Hai capitali o redditi detenuti all’estero non dichiarati e vuoi regolarizzare la tua posizione con il Fisco? Ti stai chiedendo come funziona la Voluntary Disclosure, quanto costa aderire e cosa rischi se non lo fai?
La Voluntary Disclosure è una procedura straordinaria che consente di far emergere attività finanziarie estere non dichiarate, beneficiando di una riduzione delle sanzioni e – in molti casi – dell’esclusione da responsabilità penale. Ma è fondamentale agire in modo corretto e tempestivo, per evitare contestazioni peggiori in futuro.
Cos’è la Voluntary Disclosure?
– È uno strumento di collaborazione volontaria tra contribuente e Fisco
– Permette di regolarizzare capitali, conti correnti, immobili e investimenti detenuti all’estero e mai dichiarati
– Prevede l’obbligo di autodenuncia completa e veritiera
– È possibile anche per soggetti fiscalmente residenti che si sono trasferiti da poco
– Si applica sia a persone fisiche che a società, anche con patrimoni importanti
Cosa puoi regolarizzare con la Voluntary Disclosure?
– Conti correnti in Svizzera, Lussemburgo, Emirati, Regno Unito, ecc.
– Partecipazioni estere, immobili, polizze vita e fondi di investimento
– Redditi di fonte estera non dichiarati (interessi, dividendi, affitti)
– Criptovalute custodite su wallet o exchange esteri
– Errori o omissioni nel quadro RW della dichiarazione dei redditi
Quali sono i vantaggi dell’adesione?
– Riduzione significativa delle sanzioni
– Esclusione dalla responsabilità penale per dichiarazione infedele, omessa o fraudolenta
– Eviti il raddoppio dei termini di accertamento
– Nessuna segnalazione automatica per riciclaggio
– Possibilità di rateizzare le somme dovute
Quanto costa aderire alla Voluntary Disclosure?
– Imposte dovute sui redditi non dichiarati (IRPEF + addizionali)
– Sanzioni ridotte dal 30% al 3% circa per l’omessa compilazione del quadro RW
– Interessi di mora
– In base al Paese estero coinvolto e al periodo di detenzione, il costo finale può variare tra il 30% e il 60% delle somme regolarizzate
– L’assistenza professionale per predisporre la relazione dettagliata e il calcolo delle imposte è obbligatoria e incide sui costi complessivi
Cosa succede se non aderisci e vieni scoperto?
– Rischi accertamenti con raddoppio dei termini fino a 10 anni
– Applicazione di sanzioni piene dal 90% al 240%
– Responsabilità penale per dichiarazione fraudolenta, omessa o infedele
– Sequestri, pignoramenti e confisca dei beni
– Segnalazioni automatiche da parte di banche estere (grazie allo scambio di informazioni CRS)
Come si aderisce alla Voluntary Disclosure?
– Si presenta una domanda formale all’Agenzia delle Entrate, accompagnata da una relazione dettagliata
– Si indicano tutti gli importi, la provenienza dei fondi, i conti e gli strumenti detenuti
– Si calcolano imposte, sanzioni e interessi dovuti
– Dopo l’accettazione, si procede al versamento, anche in forma rateale
– Il contribuente si impegna a non trasferire più capitali all’estero in modo irregolare
Chi può aiutarti nella procedura?
Solo un professionista esperto in fiscalità internazionale e diritto tributario può accompagnarti passo dopo passo: dalla raccolta della documentazione, alla redazione della relazione tecnica, fino al calcolo delle imposte e alla gestione dei rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati tributaristi esperti in fiscalità internazionale, capitali esteri e regolarizzazioni volontarie ti spiega come funziona la Voluntary Disclosure, quali vantaggi offre e cosa fare per evitare accertamenti penali e fiscali devastanti.
Hai capitali all’estero non dichiarati o ti sei accorto di non aver compilato correttamente il quadro RW? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione e ti diremo se puoi ancora aderire, quanto costerà e come regolarizzarti in sicurezza.
Che cos’è la voluntary disclosure?
La voluntary disclosure (collaborazione volontaria) è una procedura straordinaria che consente ai contribuenti di autodenunciarsi al Fisco per attività finanziarie e patrimoniali non dichiarate, in cambio di sanzioni ridotte e di importanti benefici penali. In sostanza, il contribuente che detiene capitali o redditi “nascosti” – ad esempio un conto bancario all’estero non dichiarato o redditi sottratti a tassazione in Italia – può regolarizzare la propria posizione fiscale prima di essere scoperto, versando tutte le imposte dovute, gli interessi e una parte minima delle sanzioni ordinariamente previste. In cambio, ottiene l’estinzione degli illeciti tributari commessi (es. omessa o infedele dichiarazione) e la non punibilità per una serie di reati fiscali e finanziari connessi. Lo scopo della voluntary disclosure è duplice: da un lato incoraggiare gli evasori a collaborare (offrendo un trattamento sanzionatorio favorevole) e dall’altro far emergere basi imponibili nascoste, aumentando il gettito erariale e la trasparenza fiscale.
Introdotta in Italia con la Legge 15 dicembre 2014 n. 186, la collaborazione volontaria è stata applicata inizialmente agli asset detenuti all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (quadro RW) e, in misura minore, anche ai redditi occultati internamente (il cosiddetto “nero domestico”). La prima edizione, attiva nel 2015, ha permesso di far emergere circa 60 miliardi di euro di capitali irregolari, con un incasso aggiuntivo per l’Erario di quasi 5 miliardi di euro. Visti i risultati positivi, il legislatore ha poi riaperto i termini con una seconda edizione nel 2017, e più recentemente ha introdotto nuove forme di regolarizzazione nel contesto della “tregua fiscale” del 2023. Al 2025 si discute addirittura di una “voluntary disclosure 3.0” per offrire un’ulteriore opportunità ai contribuenti ancora inadempienti, in particolare su cripto-attività e altri beni digitali non dichiarati.
In sintesi, la voluntary disclosure rappresenta per il contribuente debitorie (evasore pentito) un modo di “fare pace col fisco”. Dal punto di vista del debitore, significa avere la possibilità di regolarizzare spontaneamente il passato fiscale irregolare, pagando il dovuto ma evitando le conseguenze più gravose che subirebbe se venisse scoperto: sanzioni piene, accertamenti retroattivi, e nei casi più gravi denunce penali con sequestro dei beni. Nel prosieguo di questa guida esamineremo nel dettaglio come aderire alla voluntary disclosure (procedura pratica, documenti, scadenze) e quanto costa in termini di imposte e sanzioni, aggiornando il tutto alle ultime novità normative (fino a luglio 2025). Il taglio sarà avanzato, con riferimenti a leggi, prassi e giurisprudenza, ma con un linguaggio il più possibile chiaro e divulgativo, adatto sia a professionisti (avvocati, commercialisti) sia a privati e imprenditori interessati a capire questa opportunità.
Evoluzione normativa e contesto di riferimento
Per contestualizzare la disciplina vigente, è utile ripercorrere brevemente l’evoluzione della normativa italiana sulla collaborazione volontaria:
- Voluntary Disclosure 1.0 (2015) – Introdotta dalla L. 186/2014, in vigore dal 2015. Consentiva di regolarizzare attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero (ma anche redditi non dichiarati prodotti in Italia) relative alle annualità ancora accertabili fino al 2013-2014. La finestra di adesione era fino al 30 settembre 2015 (poi prorogata al 30 novembre 2015 per la completamento documentale). La VD1 ha introdotto importanti novità normative: in primis il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.), volto a punire chi “ripulisce” proventi da reato propri, e ha previsto la non punibilità per una serie di reati tributari (omessa/infedele dichiarazione, frode fiscale, omesso versamento) e di riciclaggio per i contribuenti aderenti. La procedura imponeva una collaborazione totale e veritiera: il contribuente doveva fornire all’Agenzia delle Entrate un resoconto completo di tutte le attività estere e degli imponibili evasi. In caso di dichiarazioni false o incomplete, venivano revocati retroattivamente tutti i benefici e il contribuente tornava esposto a sanzioni e reati. La VD1 ha avuto ampia adesione, anche grazie al contemporaneo avvio degli accordi internazionali sullo scambio automatico di informazioni finanziarie (Common Reporting Standard OCSE): molti detentori di conti in Svizzera, Monaco, Liechtenstein ecc. hanno preferito autodenunciarsi prima che i loro dati bancari fossero comunicati all’Italia.
- Voluntary Disclosure 2.0 (2017) – Riaperta con D.L. 193/2016 (conv. L. 225/2016), collegato alla Finanziaria 2017. Ha permesso di regolarizzare le violazioni commesse fino al 30 settembre 2016, con adesione entro il 31 luglio 2017. La VD2 era preclusa a chi avesse già usufruito della prima edizione, salvo il caso di chi in VD1 aveva lasciato errori materiali o non aveva rimpatriato i capitali (per costoro si ammise un’integrazione). Vennero confermati i benefici penali ed estesa la collaborazione volontaria anche a contanti e valori al portatore detenuti in Italia (cosiddetta “voluntary nazionale”), con una procedura rafforzata per tali beni: era richiesto il deposito presso intermediari finanziari con apposita attestazione, vista la delicatezza ai fini antiriciclaggio. Una novità della VD2 fu la possibilità di autoliquidare imposte, interessi e sanzioni: l’Agenzia mise a disposizione un software di calcolo e i contribuenti potevano determinare da sé quanto dovuto e versarlo (in unica soluzione o in 3 rate entro il 30 settembre 2017), beneficiando così per intero della riduzione sanzionatoria. Gli uffici avrebbero poi controllato entro fine 2018 la correttezza dei conteggi, potendo richiedere eventuali integrazioni con piccole maggiorazioni graduali in base allo scostamento. La VD2 ha tenuto conto dell’entrata in vigore, dal 2017-2018, dei Common Reporting Standards: per renderla appetibile anche a chi aveva attività in Paesi ex “black list” (es. Panama, Dubai, Hong Kong, Singapore), la norma ha ampliato l’elenco dei paesi collaborativi, equiparando ai fini sanzionatori molti paradisi fiscali che avevano sottoscritto accordi di scambio info (es. Cayman, Jersey, Guernsey, Hong Kong, Singapore, Svizzera ecc.). Ciò ha ridotto notevolmente il costo dell’adesione per tali soggetti, perché le sanzioni quadro RW sono state calcolate come per Paesi “white list” (vedi oltre).
- “Mini-Voluntary” per casi particolari (2018) – Nel 2018 non vi è stata una VD generalizzata, ma furono previste sanatorie mirate per alcune categorie: ad es. gli ex frontalieri o ex iscritti AIRE che rientravano in Italia potevano regolarizzare il solo quadro RW per i depositi esteri derivanti da lavoro estero, con sanzione forfetaria simbolica (cosiddetta “mini-voluntary”). Inoltre, si è consolidato lo strumento del ravvedimento operoso ordinario, reso più vantaggioso dalla L. 190/2014 (Stabilità 2015), come alternativa alla voluntary disclosure in caso di violazioni meno gravi o più recenti. (Si vedano in seguito le differenze con ravvedimento.)
- Tregua fiscale 2023 – Con la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) il governo ha varato una serie di misure di definizione agevolata, tra cui nuove forme di collaborazione volontaria. Pur non chiamandola espressamente “voluntary disclosure”, di fatto si è introdotta: (a) una regolarizzazione delle attività estere non dichiarate, simile alle VD precedenti, per le annualità fino al 2021; (b) una regolarizzazione delle cripto-attività detenute fino al 2021; (c) il “ravvedimento speciale” per violazioni dichiarative interne fino al 2021. Queste misure, descritte in dettaglio più avanti, hanno riaperto di fatto un canale di emersione volontaria sia per capitali esteri sia per redditi “domestici” recenti. In particolare, il comma 166 della L.197/2022 ha rinnovato la possibilità di sanare le irregolarità formali non incidenti sul gettito (versando 200 € per anno), escludendo però esplicitamente da tale sanatoria le violazioni collegate a attività estere non dichiarate (quadro RW). Ciò perché per queste ultime si è previsto un percorso dedicato di collaborazione volontaria sostanziale. Il comma 174 ha introdotto il cosiddetto ravvedimento speciale delle dichiarazioni, consentendo di correggere dichiarazioni fiscali fino all’anno d’imposta 2021 (poi esteso al 2022) pagando sanzioni ridotte a 1/18 del minimo. Parallelamente, i commi 138-148 hanno disciplinato la regolarizzazione delle cripto-valute e i commi 166-173 la regolarizzazione delle attività estere non dichiarate (monitoraggio) – anch’essa limitata agli anni fino al 2021, con possibilità di estendere al 2022 tramite proroga. Queste norme, entrate in vigore a gennaio 2023, hanno di fatto riaperto i termini per una “voluntary disclosure 2.5”, focalizzata su chi non aveva aderito alle precedenti edizioni e sui nuovi fenomeni (crypto). Nel corso del 2023 e 2024 il legislatore è anche intervenuto più volte per prorogarne le scadenze (si veda oltre).
