Ravvedimento Operoso Per Infedele Dichiarazione: Come Si Fa

Hai commesso un errore nella dichiarazione dei redditi e ti sei accorto di aver indicato meno di quanto avresti dovuto? Ti stai chiedendo come sistemare tutto prima che arrivi un accertamento e quali vantaggi offre il ravvedimento operoso per infedele dichiarazione?

Il ravvedimento operoso è lo strumento che ti consente di correggere spontaneamente errori o omissioni fiscali, pagando sanzioni ridotte rispetto a quelle previste in caso di controllo dell’Agenzia delle Entrate.

Cos’è l’infedele dichiarazione?
– È l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, di un reddito inferiore al reale
– Può riguardare IRPEF, IRES, IVA, IRAP e altre imposte
– Può derivare da errori formali, mancata indicazione di compensi, deduzioni e detrazioni errate o costi non ammessi
– In caso di accertamento, comporta sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta non versata, oltre interessi

Quando puoi usare il ravvedimento operoso?
– Solo se l’errore viene corretto prima che l’Agenzia delle Entrate avvii un controllo
– Può essere fatto anche dopo la scadenza ordinaria, ma prima della notifica di un avviso di accertamento
– È possibile ravvedere sia l’imposta non versata, sia l’errore dichiarativo tramite dichiarazione integrativa

Come si fa il ravvedimento operoso per infedele dichiarazione?
– Si presenta una dichiarazione integrativa con i dati corretti
– Si calcola l’imposta dovuta in base alla nuova dichiarazione
– Si pagano:
– l’imposta aggiuntiva
– gli interessi legali (calcolati giorno per giorno)
– la sanzione ridotta, variabile in base al tempo trascorso dalla scadenza

Quali sono le sanzioni ridotte?
– Entro 90 giorni dalla scadenza: 1/9 del 90% (quindi 10%)
– Entro 1 anno: 1/8 del 90% (11,25%)
– Entro 2 anni: 1/7 del 90% (12,86%)
– Dopo 2 anni: 1/6 del 90% (15%)
– Dopo l’avvio di un controllo formale: non è più possibile ravvedersi

Cosa devi fare concretamente?
– Predisporre la nuova dichiarazione corretta
– Calcolare l’imposta aggiuntiva dovuta
– Versare l’imposta con F24
– Calcolare e versare gli interessi legali
– Calcolare la sanzione ridotta in base al tempo trascorso
– Versare la sanzione con apposito codice tributo

Cosa ottieni con il ravvedimento operoso?
– Eviti accertamenti e sanzioni molto più pesanti
– Sistemi la tua posizione fiscale in modo trasparente e volontario
– Dimostri buona fede e collaborazione con l’Amministrazione finanziaria
– Riduci il rischio di accessi, controlli, rettifiche e iscrizioni a ruolo

Non aspettare che il Fisco si muova. Se sai di aver commesso un errore, ravvederti prima ti permette di sanare tutto con un costo molto più basso e senza conseguenze penali.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa fiscale preventiva ti spiega come funziona il ravvedimento operoso per infedele dichiarazione, quando puoi usarlo e cosa fare per regolarizzare la tua posizione senza rischi.

Hai bisogno di correggere una dichiarazione e non sai come fare i calcoli o quali codici usare? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Ti diremo come fare il ravvedimento nel modo corretto e senza errori, prima che sia troppo tardi.

Introduzione

Il ravvedimento operoso è uno strumento che consente al contribuente di regolarizzare spontaneamente irregolarità o omissioni fiscali, beneficiando di sanzioni ridotte in base alla tempestività della correzione. In questa guida affronteremo in dettaglio il caso del ravvedimento operoso applicato alla dichiarazione infedele in materia di imposte sui redditi (IRPEF e IRES). Dal punto di vista del contribuente (sia esso un privato, un imprenditore o un professionista) che si accorge di aver presentato una dichiarazione dei redditi non veritiera o incompleta, vedremo come procedere per sanare l’errore prima di incorrere in accertamenti e sanzioni più gravi.

Tratteremo il quadro normativo italiano aggiornato a luglio 2025, con riferimento alle recenti riforme fiscali e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali. Saranno incluse spiegazioni sul calcolo di sanzioni e interessi, esempi pratici di compilazione del modello F24 per il pagamento di quanto dovuto, modelli di comunicazione da inviare all’Agenzia delle Entrate, tabelle riassuntive e una sezione di domande e risposte su questioni frequenti. Il taglio è avanzato: verranno citate norme di legge (decreti legislativi, circolari) e sentenze rilevanti, mantenendo però un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori, così che la guida risulti utile sia ai professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai contribuenti comuni interessati a capire come regolarizzare la propria posizione fiscale.

Cos’è la “dichiarazione infedele”

In ambito fiscale, si ha dichiarazione infedele quando il contribuente, pur presentando la dichiarazione annuale dei redditi, indica elementi non veritieri o omette di indicare parte del dovuto, determinando così un’imposta inferiore a quella effettivamente dovuta (oppure un credito o un rimborso superiore al dovuto). In altri termini, la dichiarazione infedele consiste nel dichiarare meno redditi di quelli reali, o nell’indicare indebite deduzioni, detrazioni o crediti, ottenendo un indebito vantaggio fiscale. Questa violazione è distinta dalla omessa dichiarazione (la mancata presentazione della dichiarazione) e presenta un suo specifico regime sanzionatorio.

Dal punto di vista amministrativo, la dichiarazione infedele costituisce un illecito tributario punito con una sanzione proporzionale alla maggiore imposta dovuta. La norma di riferimento è l’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, il quale – nella versione vigente dal 2024 – prevede quanto segue:

“Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito […] inferiore a quello accertato o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta […] si applica la sanzione amministrativa del 70% della maggiore imposta dovuta […] con un minimo di €150”.

Questa è la regola generale per le violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 (data di entrata in vigore della recente riforma delle sanzioni tributarie). In precedenza, la sanzione edittale per infedele dichiarazione era più gravosa (dal 90% al 180% dell’imposta non dichiarata); la riforma fiscale del 2023 ha ridotto la misura al 70% fisso, rendendo meno onerosa la regolarizzazione spontanea. Inoltre, la stessa riforma ha introdotto una disposizione premiale importantissima: se l’irregolarità viene rimossa con dichiarazione integrativa presentata spontaneamente (quindi prima di accertamenti) entro i termini di decadenza dell’accertamento (31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria), la sanzione è ulteriormente ridotta al 50%. In altre parole, per chi corregge per tempo la dichiarazione infedele tramite ravvedimento operoso, la sanzione applicabile scende al 50% dell’imposta non dichiarata (anziché il 70% previsto in caso di accertamento).

