Avvocato Per Contenzioso Bancario

Hai un problema con la banca? Ti è stato revocato un fido senza preavviso, hai ricevuto un decreto ingiuntivo, ti stanno pignorando il conto o ti accusi interessi usurari o anatocistici? Ti stai chiedendo quando serve un avvocato per contenzioso bancario e come può aiutarti a difendere i tuoi diritti?

Il contenzioso bancario nasce quando il rapporto tra cliente e banca degenera in un conflitto legale. In questi casi, serve una difesa tecnica specifica per tutelare il tuo patrimonio, contestare addebiti illegittimi e bloccare le azioni esecutive.

Quando hai bisogno di un avvocato per contenzioso bancario?
– Se hai ricevuto una diffida o un decreto ingiuntivo da parte della banca
– Se ti contestano mancati pagamenti, revoche di fido, insolvenze
– Se ritieni che nel tuo mutuo o nel tuo conto siano stati applicati interessi usurari o anatocismo
– Se la banca ha segnalato alla Centrale Rischi in modo scorretto
– Se sei stato garante per una società e ora ti chiedono il pagamento del debito
– Se vuoi contestare il pignoramento del conto, dello stipendio o di un immobile

Cosa fa l’avvocato per contenzioso bancario?
– Analizza i contratti bancari (mutui, leasing, affidamenti, aperture di credito)
– Verifica la presenza di clausole illegittime, interessi superiori alla soglia usura o anatocismo
– Controlla la correttezza delle segnalazioni alla Centrale Rischi
– Ti difende davanti al giudice in caso di causa o opposizione al decreto ingiuntivo
– Ti assiste nel tentativo di conciliazione o nel reclamo all’Arbitro Bancario Finanziario
– Può agire contro la banca per ottenere rimborsi o risarcimenti danni

Quali sono i casi più comuni di contenzioso bancario?
– Mutui e prestiti con tassi usurari o costi occulti
– Fidi revocati senza preavviso e richieste di rientro immediate
– Anatocismo bancario: interessi calcolati su interessi
– Illegittime segnalazioni in Centrale Rischi
– Pignoramenti su conti correnti o immobili
– Leasing contestati per vizi o penali sproporzionate
– Errata esecuzione degli ordini di pagamento

Cosa puoi ottenere con l’aiuto di un avvocato specializzato?
– L’annullamento di clausole illegittime o del contratto in caso di usura
– Il ricalcolo del debito e la restituzione degli importi pagati in eccesso
– La sospensione di procedure esecutive o l’opposizione ai decreti
– Il blocco o la cancellazione della segnalazione in Centrale Rischi
– La possibilità di negoziare soluzioni vantaggiose prima del contenzioso

Con le banche non sei senza difese. Ma serve un’azione legale preparata, tecnica e tempestiva, perché ogni errore può costarti caro.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e contenzioso finanziario ti spiega quando è il momento di affidarti a un avvocato per contenzioso bancario, quali sono i casi più gravi e cosa puoi ottenere con una difesa solida.

Hai ricevuto un atto dalla banca, un decreto ingiuntivo o sospetti condizioni contrattuali scorrette? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo i tuoi rapporti bancari e ti diremo se ci sono illeciti, come opporti legalmente e come proteggere i tuoi diritti.

Introduzione

Il contenzioso bancario comprende tutte le controversie legali che sorgono nei rapporti tra i clienti (debitore privato o impresa) e le banche. Questo ambito spazia da questioni contrattuali sui conti correnti e finanziamenti, a dispute su interessi bancari, commissioni, garanzie (come le fideiussioni), fino a problematiche di trasparenza bancaria e segnalazioni alle centrali rischi. Dal punto di vista del debitore, affrontare un contenzioso bancario richiede competenze giuridiche specialistiche e un costante aggiornamento giurisprudenziale: la normativa bancaria è complessa e in continua evoluzione, con frequenti interventi legislativi e pronunce delle Corti (anche a Sezioni Unite) che ne ridefiniscono i confini. Un avvocato esperto in contenzioso bancario può assistere privati e imprenditori nel far valere i propri diritti verso gli istituti di credito, sia in sede giudiziale (tribunali) sia stragiudiziale (mediazione, arbitrati bancari, negoziazioni). In questa guida approfondiremo, con taglio avanzato ma linguaggio comprensibile, le principali tipologie di controversie bancarie in Italia, le norme applicabili, le soluzioni stragiudiziali disponibili (come la mediazione obbligatoria e l’Arbitro Bancario Finanziario), le più recenti sentenze rilevanti aggiornate a luglio 2025, e forniremo esempi pratici, tabelle riepilogative e una sezione di domande e risposte per chiarire i dubbi più frequenti. L’obiettivo è offrire uno strumento utile sia ai professionisti del diritto che ai debitori (consumatori o imprenditori) che si trovino coinvolti in un contenzioso con la banca.

Normativa di riferimento nel contenzioso bancario

Il quadro normativo italiano in materia bancaria è articolato e stratificato. Di seguito riepiloghiamo le principali fonti normative e concetti chiave che un debitore e il suo avvocato devono conoscere:

  • Testo Unico Bancario (TUB) – D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385: è la legge fondamentale che disciplina l’attività bancaria. Contiene disposizioni sui contratti bancari (artt. 115-120 TUB), sulla trasparenza delle condizioni (artt. 117 e 119 TUB) e su strumenti di tutela come l’Arbitro Bancario Finanziario (art. 128-bis TUB). Nel 2013, il TUB è stato modificato in tema di interessi anatocistici (art. 120 TUB) introducendo un divieto di capitalizzazione periodica degli interessi debitori, come vedremo in dettaglio. L’art. 117 TUB prescrive che i contratti bancari indichino per iscritto il tasso d’interesse e ogni altro prezzo o condizione praticati, a pena di nullità della clausola con sostituzione automatica delle condizioni secondo criteri di legge. L’art. 128-bis TUB ha istituito sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie (ABF).
  • Codice Civile: diverse norme codicistiche si applicano ai rapporti bancari. Ad esempio, l’art. 1283 c.c. contiene il principio generale sul divieto di anatocismo (salvo pattuizione successiva alla scadenza degli interessi e per almeno sei mesi); l’art. 1815 c.c. (comma 2) sancisce la nullità della pattuizione di interessi usurari, stabilendo che in tal caso nessun interesse è dovuto (si paga solo il capitale). L’art. 644 c.p. (codice penale) definisce il reato di usura e la legge 7 marzo 1996 n. 108 fissa i criteri per determinare il tasso soglia usurario trimestralmente. Altre norme civili rilevanti: art. 1957 c.c. (termini per l’escussione del fideiussore, spesso derogato nei contratti bancari), art. 1175 e 1375 c.c. (buona fede contrattuale, a cui sono tenute anche le banche), art. 1194 c.c. (imputazione dei pagamenti prima agli interessi poi al capitale, salvo diverso accordo).
  • Legislazione speciale: numerosi interventi legislativi specifici hanno inciso sul contenzioso bancario. Ad esempio, il decreto legge 185/2008 (conv. in l. 2/2009) all’art. 2-bis ha limitato e poi abolito la commissione di massimo scoperto (CMS), imponendo che ogni remunerazione collegata alla durata dell’utilizzazione dei fondi sia rilevante ai fini antiusura. La legge 108/1996 come detto ha introdotto il sistema antiusura con obbligo di considerare commissioni e spese nel calcolo del TEG (Tasso Effettivo Globale) ai fini del reato di usura. Il decreto legislativo 28/2010 ha introdotto la mediazione civile obbligatoria per le controversie in materia di contratti bancari e finanziari (art. 5, comma 1-bis). Recentemente, il D.Lgs. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia in vigore dal 2023) ha ulteriormente affinato la disciplina della mediazione e riconosciuto espressamente l’equipollenza del procedimento avanti all’Arbitro Bancario Finanziario all’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. Infine, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022) ha riformato la legge 3/2012 sul sovraindebitamento, introducendo procedure più favorevoli ai debitori civili e piccoli imprenditori per ristrutturare o cancellare i debiti (ne parleremo nella sezione sulle soluzioni stragiudiziali).
  • Normativa di vigilanza e Trasparenza: la Banca d’Italia emana istruzioni di vigilanza vincolanti per le banche. Di rilievo sono le Istruzioni della Banca d’Italia sulla rilevazione dei tassi effettivi globali medi (TEGM) ai sensi della legge antiusura, che in passato non includevano la CMS (fino al 2009) generando contenziosi poi risolti dalle Sezioni Unite nel 2018. Sempre Bankitalia, con provvedimento n. 55/2005, ha sanzionato lo schema ABI delle fideiussioni omnibus come intesa restrittiva della concorrenza, aprendo la strada alle pronunce di nullità parziale di tali contratti. Inoltre, normative secondarie (trasparenza bancaria) impongono alle banche obblighi informativi precontrattuali e di corretta indicazione di TAEG/TAN, modalità di calcolo degli interessi, ecc., la cui violazione può comportare sanzioni, nullità di clausole e responsabilità risarcitorie.

In sintesi, il contenzioso bancario chiama in gioco un insieme di norme civili, penali, amministrative e regolamentari. La padronanza della normativa italiana, aggiornata alle ultime riforme, è essenziale per impostare correttamente la difesa del debitore.

Di seguito analizzeremo le principali tipologie di contenzioso bancario, illustrando per ciascuna le caratteristiche, gli strumenti di difesa per il debitore, le sentenze più recenti e soluzioni pratiche, prima di passare agli strumenti alternativi (mediazione, ABF) e alle strategie complessive.

Tipologie di contenzioso bancario e strumenti di tutela per il debitore

Anatocismo bancario e interessi composti

Anatocismo significa capitalizzazione periodica degli interessi, cioè il meccanismo per cui gli interessi maturati (ad esempio trimestralmente su un conto corrente in rosso) vengono sommati al capitale, iniziando a produrre a loro volta ulteriori interessi. Per molti anni le banche italiane hanno applicato nei conti correnti la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, generando un effetto moltiplicativo del debito. Dal punto di vista del debitore, l’anatocismo può essere lesivo e fonte di richieste di rimborso se giudicato illegittimo.

In base all’art. 1283 c.c., l’anatocismo sarebbe ammesso solo per interessi maturati da almeno sei mesi e oggetto di domanda giudiziale o convenzione posteriore alla loro scadenza. Tuttavia, nella prassi bancaria era invalsa la capitalizzazione periodica automatica, spesso senza un’effettiva pattuizione specifica nei contratti anteriori agli anni 2000. La giurisprudenza, a partire da una storica sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 21095/2004), ha dichiarato nulla la capitalizzazione trimestrale degli interessi nei conti correnti passivi se non esiste una clausola contrattuale valida che preveda pari periodicità anche per gli interessi attivi a favore del correntista. Ciò portò a numerosissime cause di ripetizione di indebito da parte di correntisti per farsi restituire gli interessi anatocistici già pagati in passato.

Evoluzione normativa: Nel 2000, il Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio (CICR) emanò una delibera (att. art. 120 TUB) autorizzando, con limiti, la capitalizzazione purché pattuita e con stessa periodicità per attivi e passivi. Ma la vera svolta è arrivata con la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013), che ha riscritto l’art. 120 TUB imponendo un chiaro divieto di anatocismo sugli interessi debitori maturati nei rapporti bancari. In particolare, dal 1° gennaio 2014 per legge gli interessi debitori non possono più produrre altri interessi: quelli maturati devono essere contabilizzati separatamente e il loro pagamento non può essere addebitato sul conto più di quanto dovuto a titolo di capitale. La norma demandava al CICR di definire le modalità e i tempi di calcolo, ma tale delibera attuativa tardò ad arrivare, creando incertezza applicativa. Nel 2016 è intervenuta un’ulteriore modifica (decreto legge 18/2016 conv. in l. 49/2016) che ha precisato il meccanismo: gli interessi maturati al 31 dicembre di ogni anno vengono contabilizzati separatamente e dal 1° marzo dell’anno successivo diventano esigibili (previa possibilità di accordo per addebitarli in conto, ma comunque senza ulteriori interessi composti nel frattempo).

Situazione attuale: Oggi l’anatocismo bancario nei rapporti con i consumatori e le imprese è vietato per legge, salvo il modestissimo interesse compensativo sul ritardo di pagamento (dal 1° marzo al momento di effettivo pagamento). Pertanto, qualsiasi addebito di “interessi su interessi” successivo al 2014 è da considerarsi illegittimo. Le banche, in attesa della delibera CICR (poi emanata nel 2016), in alcuni casi hanno continuato a capitalizzare interessi fino al 2016; ciò ha generato contenziosi in cui alcune Corti d’Appello avevano ritenuto che il divieto non fosse immediatamente operativo senza istruzioni del CICR. La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta a chiarire definitivamente la portata di questo divieto: con sentenza della Prima Sezione Civile depositata il 30 luglio 2024, ha affermato che il divieto introdotto dalla legge 147/2013 era pienamente efficace fin dal 2014, senza necessità di attendere le istruzioni del CICR. In altre parole, già dal 1° gennaio 2014 le banche non potevano in alcun modo continuare a capitalizzare interessi, essendo la legge autosufficiente nel sancire il divieto. Questa pronuncia della Cassazione chiude il dibattito: i clienti bancari possono esigere la restituzione degli interessi anatocistici indebitamente pagati dal 2014 in poi, e opporsi a qualsiasi pratica anatocistica ancora eventualmente in corso.

Dal punto di vista pratico del debitore, le tutele contro l’anatocismo includono:

  • Richiesta degli estratti conto e documenti scalari: è fondamentale ottenere dalla banca tutti gli estratti conto a partire dall’apertura del rapporto, per far ricalcolare il saldo eliminando gli interessi composti. L’art. 119 TUB dà diritto al cliente di ricevere copia della documentazione fino a 10 anni indietro.
  • Perizia contabile: spesso ci si avvale di consulenti tecnico-contabili per rifare i calcoli depurati dall’anatocismo e dalle commissioni non dovute, al fine di quantificare l’indebito pagato.
  • Azione legale di ripetizione: il debitore può citare la banca in giudizio per ottenere la restituzione degli interessi anatocistici illegittimamente addebitati e pagati negli ultimi 10 anni (termine di prescrizione decennale dell’indebito). Tali cause rientrano nel rito civile ordinario; nei tribunali è prassi disporre una CTU contabile per rideterminare il dare-avere.
  • Eccezione in compensazione/opposizione a decreto ingiuntivo: se è la banca ad agire (ad esempio chiedendo un decreto ingiuntivo per il saldo del conto), il cliente potrà in opposizione eccepire la nullità delle clausole anatocistiche e chiedere di sottrarre gli interessi illegittimi dal dovuto, se del caso riconvenendo per l’eccedenza pagata.
  • ABF: L’Arbitro Bancario Finanziario può decidere controversie fino a 200.000 €, e ha in passato accolto ricorsi di clienti per storno di interessi anatocistici. È una strada più rapida (circa 6-7 mesi) e a basso costo rispetto al tribunale.