- Scenario 2025 – Ad oggi (luglio 2025) non è attiva una finestra di adesione generalizzata, in quanto le procedure del 2023 si sono chiuse tra fine 2023 e marzo 2024. Tuttavia, il Governo ha manifestato l’intenzione di varare un nuovo provvedimento per riaprire la voluntary disclosure per gli anni passati non coperti, segno dell’interesse a dare un’ulteriore chance ai contribuenti cronici inadempienti. Questa ipotetica Voluntary Disclosure 3.0 è in fase di studio: si parla di includere anche cripto-attività e nuovi asset digitali non dichiarati (settori dove molti contribuenti sono ancora fuori regola), magari prevedendo sanzioni forfettarie agevolate analoghe a quelle applicate ai capitali tradizionali in passato. Inoltre, resta aperto il tema di una possibile emersione dei contanti e valori nascosti in cassette di sicurezza in Italia – ipotesi discussa nel 2023 ma finora mai attuata. In ogni caso, chi intende regolarizzare la propria posizione nel 2025 deve tenersi aggiornato su questi sviluppi normativi imminenti. Nel frattempo, resta sempre utilizzabile l’istituto ordinario del ravvedimento operoso (ove applicabile), di cui parleremo più avanti.
Di seguito, una tabella riepilogativa delle principali edizioni/strumenti di collaborazione volontaria in Italia:
Procedura (anno) | Normativa | Annualità regolarizzabili | Scadenza adesione | Caratteristiche principali |
---|---|---|---|---|
Voluntary Disclosure 1.0 (2015) | L. 186/2014 | Fino al 2013 (violazioni non prescritte al 2015) | 30/09/2015 (istanza), 30/11/2015 (integraz.) | Copriva attività estere e redditi domestici occulti. Introdotta non punibilità reati fiscali (omessa/infedele/frode) e autoriciclaggio. Richiesta piena collaborazione e veridicità; pena decadenza benefici se false dichiarazioni. |
Voluntary Disclosure 2.0 (2017) | D.L. 193/2016 (conv. L. 225/2016) | Fino al 2015 (violazioni fino al 30/09/2016) | 31/07/2017 (istanza), 30/09/2017 (pagamento) | Riaperto per chi non aderì alla VD1. Estesa anche a contanti/valori in Italia (VD nazionale). Prevista autoliquidazione somme dovute e pagamento in 3 rate. Sanzioni RW ridotte (0,5%-1% annuo) grazie all’estensione dei Paesi collaborativi. |
Ravvedimento speciale (2023-24) | L. 197/2022, c.174-178 | Periodo d’imposta 2021 e precedenti (esteso al 2022) | Dichiarazioni integrative entro 31/10/2023 (poi 31/03/2024) | Procedura amministrativa per redditi non dichiarati (interni ed esteri) relativi ad anni recenti. Pagamento di tutte le imposte dovute + sanzioni ridotte a 1/18 (≈5,56%) del minimo, oltre interessi. Rateizzabile in 8 rate trimestrali. Nessuna espressa non punibilità penale, ma rischio penale basso (importi limitati, anni recenti). Ha funzione simile a una mini-voluntary “generalizzata”. |
Regolarizzazione cripto (2023) | L. 197/2022, c.138-142 | Cripto-attività detenute al 31/12/2021 (poi incl. 2022) | Istanza (PEC) + versamento entro 30/11/2023 (proroghe possibili) | Riservata a persone fisiche, enti non commerciali e società semplici residenti. Sanatoria delle violazioni RW e reddituali su criptovalute: pagamento di sanzione 0,5% annuo sul valore non dichiarato e, se vi sono redditi, anche di un’imposta sostitutiva del 3,5% annuo sul valore delle cripto detenute. Necessario provare la lecita provenienza dei fondi investiti. Procedura conclusa con esonero sanzioni RW ordinarie e regolarizzazione fiscale completa. |
Voluntary Disclosure 3.0 (2025?) | (In preparazione) | Da definire (prob. anni ≤ 2021 non sanati) | Da definire (attesa seconda metà 2025) | Possibile nuova finestra di collaborazione volontaria in fase di studio. Ci si attende un focus su cripto-attività e altri asset finora non emersi. Potrebbero essere previste formule di tassazione forfettaria agevolata (simili a quelle già applicate) per incentivare l’adesione. In attesa di dettagli normativi ufficiali. |
Nota: oltre alle procedure sopra elencate, in Italia vi furono in passato altri strumenti di emersione, come i “Scudi Fiscali” del 2001-2009 (che però garantivano anonimato e imposta sostitutiva secca) e varie definizioni agevolate di cartelle. Tali strumenti differiscono dalla voluntary disclosure propriamente detta, che invece richiede trasparenza totale del contribuente. In questa guida ci concentriamo sulle forme di collaborazione volontaria formalizzate dal 2014 in poi, che implicano la piena dichiarazione degli imponibili.
Normativa vigente: la voluntary disclosure 2023/2024 e proroghe 2025
Allo stato attuale, la normativa di riferimento per la collaborazione volontaria è quella introdotta con la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) e successive modifiche. In particolare, possiamo distinguere due ambiti principali: (A) la regolarizzazione delle attività estere non dichiarate (capitali all’estero) – per semplicità chiamata voluntary internazionale; (B) la regolarizzazione delle cripto-attività non dichiarate – procedura specifica introdotta nel 2023; (C) il ravvedimento speciale per violazioni “domestiche”, che ha funzionato come una sorta di voluntary nazionale per annualità recenti. Vediamoli nel dettaglio:
A) Regolarizzazione delle attività finanziarie estere (voluntary internazionale)
Cos’è: Una procedura straordinaria che consente di sanare le violazioni relative al monitoraggio fiscale (quadro RW) e ai redditi esteri non dichiarati, relative ai periodi d’imposta fino al 2021 (poi estesi al 2022 con proroga). È la naturale prosecuzione delle voluntary disclosure 2015 e 2017, rivolta a chi deteneva ancora capitali all’estero non emersi.
Normativa: Art. 1, commi 98-110 e 143 della L. 197/2022 (come da bozza manovra) – anche se non menzionati testualmente nella legge come “voluntary disclosure”, di fatto prevedono la possibilità di regolarizzare attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, non indicate nel quadro RW o da cui sono derivati redditi non dichiarati. Tali disposizioni richiamano il meccanismo della collaborazione volontaria di cui all’art. 5-quater D.L. 167/1990 (introdotto nel 2014). In particolare, il comma 143 ha previsto una clausola di salvaguardia per cui le nuove definizioni agevolate non pregiudicano le attività di voluntary disclosure in corso o future.
Chi poteva aderire: Persone fisiche residenti, enti non commerciali e società semplici residenti che fino al 2021 (poi 2022) avevano violato gli obblighi di monitoraggio fiscale, detenendo attività all’estero non dichiarate. Non vi era esplicita esclusione di chi avesse aderito alle voluntary precedenti, ma in pratica il target erano i “ritardatari” che non avevano utilizzato VD1 o VD2. Inoltre, la regolarizzazione era preclusa per le annualità già oggetto di accertamenti definitivi o atti di contestazione divenuti definitivi alla data di entrata in vigore (1° gennaio 2023). Era quindi rivolta a posizioni non ancora contestate dal fisco.
Periodi coperti: originariamente i periodi d’imposta fino al 31/12/2021 (ancora accertabili a inizio 2023, ossia dal 2016 in poi, dato il termine ordinario di accertamento di 5 anni). Successivamente, con decreto “Milleproroghe” e legge di conversione, è stata estesa anche all’anno d’imposta 2022, contestualmente prorogando il termine di adesione (v. oltre). Dunque copriva le violazioni RW e reddituali dal 2016 al 2022.
Modalità di adesione: Era prevista la presentazione di un’istanza all’Agenzia delle Entrate con cui il contribuente manifestava la volontà di collaborare e forniva i dati delle attività estere da regolarizzare. A differenza delle VD precedenti, pare che non sia stato predisposto un nuovo modello specifico per questa regolarizzazione generica (la normativa demandava a un provvedimento AE eventuali istruzioni). In pratica, molti contribuenti hanno utilizzato il modello della precedente VD oppure hanno presentato istanze in carta libera presso gli uffici competenti, allegando una relazione di accompagnamento con la descrizione delle attività estere, la loro origine e i calcoli di imposte/sanzioni dovute. L’Agenzia, sulla scorta dell’esperienza pregressa, ha comunque gestito tali istanze in modo simile alle voluntary disclosure passate, attivando un contraddittorio con il contribuente per definire gli importi.
Scadenze: Inizialmente la legge prevedeva il perfezionamento con versamento entro il 31 luglio 2023 (data ipotetica, da verificare), ma tali termini sono stati oggetto di rinvii. Fonti professionali indicano che la scadenza per aderire è stata prorogata prima al 30/09/2023 e poi al 31/03/2024, anche per consentire l’inclusione dell’anno d’imposta 2022. In effetti, il decreto Milleproroghe 2023 (D.L. 198/2022 conv. L. 14/2023) aveva spostato in avanti alcuni termini, ulteriormente differiti da provvedimenti successivi. Pertanto, i contribuenti hanno avuto tempo fino a marzo 2024 per presentare l’istanza di regolarizzazione e perfezionare i pagamenti.
Misura di imposte e sanzioni: (Vedi sezione successiva per dettagli numerici.) In generale, il contribuente era tenuto a versare integralmente tutte le imposte evase sui redditi connessi alle attività estere (es. interessi bancari non dichiarati, plusvalenze su investimenti esteri, imposte patrimoniali IVIE/IVAFE non versate), oltre agli interessi maturati. Le sanzioni amministrative venivano applicate nella misura minima edittale e con le riduzioni massime previste in caso di collaborazione tempestiva. In particolare, la sanzione per omessa dichiarazione nel quadro RW – ordinariamente dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato (raddoppiata 6%-30% se in Paese non collaborativo) – veniva ridotta fino a 1/6 del minimo: dunque tipicamente 0,5% annuo sul valore non dichiarato (per Paesi “white list” o “black list cooperativi”) o 1% annuo (per Paesi non cooperativi). Allo stesso modo, la sanzione per infedele dichiarazione dei redditi esteri (oggi 90% dell’imposta evasa, ex 120%) veniva applicata nella misura minima e con riduzioni per adesione, risultando pari a circa 1/6 dell’imposta evasa (circa il 15-16% dell’imposta evasa, come vedremo). In pratica, la “voluntary internazionale 2023” ricalcava il trattamento di favore già previsto nelle VD precedenti: tasse piene, ma sanzioni ridotte al lumicino (vedi oltre “Quanto costa”).
Benefici penali: Pur non essendo esplicitamente scritti nella legge 197/2022, si ritiene applicabile la non punibilità penale già prevista dalla normativa sulla collaborazione volontaria (art. 5-quinquies D.L. 167/90 introdotto nel 2014). Ciò significa che il contribuente, a fronte della completa regolarizzazione, non era punibile per reati tributari quali omessa o infedele dichiarazione, frode fiscale, omesso versamento di ritenute o IVA relativi alle somme oggetto di collaborazione, né per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio connessi a tali somme. Inoltre l’avvio della procedura inibisce l’inizio di nuove verifiche fiscali sulle materie dichiarate. In caso di esito positivo (istanza completa e pagamento integrale), l’Agenzia delle Entrate notifica un atto di definizione che ufficializza la regolarizzazione e archivia le possibili contestazioni su quei periodi.
Stato attuale: La finestra 2023/24 si è chiusa, ma come detto si prospetta una riapertura nel 2025. Chi non ha sfruttato questa occasione e continua ad avere attività estere non dichiarate, al momento può solo ricorrere al ravvedimento operoso (se le violazioni sono ancora ravvedibili) oppure attendere la Voluntary 3.0. Tuttavia, è altamente rischioso restare inattivi: il fisco italiano ha accesso a un enorme flusso di dati da parte di banche estere (tramite il CRS e accordi FATCA, scambio dati bancari di oltre 100 Stati), quindi la probabilità di essere scoperti è ogni anno più alta. Si consideri che già entro settembre 2017 l’Italia ha iniziato a ricevere comunicazioni su conti detenuti da residenti italiani in paesi un tempo sicuri come Svizzera, Monaco, Bahamas, Singapore, ecc.. Pertanto, chi oggi regolarizza spontaneamente rischia costi inferiori rispetto a chi verrà accertato d’ufficio domani (come evidenziano gli esempi pratici più avanti).
B) Regolarizzazione delle cripto-valute (voluntary cripto)
Cos’è: Una procedura di collaborazione volontaria ad hoc per le cripto-attività (principalmente criptovalute come Bitcoin, Ethereum, etc., ma anche token, NFT, ecc.), introdotta dalla L. 197/2022 contestualmente alla nuova disciplina fiscale sulle criptovalute in vigore dal 2023. Era rivolta ai contribuenti che non avevano indicato in dichiarazione il possesso di cripto-attività al 31/12/2021 e/o non avevano dichiarato i relativi redditi prodotti entro tale data. In pratica, una sanatoria sia degli obblighi di monitoraggio RW sulle cripto detenute all’estero, sia delle imposte sui redditi eventualmente derivati da tali cripto (capital gain, interessi da staking, ecc.), per gli anni fino al 2021 (estesi poi al 2022).
Normativa: Art. 1, commi 138-143 della L. 197/2022. Questi commi fanno parte del pacchetto di norme che per la prima volta ha inquadrato fiscalmente le cripto-attività. In particolare: i commi 126-137 definiscono la tassazione ordinaria (assoggettando i guadagni da crypto di persone fisiche a un’imposta sostitutiva del 26%, introdotta dal 2023); il comma 138 e seguenti istituiscono la procedura di “istanza di emersione” per sanare il passato in materia di crypto. La ratio è offrire ai detentori di valute virtuali che nei periodi 2016-2021 le avevano ignorate in dichiarazione, un modo per mettersi in regola, analogamente a quanto fatto con i capitali esteri tradizionali.
