Hai un’impresa in difficoltà e ti stai chiedendo se puoi accedere alla composizione negoziata della crisi? Vorresti evitare il fallimento, salvare l’attività e ristrutturare i debiti, ma non sai quali sono i requisiti per avviare questa procedura e come funziona davvero?
La composizione negoziata è uno strumento innovativo introdotto dal Codice della Crisi d’Impresa, pensato per aiutare gli imprenditori a risolvere le difficoltà finanziarie prima che sia troppo tardi, con l’aiuto di un esperto indipendente.
Chi può accedere alla composizione negoziata?
– Tutti gli imprenditori commerciali e agricoli iscritti al Registro delle Imprese
– Imprese individuali e società, anche in forma cooperativa
– Imprese che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario reversibile
– Anche imprese che hanno già esposizioni verso fisco, banche e fornitori, purché abbiano prospettive di risanamento
Quali condizioni devi rispettare per avviare la procedura?
– Non devi essere già in liquidazione giudiziale (ex fallimento) o in concordato preventivo
– Devi compilare correttamente il test pratico di autodiagnosi disponibile sul portale del sistema camerale
– Devi fornire una documentazione completa: bilanci, situazione debitoria, elenco dei creditori, dichiarazioni fiscali, business plan aggiornato
– Devi dimostrare di avere una possibilità realistica di continuità aziendale, anche tramite interventi di terzi o operazioni straordinarie
Quali imprese sono escluse?
– Quelle già dichiarate fallite o in liquidazione giudiziale
– Quelle prive di qualunque prospettiva di ristrutturazione o rilancio
– Quelle che non hanno presentato le informazioni minime richieste dal portale o che hanno situazioni contabili gravemente compromesse
Come funziona la procedura?
– Si presenta un’istanza tramite il portale nazionale delle Camere di Commercio
– Viene nominato un esperto indipendente iscritto in un apposito albo
– L’esperto convoca le parti, valuta la situazione e facilita la negoziazione con i creditori
– L’imprenditore mantiene il controllo dell’azienda e può accedere a misure protettive (blocco dei pignoramenti, sospensione delle azioni esecutive)
– Se le trattative hanno esito positivo, si sottoscrive un accordo di risanamento o si accede ad altre procedure semplificate (concordato semplificato, transazione fiscale, piano attestato)
Quali sono i vantaggi concreti per l’imprenditore?
– Mantenere la gestione dell’impresa e continuare a operare
– Ottenere una moratoria temporanea dalle azioni dei creditori
– Negoziare piani di pagamento sostenibili e ristrutturazioni del debito
– Evitare il fallimento o la liquidazione giudiziale
– Dimostrare buona fede agli occhi del Fisco, dei fornitori e delle banche
– Ridurre i rischi di responsabilità personale, anche penale, per l’amministratore
Quando conviene attivarla?
– Appena noti segnali di crisi: ritardi nei pagamenti, tensioni con le banche, calo di liquidità
– Quando vuoi trattare con i creditori in un quadro protetto e con un esperto che media
– Se vuoi evitare che la crisi degeneri in insolvenza irreversibile
– Se vuoi salvare l’azienda prima che il danno sia definitivo
La composizione negoziata non è una resa, ma un’opportunità. È lo strumento giusto per gli imprenditori che vogliono affrontare la crisi con lucidità, serietà e con il supporto della legge.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, ristrutturazione del debito e strumenti di risanamento aziendale ti spiega quali sono i requisiti per accedere alla composizione negoziata, quando conviene e come avviare il percorso in sicurezza.
Hai dubbi sulla tua posizione o vuoi sapere se puoi accedere alla procedura? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione aziendale e ti diremo se hai i requisiti per iniziare la composizione negoziata e come usarla per salvare la tua impresa.
Introduzione
La composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento introdotto nell’ordinamento italiano a partire dal 15 novembre 2021 (con il D.L. 118/2021, convertito in L. 147/2021) e confluito nel nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, come modificato dai decreti correttivi). Si tratta di un percorso volontario, stragiudiziale e riservato finalizzato al risanamento delle imprese in difficoltà mediante trattative con i creditori, assistite da un esperto indipendente. L’istituto nasce per incentivare l’emersione anticipata della crisi e offrire alle imprese in squilibrio finanziario una chance di recupero alternativa alle tradizionali procedure concorsuali. Il fulcro della composizione negoziata è infatti la “risanabilità” dell’impresa: il procedimento mira a preservare il valore aziendale e la continuità, laddove esista una ragionevole prospettiva di risanamento. Di seguito esamineremo in dettaglio i requisiti di accesso a questo percorso – soggettivi, oggettivi e formali – alla luce della normativa vigente (aggiornata a luglio 2025, inclusi i correttivi D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024) e della giurisprudenza più recente, con un taglio pratico dal punto di vista del debitore. Verranno inoltre presentati esempi concreti, tabelle riepilogative, nonché una sezione di domande e risposte per chiarire i dubbi più comuni.
Quadro normativo di riferimento
I principali riferimenti normativi in materia di composizione negoziata della crisi sono:
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, artt. 12-25 (Titolo II, in particolare Capo I). Il Codice, entrato pienamente in vigore nel 2022, disciplina la composizione negoziata e le relative regole di accesso e svolgimento, anche per le piccole imprese (c.d. “imprese minori” o sotto-soglia). Tali articoli sono stati oggetto di modifiche correttive: il D.Lgs. 83/2022 (correttivo “bis”) e il D.Lgs. 136/2024 (correttivo “ter”) hanno affinato vari aspetti, come i limiti di accesso (art. 25-quinquies CCII) e la durata della procedura.
- Decreto-Legge 24 agosto 2021 n. 118 (conv. in L. 21 ottobre 2021 n. 147) – Ha introdotto per la prima volta la composizione negoziata come misura urgente ante-vigenza del Codice della Crisi, delineandone principi e strumenti (test pratico, elenco esperti, concordato semplificato etc.) poi confluiti nel CCII.
- Decreti ministeriali e linee guida – In particolare: il Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28 settembre 2021 (e successivo aggiornamento del 21 marzo 2023) che hanno definito la piattaforma telematica nazionale, il test di autodiagnosi e la lista di controllo (check-list) per la redazione del piano di risanamento. Altri provvedimenti hanno stabilito i diritti di segreteria (Decreto MISE 10 marzo 2022) e criteri di iscrizione degli esperti negli elenchi.
- Direttiva UE 2019/1023 (Insolvency) – Costituisce la matrice sovranazionale della riforma, volta a introdurre strumenti di allerta precoce e composizione stragiudiziale della crisi. La disciplina italiana della composizione negoziata recepisce gli obiettivi della Direttiva, come favorire la tempestiva ristrutturazione delle imprese sostenibili e limitare gli abusi (ad es. prevedendo durate massime per le misure protettive conformi al dettato europeo).
Nel seguito, i riferimenti normativi specifici (articoli del CCII, D.L. 118/2021, ecc.) e le pronunce giurisprudenziali saranno citati per inquadrare puntualmente i requisiti di accesso e i principali istituti correlati.
Obiettivi e caratteristiche della composizione negoziata
La composizione negoziata è stata concepita come strumento di composizione stragiudiziale della crisi, con l’obiettivo prioritario di agevolare il risanamento delle imprese in difficoltà economico-finanziaria. Si tratta di un procedimento:
- Volontario: l’accesso può avvenire solo su iniziativa dell’imprenditore stesso. Nessun creditore o autorità può imporre l’avvio della composizione negoziata – non esistono “procedure d’ufficio” o automatiche (a differenza degli strumenti di allerta originariamente previsti, poi soppressi). È una scelta strategica del debitore per provare a evitare l’insolvenza conclamata attraverso una soluzione concordata.
- Stragiudiziale e riservato: lo svolgimento ordinario delle trattative non prevede il coinvolgimento diretto del tribunale. L’intero percorso è gestito in via riservata su una piattaforma telematica dedicata, e tutte le parti coinvolte sono tenute alla riservatezza sulle informazioni apprese. Ciò tutela l’azienda da pregiudizi reputazionali durante il tentativo di risanamento. Solo in caso di necessità (ad esempio per attivare misure protettive o autorizzative) interviene l’autorità giudiziaria, ma si tratta di “finestre” giudiziali limitate e funzionali al buon esito delle trattative.
- Assistito da un esperto indipendente: fulcro del procedimento è la nomina di un esperto indipendente con il compito di affiancare l’imprenditore e facilitare le trattative con creditori e altri soggetti interessati. L’esperto non sostituisce l’imprenditore nella gestione né assume poteri sull’impresa, ma mette a disposizione competenze terze per trovare soluzioni e dare credibilità al piano di risanamento. L’imprenditore conserva pienamente la gestione ordinaria e straordinaria durante il percorso, dovendo però informare l’esperto e gli organi di controllo interni (se esistenti) sugli atti di rilievo. L’eventuale successo della procedura dipende comunque da accordi volontari tra il debitore e i suoi creditori – l’esperto funge da facilitatore, non da commissario.
- Finalizzato al risanamento in continuità: la composizione negoziata punta a preservare la continuità aziendale, se necessario anche tramite il trasferimento dell’azienda o di suoi rami a terzi. L’obiettivo non è la liquidazione del patrimonio per soddisfare i creditori (come nelle procedure concorsuali liquidatorie), bensì la ristrutturazione del debito e il ripristino dell’equilibrio economico dell’impresa. Ne consegue che l’istituto è utilizzabile solo se vi è una ragionevole prospettiva di risanamento dell’attività imprenditoriale. Un piano che si limitasse a liquidare i beni e cessare l’impresa, senza alcuna continuità, sarebbe incompatibile con la composizione negoziata. In altre parole, il percorso può includere la cessione dell’azienda “ripulita” dai debiti (come mezzo per soddisfare i creditori e proseguire l’attività sotto altra gestione), ma non può risolversi in una mera dissoluzione dell’impresa. La conservazione del valore aziendale è il fine imprescindibile della composizione negoziata.
- Strumento “ombrello” con possibili esiti diversificati: la composizione negoziata non impone una soluzione predeterminata. Se le trattative vanno a buon fine, possono sfociare in diverse tipologie di accordo (anche cumulabili): un contratto stragiudiziale con singoli creditori, una convenzione di moratoria, un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o un piano attestato di risanamento. In caso di esito negativo, l’impresa potrà comunque accedere ad una procedura concorsuale semplificata di soluzione della crisi (come il concordato “semplificato” di cui diremo, o la liquidazione controllata). Durante i negoziati, inoltre, il debitore può beneficiare di protezioni temporanee (stay) contro azioni esecutive e altre misure di sostegno (fiscali, patrimoniali) per massimizzare le chance di risanamento.
Riassumendo, la composizione negoziata della crisi rappresenta per il debitore un’opportunità di affrontare la crisi per tempo, in modo flessibile e riservato, con l’assistenza di un professionista qualificato e con alcuni benefici legali di contorno (protezione da aggressioni dei creditori e incentivi in caso di esito positivo). Tale percorso comporta tuttavia il rispetto di precisi requisiti di accesso, sia in termini di soggetti ammessi sia di condizioni oggettive e adempimenti formali, che esaminiamo nei paragrafi successivi.
Requisiti soggettivi: chi può accedere alla composizione negoziata
Possono accedere alla procedura di composizione negoziata tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, comprese le ditte individuali e le società agricole. Dunque, il novero dei soggetti ammessi è ampio e sostanzialmente coincide con quello degli imprenditori commerciali o agricoli, di qualsiasi dimensione e forma giuridica, purché svolgano un’attività economica organizzata iscritta al Registro Imprese. In particolare:
- Imprese costituite in forma societaria (società di capitali, di persone, cooperative, etc.) – senza limitazioni di settore merceologico. Ad es. S.r.l., S.p.A., S.a.s., società agricole, società artigiane, start-up innovative, ecc. rientrano tra i potenziali beneficiari.
- Imprenditori individuali (ditte individuali) – anche i piccoli imprenditori individuali possono accedere, in quanto l’iscrizione al Registro Imprese include le imprese individuali commerciali e artigiane. Ciò costituisce una differenza fondamentale rispetto alle procedure concorsuali tradizionali come il fallimento (oggi liquidazione giudiziale), da cui gli imprenditori sotto una certa soglia erano esclusi: la composizione negoziata è aperta anche ai c.d. non fallibili (si vedano infra i dettagli sulle soglie).
- Imprenditori agricoli – espressamente inclusi dalla legge. Gli imprenditori agricoli, pur non assoggettabili a fallimento secondo la legge fallimentare previgente, possono fruire della composizione negoziata per la soluzione della propria crisi. Ciò è coerente con la Direttiva Insolvency e con l’intento di offrire strumenti di allerta e ristrutturazione precoce a ogni tipo di attività economica.
- Imprese pubbliche o a partecipazione pubblica – non vi è un’esclusione in tal senso nella normativa. Se l’ente svolge attività d’impresa ed è iscritto al Registro Imprese (ad es. società partecipate), in linea di principio può accedere. Andrà valutata caso per caso la compatibilità con eventuali discipline speciali.
- Grandi imprese soggette a procedure speciali – Anche le imprese di grandi dimensioni, che in caso di insolvenza potrebbero ricadere nell’amministrazione straordinaria (Leggi Prodi-bis o Marzano), non sono escluse dall’accesso alla composizione negoziata, salvo che abbiano già attivato la procedura speciale. In pratica, una grande impresa in difficoltà può tentare la composizione negoziata; se poi la crisi non si risolve e sopravvengono i presupposti, potrà essere avviata l’amministrazione straordinaria, ma la fase di negoziazione preventiva è comunque consentita (anzi auspicata per evitare l’insolvenza conclamata).
È importante evidenziare che la composizione negoziata non si applica invece ai debitori civili “non imprenditori”, né ai professionisti o consumatori sovraindebitati, i quali rimangono destinatari delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piani del consumatore, ristrutturazione dei debiti, liquidazione controllata del sovraindebitato ex L. 3/2012, oggi integrate nel CCII). In sintesi: serve la qualifica di imprenditore ai sensi degli artt. 2082 e 2135 c.c. per poter utilizzare questo istituto.
Soglie dimensionali e “imprese minori”
Nessuna dimensione minima è richiesta per accedere alla composizione negoziata: anche la più piccola impresa individuale può attivarla. Tuttavia la legge distingue, per alcuni aspetti procedurali, le imprese “sotto-soglia” (di minori dimensioni) da quelle di dimensioni maggiori. La nozione di impresa minore nel CCII corrisponde a quella tradizionale di imprenditore non assoggettabile a fallimento, ossia colui che non supera determinati parametri:
Sono considerate imprese di minori dimensioni (sotto-soglia) quelle che possiedono congiuntamente i seguenti tre requisiti:
– attivo patrimoniale annuo (totale dell’attivo di bilancio) non superiore a 300.000 euro;
– ricavi lordi annui (ricavi delle vendite e prestazioni) non superiori a 200.000 euro;
– debiti totali non superiori a 500.000 euro.
Questi valori sono quelli già previsti dall’art. 1, comma 2 della vecchia legge fallimentare (R.D. 267/1942) e vengono ora utilizzati nel Codice della Crisi per individuare le imprese minori. In pratica, un’imprenditore individuale o una società che rientri simultaneamente in tutti e tre i parametri sopra indicati è considerato sottosoglia. Esempio: una ditta individuale con attivo €150.000, ricavi €180.000 e debiti €400.000 è sottosoglia; se anche solo uno dei tre limiti viene superato (es. debiti €600.000), l’impresa è sopra-soglia.
Questa distinzione non incide sul diritto di accesso alla composizione negoziata (che spetta, ripetiamo, a tutte le imprese in crisi, grandi o piccole), ma rileva sotto due profili pratici principali: modalità di nomina dell’esperto (vedi oltre) e tipologie di procedure concorsuali eventualmente attivabili all’esito del percorso. In sintesi:
- Nomina dell’esperto: per le imprese sopra-soglia la nomina è effettuata da una commissione regionale (composta da un magistrato, un rappresentante della Camera di commercio e uno della Prefettura); per le imprese sotto-soglia la nomina dell’esperto è invece di competenza del Segretario Generale della Camera di Commercio del luogo. Su questo si tornerà in dettaglio parlando della procedura di accesso.
