Ex Titolare Di Merceria Con Debiti: Come Difendersi

Sei stato titolare di una merceria – un piccolo negozio di articoli per il cucito, bottoni, filati, biancheria, tessuti – e ora ti trovi sommerso dai debiti lasciati dall’attività? Hai ricevuto cartelle esattoriali, solleciti, pignoramenti o richieste di pagamento da banche, fornitori o dall’Agenzia delle Entrate? Ti stai chiedendo come puoi difenderti e se è possibile uscire da questa situazione senza perdere tutto?

Molti ex titolari di attività al dettaglio, come le mercerie, si trovano a fronteggiare debiti personali anche dopo aver chiuso l’impresa, specialmente se operavano come ditta individuale o con garanzie personali su prestiti e forniture.

Quali debiti può avere un ex titolare di merceria?
– Cartelle esattoriali per IVA, INPS artigiani/commercianti, IRPEF
– Finanziamenti e fidi bancari rimasti scoperti
– Fatture non pagate a fornitori di materiale e accessori
– Canoni di affitto arretrati
– Sanzioni per omessi versamenti o irregolarità fiscali
– Debiti con il Comune o altri enti locali

Cosa rischi se non intervieni?
– Pignoramento del conto corrente, dello stipendio o della pensione
– Blocco dell’auto o dell’abitazione (se non protetta)
– Iscrizione a ruolo e aumento del debito con interessi e sanzioni
– Difficoltà ad accedere al credito o ad aprire una nuova attività
– Problemi nei rapporti familiari e personali a causa dei debiti

Come puoi difenderti se sei un ex titolare indebitato?
– Verifica se i debiti sono prescritti o se ci sono vizi nelle cartelle ricevute
– Analizza la possibilità di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento per cancellare i debiti
– Se hai debiti solo personali, valuta il piano del consumatore, che ti consente di conservare i beni essenziali
– Se hai anche debiti verso fornitori o banche, considera l’accordo con i creditori o la liquidazione controllata
– Controlla se puoi proporre un saldo e stralcio
– Opponiti agli atti esecutivi se ci sono irregolarità nella notifica o nei conteggi

Cosa puoi ottenere con la giusta difesa?
– Blocco immediato di pignoramenti e richieste di pagamento
– Riduzione del debito fino all’80% o cancellazione totale in caso di incapienza
– Protezione della prima casa, se rientri nei requisiti
– Cancellazione delle segnalazioni negative
– Uscita definitiva dal circolo vizioso del debito e possibilità di ripartire

Chiudere un negozio in difficoltà non significa dover pagare per sempre. La legge ti offre strumenti reali per difendere te stesso, la tua famiglia e il tuo futuro.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e procedure di sovraindebitamento ti spiega cosa fare se sei un ex titolare di merceria con debiti, quali diritti hai e come liberarti da una situazione che sembra senza via d’uscita.

Hai ricevuto richieste di pagamento che non riesci più a sostenere? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo la tua situazione e ti diremo se puoi ridurre o cancellare i debiti e come bloccare ogni azione contro di te.

Introduzione

Chiudere una piccola attività commerciale, come una merceria, purtroppo non cancella automaticamente i debiti accumulati. Un ex titolare di merceria indebitato può trovarsi sommerso da fatture di fornitori non pagate, rate di finanziamenti arretrate, tasse dovute e altri oneri, il tutto senza più i ricavi dell’attività per farvi fronte. In questa guida analizzeremo, dal punto di vista del debitore, quali strumenti legali sono oggi disponibili (aggiornati a luglio 2025) per difendersi dai debiti e ottenere un nuovo inizio. L’analisi sarà approfondita e di livello avanzato – adatta a professionisti legali, imprenditori e privati informati – ma con un linguaggio chiaro e divulgativo.

Normativa di riferimento: ci concentreremo sulla normativa italiana, in particolare sulle procedure introdotte dalla Legge 3/2012 (sovraindebitamento) e ora confluite nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019), come modificato dai decreti correttivi più recenti. Illustreremo inoltre le pronunce giurisprudenziali più autorevoli e aggiornate (Corte di Cassazione, tribunali) che hanno chiarito l’interpretazione di queste norme. Saranno incluse tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione Domande e Risposte per affrontare i dubbi frequenti. Il tutto è pensato per fornire al debitore una panoramica completa dei suoi diritti e delle sue possibilità di azione per gestire o azzerare i debiti, evitando il più possibile conseguenze drastiche come pignoramenti e vendite forzate.

Tipologie di debiti di un ex titolare di merceria

Un ex titolare di merceria può avere debiti di varia natura originati dall’attività cessata. È importante distinguerli perché ciascuna tipologia potrebbe prevedere trattamenti diversi, privilegi o soluzioni specifiche. Di seguito elenchiamo le principali categorie di debito che un piccolo imprenditore commerciale potrebbe dover affrontare:

  • Debiti verso fornitori: Fatture di merce acquistata (stoffe, filati, accessori da merceria) rimaste insolute. Si tratta di crediti commerciali chirografari (non garantiti da pegno o ipoteca), generalmente esigibili subito alla scadenza concordata. I fornitori, se non pagati, possono agire in via giudiziale ottenendo un decreto ingiuntivo e procedere al pignoramento dei beni del debitore. Non godono di prelazioni speciali, ma in eventuali procedure concorsuali vengono soddisfatti dopo i creditori privilegiati.
  • Debiti bancari e finanziari: Mutui contratti per avviare l’attività, prestiti per liquidità, scoperti di conto corrente, finanziamenti per l’acquisto di arredi o attrezzature. Spesso sono assistiti da garanzie:
    • Ipoteca su beni immobili (ad es. l’immobile del negozio o la casa del titolare, se offerta in garanzia).
    • Fideiussioni personali del titolare o di familiari (il titolare stesso è quasi sempre garante quando la ditta è individuale, ma se la merceria era gestita tramite società, il socio può aver garantito personalmente i debiti sociali).
    • Pegno su beni mobili (meno comune per piccole attività, ma possibile per pegni su merci o attrezzature).
    Le banche sono creditori privilegiati se dotati di garanzie reali: ad esempio il creditore ipotecario su un immobile verrà soddisfatto con precedenza sul ricavato della vendita di quel bene. Ciò significa che questi crediti vanno trattati con particolare attenzione in ogni piano di rientro: non si possono ignorare, e in caso di soluzione concordata o liquidatoria dovranno ricevere almeno quanto otterrebbero dalla vendita forzata del bene dato in garanzia. I crediti bancari chirografari (senza garanzie) rientrano invece tra i normali crediti concorsuali.
  • Debiti tributari: Imposte non versate relative all’attività. Per una merceria individuale possono comprendere:
    • IVA non versata sulle vendite effettuate.
    • Imposte sui redditi (IRPEF per l’imprenditore individuale, o IRES se era una società di capitali) dovute sugli utili dell’attività.
    • IRAP (tassa regionale sulle attività produttive), se applicabile.
    • Tasse locali come TARI (rifiuti) sul negozio, eventuale COSAP (occupazione suolo pubblico) se c’erano espositori esterni, ecc.
    I debiti fiscali sono crediti privilegiati per la parte di imposta (privilegio generale mobiliare ex art. 2752 c.c. e privilegio immobiliare per talune imposte sugli immobili). L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) può inoltre iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore per crediti sopra una certa soglia (attualmente circa 20.000 €) e successivamente procedere al pignoramento immobiliare. Da notare che, per legge, l’agente della riscossione non può pignorare la prima casa del debitore se questa è l’unico immobile di proprietà, adibito ad uso abitativo e non di lusso. Questa tutela (introdotta dal 2013) impedisce il pignoramento esattoriale dell’abitazione principale in molti casi, ma non protegge dallo stesso rischio nei confronti di creditori privati: una banca o un fornitore munito di titolo esecutivo può pignorare anche la prima casa, in assenza di accordi o procedure che lo impediscano.
  • Debiti contributivi e previdenziali: Importi dovuti agli enti previdenziali/assistenziali:
    • Contributi INPS (come artigiano o commerciante c’era l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti e pagamento di contributi fissi trimestrali, oltre a contributi sul reddito dichiarato).
    • Contributi per eventuali dipendenti (contributi INPS e premi INAIL) se la merceria aveva personale assunto.
    • IRPEF trattenuta ai dipendenti non versata (ritenute fiscali): questi importi, se non versati, generano un debito tributario specifico e, nei casi più gravi, possono configurare anche illecito penale tributario. I contributi previdenziali non versati sono anch’essi riscossi tramite Agenzia Entrate-Riscossione e godono di privilegio speciale; il loro trattamento è analogo ai debiti fiscali.
  • Altre tipologie di debito: Tra i debiti che un piccolo imprenditore può accumulare vi sono anche:
    • Utenze e canoni: Bollette di luce, acqua, telefono intestate all’attività; canoni di affitto del locale rimasti insoluti (l’affittuario moroso può essere sfrattato ma resta debitore dei canoni arretrati verso il locatore).
    • Multe e sanzioni amministrative: Ad esempio, eventuali sanzioni per violazioni amministrative (orari, saldi non dichiarati, misure antiCovid se applicabili, ecc.). Queste multe sono debiti di natura pubblicistica; attenzione: le sanzioni amministrative pecuniarie non accessorie a debiti estinti non possono essere cancellate tramite esdebitazione, restando quindi a carico del debitore. In altre parole, le multe pure e semplici non sono “perdonabili” nella procedura di esdebitazione (come vedremo), anche se possono rientrare in un piano con eventuale pagamento parziale.
    • Debiti personali non legati all’attività: Ad esempio, prestiti personali o acquisti a rate fatti come consumatore (fuori dall’esercizio dell’impresa). In alcuni casi l’imprenditore, per finanziare la merceria, potrebbe aver utilizzato anche carte di credito personali o prestiti personali. Questi debiti, se il soggetto ora ha cessato l’attività, rientrano comunque nel calderone del sovraindebitamento complessivo.

In sintesi, l’ex titolare di una merceria cessata può trovarsi con debiti eterogenei. La normativa sul sovraindebitamento e le procedure concorsuali minori permettono di affrontare unitariamente tutte queste posizioni debitorie, ma è fondamentale capire la natura di ciascun debito perché ciò influisce sul modo in cui verrà gestito e sulle priorità di pagamento. Ad esempio, in ogni soluzione:

  • I debiti garantiti da ipoteca o pegno dovranno tendenzialmente essere pagati almeno fino a concorrenza del valore del bene gravato, se il debitore intende conservarlo o evitare l’azione esecutiva.
  • I debiti verso Fisco e INPS possono essere ristrutturati (non vige più il divieto assoluto di falcidia dell’IVA e dei tributi, grazie alle riforme intervenute), ma richiedono spesso il rispetto di condizioni di convenienza (offrire almeno quanto il Fisco otterrebbe altrimenti) e il coinvolgimento attivo degli enti creditori. La Corte di Cassazione ha infatti confermato la generale ammissibilità di includere i debiti tributari (IVA compresa) negli accordi di sovraindebitamento con pagamento parziale, superando il precedente divieto normativo.
  • Alcuni debiti non sono mai cancellabili: in primis gli obblighi di mantenimento familiare (es. assegni alimentari o di divorzio) e i risarcimenti dovuti per danni extracontrattuali o multe penali/amministrative non accessorie. Se il nostro ex titolare, ad esempio, avesse un debito per un risarcimento danni da incidente stradale o arretrati di alimenti, dovrà comunque pagarli: queste somme restano dovute anche dopo eventuale procedura di esdebitazione.

Responsabilità patrimoniale dopo la cessazione dell’attività

Una volta chiusa la merceria (cessazione dell’attività con relativa comunicazione alla Camera di Commercio e partita IVA chiusa), ci si potrebbe chiedere se i debiti “dell’attività” rimangano ancora esigibili nei confronti dell’ex titolare. La risposta generale è : per il diritto italiano, l’imprenditore individuale risponde con tutto il suo patrimonio personale dei debiti contratti nell’esercizio d’impresa (art. 2740 c.c. principio di responsabilità patrimoniale universale). Non esiste distinzione tra patrimonio “privato” e “d’impresa” per la ditta individuale. Dunque, il negozio chiude ma i debiti restano e i creditori possono aggredire i beni personali del debitore.

Diverso è il caso in cui la merceria fosse gestita da una società di capitali (es. una s.r.l.): in tal caso i debiti sociali rimangono in capo alla società stessa. Tuttavia, nella prassi delle piccole imprese, spesso il titolare ha comunque fornito garanzie personali (fideiussioni) per ottenere fidi bancari o forniture, per cui il confine tra debiti “dell’azienda” e personali sfuma. Inoltre, se la società viene messa in liquidazione o fallisce, i creditori sociali saranno soddisfatti sul patrimonio sociale; ma se questo è insufficiente, eventuali garanti personali (soci o terzi) saranno chiamati a coprire il residuo. In ogni caso, questa guida si concentra sul debitore persona fisica che rimane esposto: sia esso un ex imprenditore individuale, sia un socio che ha garantito o altrimenti si è obbligato personalmente.

Cessazione dell’attività e fallimento: È importante sapere che il fatto di aver chiuso l’attività non impedisce ai creditori di chiedere il fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) dell’ex imprenditore, se questi aveva dimensioni sopra soglia. La legge infatti stabilisce che un imprenditore che avrebbe i requisiti per fallire (vedi oltre) può essere dichiarato tale entro 1 anno dalla cancellazione dall’impresa o cessazione. Dopo un anno dalla cessazione, i creditori non possono più iniziare una procedura fallimentare maggiore, ma – come vedremo – resta comunque possibile intraprendere le procedure di sovraindebitamento volontarie per ottenere la liberazione dai debiti oltre tale termine. Nel caso tipico di una merceria, però, parliamo di un’attività verosimilmente sotto le soglie di fallibilità: la legge esclude le imprese minori dalla liquidazione giudiziale (ex fallimento) se nei tre anni precedenti non hanno superato congiuntamente certi limiti (attivo patrimoniale annuo > €300.000, ricavi annui > €200.000, debiti > €500.000). Se la merceria rientrava in questi parametri – come accade per la gran parte delle microimprese commerciali – l’ex titolare non è soggetto al fallimento. Di conseguenza, i creditori non hanno potuto (né possono tuttora) chiederne la dichiarazione di fallimento, e il debitore potrà accedere direttamente agli strumenti di sovraindebitamento dedicati ai “non fallibili”.

Attenzione ai coobbligati: La chiusura dell’attività non libera eventuali coobbligati dai debiti. Ad esempio, se il coniuge del titolare aveva firmato come avallante o fideiussore per un finanziamento, la banca potrà escutere il garante per l’intero importo residuo. Anche all’interno di una società di persone (snc, sas), la cessazione non estingue i debiti sociali e i soci (illimitatamente responsabili) restano obbligati in proprio. Le procedure di composizione della crisi per il sovraindebitamento del singolo non coinvolgono automaticamente i coobbligati: la legge anzi precisa che restano salvi i diritti dei creditori verso fideiussori e obbligati in via di regresso. Se dunque Tizio, ex titolare, ottiene l’esdebitazione, il creditore potrà comunque agire contro Caio, suo garante, per recuperare il dovuto. Questo aspetto suggerisce che, quando i debiti coinvolgono più persone (es. marito e moglie, soci, garanti), sia opportuno affrontare la situazione in modo coordinato – ad esempio valutando una procedura familiare congiunta o più procedure parallele – così da evitare che uno si liberi e l’altro resti esposto.

