Hai ricevuto un’ingiunzione di pagamento europea e non sai cosa fare? Ti è arrivato un atto da un altro Paese dell’Unione Europea che ti impone di pagare entro 30 giorni e ti stai chiedendo se è legittimo, se puoi opporti e soprattutto come difenderti per evitare pignoramenti, fermi o ipoteche?
L’ingiunzione europea è un titolo esecutivo che il creditore può ottenere senza avviare un processo ordinario, ma non è automaticamente definitivo. Se agisci in tempo, puoi bloccarla e contestarla in modo efficace.
Cos’è un’ingiunzione di pagamento europea?
– È uno strumento previsto dal Regolamento UE n. 1896/2006
– Si applica a controversie civili e commerciali tra soggetti di Stati diversi
– Viene emessa senza necessità di contraddittorio iniziale
– Il debitore ha 30 giorni dalla notifica per fare opposizione
Cosa succede se non presenti opposizione?
– L’ingiunzione diventa esecutiva in tutta l’Unione Europea
– Il creditore può procedere a pignoramenti, ipoteche e blocchi dei conti anche in Italia
– Non puoi più contestare nel merito il presunto debito
– Rischi danni immediati al tuo patrimonio e alla tua reputazione
Quando l’ingiunzione può essere illegittima o contestabile?
– Se il debito è inesistente, prescritto o già pagato
– Se non hai mai avuto rapporti con il creditore
– Se non ti è stata notificata correttamente
– Se non era redatta in una lingua che comprendi
– Se è stata emessa da un giudice non competente territorialmente
Come puoi difenderti da un’ingiunzione europea?
– Verifica la data esatta della notifica per calcolare il termine di 30 giorni
– Analizza i documenti ricevuti e i dati del creditore
– Predisponi e invia un atto di opposizione utilizzando il modulo standard allegato al Regolamento
– Blocca così l’efficacia esecutiva dell’ingiunzione
– Costringe il creditore ad avviare un processo ordinario nel quale potrai difenderti
Cosa puoi ottenere con un’opposizione fondata e tempestiva?
– L’annullamento dell’ingiunzione se il debito è infondato
– Il blocco di eventuali pignoramenti o azioni esecutive
– La possibilità di spiegare la tua posizione nel merito
– La tutela del tuo conto corrente, dei tuoi beni e della tua reputazione
L’ingiunzione di pagamento europea non è una condanna automatica. Ma se non reagisci subito, il creditore può agire direttamente in Italia con lo stesso valore di un decreto ingiuntivo nazionale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto dell’Unione Europea e contenziosi internazionali – ti spiega cosa fare se ricevi un’ingiunzione di pagamento da un tribunale estero, come bloccarla e quando puoi annullarla completamente.
Hai ricevuto un’ingiunzione europea? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo insieme se il titolo è legittimo, se puoi opporti e cosa fare per difendere i tuoi beni in Italia da pretese ingiuste.
Introduzione
L’ingiunzione di pagamento europea (IPE) è uno strumento giuridico di matrice comunitaria che consente al creditore di ottenere rapidamente un titolo esecutivo valido in tutti gli Stati membri dell’UE (tranne la Danimarca) per crediti pecuniari non contestati dal debitore. Introdotta con il Regolamento (CE) n. 1896/2006 ed entrata in vigore il 12 dicembre 2008, questa procedura monitoria europea mira a “semplificare, accelerare e ridurre i costi” del recupero transfrontaliero dei crediti non contestati, assicurandone la libera circolazione senza bisogno di exequatur (cioè senza necessità di un ulteriore riconoscimento nello Stato di esecuzione). In sostanza, un’ingiunzione di pagamento emessa in uno Stato membro ed esecutiva viene riconosciuta automaticamente negli altri Paesi UE come se fosse una decisione giudiziaria nazionale.
Aggiornata a giugno 2025, questa guida offre una trattazione avanzata della materia dal punto di vista del debitore – sia esso un privato cittadino, un consumatore o un imprenditore – che si veda recapitare un’ingiunzione di pagamento europea. Verranno esaminati la normativa vigente (comunitaria e italiana), gli strumenti di difesa a disposizione del debitore, le strategie difensive basate sulla giurisprudenza più recente (della Corte di Giustizia UE e delle corti italiane) e alcune simulazioni pratiche riferite a casi tipici in cui il debitore risiede in Italia e il creditore in un altro Stato membro. Il linguaggio utilizzato è di taglio giuridico ma divulgativo, adatto sia ai professionisti legali sia ai non addetti ai lavori, con domande e risposte, tabelle riepilogative e riferimenti normativi puntuali. L’obiettivo è fornire un quadro completo e aggiornato su “come difendersi” efficacemente di fronte a un’ingiunzione di pagamento europea.
Cos’è l’ingiunzione di pagamento europea e quando si applica
L’ingiunzione di pagamento europea è una procedura monitoria uniforme istituita dal Regolamento (CE) 1896/2006 (come modificato dal Regolamento (UE) 2015/2421). Si tratta di uno strumento facoltativo e alternativo ai procedimenti nazionali di ingiunzione, utilizzabile in presenza di controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale. In altre parole, è una procedura a cui il creditore può ricorrere quando creditore e debitore sono domiciliati (o risiedono abitualmente) in Stati membri diversi. La “transnazionalità” della controversia è definita espressamente dal Regolamento: si ha controversia transfrontaliera se almeno una delle parti ha domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito.
Ambito di applicazione: l’IPE è ammessa per i crediti pecuniari liquidi ed esigibili (cioè determinati nel loro ammontare e già scaduti), derivanti da materie civili e commerciali. Non vi sono limiti di valore: può riguardare sia piccoli importi sia somme elevate. Sono però esclusi dal procedimento europeo alcuni ambiti e tipi di crediti: ad esempio quelli in materia fiscale, doganale e amministrativa, nonché di responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Inoltre sono esclusi i crediti da obbligazioni extracontrattuali (es. da fatto illecito) salvo alcune eccezioni specificamente previste: l’IPE è possibile se tali crediti “hanno formato oggetto di un accordo fra le parti, vi sia stato riconoscimento di debito oppure riguardino debiti liquidi risultanti da comproprietà di un bene”. Restano chiaramente esclusi dal campo di applicazione anche materie come i regimi patrimoniali familiari, le successioni ereditarie, i fallimenti e procedure concorsuali, i crediti alimentari e altri ambiti espressamente menzionati come esclusi dal Regolamento (in modo analogo alle esclusioni previste dal regolamento Bruxelles I sulla giurisdizione). In sintesi, l’ingiunzione europea può essere utilizzata solo per crediti civili o commerciali, liquidi ed esigibili, non contestati, in contesti transfrontalieri, restando fuori da essa le materie non civili e talune tipologie di crediti specifiche.
Base normativa: la procedura è disciplinata direttamente dalla normativa UE, in particolare:
- il Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento;
- il Regolamento (UE) 2015/2421 del 16 dicembre 2015, entrato in vigore il 14 luglio 2017, che ha modificato alcuni articoli del regolamento 1896/2006 (in particolare gli artt. 7, 17, 25, 30, 31) per semplificare ulteriormente l’iter procedurale e favorire strumenti telematici. Le modifiche hanno riguardato, tra l’altro, l’uso di moduli standard aggiornati, la possibilità di notificazioni elettroniche equiparate a quelle postali e l’innalzamento dei limiti di valore per la procedura parallela delle controversie di modesta entità (da €2000 a €5000). Da notare che il Reg. 2015/2421 ha inciso marginalmente sul procedimento di ingiunzione europeo, confermandone l’impianto generale e intervenendo soprattutto sul procedimento europeo per le controversie di modesta entità.
Natura giuridica dell’IPE: l’ingiunzione di pagamento europea è concepita come un procedimento monitorio “puro” (o “attenuato”) in cui il giudice emette un’ingiunzione basandosi esclusivamente sulle informazioni fornite dal creditore nel modulo di domanda, senza un’istruttoria probatoria e senza contraddittorio preventivo. Il creditore, infatti, non ha l’obbligo di fornire subito prove documentali del credito: è sufficiente una sommaria descrizione delle prove a sostegno della domanda. Il giudice svolge essenzialmente un controllo formale (assenza di manifesta infondatezza, completezza dei dati, competenza giurisdizionale, natura non abusiva della domanda), emettendo l’ingiunzione “sulla base delle informazioni fornite dal ricorrente e non verificate dal giudice”. L’ordinanza monitoria europea viene quindi emessa “senza contraddittorio iniziale” (inaudita altera parte) e diventa definitiva ed esecutiva solo se il debitore non reagisce tempestivamente. In caso di reazione (opposizione) del debitore, l’ingiunzione si estingue e la controversia prosegue secondo le forme ordinarie di cognizione piena. Per questo si parla di procedimento monitorio europeo come di un meccanismo condizionato: l’ingiunzione è “sospensivamente condizionata” alla mancata opposizione del debitore entro il termine. Se il debitore rimane inerte, l’ingiunzione acquista forza di decisione esecutiva; se invece propone opposizione, il titolo monitorio viene caducato (messo nel nulla) e si passa alla fase contenziosa ordinaria.
Differenze rispetto all’ingiunzione italiana: è utile evidenziare le principali differenze con il decreto ingiuntivo nazionale, per comprendere peculiarità e implicazioni pratiche dell’IPE:
- Autorità emittente: l’ingiunzione europea è emessa da un giudice di uno Stato membro (in alcuni Stati, come l’Ungheria, la competenza è attribuita ai notai, assimilati ai giudici per questa funzione). In Italia la competenza per l’IPE spetta al giudice ordinario che sarebbe competente in un equivalente procedimento interno (tribunale o giudice di pace a seconda del valore e materia). Non vi è un giudice unico europeo: ciascuno Stato designa le autorità competenti a rilasciare IPE. Il creditore può scegliere tra ingiunzione europea o rimedi nazionali; in ogni caso il giudice “d’origine” – quello investito della domanda di IPE – applica la procedura uniformata del Regolamento.
- Condizioni per l’emissione: a differenza del decreto ingiuntivo italiano (che in genere richiede la prova scritta del credito ex art. 633 c.p.c.), l’IPE non richiede la produzione immediata di prove. Il creditore deve solo indicare nel modulo la descrizione delle prove su cui si fonda il credito. Il giudice europeo effettua un controllo superficiale (ad esempio, verifica che il credito appaia plausibile e rientri nell’ambito del Regolamento) senza valutazione di merito approfondita. Ciò rende la fase monitoria europea estremamente semplificata, a differenza del procedimento ingiuntivo italiano dove spesso il giudice richiede almeno qualche riscontro documentale.
- Notifica e lingua: L’ingiunzione europea deve essere notificata al debitore a cura del giudice (o secondo le forme vigenti nello Stato d’origine) insieme alla copia della domanda e al modulo standard per l’opposizione. La notifica internazionale avviene secondo il Regolamento (CE) 1393/2007 (notifica di atti giudiziari intra-UE). Il debitore ha diritto a ricevere l’ingiunzione in una lingua comprensibile o ufficiale del proprio Stato: se l’atto non è redatto in tale lingua, deve essergli notificato il modulo standard sul diritto di rifiuto (allegato II del Reg. 1393/2007) che lo informa che può rifiutare l’atto non tradotto. Questo aspetto linguistico è cruciale: come vedremo, la mancata informazione sul diritto di rifiutare un atto non tradotto comporta l’irregolarità della notifica e impedisce all’ingiunzione di divenire esecutiva.
- Opposizione del debitore: Nel sistema italiano, l’opposizione a decreto ingiuntivo si propone con atto di citazione entro 40 giorni dalla notifica (salvo termini diversi) e dà luogo a un giudizio in cui il decreto ingiuntivo resta provvisoriamente efficace salvo diversa decisione (salva la possibilità di chiedere sospensione ex art. 649 c.p.c.). Nell’IPE, invece, l’opposizione del debitore va semplicemente comunicata per iscritto al giudice d’origine entro 30 giorni dalla notifica, anche senza indicarne i motivi, e determina automaticamente la cessazione di efficacia dell’ingiunzione europea. In pratica, basta che il debitore manifesti formalmente la volontà di contestare il credito entro il termine, perché l’ingiunzione non diventi definitiva. L’intera procedura monitoria si interrompe e si apre la fase di cognizione ordinaria. Non esiste, dunque, un equivalente dell’art. 648 c.p.c. (provvisoria esecutorietà del decreto non opposto) perché nell’IPE la non contestazione è il presupposto stesso dell’esecutività.