- Epiloghi concorsuali: un’impresa sopra-soglia, se la composizione fallisce, potrà accedere al concordato preventivo o alla liquidazione giudiziale; un’impresa sottosoglia invece avrà come eventuali sbocchi il concordato minore o la liquidazione controllata. In entrambi i casi, comunque, l’ordinamento prevede anche l’eventuale concordato semplificato post-composizione (strumento nuovo, utilizzabile da ogni imprenditore a prescindere dalle soglie, come descritto in seguito).
Va segnalato che anche l’imprenditore agricolo può essere “sopra” o “sotto” soglia in base ai medesimi criteri quantitativi, pur non essendo assoggettabile a fallimento: se supera i parametri dimensionali, la sua composizione negoziata seguirà le modalità ordinarie (commissione regionale); se rientra nei limiti, sarà considerato impresa minore ai fini della nomina semplificata dell’esperto. Attenzione: vi sono stati casi in cui imprenditori agricoli sopra-soglia hanno erroneamente utilizzato la procedura prevista per le imprese minori (art. 25-quater CCII), con conseguente intervento dei tribunali che hanno negato alcuni benefici poiché il percorso corretto da seguire era quello ordinario. È quindi importante individuare correttamente la propria fascia dimensionale sin dall’accesso.
Esclusioni e limiti soggettivi
La legge non prevede cause di esclusione soggettiva legate, ad esempio, alla natura dei debiti o alla “meritevolezza” del debitore. Diversamente da quanto avviene nelle procedure di sovraindebitamento del consumatore (dove si valuta la buona fede o l’assenza di colpa grave del debitore) o in alcuni concordati (con i requisiti di onorabilità previsti dall’art. 90 CCII per l’esdebitazione), nella composizione negoziata non è richiesto un giudizio di meritevolezza sul comportamento pregresso dell’imprenditore. Pertanto, anche un imprenditore che abbia commesso errori di gestione o irregolarità fiscali può accedere, fermo restando che:
- Obbligo informativo e collaborazione: una volta avviato il percorso, l’imprenditore deve improntare la propria condotta alla massima trasparenza e buona fede, informando l’esperto e i creditori in modo completo. I creditori stessi, per legge, sono tenuti a collaborare lealmente con il debitore e con l’esperto. Comportamenti gravemente scorretti potrebbero portare alla perdita di fiducia nelle trattative e al fallimento del percorso, ma non impediscono ex ante l’accesso.
- Esenzione da alcune responsabilità: la normativa prevede addirittura, a mo’ di incentivo, che talune condotte non integriano reati concorsuali se poste in essere durante la composizione negoziata in funzione del risanamento (ad es. pagamenti autorizzati dell’art. 22 CCII non sono considerati preferenziali). Inoltre, l’imprenditore che attiva tempestivamente il percorso può beneficiare della non punibilità per i reati di bancarotta semplice e preferenziale ex art. 25, comma 6 CCII (richiamando gli artt. 217 e 216 co. 3 l.fall.). Ciò rientra nelle “misure premiali” con cui il legislatore incoraggia il debitore a ricorrere allo strumento negoziale invece di aggravare la propria esposizione.
In conclusione, qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, grande o piccolo, in forma individuale o societaria, può presentare istanza di composizione negoziata, purché si trovi nelle condizioni oggettive che ora analizzeremo. Non rilevano precedenti insuccessi (salvo il limite temporale di cui diremo), né giudizi di merito sull’operato dell’imprenditore, fatta salva la necessità che esista una prospettiva concreta di risanamento.
Requisiti oggettivi: condizioni della crisi e limiti di ammissibilità
Stato di squilibrio economico-finanziario
Condizione essenziale per l’accesso è che l’impresa si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, ma al contempo possieda le potenzialità necessarie per rimanere sul mercato. Questa formula, ripresa dall’art. 2 del D.L. 118/2021 (oggi art. 12 CCII), indica che il debitore non deve essere in pieno equilibrio economico: deve esserci un deterioramento nei conti tale per cui, senza interventi, è probabile che l’impresa entri in crisi o diventi insolvente nell’imminente futuro. In altri termini, è uno strumento pensato per chi è in crisi incipiente o già in difficoltà, non per imprese sane.
Va ricordato il significato tecnico di crisi e insolvenza: il CCII definisce “crisi” uno stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza futura (art. 2, co.1, lett. a), mentre “insolvenza” è la conclamata incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni (art. 2, co.1, lett. b). La composizione negoziata è destinata a imprese in crisi (anche solo prospettica) o addirittura già insolventi, purché tale insolvenza non sia definitiva. Ciò rappresenta un importante cambio di paradigma rispetto al passato: diversamente dalla vecchia procedura di concordato preventivo (che richiedeva la “probabilità di insolvenza” e di regola escludeva l’insolvenza già conclamata salvo casi di continuità), qui anche un’impresa tecnicamente insolvente può accedere, se ha ancora chance di risanamento.
Su questo punto la giurisprudenza inizialmente si è divisa. Alcuni tribunali (es. Tribunale di Siracusa) avevano negato l’accesso a imprenditori già in stato di insolvenza, argomentando che la norma parla di probabilità di insolvenza e che l’eventuale insolvenza rileva solo se emersa nel corso della composizione. Si temeva l’abuso dello strumento da parte di imprese ormai decotte al solo scopo di ritardare il fallimento (magari per poi accedere a un concordato semplificato). Al contrario, altri giudici (es. Tribunale di Bologna, Tribunale di Arezzo) hanno ritenuto che l’insolvenza di per sé non precluda l’accesso: ciò che conta è la reversibilità della crisi. Questa seconda linea interpretativa è oggi prevalente e avallata dalla dottrina e da pronunce più recenti. Ad esempio, il Tribunale di Lecco (decreto 2 gennaio 2023) ha chiarito che «l’accesso […] non è di per sé precluso dalla condizione d’insolvenza dell’imprenditore ma dalla sua irreversibilità», desumendolo dal fatto che l’art. 17, co.5 CCII impone all’esperto di chiudere la procedura anticipatamente solo quando manchino concrete prospettive di risanamento (ossia quando gli squilibri siano irreversibili). In altre parole, la presenza di uno stato di insolvenza “reversibile” (non strutturale né permanente) non impedisce di attivare la composizione negoziata, se vi è margine per recuperare l’equilibrio. Ciò è perfettamente coerente con la lettera della legge, che equipara “crisi o insolvenza probabile” come presupposto, mettendoli sullo stesso piano, e con la logica della riforma che vuole offrire alle imprese risanabili uno strumento tempestivo anche se già formalmente insolventi. Del resto, il test di autodiagnosi nella piattaforma contempla esplicitamente scenari di insolvenza conclamata tra le situazioni valutabili, a conferma che l’istituto può operare anche in tal caso.
⚖️ Giurisprudenza:
– Tribunale di Bologna, 8 novembre 2022: l’insolvenza non esclude l’accesso, purché vi siano concrete prospettive di risanamento.
– Tribunale di Arezzo, 16 aprile 2022: anche un’insolvenza attuale può essere affrontata con composizione negoziata se appare reversibile, mentre l’assenza di prospettive positive impone altre strade.
– Tribunale di Roma, 6 ottobre 2022: la composizione è attivabile sia in caso di squilibrio prospettico (insolvenza futura probabile), sia in caso di insolvenza già manifestatasi ma non irreversibile, essendo l’istituto finalizzato a dare un’ulteriore chance alle imprese risanabili.
– Tribunale di Siracusa, 15 dicembre 2021 (orientamento superato): negato l’accesso a impresa insolvente, ritenendo che l’istituto fosse riservato a situazioni di pre-insolvenza.
In conclusione, il presupposto oggettivo sostanziale è uno stato di difficoltà dell’impresa, che può variare dalla semplice tensione di liquidità o squilibrio temporaneo fino all’insolvenza attuale, purché quest’ultima non abbia già determinato effetti irreversibili sul funzionamento aziendale. Deve altresì essere “ragionevolmente perseguibile” il risanamento, come affermato espressamente dall’art. 12 CCII. Questo concetto permea tutta la disciplina: ad esempio, l’esperto valuterà immediatamente se esistono concrete prospettive di risanamento, e solo in caso positivo darà corso alle trattative; il tribunale, nel confermare eventuali misure protettive richieste, dovrà verificare in via prognostica se la continuazione delle trattative possa portare a salvare l’impresa (parametro del fumus boni iuris del risanamento). In pratica, la reversibilità della crisi e la recuperabilità dell’equilibrio aziendale sono il fulcro: se tali elementi mancano (impresa decotta senza speranza), la composizione negoziata non ha ragion d’essere. Questo non significa che l’imprenditore debba già avere la soluzione in tasca, ma quantomeno devono sussistere risorse o scenari che facciano intravedere un possibile salvataggio (es. potenziali investitori, mercato ancora ricettivo, asset cedibili per continuità, ecc.).
Casi particolari: imprese in liquidazione
Un caso peculiare è quello delle società già poste in liquidazione volontaria. Può una società che ha deliberato lo scioglimento e la liquidazione accedere alla composizione negoziata? In linea di principio sì, nulla lo vieta, ma occorre distinguere:
- Se la società in liquidazione prevede di revocare lo stato di liquidazione in caso di esito positivo (cioè intende tornare in bonis e proseguire l’attività), allora chiaramente il risanamento è ipotizzabile.
- Se invece la società in liquidazione non intende affatto riprendere l’attività, ma vuole utilizzare la composizione solo per gestire al meglio la dismissione dell’azienda, bisogna valutare la natura del piano. Se il piano consiste nel vendere l’azienda (o rami di essa) come complesso funzionante, trasferendo l’attività a un terzo e utilizzando il ricavato per pagare i creditori, questo è considerato compatibile con il fine di risanamento “oggettivo” dell’impresa. In tal caso, infatti, l’impresa prosegue – sia pure in altre mani – e il suo valore è preservato (si realizza una continuità indiretta). Dunque, una società in liquidazione può proporre una composizione negoziata finalizzata alla cessione dell’azienda, anche senza formalmente revocare la liquidazione finché l’operazione non si concretizza.
- Viceversa, un piano meramente liquidatorio “atomistico” – ad esempio la vendita frazionata dei beni aziendali o il realizzo del magazzino per poi chiudere – non è una soluzione ammissibile in composizione negoziata. Anche se ipoteticamente soddisfacesse tutti i creditori integralmente, mancherebbe il fulcro del risanamento dell’impresa: se al termine delle operazioni non rimane alcuna impresa da proseguire, quel percorso non può essere intrapreso tramite composizione negoziata. In tali casi, la via corretta è la liquidazione concorsuale (liquidazione giudiziale o controllata).
La prassi iniziale ha visto decisioni contrastanti: alcuni tribunali (es. Trib. Ferrara 21 marzo 2022, Trib. Bergamo 15 febbraio 2022) avevano escluso l’ammissibilità per società in liquidazione da lungo tempo, sottolineando l’ossimoro di cercare un “risanamento” in presenza di una formale fase liquidatoria senza alcuna prospettiva di revoca. Tuttavia, l’orientamento più recente riconosce che ciò che rileva è la sostanza del piano: se c’è spazio per una soluzione concordata che mantenga il valore aziendale, l’accesso è possibile anche per società in liquidazione. Del resto, l’art. 12 CCII parla di risanamento dell’“impresa” (attività economica) e non necessariamente dell’“imprenditore” o della specifica entità giuridica. Quindi, salvare l’impresa tramite cessione a terzi è un esito conforme allo scopo.
Condizioni ostative (limiti di accesso)
Oltre ai requisiti positivi visti sopra, la legge pone alcune cause di inammissibilità relative alla pendenza di altre procedure. L’idea è di evitare che la composizione negoziata venga utilizzata in modo strumentale o sovrapposta ad altri strumenti concorsuali già avviati. In particolare, l’art. 25-quinquies CCII (come modificato dal correttivo ter nel 2024) oggi stabilisce che l’istanza di composizione negoziata non può essere presentata dall’imprenditore se è già pendente un procedimento per l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza. Ciò significa, ad esempio:
- Preclusione in caso di concordato o liquidazione già chiesti: se il debitore ha già depositato un ricorso per concordato preventivo (anche con riserva ex art. 44 CCII) o per liquidazione giudiziale (istanza di fallimento “in proprio”), non può di lì a poco “cambiare idea” e avviare la composizione negoziata. Allo stesso modo, se pende una domanda di concordato minore (ex art. 74 CCII, procedura per imprenditori minori) o un’istanza di omologazione di accordo di ristrutturazione (ex art. 54, co.3 CCII), l’accesso alla composizione è bloccato. In sintesi, non si può avere contemporaneamente una procedura concorsuale formale in corso e la composizione negoziata.
- Preclusione in caso di istanza di liquidazione presentata da terzi: vi è stato dibattito se il divieto valesse solo per procedure chieste dallo stesso debitore o anche da creditori/PM. Dopo contrastanti interpretazioni giurisprudenziali, il legislatore è intervenuto: attualmente è chiaro che anche se un creditore (o il PM) ha già presentato istanza di liquidazione giudiziale contro l’imprenditore, quest’ultimo non può avviare la composizione negoziata finché quel procedimento è pendente. Ciò per evitare usi dilatori – il debitore altrimenti potrebbe lanciare la composizione all’ultimo minuto solo per congelare l’udienza prefallimentare, sfruttando le protezioni automatiche. Con la norma attuale, se un’istanza di fallimento da terzi è in corso, la via negoziale gli è preclusa; il debitore potrà al più presentare un concordato last minute ex art. 44 CCII all’udienza fallimentare, ma non attivare la composizione (che è stragiudiziale) per paralizzare l’iniziativa altrui.
- Preclusione post-rinuncia recente: l’art. 25-quinquies, secondo periodo, prevede inoltre che non si può presentare istanza di composizione negoziata se nei 4 mesi precedenti il debitore ha rinunciato a una domanda di concordato, di accordo di ristrutturazione o di liquidazione. Questa norma mira a evitare che un imprenditore passi da una procedura all’altra in rapida successione, eventualmente allo scopo di guadagnare tempo. Ad esempio, se un imprenditore ha depositato un ricorso per concordato preventivo e poi lo ha ritirato, non può il giorno dopo tentare la composizione negoziata: deve attendere almeno 4 mesi dalla rinuncia. Analogamente, chi ha rinunciato a un concordato minore o ad un accordo di ristrutturazione omologando non può subito dopo aprire una composizione.
Riassumendo: non bisogna avere già in corso (o aver appena abbandonato) un’altra procedura concorsuale. La presenza di pendenze del genere è verificata anche attraverso autocertificazione: il debitore, nell’istanza, deve dichiarare se vi siano ricorsi pendenti per liquidazione giudiziale o stato d’insolvenza a suo carico, e attestare di non aver depositato ricorsi ex art. 40 CCII (domande di accesso a procedure concorsuali). La piattaforma e le cancellerie possono poi controllare tali informazioni (anche perché, se un ricorso per fallimento è stato pubblicato nel Registro Imprese, è di pubblico dominio). In caso di dichiarazione falsa, oltre a possibili responsabilità, l’istanza verrebbe dichiarata inammissibile.
Da notare che, se una procedura concorsuale è già conclusa o chiusa, la preclusione non opera. Ad esempio, un imprenditore che sia già stato dichiarato fallito in passato e poi liberato potrebbe in teoria usare la composizione negoziata per una nuova crisi (non sussistendo pendenze attuali). Ma se la procedura è in corso, no. Anche la pendenza di un procedimento di sovraindebitamento (per imprenditore minore non fallibile, ante riforma) dovrebbe costituire causa ostativa implicita, poiché assimilabile a un accordo già richiesto ex art. 54 CCII.
Infine, non è ammissibile la composizione negoziata dopo l’apertura della liquidazione giudiziale (fallimento): una volta dichiarato il fallimento, è ovvio che l’imprenditore è spossessato e non può avviare nuovi negoziati privati. Durante una procedura di amministrazione straordinaria o altra procedura speciale, parimenti la composizione non può coesistere. In generale, la regola è “una procedura alla volta”.
