Azienda Agricola Con Debiti: Le Soluzioni

Hai un’azienda agricola sommersa dai debiti e non sai come uscirne? I costi crescono, i contributi scarseggiano, le banche non rinnovano i fidi e ora ti ritrovi con cartelle esattoriali, rate non pagate o fornitori che minacciano azioni legali? Ti stai chiedendo quali soluzioni esistono per salvare la tua attività agricola e difendere il tuo patrimonio?

Le aziende agricole, come tutte le imprese, possono trovarsi in crisi per motivi congiunturali, calamità naturali, ritardi nei pagamenti dei contributi pubblici o squilibri finanziari. Ma questo non significa che devi chiudere o subire passivamente le azioni dei creditori. Esistono strumenti legali per difendersi, ristrutturare i debiti e ripartire.

Quali sono i debiti più comuni per un’azienda agricola?
– Rate di mutui agrari o leasing non pagate
– Cartelle esattoriali per imposte o contributi previdenziali
– Debiti verso fornitori di sementi, mangimi, carburanti, attrezzature
– Insolvenze verso dipendenti o collaboratori stagionali
– Debiti verso banche per affidamenti revocati o scoperti di conto

Cosa rischi se non intervieni in tempo?
– Pignoramenti su mezzi agricoli, terreni, stalle o immobili strumentali
– Blocco del conto corrente e dei contributi PAC
– Vendite forzate dei beni aziendali
– Danni irreparabili all’immagine commerciale e alla continuità produttiva
– Responsabilità patrimoniale personale se sei titolare di impresa individuale

Quali soluzioni legali puoi valutare per salvare l’azienda agricola?
Rinegoziazione del debito bancario, con riduzione delle rate o allungamento dei piani
Saldo e stralcio con i fornitori, per chiudere a condizioni sostenibili
Sospensione delle cartelle esattoriali con istanza motivata o rottamazione
Accesso alla procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, con l’assistenza di un esperto indipendente
Procedura di sovraindebitamento agricolo, per bloccare i creditori e presentare un piano omologato dal Tribunale
Piano del consumatore, se hai debiti personali legati all’attività agricola

Quando conviene usare la procedura di sovraindebitamento?
– Se sei un imprenditore agricolo individuale o una piccola società agricola non fallibile
– Se hai debiti verso Agenzia Entrate, INPS, fornitori e banche che non riesci più a gestire
– Se vuoi evitare pignoramenti e tutelare i beni aziendali e familiari
– Se puoi proporre un piano serio di rientro, anche con saldo parziale dei debiti

Cosa puoi ottenere con la giusta strategia?
– La sospensione immediata delle azioni esecutive e delle cartelle
– Il blocco dei pignoramenti su terreni, attrezzature e conti
– L’approvazione di un piano di rientro sostenibile e adattato alla tua produzione
– Il taglio dei debiti non pagabili
– La possibilità di conservare la tua azienda e tornare a produrre con serenità

Essere agricoltore oggi significa affrontare rischi economici, ambientali e finanziari continui. Ma non sei solo: la legge prevede strumenti per ripartire, difenderti e salvare la tua impresa.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa agricola, debiti aziendali e soluzioni di protezione patrimoniale ti spiega cosa fare se la tua azienda agricola è indebitata, quali strumenti legali puoi usare e come tornare operativo senza perdere tutto.

Hai ricevuto cartelle, decreti ingiuntivi o revoche di affidamento? Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione debitoria e ti diremo se puoi accedere a una soluzione legale per bloccare i creditori, salvare la tua azienda e proteggere il tuo futuro agricolo.

Introduzione

Questa guida approfondita affronta le problematiche di un’azienda agricola indebitata, esaminando tutti i tipi di debito possibili e le soluzioni attualmente disponibili nell’ordinamento italiano. Verranno analizzate sia le soluzioni stragiudiziali (accordi fuori dal tribunale), sia le procedure concorsuali e di sovraindebitamento applicabili alle imprese agricole in crisi, con riferimento alla normativa italiana vigente (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, aggiornato 2022-2024) e alle più recenti sentenze rilevanti. Il taglio è avanzato ma con linguaggio chiaro: la guida è rivolta a avvocati, consulenti e anche a imprenditori agricoli e privati cittadini che vogliono capire, dal punto di vista del debitore, quali strumenti esistono per gestire e risolvere la crisi debitoria di un’azienda agricola.

Cosa troverete in questa guida: un’analisi normativa aggiornata al 2025, commenti a sentenze recenti (Cassazione e tribunali) sul tema dei debiti agricoli, tabelle comparative delle diverse soluzioni (requisiti, effetti, durata, competenza), una sezione FAQ con domande e risposte pratiche, oltre ad alcune simulazioni di casi reali e scenari ipotetici per illustrare l’applicazione concreta degli strumenti. In fondo, una sezione elenca tutte le fonti normative e giurisprudenziali utilizzate.

Quadro Normativo Aggiornato al 2025

Storica “esenzione” fallimentare: per decenni l’imprenditore agricolo ha occupato una posizione peculiare nel diritto concorsuale italiano. Tradizionalmente, infatti, non era soggetto alle procedure fallimentari ordinarie, a differenza dell’imprenditore commerciale. Questa esclusione nasceva dall’intento del legislatore di tener conto delle specificità del settore primario (rischi naturali, stagionalità, ecc.), ma di fatto lasciava l’agricoltore indebitato privo di strumenti legali adeguati per uscire in modo ordinato dalla crisi. Fino al 2022, un’impresa agricola insolvente non poteva essere dichiarata fallita né accedere al concordato preventivo, restando di fatto “bloccata” in una terra di nessuno giuridica.

La svolta con il Codice della Crisi (CCII): dal 15 luglio 2022 è entrato in vigore il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019, detto CCII), che ha abrogato la vecchia legge fallimentare e la Legge 3/2012 sul sovraindebitamento. Il CCII rappresenta una riforma organica di tutte le procedure concorsuali, includendo espressamente anche gli imprenditori agricoli tra i soggetti destinatari. In particolare:

  • Art. 1 CCII: estende l’applicazione del Codice anche all’impresa che svolge attività agricola, in forma individuale o societaria. L’impresa agricola è dunque ora compresa nel campo di applicazione delle procedure previste dal Codice (salvo restare esclusa dalle sole procedure “maggiori” come liquidazione giudiziale e concordato preventivo ordinario, come vedremo).
  • Legge 3/2012 “salva-suicidi”: era la norma che dal 2012 permetteva a consumatori e piccoli imprenditori (inclusi gli agricoli) di accedere a procedure di sovraindebitamento fuori dal fallimento. Tale legge è stata integralmente sostituita dal CCII nel 2022. Il CCII ne ha ripreso gli strumenti, riadattandoli (piano del consumatore, accordo, liquidazione, ecc. – vedi oltre).
  • Decreto Liquidità 2021: con D.L. 118/2021 (conv. in L. 147/2021) il legislatore ha anticipato alcune misure del CCII. Importante, ai fini agricoli, è che questo decreto ha equiparato – limitatamente all’accesso agli strumenti di allerta e composizione stragiudiziale – l’imprenditore agricolo all’imprenditore commerciale. Ciò significa che già dal 2021 gli imprenditori agricoli possono accedere alla nuova Composizione Negoziata della Crisi (procedura di allerta/soluzione stragiudiziale introdotta nel 2021), prima preclusa loro. Inoltre, il decreto ha chiarito che l’imprenditore agricolo di grandi dimensioni rimane escluso dal concordato preventivo ordinario, ma può accedere alle procedure di sovraindebitamento (come il concordato “minore”) senza limiti dimensionali. In altre parole, anche un’azienda agricola molto grande – per fatturato o debiti – non è più “abbandonata a sé stessa”, ma può utilizzare gli strumenti riservati ai debitori non fallibili senza incorrere in inammissibilità per superamento soglie.
  • Direttiva UE 2019/1023 e correttivi 2020-2022: il D.lgs. 147/2020 (correttivo) e il D.lgs. 83/2022 hanno adeguato il CCII alle norme UE sulle ristrutturazioni preventive e seconda opportunità. Per i sovraindebitati, ciò ha significato un rafforzamento del principio di fresh start (seconda chance) e alcune garanzie procedurali in più per il debitore onesto ma sfortunato – ad esempio la riduzione di alcuni requisiti di meritevolezza (vedi oltre) e l’eliminazione di ostacoli all’esdebitazione.
  • Correttivo “ter” 2024: da fine 2024 è in vigore un ulteriore decreto correttivo (D.lgs. 136/2024) che ha apportato modifiche puntuali. Tra quelle di rilievo per gli imprenditori agricoli vi sono: una definizione più restrittiva di “consumatore” (art. 2, co.1 lett. e CCII) per cui un ex imprenditore con debiti d’impresa non può qualificarsi come consumatore; l’estensione alle procedure di liquidazione controllata della regola che l’istanza va presentata entro un anno dalla cessazione dell’attività; il mantenimento delle start-up innovative nell’elenco dei debitori sovraindebitati (opzione confermata, su base volontaria); un potenziamento degli OCC (Organismi di Composizione della Crisi) con maggior accesso a banche dati.

Giurisprudenza recente: parallelamente, i tribunali e la Cassazione hanno contribuito a delineare i confini delle nuove regole per le imprese agricole in crisi. Due pronunce chiave della Cassazione nel 2023 vanno menzionate:

  • Cass. 28/11/2023, n. 32977: ha ripercorso in ottica storico-sistematica l’esonero dal fallimento per gli imprenditori agricoli, confermando che tale esenzione permane sotto il nuovo Codice. In sostanza, anche oggi un’impresa agricola non può essere assoggettata a liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento”), restando una debitrice non fallibile. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che la qualifica di impresa agricola va determinata in base all’attività effettivamente svolta secondo il Codice Civile, non sulla base di mere etichette fiscali o formali. In particolare, se una società “agricola” svolge in prevalenza attività commerciali (es. trasformazione/vendita non marginale, locazione di terreni ecc. oltre i limiti), può perdere la qualifica agricola ed essere dichiarata fallibile. In altre parole: la protezione dall’istanza di fallimento vale solo per chi esercita realmente attività agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c.; chi, sotto veste agricola, fa impresa commerciale sostanzialmente, non è esente. (Si veda ad es. Cass. 7/2/2023 n. 3715, su un’azienda vitivinicola che svolgeva attività di trasformazione e vendita eccedenti la cura del ciclo biologico di base).
  • Cass. 26/07/2023, n. 22699: ha chiarito che un imprenditore (anche agricolo) che abbia cessato l’attività da oltre un anno e sia stato cancellato dal Registro Imprese non può accedere a nuove procedure concorsuali. Nella fattispecie, un ex imprenditore agricolo non poteva accedere al concordato semplificato dopo la composizione negoziata, perché aveva chiuso l’azienda da troppo tempo. Questa pronuncia richiama un principio storico (già art. 10 L.F. per il fallimento) ora esteso: la cessazione dell’attività da più di 12 mesi preclude l’apertura di procedure concorsuali come il concordato minore o la liquidazione controllata. In tal caso estremo, l’unica ancora di salvezza potrebbe essere la sola esdebitazione “a zero” (vedi oltre) per liberarsi dai debiti residui. ⇒ Nota bene: ciò sprona i debitori agricoli in crisi a non aspettare troppo dopo aver chiuso l’attività per cercare soluzioni legali: trascorso un anno dalla chiusura, rimarranno pochissimi strumenti utilizzabili.

Riassumendo: oggi l’imprenditore agricolo insolvente rimane un debitore non fallibile, ma rientra a pieno titolo tra i soggetti sovraindebitati considerati dal CCII. L’art. 2, co.1, lett. c) CCII infatti definisce il sovraindebitamento come lo stato di crisi o insolvenza del consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo, start-up innovativa o altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale. Dunque la legge considera l’imprenditore agricolo (persona fisica o società) come un debitore “non fallibile” che può accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. I presupposti oggettivi per accedere sono i medesimi degli altri debitori: trovarsi in uno stato di crisi o insolvenza, cioè nell’impossibilità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Va sottolineato che “imprenditore agricolo” comprende sia il coltivatore diretto individuale, sia le società agricole (es. società semplici, SRL agricole) e le cooperative agricole, purché svolgano esclusivamente attività rientranti nell’art. 2135 c.c. (coltivazione, selvicoltura, allevamento e connesse). La forma giuridica societaria non fa perdere i benefici dell’esenzione fallimentare: ciò che conta è la natura agricola dell’attività svolta. Una società agricola in crisi non potrà quindi essere assoggettata a liquidazione giudiziale, ma potrà utilizzare le procedure di sovraindebitamento previste per l’imprenditore agricolo individuale.

Nei prossimi paragrafi vedremo nel dettaglio queste procedure applicabili, con condizioni e svolgimento. In sintesi, il CCII prevede essenzialmente quattro strumenti principali (derivati dalla vecchia Legge 3/2012) per gli imprenditori agricoli sovraindebitati:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “nuovo” piano del consumatore) – riservato però alle sole persone fisiche non imprenditrici. (Utile solo se l’imprenditore agricolo ha debiti personali estranei all’azienda; vedi oltre).
  • Concordato minore – la procedura “concordataria” dedicata ai debitori non fallibili che esercitano attività d’impresa o professionale (inclusi gli imprenditori agricoli). È l’equivalente del vecchio “accordo di composizione” ma con importanti novità.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato – equivalente alla liquidazione del patrimonio ex L.3/2012, ossia una procedura di liquidazione giudiziale su piccola scala. In pratica, la liquidazione concorsuale per i debitori non fallibili (imprese minori, agricole, persone fisiche).
  • Esdebitazione del debitore incapiente – uno strumento innovativo di fresh start che consente al debitore persona fisica, totalmente privo di capacità di rimborso, di ottenere la cancellazione dei debiti senza alcuna liquidazione (la cosiddetta “esdebitazione a zero”).

Accanto a queste, esiste la Composizione Negoziata della Crisi (strumento introdotto nel 2021, extragiudiziale ma con supporto di un esperto) a cui possono accedere anche le imprese agricole. Pur non essendo formalmente una procedura di sovraindebitamento (non comporta di per sé riduzione del debito se non c’è accordo, e non prevede esdebitazione se non con successivo concordato), la composizione negoziata è un percorso volontario e riservato che può aiutare a negoziare con i creditori e, in mancanza di accordo, sfociare in una procedura semplificata. La tratteremo separatamente tra le soluzioni stragiudiziali.

Prima di addentrarci nelle soluzioni, delineiamo brevemente chi può accedere a questi strumenti e con quali requisiti, con un occhio alle specificità dell’impresa agricola.

Soggetti Ammessi e Requisiti di Accesso

Possono accedere alle procedure da sovraindebitamento tutti i debitori non assoggettabili alle procedure concorsuali maggiori (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo ordinario, amministrazione straordinaria). In particolare, i soggetti ammessi includono:

  • Consumatori: persone fisiche con debiti contratti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. Esempio: un coltivatore diretto che ha debiti solo per un mutuo casa o prestiti personali (non per l’azienda) può essere considerato consumatore per quei debiti. Attenzione: la definizione di consumatore esclude i debiti collegati ad attività d’impresa. Come chiarito dalla Cassazione e dal correttivo 2024, un ex imprenditore non può qualificarsi consumatore se i suoi debiti derivano in larga parte dalla precedente attività. Dunque un agricoltore che abbia cessato l’attività ma abbia debiti fiscali, bancari ecc. legati all’azienda non potrà “mascherarsi” da consumatore per fare un piano del consumatore; dovrà usare gli strumenti da imprenditore (concordato minore o liquidazione controllata), agendo entro un anno dalla cessazione come detto.
  • Imprenditori minori: piccoli imprenditori commerciali che rimangono sotto determinate soglie dimensionali (art. 2, co.1, lett. d CCII). Le soglie attuali sono: attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 (valori da valutare sugli ultimi 3 esercizi). Questi limiti, aggiornabili ogni 3 anni, ricalcano quelli già noti della L.Fall. Tali imprese, pur essendo commerciali, se rientrano in queste soglie non sono soggette a liquidazione giudiziale e accedono dunque alle procedure di sovraindebitamento. (Molte piccole imprese artigiane rientrano qui).
  • Imprenditori agricoli: qualsiasi imprenditore che svolga le attività di cui all’art. 2135 c.c. (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse), senza limiti dimensionali. Come detto, tradizionalmente l’imprenditore agricolo era escluso dal fallimento a prescindere dalle dimensioni; il CCII conferma questo approccio: un’azienda agricola, anche con milioni di euro di fatturato, non può essere dichiarata in liquidazione giudiziale (salvo svolga prevalentemente altra attività commerciale). Dunque qualsiasi imprenditore agricolo in crisi può accedere alle procedure di sovraindebitamento. Non rileva la forma giuridica: ditta individuale, impresa familiare, società semplice agricola, SRL agricola, cooperativa, ecc., purché l’attività sia agricola in via esclusiva o prevalente. La giurisprudenza ha chiarito che anche l’imprenditore agricolo societario gode dell’esenzione dal fallimento, indipendentemente dall’organizzazione, e può quindi usare gli strumenti di sovraindebitamento (con l’ormai nota eccezione se la società fa di fatto attività commerciale prevalente).
  • Professionisti e lavoratori autonomi: il libero professionista (es. veterinario, agronomo, avvocato, ecc.) o chi esercita attività economica senza forma d’impresa (es. un coltivatore occasionale con sola P.IVA, non iscritto come impresa) è equiparato agli imprenditori non fallibili e rientra tra i debitori sovraindebitati.
  • Start-up innovative: per legge godono di una temporanea esenzione dal fallimento (art. 31 DL 179/2012). Il CCII conferma che le start-up innovative (anche in agricoltura, es. agritech) sono debitori sovraindebitati e possono usare queste procedure. Nota: l’utilizzo di procedure da sovraindebitamento per una start-up innovativa è facoltativo: l’impresa può rinunciare all’esenzione e accedere alle procedure ordinarie, se preferisce.
  • Enti non profit ed altri soggetti non fallibili: rientrano infine nell’ambito del sovraindebitamento altri debitori non fallibili per legge speciale: es. associazioni (riconosciute o no), fondazioni, enti religiosi, ONLUS con debiti. Questi possono usare la composizione da sovraindebitamento, in genere mediante concordato minore (non essendo “consumatori”). In teoria anche un condominio indebitato rientrava nella L.3/2012 e può rientrare nel CCII, sebbene casi pratici siano rari.