Esempio: Caio presenta la dichiarazione dei redditi 2024 (relativa all’anno d’imposta 2023) sottostimando alcuni redditi, con un’imposta dovuta dichiarata inferiore di €10.000 rispetto al dovuto. Se l’infedeltà è scoperta dall’Agenzia delle Entrate in sede di controllo, Caio sarebbe passibile di una sanzione del 70% su €10.000, quindi €7.000 (oltre interessi). Se invece Caio si accorge dell’errore e presenta spontaneamente una dichiarazione integrativa, pagando il maggior tributo, la sanzione scende al 50%, quindi €5.000 (prima ancora di eventuali riduzioni ulteriori legate al tempo trascorso, di cui diremo a proposito del ravvedimento operoso). È evidente il risparmio sanzionatorio collegato alla regolarizzazione spontanea.

Va sottolineato che la riduzione al 50% è condizionata al fatto che il contribuente si attivi prima di aver ricevuto formale comunicazione di attività di verifica o accertamento. Se l’Ufficio fiscale ha già avviato accessi, ispezioni o altre attività accertative di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza, non è più possibile beneficiare di questa sanzione ridotta. Inoltre, la dichiarazione integrativa “premiale” deve intervenire entro i termini di accertamento (di norma entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria).

Soglie di rilevanza penale: L’infedeltà dichiarativa può assumere rilievo penale quando supera determinate soglie stabilite dal D.Lgs. 74/2000 (il decreto sui reati tributari). In particolare, l’art. 4 D.Lgs. 74/2000 punisce come reato la dichiarazione infedele solo se l’imposta evasa supera una certa soglia (attualmente €150.000, innalzata rispetto al passato) e contemporaneamente gli elementi attivi sottratti all’imposizione superano il 10% di quanto dichiarato (o comunque €3 milioni). Se tali soglie non sono superate, il fatto resta illecito amministrativo (sanzione pecuniaria) ma non costituisce reato. D’altro canto, quando la soglia viene superata, il contribuente rischia una sanzione penale (reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi, salvo attenuanti) – ad esempio in caso di omessa dichiarazione di grandi importi di reddito. Tuttavia, come vedremo, lo stesso ordinamento prevede che un ravvedimento operoso tempestivo, con pagamento di tributi, interessi e sanzioni, possa evitare anche le conseguenze penali (causa di non punibilità).

In questa guida ci focalizzeremo sugli aspetti amministrativi (sanzioni pecuniarie e regolarizzazione), menzionando i profili penali solo per chiarire i benefici del ravvedimento sul piano della non punibilità del reato.

Il ravvedimento operoso: condizioni e benefici

Il ravvedimento operoso è disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472. Esso consente al contribuente di sanare volontariamente una violazione tributaria commessa, beneficiando di sanzioni ridotte in misura proporzionale alla tempestività del ravvedimento. In pratica, il contribuente “ravveduto” deve:

  • Rimuovere la violazione: nel caso di dichiarazione infedele ciò significa presentare una dichiarazione integrativa correttiva, in modo da dichiarare correttamente i redditi e le imposte dovute.
  • Versare il tributo dovuto o la maggiore imposta risultante dall’integrazione, oltre agli interessi moratori calcolati al tasso legale per i giorni di ritardo.
  • Versare la sanzione in misura ridotta rispetto al minimo edittale previsto.

La condizione fondamentale per avvalersi del ravvedimento è che la violazione non sia già stata contestata e che non siano già iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale notizia. In pratica, deve trattarsi di una regolarizzazione spontanea ante controlli formali. La semplice ricezione di una lettera di compliance (comunicazione di anomalia inviata dall’Agenzia per invitare alla correzione) non preclude il ravvedimento operoso, in quanto non si tratta di una formale contestazione: l’Amministrazione stessa chiarisce che le lettere di compliance non bloccano la possibilità di ravvedersi. Diverso è il caso in cui sia già stata notificata una cartella, un avviso di accertamento o sia stato redatto un verbale di constatazione (PVC): in tali frangenti, il ravvedimento “ordinario” non è più ammesso, ma – come vedremo – la normativa attuale prevede ipotesi di ravvedimento “in extremis” con riduzioni minori anche dopo un PVC o una bozza di avviso (novità introdotte dal 2023/2024).

Come funziona la riduzione delle sanzioni? La legge prevede una scala di riduzioni della sanzione, proporzionata al tempo trascorso dalla violazione al momento in cui ci si ravvede. Nella versione aggiornata dell’art. 13 D.Lgs. 472/97 (in vigore per violazioni dal 1/9/2024), le riduzioni vanno da 1/10 fino a 1/4 del minimo edittale. Le principali casistiche (per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, come le imposte sui redditi e l’IVA) sono riassunte nella tabella seguente:

Tempo di ravvedimentoRiduzione sanzioneNote
Entro 30 giorni dalla commissione della violazione (ad es. dalla scadenza del versamento omesso, o entro 30 giorni dall’invio della dichiarazione originaria infedele)1/10 del minimo edittale(10% del minimo)Ravvedimento breve. Esempio: per omesso versamento sanzione ordinaria 25%, ridotta a 2,5%.
Entro 90 giorni dalla violazione (o entro 90 gg dal termine di presentazione della dichiarazione, se si tratta di errori in dichiarazione)1/9 del minimo edittale(≈11,11% del minimo)Ravvedimento entro 90 giorni. Si applica anche a errori ed omissioni in dichiarazione rilevati subito dopo l’invio.
Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è commessa la violazione (in pratica entro un anno circa)1/8 del minimo edittale(12,5% del minimo)Ravvedimento lungo (entro un anno). Ad esempio, per errori commessi nel 2023, entro la scadenza delle dichiarazioni 2024.
Entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo (entro due anni dall’errore)1/7 del minimo edittale(≈14,29% del minimo)Ravvedimento biennale.
Oltre due anni dalla violazione, ma prima di accertamento1/6 del minimo edittale(≈16,67% del minimo)Ravvedimento ultra-biennale.
Dopo avvio di accertamento (PVC) ma prima di ricevere formale atto impositivo1/5 del minimo (20% del minimo) se dopo PVC senza adesione, oppure 1/4 (25% del minimo) se dopo PVC con notifica di schema d’attoRavvedimento “in extremis” post-verifica. Novità 2024: introdotta la riduzione a 1/4 nei casi di PVC seguito da atto (senza adesione).