Tabella – Condizioni ostative principali (art. 25-quinquies CCII):
Situazione pendente (nei confronti dell’impresa) | Accesso alla CNC consentito? |
---|---|
Concordato preventivo già chiesto (anche con riserva art.44) | NO (precluso) |
Domanda di liquidazione giudiziale presentata dal debitore | NO (precluso) |
Istanza di fallimento presentata da creditore o PM | NO (precluso, confermato da correttivo) |
Accordo di ristrutturazione in omologazione (ricorso ex art.54) | NO (precluso) |
Concordato minore chiesto (art.74 CCII) | NO (precluso) |
Procedura di sovraindebitamento pendente (piano del consumatore, accordo, ecc.) | NO (precluso) (implicito) |
Composizione negoziata già in corso (istanza pendente) | – (non si può presentare una seconda istanza durante la prima) |
Rinuncia dal debitore a domanda di concordato/accordo negli ultimi 4 mesi | NO (attendere 4 mesi) |
Liquidazione giudiziale già dichiarata (fallimento aperto) | NO (procedura concorsuale prevale) |
Procedura di amministrazione straordinaria aperta | NO (procedura concorsuale speciale prevale) |
Concordato preventivo già chiuso / risolto / revocato in passato | SÌ, se non vi sono pendenze attuali (valutare caso per caso)** |
Nota: CNC = composizione negoziata della crisi. In caso di dubbio sulla pendenza, è opportuno verificare presso il Tribunale competente o tramite il Registro delle Imprese se risultano iscrizioni relative a procedure concorsuali a carico dell’azienda.
Con queste condizioni negative si completa il quadro dei requisiti oggettivi di ammissibilità: in breve, essere in crisi o insolvenza reversibile, avere prospettive di risanamento, e non avere altre procedure concorrenti in atto o appena abbandonate. Soddisfatti tali presupposti, l’imprenditore può procedere con la richiesta di composizione negoziata seguendo l’iter previsto.
Procedura di accesso: modalità e adempimenti per l’istanza
Piattaforma telematica nazionale
L’accesso alla composizione negoziata avviene esclusivamente tramite una piattaforma telematica unica nazionale gestita dalle Camere di Commercio (portale: composizionenegoziata.camcom.it). L’imprenditore, una volta deciso di attivare il percorso, deve presentare un’istanza di nomina dell’esperto indipendente attraverso il portale. Per accedere all’area riservata della piattaforma occorre essere muniti di identità digitale (SPID, CNS o CIE) ed essere il legale rappresentante dell’impresa o un suo procuratore munito di delega.
La piattaforma informatica è concepita per guidare l’imprenditore negli adempimenti iniziali e raccogliere tutta la documentazione necessaria. In particolare, come descritto, la piattaforma contiene:
- Un’area pubblica informativa: con materiali sulle finalità e sul funzionamento della composizione negoziata, accessibile liberamente. Vi si trovano una lista di controllo dettagliata (check-list) con indicazioni operative per predisporre il piano di risanamento, e un test pratico di autodiagnosi per verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento inserendo alcuni dati contabili. È consigliabile utilizzare questi strumenti prima di presentare istanza, così da valutare lo stato dell’impresa e prepararsi adeguatamente. Il test restituisce indicazioni sulla sostenibilità del debito futuro e sulla gravità e reversibilità dello squilibrio, mentre la check-list funge da guida per redigere un progetto di piano credibile.
- Un’area riservata: a cui si accede autenticandosi, attraverso la quale si compila e invia l’istanza telematica e si allegano tutti i documenti richiesti. L’area riservata gestisce anche le successive fasi (comunicazioni dell’esperto, caricamento di relazioni, ecc.), accessibile ai soggetti man mano coinvolti (esperto nominato, organi camerali, eventuale tribunale per misure protettive).
Secondo l’art. 17 CCII, l’istanza di nomina dell’esperto consiste nella compilazione di un modello online predisposto sulla piattaforma, contenente le informazioni utili alla nomina e allo svolgimento dell’incarico. Il contenuto dettagliato di tale modello è definito dal decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia (art. 13, co.2 CCII) e riflette sostanzialmente la lista di controllo aggiornata al Codice.
Documenti da allegare obbligatoriamente
Al momento della presentazione dell’istanza, l’imprenditore deve inserire in piattaforma una serie di documenti indicati analiticamente dalla legge (art. 17, comma 3 CCII). L’elenco documentale – che rappresenta un requisito formale fondamentale per l’ammissibilità – comprende:
- Situazione patrimoniale e contabile aggiornata: i bilanci degli ultimi tre esercizi (se non già depositati al Registro Imprese) oppure, per chi non è tenuto al bilancio, le dichiarazioni dei redditi e IVA degli ultimi 3 periodi d’imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima dell’istanza. In pratica, bisogna fornire i dati contabili storici e un prospetto recente dello stato patrimoniale/finanziario (es. ultimo bilancio infrannuale) per dare all’esperto il quadro aggiornato della situazione.
- Elaborati sul piano di risanamento: un progetto di piano di risanamento dell’impresa redatto secondo le indicazioni della lista di controllo (check-list), accompagnato da una relazione chiara e sintetica sull’attività aziendale che riporti un piano finanziario per i successivi 6 mesi e le iniziative strategiche che l’imprenditore intende adottare. Questo documento è sostanzialmente il “piano” con cui il debitore intende risanare l’impresa, almeno a grandi linee: è un progetto che identifica le cause della crisi, propone le azioni correttive (ristrutturazione del debito, ricerca di nuovi apporti di capitale, dismissioni, riorganizzazione aziendale, ecc.) e dimostra come l’impresa potrà riacquistare equilibrio finanziario per almeno i prossimi sei mesi e oltre. È fondamentale che il piano sia redatto seguendo la check-list ministeriale, almeno nei suoi punti essenziali, perché ciò è esplicitamente richiesto dalla norma. In particolare, la legge (art. 17 co.3 lett. b) stabilisce che il piano sia redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13 co.2. La check-list attuale prevede vari paragrafi; il portale Unioncamere segnala che almeno i paragrafi 1, 2.8 e 3 della lista devono essere rispettati nel progetto di piano allegato. Ciò include tipicamente: (1) informazioni generali sull’impresa e sull’organizzazione, (2.8) analisi della posizione finanziaria e sostenibilità, (3) linee di intervento proposte e proiezioni. L’obiettivo è che il piano sia affidabile e coerente, perché su di esso l’esperto dovrà esprimere valutazioni e costruire le trattative. È bene che l’imprenditore si faccia assistere dal proprio commercialista o advisor nel predisporre questo progetto prima di inoltrare l’istanza, per evitare carenze che potrebbero minare la credibilità del percorso.
- Elenco dei creditori: con indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e l’indicazione dell’eventuale presenza di garanzie reali o personali su tali crediti. Questo documento è essenziale per mappare il debito: bisogna elencare tutti i creditori dell’impresa (banche, fornitori, Fisco, previdenza, dipendenti, ecc.) specificando l’ammontare dovuto (distinguendo la parte già scaduta da quella non ancora esigibile) e segnalando se vi sono pegni, ipoteche o fideiussioni associati. Serve all’esperto per capire chi sono le controparti delle trattative e quale sia la posizione di ciascuno (garantito/non garantito, strategico, etc.).
- Dichiarazioni sostitutive (art. 46 DPR 445/2000): l’imprenditore deve autocertificare l’assenza di procedimenti concorsuali pendenti a suo carico e di non aver presentato egli stesso ricorsi ex art. 40 CCII (il procedimento unitario di regolazione della crisi) incluse le ipotesi di cui ad art. 44 co.1 lett. a) (concordato con riserva) e art. 54 co.3 (accordo di ristrutturazione) e art. 74 (concordato minore). Questa doppia dichiarazione formalizza quanto già discusso: se mente, rischia sanzioni e l’istanza verrà rigettata.
- Certificato unico dei debiti tributari: si tratta di un documento rilasciato dall’Agenzia delle Entrate ex art. 364 CCII, che attesta il debito tributario complessivo dell’impresa verso l’Erario (imposte, sanzioni, interessi). Il certificato unico dei debiti tributari è un documento introdotto dal Codice della Crisi per avere un quadro ufficiale e aggiornato della posizione fiscale dell’imprenditore.
- Situazione debitoria verso l’Agente della Riscossione: va allegata la situazione debitoria complessiva risultante presso Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia), ossia l’estratto delle cartelle esattoriali e carichi affidati alla riscossione. Questo permette di conoscere tutte le pendenze iscritte a ruolo (tributarie e previdenziali). In pratica si può ottenere tramite richiesta all’Ader o dall’area riservata del loro sito un prospetto dei debiti iscritti a ruolo.
- Certificato dei debiti contributivi e dei premi assicurativi: analogamente, serve un certificato ex art. 363 CCII attestante la posizione debitoria verso gli enti previdenziali (es. INPS) e assicurativi obbligatori (INAIL). Questo documento riepiloga i contributi non versati, sanzioni per omissioni contributive, ecc.
- Estratto della Centrale Rischi Bankitalia: un estratto aggiornato (non anteriore a 3 mesi) dei dati presenti in Centrale Rischi. Questo consente di avere la situazione dei crediti bancari e finanziari, esposizioni e segnalazioni, utile per l’esperto e anche per eventuali trattative con banche.
Tutti questi documenti devono essere predisposti in formato elettronico e firmati digitalmente dal richiedente (dove richiesto). La piattaforma consente l’upload di ciascun file nelle rispettive sezioni. È prevista anche una “Documentazione integrativa” eventualmente richiesta dai singoli casi, ma quelli sopra elencati sono obbligatori per tutti.
Importante: la completezza della documentazione è un requisito valutato preliminarmente. Un’istanza priva di uno o più documenti obbligatori può essere dichiarata inammissibile o potrebbe essere richiesto un pronto supplemento. Nella pratica, il sistema informatico effettua dei controlli formali (ad es. non permette l’invio se manca un allegato fondamentale), ma spetta all’imprenditore assicurarsi che tutto sia in ordine. Allegare i bilanci e i certificati è relativamente semplice; più impegnativo è fornire un progetto di piano credibile: imprese che hanno presentato piani del tutto generici o incoerenti si sono poi trovate in difficoltà nell’ottenere misure protettive dal tribunale, in quanto giudicate carenti di fumus (il giudice, in sede di conferma delle misure protettive, esamina la documentazione depositata e se il piano è troppo lacunoso può dubitare delle prospettive di risanamento). Quindi conviene dedicare tempo e magari coinvolgere consulenti per preparare bene il piano e gli allegati finanziari prima di premere “invio”.
Invio dell’istanza e nomina dell’esperto
Una volta caricati tutti gli allegati richiesti, l’istanza può essere inviata telematicamente tramite la piattaforma. Al momento dell’invio, è previsto il pagamento di un diritto di segreteria di importo €252,00 e dell’imposta di bollo di €16,00, da effettuarsi online via PagoPA. Il sistema genera l’avviso di pagamento e, una volta eseguito, allega automaticamente la ricevuta agli atti. Senza il pagamento, l’istanza non viene processata (rimane in stato “validazione pagamenti”). Pertanto il costo amministrativo iniziale per il debitore è di €268 in totale, oltre naturalmente agli eventuali costi di consulenza per predisporre la domanda.
In seguito all’invio, la piattaforma trasmette via PEC una comunicazione al Segretario Generale della Camera di Commercio competente per territorio (quella dove l’impresa ha la sede legale). Da quel momento si avvia il procedimento di nomina dell’esperto indipendente. Come anticipato:
- Per le imprese sopra-soglia: la nomina viene effettuata da una Commissione regionale istituita presso la Camera di commercio del capoluogo di regione (o province autonome). Questa commissione dura in carica 2 anni ed è composta da 3 membri: un magistrato designato dal Presidente del Tribunale del capoluogo regionale, un membro designato dal Presidente della Camera di commercio e un membro designato dal Prefetto. Decide a maggioranza e non percepisce compensi. Ricevuta l’istanza, la Commissione seleziona dall’elenco regionale un nominativo adeguato e procede alla nomina formale dell’esperto, comunicandogliela. Non c’è un termine perentorio fissato in legge per la nomina, ma la prassi è di agire con prontezza (solitamente nel giro di qualche giorno o poche settimane al massimo, considerando la natura urgente della materia).
- Per le imprese sotto-soglia: ai sensi dell’art. 25-quater CCII, la competenza alla nomina spetta direttamente al Segretario Generale della Camera di Commercio dove ha sede l’impresa. In pratica, bypassando la Commissione, il Segretario attinge egli stesso all’elenco locale o regionale degli esperti e designa un professionista. Ciò garantisce maggiore snellezza per i casi minori. Va notato che, nel ricevere l’istanza, il Segretario dovrà preliminarmente verificare che effettivamente l’impresa rientri nella definizione di minore (soglia): a tal fine l’istanza stessa e la documentazione allegata contengono i dati contabili necessari (attivo, ricavi, debiti) e l’autocertificazione, quindi si può procedere. Esempio pratico: se una S.r.l. dichiara ricavi €150k, attivo €250k, debiti €400k, il Segretario procede come impresa sottosoglia; se i dati fossero superiori, trasmetterà alla Commissione regionale. (Nel caso citato prima dell’imprenditore agricolo soprasoglia che aveva utilizzato la procedura sottosoglia, probabilmente la Commissione/regione ha poi rilevato l’errore in sede di misure protettive, ma in teoria dovrebbe essere filtrato a monte).
L’esperto viene scelto tra gli iscritti nell’elenco degli esperti indipendenti formato presso ciascuna Camera di commercio regionale (elenco tenuto da Unioncamere con i nominativi di commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro con almeno 5 anni di esperienza, e altri esperti ex art. 13 CCII, che abbiano seguito specifici corsi). Il nominativo viene individuato tenendo conto della natura e complessità dell’impresa e della crisi, in modo da assegnare un profilo idoneo per competenze (es. se la crisi ha forte componente legale, può preferirsi un avvocato; se contabile, un commercialista; spesso operano in team comunque). L’elenco è consultabile sulla piattaforma Unioncamere e gli esperti sono tenuti ad aggiornare una propria “scheda profilo” con esperienze e competenze, così che la Commissione o il Segretario possano effettuare scelte ponderate.
Dopo la designazione, l’incarico viene comunicato all’esperto, il quale entro 2 giorni lavorativi deve dichiarare se accetta. Prima dell’accettazione, egli è tenuto a verificare la propria indipendenza e disponibilità di tempo, e a dichiarare formalmente di non avere conflitti di interesse (come da requisiti di indipendenza ex art. 16 CCII). Se l’esperto designato non accetta o riscontra cause di incompatibilità, lo comunica riservatamente e si provvede a nominare un sostituto. Una volta accettato l’incarico, l’esperto inserisce sulla piattaforma la dichiarazione di accettazione e di possesso dei requisiti di indipendenza. Da questo momento, l’esperto ottiene le credenziali per accedere alla pratica sulla piattaforma e poter visionare tutti i documenti caricati dall’imprenditore. Inizia così la fase operativa della composizione negoziata.
Svolgimento della composizione negoziata: ruolo dell’esperto e trattative
Incontro iniziale e valutazione delle prospettive
Dopo l’accettazione, la prima cosa che fa l’esperto è convocare senza indugio l’imprenditore per un incontro preliminare. Questo deve avvenire entro pochi giorni, perché il compito primario affidato all’esperto dall’art. 17 co.5 CCII è valutare, insieme all’imprenditore, l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento. In tale primo confronto, l’esperto esamina in dettaglio la documentazione fornita, pone eventuali domande integrative all’imprenditore, può anche sentire l’organo di controllo o il revisore se presenti in azienda, e in generale forma il proprio giudizio sulla fattibilità del risanamento. Se l’esperto ritiene che esistano concrete prospettive di recupero (ad esempio, il piano appare plausibile, l’impresa ha potenzialità di mercato, ecc.), allora dà il via alle trattative con i creditori: inizia a contattare le parti interessate, convoca riunioni, esplora le possibili soluzioni e fissa un calendario serrato di incontri ravvicinati. Viceversa, se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, egli ne dà notizia immediatamente all’imprenditore e al Segretario generale (o Commissione), proponendo l’archiviazione della composizione. In quest’ultimo caso, la procedura si chiude anticipatamente e l’impresa dovrà valutare altri percorsi (ad esempio concordato, liquidazione o altre strategie).