Prescrizione dei debiti: Un aspetto di “difesa” naturale del debitore è il decorso del tempo. Ogni debito infatti è soggetto a prescrizione, ossia si estingue se il creditore per un certo periodo non ne reclama il pagamento formalmente. I termini di prescrizione variano: in genere 10 anni per i diritti derivanti da contratto o sentenza, 5 anni per molti crediti periodici (affitti, stipendi, contributi), 3 anni per bollette telefoniche, ecc. I debiti tributari hanno termini propri per la notifica e per la riscossione. Nel contesto di un ex imprenditore indebitato, non è prudente fare affidamento sulla prescrizione come strategia primaria, perché i creditori tipicamente inviano atti interruttivi (lettere, decreti ingiuntivi, cartelle esattoriali) che azzerano il termine, ricominciando da capo. Tuttavia, è buona prassi verificare con attenzione le date: se un creditore non ha mai notificato nulla per anni, potrebbe essere eccepibile la prescrizione come difesa in giudizio. Ad esempio, per contributi previdenziali INPS il termine ordinario è 5 anni: se l’INPS o l’agente della riscossione non ha notificato avvisi entro tale termine, quei debiti potrebbero essere prescritti e quindi non dovuti. Analogamente, cartelle esattoriali notificate ma poi lasciate inerti per oltre 5 anni possono vedere prescritti i crediti sottostanti (escluse però interruzioni). Questa è una verifica tecnica da far fare a un legale, esaminando la documentazione: “difendersi” significa anche sfruttare i vizi formali o la prescrizione, ove presente, per eliminare quote di debito.

Soluzioni extragiudiziali: negoziazione e accordi a saldo e stralcio

Prima di ricorrere a procedure giudiziali complesse, un debitore dovrebbe considerare le soluzioni extragiudiziali, ossia quegli accordi che è possibile raggiungere privatamente con i creditori per regolare o ridurre il debito. Tali soluzioni sono spesso più snelle e rapide, ma richiedono la disponibilità e il consenso di ogni singolo creditore. Vediamo le principali opzioni:

Rinegoziazione del debito e piani di rientro privati

La prima strada è tentare di rinegoziare con ciascun creditore nuove condizioni di pagamento. Molti creditori – specialmente quando si rendono conto delle difficoltà del debitore – possono accettare piani di rientro dilazionati o altre forme di aggiustamento, se questo aumenta le chances di recuperare almeno una parte del credito. Ad esempio:

  • Un fornitore commerciale potrebbe accettare di rateizzare il debito su 12-24 mesi, magari rinunciando in parte agli interessi di mora, pur di evitare di intraprendere azioni legali costose e dall’esito incerto.
  • Una banca potrebbe concordare una moratoria temporanea delle rate del mutuo o allungare il piano di ammortamento (“spalmare” il debito su più anni, riducendo l’importo di ogni rata). In alcuni casi, per crediti deteriorati, le banche cedono a società di recupero (NPL) che poi sono spesso disponibili a negoziare a stralcio (vedi oltre).

Questi accordi non formali non comportano l’annullamento del debito, ma lo rendono più sostenibile. È fondamentale che qualsiasi nuovo accordo sia messo per iscritto, specificando le nuove scadenze e che, se il debitore rispetta i pagamenti, il creditore s’impegna a non procedere esecutivamente. Si consiglia di coinvolgere un avvocato o un consulente in queste trattative, per meglio rappresentare la situazione del debitore (ad esempio, producendo un prospetto della sua reale capacità di pagamento) e formalizzare correttamente gli accordi.

Pro e contro della rinegoziazione privata

Vantaggi: È una soluzione flessibile e personalizzabile. Può evitare il “marchio” di una procedura concorsuale e consentire al debitore di conservare la gestione del proprio patrimonio. Non richiede intervento del tribunale né costi di procedura.
Svantaggi: Richiede che tutti (o almeno i principali) creditori cooperino. Se anche uno solo dei creditori importanti rifiuta l’accordo, il rischio di azioni esecutive rimane. Inoltre, spesso il debitore in stato di insolvenza non dispone di risorse sufficienti nemmeno per pagare a rate, a meno di riduzioni significative del montante dovuto.

Accordi a saldo e stralcio

L’accordo a saldo e stralcio è una forma particolare di negoziazione in cui il creditore accetta di rinunciare a una parte del credito, incassandone subito una percentuale concordata, e dichiarando poi estinto l’intero debito. In sostanza, il debitore offre un pagamento forfettario ridotto in cambio della liberazione totale. Esempio: su un debito di €50.000, si offre il pagamento immediato di €20.000 “a saldo e stralcio” dell’intera posizione; se il creditore accetta e riceve la somma, non potrà più pretendere altro.

Questa soluzione è spesso praticata:

  • Dalle banche o finanziarie: specie se il debitore è in forte difficoltà o se il credito è già in sofferenza da tempo. Può capitare che una banca (o la società di recupero crediti subentrata) preferisca incassare subito il 30-40% piuttosto che affrontare un lungo recupero col rischio di non ottenere nulla.
  • Dai fornitori, se comprendono che l’alternativa è il fallimento del debitore (nel qual caso il loro recupero sarebbe incerto e dilazionato negli anni). Un fornitore potrebbe accettare magari il 50% subito pur di chiudere la partita.
  • Agenzia delle Entrate-Riscossione: formalmente l’agente pubblico non fa veri e propri “stralci individuali” su richiesta, però negli ultimi anni lo Stato ha varato diverse misure di definizione agevolata dei debiti fiscali, che in sostanza sono stralci normativi (vedi paragrafo successivo). Anche fuori da queste, in sede di accordo di ristrutturazione dei debiti (nelle procedure concorsuali minori) è possibile proporre un pagamento parziale delle cartelle, previa adesione dell’ente.

L’accordo transattivo va formalizzato per iscritto e, preferibilmente, l’adempimento deve essere contestuale: il debitore paga la somma concordata e il creditore rilascia una quietanza liberatoria per l’intero debito. È cruciale farsi rilasciare tale quietanza completa, in modo da essere protetti da eventuali future pretese sul residuo condonato.

Pro e contro del saldo e stralcio

Vantaggi: Risolve definitivamente il debito con un creditore, con uno sconto potenzialmente significativo. La posizione viene “pulita” (utile ad esempio per cancellare segnalazioni in Centrale Rischi o CRIF una volta estinto il debito). È una soluzione rapida: una volta trovato l’accordo, nel giro di giorni o settimane si chiude.
Svantaggi: Occorre disporre di una somma immediata (o in brevissimo termine) da offrire. Spesso il debitore sovraindebitato non ha liquidità e deve farsela prestare da terzi (famiglia) o reperirla vendendo qualche bene. Inoltre, anche qui serve il consenso del creditore: non tutti accettano, specialmente se ritengono di poter recuperare più del offerto attraverso azioni legali o se intravedono che il debitore possiede beni aggredibili.

Esempio pratico: Mario ha chiuso la merceria con €100.000 di debiti totali. Riesce a farsi prestare dai familiari €30.000. Inizia trattative con i suoi creditori principali (banca €40.000; 5 fornitori per €50.000; Agenzia Riscossione €10.000) offrendo a ciascuno una quota: alla banca €12.000 subito per chiudere (30%), ai fornitori proporzionalmente €15.000 (30% distribuito pro-rata) e al Fisco attende la nuova “rottamazione” per togliere sanzioni e interessi. Se banca e fornitori accettano, Mario utilizza i €27.000 raccolti e li paga ottenendo liberatorie totali. I fornitori emettono quietanza a saldo, la banca estingue il mutuo residuo e cancella l’ipoteca eventualmente iscritta. Mario si ritrova così magari con solo più il debito con il Fisco ridotto (che dilazionerà con la definizione agevolata) e con i parenti a cui restituire il prestito senza interessi. Questo scenario, per quanto ideale, mostra come il saldo e stralcio possa ridurre il debito complessivo di circa 2/3, ma richiede liquidità immediata e negoziazioni abili.

Definizioni agevolate dei debiti fiscali (“rottamazioni”)

Lo Stato italiano, negli ultimi anni, ha introdotto a più riprese misure di pace fiscale rivolte ai contribuenti in difficoltà, che sono rilevanti per il nostro ex titolare indebitato con il Fisco. Si tratta di disposizioni legislative che consentono di regolare i debiti con l’Erario a condizioni favorevoli, spesso riducendo sanzioni e interessi o addirittura stralciando una parte del debito. Esempi recenti:

  • “Rottamazione” delle cartelle esattoriali: consiste nel pagare le sole somme dovute a titolo di imposta e contributo, senza le sanzioni e gli interessi di mora, potendo rateizzare in più anni. Ad esempio, la “Rottamazione-quater” prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) ha permesso di definire i ruoli dal 2000 al 2017 pagando solo imposte + interesse legale, con esclusione totale di sanzioni e interessi di ritardata iscrizione. La domanda andava presentata entro aprile 2023 e la prima rata è scaduta nel 2023 stesso.
  • Stralcio dei mini-debiti fino a 1.000 €: sempre la L.197/2022 ha disposto l’annullamento automatico (al 31/3/2023) di tutti i debiti affidati all’agente della riscossione dal 2000 al 2015 di importo residuo fino a €1.000. Ciò significa che eventuali vecchie cartelle di piccolo importo (comprensive di interessi e sanzioni) sono state cancellate d’ufficio. Se l’ex titolare aveva micro-debiti di quel tipo, potrebbero già non esistere più.
  • Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti: ossia possibilità di chiudere contenziosi tributari in corso pagando una percentuale del valore (ad es. 5% se si è vinto in primo grado, ecc.). Questo riguarda solo chi aveva fatto ricorso contro cartelle o avvisi e aveva cause aperte.

Tenere traccia di queste opportunità è importante. Nel contesto del sovraindebitamento, tali misure rappresentano una boccata d’ossigeno: riducono ex lege una parte del carico fiscale. Ad esempio, se la merceria aveva €10.000 di cartelle per IVA di anni lontani, e rientravano nello stralcio 2023, oggi quel debito è sparito. Oppure, se ha aderito alla rottamazione, ora sta pagando rate senza sanzioni, il che alleggerisce il debito.

Limiti: Queste misure sono straordinarie e temporanee. Bisogna coglierle nei tempi previsti dalla legge (presentare istanze entro le scadenze). Non tutti i debiti rientrano (es. liti già definite, o carichi affidati dopo certe date). Comunque, in sede di predisposizione di un piano del consumatore o accordo, è bene considerare se parte del debito fiscale può essere definito fuori piano attraverso una rottamazione, poiché ciò può ridurre la percentuale da offrire ai creditori pubblici. Ad esempio, i debiti INPS possono essere rottamati separatamente dalle procedure concorsuali se i termini lo consentono.

In conclusione, prima di avviare procedure concorsuali formali, vale la pena esplorare ogni strada extragiudiziale: trattative private (anche informali), accordi transattivi e agevolazioni normative. Spesso una combinazione di queste soluzioni può ridurre il numero o l’ammontare dei debiti residui da gestire. Tuttavia, quando i debiti sono troppo ingenti e il debitore non ha risorse sufficienti, oppure i creditori non collaborano, è necessario valutare le procedure legali strutturate offerte dall’ordinamento per risolvere le crisi da sovraindebitamento.

Le procedure di sovraindebitamento nel Codice della Crisi (soluzioni giudiziali)

Se la strada degli accordi amichevoli non è percorribile o non basta a risolvere la situazione, l’ordinamento mette a disposizione del debitore sovraindebitato delle procedure concorsuali semplificate, pensate proprio per chi – come il nostro ex merciaio – non è assoggettabile al fallimento ma si trova in uno stato di insolvenza o grave difficoltà economica.

Tali procedure, inizialmente introdotte con la Legge 3/2012 (detta anche “legge salva suicidi” o legge sul sovraindebitamento), sono state profondamente riformate e integrate nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), entrato definitivamente in vigore il 15 luglio 2022. Oggi non si parla più di “piano del consumatore” o “accordo del debitore” in base alla legge 3/2012, ma di procedure ex CCII, con nomi in parte nuovi e regole aggiornate (per semplicità useremo talvolta i vecchi termini tra parentesi).

Le procedure disponibili – riservate ai soggetti non fallibili – sono essenzialmente:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore).
  • Concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti).
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio).
  • Esdebitazione del debitore incapiente (novità introdotta dal CCII, detta anche “esdebitazione a zero”).

Vediamole singolarmente in dettaglio, dopo aver chiarito chi può accedere e quali sono i presupposti generali.

Soggetti che possono accedere e presupposti generali

Possono utilizzare queste procedure tutti i debitori civili o piccoli imprenditori non soggetti a liquidazione giudiziale (fallimento). In pratica:

  • Persone fisiche consumatori, cioè privati che hanno debiti personali non derivanti da attività d’impresa (es. lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati con debiti da finanziamenti, utenze, ecc.).
  • Imprenditori commerciali sotto soglia (vedi sopra le soglie di non fallibilità: attivo < €300k, ricavi < €200k, debiti < €500k). Molte ditte individuali e piccole società rientrano qui.
  • Professionisti e lavoratori autonomi (avvocati, commercialisti, artigiani, commercianti individuali anche se superano le soglie di cui sopra? – in realtà se un commerciante supera le soglie non è più “non fallibile” per definizione; comunque i professionisti tipo avvocati o medici non erano soggetti a fallimento per natura e quindi rientrano).
  • Imprenditori agricoli (da sempre esclusi dal fallimento, possono accedere alle procedure di sovraindebitamento).
  • Start-up innovative registrate come tali (norma di favore li esclude dal fallimento, quindi rientrano qui).
  • Enti non profit e altre categorie particolari: ONLUS, associazioni, fondazioni non commerciali, che non sono soggetti a fallimento ma possono indebitarsi.
  • Eredi di un imprenditore deceduto per i debiti ereditari dell’impresa non fallita.

Novità del Codice: sono possibili anche procedure familiari congiunte, ovvero membri della stessa famiglia con posizioni debitorie collegate possono presentare un unico procedimento di sovraindebitamento. Ad esempio, marito e moglie coobbligati per debiti della merceria possono depositare un unico ricorso, riducendo costi e tempi (purché conviventi e con origine comune del sovraindebitamento). Ciò evita duplicazioni e assicura una gestione coordinata del caso familiare.

Stato di sovraindebitamento: Il presupposto oggettivo per attivare queste procedure è trovarsi in una condizione di sovraindebitamento, definita come “persistente squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio liquidabile per farvi fronte, con conseguente incapacità di adempiere regolarmente”. In parole semplici, il debitore non riesce a pagare i debiti con le risorse disponibili. Non serve attendere che tutti i debiti scadano o che partano pignoramenti: anche una prospettiva di insolvenza imminente può bastare.