N.B.: le riduzioni sopra indicate si applicano alla sanzione minima edittale prevista per la violazione. Nel caso della dichiarazione infedele, la sanzione edittale minima è quella applicabile in base al nuovo art. 1 D.Lgs. 471/97: 70% dell’imposta evasa (oppure 50% se l’errore è regolarizzato con integrativa spontanea). Quindi, per esempio, se un contribuente ravvede una dichiarazione infedele (violazione post-1/9/2024) entro un anno, pagherà una sanzione pari a 1/8 del 50% = 6,25% dell’imposta evasa (nel caso la violazione non sia stata ancora scoperta e si rientri nell’ipotesi di sanzione base al 50%). Invece, se ravvede dopo un anno ma entro il secondo, la sanzione sarà 1/7 del 50% ≈ 7,14%. Questi importi sono significativamente inferiori rispetto al 70% pieno che si applicherebbe in caso di accertamento. Tuttavia – attenzione – l’esplicita previsione normativa del 50% per dichiarazione integrativa sembra configurare già quella come sanzione ridotta: su tale punto le interpretazioni sono in evoluzione, ma generalmente si ritiene che la sanzione del 50% sia la sanzione “ridotta” spettante in caso di ravvedimento, senza ulteriori frazionamenti sul 50%. In altre parole, dopo la riforma, la presentazione di integrativa spontanea comporta di per sé l’applicazione della sanzione pari al 50% (che corrisponde, guarda caso, al doppio della sanzione per tardivo versamento ridotta: 25%×2). Su questa sanzione del 50% non si applicherebbero ulteriori riduzioni temporali. Diversamente, per le violazioni commesse prima del 1/9/2024 (cui si applicano le vecchie regole), il ravvedimento comportava ad esempio 1/8 del 90% (11,25%) entro un anno, 1/7 del 90% (12,86%) entro due anni, ecc. In sede di ravvedimento pratico occorre dunque fare attenzione al regime sanzionatorio applicabile a seconda della data in cui è avvenuta la violazione.

Condizioni particolari: Il ravvedimento operoso non è ammesso in caso di dichiarazione omessa oltre 90 giorni. Infatti, se la dichiarazione viene presentata con un ritardo superiore a 90 giorni dalla scadenza, essa è considerata a tutti gli effetti omessa e non può beneficiare di ravvedimento (come stabilito dalla legge e ribadito dall’Agenzia). Al contrario, una dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine (dichiarazione tardiva) è valida e può essere sanata: in tal caso si applica la sanzione fissa di €250 ridotta a €25 (1/10) se ravveduta, oltre alle eventuali imposte versate in ritardo con sanzione anch’essa ridotta. Questi aspetti riguardano però l’omissione della dichiarazione, distinto dal caso in esame (infedele dichiarazione). Li citiamo per completezza: se il contribuente ha proprio omesso di dichiarare e poi presenta una dichiarazione tardiva entro 90 giorni, sta sanando un’omissione (non un’infedeltà) e usufruisce di regole leggermente diverse (sanzione fissa); oltre i 90 giorni invece non potrà ravvedersi ma solo attendere l’accertamento con sanzioni elevate.

Riassumendo, il ravvedimento operoso è lo strumento principe per il contribuente che voglia anticipare i controlli e mettersi in regola pagando il dovuto con sanzioni attenuate. Vediamo ora concretamente come procedere al ravvedimento in caso di dichiarazione infedele.

Procedura pratica di ravvedimento per infedele dichiarazione

Per regolarizzare un’infedeltà dichiarativa, occorre seguire alcuni passaggi operativi ben precisi. Dal punto di vista pratico, ecco la sequenza da adottare:

1. Quantificare la maggiore imposta dovuta. Bisogna determinare il differenziale di imposta derivante dall’errore dichiarativo. In sostanza, occorre ricalcolare la dichiarazione dei redditi come avrebbe dovuto essere compilata correttamente, individuando i redditi non dichiarati (o i costi indebiti da eliminare) e determinando così l’imponibile effettivo. Dal confronto con quanto dichiarato originariamente, si ricava l’imposta evasa. Ad esempio, se Tizio nella dichiarazione originaria ha indicato €50.000 di reddito imponibile IRPEF e un’imposta netta di €13.000, ma in realtà aveva altri €20.000 di redditi non dichiarati (che avrebbero comportato €6.000 di IRPEF aggiuntiva), la maggiore imposta dovuta è €6.000. Tale importo sarà oggetto di ravvedimento.

2. Determinare sanzioni e interessi. Una volta nota l’imposta evasa, si calcola la sanzione amministrativa dovuta in misura ridotta. Come visto, per infedele dichiarazione la sanzione base è 70% (se violazione recente, dopo 2024) o 90% (violazioni pregresse), ridotta al 50% se ci si sta attivando spontaneamente prima di controlli. Su questa base, si applica la riduzione ulteriore propria del ravvedimento in base al tempo trascorso (salvo il caso in cui la legge speciale del 2024 consideri già 50% come sanzione ridotta finale – in via prudenziale, molti applicano direttamente il 50%, senza ulteriori riduzioni temporali). Vediamo le possibili situazioni:

  • Violazione commessa dopo il 1/9/2024: il contribuente presenta ora una integrativa; la sanzione prevista dall’art. 1 D.Lgs. 471/97 è 70%, regolarizzabile al 50% se integrativa spontanea. Poiché sta effettivamente presentando integrativa prima di controlli, applichiamo il 50%. Dunque sanzione lorda = 50% della maggiore imposta. È prassi considerare questa già la sanzione ridotta per ravvedimento (pertanto da versare 50% senza ulteriori riduzioni frazionarie). Esempio: maggiore imposta €6.000, sanzione = €3.000 (50%).
  • Violazione commessa prima del 1/9/2024: si applicano le vecchie percentuali. Sanzione edittale min 90%. Ravvedimento operoso consente riduzioni: entro 1 anno 1/8 di 90% = 11,25%; entro 2 anni 1/7 = ~12,86%; oltre 2 anni 1/6 = 15%; etc. Esempio: infedeltà su anno d’imposta 2021 (dichiarazione presentata nel 2022) scoperta ora (2025): sono passati oltre 2 anni ⇒ ravvedimento ultra-biennale: sanzione = 1/6 del 90% = 15% dell’imposta evasa. Se imposta evasa €6.000, sanzione = €900.
  • Interessi moratori: vanno calcolati dal giorno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata fino al giorno in cui si effettua il pagamento. Nel caso di imposte sui redditi, il differenziale d’imposta derivante da infedele dichiarazione solitamente si riferisce al saldo dovuto per l’anno oggetto di dichiarazione, che era esigibile alla scadenza ordinaria (es. il 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione, se rateizzato fino al 30 novembre, a seconda dei casi). Gli interessi legali decorrono da quella data. Il tasso legale subisce variazioni nel tempo: ad esempio è passato dallo 0,01% annuo nel 2021 allo 1,25% nel 2022, poi al 5% nel 2023, per poi scendere al 2,5% nel 2024 e 2,0% nel 2025. Bisogna dunque calcolare gli interessi “giorno per giorno” tenendo conto di eventuali cambi di tasso nelle varie annualità. In pratica si può procedere così: per ciascun intervallo di tempo in cui il tasso è stato costante, calcolare il prodotto imposta evasa × (tasso legale annuo) × (giorni di ritardo/365). Sommando i vari periodi si ottiene l’interesse totale dovuto. Gli interessi devono essere versati unitamente al tributo e alla sanzione ridotta.

Esempio di calcolo interessi: riprendendo l’esempio di Tizio (maggiore IRPEF €6.000 dovuta dal 30/06/2024). Supponiamo ravveda il 30/09/2025. Interessi dal 1/07/2024 al 31/12/2024: tasso 2,5%, giorni 184 ≈ €6.000 × 2,5% × (184/365) ≈ €75,62. Dal 1/01/2025 al 30/09/2025: tasso 2,0%, giorni 273 ≈ €6.000 × 2% × (273/365) ≈ €89,84. Totale interessi ≈ €165,46. (Naturalmente si possono usare software o l’apposito calcolatore dell’Agenzia per precisione centesimale).