Chi poteva aderire: Persone fisiche, enti non commerciali e società semplici residenti in Italia, che detenevano criptovalute al 31/12/2021 non dichiarandole nel quadro RW e/o non dichiarandone i redditi eventualmente generati. Erano esclusi i soggetti “imprenditori” (società commerciali, ditte individuali): ciò perché per costoro le cripto rientrano nell’attività d’impresa e avrebbero dovuto regolarizzare secondo le regole ordinarie (peraltro i commi in questione parlano chiaramente di non imprenditori). In pratica, i casi tipici sono: privati cittadini che avevano wallet su exchange esteri o chiavi private, oppure società semplici di mero investimento, che hanno omesso il monitoraggio. Importante: era richiesto che le somme investite nelle cripto avessero provenienza lecita e dimostrabile; il contribuente doveva attestarlo nella relazione. Se i fondi con cui si comprò Bitcoin provenivano da evasione fiscale pregressa, occorreva contestualmente regolarizzare anche quella evasione (es. tramite ravvedimento o includendo il relativo imponibile).
Periodi coperti: Dal periodo d’imposta 2016 al 2021 incluso. Quindi tipicamente le violazioni commesse entro l’ultimo anno accertabile 2021. Con il decreto “Proroghe” (D.L. 34/2023) si è estesa la possibilità anche all’anno d’imposta 2022 e contestualmente si è prorogato il termine di adesione al 30/11/2023 (originariamente la scadenza era 30/06/2023). Dunque chi aveva criptovalute non dichiarate fino al 2022 poteva aderire entro fine novembre 2023.
Istanza e termini: L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il Provvedimento n. 2023/290480 con il modello e le istruzioni per la regolarizzazione crypto. L’adesione avveniva presentando un’istanza via PEC alla Direzione regionale competente entro il 30 novembre 2023. All’istanza andava allegata la ricevuta dei versamenti effettuati (Mod. F24 “redi”), in unica soluzione (non era ammessa rateazione per questa procedura), e una relazione di accompagnamento con l’indicazione analitica delle cripto detenute in ciascun anno, i valori, e la documentazione attestante l’origine delle somme investite e i calcoli delle somme dovute. Era quindi una procedura simile alla voluntary disclosure classica, ma gestita tramite PEC invece che tramite la piattaforma telematica Entratel.
Calcolo di imposte e sanzioni: La norma prevedeva un meccanismo forfetario basato sul valore delle criptovalute detenute, piuttosto che sul reddito effettivamente prodotto. In dettaglio, secondo l’art. 1 c.139-140 L.197/2022:
- Se il contribuente non ha realizzato redditi da crypto in un dato anno (es. ha solo detenuto le valute), deve versare una sanzione ridotta pari allo 0,5% del valore delle cripto-attività non dichiarate alla fine di ciascun anno (o al momento di dismissione) per ciascun anno di violazione. Questa sanzione dello 0,5% annuo copre sia le sanzioni RW sia gli interessi relativi. È una riduzione drastica rispetto alla sanzione ordinaria del 3-15% annuo: infatti 0,5% corrisponde a 1/6 del 3% (il minimo edittale), come confermato dalla relazione tecnica. Esempio: contribuente con 50.000 € in Bitcoin non dichiarati dal 2019 al 2021, senza mai vendere -> dovrà pagare 0,5% di 50.000 per ciascuno di quegli anni = 250 € × 3 = 750 € totalizzati, sanando l’omessa indicazione di quel patrimonio.
- Se il contribuente ha realizzato redditi da crypto (ad es. ha venduto criptovalute con plusvalenza, o ottenuto interessi/staking), la regolarizzazione richiede: (a) il pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 3,5% del valore delle cripto detenute al termine di ciascun anno (o al momento del realizzo, per l’anno in cui le ha vendute); + (b) il pagamento di una sanzione aggiuntiva dello 0,5% del medesimo valore, per sanzioni RW e interessi. In altri termini, anche qui c’è uno 0,5% annuo, ma in aggiunta c’è un 3,5% annuo che funge da tassazione forfetaria dei redditi. Questa aliquota del 3,5% sul valore equivale, in sostanza, a tassare una presumibile redditività: ad esempio, se supponiamo che le cripto abbiano generato un rendimento, il 3,5% del valore potrebbe approssimare l’imposta sul guadagno effettivo (che sarebbe stata al 26%). Si noti che il 3,5% si applica sul valore stesso delle cripto, non sull’ammontare del reddito: se uno avesse avuto 100.000 € in cripto e li ha ancora, paga 3.500 € per ciascun anno (più 500 € di sanzione). Questo può sembrare oneroso in caso di cripto rimaste non produttive, ma è un forfettario deciso dal legislatore.
- In entrambi i casi, va presentata la documentazione che dimostri la provenienza lecita delle somme investite in cripto. Questo è cruciale: se non si riesce a provare da dove venivano i soldi con cui si comprò la criptovaluta, l’Agenzia potrebbe rigettare la regolarizzazione o segnalarlo.
Benefici e effetti: Una volta completati invio e pagamento, la procedura estingue le violazioni: il contribuente non sarà sanzionato ulteriormente per il mancato monitoraggio (ex art. 5 D.L. 167/90) relativamente a quelle cripto e non dovrà versare altre imposte su quei redditi pregressi. Inoltre, viene meno qualsiasi profilo di evasione fiscale su quei redditi (con esclusione di punibilità penale per eventuali reati tributari connessi). In pratica, le cripto regolarizzate vengono “ripulite” fiscalmente: potranno essere indicate nelle dichiarazioni successive senza timori.
Stato attuale: La scadenza del 30/11/2023 è trascorsa. Secondo i dati informali, l’adesione a questa sanatoria cripto è stata piuttosto limitata (molti contribuenti in ambito crypto hanno ritenuto complesse le prove da fornire o confidano nell’anonimato). Non risultano proroghe oltre novembre ’23, se non l’estensione a includere il 2022. Tuttavia, come accennato, la Voluntary 3.0 in cantiere potrebbe riproporre (o migliorare) un meccanismo simile, magari con aliquote ritoccate o condizioni semplificate, per intercettare chi non ha aderito. In particolare, nuovi asset digitali (come gli NFT, o partecipazioni in DAO) potrebbero rientrare. Ad oggi (luglio 2025) comunque non c’è una finestra aperta; chi non ha dichiarato criptovalute nel 2022-2023 può tuttora fare ravvedimento operoso spontaneo (applicando le sanzioni ordinarie ridotte per tempestività, v. oltre), oppure attendere un prossimo provvedimento di sanatoria.
C) Ravvedimento speciale (violazioni interne recenti)
Cos’è: È una misura transitoria prevista dalla L. 197/2022 (commi 174-178) che ha consentito ai contribuenti di correggere errori e omissioni nelle dichiarazioni fiscali relative al 2021 e anni precedenti, versando le imposte dovute con sanzioni ridotte a 1/18. In gergo è stato chiamato ravvedimento speciale o ravvedimento operoso straordinario, ed era parte della tregua fiscale 2023. Pur non essendo limitato ai capitali esteri, va trattato qui perché di fatto ha funzionato come una voluntary disclosure “nazionale” per chi aveva evaso redditi in Italia o commesso infedeltà dichiarative recenti.
Ambito: Violazioni “dichiarative” riguardanti le dichiarazioni dei redditi, IVA e IRAP fino all’anno d’imposta 2021 (poi 2022 con proroga), non ancora contestate dall’Amministrazione. Erano escluse le violazioni formali (coperte dal comma 166) e quelle emergenti da controlli automatizzati (avvisi bonari). In pratica, copriva i casi di infedele dichiarazione o omessa dichiarazione per gli anni recenti. Ad esempio: un professionista che nel 2018-2019 non ha dichiarato parte dei compensi; un contribuente che ha omesso di dichiarare redditi esteri in quegli anni (anche interni o esteri, non importa, purché riguardanti la dichiarazione dei redditi).
Come funzionava: Il contribuente poteva presentare, entro il termine previsto (inizialmente 31/03/2023, prorogato poi), delle dichiarazioni integrative per correggere gli errori/omissioni sui periodi interessati. Unitamente alle integrative, doveva versare: (a) tutte le maggiori imposte dovute (Irpef/IRES, addizionali, IVA, ecc.); (b) i relativi interessi; (c) le sanzioni amministrative ridotte ad 1/18 del minimo edittale previsto. La sanzione base per infedele dichiarazione è 90% dell’imposta (minimo edittale), quindi ridotta a 1/18 diviene 5% dell’imposta evasa (più precisamente 90%/18 = 5%). In alcuni casi poteva essere il 5% di 120% se l’anno era ante-riforma 2016, ma all’atto pratico l’Agenzia ha fatto riferimento al 90%. Se si trattava di omessa dichiarazione, la sanzione minima è 120%, ridotta a 1/18 = ~6.67%. Sono percentuali estremamente favorevoli rispetto al 90-180% normale. Importante: per IVIE/IVAFE (imposte patrimoniali estere) non dichiarate, inizialmente non era chiaro se rientrassero; con la conversione in legge è stato chiarito che anche su IVIE/IVAFE si poteva fare ravvedimento speciale fino al 2021, con 1/18 di sanzioni. Ciò ha integrato la sanatoria delle attività estere, coprendo l’aspetto imposte patrimoniali.
Scadenze e proroghe: Il termine originario per integrare le dichiarazioni era il 31 marzo 2023 (con versamento contestuale di almeno la prima rata). Era ammesso il pagamento in 8 rate trimestrali fino a 31/03/2025. In sede di decreto “proroga termini” (D.L. 34/2023 conv. L. 56/2023) il termine è stato spostato al 30 settembre 2023; successivamente, col D.L. 148/2023 (Milleproroghe di fine anno) si è prorogato ulteriormente al 31 ottobre 2023 il termine per presentare le dichiarazioni e al 31 marzo 2024 quello per completare i pagamenti, estendendo la misura anche al periodo 2022. Infine, a marzo 2024 un ulteriore decreto (DL 39/2024) ha prorogato al 31 maggio 2024 il termine ultimo di ravvedimento speciale. In sintesi, i contribuenti hanno avuto fino a maggio 2024 per aderire, includendo anche il 2022 (dichiarazione presentata nel 2023).
Benefici penali: Diversamente dalle voluntary disclosure “canoniche”, il ravvedimento speciale non prevedeva esplicitamente cause di non punibilità penale. Si trattava infatti di una definizione agevolata amministrativa. Tuttavia, bisogna considerare che i reati tributari scattano solo oltre determinate soglie evase: in molti casi il ravvedimento speciale è stato usato per irregolarità di importo modesto, dove comunque il reato non sussiste (es. infedele dichiarazione sotto la soglia di punibilità di €100k di imposta annua). Inoltre, per i reati eventualmente configurabili, il D.Lgs. 74/2000 all’art. 13 prevede che se il contribuente paga integralmente imposte, sanzioni e interessi prima del dibattimento, i reati di omessa e infedele dichiarazione, nonché omesso versamento, sono estinti per intervenuto pagamento (causa speciale di non punibilità). Dunque, chi ha aderito al ravvedimento speciale – versando tutto l’evaso e relative pene pecuniarie – in caso di procedimento penale si sarebbe comunque visto prosciogliere ai sensi dell’art. 13 D.Lgs.74. In sostanza, pur non garantendo a monte l’improcedibilità penale, di fatto il ravvedimento speciale ha posto i contribuenti al riparo da sanzioni detentive se regolarizzavano completamente. Resta il fatto che, non essendo “blindato” come la VD, il ravvedimento speciale non impediva l’azione penale fino al momento del completo pagamento: in teoria un PM avrebbe potuto nel frattempo contestare il reato, salvo poi estinguerlo a pagamento avvenuto. Nelle VD invece vigeva una non punibilità ex lege fin dall’adesione.
Adesioni: Molti contribuenti hanno sfruttato il ravvedimento speciale per sistemare piccole dimenticanze (es. interessi esteri di modesta entità). La Circolare AE n. 2/E del 2023 ha fornito istruzioni applicative, chiarendo che anche i sostituti d’imposta potevano avvalersene per CU errate, ecc., e confermando l’esclusione per quadro RW (violazioni monitoraggio) che rimanevano fuori da questa procedura. In conclusione, il ravvedimento speciale è stato una sorta di “mini-voluntary” generalizzata su base nazionale, che ha portato ulteriori entrate (sebbene inferiori rispetto alle VD sui capitali esteri, data la platea ridotta). Al 2025, tale strumento non è più disponibile, ma resta attivo il ravvedimento operoso ordinario (per violazioni più recenti o minori) e si attende come detto un nuovo ciclo di voluntary disclosure.
Come aderire alla voluntary disclosure: procedura pratica
In questa sezione descriviamo il procedimento di adesione a una voluntary disclosure, dal punto di vista pratico-operativo, tenendo conto delle ultime modalità adottate (in particolare quelle del 2023, molto simili alle precedenti). Sebbene alcune finestre siano chiuse, forniamo queste informazioni sia per chi potrebbe aver avviato procedure non concluse, sia in preparazione di una possibile riapertura. Inoltre, comprendere i passi procedurali serve a valutare l’impegno richiesto al contribuente.
