Oggi il raddoppio si ha solo se ricorre un reato tributario e la notitia criminis è comunicata entro i termini ordinari. Comunque molti paesi un tempo black list (es. Svizzera) dal 2017 sono considerati collaborativi ai fini fiscali.

Tabella 3 – Regolarizzazione di attività estere: opzioni a confronto

OpzioneDisponibilitàVantaggi per contribuenteSvantaggi / Limiti
Ravvedimento operoso (ordinario)Sempre ammesso prima di notifica accertamentoSanzioni ridotte (fino a 1/10-1/6 minimo); nessun procedimento penale se saldo debito; rateazione fino a 8 rate per importi >€5.000 (se concordato con Ag.Entrate).Necessario pagare integralmente imposte + interessi + sanzioni (sforzo finanziario immediato); non estingue reati se soglia superata (ma li attenua).
Ravvedimento speciale 2023Scaduto (termine 31/03/2023, proroga 2024 solo per dichiaraz.2021)Sanzione ultraridotta (1/18 del minimo, ≈0,17% annuo RW); pagamento dilazionato in 8 rate trimestrali.Limitato alle violazioni dichiarative fino al 2021 già scadute (non più utilizzabile ora); richiedeva versamento entro mar 2023 (ora 2024).
Voluntary Disclosure (VD1 2015, VD-bis 2017)Chiuse (2015 e 2017)No sanzioni penali per omessa/infedele (esonero art.5-quinquies DL 167/90); sanzioni monitoraggio forfettarie basse (0,5%-1% annuo); pagamento imposte rateizzabile in 3 rate annuali; definizione globale con atto di adesione.Costi comunque elevati (tutte imposte + sanzioni seppur ridotte + interessi); parcella professionisti per relazione di VD; procedura una tantum. Non ripetibile ora.
“VD-ter” (eventuale nuova collaborazione volontaria)In discussione (bozza DL approvata CdM 26/3/2024)Potenziale ultima chance per chi ha ancora capitali esteri non dichiarati pre-2021; probabile esonero penale e sanzioni forfettarie.Non ancora legge a luglio 2025: potrebbe non concretizzarsi o avere paletti stringenti; attendere la VD-ter senza ravvedersi comporta rischio, perché se non venisse varata ci si troverebbe scoperti e magari raggiunti prima da accertamento.
Nessuna adesione (attendere accertamento)Nessun esborso immediato. (Opzione non consigliata)Sanzioni piene (3-6% annuo + 90% imposte evase); rischio raddoppio termini per anni vecchi; possibili denunce penali; costi maggiorati se poi comunque si paga (niente sconti ravvedimento/adesione).

Come si evince dalla tabella, l’opzione di gran lunga preferibile per chi riceve la lettera è il ravvedimento operoso ordinario, che garantisce riduzioni sanzionatorie importanti e tutela da escalation penali. Le altre soluzioni (speciali o straordinarie) erano limitate temporalmente o ipotetiche. L’atteggiamento attendista (“aspetto l’accertamento sperando in condono”) è estremamente rischioso e, allo stato, ingiustificato vista la convenienza del ravvedimento.

Conclusioni

Le lettere di compliance per omessa o irregolare compilazione del Quadro RW rappresentano per il contribuente un momento delicato ma decisivo: da un lato costituiscono un campanello d’allarme – la prova che il Fisco ha identificato una potenziale violazione – ma dall’altro offrono un’ultima opportunità per sistemare le cose a condizioni favorevoli. Abbiamo visto come, con un approccio tempestivo, analitico e collaborativo, sia possibile difendersi efficacemente: regolarizzando le omissioni tramite ravvedimento operoso (beneficiando di sanzioni ridotte e evitando incriminazioni) oppure fornendo spiegazioni e prove in grado di chiarire eventuali errori o inesattezze senza aggravio. Dal punto di vista “difensivo”, la fase della compliance preventiva è senz’altro la più vantaggiosa per il contribuente-d “debitore”: qui egli ha ancora in mano gli strumenti per negoziare e limitare le conseguenze, mentre in una fase di accertamento concluso avrebbe ben poco margine se non contestazioni formali avanti al giudice.