Questa valutazione iniziale funge da filtro per evitare di impiegare tempo e risorse in negoziazioni senza sbocchi. Come discusso, il criterio non è la presenza o meno di insolvenza, ma la risanabilità: se l’esperto si convince che la situazione è irreversibile, lo comunica e chiude. Ad esempio, se dai dati risulta un deficit patrimoniale gravissimo, flussi futuri totalmente insufficienti e nessuna ipotesi credibile di intervento esterno, l’esperto dichiarerà la non perseguibilità del risanamento e calerà il sipario. All’opposto, se intravede margini (anche risicati), proseguirà, consapevole che la sua valutazione iniziale non è infallibile ma serve come prima scrematura.
Va detto che gli esperti tendono a dare un minimo di chance al dialogo, anche per un dovere di diligenza verso il debitore: la dottrina ha sottolineato che il potere dell’esperto di “sindacare i presupposti di accesso” non deve essere esercitato in modo formalistico, poiché la norma non richiede una selezione drastica a monte. In particolare, è stato osservato che in sede di eventuale conferma delle misure protettive, il tribunale deve valutare la funzionalità delle misure rispetto alle trattative e il bilanciamento dei pregiudizi ai creditori, non l’“ammissibilità” in astratto del percorso. Quindi, se il debitore vuole tentare e i creditori principali paiono disponibili a negoziare, può aver senso portare avanti il confronto anche se le prospettive non appaiono rosee inizialmente. Alcuni orientamenti minimalisti (es. Tribunale di Prato 22 aprile 2022) hanno sostenuto che il giudice debba limitarsi a verificare la disponibilità dei creditori a trattare, più che la probabilità di successo, lasciando che sia l’evoluzione delle trattative a dimostrare se il risanamento è possibile. L’esperto dunque, specie dopo i primi contatti con le parti, può modulare il giudizio: se all’inizio i creditori si mostrano freddi, potrebbe comunque proseguire sperando di persuaderli successivamente (anche in virtù dell’obbligo di leale collaborazione che grava su di loro ex art. 4 CCII). Soltanto quando appare chiaro che manca la volontà o la possibilità di raggiungere un accordo e che l’azienda non è recuperabile, allora l’esperto dichiarerà chiuso il tentativo.
Trattative con i creditori e soluzioni perseguibili
Se l’esperto conferma la perseguibilità del risanamento, si passa alla fase centrale: le trattative negoziali con i creditori (e eventuali altri stakeholder rilevanti). L’esperto convoca i soggetti più significativi – tipicamente, le banche finanziatrici, i fornitori maggiori, l’Erario (Agenzia Entrate) e l’INPS se ci sono debiti fiscali/contributivi, eventuali nuovi investitori interessati – per illustrare la situazione e ricercare possibili soluzioni condivise.
È importante sottolineare che l’imprenditore rimane protagonista delle trattative: l’esperto non ha il potere di impegnare l’impresa né di imporre accordi. Egli agisce da facilitatore, mediatore e supervisore: organizza gli incontri, modera le discussioni, magari formula proposte o suggerisce modifiche, e infine certifica l’esito. Ma le decisioni e gli accordi sono in capo all’imprenditore e ai creditori. L’imprenditore può farsi assistere dai suoi consulenti (avvocati, commercialisti) durante le riunioni, e in molti casi è opportuno che lo faccia, specie se si negoziano clausole complesse.
Durante le trattative, tutte le parti hanno il dovere di riservatezza e di collaborazione leale. Le informazioni scambiate restano confidenziali; eventuali proposte di accordo non potranno essere divulgate né usate come ammissioni in un successivo giudizio, incoraggiando così la franchezza nelle discussioni. Inoltre, i creditori dovrebbero astenersi da atteggiamenti ostruzionistici, perché la legge li richiama a cooperare nell’interesse comune di trovare una soluzione (un comportamento ostruzionistico potrebbe poi essere valutato negativamente, ad esempio in caso di richieste di misure protettive o se successivamente quel creditore agisce in mala fede).
Le possibili soluzioni del risanamento possono essere varie e anche combinabili. L’art. 23 CCII elenca gli esiti possibili distinguendoli in soluzioni negoziali stragiudiziali (comma 1) e soluzioni concorsuali o omologate (comma 2). Tra quelle negoziali figurano:
- Contratti o accordi bilaterali con uno o più creditori (o terze parti): ad esempio, accordi transattivi su singoli debiti, dilazioni di pagamento, riduzioni concordate (haircut), conferimenti di nuovi capitali da parte di soci o investitori esterni, cessione di azienda o di asset a un acquirente interessato, ecc. Un caso tipico è l’accordo con le banche per rinegoziare i prestiti, spesso condizionato a un apporto di liquidità dei soci. Oppure la cessione dell’azienda a un concorrente disposto ad assumersi parte dei debiti. Tali accordi contrattuali non richiedono omologazione del tribunale e possono coinvolgere chi si vuole (non necessariamente tutti i creditori). Se grazie ad essi si ripristina la continuità per almeno 2 anni, l’esperto li qualificherà come “soluzione idonea”.
- Convenzione di moratoria (ex art. 62 CCII): è un accordo di standstill in cui uno o più creditori rilevanti accettano di non esigere i crediti per un certo periodo e mantenerne le linee, al fine di dare respiro all’azienda. Richiede l’adesione di almeno il 75% di una certa categoria di crediti finanziari. Rientra tra le soluzioni stragiudiziali possibili.
- Accordo “ad esclusione di revocatoria” (ex art. 23 co.1 lett. c): è un accordo sottoscritto dal debitore, dai creditori che aderiscono e dall’esperto, volto a cristallizzare determinati atti esecutivi e pagamenti in modo che, se poi vi fosse un fallimento, non possano essere revocati. È una sorta di protocoIlo concordato per eseguire pagamenti urgenti durante la trattativa senza far perdere ai creditori quanto incassato. Per avere questa efficacia, l’accordo dev’essere dichiarato dall’esperto “idoneo a escludere la revocabilità” degli atti compiuti.
Queste soluzioni stragiudiziali, se raggiunte, possono risolvere la crisi al di fuori delle aule giudiziarie, con l’unica formalità (nei casi c) di una certificazione esperto. Spesso l’esito ideale è un mix di accordi: ad esempio, i fornitori chiave accettano uno stralcio del 20% sui loro crediti, le banche prorogano i mutui e rinunciano a metà degli interessi maturati, il fisco concede dilazioni massime e abbatte sanzioni e interessi (grazie alle misure premiali), un investitore immette nuovo capitale, e così l’impresa torna in bonis. Tutto questo può essere formalizzato in contratti separati o in un unico accordo plurilaterale. Se si perfeziona, l’esperto lo registrerà nella sua relazione finale come soluzione positiva.
In altri casi, può rendersi necessario un intervento “pubblico” (concorsuale) per dare efficacia generalizzata al piano. Le opzioni previste dal legislatore (art. 23 co.2) sono:
- Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (artt. 57 e segg. CCII): se durante la composizione il debitore ottiene l’adesione di almeno il 60% (o 30% nel caso di accordo agevolato ex art.60) dei creditori, può depositare in Tribunale un accordo di ristrutturazione per ottenerne l’omologazione giudiziale e legare anche eventuali creditori dissenzienti per legge. Questa domanda di omologazione, presentata entro 60 giorni dalla fine delle trattative, è considerata uno sbocco “alternativo” del percorso.
- Concordato preventivo (anche semplificato): l’imprenditore può presentare domanda di concordato preventivo (o concordato minore se sottosoglia) se comprende che serve una procedura concorsuale che coinvolga tutti i creditori. Il concordato semplificato è una particolare forma senza voto prevista proprio come esito della composizione fallita, di cui parleremo a parte (art. 25-sexies CCII).
- Liquidazione controllata: per imprenditori minori, l’apertura di una liquidazione controllata (ex sovraindebitamento) può essere l’epilogo se il risanamento non è possibile e si preferisce regolare la crisi in forma ordinata.
In generale, dunque, le trattative possono condurre, entro il termine massimo del percorso, o a una soluzione stragiudiziale privata, o alla predisposizione di un’istanza per uno strumento concorsuale da formalizzare subito dopo.
Durata delle trattative: La composizione negoziata ha una durata predefinita. Il termine iniziale è di 180 giorni (6 mesi) dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto. Se entro tale termine non si raggiunge una soluzione, la procedura si chiude con la relazione finale dell’esperto e la protezione (se attivata) cessa. Tuttavia, la legge consente di prorogare l’incarico dell’esperto per ulteriori 180 giorni (fino a un totale di 360 giorni, cioè circa 12 mesi) in presenza di determinate condizioni. Le ipotesi di proroga ammesse (art. 17 co.7 CCII, come modificato) sono essenzialmente:
- Richiesta di proroga da parte delle parti: originariamente era richiesta l’istanza congiunta di tutti i creditori coinvolti e il parere favorevole dell’esperto. Dopo la riforma del 2024, è sufficiente la richiesta dell’imprenditore o anche di alcuni creditori (non necessariamente tutti) d’accordo sulla necessità di proseguire. In pratica, se allo scadere dei 6 mesi le trattative sono in fase avanzata e vi è consenso (anche solo parziale) a continuare, si può domandare l’estensione. Il legislatore ha semplificato la proroga eliminando la rigida unanimità dei consensi: ora basta una richiesta motivata – ad esempio dall’imprenditore stesso con l’appoggio dell’esperto – per ottenere il prolungamento. Ciò riflette l’esperienza pratica per cui spesso non tutti i creditori sono pronti a firmare una proroga congiunta, ma se il debitore e l’esperto attestano progressi, ha senso concederla.
- Pendenza di misure protettive: se al termine dei 180 giorni iniziali sono state concesse misure protettive dal tribunale (vedi oltre) e queste sono ancora in corso, l’incarico dell’esperto si prolunga automaticamente fino alla durata delle misure. Questo per evitare disallineamenti: non avrebbe senso far scadere la composizione mentre le misure protettive (es. sospensione dei pignoramenti) sono attive. Dunque, qualora ad esempio le misure protettive siano state confermate per 120 giorni e scadano oltre il 180° giorno, la composizione prosegue almeno fino alla scadenza di quelle misure. In pratica, misure protettive e durata dell’incarico viaggiano parallelamente, pur con limiti diversi (vedi oltre).
In ogni caso, la proroga totale non può superare 180 giorni aggiuntivi, portando la durata massima a 360 giorni. Non sono previste ulteriori estensioni oltre un anno: scaduto il termine finale, se non si è concluso nulla, la protezione decade e i creditori sono liberi di agire. I correttivi hanno dunque confermato il tetto massimo di 12 mesi, rendendo però più agevole ottenerne l’estensione (non serve più l’accordo unanime di tutti i creditori). La quasi totalità dei casi di composizione negoziata di esito favorevole ha richiesto una proroga sino al termine massimo, e perfino molti casi poi sfociati negativamente hanno comunque sfruttato tutto il periodo consentito. Ciò dimostra che sei mesi raramente bastano a risolvere crisi complesse, e il legislatore ha di fatto messo in conto un anno intero di negoziazione se necessario. È però essenziale gestire bene il tempo: il debitore deve impostare fin dall’inizio un cronoprogramma realistico (es. non aspettare l’ultimo mese per coinvolgere un creditore chiave).
Schema riassuntivo – Durata della composizione negoziata:
- Durata iniziale dell’incarico esperto: 180 giorni (circa 6 mesi) dall’accettazione.
- Proroga dell’incarico: fino a +180 giorni (massimo), su richiesta motivata dell’imprenditore/parti o in presenza di misure protettive pendenti.
- Durata massima complessiva: 360 giorni (circa 12 mesi).
- Durata misure protettive iniziali: massima 120 giorni (4 mesi) salvo minor termine deciso dal giudice.
- Proroga misure protettive: ulteriori fino a 120 giorni, per un totale di 240 giorni (8 mesi), su istanza delle parti e parere esperto. (Le misure non possono eccedere la durata della composizione: max 240 gg vs 360 gg di composizione, lasciando gli ultimi eventuali 120 gg senza protezione se negoziato prosegue oltre.)
All’approssimarsi della scadenza dei 180 giorni iniziali, l’imprenditore di concerto con l’esperto valuterà se richiedere la proroga. È buona prassi avanzare la richiesta con un certo anticipo (es. un mese prima della scadenza) per ottenere il decreto di proroga in tempo utile. La richiesta si presenta al tribunale (lo stesso che conferma le misure protettive se attivate) e, come visto, può essere sottoscritta anche dal solo imprenditore dopo il correttivo, sebbene sia preferibile raccogliere almeno il consenso dei principali creditori a testimonianza dell’utilità della prosecuzione. Alcuni tribunali ritengono comunque necessaria un’udienza in contraddittorio per deliberare sulla proroga delle misure protettive, mentre altri decidono anche senza udienza se la richiesta è congiunta e l’esperto supporta l’istanza. In ogni caso, la proroga deve essere finalizzata “per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative”: il giudice in pratica può concedere qualche mese in più se vede progressi reali. Ma oltre i 240 giorni di protezione e 360 di negoziazione, si esce dallo schema normativo (non sono ammessi escamotage ulteriori, come ribadito dalla dottrina).
Misure protettive e cautelari
Uno degli aspetti cruciali dal punto di vista del debitore è: come proteggere l’azienda dalle azioni dei creditori durante le trattative? Finché la composizione rimane un dialogo volontario e confidenziale, nulla impedirebbe ad un creditore impaziente di iniziare un pignoramento o ad un altro di acquisire una garanzia sul filo di lana, compromettendo il risanamento. Per questo la legge prevede la possibilità di attivare misure protettive del patrimonio, cioè una sorta di automatic stay temporaneo, e anche misure cautelari specifiche se necessarie.
Come ben evidenziato sopra, la composizione negoziata di per sé è stragiudiziale e si può condurre senza tribunale. Le misure protettive sono un elemento eventuale: “Nel caso vi sia l’esigenza di proteggere il patrimonio dell’imprenditore da iniziative che possano turbare le trattative e mettere a rischio il risanamento, è previsto che l’imprenditore ottenga una protezione del patrimonio”. Dunque la scelta spetta al debitore, valutando la propria situazione. Se i rapporti con i creditori sono distesi e nessuno minaccia azioni esecutive imminenti, l’imprenditore potrebbe decidere di non attivare le misure protettive, evitando così di pubblicizzare la composizione. In tal caso la procedura resta riservata e interamente extragiudiziale. Invece, se c’è il rischio concreto che uno o più creditori procedano aggressivamente (pignoramenti, istanze di fallimento, escussioni di garanzie, iscrizione di ipoteche giudiziali, ecc.), allora conviene chiedere la protezione.
Come si attivano le misure protettive? L’art. 18 CCII prevede che l’imprenditore possa presentare, contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza, la richiesta di applicazione di misure protettive. In pratica, al momento dell’invio telematico dell’istanza oppure in un secondo momento attraverso la piattaforma, il debitore compila anche la sezione apposita indicando di volere le misure protettive. Questa richiesta viene pubblicata immediatamente nel Registro delle Imprese (unitamente all’accettazione dell’esperto), divenendo così conoscibile da tutti i creditori. Dal giorno della pubblicazione – e qui sta l’effetto dirompente – i creditori non possono acquisire o far valere diritti di prelazione sul patrimonio del debitore senza il consenso di quest’ultimo, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari nei suoi confronti. Si tratta di un blocco generalizzato: stop a pignoramenti, sequestri, esecuzioni già in corso (che rimangono sospese), divieto di iscrivere ipoteche giudiziali o di far valere pegni su beni del debitore senza autorizzazione. Sono però fatte salve alcune eccezioni di legge (es. non sono sospese per legge le azioni per crediti impignorabili come alimenti, o i sequestri penali; inoltre i creditori muniti di pegno/ipoteca non vengono privati delle garanzie preesistenti, semplicemente non ne possono ottenere di nuove durante lo stay). Questo regime di protezione è simile a quello del pre-concordato, con la differenza che qui scatta subito con la pubblicazione e poi dev’essere confermato dal giudice.