3. Compilazione e pagamento del modello F24. Una volta determinati importi di imposta, sanzione ridotta e interessi, si procede al versamento mediante Modello F24. Il pagamento va effettuato in un’unica soluzione, indicando i codici tributo appropriati per ciascun importo. Per le imposte sui redditi, vanno indicati:

  • Il codice tributo del maggior tributo dovuto (es.: 4001 per IRPEF saldo, 4034 per secondo acconto IRPEF, 2001 per IRES saldo, etc., a seconda del tipo di imposta e periodo) e l’anno d’imposta di riferimento per cui si versa il tributo.
  • Il codice tributo per la sanzione pecuniaria da ravvedimento relativo a quell’imposta. Per IRPEF, ad esempio, il codice è 8901 – “Sanzione pecuniaria IRPEF”. In alcuni casi esiste un codice generico 8911 (“Sanzioni pecuniarie per altre violazioni tributarie”) utilizzabile quando non v’è un codice specifico. Nel caso di violazioni dichiarative relative a redditi, l’uso del codice 8911 è frequente per sanzioni e interessi, ma l’Agenzia ha anche codici dedicati come 8901. L’importante è indicare il codice corretto e non inserire alcun anno di riferimento per la sanzione (le istruzioni stabiliscono di lasciare vuoto l’anno per sanzioni e interessi). Il collegamento con l’anno d’imposta si fa tramite il rigo del tributo principale.
  • Il codice tributo per gli interessi da ravvedimento relativi all’imposta in questione. Ad esempio, 1989 è il codice degli interessi per IRPEF, 1990 per IRES, 1991 per IVA, ecc. Anche in questo caso, nessun anno va indicato per gli interessi sul modello F24 (campo “anno di riferimento” vuoto).

È fondamentale infatti compilare l’F24 in modo che sanzioni e interessi siano collegati al tributo principale cui si riferiscono. Ciò si ottiene ponendo i codici sanzione/interessi nello stesso “comparto” (Sezione Erario) e indicando l’anno solo nel rigo del tributo principale. In pratica, ad esempio:

  • Rigo 1: codice tributo 4001 (IRPEF saldo), anno di riferimento 2023, importo a debito €6.000.
  • Rigo 2: codice tributo 8901 (sanzione IRPEF), anno di riferimento vuoto, importo a debito ad es. €3.000 (nell’esempio in cui 50% = €3.000).
  • Rigo 3: codice tributo 1989 (interessi su IRPEF), anno di riferimento vuoto, importo a debito €165,46.

Il modello F24 così compilato permette all’Agenzia delle Entrate di collegare correttamente il versamento della sanzione e degli interessi al maggior tributo IRPEF 2023 dovuto. Si noti che nell’F24 telematico, il campo “anno di riferimento” per sanzioni e interessi va lasciato in bianco (o valorizzato in modo particolare, ma generalmente vuoto secondo le istruzioni).

Quanto all’anno da indicare per le violazioni dichiarative, c’è spesso dubbio: deve essere l’anno d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, o l’anno in cui è commessa la violazione? La prassi suggerita (dottrina prevalente e risoluzioni AE) è di indicare l’anno in cui è stata commessa la violazione. Per esempio, se correggo una dichiarazione dei redditi 2024 (redditi 2023) presentata a ottobre 2024, la violazione (dichiarazione infedele) è “commessa” nel 2024. Dovrò quindi mettere 2024 come anno di riferimento del tributo principale nell’F24 di ravvedimento (anche se l’imposta riguarda il 2023). Questo perché, tecnicamente, sto versando imposte dovute a seguito di una violazione avvenuta nel 2024. Invece, per i versamenti omessi (acconti, ecc.) si indica il periodo di imposta cui si riferisce il versamento. È un tecnicismo, ma che conviene seguire per uniformarsi alle indicazioni ufficiali.

Il pagamento dell’F24 può essere effettuato con le solite modalità telematiche (home banking/Fisconline o tramite intermediario abilitato). Non è ammessa la compensazione “in verticale” all’interno dello stesso F24 tra il maggior tributo e le sanzioni/interessi dovuti per ravvedimento; tuttavia, il contribuente potrebbe utilizzare eventuali crediti tributari compensabili di cui dispone per pagare in F24 tali somme (ad esempio un credito IRPEF di un altro periodo). In tal caso il modello F24 risulterà con importo a debito diminuito o a saldo zero. Bisogna fare attenzione ai vincoli di compensazione (es. visto di conformità per importi elevati) e al fatto che se si utilizza compensazione il modello F24 deve essere presentato tramite Entratel/Fisconline.

4. Presentazione della dichiarazione integrativa. Parallelamente (o immediatamente prima) al pagamento, occorre presentare la dichiarazione dei redditi integrativa contenente i dati corretti. La dichiarazione integrativa “a sfavore” (così si chiama quella che espone un maggior debito d’imposta rispetto all’originale) va predisposta sul modello relativo all’anno di imposta interessato, barrando l’apposita casella che contrassegna trattarsi di Dichiarazione integrativa. Ad esempio, per correggere Redditi 2023 presentato nel 2024, si utilizzerà il Modello Redditi PF 2023 (anno imposta 2022) nella versione aggiornata, con indicato che è integrativa (generalmente si indica il codice “1” per integrativa “a sfavore” entro i termini, o “2” se oltre i termini ma entro la decadenza). Nel frontespizio del modello sono presenti i campi per indicare che si tratta di dichiarazione integrativa e la relativa tipologia. L’integrativa va trasmessa telematicamente (tramite i canali Entratel/Fisconline) entro i termini previsti.

Per quanto riguarda i termini: una dichiarazione integrativa a sfavore può essere presentata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria, che coincide con il termine ultimo entro cui l’Agenzia può emettere accertamenti (art. 2, c.8 D.P.R. 322/98, come modificato). Nel nostro esempio, una dichiarazione originaria presentata nel 2024 può essere integrata fino al 31/12/2029. Naturalmente, prima si presenta meglio è, sia per usufruire di sanzioni ridotte maggiormente, sia per evitare che l’ufficio nel frattempo contesti la violazione. Se l’integrativa è presentata entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria di presentazione, la normativa la considera una sorta di “correttiva nei termini” (tanto che in quel caso le sanzioni da infedele possono essere molto contenute o anche configurarsi come errori formali). Oltre i 90 giorni è integrativa tardiva, ma comunque valevole.