Importante: per i contratti successivi alla legge 2014, le banche hanno modificato la modulistica per adeguarsi al divieto (ad esempio interessi debitori contabilizzati annualmente). Tuttavia è bene verificare che nelle condizioni contrattuali non vi siano formule ambigue che consentano forme surrettizie di capitalizzazione. La Cassazione ha evidenziato che l’intento della legge è di impedire qualsiasi forma di capitalizzazione di interessi debitori. Pertanto ogni clausola contraria sarà nulla per contrasto con norma imperativa.

Infine, un tema correlato emerso negli ultimi anni riguarda l’ammortamento “alla francese” nei mutui: alcuni debitori hanno sostenuto che il piano di ammortamento a rata costante (cosiddetto alla francese) celasse anatocismo, poiché la quota interessi della rata sarebbe calcolata su un capitale comprensivo di interessi maturati nelle rate precedenti. Questa teoria è stata molto dibattuta a livello giurisprudenziale. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta nel 2024 per fare chiarezza (sentenza Sez. Un. n. 15130 del 29 maggio 2024): ha stabilito che nei mutui a tasso fisso con ammortamento alla francese standard, non si ha nullità del contratto per mancata indicazione del regime di capitalizzazione composto degli interessi, né per indeterminatezza dell’oggetto, né per violazione della normativa di trasparenza. In pratica, la sola allegazione di un piano di ammortamento “alla francese” con rata costante (pur se non viene esplicitato in contratto il calcolo “composto” degli interessi) non rende nullo il mutuo. Le Sezioni Unite hanno risolto così il contrasto giurisprudenziale, confermando la legittimità di tale metodo di calcolo se il tasso nominale annuo (TAN) è indicato contrattualmente e le rate sono quelle pattuite. Dunque, i mutuatari non possono più invocare l’anatocismo implicito nell’ammortamento alla francese come motivo per non pagare o per far dichiarare nullo il mutuo, essendosi affermato il principio di diritto sopra citato a tutela della stabilità dei contratti.

In conclusione, sul fronte anatocismo oggi il debitore ha dalla sua parte una normativa chiara e una giurisprudenza di Cassazione favorevole alla repressione di prassi elusive: qualsiasi capitalizzazione di interessi non espressamente consentita dalla legge potrà essere contestata e fatta cessare, con diritto alla restituzione di quanto indebitamente pagato. Restano invece valide e dovute le capitalizzazioni maturate in periodi precedenti (salvo farle valere in giudizio se ancora nei termini) e le formule di ammortamento alla francese regolarmente pattuite, che non possono più essere tacciate di nullità.

Usura bancaria: tassi soglia, interessi usurari e conseguenze

La usura bancaria riguarda la pattuizione o applicazione da parte della banca di interessi (o altri oneri) superiori ai limiti stabiliti dalla legge. Dal punto di vista del debitore, l’usurarietà di un contratto di credito è un potente strumento difensivo: se si dimostra che il tasso concordato eccede la soglia di legge, nessun interesse è dovuto, con il debito che si riduce al solo capitale (art. 1815 co. 2 c.c.). Inoltre la banca potrebbe incorrere in responsabilità penale ai sensi dell’art. 644 c.p., se sussiste il dolo richiesto.

Tasso soglia: La legge 108/1996 ha previsto che il Ministero del Tesoro (oggi MEF) rilevi trimestralmente i tassi effettivi globali medi (TEGM) per varie categorie di operazioni (mutui, scoperti, leasing, cessioni del quinto, ecc.); il tasso soglia d’usura è pari al TEGM aumentato di un certo coefficiente (attualmente: TEGM + 1/4 + 4 punti percentuali, con limite massimo di 8 punti oltre il TEGM). Se il TAEG/TEG di un contratto supera questo limite nel momento in cui è stipulato, la clausola di interessi è nulla e si applica l’art. 1815 c.c. (zero interessi). È importante sottolineare che la verifica si compie al momento della stipula del contratto: la legge indica espressamente che per stabilire l’usura si tiene conto del tasso al momento in cui gli interessi sono promessi o convenuti, a qualunque titolo (art. 644 co. 3 c.p.). Dunque la cosiddetta usura sopravvenuta (cioè il caso in cui il tasso, inizialmente lecito, diventi superiore al nuovo tasso soglia pubblicato successivamente) non determina la nullità della clausola né l’azzeramento degli interessi – come chiarito dalla giurisprudenza – ma eventualmente può dare diritto a riduzioni o rinegoziazioni secondo buona fede. In sintesi, conta il confronto tra TAEG contrattuale e soglia vigente al momento della stipula.

Elementi da considerare nel calcolo del TAEG/TEG: La normativa antiusura impone di includere tutti gli oneri collegati all’erogazione del credito: interessi corrispettivi, commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo, spese (escluse imposte e tasse). Ciò significa che, ad esempio, vanno computati nel TEG eventuali spese di istruttoria, premi assicurativi obbligatori, commissioni di massimo scoperto (dopo le modifiche del 2009), penali, ecc. L’omessa inclusione di qualche costo nel calcolo può portare a sottostimare il tasso effettivo e quindi a far apparire lecito un tasso che, considerando tutti i costi, sarebbe usurario. Spesso nelle cause si discute se includere o meno, ad esempio, il premio assicurativo di una polizza collegata al prestito: la Cassazione ha chiarito che se la polizza è condizione necessaria per ottenere il credito (e non mera scelta del cliente), il suo costo va incluso nel TAEG ai fini antiusura, altrimenti si eluderebbe la legge (cfr. Cass. 8806/2017).

Interessi di mora: Un tema molto dibattuto è l’applicabilità dell’usura anche agli interessi moratori (quelli dovuti in caso di ritardo o inadempimento). Oggi è pacifico che anche gli interessi di mora devono rispettare la soglia d’usura. Infatti, la legge punisce la promessa di “qualsiasi somma usuraria dovuta in relazione al contratto concluso”. La Cassazione ha più volte ribadito questo concetto: ad esempio, Cass. 27442/2018. La difficoltà stava nel come determinare la soglia specifica per i moratori, poiché i decreti ministeriali non pubblicano un TEGM degli interessi di mora. La Banca d’Italia ha fornito indicazioni aggiuntive: per i moratori si può fare riferimento al tasso soglia dei corrispettivi aumentato di una maggiorazione (in passato si considerava +2% o +50% della soglia, prassi poi evoluta). La Cassazione, Sez. I, 15 maggio 2023 n. 13144 ha affrontato organicamente la questione, fissando alcuni punti fermi:

  • Gli interessi di mora rientrano nell’applicazione della legge antiusura, quindi vanno confrontati con un tasso soglia idoneo. Occorre individuare una soglia antiusura specifica per i moratori, distinta da quella dei corrispettivi.
  • No alla sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori: la Corte ha espressamente ripudiato la teoria della sommatoria dei tassi corrispettivo + mora per verificare il superamento della soglia. In passato alcuni tribunali, sommando ad esempio un tasso del 5% con una mora del 3%, ritenevano 8% da confrontare con la soglia. Ciò è metodologicamente errato, perché corrispettivi e moratori non si applicano contemporaneamente ma in fasi diverse (prima del default e dopo). La Cassazione 2023 ha confermato che bisogna considerare separatamente il tasso di mora, individuando la sua soglia specifica (ad esempio aumentando il tasso soglia base di un certo margine).
  • Conseguenze dell’usura della sola mora: se il tasso di mora pattuito supera la soglia specifica, la clausola di mora è nulla e gli interessi di mora non sono dovuti; tuttavia ciò non travolge la validità della clausola di interessi corrispettivi leciti né l’obbligo di pagarli. In altri termini, l’usurarietà degli interessi di mora non rende gratuito per intero il contratto se i corrispettivi erano sotto soglia: rimane dovuto il tasso corrispettivo lecito, mentre la maggiorazione di mora viene azzerata (eventualmente potendo il giudice ridurre la penale per mora ex art. 1384 c.c. in misura equa, secondo alcuni orientamenti). Questa impostazione è in linea con Cass. 1464/2018 e di recente confermata da Cass. 145/2023.

Le pronunce del 2023 hanno quindi chiarito che non si può fare “sommatoria” e che la sanzione della gratuità totale del mutuo (capitale senza interessi) scatterà solo se anche il tasso corrispettivo contrattuale eccedeva la soglia al momento della stipula (cosa ormai rara, perché le banche fissano i tassi corrispettivi normalmente sotto soglia). Se invece solo la mora è usuraria, si applica la nullità parziale limitata alla mora: il debitore moroso pagherà il debito senza ulteriori interessi di ritardo (restando eventualmente la sorte di interessi legali o risarcitori da valutare caso per caso, ma tendenzialmente no, vista la nullità ex 1815 c.c.).

Commissioni e usura: Un altro aspetto cruciale è l’inclusione delle commissioni e spese nel calcolo del tasso effettivo. Ne è esempio la già citata commissione di massimo scoperto (CMS). Prima del 2009, molti contratti di conto corrente prevedevano una CMS che sfuggiva al calcolo del TEGM (poiché le Istruzioni Banca d’Italia non la consideravano). Le Sezioni Unite della Cassazione n. 16303/2018 sono intervenute per risolvere il contrasto su come trattare la CMS ai fini dell’usura per i rapporti anteriori alla riforma. Hanno enunciato un principio articolato:

  • Occorre effettuare due comparazioni separate: una tra il tasso effettivo globale (TEG) degli interessi corrispettivi applicato e il relativo tasso soglia; l’altra tra la CMS effettivamente applicata e la CMS soglia. Quest’ultima va calcolata aumentando del 50% la CMS media pubblicata nelle rilevazioni ufficiali (quando vi erano).
  • Dopo aver fatto queste due verifiche, bisogna compensare l’eventuale eccedenza della CMS rispetto alla soglia CMS con il margine disponibile sul fronte interessi (cioè la differenza positiva, se c’è, tra soglia interessi e tasso effettivo applicato).
  • Se, dopo questa compensazione, risulta ancora un importo eccedente non assorbito, allora si configura l’usura complessiva del rapporto.

In parole semplici, le Sezioni Unite hanno fornito un criterio tecnico per includere la CMS (nei limiti consentiti) nel calcolo antiusura, evitando sia di ignorarla completamente sia di conteggiarla due volte. Dal 2010 in poi, la CMS classica è scomparsa, sostituita da commissioni più trasparenti (commissione sul fido accordato, commissione di istruttoria veloce per gli scoperti non autorizzati, ai sensi dell’art. 117-bis TUB introdotto nel 2011). Attualmente queste commissioni sono soggette a limiti: la commissione onnicomprensiva sui fidi non può superare lo 0,5% trimestrale dell’importo accordato. Il debitore che sospetti costi eccessivi sul proprio conto o affidamento può farli verificare per confronto col tasso soglia: se la banca applica condizioni oltre i limiti (sommando interessi e altri oneri attinenti al credito), sarà possibile agire per far dichiarare la gratuità del contratto relativamente agli interessi.

Conseguenze pratiche: se un contratto bancario (mutuo, prestito, scoperto, leasing, ecc.) risulta usurario ab origine, il debitore ha diritto a restituire solo il capitale ricevuto, senza interessi. Se ha già pagato interessi, può richiederne la restituzione come indebito. La verifica usura può essere sollevata:

  • In via di azione (ad esempio con una causa di accertamento negativo del debito residuo o di ripetizione degli interessi versati in eccesso).
  • In via di eccezione: tipicamente nelle opposizioni a decreto ingiuntivo o nelle esecuzioni, per contestare il conteggio del credito della banca, depurandolo dagli interessi usurari.
  • Anche in sede penale, il debitore può denunciare la banca per usura se ritiene di avere prove; questo però è un percorso delicato e raro (richiede il dolo di approfittare dello stato di bisogno, etc., spesso difficile da dimostrare per istituti di credito, salvo casi particolari).

È fondamentale farsi assistere da un tecnico per calcolare correttamente il TAEG effettivo del contratto includendo tutte le voci. In giudizio spesso il tribunale nominerà un CTU per determinare se vi è stata usura. Attenzione che la banca potrebbe invocare l’applicazione di eventuali clausole di salvaguardia presenti nel contratto (es. “in ogni caso, gli interessi non eccederanno la soglia d’usura, ed eventuali importi eccedenti si intendono automaticamente ridotti al limite di legge”). Clausole simili sono volte a prevenire la nullità, ma la Cassazione ha avuto dubbi sulla loro efficacia: secondo alcune pronunce, la presenza di una clausola di salvaguardia non sana comunque la pattuizione iniziale usuraria se il tasso promesso era oltre soglia (perché la legge intende sanzionare la promessa stessa). Tuttavia, altri giudici le considerano valide per ridurre automaticamente il tasso al consentito (evitando la gratuità). Anche su ciò la sentenza Cass. 13144/2023 ha toccato il tema, ritenendo valida una clausola di salvaguardia pro futuro per ricondurre entro soglia gli interessi di mora eccedenti, ma è questione tecnica.

Sentenze più recenti: Oltre alla già discussa Cass. 13144/2023 su interessi di mora e sommatoria, segnaliamo anche Cass. 33719/2022 che ha ribadito l’irrilevanza dell’usura sopravvenuta e Cass. 21885/2019 sulla necessità di includere i costi assicurativi obbligatori nel TAEG. Inoltre, recentissime pronunce di merito e di legittimità stanno affrontando la questione dei tassi “APR” (TAEG) dichiarati vs effettivi, soprattutto in fattispecie di credito al consumo e carte revolving, dove spesso il tasso effettivo supera quanto dichiarato o quanto rilevato: il debitore può far leva anche su difformità tra TAEG contrattuale e costo effettivo del credito per ottenere la riduzione del tasso agli interessi legali (in base al TUB e alla normativa consumeristica, più che all’usura, ma è comunque tutela).