Meritevolezza e assenza di frode: La legge, per ammettere il debitore a queste procedure, richiede una condotta corretta. In particolare:

  • Niente atti in frode ai creditori: Il debitore non deve aver sottratto o simulato beni per evadere le ragioni dei creditori. Ad esempio, aver regalato la casa ai figli poco prima di chiedere la procedura, o aver nascosto capitali all’estero, sono comportamenti che precludono l’accesso (causa di inammissibilità ex art. 77 CCII).
  • Meritevolezza (per il consumatore): Nelle procedure rivolte al consumatore, si valuta se il sovraindebitamento non sia dovuto a colpa grave, malafede o frode del debitore. In passato ciò era un concetto stringente (“debitore onesto ma sfortunato”); oggi, con il Codice, è declinato in modo più sfumato. Si guarda soprattutto che il consumatore abbia assunto i debiti in modo proporzionato alle proprie capacità e senza eccessiva leggerezza. Ad esempio, un consumatore che ha fatto spese folli e inutili con dieci carte di credito potrebbe essere giudicato non meritevole. Tuttavia, va tenuto conto anche del comportamento degli intermediari finanziari: se banche e finanziarie hanno concesso prestiti in modo irresponsabile a chi era già indebitato, questo attenua la colpa del debitore e anzi la legge prevede una sorta di “punizione” per gli enti creditizi imprudenti. Si parla di merito creditizio: il giudice deve considerare se i creditori hanno violato i doveri di corretta valutazione del merito di credito del debitore, concedendo prestiti sproporzionati. In tal caso, la procedura non può essere negata solo perché il debitore ha accumulato molti debiti, se ciò è dipeso anche dall’incauta facilità di credito offertagli.
  • Assenza di condotte penalmente rilevanti: Oltre a non aver frodato i creditori, il debitore non deve aver commesso reati finanziari gravi (es. bancarotta fraudolenta, ricorso abusivo al credito) che denotino malafede. Nel contesto sovraindebitamento di solito questo rileva se, ad esempio, c’è una condanna per usura o estorsione legata ai debiti, oppure per truffa ai danni di creditori.
  • Uso ripetuto delle procedure: Non si può ottenere il beneficio di una procedura di sovraindebitamento più volte in tempi ravvicinati. Già la L.3/2012 prevedeva un limite di 5 anni tra una procedura e l’altra. Il CCII conferma che se il debitore ha già fatto, nei 5 anni precedenti, un concordato minore o un piano del consumatore omologato, o ha ottenuto un’esdebitazione, non può accedere di nuovo salvo eccezioni. Questa regola evita l’abuso del sistema (non si possono cancellare debiti a ripetizione). Inoltre l’esdebitazione dell’incapiente è concessa solo una volta nella vita.

Riassumendo i requisiti chiave: sovraindebitamento conclamato, sincerità e collaborazione del debitore, nessuna frode o abuso, e non aver già beneficiato da poco di procedure simili. Se questi presupposti ci sono, il debitore può scegliere quale procedura attivare in base alla propria situazione (consumatore vs imprenditore, presenza di patrimonio o reddito, etc.).

Di seguito analizziamo ciascuna procedura nei dettagli, dal punto di vista del funzionamento e degli effetti.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”)

Questa procedura è riservata alla persona fisica consumatore, cioè al debitore che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (definizione analoga a quella del Codice del Consumo). In altre parole, se tutti (o la gran parte) dei debiti sono personali, il soggetto può presentare un piano di ristrutturazione del debito come consumatore. Nel caso del nostro ex titolare di merceria, bisogna valutare la natura dei debiti:

  • Se i debiti riguardano principalmente l’impresa (fornitori, fisco, banca per il negozio), egli veste i panni dell’imprenditore e non del consumatore puro, dunque questa procedura non sarebbe teoricamente applicabile.
  • Se però, poniamo, la merceria non aveva troppi debiti e la persona invece ha soprattutto debiti personali (es. prestiti per la famiglia, mutuo casa, ecc.), potrebbe qualificare come consumatore. Oppure se l’attività è cessata e residuano debiti promiscui, c’è da capire la prevalenza.

Caratteristiche della procedura: La ristrutturazione dei debiti del consumatore consiste nella presentazione al Tribunale di un piano di pagamento dei debiti senza necessità di accordo coi creditori, ma soggetto all’omologazione (approvazione) del giudice. È, in sostanza, un piano di rientro o ristrutturazione unilaterale, che diventa vincolante per i creditori con il decreto di omologazione del tribunale.

Come funziona in sintesi:

  • Il consumatore elabora, con l’ausilio obbligatorio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o di un professionista gestore nominato dal giudice, un piano dettagliato in cui indica:
    • Quali somme potrà mettere a disposizione per pagare i creditori e in che tempi (ad es. cedere una parte dello stipendio per 4 anni, oppure liquidare volontariamente un immobile, ecc.).
    • L’eventuale coinvolgimento di risorse esterne (es. un parente che offre un contributo).
    • Se intende mantenere o no eventuali beni (es. la casa di abitazione, continuando a pagare il mutuo).
    • La percentuale approssimativa di soddisfacimento di ciascun creditore o classe di creditori.
  • Nessun voto dei creditori: a differenza del concordato minore, qui i creditori non votano il piano. Essi possono eventualmente opporsi dopo, ma non c’è una trattativa con maggioranze. Questo è un enorme vantaggio di questa procedura: consente di superare inerzie o dissensi dei creditori, a patto che il piano sia equo e fattibile.
  • L’OCC o gestore nominato redige una relazione particolareggiata in cui:
    • Attesta la veridicità dei dati forniti dal debitore (entità dei debiti, reddito, patrimonio).
    • Valuta la fattibilità del piano e la sua idoneità a garantire il pagamento almeno dell’importo ottenibile in una liquidazione (c.d. convenienza per i creditori).
    • Si esprime sulla meritevolezza del consumatore, ossia se egli non ha colpe gravi nella genesi dell’indebitamento, tenendo anche conto del comportamento degli enti finanziatori (merito creditizio).
  • Presentato il ricorso col piano e la relazione, il Tribunale verifica l’ammissibilità. Se tutto in regola, fissa l’udienza e può concedere misure protettive immediate: su richiesta del debitore, sospende o vieta le azioni esecutive dei creditori durante la pendenza (così il debitore non subisce pignoramenti mentre cerca l’omologazione).
  • All’udienza, i creditori (che sono stati informati) possono fare osservazioni o opposizioni. Tuttavia, se il giudice ritiene il piano:
    • Fattibile (ossia realistico nelle previsioni di pagamento),
    • Conveniente per i creditori rispetto all’alternativa (liquidazione del patrimonio),
    • e il consumatore meritevole (nessuna condotta maliziosa),
    allora procede all’omologazione del piano anche senza il consenso dei creditori. Questa è la forza del piano del consumatore: la volontà dei creditori dissenzienti può essere superata dalla valutazione giudiziale positiva.
  • Con l’omologazione, il piano diventa vincolante. I creditori devono accontentarsi di quanto previsto (anche se fosse, ad esempio, il 20% del credito in 4 anni). Le azioni esecutive individuali sono vietate e i crediti restano congelati secondo il trattamento fissato nel piano.
  • Esecuzione del piano: il debitore poi dovrà attenersi al piano (pagare le rate concordate, ecc.). L’OCC in genere sovrintende l’esecuzione e riferisce al giudice eventuali problemi.
  • Esdebitazione finale: se il debitore esegue correttamente il piano, al termine ottiene l’esdebitazione di diritto dei debiti residui. Significa che tutti i crediti inclusi nel piano e non integralmente pagati sono comunque considerati estinti. Non serve un ulteriore provvedimento: l’effetto liberatorio è conseguenza diretta dell’esecuzione del piano omologato. (Nota: Il CCII parla di “esdebitazione di diritto” post omologazione del piano del consumatore, per indicare che il debitore è automaticamente liberato dai debiti secondo quanto previsto dal piano, senza bisogno di altra istanza).
  • Se invece il debitore non rispetta il piano o emergono elementi fraudolenti nascosti, l’omologazione può essere revocata e i creditori riacquistano pieni diritti (oppure il debitore può essere costretto a ripiegare sulla liquidazione controllata).

Vantaggi del piano del consumatore:

  • Non richiede di pagare tutti i debiti integralmente. Si può proporre un pagamento parziale, commisurato alle proprie risorse. Ad esempio, un debitore con €100.000 di debiti potrebbe proporre di pagarne €30.000 in cinque anni, se questo è il massimo delle sue possibilità, e cancellare i restanti €70.000.
  • Il piano è “tagliato su misura”: può prevedere ad esempio che il debitore mantenga la propria casa, continuando a pagare il mutuo normalmente fuori piano, mentre ai creditori chirografari offre un pagamento dilazionato. Oppure può prevedere la vendita volontaria di un bene con soddisfazione parziale dei creditori.
  • I creditori privilegiati (come le banche ipotecarie o il Fisco con privilegio) devono ricevere almeno il valore del bene su cui hanno prelazione (o un trattamento migliorativo concordato). Ma possono essere ristrutturati anche loro: ad esempio, l’IVA e i tributi possono essere pagati parzialmente (falcidiati) se la parte falcidiata è incapiente rispetto ai beni del debitore. Questo è frutto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale: originariamente l’IVA non poteva essere falcidiata, ora sì, purché il Fisco ottenga almeno quanto otterrebbe liquidando eventuali garanzie o beni su cui ha privilegio.
  • Il debitore conserva la gestione del suo patrimonio (non c’è spossessamento come nel fallimento o nella liquidazione controllata), salvo l’obbligo di rispettare il piano. Può quindi continuare a lavorare, percepire redditi e disporre dei beni come da piano.
  • Effetto “fresh start” finale: dopo aver adempiuto, i vecchi debiti non pagati non sono più esigibili, dando un vero nuovo inizio.

Svantaggi/limiti:

  • È riservato ai consumatori. Un ex imprenditore con debiti principalmente d’impresa deve ricorrere al concordato minore invece (vedi dopo). C’è stata discussione se un ex socio garante possa essere considerato consumatore: la giurisprudenza recente tende ad essere più inclusiva. Ad esempio, la Cassazione ha riconosciuto che il fideiussore di un debito societario può essere trattato come consumatore se la garanzia è prestata al di fuori di attività d’impresa propria. Dunque un ex titolare che ha garantito debiti aziendali di una società amministrata dal coniuge è stato ammesso al piano del consumatore. Ciò mostra che la qualifica dipende dal titolo in cui il debito è assunto: se come privato, si può accedere.
  • Meritevolezza richiesta: Come detto, il giudice deve valutare la condotta del consumatore. Se emerge che ha contratto debiti in modo irresponsabile (es. gioco d’azzardo, spese di lusso oltre le sue possibilità, ecc.), potrebbe negare l’omologazione per difetto di meritevolezza. La Cassazione nel 2023 ha affrontato più volte il tema, tracciando un confine tra colpa lieve e colpa grave: piccoli errori di gestione finanziaria non precludono il piano, mentre l’indebitamento colposo gravemente imprudente sì. Tuttavia, come detto, va ponderato anche l’eventuale corresponsabilità delle banche nel concedere credito facile.
  • Non prevede voto dei creditori, ma i creditori possono fare opposizione. In sede di omologazione, se qualche creditore ritiene che il piano lo danneggi ingiustamente o che il debitore non sia meritevole, può sollevare obiezioni. Il giudice dovrà valutarle. Ad esempio, piani con percentuali troppo basse (tipo offrire l’1% ai chirografari) sono stati talora non omologati per “esiguità del ritorno” – Cassazione 28013/2022 ha confermato il diniego di omologa a un piano che prometteva una soddisfazione minima ritenuta inadeguata.
  • Se il piano fallisce (perché il debitore non paga come previsto o vengono revocati atti di frode scoperti), si torna al punto di partenza. A quel punto l’unica via residua è la liquidazione controllata, con possibile esdebitazione finale, ma con perdita di benefici (ad esempio, eventuali protettive cessano e i creditori possono riprendere azioni fino all’apertura di altra procedura).

Simulazione pratica: Immaginiamo che l’ex titolare abbia cessato la merceria, trovato un nuovo impiego da dipendente con stipendio netto €1.500 e abbia debiti totali per €60.000 (di cui 10k banca prestito personale, 5k bollette, 5k carte di credito, 40k tra fisco e INPS). Non ha immobili né altri beni significativi. Come consumatore potrebbe proporre un piano in cui:

  • Si impegna a versare €300 al mese (pari a circa il 20% dello stipendio) per 5 anni, per un totale di €18.000.
  • Propone di destinare queste somme pro quota ai creditori: data la presenza del Fisco, dovrà offrire almeno quanto otterrebbero pignorandogli 1/5 di stipendio per 5 anni (che grosso modo sarebbe simile). Con €18.000 complessivi, potrebbe destinare ad esempio 30% al Fisco, 10% a INPS, 50% alla banca e il restante 10% agli altri, in modo da far avere qualcosa a tutti.
  • L’OCC attesta che effettivamente 1/5 dello stipendio per 5 anni è la massima capacità di pagamento di questo debitore, che quindi sta offrendo il 100% delle sue risorse disponibili. Attesta anche che, se i creditori lo pignorassero, otterrebbero uguale o meno (perché magari c’è già una cessione del quinto attiva, ecc.). E rileva che il debitore è meritevole: i debiti derivano dalla crisi dell’attività e non da spese voluttuarie.
  • Il tribunale, verificato ciò, omologa il piano. Il debitore paga puntuale €300/mese. Dopo 5 anni ha versato €18.000 su €60.000 di debiti (il 30%). A quel punto, ottenuto il decreto di attestazione del completamento, tutti i €42.000 restanti sono cancellati (esdebitazione). Il debitore si ritrova libero dai debiti e con lo stipendio finalmente integro.

Questo esempio dimostra il potente effetto “liberatorio” del piano del consumatore: pagare ciò che puoi, cancellare il resto. Ovviamente, la chiave sta nella buona fede e nel convincere il giudice che quella è la soluzione migliore anche per i creditori dati i limiti oggettivi.

Concordato minore (ex “accordo di composizione dei debiti”)

Il concordato minore è la procedura dedicata ai debitori non fallibili che non siano consumatori o che comunque hanno debiti in parte professionali/imprenditoriali. Comprende quindi il classico caso dell’ex imprenditore commerciale sovraindebitato (come il titolare di merceria con debiti di fornitura e bancari), ma anche professionisti o ditte sotto soglia ancora operative che vogliano ristrutturare i debiti.

Viene definito “concordato” perché, a differenza del piano del consumatore, qui è prevista una proposta di accordo ai creditori e la necessità di un consenso da parte loro, espresso mediante voto. È quindi più simile, concettualmente, a un concordato preventivo in miniatura, calibrato per i piccoli debitori.