Infatti, l’efficacia delle misure protettive è subordinata alla conferma del tribunale. Procedura: entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione, l’imprenditore deve depositare in tribunale apposito ricorso per ottenere la conferma o la modifica delle misure. Il tribunale competente è quello del luogo in cui l’impresa ha la sede principale (art. 27 CCII). Il procedimento è molto snello: il giudice (in genere è assegnato al tribunale fallimentare, spesso allo stesso collegio che valuta concordati) entro 10 giorni dal deposito fissa con decreto l’udienza per sentire le parti (preferibilmente in videoconferenza). All’udienza, i creditori pregiudicati dalle misure potranno eventualmente comparire per fare osservazioni (ad es. un creditore con pignoramento in corso potrebbe opporsi). Il tribunale quindi, tenuto conto del contraddittorio, decide se confermare, revocare o modificare le misure protettive iniziali. Nel frattempo, tra la pubblicazione e l’udienza, le misure sono in vigore (se un creditore tentasse un’azione, sarebbe nullo o comunque inefficace). La conferma di solito arriva con un decreto motivato poco dopo l’udienza, e vale per un determinato periodo. Durata delle misure protettive: inizialmente possono essere concesse per fino a 120 giorni (4 mesi) al massimo, come da indicazioni ricavabili anche dalla Direttiva UE. Spesso i tribunali le confermano per periodi un po’ inferiori, ad esempio 60 o 90 giorni, con possibilità di proroga successiva.
Se le trattative necessitano di più tempo e il debitore vuole mantenere lo scudo, può chiedere la proroga delle misure protettive. Come già detto, l’art. 19 co.5 CCII consente al giudice che ha emesso le misure di prorogarle, su istanza delle parti (imprenditore e almeno alcuni creditori consenzienti) e sentito l’esperto, per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative. La proroga può estendere le misure fino al limite massimo di 240 giorni totali (8 mesi). Nell’istanza di proroga, preferibilmente sottoscritta congiuntamente da debitore e creditori principali (ma non strettamente tutti quanti, stante la difficoltà pratica), l’esperto darà parere favorevole se vede progressi. Il tribunale può decidere con o senza udienza a seconda delle prassi: alcune decisioni richiedono comunque di sentire i creditori per garantire il contraddittorio anche sulla proroga, altre ammettono la decisione inaudita altera parte se la richiesta è congiunta e nessuno si oppone, garantendo comunque la possibilità di memorie scritte per i creditori dissenzienti. In ogni caso, pur con differenze procedurali, il diritto di difesa dei creditori è sempre tutelato: eventuali opposizioni vengono considerate dal giudice prima di prolungare lo stay.
Le misure protettive confermate (ed eventualmente prorogate) assicurano all’imprenditore un periodo di “quiete”: niente nuovi pignoramenti, quelli avviati si fermano, i creditori chirografari non possono iniziare azioni individuali, i privilegiati non possono escutere le garanzie senza consenso. Questo consente di negoziare con tutti sullo stesso tavolo, evitando che il primo che corre ottenga tutto a danno degli altri.
Parallelamente, l’art. 18 CCII consente al debitore di chiedere anche misure cautelari al tribunale, cioè provvedimenti specifici necessari per condurre a termine le trattative. Ad esempio, può chiedere che il tribunale autorizzi determinati atti di gestione straordinaria che altrimenti potrebbero essere sensibili (ad esempio vendere un bene obsoleto prima che si svaluti ulteriormente, oppure contrarre un finanziamento prededucibile per la continuità). Un caso particolare di misura autorizzativa è disciplinato dall’art. 22 CCII: l’imprenditore, durante la composizione negoziata, può chiedere al tribunale l’autorizzazione a vendere l’azienda o un ramo senza gli effetti dell’art. 2560 c.c., cioè senza che il cessionario risponda dei debiti aziendali. Questo è un potente strumento: consente di realizzare una vendita “free and clear” dell’azienda durante le trattative, incassando un valore più elevato (poiché l’acquirente la prende senza passività) che poi sarà destinato a pagare i creditori. Una sorta di pre-pack sale negoziale. Il tribunale concede tale autorizzazione se è funzionale al risanamento o comunque all’interesse dei creditori a massimizzare la soddisfazione. Altre misure cautelari possibili includono la sospensione di determinati contratti pendenti (se il creditore minaccia di interrompere forniture essenziali) o inibitorie verso singoli atti. Si tratta di provvedimenti ad hoc, calibrati sul caso concreto.
Da notare: durante le misure protettive il Pubblico Ministero non può chiedere il fallimento dell’imprenditore (c’è una sorta di moratoria dei poteri del PM). Questo lo si desume dal fatto che l’art. 20 D.L.118/2021 (ora integrato nel CCII) prevede che, fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione, restino sospese le istanze di fallimento e sterilizzati i relativi procedimenti. Il correttivo-ter ha chiarito che se l’istanza di fallimento è stata presentata prima e pende, non puoi iniziare la composizione; ma se inizi prima la composizione (e ottieni misure protettive), il PM o il creditore non possono depositare istanza di liquidazione per tutto il periodo protetto. Questo è cruciale: la protezione vale anche verso eventuali iniziative giudiziali di insolvenza. Ciò incoraggia l’imprenditore a muoversi prima che i creditori facciano scattare la procedura concorsuale, in modo da guadagnare un periodo cuscinetto di trattativa.
Le misure protettive comportano però una contropartita: la pubblicità della situazione. Infatti, dal momento della pubblicazione della domanda di misure nel Registro Imprese, tutti sapranno che l’impresa è in composizione negoziata. Ciò potrebbe generare preoccupazioni in fornitori e clienti. La legge ne è consapevole e perciò ha previsto gli incentivi fiscali (misure premiali) di cui diremo, ma soprattutto consente la protezione solo se serve davvero. Non è quindi obbligatorio attivarla se si teme il bad publicity. Molte piccole imprese preferiscono tentare un accordo riservato senza misure protettive, confidando nel buon senso dei creditori: se poi uno minaccia cause, allora in extremis si può sempre chiedere lo stay anche in corso di negoziazione (purché entro i 6 mesi e con l’esperto in carica).
Conclusione della procedura e possibili esiti
La composizione negoziata si conclude formalmente con il deposito della relazione finale dell’esperto. Ciò avviene in due circostanze: o perché è decorso il termine (180 giorni, eventualmente prorogati) oppure anticipatamente se il risanamento è raggiunto prima o si è capito che è irrealizzabile. Nella relazione finale l’esperto dà atto dell’attività svolta e delle possibili soluzioni emerse all’esito delle trattative, e indica se si è giunti a un accordo o meno. La relazione è depositata nella piattaforma e segna la chiusura del percorso (la Camera di Commercio archivia l’istanza).
A seconda dell’esito, possiamo distinguere:
- Esito positivo – accordo raggiunto: Se le trattative hanno avuto successo, la relazione finale lo attesterà e il procedimento si chiude in modo “favorevole”. In tal caso l’imprenditore dovrà mettere in atto l’accordo raggiunto e ne beneficerà, uscendo dalla crisi. Ad esempio, se è stato stipulato un contratto di ristrutturazione del debito con i principali creditori e l’esperto ne ha verificato l’idoneità a garantire due anni di continuità, quello è l’esito. Oppure se è stata sottoscritta un’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII con le maggioranze richieste e verrà presentato per omologa, l’esito è comunque positivo (sarà poi il tribunale a omologare). La composizione negoziata in sé a quel punto è finita: i creditori non aderenti riacquisiscono libertà di azione, ma se c’è un accordo votato in omologa si procederà lì. Spesso, per consolidare l’esito, il debitore può chiedere al tribunale (contestualmente alla chiusura) di convalidare alcuni accordi, ad esempio omologando un eventuale piano del consumatore nel caso di imprenditore minore, o emettendo i decreti di omologa dell’accordo ex art. 23 co.2 lett. b. In ogni caso, l’impresa è riuscita a evitare il fallimento con un’intesa. L’esperto viene liquidato e la procedura archiviata.
- Esito negativo – nessun accordo: Se non si è raggiunta alcuna intesa utile entro i termini, la composizione negoziata si chiude automaticamente senza soluzione. Come nota un vademecum: terminato il periodo senza accordi, “la procedura si chiude e viene meno ogni protezione; a quel punto torna concreto e immediato il rischio di azioni esecutive (pignoramenti, sequestri, ingiunzioni)”. Il debitore dunque si ritrova scoperto dinanzi ai creditori. In tal caso l’esperto scriverà una relazione finale negativa e l’imprenditore dovrà considerare alternative concorsuali. È qui che entra in gioco una novità pensata per evitare che uno sforzo di mesi vada perso: l’opzione del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
- Esito intermedio – soluzioni concorsuali post-negoziazione: Può capitare che durante la composizione il debitore e i creditori concordino che l’unica via sia un concordato o una liquidazione giudiziale, ma preferiscano arrivarci in modo “organizzato”. Ad esempio, l’esperto potrebbe registrare che tutti concordano sulla necessità di un concordato preventivo con continuità, e allora il debitore può depositare tale domanda (magari in prenotativo art.44 CCII) entro la fine dei 6 mesi, sfruttando gli elementi preparati. Oppure potrebbe emergere che l’impresa è decotta e i creditori chiedano direttamente la liquidazione giudiziale; l’esperto in tal caso chiuderà e presumibilmente il debitore o un creditore attiverà la procedura concorsuale. Questi casi sono di “conversione” della composizione in altro. Non rappresentano un successo in sé, ma neanche un abuso: l’obiettivo di disciplinare la crisi in modo ordinato può comunque dirsi perseguito (ad es. i creditori, dopo aver visto i numeri grazie alla composizione, potrebbero sostenere un concordato piuttosto che andare in liquidazione disordinata).
Il concordato semplificato (art. 25-sexies CCII) merita un approfondimento perché è un istituto innovativo introdotto proprio come valvola di sfogo delle composizioni negoziate non riuscite. In breve: se la composizione negoziata si conclude senza un accordo, ma durante le trattative l’imprenditore ha individuato una soluzione per liquidare il patrimonio in modo più vantaggioso rispetto al fallimento (ad esempio ha trovato un soggetto disposto ad acquistare l’azienda o alcuni beni a certe condizioni), egli può proporre entro 60 giorni dal deposito della relazione finale un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Le caratteristiche di tale concordato semplificato sono:
- Può essere proposto solo dal debitore e solo se “l’esperto nella relazione finale dà atto che le trattative si sono svolte regolarmente ma non hanno avuto esito positivo” (condizione di ammissibilità, art. 25-sexies co.1). Quindi è riservato ai casi di composizione negoziata fallita ma condotta in buona fede.
- Oggetto: è un concordato liquidatorio (cioè senza continuazione dell’impresa da parte del debitore), in cui l’imprenditore offre ai creditori il ricavato della liquidazione dei propri beni. Può prevedere la suddivisione dei creditori in classi e si applicano alcune norme del concordato preventivo (es. l’art. 84 co.5 sulle percentuali di soddisfacimento minime in caso di liquidazione). Ad esempio, i creditori muniti di garanzie vanno soddisfatti almeno col valore di realizzo delle garanzie, i chirografari con almeno il 20% salvo esenzioni.
- Procedura semplificata: la caratteristica chiave è che non è prevista la votazione dei creditori sulla proposta. Il tribunale, verificati i presupposti, omologa il concordato senza passare per l’adunanza dei creditori (da cui l’aggettivo “semplificato”). Ciò riduce tempi e incertezza: si evita che uno o pochi creditori contrari possano bloccare l’unica soluzione forse migliore del fallimento. Naturalmente i creditori hanno diritto di essere sentiti e di fare opposizione all’omologa se ritengono la proposta pregiudizievole, ma non c’è un voto deliberativo. Il tribunale valuta se la proposta è conveniente (ossia offre ai creditori almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione giudiziale) e se la procedura composizione è stata corretta; se sì, la omologa.
- Contenuto della proposta: La proposta di concordato semplificato può contemplare anche la cessione dell’azienda in esercizio o di rami di essa, o altre soluzioni di realizzo del patrimonio. Frequentemente, l’idea è di “mettere all’asta” l’azienda. Ad esempio, se durante la composizione era emerso un potenziale acquirente dell’azienda a €X ma non si poteva formalizzare per mancanza di consenso di tutti i creditori, col concordato semplificato il debitore propone di vendere a quell’acquirente e distribuire X tra i creditori. Oppure propone di liquidare gli asset tramite un liquidatore nominato dal giudice. Insomma, è molto flessibile nella struttura.
- Procedimento: depositata la proposta (con un piano e documenti simili a quelli di un concordato ordinario, tra cui la relazione di un professionista attestatore sulla fattibilità e sui valori di realizzo, v. art. 25-sexies co.3 che rinvia all’art. 39 CCII), il tribunale fissa l’udienza di omologa. I creditori possono presentare opposizioni. Il tribunale verifica la regolarità della procedura, la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria e se il piano è fattibile. Se tutto ok, omologa con decreto. Contro il decreto di omologa o di diniego, i creditori o il debitore possono fare reclamo (appello) ma intanto il piano si esegue.
In sostanza, il concordato semplificato è pensato per garantire un percorso ordinato verso la liquidazione qualora la composizione negoziata non abbia salvato l’azienda ma abbia comunque prodotto un “piano B”. È uno strumento molto potente perché consente di evitare il fallimento giudiziale (con tutte le sue lungaggini e dispersioni di valore) omologando velocemente una soluzione liquidatoria concordata. Tuttavia, va detto, è soggetto a possibili abusi (un debitore malizioso potrebbe fingere trattative per poi imporre un concordato ai creditori). Per questo i tribunali vigilano sulla regolarità e buona fede delle trattative svolte (l’esperto deve darne atto in relazione). Ad oggi (luglio 2025) si registrano poche applicazioni pratiche di concordato semplificato, ma il suo solo esistere è un incentivo per i creditori: sanno che se fanno fallire la composizione rischiano di trovarsi un concordato senza voto, quindi magari preferiscono contrattare prima.
Ricapitolando gli esiti possibili:
- Risanamento in continuità (impresa salva) con accordi stragiudiziali = obiettivo ideale.
- Ristrutturazione concorsuale (accordo omologato, concordato preventivo ordinario) = soluzione formalizzata, creditori in parte coinvolti dall’Autorità.
- Liquidazione concordata (concordato semplificato) = uscita “protetta” se negoziazione fallita ma con piano definito.
- Liquidazione giudiziale (fallimento) = se tutto fallisce o se la situazione era irrimediabile.
- Liquidazione controllata (per piccoli) = analogo fallimentare minore, se applicabile.
Dal punto di vista del debitore, la composizione negoziata può dunque portare sia a evitare l’insolvenza con un accordo, sia quantomeno a gestirne l’inevitabilità in modo meno traumatico. In tutti i casi, è fondamentale la relazione finale dell’esperto: questo documento conclusivo può essere utile anche dopo, ad esempio in un eventuale successivo fallimento, per ricostruire i tentativi fatti e valutare la condotta dell’imprenditore (un debitore che ha tentato onestamente la composizione potrebbe dimostrare la propria diligenza per ottenere ad es. l’esdebitazione).