Tabella riepilogativa – Usura bancaria:

ElementoDescrizione e regolaRiferimento NormativoGiurisprudenza recente
Tasso soglia d’usuraLimite oltre il quale gli interessi sono usurari (TEGM trimestre × coefficiente). Calcolato includendo interessi, commissioni e spese collegate al credito.L. 108/1996, art. 2; art. 644 c.p.Cass. Pen. 12028/2010; Cass. Civ. Sez. Un. 16303/2018 (CMS).
Usura contrattualeTAEG del contratto > soglia vigente al momento della pattuizione ⇒ interessi nulli, si restituisce solo il capitale (art.1815 co.2 c.c.).Art. 1815 co.2 c.c.; art. 644 c.p.Cass. 27442/2018; Cass. 21885/2019.
Usura sopravvenutaTasso eccede soglia in corso di rapporto, ma non al momento iniziale ⇒ non azzera gli interessi; può dare luogo al più a riduzione equitativa o rinegoziazione.Art. 644 c.p. (interpretazione)Cass. Sez. Un. 24675/2017 (no usura sopravvenuta).
Interessi di mora usurariSoggetti a soglia specifica (es. soglia corrispettivi maggiorata). Se > soglia: clausola di mora nulla, interessi di mora non dovuti, ma rimangono dovuti i corrispettivi leciti.Art. 644 c.p.; L.108/96 art. 2Cass. 19355/2019; Cass. 13144/2023.
Sommatoria tassiNon si sommano tasso corrispettivo e moratorio ai fini antiusura (criterio errato e rifiutato). Verifica separata per ciascuno.Cass. 13739/2019; Cass. 13144/2023.
CMS e altre commissioniDal 2009 tutte le commissioni legate all’uso del credito rilevano per l’usura. Per periodi precedenti, SU 16303/2018: doppia comparazione (TEG vs soglia; CMS vs soglia CMS) e compensazione margini.L. 2/2009 (art. 2-bis); art. 117-bis TUBCass. Sez. Un. 16303/2018; Cass. 12965/2016 (no CMS nel TEG se istruzioni contrarie).
Clausola di salvaguardiaPrevede che il tasso si adegui ai limiti di legge se li supera. Può prevenire il contenzioso, ma la sua efficacia totale è discussa. Spesso considerata valida per evitare usura sopravvenuta, ma non per sanare usura originaria.Art. 1419 c.c. (nullità parziale)Cass. 27442/2018 (suggerisce irrilevanza se usura originaria); Cass. 13144/2023 (valuta clausola su mora).

Come si evince, la materia è complessa e tecnica. Dal punto di vista del debitore, è essenziale:

  1. Analizzare il contratto di finanziamento con un professionista per individuare il TAEG reale e confrontarlo con le soglie dell’epoca.
  2. Verificare ogni costo: chiedere alla banca il documento di sintesi e il contratto per vedere tutte le voci (tasso, spese, polizze, commissioni).
  3. Tempestività: agire per tempo. La richiesta di rimborso degli interessi indebitamente pagati va fatta entro 10 anni dal pagamento (termine di prescrizione dell’indebito).
  4. Agire in via stragiudiziale: a volte, allegando un perizia econometrica che dimostra l’usura, si può persuadere la banca a rinegoziare il debito (ad es. eliminando interessi futuri, riducendo il tasso) evitando la causa.
  5. Sede giudiziale: se necessario, promuovere causa o sollevare l’eccezione di usura come difesa in sede di decreto ingiuntivo/esecuzione. Le conseguenze favorevoli al debitore (nullità degli interessi) sono automatiche una volta accertata l’usura, e il giudice può dichiararle d’ufficio se emergono dagli atti.

Clausole nulle nei contratti bancari e trasparenza bancaria

Un filone importante del contenzioso bancario riguarda le clausole contrattuali nulle per violazione di norme di trasparenza o per indeterminatezza/indeterminabilità dell’oggetto. La normativa impone che i contratti bancari siano chiari e completi nelle condizioni economiche: in assenza, scattano rimedi a tutela del cliente (nullità parziale con sostituzione della clausola sfavorevole, applicazione di tassi sostitutivi, ecc.).

Ecco alcune clausole o prassi ricorrenti oggetto di contestazione dal lato del debitore:

  • Mancata indicazione del tasso d’interesse: se nel contratto di mutuo o apertura di credito manca la specifica del TAN o è indicato in modo indeterminato (es. “tasso variabile usuale di piazza”), la clausola è nulla ex art. 117 TUB. In tal caso, si applica in sostituzione il tasso minimo BOT o il tasso legale, a seconda dei casi, o comunque la conseguenza è che la banca non può pretendere interessi ultralegali non pattuiti. Cassazione e ABF hanno più volte dato ragione ai clienti quando il tasso non era chiaramente pattuito: ad es. interessi pretesi su scoperti senza contratto scritto (conto corrente affidato informalmente) non sono dovuti oltre il tasso legale.
  • Clausole di spese non determinate: anche le commissioni e spese devono essere specificate (importo o criteri di calcolo). Una clausola che rinvia a “commissioni come da tariffario in vigore” senza consegnare il tariffario può essere nulla perché l’importo non è determinabile. Ad esempio, la commissione di massimo scoperto è stata dichiarata nulla in molti casi per indeterminatezza se il contratto non ne chiariva la modalità di calcolo (Cass. 12977/2016; Cass. 1373/2024). Di recente, la Corte di Cassazione (ord. 15 gennaio 2024, n. 1373) ha ribadito la nullità della CMS quando manca un’indicazione chiara della percentuale e del periodo cui applicarla. Il rimedio in questi casi è che la banca perde il diritto a tali commissioni non validamente pattuite.
  • Firme e forma: i contratti bancari vanno redatti per iscritto. Se un contratto di finanziamento non è stato sottoscritto dal cliente (o manca la firma della banca dove richiesta), può essere nullo. Ad esempio, per i derivati finanziari (swap) l’art. 23 TUF richiede la forma scritta a pena di nullità unilaterale a favore dell’investitore non professionista. Un derivato non firmato dall’investitore può essere fatto annullare su eccezione di quest’ultimo.
  • Clausole abusive con consumatori: il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) si applica anche ai contratti bancari con persone fisiche per scopi estranei all’attività professionale. Clausole che creano squilibrio a danno del consumatore possono essere vessatorie e quindi nulle. Ad esempio, spese esagerate per solleciti o clausole che escludono ogni responsabilità della banca potrebbero essere contestate come abusive. Da notare però che le clausole che attengono all’oggetto principale o determinazione prezzo di solito sfuggono al controllo di vessatorietà, se chiare.
  • Clausole di ius variandi: spesso i contratti prevedono che la banca possa modificare unilateralmente tassi e condizioni (art. 118 TUB) con preavviso. Queste clausole sono lecite solo seguendo la procedura di legge (comunicazione preventiva al cliente che può recedere senza penali). Se la banca varia condizioni in modo non trasparente o senza dar facoltà di recesso, il cliente può contestarle e chiederne la disapplicazione.

Il principio della trasparenza impone inoltre consegna al cliente di copia del contratto, dei documenti di sintesi periodicamente aggiornati e delle comunicazioni su ogni variazione. La mancata consegna della documentazione di conto corrente (estratti conto) può comportare la sospensione dei termini di prescrizione per le pretese del correntista (Cass. Sez. Un. 15895/2019). Quindi, se la banca ha ostacolato l’accesso ai documenti, il debitore può eccepirlo per far valere anche operazioni più risalenti.

In tutti questi casi, il debitore può far valere la nullità parziale a proprio vantaggio. Ad esempio, in un giudizio di ripetizione del correntista, ottenere la declaratoria di nullità delle clausole di interessi ultralegali non pattuiti significa ricalcolare il saldo solo al tasso legale e condannare la banca a restituire l’eccedenza. In un’opposizione a decreto ingiuntivo, l’eccezione di nullità delle clausole (anatocismo, commissioni, interessi indeterminati) porta alla riduzione del credito azionato dalla banca.

Giurisprudenza aggiornata: Oltre alla pronuncia 1373/2024 già citata sulla CMS indeterminata, segnaliamo Cass. 41994/2021 Sez. Unite (di cui parleremo nella parte sulle fideiussioni) che richiama il concetto di nullità delle sole clausole specifiche contrarie a norme imperative. Inoltre, Cass. 3603/2021 ha confermato che la mancata indicazione dell’ISC (Indicatore Sintetico di Costo) nel mutuo comporta l’applicazione in via sanzionatoria del tasso BOT ex art. 117 TUB. Anche decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario nel 2022-2023 hanno spesso accolto i ricorsi dei clienti in caso di scarsa trasparenza – ad es. obbligando la banca a rimborsare spese non pattuite o a ripristinare le condizioni originarie se modificate illegittimamente.

Centrale Rischi e segnalazioni: rientra nelle questioni di correttezza contrattuale anche la gestione delle segnalazioni a Centrale Rischi (CR) Bankitalia o sistemi privati (CRIF). La banca ha il dovere di segnalare a CR eventuali sofferenze (insolvenze conclamate) del cliente, ma con criteri rigorosi: la Cassazione ha precisato che la segnalazione di “sofferenza” presuppone una valutazione oggettiva e globale della situazione finanziaria del cliente, non basta un ritardo di pagamento, specie se modesto o se è in corso una trattativa di rientro. Una segnalazione errata o prematura può cagionare al cliente un grave danno reputazionale, impedendogli di accedere al credito. In questi casi, il debitore può agire per cancellare la segnalazione errata (chiedendo in via d’urgenza un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per la cancellazione, se vi è pericolo) e per ottenere il risarcimento del danno. Attenzione però: la Cassazione (sent. n. 6589/2023) ha affermato che il danno non patrimoniale da illegittima segnalazione non è “in re ipsa”, ossia non è automaticamente presunto, ma va provato dal danneggiato. Ciò significa che il cliente dovrà dimostrare, ad esempio, di aver subito il rifiuto di finanziamenti da altre banche o un peggioramento di reputazione creditizia misurabile. Nel caso deciso con la sentenza 6589/2023, la Cassazione ha negato il risarcimento al garante segnalato erroneamente, perché non aveva fornito prova concreta di danni (ad es. interlocuzioni bancarie respinte).

Ad ogni modo, il soggetto leso da una segnalazione illegittima (ad esempio perché aveva onorato un piano di rientro e la banca l’ha segnalato lo stesso, o perché era un mero garante non escusso) può:

  • Chiedere immediata rettifica o cancellazione alla banca e a Bankitalia/CRIF.
  • Ricorrere all’ABF: l’Arbitro Bancario Finanziario spesso tratta ricorsi su segnalazioni erronee, ordinando la cancellazione qualora la banca non rispetti le regole (ad esempio, mancato preavviso al cliente, importo modesto contestato, ecc.). L’ABF ha stabilito che la banca deve dare un preavviso scritto al cliente prima di segnalare a sofferenza (in base al principio di buona fede), così che questi possa eventualmente intervenire.
  • Azione giudiziaria: sia in via d’urgenza per sospendere la segnalazione, sia a cognizione piena per il risarcimento dei danni patrimoniali (perdita di chance creditizie, maggiori interessi pagati altrove) e non patrimoniali (danno morale da reputazione rovinata, ma occorre prova come detto).

In generale, il punto di vista del debitore nel contenzioso su clausole e trasparenza è quello di far valere ogni vizio formale o sostanziale del contratto come scudo o spada:

  • Scudo: ridurre o annullare pretese della banca (es. eccependo nullità di interessi e commissioni per abbattere il saldo dovuto).
  • Spada: ottenere rimborsi di quanto indebitamente percepito dalla banca (es. somme addebitate in forza di clausole nulle).
    Spesso questi meccanismi operano insieme in giudizio. L’importante è individuare con esattezza, magari con l’aiuto di un avvocato e un consulente tecnico, tutte le anomalie contrattuali su cui fondare la difesa.

Fideiussioni bancarie omnibus e garanzie: nullità pro debitorio

Molti debitori (specie piccoli imprenditori o loro familiari) sono coinvolti nei contenziosi bancari in qualità di fideiussori o garanti di finanziamenti. Ad esempio, un imprenditore può aver dato una fideiussione personale a garanzia del fido bancario concesso alla propria azienda, oppure un genitore ha garantito il mutuo del figlio. Dal punto di vista del garante (che è pur sempre “debitore” nei confronti della banca, sebbene in via di regresso verso il debitore principale), vi sono state evoluzioni giurisprudenziali di grande importanza, specialmente riguardo alle cosiddette fideiussioni omnibus predisposte secondo lo schema ABI.

Lo schema ABI 2003 e l’intervento Antitrust: Negli anni 2000 l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) propose uno schema standard di fideiussione omnibus (garanzia su tutte le obbligazioni presenti e future del cliente verso la banca) contenente alcune clausole favorevoli alle banche. La Banca d’Italia (all’epoca Autorità Antitrust per i cartelli bancari) condusse un’istruttoria e con Provvedimento n. 55/2005 dichiarò che tre clausole di quello schema costituivano un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, co.2, lett.a) L. 287/90:

  • Clausola di “reviviscenza” (art. 2 dello schema): obbliga il fideiussore a rimborsare alla banca somme già incassate dalla banca stessa a titolo di pagamento, qualora tali pagamenti vengano revocati o dichiarati inefficaci successivamente. In pratica il garante non si libera anche se il pagamento del debitore principale viene meno per vicende concorsuali o altro.
  • Clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. (art. 6 schema): il fideiussore rinuncia espressamente ai benefici dell’art. 1957 c.c., il quale limiterebbe la sua obbligazione se la banca non agisce contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza del debito garantito.
  • Clausola di sopravvivenza (art. 8 schema): prevede che la fideiussione resti valida anche se le obbligazioni garantite risultassero invalide (il fideiussore garantisce l’obbligo di restituzione delle somme erogate al debitore anche se il contratto principale è nullo).

Secondo Bankitalia, queste clausole, adottate uniformemente da più banche, restringevano la concorrenza nel mercato del credito (poiché tutti i garanti si trovavano condizioni gravose e non potevano spuntare termini migliori concorrendo le banche ad imporle). Pertanto, ha dichiarato nulla l’intesa “a monte” tra le banche (decisione confermata poi anche dalla Cassazione in sede di legittimità nel 2010). Restava però da capire l’effetto “a valle” sui contratti di fideiussione stipulati con quelle clausole.

Nullità parziale delle fideiussioni omnibus: La giurisprudenza, inizialmente oscillante tra chi sosteneva la nullità dell’intero contratto e chi solo delle tre clausole, ha trovato un approdo con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 41994 del 30 dicembre 2021. Le Sezioni Unite hanno stabilito che i contratti di fideiussione conformi allo schema ABI incriminato sono affetti da nullità parziale: risultano nulle, ai sensi dell’art. 1419 c.c. e art. 2 L. 287/90, solo le clausole che riproducono quelle oggetto dell’intesa illecita, salvo che risulti che le parti avrebbero diversamente concluso senza di esse. In altre parole, non è travolta l’intera fideiussione, ma vengono espunte le clausole n. 2, 6 e 8 (reviviscenza, rinuncia termini, sopravvivenza) quando ricalcano pedissequamente lo schema ABI. Questa nullità opera in favore del garante, in quanto diretta a eliminare gli effetti dell’intesa restrittiva.