Funzionamento in sintesi:

  • Il debitore elabora, con l’assistenza di un OCC o professionista, una proposta di concordato minore. Questa consiste in un piano di ristrutturazione che può contemplare:
    • Pagamento parziale dei debiti, in misura e tempi determinati (es: pagamento del 40% in 5 anni).
    • Eventuale suddivisione dei creditori in classi con trattamenti differenziati (ad es. distinguere tra fornitori chirografari, banche ipotecarie, ecc., offrendo a ciascuna classe percentuali diverse in ragione delle garanzie).
    • Possibile continuità aziendale (se l’impresa è ancora operativa) oppure solo liquidazione dell’attivo.
    • Risorse esterne: spesso il piano include l’apporto di denaro da terzi (soci, familiari) per aumentare la percentuale offerta. Questo è importante perché non è ammesso un concordato che lasci interamente a zero i chirografari se c’è modo di evitare. Un giudice, per esempio, ha preteso che un creditore chirografario originariamente escluso ricevesse almeno un minimo grazie a finanza esterna, prima di omologare.
    • Indicazione del valore di liquidazione del patrimonio del debitore in caso alternativo di liquidazione controllata: questo serve da termine di paragone (requisito di convenienza).
  • Il piano deve garantire che ogni creditore riceva almeno quanto otterrebbe dalla liquidazione dei beni del debitore (principio di convenienza). Ciò significa che se, vendendo tutto, i creditori chirografari prenderebbero il 5%, il piano deve dare almeno 5% a loro.
  • Deposito il ricorso, il Tribunale verifica l’ammissibilità e, se ok, nomina un Gestore della crisi (OCC) che redige una relazione particolareggiata (analoga a quella del piano consumatore) sulla documentazione del debitore, sulle cause dell’indebitamento, sull’assenza di atti in frode e sulla fattibilità del piano. Nel concordato minore non c’è bisogno di attestazione da parte di un attestatore esterno, perché di fatto questo ruolo è svolto dall’OCC con la sua relazione di fattibilità.
  • Vengono indetti la convocazione dei creditori e il voto. I creditori, informati del piano e muniti della relazione OCC, esprimono il loro voto (che può essere anche pervenuto per iscritto). Per l’approvazione serve una maggioranza di crediti ammessi al voto: in base alla L.3/2012 era richiesto il 60% dei crediti, il CCII ha confermato una soglia simile (maggioranza dei crediti, presumibilmente ancora 60%, ma controllare art. 109 CCII se esteso ai concordati minori).
    • I creditori muniti di privilegio/ipoteca votano solo se la proposta prevede di soddisfarli in misura inferiore al 100% del loro credito privilegiato. Se vengono pagati integralmente (o se rinunciano a parte volontariamente), non hanno diritto di voto (perché non subiscono decurtazione coattiva). Se invece subiscono una falcidia sul privilegio, votano per l’intero credito.
    • Il Fisco e gli enti contributivi votano anch’essi come creditori privilegiati per le parti protette da privilegio generale; il CCII consente la falcidia e quindi consente anche ad essi di votare sulla proposta.
  • Se la maggioranza approva, il Tribunale procede all’omologazione, valutando i soliti parametri di legge (regolarità procedura, convenienza per i dissenzienti e assenza di cause di inammissibilità come atti in frode). Anche i creditori dissenzienti saranno vincolati dall’accordo omologato: l’effetto dell’omologazione è quello di cram down, ossia impone anche a chi ha votato no di subire le decurtazioni purché la maggioranza l’abbia approvato. Se invece la maggioranza non viene raggiunta, il concordato non è approvato e tipicamente il giudice, su istanza del debitore, può convertirlo in procedura di liquidazione controllata (salvando però eventuali accordi parziali con alcuni creditori, se possibile).
  • Divieto di azioni esecutive: Dall’ammissione al concordato minore, e confermato dopo l’omologa, i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti individuali. Eventuali procedure in corso restano sospese.
  • Esecuzione: Il debitore, sotto vigilanza dell’OCC, attua il piano: paga i creditori secondo le modalità previste (spesso l’OCC svolge funzioni di liquidatore di eventuali beni da vendere o controlla la distribuzione delle somme).
  • Esdebitazione: Il CCII prevede che con l’omologa del concordato minore il debitore ottenga gli effetti esdebitatori una volta eseguite le obbligazioni assunte. In altre parole, similmente al piano del consumatore, se il debitore adempie quanto promesso, i debiti residui vengono considerati inesigibili (liberazione automatica). Nel Codice questa è chiamata esdebitazione di diritto a fine concordato. Dunque, a conclusione, l’ex titolare sarà liberato dal debito residuo non pagato, proprio perché il concordato è stato correttamente eseguito.

Differenze rispetto al piano del consumatore:

  • Ruolo dei creditori: qui decidono attivamente. Serve costruire una proposta che risulti accettabile almeno per la maggioranza. Ciò implica, ad esempio, che se c’è un grosso creditore (es. una banca con il 50% del totale crediti) è cruciale ottenere il suo consenso, magari offrendogli trattamento un po’ migliore.
  • Meno scrutinio su “colpa” del debitore: Nel concordato minore non c’è un giudizio di meritevolezza del debitore paragonabile a quello del consumatore. La legge non richiede di valutare se l’imprenditore ha colpe nella genesi del debito (a meno di comportamenti dolosi o frodi specifiche). Quindi anche un imprenditore che ha compiuto errori gestionali può accedere, purché agisca ora in buona fede e trasparenza. Ad esempio, un piccolo imprenditore che si è sovraindebitato per scelte imprudenti (magari ha fatto investimenti sbagliati) non viene escluso; conta che oggi non menta e non abbia nascosto attivo.
  • Cause di inammissibilità: oltre agli atti in frode, sono causa di rigetto se l’imprenditore ha già fruito di altra procedura di recente (5 anni), e in generale valgono i limiti già detti (no utilizzo multiplo ravvicinato).
  • Struttura dell’accordo: il concordato può essere molto flessibile. Può anche prevedere forme di moratoria per alcuni creditori. Ad esempio, il Codice consente di pagare i creditori privilegiati anche dopo l’omologa, entro 6 mesi se i chirografari sono soddisfatti prima (questo per agevolare la ristrutturazione, ma è tecnicismo).
  • Intervento del Fisco: Nella proposta il debitore può includere una transazione fiscale, ossia il trattamento dei tributi. Dal 2021 in poi, con l’eliminazione del veto sulla falcidia IVA, è possibile proporre al Fisco un pagamento parziale sia di IVA sia di contributi. L’ente potrà esprimersi nel voto. Se vota contro ma la maggioranza è favorevole, il giudice può ugualmente omologare se ritiene la proposta conveniente rispetto alla liquidazione.
  • Esdebitazione post omologa: come detto è automatica a fine esecuzione. Ma se, per ipotesi, il piano non venisse completato, il debitore potrebbe trovarsi di nuovo esposto per le parti non pagate (salvo negoziare modifiche o conversione in liquidazione).

Vantaggi: Consente di ristrutturare l’intero debito evitando la liquidazione giudiziaria. Il debitore può mantenere la propria attività (se ancora in piedi) e i beni necessari. Può prevedere soluzioni creative: ad esempio, vendere un immobile non essenziale per pagare i creditori in parte, e liberarsi del resto. Oppure, come ex titolare di merceria, potrebbe utilizzare i proventi della liquidazione delle scorte di magazzino, aggiungere risparmi personali, e offrire ai creditori un certo rimborso, potendo poi ripartire pulito.

Svantaggi: Richiede consenso: se i creditori sono ostili o disorganizzati, non si raggiunge la maggioranza. Spesso va convinto il creditore principale (banca o Fisco) fornendo garanzie o mostrando che la proposta è il meglio che possano ottenere (ad esempio perché il debitore è nullatenente, e preferibile prendere il 20% offerto piuttosto che nulla in caso di liquidazione/incapienza). C’è poi un costo in termini di tempo e complessità: convocare i creditori, calcolare voti, gestire eventuali contestazioni di crediti.

Esempio pratico: Il nostro ex merciaio ha debiti per €80.000 di cui: €30k banca (chirografario, niente ipoteca), €20k Fisco/INPS, €30k fornitori vari. Possiede una piccola seconda casa al mare (non prima casa) valutabile €50k. Non ha altri beni, lavora come dipendente prendendo €1.200 al mese. Non riesce a pagare tutto, ma può:

  • Proposta: vendere la casa al mare e ricavarne €50k da distribuire, più impegnarsi a versare ai creditori altri €6k accumulando €200 al mese per 30 mesi (2,5 anni) = €6k. Totale da offrire €56k, pari al 70% dell’esposizione.
  • Decide di offrire: 100% al Fisco sui €20k (perché vuole evitare opposizioni da Agenzia Entrate, e comunque con i privilegi la casa venduta andrebbe prima a loro in parte), 50% ai fornitori (15k su 30k) e circa 70% alla banca (21k su 30k). La media ponderata è ~70% di pagamento totale.
  • La maggioranza dei creditori in importo dovrà approvare. In valore assoluto, la banca + qualche fornitore rappresentano oltre il 60%: se banca e un paio di fornitori votano sì, la maggioranza è raggiunta. Il Fisco probabilmente voterà sì perché viene pagato interamente (e comunque anche se votasse no, non può lamentare di aver avuto meno di quanto gli spettava: prende 100%).
  • Se l’accordo passa, l’uomo vende effettivamente la casa (magari tramite il liquidatore nominato) e con quei soldi paga i creditori come da piano; poi in 30 mesi versa il restante 6k. Dopo ciò, avrà cancellato ogni debito. La casa l’ha dovuta sacrificare, ma ha tenuto la prima casa e lo stipendio e soprattutto non dovrà più nulla a banca e fornitori (che hanno accettato lo stralcio 50%). Senza il concordato, la banca e i fornitori l’avrebbero forse pignorato stipendio e casa, ma avrebbero recuperato molto meno e in più anni.

Nota: Il concordato minore è uno strumento molto utile per chi ha qualche risorsa (beni o aiuti terzi) da mettere sul piatto, ma non abbastanza da saldare tutto. Non è adatto invece a chi non può offrire quasi nulla: in quel caso meglio la liquidazione con esdebitazione o direttamente l’esdebitazione da incapiente, come vedremo.

Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio)

La liquidazione controllata è la procedura concorsuale “liquidatoria” riservata ai debitori sovraindebitati. In pratica è l’analogo del fallimento (ora chiamato liquidazione giudiziale) ma applicabile ai soggetti non fallibili o comunque a qualunque sovraindebitato insolvente. Serve a vendere tutto il patrimonio disponibile del debitore e distribuire il ricavato ai creditori, dopodiché liberare il debitore dai debiti residui tramite esdebitazione.

Questa procedura può essere:

  • Volontaria, cioè avviata su ricorso dello stesso debitore che vuole liberarsi dei debiti mettendo a disposizione i suoi beni.
  • Involontaria (coattiva), su istanza di un creditore o del PM. Il CCII infatti prevede che, se un debitore sovraindebitato è insolvente, i creditori possano chiederne la liquidazione controllata; tuttavia, questa possibilità è limitata al caso di imprenditori entro 1 anno dalla cessazione e pochi altri scenari. Per le persone fisiche, la legge oggi consente sì l’istanza dei creditori, ma se il debitore eccepisce di essere meritevole per l’esdebitazione incapiente, può evitare la liquidazione (dettaglio tecnico: l’art. 270 CCII consente al debitore persona fisica di contestare l’istanza di liquidazione del creditore se preferisce accedere solo all’esdebitazione incapiente). Dunque, di norma, la liquidazione controllata è spesso attivata dal debitore stesso.

Caratteristiche:

  • Spossessamento: A differenza delle due procedure sopra, qui il debitore viene in sostanza spogliato dei propri beni (con eccezione di quelli impignorabili per legge) che confluiscono in un patrimonio destinato alla liquidazione concorsuale. Il tribunale nomina un liquidatore (figura analoga al curatore fallimentare, spesso scelto tra gli iscritti agli OCC), il quale avrà il compito di raccogliere e vendere i beni, e ripartire il ricavato.
  • Il debitore deposita un ricorso chiedendo l’apertura della liquidazione. Deve allegare i documenti indicati dalla legge (elenco di creditori, inventario dei beni, dichiarazioni, etc. analoghi a quelli visti per il concordato minore). Il tribunale, verificati i presupposti (insolvenza, meritevolezza base, ecc.), dichiara aperta la liquidazione con sentenza. Da quel momento:
    • I creditori non possono iniziare né proseguire azioni esecutive individuali (c’è un’automatica sospensione di tutti i pignoramenti in corso e un divieto generale di iniziarne di nuovi).
    • I beni del debitore (esclusi quelli indispensabili o non pignorabili) diventano massa attiva da liquidare. Anche i beni che il debitore potrebbe acquisire in futuro entro un certo limite temporale (nel fallimento erano i 4 anni successivi, nel CCII per la liquidazione controllata si applica forse l’art. 142 per cui i beni sopravvenuti durante la procedura sono inclusi).
    • Il liquidatore prende possesso dei beni, li inventaria e procede alla vendita secondo le modalità più opportune (vendite all’asta, assegnazioni, etc., sotto il controllo del giudice).
    • Il debitore ha l’obbligo di collaborare (fornire informazioni, documenti, consegnare la corrispondenza al liquidatore, ecc., simili obblighi del fallito ex art. 48 L.F. e ora art. 291 CCII). Non c’è però interdizione personale: il debitore resta capace di agire ma ovviamente non può disporre dei beni ormai in massa.
  • Durata: Il Codice ha introdotto un limite: la liquidazione controllata deve durare al massimo 3 anni per i beni mobili e immobili già esistenti. Se il debitore ha solo redditi periodici (stipendi), la procedura può “attingere” a una parte di essi per non oltre 4 anni dal momento dell’apertura (questo appare dall’art. 282 CCII per analogia col fallimento). Comunque l’idea del legislatore delegato è stata: non si tengano le persone appese per troppo tempo – in 3 anni si chiude la liquidazione. Infatti, trascorsi 3 anni, il tribunale deve assumere le decisioni sull’esdebitazione anche se la liquidazione non ha soddisfatto tutto.
  • Pagamento creditori: Il liquidatore, raccolto il ricavato, predispone un piano di riparto e paga i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Ad esempio, prima si pagano le spese di procedura, poi gli eventuali creditori con pegni o ipoteche (col ricavato dei beni su cui insistevano), poi i privilegiati (stipendi arretrati, Fisco, ecc. in ordine di privilegio), infine quel che resta ai chirografari in percentuale. È tipico che i creditori chirografari prendano poco o nulla, specialmente se ci sono molti privilegiati.
  • Chiusura e esdebitazione: Una volta venduto tutto e distribuito il possibile, la procedura viene chiusa. A questo punto, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti insoddisfatti. Su questo torneremo nel prossimo paragrafo dettagliatamente, ma qui basti dire che:
    • Il Codice ha previsto che il tribunale valuti d’ufficio l’esdebitazione decorsi 3 anni dall’apertura o comunque al termine della procedura. Non serve più un’apposita domanda separata: si tende a rendere l’esdebitazione quasi automatica in assenza di motivi ostativi.
    • Se il debitore ha collaborato, non ha frodato e ha soddisfatto le condizioni di legge, il provvedimento di chiusura della liquidazione conterrà anche la dichiarazione di inesigibilità dei crediti residui. Ciò significa che tutti i debiti inclusi nella procedura e rimasti non pagati non potranno più essere richiesti al debitore liberato. In pratica, il debitore esce “pulito” (tranne i debiti non esdebitabili come alimenti, danni da illecito e sanzioni).
    • Se invece ci fossero gravi ragioni per negare l’esdebitazione (es. comportamento doloso del debitore emerso, o il fatto che nessun creditore abbia ricevuto nemmeno un centesimo per colpa del debitore), il tribunale può rigettare l’esdebitazione. Ma la regola generale è concederla al meritevole.