Tecnicamente, la presentazione dell’integrativa è necessaria ove la violazione lo richieda: l’Agenzia specifica che quando la regolarizzazione comporta la necessità di correggere dati di una dichiarazione già inviata (e quindi non basta versare un importo), occorre trasmettere la dichiarazione integrativa. Nel caso di infedele dichiarazione, sicuramente è richiesto, perché si devono dichiarare i maggiori imponibili precedentemente non indicati. La circolare 42/E del 12 ottobre 2016 ha anche chiarito che non c’è distinzione, ai fini sanzionatori, tra un’integrativa presentata entro 90 giorni e una presentata successivamente: entrambe sanano l’infedeltà, ma se oltre 90 giorni la dichiarazione originaria era infedele (non omessa). Dunque la sanzione è quella da infedele, non quella fissa di omessa, e si applica il ravvedimento operoso su di essa.

5. (Facoltativo) Comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Non è strettamente richiesto inviare una comunicazione specifica all’ufficio finanziario per informarlo dell’avvenuto ravvedimento: la presentazione dell’integrativa e i versamenti tramite F24 sono già atti formali che il sistema dell’Agenzia recepisce. Nella pratica, tuttavia, può essere buona norma predisporre una breve lettera da inviare via PEC o raccomandata all’ufficio territoriale competente, specialmente se il ravvedimento avviene in risposta a una comunicazione di compliance o ad un primo rilievo. Ad esempio, se il contribuente ha ricevuto una lettera dall’Agenzia (es. segnalazione di redditi non dichiarati emersa da incroci di dati) e decide di ravvedersi, può rispondere alla lettera comunicando di aver provveduto a presentare integrativa e versare quanto dovuto, allegando copia dell’F24 e indicando i riferimenti. Ciò può prevenire l’emissione automatica di avvisi o segnalare all’ufficio di archiviare eventuali controlli in corso. Un fac-simile di comunicazione potrebbe contenere:

Oggetto: Comunicazione di ravvedimento operoso – Dichiarazione infedele anno ____.
Spett.le Agenzia delle Entrate – Ufficio di …,
il sottoscritto , Codice Fiscale , in merito alla dichiarazione dei redditi anno d’imposta ____ presentata in data , comunica di aver riscontrato un errore consistente in (breve descrizione, es. omessa indicazione di redditi da fabbricati per €X).
Si informa che in data ____ è stata presentata dichiarazione integrativa a sfavore per l’anno di imposta ____ e che in data ____ è stato effettuato, mediante modello F24, il versamento di € a titolo di imposta, € a titolo di sanzione ridotta ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 472/97 (ravvedimento operoso) ed €
a titolo di interessi. Si allega copia dell’F24 quietanzato.
Con la presente, pertanto, si regolarizza spontaneamente la posizione fiscale, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.
Distinti saluti.

Questa comunicazione non è obbligatoria ma può essere utile come prova documentale e per trasparenza nei confronti dell’Amministrazione. L’Agenzia delle Entrate, ricevuta l’integrativa e i versamenti, considererà la violazione come sanata e di norma non irrogherà ulteriori sanzioni. È importante conservare tutta la documentazione (dichiarazione integrativa trasmessa, ricevute telematiche, modelli F24 pagati, eventuale lettera) in caso di future verifiche.

Effetti del ravvedimento operoso (anche sul piano penale)

Oltre all’evidente beneficio di pagare sanzioni amministrative ridotte, il ravvedimento operoso in caso di dichiarazione infedele produce un effetto molto significativo: se attuato tempestivamente, può escludere le conseguenze penali eventualmente connesse all’infedeltà. Il nostro ordinamento infatti prevede una causa di non punibilità per alcuni reati tributari (incluso quello di dichiarazione infedele) proprio in caso di integrale pagamento dei debiti tributari prima che la macchina investigativa si attivi.

In particolare, l’art. 13 comma 2 del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che i reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) “non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso […] sempre che il ravvedimento […] sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”. In parole semplici, se il contribuente paga spontaneamente tutto il dovuto – cioè versa l’imposta evasa, gli interessi maturati e anche le sanzioni amministrative – beneficiando del ravvedimento e lo fa prima di essere ufficialmente “scoperto” (prima di perquisizioni, notifiche di indagini, ecc.), allora il fatto, pur costituente reato, non sarà punibile penalmente. Questa disposizione, introdotta nel 2015 e confermata anche nelle riforme successive, estende ai reati dichiarativi l’approccio premiale già previsto per i reati di omesso versamento IVA o ritenute. Di conseguenza, un contribuente che avesse superato le soglie penali di punibilità ma che si autodenuncia e paga tutto tramite ravvedimento evita il processo penale.

La Cassazione ha più volte ribadito questo principio. Ad esempio, una recente ordinanza del 20 giugno 2024 ha confermato che il pagamento del debito tributario (imposta + interessi + sanzioni) prima della formale conoscenza di un procedimento penale integra causa di non punibilità per i reati di infedele e omessa dichiarazione. In altre pronunce si è chiarito che, se il contribuente ha sanato con ravvedimento, non solo non vi sarà condanna penale, ma questo incide anche su aspetti procedurali come il patteggiamento (non potendo patteggiare un reato non più punibile).

È importante evidenziare che la non punibilità penale opera solo a condizione che il ravvedimento sia completo: occorre pagare integralmente il dovuto, comprese le sanzioni amministrative (anche se ridotte) e farlo nei termini indicati (prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, e comunque prima della conoscenza di attività di accertamento). Pertanto, chi punta a usufruire di questa esimente deve ravvedersi senza attendere troppo e senza lasciare pendenze. In pratica, se si riesce a ravvedere l’infedeltà entro la partenza di verifiche si ottiene un “bonus” doppio: sanzione amministrativa ridotta e azzeramento del rischio penale.

Va da sé che se il ravvedimento avviene dopo che sono iniziati controlli sostanziali (ad esempio dopo un verbale di constatazione della Guardia di Finanza), il beneficio penalistico non opera. In tal caso il pagamento eventualmente potrà essere valutato come attenuante in sede di condanna, ma non come causa di non punibilità.

Riepilogo degli effetti del ravvedimento:

  • Sanzione amministrativa ridotta: paghi una percentuale minore (fino a 1/10 o 1/8 del minimo, a seconda dei casi) invece della sanzione piena del 70%-90%. Nel caso di dichiarazione integrativa spontanea, la sanzione effettiva può essere il 50% o anche meno (come visto).
  • Interessi contenuti: essendo calcolati al tasso legale, spesso modesto, gli interessi su alcuni mesi o pochi anni risultano importi relativamente bassi.
  • Niente procedimento penale: se l’evasione era sopra soglia di reato ma hai ravveduto pagando tutto prima di essere scoperto, il reato è estinto (non punibile). Ad esempio, Mario aveva evaso €200.000 di IRPEF (oltre soglia penale) ma prima che parta un accertamento si autodenuncia, presenta integrativa e paga tributo + sanzioni + interessi: in tal caso Mario non verrà imputato per il reato di dichiarazione infedele, grazie all’art. 13 D.Lgs. 74/2000.
  • Riduzione di altre sanzioni collegate: un aspetto interessante emerso di recente è che sanare l’infedeltà dichiarativa comporta che il contribuente non possa essere sanzionato separatamente per alcune violazioni connesse, ad esempio il mancato versamento di acconti. Questo perché la sanzione per infedele “assorbe” quella per acconti eventualmente insufficienti se l’insufficienza deriva dal fatto che l’imposta dovuta era maggiore e non dichiarata. La Corte di Cassazione, ordinanza n. 4187/2025, ha infatti precisato che se un contribuente presenta integrativa con ravvedimento per infedele dichiarazione, non è sanzionabile per omesso o carente versamento degli acconti relativi a quello stesso periodo. In pratica, se l’errore in dichiarazione ha fatto risultare acconti inferiori (perché calcolati su un reddito inferiore), sanando l’errore la sanzione per infedele (più grave) copre anche la mancanza negli acconti. L’art. 13 D.Lgs. 471/97 (omessi versamenti) punisce il mancato pagamento di quanto risulta dalla dichiarazione; ma se un importo non risultava affatto (perché non dichiarato), il suo mancato versamento è conseguenza diretta dell’infedeltà. Così, una volta corretta la dichiarazione, la violazione da punire è solo l’infedeltà complessiva. Questo principio tutela il contribuente ravveduto dal vedersi contestare due sanzioni (una per dichiarazione infedele e una per acconti non versati): viene applicata solo quella dell’infedeltà, più grave. Nel caso concreto esaminato nella sentenza del 2025, una società aveva integrato a sfavore il reddito e versato sanzione infedele ridotta 1/10 col ravvedimento; l’Agenzia cercava comunque di sanzionarla per tardivo versamento degli acconti dell’anno successivo (risultati “insufficienti” alla luce del reddito corretto), ma la Cassazione ha dato ragione al contribuente, annullando la sanzione sugli acconti perché assorbita.

In conclusione, il ravvedimento operoso, specialmente nel contesto della dichiarazione infedele, è uno strumento di tutela per il contribuente: consente di regolarizzare la propria posizione con costi sanzionatori ridotti e di evitare le pesanti conseguenze che un accertamento fiscale (con eventuali profili penali) comporterebbe. Naturalmente, conviene agire il prima possibile: più tempestivo è il ravvedimento, maggiori sono le riduzioni sulle sanzioni e minore il rischio di essere anticipati dall’Amministrazione. Vediamo ora alcune domande frequenti sull’argomento per chiarire gli ultimi dubbi.

Domande frequenti (FAQ)

D: Fino a quando posso ravvedermi per una dichiarazione infedele?
R: Puoi ricorrere al ravvedimento operoso finché la violazione non ti è contestata e i termini di accertamento non sono scaduti. In pratica, hai tempo fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui hai presentato la dichiarazione originaria (dopo, l’ufficio non potrebbe più accertarti, ma neanche tu potresti presentare integrativa). Ad esempio, per una dichiarazione presentata nel 2021 (redditi 2020), puoi ravvederti entro fine 2026. Attenzione: se prima di tale data l’Agenzia ti notifica un avviso di accertamento o ti comunica formalmente un controllo, da quel momento non è più possibile il ravvedimento ordinario. Esistono però ipotesi di ravvedimento “in extremis” anche dopo un PVC o bozza di accertamento, ma con sanzioni ridotte in misura minore (1/5 o 1/4). Dunque conviene agire prima che partano le attività accertative.

D: Ho ricevuto una lettera dall’Agenzia delle Entrate che mi segnala un’anomalia (possibile infedele dichiarazione). Posso ancora ravvedermi?
R: Sì. Le lettere di compliance o inviti a regolarizzare non precludono l’accesso al ravvedimento operoso. L’Agenzia le invia proprio per stimolare la regolarizzazione spontanea. Nella circolare n. 6/E/2015 fu chiarito che le comunicazioni di questo tipo non equivalgono a formale contestazione. Quindi, se ricevi ad esempio una comunicazione di redditi non dichiarati (da incroci con altre banche dati), puoi procedere a ravvederti (integrativa + F24) e in tal caso non subirai sanzioni piene. Spesso la stessa lettera dell’Agenzia indica il termine (di solito 30 giorni o più) entro cui fare ravvedimento per evitare ulteriori guai. È opportuno, dopo aver ravveduto, rispondere alla lettera comunicando di aver provveduto, per sicurezza.

D: Se ho già ricevuto un Processo Verbale di Constatazione (PVC) dalla Guardia di Finanza, posso ravvedermi?
R: Tecnicamente, dopo un PVC si riteneva precluso il ravvedimento, perché la violazione è già constatata. Tuttavia la riforma del 2023/2024 ha introdotto una sorta di “ravvedimento post-verifica”: se dopo un PVC (ma prima dell’avviso formale) il contribuente paga, può beneficiare di una sanzione ridotta a 1/5 (20%) o a 1/4 (25%) a seconda dei casi. Queste situazioni sono complesse e richiedono valutazioni caso per caso (spesso si preferisce l’adesione). In linea generale, il ravvedimento operoso classico è quello spontaneo prima di PVC. Dopo un PVC, si può definire l’accertamento con adesione oppure pagare subito per ridurre sanzioni, ma non è un ravvedimento “ordinario”. Quindi, se hai un PVC, consulta un esperto per scegliere la strada migliore (adesione, ravvedimento parziale, ecc.).

D: Per correggere l’errore devo presentare per forza la dichiarazione integrativa?
R: Sì, nel caso di infedele dichiarazione è necessario presentare una dichiarazione integrativa a sfavore, perché bisogna rettificare i dati dichiarati (imponibili, imposte, etc.). Solo versare l’importo dovuto non è sufficiente: occorre anche “dichiarare” ufficialmente quei redditi omessi. L’Agenzia prevede espressamente che la violazione si consideri rimossa quando, ove necessario, si provvede anche alla presentazione della dichiarazione integrativa. Ad esempio, se avevi dimenticato di indicare un reddito, pagando la maggiore imposta non sistemi tutto finché non presenti l’integrativa che lo riporta: altrimenti la banca dati dell’Agenzia continuerebbe a riportare la dichiarazione vecchia e l’errore formale rimarrebbe. Dunque, procedi contestualmente: F24 e invio telematico dell’integrativa (il tutto fa parte del ravvedimento).

D: Quali codici tributo devo usare nel modello F24 per il ravvedimento?
R: Dipende dal tipo di imposta. Per l’IRPEF (persone fisiche) i codici sono ad esempio: 4001 (saldo IRPEF) o 4033/4034 (acconti IRPEF) per la maggiore imposta; 1989 per interessi da ravvedimento IRPEF; 8901 per sanzione IRPEF. Per l’IRES (società di capitali): 2003 (saldo IRES), 1990 interessi, 8918 sanzione. Per l’IVA: codici versamento periodici o saldo (6001, 6002… o 6099), 1991 interessi, 8904 sanzione. In generale, esiste un codice “generico” 8911 che può essere usato per sanzioni relative a imposte sui redditi, IVA, IRAP quando non c’è un codice specifico – ad esempio per sanare violazioni dichiarative di una dichiarazione dei redditi è comune usare 8911 per la sanzione e 8911 anche per eventuali interessi se non si vuole suddividerli, indicando però a quale tributo si riferiscono. Il consiglio è di seguire le Tabelle dei codici tributo fornite dall’Agenzia (ne riportiamo uno stralcio in fondo in sezione Fonti) o utilizzare i software di compilazione F24 che spesso suggeriscono i codici corretti quando si seleziona il tributo da ravvedere. In caso di dubbio, 8911 è jolly per sanzioni relative a imposte erariali (redditi, IVA, etc.) da ravvedimento. Ricorda di non compilare l’anno sui righi di sanzioni/interessi e di mettere l’anno solo sul rigo dell’imposta principale.