Requisito oggettivo: oltre ad appartenere a una delle categorie sopra, il debitore deve trovarsi in uno stato di sovraindebitamento. Questo concetto, come visto, equivale allo stato di crisi o insolvenza di un soggetto non fallibile. In pratica deve risultare che l’azienda agricola non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti, né con i flussi di cassa prospettici (se è in crisi incipiente), né liquidando il patrimonio (se è già insolvente conclamata). Indizi tipici: bilanci con perdite gravi, situazione finanziaria tesa, esposizioni scadute da tempo, pignoramenti in corso ecc.

Cause ostative (limiti soggettivi): il CCII prevede inoltre alcune cause di inammissibilità comuni a tutte le procedure di sovraindebitamento, volte ad evitare abusi. In breve:

  • Procedura concorsuale pendente: il debitore non deve essere già soggetto a una procedura concorsuale “maggiore” in corso. Di solito un imprenditore agricolo non può avere un fallimento pendente (non essendo fallibile); tuttavia, se fosse in corso ad es. una liquidazione coatta amministrativa (possibile per alcune cooperative agricole) o un’amministrazione straordinaria, non potrebbe accedere al sovraindebitamento.
  • Esdebitazione recente o procedure già utilizzate: non si può accedere se si è già ottenuta un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. In generale, chi ha già usufruito di una procedura da sovraindebitamento non può attivarne un’altra a breve. Inoltre non si possono ottenere più di due esdebitazioni in totale nella vita, per evitare abusi (niente “serial over-indebtedness”). (La FAQ in fondo tratterà la possibilità di ripetere le procedure.)
  • Indebitamento con dolo o colpa grave (frodi): è escluso l’accesso a chi ha provocato il proprio sovraindebitamento con comportamento fraudolento o gravemente imprudente. Esempi: chi ha dissipato il patrimonio scientemente, o fatto debiti sapendo di non poterli pagare, può vedersi negare l’ammissione. Questo principio di “meritevolezza” era centrale nella vecchia L.3/2012, in particolare per il piano del consumatore. Il CCII lo mantiene soprattutto per il consumatore, dove il giudice verifica la condotta del debitore prima di omologare. Nel concordato minore, invece, non c’è un controllo di meritevolezza altrettanto stringente in fase di ammissione – il “giudizio” è affidato ai creditori attraverso il voto. Ciò non significa licenza di frode: atti in mala fede possono comunque portare a sanzioni, ad es. la revoca della procedura o il diniego dell’esdebitazione se scoperti più tardi. (Vedi anche oltre la FAQ sul requisito di meritevolezza.)
  • Condanne penali rilevanti: il debitore non deve aver riportato condanne per reati gravi di natura economica (es. bancarotta fraudolenta, riciclaggio, usura, reati fiscali gravi). Alcune di queste preclusioni operano soprattutto in sede di esdebitazione: per ottenere la liberazione residua dai debiti, ad esempio, non bisogna aver commesso delitti tributari o fallimentari dolosi. In fase di accesso al concordato minore, eventuali procedimenti penali pendenti potrebbero incidere sulla valutazione di meritevolezza generale.
  • Cessazione attività oltre 1 anno: come già visto, un imprenditore che ha cessato l’attività e si è cancellato dal Registro Imprese da oltre 12 mesi non può accedere al concordato minore né (dopo il 2024) proporre un concordato semplificato. Questa limitazione, ora prevista dall’art. 33 CCII emendato, recepisce l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 22699/2023) sopra citato. In pratica, chi ha chiuso l’azienda da più di un anno è considerato “fuori tempo massimo” per attivare strumenti concorsuali sul pregresso. Se invece la cessazione è recente (entro l’anno), è ancora possibile muoversi. ⇒ Consiglio: se un imprenditore agricolo chiude la propria attività ma rimane con debiti, deve attivarsi entro 12 mesi in una procedura, altrimenti dopo potrà solo sperare nell’esdebitazione “incapiente” (se persona fisica senza beni).
  • Atti in frode ai creditori: il debitore non deve aver compiuto atti in frode ai creditori nei 5 anni precedenti la domanda. Ciò significa ad esempio niente sottrazione di beni ai creditori (vendite simulate, donazioni dissimulate, trasferimenti fraudolenti di patrimonio). L’OCC e il tribunale verificano questi aspetti: atti in frode gravi portano all’inammissibilità o, se scoperti a procedura avviata, alla revoca della stessa e dell’eventuale esdebitazione ottenuta.

Competenza territoriale: le procedure da sovraindebitamento si svolgono dinanzi al Tribunale del luogo dove il debitore ha il centro principale degli interessi (COMI). Per le persone fisiche coincide di regola con la residenza, per le società con la sede legale. Esempio: un agricoltore residente in Toscana presenterà domanda al Tribunale della sua provincia (es. Firenze), tipicamente alla sezione specializzata in crisi d’impresa (ex “fallimentare”). La domanda va depositata con l’ausilio di un OCC competente sul territorio e assegnata a un giudice. Nelle sedi minori senza sezione dedicata, sarà comunque il giudice civile a occuparsene.

Ruolo degli OCC (Organismi di Composizione della Crisi): gli OCC sono organismi istituiti presso Ordini professionali, Camere di Commercio ed enti pubblici, abilitati a gestire le procedure di sovraindebitamento. L’imprenditore agricolo che intende accedere a una procedura deve rivolgersi a un OCC locale, il quale nominerà un gestore della crisi (professionista esperto, es. un commercialista o avvocato formato). Il gestore assiste il debitore nella preparazione della proposta e dei documenti, e redige una relazione particolareggiata (relazione ex art. 68/76 CCII) sulla situazione e fattibilità del piano. Il CCII ha rafforzato i poteri dei gestori, consentendo loro accesso a banche dati fiscali e patrimoniali per verifiche.

Dopo il deposito, nelle varie procedure il gestore può assumere ruoli diversi: ad esempio può essere nominato Commissario Giudiziale nel concordato minore, oppure Liquidatore nella liquidazione controllata, o ancora mantenere un ruolo di controllo nell’esecuzione di un piano del consumatore. Insomma, l’OCC è il perno tecnico attorno a cui ruota la procedura, analogo in un certo senso alla figura del Curatore nel fallimento o del Commissario nel concordato preventivo, pur con funzioni adattate alle minori dimensioni.

Con questo quadro in mente, passiamo ora alle specifiche soluzioni disponibili per un’azienda agricola indebitata: prima le opzioni stragiudiziali (fuori dal tribunale), poi le procedure concorsuali/sovraindebitamento vere e proprie.

Tipologie di Debito e Strategie di Gestione

Un’azienda agricola può contrarre diversi tipi di debiti. Analizzare la natura del debito è importante perché alcune soluzioni sono più adatte a certi debiti (es. i debiti fiscali possono beneficiare di definizioni agevolate, i debiti bancari di moratorie, ecc.). Vediamo le principali categorie di debito e come possono essere trattate:

  • Debiti bancari e finanziari: mutui agrari, prestiti bancari per macchinari, scoperti di conto, leasing su mezzi agricoli, ecc. Spesso questi debiti sono assistiti da garanzie reali (es. ipoteche su terreni, pegno agrario sui prodotti) o da privilegio speciale agrario su bestiame e scorte. In caso di insolvenza, la banca ha il diritto di escutere la garanzia (es. pignoramento del fondo ipotecato). Soluzioni: in via stragiudiziale si può negoziare una rinegoziazione del mutuo (allungamento dei piani di ammortamento, riduzione temporanea del tasso, periodo di grazia) o un accordo di moratoria (sospensione delle rate per un certo periodo). Spesso esistono protocolli generali, ad es. l’Accordo ABI per il Credito che periodicamente consente alle PMI – incluse imprese agricole – di ottenere moratorie su mutui in presenza di certi requisiti. In casi di grave difficoltà, la banca può accettare un saldo e stralcio (pagamento parziale immediato a fronte dell’esdebitazione dal residuo) se ritiene di recuperare più che da un’eventuale esecuzione forzata. Nei piani concorsuali, i crediti bancari muniti di ipoteca o pegno rientrano tra i crediti privilegiati: il piano dovrà prevedere il loro soddisfacimento almeno fino al valore della garanzia (la parte eventualmente eccedente il valore del bene diventa chirografaria). Ad esempio, se la banca ha mutuo residuo €200.000 garantito da ipoteca su un terreno che vale €150.000, nel concordato quel credito si “sdoppia”: €150k privilegiato (da pagare integralmente magari tramite vendita del terreno) e €50k chirografario, che potrà essere falcidiato come gli altri chirografari. Se l’azienda punta alla continuità, può proporre di continuare a pagare regolarmente i mutui e non toccare le garanzie (ciò spesso rende la banca neutrale o favorevole al piano). In liquidazione, invece, il bene ipotecato verrà venduto dal liquidatore e la banca soddisfatta col ricavato; l’eventuale insufficienza diviene residuo chirografario che potrà essere esdebitato.
  • Debiti verso fornitori e altri creditori chirografari: debiti commerciali (sementi, mangimi, attrezzi), bollette energetiche, servizi, affitti di terreni, ecc., che non hanno garanzie e sono quindi chirografari (ordinari). Questi creditori in caso di insolvenza rischiano di essere pagati per ultimi e in piccola percentuale. Soluzioni: negoziazione individuale è spesso possibile se il fornitore vuole mantenere rapporti commerciali – ad es. concordare un piano di rientro rateale del dovuto, magari con garanzie personali, oppure un saldo e stralcio (il fornitore accetta il pagamento del, poniamo, 50% subito e rinuncia al resto, preferendo incassare qualcosa subito anziché attendere un’incerta procedura concorsuale). Se i fornitori sono molti, è difficile ottenere l’accordo di tutti stragiudizialmente; qui diventano utili gli strumenti concorsuali: nel concordato minore, i fornitori chirografari vengono tipicamente suddivisi in classi o trattati assieme proponendo loro una certa percentuale (es. “pagherò il 30% del vostro credito in 4 anni”). Se i creditori approvano il piano a maggioranza, anche i dissenzienti saranno obbligati ad accettare quell’importo in piena soddisfazione (il restante viene esdebitato). In liquidazione controllata, i fornitori chirografari normalmente incassano solo una quota proporzionale (spesso esigua) dal ricavato finale e poi il debitore persona fisica è esdebitato dal resto.
  • Debiti tributari (Erario): imposte non pagate (IVA, IRPEF/IRES, IRAP), cartelle esattoriali dell’Agente Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione), ecc. Questi debiti in parte sono privilegiati (es. IVA e ritenute non versate hanno privilegio speciale sui beni del debitore, altre imposte privilegio generale), in parte chirografari (sanzioni, interessi). Le aziende agricole possono avere debiti fiscali significativi, ad es. IVA non versata su cessioni di prodotti, IRPEF sui redditi agrari, IMU su terreni, ecc. Soluzioni: a livello amministrativo esistono strumenti di rateizzazione ordinaria – ad esempio, le cartelle esattoriali si possono dilazionare fino a 72 rate mensili (6 anni) automaticamente se sotto certa soglia, o fino a 120 rate in casi gravi con autorizzazione (art. 19 DPR 602/1973). Negli ultimi anni il legislatore ha spesso introdotto definizioni agevolate (rottamazioni): ad esempio la “rottamazione-quater” del 2023 ha consentito di pagare i ruoli fiscali 2000-2017 senza sanzioni né interessi di mora, in massimo 18 rate fino al 2027, con prima scadenza nel 2023. Chi ha aderito deve rispettare il piano di pagamenti (al 31 maggio 2025 scade ad es. una rata importante); sono state previste alcune proroghe per ritardatari (decreto Milleproroghe 2024, ecc.), segno dell’attenzione del legislatore nel dare respiro anche fiscale alle imprese in crisi. Un’azienda agricola sovraindebitata dovrebbe verificare se può accedere a queste sanatorie per ridurre il carico fiscale. In ambito concorsuale, il CCII prevede la possibilità di una transazione fiscale all’interno di concordati o accordi di ristrutturazione: ciò significa che si può proporre al Fisco un pagamento parziale del dovuto. In passato c’erano limiti (IVA e ritenute erano “intoccabili” salvo integrale pagamento), ma la giurisprudenza ha aperto alla loro falcidia nelle procedure di sovraindebitamento (Corte Cost. 245/2019). Oggi il Tribunale può omologare un concordato minore anche con stralcio di IVA se ritiene che il piano offra ai creditori fiscali almeno quanto otterrebbero altrimenti. Attenzione: restano comunque non esdebitabili le sanzioni penali o amministrative e i debiti fiscali derivanti da violazioni fraudolente (vedi FAQ su debiti non cancellabili). In liquidazione controllata, i crediti tributari privileggiati partecipano al riparto come tali; se residua impagato (specie le sanzioni), la persona fisica può ottenerne l’esdebitazione finale.
  • Debiti contributivi (previdenza e assistenza): contributi obbligatori non versati (ad es. contributi INPS per lavoratori agricoli dipendenti, contributi IVS coltivatori diretti, premi INAIL, ecc.). Hanno natura simile ai debiti fiscali e godono di privilegio generale al pari di questi. Soluzioni: anche l’INPS concede dilazioni amministrative (di solito fino a 24 mesi, ex art. 2, co. 11, DL 338/1989, per aziende in temporanea difficoltà). In alcuni provvedimenti di “pace fiscale” i contributi sono inclusi (ad es. la rottamazione riguarda anche alcuni contributi affidati all’Agente Riscossione). Nelle procedure concorsuali minori, i crediti contributivi possono essere trattati nella transazione fiscale/contributiva insieme ai tributi: ad esempio si può proporre il pagamento parziale dei contributi dovuti alle casse previdenziali, subordinato all’accettazione da parte degli enti (che devono esprimere il loro voto in concordato). È da notare che i debiti per omissioni contributive verso i dipendenti possono comportare sanzioni penali (omesso versamento di ritenute previdenziali) se sopra una soglia – motivo in più per inserirli in una soluzione complessiva.
  • Debiti verso i dipendenti: retribuzioni arretrate, TFR non pagato, indennità, ecc. I lavoratori dipendenti sono creditori privilegiati di grado molto elevato (privilegio generale sui beni, anteposto a fisco e banche chirografarie). Inoltre il TFR e gli ultimi tre mesi di stipendi godono di un super-privilegio ex art. 2751-bis c.c., e in caso di insolvenza sono garantiti dall’intervento del Fondo di Garanzia INPS. Soluzioni: in un concordato minore o accordo, di regola i debiti verso dipendenti vanno previsti in pagamento integrale (o al limite con soddisfacimento molto alto, es. ≥80%) e preferibilmente subito dopo l’omologazione. Questo perché sia la legge sia la prassi giudiziaria richiedono la tutela dei lavoratori. Se un concordato proponesse di non pagare il TFR, molto probabilmente non verrebbe omologato. In liquidazione controllata, il liquidatore paga per primi i dipendenti con le eventuali somme attive. Se l’attivo non basta, i lavoratori possono attivare il Fondo di Garanzia INPS (che interviene solo in caso di procedure concorsuali tipiche oppure se il datore non è soggetto a procedure ma è insolvente conclamato). Attualmente, però, la normativa INPS non include espressamente il concordato minore o la liquidazione controllata tra le procedure che danno diritto automatico al Fondo. Ciò significa che, in pratica, se un’azienda agricola è in liquidazione controllata, i lavoratori potrebbero dover far valere l’insolvenza come se fosse un datore “non assoggettabile”, provando il tentativo di escussione ecc. (come da art. 2 L. 297/1982). Per evitare incertezze, spesso nei concordati minori si prevede espressamente di pagare subito i dipendenti, oppure di lasciar loro accesso al Fondo come se fosse un fallimento (anche se non formalmente previsto, alcuni tribunali estendono la tutela). In sintesi, salario e TFR dei dipendenti vanno tutelati prioritariamente: o li paga il datore nella procedura, o interviene (in certe condizioni) il Fondo di Garanzia. (Vedi anche FAQ: il titolare può salvare l’abitazione dall’esecuzione? Si discuterà anche della sorte della casa e del Fondo INPS in liquidazione.)
  • Debiti per sanzioni e illeciti: multe, sanzioni amministrative (ad es. sanzioni ambientali, violazioni igienico-sanitarie), danni risarcitori per illeciti civili o penali causati dall’azienda (es. inquinamento, lesioni colpose sul lavoro, ecc.). Questi debiti hanno un trattamento vario: le multe e sanzioni pecuniarie non sono esdebitabili per espressa previsione di legge, quindi anche dopo un concordato o esdebitazione restano dovute (salvo diversa legge di condono). Nei piani, tuttavia, spesso si prevede di pagarle in parte comunque (anche se formalmente non liberabili). I debiti da risarcimento per fatti illeciti commessi con dolo o colpa grave pure non vengono cancellati dall’esdebitazione: ad esempio, se l’azienda deve risarcire un danno ambientale causato da comportamento doloso, quel debito sopravvive. Dunque attenzione: questi creditori “particolari” vanno trattati con cura, magari con accordi dedicati (transazioni parallele) perché non spariranno con la procedura.