Quando conviene la liquidazione controllata? È indicata in situazioni in cui:

  • Il debitore non ha la possibilità di proporre un piano fattibile né di ottenere consenso dai creditori. Ad esempio ha troppi pochi redditi per pagare sia pur parzialmente un piano, oppure ha un attivo da liquidare che comunque verrebbe aggredito dai creditori (meglio allora metterlo in procedura ordinata e liberarsi del resto).
  • Il debitore vuole semplicemente chiudere con il passato, sacrificando tutto ciò che ha adesso, in cambio di una liberazione completa. Cioè sceglie di “fallire” in piccolo, per ricominciare senza il fardello del debito.
  • Esempio: un ex imprenditore che possiede ancora un magazzino di merci invendute, qualche macchina, e magari un’auto, ma è disoccupato e con mezzo milione di debiti. Qui l’unica è consegnare tutto a un liquidatore, far vendere le briciole e poi ripartire da zero (ottenendo l’esdebitazione).

Vantaggi:

  • Universalità e parità di trattamento: Si mette ordine tra i creditori secondo la legge, evitando assalti disordinati. Un creditore non può pignorare tutto per sé a danno degli altri: la procedura garantisce la par condicio (salvo i privilegi).
  • Protezione immediata: Appena aperta la liquidazione, il debitore è protetto dalle azioni esecutive. Niente più telefonate dei recupero crediti o ufficiali giudiziari alla porta: tutto passa dal liquidatore e dal giudice.
  • Durata limitata: Entro 3 anni la vicenda si chiude, evitando di protrarre all’infinito l’incubo dei debiti.
  • Liberazione finale dai debiti: Questo è il beneficio fondamentale. Anche se i creditori hanno ricevuto poco o nulla, il debitore persona fisica meritevole viene liberato dal debito residuo. Può quindi tornare ad avere un reddito senza temere pignoramenti per quei vecchi debiti e può ricostruirsi un’attività.

Svantaggi:

  • Perdita del patrimonio: Il rovescio della medaglia è che il debitore deve cedere tutti i beni. Si vendono case, auto, beni di lusso, si svuotano conti correnti, ecc. Restano solo gli strumenti essenziali di vita o lavoro (un letto, l’abitazione se impignorabile per legge – es. prima casa per il Fisco, ma attenzione: in liquidazione fallimentare anche la prima casa può essere liquidata, perché in concorso non vale il divieto esattoriale; tuttavia, se c’è un mutuo ipotecario è il creditore ipotecario ad avere prelazione su vendita).
  • Controllo e limitazioni: Durante la procedura, il debitore è sotto supervisione. Deve giustificare entrate, non può nascondere guadagni extra (altrimenti rischia revoca del beneficio). Non può fare spese inconsulte perché il liquidatore potrebbe rivalersi su beni non dichiarati.
  • Stigma e impatto sul credito: Pur non essendo un fallimento in senso tecnico, la liquidazione controllata appare nelle banche dati (Registro Procedure, ecc.) e comporta di fatto un “default” del soggetto. È probabile che per anni sarà difficile ottenere credito, mutui, ecc., anche se una volta esdebitato legalmente non ci sono più pendenze.
  • Esclusioni dall’esdebitazione: Come ricordato, alcuni debiti restano fuori. Se l’ex titolare aveva ad esempio multe stradali non pagate per 5.000 €, e in liquidazione non c’è capienza per pagarle, quei 5.000 € resteranno comunque dovuti dopo l’esdebitazione perché le sanzioni amministrative pecuniarie non accessorie non si cancellano. Idem per obblighi di mantenimento a coniuge/figli: non vengono toccati dalla procedura (il coniuge potrà continuare a pretendere gli alimenti arretrati).

Novità importante: Il debitore ex imprenditore cessato da oltre 1 anno può accedere volontariamente alla liquidazione controllata anche se la legge fallimentare l’avrebbe reso fallibile. Una recente modifica (D.Lgs. 13/09/2024 n.136) ha chiarito che il limite di 1 anno dalla cessazione per aprire la procedura riguarda solo l’ipotesi di iniziativa del creditore, ma il debitore può chiedere la liquidazione anche oltre tale termine per ottenere l’esdebitazione. Ciò è stato fatto proprio per agevolare la liberazione dai debiti di ex imprenditori che non furono dichiarati falliti in tempo. In pratica, se il nostro merciaio fosse stato addirittura fallibile ma nessuno lo ha fatto fallire entro l’anno, ora a distanza di 2-3 anni può comunque presentare istanza di liquidazione controllata e risolvere i debiti.

Esempio pratico di liquidazione controllata: L’ex titolare ha: una casa di proprietà (prima casa) del valore €100k con mutuo residuo di €80k (ipoteca banca), un furgone commerciale vecchio, attrezzature del negozio stimate €5k, debiti totali €150k (mutuo 80k, fornitori 40k, Fisco 30k). Non ha redditi significativi (disoccupato). Con la liquidazione:

  • Il liquidatore valuterà di vendere la casa. Ma attenzione: essendo prima casa, Equitalia da sola non poteva pignorarla; qui però siamo in concorso, e c’è la banca ipotecaria. Probabilmente la casa verrà venduta, il cui ricavato andrà prima a soddisfare la banca (80k + interessi). Se la casa vale 100k e il mutuo è 80k, vendendola magari a 90k all’asta, la banca prende il suo (80k), restano 10k che andranno a spese e un po’ ai creditori privilegiati (Fisco).
  • Il furgone e gli arredi verranno liquidati per pochi spiccioli diciamo 5k totali.
  • Alla fine, i fornitori forse prenderanno un 2-3% se avanza qualcosa.
  • Dopo tutto, al debitore resta nulla. Però in max 3 anni la procedura chiude. Il debitore chiede l’esdebitazione e il tribunale lo libera dei €150k meno quel poco ricavato. La banca è stata soddisfatta dal ricavato dell’immobile (o quasi, se qualcosa mancasse resterebbe chirografo ma a quel punto esdebitato pure quello), i fornitori e Fisco hanno preso le briciole ma ora non possono più aggredire l’ex debitore per il residuo. Questi ha perso casa (purtroppo), però ha anche perso i debiti e può cercare di ricominciare, magari evitando di indebitarsi di nuovo.

Esdebitazione e “fresh start” del debitore (liberazione dai debiti residui)

Il concetto di esdebitazione è centrale nella difesa del debitore sovraindebitato. Significa letteralmente “sdebitarsi”, cioè ottenere legalmente la dichiarazione di inesigibilità dei debiti residui non pagati. In tutte le procedure descritte, l’obiettivo finale è proprio l’esdebitazione: sia che avvenga di diritto a seguito di un piano/concordato eseguito, sia che venga concessa con decreto a fine liquidazione.

Vediamo più in dettaglio come funziona l’esdebitazione nel Codice della Crisi, distinguendo tra:

  • Esdebitazione post-liquidazione (ordinaria).
  • Esdebitazione del debitore incapiente (speciale, “a zero”).

Esdebitazione ordinaria dopo liquidazione controllata o giudiziale

Per il debitore persona fisica che abbia subito una procedura liquidatoria (fallimento/liquidazione giudiziale per i fallibili, o liquidazione controllata per i non fallibili), la legge offre la possibilità di essere liberato dai debiti insoddisfatti. Già l’art. 142 Legge Fallimentare lo prevedeva, ora gli artt. 278-281 CCII disciplinano l’esdebitazione:

  • Effetto: l’esdebitazione comporta che i creditori concorsuali (quelli anteriori all’apertura della procedura) non possano più esigere dal debitore quanto non hanno ottenuto durante la procedura. Il debitore “torna in bonis” libero dai vecchi debiti.
  • Debiti esclusi: la legge esclude comunque alcune categorie, che restano dovute anche dopo:
    1. Obblighi alimentari e di mantenimento e ogni debito derivante da rapporti strettamente personali. Esempio: assegni di mantenimento all’ex coniuge o ai figli, obblighi di alimenti verso parenti.
    2. Debiti da risarcimento di danni da fatto illecito extracontrattuale, e sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie. Ciò include multe, ammende, contravvenzioni, sanzioni amministrative (es. multe stradali, sanzioni Antitrust, ecc.), nonché risarcimenti per danni (es. per incidente stradale causato, se non interamente soddisfatti, restano esigibili dal danneggiato). Eccezione: se la sanzione pecuniaria è accessoria a un debito estinto (es. interessi di mora su tasse estinte), allora può cadere con esso.
  • Conservazione di garanzie verso terzi: i fideiussori, coobbligati e obbligati di regresso restano obbligati. Se Tizio è esdebitato, il creditore non può più perseguitare Tizio ma può ancora chiedere a Caio garante o a un coobbligato solidale.
  • Condizioni per ottenerla: Tradizionalmente (art.142 L.F.), il fallito doveva: cooperare con le autorità, non aver distratto beni, non aver occultato documenti contabili, non aver già avuto esdebitazione nei 10 anni precedenti, e non essere stato condannato per bancarotta fraudolenta o reati gravi in materia finanziaria. Il CCII ha simili condizioni all’art.280:
    • Il debitore deve aver soddisfatto le richieste documentali e gli obblighi di collaborazione.
    • Non deve aver beneficiato di altra esdebitazione nei 5 anni precedenti (nel nuovo codice il periodo è ridotto a 5 anni per procedura minore, ma 10 anni se parliamo di esdebitazione fallimentare? Il D.Lgs 136/2024 potrebbe aver armonizzato).
    • Non deve aver commesso atti di frode o violazioni gravi (come falso in attestazioni, distrazione di patrimonio, aggravamento doloso del dissesto, ecc.). E non deve avere condanne per reati fallimentari o contro l’economia salvo riabilitazione.
  • Procedura per ottenerla: Nel fallimento si doveva fare istanza entro 1 anno dalla chiusura se il tribunale non vi provvedeva contestualmente. Nel CCII, come detto, c’è la tendenza a deciderla contestualmente alla chiusura della procedura (che avviene con decreto del giudice). Difatti, l’art.281 CCII stabilisce che il tribunale, decorsi 3 anni dall’apertura della liqu. controllata, provvede sull’esdebitazione anche d’ufficio; similmente per la liquidazione giudiziale entro i termini di legge.
    • I creditori possono opporsi alla concessione del beneficio se ritengono che il debitore non ne abbia diritto (ad es. scoprono atti in frode, o che ha già avuto scarico in passato).
    • Se tutto è regolare, il giudice dichiara inesigibili i debiti residui.
  • Effetti sui creditori “distratti”: interessante notare che la legge (art.278 c.2 CCII) stabilisce che per i creditori che non hanno partecipato alla procedura (non insinuandosi al passivo) l’esdebitazione opera solo per la parte eccedente quello che avrebbero preso se si fossero insinuati. Ciò evita che un creditore distratto che non presenta domanda di ammissione possa poi pretendere l’intero fuori, però allo stesso tempo tutela il debitore: se un creditore avrebbe preso, diciamo, 10% in procedura, il suo credito post-esdebitazione è ridotto al 10% (può chiederlo ancora) e il resto 90% è cancellato. In pratica, i creditori dormienti non possono penalizzare il debitore esdebitato.

Per il nostro ex titolare di merceria, l’esdebitazione post-liquidazione controllata è la meta agognata: vuol dire essersi tolto di dosso tutti i debiti dell’attività andata male. La legge oggi glielo consente in tempi relativamente brevi e senza eccessiva discrezionalità: se ha agito onestamente, l’esdebitazione gli spetta come beneficio di legge per la persona fisica meritevole. Questo riflette un cambiamento di filosofia: storicamente c’era diffidenza nel cancellare debiti (principio di responsabilità patrimoniale ex art.2740 cc, visto quasi come “sacro”); ora si riconosce l’importanza del “fresh start”, cioè dare alle persone una seconda chance, come previsto anche dalle normative europee.

Esdebitazione del debitore incapiente (“a zero”)

Qui entriamo nella vera novità del Codice della Crisi: l’art.283 CCII introduce per la prima volta in Italia la possibilità di esdebitare un debitore che non ha nulla da dare ai creditori, nemmeno attraverso una liquidazione. È un’innovazione notevole, frutto della Direttiva UE 2019/1023 e della legge delega 155/2017, concepita per situazioni limite di indigenza.

Chi può accedervi:

  • Solo una persona fisica sovraindebitata, non imprenditore soggetto a liquidazione giudiziale, che sia giudicata meritevole e che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né immediata né futura. In altre parole, il debitore incapiente è colui che non possiede beni liquidabili significativi, né redditi attuali aggredibili, né prevedibilmente avrà entrate future tali da poter soddisfare i creditori in misura apprezzabile.
  • Esempi tipici: un disoccupato senza beni, con solo vestiti e mobili di modesto valore, magari affitto da pagare, famiglia a carico. Oppure un piccolo ex imprenditore che ha chiuso ed è rimasto senza nulla e vive di sussidi.
  • Deve essere un debitore meritevole: la legge richiama gli stessi concetti di assenza di frode o dolo. L’incapienza non deve essere colpa sua deliberata (es. se uno ha dilapidato patrimoni in modo doloso per non pagare, non sarà ammesso). Di solito si tratta di soggetti travolti da eventi sfortunati (malattie, licenziamenti, crisi economiche).