Vantaggi e incentivi per il debitore (“misure premiali”)
Oltre alla già menzionata protezione dalle azioni esecutive, il legislatore ha introdotto alcune agevolazioni per gli imprenditori che intraprendono la composizione negoziata, in particolare sul piano fiscale e patrimoniale. Queste “misure premiali” hanno lo scopo di incoraggiare l’utilizzo tempestivo dell’istituto e di non punire il debitore virtuoso con oneri aggiuntivi. In sintesi, le principali premialità previste (art. 25 CCII e art. 14 D.L.118/2021) sono:
- Riduzione degli interessi sui debiti fiscali maturati durante le trattative: dal giorno dell’accettazione dell’esperto fino alla conclusione delle trattative (con accordo o con istanza di omologa di altro strumento), gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono dovuti solo nella misura del tasso legale. Poiché gli interessi “ordinari” per ritardato pagamento di imposte sono in genere più alti del tasso legale, ciò implica un risparmio. Ad esempio, se sul debito IVA maturerebbe un interesse del 4%, invece maturerà al 2.5% (tasso legale 2024). Il periodo considerato è al massimo quello di 360 giorni (durata massima incarico esperto). Questo beneficio opera però solo se la composizione negoziata sfocia in una soluzione idonea (accordo con continuità almeno 2 anni) oppure nella domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione. Se invece tutto finisce in un fallimento, la riduzione degli interessi non si applica (art. 25 co.6 CCII esclude le premialità in caso di successiva liquidazione giudiziale). In pratica, il Fisco “premia” chi è riuscito a trovare una soluzione abbassando gli interessi maturati nel frattempo.
- Riduzione delle sanzioni tributarie: per le sanzioni amministrative tributarie che prevedono pagamento in misura ridotta se effettuato entro un termine, se tale termine scade dopo la presentazione dell’istanza di composizione, la sanzione è dovuta nella misura minima edittale. In altri termini, se prima che l’impresa chiedesse la composizione c’era un accertamento con sanzione (es. 100% riducibile a 1/3 se pagata entro 60gg) e quel termine viene a scadere mentre è in corso la composizione negoziata, l’impresa ottiene la sanzione ridotta al minimo anche se non paga entro il termine originario. Questo è un beneficio concreto: congela le sanzioni al minimo. Inoltre, in caso di concordato semplificato o accordo conseguente, le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari inclusi nella procedura concorsuale sono ulteriormente ridotti della metà. Dunque ad es., se alla fine si va in concordato preventivo dopo la composizione, le sanzioni e interessi antecedenti l’istanza di composizione si dimezzano in sede concorsuale.
- Rateizzazione dei debiti fiscali: chi accede alla composizione negoziata può ottenere dall’Erario piani di rateazione più flessibili per i tributi non versati. In particolare, la normativa consente all’Agenzia Entrate di concedere il pagamento dilazionato dei tributi dovuti (anche in caso di transazione fiscale poi) tenendo conto del periodo di trattativa. Non è un automatismo ma è agevolato dal quadro normativo.
- Esenzioni penali: come accennato, l’art. 25 co.6 CCII prevede che l’imprenditore, una volta aperta la composizione negoziata, sia esonerato da responsabilità penale per i reati di bancarotta semplice e bancarotta preferenziale relativamente a determinate azioni compiute durante le trattative (in particolare se autorizzate dall’autorità giudiziaria). Questo significa che, ad esempio, se l’imprenditore durante la composizione paga un fornitore strategico per garantire la continuità – atto che fuori dal percorso potrebbe essere considerato pagamento preferenziale – egli non ne risponderà come reato fallimentare nel caso in cui poi la situazione degenerasse in un fallimento, a condizione che quell’atto fosse coerente con il tentativo di risanamento. Inoltre, il legislatore ha escluso la punibilità per il reato di ricorso abusivo al credito (ex art. 217 L.F.) per l’imprenditore che, durante la composizione negoziata, abbia ottenuto finanziamenti in coerenza col piano. Queste esenzioni sono tecnicalità, ma rendono il debitore più sereno nel compiere operazioni necessarie durante la crisi, senza il timore di essere incriminato poi se le cose vanno male, purché abbia agito nell’ottica del risanamento e non per frodare.
Riassumendo i vantaggi per l’imprenditore che accede alla composizione negoziata:
- Sospensione delle azioni dei creditori (se attivata): tutela il patrimonio e garantisce tempo per negoziare.
- Ambiente riservato e controllato: evita clamore pubblico iniziale (salvo misure protettive) e porta i creditori al tavolo in modo organizzato e sotto la “moral suasion” di un esperto terzo.
- Riduzione di interessi e sanzioni fiscali: alleggerisce il carico degli oneri accessori sui debiti tributari accumulati.
- Possibilità di trattamento fiscale agevolato nella successiva transazione fiscale: grazie al ricalcolo degli interessi al tasso legale e alla riduzione sanzioni, l’Erario può chiudere le partite a importi inferiori.
- Nessun nuovo privilegio post istanza: i crediti sorti durante lo stay non possono ottenere prelazioni se non autorizzate dal debitore, questo preserva la parità tra creditori.
- Possibilità di ottenere finanziamenti prededucibili: se l’impresa ha bisogno di nuova finanza durante le trattative, può chiederne l’autorizzazione come misura cautelare. I finanziatori possono essere incentivati dal fatto che quei crediti saranno prededucibili (pagati prima di altri in caso di procedure) in virtù dell’art. 10 D.L.118/2021 integrato nel CCII. Ciò migliora le chance di raccogliere liquidità.
- Conservazione della guida dell’impresa: diversamente dall’amministrazione controllata o straordinaria, qui l’imprenditore mantiene la gestione e l’ownership delle scelte (anche se sotto consiglio dell’esperto). Non c’è spossessamento né commissariamento. Questo è un vantaggio sia in termini di controllo che di motivazione personale dell’imprenditore a lottare per la propria azienda.
- Costi relativamente contenuti: oltre al contributo fisso (€252) e al bollo, il costo maggiore è il compenso dell’esperto, ma questo è regolato dalla legge e rapportato alla dimensione dell’impresa. Il D.M. 28 settembre 2021 (richiamato nel CCII) prevede che il compenso sia calcolato in percentuale sull’attivo dell’impresa, con scaglioni, e con aumenti in base al numero di creditori e al tipo di esito. Indicativamente, per imprese piccole il compenso può essere di poche migliaia di euro; per imprese molto grandi può salire a decine di migliaia, ma comunque sensibilmente inferiore ai costi di un lungo concordato preventivo o di un fallimento (si pensi ai costi dei curatori, commissari giudiziali, ecc.). Il compenso dell’esperto è a carico dell’imprenditore e va pagato al termine delle trattative. È giustamente dovuto anche se non si raggiunge accordo, ma se l’esito è positivo con contratto o accordo, sono previste delle percentuali di aumento del compenso come “success fee”. In mancanza di accordo, la misura del compenso è determinata dalla Commissione (per evitare contestazioni con l’esperto). Questo sistema rende il costo prevedibile e commisurato al caso. Per fare un esempio pratico: un’impresa con attivo €1 milione e 50 creditori avrà un compenso esperto di qualche migliaio di euro (diciamo 5-6mila) – decisamente sostenibile rispetto ai benefici di evitare la rovina.
A fronte di questi vantaggi, c’è chiaramente l’impegno di mettersi in gioco e forse accettare sacrifici: nessuna ristrutturazione è indolore; l’imprenditore dovrà forse cedere parte delle sue quote a un nuovo socio, o garantire personalmente eventuali nuove esposizioni, o licenziare personale in esubero. Ma lo farà in un contesto negoziato dove può cercare di limitare i danni e soprattutto salvare l’azienda come entità produttiva. Dal punto di vista del privato imprenditore, la composizione negoziata è un’opportunità di evitare conseguenze peggiori, come l’azzeramento in fallimento.
Chiariamo infine che, se le trattative falliscono e si va in liquidazione giudiziale, non c’è alcuna sanzione per aver tentato la composizione. Al contrario, i componenti degli organi sociali che hanno attivato tempestivamente il percorso possono difendersi meglio da azioni di responsabilità per tardiva gestione della crisi. Il CCII (art. 3) richiede agli amministratori di attivarsi senza indugio in caso di crisi: la composizione negoziata è lo strumento principe previsto dalla legge a tal fine. Un amministratore che non ne ha fatto ricorso e ha lasciato aggravare il dissesto potrebbe essere visto come negligente; viceversa chi ha esperito questo tentativo adempie agli obblighi di istituire adeguati assetti e rilevare la crisi precocemente. Anche le banche e i creditori, sapendo ciò, guardano con favore al fatto che l’imprenditore scelga questa strada: dimostra volontà di risanare e trasparenza.
Di seguito presentiamo alcune domande frequenti, con risposte sintetiche, che aiutano a fissare i concetti essenziali sui requisiti di accesso alla composizione negoziata e sulle modalità operative dal punto di vista del debitore.
Domande frequenti (FAQ)
D: Chi può accedere alla composizione negoziata?
R: Tutti gli imprenditori iscritti al Registro delle Imprese – inclusi imprenditori individuali, società di ogni tipo, imprese agricole – possono accedere volontariamente alla composizione negoziata. Non vi sono limiti di settore o forma giuridica. Le imprese di piccole dimensioni (“sotto-soglia”) seguono lo stesso iter, salvo che l’esperto viene nominato dal Segretario Generale della Camera di Commercio anziché dalla Commissione regionale. Restano esclusi solo i soggetti non imprenditori (es. privati consumatori, professionisti autonomi) che hanno invece le procedure di sovraindebitamento. L’impresa dev’essere in situazione di squilibrio o crisi: accedere con conti perfettamente sani non avrebbe senso (né probabilmente verrebbe nominato un esperto, mancando il presupposto oggettivo).
D: L’impresa deve essere in regola per poter accedere? Ci sono requisiti di “meritevolezza” o simili?
R: Non esiste un requisito di onorabilità o meritevolezza esplicito. Anche un’impresa che abbia avuto problemi gestionali o in ritardo coi bilanci può accedere. Tuttavia, bisogna allegare i bilanci degli ultimi 3 anni o le dichiarazioni fiscali, quindi è necessario aver assolto ai minimi obblighi contabili/fiscali, altrimenti non si dispone dei documenti richiesti. Se mancano del tutto i bilanci, è un segnale negativo sulla governance. Inoltre, durante le trattative occorre comportarsi con buona fede: qualsiasi abuso (es. distrarre beni durante lo stay) porterebbe a sanzioni o revoca delle misure. In sintesi, non c’è una valutazione morale iniziale, ma l’imprenditore deve essere collaborativo e trasparente. Alcune agevolazioni penali (esenzione da bancarotta semplice) scattano solo se egli rispetta le regole e agisce per il risanamento, non per frodare.
D: Un’azienda che è già formalmente insolvente (non paga fornitori da mesi, ha debiti scaduti enormi) può comunque accedere?
R: Sì, può. La legge consente l’accesso anche a imprese insolventi, purché si ritenga che l’insolvenza sia non irreversibile. Se c’è una ragionevole chance di recupero (ad esempio trovando un investitore o ristrutturando il debito), l’esperto la farà proseguire. Diversi tribunali (Bologna, Roma, Lecco) hanno confermato che lo stato d’insolvenza di per sé non preclude la composizione negoziata. Quello che conta è che l’azienda non sia già definitivamente compromessa. Naturalmente, se l’insolvenza è tanto grave da far dubitare di qualunque soluzione, l’esperto chiuderà subito. Ma in generale l’impresa può essere anche molto in crisi – l’importante è avere ancora un valore economico recuperabile (commesse, know-how, mercato) e l’assenza di altre procedure concorsuali già in atto.
D: Se un creditore ha già depositato un’istanza di fallimento contro la mia azienda, posso fare composizione negoziata per bloccarla?
R: Al momento, no. La normativa aggiornata (correttivo 2024) dice chiaramente che non si può avviare la composizione negoziata se pende una domanda di liquidazione giudiziale (fallimento) o altra procedura concorsuale. Quindi se un creditore ha già chiesto il tuo fallimento, ormai quella procedura prevale; al massimo puoi presentare un concordato preventivo per tentare di fermarla, ma non la composizione negoziata. Il senso è evitare che il debitore utilizzi la composizione solo come tattica dilatoria dopo che i buoi sono scappati. Viceversa, se non c’è ancora nessuna istanza di fallimento pendente e tu avvii per tempo la composizione negoziata (anche con misure protettive), durante il negoziato i creditori non potranno presentare istanza di fallimento – almeno finché dura la protezione. Quindi tutto sta nel tempismo: agire prima che i creditori perdano la pazienza e si rivolgano al tribunale.
D: Posso aprire la composizione negoziata se ho già chiesto un concordato preventivo (o un accordo di ristrutturazione) e poi l’ho ritirato?
R: Devi aspettare un po’. La legge vieta di presentare istanza di composizione se nei 4 mesi precedenti hai rinunciato a una domanda di concordato (o accordo omologazione). Ciò per impedire zigue-zague tra procedure. Quindi, se hai depositato un concordato “in bianco” e poi hai desistito, devi attendere almeno 4 mesi prima di poter accedere alla composizione negoziata. Invece, se quel concordato è stato dichiarato inammissibile o è proprio fallito il concordato (non una rinuncia, ma rigetto dell’omologa), la norma non lo menziona espressamente, ma la ratio suggerisce comunque prudenza: il tribunale potrebbe considerare improprio l’uso della composizione subito dopo un insuccesso conclamato. Meglio in questi casi consultare un legale per valutare i tempi giusti.
D: La procedura è pubblica? I miei concorrenti o clienti sapranno che sono in composizione negoziata?
R: La composizione negoziata è riservata, a meno che tu non chieda le misure protettive. Tutti i soggetti coinvolti (esperto, creditori, consulenti) hanno obbligo di non divulgare notizie sull’impresa apprese nel corso delle trattative. Quindi finché si tratta di negoziare in via confidenziale, la situazione resta tra le parti. Solo se attivi la protezione, l’istanza viene pubblicata nel Registro Imprese, e diventa conoscibile (di solito poi giornali specializzati riprendono la notizia). Però considera: se hai bisogno di protezione, vuol dire che i creditori stavano per agire comunque – quindi la notizia delle tue difficoltà sarebbe emersa ugualmente via atti giudiziari. In composizione, quantomeno controlli la narrazione e i tempi. Detto questo, molti imprenditori all’inizio evitano di chiedere subito le misure protettive, tentando approcci soft con i creditori; se uno di loro minaccia azioni, allora attivano lo stay. È una valutazione caso per caso, bilanciando riservatezza e necessità di tutela. Ricorda che se non chiedi misure protettive, non appare nulla pubblicamente e nemmeno i dipendenti o fornitori secondari devono necessariamente venire a sapere del percorso (salvo che tu li coinvolga nelle trattative).
D: Quali costi devo sostenere per avviare la composizione negoziata?
R: I costi vivi iniziali sono molto contenuti: €252 di diritto di segreteria e €16 di bollo da pagare online al momento dell’istanza. A ciò potresti aggiungere i costi per farti assistere da un consulente nell’elaborare il piano e la domanda (consigliabile, ma non obbligatorio). Il costo principale è il compenso dell’esperto che ti verrà ad affiancare: è stabilito per legge in base all’attivo e ad altri parametri, quindi più la tua impresa è grande e complessa, più sarà alto. Per imprese piccole si parla di migliaia di euro; per medie, qualche decina; per grandi, può arrivare a diverse decine di migliaia. L’importo esatto non lo saprai all’inizio, ma l’esperto te lo indicherà appena nominato (puoi chiedergli un preventivo basato sul decreto). Ad ogni modo, se il confronto va a buon fine, sarà uno dei migliori investimenti fatti – salvi la società. Se va male, quell’importo è comunque modesto rispetto a un fallimento, e in parte l’esperto avrà svolto analisi che ti torneranno utili. Oltre al compenso dell’esperto, ricorda che dovrai continuare a pagare le spese correnti dell’azienda (stipendi, forniture essenziali) per tenerla in piedi durante i negoziati. È possibile ottenere nuova finanza (che avrà uno status privilegiato di prededuzione) se serve, ma devi trovare chi la eroghi. In sintesi: la composizione negoziata non è gratuita, ma è assai meno costosa di una procedura concorsuale tradizionale e i vantaggi (se funziona) superano di gran lunga i costi.
D: Quanto tempo ho per trovare un accordo?