Di seguito, una tabella riepilogativa che confronta in sintesi il trattamento dei vari tipi di debito e le possibili soluzioni:

Tipo di debitoCaratteristichePossibili soluzioni (in sintesi)
Bancari/Finanziari (mutui, prestiti)Garantiti da ipoteche su terreni o privilegi agrari su beni (colture, bestiame); tassi d’interesse spesso variabili. In insolvenza, rischio di esecuzione sui beni ipotecati.Moratoria o rinegoziazione del mutuo (accordi ABI, sospensione rate)– Saldo e stralcio stragiudiziale (pago parziale e la banca rinuncia al resto)– In concordato: pago quota garantita (bene venduto o ipoteca mantenuta), il residuo chirografo può essere falcidiato. In continuità, posso proporre di continuare a servire regolarmente il debito per non liquidare i beni.
Fornitori/Chirografari (merce, servizi)Nessuna garanzia; credito esigibile a breve termine. Se insolvenza, recupero solo parziale a fine procedura (dopo privilegi).Piani di rientro o dilazioni bonarie (rate mensili, magari con garanzia personale)– Transazioni: sconto sul dovuto per pagamento immediato– In concordato: proposta di pagamento di una percentuale (es. 20-40%) sul credito in uno/due anni dall’omologazione; vincolante se maggioranza approva.– In liquidazione: incasso pro-quota sul ricavato (spesso modesto) ed eventuale esdebitazione del debitore.
Fiscali/Tributari (Erario)Imposte e tasse non versate (IVA, imposte reddito, IMU, ecc.). Hanno privilegio generale (imposte dirette) o speciale (IVA su beni ex art. 2752 c.c.). Sanzioni e interessi sono chirografari.Rateazione amministrativa (fino 6-10 anni ex art.19 DPR 602/73) per debiti con cartelle.– Definizioni agevolate (rottamazioni): pagamento senza sanzioni e interessi, se previsto da legge (es. rottamazione-quater 2023).– Transazione fiscale in piani/accordi: proposta di pagamento parziale di imposte, interessi e sanzioni. Possibile falcidiare anche IVA e ritenute se piano conveniente per il Fisco (dopo Corte Cost. 245/2019).– Esdebitazione: non cancella multe e sanzioni amministrative; le imposte derivanti da frodi rimangono escluse.
Contributivi/Previdenza (INPS, casse)Contributi obbligatori non pagati (dipendenti o autonomi). Privilegio generale pari grado al fisco. Mancato versamento può costituire reato (omissione contributiva) se > soglia.Rateazione INPS (fino 24 mesi, prorogabile in casi speciali) per debiti correnti.– Eventuali condoni/rottamazioni includenti contributi se affidati ad Agente riscossione.– Transazione contributiva: simile a quella fiscale, con proposta di pagamento parziale di contributi e sanzioni, soggetta a voto degli enti previdenziali nei concordati/accordi.– Esdebitazione: come per tributi, non copre eventuali sanzioni penali.
Dipendenti (salari, TFR)Privilegio di massimo grado ex art.2751-bis c.c. su ultime retribuzioni e TFR; garantito da Fondo INPS se azienda insolvente. L’azienda agricola ha spesso manodopera stagionale: debiti per paghe arretrate vanno gestiti con priorità.Pagamento integrale preferenziale: meglio soddisfare interamente i dipendenti, magari subito dopo omologa (spesso richiesto dal Tribunale).– Fondo di garanzia INPS: interviene per TFR e ultime 3 mensilità in caso di procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, concordato semplificato ecc.). Per concordato minore/liquidazione controllata, il Fondo interviene se datore insolvente non fallibile, a condizione di cessazione rapporto e tentativi di escussione infruttuosi. (In pratica, se l’azienda non paga nemmeno con la procedura, il lavoratore dovrà attivarsi legalmente per ottenere l’intervento del Fondo).– Concordato minore: prevedere nel piano il pagamento del 100% di queste voci (spesso requisito di omologazione).
Sanzioni e illeciti (multe, risarcimenti)Multe stradali, sanzioni amministrative (es. violazioni ambientali), ammende penali; debiti da risarcimento danni civili per fatti dolosi/gravi. Questi crediti sono in genere chirografari (lo Stato per multe, il danneggiato per risarcimento).Sanzioni amministrative: non cancellabili dall’esdebitazione. Nel piano si può proporre un pagamento parziale delle multe, ma il residuo formalmente resta. Spesso l’ente pubblico non vota contro se almeno recupera qualcosa.– Danni da reato dolo/colpa grave: pure non esdebitabili. Occorre eventualmente trattare extra-procedura col danneggiato (es. accordo transattivo sul risarcimento) perché altrimenti, finita la procedura, il credito risarcitorio resta per intero.– Concordato: prevedere il trattamento di questi crediti separatamente (non falcidiarli arbitrariamente se la legge lo vieta).– Liquidazione: il liquidatore li ammette al passivo; se restano insoddisfatti, non vengono cancellati per il debitore persona fisica (che quindi ne risponderà anche post-esdebitazione).

(Legenda: “falcidia” = pagamento parziale del credito privilegiato degradando la parte eccedente a chirografario; “prededuzione” = spese e compensi procedura pagati prima dei creditori; “continuità” = prosecuzione dell’attività durante la procedura; “OCC” = Organismo Composizione Crisi.)

Come si vede, ogni tipologia di debito ha peculiarità nel modo in cui può essere trattata. Una buona strategia di risanamento deve combinare più strumenti: ad esempio, trattative mirate con banche e fornitori, adesione a sanatorie fiscali quando disponibili, e l’eventuale utilizzo di un ombrello concorsuale (concordato minore) per imporre un accordo ai creditori dissenzienti e ottenere l’esdebitazione finale.

Nei prossimi paragrafi esploriamo in dettaglio le soluzioni stragiudiziali (fuori dal tribunale) e le procedure concorsuali disponibili, evidenziandone funzionamento, vantaggi e limiti per un’azienda agricola indebitata.

Soluzioni Stragiudiziali (Accordi senza Tribunale)

Prima di ricorrere a procedure giudiziarie, un imprenditore agricolo indebitato dovrebbe valutare le possibili soluzioni stragiudiziali, ovvero accordi e strumenti attuabili al di fuori di un procedimento concorsuale formale. Le soluzioni stragiudiziali presentano il vantaggio di essere più rapide, riservate e flessibili, evitando il “marchio” di una procedura concorsuale e i relativi costi. Tuttavia richiedono, in genere, la piena collaborazione (o almeno il consenso di una larga parte) dei creditori, non potendo imporre coattivamente ai dissenzienti il loro contenuto.

Vediamo quali sono i principali strumenti stragiudiziali utilizzabili da un’azienda agricola in crisi:

Negoziazione Diretta con i Creditori (Accordi individuali)

La via più semplice, in presenza di un numero ridotto di creditori, è negoziare direttamente con ciascuno di essi una ristrutturazione del debito. Ciò può assumere forme diverse:

  • Piano di rientro informale: il debitore e il creditore convengono nuovi termini di pagamento (es. dilazione su 12-24 mesi, magari con interessi di mora ridotti). Spesso i fornitori e le banche, pur di evitare perdite totali, accettano piani di rientro se credono nella futura solvibilità dell’azienda.
  • Accordo transattivo (“saldo e stralcio”): il creditore acconsente a stralciare una parte del credito, se il debitore paga subito (o in breve tempo) una percentuale concordata. Ad esempio un fornitore con €50.000 di fatture scadute potrebbe accettare €25.000 entro un mese in pieno e finale soddisfacimento, rinunciando al resto. Questa soluzione è appetibile quando il creditore dubita di poter recuperare di più inseguendo il debitore in giudizio o in un concorso.
  • Consolidamento del debito bancario: con l’aiuto di un consulente, l’azienda può cercare di consolidare vari debiti finanziari. Ad esempio ottenere da una banca un nuovo finanziamento a lungo termine che estingua i debiti a breve (mutui, scoperti) rendendo la situazione più sostenibile. Spesso servono garanzie aggiuntive (es. ipoteche su ulteriori beni dell’imprenditore) o intervento di consorzi di garanzia fidi o dell’ISMEA (che offre garanzie per crediti agrari).
  • Intervento di terzi (o soci): a volte un familiare o un investitore esterno può apportare liquidità per pagare transattivamente i creditori. Ad es. un parente acquista un bene dell’azienda agricola (trattore, appezzamento non strategico) e le risorse ottenute vengono usate per chiudere i debiti con uno sconto. Oppure un socio conferisce nuovi fondi a fronte di un piano di risanamento.

Queste trattative individuali possono avere successo se i debiti non sono eccessivamente frammentati tra troppi creditori e se il debitore mantiene un rapporto di fiducia/credibilità con loro. È importante presentare un piano credibile e onorare rigorosamente i nuovi patti, altrimenti la fiducia svanisce. Il vantaggio è che l’azienda può ristrutturare senza procedure pubbliche, evitando pregiudizi reputazionali e mantenendo pieno controllo.

Tuttavia, quando i creditori iniziano ad essere molti – e soprattutto se ce n’è qualcuno intransigente o già in fase esecutiva – gli accordi individuali potrebbero non bastare. In tali casi si può passare a strumenti stragiudiziali “strutturati”, previsti dalla legge, che aiutano a vincolare anche le minoranze dissenzienti, pur restando fuori dal tribunale (o con un intervento minimo di omologazione).

Piano Attestato di Risanamento (art. 56 CCII)

Il Piano Attestato di Risanamento è uno strumento tipicamente utilizzato dalle imprese commerciali, ma accessibile anche a imprese agricole sopra-soglia equiparate (il CCII all’art. 56 non fa distinzioni sul tipo di imprenditore, richiede solo lo stato di crisi e un professionista attestatore). Consiste essenzialmente in un piano di risanamento predisposto dall’imprenditore con l’ausilio di un professionista indipendente (attestatore), il quale assevera che il piano è idoneo a risanare la posizione debitoria dell’impresa e a garantirne l’equilibrio. Il piano può prevedere qualsiasi misura: ristrutturazione dei debiti, aumenti di capitale, cessioni di beni, conversione di debiti in capitale, ecc.

Caratteristiche del piano attestato:

  • Accordi volontari: a differenza dell’accordo di ristrutturazione, il piano attestato non richiede una soglia di consenso specifica da parte dei creditori – in teoria potrebbe anche essere raggiunto con tutti i creditori, ma non c’è un meccanismo di omologazione che vincola i dissenzienti. Funziona come un insieme di accordi contrattuali che l’azienda conclude con i vari creditori sulla base del piano.
  • Protezione limitata: il vantaggio giuridico del piano attestato sta principalmente nell’esenzione da azioni revocatorie fallimentari (art. 166, co.3, lett. d CCII): gli atti compiuti in esecuzione del piano e pubblicati nel Registro delle Imprese non possono essere revocati in un successivo fallimento. Ciò dà sicurezza ai creditori che aderiscono. Tuttavia, il piano attestato di per sé non produce effetti protettivi immediati (niente automatic stay: i creditori non firmatari potrebbero proseguire azioni esecutive).
  • Riservatezza: il piano può restare riservato (si può scegliere se pubblicarlo nel Registro Imprese; la pubblicazione è facoltativa salvo che si voglia la protezione dalle revocatorie). Spesso per motivi di riservatezza non lo si pubblica fino a completamento atti principali.
  • Quando usarlo: è utile quando quasi tutti i creditori chiave sono disponibili a collaborare e serve solo un contenitore formale per legare il tutto e avere l’attestazione di un esperto sulla fattibilità (che aumenta fiducia). Ad es., se una banca condiziona la ristrutturazione del debito a un piano attestato, l’azienda agricola può predisporlo; oppure se servono nuovi finanziamenti, la banca può erogarli con la tranquillità che il piano è asseverato e depositato.

Un esempio: un’azienda vitivinicola indebitata con 3 banche e 5 fornitori potrebbe negoziare con ciascuno riduzioni e dilazioni e consolidare il tutto in un piano di risanamento certificato da un commercialista indipendente. Se tutte e 3 le banche aderiscono e i fornitori pure, il piano riesce. Si deposita l’attestazione ed eventualmente gli accordi in Camera di Commercio per blindarlo giuridicamente. I creditori minoritari (es. uno che non aderisce) non sono vincolati, ma se rappresentano una piccola parte il rischio è gestibile.

Per un’impresa agricola, il piano attestato può essere meno comune perché, storicamente, esse non potevano fallire e quindi le banche erano meno incentivate a formalizzare piani – preferendo attendere o agire esecutivamente su beni. Oggi però, sapendo che esiste la liquidazione controllata su istanza dei creditori, anche per un’azienda agricola può valere la pena offrire un piano attestato prima di finire in una procedura concorsuale.

Accordo di Ristrutturazione dei Debiti (ARD) – art. 57 CCII

L’Accordo di Ristrutturazione è uno strumento “ibrido” tra l’extragiudiziale e il concorsuale. È un accordo volontario tra debitore e creditori che però, se raggiunge una determinata maggioranza, viene sottoposto all’omologazione del Tribunale, diventando vincolante anche per i creditori non aderenti (entro certi limiti).

Principali caratteristiche:

  • Soglia di adesione: occorre l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali (art. 57 CCII). Cioè il debitore deve trovare un accordo con creditori che rappresentino il 60% dell’esposizione. I creditori non aderenti verranno pagati integralmente fuori accordo (altrimenti il tribunale non omologa) – salvo eventualmente chiedere l’estensione degli effetti anche ai dissenzienti chirografari se certe condizioni (c’è la figura degli accordi ad efficacia estesa, ma esula dal focus).
  • Forma e contenuto: l’accordo si formalizza in un contratto tra debitore e creditori aderenti, che prevede come i debiti verranno ristrutturati (tempi e modi di pagamento, eventuali stralci). Può includere la transazione fiscale (stralcio di debiti fiscali con adesione dell’Agenzia Entrate e INPS).
  • Procedura: il debitore deposita l’accordo corredato da documentazione e da una relazione di un professionista indipendente che attesta che l’accordo assicura il regolare pagamento dei creditori estranei (art. 57 c.3). Il Tribunale – verificati i presupposti – omologa l’accordo con decreto. Da quel momento l’accordo è efficace erga omnes.
  • Effetti protettivi: su richiesta del debitore si possono ottenere misure protettive già durante le trattative (simili a quelle del concordato) per evitare azioni esecutive nel frattempo. Dopo il deposito, l’omologazione rende l’accordo vincolante per tutti i firmatari; i non aderenti devono essere pagati per intero entro 120 giorni dall’omologa (se sono già scaduti) o nei termini contrattuali (se a scadenza futura) per legge.
  • Utilizzo per imprese agricole: storicamente l’imprenditore agricolo non poteva accedere all’accordo di ristrutturazione perché strumento riservato ai fallibili. Oggi non è più così. Gli artt. 57 e seguenti CCII prevedono espressamente che anche l’imprenditore agricolo può stipulare accordi di ristrutturazione dei debiti, nonché convenzioni di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi, per far fronte alla crisi. Non ci sono limiti dimensionali per l’agricoltore: la norma richiede solo che, se agricolo “sotto soglia”, può accedervi comunque (anzi ne è uno strumento naturale); se agricolo sopra soglia, non essendo fallibile può comunque usarlo come procedura di sovraindebitamento sui generis.

In pratica, un’azienda agricola con molti debiti potrebbe preferire l’accordo di ristrutturazione al concordato minore se: (a) ha già l’adesione convinta di una larga parte (≥60%) dei creditori principali; (b) intende escludere dall’accordo qualche creditore minoritario pagandolo a parte integralmente (ad es. per mantenere un fornitore strategico fuori dal concorso); (c) vuole una soluzione più snella, senza passare per il voto formale di tutti i creditori come nel concordato. L’accordo può essere concluso anche solo con banche e principali fornitori, lasciando fuori erario e altri (che verranno soddisfatti normalmente). Se però bisogna coinvolgere tutti i creditori in tagli o dilazioni, conviene di solito il concordato minore.

Va notato che per i grandi debitori l’accordo di ristrutturazione è stato potenziato dal recepimento della direttiva UE: esistono varianti (accordi ad efficacia estesa, agevolati al 30% per certe piccole imprese, ecc.), ma per non complicare, nella prospettiva dell’azienda agricola media è sufficiente sapere del “classico” ARD 60%.

Convenzione di Moratoria (art. 62 CCII)

La convenzione di moratoria è uno strumento introdotto dal CCII che si pone come via intermedia per ottenere una sospensione collettiva dei pagamenti verso alcuni creditori, con effetti vincolanti anche per eventuali minoranze. In sostanza, è un accordo stipulato tra l’imprenditore e una maggioranza qualificata di creditori (almeno il 75% dei crediti di quella categoria) per posticipare le scadenze o sospendere temporaneamente i pagamenti. Tipicamente viene utilizzata con il ceto bancario: se l’azienda ha più banche finanziatrici, e magari una o due sono contrarie a concessioni, la convenzione di moratoria consente di vincolarle se il 75% delle banche (per valore di credito) è d’accordo.

