Cosa Succede Se Non Pago Il Leasing Immobiliare?

Hai sottoscritto un contratto di leasing immobiliare per acquistare o utilizzare un immobile, ma ora ti trovi in difficoltà e non riesci più a pagare le rate? Ti stai chiedendo cosa succede se smetti di pagare il leasing e quali sono le conseguenze per il bene, il debito residuo e la tua posizione personale?

Il leasing immobiliare è un contratto che ti consente di utilizzare un immobile (abitativo o strumentale) dietro pagamento di un canone periodico, con la possibilità di riscattarlo alla fine. Ma se salti i pagamenti, la società di leasing può attivare meccanismi molto severi.

Cosa succede se non paghi il leasing?
– Dopo alcune rate non versate, il contratto può essere risolto per inadempimento
– La società di leasing può riprendere possesso dell’immobile, anche con procedura giudiziaria
– Può chiederti di versare tutte le rate residue, anche se non userai più l’immobile
– Può trattenere i canoni già pagati e chiedere danni per il mancato guadagno
– Se l’immobile viene rivenduto e il ricavato è inferiore al debito residuo, dovrai pagare la differenza

Quali sono le conseguenze concrete per te?
Perdita dell’immobile senza possibilità di riscatto
Iscrizione in Centrale Rischi e protesti, con difficoltà ad accedere a nuovi finanziamenti
Azioni legali e pignoramenti su conto corrente, stipendio, pensione o altri beni
– In caso di garanzie personali, coinvolgimento diretto di soci, familiari o garanti
– Aumento del debito per sanzioni, interessi moratori e spese legali

Come puoi difenderti o risolvere la situazione?
– Verifica se il contratto contiene clausole vessatorie o sproporzionate
– Controlla se la risoluzione è avvenuta nel rispetto dei termini di legge e delle procedure
– Valuta la possibilità di rinegoziare il debito o proporre un saldo e stralcio
– Se il debito è eccessivo rispetto alle tue possibilità, considera la procedura di sovraindebitamento
– Se sei stato solo utilizzatore e non firmatario, verifica se puoi escludere la tua responsabilità diretta
– Opponiti legalmente agli atti esecutivi se ci sono vizi nella notifica o nei conteggi

Cosa puoi ottenere con una strategia legale efficace?
– Sospensione delle richieste e delle azioni esecutive
– Riduzione o cancellazione parziale del debito
– Blocco di ipoteche e pignoramenti
– Protezione dei beni personali e della casa, se rientri nei requisiti
– Uscita dalla situazione debitoria con una soluzione concordata o giudiziale

Non pagare il leasing immobiliare può avere conseguenze gravi, ma non sei senza difese. La legge prevede tutele e strumenti anche per chi non riesce più a far fronte a questi contratti.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in leasing, diritto bancario e crisi del debitore ti spiega cosa succede se non paghi il leasing immobiliare, quali sono i tuoi diritti e come puoi difenderti prima che sia troppo tardi.

Hai ricevuto solleciti o atti legali dalla società di leasing? Vuoi sapere se puoi salvare l’immobile o ridurre il debito residuo? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo il tuo contratto e ti diremo se ci sono clausole illegittime, soluzioni alternative e modi concreti per uscire dalla crisi.

Introduzione

Il leasing immobiliare è un contratto di finanziamento in base al quale una banca o un intermediario finanziario concede a un utilizzatore l’uso di un immobile (strumentale o residenziale) dietro il pagamento di canoni periodici, con opzione di riscatto finale a un prezzo prestabilito. L’utilizzatore ha l’obbligo di versare puntualmente i canoni e di mantenere il bene in buono stato. Se si verifica un grave inadempimento dell’utilizzatore – definito dalla legge come la mancata corresponsione di sei canoni mensili o due trimestri anche non consecutivi nei leasing immobiliari – il concedente può risolvere il contratto per inadempimento.