Procedura:

  • Il debitore presenta un ricorso al tribunale chiedendo l’esdebitazione ex art.283, allegando una chiara rappresentazione della propria situazione: elenco debiti, attestazione che non ha beni né redditi utilmente liquidabili, cause delle difficoltà.
  • Viene nominato un gestore OCC anche qui, per verificare le dichiarazioni e assicurarsi che davvero non ci siano attivi nascosti e che la condizione sia genuina.
  • Non c’è una vera “procedura concorsuale” in senso classico: infatti è stato osservato dai giudici che manca l’elemento della concorsualità in questa ipotesi, perché non c’è patrimonio da distribuire. È un procedimento residuale ed eccezionale, finalizzato unicamente al “fresh start” del debitore incapiente.
  • Il tribunale valuta: se ritiene la richiesta fondata, emette decreto di esdebitazione del debitore incapiente.
  • Effetti: Lo stesso dei casi ordinari: i debiti sono inesigibili per la parte non eventualmente soddisfatta.
  • Condizioni e obblighi post-decreto: La legge pone un importante vincolo: l’esdebitazione incapiente è concessa solo una volta nella vita del debitore (quindi va usata come ultima risorsa, non puoi contare di rifarlo) e “fatto salvo l’obbligo di pagamento entro quattro anni dal decreto nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti”. Questo significa che se nei 4 anni successivi il debitore miracolosamente ottiene una miglioria sostanziale della sua condizione economica, deve utilizzarla per pagare i vecchi creditori almeno in parte. La norma specifica: se sopravvengono utilità che consentano di soddisfare i creditori in misura non inferiore al 10%, scatta l’obbligo di pagamento. Ad esempio, se il debitore vince alla lotteria €100.000 entro 4 anni dall’esdebitazione e i creditori vantavano €50.000, dovrà usarne almeno €5.000 (10%) per quei creditori. In pratica, la legge vuole evitare finti nullatenenti che poi ereditano fortune: se ottieni un colpo di fortuna o un forte miglioramento, devi condividere con i vecchi creditori fino a un certo punto (non necessariamente il 100%, ma quanto ti permette di dare almeno un 10% loro).
  • Se il debitore non rispetta tale obbligo, o lo nasconde, il beneficio può essere revocato. Quindi c’è un periodo di “probation” di 4 anni in cui devi notificare eventuali utilità rilevanti (eredità, vincite, aumenti di reddito cospicui).
  • Dopo i 4 anni, comunque vada, non c’è più vincolo.

Questa esdebitazione è davvero “a costo zero” per il debitore in termini di pagamento immediato: è un condono totale dei debiti per chi proprio non può pagare nulla. Realizza il concetto di seconda opportunità in senso puro, mettendo al centro la dignità della persona indebitata gravemente e senza via d’uscita, a fronte però del sacrificio integrale dei creditori (che subiscono l’abbandono del credito, salvo il vincolo quadriennale).

Esempio scenario: Maria, ex titolare di un negozietto, ha chiuso per la pandemia. Ha 100k di debiti, nessun immobile, vive in affitto, ha un’auto vecchia di 15 anni, due figli a carico e al momento è disoccupata (campando con lavoretti saltuari e aiuti dei parenti). Il suo ISEE è bassissimo. In una liquidazione controllata i creditori non ricaverebbero nulla di significativo (vendere l’auto forse 1k, mobili nessun valore). Maria potrebbe allora richiedere l’esdebitazione da incapiente. Il tribunale, verificato che la sua situazione è dovuta a circostanze sfortunate (riduzione ore lavorative, motivi di salute, crisi post-pandemica, accumulo di debiti per far fronte alle spese) e non a sua malafede, concede l’esdebitazione dei 100k. Da quel momento Maria è libera dal peso di quei debiti. Se entro 4 anni trovasse un ottimo lavoro o ricevesse un’eredità che le permetta di pagare almeno 10% (cioè 10k), dovrebbe adempiere in tal misura, ma se la sua situazione resta precaria, non deve nulla per sempre.

Giurisprudenza recente: Un caso emblematico è il Tribunale di Oristano, decreto 29 luglio 2024, che ha concesso l’esdebitazione ex art.283 a una donna incapiente la cui situazione debitoria era dovuta a vicissitudini lavorative e familiari imprevedibili. Il giudice ha evidenziato la ratio dell’istituto: dare un fresh start a chi è meritevole ma sfortunato, senza violare la par condicio (che qui è “sospesa” per assenza di attivo). Ha anche sottolineato come la finalità prioritaria sia il recupero di una vita dignitosa per il debitore, pur mitigata dall’impegno a devolvere ai creditori eventuali utilità sopravvenute oltre il necessario per un’esistenza serena. Si tratta quindi di un “rovesciamento degli scopi ordinari” delle procedure concorsuali: qui il primo obiettivo non è soddisfare i creditori (che infatti rimangono insoddisfatti), ma riliberare il debitore dal giogo dei debiti incolpevoli.

Conclusione su esdebitazione: Oggi un ex imprenditore indebitato ha, come mai in passato, la concreta prospettiva di uscire dal tunnel dei debiti. Che sia mediante un piano con pagamento parziale, un concordato minore concordato coi creditori, o una liquidazione giudiziale o controllata con esdebitazione successiva, o addirittura – in extremis – tramite l’esdebitazione incapiente senza pagare nulla, il risultato finale è il medesimo: i debiti pregressi diventano inesigibili e la persona può ripartire senza lo spettro costante di azioni di recupero. Naturalmente, ciò presuppone correttezza e buona fede: queste procedure non sono scappatoie per furbi, ma strumenti per chi davvero è oppresso dai debiti per cause in gran parte indipendenti dalla propria volontà o sfortuna. La legge lo esplicita parlando di “debitore meritevole” e punendo chi tenti di approfittarne in malafede (ad esempio nascondendo un patrimonio mentre chiede l’esdebitazione: in tal caso verrebbe negata o revocata, e anzi potrebbero profilarsi reati di bancarotta o simili).

Cosa succede se non si fa nulla? Conseguenze ed esecuzioni forzate

Dopo aver esaminato gli strumenti di difesa attivi (accordi e procedure), è importante comprendere cosa attende un ex titolare di merceria indebitato se non intraprende alcuna iniziativa. In assenza di accordi o procedure concorsuali, i creditori possono e potranno avvalersi dei normali mezzi di esecuzione forzata previsti dalla legge per recuperare i loro crediti. Dal punto di vista del debitore, “difendersi” significa anche conoscere limiti e regole del pignoramento, per sapere cosa possono (e non possono) togliervi i creditori e come eventualmente opporsi a eventuali irregolarità.

Azioni legali dei creditori

Un creditore insoddisfatto avvierà in genere un percorso di recupero così strutturato:

  1. Titolo esecutivo: Se non lo ha già, deve procurarsi un titolo per agire. Può essere una sentenza o un decreto ingiuntivo (ottenibile in tempi rapidi se il credito è provato da documenti, come fatture o estratti conto). L’Agenzia Entrate-Riscossione ha già il titolo nelle cartelle esattoriali.
  2. Atto di precetto: Notificato il titolo, il creditore intima tramite precetto il pagamento entro 10 giorni, avvertendo che in difetto procederà a pignoramento. Novità 2021: ogni atto di precetto rivolto a persone fisiche deve contenere l’avviso che il debitore può rivolgersi a un OCC per trovare una soluzione da sovraindebitamento. Questa norma (introdotta nel 2020) serve a informare il debitore della possibilità di procedure come quelle descritte. Se il precetto non contiene tale avviso, la Cassazione ha chiarito che non comporta nullità automatica, ma il debitore può eccepire l’omissione per chiedere un termine o eventualmente la rinnovazione del precetto. Dunque, attenzione: se ricevete un precetto senza quell’avvertimento, segnalatelo al vostro legale.
  3. Pignoramento: Trascorsi almeno 10 giorni senza pagamento, il creditore può scegliere cosa pignorare:
    • Pignoramento mobiliare presso il debitore: l’ufficiale giudiziario si reca all’indirizzo del debitore e tenta di individuare beni mobili di valore (televisori, elettronica, gioielli, contanti, ecc.) da sequestrare. In una merceria chiusa, magari il magazzino residuo o attrezzature potrebbero essere bersaglio. Tuttavia, i beni mobili usati hanno spesso scarso realizzo e ci sono vari beni impignorabili (vestiti, letti, elettrodomestici indispensabili, ricordi di famiglia, animali da compagnia, ecc., art. 514 c.p.c.). L’esperienza insegna che il pignoramento mobiliare “in casa” porta raramente a soddisfazione, specie se il debitore non ha oggetti di lusso. Inoltre, l’ufficiale giudiziario non può entrare in casa in assenza del debitore se non con specifica autorizzazione del giudice, e in ogni caso non può pignorare beni altrui presenti in loco (se sono della moglie, occorre poi fare istanza di separazione dei beni, ecc.). Per un ex imprenditore, è più probabile che i creditori mirino ad altre forme di pignoramento.
    • Pignoramento immobiliare: se il debitore possiede immobili (case, terreni), un creditore può iscrivere un pignoramento sull’immobile e chiederne la vendita all’asta. Questo è il mezzo più incisivo: la casa è spesso il bene di maggior valore. Per Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione esiste, come detto, il divieto di pignorare la prima casa del debitore se è l’unico immobile e vi risiede (art. 76 DPR 602/73 come modif. nel 2013). Tuttavia, tale protezione non vale per gli altri creditori. Dunque, la banca, i fornitori o altri, se hanno un decreto, possono pignorare la prima casa. L’unica tutela è se la casa è in comproprietà ad es. col coniuge: pignoreranno la quota del debitore ma spesso poi il giudice può disporre la vendita dell’intero con liquidazione della quota al comproprietario. Insomma, il rischio di perdere la casa è concreto se avete immobili e non trovate soluzioni: prima o poi qualcuno procederà. In alcune situazioni si può tentare di opporsi (ad es. se il valore del bene è enormemente superiore al debito, invocando abuso del diritto, ma raramente accolto) oppure ritardare (chiedendo una conversione del pignoramento, ovvero pagando a rate con cauzione, se la legge consente).
    • Pignoramento presso terzi (stipendi, conti correnti): Questo è di gran lunga il metodo preferito dai creditori se il debitore lavora o ha conti in banca. Si notifica un atto di pignoramento al datore di lavoro (o ente pensionistico) o alla banca dove il debitore ha il conto, bloccando le somme dovute.
      • Stipendio/Pensione: La legge fissa il limite massimo di un quinto (20%) dello stipendio o pensione netti pignorabile per crediti ordinari (banche, fornitori). Per crediti alimentari (assegni familiari) si può arrivare a 1/3. E per il Fisco, c’è un trattamento simile: IRPEF e tributi possono pignorare 1/10 se lo stipendio è basso (<€2.500), 1/7 se medio (€2.500-5.000) e 1/5 se oltre €5.000 (norme D.P.R. 602/73). Inoltre, per le pensioni esiste una quota minima impignorabile pari a 1,5 volte l’assegno sociale (nel 2025 l’assegno sociale è circa €545, quindi €817 è impignorabile; se la pensione è, poniamo, €1200, solo la parte eccedente €817, cioè €383, è pignorabile nella misura massima di 1/5). In pratica, pensioni minime non si toccano; pensioni superiori possono essere intaccate per la parte eccedente il minimo vitale.
      • Conto corrente: se il creditore pignora il conto in banca, blocca le somme presenti fino a concorrenza del credito. Ci sono particolari tutele: se sul conto affluisce lo stipendio o pensione, allora si distingue:
        • Somme già depositate prima del pignoramento: sono pignorabili nei limiti di 1/5 per stipendi e pensioni, ma solo per la parte eccedente il minimo vitale (cioè 1,5x assegno sociale per pensioni). Ad esempio, se il giorno del pignoramento sul conto c’erano €3.000 provenienti anche da stipendi accreditati in passato, il pignoramento può afferrare tutto tranne l’ultimo importo di stipendio affluito nel mese (in realtà la norma è un po’ complicata: tendenzialmente si lasciano sul conto un importo pari all’ultimo stipendio, il resto si pignora).
        • Somme accreditate dopo il pignoramento: se il datore continua a versare lo stipendio sul conto già pignorato, quelle somme non sono toccabili perché c’è già il pignoramento presso il datore che garantisce la quota. Il pignoramento sul conto ha efficacia istantanea sulle disponibilità esistenti alla data di notifica.
        • In sintesi, tenere molti soldi su conto è rischioso: meglio minimizzare se si teme un pignoramento.
  • Esecuzione e vendita: Nel caso di immobili o beni mobili pignorati, si aprirà una procedura davanti al giudice dell’esecuzione. Verrà stimato il valore (spesso con ribasso d’asta) e si tenterà la vendita. I tempi possono essere lunghi (anche anni per vendere un immobile), e il debitore può subire nel frattempo la perdita del possesso (es. nomina di custode per la casa).
  • Riparto: Il ricavato di eventuali vendite viene distribuito ai creditori secondo prelazioni: l’esecuzione individuale comunque rispetta i privilegi (es. se casa ipotecata, la banca prende il suo e altri eventualmente il resto).

Difese del debitore nell’esecuzione forzata

Anche durante le esecuzioni ci sono possibilità di difesa:

  • Opposizione agli atti esecutivi: se il procedimento ha vizi formali (pignoramento notificato male, stima errata, ecc.) si può fare opposizione ex art.617 c.p.c. entro termini brevi.
  • Opposizione all’esecuzione: se si ritiene di non dover pagare (perché ad esempio il debito non esiste, o è già pagato, o è prescritto) si può opporsi ex art.615 c.p.c., ottenendo la sospensione magari, ma serve provare con elementi forti il perché.
  • Conversione del pignoramento: il debitore può chiedere di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro equivalente al credito e spese. In pratica, se un immobile è pignorato per €50k, offre €50k al creditore (anche rateizzabili fino a 48 mesi con almeno 1/5 subito) per liberare il bene (art.495 c.p.c.). Questa è una difesa utile se ad esempio si trova un accordo di saldo e stralcio all’ultimo minuto: si chiede al giudice di sostituire il pignoramento con l’importo concordato.
  • Istanza di vendita al ribasso: se la casa è la prima casa e la vendita all’asta non ha visto offerte dopo vari tentativi con prezzo ribassato sotto certi limiti (es. <50% valore), il debitore può chiedere che l’esecuzione si chiuda senza vendita (introdotto dal 2021, art. 568 c.p.c. modif.). Ciò però è eventuale e non elimina il debito, solo salva la casa se nessuno la vuole a prezzo vilissimo.
  • Patrimonio minimo vitale: Come detto, alcuni beni sono totalmente impignorabili:
    • Vestiti, biancheria, letto, tavolo da pranzo, frigorifero, stufa per riscaldarsi, utensili di cucina, etc. (art. 514 c.p.c.).
    • Strumenti di lavoro indispensabili per l’attività del debitore: pignorabili solo per il 1/5 del loro valore complessivo (art. 515 c.p.c.). Quindi se un artigiano ha attrezzi per 10.000€, gliene lasciano per 8.000 e al più vendono per 2.000. Questo per non togliergli i mezzi di sostentamento.
    • Animali da compagnia o affezione non si pignorano (dal 2015, e anche gli animali da lavoro di affezione).
    • Libri e oggetti di culto, medaglie al valore, ricordi personali, non si toccano.
    • Assegni sociali, pensioni di invalidità non sono pignorabili (essendo minimi vitali).
    • Fondo patrimoniale: se il debitore aveva costituito un fondo patrimoniale su beni per bisogni della famiglia, i creditori per debiti estranei ai bisogni della famiglia potrebbero non poterli aggredire, salvo procedura separata (ma molto tecnico; spesso i giudici considerano i debiti d’impresa estranei e quindi non attaccabili su beni in fondo, a meno che il creditore provi che il debito era contratto per scopi familiari – raramente vero per debiti commerciali). Il fondo può dare qualche scudo, ma è soggetto a revocatoria se fatto poco prima dei debiti.