Caratteristiche principali:

  • Limite soggettivo: il CCII originariamente limitava la convenzione di moratoria alle imprese sotto soglia (art. 62 rinviava ad art. 2 lett. d). Ma col DL 118/2021 è stato esteso anche agli imprenditori agricoli indipendentemente dalle soglie. Dunque un’impresa agricola può proporre alle sue banche una convenzione di moratoria.
  • Contenuto: tipicamente riguarda la dilazione o proroga di scadenze di crediti. Ad esempio, moratoria di 1 anno sul rimborso di quota capitale dei mutui, congelamento degli interessi per 6 mesi, rinuncia temporanea ad azioni legali, ecc. Non prevede falcidie (tagli) del credito, solo spostamento in avanti dei termini o rinuncia temporanea a pretese.
  • Procedura: se il debitore ottiene l’accordo scritto di ≥75% dei creditori di una certa categoria (es. banche), può chiedere l’omologazione dal tribunale. Se omologata, la moratoria diventa vincolante anche per i creditori dissenzienti della medesima categoria (quindi le banche dissenzienti dovranno rispettare la sospensione).
  • Durata: solitamente limitata (mesi o pochi anni al massimo) perché è un rimedio temporaneo per dare fiato all’impresa in attesa di completare il risanamento o predisporre un accordo più strutturato.
  • Vantaggi: estremamente utile se c’è bisogno di tempo. Ad esempio in agricoltura, un’azienda colpita da due annate avverse potrebbe aver solo bisogno di 1-2 anni di moratoria sui debiti bancari, confidando in raccolti migliori a venire e magari in contributi pubblici. La convenzione consente di ottenere quel tempo senza dover fare subito un concordato (che sarebbe più “finale” come soluzione).
  • Limiti: non riduce i debiti, li sposta soltanto. Se la situazione è di conclamata insolvenza e non solo di tensione finanziaria temporanea, la moratoria può solo rimandare il problema. Inoltre riguarda di solito creditori omogenei (es. finanziari) perché mettere insieme tipologie diverse è complesso (non avrebbe senso far votare fornitori e banche in un unico calderone).

Per l’azienda agricola, la convenzione di moratoria è assimilabile alle intese che a volte sono state promosse da associazioni di categoria (es. Confagricoltura o Coldiretti hanno in passato contrattato con ABI moratorie speciali per i crediti agrari in caso di calamità). Ora c’è uno strumento legale generale. In pratica, se le banche principali sono d’accordo a dare tempo ma una minoranza no, si può comunque procedere e chiedere al giudice di imporre la moratoria a tutti.

Composizione Negoziata della Crisi (D.L. 118/2021 e art. 23-25 quinquies CCII)

La Composizione Negoziata è una delle novità più importanti degli ultimi anni. Si tratta di una procedura volontaria e riservata, avviata su istanza dell’imprenditore (commerciale o agricolo) in situazione di squilibrio economico-finanziario che rende probabile la crisi o insolvenza. Non è una procedura concorsuale né di sovraindebitamento in senso tecnico, bensì un percorso di negoziazione assistita da un esperto indipendente.

Ecco come funziona in sintesi:

  • Accesso: l’imprenditore presenta istanza sulla piattaforma online dedicata (gestita dalle Camere di Commercio) allegando informazioni e bilanci. Deve trovarsi in uno stato di difficoltà, anche non ancora insolvente (anzi, l’idea è di intervenire prima dell’insolvenza conclamata).
  • Nomina dell’esperto: una commissione apposita nomina un esperto indipendente (spesso un commercialista, consulente o ex dirigente con esperienza in risanamenti). L’esperto è terzo e indipendente, e ha il compito di favorire le trattative tra l’imprenditore e i creditori. Importante: l’esperto non gestisce l’azienda, che rimane in mano all’imprenditore (non è un commissario).
  • Svolgimento riservato: gli incontri tra debitore, esperto e creditori sono riservati (coperti da obbligo di riservatezza). L’obbiettivo è trovare soluzioni concordate per superare la crisi: ad esempio, accordi di ristrutturazione, aumento di capitale, cessione rami d’azienda, nuove finanze, ecc. L’esperto aiuta a formulare proposte e a fare da mediatore.
  • Misure protettive: il debitore può chiedere misure di protezione dal tribunale (art. 18 CCII) – tipicamente, la sospensione delle azioni esecutive e l’impossibilità per i creditori di acquisire nuove garanzie – per la durata della negoziazione. Tali misure vengono confermate e rinnovate dal giudice periodicamente (per un massimo di 12 mesi).
  • Esito: la composizione negoziata può portare a diversi esiti: (a) Accordo stragiudiziale con alcuni o tutti i creditori (se trovano un’intesa contrattuale privata); (b) Accordo di ristrutturazione dei debiti che viene poi omologato (sfruttando il lavoro fatto durante la negoziazione); (c) Piano attestato o altre soluzioni extragiudiziali; (d) se non si trova accordo, l’imprenditore può accedere a una procedura concorsuale semplificata (concordato semplificato).
  • Conclusione e relazione finale: se la negoziazione ha successo, l’esperto redige una relazione finale e la procedura si chiude con gli accordi raggiunti (che possono restare riservati o essere omologati, a seconda del tipo). Se invece non ha successo, l’esperto lo dichiara nella relazione finale.

Imprese agricole e composizione negoziata: Inizialmente, la composizione negoziata (introdotta dal D.L. 118/2021) non sarebbe stata aperta agli agricoli, ma come detto il legislatore ha equiparato l’imprenditore agricolo al commerciale ai soli fini dell’accesso alla composizione negoziata. Ciò significa che oggi un’azienda agricola può richiedere la nomina di un esperto negoziatore esattamente come una qualsiasi impresa.

Questa è una grande opportunità: per la prima volta anche l’imprenditore agricolo in difficoltà ha a disposizione uno strumento di allerta precoce e di assistenza, senza dover arrivare all’insolvenza conclamata. Ad esempio, un allevatore che prevede di non poter pagare i debiti nei prossimi 6 mesi a causa del crollo del prezzo del latte può attivare la composizione negoziata e cercare soluzioni con banche e fornitori prima di accumulare troppi arretrati.

Concordato semplificato post-negotiation: se la composizione negoziata fallisce – cioè se l’esperto conclude che non si è trovato un accordo con i creditori – l’imprenditore, entro 60 giorni, può proporre al tribunale un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII). Questo concordato è “semplificato” perché, contrariamente al concordato preventivo e al concordato minore, non prevede il voto dei creditori: il piano viene presentato direttamente al giudice, che lo omologa dopo aver sentito i creditori. È pensato come una via d’uscita se la negoziazione non ha potuto evitare la crisi ma almeno ha chiarito che l’accordo consensuale è impossibile. Essendo liquidatorio, l’imprenditore propone di liquidare i suoi beni ripartendo il ricavato secondo le priorità di legge; il tribunale valuta se il piano è equo e vantaggioso rispetto all’alternativa (esecuzioni individuali) e può omologarlo senza consenso dei creditori. Il concordato semplificato è dunque una sorta di “liquidazione concordata” senza voto, riservata a chi ha provato la composizione negoziata. Esempio: un’azienda florovivaistica tenta la negoziazione ma una banca e il fisco rifiutano ogni proposta. L’esperto chiude negativamente. L’imprenditore, invece di attendere i pignoramenti, può proporre un concordato semplificato impegnandosi a vendere i capannoni e i terreni e distribuire tutto il ricavato ai creditori. Il tribunale omologa se ritiene che la proposta dia ai creditori almeno quanto otterrebbero fuori (spesso un atto di perizia comparativa è allegato). Questo strumento è stato utilizzato in alcune situazioni dal 2022 in poi, ad esempio per piccole società commerciali; per le agricole può essere utile se non vi è tempo o convenienza a seguire la via del concordato minore standard.

In sintesi, la composizione negoziata offre all’imprenditore agricolo una chance di risanamento consensuale guidata da un esperto, con il pregio della riservatezza (nessuna pubblicità fino all’eventuale richiesta di misure protettive o all’esito) e con la possibilità di accedere, se serve, ad un concordato liquidatorio rapido senza voto.

Vantaggi: nessuna immediata perdita di controllo, niente nomina di commissari che amministrano l’azienda, possibilità di ottenere una protezione temporanea dai creditori mentre si tratta. Svantaggi: se i creditori non collaborano, la composizione negoziata di per sé non risolve (non può imporre loro accordi); rischia di far perdere tempo se poi si finisce comunque in liquidazione. Inoltre i costi dell’esperto e consulenze varie sono a carico del debitore, ma generalmente contenuti rispetto a un fallimento.

Quando consigliarla: se l’azienda agricola ha ancora prospettive di continuare l’attività ma deve ristrutturare il debito (es. rivedere i finanziamenti, vendere qualche bene non essenziale per ridurre l’esposizione) ed è disposta a trattare apertamente con i creditori, la composizione negoziata è un’ottima prima mossa. Se invece la situazione è già compromessa e i creditori ostili, potrebbe essere preferibile procedere direttamente con un concordato minore o liquidazione, saltando la fase negoziale.

Nota pratica: secondo le linee guida, la composizione negoziata dovrebbe durare al massimo 180 giorni (prorogabili di altri 180 in casi complessi). Quindi non è un limbo infinito: entro pochi mesi o c’è un accordo o si chiude. Questo per evitare che i debitori la usino per dilatare i tempi senza vero tentativo.

Procedure Concorsuali e di Sovraindebitamento (Giudiziali)

Passiamo ora alle soluzioni giudiziali – ovvero le procedure formalizzate innanzi al Tribunale – specificamente pensate per i debitori sovraindebitati non fallibili, tra cui rientra l’imprenditore agricolo. Come già anticipato, con il CCII dal 2022 le procedure attivabili sono principalmente il concordato minore, la liquidazione controllata e, come misura finale, l’esdebitazione del debitore incapiente (oltre al piano del consumatore che però si applica solo ai debiti personali non legati all’azienda).

Di seguito analizziamo ciascuna procedura in dettaglio, dal punto di vista di un’azienda agricola debitrice:

Concordato Minore (artt. 74-83 CCII)

Il concordato minore è la procedura “regina” per il debitore non fallibile che voglia ristrutturare i debiti evitando la liquidazione totale e possibilmente proseguire l’attività. È l’erede dell’“accordo di composizione” della L.3/2012, ma con regole più simili a un concordato preventivo semplificato.

Chi può accedervi: tutti i debitori sovraindebitati che esercitano attività d’impresa o professionale – quindi imprenditori minori, imprenditori agricoli, professionisti, start-up innovative. Sono esclusi i consumatori puri (che hanno il piano del consumatore come strumento distinto). Importante: l’imprenditore agricolo può proporre il concordato minore indipendentemente dai requisiti dimensionali che invece limitano le imprese commerciali. Anche un’azienda agricola di grande dimensione, non potendo accedere al concordato preventivo ordinario (art. 84 CCII non le si applica), ha comunque piena legittimazione per il concordato minore. Questa interpretazione è stata confermata dai tribunali (es. Trib. Messina 19/12/2022) e ribadita di recente dal Tribunale di Matera (11/03/2025) che ha ammesso un imprenditore agricolo “sopra soglia” al concordato minore.

Quando e perché sceglierlo: il concordato minore è indicato quando l’azienda ha ancora prospettive di continuità (operativa, anche ridimensionata) oppure quando, pur dovendo cessare l’attività, si vuole gestire la liquidazione in modo ordinato e con la possibilità per il debitore persona fisica di ottenere l’esdebitazione. In pratica:

  • Se l’azienda agricola vuole evitare di essere smembrata interamente e mantenere parte dell’attività, presenterà un concordato minore in continuità aziendale: proporrà di pagare i creditori gradualmente con i proventi futuri, mantenendo la gestione (sotto sorveglianza del Commissario) e magari vendendo solo alcuni asset non strategici. Esempio: un agriturismo agricolo indebitato potrebbe proporre di vendere un terreno incolto per pagare i debiti bancari, ma tenere l’azienda attiva per produrre reddito con cui pagare parzialmente i fornitori negli anni successivi – il tutto normato dal concordato.
  • Se l’azienda invece è decisa a chiudere, ma vuole farlo in maniera controllata, evitando esecuzioni disordinate, può proporre un concordato minore liquidatorio: tutti i beni saranno venduti però nell’ambito del concordato (magari in un lotto unico o come meglio conviene) e il ricavato distribuito ai creditori secondo le regole concorsuali, dopodiché l’imprenditore persona fisica avrà l’esdebitazione senza attendere ulteriori procedure.

Requisiti per proporlo: il debitore deve presentare un piano accompagnato da una relazione dell’OCC che attesti la fattibilità e la veridicità dei dati. Il piano deve indicare specificamente tempi e modalità per superare la crisi e può prevedere il soddisfacimento anche parziale dei crediti in qualsiasi forma (dunque massima flessibilità: pagamenti dilazionati, conversione di crediti in partecipazioni, cessione beni ai creditori, leasing di ritorno, ecc.). Non esistono percentuali minime di legge (eccetto che vanno rispettati i gradi di prelazione: i privilegiati vanno pagati almeno per quanto ricaverebbero da liquidazione, i chirografari in misura equa).

Procedimento:

  1. Deposito ricorso: l’imprenditore deposita il ricorso di concordato minore presso il tribunale competente, allegando il piano, i documenti contabili, lo stato passivo con l’elenco di tutti i creditori e l’attestazione OCC (relazione particolareggiata ex art. 76 CCII). Di norma lo assiste un avvocato (nel concordato minore il difensore è obbligatorio).
  2. Apertura della procedura: il Tribunale, valutati i requisiti di ammissibilità (in particolare l’assenza di cause ostative viste prima, es. meritevolezza macroscopica, atti in frode evidenti, ecc.), dichiara aperta la procedura di concordato minore con decreto. In questo decreto nomina un Commissario Giudiziale (spesso lo stesso gestore OCC viene confermato commissario) e dispone le eventuali misure protettive sui beni (sospensione delle azioni esecutive, divieto di ipoteche etc. già in essere dalla fase pre-deposito, se richieste).
  3. Notifica ai creditori: il Commissario comunica a tutti i creditori la proposta concordataria e li invita a esprimere il voto. La votazione può avvenire per iscritto (i creditori inviano il proprio assenso/dissenso entro un termine fissato) oppure, se il giudice lo ritiene utile, in una adunanza (un’assemblea dei creditori) convocata entro 30-60 giorni dall’apertura. Nella prassi delle procedure minori è comune evitare l’adunanza formale e raccogliere i voti per corrispondenza.
  4. Quorum richiesto: per l’approvazione serve il voto favorevole dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti ammessi al voto. Chi vota a favore aderisce ai termini del piano; chi è contrario spera di bloccarlo se non si raggiunge il quorum. I crediti privilegiati votano solo per la parte eventualmente non soddisfatta dal piano (il cosiddetto privilegio degradato): se un creditore privilegiato è pagato integralmente o quella parte che non viene pagata è molto piccola, il suo voto conta solo per la parte non pagata. I creditori completamente soddisfatti dal piano non votano (perché non incisi). I creditori chirografari votano per l’intero loro credito. Il silenzio (mancata risposta) di regola vale come voto negativo, a meno che il giudice – a suo prudente giudizio – escluda dal computo alcuni creditori “inerti” di importo irrisorio o contestati (art. 80 co.3 CCII consente di considerare non computati certi crediti nei quorum). Questa è una differenza rispetto al concordato preventivo ordinario, dove il silenzio equivale a assenso (nel minore invece no, spinge il debitore a coinvolgere attivamente i creditori).
  5. Omologazione: se la maggioranza viene raggiunta (≥60% crediti favorevoli), il Tribunale fissa l’udienza di omologazione. I creditori dissenzienti possono presentare opposizioni (contestando la regolarità del procedimento, la convenienza della proposta, eventuali atti in frode ecc.). Il Tribunale valuta il tutto: se la procedura è corretta, omologa il concordato minore con decreto (motivato). Il decreto è immediatamente esecutivo, ma impugnabile in reclamo dai creditori opponenti entro 30 giorni.
  6. Esecutività del piano: con l’omologa, il piano concordatario diventa vincolante per tutti i creditori anteriori (anche per chi non ha votato o ha votato contro, purché rientrino nelle classi/percentuali comuni). Da quel momento scattano le esecuzioni del piano: il Commissario (o il debitore sotto sorveglianza del Commissario, a seconda dei casi) provvede a far sì che le misure previste si realizzino. Se era un concordato in continuità, l’imprenditore prosegue l’attività sotto la vigilanza del Commissario, effettuando i pagamenti ai creditori secondo il piano. Se era liquidatorio, si procede alla vendita dei beni indicati e alla distribuzione.
  7. Chiusura e esdebitazione: quando il piano è stato adempiuto (o comunque giunto a compimento per quanto possibile), il tribunale dichiara chiuso il concordato. Se il debitore è persona fisica (imprenditore individuale o socio illimitatamente responsabile di società personale) egli ottiene l’esdebitazione automatica per i debiti residui chirografari non soddisfatti dal concordato (purché abbia eseguito regolarmente la sua parte). Questa è una differenza col concordato preventivo ordinario pre-riforma, dove l’esdebitazione non era automatica ma logicamente implicita: qui la legge lo sancisce chiaramente in un’ottica di fresh start.

Meritevolezza nel concordato minore: come accennato, non è richiesto un giudizio di meritevolezza stringente all’apertura – diversamente dal piano del consumatore. L’eventuale “meritevolezza” del debitore si riflette più che altro nel voto dei creditori (se ritengono il debitore inaffidabile o scorretto potrebbero non fidarsi del piano e votare no). Alcuni tribunali hanno sottolineato che il requisito di meritevolezza è irrilevante ai fini dell’ammissibilità del concordato minore, se non per evidenti profili di frode. Quindi anche chi ha compiuto errori di gestione può accedervi, confidando nel convincere i creditori. La penalizzazione per eventuali condotte negative emergerà eventualmente in fase di esecuzione: se il debitore nasconde attivo o simili, il concordato può essere revocato.