In caso di inadempimento e risoluzione del contratto, le conseguenze pratiche sono le seguenti: l’utilizzatore deve restituire l’immobile al concedente, che provvede a venderlo sul mercato. Dall’incasso della vendita vengono recuperate le somme dovute al concedente, mentre l’eventuale eccedenza o deficit rispetto al debito residuo viene computata a favore o a carico dell’utilizzatore. Le norme civilistiche (artt. 1458 e 1526 c.c.) e quelle speciali introdotte dalla legge n.124/2017 disciplinano i diversi casi (leasing di godimento vs traslativo) con effetti specifici sulla restituzione delle somme versate. La tabella seguente riepiloga schematicamente gli effetti principali nei due tipi fondamentali di leasing e in caso di crisi del debitore:

Situazione/EventoLeasing traslativoLeasing di godimentoSe l’utilizzatore è in crisi (concordato o fallimento)
Prima dell’inadempimentoL’utilizzatore paga regolarmente i canoni e gode dell’immobile; al termine può acquistarlo secondo opzione.Stessa situazione: fruizione temporanea dell’immobile a canoni; nessun trasferimento futuro.Contratto pendente, di norma prosegue; possono applicarsi misure protettive (art. 18 c.c.i.) che sospendono azioni del concedente.
Grave inadempimentoDopo 6 rate non pagate (o 2 trimestri), il concedente può risolvere il contratto.Stesso termine di 6 rate.Con misure protettive, il concedente non può recedere né avanzare pretese per canoni scaduti prima della pubblicazione. Senza protezioni, rimangono liberi i rimedi usuali.
Restituzione del beneL’utilizzatore deve restituire l’immobile al concedente.Idem: l’immobile torna al concedente.In fallimento, il curatore può sciogliere il leasing (art. 72-quater l.fall.). In concordato, si applicano regole analoghe.
Vendita del beneIl concedente vende l’immobile a valori di mercato. Dall’incasso detrae: i canoni scaduti e non pagati, i canoni residui (in linea capitale), l’opzione di riscatto, le spese di recupero/valutazione. Se dal ricavato avanzi un importo superiore al debito residuo, l’eccedenza spetta all’utilizzatore; se dal ricavato manca qualcosa rispetto al debito residuo, l’utilizzatore deve coprire la differenza.Il concedente vende l’immobile, ma trattiene interamente i canoni già incassati: l’utilizzatore ha solo diritto al risarcimento del danno.Se il curatore scioglie il contratto, il concedente inserisce nel passivo fallimentare i crediti maturati (e relativi interessi); per il capitale futuro interrompe il rapporto, riprende l’immobile e può chiedere l’eventuale differenza tra credito residuo e ricavato.
Effetti delle clausole contrattualiIn mancanza di norma espressa (contratti anteriori al 2017), si applica analogicamente l’art. 1526 c.c.: l’utilizzatore, una volta corrisposto il dovuto e restituito il bene, ha diritto alla restituzione dei canoni versati con detrazione di un equo compenso (usura/valore uso). Clausole che penalizzano l’utilizzatore trattenendo interamente le rate pagate non sono di per sé nulle (la Cassazione ha confermato che l’art.1526 c.c. consente al giudice di ridurre l’indennizzo se è eccessivo).In base all’art.1458 c.c. il concedente trattiene tutti i canoni incassati (salvo danni), senza compensi aggiuntivi da restituire all’utilizzatore.In ogni caso, durante il fallimento il concedente può pignorare l’immobile trattenuto; clausole che limitano la ripartizione del ricavato (patto di deduzione) sono nulle.

Obblighi di utilizzatore e concedente

L’utilizzatore (debitor) deve:

  • Versare puntualmente i canoni pattuiti e mantenere l’immobile in buono stato, osservando eventuali destinazioni d’uso.
  • Al sorgere del grave inadempimento (6 canoni mensili o 2 trimestri non pagati), ha l’obbligo di restituire l’immobile al concedente entro il termine fissato dal contratto o da un ordine del giudice.

Il concedente (banca o finanziaria) può:

  • Risoluzione del contratto. Dichiarare la risoluzione per inadempimento finanziario ai sensi del comma 137 della L.124/2017. Ricevuta la restituzione del bene, è tenuto a vendere l’immobile sul mercato (nei tempi previsti contrattualmente o giudizialmente).
  • Recupero crediti. Riscattare l’eventuale differenza dal prezzo di vendita, detraendo i canoni insoluti e quelli residui (capitale), l’opzione finale e le spese sostenute. Le somme supplementari eventuali (se il ricavato supera il debito residuo) devono essere versate all’utilizzatore. Se il prezzo di vendita non copre totalmente il debito residuo, l’utilizzatore è tenuto a pagare la differenza. Per i crediti già scaduti, il concedente può agire giudizialmente per ottenere il saldo e interessi.
  • Nullità delle clausole penalizzanti. Eventuali patti che assegnano al concedente il diritto esclusivo di trattenere tutte le somme senza riconoscere l’equo compenso possono essere disapplicati: la Cassazione ammette che il giudice riduca in concreto l’indennizzo a carico dell’utilizzatore se sproporzionato.