Sviluppi successivi: Dopo la SU 2021, si è posto il problema se la stessa nullità parziale valga solo per le fideiussioni omnibus (garanzie generali su operazioni bancarie) o anche per quelle specifiche (a garanzia di uno specifico contratto). E inoltre per quanto tempo dopo il 2005 (anno del provvedimento Antitrust) tale intesa possa ritenersi efficace. La giurisprudenza di merito si era divisa: alcuni tribunali estendevano la nullità anche alle fideiussioni specifiche con le medesime clausole; altri dicevano di no, limitando il rimedio alle omnibus pure. Nel 2024 la Cassazione ha emesso varie ordinanze contrastanti, finché a gennaio 2025 sono intervenute diverse pronunce (Cass. 657/2025, 660/2025, 675/2025 della Terza Sezione, e Cass. 1170/2025 della Prima Sezione) che sembrano aver definitivamente chiarito la questione:

  • Fideiussioni specifiche: Le sentenze del gennaio 2025 hanno escluso l’estensione automatica della nullità antitrust alle fideiussioni specifiche. In sostanza, se la garanzia è riferita a un singolo rapporto (es. fideiussione per uno specifico mutuo) anziché omnibus, non si può presumere la presenza dell’intesa anticoncorrenziale, a meno che il garante provi che anche in quel caso il modello ABI sia stato applicato uniformemente. L’ordinanza Cass. 1170/2025 (Sez. I) ha infatti affermato che la decisione antitrust del 2005 riguardava solo le fideiussioni omnibus, e che applicarla alle specifiche richiederebbe dimostrare che l’intesa restrittiva sia perdurata anche successivamente o abbia riguardato anche fideiussioni non omnibus. Pertanto, per le fideiussioni specifiche, salvo prova particolare, non scatta automaticamente la nullità delle tre clausole.
  • Limite temporale: Cass. 1170/2025 ha inoltre chiarito che la fideiussione deve essere stata stipulata entro il periodo interessato dall’intesa accertata. Il provvedimento Bankitalia del 2005 fotografa la situazione fino a quel momento; non si può presumere che l’accordo collusivo tra banche sia continuato indefinitamente. Quindi, per fideiussioni stipulate anni dopo il 2005, il garante che voglia giovarsi della nullità antitrust dovrebbe provare che le banche hanno continuato ad adottare in maniera concordata quello schema (cosa non facile da provare senza nuovi accertamenti antitrust). In pratica, più ci si allontana dal 2005, più difficile applicare la presunzione di nullità: occorre prova che quell’intesa fosse ancora in essere.
  • Corrispondenza testuale: altro punto chiarito è che la nullità scatta solo se le clausole impugnate corrispondono esattamente a quelle esaminate da Bankitalia (artt. 2,6,8 schema ABI) e tutte e tre sono compresenti. È la presenza congiunta di quelle tre clausole a determinare l’effetto anti-competitivo. Se ad esempio la fideiussione avesse solo la clausola 2 e 6 ma non la 8, o clausole simili ma formulate in modo diverso, potrebbe non rientrare nel perimetro della nullità così come delineato.

Effetti per il garante/debitore: Se una fideiussione è parzialmente nulla per le clausole ABI:

  • La clausola di reviviscenza nulla significa che, se la banca incassa somme e poi deve restituirle (es. revoca in fallimento del debitore principale), non può rivalersi di nuovo sul fideiussore per quelle somme restituite.
  • La clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c. nulla comporta che torna applicabile l’art.1957 c.c., il quale prevede che la banca decada dalla garanzia se non agisce contro il debitore (o il fideiussore) entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita. Questo può liberare molti garanti: ad esempio, se un fido garantito è cessato nel 2018 e la banca non ha chiesto il pagamento entro 6 mesi, il fideiussore può eccepire la decadenza.
  • La clausola di sopravvivenza nulla implica che, se il contratto principale è invalido (ad esempio, mutuo nullo per usura o per altri motivi), la banca non può pretendere pagamento dal fideiussore basandosi solo su detta clausola. Il fideiussore beneficerà quindi della sorte del rapporto principale: se il debitore principale non deve nulla per nullità del contratto, neppure il garante deve.

In alcuni casi, l’eliminazione di queste clausole può rendere la fideiussione priva di efficacia pratica e la banca si trova di fatto senza tutela o con tutela ridotta. Non a caso alcune banche, negli anni successivi, hanno modificato i testi delle fideiussioni cercando di differenziarli dallo schema ABI per sfuggire alla nullità. Sta al difensore del garante esaminare la fideiussione: se coincide con lo schema censurato, solleverà l’eccezione di nullità parziale in qualsiasi stato e grado del giudizio (trattandosi di nullità rilevabile d’ufficio se a favore del consumatore/garante, secondo alcuni) e farà valere i benefici.

Caso pratico tipico: Un fideiussore riceve dalla banca una richiesta di pagamento dopo che il debitore principale non ha pagato. Se la fideiussione è omnibus e con clausole ABI:

  • Potrà opporre la nullità parziale: la banca non potrà applicare la reviviscenza (limitando l’importo garantito a quanto effettivamente dovuto in via definitiva), e soprattutto se è trascorso molto tempo userà l’art.1957 c.c. per eccepire la decadenza (ad es. “il fido è scaduto da più di 6 mesi, quindi sono liberato”). Questa eccezione, accolta dal giudice, libera totalmente il garante dall’obbligo di pagare.
  • Può anche capitare che la banca abbia già ottenuto un decreto ingiuntivo contro il fideiussore: in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, l’eccezione di nullità parziale può portare alla revoca parziale o totale del decreto (ad es. per decadenza ex 1957 c.c.).
  • Va considerato che la nullità è stata affermata in virtù di norme antitrust (ordine pubblico economico); quindi il garante può farla valere anche se non è un consumatore (vale pure tra imprenditori).

Fideiussione come contratto autonomo di garanzia: Attenzione a distinguere le fideiussioni bancarie standard (che sono contratti di garanzia tipici) dai contratti autonomi di garanzia dove il garante si obbliga a pagare “a prima richiesta” rinunciando a eccezioni. Alcune garanzie bancarie per appalti, ecc., sono di tipo autonomo. In quei casi molte delle eccezioni sopra viste (nullità clausole ex ABI) non si pongono perché è un diverso tipo di rapporto. Nel contenzioso bancario classico, comunque, la gran parte delle garanzie personali rientra nella fideiussione civilistica.

In sintesi, dal punto di vista del debitore-garante, le armi difensive principali oggi sono:

  • Verificare se la fideiussione ricalca schema ABI 2003: in caso positivo, eccepire la nullità delle clausole in sede di giudizio.
  • Controllare le date: se l’obbligazione principale è scaduta e la banca ha dormito, la decadenza (se non esclusa validamente) libera il garante.
  • Se la banca ha richiesto importi derivanti da revoche fallimentari, opporre che la clausola di reviviscenza è nulla e che quindi quelle somme non sono garantite.
  • Contestare eventuali vizi di forma (la fideiussione richiede la stessa forma del contratto principale se stipulato per atto pubblico o scrittura privata autentica, es. mutuo fondiario: discussione dottrinale, ma comunque un aspetto).
  • Far valere, se il garante è un consumatore, anche la possibile vessatorietà di alcune clausole (ad esempio, clausole che estendono la garanzia a ogni fatto futuro potrebbero essere giudicate vessatorie se non specificamente approvate, ma spesso lo sono).

Le sentenze più aggiornate hanno ristretto leggermente il campo di applicazione del principio di nullità antitrust, ma restano migliaia di fideiussioni omnibus degli anni 2003-2010 tuttora “attive” e contestabili. Ad esempio Cass. 26242/2022 ha confermato nullità di fideiussione omnibus del 2006. Nel 2025 le Cassazioni di legittimità citate indicano chiaramente che un garante che firma oggi (dopo tanti anni dalla censura ABI) difficilmente può automaticamente invocare quell’intesa, a meno di portare nuovi elementi. Pertanto, l’avvocato dovrà calibrare la difesa in base all’anno e al tipo di fideiussione.

Contenzioso su mutui, leasing e altri finanziamenti

Oltre a conti correnti e affidamenti a revoca, gran parte del contenzioso bancario riguarda mutui ipotecari, leasing finanziari e credito al consumo. Spesso il debitore si trova in difficoltà nel pagamento delle rate e la banca può:

  • Agire per decreto ingiuntivo e poi pignoramento (es. pignoramento immobiliare sull’immobile ipotecato, o pignoramenti mobiliari).
  • Oppure in caso di leasing, procedere alla risoluzione del contratto, riprendere il bene e chiedere le rate scadute + eventuale penale.

Dal lato del debitore, al di là delle contestazioni già viste (usura, anatocismo, clausole indeterminate), ci sono profili specifici:

  • Mutui in valuta estera: negli anni passati alcuni mutui sono stati indicizzati a valute (es. franchi svizzeri). I debitori hanno subito forti aumenti di debito in euro per l’apprezzamento della valuta estera. Ci sono state cause (anche in ambito UE, v. casi in Polonia) per far dichiarare nulli o convertire questi contratti per eccessiva onerosità sopravvenuta o per carenza di informazione. In Italia, alcune pronunce hanno condannato le banche se non avevano adeguatamente informato il cliente del rischio di cambio. Un avvocato può valutare se nel mutuo in valuta vi sono violazioni di trasparenza (il TUB impone di esprimere chiaramente il tasso, l’importo delle rate, etc., cosa complessa se c’è di mezzo il cambio).
  • Piano di ammortamento: come visto, non c’è nullità per ammortamento francese di per sé. Tuttavia, il cliente può controllare se la TAE (Tasso Annuo Effettivo) indicata dalla banca è corretta. A volte emergono discrepanze: alcune perizie contestano che il TAE dichiarato non corrisponda all’effettivo per via del calcolo alla francese; questi argomenti però hanno perso forza dopo la SU 2024, salvo errori aritmetici veri.
  • Estinzione anticipata e penali: per i mutui e leasing sottoscritti da consumatori, la normativa ha progressivamente ridotto le penali di estinzione anticipata. Ad esempio la legge Bersani 40/2007 ha abolito penali su mutui prima casa e molto ridotto per altri casi. Se la banca pretende penali non dovute, il debitore può rifiutare o chiederne la restituzione (anche qui ABF può intervenire facilmente).
  • Clausole di decadenza dal beneficio del termine: tipicamente i contratti prevedono che se il debitore salta anche una sola rata (o 2 rate) il finanziamento diventa immediatamente esigibile per intero. È lecito ex art. 40 TUB, ma solo se esplicitamente pattuito e comunicato. Il cliente potrebbe tentare opposizione all’esecuzione eccependo che la banca ha agito senza validamente comunicare la decadenza (ad esempio, se ha chiesto tutto il debito senza mettere in mora regolarmente).
  • Rinegoziazione e Fondo di solidarietà: Esistono strumenti extra-giudiziali specifici, come il Fondo di solidarietà mutui prima casa che consente la sospensione temporanea delle rate in caso di difficoltà (disoccupazione, malattia, ecc.). Oppure accordi ABI-consumatori per la sospensione. Questi non rientrano strettamente nel contenzioso, ma vanno menzionati al debitore come opzioni per evitare di incorrere in morosità che aprano il contenzioso giudiziario.

Leasing: Nel leasing, oltre all’usura (cfr. Cass. 15 maggio 2023 n. 13144, proprio su un caso di leasing), rilevano:

  • la nullità di eventuali clausole penali manifestamente eccessive (ex art. 1384 c.c. il giudice può ridurle). Ad esempio, se alla risoluzione la società di leasing chiede tutte le rate residue scontate solo in minima parte + la restituzione del bene, ciò può portare ad un importo sproporzionato: i giudici talora riducono la penale.
  • la questione IVA: se la banca chiede il decreto ingiuntivo per rate di leasing, deve considerare anche come computare l’IVA sulle somme a scadere; ci sono state opposizioni su calcoli sbagliati.
  • Default interest: spesso i leasing prevedono tassi di mora elevati; valgono i discorsi fatti sull’usura dei moratori.

Decreto ingiuntivo bancario: Molto spesso, la prima mossa della banca verso un debitore inadempiente è chiedere un decreto ingiuntivo (monitorio). Lo fa presentando in tribunale un estratto conto certificato conforme dalle sue scritture (per crediti da conto corrente) oppure allegando il contratto di mutuo e il piano di ammortamento con il conteggio del residuo. Il decreto ingiuntivo viene emesso “inaudita altera parte”. Cosa può fare il debitore ingiunto? Entro 40 giorni dall’ingiunzione, presentare opposizione. Nell’opposizione, il debitore diventa attore sostanziale e può sollevare tutte le contestazioni: nullità di clausole, errori di calcolo, usura, anatocismo, eventuali pagamenti non scalati, e così via. L’opposizione è un giudizio a cognizione piena in cui la banca deve dimostrare il suo credito. Una volta che il debitore si oppone, però, il decreto potrebbe essere provvisoriamente esecutivo (se la banca l’aveva chiesto e ottenuto). Il debitore può aver necessità di chiedere al giudice la sospensione dell’esecutorietà se emergono seri motivi (ad esempio chiari errori del decreto).

Nota bene sulla mediazione: Nel caso di decreto ingiuntivo opposto per materie bancarie, è obbligatorio esperire la mediazione (materia contratti bancari). E la Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che, in queste fattispecie, l’onere di attivare la mediazione è a carico della banca (creditore opposto), non del debitore opponente. Se la banca – una volta instaurata l’opposizione – non promuove il tentativo di conciliazione, il giudizio va dichiarato improcedibile e il decreto ingiuntivo viene revocato. Dunque, paradossalmente, il debitore opponente può anche aspettare: è interesse della banca non far estinguere la causa. Questa regola (derivante da Cass. SU 19596/2020) è fondamentale da conoscere: molti decreti ingiuntivi bancari sono stati revocati perché le banche, per negligenza, non hanno attivato la mediazione entro il termine fissato dal giudice.

Esecuzioni e opposizioni: Se la banca è già in possesso di titolo esecutivo (ad es. un mutuo fondiario permette di precettare senza passare dal giudice, oppure un decreto ingiuntivo non opposto diventa esecutivo), il debitore può subire un pignoramento (della casa, dello stipendio, ecc.). Anche in questa fase ci sono strumenti:

  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): per contestare il diritto della banca di procedere, ad esempio perché il titolo è invalido o il debito è già pagato o non liquido. Se si scopre un vizio nel titolo (es. mutuo con interessi usurari → si potrebbe sostenere che il titolo è parzialmente nullo e chiedere di ridurre il credito).
  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.): per vizi formali del pignoramento.
  • Istanza di sospensione: se c’è un grave motivo (per es. la casa pignorata è oggetto di trattative per saldo e stralcio, o errori nel calcolo del dovuto), si può chiedere di sospendere l’esecuzione.