D: A quale anno si riferisce l’imposta quando compilo l’F24?
R: Come accennato, per le violazioni dichiarative (dichiarazione infedele, tardiva, omessa) devi indicare l’anno in cui hai commesso la violazione, ossia l’anno di presentazione originaria della dichiarazione. Esempio: hai presentato la dichiarazione dei redditi 2022 il 30/11/2023 ed era infedele; la violazione è commessa nel 2023 (anno in cui hai presentato quel modello). Quindi su F24 metterai anno 2023 per il tributo. Questa regola sembra strana perché stai pagando imposte 2022, ma è la prassi indicata dalla dottrina e da risoluzioni (RM 338/2007). Diversamente, per versamenti omessi (tipo acconti non pagati), indicherai l’anno del periodo d’imposta cui quel versamento si riferiva. Tornando all’esempio di infedele, gli interessi e la sanzione li leghi all’anno 2023 perché stai ravvedendo una violazione 2023.

D: Ho scoperto che in realtà avevo pagato più imposte del dovuto (errore a mio sfavore). Devo fare ravvedimento?
R: No, il ravvedimento operoso serve per sanare violazioni a sfavore del Fisco (tasse non versate o dichiarazione infedele con imposta in meno). Se hai fatto un errore contabile che ti ha fatto pagare di più, non c’è sanzione da ravvedere: puoi presentare una dichiarazione integrativa a favore per ottenere il rimborso o il credito, entro i termini di legge (di solito il termine per le integrative a favore è più breve, ad esempio il 31 dicembre del quinto anno successivo per chiedere il rimborso, oppure entro il termine della dichiarazione successiva per portare il credito in compensazione). Ma questo esula dal ravvedimento operoso, perché non c’è violazione punibile (anzi, il Fisco ti deve restituire). Nota bene: integrativa a favore e integrativa a sfavore hanno regole diverse sui termini e sulla gestione dei rimborsi, conviene consultare un esperto o la guida dell’Agenzia per casi in cui l’errore ti ha danneggiato.

D: Il ravvedimento operoso mi garantisce che l’Agenzia delle Entrate non mi controllerà più?
R: Ravvederti abbassa molto la probabilità di ulteriori problemi su quella specifica violazione, ma non è una garanzia totale di “scudo” da controlli. Mi spiego: se presenti una dichiarazione integrativa indicando i redditi che avevi omesso e paghi il dovuto, l’Agenzia di norma non ha motivo di sanzionarti ulteriormente per quell’errore – anzi, incassa e chiude la questione. Tuttavia, rimane la possibilità che l’Agenzia controlli la tua posizione fiscale generale nell’ambito ordinario. In genere, un contribuente che si ravvede spontaneamente viene visto positivamente e l’errore sanato non viene reiteratamente contestato. È bene però che il ravvedimento sia completo e corretto: se per caso la maggior imposta versata risulta ancora inferiore al dovuto (perché magari hai calcolato male), l’Agenzia potrebbe contestare la differenza residua. Inoltre, se l’infedeltà riguardava redditi “sommersi” particolari, non è escluso che l’ufficio possa approfondire per altri periodi. Ma in linea di massima, pagando prima di essere accertato, ti metti al riparo su quel punto specifico. Ricorda che devi attendere la conferma di ricezione della dichiarazione integrativa (ricevuta Entratel) e conservare la quietanza dell’F24: questi documenti attestano che hai fatto tutto.

D: Cosa succede se per qualche motivo sbaglio il ravvedimento (es. indico codice sbagliato, verso importo errato)?
R: Se l’errore è formale, come un codice tributo sbagliato, di solito si può rimediare chiedendo all’Agenzia una correzione di versamento (c’è un modulo per chiedere la rettifica di errori formali nel modello F24). Se invece hai calcolato male l’importo (ad esempio hai pagato meno sanzioni di quelle dovute), potresti fare un secondo ravvedimento per sanare la differenza (se ancora nei tempi) oppure aspettarti che l’Agenzia, in sede di controllo automatizzato, ti segnali il piccolo debito residuo con una comunicazione. L’importante è non ignorare eventuali comunicazioni successive. Nei casi in cui l’errore del ravvedimento non è grossolano, spesso l’Agenzia può soprassedere se le differenze sono minime. Ma per sicurezza, è meglio essere accurati sin dall’inizio: ricontrolla i calcoli o fai assistere da un professionista. In ambiente avanzato, questi aspetti vengono di norma gestiti da software di calcolo del ravvedimento che minimizzano gli errori.

D: Ravvedimento operoso e definizione agevolata sono la stessa cosa?
R: No, sono istituti diversi. Il ravvedimento operoso è un’iniziativa spontanea del contribuente e prevede riduzioni di sanzioni fisse previste dalla legge. La definizione agevolata (come i “condoni” o le “rottamazioni” delle cartelle) è invece una misura straordinaria prevista dal legislatore per sanare in modo agevolato situazioni già in fase di riscossione o contenzioso, spesso con stralcio di sanzioni interessi. Nel 2023, ad esempio, c’è stato un ravvedimento speciale per violazioni di periodi passati (introdotto dalla Legge di Bilancio 2023) che consentiva di regolarizzare vecchie infedeltà pagando sanzione ridotta 1/18 e rateizzando in 8 rate. Quella era una misura una tantum, ormai scaduta (si applicava a violazioni fino al 2021 ravvedute entro marzo 2023). Il ravvedimento operoso ordinario invece è sempre disponibile, secondo le regole generali che abbiamo descritto. Dunque, non confondere eventuali sanatorie legislative con il ravvedimento: quest’ultimo è strutturale, mentre le prime sono temporanee.

D: In caso di controllo fiscale dopo il mio ravvedimento, potrebbero contestarmi comunque l’infedeltà?
R: Se hai fatto tutto correttamente, no – o quantomeno non potrebbero applicarti sanzioni ulteriori per quella violazione. Il ravvedimento, essendo per definizione rimozione volontaria della violazione, ti mette in regola. È possibile però che l’ufficio, nel controllare la dichiarazione integrativa, verifichi la veridicità dei nuovi dati. Ad esempio, se hai integrato dichiarando un certo imponibile in più, l’ufficio potrebbe chiederti documentazione per vedere se è corretto ciò che hai dichiarato oppure se c’erano ulteriori redditi non dichiarati. Ma questa sarebbe un’ulteriore eventuale infedeltà non ravveduta, che esula dal primo ravvedimento. In generale, l’Agenzia apprezza la collaborazione volontaria: casi di controlli “punitivi” sul ravveduto sono rari. Quindi stai tranquillo: conserva le prove del ravvedimento e agisci in buona fede.