Comparazione con concordato preventivo ordinario: il concordato minore è più semplificato: non c’è obbligo di percentuale minima ai chirografari, non c’è il complesso sistema di classi e di eventuale cram-down di classi dissenzienti (nel preventivo ordinario si possono dividere i creditori in classi e omologare anche con classi contrarie se certe condizioni, nel minore di solito si fa un’unica classe di chirografari). Il minore mira a essere più snello e adatto a realtà di dimensione ridotta, con meno formalismo.

Vantaggi per l’azienda agricola debitrice:

  • Permette di concordare una riduzione del debito complessivo con l’accordo della maggioranza dei creditori, conservando l’impresa in attività se c’è base per farlo. Ad esempio, si può evitare di vendere la casa colonica se la si ritiene essenziale, pagando i creditori in altra maniera (vedi FAQ sul salvare l’abitazione).
  • Sospende le azioni individuali: dall’apertura del concordato minore nessun creditore può iniziare o proseguire pignoramenti sui beni dell’azienda, né acquisire nuove ipoteche. Ciò crea un “respiro” e tutela la par condicio durante la negoziazione interna.
  • La presenza di un Commissario/Gestore e del giudice dà credibilità al piano: i creditori possono fidarsi di più sapendo che c’è un organo di controllo. Inoltre banche e fisco tendenzialmente aderiscono più volentieri in sede concordataria che in trattative private, perché il concordato dà loro una soluzione definita e protetta giuridicamente.
  • Al termine, l’imprenditore persona fisica ottiene la liberazione dai debiti residui (esdebitazione) e può ripartire. Questo vale anche se il concordato era liquidatorio e l’attività cessa: il debitore non porterà indefinitamente il fardello dei debiti pregressi.

Svantaggi e rischi:

  • Bisogna ottenere un consenso del 60%: se vi sono troppi creditori ostili, il piano rischia di non passare. (In tal caso, il debitore può comunque convertire la procedura in liquidazione controllata per non tornare allo scoperto, vedi prossimo punto).
  • Comporta costi legali e di OCC (commissario). Sono inferiori a un fallimento ma comunque presenti (si veda in FAQ i costi).
  • Impone una disciplina rigorosa: l’imprenditore durante il concordato non può ad esempio fare atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice, e deve rispettare il piano. Se deviasse, potrebbe esservi la revoca del concordato.
  • I garanti personali (es. il coniuge che avesse avallato dei debiti) non sono protetti dal concordato del debitore principale, quindi i creditori potrebbero agire contro di loro per la parte non pagata nel concordato.

Rapporto col liquidazione controllata: se il concordato minore viene respinto dai creditori (manca la maggioranza), oppure se il debitore non riesce a presentare un piano sostenibile, c’è sempre la possibilità di “ripiegare” sulla liquidazione controllata. Spesso i debitori depositano contestualmente al piano di concordato anche un’istanza subordinata di liquidazione controllata, da far valere se il concordato non va a buon fine. In tal modo, evitano che, in caso di voto negativo, i creditori possano far scattare esecuzioni: il tribunale semplicemente converte la procedura in liquidazione controllata d’ufficio (lo prevede l’art. 82 CCII). Questo tiene sotto controllo la situazione e porta comunque all’esdebitazione finale, sebbene con la liquidazione integrale dei beni.

Vediamo ora la liquidazione controllata nel dettaglio.

Liquidazione Controllata del Sovraindebitato (artt. 268-277 CCII)

La liquidazione controllata è la procedura destinata a chiudere in modo ordinato l’attività del debitore sovraindebitato, tramite la liquidazione di tutto il suo patrimonio sotto controllo del tribunale. È l’equivalente del vecchio fallimento (liquidazione giudiziale) ma applicabile ai debitori non fallibili. Corrisponde alla vecchia liquidazione del patrimonio della L.3/2012, ma con varie innovazioni.

Chi vi può accedere: qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo, start-up, ente non profit) può domandare la liquidazione controllata. Inoltre, novità fondamentale, anche i creditori possono chiederla nei confronti del debitore. Questa è una svolta rispetto al passato: prima un imprenditore agricolo non poteva essere “forzato” in alcuna procedura; ora, seppure non fallisce, un creditore insoddisfatto può presentare istanza al tribunale per aprire la liquidazione controllata dei suoi beni. Sono richieste però due condizioni: (a) il debitore dev’essere insolvente (incapace di pagare regolarmente i debiti); (b) i crediti scaduti e non pagati devono superare €50.000 (sotto tale soglia, l’istanza è rigettata se il debitore prova che i debiti scaduti < €50.000). Quindi un agricoltore con debiti modesti non rischia l’istanza dei creditori; ma con debiti più consistenti sì.

Procedimento (quando chiesto dal debitore):

  • Il debitore presenta ricorso per apertura di liquidazione controllata allegando inventario beni, elenco creditori, bilanci ecc. (serve l’assistenza OCC che redige una relazione su completezza e attendibilità dei dati).
  • Il tribunale, verificati i presupposti (insolvenza e documentazione regolare), dichiara aperta la liquidazione con sentenza (diversamente dal concordato che è con decreto). Nomina un Giudice Delegato e un Liquidatore (spesso un professionista iscritto albo curatori, a volte può coincidere col gestore OCC).
  • Da quel momento il debitore è spossessato dei suoi beni, che passano in gestione al Liquidatore (il quale però, se opportuno, può autorizzare il debitore a continuare temporaneamente l’attività sotto controllo, se utile per aumentare il valore – ad es. far finire il raccolto prima di vendere l’azienda).
  • Il Liquidatore redige un programma di liquidazione, vendendo i beni all’asta o trattativa secondo norme analoghe a quelle fallimentari. I creditori devono presentare le domande di insinuazione al passivo, e il Giudice Delegato forma lo stato passivo (o il Liquidatore a seconda delle prassi).
  • Una volta realizzato l’attivo, il Liquidatore distribuisce le somme secondo l’ordine dei privilegi e proporzionalmente tra chirografari.
  • La procedura si chiude con il decreto di chiusura del tribunale. Se il debitore è persona fisica, può chiedere di essere esdebitato (cancellare i debiti rimasti insoddisfatti) – la legge prevede che lo ottenga salvo abbia commesso irregolarità gravi.

Procedimento (quando chiesta dal creditore):

  • Uno o più creditori presentano istanza al tribunale competente. Questa istanza va notificata al debitore, che ha diritto di comparire per contestare. Il creditore istante deve provare che il debitore è insolvente e che ha debiti scaduti ≥ €50.000. Il debitore può bloccare l’istanza solo provando di essere in bonis (solvibile) o che i debiti scaduti sono sotto €50.000 (cercando magari di pagare qualcuno per scendere sotto soglia).
  • Se non ci riesce, il tribunale apre la liquidazione controllata con le stesse modalità (sentenza, liquidatore, ecc.). Da notare: in tal caso il debitore persona fisica può comunque accedere all’esdebitazione a fine procedura. Inoltre, se il debitore è totalmente incapiente, può chiedere al volo l’esdebitazione per incapienza (vedi sezione successiva) all’interno della procedura su istanza del creditore.
  • Questa novità di poter essere “messi in liquidazione” dai creditori segna la fine dell’impunità assoluta per i piccoli imprenditori: ora anche l’azienda agricola deve considerare che i creditori grandi (es. banche, fisco) possono forzare una soluzione concorsuale. Ciò rende ancora più importante per il debitore muoversi per tempo (meglio proporre un concordato prima che arrivi una liquidazione d’ufficio).

La liquidazione controllata per l’impresa agricola: come evidenziato in dottrina, c’è un trattamento di favore: a differenza degli imprenditori commerciali, che possono accedere a liquidazione controllata solo se sotto soglia (altrimenti sarebbero in liquidazione giudiziale), l’imprenditore agricolo è ammesso comunque senza limiti di dimensione. Quindi anche un’azienda agricola enorme, se insolvente, verrà liquidata con questa procedura e non col fallimento. Il legislatore ha riconosciuto la specificità agricola: un grande agricoltore insolvente deve poter avere questa via d’uscita ordinata, mentre un grande commerciante andrebbe in liquidazione giudiziale (fallimento). Ad esempio, è stato riportato il caso di una società agricola con €900.000 di cartelle esattoriali che è stata ammessa alla liquidazione controllata dal Tribunale di Pistoia proprio in virtù di questa disposizione.

Effetti per il debitore agricolo: la liquidazione controllata comporta la cessazione dell’attività (salvo brevi proseguimenti per miglior realizzo) e la perdita dell’intero patrimonio, che sarà liquidato. Può sembrare drastico, ma ha uno scopo: consentire al debitore onesto di liberarsi dei debiti insostenibili e ripartire da zero. Il CCII enfatizza questo aspetto di fresh start: al termine della liquidazione, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione (ordinaria). Inoltre, addirittura se non ha nulla da liquidare, può chiedere l’esdebitazione “a zero” (ne parliamo a breve).

Vantaggi rispetto alle esecuzioni individuali: per il debitore, paradossalmente, avviare o subire una liquidazione controllata è meglio che essere sbranato pezzo per pezzo dai creditori: qui la vendita dei beni avviene in modo ordinato e sotto controllo (il liquidatore può ad esempio vendere l’azienda come blocco funzionante per ottenere di più, o evitare vendite affrettate sottocosto). I creditori vengono soddisfatti per quanto possibile con rispetto delle cause di prelazione (par condicio). E il debitore, liberato dai debiti, può ricominciare – ad esempio può dopo qualche anno aprire una nuova azienda agricola senza trascinarsi la zavorra del passato. È un percorso sorvegliato e socialmente responsabile per risolvere un fallimento economico senza annientare la dignità del debitore.

Esempio pratico: un’azienda ortofrutticola in grave crisi presenta liquidazione controllata. Il tribunale la dichiara aperta. Il liquidatore continua la gestione per 3 mesi per finire la raccolta di stagione (massimizzando valore), poi vende i macchinari e le scorte, affitta il terreno per il resto dell’anno. Incassa €200.000 che distribuisce: prima paga stipendio arretrati a operai, poi qualche imposta privilegiata, il resto va pro quota alle banche e fornitori. I debiti erano €800.000, quindi molti restano insoddisfatti. Il tribunale, constatato che il titolare è meritevole (non ha frodato nessuno), esdebita il titolare dai €600.000 rimasti: egli non ne risponde più. L’azienda viene cancellata. L’imprenditore può cercare un lavoro come agronomo presso terzi, oppure dopo qualche anno potrebbe avviare una nuova iniziativa senza i debiti passati. I creditori insoddisfatti devono accettare la perdita, ma almeno sanno che è stata gestita equamente e non avvantaggiando qualcuno furbescamente.

Istanza dei creditori e strategia: va detto che, dal punto di vista del debitore, la minaccia che i creditori ora possono chiedere la sua liquidazione controllata (se debito > €50.000) deve spingerlo a non restare inattivo. Se vede che non riuscirà a soddisfarli, tanto vale che sia lui a prendere l’iniziativa: può proporre un concordato (se vuole tentare di salvare il salvabile) oppure, se non vi sono margini, avviare spontaneamente la liquidazione controllata (mostrando collaborazione). Questo gli guadagnerà tempo e forse benevolenza del tribunale per l’esdebitazione, oltre a permettergli di gestire la fase di chiusura in modo meno traumatico. Viceversa, subire l’istanza di un creditore significa farsi “trascinare” in liquidazione in modo più conflittuale e con rischio di misure d’urgenza (es. se il debitore tenta di far sparire beni per evitare la liquidazione, commette reato e perde benefici).

Confronto con fallimento: la liquidazione controllata è in larga parte simile ad un fallimento, ma con alcune semplificazioni e senza le fasi penal-fallimentari (l’imprenditore agricolo non può subire bancarotta fraudolenta in senso tecnico, anche se restano ovviamente i reati di distrazione/frode comuni). Non c’è il comitato dei creditori obbligatorio (è facoltativo). Inoltre non c’è più il filtro della meritevolezza in ingresso: prima nella L.3 il giudice ammetteva alla liquidazione del patrimonio solo se non c’erano atti in frode ultimi 5 anni; ora quell’analisi stringente non c’è più, perché la possibilità di istanza dei creditori ha cambiato la natura: la liquidazione si può aprire anche contro la volontà del debitore e non avrebbe senso subordinare i diritti dei creditori alla condotta del debitore. Sarà semmai in sede di esdebitazione finale che tornerà in gioco la valutazione della condotta (una frode grave potrà far negare l’esdebitazione, per es).

Caso particolare: azienda agricola cessata da >1 anno. Abbiamo visto che, per art. 33 CCII, un imprenditore cancellato da oltre 12 mesi non può accedere al concordato minore né al concordato semplificato. Lo stesso correttivo 2024 ha esteso che non può nemmeno chiedere la liquidazione controllata oltre l’anno dalla cessazione. Quindi, se un’azienda agricola ha chiuso i battenti due anni fa, non può nemmeno presentare autonoma istanza di liquidazione controllata adesso. In tal caso, se è piena di debiti, l’unica opzione rimasta è sperare che i creditori non agiscano o (più utile) richiedere la esdebitazione del debitore incapiente (vedi oltre) se ha zero beni. I creditori però in teoria potrebbero comunque chiederne la liquidazione controllata d’ufficio se vedono attivo da aggredire (la norma del termine annuale potrebbe essere interpretata diversamente per istanza creditori? La Cassazione 22699/23 direbbe che oltre un anno nessuna procedura concorsuale, quindi neanche liquidazione controllata su istanza, ma non è del tutto chiarito: alcuni giudici di merito (es. App. Torino 12/3/24) hanno negato il concordato minore a ex imprenditore cancellato, orientando verso no procedure concorsuali proprio). Dunque è un nodo: comunque è un incentivo a non aspettare oltre un anno.

In conclusione, la liquidazione controllata è il “paracadute” finale: assicura la soluzione ordinata della crisi e la possibilità di un perdono dei debiti per il debitore, sacrificando però l’azienda. È l’ultima ratio se non ci sono basi per risanare. Per questo, prima di arrivarci, la legge e il buonsenso suggeriscono di provare le soluzioni conservative (accordi stragiudiziali, composizione, concordato). Tuttavia, avere questo strumento disponibile è fondamentale: in passato molti agricoltori indebitati, non fallibili, rimanevano intrappolati a vita nei debiti perché nessuna procedura li eliminava – ora non più.

Il Tribunale di Pistoia, nell’aprire la liquidazione per quella società agricola con €900mila di debiti erariali, ha proprio sottolineato che l’assenza di strumenti alternativi rende necessario ricorrere a questa forma ordinata di uscita dalla crisi. Meglio un taglio netto (liquidazione ed esdebitazione) che un’agonia indefinita di pignoramenti e interessi su interessi.

Esdebitazione del Debitore Incapiente (art. 283 CCII)

L’esdebitazione del debitore incapiente è uno strumento del tutto innovativo introdotto dal CCII (in attuazione della direttiva UE sul fresh start), che consente – in casi eccezionali – al debitore persona fisica di liberarsi dai debiti residui senza alcuna forma di rimborso ai creditori. Si tratta, in sostanza, di un’esdebitazione concessa anche in assenza di una preventiva liquidazione dei beni del debitore (c.d. esdebitazione a zero).

Chi può chiederla: solo il debitore persona fisica sovraindebitato che sia “incapiente”, ovvero privo di qualsiasi patrimonio liquidabile e di capacità reddituale per soddisfare i creditori. Tipicamente, il piccolo imprenditore individuale che ha già perso tutto o non possedeva granché, e non ha beni né redditi aggredibili.

Requisiti chiave: il debitore deve:

  • Trovarsi in stato di insolvenza conclamata;
  • Non avere beni né liquidità da offrire ai creditori (se ha anche pochi beni disponibili, in teoria dovrebbe fare la liquidazione controllata standard; l’istituto è pensato per chi non ha proprio niente da liquidare, neanche parzialmente);
  • Non aver beneficiato di altra esdebitazione negli ultimi 5 anni o oltre il limite (max 2 volte vita, come visto);
  • Essere meritevole: qui sì torna un giudizio di meritevolezza, perché concedere l’esdebitazione “gratis” è un beneficio enorme. L’art. 283 CCII prevede che il debitore non deve aver commesso atti in frode o tenuto comportamenti gravemente colposi nella genesi del sovraindebitamento. Inoltre sono esclusi i debitori condannati per reati tributari o fallimentari gravi.

Procedura: il debitore presenta ricorso al tribunale chiedendo l’esdebitazione incapiente. Il tribunale valuta la sussistenza dei requisiti, anche con l’ausilio di una relazione OCC per certificare la sua condizione (spesso il tribunale chiede all’OCC di fare una mini-relazione per confermare che il debitore non ha nulla e spiegare le cause dell’insolvenza). I creditori vengono sentiti (possono fare osservazioni), ma non c’è voto: la decisione spetta interamente al giudice. Se il tribunale ritiene meritevole il debitore, emette decreto di esdebitazione che libera il debitore da tutti i debiti anteriori. Questo decreto è revocabile entro 4 anni se risulta che il debitore ha falsato le informazioni.