- Fase di merito dopo l’opposizione: Nel decreto ingiuntivo italiano, l’opposizione introduce un giudizio in cui il debitore opponente assume il ruolo di attore (con l’onere di instaurare il contraddittorio) e il creditore diventa convenuto, sebbene il decreto resti un titolo provvisoriamente valido. Nell’IPE, invece, dopo l’opposizione si considera che il giudizio di merito debba proseguire su impulso del creditore secondo le norme processuali ordinarie dello Stato d’origine. L’ingiunzione europea è annullata e la causa continua come ordinario giudizio civile fra le stesse parti. Come vedremo nel dettaglio, l’Italia non ha previsto espressamente le modalità di tale prosecuzione; ciò ha richiesto l’intervento chiarificatore della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 2840/2019) per stabilire che spetta al creditore attivarsi per proseguire la causa con un atto di citazione o equivalente, entro un termine perentorio fissato dal giudice, pena l’estinzione del processo.
- Esecutività e circolazione del titolo: Una volta definitivo (per mancata opposizione o dopo la sentenza nel merito), l’ingiunzione europea è esecutiva in tutti gli Stati membri. Non è necessaria la formula esecutiva estera né il riconoscimento: ai sensi dell’art. 19 del Regolamento, l’IPE dichiarata esecutiva dal giudice d’origine “è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento”. Questo elimina l’exequatur (cioè la procedura di delibazione) e allinea l’IPE ai meccanismi di mutuo riconoscimento delle decisioni in UE. In Italia, ad esempio, un’ingiunzione europea esecutiva proveniente da altro Stato UE può essere direttamente portata in esecuzione come fosse un decreto ingiuntivo italiano munito di formula, seguendo le regole italiane sull’esecuzione forzata (pignoramento, ecc.). L’unico vincolo è che le modalità concrete dell’esecuzione sono disciplinate dalla legge dello Stato di esecuzione (quindi, nel nostro esempio, dal diritto italiano). Restano possibili solo ristrettissimi motivi di rifiuto dell’esecuzione, di natura tecnica, di cui diremo più avanti (art. 22 del Regolamento) – ad esempio, l’esistenza di un precedente giudicato incompatibile o l’avvenuto pagamento nel frattempo. Non è ammesso un riesame nel merito da parte del giudice dell’esecuzione dello Stato richiesto.
In sintesi, l’ingiunzione di pagamento europea rappresenta un titolo esecutivo europeo semplificato, ottenibile in tempi rapidi e valido in tutto il territorio dell’Unione (salvo Danimarca). È un procedimento prevalentemente cartolare (basato su moduli standard e comunicazioni scritte), con un ricorso minimale al supporto di un legale (non obbligatorio nella fase monitoria) e con un forte affidamento sulla “non contestazione” da parte del debitore come presupposto della sua efficacia. Ciò, tuttavia, comporta che il debitore potrebbe trovarsi di fronte a un ordine di pagamento emesso senza la sua partecipazione attiva: da qui l’importanza di capire come difendersi, cioè quali strumenti abbia il debitore per opporsi, contestare o evitare che un’ingiunzione europea diventi definitiva ed esecutiva ingiustamente.
Nei paragrafi che seguono analizzeremo dettagliatamente cosa deve fare un debitore italiano che riceve un’ingiunzione di pagamento europea da un altro Paese UE, quali sono i termini e modalità per reagire, quali eccezioni possono essere sollevate, cosa accade se ci si oppone (o se invece si lascia passare il termine), e quali rimedi straordinari sono previsti in casi eccezionali. Faremo riferimento alla normativa vigente, includendo gli ultimi aggiornamenti, e alla giurisprudenza più recente che ha interpretato tali norme, per fornire una guida pratica e aggiornata alla difesa del debitore.
Ricezione di un’ingiunzione di pagamento europea: diritti e opzioni del debitore
Dal punto di vista del debitore ingiunto, ricevere un’ingiunzione di pagamento europea può essere un evento inaspettato e potenzialmente destabilizzante. È fondamentale non farsi prendere dal panico ma agire con tempestività e cognizione di causa. Il debitore ha essenzialmente due opzioni immediate quando gli viene notificata un’IPE: (a) pagare spontaneamente quanto richiesto, se riconosce il debito e intende adempiere, oppure (b) proporre opposizione all’ingiunzione entro il termine di legge, se contesta in tutto o in parte la pretesa del creditore. Vi è anche una terza possibilità – l’inerzia – che però equivale a subire le conseguenze della mancata opposizione (quindi l’esecutività dell’ingiunzione). Analizziamo dunque i diritti e gli strumenti a disposizione del debitore alla ricezione dell’atto:
Contenuto della notifica e verifica iniziale
Quando il debitore riceve la notifica di un’ingiunzione di pagamento europea, troverà normalmente i seguenti documenti:
- Il provvedimento di ingiunzione europea vero e proprio (solitamente redatto su un modulo standard, modello E) emesso dal giudice d’origine. Esso contiene le generalità delle parti, l’importo dovuto (capitale, interessi, spese), una sommaria indicazione del motivo del credito e del tasso di interesse (se richiesto), oltre alle istruzioni per il debitore riguardo al pagamento o all’opposizione. In particolare, l’ingiunzione deve informare il convenuto che: (i) può pagare l’importo indicato direttamente al creditore, oppure presentare opposizione dinanzi al giudice d’origine entro 30 giorni dalla notifica; (ii) che l’ingiunzione è stata emessa su basi meramente unilaterali (informazioni del ricorrente non verificate dal giudice); (iii) che, in mancanza di opposizione, l’ingiunzione diverrà esecutiva e utilizzabile per l’esecuzione forzata.
- Una copia del modulo di domanda presentato dal creditore (modulo A). Questo permette al debitore di vedere nel dettaglio le ragioni addotte dal creditore (es. descrizione del contratto o della fattura non pagata) e le prove indicate a sostegno. Anche se tali prove non sono allegate, la descrizione può includere, ad esempio, riferimenti a documenti, testimonianze, ecc. Sapere su quali basi il creditore ha richiesto l’ingiunzione è importante per valutare se contestarle.
- Il modulo standard per presentare opposizione (modulo F). Si tratta di un formulario predefinito, che il debitore può compilare per dichiarare di “contestare il credito”. Il modulo F facilita la reazione del debitore, poiché è spesso bilingue (lingua del giudice e lingua presunta del debitore) e contiene già l’intestazione della causa. Il debitore può comunque presentare opposizione in qualsiasi forma scritta che esprima chiaramente tale volontà, ma l’uso del modulo semplifica e riduce gli errori.
- Eventuale modulo di informativa linguistica (Allegato II Reg.1393/2007): se l’ingiunzione e gli altri documenti non sono redatti in una lingua compresa dal debitore, dovrebbe essere accluso un foglio standard che spiega il suo diritto di rifiutare l’atto per mancanza di traduzione. Ad esempio, un debitore residente in Italia che riceva un’IPE da un tribunale tedesco redatta solo in tedesco, dovrebbe trovare allegato il modulo multilingue che recita (in italiano) che ha il diritto di rifiutare l’atto perché non tradotto. Attenzione: se questo modulo informativo manca e l’ingiunzione non è in italiano (o in una lingua che il debitore comprende), vi è un vizio di notifica grave: la Corte di Giustizia ha stabilito che in tal caso l’ingiunzione “non acquisisce forza esecutiva e il termine per presentare opposizione non può iniziare a decorrere”. Significa che, fintanto che la notifica non viene regolarizzata con la dovuta traduzione o informativa, il conteggio dei 30 giorni non parte nemmeno. Su questo torneremo parlando delle impugnazioni per vizi di notifica.
Alla ricezione, la prima cosa da fare per il debitore è verificare attentamente questi elementi:
- Identità del creditore e origine del credito preteso: riconosce il creditore? È a conoscenza del debito indicato? Il credito è reale, già pagato, contestato in precedenza?
- Importo richiesto: corrisponde eventualmente a somme note (ad es. corrispettivo di un contratto)? Comprende interessi o spese? Sono calcolati correttamente?
- Giudice d’origine e lingua: da quale paese proviene l’ingiunzione? È comprensibile? Se la lingua non è comprensibile e manca una traduzione, il debitore dovrebbe immediatamente sollevare il problema, chiedendo la traduzione o rifiutando l’atto (ciò va fatto tempestivamente comunicandolo all’autorità mittente, tipicamente tramite il modulo di rifiuto).
- Termine per l’opposizione: accertare la data esatta di notifica (quando l’ha ricevuta) e calcolare da essa 30 giorni. La scadenza per l’opposizione deve essere indicata o comunque desumibile dall’ingiunzione. Tenere presente eventuali differenze di fuso orario o giorni festivi (il calcolo dei termini segue il reg. CE 1182/71: in generale 30 giorni esatti dal giorno successivo alla notifica, includendo sabati e domeniche, e prorogando se scade di festivo).
- Modalità di opposizione: individuare l’indirizzo del tribunale o l’ufficio presso cui inviare l’opposizione. Solitamente è indicato nell’ingiunzione stessa un recapito. L’opposizione può spesso essere inviata per posta raccomandata o a mezzo fax, in alcuni paesi anche via PEC o portale telematico. Se si usa il modulo F, compilare le parti richieste (generalmente è molto semplice: basta spuntare che si contesta il credito, firmare e datare).
È consigliabile, se possibile, contattare un legale di fiducia appena ricevuta l’ingiunzione, specialmente se l’importo è rilevante o se la questione è complessa. Tuttavia, non è obbligatorio coinvolgere subito un avvocato: la normativa non richiede il patrocinio legale per presentare opposizione all’IPE. Il debitore stesso può predisporre e inviare l’atto di opposizione. Ciò detto, in caso di opposizione poi “si aprirà un giudizio di merito a cognizione piena in cui l’assistenza di un legale diventa necessaria” (specialmente se il processo proseguirà all’estero). Pertanto, se il debitore intende contestare il credito ma non ha familiarità con procedimenti internazionali, è prudente almeno consultare un avvocato, che potrà consigliarlo sulla fondatezza delle sue eccezioni e magari occuparsi delle formalità (ad esempio, alcuni tribunali esteri accettano opposizioni solo se redatte nella loro lingua ufficiale).
Pagare o opporsi? Valutazioni iniziali
Il debitore dovrebbe decidere rapidamente se soddisfare il credito richiesto o se contestarlo. Questa decisione dipende da diversi fattori pratici e giuridici:
- Riconoscimento del debito: Se il debitore riconosce come dovuto l’importo (ad esempio è effettivamente una fattura scaduta non pagata, e non ha difese da opporre), la scelta più sensata potrebbe essere pagare entro i 30 giorni. Pagando l’intero importo al creditore (magari contattandolo per le coordinate di pagamento) e conservandone prova, il debitore eviterà l’instaurarsi di un contenzioso e l’ingiunzione non avrà più ragione di essere. In tal caso, è opportuno informare il giudice d’origine dell’avvenuto pagamento, così da evitare che il creditore chieda comunque l’esecutività. Va ricordato che, persino se il pagamento avviene dopo i 30 giorni e l’ingiunzione è già dichiarata esecutiva, il debitore potrà far valere l’avvenuto pagamento come motivo per rifiutare l’esecuzione forzata: l’art. 22, par. 2 del Regolamento prevede infatti che l’esecuzione deve essere rifiutata se il debitore ha già pagato al creditore la somma ingiunta (in tutto o in parte). Naturalmente, meglio evitare di arrivare alla fase esecutiva: se si intende pagare, farlo prontamente e integralmente.
- Parziale riconoscimento: Se il debitore ritiene dovuta solo una parte della somma (ad esempio non contesta il capitale ma non concorda su interessi o spese, oppure riconosce una parte del debito ma contesta il resto), la situazione è più delicata. Il Regolamento non prevede espressamente una procedura di “opposizione parziale”: l’opposizione del debitore, anche se riferita ad importi parziali, interrompe comunque l’intera ingiunzione. In altre parole, se il debitore presenta opposizione dichiarando di contestare anche solo una frazione del credito, l’ingiunzione non diventa esecutiva per nessuna parte, e si andrà davanti al giudice ordinario per la definizione completa. Tuttavia, il debitore può decidere di pagare spontaneamente la parte non contestata e opporsi per il resto: questo approccio rafforza la sua posizione di buona fede e riduce l’oggetto della causa. Ad esempio, se l’ingiunzione chiede €10.000 di capitale e €3.000 di interessi, e il debitore concorda sul capitale ma ritiene erronei gli interessi, potrà pagare €10.000 subito e opporsi limitatamente ai €3.000. In sede di opposizione indicherà di aver già eseguito il pagamento parziale. Qualora, malauguratamente, non riuscisse a far valere l’opposizione in tempo e l’ingiunzione diventasse esecutiva anche per gli interessi, egli avrà comunque la possibilità (art. 22, par. 2) di far rifiutare l’esecuzione per la parte già versata.