A livello più generale, nel contenzioso delle esecuzioni immobiliari, il debitore esecutato può cercare soluzioni come la vendita concordata dell’immobile pignorato prima dell’asta, con consenso della banca (spesso si fa se si trova un acquirente che offre più di quanto farebbe l’asta). Oppure può ricorrere alle procedure di sovraindebitamento per bloccare le azioni esecutive (vedi oltre).

Contenzioso su investimenti finanziari (derivati, obbligazioni) – brevi cenni

Sebbene non strettamente “bancario” in senso di credito, molti clienti di banche finiscono in contenzioso perché hanno sottoscritto prodotti finanziari tramite la banca (polizze, obbligazioni subordinate, azioni, derivati) e subìto perdite. Dal punto di vista del risparmiatore/debitore (in questo caso, investitore), il quadro normativo principale è il TUF (D.Lgs. 58/1998) che impone obblighi di informazione, correttezza e profilatura dell’investitore (principio di know your customer e product governance).

Ad esempio, chi ha comprato in banca obbligazioni subordinate di un istituto poi fallito, potrebbe agire contro la banca sostenendo che non fu informato adeguatamente del rischio elevato, violando l’art. 21 TUF e regolamenti Consob, e chiedendo il risarcimento del danno (svalutazione del titolo). Queste cause rientrano nel contenzioso finanziario. Esiste un organismo dedicato, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) presso la Consob, simile all’ABF ma per prodotti finanziari.

Un caso particolare coinvolge anche i derivati IRS (Interest Rate Swap) venduti ai clienti (aziende o enti locali) per coprirsi da oscillazioni dei tassi. Molti contratti derivati si sono rivelati sfavorevoli ai clienti, che hanno contestato la nullità per difetto di causa o indeterminabilità dell’oggetto. In soccorso è giunta la già citata sentenza delle Sezioni Unite Cassazione n. 8770/2020, la quale, seppure riferita a derivati di enti pubblici, ha enucleato principi generali: un derivato finanziario ha causa valida solo se c’è una precisa determinazione dell’oggetto e del rischio assunto, comprensiva di elementi come il Mark to Market iniziale (valore attuale del contratto), gli scenari probabilistici di andamento e i costi impliciti caricati dalla banca. In assenza di un accordo tra banca e cliente sulla misura dell’alea (rischio) tramite criteri oggettivi, il contratto potrebbe essere nullo per difetto di causa (sarebbe una scommessa aleatoria non consapevole). Inoltre, non basta indicare il solo mark-to-market, ma vanno evidenziati tutti i costi occulti incorporati nel derivato (spread, commissioni implicite). La giurisprudenza successiva (Cass. 414/2021; Cass. 21641/2021; Cass. 22014/2023) ha confermato la tendenza: se il derivato non riporta MtM, scenari e costi, c’è nullità per difetto di oggetto/causa. Molte aziende hanno ottenuto in tribunale l’annullamento di contratti swap e la restituzione di differenziali pagati.

Per il debitore-investitore, questi strumenti sono di nicchia, ma se l’attività imprenditoriale è stata zavorrata da perdite su derivati, val la pena esplorare questa via difensiva con un legale competente in finanza. La banca potrebbe aver agito per decreto ingiuntivo pretendendo pagamenti di differenziali su derivati: in opposizione, l’eccezione di nullità per alea indeterminata è un classico.

Mediazione e soluzioni stragiudiziali nel contenzioso bancario

Una caratteristica peculiare delle liti bancarie in Italia è l’obbligatorietà di un tentativo di soluzione stragiudiziale prima di avviare la causa civile. In particolare:

  • Per le controversie in materia di contratti bancari, finanziari e assicurativi, vige la mediazione civile obbligatoria (D.Lgs. 28/2010, art. 5 comma 1-bis). Ciò significa che chi intende citare in giudizio la banca per, ad esempio, anatocismo, usura o altro, deve prima presentare un’istanza di mediazione presso un organismo accreditato e tentare la conciliazione. Solo se la mediazione fallisce (mancato accordo) si può procedere in tribunale. Se si omette questo passaggio, il giudizio è improcedibile. Come visto, nel caso particolare di cause da decreto ingiuntivo, la mediazione va attivata dopo l’opposizione e a carico della banca opposta.
  • Esiste però un’alternativa specifica: l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organismo istituito da Banca d’Italia nel 2009, che funge da risolutore stragiudiziale di controversie bancarie. L’art. 5 citato consente che, in luogo della mediazione, le parti possano esperire altri procedimenti di conciliazione e arbitrato, compreso il procedimento previsto dall’art. 128-bis TUB (cioè l’ABF). Dunque, presentare ricorso all’ABF è equiparato alla mediazione obbligatoria ai fini della procedibilità in giudizio. Questa è una novità introdotta dalla riforma Cartabia nel 2023: il legislatore ha riconosciuto formalmente l’ABF come strumento alternativo.

Vediamo in dettaglio cosa sono mediazione e ABF e come il debitore può utilizzarli:

Mediazione bancaria obbligatoria

La mediazione civile è un procedimento in cui un mediatore terzo ed imparziale assiste le parti (banca e cliente) nel tentativo di trovare un accordo amichevole. Caratteristiche:

  • Si attiva depositando un’istanza presso un Organismo di Mediazione accreditato (ce ne sono pubblici presso le Camere di Commercio o privati).
  • È richiesta l’assistenza di un avvocato per parte.
  • Ha durata massima di 3 mesi (prorogabili su accordo, ora la riforma Cartabia consente qualche estensione).
  • Nel primo incontro le parti valutano se esistono margini per proseguire; se una parte (di solito la banca) non compare senza giustificato motivo, il giudice poi potrà desumerne argomenti di prova sfavorevoli e condannare quella parte al pagamento di una somma al Fondo spese di giustizia (art. 8 e art. 12 D.Lgs. 28/2010, come modificati).
  • Se le parti trovano un accordo, si redige un verbale vincolante (titolo esecutivo dopo omologazione).
  • Se non trovano accordo o se una parte non partecipa, la mediazione si conclude con esito negativo e si può andare in giudizio. Il mediatore può formulare una proposta di conciliazione se le parti lo richiedono (che, se rifiutata da una parte senza motivo e poi il giudizio ha esito simile, potrà comportare penalità sulle spese).

Pro e contro: La mediazione offre un’occasione di confronto rapida e riservata. Ad esempio, un debitore potrebbe proporre una transazione (rinuncia a contestazioni in cambio di stralcio parziale del debito) senza le rigidità del giudizio. Le banche talora inviano funzionari senza potere decisionale effettivo, il che può vanificare l’istituto. Tuttavia, alcune controversie si risolvono qui, specie se la banca preferisce evitare una causa di principio che potrebbe crearle un precedente sfavorevole. Dal lato del debitore, partecipare è comunque obbligatorio e conviene prepararsi seriamente: presentare perizia, documenti, e magari una proposta ragionevole (es. “mi dareste tot euro di rimborso e chiudiamo la lite?” oppure “rateizzate diversamente il residuo e rinuncio alle cause”).

Mancata partecipazione della banca: Purtroppo capita che la banca non si presenti. In tal caso il mediatore redige verbale di mancata comparizione e fine. In giudizio, l’avvocato del debitore segnalerà questo al giudice: alcune pronunce hanno condannato le banche assenti a pagare una somma ex art. 8 (di norma pari al contributo unificato dovuto). Inoltre, ciò può indisporre il giudice verso la banca che non ha nemmeno tentato la conciliazione.

Quando è obbligatoria: lo è per tutte le controversie su “contratti bancari e finanziari”. Questo è molto ampio: include conti correnti, mutui, leasing, garanzie bancarie, servizi di investimento (questi ultimi però anche soggetti all’ACF). Quindi praticamente ogni causa banca-cliente.

Arbitrato Bancario Finanziario (ABF)

L’ABF è un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie istituito presso la Banca d’Italia (ma è un organismo decisorio indipendente). Funzionamento:

  • Il cliente (consumatore o anche micro-impresa) può presentare un ricorso all’ABF tramite un portale online (o cartaceo) previo pagamento di 20 euro di contributo, dopo aver tentato un reclamo interno alla banca. Il valore della controversia deve rientrare nel massimale stabilito (oggi fino a 200.000 € per richieste di denaro; illimitato per richieste di sola declaratoria di diritti).
  • La banca è obbligata per legge ad aderire all’ABF (tutte le banche e intermediari 106 TUB vi aderiscono). Non può rifiutare il procedimento.
  • L’ABF non è un arbitrato tradizionale: non c’è udienza orale, il collegio decide sulla base degli atti e secondo diritto, ma la decisione non è vincolante come una sentenza. Le parti conservano il diritto di adire il giudice dopo, indipendentemente dall’esito.
  • Tuttavia, pur non essendo vincolante, quasi tutte le banche rispettano le decisioni ABF favorevoli al cliente, perché in caso contrario il loro inadempimento viene pubblicizzato sul sito ABF (lista delle banche inadempienti) con danno reputazionale. E Banca d’Italia può valutare negativamente ai fini di vigilanza tali inadempienze.
  • Tempi: l’ABF di solito decide entro 6-7 mesi dal ricorso (in teoria da regolamento 60 giorni dopo controdeduzioni, ma i carichi di lavoro lo allungano).
  • Materie: qualsiasi rapporto bancario (conto corrente, mutui, assegni, carte di credito, prestiti personali, cessioni del quinto, servizi di pagamento, ecc.), e anche segnalazioni in Centrale Rischi (il collegio può ordinare alla banca di rettificare una segnalazione erronea). Non tratta invece controversie tra intermediari o di valore eccedente 200k euro richiesti.
  • Non serve l’avvocato (è facoltativo). Molti consumatori presentano i ricorsi da soli o con ausilio di associazioni dei consumatori.

Dal punto di vista del debitore: l’ABF è uno strumento efficace e a basso costo per ottenere giustizia su questioni relativamente semplici o documentali. Ad esempio, ottenere lo storno di interessi anatocistici, il rimborso di una penale illegittima, la restituzione di rate addebitate dopo estinzione anticipata, la correzione di dati in centrale rischi, ecc. Non va bene invece per questioni molto tecniche che richiederebbero una CTU (tipo ricalcolo complesso di un conto su 20 anni): l’ABF decide in base ai documenti che le parti producono, non può nominare un perito. In tali casi, se i calcoli sono complicati, il cliente potrebbe dover comunque andare in tribunale. Però l’ABF viene usato anche per questioni di principio: ad esempio, su anatocismo post 2014, molti si sono rivolti all’ABF per farsi riconoscere il diritto a non vedersi addebitare interessi su interessi in assenza del CICR – e i Collegi ABF già prima della Cassazione 2024 spesso davano ragione ai clienti, consolidando un orientamento.

Importante: Ora che il legislatore equipara formalmente l’ABF alla mediazione, un debitore può scegliere: prima di far causa, invece di depositare un’istanza di mediazione, può fare ricorso ABF. Se la banca aderisce alla decisione ABF favorevole, avrà risolto la questione. Se la decisione fosse sfavorevole, o la banca non adempie (raro), ha comunque assolto la condizione di procedibilità e può andare in giudizio. Questa apertura consente ai clienti di preferire ABF quando il tema è entro la sua competenza, data la maggior comodità.

Soluzioni negoziali private: Accanto a mediazione e ABF, non dimentichiamo la possibilità di una trattativa diretta tra debitore e banca, fuori dai procedimenti formali. Spesso, soprattutto quando il debitore è in difficoltà economica conclamata:

  • La banca può accettare un saldo e stralcio: il debitore paga una percentuale del dovuto in un’unica soluzione e la banca rinuncia al resto, estinguendo ogni pretesa. Ciò avviene ad es. su sofferenze cedute a società di recupero crediti, ma anche la banca in proprio può valutare di chiudere una posizione riducendo il credito (specie se teme di perdere in giudizio o di non recuperare facilmente).
  • Moratorie e piani di rientro: Il debitore può proporre un piano di rientro sostenibile, magari con garanzie aggiuntive, e la banca può sospendere azioni legali. Tali accordi vanno formalizzati per iscritto, spesso comportano la rinuncia del debitore a eccezioni e cause (capita che in cambio di uno sconto, il debitore firmi la rinuncia a far causa per anatocismo/usura – scelta da ponderare con il legale).
  • Negoziati nell’ambito di crisi d’impresa: se il debitore è un imprenditore in crisi, può attivare la procedura di composizione negoziata (introdotta nel 2021) con un esperto che lo aiuti a rinegoziare i debiti. Non è specifica per banche ma spesso coinvolge anche esse. Non è obbligatoria per cause, ma può risolvere globalmente l’indebitamento.

Procedure di sovraindebitamento (Crisi da sovraindebitamento)

Quando un debitore (persona fisica non fallibile o piccolo imprenditore sotto soglia fallibilità) si trova schiacciato dai debiti, inclusi quelli bancari, una via di soluzione stragiudiziale-giudiziale è offerta dalle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, originariamente introdotte dalla legge 3/2012 e ora riordinate nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019). Si tratta di strumenti che permettono al debitore onesto ma sfortunato di ridurre o cancellare i debiti non pagabili, sotto controllo del tribunale, anche senza il consenso di tutte le banche.

Le principali procedure (secondo la terminologia attuale del Codice della Crisi) sono:

  • Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”): riservato a chi ha contratto debiti fuori dall’attività imprenditoriale (famiglie, privati). Consente di proporre al giudice un piano di pagamento parziale dei debiti, commisurato alle proprie effettive possibilità, con eventuale stralcio del restante. Non serve l’approvazione dei creditori; il giudice omologa valutando la meritevolezza (che il sovraindebitamento non sia dovuto a dolo o colpa grave del debitore) e la fattibilità. Se il piano è adempiuto, il debitore ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui).
  • Concordato minore (ex “accordo di composizione”): il piccolo imprenditore o professionista indebitato propone un accordo ai creditori (anche banche) che deve essere accettato da una maggioranza del 60%. È simile a un concordato preventivo semplificato per non fallibili. Se i creditori approvano (e il giudice omologa), vincola tutti, con stralcio delle posizioni in base all’accordo.
  • Liquidazione controllata del patrimonio (ex “liquidazione del patrimonio del debitore”): il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni (eccetto quelli impignorabili o necessari) per liquidarli sotto supervisione di un liquidatore nominato dal tribunale, allo scopo di pagare i creditori col ricavato. Dopo aver liquidato tutto, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione dei debiti insoddisfatti.
  • Esdebitazione del debitore incapiente: novità del Codice 2019, consente al debitore persona fisica che non ha alcun patrimonio né reddito da offrire ai creditori, di ottenere ugualmente la cancellazione dei debiti (di fatto una “fresh start”). È ammessa solo una volta e solo se il debitore è meritevole e non ha beneficiato di altre procedure, e comporta per 4 anni un dovere di informare di eventuali sopravvenienze attive in tale periodo da destinare ai creditori.