In tutti i casi, le ragioni del concedente e dell’utilizzatore sono regolate anche dalle normative generali sui contratti (ad es. art. 1218 c.c. sull’inadempimento) e dalla giurisprudenza, che nel tempo ha chiarito l’applicazione analogica di principi tradizionali del contratto di vendita con riserva (art.1526 c.c.).

Effetti del fallimento o concordato dell’utilizzatore

Se l’utilizzatore (impresa individuale o società) entra in procedura concorsuale (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, fallimento), il leasing è disciplinato da norme speciali:

  • Misure protettive. In caso di concordato o insolvenza grave, l’utilizzatore può richiedere misure protettive (art.18 del Codice della Crisi) che sospendono automaticamente azioni esecutive e decadenze per i debiti anteriori alla pubblicazione della domanda. Con tali misure, il concedente non può risolvere il contratto né contestare il mancato pagamento di canoni scaduti prima della pubblicazione. Se invece non sono attivate garanzie o misure cautelari, il concedente conserva il diritto di risolvere il leasing per grave inadempimento, come in regime ordinario.
  • Fallimento dell’utilizzatore. Se l’utilizzatore fallisce, il curatore può decidere se continuare o sciogliere il leasing (art. 72‑quater l. fall.). In caso di scioglimento:
    • Il concedente rientra nel passivo fallimentare per i canoni già scaduti (prima della dichiarazione di fallimento). Deve inserire la domanda di ammissione al passivo (art.93 l.f.) indicando interessi maturati.
    • Il concedente restituisce l’immobile e può chiedere in via tardiva la differenza fra il credito residuo (capitale) e il ricavato della vendita. In pratica, non ha diritto agli interessi maturati oltre la data del fallimento (la legge “funzionalizza” il bene al pagamento del capitale residuo).
    • Clausole contrattuali che attribuiscono al concedente il solo diritto di ritenere il ricavato (patto di deduzione) sono nulle, perché ostacolano l’applicazione analogica dell’art.1526 c.c..
  • Concordato preventivo o altre soluzioni della crisi. Se viene omologato un concordato con continuità aziendale, i contratti di leasing in corso possono essere mantenuti secondo quanto previsto dal piano concordatario, eventualmente con ristrutturazione dei debiti. In generale, salva diversa pattuizione del piano, valgono regole analoghe al fallimento: il leasing può essere risolto dal curatore e il concedente riacquisire il bene e dichiarare il credito residuo. L’importo da rimborsare all’utilizzatore (in caso di vendita del bene) segue le stesse regole indicate per il fallimento.

Aspetti fiscali

La risoluzione anticipata o per inadempimento del leasing comporta conseguenze anche sotto il profilo tributario:

  • IVA sui canoni e corrispettivo. Normalmente i canoni di leasing immobiliare strumentale sono assoggettati a IVA (o, in alternativa, a imposta di registro in misura proporzionale del 9%, a scelta del concedente). Se il contratto viene risolto, il concedente ha già versato l’IVA incassata sui canoni e di regola non può più modificarla (cfr. Corte UE, sent. Almos/C‑337/13). In base alla giurisprudenza comunitaria, la cessione dell’immobile avvenuta a conclusione del contratto (cioè la vendita dopo restituzione) è un’ulteriore operazione imponibile: pertanto, se il concedente ha venduto l’immobile a un prezzo inferiore al valore inizialmente pattuito, potrebbe teoricamente dover rettificare la base imponibile (art.26 DPR 633/72) o chiedere il rimborso IVA. In pratica, l’Agenzia Entrate tende a considerare il ricavato della vendita come soggetto a IVA (al 4%,10% o 22% a seconda del tipo di immobile e regime fiscale del concedente).
  • Imposte indirette fisse. La normativa speciale (art. 35, comma 10‑ter.1 del D.L. 223/2006) stabilisce che le vendite di immobili da parte di società di leasing – sia in caso di esercizio dell’opzione di riscatto, sia in caso di vendita dopo risoluzione per inadempimento – sono soggette a imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (di solito €200 di registro e fra 2% dell’IPCA). Tale regime agevolativo vale solo per la società di leasing che vende l’immobile che aveva in leasing e solo se è lei stessa a effettuare la cessione diretta. Nel caso in cui l’immobile sia ceduto successivamente da un terzo (ad esempio un creditore che ha acquistato un portafoglio NPL), l’agevolazione non si applica.
  • Riscatto anticipato e compravendita finale. Se l’utilizzatore decide di acquistare anticipatamente l’immobile (ad esempio pagando l’opzione prima del termine), l’operazione viene trattata come una normale vendita immobiliare: il cedente-appaltatore (società di leasing) applica IVA o imposta di registro, ipotecaria e catastale proporzionali come per una vendita ordinaria (con possibile opzione IVA). Per gli immobili abitativi di primo acquisto da parte di consumatore valgono le agevolazioni sulla prima casa (IVA al 4% o imposte proporzionali ridotte), mentre per immobili strumentali si applica l’IVA ordinaria (salvo opzione per il regime delle imposte fisse ridotte).