R: Inizialmente 6 mesi dall’accettazione dell’esperto. Se necessario, puoi ottenere fino ad altri 6 mesi (per un totale di 12) su richiesta e con il parere favorevole dell’esperto (dopo il correttivo 2024 basta la tua richiesta motivata, non servono tutte le firme dei creditori). Quindi massimo un anno di tempo. Considera però che la protezione dalle azioni esecutive (se l’hai chiesta) potrebbe durare al massimo 8 mesi, quindi negli ultimi mesi eventuali creditori potrebbero riprendere le azioni. Nella pratica, come detto, la maggior parte dei casi utilizza l’intero anno disponibile. È fondamentale non sprecare i primi mesi: parti subito a dialogare con i creditori principali e a cercare soluzioni, non attendere l’ultimo momento. L’esperto di solito programma gli incontri rapidamente, specialmente se ci sono scadenze (ad es. una proroga di fidi bancari). Se dopo un anno non hai concluso nulla, a quel punto devi passare ad altro (concordato semplificato o lasciar fare ai creditori).
D: Cosa succede se durante la composizione negoziata i creditori non collaborano?
R: I creditori sono tenuti per legge a collaborare in modo leale. Ciò non significa che debbano accettare qualsiasi proposta, ma che devono partecipare alle trattative in buona fede, esaminare le informazioni e fare eventuali controproposte. Se qualcuno rifiuta a priori di sedersi al tavolo, l’esperto lo annoterà. Un creditore ostile fin dall’inizio può comunque cambiare idea col tempo, specie se vede che gli altri trattano. Non c’è un obbligo per i creditori di aderire a un accordo, ma un atteggiamento ostruzionistico potrebbe precludergli benefici (es. se poi si va in concordato semplificato, perde il diritto di voto). L’esperto cercherà di coinvolgere tutti i rilevanti. Se proprio un creditore resta fuori, si può pensare di neutralizzarlo con soluzioni alternative: ad es. trovando risorse per pagarlo integralmente (se piccolo), oppure prevedendo un concordato parziale per lui. Il giudice, in sede di misure protettive, valuta anche la disponibilità dei creditori a trattare come indicatore di possibilità di risanamento. Quindi se nessun creditore vuole trattare, probabilmente le misure protettive non verranno prorogate e la procedura finirà presto. Fortunatamente, nel 90% dei casi reali i principali creditori hanno mostrato almeno apertura, perché anche per loro un accordo è spesso preferibile a lunghe cause o incognite fallimentari.
D: Se alla fine non si arriva ad alcun accordo, che alternative ho?
R: Se la composizione negoziata fallisce, hai essenzialmente due strade: o subire le azioni dei creditori (che con buona probabilità chiederanno il tuo fallimento o inizieranno pignoramenti, portando l’azienda alla fine), oppure prendere tu l’iniziativa con una procedura concorsuale. Grazie alla composizione, però, potresti aver individuato uno scenario su cui basare un concordato preventivo o un concordato semplificato. Ad esempio, potresti aver trovato un acquirente per la tua azienda ma non tutti i creditori erano d’accordo informalmente: allora puoi proporre un concordato semplificato liquidatorio in tribunale, vendere l’azienda a quell’acquirente e distribuire il ricavato con l’omologazione giudiziale, senza voto dei creditori. Oppure, se vedi che una parte dei creditori (magari il 70%) era disponibile a concordare riduzioni ma altri no, puoi tentare un accordo di ristrutturazione con omologa (ti serve almeno il 60% di adesioni) per imporlo ai dissenzienti. In sostanza, la composizione raramente lascia completamente al buio: anche se non c’è accordo totale, hai raccolto molte informazioni, sai chi sarebbe favorevole e chi no, hai un quadro che ti permette di scegliere la procedura successiva più adatta. Se proprio non c’è nulla da fare e l’insolvenza è conclamata e irreversibile, probabilmente conviene prendere atto e optare per la liquidazione giudiziale volontaria (ossia depositare tu istanza di fallimento), magari chiedendo qualche procedura semplificata di gestione. In ogni caso, aver tentato la composizione può facilitare la fase successiva: ad esempio, la documentazione predisposta (elenco creditori, bilanci) ti servirà comunque, e l’esperto stesso potrebbe essere sentito dal curatore o dal tribunale per capire la situazione. Inoltre, non è escluso che qualche creditore, pur in mancanza di accordo generale, decida di fare singoli accordi transattivi privati con te per incassare qualcosa ed evitare il peggio – accordi che, se il fallimento non è ancora aperto, potete fare (magari convalidandoli con la formula di cui all’art. 23 co.1 lett. c per la non revocabilità). Insomma, anche un esito negativo della composizione negoziata non ti lascia nelle stesse condizioni di partenza: hai comunque esplorato soluzioni e potrai affrontare l’eventuale insolvenza successiva con più cognizione e con l’attenuante di averci provato.
D: In caso di composizione negoziata, l’imprenditore corre rischi di azioni di responsabilità o penali se poi l’azienda fallisce?
R: Al contrario, la tempestiva attivazione della composizione negoziata è spesso vista come un comportamento diligente. Sul piano civilistico, gli amministratori che non affrontano per tempo la crisi possono essere responsabili verso i creditori sociali (wrongful trading); quindi avviare la composizione li mette al riparo dall’accusa di inerzia. Sul piano penale, come detto, la legge prevede esenzioni per alcuni reati di bancarotta se l’imprenditore ha agito durante la composizione per il risanamento (pagamenti autorizzati, ricorso a credito in buona fede). Certo, se durante le trattative l’imprenditore commette frodi (occultamento di beni, falsificazione di documenti contabili), quelle restano punibili. Ma questo avverrebbe a prescindere. Invece, aspetti come l’aggravamento del dissesto per aver continuato l’attività sono visti diversamente se c’era un tentativo di risanamento in corso con parere di un esperto. In sintesi, l’imprenditore che tenta onestamente la composizione negoziata limita i propri rischi di essere accusato di mala gestio o distrazione. Anzi, se poi dovesse intervenire un fallimento, potrà magari evitare la dichiarazione di insolvenza fraudolenta sostenendo che dopo aver rilevato la crisi ha attivato lo strumento previsto dalla legge per superarla (questo potrebbe evitare la configurazione di dolo o colpa grave). Naturalmente ogni caso è a sé, ma la composizione negoziata è pensata anche per responsabilizzare l’imprenditore virtuoso e non punirlo se alla fine non ce la fa.
D: Che differenza c’è tra la composizione negoziata e il vecchio accordo di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo?
R: La composizione negoziata è un percorso informale e stragiudiziale: non comporta alcun effetto sugli inadempimenti contrattuali (cioè non obbliga i fornitori a continuare a fornire, come invece accade in concordato in continuità), non prevede un commissario, non richiede voti né omologhe (salvo misure protettive eventuali). È molto flessibile. L’accordo di ristrutturazione e il concordato sono procedure concorsuali giudiziali: richiedono il tribunale sin dall’inizio (deposito di un ricorso), hanno formalità maggiori (relazioni di attestatori indipendenti, ecc.) e producono effetti vincolanti per tutti i creditori che aderiscono (accordo 182-bis) o per la maggioranza (concordato). In pratica, la composizione negoziata precede eventualmente queste procedure: è un tavolo di trattativa. Può sfociare in un accordo di ristrutturazione se hai abbastanza adesioni, oppure in un concordato se serve coinvolgere tutti. Ma potresti risolvere tutto anche senza passare dal tribunale (cosa che i procedimenti concorsuali non consentono: una volta che apri un concordato, devi seguire l’iter in tribunale, con pubblicità e costi ben superiori). Inoltre, la composizione negoziata è reversibile: se dopo due mesi ti accorgi che hai risolto i problemi (per esempio un socio ti finanzia improvvisamente), puoi archiviare la procedura e tornare alla normale operatività senza alcuno stigma o effetto giuridico residuo. Il concordato invece, una volta avviato, se lo interrompi magari ti porta al fallimento immediato. Quindi la differenza sta nel carattere volontario, confidenziale e assistito (non autoritativo) della composizione negoziata. In definitiva, la composizione negoziata non è una procedura concorsuale, ma uno strumento per evitarla.
D: Durante la composizione negoziata posso ottenere nuova finanza?
R: Sì, è possibile e anzi auspicabile se serve liquidità per tenere viva l’impresa. Puoi indebitarti ulteriormente durante le trattative, preferibilmente informando l’esperto e i creditori, e chiedere al tribunale – se hai attivato le misure protettive – di autorizzare tali finanziamenti conferendo loro il rango di prededuzione (pagabili prima di altri crediti eventualmente in un successivo fallimento). Questo è previsto dall’art. 10 D.L. 118/2021 poi integrato nel CCII. In pratica, se un istituto è disposto a prestarti soldi per la continuità, saprà che se poi tu fallisci quei soldi li recupera con priorità superprivilegiata. Questo aumenta la disponibilità delle banche a concedere credito in crisi. Certo, servirà presentare un mini piano su come userai quei fondi e perché sono necessari. Il giudice li autorizzerà se funzionali al miglior esito delle trattative. Esempi: un finanziamento ponte per pagare fornitori critici e continuare la produzione, oppure una fideiussione bancaria per sbloccare un appalto pubblico decisivo al rilancio. Attenzione però: se poi non c’è esito positivo, un finanziamento non restituito comunque aggrava il dissesto, quindi va usato con cautela. Ma almeno tu e la banca sapete che quel credito ha priorità. Inoltre, determinati pagamenti fatti durante la composizione potrebbero essere esenti da revocatoria fallimentare, in particolare se rientranti in quell’accordo “certificato” dall’esperto ex art. 23 co.1 lett. c CCII. Quindi sì, puoi ottenere nuova finanza e pagare alcuni debiti strategici, a condizione di rispettare la trasparenza e, se del caso, farli autorizzare come misure. È uno strumento in più che un concordato non ti darebbe (nel concordato puoi ottenere finanziamenti prededucibili ma li deve autorizzare il tribunale, qui sei in un contesto più flessibile finché c’è l’esperto).
D: Il mio obiettivo è vendere l’azienda “pulita” dai debiti a un terzo: la composizione negoziata me lo consente?
R: Sì, certamente. Puoi usare la composizione negoziata proprio per individuare un acquirente e cedere l’azienda libera dai debiti, trasferendo solo l’attività e non le passività. Ci sono due vie: o trovi l’accordo con tutti i creditori per stralciare i debiti e contestualmente vendi (ciò richiede persuadere i creditori ad accettare il ricavato come soddisfacimento) – e se riesci, è un accordo stragiudiziale completato. Oppure, se non tutti sono d’accordo, puoi chiedere al tribunale durante la composizione di autorizzare la cessione dell’azienda senza debiti (ex art. 22 CCII) e poi proporre un concordato semplificato per distribuire il ricavato ai creditori non soddisfatti interamente. Ad esempio, hai un’offerta da 1 milione per l’azienda; i debiti sono 2 milioni; proponi di dare 1 milione ai creditori pro-quota. Se non c’è unanimità, farai il concordato semplificato offrendo quel milione. Il vantaggio è che vendi l’azienda come going concern (il che massimizza il prezzo) e i debiti restano nel “vecchio” soggetto giuridico che poi verrà liquidato. La composizione ti aiuta perché puoi negoziare il prezzo col compratore e predisporre la cosa senza che nel frattempo i creditori ti portino via i macchinari. E i creditori, se capiscono che quella è la via migliore (magari perché in fallimento prenderebbero meno), potrebbero non opporsi. In sintesi, sì, la composizione negoziata è lo strumento ideale per vendite concordate d’azienda in crisi. Se invece vuoi solo liquidare a pezzi l’azienda senza continuità, questo – come discusso – non è risanamento e quindi non sarebbe un uso appropriato della composizione (ti conviene direttamente un fallimento o liquidazione ordinaria, più onesto).
D: Se la composizione riesce e torno solvente, cosa succede dopo?
R: Congratulazioni, a quel punto l’azienda proseguirà la sua attività rigenerata. La composizione negoziata in sé si chiuderà con l’archiviazione, e tu dovrai semplicemente adempiere agli accordi presi. Se hai firmato contratti di ristrutturazione, li eseguirai (pagamenti dilazionati, ecc.), se hai ottenuto nuova finanza, la utilizzerai secondo piano e dovrai rimborsarla a scadenza, se hai venduto l’azienda, continuerà sotto il nuovo proprietario e la tua società potrà essere liquidata o destinata ad altro. Dovrai inoltre pagare il compenso dovuto all’esperto secondo quanto stabilito – consideralo come il success fee per aver salvato l’impresa. Potrai anche accedere ad eventuali benefici fiscali premiali: ad esempio, se hai omologato un accordo con transazione fiscale, le sanzioni e gli interessi sui debiti fiscali pregressi saranno ridotti (di metà o al minimo). Inoltre, se la soluzione scelta ha previsto esdebitazione (nel caso di liquidazione controllata per sottosoglia, ad esempio), tu come imprenditore persona fisica potrai liberarti dei debiti residui più facilmente, avendo dimostrato collaborazione. Insomma, dopo la composizione la vita continua: l’azienda risanata dovrà affrontare il mercato con la rinnovata struttura finanziaria. Sarebbe prudente implementare quanto appreso: la crisi ti avrà insegnato dove rafforzare i tuoi assetti organizzativi, come monitorare meglio i flussi finanziari per prevenire future crisi. La legge ormai impone di dotarsi di strumenti di allerta interni (controllo di gestione adeguato). Dovrai rispettare gli eventuali impegni presi sotto l’occhio dell’esperto: ad es. se ti sei impegnato a cambiare management o a ricapitalizzare, assicurati di farlo per non vanificare il risanamento. Ma soprattutto, potrai tirare un sospiro di sollievo: hai evitato il tracollo e salvaguardato il valore della tua impresa, grazie anche a questo strumento moderno e flessibile.
Tabelle riepilogative
Tipologie di requisiti di accesso alla Composizione Negoziata
Tipo di requisito | Descrizione | Riferimenti normativi/giurisprudenziali |
---|---|---|
Soggettivo (chi) | Imprese iscritte al Registro Imprese (ditte individuali, società di qualsiasi tipo, incluse agricole). Nessuna esclusione per dimensione (sopra/sottosoglia ammessi entrambi). Esclusi i non imprenditori (persone fisiche consumatori, professionisti non iscritti come imprese). | Art. 17 co.1 CCII; CamCom PTPO. |
Oggettivo (quando) | Squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza, ma con prospettive di risanabilità. Ammessa anche insolvenza attuale purché reversibile (non definitiva). L’impresa non deve essere già in procedura concorsuale. | Art. 12 CCII (ex art.2 DL 118/21); Trib. Lecco 2/1/2023. |
Ostativo (divieti) | Non pendono altre procedure concorsuali (concordato, liquidazione giudiziale, accordo ristrutt.) né istanze di fallimento da terzi. Non abbia rinunciato a procedure simili negli ultimi 4 mesi. | Art. 25-quinquies CCII. |
Formale (documenti) | Deposito documentazione completa: ultimi 3 bilanci/dichiarazioni, situazione patrimoniale aggiornata, elenco creditori, progetto di piano secondo check-list, autodichiarazioni su assenza procedure pendenti, certificati debiti fiscali/contributivi, centrale rischi. Pagamento diritto segreteria €252 + bollo €16. | Art. 17 co.3 CCII; MISE 10/3/22. |
Differenze tra imprese sopra-soglia e sotto-soglia
Aspetto | Imprese sopra-soglia (oltre i limiti art. 1 L.F.) | Imprese sotto-soglia (minori dimensioni) |
---|---|---|
Nomina esperto | Commissione regionale (3 membri: magistrato, CCIAA, Prefetto) nomina esperto da elenco regionale. | Segretario Generale CCIAA nomina esperto direttamente. |
Procedura concorsuale successiva | Accesso eventuale a concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, liquidazione giudiziale. Concordato semplificato applicabile in ogni caso. | Accesso eventuale a concordato minore o liquidazione controllata (ex sovraindebitamento) anziché concordato preventivo grande o liquidazione giudiziale. Concordato semplificato applicabile comunque. |
Esempio soglia | Impresa con attivo €1mln, ricavi €800k, debiti €1mln è soprasoglia (supera limiti). | Impresa con attivo €200k, ricavi €150k, debiti €400k è sottosoglia (tutti parametri entro limiti). |
Effetti pratici | Commissione può garantire terzietà (c’è anche magistrato). Tempi di nomina brevi comunque (qualche giorno). | Nomina spesso più rapida e snella (decisione monocratica). L’elenco esperti è lo stesso, quindi qualità esperto comparabile. |
Durate e termini principali
Fase/Elemento | Durata/Termine | Riferimento |
---|---|---|
Durata iniziale composizione | 180 giorni dall’accettazione dell’esperto (circa 6 mesi). | Art. 17 co.7 CCII; Blog Monardo. |
Proroga composizione | +180 giorni max (totale 360 gg) se: richiesto da imprenditore/parti e confermato esperto, o misure protettive ancora pendenti. | Art. 17 co.7 CCII; Linee guida Unioncamere; Blog. |
Durata massima totale | 360 giorni (12 mesi) – non oltre. | Art. 17 co.7 CCII; Blog. |
Durata misure protettive iniziali | Decisa dal tribunale, max 120 giorni (4 mesi). Spesso concesse 60-90 gg rinnovabili. | Art. 18-19 CCII; Dir. Insolvency; Dottrina Nctm. |
Proroga misure protettive | Fino a 240 giorni totali (ulteriori 120 gg) su istanza parti + parere esperto, confermata da giudice. | Art. 19 co.5 CCII; DirittoCrisi. |
Termine per proporre concordato semplificato post-fallimento trattative | 60 giorni dalla relazione finale dell’esperto. | Art. 25-sexies co.1 CCII. |
Termine per deposito ricorso conferma misure protettive | entro 1 giorno dalla pubblicazione istanza+accettazione. | Art. 18 co.3 CCII. |
Termine fissazione udienza conferma misure | entro 10 giorni dal deposito ricorso. | Art. 18 co.3 CCII. |
Intervallo minimo tra rinuncia procedura concorsuale e CNC | 4 mesi (120 giorni) – no istanza CNC prima. | Art. 25-quinquies co.2 CCII. |
Documenti obbligatori per l’istanza (art.17 co.3 CCII)
- Bilanci ultimi 3 esercizi (o dichiarazioni fiscali ultimi 3 anni) + situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata (non oltre 60 gg prima).