Queste procedure coinvolgono un organismo (OCC – Organismo di Composizione della Crisi) che aiuta a predisporre il piano e funge da gestore. Non sono esattamente “stragiudiziali” perché serve l’omologazione del Tribunale, ma sono alternative all’azione esecutiva tradizionale. Dal punto di vista delle banche creditrici, spesso comportano un sacrificio (accettare pagamenti parziali o dilazioni lunghe). Dal punto di vista del debitore, rappresentano l’ultima spiaggia per liberarsi dai debiti quando non riesce più a ripagarli integralmente.

Esempio: un consumatore ha 5 prestiti con varie banche e finanziarie per €100.000, più debiti fiscali, e ha perso il lavoro potendo pagare solo €30.000. Con un piano del consumatore, può offrire €30.000 (magari provenienti dalla vendita dell’auto e piccoli risparmi) da ripartire tra i creditori in proporzione, e chiedere la cancellazione dei restanti €70.000. Se il giudice ritiene che il consumatore sia stato sfortunato (non ha sperperato dolosamente) e che l’offerta è il massimo che realisticamente può dare mantenendo un minimo per vivere dignitosamente, può omologare il piano anche se ad esempio le banche dissentono. A fine esecuzione, il debitore sarà libero (esdebitato).

Il Codice della Crisi 2022 ha introdotto migliorie importanti per i debitori sovraindebitati:

  • Possibilità di procedure familiari congiunte (più membri della stessa famiglia indebitati fanno un unico piano).
  • Principio di “merito creditizio”: in omologazione, il giudice può valutare se banche/finanziarie hanno concesso credito in modo irresponsabile a chi era già in difficoltà, “punendole” con trattamenti peggiori nel piano.
  • Durata ridotta: la liquidazione ora dura max 3 anni (4 per debiti erariali), e l’esdebitazione è automatica a fine procedura, non serve domanda separata.
  • Inclusione esplicita anche di debiti da cessione del quinto nel perimetro (bloccando la trattenuta in busta paga una volta ammessa la procedura).

Dal punto di vista del debitore bancario, queste procedure offrono un potere negoziale: la prospettiva per la banca di vedersi imporre un forte stralcio in un piano del consumatore può indurla, in alcuni casi, a trattare a livello stragiudiziale condizioni migliori (ad es. transazioni a saldo e stralcio). Se non c’è margine, attivare la procedura con l’assistenza dell’OCC rimane spesso l’unica via per chiudere col passato e ripartire “puliti” – come evidenzia la ratio di dare al debitore una seconda chance.

Va detto che queste non eliminano ipoteche o pegni: se c’è un immobile con ipoteca bancaria, di solito occorrerà venderlo o pagare almeno il valore di realizzo al creditore ipotecario per soddisfarlo in parte. Ma se il debito supera di molto il valore, il residuo poi viene esdebitato.

Conclusione soluzioni stragiudiziali: Ogni situazione di crisi va valutata caso per caso. A volte conviene percorrere la via ABF (rapida per questioni circoscritte di somme limitate), altre la mediazione (se c’è spazio per un accordo), altre un piano del consumatore (se il problema è sovraindebitamento generalizzato). L’importante è che il debitore, con l’aiuto del legale, conosca tutte queste opzioni e non pensi che l’unica uscita sia subire le azioni della banca.

Domande Frequenti (FAQ)

Domanda: Che cos’è in concreto il “contenzioso bancario” e quando ho bisogno di un avvocato specializzato?
Risposta: Il contenzioso bancario comprende tutte le liti legali con le banche riguardanti rapporti di conto corrente, mutui, prestiti, leasing, assegni, garanzie, investimenti finanziari ecc. Hai bisogno di un avvocato specializzato quando intendi contestare ad esempio addebiti di interessi anatocistici, tassi usurari, clausole che ritieni nulle nel tuo contratto bancario, oppure se la banca ti fa causa (o ti ingiunge di pagare) per un debito che tu ritieni inesatto o ingiusto. Un legale esperto sa individuare eventuali irregolarità nei contratti (es. tassi non pattuiti, vizi formali) e conosce le ultime sentenze e leggi per difenderti al meglio, potendo ottenere riduzioni del debito o annullamento di interessi non dovuti.

Domanda: La banca mi ha addebitato interessi su interessi sul conto corrente: posso recuperarli?
Risposta: Sì. La legge vieta l’anatocismo (interessi composti) sui conti correnti a partire dal 2014, e la Cassazione ha confermato che il divieto è pienamente efficace dal gennaio 2014. Se la banca ti ha addebitato interessi anatocistici (es. capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi) dopo tale data senza base contrattuale valida, quegli addebiti sono illegittimi. Puoi richiedere gli estratti conto, far fare un ricalcolo e chiedere la restituzione degli importi pagati indebitamente. Puoi agire con un reclamo e ricorso ABF o, se serve, con una causa di ripetizione dell’indebito. Anche per periodi precedenti (prima del 2014) puoi contestare, ma in quel caso ci si basava sull’art. 1283 c.c. ed è necessario che la capitalizzazione non fosse pattuita correttamente: in molti casi storici lo era solo a sfavore del cliente e quindi nulla. Tieni conto del termine di prescrizione decennale: si possono recuperare interessi pagati negli ultimi 10 anni (dal momento in cui fai la domanda).

Domanda: Che differenza c’è tra interessi corrispettivi e interessi moratori? Perché è importante ai fini dell’usura?
Risposta: Gli interessi corrispettivi sono il “prezzo” del denaro prestato, cioè il tasso applicato sulle somme utilizzate durante la normale esecuzione del contratto (ad es. il tasso annuo del mutuo sulle rate, o il tasso sullo scoperto di conto nei limiti fido). Gli interessi moratori invece scattano se sei in ritardo o inadempimento: sono una forma di penale per il ritardo (di solito qualche punto percentuale in più oltre il tasso base, applicata sulle somme scadute non pagate, per il periodo di ritardo). Ai fini dell’usura, sia i corrispettivi che i moratori devono rispettare la legge antiusura. La differenza è che i decreti Ministeriali non forniscono un tasso medio specifico per la mora, quindi la soglia d’usura per i moratori va calcolata in via interpretativa (spesso prendendo il tasso soglia corrispettivi e aggiungendo una certa percentuale). È importante perché molte contestazioni riguardano mutui o finanziamenti dove il tasso base era lecito ma il tasso di mora pattuito (es. +2% o +5% rispetto al base) risulta superare la soglia d’usura. In tal caso, come chiarito dalla Cassazione, gli interessi di mora non sono dovuti (clausola nulla per usura), mentre restano dovuti quelli corrispettivi leciti. Non bisogna sommare i due tipi di tasso per controllare l’usura, va fatto separatamente. Quindi è importante distinguere: un finanziamento può essere regolare negli interessi correnti, ma avere una clausola di mora usuraria che il tuo avvocato potrà far eliminare, evitandoti ulteriori aggravamenti del debito in caso di ritardo.

Domanda: Ho ricevuto un decreto ingiuntivo dalla banca per un mutuo non pagato. Cosa posso fare per difendermi?
Risposta: Devi agire tempestivamente, entro 40 giorni, presentando un’opposizione a decreto ingiuntivo tramite un avvocato. Nell’opposizione potrai far valere tutte le tue difese. Ad esempio: contestare il quantum (somme richieste) se includono interessi/calcoli errati, eccepire la nullità di clausole (es. tassi usurari o anatocistici, commissioni non dovute), far valere pagamenti che hai già effettuato e non risultano, o anche contestare proprio il diritto della banca se pensi il contratto sia nullo. L’opposizione apre un giudizio in tribunale in cui la banca dovrà provare il suo credito. È bene allegare sin dall’opposizione eventuali perizie di parte che supportino le tue contestazioni (es. perizia econometrica). Nota che, poiché il decreto ingiuntivo è una materia di contratti bancari, dopo aver depositato l’opposizione occorrerà avviare la mediazione obbligatoria: in base alla legge e alla Cassazione, è la banca (creditore ingiungente) che deve attivarla, ma controlla che avvenga. Se la banca non avvia la mediazione, potrai chiedere l’improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo. Durante la causa, puoi anche chiedere la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto (se era stata concessa inizialmente alla banca) presentando istanza e dimostrando che hai serie ragioni da far valere (es. evidente usura, importi gonfiati, ecc.). In sintesi: non lasciar scadere i termini, raccogli prove e motivi di opposizione con il tuo avvocato, e utilizza anche la mediazione per cercare un accordo o per far valere le tue ragioni procedurali.

Domanda: La banca mi ha segnalato in Centrale Rischi come “sofferenza” ma io sto cercando di pagare il debito: posso oppormi?
Risposta: Sì, puoi contestare una segnalazione ritenuta indebita o errata. La segnalazione a “sofferenza” presso la Centrale Rischi Bankitalia è molto grave perché equivale a dire che sei insolvente in modo grave. La banca deve usarla solo se valuta che il cliente non è in grado di saldare il debito con mezzi ordinari, al di là di ritardi contingenti. Se tu ad esempio hai un piano di rientro accordato e lo stai rispettando, oppure se il debito è contestato e non definitivamente accertato, la segnalazione potrebbe essere prematura/illegittima. Prima di tutto, la banca dovrebbe averti inviato un preavviso di futura segnalazione: la normativa di trasparenza lo prevede per le CR private (es. CRIF) e la buona prassi anche per CR Bankitalia. Se non l’ha fatto, è un ulteriore vizio. Cosa fare:

  • Reclamo immediato alla banca chiedendo rettifica/cancellazione se ritieni non sussistano i presupposti della sofferenza.
  • Se la banca rifiuta, puoi rivolgerti all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). L’ABF spesso decide in favore del cliente quando la segnalazione di sofferenza è avvenuta con leggerezza (ad es. per un importo esiguo, o senza valutare la situazione globale). L’ABF può ordinare alla banca di togliere la segnalazione.
  • In casi urgenti (es. devi ottenere un nuovo finanziamento bloccato dalla segnalazione), puoi ricorrere al giudice con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., chiedendo la sospensione/cancellazione provvisoria della segnalazione in attesa del giudizio di merito, mostrando il fumus dell’illegittimità.
  • Per il risarcimento danni, come spiegato, devi provare un concreto pregiudizio. Se hai prove (ad es. lettere di banche che ti negano credito citando la segnalazione, costi maggiori per fidi, stress documentato, ecc.), potrai chiedere i danni in giudizio. Sappi però che la Cassazione non presume il danno, quindi serviranno elementi concreti.

In ogni caso, se stai negoziando con la banca un piano di rientro, spesso uno degli accordi è che la banca si astiene dal segnalarti a sofferenza finché segui il piano. Se la banca non rispetta quell’accordo, lo puoi far valere come inadempienza contrattuale. Il punto chiave: la segnalazione non dev’essere un’arma di ricatto ma uno strumento di sistema; se abusata, puoi difenderti con gli strumenti detti.

Domanda: Ho firmato una fideiussione per la mia azienda: posso evitarne il pagamento dicendo che era conforme allo schema ABI vietato?
Risposta: Dipende. Se la tua fideiussione omnibus (a garanzia di tutte le operazioni bancarie) contiene le tre clausole “ABI 2003” (reviviscenza, rinuncia art.1957, sopravvivenza) identiche a quelle sanzionate da Bankitalia nel 2005, allora quelle clausole sono nulle per violazione della legge antitrust. Ciò significa che la banca non può invocarle contro di te. In pratica:

  • Se la banca ti chiede di pagare somme già incassate e poi revocate al debitore principale (reviviscenza), tu non sei tenuto per nullità di quella clausola.
  • Se la banca è rimasta inerte oltre 6 mesi dalla scadenza del debito principale, tu puoi eccepire la decadenza ex art.1957 c.c. (perché la rinuncia a tale decadenza è nulla), e così liberarti.
  • Se il debito principale era invalido, non sei comunque obbligato a pagare perché la clausola di sopravvivenza è nulla.
    Tuttavia, recenti sentenze hanno circoscritto l’ambito di questa tutela. In particolare, la Cassazione 2025 ha detto che: 1) la nullità antitrust si applica con certezza alle fideiussioni omnibus stipulate nel periodo in cui operava l’intesa (prima metà anni 2000); 2) per fideiussioni specifiche (legate a un solo finanziamento) o sottoscritte molto dopo il 2005, non basta invocare quell’intesa, a meno che si provi che la banca stava ancora attuando un accordo collusivo (cosa non facile da provare). Quindi, se la tua fideiussione è del 2006 ed è omnibus con quelle clausole letteralmente identiche, hai ottime chance di non pagare quelle parti (molti tribunali in questi casi hanno liberato i garanti proprio per la decadenza 1957 riattivata). Se invece è una fideiussione su uno specifico mutuo, pur con clausole simili, la banca potrebbe sostenere che non era parte dello schema vietato e qualche giudice potrebbe darle ragione seguendo il filone restrittivo del 2024. In pratica: sì, esiste questa forte linea difensiva pro-fideiussore, ma va verificato con l’avvocato caso per caso (testo della fideiussione, anno, tipo di garanzia). Ti conviene far analizzare il contratto: se rientra nello schema ABI, l’avvocato formulerà l’eccezione di nullità parziale. Sappi inoltre che la nullità si può far valere anche in sede di esecuzione (se ti hanno pignorato, per es., potresti farla valere come opposizione all’esecuzione) o di opposizione a decreto ingiuntivo. È un’arma potente ma non automatica in tutti i casi – negli ultimi tempi le banche cercano di dire che la tua fideiussione è “diversa” dallo schema standard per sfuggire alla nullità, bisogna vedere se è vero o solo formale.

Domanda: Cosa succede se in mediazione la banca non si presenta? Devo rifarla o posso andare in causa?
Risposta: Se la banca non partecipa al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo, la mediazione si chiude per mancata adesione. Tu a quel punto hai adempiuto alla condizione di procedibilità, quindi puoi procedere con la causa in tribunale. Non devi rifare la mediazione. Anzi, potrai segnalare al giudice questa assenza immotivata della banca. Il giudice può sanzionare la banca ex art. 8 D.Lgs.28/2010, condannandola a versare una somma (di regola equivalente al contributo unificato) allo Stato. Inoltre, in sede di decisione sulle spese legali, il giudice potrebbe tener conto dell’atteggiamento poco collaborativo della banca. Quindi, in sintesi, tu non subisci pregiudizio sulla procedibilità: se la banca diserta, ottieni il verbale negativo e prosegui. Un consiglio: assicurati comunque che l’organismo di mediazione rediga un verbale attestando la comparizione tua (e del tuo avvocato) e l’assenza della controparte. Quel verbale sarà la “prova” da allegare al tribunale che la condizione di mediazione è stata rispettata. Non devi fare altro tentativo, a meno che il giudice non ritenga di ordinarne uno nuovo (ma succede di rado; la riforma Cartabia consente al giudice di invitare le parti a mediare anche in appello in certi casi, ma non è un rifacimento obbligatorio).