1. Valutazione preliminare e consulenza professionale
Prima di intraprendere la collaborazione volontaria, è fondamentale che il contribuente valuti attentamente la propria situazione magari con l’ausilio di un professionista (avvocato tributarista o commercialista). Bisogna quantificare le somme non dichiarate, individuare le annualità coinvolte, stimare imposte e sanzioni dovute e considerare il rischio di accertamento o penale. In alcuni casi, può emergere che la voluntary disclosure non sia la soluzione ottimale: ad esempio, se le violazioni sono molto recenti e di piccola entità, un ravvedimento operoso ordinario potrebbe risultare più conveniente (sanzioni ancora più basse). Viceversa, se il fisco ha già notificato avvisi pesanti basati su presunzioni discutibili, potrebbe convenire intraprendere un contenzioso anziché aderire supinamente. Dunque, la scelta va ponderata caso per caso. Una volta deciso di procedere con la disclosure, conviene farsi assistere da un esperto per gestire al meglio l’iter.
2. Raccolta documentale
La voluntary richiede trasparenza totale: il contribuente deve raccogliere e fornire all’Agenzia tutte le evidenze necessarie a ricostruire i capitali e i redditi non dichiarati. Ciò comprende tipicamente:
- Estratti conto completi dei rapporti finanziari esteri per tutti gli anni coinvolti (conti correnti, depositi titoli, conti trading di criptovalute, ecc.). È necessario mostrare i saldi di inizio/fine anno e tutti i movimenti rilevanti, per calcolare i rendimenti e il valore medio.
- Documenti attestanti l’origine dei fondi depositati: ad es. contratti di vendita, eredità, redditi d’impresa precedenti. Questo serve a dimostrare che i capitali derivano da fonti lecite o da redditi tassabili che eventualmente si vanno a regolarizzare.
- Per contanti/valori rimpatriati (in VD2 fu ammesso), serve un attestato di un intermediario che prenda in carico tali valori in un conto dedicato (“foglio di calcolo” antimoney laundering).
- Dichiarazioni dei redditi pregresse: recuperare le dichiarazioni già presentate negli anni oggetto di disclosure, per confrontare ciò che era stato dichiarato e ciò che mancava (es. quadro RW omesso, interessi esteri non indicati).
- Eventuali comunicazioni bonarie o avvisi ricevuti in merito (se, poniamo, l’Agenzia aveva già inviato una lettera di compliance su un conto estero, conviene allegarla e comunque affrettarsi a includere quel conto nella voluntary, purché non sia già scaduto il termine di risposta).
- Calcoli dettagliati di imposte, interessi e sanzioni ridotte per ciascun anno da regolarizzare. Nelle VD precedenti l’Agenzia forniva un prospetto di autoliquidazione; nel 2023 i contribuenti spesso hanno allegato un proprio calcolo analitico.
Questa fase può essere laboriosa. In particolare, chi aveva conti esteri di vecchia data può trovarsi in difficoltà nel reperire tutti gli estratti conto storici, soprattutto se risalgono a oltre 10 anni prima. Tuttavia, è interesse del dichiarante fornire il quadro più completo possibile: eventuali lacune documentali potrebbero comportare che l’Agenzia ricostruisca in modo induttivo (spesso sfavorevole) o che non riconosca eventuali costi/deduzioni. Esempio pratico: molti partecipanti alla VD1 del 2015 trovarono difficoltà a ricostruire i movimenti precedenti al 2009, ma l’Agenzia li richiese comunque. Un consiglio è di chiedere formalmente alla banca estera (o exchange crypto) tutta la cronologia; se non disponibile integralmente, almeno gli estratti finali di ogni anno.
3. Presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria
Il contribuente (o il suo intermediario abilitato) deve presentare una istanza di accesso alla procedura entro la scadenza stabilita dalla legge vigente. Nelle edizioni 2015 e 2017 ciò avveniva telematicamente tramite i canali Entratel/Fisconline, utilizzando un apposito modello (anche via PEC per VD2). Nel 2023 per la regolarizzazione esteri e crypto l’invio era tramite PEC all’ufficio competente, come descritto sopra per le crypto. In generale l’istanza deve contenere: i dati anagrafici del richiedente, la lista delle annualità che si intendono regolarizzare, la descrizione sintetica delle attività non dichiarate (es. “conto corrente n. XYZ presso Banca … a nome del contribuente, saldo al 31/12/2020 €…, non indicato in RW e interessi non dichiarati”), l’ammontare delle maggiori imposte e sanzioni autocalcolate. Spesso ci si limita a indicare “si allega relazione e prospetti di calcolo”.
Va presentata un’istanza per ciascun contribuente: se ad esempio marito e moglie avevano un conto cointestato estero non dichiarato, ognuno deve aderire per la propria quota. In caso di società semplici, occorre coordinare la regolarizzazione tra la società (che presenta istanza per quadro RW se dovuto) e i soci (che regolarizzano i redditi di partecipazione non dichiarati).
Dopo la presentazione: l’Agenzia invia una ricevuta di protocollazione. Da quel momento, scattano alcuni effetti: (a) blocco dei termini di accertamento: i termini di decadenza per quegli anni sono sospesi finché la procedura non si conclude, così il Fisco non è in corsa contro il tempo; (b) sospensione di eventuali verifiche in corso sullo stesso oggetto: se ad esempio la Guardia di Finanza avesse iniziato un accertamento su quei conti esteri, dovrebbe interrompersi per consentire la collaborazione (questo era previsto espressamente nel 2015-17).
4. Relazione di accompagnamento e contraddittorio con l’ufficio
Entro la data prevista (spesso la stessa scadenza per il versamento, o un termine specifico, ad es. 30 giorni dall’istanza), il contribuente deve trasmettere all’ufficio la relazione di accompagnamento con tutti i dettagli. Nella VD1 la relazione andava inviata entro 30 giorni dalla domanda; nella VD2 entro il 30/09/2017; nella crypto VD entro il 30/11/2023 insieme all’istanza. La relazione è il cuore della disclosure: vi si indicano analiticamente per ciascuna annualità e ciascuna attività gli importi non dichiarati, le imposte evase e quelle versate in sanatoria. Inoltre si narra la storia delle attività: es. “Il conto in Svizzera n… è stato aperto nel 2005 con fondi provenienti da redditi di lavoro autonomo non dichiarati negli anni 2003-2004; successivamente i capitali sono rimasti investiti producendo interessi annuali… Nel 2010 sono stati aggiunti €50.000 trasferiti da altro conto Lussemburgo…”, e così via. Questa descrizione è fondamentale sia per la valutazione penale (far comprendere che non ci sono proventi illeciti diversi dall’evasione fiscale) sia per aspetti tributari (ad esempio per applicare eventuali esimenti su raddoppio termini, vedere se c’erano scudi pregressi ecc.).
Una volta ricevuta la documentazione, l’ufficio verifica i dati e può avviare un contraddittorio “endoprocedimentale” con il contribuente. In genere, i funzionari esaminano i calcoli presentati e, se tornano, emettono direttamente l’atto di definizione. Se invece riscontrano discrepanze (es. un reddito calcolato male, un’aliquota sbagliata, un credito non spettante), comunicano al contribuente la necessità di integrare. Il contraddittorio in questi casi è di solito snello (“easy” contraddittorio lo definì l’AE), spesso via telefono o email: il contribuente/professionista può essere contattato per fornire chiarimenti o accettare un ricalcolo. L’obiettivo di entrambe le parti è chiudere la procedura consensualmente, perché la voluntary nasce proprio come collaborazione. Nelle linee guida AE, si prevedeva che l’ufficio tenesse conto di quanto dichiarato spontaneamente dal contribuente e procedesse a eventuali aggiustamenti solo se necessari.
Se il contribuente, ricevute le osservazioni dell’ufficio, concorda con le rettifiche, si adegua e versa la differenza dovuta (magari con un piccolo interesse di mora). Se invece vi fosse disaccordo su importi consistenti, il contribuente potrebbe rifiutare e allora l’Agenzia emetterebbe un avviso di accertamento o atto impositivo ordinario per la parte contestata, che il contribuente potrebbe impugnare. È però una situazione rara: generalmente chi aderisce lo fa per definire tutto bonariamente, e l’ufficio è spesso disponibile a negoziare alcuni punti a favore del contribuente (ad esempio ricondurre certe somme a fattispecie meno tassate, o riconoscere costi correlati).
5. Determinazione e versamento delle somme dovute
Una volta stabilito il quantum (sia autonomamente dall’istanza, sia a seguito di contraddittorio), il contribuente deve procedere al versamento delle somme dovute – tipicamente tramite modelli F24 con codici tributo appositi. Nelle voluntary precedenti vi erano codici tributo dedicati (“4040” per imposte voluntary, ecc.) in modo da ricondurre i versamenti alla procedura. Nel 2023 si usavano i normali codici tributo con anno di riferimento, oppure in alcuni casi codici nuovi per la regolarizzazione crypto.
Rateazione: La facoltà di rateizzare dipende dalla norma specifica:
- Nella VD1 (2015) non era prevista una rateazione ufficiale nelle norme, ma di fatto l’Agenzia consentì un pagamento in 3 rate (con una circolare interna) per importi elevati.
- Nella VD2 (2017) la legge consentiva fino a 3 rate mensili di pari importo (prima rata entro 30/9/17, le altre nei due mesi successivi). Quindi una dilazione molto breve.
- Nel ravvedimento speciale (2023) era prevista per legge la rateazione fino a 8 rate trimestrali (due anni).
- Nella crypto regolarizzazione (2023) non era ammessa rateazione: si richiedeva pagamento integrale al 30/11/23.
- Per la regolarizzazione esteri 2023, non essendo esplicitato, l’Agenzia ha generalmente adottato lo schema VD2: pagamento unico o poche rate ravvicinate, a discrezione. Alcuni uffici hanno concesso pagamenti frazionati entro il 2024.
Pagamento insufficiente o mancato: È cruciale pagare tutto quanto dovuto nelle forme e tempi previsti, pena la decadenza dai benefici. Se il contribuente non versa l’intero importo (o salta una rata), l’accordo salta e l’Agenzia potrà procedere a recuperare le somme con le sanzioni ordinarie, come se la collaborazione non fosse mai avvenuta. Inoltre, vengono meno le tutele penali: la legge del 2014 prevedeva espressamente che la non punibilità si applica solo a condizione che la collaborazione sia perfezionata con il pagamento integrale di imposte, interessi e sanzioni dovute. Quindi un pagamento mancato può esporre di nuovo il contribuente a reati (in teoria, dal momento della decadenza). Gli uffici, comunque, in caso di lievi inadempimenti (piccolo ritardo o errore di pochi euro) tendono a consentire una regolarizzazione tardiva: ad esempio, alcune Commissioni Tributarie hanno ritenuto “perfezionata” la voluntary anche con un lieve ritardo di pagamento, in ossequio al principio di collaborazione e buona fede (cfr. CTR Lombardia n. 84/2019, nota in dottrina).
6. Atto finale di definizione
Completati tutti i versamenti, l’Agenzia emette un atto di definizione (un provvedimento formale) che sancisce la chiusura della procedura. In esso sono elencati i periodi d’imposta oggetto di collaborazione, le maggiori imposte e sanzioni versate, e si dichiara non luogo a procedere per le violazioni sanate. Questo atto ha valenza di accertamento definito: non è impugnabile (salvo vizi di forma) e garantisce che su quelle materie l’ufficio non tornerà. Inoltre, l’atto costituisce per il contribuente una pezza d’appoggio fondamentale: servirà, ad esempio, per far sbloccare eventuali conti esteri congelati o per attestare alla banca che quei fondi sono ora regolari. A volte, in parallelo, l’Agenzia emette anche i provvedimenti di sgravio penale: ad esempio, per i reati di omessa dichiarazione puniti dall’art. 5 D.Lgs.74/2000, viene comunicato al PM (se informato) l’avvenuto pagamento integrale, estintivo del reato. Nella prassi 2015-2017, alcuni uffici rilasciavano anche un attestato per le banche (soprattutto svizzere) che confermava l’adesione alla VD, così che la banca potesse archiviare i precedenti come conformi alla compliance fiscale.
Una volta ottenuto l’atto di definizione, il contribuente dovrà continuare ad essere compliant per il futuro: ad esempio, i capitali rimpatriati dovranno essere indicati nelle successive dichiarazioni e le relative rendite dichiarate regolarmente, altrimenti i benefici penali decadono. Chiudere la voluntary disclosure offre l’opportunità di “ripulire” il proprio patrimonio e ricominciare su basi legali: molti imprenditori hanno potuto reimmettere quei capitali nelle loro aziende o investirli alla luce del sole, senza più la paura di indagini e sanzioni (si pensi all’ansia generata dai leaks tipo Panama Papers: chi aveva aderito alla VD dormiva sonni tranquilli, immune da scandali).