Se il debitore non ha beni né redditi ufficiali, di fatto i creditori rimarranno insoddisfatti. Alcuni potrebbero periodicamente rinnovare i tentativi (pignorare un conto nella speranza che passi qualcosa), ma se davvero c’è “nullatenenza”, il debitore in un certo senso è già in uno stato simile all’esdebitato di fatto (nessuno riesce a prendere nulla). Tuttavia, restano rischi:

  • I debiti non si annullano da soli: restano pendenti per 10 anni rinnovabili (le sentenze e i decreti si prescrivono in 10 anni, ma un atto interruttivo le rinnova). Quindi un creditore può tenere “in vita” il debito a lungo notificando un precetto ogni 10 anni.
  • Se in futuro il debitore dovesse entrare in possesso di qualcosa (eredità, assunzione con stipendio ufficiale, vincita), i creditori potrebbero rifarsi vivi.
  • La qualità della vita del debitore con molti debiti pendenti può essere compromessa: niente conto corrente (se lo apri rischi il pignoramento), impossibilità di intestarsi beni (mettere l’auto a proprio nome, ecc., espone a pignoramento), stress psicologico.

In sintesi, non fare nulla e sperare che i creditori desistano è raramente la scelta migliore. Può risultare in un limbo indefinito in cui i debiti restano sospesi come una spada di Damocle. L’unica situazione in cui potrebbe avere senso è:

  • Debitore totalmente nullatenente e irredimibile, che vive di espedienti o in economia informale, senza prospettive di miglioramento, e che non teme la “nomea” del cattivo pagatore. In quel caso i creditori potranno fare ben poco (tranne rovinargli l’eventuale futuro se mai emergesse). Tuttavia, oggi c’è l’opportunità di formalizzare anche quel default con l’esdebitazione incapiente, ottenendo pace legale e potendo magari ricominciare a lavorare in bianco senza paura.
  • Oppure, debiti di importo modesto per i quali il creditore magari non attiverà mai procedure costose. Ma è un’alea: magari un creditore piccolo no, ma il Fisco o la banca sì.

Quindi, l’inerzia di solito peggiora solo la posizione: interessi e sanzioni maturano, il debito cresce, e prima o poi qualcuna delle azioni sopra arriva. Molto meglio utilizzare gli strumenti negoziali o legali per prendere in mano la situazione e risolverla in modo definitivo, per quanto doloroso possa essere nell’immediato.

Domande frequenti (FAQ) – Dubbi comuni del debitore indebitato

Di seguito una serie di domande e risposte che riassumono i punti chiave e sciolgono i dubbi più frequenti per un ex titolare di attività commerciale in difficoltà con i debiti:

  • D: Ho chiuso la mia attività da più di un anno. Possono ancora dichiararmi fallito (liquidazione giudiziale)?
    R: No, decorso oltre un anno dalla cessazione dell’attività, non è più possibile l’iniziativa di fallimento da parte dei creditori. La legge pone questo limite temporale. Se eri un imprenditore “fallibile”, dopo un anno sei fuori pericolo di liquidazione giudiziale coatta. Ciò non significa però che i debiti spariscono: semplicemente i creditori dovranno usare gli strumenti ordinari (pignoramenti) o, se vorrai, potrai tu stesso accedere a una liquidazione controllata volontaria per ottenere l’esdebitazione. Questo è stato confermato nel nuovo Codice, che anzi consente al debitore di chiedere la liquidazione controllata anche oltre l’anno per liberarsi dei debiti pregressi.
  • D: In cosa differisce il “fallimento” dal sovraindebitamento?
    R: Il fallimento (ora chiamato liquidazione giudiziale) è la procedura concorsuale riservata agli imprenditori sopra certe soglie (o società). Comporta spossessamento, nomina di curatore, ecc. Il sovraindebitamento invece riguarda i debitori civili e piccoli imprenditori “non fallibili”. Le procedure di sovraindebitamento (piano, concordato minore, liquidazione controllata) sono simili nelle finalità (regolare i debiti collettivamente) ma semplificate e tarate su realtà minori. Ad esempio, nelle procedure da sovraindebitamento è sempre prevista la valutazione di meritevolezza, l’intervento di un OCC, e si punta molto alla riabilitazione della persona. Nel fallimento classico, specie quello delle società, l’accento era più sul soddisfacimento dei creditori e meno sulla persona del debitore (che, se fallito persona fisica, poteva chiedere esdebitazione solo dopo). In pratica: fallimento = concorso per aziende medio-grandi; sovraindebitamento = concorso per famiglie e piccole imprese. Per il debitore, la differenza tangibile è che nel sovraindebitamento ha a disposizione più opzioni flessibili (come il piano del consumatore) e un contesto meno stigmatizzante. Anche gli effetti sui diritti civili sono diversi: il fallito imprenditore in passato subiva incapacità (non poteva fare l’imprenditore per qualche tempo, restrizioni sui diritti politici finché non riabilitato, ecc.), oggi queste incapacità sono abolite in gran parte, però culturalmente il fallimento porta con sé un’ombra maggiore. Il sovraindebitamento è pensato invece quasi come un percorso di recupero per il debitore onesto sfortunato.
  • D: Cosa si intende esattamente per debitore “meritevole”?
    R: “Meritevole” nel contesto significa che il debitore non ha cagionato volontariamente o con grave colpa il proprio sovraindebitamento e che si è comportato correttamente. In concreto, i requisiti di meritevolezza sono:
    • Nessuna frode ai creditori: non avere sottratto beni per non farli trovare (vendite fittizie, donazioni opportunistiche, occultamenti).
    • Assenza di dolo o colpa grave nell’indebitarsi: ad esempio non aver contratto debiti sapendo di non poterli pagare. Se hai fatto spese folli confidando poi di farla franca, è colpa grave. Se invece ti sei indebitato ragionevolmente (pensavi di poter pagare, poi è andata male), sei meritevole.
    • Condotta trasparente: aver fornito tutte le informazioni al gestore/giudice, non aver omesso passività o attivo.
    • Eventuale condotta dei creditori: se eri un consumatore e la banca ti ha prestato soldi oltre ogni logica (violando il dovere di valutare il tuo merito creditizio), questo gioca a tuo favore: la tua “colpa” è attenuata e non ti esclude dal beneficio.
    In pratica, il giudice guarda se sei un onesto in disgrazia o un furbo malizioso. La Cassazione ha detto che la meritevolezza non va intesa in modo eccessivamente punitivo: l’indebitamento può derivare anche da imprudenza o leggerezza, ma finché non sfocia in colpa gravissima o mala fede, non dev’essere precluso l’accesso alla procedura. Diverso se hai tenuto comportamenti censurabili (truffe, dissipationi volutamente scriteriate). Ovviamente ogni caso è a sé: ad esempio, chi si è indebitato per gioco d’azzardo patologico viene considerato meritevole o no? Alcuni giudici hanno ritenuto di sì, purché il soggetto intraprenda un percorso di cura, perché la ludopatia è una malattia; altri più rigidi no. Dipende. Ma il trend è di dare sollievo anche a queste situazioni se c’è pentimento e cambio di condotta.
  • D: Ho qualche risparmio e vorrei evitare di vendere la casa: è meglio un concordato o la liquidazione?
    R: Se hai risorse (risparmi, aiuti familiari) e tieni a conservare la casa, è preferibile tentare un concordato minore o piano del consumatore, offrendo ai creditori un pagamento parziale ma superiore a quanto otterrebbero vendendo la casa. Ad esempio, se la tua casa vale 100 e il mutuo residuo è 80, vendendola i creditori chirografari prenderebbero magari quasi zero; se tu proponi di tenere la casa e dare ai creditori 20 (raccogliendoli da risparmi/terzi) potresti convincerli. In un concordato potresti dire: non vendete la casa, vi pago quell’equivalente in 5 anni. Se ottieni l’accordo o l’omologa, salvi la casa. Nella liquidazione controllata, invece, il liquidatore cercherà di monetizzare tutto, casa compresa (non c’è un meccanismo di esenzione per la prima casa come visto). Quindi, la liquidazione porta quasi certamente alla perdita dell’immobile, a meno che la vendita non sia impossibile (ma alla fine se c’è valore la vendono). Quindi, per difendere i beni di famiglia, meglio la strada concordataria negoziale. Fai anche attenzione che in sede di concordato minore potresti prevedere di continuare a pagare il mutuo e tenere l’ipoteca in piedi: cioè lasci la banca ipotecaria fuori dalla falcidia (pagandola regolarmente) e ristrutturi solo gli altri debiti. Questo è spesso fattibile: basta che il piano dichiari che non si intende modificare i diritti del creditore ipotecario principale. In tal modo, nessuno vende la casa, tu continui a pagare il mutuo alle scadenze, e nel frattempo l’accordo alleggerisce il resto del debito. Molti tribunali ammettono piani dove la casa con mutuo viene “sterilizzata” (né pignorata né venduta) e i creditori chirografari prendono quello che c’è da altre fonti. Devi però avere abbastanza altro (redditi futuri o contributi terzi) da offrire ai chirografari qualcosa di credibile.
  • D: Ho già usufruito 3 anni fa di un piano del consumatore, ora sono di nuovo pieno di debiti: posso farne un altro?
    R: In linea di massima no, o meglio non nell’immediato. La legge vieta di accedere a una nuova procedura di sovraindebitamento se hai già ottenuto l’omologazione di una precedente nei 5 anni precedenti. Quindi devi aspettare almeno 5 anni dall’omologa precedente. Questo per evitare abusi. Ci sono delle eccezioni: se la prima procedura è stata chiusa senza esdebitazione (ad es. il piano non è stato omologato per ragioni tecniche, oppure è stato revocato per inadempimento senza colpa grave del debitore, o se magari hai rinunciato prima all’omologa), potrebbe non fare testo e potresti riprovare prima. Ma se hai proprio beneficiato di uno stralcio dei debiti, devi attendere. Nel nuovo Codice per la verità c’è un po’ di ambiguità tra 5 e 4 anni in alcuni punti, e il terzo correttivo 2024 potrebbe aver armonizzato a 4 anni per certi aspetti. Comunque, cautelativamente considera 5 anni. Inoltre, l’esdebitazione incapiente è una tantum per la vita: se usi quella e ti liberano i debiti senza pagare nulla, sappi che non potrai chiederla di nuovo. Quindi andrebbe usata solo se davvero non ci sono alternative e sei al tracollo definitivo.
  • D: I debiti fiscali e contributivi si possono ridurre nelle procedure? Ho sentito che IVA e INPS vanno pagati sempre al 100%.
    R: Questa era la situazione in passato, ma non è più così dal 2021. Nel regime originario della L.3/2012 c’era divieto di falcidia dell’IVA e ritenute; però:
    • Nel 2020 la Corte Costituzionale (sent. 245/2019) ha aperto alla possibilità di falcidiare l’IVA nel sovraindebitamento, giudicando irragionevole imporne il pagamento integrale se non c’è capienza.
    • Il Decreto Ristori (D.L.137/2020 conv. L.176/2020) ha modificato la L.3/2012 eliminando quel divieto.
    • Oggi il CCII conferma che i debiti verso Erario e INPS possono essere trattati come gli altri, salvo rispettare i loro privilegi (cioè devi dare almeno il valore di realizzo dei beni su cui hanno privilegio). Ma in un piano o concordato minore, puoi proporre di pagare al Fisco solo una percentuale del dovuto. Ovviamente l’Agenzia Entrate può fare osservazioni: se offri troppo poco rispetto a cosa loro incasserebbero pignorandoti, il giudice potrebbe non omologare per difetto di convenienza. Ma non c’è più l’obbligo assoluto di integrale pagamento di IVA e contributi.
    • Nota però: multe e sanzioni pecuniarie, pur di competenza di Agenzia Riscossione, non sono falcidiabili in termini di effetti finali: puoi anche non pagarle integralmente nel piano, ma la parte non pagata rimarrà a tuo carico (non verrà esdebitata). Per sanzioni amministrative, in pratica, la procedura serve solo a dilazionarle, non a cancellarle, a meno che l’ente stesso non rinunci.
    • Idem dicasi per i debiti da danno erariale verso la Corte dei Conti o sanzioni penali: quelli restano fuori.
    In sintesi, nel tuo piano/concordato potrai certamente includere IVA, imposte, contributi con un pagamento parziale. Questo è ormai prassi e c’è giurisprudenza di Cassazione che l’ha sancito. Solo assicurati di trattare il Fisco con i guanti: se ad esempio hai debiti IVA, conviene offrire almeno il valore del magazzino che avrebbero potuto pignorare. Spesso l’AE accetta piani se vede uno sforzo serio e se rispetti le formalità (bisogna inserire una sorta di “transazione fiscale” con indicazione specifica dei tributi e motivazione del perché non puoi pagarli interamente).
  • D: Ho una cessione del quinto sullo stipendio per un prestito: se faccio la procedura, quella si ferma?
    R: Sì, nelle procedure di sovraindebitamento la cessione del quinto viene sospesa e il credito residuo per il prestito verrà trattato come gli altri debiti chirografari. Questo lo prevedeva già la L.3/2012 (art. 8 co.1-ter) e il CCII mantiene il concetto. In pratica, appena il giudice ammette la procedura, tu puoi notificare all’azienda di interrompere la trattenuta del quinto. Quel prestito andrà dentro il piano/concordato e probabilmente ne pagherai solo una percentuale come per gli altri. Attenzione: ciò vale per sovraindebitamento omologato; se sei semplicemente in trattativa o in attesa, la cessione continua. Devi attendere un provvedimento del giudice (ad es. nell’ordinanza che fissa l’udienza e concede misure protettive, il giudice può disporre la sospensione delle trattenute su richiesta). Molti giudici lo fanno, perché ha senso: serve evitare che un creditore (la finanziaria del quinto) sia soddisfatto più degli altri. Dunque, presentando il ricorso, chiedi espressamente la sospensione delle trattenute ex art. 54-ter L.3/2012 (oggi credo art.65 CCII per misure protettive). Se la procedura va in porto, il debito residuo verso la finanziaria verrà ridotto secondo il piano e le trattenute cessano definitivamente. Questo è un bel vantaggio per chi è soffocato da cessioni o deleghe sullo stipendio.
  • D: Dopo l’esdebitazione, potrò avere di nuovo un mutuo o finanziamento?
    R: Nel breve periodo, realisticamente, sarà difficile ottenere credito. L’esdebitazione non cancella la storia creditizia: risulterà che hai fatto un piano o liquidazione e hai pagato magari parzialmente i creditori. Le banche valuteranno molto attentamente. Inoltre, se hai subito una liquidazione, comparirai nei sistemi delle procedure concorsuali per un po’. Tuttavia, giuridicamente nulla te lo vieta: una volta esdebitato, sei libero da debiti e non hai restrizioni legali (nel vecchio fallimento c’era divieto di riottenere esdebitazione per 10 anni, ma potevi comunque fare affari; ora la preclusione è 5 anni per nuove procedure, ma non incide su poter contrarre nuovi debiti). Quindi potresti teoricamente chiedere subito un piccolo prestito; in pratica, però, la tua affidabilità creditizia sarà compromessa. Dovrai ricostruirla gradualmente, magari iniziando con una carta di credito assicurata, pagando puntuale bollette, etc. Col tempo, se la tua situazione di reddito è buona e non hai più pendenze, potrai accedere a finanziamenti. L’importante è fare tesoro dell’esperienza ed evitare di ricascare nell’indebitamento imprudente. Per le società c’è anche un discorso di stigma minore (fallimenti aziendali sono “accettati” nel rischio d’impresa); per la persona fisica, specie se consumatore, c’è ancora qualche pregiudizio ma la mentalità sta cambiando. Alcune normative UE puntano a far sì che l’esdebitato possa reintegrarsi anche nel mercato del credito a condizioni eque. In ogni caso, conviene essere prudenti: dopo esserti liberato dei debiti, cerca di vivere entro i tuoi mezzi almeno per qualche anno e creare un piccolo cuscinetto di risparmio prima di imbarcarti in nuovi finanziamenti.
  • D: Se ottengo l’esdebitazione, i debiti scompaiono proprio? Ad esempio, mi cancellano dalle banche dati dei cattivi pagatori?
    R: L’esdebitazione non cancella gli eventi storici di insolvenza, ma rende quei debiti legalmente inesigibili nei tuoi confronti. Questo significa che:
    • I creditori non potranno più perseguirti per quei crediti (sono estinti per legge nei tuoi confronti).
    • Le eventuali ipoteche iscritte sui tuoi beni decadono (se un creditore aveva ipoteca sulla casa e tu mantieni la casa, quell’ipoteca diventa inefficace dopo esdebitazione, perché legata a un debito inesigibile).
    • Però, come detto, i coobbligati restano obbligati: se avevi un garante, quello continuerà a dover pagare (la tua esdebitazione non si estende a lui).
    • Quanto alle banche dati creditizie (CRIF, Experian etc.), la segnalazione di default rimane tipicamente per un certo numero di anni (di solito 3 anni dalla data di cessazione del rapporto per morosità, o 5-6 anni se c’è sofferenza). L’esdebitazione in sé non comporta la cancellazione immediata dalle banche dati; anzi, potrebbe esserci registrato l’evento concorsuale. Puoi tuttavia inviare tu copia del decreto di esdebitazione a eventuali creditori per far aggiornare lo status a “chiuso per procedura concorsuale con esdebitazione”, il che quantomeno evidenzia che hai risolto. La cancellazione avverrà secondo i tempi canonici di conservazione dei dati.
    • Nella Centrale Rischi Banca d’Italia (che registra esposizioni >30k) la posizione a sofferenza verrà aggiornata a zero dopo che, in seguito alla procedura, le banche avranno passato a perdita il residuo. Ma l’archivio storico di chi è stato a sofferenza potrebbe mantenere l’informazione per qualche tempo.
    • In sintesi: giuridicamente i debiti non esistono più, ma reputazionalmente ci vorrà un po’ perché la tua “fedina finanziaria” torni linda. L’esdebitazione è comunque immensamente liberatoria: ti consente di dire “non devo nulla a nessuno” e, se un vecchio creditore venisse a bussare, puoi opporre il provvedimento che lo blocca.
  • D: Se ho fatto da garante (fideiussore) per un debito della mia società, posso trattarlo nel piano del consumatore?
    R: Sì, la giurisprudenza recente lo consente in certi casi. La Cassazione a Sezioni Unite nel 2023 ha affermato che un fideiussore che di per sé è un consumatore (cioè non ha garantito nell’ambito di un’attività d’impresa propria, ma magari per cortesia o legame personale) può essere trattato come consumatore. Ad esempio, se tu come privato hai garantito un mutuo della SRL di tuo fratello, e ora sei escusso, quel debito per te è personale nonostante nasca in ambito aziendale del fratello. Diversi tribunali (es. Milano, Napoli Nord) hanno omologato piani del consumatore di garanti di società. Quindi puoi includere il debito da fideiussione nel tuo piano personale. L’importante è spiegare che tu non hai avuto benefici imprenditoriali da quel debito, eri un terzo. Se invece eri socio e garante, la linea è più sottile: se eri socio di maggioranza, potrebbero considerarti parte dell’attività, quindi non consumatore. Ma c’è stato un caso di socio accomandatario di SAS che era garante e il tribunale ha detto che beneficia del concordato della società (non esattamente piano consumatore, ma concordato in solido). Insomma, garantire la propria azienda spesso viene visto come debito d’impresa proprio, ma garantire l’azienda altrui o del coniuge viene visto come debito “di favore” e quindi trattabile come consumo. In ogni caso, se non potessi fare il piano consumatore, puoi sempre fare il concordato minore come “ex imprenditore” e inserire anche lì la fideiussione. Non c’è problema a includerla, solo cambia la procedura e serve il voto dei creditori, ma il risultato (riduzione del debito garantito) si può ottenere.
  • D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
    R: Ci sono alcuni costi da considerare:
    • Compenso dell’OCC o gestore: Il professionista che redige la relazione e segue la procedura ha diritto a un compenso, che di solito è stabilito dal giudice su parametri ministeriali (in base all’attivo, al lavoro svolto). Nelle procedure minori, spesso l’OCC chiede un acconto iniziale (qualche centinaio di euro) e poi viene soddisfatto come creditore prededucibile nella procedura (prende una percentuale di quanto distribuito). Se il debitore è nullatenente, c’è un Fondo di solidarietà gestito dal Ministero che rimborsa in parte i compensi OCC nelle liquidazioni incapienti, e alcune regioni (o l’OCC stesso) talora rinunciano in parte. Comunque un minimo di costo c’è: realisticamente, per un piano concordato semplice con pochi creditori, l’OCC potrebbe prendere 1.000-2.000 euro. Per una liquidazione più complessa con immobili, può salire.
    • Spese legali: Anche se non strettamente obbligatorio dalla legge (il debitore potrebbe presentare da sé, teoricamente), di fatto ti serve un avvocato per preparare l’istanza e seguirti in udienza. L’avvocato avrà un costo (variabile ma direi tra 1.500 e 5.000 € a seconda della complessità e luogo). Spesso i debitori sovraindebitati hanno diritto al patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio) se il loro reddito è sotto soglia (ca. €11.700 annui). Molti tribunali ammettono il gratuito patrocinio per queste procedure: ciò significa che l’avvocato è pagato dallo Stato, non dal cliente, e l’OCC pure può attingere al fondo pubblico se il debitore è non abbiente. Quindi informati presso l’ordine avvocati locale se ne hai diritto.
    • Spese di giustizia: Il contributo unificato per queste procedure è modesto (mi pare sui €98). E qualche marca da bollo. Niente di proibitivo.
    Nel complesso, il costo non è esorbitante comparato ai benefici (cancellare decine di migliaia di debiti). Molti professionisti e OCC, comprendendo la situazione, dilazionano o riducono i compensi. Inoltre, spesso il grosso del pagamento all’OCC e all’avvocato può essere incluso nel piano stesso, come credito prededucibile: cioè li paghi durante la procedura con le stesse somme destinate ai creditori. Quindi l’esborso iniziale può limitarsi a qualche centinaio di euro di acconto e bolli. L’ideale è rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi pubblico (presso ad es. l’Ordine dei Commercialisti o degli Avvocati locali): spesso forniscono prima consulenza gratuita e poi nominano un gestore.
  • D: Se i miei creditori non sanno che potrei fare sovraindebitamento, posso usarlo come leva in trattativa?
    R: Assolutamente sì. È anzi una strategia consigliabile: far capire ai creditori che esiste per te l’opzione di una procedura concorsuale dove potrebbero ottenere meno di quanto stai offrendo loro in via stragiudiziale. Ad esempio, se devi convincere una banca ad accettare il 50% a saldo e stralcio, puoi presentare uno scenario: ”guardate, se non accettate io sono costretto a fare un concordato minore e nel concordato, considerata la presenza del Fisco e altri privilegi, a voi chirografari toccherà forse il 20%. Vi conviene prendere il 50 ora”. Questo argomento è ancora più efficace da quando le regole permettono di falcidiare anche IVA (quindi i creditori sanno che non hanno protezioni speciali). In pratica, usi la minaccia credibile della procedura come leva negoziale. Molti creditori, specie finanziarie e banche, ora conoscono la legge 3/2012 e CCII e sanno che se il debitore è ben assistito può attivarla. Anche l’Agenzia Entrate si è adeguata: ad esempio ha predisposto moduli per l’adesione alle proposte di transazione fiscale nei concordati minori. Quindi, sì, far sapere che sei informato su questi strumenti e disposto ad usarli può renderli più malleabili. Fai solo attenzione a non bluffare senza poterlo fare: se dici che farai il piano, devi poterlo fare davvero (requisiti meritevolezza etc.). Ma nella maggior parte dei casi è preferibile riuscire a chiudere a stralcio piuttosto che passare da una procedura pubblica, quindi tentare la leva è legittimo. Anzi, lo spirito della norma che impone l’avviso nel precetto è proprio di far sapere al creditore che il debitore potrebbe rifugiarsi in quelle procedure, e quindi magari conviene accordarsi prima. C’è tutta una policy europea sul promuovere soluzioni stragiudiziali negoziate e ridurre i fallimenti. Quindi usare l’arma del sovraindebitamento come persuasione è del tutto coerente.