- Contestazione del debito: Se il debitore non è d’accordo con la richiesta – perché ritiene di non dovere nulla, o di dovere meno, o perché ci sono ragioni di nullità, inadempimenti del creditore, vizi del bene/servizio fornito, prescrizione, ecc. – allora deve prepararsi a proporre opposizione. Ignorare l’ingiunzione in tal caso sarebbe estremamente pericoloso: decorso il termine, il debitore perderebbe la chance di difendersi sul merito e si troverebbe un titolo esecutivo contro di sé. Come regola generale, un’ingiunzione di pagamento (sia nazionale che europea) non va mai ignorata. Anche se il debitore ritiene la pretesa totalmente infondata, deve comunque reagire formalmente per far valere le sue ragioni.
- Dubbi sulla regolarità: Se il debitore riscontra irregolarità formali (ad esempio la notifica non è stata conforme alle regole, o mancano documenti, o vi sono errori evidenti nell’ingiunzione), potrebbe essere tentato di non fare nulla confidando nella nullità dell’atto. È una strategia molto rischiosa. È vero che alcune nullità gravi (come la mancata traduzione e informativa) impediscono al termine di decorre, ma nella pratica questi vizi vanno comunque fatti valere davanti a un giudice, e il confine tra nullità sanabile e insanabile può essere sottile. Conviene sempre, entro i 30 giorni, sollevare comunque opposizione, eventualmente facendo presente l’irregolarità. In sede di giudizio di merito si potrà far valere la nullità della notifica per far dichiarare inefficace l’ingiunzione, ma intanto il debitore si è cautelato opponendosi. In altre parole, meglio opporsi anche solo per denunciare il vizio, piuttosto che restare inerti confidando che qualcuno d’ufficio lo noti dopo la scadenza (cosa che potrebbe non avvenire).
In conclusione, nella maggior parte dei casi il debitore italiano che riceve un’IPE da altro Stato e non intende o non può pagare integralmente subito, dovrebbe prepararsi a fare opposizione entro 30 giorni. È questo il fulcro della difesa nel procedimento europeo: l’opposizione tempestiva è ciò che impedisce all’ingiunzione di consolidarsi in titolo esecutivo e apre la fase di effettivo contraddittorio davanti a un giudice.
Vediamo dunque nel dettaglio come si presenta opposizione, quali sono le forme, i termini, e cosa succede una volta proposta l’opposizione.
L’opposizione all’ingiunzione di pagamento europea
L’opposizione è l’atto attraverso cui il debitore dichiara di contestare il credito oggetto dell’ingiunzione europea. Come già accennato, l’opposizione non richiede motivazioni dettagliate: il debitore può limitarsi a negare il credito in tutto o in parte, senza dover spiegare subito le sue ragioni. Ciò semplifica la procedura e tutela anche i debitori meno esperti, evitando decadenze dovute a difese non articolate. Attenzione: questo non significa che le ragioni non contino – dovranno emergere nel successivo giudizio di merito – ma semplicemente che in fase di opposizione non è necessario (né obbligatorio) scriverle. Un’opposizione generica (“Contesto il credito per cui è ingiunto il pagamento”) è perfettamente valida ai fini del Regolamento.
Ecco gli aspetti pratici e giuridici da considerare per proporre correttamente opposizione:
Termini e modalità per proporre opposizione
Termine di 30 giorni: Il debitore ha 30 giorni di tempo dalla notifica dell’ingiunzione per far pervenire la sua opposizione al “giudice d’origine”, ovvero al tribunale (o autorità competente) che ha emesso l’IPE. Il computo del termine inizia “dal momento in cui l’ingiunzione è stata notificata al convenuto”, quindi normalmente dalla data in cui l’atto è stato consegnato al debitore (o, se consegnato a terzi autorizzati o per posta, dalla data di consegna o di avviso). Ad esempio, se l’ingiunzione viene notificata il 1° marzo, l’opposizione va inviata entro il 31 marzo (salvo che il 31 sia festivo, in tal caso slitta al 1° giorno lavorativo successivo). È fondamentale rispettare il termine: un’opposizione tardiva equivale a nessuna opposizione, e fa scattare l’esecutività automatica.
Forma dell’opposizione: L’atto di opposizione può essere presentato utilizzando il modulo standard F predisposto dal Regolamento (Allegato VI). Questo modulo facilita uniformità e traduzione: contiene campi per inserire numero di riferimento dell’ingiunzione, giudice, parti, e una dichiarazione standard tipo “Con la presente intendo oppormi all’ingiunzione di pagamento europea emessa in data X dal Tribunale Y (caso n. …). Contesto il credito in essa indicato.”. Il modulo F va firmato dal debitore (o dal suo rappresentante) e può essere inviato per posta, fax o per via elettronica se il tribunale lo consente. In alternativa, come già detto, qualsiasi dichiarazione scritta inviata al giudice entro 30 giorni, da cui risulti chiaro che il debitore contesta la pretesa, è considerata opposizione valida. Ad esempio, una lettera firmata in cui si dice “Io sottoscritto XY intendo oppormi all’ingiunzione di pagamento n. … perché non riconosco il debito” può bastare. Tuttavia, conviene attenersi ai moduli ufficiali per evitare omissioni.
Lingua dell’opposizione: Idealmente l’opposizione andrebbe redatta nella lingua del giudice d’origine (es: se l’ingiunzione viene dalla Francia, in francese; se dall’Austria, in tedesco). Il modulo F è spesso bilingue, per cui il debitore può compilarlo nella sua colonna di lingua e il modulo riporterà anche la traduzione. In base al Regolamento, gli Stati dove si presenta l’opposizione non possono rifiutarla per il solo fatto che sia in un’altra lingua, purché sia comprensibile; ma in pratica, per evitare lungaggini, è bene usare la lingua del tribunale estero o quantomeno l’inglese se accettato. Ad esempio, presentare un’opposizione in italiano a un giudice polacco potrebbe creare ritardi (il giudice dovrebbe farla tradurre). Va detto che in sede di modifica 2015/2421 è stata sottolineata la necessità di limitare i costi di traduzione, incoraggiando l’uso dei moduli standard multilingue. Dunque, se si usa il modulo F allegato all’ingiunzione, si sarà sicuri di rispettare i requisiti linguistici.
Invio e prova di ricezione: L’opposizione deve giungere al giudice entro i 30 giorni (non basta la data di spedizione). Quindi se spedita per posta è opportuno muoversi con sufficiente anticipo. Meglio utilizzare mezzi tracciabili: raccomandata internazionale, corriere, PEC se disponibile, fax con rapporto OK. Conservare la prova dell’invio/trasmissione. Alcuni Paesi consentono depositi telematici su portali di e-Justice: verificare sul Portale europeo della giustizia elettronica eventuali istruzioni per lo Stato in questione (il Portale e-Justice dell’UE offre informazioni per Stato su come compilare e dove inviare i moduli IPE).
Nessuna cauzione o tassa per opporsi: Presentare opposizione all’IPE non comporta costi immediati particolari. Il debitore non deve pagare una tassa per l’opposizione in sé (le spese di giudizio verranno poi allocate a fine causa secondo soccombenza). Inoltre, il Regolamento prevede che al debitore convenuto che si oppone non possa essere richiesto di versare cauzioni o garanzie per il fatto di essere straniero o non residente nello Stato del giudice. Questo evita discriminazioni verso debitori esteri. Quindi, un italiano che si oppone a un’IPE in Germania non deve temere di dover depositare una cauzione “per spese” solo perché è estero (prassi un tempo diffuse).
Effetto dell’opposizione tempestiva: Se il debitore propone opposizione entro i 30 giorni, la conseguenza automatica e immediata è che “il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d’origine applicando le norme di procedura civile ordinaria”. In altre parole, l’ingiunzione europea decade come tale (perde efficacia) e la causa viene trattata come una normale causa civile davanti al medesimo giudice che ha emesso l’ingiunzione o un altro giudice competente designato secondo il diritto nazionale. Il passaggio è definito “automatico” dal Considerando 24 del Regolamento: non serve un formale provvedimento di revoca; l’opposizione di per sé fa entrare la controversia nella fase di merito ordinaria.
Occorre però distinguere a seconda di quale Stato membro è quello d’origine, perché le regole processuali ordinarie differiscono:
- Se l’ingiunzione europea proviene dall’Italia (cioè il creditore ha avviato la procedura IPE presso un giudice italiano): in questo caso l’opposizione del debitore comporta che la causa prosegua davanti al tribunale o giudice di pace italiano competente, secondo il rito di cognizione piena previsto dall’ordinamento italiano. Come anticipato, l’Italia non aveva normato espressamente come avviene tale prosecuzione, ma la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza 31 gennaio 2019 n. 2840, ha colmato il vuoto. Le Sezioni Unite hanno stabilito che, in mancanza di disciplina nazionale ad hoc, il giudice italiano che ha emesso l’IPE, una volta ricevuta l’opposizione, deve: i) comunicare al creditore che l’opposizione è stata presentata; ii) disporre con provvedimento il passaggio della causa al rito ordinario; iii) invitare il creditore ad esercitare l’azione nelle forme ordinarie proprie del caso entro un termine perentorio da lui fissato. In pratica, il creditore (che in sede di domanda monitoria aveva solo compilato un modulo) ora deve assumere l’iniziativa di redigere e notificare al debitore un atto di citazione (o un ricorso, se la materia lo richiede) conforme alle regole italiane (artt. 163 ss. c.p.c. se rito ordinario, oppure rito del lavoro se si tratta per es. di crediti di lavoro, ecc.). Il giudice fisserà un termine (di norma ex art. 307 c.3 c.p.c., quindi non oltre 3 mesi) entro cui il creditore dovrà attivarsi, pena l’estinzione del processo. Se il creditore ottempera, la causa andrà avanti come un normale giudizio contenzioso (il debitore riceverà l’atto di citazione e potrà costituirsi e svolgere tutte le difese nel merito). Se il creditore non prosegue (ossia non introduce il giudizio ordinario entro il termine), il processo si estingue definitivamente e il debitore avrà vinto la partita per inerzia della controparte. Questa soluzione è ora pacifica in giurisprudenza italiana: l’opposizione “caduca l’ingiunzione europea”, che perde efficacia, e sta poi al creditore dare impulso alla fase a cognizione piena. Il debitore, dal canto suo, non deve presentare alcuna ulteriore comparsa di risposta oltre all’opposizione già inoltrata (lo farà poi nel nuovo giudizio). Da notare che, secondo Cass. SU 2019, il debitore italiano può eccepire l’eventuale difetto di giurisdizione del giudice italiano anche se non lo aveva fatto prima: in quel caso, di regola, il giudice italiano investito dell’opposizione si dichiara incompetente e la domanda eventualmente si trasferirà al giudice estero competente. Sul punto torneremo parlando del caso Thomas Cook.
- Se l’ingiunzione europea proviene da un altro Stato membro: qui il debitore italiano ha inviato l’opposizione a un tribunale estero (es. tribunale di Parigi, o di Berlino, etc.). La causa quindi proseguirà all’estero, davanti a quel tribunale, secondo le regole di procedura di quello Stato. Ogni paese ha le proprie modalità: in alcuni l’opposizione può essere trattata come atto di citazione, in altri (come avviene ora in Italia) si invita il creditore a depositare un atto integrativo. In generale, però, il meccanismo comune è che il giudice d’origine, ricevuta l’opposizione, informa le parti che si andrà a giudizio ordinario. Spesso viene fissata direttamente un’udienza oppure una scadenza per memorie. È indispensabile a questo punto per il debitore farsi assistere da un avvocato abilitato in quello Stato (se già non lo ha). Infatti, mentre nella fase monitoria europea non era obbligatorio il legale, nella fase di merito si applicano le normali regole e in quasi tutti i sistemi se il valore supera una certa soglia o è tribunale, serve il patrocinio. Ad esempio, se il debitore italiano si è opposto a un’IPE emessa dal Tribunale Commerciale di Vienna, ora dovrà affrontare un giudizio in Austria secondo il codice di procedura civile austriaco, dove sarà necessaria la difesa tecnica. In questa fase potrà far valere compiutamente tutte le proprie eccezioni e difese (di merito e di rito). Il processo si svolgerà come una causa civile transnazionale ordinaria: il giudice deciderà nel merito se il credito esiste e in che misura.
Richiesta di estinzione da parte del creditore: Una particolarità: il Regolamento prevede che il creditore, nella domanda iniziale di ingiunzione, possa dichiarare che in caso di opposizione desidera l’estinzione del procedimento. Se il creditore ha optato per questa soluzione (poco frequente), significa che non vuole proseguire col giudizio ordinario in caso di contestazione, forse perché intende agire altrove o perché ritiene non conveniente. In tal caso, l’opposizione del debitore chiude definitivamente il procedimento: l’ingiunzione viene revocata e il processo finisce lì, senza giudizio di merito. Il creditore eventualmente potrà valutare altre azioni (per es. riprovare col decreto ingiuntivo nel paese del debitore, o iniziare causa ordinaria), ma dovrà ricominciare da zero. Dal punto di vista del debitore, se il creditore aveva espresso questa volontà di rinuncia condizionata, basta presentare opposizione per liberarsi dell’ingiunzione, senza ulteriori strascichi (salvo nuova iniziativa del creditore altrove). Il debitore dovrebbe poter leggere nell’ingiunzione se il creditore ha fatto tale scelta (è indicata nella parte relativa alla volontà ex art. 7.4 c) Reg.). In pratica però molti creditori non spuntano questa opzione, perché preferiscono comunque avere la chance di un giudizio.