Effetti: i creditori non potranno più agire per i debiti cancellati. Il debitore però, per 4 anni successivi, ha un obbligo di “fedeltà”: se dovesse conseguire sopravvenienze attive rilevanti (ad es. un’eredità, una vincita alla lotteria, un arricchimento imprevisto), dovrà pagare i creditori esdebitati fino a concorrenza di quanto ottenuto (non oltre l’ammontare dei debiti originari). Ciò per evitare furbizie e per equità (se dopo 2 anni dal condono totale il debitore vince 1 milione alla lotteria, è giusto che i creditori del passato ne abbiano una parte).

Esempio: un coltivatore diretto ha chiuso la piccola azienda, venduto l’unico trattore per sfamare la famiglia, gli resta una catasta di debiti (€100k) con banche e fisco, ma non ha più nulla intestato. Potrebbe cercare rifugio in un lavoro dipendente e ignorare i creditori – ma essi potrebbero pignorargli il quinto dello stipendio per decenni. Con l’esdebitazione incapiente, se dimostra di non aver nulla e di essere stato sfortunato (es. la sua azienda è fallita per X ragioni senza sua frode) può ottenere dal giudice il clean slate: i debiti sono cancellati immediatamente. I creditori ovviamente non sono felici, ma la logica è: tanto non avrebbero comunque recuperato nulla (creditore incapiente e inesecutabile), e così si evita di tenere il debitore nell’economia sommersa o disperato a vita. Naturalmente, se poi improvvisamente riceve un cespite, dovrà notificare la cosa.

Rapporto con le altre procedure: l’esdebitazione incapiente può essere chiesta sia autonomamente (debiti senza passare da concordato o liquidazione, direttamente condono), sia dopo una liquidazione controllata andata a vuoto (ad es. liquidazione chiusa senza attivo). In effetti, il CCII consente al debitore di richiederla anche nell’ambito di una liquidazione controllata su istanza del creditore. Se durante la procedura il debitore fa istanza per esdebitazione incapiente, il tribunale deve nominare un OCC e seguire l’iter. Quindi c’è interazione: ad esempio, se i creditori attaccano un agricoltore che veramente non ha nulla, il giudice potrebbe direttamente chiudere la liquidazione e dichiarare esdebitazione incapiente, data l’inutilità di procedere.

Debiti esclusi: l’esdebitazione incapiente non cancella alcune categorie, analogamente all’esdebitazione ordinaria: restano fuori obbligazioni alimentari, debiti da risarcimenti per fatti illeciti con dolo/colpa grave, multe e sanzioni e danni erariali. (Vedi FAQ su debiti non cancellabili). Quindi ad esempio un ex imprenditore agricolo che abbia multe stradali e assegni familiari da pagare, anche se incapiente, continuerà a doverli pagare.

Importanza per l’agricoltore: questo istituto è pensato principalmente per il consumatore onesto ma sfortunato. Tuttavia, anche l’imprenditore agricolo individuale vi può accedere se ad esempio la crisi è dovuta a calamità o crolli di mercato fuori dal suo controllo e lui si è ritrovato nullatenente. Rappresenta davvero l’ultima spiaggia: un tempo impensabile, ora possibile. Naturalmente va usata con cautela: il tribunale la concede raramente, e una volta ottenuta, non la si può replicare (c’è il limite massimo di due esdebitazioni in vita, ma realisticamente di esdebitazione incapiente al massimo una volta perché all’attivo di solito la seconda non la concederebbero se uno ha già avuto condono totale).

Incentivo alla responsabilità: sapere che esiste questa opportunità può sembrare un “indebitarsi senza pagare” – in realtà è corretta in un’ottica sociale perché se uno proprio non può pagare, trascinarlo per decenni come debitore insolvente non giova a nessuno (né a lui né ai creditori che non incasseranno mai comunque). Allo stesso tempo, la consapevolezza che questa liberazione è concessa solo all’onesto e sfortunato (chi fa il furbo viene escluso e rischia pure sanzioni penali) crea uno stimolo: conviene comportarsi bene e collaborare, perché alla fine la legge aiuta chi ha agito senza malafede.

Conclusione delle procedure concorsuali:

Riassumendo le caratteristiche principali delle procedure trattate, forniamo una tabella comparativa per fissare i punti salienti dal punto di vista del debitore:

ProceduraChi può attivarlaVoto dei creditori?Organi nominatiEsito per il debitore
Piano del Consumatore (Ristrutturazione debiti consumatore) – artt. 67-73 CCIISolo consumatore persona fisica (no debiti di impresa) – l’imprenditore agricolo può usarlo solo per debiti personali estranei all’azienda.No voto dei creditori (il giudice omologa se il piano è fattibile e il debitore è meritevole). I creditori possono presentare osservazioni e, dopo, reclamo contro l’omologa ma non decidono loro.OCC nomina gestore che redige relazione; nessun commissario (il gestore controlla l’esecuzione). Giudice omologa e vigila.Ristrutturazione debiti personali con pagamenti parziali e nessuna liquidazione totale. Il debitore conserva i beni non sacrificati dal piano e ottiene la cancellazione dei debiti residui al termine. (Se un agricoltore lo utilizza per debiti privati, parallelamente dovrà gestire i debiti d’azienda con altra procedura).
Concordato Minore (Accordo di ristrutturazione per soggetti non fallibili) – artt. 74-83 CCIIDebitori non fallibili che esercitano attività d’impresa o professionale: imprenditori agricoli, piccoli commerciali, start-up, professionisti. Attivabile su richiesta del debitore.Sì, voto richiesto: serve il ≥60% dei crediti ammessi al voto favorevoli. I creditori votano per iscritto o in adunanza. Silenzio = dissenso (salvo giudice escluda crediti irrisori). Se quorum raggiunto, il tribunale omologa (esaminando eventuali opposizioni dei dissenzienti).Commissario Giudiziale nominato (di solito il gestore OCC); debitore rimane alla guida dell’azienda sotto vigilanza. Giudice Delegato supervisiona la procedura.Ristrutturazione o liquidazione parziale dell’azienda. Se in continuità, l’attività prosegue con oneri ridotti secondo il piano; se liquidatorio, i beni sono venduti per pagare i creditori in percentuale. In entrambi i casi, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione dei debiti residui una volta eseguito il piano. L’azienda può sopravvivere (in tutto o in parte) se il piano lo prevede.
Liquidazione Controllata del sovraindebitato – artt. 268-277 CCIIQualsiasi debitore sovraindebitato insolvente (inclusi imprenditori agricoli, anche grandi). Può attivarla il debitore con ricorso oppure i creditori (se debiti scaduti ≥ €50.000).No voto dei creditori. La procedura è aperta d’ufficio dal tribunale con sentenza. I creditori partecipano presentando domanda di insinuazione al passivo; possono eventualmente riunirsi in comitato consultivo (non sempre previsto). Non decidono sul se/quando liquidare – è automatico.Liquidatore nominato (simile al curatore fallimentare), che amministra e vende i beni. Giudice Delegato sovrintende. Di solito si preferisce nominare liquidatore diverso dall’OCC per separare fase negoziale da liquidativa (ma OCC può essere nominato liquidatore se già esperto del caso).Liquidazione di tutto il patrimonio del debitore; l’attività cessa (salvo gestione provvisoria per miglior realizzo). Il debitore persona fisica subisce lo spossessamento ma, dopo la chiusura, può chiedere l’esdebitazione dei debiti non pagati (ordinaria) e ottenerla, liberandosi da ogni obbligo residuo. (Se debitore società, questa viene estinta a fine procedura – no esdebitazione perché non serve per enti).
Esdebitazione “incapiente” (cancellazione debiti senza attivo) – art. 283 CCIIPersona fisica sovraindebitata che non possiede beni né redditi liquidabili e soddisfa i requisiti di meritevolezza (onesta, nessuna frode). La può chiedere direttamente il debitore con ricorso, anche senza aver fatto altre procedure, o durante una liquidazione controllata se emerge che non c’è attivo.No voto creditori. I creditori vengono sentiti in merito ma la decisione è del Tribunale (procedimento camerale). Il giudice valuta le condizioni e l’eventuale opposizione di creditori, ma se ritiene il debitore incapiente e meritevole, emette decreto di esdebitazione.Nessun organo nominato in senso stretto (non c’è commissario né liquidatore perché non c’è patrimonio da gestire). Il tribunale può avvalersi di un OCC per verifiche pre-decisione (spesso richiede una relazione OCC).Cancellazione di tutti i debiti senza pagamenti ai creditori. Il debitore è liberato immediatamente dall’insolvenza e può ricominciare. Eccezioni: restano dovuti eventuali debiti non esdebitabili per legge (alimentari, risarcimenti dolo, multe). Inoltre per 4 anni se il debitore ottiene utilità rilevanti (eredità, vincite, redditi inattesi) deve segnalarlo e pagarne ai vecchi creditori una parte. Questa esdebitazione “a zero” è concessa una tantum (non più di una volta di norma).

(N.B.: Il Concordato Semplificato post-composizione negoziata non è elencato sopra perché è riservato a chi ha esperito la composizione: di fatto è un concordato liquidatorio senza voto dei creditori. Se ne tiene conto come variante speciale. In uno scenario agricolo, si applicherebbe se un imprenditore agricolo provasse la composizione negoziata e fallisse, potendo poi fare un concordato liquidatorio rapido invece della liquidazione controllata tradizionale.)

Come si evince, la legge ora fornisce un ventaglio completo di possibilità per affrontare la crisi di un’azienda agricola indebitata: dalla ristrutturazione in continuità con il concordato minore, fino alla liberazione totale dai debiti tramite liquidazione ed esdebitazione. La scelta della soluzione dipenderà dalle circostanze specifiche:

  • Se l’azienda è ancora redditiva o può tornare ad esserlo: meglio tentare un accordo stragiudiziale o un concordato minore in continuità, preservando il valore aziendale e soddisfacendo i creditori in misura maggiore col proseguimento dell’attività.
  • Se l’azienda non è più sostenibile come tale ma ci sono asset di valore: un concordato minore liquidatorio (magari con qualche cessione mirata) o direttamente la liquidazione controllata permettono di monetizzare ordinatamente e chiudere la partita con i creditori.
  • Se il debitore è completamente al tracollo senza beni: tanto vale puntare all’esdebitazione incapiente, evitando giri inutili, purché si abbia la coscienza pulita per ottenerla.

Nel prossimo capitolo affronteremo alcune Domande Frequenti (FAQ) che tipicamente si pongono gli imprenditori agricoli indebitati, fornendo risposte pratiche basate su quanto esposto e sulla normativa vigente.

Domande Frequenti (FAQ)

Di seguito una serie di domande e risposte comuni dal punto di vista del debitore (imprenditore agricolo o garante) che si trova ad affrontare situazioni di sovraindebitamento:

D: La mia azienda agricola ha debiti con fornitori, banche e Fisco. Posso evitare il fallimento?
R: Sì. Un’azienda agricola non è soggetta a fallimento/liquidazione giudiziale in senso tecnico, quindi i creditori non possono chiederne il fallimento. Tuttavia, come visto, oggi i creditori possono chiedere l’apertura della liquidazione controllata se i debiti superano €50.000 e sei insolvente. Ciò equivale in pratica a una procedura concorsuale di liquidazione (simile al fallimento, ma per non fallibili). Quindi non fallirai formalmente, ma rischi comunque una procedura concorsuale. Per evitarlo, la cosa migliore è giocare d’anticipo: ad esempio presentare tu stesso un concordato minore prima che i creditori si muovano. In tal modo prendi in mano la situazione e blocchi le azioni esecutive, proponendo tu una soluzione (ristrutturazione o liquidazione parziale) più vantaggiosa anche per i creditori rispetto a una liquidazione forzata. Se invece non fai nulla e i creditori si attivano, potresti subire la liquidazione controllata d’ufficio.

D: Posso salvare la casa di abitazione della mia famiglia dalla procedura?
R: In via extragiudiziale, sì – se riesci a trovare un accordo con i creditori che eviti di aggredirla (ad es. rinegoziando il mutuo o facendola rilevare da un parente). In una procedura concorsuale, invece, attenzione: attualmente non esiste una esenzione legale per la prima casa nelle procedure di sovraindebitamento (a differenza di altri paesi dove la casa familiare è protetta). Ciò significa che, se entri in liquidazione controllata, la casa di abitazione verrà liquidata dal Liquidatore se ha un valore e se i creditori non sono soddisfatti integralmente. Non c’è una salvaguardia automatica. Il liquidatore potrà valutare soluzioni se la vendita non conviene (ad es. se la casa è ipotecata ed il suo valore di mercato è inferiore al mutuo residuo, potrebbe concordare con la banca di lasciar perdere o assegnare l’immobile alla banca stesso), ma in linea generale la casa è considerata parte dell’attivo da liquidare. Tuttavia, c’è speranza: se per te mantenere la casa è prioritario, puoi tentare un concordato minore in continuità dove proponi di non liquidare la casa. Ad esempio, puoi proporre di continuare a pagare il mutuo alla banca regolarmente (così la banca è soddisfatta) e di soddisfare i creditori chirografari con altre risorse (vendendo altri beni, oppure con contributi di familiari). I creditori chirografari potrebbero accettare se ritengono che, lasciandoti la casa, comunque ottengono da te più di quanto ricaverebbero facendola vendere. Nei fatti, salvare la casa è uno dei motivi principali per cui molti debitori tentano un piano del consumatore o un concordato invece di lasciar andare tutto in liquidazione. In sintesi: in liquidazione pura la casa si perde, in un concordato c’è margine per salvarla se riesci a compensare i creditori con altro e li convinci. Se hai un mutuo in corso, puoi proporre di mantenerlo; se la casa vale poco sul mercato e i creditori ricaverebbero briciole, puoi evidenziarlo per dissuaderli dal pretenderne la vendita. (Nota: in passato si ipotizzavano norme per proteggere la prima casa nei fallimenti minori, ma ad oggi la legge non le contiene).

D: Quali debiti non si cancellano nemmeno con queste procedure (c’è qualche debito “non esdebitabile”)?
R: Sì, ci sono alcune categorie di debiti che per legge non possono essere cancellati neanche dopo l’esdebitazione. L’art. 282 CCII elenca in particolare:

  • le obbligazioni alimentari dovute per legge (ad es. assegni di mantenimento a coniuge o figli, e relativi arretrati) – questi debiti familiari restano sempre dovuti, non c’è procedura che tenga;
  • le obbligazioni risarcitorie per fatti illeciti con dolo o colpa grave – ad esempio se devi un risarcimento per aver provocato volontariamente un danno, quel debito non viene perdonato (lo stesso vale per danni da reati gravi commessi);
  • le multe, ammende e sanzioni amministrative (pecuniarie) non pagate – lo Stato non rinuncia a quei crediti: formalmente restano dovuti (va detto però che, in certe procedure, c’è dibattito se le sanzioni amministrative possano essere falcidiate; formalmente no, ma alcuni giudici hanno ammesso di includerle nei piani, tuttavia l’esdebitazione finale non copre le multe, che quindi rinascono come crediti post, salvo condoni);
  • i debiti fiscali derivanti da comportamenti fraudolenti (es. IVA evasa con fatture false, contributi non versati in frode) – qui c’è sovrapposizione col punto dei risarcimenti da illecito, in pratica se hai commesso reato tributario i relativi debiti non li condonano, e per giunta probabilmente non saresti considerato “meritevole” per accedere comunque.
    A parte questi, la maggior parte dei debiti finanziari, commerciali e fiscali ordinari è invece esdebitabile. Debiti verso fornitori, banche, fisco per imposte non fraudolente, contributi previdenziali, ecc., vengono cancellati con l’esdebitazione finale (salvo la parte eventualmente non falcidiabile per privilegio, ma se è privilegiata sarà stata pagata nel piano, altrimenti rientra nell’insoluto esdebitato). Dunque l’imprenditore agricolo sovraindebitato può liberarsi quasi di tutto, tranne i debiti personali di natura familiare o da illeciti dolosi. Ad esempio: il debito per un finanziamento in banca o per forniture concime, via con esdebitazione; il debito per una multa ambientale no, resta (anche se magari non te la chiederanno attivamente se sei nullatenente, ma formalmente resta).

D: Ho chiuso l’azienda agricola un anno e mezzo fa perché andava male, ma mi sono rimasti debiti con le banche e il consorzio agrario. Posso ancora fare qualcosa tipo concordato o liquidazione?
R: Purtroppo se la cessazione risale a più di 12 mesi, la legge (art. 33 CCII come modif. dal correttivo 2024) dice che non puoi accedere né al concordato minore né alla liquidazione controllata. L’idea del legislatore è: se hai chiuso l’attività da oltre un anno, ormai è tardi per attivare procedure concorsuali di regolazione del pregresso. Avresti dovuto muoverti entro un anno dalla cancellazione. Questo principio è confermato dalla Cassazione e già valeva per il fallimento. Quindi, né tu né i tuoi creditori potete aprire concordato minore o liquidazione controllata ora (anche se c’è un dibattito se i creditori potrebbero comunque chiedere la liquidazione controllata su istanza loro oltre l’anno; tendenzialmente la risposta è no, perché la ratio è la stessa del vecchio art. 10 L.F.). Che fare allora? Due possibilità:

  • Se hai comunque qualche bene liquidabile e vuoi sistemare la posizione, potresti ricorrere alla liquidazione controllata “fuori termine”: formalmente non prevista, ma potresti provare a presentare ugualmente un ricorso di liquidazione controllata spiegando perché non hai agito prima (qualche tribunale potrebbe accettare valutando la ratio, ma non è garantito – molti seguono la regola rigida dell’anno). In alternativa, potresti accordarti informalmente coi creditori per liquidare i beni rimasti e stralciare.
  • Se invece non hai beni e sei rimasto con tanti debiti personali, puoi valutare di chiedere l’esdebitazione del debitore incapiente. Questo strumento non richiede che l’attività sia in corso (è irrilevante, perché è per la persona fisica). Devi dimostrare di essere nullatenente e meritevole: se la tua impresa è fallita per cause oneste e tu sei al verde, il giudice potrebbe concedertela, cancellando i debiti residui. Resta comunque il fatto che alcune situazioni estreme, tipo la tua, sono un po’ “buco normativo”: la legge vorrebbe evitare che uno chiuda e dopo anni si faccia esdebitare senza far recuperare nulla ai creditori. Però se davvero non c’è nulla da dare ai creditori (lo dimostra l’assenza di patrimonio e il tempo trascorso lo conferma), l’esdebitazione incapiente realizza comunque l’esigenza di chiudere la vicenda. Tieni presente che se invece possiedi ancora qualche bene, i creditori potrebbero tentare azioni esecutive individuali (non c’è più protezione concorsuale per te) e a quel punto dovresti difenderti caso per caso.
    In sintesi, trascorso oltre un anno dalla chiusura, non hai più accesso agli strumenti ordinari di composizione. È una situazione scomoda e la regola sembra dura, ma è fatta per evitare che ex imprenditori inattivi facciano concordati “tardivi” o approfittino della protezione quando l’azienda non esiste più.