Questa guida ha cercato di fornire un quadro completo – normativo, operativo e strategico – per affrontare al meglio tali situazioni, con taglio specialistico ma concreto. Si è sottolineata l’importanza di non sottovalutare la comunicazione ricevuta, ma anzi di utilizzarla come leva per mettere ordine nella propria posizione fiscale, eventualmente con l’ausilio di professionisti competenti in fiscalità internazionale. Si è anche evidenziato come il contesto attuale di cooperazione globale renda sempre più difficile occultare redditi e patrimoni all’estero: strumenti come il CRS consegnano alle Amministrazioni finanziarie (italiana in primis) armi potenti per individuare gli inadempimenti. All’orizzonte si intravedono nuove iniziative (una possibile Voluntary Disclosure-ter, controlli su cripto-attività, ecc.) che confermano la traiettoria: prima si invitano i contribuenti a collaborare, poi si colpiscono duramente i refrattari.

In definitiva, dal punto di vista del contribuente inadempiente, il miglior consiglio per difendersi è: non trincerarsi nel silenzio o nella negazione, bensì giocare d’anticipo, riconoscere gli errori dove ci sono e rimediare spontaneamente. Ciò trasforma una potenziale situazione di rischio elevato (sanzioni devastanti, contenziosi, perfino rilievi penali) in una soluzione gestibile e tutto sommato sostenibile economicamente. Le norme italiane, pur severe verso chi occulta ricchezze offshore, offrono comunque un’uscita di sicurezza per i contribuenti collaborativi – uscita che va imboccata senza indugio quando se ne presenta l’occasione, come appunto nel caso delle lettere di compliance.

Come visto, anche la giurisprudenza più recente tende a interpretare le sanzioni in modo ragionevole (ad esempio evitando duplicazioni eccessive tramite il cumulo giuridico continuativo), e riconosce merito a chi regolarizza (nei casi penali, non punibilità). Questo significa che l’ordinamento premia il ravvedimento sincero e punisce invece l’inazione o la mala fede.

In conclusione, chi riceve una lettera per Quadro RW omesso deve affrontarla come un’opportunità: l’opportunità di chiudere il proprio debito col fisco estero “con le buone”, minimizzando i danni e ripristinando la legalità fiscale. Con la giusta assistenza e un atteggiamento proattivo, difendersi è possibile e conviene. Al termine di questo percorso, il contribuente potrà proseguire la propria attività (o godersi i propri risparmi) con maggiore tranquillità, avendo regolarizzato il passato e – si spera – imparato l’importanza di rispettare gli obblighi dichiarativi internazionali per il futuro.


Fonti normative, di prassi e giurisprudenziali (principali riferimenti)