Difese del debitore nel giudizio di merito successivo
Una volta avviata la fase di merito a seguito dell’opposizione, il debitore assume a pieno titolo il ruolo processuale di convenuto (se il creditore ripropone la domanda) o di attore opponente (in alcuni sistemi processuali come quello italiano, a seconda di come è vista l’opposizione). In ogni caso, ora vi è un contraddittorio bilaterale e il debitore può far valere tutte le eccezioni di fatto e di diritto per contestare il credito.
Ecco alcuni esempi di difese che il debitore potrà sollevare nel giudizio a cognizione piena:
- Eccezioni di merito sul rapporto sottostante: potrà contestare la fondatezza del credito adducendo, ad esempio, che il bene fornito era difettoso, che il servizio non è stato reso correttamente, che lui ha già risolto il contratto, o che ha già pagato in parte, o che il credito è prescritto, o compensato, ecc. Insomma, tutte le difese nel merito come in una causa ordinaria.
- Eccezione di incompetenza giurisdizionale: potrà sostenere che il giudice che ha emesso l’IPE non aveva giurisdizione internazionale sul caso. Ad esempio, se esisteva un accordo contrattuale che dava competenza esclusiva ai giudici italiani e invece il creditore ha adito un giudice francese, il debitore deve sollevare questo vizio nel giudizio di merito di opposizione. La Corte di Giustizia (caso Thomas Cook, 2015) ha chiarito che un’errata dichiarazione sulla giurisdizione fornita dal creditore (es. il creditore mente sul luogo di esecuzione del contratto per far risultare competente il proprio foro) non costituisce di per sé un motivo di riesame automatico dopo i 30 giorni: se il debitore era a conoscenza della clausola di giurisdizione, avrebbe dovuto opporsi tempestivamente e far valere il difetto di giurisdizione in quella sede. Dunque l’opposizione tempestiva è il momento giusto per farlo. Nel merito, il giudice ordinario verificherà la propria competenza: se effettivamente manca, normalmente dichiara l’incompetenza e la domanda verrà rigettata o trasferita al giudice competente (a seconda delle norme nazionali). Nel caso Thomas Cook, ad esempio, un hotel austriaco aveva ottenuto IPE in Austria contro un’agenzia di viaggi belga, nonostante una clausola contrattuale desse competenza ai giudici del Belgio; l’agenzia belga non fece opposizione in tempo, poi chiese riesame tardivo per errore sulla giurisdizione. La CGUE ha detto no: la giurisdizione erronea non è “errore manifesto” se il creditore ha semplicemente allegato diversamente, e non rientra nelle “circostanze eccezionali” che giustificano il riesame. L’eccezione di giurisdizione va quindi tempestivamente posta nel giudizio di opposizione. In Italia, la Cassazione SU 2019 ha confermato che il debitore può eccepirla come prima difesa nel giudizio ordinario successivo.
- Eccezioni di nullità della procedura monitoria: potrà far presente eventuali vizi occorsi nella fase di ingiunzione, ad esempio un vizio di notifica o la violazione di norme procedurali minime. Tuttavia, una volta nella fase ordinaria, questi profili spesso perdono rilevanza perché l’opposizione li ha già “sanati” avviando il contraddittorio. Ad esempio, se la notifica dell’IPE era nulla ma il debitore è comunque venuto a conoscenza e ha fatto opposizione, difficilmente chiederà l’annullamento dell’IPE per vizio di notifica – l’IPE è già caducata. Diverso sarebbe se, per ipotesi, la causa prosegue e si scopre un vizio che incide sul merito (ma scenario raro).
- Domande riconvenzionali: il debitore può anche approfittare del giudizio di merito per proporre riconvenzionalmente proprie pretese contro il creditore, se vi sono (ad esempio danni per inadempimento del creditore, o restituzioni). Ciò segue le regole nazionali sul cumulo.
In definitiva, il giudizio di merito post-opposizione è un normale processo civile tra creditore e debitore. Esso si concluderà con una sentenza che potrà accogliere, respingere o parzialmente accogliere la domanda del creditore. Quella sentenza, una volta definitiva, sarà valida come titolo esecutivo (anche essa riconoscibile in UE senza exequatur grazie al Regolamento Bruxelles I). Se il creditore vince, potrà eseguire la sentenza; se il debitore vince (totale rigetto della domanda), l’ingiunzione europea iniziale resta inefficace e il debitore nulla deve.
È importante notare che, a seguito dell’opposizione, l’ingiunzione europea non ha più alcun effetto esecutivo. Non è che resta un titolo sospeso: essa è “posta nel nulla”. Quindi il creditore, per ottenere coattivamente qualcosa, dovrà vincere il successivo giudizio ed eventualmente agire con la sentenza. Durante il giudizio ordinario, il creditore non può iniziare esecuzione forzata sulla base dell’IPE (essa non è esecutiva perché c’è opposizione). Nel procedimento italiano, diversamente dall’art. 648 c.p.c., non è prevista una provvisoria esecutività in corso di causa: l’ingiunzione europea o è esecutiva (se non c’è opposizione) o non lo è (se c’è opposizione). Non esiste l’equivalente di un’istanza di esecutorietà provvisoria in pendenza di opposizione.
Obbligo di mediazione o altri oneri processuali (focus Italia)
Un aspetto degno di nota, per completezza, riguarda l’eventuale obbligo di tentare mediazione o altre condizioni di procedibilità nel giudizio di merito, specialmente in Italia. Con la riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022) è stato introdotto l’obbligo di esperire un tentativo di mediazione in alcune materie (es. contratti bancari, assicurativi, condominio, locazione, ecc.) anche in caso di opposizione a decreto ingiuntivo (dopo la concessione o meno della provvisoria esecuzione). Nel caso di IPE opposta in Italia, la situazione è peculiare: terminata la fase monitoria europea, la causa prosegue come causa ordinaria, e se verte in una materia soggetta a mediazione obbligatoria, il giudice italiano potrà disporre che le parti intraprendano la mediazione. Ad esempio, se l’IPE riguardava crediti bancari (materia soggetta a mediazione), una volta in sede ordinaria il giudice inviterà le parti alla mediazione ex art. 5 D.lgs.28/2010. Questa è però una caratteristica del diritto processuale italiano; in altri paesi potrebbero non esserci analoghi obblighi. Il debitore deve essere pronto ad adeguarsi a tali eventuali passaggi procedurali se la causa prosegue in Italia.
Riepilogo degli effetti dell’opposizione per il debitore
Possiamo riassumere quanto sopra in pochi punti chiave dal punto di vista del debitore:
- Presentando opposizione entro 30 giorni, eviti che l’ingiunzione europea diventi esecutiva. Ciò scongiura un’esecuzione immediata contro di te in Italia o altrove.
- L’opposizione ti dà accesso a un giudizio di merito dove potrai spiegare le tue ragioni e far valere eventuali prove a tuo discarico. Non sei più vincolato al modulo, potrai articolare compiutamente la difesa.
- Devi però essere consapevole che affronterai una causa legale ordinaria: questo richiederà tempo (i benefici di velocità dell’IPE decadono) e potenzialmente costi (avvocati, spese processuali). Valuta sempre il rapporto costi/benefici: ha senso opporsi se credi di avere buone difese o se la somma è significativa. Se si tratta di piccole somme e sai di avere torto, opporsi potrebbe solo rimandare l’inevitabile con spese aggiuntive.
- Fino alla conclusione del giudizio ordinario, non devi pagare nulla forzosamente (l’ingiunzione non è titolo esecutivo). Il creditore dovrà attendere l’esito. Ciò può darti margine per trattative: talvolta, l’opposizione spinge le parti a negoziare un accordo transattivo.
- Se la controparte (creditore) desiste o non prosegue, l’ingiunzione decade e non dovrai nulla. Questo può capitare se il creditore si rende conto che la tua opposizione è fondata o se la lite non vale i costi.
- In ogni caso, non perdi mai la facoltà di pagare spontaneamente anche dopo: se durante la causa decidi di chiudere la vicenda pagando (perché magari emergono rischi maggiori), potrai farlo, eventualmente concordando una cessazione della lite.
Mancata opposizione: conseguenze e rimedi eccezionali per il debitore
Se il debitore non presenta opposizione nei 30 giorni (o la presenta oltre termine), l’ingiunzione di pagamento europea diventa definitiva ed esecutiva. Questo scenario merita attenzione perché, pur essendo il peggiore per il debitore, esistono ancora limitati rimedi in casi eccezionali per porvi rimedio, nonché alcune difese possibili in sede esecutiva. Esaminiamo dunque le conseguenze della mancata opposizione dal punto di vista del debitore e cosa può fare quest’ultimo a posteriori.
Dichiarazione di esecutività e portata del titolo esecutivo europeo
Decorso inutilmente il termine di 30 giorni, il giudice d’origine dichiara senza ritardo esecutiva l’ingiunzione di pagamento europea. In pratica, emette un’attestazione (di solito tramite un modulo standard denominato “Attestato di esecutività”) che viene trasmessa al creditore. Da quel momento, l’IPE ha la stessa forza di una sentenza passata in giudicato:
- Il debitore non può più contestare il merito del credito davanti al giudice d’origine, perché si intende che l’assenza di opposizione equivale a un riconoscimento implicito o comunque a una non contestazione vincolante. L’ingiunzione acquista efficacia di “res iudicata” (cosa giudicata) riguardo a quel credito.
- Il debitore non può opporsi al riconoscimento dell’ingiunzione negli altri Stati membri. Ad esempio, non potrebbe eccepire davanti a un giudice italiano che l’ingiunzione straniera non dovrebbe essere riconosciuta perché lui non era parte del processo – infatti aveva l’occasione per diventarlo opponendosi, e non l’ha colta.
- Il creditore può procedere all’esecuzione forzata nei confronti del debitore, sia nello Stato d’origine sia in qualsiasi altro Stato membro in cui reperisca beni del debitore. In pratica, il creditore munito di: a) copia dell’ingiunzione esecutiva (con attestato di esecutività), b) eventuale traduzione in lingua dello Stato di esecuzione, potrà rivolgersi agli ufficiali giudiziari/locali autorità competenti per avviare pignoramenti, ipoteche, sequestri, ecc. L’esecuzione si svolgerà secondo le norme interne dello Stato scelto (ad es., in Italia dovrà notificare un atto di precetto al debitore allegando l’ingiunzione europea esecutiva tradotta, e poi iniziare il pignoramento come da cod. proc. civ.).
- L’ingiunzione esecutiva è considerata anche “titolo esecutivo europeo” ai sensi di altri regolamenti comunitari, quindi usufruisce di circolazione libera. Non bisogna confondere l’IPE con il Regolamento (CE) 805/2004 sul titolo esecutivo europeo per crediti non contestati: quest’ultimo è un meccanismo diverso (certificazione di decisioni nazionali come TEE), mentre l’IPE è essa stessa un titolo esecutivo valido. In effetti, l’IPE per la sua natura è alternativa anche al ricorso al TEE.
Per il debitore, trovarsi un’ingiunzione europea non opposta significa quindi che il debito asserito dal creditore è ora esigibile coattivamente. Se non paga spontaneamente, rischia misure esecutive in qualunque paese UE dove abbia beni o redditi.
Rimedi posticipati: il riesame in casi eccezionali (art. 20 del Regolamento)
Il Regolamento 1896/2006, consapevole che possono verificarsi situazioni di particolare gravità o sfortuna in cui il debitore non ha potuto esercitare la difesa nei termini, prevede all’art. 20 una procedura di “riesame in casi eccezionali” dell’ingiunzione di pagamento europea. Si tratta di uno strumento straordinario, da usare come ultima risorsa, che consente al debitore di chiedere al giudice d’origine di annullare l’ingiunzione esecutiva in alcune circostanze limitate. Importante: non è un appello sul merito, ma un rimedio volto a sanare situazioni in cui la mancata opposizione non è dipesa da colpa del debitore oppure vi è un errore di base nell’ingiunzione.