D: E se i creditori non approvano la proposta di concordato minore? Finisce tutto?
R: Non necessariamente. Se i creditori bocciano il concordato (non si raggiunge il 60% di voti favorevoli), il tribunale dichiara improcedibile il concordato. A quel punto, però, può aprire d’ufficio la liquidazione controllata dei beni. Infatti, come da art. 82 CCII, se il concordato minore non viene omologato per mancanza di consenso, il giudice, su istanza del debitore o anche solo preso atto del fallimento del concordato, può convertire in liquidazione controllata. In pratica: se tu debitore l’avevi chiesto in subordine, quasi sicuramente lo farà; se anche tu non l’avevi chiesto, il giudice valuterà se ci sono i presupposti per farlo (di solito sì, sei insolvente, dunque apre liquidazione per non lasciar tutti senza regole). Quindi non “finisce tutto”, si passa alla liquidazione, che almeno blocca i creditori (che altrimenti correrebbero ad attaccarsi ai beni residui individualmente). E comunque, tu come persona fisica potrai poi ottenere l’esdebitazione a fine liquidazione. Certo, dal tuo punto di vista può essere deludente perché speravi in una soluzione concordataria magari conservativa: ma almeno mantieni il vantaggio di risolvere la situazione concorsualmente. Nota: se per caso pensi già che i creditori non approveranno, puoi rinunciare al concordato prima del voto e chiedere subito la liquidazione controllata, per risparmiare tempi e costi; alcuni debitori fanno così, soprattutto se vedono opposizione forte (es. la banca grossa ha già detto no). Tra testardamente portare a voto un concordato destinato al rigetto e passare subito a liquidazione, meglio la seconda: riduci costi di commissario e mesi persi. Dipende dalla probabilità di successo stimata. A volte si può anche convincere i pochi dissenzienti con aggiustamenti al volo (il giudice può ammettere modifiche migliorative al piano post-voto, se le maggioranze cambiano; es. Tribunale Avellino 28/02/2025 ha ammesso modifica migliorativa post-voto e nuovi voti). Quindi c’è un piccolo margine anche se inizialmente manca qualche punto percentuale di consenso – si può trattare con i contrari per convincerli. In generale però prevedi sempre il “Piano B”: concordato se va bene, altrimenti liquidazione.

D: Quali sono i costi da affrontare per queste procedure?
R: I costi si possono suddividere in:

  • Compenso dell’OCC/gestore: è stabilito per legge su parametri (D.M. 202/2014 e nuove linee guida CNDCEC 2023) in base all’attivo, al passivo e al tipo di procedura. Per un piccolo caso i costi sono contenuti (possono essere poche migliaia di euro). Spesso una parte del compenso dell’OCC è proporzionale a quanto effettivamente verrà distribuito ai creditori (così il gestore è incentivato a far funzionare il piano). L’OCC di solito chiede un fondo spese iniziale (qualche centinaio di euro) per attivarsi. In procedure incapienti, l’OCC ha diritto a un rimborso statale minimo (Fondo OCC) ma lavora quasi pro-bono.
  • Spese vive di procedura: marche da bollo, contributo unificato (ad oggi €98 per il sovraindebitamento), eventuali costi di registro imprese per pubblicazioni, notifiche. Sono importi modesti.
  • Compenso del legale: se ti avvali di un avvocato (nel concordato minore è obbligatorio avere un difensore, nelle altre facoltativo ma consigliato), ovviamente c’è il suo onorario. Molti avvocati in queste procedure accettano di farsi pagare in parte come prededuzione nel piano (ossia saranno pagati con priorità con i fondi ricavati in procedura), o con pagamento dilazionato. Devi accordarti con lui; è difficile quantificare qui, dipende dal lavoro, ma considera qualche migliaio di euro almeno.
  • Compenso del Liquidatore o Commissario giudiziale: se la procedura va in fase esecutiva (apertura concordato o liquidazione), il Commissario e/o Liquidatore nominati dal tribunale hanno diritto a un compenso, anch’esso regolato da parametri (simili a quelli del curatore fallimentare, ma ridotti in base alla minor dimensione). Questo compenso viene pagato prima dei creditori (prededuzione) col ricavato dei beni. Quindi se hai attivo, sappi che una fetta iniziale andrà a pagare gli organi. Se la procedura non ricava nulla, beh, il liquidatore prenderà molto poco (può attingere al fondo OCC se previsto).
  • Eventuali periti: se c’è da stimare un immobile, il tribunale potrebbe nominare un perito per la valutazione, il cui costo (di solito qualche migliaio di euro) è a carico della procedura (prededuzione).
    In generale, queste procedure, essendo “concorsuali”, comportano costi, ma sono calibrati alla dimensione dell’attività. Per farti un’idea: per un’azienda agricola con debiti sui €500.000, il totale dei costi concorsuali potrebbe aggirarsi nell’ordine di poche decine di migliaia di euro (sommando OCC, commissario, avvocato, spese vive). Non è irrilevante, ma è molto inferiore ai costi di un fallimento tradizionale di pari importo, e in più in parte quei costi sono proporzionali ai soldi che effettivamente recuperi (se recuperi poco, i compensi liquidatore e OCC sono minimi). Ci sarà da sostenere un piccolo esborso iniziale (bollo, contributo unificato, fondo spese OCC – tipicamente qualche centinaio di euro), poi il grosso verrà pagato con i realizzi della procedura stessa. Se la procedura non ha attivo (caso incapiente), l’OCC e gli organi prendono molto poco, per non gravare. Quindi direi: non è gratis, ma neanche proibitivo. Per evitare spese inutili, conviene presentare piani realistici, ben preparati (così non si allunga la procedura con rinvii) e attivarsi presto (un caso che va liscio costa meno di uno che diventa litigioso con opposizioni).

D: Se un imprenditore agricolo ha già fatto ricorso al sovraindebitamento anni fa, può farlo di nuovo?
R: Non nell’immediato. La legge impone un intervallo di almeno 5 anni tra una esdebitazione e l’altra. Inoltre non puoi ottenere il beneficio più di due volte in totale nella vita. Quindi, se ad esempio un agricoltore ha presentato un concordato minore nel 2020 e ottenuto l’esdebitazione nel 2021, non potrà accedere a nuove procedure fin verso il 2026 (5 anni dopo) e comunque ha solo un “bonus” di un’altra esdebitazione nella vita. Queste restrizioni servono a evitare abusi (tipo: mi indebito, faccio concordato e taglio debiti, poi dopo poco ci ricasco e di nuovo…). Fanno eccezione situazioni davvero eccezionali: ad es. se la prima procedura è stata chiusa senza esdebitazione concessa (allora non conta, perché il beneficio non l’hai avuto) oppure se un nuovo sovraindebitamento deriva da cause straordinarie del tutto indipendenti dalla volontà (poniamo che dopo il primo concordato tu fossi ripartito bene ma poi una calamità naturale o pandemia ti ha steso di nuovo – ecco, potresti tentare di convincere il tribunale che è un caso sfortunato eccezionale). In linea generale però vale la regola dei 5 anni e massimo 2 volte. Quindi la seconda chance esiste, la terza no. Perciò, se ne hai già usufruito una volta, cerca di farne tesoro: la prossima eventuale dovrà essere l’ultima.

D: La mia azienda ha debiti soprattutto con l’erario (IVA) e la banca, ma potrebbe tornare redditizia perché ho un contratto export nuovo. Meglio tentare la via stragiudiziale o subito il concorsuale?
R: In un caso come questo (prospettive positive all’orizzonte ma debiti nel frattempo), vale la pena iniziare in via stragiudiziale, magari proprio con la Composizione Negoziata della Crisi. Perché? Perché è riservata e ti permette di coinvolgere i creditori in negoziati senza “scoprirti” pubblicamente e senza vincoli rigidi di maggioranze. Puoi sederti con la banca e proporle di rinegoziare il mutuo in vista del contratto export, e con il Fisco valutare se c’è una rateazione o transazione possibile (nel 2023-24 l’Agenzia ha mostrato apertura in molti concordati, quindi forse se vedono che l’azienda può generare cassa, potrebbero accettare un pagamento parziale su IVA e cartelle). La composizione negoziata ti consente anche di chiedere una misura protettiva temporanea (ad es. blocco di un pignoramento della banca intanto che tratti). Se le cose vanno bene, potresti concludere un accordo stragiudiziale con banca e Fisco (magari formalizzato in un accordo di ristrutturazione ex art.57), e non hai neanche bisogno di passare per voti e omologazione complessa. Solo se i creditori non collaborano dovrai poi ripiegare su un concorsuale. In generale, quando c’è segnale di futura redditività, anche i creditori preferiscono evitare soluzioni drastiche: una banca preferisce rientrare con calma ma intera piuttosto che vedere l’azienda liquidata e perdere metà credito; lo Stato pure preferisce un’azienda viva che paga le imposte dilazionate che una morta che non paga nulla. Quindi la chiave è comunicare con i creditori e mostrare un piano credibile. L’esperto della composizione negoziata può aiutarti proprio in questo. Tieni comunque pronto un “piano B” (concordato minore) nel caso uno dei creditori maggiori resti rigido: in tal caso, lo scenario è presentare un concordato minore in continuità dove magari imponi a quel creditore dissenziente la falcidia (ad es. se l’Agenzia Entrate Riscossione non volesse transare sull’IVA, in concordato minore potresti provare a falcidiarla comunque, confidando nell’omologa giudiziale dato che offri il massimo possibile). In sintesi: prima prova la via negoziale, è meno traumatica e lascia spazio alla creatività nelle soluzioni; il concorsuale tienilo come strumento se serve il “voto a maggioranza” per superare l’opposizione di qualcuno.

D: Cosa succede ai fideiussori e coobbligati (es. mio padre garante del mutuo) se io faccio il concordato o altra procedura?
R: Le procedure di sovraindebitamento non estendono i loro effetti ai coobbligati e garanti che non siano anch’essi parte della procedura. Questo significa che, se tu azienda agricola riduci o cancelli il debito verso la banca tramite concordato, la banca potrà comunque escutere il fideiussore per l’importo residuo non pagato nella procedura (a meno che nel concordato non sia previsto espressamente qualcosa anche per lui, ma di solito no, il concordato riguarda i debiti tuoi, non le obbligazioni altrui). Similmente, se tua moglie ha firmato cambiali o garanzie, quelle obbligazioni restano in piedi. Il garante potrebbe a sua volta cercare sollievo con una sua procedura (ad es. se tuo padre viene escusso dalla banca, potrebbe fare un piano del consumatore suo per ridurre quel debito, se rispetta criteri di consumo), ma dipende. Nota bene: alcuni creditori, sapendo di avere un garante robusto, potrebbero astenersi dall’aderire al tuo piano, preferendo rifarsi sul garante. Ad es. se tuo padre possiede vari immobili, la banca magari vota contro il concordato così da poter andare da lui. Non puoi impedirlo legalmente. Puoi però cercare di coinvolgere i garanti nella soluzione: ad esempio, se un familiare ha garantito, conviene sedersi anche con lui al tavolo e vedere se può contribuire per chiudere la posizione (magari pagando una quota del debito garantito per evitare l’escussione totale). In alcuni casi si è visto che i garanti presentano congiuntamente una procedura di sovraindebitamento familiare assieme al debitore principale, così il piano copre entrambi. La legge consente procedure “di gruppo” per più debitori legati: per famiglie indebitate si può fare un piano unico. Non so se è il caso tuo, ma sappi che c’è questa opzione: ad es. tu imprenditore agricolo e tuo padre garante potreste proporre un concordato minore congiunto (se tuo padre è considerato co-imprenditore o garante, la fattibilità tecnica va valutata caso per caso). In mancanza, la regola è: il concordato libera solo te, i garanti restano obbligati. Nessuna esdebitazione per loro a meno che anche loro la richiedano con una procedura propria.

D: Dopo queste vicissitudini, potrò aprire una nuova azienda o chiedere prestiti in futuro? O sarò marchiato a vita?
R: Uno degli scopi della riforma è proprio evitare il marchio a vita. Se ottieni l’esdebitazione, la legge ti considera riabilitato economicamente. Non ci sono interdizioni permanenti. Durante la procedura ovviamente hai dei limiti (non puoi essere amministratore di altre società senza giudice, ecc.), ma dopo, sei libero. Ad esempio, dopo un concordato o liquidazione conclusa con esdebitazione, puoi aprire una nuova partita IVA, costituire una nuova società e fare l’imprenditore di nuovo. In fase di istruttoria bancaria, quel precedente potrà emergere (le banche hanno memoria) e potrebbero considerarti meno affidabile, questo sì. Ma legalmente non esistono blacklist ufficiali: il sovraindebitamento non ha un casellario come il fallimento di un tempo (che comunque ora è venuto meno come stigma, ma in passato c’era l’annotazione al registro imprese per qualche anno). Il concordato minore e la liquidazione controllata sono procedure pubbliche (vengono annotate nel Registro Imprese se avevi un’impresa iscritta, e pubblicate sul Portale delle Crisi), per cui per qualche anno la notizia può essere trovata. Tuttavia non c’è una pena accessoria di incapacità. Anzi, la filosofia attuale è la “seconda opportunità”: il debitore onesto deve poter riprovarci. Quindi la risposta è: sì, potrai ricominciare, ovviamente facendo tesoro degli errori. Tieni presente però che, se la tua nuova attività andasse male, non potresti chiedere un’altra esdebitazione prima di 5 anni e comunque massimo un’altra volta in vita, come detto. Inoltre per alcune attività regolamentate (es. fiduciari, amministratori di certi enti) potrebbe esserci nei regolamenti interni qualche preclusione se hai avuto procedure concorsuali – ma parliamo di casi particolari. Per l’attività agricola normale, nessun problema: tanti imprenditori dopo aver chiuso con un concordato/liquidazione si re-inventano in altro o ripartono più piccoli. Se devi chiedere credito, dovrai forse spiegare la tua storia al nuovo istituto, ma se dimostri di aver risolto e di avere un progetto sostenibile, non è impossibile ottenere fiducia (a volte conviene iniziare con microcredito, garanzie pubbliche come ISMEA, ecc.). Lo Stato non ti impedisce di riprendere, anzi, vuole che torni produttivo e contributore onesto all’economia.

D: In concreto, qual è la tempistica di un concordato minore o di una liquidazione controllata?
R: I tempi possono variare molto a seconda del tribunale e della complessità, ma per dare un’idea:

  • Concordato minore: la fase iniziale (dal deposito all’omologa) potrebbe durare all’incirca 4-6 mesi. Ad esempio: depositi il ricorso oggi; il tribunale entro 30 giorni apre la procedura e nomina il commissario; il commissario raccoglie i voti dei creditori in 60-90 giorni; poi se c’è maggioranza, il giudice fissa udienza di omologa magari 30 giorni dopo; se nessuno si oppone, omologa subito, sennò serve un altro paio di mesi per decidere sulle opposizioni. Quindi diciamo 6 mesi è realistico in casi non troppo contesi. L’esecuzione del piano poi può durare anche anni (dipende da cosa prevede – se devi pagare in 4 anni, per 4 anni sarai sotto vigilanza finché non hai finito). La procedura in senso stretto si chiude dopo l’esecuzione. Se invece è liquidatorio, il tempo di vendere i beni e distribuire e poi chiudere (anche lì può essere qualche anno per vendere magari un immobile con calma). Ma l’importante è che in quei 4-6 mesi iniziali tu ottieni la protezione e l’omologa: da lì sai che sei a posto quanto a tranquillità (poi devi solo fare quanto promesso).
  • Liquidazione controllata: paradossalmente può volerci un po’ di più per aprirla (perché il tribunale è più formale): dal ricorso magari 1-2 mesi per aprirla. Una volta aperta, i tempi di liquidazione dei beni dipendono molto dall’attivo: se hai da vendere terreni e macchinari, può richiedere 1-2 anni vendere tutto e fare i riparti. Se non hai quasi nulla, può chiudersi anche in 6-9 mesi (giusto il tempo di vedere se qualcuno si insinua e poi chiudere per insufficienza). Mediamente direi circa 2 anni dall’apertura alla chiusura per liquidazioni di piccole aziende, considerando ad esempio la vendita di immobili agricoli che può richiedere più aste. L’esdebitazione viene subito dopo la chiusura (o contestuale se la chiedi prima). Anche la liquidazione comunque ti protegge subito appena aperta (tutti i crediti anteriori restano fermi e possono solo insinuarsi). L’istanza dei creditori può velocizzare l’apertura perché magari avviene con provvedimenti d’urgenza, ma in generale i tempi sono quelli.
  • Composizione negoziata: quella ha un tempo definito di default: l’esperto ha 180 giorni (6 mesi) prorogabili di altri 180 su richiesta motivata. Quindi al massimo 1 anno di negoziazione.
    Quindi, nel peggiore dei casi, se inizi oggi un percorso (ad es. tenti 6 mesi composizione, poi fai 6 mesi concordato), in circa 1 anno potresti avere un’omologa di concordato. Oppure in 6-8 mesi potresti avere aperta e avviata una liquidazione. Sono tempi sicuramente molto più brevi delle procedure fallimentari di una volta (che duravano anche 5-10 anni!). Questo è positivo: l’intento è risolvere in fretta per evitare che i problemi marciscano. Quindi preparati a un periodo intenso di 6-12 mesi iniziali dove dovrai dedicare attenzione e documenti; poi, a seconda della soluzione, potresti dover continuare a cooperare per qualche anno (pagamenti periodici nel concordato, o assistere il liquidatore in vendite ecc.). Ma vedi la luce in fondo al tunnel in tempi ragionevoli.