  • Normativa primaria:
    – D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 2 (residenza fiscale persone fisiche), art. 3 (tassazione mondiale), art. 165 (credito imposte estere), art. 4 (monitoraggio fiscale in dichiarazione dei redditi).
    Decreto-Legge 28 giugno 1990, n. 167, conv. L. 4 agosto 1990, n. 227: introduce la disciplina del monitoraggio fiscale. Art. 4 obbligo dichiarativo attività estere; art. 5 sanzioni 3-15% (radd. 6-30% paesi black list); art. 6 presunzione di fruttuosità delle somme estere (interessi presunti); art. 7 esclusioni (intermediari residenti, frontalieri, ecc.).
    – D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: sanzioni tributarie non penali. Art. 1 sanzione dichiarazione infedele 90% min. (fino 180%); art. 5 rimanda a DL 167/90 per monitoraggio; art. 13 sanzione omesso versamento 30%.
    – D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: disposizioni generali sanzioni. Art. 6 errori incolpevoli ed esimenti; art. 12 concorso violazioni e continuazione (cumulo giuridico: sanzione unica con aumento 1/2 – doppio per più violazioni commesse con stessa azione o stessa violazione ripetuta).
    – Legge 6 agosto 2013, n. 97 (Legge europea 2013): ha modificato il regime sanzionatorio del Quadro RW, riducendo le sanzioni dal precedente 10-50% (20-100% paesi black list) all’attuale 3-15% (6-30%).
    Decreto-Legge 1° luglio 2009, n. 78, conv. L. 102/2009: art. 12, c.2 presunzione capitali in paesi black list = redditi sottratti a tassazione (iuris tantum); art. 12, c.2-bis (poi abrogato) raddoppio dei termini di accertamento per attività estere non dichiarate in paradisi fiscali.
    – Legge 15 dicembre 2014, n. 186: istituisce la Collaborazione Volontaria (Voluntary Disclosure I). Modifica DL 167/90 inserendo art. 5-quater e 5-quinquies: procedure di VD internazionale, esonero da alcune sanzioni penali (per reati fiscali dichiarativi). Introduce reato di autoriciclaggio (art.648-ter.1 c.p.).
    – D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. L. 225/2016: riapertura termini Voluntary Disclosure-bis (2017). Norme analoghe alla prima VD, con alcune novità (reato di emersione fraudolenta).
    – Legge 30 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023): “tregua fiscale”. Art.1 cc.174-178: Ravvedimento speciale (violazioni dichiarative fino al 2021, sanzioni 1/18 del minimo). Art.1 cc.138-142: Regolarizzazione cripto-attività (voluntary crypto, imposta 3,5% + 0,5% annuo).
  • Prassi e documenti ufficiali:
    – Provvedimento Agenzia Entrate 29/11/2022 n. 439255: attuazione art.1 cc.634-636 L.190/2014 – Modalità invio lettere compliance investimenti esteri (dati da CRS) per periodo d’imposta 2020.
    – Circolare AE 38/E del 23/12/2013: Quadro RW post-riforma 2013 – definizioni di titolare effettivo, obblighi per delegati con firma/disponibilità su conti esteri, esonero frontalieri, esempi di compilazione cointestazioni.
    – Circolare AE 10/E del 13/07/2015: Voluntary Disclosure 1 – istruzioni applicative. Specifica criteri di calcolo sanzioni ridotte in VD: ad es. monitoraggio estero sanzionato 0,5% annuo paesi white list e 1% black list (pari a 1/6 di 3% e 6%).
    – Circolare AE 27/E del 16/07/2015: ulteriori chiarimenti su VD (coordinamento con norme antiriciclaggio, reato autoriciclaggio, confronto con ravvedimento operoso).
    – Circolare AE 42/E del 12/10/2016: chiarimenti per VD-bis 2017 (riapertura).
    – Circolare AE 12/E del 12/07/2018: chiarimenti sul monitoraggio delle criptovalute e nuove fattispecie (prefigurando obbligo RW per wallet e crypto già prima della norma del 2023).
    – Circolare AE 14/E del 01/06/2023: chiarimenti sulla tregua fiscale 2023, incluso ravvedimento speciale – ambito oggettivo, cumulo con ravvedimento ordinario, modalità di versamento.
    – Risoluzione AE 71/E del 25/06/2015: interpretazione art.12 DL 78/09 – onere della prova a carico contribuente per confutare presunzione su capitali in black list; evidenzia che adesione a voluntary esclude presunzione.
    – Risoluzione AE 141/E del 30/12/2010: obbligo di dichiarare nel Quadro RW conti gioco/vincite all’estero (esempio di attività finanziaria estera non tradizionale soggetta a monitoraggio).
  • Giurisprudenza di legittimità:
    Cassazione civile, Sez. V, n. 20032/2011 e n. 7682/2016: confermano la validità della presunzione di redditività delle somme detenute all’estero (art.6 DL 167/90), pur ribadendo che è presunzione iuris tantum superabile dal contribuente con prova contraria.
    Cass. SS.UU. (Corte Cost.) 25/07/2011 n. 247: ha dichiarato costituzionalmente legittimo il raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reato tributario, a condizione che la denuncia penale sia trasmessa entro i termini ordinari; ha inoltre escluso il cumulo di più cause di raddoppio. (La pronuncia concerne art.43 DPR 600/73, di principio applicabile anche a violazioni RW in concorso con reato).
    Cass. Sez. V, 21/09/2018 n. 22490: in tema di cumulo giuridico delle sanzioni per omessa compilazione pluriennale del Quadro RW – primo riconoscimento del principio di continuazione in materia (seguito poi da sentenze 2022-2023).
    Cass. Sez. V, 17/05/2022 n. 16517; 01/03/2023 n. 6310; 04/05/2023 n. 11849: serie di pronunce che chiariscono l’applicabilità dell’istituto della continuazione (art.12 D.Lgs.472/97) alle violazioni reiterate del monitoraggio fiscale. In pratica, se un contribuente omette RW per più anni consecutivi, va applicata un’unica sanzione base (3% o 6%) con aumento fino al doppio/triplo, anziché sommare tante sanzioni quanti gli anni. Orientamento favorevole al contribuente.
    Cass. Sez. V, 15/07/2025 n. 19531 (ord.): afferma che non si applica il cumulo giuridico tra sanzione monitoraggio (RW) e sanzione per infedele dichiarazione redditi, in quanto nel caso esaminato le violazioni riguardano norme diverse e derivano da più azioni distinte. Conferma quindi che sanzioni RW e imposte evase restano autonome (salvo concorso formale, non ravvisabile per condotte eterogenee).
    Cass. Sez. III Penale, 19/04/2018 n. 17435; 28/09/2021 n. 35561: importanti pronunce in tema di autoriciclaggio collegato a evasione fiscale. Stabilito che il mero trasferimento all’estero di somme frutto di reato fiscale finalizzato alla loro conservazione non integra autoriciclaggio (manca l’ulteriore scopo di ostacolare l’identificazione); non punibile anche l’impiego per godimento personale (es. acquisto bene personale). Invece configurabile autoriciclaggio se si creano schermi societari o trust per occultare i fondi evasi.
    Cass. Sez. III Penale, 04/10/2018 n. 45979: esclude il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni detenuti all’estero soltanto a fronte della mancata compilazione del Quadro RW e pagamento della relativa sanzione amministrativa. In pratica: l’omessa dichiarazione RW, di per sé, non integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11 D.Lgs.74/2000) e non giustifica misure cautelari penali, se non vi sono atti dispositivi fraudolenti specifici.
    Cass. Sez. V Penale, 24/10/2018 n. 40302: in tema di competenza territoriale e giurisdizione per reati dichiarativi connessi a redditi esteri: ha stabilito che il reato di omessa/infedele dichiarazione si consuma in Italia (domicilio fiscale del contribuente) anche se i redditi sono prodotti all’estero, legittimando la giurisdizione italiana e l’uso di documenti bancari esteri come prove.
    Cass. Sez. III Penale, 30/09/2020 n. 29584: (ambito imposta successione emergente da VD) – conferma legittimità di atti impositivi ulteriori (come l’imposta sulle donazioni su capitali rientrati con VD e poi donati) in quanto la voluntary non copre tributi diversi da quelli esplicitamente inclusi.
    Cass. SS.UU., 27/01/2021 n. 2474: principio sul ne bis in idem tra sanzioni tributarie e penali: ammette la cumulabilità di sanzioni penali e amministrative per il medesimo fatto tributario (es. omessa dichiarazione con sanzione 120% e reato ex art.5) purché il cumulo rispetti i criteri di proporzionalità fissati dalla Corte EDU (sentenza Grande Stevens). Indica parametri stringenti per valutare se il “doppio binario” sanzionatorio eccede il dovuto. Questo lascia uno spiraglio di difesa per il contribuente in casi di sanzioni complessive eccessivamente punitive.