Domanda: Cos’è l’Arbitro Bancario Finanziario e in quali casi mi conviene usarlo?
Risposta: L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un organismo indipendente, istituito presso Bankitalia, che risolve controversie tra clienti e banche in modo più semplice, veloce ed economico rispetto al tribunale. Non è un arbitrato vincolante in senso proprio (la decisione non ha forza di sentenza passata in giudicato), ma le banche di solito la rispettano. Conviene usarlo quando:

  • L’importo in discussione non supera €200.000 (limite per richieste di denaro).
  • La questione è chiara e documentale. Esempi: addebito errato sul conto, applicazione di commissioni non dovute, estinzione anticipata con penale non corretta, mancata erogazione di fondi promessi, errori nel calcolo interessi, segnalazione in Centrale Rischi ingiustificata, ritardo nel chiudere un conto, ecc.
  • Vuoi evitare i costi e i tempi di una causa. L’ABF costa solo €20 di contributo (che ti viene restituito se vinci) e puoi fare tutto online senza avvocato (anche se puoi farti assistere).
  • Vuoi avere un parere autorevole: le decisioni ABF sono prese da un Collegio di esperti (giurista, rappresentante dei clienti, rappresentante degli intermediari). Spesso, se l’ABF ti dà ragione, la banca paga subito. E se anche non pagasse, quella decisione può essere mostrata in giudizio successivo (non vincola il giudice, ma ha un peso morale e logico).
    Ti sconsiglio l’ABF invece se: la questione richiede testimoni, o perizie complesse (che l’ABF non può assumere), oppure se l’importo è molto alto (sopra 200k). In quel caso meglio il tribunale. Considera poi che l’ABF richiede prima un reclamo scritto alla banca e di attendere 60 giorni: assicurati di farlo, perché sennò il ricorso ABF è irricevibile. In conclusione, conviene usarlo per controversie da cliente retail tipiche: è efficace soprattutto per far valere diritti dei consumatori o piccole imprese dove la banca è in torto marcio su questioni di trasparenza o di diligenza (è un terreno dove l’ABF ha costruito molta giurisprudenza favorevole ai clienti). Con l’ulteriore vantaggio che se fai l’ABF, si considera come aver espletato la mediazione obbligatoria.

Domanda: Se non riesco proprio a pagare i debiti con le banche, rischio la rovina a vita? C’è modo di liberarsene?
Risposta: Fortunatamente, l’ordinamento oggi prevede che anche chi è sommerso dai debiti possa avere un “fresh start”, ossia un nuovo inizio liberandosi dai debiti insostenibili. Non sei condannato a vita. Per i soggetti non fallibili (privati, piccoli imprenditori), esistono le procedure di sovraindebitamento (ora nel Codice della Crisi). Ad esempio, se hai accumulato debiti di vario tipo – mutui, scoperti, finanziarie – e non possiedi abbastanza beni o redditi per ripagarli integralmente, puoi rivolgerti a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) nella tua zona e valutare un piano di ristrutturazione dei debiti o la liquidazione controllata:

  • Con il piano del consumatore (se sei privato non imprenditore) puoi proporre al giudice di pagare solo quello che realisticamente puoi (magari vendendo qualche bene o con rate sostenibili) e cancellare il resto. Se il tribunale approva, tu paghi quanto stabilito e poi sei esdebitato (debiti residui cancellati).
  • Con il concordato minore (se sei piccolo imprenditore/professionista) puoi fare un accordo con i creditori su una percentuale di pagamento, vincolante se approvato dalla maggioranza e omologato.
  • In estrema ipotesi, se non puoi dare nulla, esiste la procedura di esdebitazione del debitore incapiente: devi dimostrare la tua totale insolvibilità senza colpa e puoi ottenere la cancellazione dei debiti subito, con l’unico impegno di comunicare nei 4 anni successivi se dovessi “miracolosamente” ricevere nuove sostanze (in tal caso andrebbero in parte ai creditori).
    Queste procedure richiedono la meritevolezza del debitore (non devi aver truffato i creditori o aggravato dolosamente la tua posizione), ma non serve il consenso di tutte le banche: il giudice può omologare anche se qualche creditore è contrario, se la soluzione proposta è più vantaggiosa della liquidazione fallimentare e proporzionata alle tue possibilità. Una volta ottenuta l’esdebitazione, i debiti sono legalmente estinti e le banche non possono più pretendere nulla. Ciò ti consente di ripartire da zero senza l’incubo di pignoramenti a vita.
    Quindi, se sei davvero in uno stato di sovraindebitamento cronico, vale la pena informarsi su queste procedure. Hanno aiutato molte famiglie e piccoli imprenditori a uscire da situazioni altrimenti senza via d’uscita (ad esempio, gente che con la crisi 2008-2012 aveva perso casa e lavoro ma restava con debiti residui enormi – con la legge 3/2012 hanno potuto cancellarli e tornare a una vita normale). Anche le banche lo sanno: preferiscono spesso trattare e trovare un accordo bonario piuttosto che vedersi offrire briciole in un piano del consumatore. Dunque, anche solo minacciare di avviare la procedura di sovraindebitamento può a volte sbloccare una trattativa.

Domanda: Quali sono le sentenze più importanti recenti di cui tener conto in una causa contro la banca?
Risposta: Negli ultimi anni ci sono state varie sentenze chiave. Eccone alcune:

  • Cass. Sez. Unite 41994/2021: fideiussioni omnibus modello ABI parzialmente nulle (clausole reviviscenza, 1957 e sopravvivenza nulle).
  • Cass. 15130/2024 Sez. Unite: mutuo con ammortamento “alla francese” non è nullo né indeterminato anche se non esplicita la capitalizzazione composta.
  • Cass. 13144/2023: interessi di mora usurari – niente sommatoria interessi, usura mora non tocca interessi corrispettivi (mora nulla, corrispettivi validi).
  • Cass. 6589/2023: illegittima segnalazione in centrale rischi – il danno non patrimoniale non è automatico, va provato.
  • Cass. 13846/2019 e Cass. 11543/2019: obbligo per la banca di produrre estratti conto completi; prescrizione del diritto del correntista a ripetere indebito decorre dalla chiusura del conto (questo orientamento favorevole ai correntisti).
  • Cass. Sez. Unite 16303/2018: commissione massimo scoperto – formula per considerarla ai fini usura con doppia soglia e compensazione margini.
  • Cass. Sez. Unite 8770/2020: contratti derivati – nulli se manca indicazione di Mark to Market, scenari probabilistici e costi impliciti (oggetto aleatorio non determinato).
  • Cass. 19596/2020 Sez. Unite: mediazione obbligatoria post-ingiunzione – onere a carico della banca opposta, pena improcedibilità e revoca ingiunzione.
  • Corte Costituzionale 128/2021: ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sull’art. 1815 c.c. (qualcuno sosteneva fosse incostituzionale l’azzeramento totale interessi per usura, la Consulta non l’ha cambiato – quindi rimane valido che interessi usurari = interessi zero).
    Oltre a queste, vanno segnalate linee giurisprudenziali continue: ad esempio la Cassazione è costante sul dire che il tasso soglia va rispettato anche considerando ogni costo (quindi se la banca non calcola un costo nel TAEG, il giudice lo farà e potrebbe emergere usura). Oppure i tribunali di merito nel 2022-2025 stanno applicando sempre più spesso l’orientamento delle SU fideiussioni per far cadere garanzie di ex amministratori o parenti in procedimenti esecutivi.
    In ogni causa il tuo legale individuerà le pronunce più pertinenti al tuo caso e le citerà. Ma le suindicate sono come dei paletti giurisprudenziali da conoscere.

Domanda: Ho vinto contro la banca all’Arbitro Bancario Finanziario: e se la banca non esegue la decisione?
Risposta: In pratica, la maggior parte delle banche esegue spontaneamente le decisioni ABF. Se però la banca non dovesse adempiere (mettiamo che ABF ti ha dato ragione e ha ordinato alla banca di restituirti 5.000 € e passano 30 giorni senza che paghino):

  • La Banca d’Italia pubblicherà sul sito ABF il nome della banca come inadempiente per quella decisione. Questo è un deterrente reputazionale.
  • Tu, per ottenere comunque il tuo dovuto, dovrai purtroppo agire giudizialmente: la decisione ABF non è titolo esecutivo, quindi devi fare una causa ordinaria o un decreto ingiuntivo allegando la pronuncia ABF come prova. Molto spesso, quando esibisci al giudice la decisione ABF favorevole, la banca a quel punto preferisce pagare o transare perché sanno di avere poche chance in giudizio.
  • Considera comunque che le statistiche dicono che oltre il 98% delle decisioni ABF vengono rispettate. Quindi è piuttosto raro dover fare questo passo ulteriore.
    In conclusione, se la banca non paga, l’ABF di per sé non può costringerla se non con la “moral suasion” della pubblicità negativa. A te spetta eventualmente attivare l’iter legale. Il fatto che la riforma Cartabia equipari ABF a mediazione suggerisce però che sempre meno banche faranno orecchie da mercante, altrimenti poi in giudizio rischiano anche sulle spese. Quindi, monitorare: scaduto il termine indicato dall’ABF (di solito 30 giorni), se non vedi nulla, sollecita informalmente. Se nulla ancora, valuta l’azione legale con il tuo avvocato, magari chiedendo direttamente un decreto ingiuntivo citando la decisione ABF come prova scritta del credito (molti giudici lo concedono rapidamente in questi casi, trattandosi di pronunce autorevoli e dettagliate).

Domanda: Le procedure di sovraindebitamento bloccano subito le azioni delle banche?
Risposta: Sì, una volta che il tribunale ammette la procedura, viene disposta la sospensione delle azioni esecutive dei creditori. In fase di presentazione della domanda, puoi anche chiedere misure protettive provvisorie. Ad esempio, se hai un pignoramento in corso, depositando ricorso per un piano del consumatore puoi contestualmente chiedere al giudice di bloccare le aste o le esecuzioni in attesa della decisione sul piano. Se il giudice concede la misura, i creditori (banche incluse) non possono proseguire temporaneamente. Quando poi la procedura viene omologata, le azioni restano bloccate e i crediti verranno soddisfatti secondo l’omologazione (per esempio la banca ipotecaria attenderà la vendita dell’immobile tramite la liquidazione concordata nel piano, ecc.). Quindi, sì: uno dei benefici immediati è tirare il fiato e fermare l’emorragia dei pignoramenti. Attenzione però: se la procedura poi salta (non viene omologata o il debitore non rispetta il piano), le banche potranno riprendere le azioni da dove si erano fermate.

Domanda: Quanto possono durare queste cause bancarie?
Risposta: Purtroppo le cause civili in Italia non sono brevi, anche se dipende dalla complessità. Un giudizio di primo grado sul saldo di conto corrente o su un mutuo può durare in media 2-4 anni, specie se c’è una consulenza tecnica in mezzo. Le cause con profili tecnici (usura, conti decennali da ricostruire) tendono a prolungarsi. Alcune banche talvolta preferiscono transigere durante la causa proprio per non trascinarla. Tieni conto però di due fattori:

  • Puoi ottenere risultati anche prima della fine: ad esempio, se la banca aveva un pignoramento, magari il giudice dell’esecuzione lo sospende in attesa dell’esito della causa di merito; oppure la banca una volta citata può mostrarsi più conciliante e offrirti un accordo.
  • Ci sono strumenti come ABF o mediazione che possono ridurre i tempi se funzionano, come dicevamo. Ad esempio, ABF in 6-7 mesi ti dà una risposta; la mediazione in massimo 3 mesi ti fa capire se un accordo è fattibile.
    Infine, se si arriva fino alla fine (magari fino in Cassazione), è vero, possono passare diversi anni. La riforma del processo civile 2022-2023 mira a velocizzare un po’ ma i tempi restano significativi. È sempre una valutazione costi/benefici: se in gioco ci sono decine di migliaia di euro di interessi illegittimi, vale la pena procedere; se la controversia è su 500 euro, forse conviene risolverla via ABF o accordo. Un avvocato esperto saprà anche darti un’idea delle tempistiche locali (ci sono tribunali più veloci e altri lenti) e magari suggerirti di sfruttare soluzioni alternative.

In definitiva, la durata c’è, ma non scoraggiarti: le banche contano proprio su questo per dissuadere i clienti dal fare causa, invece quando la ragione è dalla tua parte insistere può portare a un risultato, se non giudiziale almeno transattivo. E con i nuovi istituti (mediazione rafforzata, ABF equiparato, ecc.) c’è speranza di non dover attendere sempre la Cassazione per vedere giustizia.

Tabelle riepilogative e simulazioni pratiche

Tabella – Principali contestazioni del debitore e relative basi legali

ContestazioneDescrizioneBasi legaliEsito atteso
Anatocismo su conto correnteCapitalizzazione periodica degli interessi passivi senza base contrattuale valida (specialmente dopo 2014)Art. 1283 c.c.; Art. 120 TUB (nuovo); Cass. 24418/2018; Cass. 4315/2019Nullità della clausola di capitalizzazione; ricalcolo del saldo senza interessi composti; restituzione interessi anatocistici pagati.
Interessi usurariTasso effettivo globale (TAEG) oltre soglia al momento del contratto, oppure tasso di mora oltre soglia.L. 108/1996; art. 644 c.p.; art. 1815 c.c.; Cass. 13144/2023; Cass. 145/2023Clausola di interessi nulla ex art.1815 c.c.; nessun interesse dovuto (solo capitale); eventuale restituzione interessi pagati. Se solo mora usuraria: mora non dovuta, corrispettivi sì.
Commissioni indebiteAddebito di spese/commissioni non pattuite chiaramente (es. commissione di massimo scoperto non determinata).Art. 117 TUB; Art. 1346 c.c. (oggetto determinabile); Cass. 12965/2016; Cass. 1373/2024.Nullità della clausola indeterminata; la banca perde il diritto a tali commissioni; rimborso di quanto addebitato.
Fideiussione omnibus ABIClausole standard ABI (reviviscenza, 1957, sopravvivenza) in fideiussione.Art. 2 L.287/90 (antitrust); Provv. Bankitalia 55/2005; Cass. SU 41994/2021; Cass. 1170/2025.Nullità parziale delle clausole; il garante può non pagare se banca tardiva (1957) o per somme revocate o se obbligazione principale invalida.
Difetto di formaContratto non sottoscritto dal cliente o mancata consegna copia, ecc.Art. 117 TUB (forma scritta contratti bancari); Art. 23 TUF (investimenti); Art. 125-bis TUB (credito consumo).Nullità del contratto o inesigibilità delle obbligazioni (nullità relativa a tutela cliente, da far valere dal cliente).
Estinzione anticipata e costiPenale di estinzione anticipata superiore ai limiti di legge (mutui consumer) o non prevista dalla normativa.L. 40/2007 (mutui portabilità e estinzione); Art. 125-sexies TUB (credito consumo).Riduzione/annullamento della penale; rimborso di quanto pagato in eccesso.
Segnalazione illegittimaSegnalazione in Centrale Rischi senza presupposti (ad es. debitore non insolvente grave, o senza preavviso).Delibera CICR 2019 su CR; Provv. Bankitalia circ.139; Cass. 5259/2017; Cass. 6589/2023.Cancellazione o rettifica della segnalazione; possibile risarcimento danni se provati.
Derivati finanziari nulliContratto IRS/Swap con alea non determinata (mancano MtM, scenari, costi).Art. 1322 c.c., 1418 c.c. (causa); Cass. SU 8770/2020; Cass. 21930/2021.Nullità del contratto derivato; restituzione dei differenziali pagati dal cliente, liberazione dalle obbligazioni future.
Inadempimento bancaBanca non esegue ordini (es. bonifico non disposto, apertura credito promessa e non data).Art. 1218 c.c. (responsabilità contrattuale); Testo Unico Bancario/ leggi di settore.Risarcimento danni al cliente per perdita subita (es. lucro cessante, penali pagate).
Errore di calcoloErrori matematici nei conteggi interessi, rate, saldo (non intenzionali, ma dannosi).Accertamento tecnico; Artt. 1194 c.c. (imputazione pagamenti).Correzione del saldo dovuto; ricalcolo giusto. Se il cliente ha pagato più del dovuto, rimborso differenza.