7. Costi professionali e altri oneri
Da notare che, oltre ai versamenti dovuti al Fisco, il contribuente dovrà sostenere i costi di consulenza del professionista che lo assiste: data la complessità della procedura (soprattutto per importi elevati e situazioni articolate), è consigliabile farsi seguire da esperti di diritto tributario internazionale. I costi legali possono essere significativi, ma sono un investimento per evitare errori che potrebbero costare molto di più in termini di imposte o sanzioni aggiuntive. Talvolta, in sede di voluntary, emergono anche questioni collaterali (es. problemi di antiriciclaggio: il professionista è tenuto a segnalare operazioni sospette se i fondi potrebbero provenire da reati diversi dall’evasione fiscale; ciò è stato motivo di dibattito con gli Ordini professionali). Bisogna quindi affidarsi a professionisti scrupolosi, che sappiano bilanciare la collaborazione con il Fisco e gli obblighi deontologici.
Infine, è importante sapere che la voluntary disclosure non prevede il pagamento di alcuna imposta sostitutiva o tassa di ingresso oltre a imposte, interessi e sanzioni ridotte già menzionate. A differenza degli “scudi fiscali” passati (dove si pagava una percentuale sul capitale e basta), qui non c’è un “forfait extra” per aderire: si pagano semplicemente le proprie imposte arretrate con le relative piccole sanzioni.
Passiamo ora ad analizzare in dettaglio quanto costa aderire a una voluntary disclosure, confrontando il carico dovuto in caso di collaborazione volontaria con quello che graverebbe in caso di accertamento fiscale subìto, e illustrando esempi concreti e tabelle riepilogative.
Costi e sanzioni: quanto costa regolarizzare con la voluntary disclosure
La domanda cruciale per ogni potenziale aderente è: “Ma in concreto, quanto mi costa aderire alla voluntary disclosure?”. In questa sezione forniremo gli elementi per calcolare i costi, evidenziando il forte abbattimento delle sanzioni garantito dalla collaborazione volontaria rispetto alle sanzioni ordinarie. Daremo anche esempi pratici e una tabella comparativa.
Composizione degli importi dovuti
Chi aderisce alla voluntary disclosure deve sostanzialmente pagare tre categorie di somme:
- Imposte evase: tutte le imposte e tasse che avrebbe dovuto pagare a suo tempo e che non ha pagato. Ciò include tipicamente:
- Imposte sui redditi (IRPEF/IRES) dovute sui redditi non dichiarati (es. interessi su depositi esteri, dividendi e plusvalenze estere, redditi di lavoro prodotti all’estero, ecc.).
- Imposte sostitutive eventualmente applicabili (es. imposta 26% su interessi esteri equiparata a una ritenuta).
- IVIE e IVAFE se dovute su immobili esteri o attività finanziarie estere non dichiarate (0,76% annuo sui valori immobiliari, 0,2% su valori finanziari, come da normativa vigente negli anni interessati).
- IVA se la violazione riguarda omissione di operazioni rilevanti (ad esempio, se un imprenditore ha nascosto vendite all’estero senza fatturarle).
- Imposta sulle cripto-attività: nel contesto 2016-2021 non c’era imposta specifica, perciò la regolarizzazione crypto ha introdotto quel 3,5% forfettario per sanare la mancata tassazione (come visto sopra).
- Altre imposte minori: es. imposta di bollo su conti esteri (se non pagata), ecc.
- Interessi: sono dovuti gli interessi moratori calcolati sulle imposte evase, dal giorno in cui andavano versate (tipicamente dal termine di versamento dell’anno fiscale) fino alla data di pagamento in voluntary. Il tasso di interesse legale in Italia è variato negli anni (ad esempio 0,5% annuo, poi 1%, ecc., fino ai rialzi recenti). Gli interessi non sono oggetto di sconti o riduzioni: vanno versati per intero. Dato però che i tassi legali negli ultimi 10 anni sono stati bassi, la componente interessi incide relativamente poco (nell’ordine del 5-10% del tributo evaso come cumulo su più anni). Ad esempio, 10.000 € di imposta evasa nel 2016, con interesse legale medio 0,2% annuo, genera circa 100 € di interessi al 2023.
- Sanzioni amministrative ridotte: è qui che la voluntary offre il vantaggio maggiore. In condizioni normali, se il fisco accerta un’imposta evasa, applica una sanzione piena (ad es. 90% dell’imposta per infedele dichiarazione) spesso per ciascun anno, e inoltre se il contribuente non ha indicato investimenti esteri in RW, applica un’ulteriore sanzione percentuale sul valore (dal 3% al 30% annuo a seconda dei casi). Con la voluntary, invece:
- La sanzione per omessa o infedele dichiarazione dei redditi viene ridotta al minimo edittale e abbattuta grazie all’adesione. In pratica, nelle VD passate si arrivava a circa ¼ del minimo edittale e poi ancora ridotta di 1/6 in sede di adesione al PVC. Il calcolo è complesso da dettagliare, ma un’analisi ha evidenziato che la sanzione effettiva per infedele finiva attorno al 16% dell’imposta evasa. Nel ravvedimento speciale 2023 era direttamente 5% (1/18). Ad ogni modo, nell’ambito VD 2023 possiamo stimare una sanzione intorno al 15% dell’imposta evasa per anno (o meno, se cumulo giuridico). E per omessa dichiarazione (caso più grave) intorno al 20% dell’imposta evasa.
- La sanzione per omessa compilazione del quadro RW viene ridotta come detto a 0,5% annuo (per paesi collaborativi) o 1% (non collaborativi) del valore non dichiarato. Questo indipendentemente dal fatto che sullo stesso patrimonio possano esserci redditi tassati. È importante notare che questa sanzione si cumula con le imposte sui redditi evasi: ad esempio, un conto estero con 100.000 € di saldo medio che ha prodotto 2.000 € di interessi non dichiarati comporterà sia l’imposta su 2.000 (circa 520 € se 26% + add.li), sia la sanzione RW dello 0,5% su 100.000 (500 € per ogni anno). Non è moltissimo in rapporto ai capitali, ma va considerato.
- Sanzioni IVIE/IVAFE: queste imposte patrimoniali, se non pagate, costituiscono imposta evasa anch’esse, dunque soggette a sanzione per infedele (90%). Tuttavia nelle VD di solito si applicava la stessa riduzione delle sanzioni sui tributi, quindi circa 16% dell’imposta IVIE non versata. Ad esempio, se su un immobile estero si dovevano 760 € annui di IVIE e non si sono pagati per 5 anni, in voluntary si pagheranno i 760*5 = 3.800 € + interessi + circa 16% di 3.800 come sanzione (608 €), totale circa 4.500 €. Se scoperti invece la sanzione sarebbe 90% = 3.420 €, totale 7.220 € circa.
- Sanzioni sostitutive cripto: qui la legge ha stabilito direttamente la misura (0,5% annuo del valore per RW e interessi, che di fatto integra la “sanzione” complessiva). Quindi il concetto di riduzione rispetto all’ordinario è intrinseco (lo 0,5% è 1/6 del 3%). Non c’è altro calcolo discrezionale.
In sintesi, il costo totale per il contribuente aderente = imposte piene + interessi + sanzioni ridottissime (spesso inferiori al 10% dell’imposta evasa totale). Nella maggior parte dei casi, la somma di sanzioni+interessi risulta essere solo un piccola frazione del totale dovuto, spesso tra il 5% e il 20% dell’imposta evasa complessiva. Di contro, chi non aderisce e viene accertato successivamente paga sanzioni piene (spesso 120%-150% del tributo evaso complessivamente, considerando cumulo e ripetizione per più anni), oltre al rischio di sanzioni penali e accessorie.
Esempi pratici di costo: confronto voluntary vs accertamento
Di seguito presentiamo alcuni casi concreti (basati su situazioni tipiche) che mostrano il confronto tra quanto un contribuente ha pagato aderendo alla voluntary disclosure e quanto avrebbe invece pagato (e rischiato) se fosse stato scoperto dal Fisco senza aderire.
Caso 1 – Grande patrimonio estero non dichiarato: Un professionista italiano ha depositi per 2 milioni di € in Svizzera, accumulati in nero tra gli anni 1990-2000. Aderisce alla VD1 nel 2015. Dalla ricostruzione emergono interessi non dichiarati per vari annualità e violazioni RW. Egli dichiara tutto e paga: circa €150.000 di imposte arretrate sui redditi (interessi, capital gain) + €12.000 di interessi legali + €20.000 di sanzioni amministrative ridotte. Totale esborso circa €182.000, pari a circa il 9% dei capitali emersi. Non subisce alcuna denuncia penale; i capitali vengono “ripuliti” e può rimpatriarli liberamente.
Se non avesse aderito e fosse stato scoperto dopo il 2017 (magari tramite scambio automatico info), avrebbe affrontato: imposizioni su tutti i redditi evasi, ipotizziamo €600.000 di imposte (su decenni di interessi reinvestiti) + sanzioni piene al 120% = €720.000, in più sarebbe scattato un procedimento penale per dichiarazione infedele pluriennale e autoriciclaggio, con probabilissimo sequestro preventivo dei beni per equivalente. In sostanza, senza voluntary rischiava di perdere quasi metà del patrimonio in tasse e multe, e forse la libertà, mentre con la voluntary ha pagato sotto il 10% e azzerato i rischi.
Caso 2 – Medio patrimonio estero “ereditato”: Un piccolo imprenditore possiede €300.000 su un conto a San Marino non dichiarato, frutto di rimesse occasionali negli anni 2000 (soldi portati in contanti). Decide di aderire alla VD2 nel 2017. Risultato: paga in totale circa €20.000, comprensivi delle imposte sugli interessi maturati negli anni e delle sanzioni ridotte, e regolarizza la posizione; i fondi vengono dichiarati e possono essere utilizzati.
Un suo collega in situazione analoga non aderisce. Nel 2018 riceve una lettera di compliance dall’Agenzia (che ha ricevuto dati da San Marino). Ignora la lettera e subisce un accertamento: finisce per pagare circa €45.000 tra imposte, sanzioni monitoraggio piene su 5 anni e sanzioni per infedele dichiarazione al 90% sugli interessi. Inoltre subisce una indagine penale per infedele dichiarazione; verrà archiviata per particolare tenuità del fatto, ma con stress e spese legali sostenute. Quindi, il collega ha pagato oltre il doppio di sanzioni rispetto a chi ha collaborato, e ha dovuto fronteggiare un procedimento penale (poi chiuso), mentre chi ha fatto voluntary ha risparmiato e dormito sereno.
Caso 3 – Piccola omissione di redditi esteri: Un contribuente persona fisica ha un conto corrente in Francia con saldo modesto (mai sopra 15.000 €) da cui ha percepito circa €2.000 annui di interessi non dichiarati tra il 2018 e il 2021. Non aveva compilato il quadro RW (anche se, sotto soglia, avrebbe dovuto per via dell’IVAFE). Nel 2023 utilizza il ravvedimento speciale: presenta dichiarazioni integrative per 2018-2021, dichiarando complessivamente €8.000 di interessi esteri. Versa €2.000 di imposte (aliquota media 25%), €300 di interessi e €200 di sanzioni (5% dell’imposta, pari a 1/18 del 90%). Totale circa €2.500. Nessuna altra conseguenza.
Se fosse stato accertato dal fisco (magari perché la banca francese ha comunicato via CRS): avrebbe dovuto pagare gli €1.800 di imposte dovute sugli interessi, più €1.620 di sanzioni per infedele dichiarazione (90%), più una sanzione per RW (nel suo caso l’esonero sotto 15k non lo salvava dall’IVAFE su >5k medi) – in totale avrebbe pagato oltre €3.420 e in più avrebbe subito l’applicazione retroattiva di €34,20/anno di IVAFE per quegli anni. In ogni caso, molto di più dei 2.500 € spesi con il ravvedimento speciale. Inoltre, senza collaborazione avrebbe potuto incorrere in sanzioni accessorie (richiamo formale) e sarebbe ora segnalato.
Questi esempi dimostrano il principio generale: la voluntary disclosure consente una definizione molto meno onerosa rispetto all’accertamento successivo. Nel caso 1, il rapporto costo voluntary vs costo accertamento è circa 1:4 (182k vs 720k + reato); nel caso 2 è simile (20k vs 45k + reato); nel caso 3 addirittura 2.5k vs ~3.5k. Ma soprattutto, in tutti i casi la voluntary ha eliminato il rischio penale e di misure ablative (sequestri), un valore difficilmente quantificabile in euro.