Le ipotesi previste dall’art. 20 sono principalmente due (art. 20 §1 e §2):
- Irregolarità nella notifica o forza maggiore: il debitore può chiedere il riesame se prova che: (i) l’ingiunzione gli è stata notificata con una modalità senza certezza di ricevimento (quelle dell’art. 14 del Regolamento, ad es. per posta semplice) e tale notifica non gli ha permesso di presentare opposizione in tempo per ragioni a lui non imputabili; oppure (ii) per forza maggiore o circostanze eccezionali non imputabili a lui, non ha potuto opporsi. Questa è la tipica situazione del debitore che, senza sua colpa, viene a conoscenza dell’ingiunzione troppo tardi o è stato impossibilitato materialmente a reagire (esempi: il debitore era ricoverato in ospedale in coma durante i 30 giorni; oppure l’ingiunzione inviata per posta all’indirizzo risultante ma lui si era trasferito e la posta è andata smarrita; oppure ancora eventi come terremoti, guerre, ecc.). In tali frangenti, la legge concede una “seconda chance” perché non sarebbe giusto che il debitore subisca le conseguenze di eventi fuori dal suo controllo. Importante: anche in questi casi, il debitore deve agire tempestivamente non appena viene a conoscenza dell’ingiunzione. Non c’è un termine fisso (il Regolamento dice di agire “tempestivamente”), ma è implicito che il debitore non deve “dormire” una volta scoperto l’accaduto.
- Errore manifesto nell’emissione dell’ingiunzione: il debitore può chiedere riesame se l’ingiunzione di pagamento “risulta manifestamente emessa per errore” tenuto conto dei requisiti del Regolamento, oppure “a causa di altre circostanze eccezionali”. Questa previsione è più nebulosa, ma copre situazioni in cui il giudice d’origine avrebbe chiaramente dovuto respingere la domanda di IPE e invece l’ha accolta per errore, o in cui emergono fatti gravi successivamente. Ad esempio, si potrebbe invocare se l’ingiunzione è stata emessa in violazione palese del Regolamento: poniamo che il credito riguardasse una materia esclusa (es. assegno di mantenimento, espressamente escluso dall’ambito civile e commerciale comunitario) o un caso in cui mancava totalmente la transnazionalità – situazioni in cui il giudice proprio non aveva autorità di emetterla. Oppure se viene scoperto che il creditore ha ottenuto l’ingiunzione con dolo o frode presentando informazioni false (il Considerando 25 cita ad esempio l’ipotesi di “informazioni false fornite nel modulo di domanda” come possibile circostanza eccezionale). In tal caso, il debitore può chiedere di annullare l’ingiunzione perché viziata ab origine.
Il procedimento di riesame va attivato dallo stesso debitore, con ricorso al giudice che ha emesso l’ingiunzione. Non esiste un modulo standard europeo per questo (ogni paese può avere un proprio modulo o si fa in forma libera motivata). Il debitore deve esporre i motivi rientranti in una delle categorie suddette e possibilmente supportarli con prove (es: attestati di ricovero, documenti che mostrano notifiche inesistenti, ecc.).
Effetti e decisione sul riesame: se il debitore chiede il riesame:
- Il giudice può, in attesa della decisione sul riesame, sospendere l’esecuzione o limitarla a misure cautelari, su istanza del debitore, specie se c’è già un processo esecutivo in corso altrove (art. 23 Reg.). Ad esempio, se il debitore italiano scopre l’IPE solo quando i beni vengono pignorati, farà istanza al giudice dell’esecuzione in Italia di sospendere il pignoramento segnalando che ha presentato domanda di riesame al giudice estero.
- Il giudice d’origine poi decide: se respinge la domanda di riesame, dichiarando che nessuno dei motivi addotti rientra in quelli ammessi, l’ingiunzione europea resta esecutiva (quindi nessun cambiamento). Se invece il giudice ritiene fondato il motivo di riesame, dichiara nulla l’ingiunzione europea. In tal caso, l’ingiunzione viene annullata e perde efficacia come titolo; è come se venisse revocata a posteriori. Ciò ovviamente non estingue il credito in sé: il creditore, se vuole, potrà magari intraprendere un’azione ordinaria o correggere gli errori e richiedere un nuovo provvedimento, ma intanto quel procedimento monitorio è azzerato.
La Corte di Giustizia UE ha sottolineato che l’istituto del riesame va interpretato in modo restrittivo: è pensato per circostanze veramente eccezionali, “non una seconda possibilità per il debitore di contestare il credito”. Ad esempio, nella citata causa Thomas Cook (C-245/14), il debitore cercava di usare il riesame per far valere il difetto di giurisdizione che conosceva sin dall’inizio; la Corte ha negato il riesame, affermando che il debitore doveva opporsi nei termini ordinari e che ampliare il riesame a casi del genere comprometterebbe la rapidità e certezza dello strumento. Quindi, non ci si può affidare al riesame per ovviare a una semplice dimenticanza o negligenza del debitore nel fare opposizione. Serve qualcosa di più oggettivo e grave.
Esempi concreti in cui il riesame è stato concesso dai giudici nazionali (traendo spunto dalla prassi e dalle linee guida europee):
- Debitore che non ha mai ricevuto l’ingiunzione perché inviata a un vecchio indirizzo malgrado avesse comunicato la variazione (notifica non andata a buon fine e non per colpa sua).
- Debitore che per un evento di forza maggiore (calamità naturale) era impossibilitato a ricevere la posta o ad attivarsi.
- Ingiunzione emessa contro persona deceduta prima della notifica (ovviamente i successori potrebbero chiedere l’annullamento).
- Errore del giudice: ad esempio, emissione di IPE nonostante il credito fosse manifestamente prescritto secondo la legge applicabile (questo è borderline, perché dipende da quanto “manifesto” fosse).
- Frode: il creditore ha allegato un contratto falso che poi viene scoperto, ecc.
Se il giudice accoglie il riesame e annulla l’IPE, le eventuali misure esecutive già iniziate decadono. In teoria, se il creditore ha già pignorato qualcosa, quell’esecuzione dovrà essere estinta. Il debitore potrebbe dover fare istanza al giudice dell’esecuzione producendo la decisione di annullamento per ottenere la liberazione dei beni.
Va evidenziato che l’art. 20 non prevede un termine preciso per chiedere il riesame, ma esso deve essere fatto “tempestivamente”. È consigliabile farlo subito appena venuti a conoscenza del problema. Se un debitore scopre dopo un anno dell’esistenza di un’IPE, dovrebbe attivarsi immediatamente: un ritardo ingiustificato potrebbe indurre il giudice a respingere il riesame per tardività implicita.
Opposizione all’esecuzione nello Stato membro di esecuzione
Al di fuori del riesame dinanzi al giudice d’origine, il debitore può cercare di difendersi durante l’esecuzione forzata nello Stato in cui il creditore procede (ad esempio in Italia). Occorre però chiarire che, a differenza di quanto avviene per i decreti ingiuntivi italiani, non è ammessa un’opposizione di merito all’esecuzione: l’art. 22, par. 3 del Regolamento è esplicito nel vietare qualsiasi riesame sul merito del credito nello Stato di esecuzione. Quindi il debitore non può adire il giudice dell’esecuzione italiano contestando l’ingiunzione europea perché, ad esempio, “non dovevo quei soldi” o “la merce era difettosa”. Queste contestazioni sono precluse: doveva farle nei 30 giorni o tramite riesame.
Tuttavia, l’art. 22 prevede due motivi specifici per cui il giudice dell’esecuzione deve rifiutare (anche parzialmente) l’esecuzione su istanza del debitore:
- Decisione o ingiunzione anteriore incompatibile: se esiste una decisione giudiziaria o un’ingiunzione precedente emessa tra le stesse parti e sullo stesso oggetto, incompatibile con l’IPE, e tale decisione precedente soddisfa le condizioni per essere riconosciuta nello Stato di esecuzione, e il debitore non ha potuto far valere questa incompatibilità nel procedimento d’origine. In parole semplici, se c’era già un giudicato o un decreto ingiuntivo precedente – magari in Italia – sullo stesso credito (o che escludeva quel credito) e ora il creditore ha ottenuto una IPE confliggente, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione di non dare corso perché c’è già una pronuncia antecedente. Un esempio: Tizio ottiene in Francia un’IPE contro Caio per un credito; ma Caio e Tizio avevano già litigato in Italia sullo stesso credito e c’è una sentenza passata in giudicato che dà ragione a Caio (dunque nega il credito). Caio non si è opposto all’IPE francese magari perché notificata male. In sede esecutiva in Italia, Caio potrà far valere la sentenza italiana precedente per bloccare l’esecuzione dell’IPE francese, essendo le due pronunce incompatibili.
- Pagamento dell’importo dovuto: se il debitore ha già pagato integralmente o parzialmente l’importo indicato nell’ingiunzione, l’esecuzione dev’essere rifiutata (in toto o in parte) su sua istanza. Questo consente di evitare che il creditore realizzi coattivamente somme non più dovute. Naturalmente il debitore deve provare il pagamento (ricevute, quietanze). Questo motivo è rilevante ad es. se il debitore, scaduti i 30 gg, decide di pagare spontaneamente per evitare pignoramenti: se il creditore fosse sleale e tentasse comunque un’esecuzione, il debitore può fermarla producendo prova del pagamento già effettuato.
Questi motivi si fanno valere di solito con un’opposizione all’esecuzione nel paese in questione (ad esempio, opposizione ex art. 615 c.p.c. in Italia), limitatamente a tali profili. Il giudice italiano competente può sospendere l’esecuzione se ritiene fumus in attesa di decidere.
Oltre a ciò, abbiamo già menzionato la possibilità, ex art. 23, che se pende un’istanza di riesame presso il giudice d’origine, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione di sospendere o limitare l’esecuzione in attesa dell’esito. Questa è una tutela importante: evita che durante il (eventualmente lungo) tempo necessario al giudice d’origine per decidere sul riesame, il creditore porti via beni al debitore. Il giudice può sospendere completamente oppure consentire solo misure cautelari (pignoramento con custodia, ma non liquidazione) o subordinare la prosecuzione dell’esecuzione a una cauzione da parte del creditore.
Infine, il debitore potrà sempre far valere eventuali irregolarità formali del processo esecutivo secondo le norme dello Stato di esecuzione (es: impropria notificazione del precetto, pignoramento ultra vires, ecc.), come per qualunque esecuzione forzata.
Caso particolare: tutela del consumatore e clausole abusive
Un discorso a parte merita la situazione in cui il debitore è un consumatore e l’ingiunzione europea deriva da un contratto contenente clausole abusive. In generale, il diritto UE (Direttiva 93/13/CEE) impone ai giudici di rilevare d’ufficio la presenza di clausole abusive nei contratti con consumatori, anche se il consumatore non lo eccepisce. Questo principio è stato affermato più volte dalla Corte di Giustizia in relazione ai decreti ingiuntivi nazionali non opposti: la CGUE ha stabilito che l’esigenza di protezione del consumatore prevale sull’eventuale giudicato formale di un decreto non opposto. In particolare, in due decisioni del 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, e cause collegate), la Corte ha sancito che il giudice dell’esecuzione deve verificare d’ufficio l’eventuale natura abusiva delle clausole contrattuali su cui si fonda il credito anche se il provvedimento monitorio è divenuto definitivo per mancata opposizione. Ciò ha portato ad ammettere, nei singoli ordinamenti (Italia compresa), che il giudice dell’esecuzione possa sospendere e di fatto vanificare un decreto ingiuntivo passato in giudicato qualora emerga che il credito riguardava, ad esempio, interessi usurari o clausole vessatorie non valutate in precedenza.
Come si innesta ciò sull’ingiunzione di pagamento europea? Il Regolamento 1896/2006 non prevede esplicitamente questo correttivo, e anzi come detto art. 22.3 esclude il riesame del merito nello Stato di esecuzione. Tuttavia, se l’ingiunzione europea è stata ottenuta ad esempio da una banca contro un consumatore per un contratto con clausole abusive (mettiamo, penali sproporzionate), e il consumatore non ha fatto opposizione, si pone un conflitto tra:
- il principio di autorità della cosa giudicata e di mutuo riconoscimento (che vorrebbe l’IPE intoccabile in esecuzione),
- e il principio di tutela effettiva del consumatore.
Non risultano (allo stato di giugno 2025) pronunce specifiche della CGUE su IPE e clausole abusive, ma è verosimile che i principi generali valgano anche qui. Quindi un giudice dell’esecuzione italiano, investito del caso, potrebbe — seguendo l’orientamento 2022 — sollevare d’ufficio la questione di nullità delle clausole e sospendere l’esecuzione in attesa che il creditore provi il credito epurato dalle clausole abusive. Si noti che ciò non confligge necessariamente col Regolamento, perché la Corte UE in quelle sentenze ha motivato che la tutela del consumatore è parte dell’ordine pubblico europeo e giustifica una deroga al giudicato, in nome del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (art. 47 Carta UE). Quindi, sebbene il Reg. 1896 non lo dica, uno Stato può (anzi deve) assicurare che un consumatore non venga espropriato in base a un titolo formatosi senza contraddittorio su crediti forse inficiati da clausole abusive. In pratica, il giudice dell’esecuzione non riesamina il merito del credito libero, ma effettua un controllo limitato di legalità sulle clausole contrattuali, che è un obbligo derivante dalla direttiva. Si potrebbe ipotizzare che, in un caso del genere, il giudice dell’esecuzione italiano sospenda e magari invii la questione interpretativa alla Corte di Giustizia per conferma.