- Elenco dei creditori con indicazione importi scaduti/a scadere e garanzie.
- Progetto di piano di risanamento redatto secondo check-list + relazione sintetica sull’attività con piano finanziario a 6 mesi e misure previste.
- Dichiarazione sostitutiva su assenza di procedimenti concorsuali pendenti e di non aver presentato ricorsi di cui all’art. 40 CCII (incl. concordato con riserva, ecc.).
- Certificato unico debiti tributari (Agenzia Entrate, art.364 CCII).
- Situazione debitoria Agenzia Riscossione (Estratto ruolo).
- Certificato debiti contributivi (INPS/INAIL, art.363 CCII).
- Estratto Centrale Rischi Bankitalia (aggiornato <3 mesi).
(Tutti i documenti devono essere caricati in piattaforma e firmati digitalmente. L’istanza va completata con il versamento online dei diritti di segreteria e bollo.)
Misure premiali previste
Misura premiale | Descrizione | Normativa |
---|---|---|
Interessi fiscali ridotti | Interessi maturati su debiti tributari dall’accettazione esperto fino a fine trattative ridotti al tasso legale. Esempio: se tasso ordinario 3.5%, applicato 2.5% (risparmio 1%). Opera solo se esito con accordo o accordo omologato, non in caso di fallimento. | Art. 25 co.1 CCII; art. 14 co.1 DL 118/21. |
Sanzioni fiscali ridotte | Sanzioni tributarie con pagamento ridotto: se termine pagamento ridotto scade dopo istanza CNC, sanzione dovuta al minimo edittale. In caso di procedura concorsuale successiva, sanzioni e interessi su debiti inclusi ridotti della metà. | Art. 25 co.2 e co.4 CCII. |
Non punibilità per alcuni reati | Esenzione da bancarotta semplice (art.217 L.F.) e preferenziale (art.216 c.3 L.F.) per atti compiuti durante la CNC in coerenza col piano e con finalità di risanamento. Ad es. pagamenti autorizzati a fornitori strategici o ricorso a credito necessario non costituiscono reato fallimentare. | Art. 25 co.6 CCII; art. 14 co.3 DL 118/21. |
Prededucibilità dei nuovi finanziamenti | Finanziamenti erogati all’impresa durante la composizione, se espressamente previsti dal piano o autorizzati dal giudice, sono considerati prededucibili (cioè prioritari) in caso di successivo concorso. | Art. 10 DL 118/21 confluito in CCII; Art. 23 co.2 lett. c CCII. |
Esenzioni da revocatoria | Atti compiuti in esecuzione di un accordo attestato dall’esperto come idoneo (art. 23 co.1 lett. c) non sono soggetti a revocatoria fallimentare. Ciò consente di effettuare pagamenti o operazioni necessarie senza rischio di doverle restituire se poi si fallisce. | Art. 23 co.1 lett. c CCII. |
Riduzione interessi moratori (civili) | La presenza di trattative potrebbe costituire circostanza attenuante per eventuali interessi di mora dovuti ai creditori (questo indirettamente, se i creditori accettano di congelare o ridurre interessi durante lo stay, spesso condizione delle misure protettive). | – (non codificata, dipende dalle trattative). |
Nessun aggravio procedure esecutive | Durante lo stay, non maturano spese di esecuzione (pignoramenti sospesi) né ulteriori oneri legali a carico dell’impresa, congelando la situazione. | Art. 18-19 CCII (effetto protettivo). |
Conclusioni
La composizione negoziata della crisi rappresenta oggi, per l’imprenditore italiano in difficoltà, uno strumento innovativo e prezioso per prevenire il fallimento e favorire la continuità aziendale. I requisiti di accesso – in particolare trovarsi in uno stato di crisi (anche avanzata ma non irreversibile) e non avere procedure concorsuali concorrenti in corso – sono abbastanza ampi da consentire a molte imprese di tentare questa via. Il quadro normativo avanzato, corroborato dalle prime pronunce giurisprudenziali, delinea un istituto flessibile, confidenziale e imperniato sul risanamento dell’impresa come valore oggettivo da tutelare. Il punto di vista del debitore è chiaramente privilegiato: a lui è data l’opportunità (e la responsabilità) di attivarsi, mantenere l’iniziativa e, con l’ausilio di un esperto, cercare soluzioni concordate con i propri creditori. In cambio, l’ordinamento offre protezioni (lo scudo dalle azioni esecutive), incentivi (fiscali e penali) e persino un “piano B” concorsuale semplificato se tutti gli sforzi falliscono.
Naturalmente, la composizione negoziata non garantisce il successo: molto dipende dalla sostenibilità reale dell’impresa (non tutte possono essere salvate) e dalla buona fede e collaborazione delle parti. Ma anche in caso di esito negativo, aver percorso questa strada può mitigare le conseguenze della crisi, evitando soluzioni caotiche e responsabilizzando tutti gli attori coinvolti. Come emerge dalle best practice e dai dati dei primi anni, le imprese che vi ricorrono tempestivamente hanno spesso evitato la liquidazione, mentre dove si è atteso troppo, l’irreversibilità della crisi ha reso vano l’ultimo tentativo.
In conclusione, i requisiti di accesso delineati – soggettivi, oggettivi e formali – non costituiscono barriere eccessive, bensì paletti ragionevoli per indirizzare l’istituto verso i casi in cui ha concreta utilità. L’imprenditore interessato deve verificare di rispettarli (magari con consulenza legale) e poi prepararsi con cura: documentazione in ordine, un abbozzo di piano, trasparenza sulla propria situazione. Una volta dentro, dovrà mettere in campo capacità negoziali e apertura al cambiamento, perché il “negoziato” implica concessioni reciproche. Con il supporto tecnico dell’esperto e la protezione accordata, egli ha lo spazio per giocarsi la partita del risanamento.
La composizione negoziata, in definitiva, riflette un cambio di paradigma nel diritto concorsuale italiano: da un approccio punitivo e liquidatorio si passa a un approccio preventivo e compositivo, dove il debitore, se meritevole e proattivo, viene accompagnato verso una seconda opportunità. Per molti versi è una sfida culturale, prima ancora che giuridica, che richiede fiducia reciproca tra debitore e creditori e l’abbandono di pregiudizi (il debitore non sempre è colpevole, il creditore non sempre è inflessibile: un punto d’incontro si può trovare).
I requisiti di accesso alla composizione negoziata sono dunque il primo passo di un percorso di risanamento: vanno interpretati con rigore ma anche con la finalità sottesa di dare una chance alle imprese in crisi reversibile. La giurisprudenza sin qui formatasi lo conferma, privilegiando soluzioni che evitino formalismi sterili e consentano l’utilizzo dell’istituto nel maggior numero di situazioni possibili in cui possa essere utile. Dal punto di vista pratico, chi si accinge a intraprendere questa strada farà bene a studiare attentamente i requisiti e le condizioni qui illustrati, per prepararsi al meglio e sfruttare pienamente gli strumenti offerti dalla legge.
In ultima analisi, la composizione negoziata è uno strumento “dell’imprenditore per l’imprenditore”: responsabilizza il debitore mettendolo al centro delle trattative e dei doveri di risanamento, ma al contempo lo tutela da assalti e sanzioni non necessari, riconoscendo che il risanamento di un’impresa in crisi – quando possibile – è un valore che trascende l’interesse del singolo e risponde a un interesse economico-sociale più ampio (mantenimento di posti di lavoro, salvaguardia di filiere produttive, rispetto della parità di trattamento tra creditori).
La sfida è aperta: i requisiti di accesso sono la porta d’ingresso, la volontà e la capacità negoziale del debitore e la disponibilità dei creditori faranno il resto. Con una corretta comprensione di essi e un uso leale dello strumento, la composizione negoziata potrà veramente costituire quel “nuovo inizio” per tante imprese che il legislatore auspicava nel recepire la Direttiva Insolvency.
Fonti e riferimenti (normativa, giurisprudenza, prassi)
Normativa primaria:
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 12-25 (disciplina della composizione negoziata, come modificata dai correttivi D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).
- D.L. 24 agosto 2021 n. 118 (conv. L. 147/2021) – Misure urgenti in materia di crisi d’impresa: introduttivo della composizione negoziata e concordato semplificato.
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 – Correttivo-ter al Codice della crisi: modifica, tra l’altro, l’art. 25-quinquies CCII (limiti di accesso), e l’art. 17 CCII (semplificazione proroga composizione).
- Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28/09/2021 – Istituzione piattaforma, test pratico e check-list per composizione negoziata.
- Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 21/03/2023 – Aggiornamento check-list e indicazioni su piano di risanamento (quarta edizione, in vigore da aprile 2023).
- Decreto Interministeriale (MISE-MEF) 10/03/2022 – Fissa diritti di segreteria per istanza composizione (€252).
- Direttiva (UE) 2019/1023 – Direttiva Insolvency: principi recepiti (emersione tempestiva crisi, stay massimo 4+8 mesi, protezione nuovo finanziamento, ecc.).
Normativa secondaria (Codice Civile, leggi speciali):
- Art. 2082 e 2135 c.c. – Definizione imprenditore commerciale e agricolo (soggetti ammessi).
- Art. 1 R.D. 267/1942 – Requisiti “non fallibilità” (300k/200k/500k) utilizzati per definire imprese sottosoglia.
- Art. 2560 c.c. – Debiti dell’azienda ceduta: esclusi se autorizzata vendita ex art.22 CCII.
- Artt. 216, 217 R.D. 267/42 (L.F.) – Bancarotta fraudolenta e semplice: art.25 co.6 CCII esonera da 216 co.3 (pagamenti preferenziali) e 217 (bancarotta semplice) in caso composizione negoziata.
Giurisprudenza e prassi (selezione):
- Tribunale di Siracusa, decreto 15 dicembre 2021 – Nega accesso a imprenditore insolvente, interpretazione restrittiva su “probabilità” insolvenza.
- Tribunale di Bologna, decreto 8 novembre 2022 – Afferma ammissibilità anche in insolvenza conclamata se risanabile; insolvenza “reversibile” compatibile con CNC.
- Tribunale di Arezzo, decreto 16 aprile 2022 – Sulla stessa linea di Bologna: insolvenza non preclusiva salvo irreversibilità, focus su prospettive risanamento.
- Tribunale di Roma, decreto 6 ottobre 2022 (Pres. La Malfa) – Conferma attivabilità CNC anche con insolvenza non irreversibile; evidenzia casi frequenti di insolvenza conclamata ma recuperabile nelle prime applicazioni.
- Tribunale di Lecco, decreto 2 gennaio 2023 (Est. Tota) – Chiarisce che preclusione è solo per insolvenza irreversibile; cita precedenti (Bologna, Modena, Arezzo) e conia la formula “non preclusa da insolvenza ma dalla sua irreversibilità”.
- Tribunale di Viterbo, decreto 14 febbraio 2022 (Est. Geraci) – Simile orientamento di Lecco: per conferma misure occorre valutare possibilità che attraverso prosecuzione CNC l’impresa possa risanarsi (analisi prognostica).
- Tribunale di Palermo, decreto 22 maggio 2023 – (citato in dottrina) Interpretazione estensiva originaria di art.25-quinquies: ritiene precluso accesso anche se istanza fallimento pendente da terzi, evidenziando ratio di evitare condotte dilatorie del debitore.
- Tribunale di Mantova, decreto 25 febbraio 2021 – (riferimento storico, allerta) non direttamente rilevante per CNC ma segnalato in find [10] righe 31-40, probabilmente primo caso di composizione assistita locale.
- Tribunale di Ferrara, decreto 21 marzo 2022 (Est. Ghedini) – Nega accesso a società in liquidazione da 10 anni senza prospettiva revoca, definendolo ossimoro rispetto a finalità risanamento.
- Tribunale di Bergamo, decreto 15 febbraio 2022 (Est. De Simone) – Simile a Ferrara: rileva che art.2 DL 118 riserva CNC a casi con risanamento perseguibile, quindi società in liquidazione “da decennio” senza ipotesi di rilancio non può accedere.
- Tribunale di Milano, decreto 9 ottobre 2019 – (precedente su “insolvenza prospettica” citato in dottrina) definisce crisi come insolvenza prospettica, menzionato per distinguere da insolvenza reversibile.
- Tribunale di Prato, decreto 22 aprile 2022 (Est. Capanna) – Posizione minimalista: per concessione misure protettive basta disponibilità dei creditori a trattare, non serve valutarne effettiva probabilità di accordo (dottrina contraria all’assolutezza di tale posizione).
- Tribunale di Napoli (non citato nominativamente, “Tribunale campano”) – Su proroga misure protettive senza udienza: valorizza dato testuale “decisione senza fissare udienza su richiesta parti e parere esperto”, ma garantendo contraddittorio scritto.
- Tribunale (merito) recente non identificato – (in [24] note) Ritiene necessaria udienza anche per proroga misure, per sentire eventuali creditori pregiudicati.
- Osservatorio Unioncamere (relazione novembre 2024) – Dati statistici citati: nel 90% casi di successo usata proroga a 360 gg, e anche 59% dei casi con esito sfavorevole è stata chiesta estensione.
- Massimario nazionale CNC (IV edizione 2025) – Raccolta di massime di provvedimenti, linkata su CamCom PTPO: utile per orientamenti uniformi.
Fonti di prassi e statistiche:
- Relazione illustrate e Massimari: “Massimario della composizione negoziata – 4ª ed.” (2025) – raccoglie massime di decreti dai tribunali, utile per vedere orientamenti uniformi (ad es. criteri nomina esperto, conferma misure).
- Unioncamere Osservatorio: dati quantitativi su numero di istanze presentate, percentuali di esito positivo, durata media (es. 325 gg medi con esito favorevole). Indicano un crescente utilizzo e un discreto tasso di successo, segno che lo strumento sta entrando in pratica.
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