Simulazioni pratiche di contenzioso bancario (casi esemplificativi)

  • Caso 1: Contestazione di un saldo conto correnteUn imprenditore scopre che il suo conto aziendale, aperto dal 2000 e chiuso nel 2018, presentava un saldo debitore gonfiato da interessi anatocistici trimestrali e commissioni di massimo scoperto applicate per anni.
    Azione: Si rivolge a un legale nel 2020 per valutare il da farsi. L’avvocato richiede alla banca tutti gli estratti conto (ex art. 119 TUB) e nomina un consulente contabile. Dal ricalcolo emerge che senza anatocismo e con l’eliminazione della CMS non pattuita chiaramente, il saldo avrebbe dovuto essere a credito di €10.000 invece che a debito di €20.000. Quindi l’imprenditore ha pagato €30.000 di troppo negli anni. Si avvia un tentativo di mediazione: la banca inizialmente offre €5.000 per chiudere, l’imprenditore rifiuta. Si va in causa nel 2021 chiedendo €30.000 di ripetizione d’indebito. Il tribunale dispone una CTU che conferma €28.000 di indebito. Nel 2023 arriva la sentenza: il giudice dichiara nulle le clausole anatocistiche e di CMS, accerta che il correntista ha pagato indebitamente €28.000, e condanna la banca a restituire tale somma con interessi legali. La banca non appella e paga. – Strumento chiave usato: azione di ripetizione; pronunce di Cassazione su anatocismo e CMS a supporto.
  • Caso 2: Opposizione a decreto ingiuntivo per mutuo usurarioUna coppia di coniugi stipula un mutuo immobiliare di €200.000 nel 2017. Dopo alcuni anni, per difficoltà economiche, interrompono i pagamenti. La banca nel 2024 ottiene un decreto ingiuntivo per €180.000 (capitale residuo più interessi di mora e spese).
    Azione: I coniugi si rivolgono a un avvocato per opporsi. L’analisi del contratto rivela che il tasso di mora pattuito (6% annuo) sommato al tasso base (3%) viene indicato erroneamente come 9% “contrattuale” dalla banca nel decreto. In realtà, il 6% va considerato a sé: confrontandolo con la soglia d’usura del 2017 per i mutui (ad es. soglia 7%), risulta che il 6% di mora da solo non supera la soglia. Però, sommando 3+6=9% supera la soglia 7%. La banca ha fatto proprio questo. L’avvocato eccepisce che è sbagliato sommare; tuttavia, nota qualcosa di più sostanziale: la clausola di mora prevede un tasso del 6% fisso anche se i tassi medi di mercato allora erano molto bassi. Rifacendo i conti, scopre che includendo tutti i costi (polizza incendio obbligatoria, spese incasso rata) nel TAEG, il tasso effettivo corrispettivo era vicino alla soglia (6.8% vs soglia 7%). La mora del 6% viene considerata dal CTU nominato come aggiuntiva: il CTU riferisce che se un rata scaduta resta impagata per un anno, il cliente pagherebbe l’equivalente di un 9% su quella rata, che il CTU considera usurario. Il tribunale, facendo proprio l’orientamento Cassazione 2023, stabilisce che non vanno sommati i tassi ma comunque verifica la mora: confronta 6% mora vs soglia specifica (ad esempio soglia corrispettivi 7% → soglia mora supposta ~9% se aumentata del 2%). Il 6% è sotto quella soglia, dunque in astratto non usurario. Tuttavia, emerge che sommando (metodo sbagliato) la soglia sarebbe superata, e la banca nel contratto aveva inserito una clausola di salvaguardia: “qualora il tasso di interesse concordato eccedesse il tasso soglia, verrà ridotto a quest’ultimo”. Gli opponenti sostengono la nullità integrale degli interessi (corrispettivi e moratori) ex art.1815 c.c., la banca invoca la salvaguardia per salvare almeno i corrispettivi. Il giudice, rifacendosi a Cass. 13144/23, dichiara: il tasso corrispettivo non era usurario all’origine, la mora non supera la soglia propria → nessuna usura oggettiva. Ma condanna la banca per errore nel precetto: la banca aveva calcolato interessi di mora anche oltre soglia sommando impropriamente (applicando 9% su arretrati), e quell’errato calcolo le costa la revoca del decreto in parte. In sostanza, il decreto ingiuntivo viene ridotto: il giudice esclude tutti gli interessi di mora richiesti (perché ritiene la banca comunque contraria alla buona fede sommando illegittimamente) e impone che gli interessi corrispettivi siano ricalcolati entro soglia (applica la clausola di salvaguardia). Gli opponenti ottengono così una riduzione del debito di €15.000 circa (tra mora annullata e spese legali risparmiate) e rateizzano il resto. – Strumento chiave usato: opposizione monitoria; eccezione di usura su mora e applicazione giurisprudenza recente su sommatoria e nullità parziale.
  • Caso 3: Fideiussore liberato per decadenza ex art.1957 c.c.Una piccola impresa ottiene un fido di cassa di €50.000 nel 2015 garantito da fideiussione omnibus firmata dal socio di maggioranza. Nel 2018 la banca revoca il fido per inadempimento e nel 2021 agisce contro il fideiussore per €40.000 di scoperto.
    Azione: Il fideiussore, assistito da avvocato, analizza il testo della fideiussione: contiene le tre clausole ABI identiche (2 – reviviscenza, 6 – rinuncia termini, 8 – sopravvivenza). La banca aveva aspettato 3 anni prima di escutere il garante. L’avvocato propone opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca, eccependo la nullità parziale per violazione antitrust delle clausole 2,6,8. In particolare, sostiene che essendo nulla la rinuncia al termine dell’art.1957 c.c., il garante è liberato poiché la banca non ha agito entro 6 mesi dalla revoca del fido (2018). La banca ribatte che la fideiussione è specifica per quel fido (non omnibus) e cerca di distinguere il caso dall’intesa ABI. Il tribunale però verifica che il modulo è proprio quello ABI 2003 e che nel provvedimento Bankitalia 2005 c’è la censura. Inoltre, rileva che il fido fu concesso e garantito nel 2015, quindi ben dentro il periodo in cui è presumibile la prassi collusiva (non avendo la banca fornito prova contraria). Pertanto il giudice accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo, dichiarando che “la fideiussione in oggetto, limitatamente alle clausole XX (2,6,8), è nulla ex art.2 L.287/90; per l’effetto, la garanzia è inefficace essendo la banca decaduta dal beneficio del termine ai sensi dell’art.1957 c.c.”. In pratica, il garante non deve più nulla. – Strumento chiave usato: eccezione di nullità antitrust fideiussione ABI; Cass. SU 41994/21 applicata.
  • Caso 4: Ricorso ABF per addebiti di spese non autorizzateUna consumatrice nota che sul suo estratto conto compaiono periodicamente addebiti denominati “commissione disponibilità fondi” di 50 € al trimestre, mai concordati esplicitamente.
    Azione: Invece di fare subito causa, presenta un reclamo alla banca per ottenere lo storno delle commissioni addebitate negli ultimi 2 anni (totale 400 €). La banca risponde negativamente sostenendo che sono lecite (anche se il contratto di conto non le menziona chiaramente). La consumatrice allora si rivolge all’Arbitro Bancario Finanziario con un ricorso online, citando le decisioni ABF precedenti che già hanno ritenuto indebite le “commissioni di disponibilità” non pattuite espressamente (richiamando l’art.117 TUB). L’ABF esamina il caso e nel 2022 decide a favore della cliente: condanna la banca a restituire 400 € ritenendo che la commissione, introdotta unilateralmente, non fosse validamente contrattualizzata e inoltre supera il limite dello 0,5% trimestrale previsto dall’art. 117-bis TUB. La banca, per evitare di finire nell’elenco inadempienti, esegue la decisione e accredita 400 € sul conto della cliente. Quest’ultima ha risolto la questione in circa 7 mesi spendendo solo 20 € (poi rimborsati). – Strumento chiave usato: ricorso ABF come alternativa al giudizio; normativa trasparenza e massime ABF applicate.
  • Caso 5: Sovraindebitamento – piano del consumatoreUn padre di famiglia ha debiti con 5 banche/finanziarie per complessivi €120.000 (mutuo, due prestiti personali, carte revolving) ma, perso il lavoro, riesce a pagare al massimo €40.000 vendendo l’auto e con TFR accantonato. Ha uno stipendio nuovo modesto e tre figli a carico.
    Azione: Tramite un OCC, predispone un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore offrendo €40.000 in totale ai creditori, da ricavare subito in parte e con piccole rate in 4 anni per la parte residua, impegnandosi a destinare tutta la sua capacità mensile eccedente il minimo vitale. Il piano dimostra che i creditori, se procedessero esecutivamente, non ricaverebbero più di €30.000 (perché il debitore non ha immobili né grandi cespiti). Si attesta la meritevolezza: il sovraindebitamento è nato da spese mediche impreviste e riduzione reddito, non da colpa grave. Alcune banche votano contro (non vincolante nel piano del consumatore), ma il tribunale, riconosciuta la coerenza del piano, lo omologa. Le azioni esecutive in corso vengono bloccate. Il debitore paga regolarmente €40.000 come da piano, con grandi sacrifici ma consapevole dello scopo. Al termine, ottiene dal tribunale un decreto di esdebitazione che lo libera dai residui €80.000 non pagati. Le banche non possono più pretenderli e lui ricomincia pulito. – Strumento chiave usato: procedura di sovraindebitamento ex L.3/2012 (ora Codice Crisi) per ottenere stralcio legale del debito; principio di meritevolezza e favore verso il debitore onesto.

Come evidenziato da queste simulazioni, ogni vicenda ha la sua specificità, ma le norme e i precedenti esposti in questa guida forniscono un arsenale di difese per il debitore. L’importante è non subire passivamente le pretese bancarie: informarsi, farsi assistere e far valere i propri diritti può fare la differenza tra una situazione di crisi irrisolvibile e una soluzione equa, sia essa concordata o giudiziale.

Conclusioni

Il contenzioso bancario è un settore complesso che richiede un approccio multidisciplinare, combinando diritto civile, bancario, finanziario e talvolta penale. Dal punto di vista del debitore, oggi più che mai esistono strumenti giuridici efficaci per contrastare eventuali abusi o errori commessi dalle banche: dalle azioni giudiziarie tradizionali (nullità contrattuali, opposizioni, risarcimenti) agli strumenti stragiudiziali come ABF e mediazione, fino alle procedure concorsuali minori per sovraindebitamento. Le recenti riforme normative e pronunce giurisprudenziali hanno, in larga misura, riequilibrato posizioni che un tempo erano sbilanciate a favore degli istituti di credito, riconoscendo tutele avanzate ai clienti. Pensiamo al divieto di anatocismo (finalmente attuato e confermato), alla sanzione degli interessi usurari, alla nullità delle fideiussioni anticoncorrenziali, all’attenzione verso la trasparenza contrattuale, nonché alle opportunità di composizione bonaria delle liti.

Un avvocato per contenzioso bancario deve padroneggiare queste evoluzioni per poter consigliare al meglio il cliente: talvolta sarà opportuno perseguire con determinazione una causa fino in Cassazione, altre volte conviene chiudere un occhio su piccole irregolarità in cambio di un accordo complessivo sostenibile, altre ancora attivare una procedura di esdebitazione per uscire definitivamente dal tunnel. Il debitore dal canto suo dovrebbe raccogliere con attenzione la documentazione (contratti, estratti conto, comunicazioni) e non esitare a far valere i propri diritti: la stagione in cui “la banca ha sempre ragione” è finita; oggi la banca è tenuta a comportarsi con correttezza e buona fede, e le sue pretese possono essere ridimensionate se violano norme imperative o contratti.

In conclusione, affrontare un contenzioso bancario, pur potendo essere lungo e impegnativo, non è una battaglia persa in partenza per il debitore. Con la giusta strategia legale e tecnica, è spesso possibile ottenere risultati significativi: pagare solo il dovuto e non un euro in più, recuperare somme indebitamente percepite dalla banca, conservare la prima casa tramite accordi o procedure, o semplicemente guadagnare tempo prezioso per riorganizzare le proprie finanze. L’importante è muoversi con consapevolezza e tempestività, avvalendosi di professionisti competenti nel settore bancario. Questa guida ha fornito una panoramica avanzata di norme, sentenze e strumenti al luglio 2025: il lettore, sia esso un avvocato, un imprenditore o un privato, potrà farne tesoro per orientarsi nelle proprie scelte e, all’occorrenza, parlarne con il proprio consulente legale in modo informato e attivo.

Ricordiamo infine che ogni caso concreto richiede una valutazione specifica: le norme qui citate vanno calate nei fatti e potrebbero subire ulteriori sviluppi in futuro (nuove leggi o sentenze). Pertanto, mantenersi aggiornati e procedere con la dovuta prudenza è fondamentale. In ogni caso, il nostro ordinamento offre al debitore gli strumenti per far valere le proprie ragioni anche contro colossi bancari, a garanzia di un sistema più equo ed equilibrato nei rapporti tra banca e cliente.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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