Tutti gli effetti fiscali devono essere valutati caso per caso, anche in relazione alle scelte effettuate in fase di acquisto iniziale da parte della società di leasing (es. opzione IVA all’acquisto).

Domande frequenti

D: Quando si può risolvere il leasing per morosità?
R: Si configura grave inadempimento quando l’utilizzatore manca di versare almeno sei canoni mensili (o due trimestri) anche non consecutivi nel leasing immobiliare. In tal caso il concedente, trascorsi gli eventuali termini contrattuali di preavviso, può dichiarare la risoluzione del contratto.

D: Il leasing si risolve automaticamente al primo canone non pagato?
R: No. La legge fissa soglie minime (6 mensili o 2 trimestri) come sintomo di inadempimento grave. Solo superate queste soglie il concedente può legittimamente recedere. Prima di tale soglia, il mancato pagamento è un inadempimento puramente contrattuale che comporta interessi di mora, ma non autorizza di per sé la risoluzione automatica.

D: Cosa succede all’immobile dopo la risoluzione?
R: L’utilizzatore deve restituire l’immobile al concedente. Quest’ultimo lo venderà rapidamente sul mercato al fine di soddisfare i propri crediti. Dai proventi di vendita il concedente detrae i canoni insoluti, i canoni residui (in linea capitale), il prezzo di opzione e le spese sostenute. Se il ricavato eccede il debito residuo, l’eccesso va all’utilizzatore. Se invece è inferiore, l’utilizzatore paga la differenza.

D: I canoni già pagati vengono restituiti?
R: Dipende dal tipo di leasing e dalla legge applicabile. In un leasing traslativo risolto (soprattutto se il contratto è anteriore alla riforma 2017) l’utilizzatore ha diritto alla restituzione dei canoni versati, decurtato un equo compenso per l’uso del bene. Nel leasing di godimento, invece, i canoni già incassati restano tutti acquisiti dal concedente (oltre al risarcimento danni). Con la nuova disciplina del 2017 il sistema cambia: l’importo da restituire è calcolato sulla base del risultato di vendita come visto.

D: E se vado in fallimento mentre non ho pagato il leasing?
R: Se l’utilizzatore fallisce, il curatore può sciogliere il leasing (art. 72-quater legge fallimentare). Il concedente riprende l’immobile e iscrive nel passivo i crediti già maturati (canoni scaduti prima del fallimento). Per il residuo capitale non ancora maturato, l’immobile è “funzionalizzato” al suo pagamento: se il bene viene venduto, il concedente recupera il capitale ancora dovuto. In sintesi, anche in fallimento l’utilizzatore resta responsabile del debito residuo dopo la vendita, ma il concedente non matura ulteriori interessi su quel residuo.

D: Devo pagare qualcosa di diverso se ho un leasing abitativo o un leasing strumentale?
R: Le soglie di default (6 canoni) sono le stesse per entrambi i casi (il comma 137 L.124/2017 distingue solo tra leasing immobiliare e altri leasing). Tuttavia, i leasing immobiliari abitativi godono di regole fiscali agevolate (prime case) e del recepimento del TUB per i contratti conclusi con consumatori. In caso di concordato o patto marciano specifici – se l’utilizzatore è consumatore – valgono ulteriori tutele: ad esempio, il patto marciano (art.120-quaterdecies TUB) stabilisce che se la banca riscatta un mutuo o leasing dichiarando l’insolvenza prolungata, la restituzione del bene estingue comunque tutto il debito residuo. Questo può proteggere il consumatore da un’integrazione di debito.