Di seguito una tabella riepilogativa ispirata ai casi sopra, che confronta per ciascuno l’esborso con disclosure e quello in caso di accertamento:
Scenario (casi reali) | Costo con voluntary disclosure | Costo se scoperto dal Fisco (no disclosure) |
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Professionista, €2 mln in Svizzera (fondi anni ‘00) – Aderisce VD1 2015. Pagate imposte su interessi 2009-2014, ridotte sanzioni RW e infedele. | €182.000 totali (≈9% del capitale) – Imposte arretrate €150k + interessi €12k + sanzioni ridotte €20k. Nessun procedimento penale, capitali regolarizzati. | ~€720.000 tra imposte e sanzioni (stima) – Imposte evase multi-annuali ≈€600k + sanzioni 120% ≈€720k; in più denuncia penale per infedele/autoriciclaggio e sequestro beni. |
Imprenditore, €300k a San Marino – Aderisce VD2 2017. Paga imposte su interessi + sanzioni ridotte. | €20.000 totali – Comprensivi di imposte su interessi maturati e sanzioni ridotte su RW e infedele. Posizione regolarizzata, niente penale. | €45.000 totali (accertato 2018) – Imposte dovute simili + sanzioni piene (monitoraggio 5 anni + infedele 90%) per circa €45k. Avviata indagine penale (poi archiviata per tenuità). |
Privato, interessi esteri €2k/anno (2018-21) – Ravvedimento speciale 2023 su conticino estero. | €2.500 circa – Imposte €2.000 + interessi €300 + sanzioni €200 (5%). Nessuna ulteriore conseguenza. | ≥ €3.420 – Imposte €1.800 + sanzioni infedele €1.620 (90%) + possibili sanzioni RW/IVAFE (a seconda dei saldi). Importo molto maggiore, sanzioni notificate. |
Come si evince, aderire conviene quasi sempre sul piano economico per il contribuente, oltre che per evitare guai giudiziari. Vi sono casi-limite in cui la convenienza può essere meno netta – ad esempio se le violazioni riguardano un solo anno e sono di modesta entità, il risparmio in voluntary rispetto a un ravvedimento ordinario può essere esiguo. Studi di settore mostrano che se c’è una sola annualità da sanare, il vantaggio sanzionatorio della VD rispetto al ravvedimento può non essere enorme (es. voluntary riduce a 13% vs ravvedimento a 15%), mentre se ci sono più annualità, la VD offre il beneficio del cumulo giuridico su più anni che abbatte notevolmente l’importo, rendendola assai più conveniente del ravvedimento o acquiescenza. In ogni caso, chi aderisce evita l’incertezza e la potenziale crescita esponenziale del debito fiscale (dato che, se scoperti dopo anni, si sommano sanzioni per ogni anno + interessi di mora + magari nuove violazioni in corso).
NB: Le somme pagate in sede di voluntary disclosure non sono ripetibili: il contribuente non può poi chiedere a rimborso quanto versato, nemmeno se ritiene di aver pagato troppo. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’adesione alla collaborazione volontaria preclude la possibilità di ottenere rimborsi di imposte estere già prelevate, salvo diversa previsione di accordi internazionali. Ad esempio, nel caso di soggetti che avevano subito la “euroritenuta” del 35% in Svizzera (sugli interessi bancari) e poi in voluntary hanno pagato di nuovo le imposte in Italia su quegli interessi: la Cassazione ha stabilito che è comunque legittimo il diritto al rimborso dell’euroritenuta a carico dello Stato estero, per evitare doppia imposizione. Quindi chi aveva aderito ha dovuto chiedere il rimborso in Svizzera di quella trattenuta. Ma a parte questo caso di doppia imposizione internazionale, non è possibile “pentirsi” della voluntary e reclamare indietro quanto pagato (del resto, sarebbe contraddittorio con la finalità stessa di definizione tombale).
Profili penali e conseguenze legali della voluntary disclosure
Uno degli aspetti più importanti – specialmente per chi detiene patrimoni ingenti o ha evaso somme rilevanti – è la tutela penale che la voluntary disclosure offre. Vediamo dunque quali reati sono coperti, quali restano fuori e quali insidie permangono per il contribuente, anche alla luce di alcune sentenze rilevanti.
Reati tributari estinti con la collaborazione volontaria
La normativa originaria (L. 186/2014) prevedeva espressamente che la presentazione dell’istanza di voluntary disclosure e il completamento della procedura con esito positivo comportavano la non punibilità per una serie di reati fiscali elencati. In particolare, i reati tributari dichiarativi di cui al D.Lgs. 74/2000:
- Omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs.74/2000) – reato che scatta se l’imposta evasa supera €50.000 per anno.
- Dichiarazione infedele (art. 4) – scatta oltre €100.000 di imposta evasa per anno.
- Dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri artifici (artt. 2 e 3).
- Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis) e omesso versamento IVA (art. 10-ter), qualora collegati ai redditi regolarizzati.
Di fatto, la voluntary salvaguardava il contribuente dai reati legati alla mancata dichiarazione o al mancato versamento riferiti alle somme emerse. Ad esempio, se un contribuente aveva occultato €1.000.000 di redditi, commettendo reato di dichiarazione infedele per vari anni, con la voluntary quell’atto diventava non punibile. Anche reati di frode (con false fatture) erano inclusi, sebbene nella pratica la voluntary riguardasse soprattutto redditi esteri non dichiarati più che frodi IVA.
Reati di riciclaggio e autoriciclaggio
Un’altra categoria fondamentale coperta dalla non punibilità erano i reati previsti dagli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 c.p., ossia riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita e autoriciclaggio. Questo è molto rilevante: la L.186/2014, oltre a introdurre il nuovo reato di autoriciclaggio (il reimpiego di proventi da reato proprio), ha voluto esentare da punibilità coloro che ricorrevano alla collaborazione volontaria. In sostanza, chi portava in emersione i capitali illegittimamente costituiti non poteva essere accusato di averli riciclati o autoriciclati, perché la scelta di collaborare testimoniava la volontà di non occultarne la provenienza.
Attenzione però: questo “scudo penale” vale solo per i capitali di origine fiscale illecita (evasione). Se i capitali derivavano da altri reati (corruzione, traffico, etc.), formalmente la voluntary non poteva essere usata (bisognava dichiarare che non erano proventi di reati diversi da quelli fiscali). Dunque, la non punibilità di riciclaggio/autoriciclaggio era riferita al caso in cui il reato presupposto fosse un reato tributario non punibile per via della voluntary.
Il caso delle false dichiarazioni nella voluntary
Un aspetto delicato: cosa accade se il contribuente mente nella procedura di voluntary disclosure? Ad esempio, dichiara che i suoi fondi erano all’estero mentre in realtà li aveva in Italia, oppure fornisce documenti falsi. Questo costituisce il reato di esibizione di atti falsi o comunicazione di dati non rispondenti al vero nell’ambito della procedura (art. 5-septies D.L.167/1990, introdotto nel 2014). È un reato specifico, punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
Tuttavia, sorgeva il dubbio se una condotta del genere potesse integrare anche il reato di autoriciclaggio: in altre parole, dichiarare falsamente in voluntary per coprire il denaro (ad esempio fingere che fosse all’estero per “ripulirlo”) poteva essere visto come un’operazione di occultamento. La Cassazione Penale (Sez. II) con sentenza n. 14101/2019 ha risolto la questione in senso negativo. Ha stabilito che se un contribuente nella voluntary dichiara falsamente che certi beni si trovavano all’estero mentre erano in Italia, commette sì il reato di cui all’art.5-septies (false informazioni in voluntary), ma non quello di autoriciclaggio. Questo perché l’autoriciclaggio richiede che ci sia un provento di un reato presupposto che venga ripulito tramite un’operazione atta a ostacolare l’identificazione della provenienza. Nel caso specifico, il “falso” in voluntary non ha prodotto un nuovo provento: i beni erano già del contribuente, solo li ha dichiarati falsamente come esteri. Quindi non c’è un incremento patrimoniale derivante dal falso, né un movimento di denaro atto a celarne l’origine: il contribuente ha solo mentito su dove fossero i soldi. Pertanto, la Cassazione ha ritenuto inconfigurabile il delitto di autoriciclaggio in tale ipotesi. Resta ovviamente la punibilità per il reato di false dichiarazioni ex art.5-septies. In sintesi: se aderisci alla voluntary e poi fai il furbo dichiarando il falso, perdi tutti i benefici (l’Agenzia revoca i vantaggi ex tunc) e ti becchi pure un nuovo reato, ma non ti verrà contestato l’autoriciclaggio per il solo fatto di aver mentito nella procedura.
Altri reati e aspetti penali correlati
Va evidenziato che la voluntary disclosure copriva solo i reati elencati nella norma. Ad esempio, non copriva eventuali reati societari (come falso in bilancio): se una società non aveva contabilizzato in bilancio dei fondi neri (poi regolarizzati), il falso in bilancio commesso dagli amministratori non era condonato dalla norma fiscale. Nel 2015 questo fu oggetto di dibattito, specie perché contestualmente fu riformato il reato di falso in bilancio (L. 69/2015) rendendolo perseguibile d’ufficio anche per le non quotate. Soluzione pratica: nelle VD di società, spesso l’Autorità giudiziaria chiudeva un occhio sui falsi in bilancio pregressi, considerandoli assorbiti dall’intento di regolarizzare, ma formalmente non erano amnistiati. In ogni caso, per i privati e le società semplici, questo non rileva.
Un altro punto: la voluntary, una volta completata, esclude la punibilità per i reati tributari indicati, ma ciò non significa che quei reati “non siano mai esistiti”. Ad esempio, se Tizio aderisce e poi ricade in evasione negli anni successivi, i precedenti sanati non contano come recidiva penale (perché non c’è stata condanna), ma sul piano amministrativo tributario c’è il precedente. Inoltre, se la procedura fallisce (pagamenti non effettuati), allora l’Agenzia potrà trasmettere notizia di reato per i fatti originari.
Infine, dal punto di vista del contribuente-debitore, la voluntary ha anche evitato misure come: sequestri/confische per equivalente sui beni (che sono routine negli accertamenti penali tributari), interdizioni (per omesso versamento IVA c’è interdizione dai pubblici uffici a condanna). Tutto questo viene meno con la disclosure andata a buon fine. È uno degli elementi che hanno convinto tanti imprenditori ad aderire nel 2015: sapevano che dal 2016 sarebbe entrato in vigore l’autoriciclaggio, che avrebbe potuto colpirli se avessero continuato a detenere capitali esteri occultati. Aderendo in tempo, hanno ottenuto la “sterilizzazione” di quei reati.
Procedimenti penali e giurisprudenza successiva
La giurisprudenza ha negli anni consolidato i principi sopra esposti. Possiamo riassumere così:
- Non punibilità condizionata: la non punibilità per reati tributari scatta solo se la collaborazione è completa e veritiera. Se dopo l’adesione emergono altri redditi occultati non dichiarati nella voluntary, per quelli il contribuente potrà essere perseguito. Questo incentiva a giocare a carte scoperte.
- Pagamento integrale prima del dibattimento: come detto, l’art.13 D.Lgs.74 prevede l’estinzione del reato per pagamento integrale tardivo di tributi e sanzioni. La Cassazione (Sez. 3, sent. n.26274/2023) ha chiarito che questa causa di non punibilità non si applica ai reati diversi da quelli indicati (es. non vale per la frode fiscale), mentre la voluntary copriva anche la frode. Quindi la voluntary offriva persino un salvacondotto più ampio di quello ordinario.
- Doppia imposizione internazionale: come accennato, la Cassazione a inizio 2023 ha emanato varie pronunce (es. sent. n. 1002/2023, n. 975/2023) riconoscendo il diritto al rimborso dell’euroritenuta ai contribuenti che avevano aderito alla VD e si erano trovati a pagare due volte le tasse sugli stessi interessi. Questo è un importante precedente che tutela i contribuenti anche dopo la voluntary, evitando che la procedura li penalizzi rispetto a chi non ha aderito (in teoria uno che non aderiva poteva pure cercare di non pagare né in Italia né chiedere rimborsi all’estero, ma col rischio penale di riciclaggio).
- Efficacia del perfezionamento tardivo: già accennato, alcune Commissioni tributarie hanno ritenuto valide voluntary concluse con pochi giorni di ritardo. Questo è un segnale di un approccio non formalistico, nell’ottica di favorire il ravvedimento sincero del contribuente.
In conclusione, dal punto di vista del debitore la voluntary disclosure rappresenta uno strumento di tutela a 360 gradi: estingue il debito tributario (pagando il dovuto in forma agevolata) ed estromette il debitore dalla sfera penale, con un effetto liberatorio sia finanziariamente che personalmente. Ovviamente, richiede correttezza: se se ne abusa (dichiarazioni false, omissioni di parte dei beni) si rischiano guai ancor peggiori.
Domande frequenti sulla voluntary disclosure (FAQ)
Di seguito proponiamo una serie di domande e risposte frequenti, per chiarire i dubbi più comuni sulla procedura di collaborazione volontaria, con un linguaggio diretto.
D: Chi può aderire alla voluntary disclosure?
R: Possono aderire tutti i contribuenti fiscalmente residenti in Italia (persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e soggetti equiparati) che abbiano violato obblighi dichiarativi o di monitoraggio fiscale in anni passati. In pratica, se hai attività finanziarie/patrimoniali detenute all’estero non dichiarate (quadro RW), oppure redditi sottratti a tassazione (sia esteri che domestici), puoi utilizzare la collaborazione volontaria. Per le edizioni passate c’erano alcune restrizioni: ad esempio, la VD2 2017 escludeva chi avesse già fatto la VD1 nel 2015; analogamente, se hai già usufruito della procedura su certe somme, non puoi “ri-utilizzarla” sulle stesse. Inoltre, non devi essere già sotto accertamento per quegli stessi fatti: se hai ricevuto un processo verbale di constatazione o un avviso di accertamento, ormai è tardi per la voluntary su quelle annualità (devi semmai valutare acquiescenza o ricorso). In breve: la voluntary è riservata a chi spontaneamente si fa avanti prima che il Fisco avvii contestazioni.
Va anche sottolineato che puoi aderire come erede per regolarizzare attività illecite del defunto: es. se hai ereditato un conto estero nero da un parente, puoi tu stesso sanarlo (eri comunque obbligato a dichiararlo dall’anno dell’eredità in poi). Altra cosa: nelle norme 2023, per la regolarizzazione cripto erano ammessi solo persone fisiche, enti non commerciali e società semplici, mentre ne sono esclusi soggetti IRES e imprenditori individuali (che dovrebbero regolarizzare diversamente eventuali cripto in bilancio aziendale).