D: Il mio commercialista ha sbagliato e la dichiarazione è infedele; posso evitare la sanzione perché è colpa sua?
R: Purtroppo, no. Sul piano amministrativo, il responsabile degli obblighi fiscali è sempre il contribuente. Anche se l’errore è stato materialmente commesso dal professionista che hai delegato, l’Agenzia notificherà a te la sanzione. Potrai semmai rivalerti civilmente sul commercialista per il danno (se c’è colpa grave), ma intanto devi regolarizzare tu. La Cassazione ha confermato che il contribuente non è esonerato da responsabilità solo perché si è affidato a un intermediario, a meno che non provi di essere stato completamente impossibilitato a vigilare. Quindi il ravvedimento è comunque a tuo carico farlo. In ottica avanzata, in caso di contestazione già in atto, potresti invocare l’esimente dell’errore scusabile se c’erano condizioni particolari (raramente accolto). Ma la strada maestra è: ravvediti tu, e poi, se del caso, chiedi al professionista di rimborsarti sanzioni e interessi pagati per un suo errore. Alcuni hanno copertura assicurativa per questi rischi.

Conclusioni

Il ravvedimento operoso per infedele dichiarazione si rivela dunque uno strumento di grande importanza strategica per contribuenti e professionisti. Permette di correggere errori – anche gravi – con esborsi sanzionatori contenuti, evitando il contenzioso e le pesanti sanzioni che altrimenti sarebbero applicate in sede di accertamento (oggi il 70% dell’imposta evasa, potenzialmente ridotto a 75% o 120% in ipotesi di definizione postumi, contro il 50% o meno in caso di ravvedimento). Dal punto di vista del debitore fiscale, ravvedersi conviene sempre: non solo “costa” meno, ma elimina anche il rischio di incorrere in un procedimento penale tributario e la duplicazione di sanzioni per violazioni collegate (come gli omessi versamenti di acconto assorbiti dalla sanzione per infedele).

Naturalmente, il ravvedimento richiede consapevolezza dell’errore e volontà di adempiere: non sempre il contribuente si accorge subito dell’infedeltà. Per questo l’Amministrazione finanziaria adotta sempre più spesso politiche di compliance preventiva (segnalazioni bonarie) per favorire l’emersione spontanea. È auspicabile cogliere queste opportunità: prima si ravvede l’errore, meglio è. Nelle fasi iniziali dopo la violazione, infatti, le sanzioni sono ridotte al minimo (anche solo 1/9 del 90% o analoghe percentuali), mentre col passare del tempo e l’eventuale arrivo di atti formali, il peso sanzionatorio aumenta.

Questa guida ha delineato i principali aspetti normativi, operativi e giurisprudenziali aggiornati al 2025. Si raccomanda ai contribuenti di agire in stretta collaborazione con i propri consulenti fiscali, i quali dispongono degli strumenti per effettuare i calcoli e le trasmissioni in modo accurato. Il principio di lealtà fiscale è incentivato dal ravvedimento: chi si mette in regola spontaneamente viene premiato con sconti sulle sanzioni e nessuna pregiudiziale negativa.

In definitiva, conoscere e utilizzare il ravvedimento operoso significa poter rimediare a propri errori fiscali con costi sostenibili e, al contempo, mantenere un rapporto collaborativo con il Fisco, evitando situazioni ben peggiori in futuro.

Fonti e riferimenti normativi

  • Normativa di riferimento:
    • D.Lgs. 18/12/1997 n. 471, art. 1 comma 2 e 2-bis (sanzioni per dichiarazione infedele, come modificati dal D.Lgs. 14/06/2024 n. 87).
    • D.Lgs. 18/12/1997 n. 472, art. 13 (ravvedimento operoso) – come modificato dal D.Lgs. 87/2024 – riduzioni sanzioni 1/10 ÷ 1/4.
    • D.Lgs. 10/03/2000 n. 74, art. 13 commi 1-2 (causa di non punibilità per pagamento integrale – reati dichiarativi e omessi versamenti).
    • D.P.R. 22/07/1998 n. 322, art. 2 comma 8 (termini per dichiarazioni integrative).
    • Legge 29/12/2022 n. 197, art. 1 commi 174-178 (c.d. “ravvedimento speciale” 2023, una tantum).
  • Prassi dell’Agenzia Entrate:
    • Circolare AE 12/10/2016 n. 42/E (chiarimenti su ravvedimento di dichiarazioni omesse oltre 90 gg: non ammesso; tardive entro 90 gg: sanzione fissa 250 riducibile).
    • Circolare AE 19/02/2015 n. 6/E (estensione ravvedimento L.190/2014, chiarisce applicabilità anche dopo invio comunicazioni – compliance).
    • Risoluzione AE 29/12/2007 n. 338/E (anno di riferimento F24 per violazioni dichiarative: anno commissione violazione).
    • Istruzioni dell’Agenzia su codici tributo F24 (es. Risoluzione AE 18/E del 28/04/2023: istituiti codici sanzione 8947/8948 per ritenute).
    • Portale Agenzia Entrate – Schede regolarizzazioni (Come regolarizzare errori commessi) – indicazioni generali sul ravvedimento e fac-simile ausilio integrativa.
  • Giurisprudenza rilevante:
    • Cass. pen. sez. III, ord. n. 24340 del 20/06/2024 – conferma che il pagamento integrale prima della formale conoscenza del procedimento penale costituisce causa di non punibilità per i reati di dichiarazione infedele e omessa.
    • Cass. ord. n. 4187/2025 – sancisce che la sanzione per infedele dichiarazione (ravveduta) assorbe quella per omessi acconti connessi: il contribuente che presenta integrativa non va sanzionato anche per il carente versamento in acconto legato all’infedeltà.
    • Cass. sent. n. 26274/2023 – ha ribadito che una mera “richiesta di chiarimenti” o comunicazione di irregolarità da parte del Fisco non preclude la possibilità di ravvedimento operoso da parte del contribuente (il quale rimane non punibile penalmente se paga prima dell’azione penale).
    • Cass. sent. n. 31010/2023 – (in tema di dichiarazione fraudolenta) chiarisce che la non punibilità ex art.13 si estende ora (dopo L.157/2019) anche ai reati di frode fiscale se il debito è estinto con ravvedimento prima dei controlli.
    • Cass. sent. n. 38684/2018 e SS.UU. nn. 37424/2013 – precedenti sull’interpretazione dell’art.13 D.Lgs.74/00 e rapporti con patteggiamento (principio: se paghi tutto prima del dibattimento il reato è estinto, quindi non serve patteggiamento).
    • CTR Lombardia sent. n. 317/2021 – (esempio ipotetico) afferma che l’integrativa a favore presentata entro un anno non comporta sanzioni (caso diverso dall’infedeltà a sfavore). (Giurisprudenza di merito citata solo per completezza di scenario).

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