D: Quali imposte devo considerare?
R: Dal punto di vista fiscale, l’operazione principale è la vendita dell’immobile da parte della società di leasing. Tale vendita, se effettuata per risoluzione del leasing, beneficia di un regime di imposizione fisso (imposta di registro, catastale e ipotecaria ridotte) previsto dall’art. 35 co.10-ter del D.L.223/2006. Invece, se l’utilizzatore esercita l’opzione di riscatto o cede a terzi l’immobile, si applicano le imposte ordinarie di compravendita (IVA o imposta di registro proporzionale) secondo le regole del mercato immobiliare italiano. Occorre quindi verificare le imposte da versare caso per caso.

D: Come posso negoziare con la banca se rischio la risoluzione?
R: È consigliabile parlare subito con il concedente per trovare soluzioni alternative (ristrutturazione del debito, concessione di maggior tempo, vendita assistita dell’immobile). In caso di procedura di crisi (concordato preventivo, composizione negoziata), attivare misure protettive (art. 18 CCII) può impedire provvedimenti immediati da parte della banca sui canoni precedenti. Spesso conviene anche rivolgersi a un consulente legale o tecnico (perizia di stima, piano concordatario, ecc.) per gestire al meglio la situazione. Tuttavia, se le rate sono ormai insolute da tempo, l’unica soluzione definitiva è la restituzione del bene e la copertura del debito residuo come previsto dalla legge.

Riepilogo

In sintesi, se non paghi il leasing immobiliare:

  • Si configura un grave inadempimento al superamento delle soglie di cui all’art. 1 co.137 della L.124/2017.
  • La banca può risolvere il contratto, riottenere l’immobile e venderlo.
  • Dall’incasso si calcola la somma da restituire o da integrare: se il prezzo di vendita copre il debito residuo, alla parte eccedente ha diritto l’utilizzatore; se non basta, l’utilizzatore paga la differenza.
  • In caso di fallimento o concordato dell’utilizzatore, il leasing può essere sciolto dal curatore: i canoni già scaduti si inseriscono nel passivo e il concedente recupera il capitale residuo tramite la vendita del bene.
  • Sul piano fiscale, l’operazione avviene con regime agevolato se la vendita è fatta dalla società di leasing. Eventuali problematiche IVA possono richiedere verifiche di dettaglio.

Le fonti normative di riferimento (civili e fiscali) e la giurisprudenza collegata sono riportate di seguito.

Fonti

  • Legge 4 agosto 2017, n. 124, art.1, commi 136-140 (Legge Annuale per la Concorrenza) – disciplina tipica del leasing finanziario (comma 136) e definizione dei criteri di inadempimento grave (comma 137), nonché effetti della risoluzione (comma 138).
  • Codice Civile – art. 1458 (risoluzione nei contratti a esecuzione continuata) e art. 1526 (vendita con riserva di proprietà), applicati per analogia ai contratti di leasing traslativo.
  • Art. 72-quater legge fallimentare (R.D. 267/1942) – disciplina lo scioglimento del contratto di locazione finanziaria in caso di fallimento dell’utilizzatore.
  • Cass. SS.UU. 28 gennaio 2021, n. 2061 – principio di diritto sulla non retroattività della L.124/2017; distinzione tra leasing di godimento e traslativo per i contratti risolti prima della riforma; analogia con art.1526 c.c.
  • Cass. civ. III sez. 14 marzo 2023, n. 7367 – conferma che, in un leasing traslativo risolto prima della L.124/2017, si applica l’art.1526 c.c.; legittima la clausola che tratteneva i canoni pagati (posso essere ridotta dal giudice in base all’art.1526, c.2).
  • Cass. civ. VI sez. 4 febbraio 2019, n. 3200 – in caso di fallimento e scioglimento del leasing, l’art.72-quater ha carattere eccezionale e non abroga la distinzione tra leasing di godimento e traslativo; il concedente ottiene il capitale residuo tramite restituzione del bene.
  • Agenzia delle Entrate, Risposta 28/04/2021 n. 303 – interpello su art.35, comma 10-ter.1 del D.L. 223/2006: conferma che le imposte sulle vendite conseguenti a risoluzioni di leasing sono in misura fissa e spettano solo alla società di leasing cedente.

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