D: Quali annualità e violazioni posso regolarizzare?
R: In generale, puoi regolarizzare tutte le violazioni ancora accertabili al momento in cui presenti l’istanza. Il Fisco ha un termine di decadenza (in molti casi 5 anni dopo l’anno fiscale, estesi a 7 se c’è omessa dichiarazione). Quindi tipicamente, una voluntary nel 2023 poteva coprire dal 2016 in avanti; con proroga al 2024 si è incluso il 2017-2022. Non avrebbe senso regolarizzare anni ormai prescritti (es. anni ’90), perché su quelli il Fisco non può più farti nulla – tuttavia, devi comunque dichiarare l’esistenza dei capitali provenienti da quegli anni, se poi persistono in anni accertabili successivi. Ad esempio: se hai fondi neri generati nel 2010 (prescritto) ma ancora su un conto nel 2018, la voluntary coprirà le violazioni dal 2018 e seguenti, ma nella relazione menzionerai l’origine 2010. Così quei fondi entrano nel circuito legale. Viceversa, se i soldi erano stati generati e anche spesi prima dei termini accertabili, non c’è materia da regolarizzare.
Quanto alle tipologie di violazioni: la voluntary classica copre omesse o infedeli dichiarazioni dei redditi, omissioni di quadro RW, omessi versamenti di imposte relative a quei redditi (ritenute, IVA). Non è pensata per violazioni formali (es. errori di calcolo, tardività formali – per quelle c’è la definizione formale a 200€). In pratica, riguarda materia imponibile sottratta al fisco. Anche le imposte patrimoniali estere (IVIE/IVAFE) non versate rientrano in quanto parte del dovuto. Nel 2023 c’è stata poi la variante ravvedimento speciale per redditi interni: quella si applicava alle dichiarazioni 2021 e precedenti, con esclusione di formalità e di atti già contestati.
D: La voluntary disclosure copre anche contanti e valori nascosti in Italia?
R: Sì e no. Le leggi del 2014 e 2016 prevedevano espressamente anche una “collaborazione volontaria nazionale” per i redditi occultati in Italia (il cosiddetto nero domestico), quindi non era limitata ai soldi all’estero. In teoria, se tu avevi vendite in nero mai dichiarate, potevi includerle nella procedura (c’erano casi di aziende che regolarizzarono imponibili non fatturati in Italia). Tuttavia, nella prassi quasi tutti hanno usato la VD per estero, perché per il nero interno esiste sempre l’alternativa del ravvedimento operoso (se sei ancora nei termini per farlo) o altre definizioni (accertamento con adesione, ecc.). Quindi la voluntary “interna” è stata poco utilizzata, anche se possibile.
Per quanto riguarda specificamente contanti e valori custoditi in cassette di sicurezza in Italia, che sono frutto di redditi non dichiarati: la VD2 del 2017 aveva introdotto una procedura particolare per questi casi, prevedendo che i contanti andassero rimpatriati su un conto vincolato prima della definizione. Era una misura anti-riciclaggio: la banca italiana apriva un conto e versavi lì i contanti, ma spesso le banche esigevano almeno copia dell’istanza di VD per accettare quei fondi. Dunque, sì si potevano regolarizzare, ma con qualche difficoltà pratica. Nel 2023/2024, non c’è stata una norma ad hoc per contanti interni: circolavano voci di una possibile sanatoria contanti (flat tax del 26% su somme fatte emergere), ma non è stata attuata. Quindi, ad oggi, se hai contante nascosto derivante da redditi non dichiarati, l’unica via è dichiarare quei redditi (se ancora dichiarabili) e pagare le imposte e sanzioni tramite ravvedimento. Oppure attendere se il legislatore proporrà qualcosa di specifico. Va però ricordato che portare ingenti contanti in banca ora fa scattare segnalazioni antiriciclaggio: ecco perché parlavano di una sanatoria, per canalizzare quei fondi. In mancanza, è un tema scoperto.
D: Come viene garantita la provenienza lecita dei fondi dichiarati?
R: Quando aderisci, devi dichiarare espressamente che le attività finanziarie oggetto di collaborazione non provengono da reati diversi da quelli previsti (cioè quelli tributari). Questa dichiarazione è resa nella relazione e nei moduli: è come autocertificare che non sono soldi di mafia, droga, rapine, ecc. Se poi dovesse emergere che invece provenivano da reati gravi, la voluntary non ti proteggerebbe da quelle imputazioni (es. se erano tangenti, puoi essere accusato di corruzione comunque). Inoltre i professionisti che assistono hanno obblighi antiriciclaggio: se sospettano che dietro l’operazione ci sia un reato diverso dall’evasione fiscale, potrebbero dover fare una segnalazione di operazione sospetta all’UIF. Ci sono state polemiche dagli ordini dei commercialisti su questo (sostenevano che la normativa antiriciclaggio rendeva difficile per loro assistere clienti con contanti sospetti).
In pratica, l’Agenzia delle Entrate non indagherà sull’origine se non fiscale: si limita a incassare le tasse evase. Però, se tu alleghi documenti chiaramente falsi o incongruenti (tipo movimenti che fanno pensare a traffici illeciti) potrebbe segnalarlo. Diciamo che se i fondi derivano solo da evasione, sei nei limiti. Se derivano da altro, la VD non era la sede giusta (ti servirebbe un pentimento in altra sede, con diverse normative).
D: Posso ravvedermi solo in parte, dichiarando solo una quota dei fondi?
R: No, la collaborazione deve essere integrale. La legge prevedeva che la procedura riguarda tutte le attività e gli imponibili non dichiarati su cui non è scaduto il termine di accertamento. Ciò significa che non puoi “scegliere” cosa dichiarare e cosa tenere nascosto: se lo fai e il Fisco lo scopre, decadi dai benefici per tutto. Ad esempio, se hai 3 conti e ne regolarizzi 2 nascondendone 1, e poi grazie ai dati CRS l’Agenzia vede il terzo, allora la tua intera disclosure può saltare (ti contestano che hai mentito, ergo via benefici). Lo stesso se dichiari solo una parte dell’importo. Insomma, la regola è “full disclosure”: conviene farla solo se si vuole davvero mettere tutti i panni sporchi sul tavolo. L’idea che si possa “sperimentare” con una parte è errata e pericolosa.
D: Qual è il termine ultimo per aderire ora (2025)?
R: Attualmente non c’è una finestra aperta al momento, perché la fase di adesione delle misure 2023 si è chiusa al 31 marzo 2024 (ravvedimento speciale) e 30 novembre 2023 (cripto) – alcune scadenze prorogate anche al 31 maggio 2024 per ravvedimento speciale. Tuttavia, come abbiamo spiegato, il Governo ha in programma di riaprire la voluntary disclosure probabilmente entro fine 2025. Bisognerà attendere un decreto legge ad hoc. Nel frattempo, se un contribuente vuole regolarizzare subito, può utilizzare il ravvedimento operoso ordinario. Certo, se parliamo di milioni di euro all’estero, il ravvedimento comporta sanzioni più alte (ma se sono ancora nei 2-3 anni si può fare con sanzione 1/7 o 1/6). Il rischio di aspettare la nuova voluntary è che nel frattempo si venga individuati (e a quel punto non c’è più accesso). Quindi, la scelta è strategica. In mancanza di certezze sui tempi della nuova edizione, è consigliabile consultarsi con un tributarista e magari iniziare un ravvedimento su partite minori intanto, per ridurre la propria esposizione.
D: Quanto tempo ci vuole per chiudere la procedura?
R: Dipende molto dai casi. Per la VD1 e VD2, la legge fissava un termine entro cui l’Agenzia doveva concludere i controlli (es. entro 31/12/2016 per VD1, entro 31/12/2018 per VD2). Spesso, però, le pratiche più complesse hanno richiesto più tempo: alcuni atti finali della VD1 sono usciti nel 2017. Dalla presentazione dell’istanza al pagamento finale potevano passare da 3-4 mesi (per casi semplici con autoliquidazione) fino a 1-2 anni (per casi intricati e dibattuti). Nelle procedure 2023, essendo meno partecipate, l’Agenzia tende a chiudere in pochi mesi. Se ad esempio uno ha presentato istanza crypto a novembre 2023 pagando tutto, presumibilmente entro metà 2024 avrà l’attestazione di regolarizzazione. Comunque, durante quel tempo si è coperti (i termini sono sospesi e non scattano sanzioni ulteriori).
D: Posso essere perseguito penalmente durante la voluntary (prima della fine)?
R: In teoria, no per quei fatti oggetto di disclosure, poiché la presentazione dell’istanza e il pagamento dovuto causano la non punibilità. Però attenzione: la non punibilità piena si concretizza a procedura completata, quindi se c’è un’indagine penale già partita parallela (magari perché la GdF ha segnalato prima che tu presentassi istanza), quella potrebbe andare avanti fino a quando dimostri di aver pagato tutto. Molto spesso, comunque, l’autorità giudiziaria sospende in attesa dell’esito della voluntary. Se poi paghi tutto, il giudice dichiarerà il reato estinto (o il PM chiederà archiviazione). C’è giurisprudenza che precisa che la causa di non punibilità ex L.186/14 è speciale e prescinde anche dai limiti di cui all’art.13 D.Lgs.74 (che richiede pagamento entro avviso di garanzia o dibattimento): nella voluntary, anche se paghi durante il dibattimento, dovrebbero lasciarti non punibile perché hai rispettato la legge speciale di collaborazione.
D: Cosa rischio se non aderisco e vengo scoperto?
R: Rischi molto, sia economicamente che penalmente. Dal lato economico: il Fisco può recuperare le imposte evase fino a 5 anni indietro (o 7 in caso di omessa dichiarazione), con sanzioni che vanno dal 90% al 180% delle imposte non pagate (a seconda dei casi, e accumulate anno per anno). Inoltre, se parliamo di attività estere, si aggiungono le sanzioni sul valore non dichiarato (3-15% annuo, o 6-30% se paradiso fiscale). Queste da sole, su 5 anni, fanno minimo 15% fino a max 150% del capitale non monitorato! (Esempio: 1 milione non dichiarato in Svizzera -> sanzione RW minima 3%×5=15% = 150k €, massima 15%×5=75% = 750k €). Inoltre, dal 2015 non esiste più il segreto bancario: l’Agenzia può ottenere dati esteri e ha scambi automatici, quindi la probabilità di essere individuato è elevata. Una volta accertato, se non paghi subito, l’importo lievita con interessi di mora (2% annuo circa) e aggiunta di aggi di riscossione (fino al 6%). Il debito può raddoppiare o triplicare in pochi anni. E l’Agente della Riscossione può procedere con fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti sui tuoi beni in Italia.
Dal lato penale: se le imposte evase per singolo periodo superano le soglie, scattano reati. Per dire: omessa dichiarazione oltre 50k imposta -> reclusione 1½-4½ anni; infedele oltre 100k -> 2-4½ anni; frode -> 3-8 anni, omessi versamenti IVA oltre 250k -> fino a 6 anni. E con la riforma 2019, la confisca dei beni è obbligatoria fino al profitto dell’evasione. Ciò significa che se ti contestano 500k di evasione, possono sequestrarti equivalenti beni per 500k (casa, conti). E c’è il reato di autoriciclaggio: se dopo aver evaso, hai movimentato/trasferito quei fondi per nasconderli (es. li hai portati all’estero o fatti transitare tramite società off-shore), potresti essere accusato di autoriciclaggio (punito 2-8 anni). Insomma, il quadro è pesante.
Le voluntary precedenti sono state proprio incentivate dal timore di questi rischi. Ormai lo scambio internazionale di informazioni è realtà: al Fisco italiano arrivano ogni anno dati su conti, dividendi, assicurazioni, trust, criptoborse estere. Potresti ricevere una lettera di compliance o un accertamento basato su quei dati. A quel punto pagheresti il doppio/triplo e magari comunque verresti denunciato. Come si suol dire, “il gioco non vale la candela”. Conviene decisamente regolarizzare prima (volontariamente) se si hanno posizioni rilevanti pendenti.
D: In futuro, il Fisco potrà ancora colpire i capitali regolarizzati?
R: No, una volta regolarizzati, quei capitali diventano trasparenti e ufficiali. Pagherai su di essi le tasse dovute d’ora in avanti (es. pagherai le imposte sui rendimenti futuri normalmente). Ma non potranno essere oggetto di accertamenti relativi al passato definito. L’atto di accertamento con adesione o di accertamento “chiuso” con voluntary fa stato e preclude ulteriori pretese su quegli imponibili. Inoltre, in genere il contribuente che aderisce esce anche da liste di controllo o black list interne dell’Agenzia: viene considerato “rientrato nei ranghi”. Chiaramente, se dopo tornasse a evadere o a occultare nuove attività, sarebbe trattato severamente (un recidivo che dopo l’amnistia torna a delinquere difficilmente avrà altre scappatoie). Ma i capitali in sé, una volta emersi, sono al sicuro e liberamente utilizzabili: li puoi trasferire, investire, spendere senza paura. Per questo si dice che la VD ha consentito a molti di “liberare” risorse congelate all’estero e re-immetterle nell’economia legale.
D: La voluntary conviene anche al Fisco? Perché fanno questi “sconti” agli evasori?