Lettera di compliance per omessa compilazione RW? Fatti Difendere da Studio Monardo

Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate perché non hai compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi?
Ti contestano il mancato monitoraggio fiscale di conti esteri, investimenti, criptovalute o attività finanziarie detenute fuori dall’Italia?

La mancata compilazione del quadro RW può comportare sanzioni molto pesanti, anche senza evasione di imposta. Ma una lettera di compliance non è ancora un accertamento: con la giusta assistenza legale puoi regolarizzare la tua posizione e difenderti efficacemente.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza la lettera ricevuta e verifica la tua posizione fiscale e patrimoniale all’estero
  • 📌 Valuta se ricorrono i presupposti per l’obbligo di compilazione del quadro RW
  • ✍️ Redige memorie difensive o ti assiste nella compilazione integrativa con ravvedimento operoso
  • ⚖️ Ti difende in caso di sanzioni per omesso monitoraggio fiscale o violazioni valutarie
  • 🔁 Ti guida nella corretta gestione fiscale di conti esteri, criptovalute, polizze e investimenti offshore

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in fiscalità internazionale e violazioni del monitoraggio fiscale
  • ✔️ Consulente per difesa da sanzioni per omessa o errata compilazione del quadro RW
  • ✔️ Consulente legale per expat, investitori, risparmiatori con conti esteri o asset digitali

Conclusione

Una lettera di compliance per omessa compilazione RW può essere sanata, ma solo con competenza e tempestività.
Con il supporto giusto puoi difenderti, evitare sanzioni sproporzionate e regolarizzare in modo sicuro la tua situazione fiscale.

📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua difesa internazionale comincia da qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!