In sintesi: se sei un consumatore e ti sei visto arrivare un’IPE per un contratto contenente clausole che ritieni abusive (interessi esagerati, penali, ecc.) e purtroppo non hai fatto opposizione in tempo, tutto non è perduto. Puoi sollevare davanti al giudice dell’esecuzione l’eccezione di nullità di tali clausole. E c’è una concreta prospettiva che il giudice accolga l’eccezione e blocchi l’esecuzione, in linea con la giurisprudenza UE sulla protezione del consumatore. Ciò ovviamente complica e va oltre il testo del Regolamento, ma rientra nel coordinamento tra questo e le norme di tutela consumeristica.
Simulazioni pratiche (casi tipici dal punto di vista del debitore)
Di seguito presentiamo alcune simulazioni di situazioni ricorrenti che coinvolgono debitori italiani e ingiunzioni di pagamento europee emesse da altri Stati membri, illustrando le possibili strategie difensive e l’esito prevedibile sulla base delle norme e sentenze esaminate.
Caso 1: Fornitura internazionale e contestazione del debitore italiano
Scenario: Una società francese fornisce merce a un’impresa italiana (debitrice). La fattura di €50.000 rimane insoluta; l’impresa italiana lamenta difetti nella merce e ritiene di non dover pagare l’intero importo. Il fornitore francese, per recuperare rapidamente il credito, sceglie la via dell’ingiunzione europea e la ottiene dal Tribunale di Parigi. L’ingiunzione europea viene notificata all’impresa italiana (in italiano, tramite l’ufficiale giudiziario francese per posta, con avviso di ricevimento). L’amministratore italiano riceve l’atto, compila il modulo di opposizione indicando che “contesta integralmente il credito per merce difettosa” e lo invia entro 30 giorni a Parigi.
Difesa e sviluppi: L’opposizione è stata tempestiva e formulata correttamente. Il Tribunale di Parigi informa le parti che la procedura proseguirà con un giudizio ordinario. In Francia, il procedimento monitorio europeo viene incardinato presso il tribunal judiciaire; l’opposizione viene trattata come atto introduttivo del giudizio di merito (il giudice fissa udienza, il creditore deposita memo integrative). L’impresa italiana, ora convenuta in Francia, nomina un avvocato francese. Nel giudizio di merito, l’avvocato italiano fa valere che la merce consegnata era non conforme al contratto, depositando perizia tecnica, e chiede rigetto totale della domanda (o quantomeno riduzione del prezzo). Il giudice francese dovrà valutare nel merito: se riterrà provati i difetti, potrebbe respingere la domanda del fornitore (il che chiuderebbe la vicenda a favore dell’italiana), oppure accogliere parzialmente (ordinando il pagamento magari di una somma ridotta a fronte dei difetti), oppure accogliere interamente se giudica infondata la contestazione del debitore. In ogni caso, grazie all’opposizione l’impresa italiana ha ottenuto di poter discutere la causa, mentre se fosse rimasta inerte si sarebbe trovata in breve un’esecuzione internazionale sul conto corrente. Dal punto di vista strategico, l’impresa italiana ha agito correttamente opponendosi. Avrebbe anche potuto tentare un accordo transattivo: spesso, l’avvio di un contenzioso induce le parti a negoziare (ad esempio il fornitore, per evitare lungaggini, potrebbe offrire uno sconto). Nel nostro scenario, supponiamo che durante il giudizio le parti trovino un accordo: l’italiana paga €30.000 a saldo e stralcio e il fornitore rinuncia alla causa. Formalmente, l’opposizione viene estinta per transazione e l’IPE iniziale non produce effetti (se non quelli dell’accordo). Conclusione: il debitore italiano, opponendosi, ha potuto evitare di pagare €50.000 non dovuti e ha negoziato un esito più equo.
Caso 2: Debitore italiano inconsapevole per vizio di notifica
Scenario: Un professionista italiano riceve nel 2024 una lettera semplice (non raccomandata) in tedesco da un Tribunale austriaco, che ignora perché scritta in lingua straniera sconosciuta. Si trattava in realtà di un’ingiunzione di pagamento europea ottenuta da un cliente austriaco, ma la busta non conteneva il modulo di informativa sul diritto di rifiutare (avrebbe dovuto esserci, ma è mancato). Il professionista dunque non capisce che era un atto giudiziario e non presenta opposizione. Dopo alcuni mesi, il cliente austriaco ottiene l’esecutività e avvia un’esecuzione in Italia: l’ufficiale giudiziario notifica al professionista un atto di pignoramento del conto corrente, allegando l’ingiunzione europea esecutiva con traduzione in italiano (solo a questo punto il debitore realizza di cosa si tratta).
Difesa e sviluppi: In questa situazione, il debitore italiano si è visto privare della possibilità di difesa per una irregolarità nella notifica a lui non imputabile (l’atto in lingua straniera senza informativa). Egli ha due azioni parallele da compiere immediatamente: (a) presentare domanda di riesame al Tribunale austriaco ex art. 20 Reg., spiegando che non ha potuto opporsi in tempo perché l’ingiunzione non era tradotta né accompagnata dall’avviso di diritto al rifiuto; (b) rivolgersi al giudice dell’esecuzione italiano (tribunale del luogo del pignoramento) chiedendo la sospensione ex art. 23 Reg. in attesa della decisione sul riesame. Inoltre, potrà contestare l’atto di pignoramento per nullità della notifica del titolo. Con molta probabilità: il giudice italiano, visto il palese vizio (già dichiarato rilevante dalla CGUE nel caso Catlin Europe), sospenderà il pignoramento; il giudice austriaco accoglierà la richiesta di riesame e annullerà l’ingiunzione. Risultato: il titolo esecutivo viene meno, l’esecuzione si estingue, e il creditore dovrà semmai rifare la procedura correttamente. In futuro, se il creditore volesse ancora perseguire il professionista italiano, dovrebbe riniziare (magari stavolta traducendo gli atti). Il debitore italiano, in questo scenario, è protetto: la legge lo tutela perché l’errore nella notifica non era colpa sua. Conclusione: grazie al rimedio del riesame il debitore evita un’esecuzione ingiusta; questo caso evidenzia l’importanza di far valere i vizi di notifica, che secondo la CGUE impediscono al termine di opposizione di decorrere e quindi impediscono all’ingiunzione di divenire definitiva.
Caso 3: Ingiunzione europea da giudice italiano e inerzia del creditore
Scenario: Un’azienda tedesca vanta un credito di €8.000 verso un cliente (società) italiano per una fornitura. Decide, su consiglio legale, di utilizzare l’ingiunzione europea ma, considerato che il debitore è in Italia, preferisce presentare la domanda direttamente in Italia (cosa possibile se la giurisdizione è italiana – ad es. se la consegna è avvenuta in Italia, o c’è clausola proroga a Italia). Ottiene così un’ingiunzione di pagamento europea dal Tribunale di Milano. La notifica al debitore italiano va a buon fine. Il debitore, ritenendo di avere ragioni (sostiene di aver già pagato parte e di aver crediti in compensazione), fa opposizione entro 30 giorni dinanzi al Tribunale di Milano.
Difesa e sviluppi: L’opposizione è ricevuta dal giudice italiano. A questo punto, in base alla procedura italiana (Cass. SU 2019), il Tribunale di Milano invia comunicazione all’azienda tedesca creditrice avvisandola dell’opposizione e assegnando, poniamo, 90 giorni di tempo per riassumere la causa con atto di citazione secondo il rito ordinario. Supponiamo però che l’azienda tedesca, per le proprie valutazioni (magari ritiene la controparte insolvente, o ha scarsa documentazione), decida di non proseguire e lasci scadere il termine senza citare in giudizio il debitore. In tal caso, decorso il termine, il Tribunale di Milano dichiara estinto il procedimento ai sensi dell’art. 307 c.p.c. (applicato per analogia). Ciò significa che l’ingiunzione europea non ha più alcun effetto e la pendenza è finita. Il debitore italiano, che era pronto alla battaglia, di fatto si vede vincitore per default del creditore. Non dovrà pagare nulla (oltre eventualmente a chiedere le spese se ne ha diritto). Conclusione: l’opposizione del debitore ha costretto il creditore a venire in campo aperto; il creditore ha desistito e il debitore ne ha tratto beneficio chiudendo la vicenda senza esborso. Questo esempio dimostra che molti creditori usano l’IPE come strumento di pressione confidando nell’inerzia del debitore; ma un debitore attivo può far decadere quell’ingiunzione e, se il creditore non è determinato, liberarsi del tutto.
Caso 4: Mancata opposizione e clausola abusiva
Scenario: Un consumatore italiano ottiene un prestito da una banca irlandese online. Il contratto (standard) contiene una clausola di penale del 20% in caso di ritardo. Il consumatore, per difficoltà economiche, non rimborsa €1.000 e la banca attiva un’ingiunzione di pagamento europea presso il Circuit Court di Dublino chiedendo €1.000 + €200 di penale + interessi. L’ingiunzione viene regolarmente notificata al consumatore, ma questi – spaventato e non conoscendo bene i suoi diritti – non fa opposizione entro i 30 giorni. L’ingiunzione diventa esecutiva. La banca avvia esecuzione in Italia per €1.200 più interessi su stipendio del consumatore.
Difesa e sviluppi: Il consumatore, rivolgendosi a un legale in Italia, apprende che la clausola penale del 20% potrebbe essere considerata vessatoria/abusiva perché sproporzionata e non negoziata individualmente (in base alla normativa consumatori). Anche se ormai l’ingiunzione è definitiva, l’avvocato propone di fare opposizione all’esecuzione presso il Tribunale, sostenendo che far valere un titolo contenente importi derivanti da clausole abusive viola l’ordine pubblico europeo e che il giudice dell’esecuzione deve rilevarlo d’ufficio. Il giudice italiano, seguendo la giurisprudenza CGUE in materia di tutela del consumatore, potrebbe in effetti esaminare la clausola: constatata l’abusività, potrebbe espungere la penale. Ciò porterebbe a ritenere che il titolo IPE è parzialmente inefficace per €200. Come formalizzarlo? Il giudice dell’esecuzione potrebbe ridurre di €200 l’importo esecutivo, oppure sospendere l’esecuzione e invitare la banca a rideterminare il credito senza quella clausola (in pratica riaprendo il contraddittorio su quella parte). Non essendoci un precedente specifico sull’IPE, è difficile dire esattamente il metodo, ma lo scopo sarebbe evitare che il consumatore paghi una quota non dovuta. È possibile che la banca, vista l’aria, preferisca rinunciare alla penale e procedere solo per €1.000, accordandosi. Conclusione: anche a consumatore inerte rimangono spiragli di difesa grazie alle norme imperative a tutela dei consumatori. Certo, affidarsi a questa via ex post è rischioso (era meglio opporsi subito e far valere l’abusività in sede di merito), però la legge e la giurisprudenza forniscono un paracadute per evitare ingiustizie macroscopiche a danno del contraente debole.
Domande frequenti (FAQ) sulla difesa contro un’IPE
D: Che cos’è, in parole semplici, un’ingiunzione di pagamento europea?
R: È un ordine di pagamento emesso da un giudice europeo, senza processo ordinario, con cui si impone a un debitore di pagare una somma di denaro. Viene utilizzato in casi transfrontalieri (tra soggetti di Stati UE diversi) per crediti chiari e non contestati. Se il debitore non reagisce entro 30 giorni, l’ingiunzione diventa definitiva ed esecutiva in tutta l’UE. In pratica, è l’equivalente europeo del decreto ingiuntivo.
D: Quando può essere usata l’ingiunzione europea invece del decreto ingiuntivo italiano?
R: Solo quando c’è un elemento transfrontaliero. Ad esempio, creditore e debitore sono in Paesi diversi dell’UE. Inoltre dev’essere materia civile o commerciale e il credito deve essere pecuniario (soldi) liquido ed esigibile, non contestato dal debitore. Se entrambe le parti sono in Italia, non si applica (si userà il decreto ingiuntivo nazionale). Se il credito riguarda materie escluse (es. diritto di famiglia, successioni, debiti fiscali, ecc.), non si può usare l’IPE.
D: Ricevere un’ingiunzione europea significa che c’è già stata una causa contro di me?