Conclusione: Questa guida ha coperto i principali aspetti della difesa del debitore ex imprenditore di merceria indebitato. Abbiamo visto come il nostro ordinamento, aggiornato al 2025, offra strumenti avanzati per ridurre, ristrutturare o cancellare i debiti, pur bilanciando i diritti dei creditori. Per un debitore onesto oppresso dai debiti, oggi esistono vie d’uscita concrete: dagli accordi bonari, fino al “perdono” totale dei debiti tramite l’esdebitazione. Il consiglio è di affrontare la situazione attivamente, rivolgendosi a professionisti (avvocati, OCC) e non lasciarsi paralizzare dalla paura o dalla vergogna. Il punto di vista del debitore è finalmente entrato al centro della normativa: la legge ti dà strumenti per difenderti e risorgere, usali con consapevolezza e correttezza.

Fonti normative e giurisprudenziali (luglio 2025)

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), in particolare artt. 2 (definizione di impresa minore), 33 (termini post-cessazione), 67-73 (procedure di sovraindebitamento previgenti convertite), 74-83 (Concordato minore), 65 (misure protettive), 268-277 (Liquidazione controllata), 278 (esdebitazione: oggetto, esclusioni), 280-282 (condizioni esdebitazione post-liquidazione), 283 (esdebitazione incapiente: definizione e condizioni).
  • Legge 3/2012 (ormai abrogata per le nuove procedure, ma rilevante per i principi base e per le procedure aperte prima del 15/7/2022) – Disposizioni sul sovraindebitamento.
  • D.L. 137/2020 conv. L.176/2020 – Riforma della L.3/2012 (ha introdotto novità come l’avviso nel precetto, la falcidia IVA, le procedure familiari).
  • D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024 (decreti correttivi al CCII) – quest’ultimo in particolare ha modificato termini e presupposti di liquidazione controllata ed esdebitazione.
  • Codice di Procedura Civile, artt. 480 (precetto, avviso OCC), 514-515 (beni impignorabili), 543 ss. (pignoramento presso terzi, limiti ex DPR 180/1950 per stipendi), 495 (conversione pignoramento).
  • DPR 602/1973, art. 76 (divieto pignoramento prima casa da parte Fisco), art. 72-ter e 72-bis (pignoramento conti, stipendi da Agenzia Entrate-Riscossione).
  • Corte di Cassazione – Giurisprudenza rilevante:
    • Cass. Civ. Sez. I, 14/02/2023 n.4613: principi su ammissibilità accordo sovraindebitamento e tutela creditori ipotecari.
    • Cass. Civ. Sez. I, 26/09/2022 n.28013: diniego omologa piano consumatore per percentuale insufficiente ai chirografari.
    • Cass. Civ. Sez. III, 26/07/2022 n.23343: obbligo avviso sovraindebitamento nel precetto e conseguenze.
    • Cass. Civ. Sez. Unite, 27/02/2023 n.5868: fideiussore consumatore e disciplina consumeristica (tutela garante).
    • Cass. Civ. Sez. I, 11/06/2021 n.16564: interpretazione meritevolezza ex art.142 l.fall. (esdebitazione anche se nessun pagamento ai chirografari, se meritevole).
    • Cass. Civ. Sez. VI, 18/02/2021 n.4270: conferma ammissibilità falcidia dei crediti erariali negli accordi di sovraindebitamento.
  • Tribunale di Oristano, 29/07/2024 – decreto di esdebitazione “a costo zero” ex art.283 CCII, con motivazione sulla ratio dell’istituto.
  • Tribunale di Verona, 2024 (cit. in dottrina) – ha chiarito che nel concordato minore non si valuta la meritevolezza ex art. 282 CCII (diversamente dal piano consumatore).
  • Tribunale di Avellino, 2021 – caso citato dove richiesto di dare un soddisfacimento minimo anche al chirografario escluso, prima di omologare un accordo.
  • Tribunale di Milano, 27/10/2023 – ha applicato Cass. 22699/2023 sul “debito promiscuo” considerandolo meritevole di procedura (consumatore con qualche debito professionale).
  • Corte di Giustizia UE:
    • Sentenza 08/05/2024 C-20/23: su art.23 Dir. Insolvenza, riguardo esclusione di categorie di debiti dall’esdebitazione (questione se sia ammessa esclusione di debiti tributari; la CGUE ha verosimilmente detto che non si possono escludere in blocco, coerentemente con la ratio fresh start).
    • Ordinanza 10/04/2025 C-723/23: su onestà/malafede del debitore come condizione per accesso all’esdebitazione nelle direttive (presumibilmente conferma che si può negare discharge a debitori disonesti).

Ex titolare di merceria con debiti? Fatti Difendere da Studio Monardo

Hai chiuso la tua merceria ma ti ritrovi ancora con debiti da saldare?
Ricevi solleciti, cartelle esattoriali o richieste da banche, fornitori e Agenzia delle Entrate?

Molti piccoli commercianti, dopo anni di attività, si ritrovano a pagare il peso economico anche dopo la chiusura. Ma se non riesci più a far fronte agli impegni, la legge ti offre strumenti concreti per difenderti e ripartire.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza la tua esposizione debitoria residua e la documentazione legata alla cessazione dell’attività
  • 📌 Verifica la legittimità delle richieste di pagamento da parte di Fisco, INPS e creditori privati
  • ✍️ Redige istanze per sospendere pignoramenti o procedure esecutive
  • ⚖️ Ti assiste nell’accesso alla procedura di sovraindebitamento per ex commercianti
  • 🔁 Ti guida nel percorso verso l’esdebitazione, per liberarti legalmente dai debiti che non puoi più pagare

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto nella tutela degli ex commercianti in difficoltà economica
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • ✔️ Specializzato in soluzioni legali per piccoli imprenditori e titolari di attività cessate

Conclusione

Chiudere una merceria non significa dover pagare per sempre i debiti lasciati.
Con l’assistenza giusta puoi difenderti, bloccare le azioni esecutive e tornare a respirare.

📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la tua nuova vita senza debiti comincia da qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!