R: Dal punto di vista erariale, sì conviene, perché incassa gettito che altrimenti sarebbe difficile recuperare (perché occultato spesso oltre confine). Nel 2015 hanno incassato circa 5 miliardi subito e portato a tassazione future basi di 60 miliardi. Lo Stato ha quindi interesse a ogni tanto varare questi condoni mascherati per fare cassa e ampliare la platea di chi torna negli argini della legalità. Certo, dal punto di vista etico sono misure discusse: c’è chi critica che favoriscano i grandi evasori che l’hanno fatta franca per anni. Tuttavia, i governi le ripropongono quando serve gettito extra. In definitiva, è un win-win condizionato: il Fisco recupera entrate eccezionali (subito e negli anni successivi) e l’evasore ottiene clemenza. Naturalmente, chi è sempre stato onesto potrebbe vederle come ingiuste, ma dal punto di vista pragmatico possono essere efficaci. Va detto che col passare degli anni e l’aumentare dei controlli incrociati, spazi per grandi evasioni sistematiche se ne riducono, quindi si spera non ce ne sia neppure bisogno in futuro.
D: In conclusione, cosa devo fare se voglio aderire appena sarà possibile?
R: Il consiglio è: inizia a prepararti ora. Fai un check-up delle tue posizioni (conti esteri, investimenti non dichiarati, cripto, redditi dimenticati). Raccogli la documentazione, calcola a spanne quanto dovresti pagare. Quindi rivolgiti a un professionista qualificato per impostare la pratica. Tieni d’occhio le notizie fiscali: se annunciano la nuova voluntary 3.0, agisci tempestivamente. Nel frattempo, valuta se puoi già ridurre il rischio: ad esempio, potresti fare un ravvedimento parziale su qualche annualità recente per mostrare buona fede o ridurre l’evasione contestabile. Ogni caso è unico: la cosa migliore è farsi accompagnare passo passo da chi conosce bene la materia, perché come hai visto ci sono tante sfaccettature normative e strategiche.
Tabelle riepilogative
Per avere un quadro sintetico dei punti chiave trattati, riportiamo alcune tabelle di riepilogo.
Tabella 1 – Aliquote sanzionatorie e riduzioni: Questa tabella confronta le sanzioni amministrative applicabili in caso di accertamento ordinario vs voluntary disclosure, per le principali violazioni tributarie relative ad attività estere.
Violazione | Sanzione in caso di accertamento (ordinaria) | Sanzione in voluntary disclosure (ridotta) |
---|---|---|
Omessa indicazione attività estere (RW) – Paese collaborativo | 3% – 15% del valore non dichiarato per anno | 0,5% del valore per anno (pari a 1/6 del 3%) |
Omessa indicazione attività estere (RW) – Paese non collaborativo | 6% – 30% del valore per anno | 1% del valore per anno (1/6 del 6%) |
Infedele dichiarazione redditi (generalità casi) | 90% dell’imposta evasa (minimo edittale) – fino a 180% max. | ~15-20% dell’imposta evasa (minimo ridotto e ulteriori riduzioni per adesione) |
Omessa dichiarazione redditi | 120% dell’imposta evasa (minimo) – fino a 240% max. | ~20-30% dell’imposta evasa (stima in VD, considerando riduzioni cumulo) |
Omesso versamento ritenute o IVA | 30% dell’importo non versato (rid. a 1/3 se pagato tardivamente) | Non applicabile (voluntary riguarda dichiarazione; per omessi versamenti scatta art.13 D.Lgs.74 se paghi tutto, reato estinto) |
Violazioni “formali” (es. dimenticanze senza impatto imposte) | €250 a €2.000 per violazione (discrezionale) | €200 per anno forfettario se definito in sanatoria formale (comma 166 L.197/22) |
Note: Le percentuali in voluntary sono spesso frutto di riduzioni successive: ad es. per infedele 90% → ridotto 1/4 (minimo) = 22,5% → ridotto 1/3 in adesione = 15%. In alcuni casi si citano ~15-20% perché dipende se l’adesione è su PVC o accertamento. In ogni caso, il delta rispetto al 90% ordinario è enorme. Le sanzioni RW ridotte (0,5%-1%) valgono solo se si soddisfano le condizioni di collaborazione internazionale o rimpatrio (altrimenti in VD1 se uno non autorizzava la banca a dare info, pagava un po’ di più, ma quasi tutti hanno autorizzato per ottenere lo sconto).
Tabella 2 – Cronologia delle voluntary disclosure in Italia: (riprende info già dettagliate, per rapidissima consultazione)
Edizione | Periodo sanabile | Scadenze adesione | Note |
---|---|---|---|
VD 2015 (L.186/14) | Fino al 2013 (accert. aperti) | Istanza entro 30/9/2015, integrazione entro 30/11/2015 | Introdotta autoriciclaggio; copre estero/domestico. Circa 129.000 istanze, 5 mld € gettito. |
VD 2017 (D.L.193/16) | Fino al 2015 (viol. ≤ 30/9/16) | Istanza entro 31/7/2017, doc e vers. entro 30/9/2017 (rate 3 mesi) | Riapertura (“bis”). Non ammessi chi fece VD1. Autoliquidazione somme. Target anche contanti Italia. |
Mini-VD Frontalieri (2018, DL 148/17) | Solo att. estere di ex-frontalieri/AIRE | 31/7/2018 | Regolarizzazione light per lavoratori estero rientrati. Sanzione fissa minima. |
Tregua Fiscale – Ravvedimento Speciale 2023 (L.197/22) | Redditi 2021 e prev. (esteso 2022) | Integrative entro 31/10/2023 (poi 31/3/24, poi 31/5/24) | 1/18 sanzioni su imposte evase, rate 8 trimestri. No scudo penale espresso. |
Tregua – Regolariz. Estero 2023 (L.197/22) | Att. estere ≤ 2021 (esteso 2022) | Termine adesione 30/11/2023 (prorogato 31/3/24) | Simile VD internazionale: 0,5-1% anno su valore + tasse dovute. Non imprenditori. |
Tregua – Regolariz. Cripto 2023 (L.197/22) | Cripto ≤ 2021 (esteso 2022) | Istanza+versamento entro 30/11/2023 | 0,5% annuo su valore + 3,5% annuo se redditi. Solo PF, enti non comm, soc. semplici. |
(Prevista) VD 3.0 2025 | Da definire (prob. ≤2021 non emersi) | Da definire (2025) | In arrivo: focus su cripto e nuove attività digitali. |
Tabella 3 – Esempio di calcolo semplificato: (un esempio ipotetico generico per capire come si arriva alle somme dovute)
Poniamo il caso di Mario, residente, che ha tenuto €500.000 su un conto in Svizzera dal 2016 al 2021, mai dichiarato. Il conto ha reso in media un 1% annuo di interessi (€5.000/anno). Mario decide di aderire alla voluntary nel 2023. Ecco come si calcolerebbe grosso modo:
- Imposte evase su interessi: €5.000 anno × 6 anni = €30.000 di interessi non dichiarati. Tassati come redditi finanziari al 26% = €7.800 di imposte dovute totali.
- IVAFE non versata: supponiamo giacenza media >€5k, IVAFE 0,2% annuo sul saldo. Su €500k: €1.000/anno × 6 = €6.000 di IVAFE evasa. (Aliquota variata 0,1-0,2 ma facciamo media). Imposta patrimoniale aggiuntiva dovuta = €6.000.
- Interessi legali: su imposte non versate ogni anno (calcolo analitico non riportato). Stima forfettaria: circa €500 totali.
- Sanzione RW: 0,5% annuo sul valore €500k (Svizzera cooperativa) = €2.500 × 6 = €15.000.
- Sanzione infedele su interessi: minimo 90% di €7.800 = €7.020, ridotto (diciamo a ~1/6) = circa €1.200.
- Sanzione infedele su IVAFE: 90% di €6.000 = €5.400, ridotto 1/6 = €900.
Totale voluntary: ~ €7.800 + €6.000 + €500 + €15.000 + €1.200 + €900 = €31.400 (circa il 6,3% del capitale). Mario paga questa somma e si mette in regola.
Scenario accertamento: Fisco scopre Mario nel 2023 via dati CRS. Gli contesta: imposte €13.800 (stesse €7.800+6.000), sanzione infedele 90% su €13.800 = €12.420, sanzione RW 15% annuo (ipotizziamo black list se non avesse accordo) = €75.000, interessi mora €~2.000. Totale = ~€103.000 (20,6% del capitale) + segnalazione in Procura per infedele (imposta evasa >100k sommando anni).
Quindi Mario in VD paga ~€31k, se scoperto pagherebbe >€100k e sarebbe imputato. Questo numero esemplificativo rispecchia i rapporti visti nei casi reali: con voluntary paghi tra un decimo e un terzo di quanto rischi in caso di scoperta tardiva.
Conclusione
La voluntary disclosure è uno strumento complesso ma potente: consente al contribuente di tornare in regola con il Fisco a costi relativamente sostenibili e di azzerare le proprie esposizioni penali, a patto di agire con completezza e buona fede. Abbiamo visto che, dall’introduzione nel 2015 ad oggi, migliaia di contribuenti (soprattutto con asset esteri) ne hanno beneficiato per regolarizzare capitali prima sommersi, anticipando l’inevitabile stretta derivante dallo scambio globale di informazioni finanziarie. Oggi, alla metà del 2025, dopo la parentesi di tregua fiscale 2023-24, si guarda ad una probabile riapertura per intercettare chi è rimasto fuori (specialmente nel settore delle criptovalute).
Dal punto di vista del debitore (del contribuente inadempiente), aderire a una futura voluntary disclosure rappresenta probabilmente l’ultima chiamata per mettere ordine al proprio passato fiscale con un sacrificio limitato e pianificabile, evitando l’incubo di accertamenti imprevedibili, sanzioni rovinosse e magari un procedimento penale che metterebbe a rischio il patrimonio familiare e la reputazione. Certamente, l’ideale sarebbe non averne bisogno (cioè aver sempre dichiarato correttamente); ma se il “danno” è fatto, la collaborazione volontaria è il miglior rimedio.
Chi valuta questa strada dovrà essere pronto a collaborare totalmente con l’Amministrazione finanziaria: non si può barare. Conviene prepararsi con cura, farsi assistere da consulenti fidati e poi cogliere l’opportunità normativamente prevista senza tentennamenti, appena disponibile. I numeri e le storie esposti in questa guida testimoniano che, salvo rarissime eccezioni, collaborare conviene, perché permette di “comprare la pace fiscale” pagando una frazione di quanto altrimenti si perderebbe in una guerra col Fisco dall’esito quasi sicuramente sfavorevole per il contribuente.
In conclusione, “quanto costa” la voluntary disclosure? Costa certamente soldi – spesso qualche migliaio o decina di migliaia di euro – ma offre in cambio la tranquillità: un costo che, parafrasando una nota pubblicità, “non ha prezzo”. Se hai scheletri nell’armadio fiscale, la voluntary disclosure è il modo per chiudere i conti col passato e guardare al futuro imprenditoriale e personale senza la spada di Damocle del Fisco pendente sul capo.
Fonti e riferimenti normativi
(In questa sezione elenchiamo le fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali utilizzate per la guida, con collegamenti per approfondimenti.)
- Legge 15 dicembre 2014, n. 186 – Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero e sul potenziamento della lotta all’evasione fiscale. (G.U. n.292 del 17-12-2014). Introduce la procedura di collaborazione volontaria (“voluntary disclosure”) e il reato di autoriciclaggio.
- Decreto-Legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225. Art. 7 riapertura della collaborazione volontaria (voluntary-bis 2017).
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023). Commi 138-148 (regime fiscale cripto-attività e regolarizzazione cripto), commi 166-173 (definizione irregolarità formali e esclusione per estero), commi 174-178 (ravvedimento speciale 1/18).
- Provvedimento AE prot. n. 2023/290480 (10/8/2023) – Modello e istruzioni per istanza di regolarizzazione cripto-attività.
- Circolare Agenzia Entrate n. 19/E del 12 giugno 2017 – Istruzioni operative sulla voluntary disclosure bis (2017).
- Circolare Agenzia Entrate n. 10/E del 13 marzo 2015 – Chiarimenti sulla prima voluntary disclosure (2015).
- Circolare Agenzia Entrate n. 2/E del 27 gennaio 2023 – Chiarimenti su tregua fiscale 2023, incl. ravvedimento speciale e esclusione monitoraggio estero.
- Cassazione Penale, Sez. II, 1 aprile 2019 n. 14101 – False dichiarazioni nella voluntary disclosure e insussistenza del reato di autoriciclaggio.
- Cassazione Civile, Sez. Tributaria, 16 gennaio 2023 n. 1002 – Diritto al rimborso dell’“euroritenuta” estera per contribuente aderente a voluntary disclosure (no doppia imposizione).
- Cassazione Civile, Sez. Tributaria, 12 gennaio 2023 n. 804 – Conferma diritto rimborso euroritenuta post-VD (vedi comunicato Fidinam su esito).
- Cassazione Penale, Sez. III, 19 giugno 2023 n. 26274 – Chiarimenti su applicazione causa non punibilità art.13 D.Lgs.74/2000 (pagamento integrale) e rapporto con VD.
- Agenzia Entrate – Sito web, sezione “Regolarizzazione delle cripto-attività” – FAQ e info (provvedimento, modello)
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Conclusione
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