R: No. Significa che il creditore ha chiesto ed ottenuto un ordine di pagamento senza una causa in contraddittorio. Il giudice ha emesso l’ingiunzione basandosi solo su ciò che il creditore ha dichiarato, senza sentire il debitore. Perciò il debitore ha ancora la possibilità di difendersi, ma deve attivarsi lui (opponendosi). Se non lo fa, l’ingiunzione acquista valore di sentenza definitiva.
D: Cosa devo fare appena mi notificano un’ingiunzione di pagamento europea?
R: Leggi con attenzione tutti i documenti. Controlla l’importo, chi è il creditore, di che credito si tratta. Nota la data di notifica e calcola 30 giorni. Se non sei d’accordo col credito, prepara subito l’opposizione. Usa il modulo allegato (modulo F) o scrivi una lettera al tribunale che ha emesso l’ingiunzione dicendo che ti opponi. Invia il tutto con un mezzo che prova la spedizione (raccomandata, PEC se possibile, fax). Se invece riconosci il debito e puoi pagare, valuta di pagare entro 30 giorni per chiudere la questione (comunicandolo eventualmente al giudice). Non ignorare l’ingiunzione: l’inerzia è l’errore peggiore, perché dopo 30 giorni diventa esecutiva.
D: In che lingua deve essere l’ingiunzione? La mia è in tedesco, posso ignorarla?
R: L’atto dovrebbe esserti notificato in una lingua che comprendi o nella lingua ufficiale del tuo Stato. Se così non è, dovrebbe esserci un modulo che ti informa che puoi rifiutare l’atto entro breve tempo per farlo rimandare tradotto. Se hai ricevuto un’ingiunzione solo in tedesco e nessuna spiegazione in italiano, formalmente potresti rifiutarla. Tuttavia la cosa migliore è comunque reagire: puoi scrivere al mittente (il tribunale straniero) dichiarando che rifiuti l’atto perché non tradotto. E parallelamente, per sicurezza, potresti inviare comunque opposizione (in italiano o in inglese) spiegando che non hai compreso l’atto. La Corte di Giustizia ha detto che se non ti hanno informato del diritto di rifiuto, il termine dei 30 giorni non decorre affatto finché non ti regolarizzano la notifica. Quindi hai un margine di tutela. Ma è rischioso restare passivo: meglio segnalare subito la mancanza di traduzione, così rimandi la notifica al mittente.
D: Come si fa esattamente opposizione? Devo andare all’estero?
R: Non necessariamente. L’opposizione si fa in forma scritta. Di solito hai un modulo allegato, il modulo F, dove compili i campi richiesti (numero dell’ingiunzione, tribunale, tuo nome, etc.) e firmi dichiarando che ti opponi. Puoi inviarlo per posta raccomandata internazionale all’indirizzo indicato sull’ingiunzione (o via fax se è fornito). Conserva copia e ricevuta. Non devi comparire di persona solo per l’opposizione. Se preferisci, puoi incaricare un avvocato sul posto per inviarla, ma non è obbligatorio. L’importante è che arrivi entro 30 giorni al tribunale emittente. In seguito, se ci sarà un processo, allora sì dovrai curare la difesa (eventualmente tramite legale e magari andando in udienza, ma dipende dal Paese e dalla causa).
D: Devo spiegare perché mi oppongo?
R: No, non è necessario spiegare nel modulo di opposizione il motivo dettagliato. Basta dichiarare che contesti il credito (anche con una frase tipo “Contesto integralmente la pretesa”). Non allegare prove in questa fase, non serve. I motivi li potrai sviluppare nel successivo giudizio ordinario. Se vuoi, puoi aggiungere due righe esplicative, ma non è obbligatorio e soprattutto la validità dell’opposizione non dipende da cosa scrivi: anche un’opposizione immotivata blocca l’ingiunzione.
D: Dopo che ho fatto opposizione, cosa succede?
R: Succede che l’ingiunzione europea si “trasforma” in una causa civile ordinaria. In pratica l’ordine di pagamento non vale più come tale, e il caso viene trattato come una normale controversia davanti a un giudice. Se il giudice era straniero, la causa si svolgerà all’estero secondo le leggi locali (dovrai difenderti lì). Se il giudice era italiano, la causa proseguirà in Italia secondo le regole italiane: il creditore dovrà fare un atto di citazione e sarete in giudizio qui. In entrambi i casi, tu potrai finalmente far valere le tue ragioni nel merito. Dovrai probabilmente nominare un avvocato per il giudizio (specie se all’estero, serve un legale di lì). La durata e le fasi dipenderanno dal paese: potrebbe esserci scambio di memorie, udienze di comparizione, ecc. In sintesi: l’opposizione porta la disputa su un binario di processo normale.
D: L’ingiunzione europea opposposta rimane valida per la parte non contestata?
R: Se ti opponi, tutta l’ingiunzione è caducata, non solo in parte. Non c’è un meccanismo automatico di “parziale esecutività” come nel decreto ingiuntivo italiano. Esempio: ingiunzione UE di €10.000 e tu contesti solo €2.000? Formalmente l’opposizione blocca l’intero titolo. Poi potrai in giudizio dichiarare che riconosci €8.000 e contesti €2.000 – magari pagando anche gli €8.000 subito. Ma intanto l’ingiunzione come titolo esecutivo è sospesa interamente. Nota: Alcuni creditori in questi casi possono rinunciare in parte al credito per evitare il contenzioso sull’intera somma, ma a livello procedurale con l’opposizione si va a causa su tutto. Sarà il giudice poi a eventualmente emettere sentenza che condanna per €8.000 e rigetta per €2.000.
D: Se mi oppongo, posso comunque cercare un accordo con il creditore?
R: Certo. L’opposizione non preclude la possibilità di transigere. Anzi, a volte proprio l’opposizione spinge il creditore a trattare (perché capisce che non otterrà facilmente il pagamento integrale). Potete accordarvi in qualsiasi momento: il creditore potrà rinunciare all’ingiunzione e voi trovate un’intesa. Ad esempio, potete fare un piano di rientro o abbassare l’importo. Se l’accordo avviene a processo iniziato, di solito si formalizza con una cessazione della materia del contendere o un verbale di conciliazione. In un contenzioso estero, valutate di formalizzare l’accordo con attenzione (magari traducendolo) e di comunicare congiuntamente al giudice la soluzione.
D: Non ho fatto opposizione in tempo. È definitivo al 100% o ho ancora speranze?
R: Diventa quasi definitivo. La regola è che dopo 30 giorni senza opposizione, l’ingiunzione è esecutiva e non più contestabile nel merito. Però, come spiegato, l’art. 20 del Regolamento ti dà uno spiraglio in casi eccezionali: se davvero non hai colpa (non l’hai saputo, c’era forza maggiore) oppure se c’è un errore palese, puoi chiedere al giudice che l’ha emessa un riesame straordinario. È come dire al giudice: “Guardi che non mi sono opposto per cause di forza maggiore, per favore annulli comunque l’ingiunzione”. Devi farlo subito appena ne vieni a conoscenza. Se il giudice d’origine accoglie, l’ingiunzione viene annullata e puoi poi difenderti nel merito. Se respinge, purtroppo il titolo resta valido. A parte il riesame, potrai opporti all’eventuale esecuzione solo per motivi molto limitati (ad esempio se hai già pagato o c’era un precedente giudicato). In generale, senza opposizione tempestiva il margine di difesa si restringe tantissimo.
D: Se l’ingiunzione diventa esecutiva, possono pignorarmi beni in Italia?
R: Sì. L’ingiunzione europea esecutiva vale come titolo esecutivo interno, quindi il creditore può farla valere per il pignoramento dei tuoi beni in Italia. Dovrà munirsi di una traduzione ufficiale in italiano, allegarla, e ad esempio notificarti un atto di precetto citando l’ingiunzione UE come titolo. Trascorsi i 10 giorni di rito, potrà procedere a pignorare conti, stipendi, immobili ecc., secondo la legge italiana. Non serve nessuna omologazione da parte di un giudice italiano: l’abolizione dell’exequatur significa proprio che l’ingiunzione UE entra direttamente in fase esecutiva.
D: Posso bloccare o ritardare l’esecuzione in Italia di un’ingiunzione UE?
R: Dipende dai casi. Se hai chiesto il riesame al giudice estero, puoi chiedere al giudice dell’esecuzione italiano di sospendere l’esecuzione nel frattempo. Se hai già pagato parte o tutto, puoi opporti all’esecuzione per quel motivo (presenti le quietanze e il giudice dovrebbe limitare o fermare l’esecuzione). Oppure se c’è un’altra sentenza precedente sullo stesso oggetto (ad esempio una tua vittoria in un’altra causa con lo stesso creditore) puoi far valere quella per far dichiarare inammissibile l’esecuzione in conflitto. Ma non puoi chiedere al giudice italiano di riesaminare il merito del credito o dire “non dovevo quei soldi” – quella fase è preclusa. Fanno eccezione i casi di clausole abusive in contratti di consumo: lì, come detto, un giudice italiano può intervenire d’ufficio e proteggerti anche tardivamente. In ogni caso, per cercare di bloccare l’esecuzione dovrai muoverti per vie legali (opposizione esecutiva) e spesso offrire qualche prova tangibile della ragione (es. ricevuta di pagamento).
D: L’ingiunzione europea ha anche efficacia di titolo esecutivo europeo (TEE)?
R: Sì, di fatto ha efficacia paragonabile. Il titolo esecutivo europeo disciplinato dal Reg. 805/2004 è un meccanismo distinto, che trasforma decisioni nazionali in titoli circolanti in UE. L’ingiunzione UE, invece, nasce già come provvedimento valido in tutta l’UE senza bisogno di exequatur. Una volta esecutiva, è riconosciuta automaticamente in ogni Stato (tranne Danimarca). Possiamo dire che un’IPE esecutiva è essa stessa un titolo esecutivo europeo. Non occorre alcuna certificazione aggiuntiva (sebbene il modulo di esecutività svolga un po’ questo ruolo). Dunque il creditore non dovrà chiedere un TEE: potrà usare direttamente l’IPE.
D: Se c’è già un decreto ingiuntivo italiano o una sentenza italiana e poi arriva un’IPE sullo stesso credito, posso oppormi?
R: Sì, questa è la situazione dell’art. 22 par.1: se esiste un provvedimento precedente (italiano o di altro paese) sullo stesso oggetto e tra le stesse parti, e l’IPE è incompatibile con quello, puoi farlo valere per bloccare l’esecuzione. L’importante è che tu non abbia avuto modo di sollevare questa eccezione prima. Ad esempio, se avevi già un decreto ingiuntivo italiano a tuo favore che dichiarava che nulla era dovuto, e poi il creditore va in un altro paese e ottiene IPE contro di te (evento patologico ma ipotetico), il giudice italiano dell’esecuzione non permetterà l’esecuzione di quest’ultima perché contraria al provvedimento italiano precedente. In pratica, tra due decisioni contrastanti, prevale la prima nel tempo se riconoscibile.
D: L’ingiunzione europea è poco conosciuta: conviene al debitore che il creditore l’abbia usata?
R: Dipende. Per il debitore può essere un’arma a doppio taglio. Da un lato, la procedura IPE gli dà la chance di far bloccare tutto con una semplice opposizione senza dover subito contraddire nel merito. Anche se poi ci sarà un processo, l’opposizione in sé è piuttosto facile da fare e non richiede cauzioni né motivi. In un decreto ingiuntivo italiano, ad esempio, se il creditore chiede la provvisoria esecuzione e la ottiene, il debitore può trovarsi pignorato anche se fa opposizione. Nell’IPE, invece, finché fai opposizione nei termini, nessuna esecuzione partirà. Quindi da questo lato il debitore è più protetto se reagisce. D’altro canto, se il debitore non reagisce, l’IPE è potenzialmente più pericolosa di un titolo italiano, perché il creditore può inseguirlo in tutta Europa subito e senza ostacoli. Inoltre, l’IPE è ottenibile anche senza prove solide, quindi un debitore può ritrovarsi un titolo contro basato su affermazioni unilaterali del creditore, il che è rischioso se il debitore è disattento. Quindi: se il debitore è attivo e informato, l’IPE non è uno strumento oppressivo, anzi può costringere il creditore a un vero processo. Se invece il debitore è distratto o latitante, l’IPE è molto efficace per il creditore e pericolosa per lui. Morale: per il debitore, la convenienza dipende dalla sua reazione.
D: Posso rivolgermi a un giudice italiano per far annullare l’ingiunzione europea?
R: No, il giudice italiano (tranne che come giudice dell’esecuzione per i limitati motivi detti) non ha potere sul provvedimento emesso dal collega estero. L’unico giudice che può revocare o annullare l’IPE è il giudice d’origine (quello che l’ha emessa). Quindi tutte le istanze di opposizione o riesame vanno rivolte lì. L’Italia come Stato di esecuzione deve riconoscere l’IPE esecutiva senza sindacarla. L’unico scenario in cui un giudice italiano interviene sul “titolo” è quando l’Italia è lo Stato d’origine – cioè l’IPE l’ha emessa un giudice italiano, e allora sarà sempre un giudice italiano a gestire opposizione e riesame. Ma se, ad esempio, l’IPE è tedesca, un tribunale italiano non potrà mai dichiararla nulla o inefficace (potrà al più rifiutare di eseguirla per i motivi di cui abbiamo detto). Pertanto, il debitore deve agire presso il tribunale estero competente, eventualmente con l’aiuto di un legale locale. Il Portale europeo della giustizia elettronica può aiutare a individuare l’ufficio giusto e fornire moduli nella lingua adeguata.
Tabelle riepilogative
Confronto tra ingiunzione di pagamento europea e decreto ingiuntivo italiano
Caratteristica | Ingiunzione di pagamento europea (IPE) | Decreto ingiuntivo italiano |
---|---|---|
Normativa | Regolamento (CE) 1896/2006 (procedura uniforme UE). | Artt. 633–644 c.p.c. (procedura nazionale). |
Ambito | Crediti pecuniari civili e commerciali transfrontalieri (parti in Stati UE diversi). Esclusi materie non civili e alcune materie particolari. | Crediti pecuniari in genere (anche interni). Escluse solo materie tassative (es: lavoro per alcune rivendicazioni, fallimento, ecc.). |
Giudice competente | Giudice designato dallo Stato membro d’origine. Può essere quello competente secondo Bruxelles I (Reg. 1215/2012). In Italia: tribunale/GdP competente per materia/valore. | Giudice nazionale competente per materia/valore/territorio (tribunale o giudice di pace). |
Prova del credito all’atto della domanda | Non richiesta materialmente; basta indicare descrizione delle prove a sostegno. Il giudice non verifica nel merito la fondatezza (controllo formale). | Richiesta prova scritta (art. 633 cpc: fatture, assegni, contratti) allegata al ricorso. Il giudice valuta se la prova giustifica l’ingiunzione. |
Termine per opposizione | 30 giorni dalla notifica (termine fisso UE). Debitore informa il giudice d’origine. | 40 giorni dalla notifica (termine ordinario in Italia, salvo riduzioni/aumenti per legge). Debitore cita il creditore innanzi al giudice che ha emesso il decreto. |
Necessità di motivare l’opposizione | No: il debitore può semplicemente negare il credito. Motivi non richiesti nella fase monitoria. | Sì: nell’atto di citazione in opposizione devono essere indicati i motivi di contestazione, altrimenti decadenza delle eccezioni non rilevabili d’ufficio. |
Effetto dell’opposizione | Caducazione automatica dell’ingiunzione. Il procedimento passa al rito civile ordinario (giudizio di merito) nello Stato d’origine. Nessuna esecutorietà provvisoria salvo diversa volontà del creditore di abbandonare causa. | Il decreto ingiuntivo rimane valido ma non esecutivo ipso iure (salvo fosse già provvisoriamente esecutivo ex art. 642 cpc). Si apre il giudizio di merito davanti allo stesso ufficio. Il giudice può concedere esecutorietà provvisoria ex art. 648 cpc su istanza creditore. |
Decorso del termine senza opposizione | L’ingiunzione è dichiarata esecutiva dal giudice. Vale come decisione definitiva. Esegue in UE senza exequatur. | Il decreto diventa esecutivo automaticamente (se non lo era già) e passa in giudicato. Esegue in Italia; per estero serve exequatur o certificazione TEE (se requisiti). |
Rimedi tardivi per il debitore | Riesame straordinario in casi eccezionali (art. 20 Reg.) presso giudice d’origine. Motivi limitati (vizi notifica, forza maggiore, errore evidente) da proporre tempestivamente. Possibile sospensione esecuzione durante riesame. Opposizione all’esecuzione solo per incompatibilità con titolo anteriore o pagamento effettuato. Nessun appello sul merito. | Opposizione tardiva ex art. 650 cpc (entro 10 giorni da conoscenza effettiva, se prova di forza maggiore o caso fortuito nella notificazione). Possibile anche ricorso per revocazione del decreto se dolo o documenti falsi (art. 656 cpc). Opposizione all’esecuzione su vizi titolo/esecuzione come da diritto interno. |
Clausole abusive (consumatore) | Non previsto dal Reg., ma giurisprudenza UE impone a giudice esecuzione di tutelare consumatore rilevando d’ufficio clausole abusive anche su IPE non opposta (principio generale). | Il giudice dell’opposizione deve valutare clausole abusive anche d’ufficio; se il decreto è non opposto, giudice esecuzione deve rilevare eventuale abusività prima di esecuzione definitiva. |
Procedura dal punto di vista del debitore: timeline difensiva
Fase | Tempistica | Azioni possibili del debitore | Esito/Passo successivo |
---|---|---|---|
Notifica dell’IPE | Giorno 0 (ricezione) | – Leggere atti, verificare lingua e contenuto.– Se lingua incomprensibile e manca traduzione: valutare rifiuto immediato dell’atto.– Decidere se pagare o opporsi. | Inizia a decorrere il termine di 30 giorni (salvo vizio notifica). |
Opposizione (se scelta) | Entro 30 giorni dalla notifica | – Compilare modulo F o redigere opposizione scritta.– Inviare al giudice d’origine (posta, fax, PEC).– (Non serve dettagliare motivi). | Se giunge entro 30 gg: l’ingiunzione non diviene esecutiva. Si attende comunicazioni sul processo di merito. |
Mancata opposizione | Alla scadenza del 30° giorno | – (Se nulla fatto) Possibilità ancora di chiedere riesame straordinario in caso di circostanze eccezionali (da attivare appena scoperto il problema). | Il giudice d’origine dichiara l’IPE esecutiva e rilascia attestato. Il creditore può procedere a esecuzione forzata in UE. |
Giudizio di merito (se opposizione) | Da 1 a 3 mesi dopo opposizione (tempi variabili) | – Seguire istruzioni del giudice d’origine: es. ricezione atto di citazione se Italia, o comparire in udienza se estero.– Nominare avvocato per difesa.– Presentare proprie difese, eccezioni e prove nel processo ordinario. | Sentenza finale su merito: può condannare il debitore (in tutto o parte) oppure rigettare la pretesa del creditore. Sentenza esecutiva come qualsiasi sentenza civile (riconoscibile ovunque via Bruxelles I). |
Esecuzione forzata (se titolo esecutivo) | Può iniziare subito dopo esecutività (anche immediatamente dopo 30 gg, se creditore ha attestato) | – Se pendente riesame: chiedere sospensione al giudice esecuzione.– Opposizione all’esecuzione se: titolo già soddisfatto (pagamento); titolo incompatibile con decisione precedente; nullità formali atti esecutivi.– Per consumatore: eccepire eventuale nullità clausole abusive. | Giudice esecuzione decide su sospensione/rifiuto esecuzione. Se non accolte istanze, esecuzione prosegue (pignoramenti, aste, ecc.). Se accolte (es. estinzione processo esecutivo per pagamento), il creditore non potrà proseguire in quell’ambito. |
(Legenda: in verde le azioni del debitore, in arancio le fasi d’ufficio/creditore.)
Conclusioni
Dal punto di vista del debitore, l’ingiunzione di pagamento europea è una procedura che amplifica la necessità di vigilanza: poiché tutto si svolge inizialmente senza il suo intervento, egli deve attivarsi tempestivamente per non perdere i propri diritti. La normativa offre comunque strumenti di difesa efficaci: l’opposizione tempestiva interrompe l’automatismo del titolo e apre la strada a un giudizio equo; i rimedi straordinari come il riesame consentono di rimediare a casi di palese ingiustizia o impedimento non colpevole; persino nella fase esecutiva residuano limitate eccezioni invocabili, specie per evitare duplicazioni o far valere pagamenti effettuati. La giurisprudenza recente – europea e italiana – ha da un lato confermato il carattere rigoroso ed eccezionale di qualunque deroga ai termini (vedi Thomas Cook, che impone al debitore di non dormire sui propri diritti), ma dall’altro ha anche rafforzato le garanzie nelle situazioni in cui il debitore rischia una lesione dei diritti fondamentali di difesa (vedi Catlin, che tutela contro le notifiche incomprensibili) e di equilibrio contrattuale (tutela del consumatore contro clausole abusive, anche a decreto non opposto).
In definitiva, il debitore che riceve un’IPE deve:
- Comprendere subito di cosa si tratta (senza sottovalutarla perché magari proviene dall’estero).
- Attivarsi entro i 30 giorni presentando opposizione, salvo che intenda pagare o riconoscere il debito.
- Far valere ogni eccezione nel giudizio di merito conseguente, nonché rispettare le regole processuali dello Stato d’origine (eventualmente facendosi assistere da legale sul posto).
- Sfruttare i rimedi eccezionali se per ragioni indipendenti dalla sua volontà non è riuscito ad opporsi.
- Collaborare col proprio legale per eventuali strategie difensive ulteriori, come contestazioni in sede di esecuzione per vizi del titolo o del contratto.
Dal canto suo, chi assiste un debitore (avvocato) dovrà tenere a mente la particolare interazione tra norme UE e diritto interno: ad esempio, in Italia, l’assenza di una disciplina sul post-opposizione è stata colmata dalla Cassazione SU, quindi andranno seguite le indicazioni di far fissare un termine al creditore per riassumere il giudizio; oppure, quanto alla tutela del consumatore, andranno sollevate le eccezioni di nullità di clausole anche se formalmente l’opposizione è preclusa, confidando nell’orientamento UE che spinge per il rilievo d’ufficio.
In conclusione, difendersi da un’ingiunzione di pagamento europea è possibile ed è un diritto del debitore, ma richiede tempestività e cognizione delle regole speciali del procedimento. Un debitore informato e diligente può non solo evitare di subire un titolo ingiusto, ma in alcuni casi può volgere la situazione a proprio favore (pensiamo al creditore che rinuncia quando vede che il debitore si oppone con buone argomentazioni). Viceversa, la passività o l’ignoranza possono condurre a perdere definitivamente la possibilità di far valere anche buone ragioni. Pertanto, il messaggio chiave per un debitore destinatario di un’IPE è: agisci, e fallo nei termini previsti, perché il sistema giuridico – a partire dal modulo di opposizione fino ai più alti gradi di giudizio UE – ti mette a disposizione gli strumenti per far valere le tue ragioni, ma sta a te usarli correttamente.
Fonti e riferimenti
- Regolamento (CE) n. 1896/2006 del 12 dicembre 2006, che istituisce il procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento. (GU L399 del 30.12.2006, pag. 1)
- Regolamento (UE) 2015/2421 del 16 dicembre 2015, che ha modificato il Reg. 1896/2006 (applicabile dal 14.07.2017).
- Regolamento (CE) n. 1393/2007 del 13 novembre 2007, sulla notificazione degli atti giudiziari negli Stati membri (cfr. art. 8 su diritto di rifiuto e allegato II).
- Portale Europeo della Giustizia (e-Justice) – Scheda “Ingiunzione di pagamento europea” (informazioni pratiche, modulistica).
- Corte di Giustizia UE, causa C-245/14, Thomas Cook Belgium NV c. Thurner Hotel GmbH, sentenza 22 ottobre 2015 (Quarta Sezione) – interpretazione art. 20 §2 Reg. 1896/2006 (limiti al riesame).
- Corte di Giustizia UE, causa C-21/17, Catlin Europe SE c. O.K. Trans Praha spol. s r.o., sentenza 6 settembre 2018 (Quinta Sezione) – ingiunzione notificata senza traduzione e senza modulo di informativa: effetti su decorrenza termini ed esecutività.
- Corte di Giustizia UE, cause riunite C-693/19 e C-831/19, sentenza 17 maggio 2022 – tutela del consumatore: obbligo giudice esecuzione di rilevare d’ufficio clausole abusive in decreti ingiuntivi non opposti.
- Corte di Cassazione (Italia), Sezioni Unite, sentenza n. 10799/2015 – ha qualificato la natura del procedimento di IPE come monitorio puro attenuato, chiarendo che l’opposizione estingue l’IPE (richiamata in Cass. SU 2840/2019).
- Corte di Cassazione (Italia), Sezioni Unite, sentenza n. 2840/2019 – ha definito la disciplina della prosecuzione del giudizio in Italia dopo opposizione a IPE: onere del creditore di introdurre il giudizio ordinario entro termine fissato dal giudice, pena estinzione.
- Ministero della Giustizia – Giustizia.it, “Nota 1° settembre 2010 – Regolamento CE 1896/2006” – (spiegazione e prime istruzioni italiane sull’IPE, Ufficio Legislativo).
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