D: Se dopo l’esdebitazione faccio nuove attività, i vecchi creditori possono tornare a chiedermi soldi?
R: No, l’esdebitazione cancella definitivamente i debiti pregressi (a parte quelli esclusi di legge di cui sopra). Quindi i vecchi creditori non possono rifarsi su tue sopravvenienze future, salvo il caso particolare dei 4 anni post-esdebitazione incapiente dove se vinci alla lotteria o ereditone una fortuna, devi avvisarli e pagare il dovuto. Ma quello è un obbligo legale circoscritto. Nella normalità, se apri una nuova azienda e inizi a guadagnare, i vecchi creditori non hanno alcun diritto su quei guadagni. Saranno considerati del tutto nuovi e intoccabili dai creditori passati. Quindi puoi stare tranquillo: superata la procedura, quello che guadagni dopo è solo tuo (e dei nuovi eventuali creditori, si spera tu ne abbia pochi e li paghi regolarmente!). In altre parole, l’esdebitazione è come un “condono tombale” sui tuoi debiti vecchi, non possono più risorgere qualunque cosa accada – a meno che non emergesse che l’avevi ottenuta con frode (in tal caso il tribunale potrebbe revocarla, ma parliamo di ipotesi di malafede scoperte poi). Se invece intendi dire: i creditori sapendo che poi ho successo potrebbero recriminare moralmente, beh quello fa parte dei rischi d’impresa: oggi vinco io, domani vinci tu. Legalmente non hanno appigli. L’importante è che tu abbia rispettato le regole della procedura e assolto i doveri: una volta esdebitato, sei libero.

Esempi pratici e simulazioni

Vediamo ora due casi ipotetici che illustrano come le soluzioni descritte possono applicarsi a situazioni reali di aziende agricole indebitate:

Esempio 1: Concordato Minore in Continuità Aziendale

Scenario: L’“Azienda Agricola Rossi” è un’impresa familiare che coltiva ortaggi biologici e gestisce un agriturismo. Negli ultimi anni ha accumulato €400.000 di debiti: €150.000 con una banca (mutuo ipotecario su casale e terreni), €50.000 con fornitori di sementi e fertilizzanti, €80.000 di debiti fiscali (IVA e INPS), €20.000 di bollette arretrate e €100.000 di prestiti da parenti. L’attività ha sofferto due annate di maltempo, ma di recente ha ottenuto un contratto di fornitura importante con una catena di supermercati bio, che potrebbe riportare in utile l’azienda se regge il cash flow. I fornitori e le bollette però premono (alcuni hanno già avviato decreti ingiuntivi), e la banca minaccia di escutere l’ipoteca. L’azienda vuole evitare di chiudere l’agriturismo e perdere la terra di famiglia.

Soluzione scelta: Concordato Minore in continuità aziendale.

Azione: I titolari si rivolgono a un OCC e predispongono un piano di concordato che prevede: mantenere l’azienda in attività; vendere un terreno secondario (non utilizzato, valore stimato €80.000) e destinare il ricavato a pagare parte dei debiti; sfruttare i futuri utili derivanti dal nuovo contratto per pagare creditori chirografari in percentuale. In dettaglio, la proposta è: la banca (ipotecaria) verrà pagata integralmente col ricavato della vendita del terreno (€80k) più rate annuali per i restanti €70k nei successivi 3 anni (tanto la banca ha ipoteca su quel terreno e su un altro, quindi meglio soddisfarla al 100% per liberare ipoteche); i fornitori e altri creditori chirografari (totale ~€70k) riceveranno il 40% del loro credito (quindi €28k) suddiviso in 4 rate semestrali (7k ogni 6 mesi) attingendo dai profitti dell’agriturismo; i prestiti dei parenti (€100k) saranno postergati volontariamente (i parenti sono d’accordo a venire pagati solo dopo gli altri, o eventualmente convertire parte in quote società in futuro); i debiti fiscali (€80k) – composti da €50k IVA e €30k contributi – verranno stralciati di sanzioni e interessi e pagati al 60% (€48k) in 5 anni (si punta ad ottenere il voto favorevole dell’Erario offrendo più del minimo, oppure si conta che comunque otterrà almeno quanto dalla liquidazione); le bollette (€20k) saranno pagate al 100% ma anch’esse dilazionate in 2 anni (le utility spesso vogliono integrale per non staccare forniture). Il piano dura 5 anni. Il flusso di cassa previsionale mostra che l’azienda, tagliati i costi e grazie al nuovo contratto, può generare €15k annui di surplus, sufficiente a coprire le rate concordatarie.

Esecuzione: Il tribunale apre la procedura, nomina un commissario. Le azioni esecutive partite vengono sospese. Si procede alla vendita del terreno secondario (che in concordato può avvenire anche senza asta, se autorizzata – trovano un acquirente privato via trattativa a €85k, migliorando la stima). La vendita libera parte dell’ipoteca e dà liquidità. Al voto, la banca è favorevole (ottiene tutto, solo un po’ dilazionato); il Fisco esprime voto favorevole (accetta 60% vedendo che in liquidazione forse avrebbe preso meno, e comunque la prospettiva di tenere viva l’azienda per future imposte); i fornitori – 80% di loro per credito – votano sì (preferiscono 40% a 0, e molti vogliono continuare a vendere all’azienda); i piccoli creditori (bollette) sono pagati integralmente quindi non votano nemmeno (non incisi). Si raggiunge l’85% di adesioni, ben sopra il 60%. Il concordato è approvato e omologato dal giudice.

Risultato: L’azienda prosegue l’attività. Nei 5 anni successivi, segue il piano: versa puntualmente le rate ai creditori secondo scadenze. Il commissario vigila che non facciano spese pazze. La stagione agrituristica è buona, il contratto con i supermercati viene onorato, generando cash sufficiente. Dopo 5 anni, i creditori concorsuali hanno ricevuto quanto previsto (banca 100%, fornitori 40%, Fisco 60%, ecc.). Il tribunale dichiara eseguito il concordato. I debiti residui (es. il restante 60% dei fornitori, €42k, e 40% del Fisco, €32k, ecc. – e i debiti verso i parenti che formalmente erano postergati per €100k) vengono cancellati per effetto dell’esdebitazione del debitore. L’azienda agricola Rossi è ora più leggera di debiti e ha mantenuto il casale di famiglia, l’agriturismo e il terreno principale. L’attività può continuare più serenamente. I parenti che hanno perso formalmente i loro €100k di credito se ne fanno una ragione (in realtà volevano aiutarli, sapevano il rischio). L’Agenzia delle Entrate incassa €48k dilazionati e ora l’azienda torna in regola fiscale per il futuro. I fornitori, che hanno preso 40%, continuano a fornire – in parte hanno compensato con nuovi ordini. Tutti preferiscono questo esito piuttosto che un fallimento dove forse l’azienda avrebbe chiuso e i creditori sarebbero rimasti quasi a bocca asciutta.

Commento: Questo esempio mostra un concordato minore “misto” (un po’ di liquidazione di beni, un po’ di continuità) cucito sulle esigenze dell’azienda agricola. È fondamentale la collaborazione dei creditori. Il successo è dipeso dal fatto che la proposta era credibile e conveniente per loro. La banca ad esempio ha evitato anni di causa esecutiva; il Fisco ha recuperato qualcosa in tempi certi. Il debitore ha dovuto sacrificare un terreno, ma ha salvato il cuore dell’azienda. Dopo 5 anni di sacrifici, la famiglia Rossi può dirsi risanata: ha ancora un agriturismo funzionante e zero debiti pregressi.

Esempio 2: Liquidazione Controllata e Esdebitazione

Scenario: La “Società Agricola Verde”, una Srl semplice vitivinicola, è ormai decotta. Aveva fatto investimenti per un nuovo impianto di vigneto ma una malattia delle piante ha distrutto il raccolto per due anni di fila. Ha €600.000 di debiti: €300.000 con una banca (mutuo ipotecario su terreni e cantina), €100.000 con fornitori (vetro per bottiglie, concimi, energia), €150.000 di debiti con l’erario (IVA di 3 anni e accertamenti per imposte non versate) e €50.000 di altri vari. Il patrimonio è costituito da 5 ettari di vigneto (valore stimato €250.000, ma ipotecati per il mutuo) e attrezzature invecchiate (valore modesto). Non ci sono acquirenti interessati all’azienda in blocco perché i vigneti sono malati e servirebbero reimpianti costosi. I soci hanno deciso di cessare l’attività: troppo oneroso proseguire.

Soluzione scelta: Liquidazione Controllata su istanza dei creditori, seguita da esdebitazione.

Azione: I creditori cominciano a muoversi. La banca intanto ipoteca anche un altro terreno su cui non aveva garanzia (riesce a iscrivere ipoteca giudiziale perché ha decreto ingiuntivo esecutivo), e promuove istanza di liquidazione controllata, stanca di aspettare. I fornitori sostengono l’istanza (magari depositano crediti anche loro in aggiunta). Il tribunale, verificato che la società è insolvente e che i crediti scaduti superano €50k, dichiara aperta la liquidazione controllata. Nomina un liquidatore giudiziale. I soci amministratori perdono la gestione.

Svolgimento: Il liquidatore prende in mano i beni: purtroppo riscontra che i vigneti sono in cattivo stato, prova a venderli come terreni (non come azienda), ottiene €200.000 complessivi vendendo 5 ettari a un fondo investimento (che li userà per seminativi, estirpando le viti malate). La cantina e i macchinari li vende all’asta per €30.000. Incassa circa €230.000 lordi. Nel frattempo, tutti i creditori si insinuano. Lo stato passivo accerta €600k di debiti. La banca ha privilegio ipotecario sul ricavato dei terreni: prende, poniamo, €180.000 (dopo spese procedura). Rimane insoluta per €120k (aveva 300k). I fornitori e altri chirografari ricevono un riparto parziale con quel poco rimasto: diciamo un 10% (ogni €100 euro di credito ne prendono €10). Il Fisco aveva privilegio su alcuni beni mobili e generale: prende anch’esso qualcosina (in concorso coi fornitori sul monte chiro, forse 10% pure lui). Insomma, di €600k di debiti, se ne pagano €200k circa. Dopo aver venduto tutto, il liquidatore propone la chiusura.

Esdebitazione: La società essendo una Srl verrà cancellata (le società non “esdebitano” – muoiono coi debiti residui, che restano inesigibili). I garanti però c’erano: i due soci avevano dato fideiussione personale sulla metà del mutuo bancario (150k). La banca, dopo aver preso €180k dalla procedura, rimane creditrice di €120k e potenzialmente può escuterli pro-quota sui garanti. I due soci persone fisiche, rimasti con nulla (perché la società era tutto il loro patrimonio salvo la casa in cui vivono), chiedono anch’essi l’esdebitazione personale. Poiché non hanno beni (la casa è in affitto, i risparmi zero), il tribunale concede l’esdebitazione del debitore incapiente a entrambi per i debiti sociali rimasti (essendo garanti, erano obbligati). Questo li tutela da azioni future della banca o di altri creditori che volessero rifarsi su di loro.

Risultato: La società Verde è liquidata e cessata. Il patrimonio è stato interamente distribuito con par condicio ai creditori. I creditori non soddisfatti (la maggioranza, hanno preso briciole) non potranno più rivalersi sui soci, perché questi hanno ottenuto l’esdebitazione in quanto incapienti onesti (hanno collaborato col liquidatore, non hanno nascosto nulla). La banca ha dovuto incassare la perdita ma almeno ha chiuso la partita e potrà dedurla fiscalmente; i fornitori hanno perso quasi tutto, ma sanno che quello era il massimo ricavabile vendendo i beni. Tutto è avvenuto sotto controllo giudiziale, evitando favoritismi. I soci, dopo anni di angustie, si ritrovano senza azienda né beni, ma anche senza debiti: potranno cercare un impiego come enologi presso terzi o avviare, fra qualche tempo e con cautela, una nuova attività (magari imparando a diversificare i rischi). Nessuno potrà domandare loro un euro su quel passato.

Commento: Questo caso illustra la liquidazione controllata pura. L’iniziativa è venuta dai creditori, ma avrebbe potuto farlo anche il debitore. È stato cruciale vendere i terreni al loro valore di mercato, cosa che la liquidazione concorsuale facilita (il liquidatore ha accettato un’offerta ragionevole, evitando aste infinite). I soci sono stati protetti dalla rovina perpetua grazie all’esdebitazione. In un certo senso, lo Stato “sacrifica” l’interesse dei creditori a inseguirli vita natural durante, in favore di dare loro una chance di ripartire (almeno come cittadini senza debiti). I creditori insoddisfatti se la prendono con la sfortuna e forse con sé stessi per aver continuato a fare credito nonostante i segnali (spesso i fornitori agrari sono consapevoli dei rischi). Tutti hanno avuto un esito chiaro in tempi relativamente brevi e si evita la “morte civile” dei debitori.

Entrambi gli esempi mostrano come, a seconda delle circostanze, il ventaglio di soluzioni può portare a esiti diversi: nel primo la continuità e il parziale rimborso, nel secondo la cessazione ma con pulizia del pregresso. L’importante è che oggi l’imprenditore agricolo non è più da solo di fronte ai debiti: il sistema legale offre strumenti strutturati per gestirli e superarli, a patto di attivarsi per tempo, con trasparenza e con piani realistici.

Fonti e Riferimenti Normativi

  1. D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) – Articoli rilevanti: art. 2 (definizioni di sovraindebitamento e soglie), art. 12 (composizione negoziata per imprenditori agricoli), art. 33 (cessazione attività > 1 anno), art. 74-83 (Concordato minore), art. 268-277 (Liquidazione controllata), art. 283 (Esdebitazione incapiente), etc. – (G.U. 14 Feb 2019 n.38, in vigore dal 15 Luglio 2022; successive modifiche D.Lgs 147/2020, 83/2022, 136/2024).
  2. Cassazione Civile, Sez. I, 28/11/2023 n. 32977 – Sentenza che conferma la natura fiscale e non definitoria, ai fini fallimentari, delle soglie di marginalità introdotte per le società agricole (D.Lgs. 99/2004): la qualifica agricola va valutata secondo il codice civile (art. 2135) e non norme speciali. Ribadisce esenzione da fallimento, salvo attività commerciale prevalente.
  3. Cassazione Civile, Sez. I, 26/07/2023 n. 22699 – Sentenza che sancisce l’inaccessibilità a nuove procedure concorsuali per l’imprenditore (anche agricolo) che abbia cessato l’attività da oltre 12 mesi. Estende principio dell’art. 10 L.F. al concordato semplificato e, dopo correttivo 2024, a concordato minore e liquidazione controllata.
  4. D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021 – Normativa che ha introdotto in via anticipata la Composizione Negoziata della Crisi. Estende l’accesso agli imprenditori agricoli equiparandoli ai commerciali per strumenti di allerta e composizione. Introduce anche il Concordato Semplificato (art. 18 D.L. 118/21, ora art. 25-sexies CCII).
  5. Circolare INPS 26/07/2023 n. 70 – Adeguamento del Fondo di Garanzia TFR alle nuove procedure: elenca le procedure concorsuali che attivano il Fondo (include concordato semplificato, esclude esplicitamente concordato minore e liquidazione controllata nella lista), e disciplina l’intervento per datori non assoggettabili a concorso (richiesta decreto tribunale di non assoggettabilità o bilanci sotto soglia).
  6. Codice Civile – art. 2135 (definizione di imprenditore agricolo) – Rilevante per determinare la natura dell’attività e quindi la fallibilità. Cass. 32977/2023 ne richiama l’interpretazione moderna (inclusione attività connesse).
  7. Costituzione e principi UE: Principio della seconda chance (fresh start) sancito dalla Direttiva UE 2019/1023 – recepito nel CCII (esdebitazione anche per incapienti). Principio di proporzionalità e adeguatezza nel trattamento del debitore civile (Corte Cost. 245/2019 sulla falcidiabilità IVA in sovraindebitamento).

Azienda agricola con debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

La tua azienda agricola è sommersa da rate, mutui, cartelle esattoriali o contributi non versati?
Hai difficoltà con banche, fornitori, INPS o Agenzia delle Entrate?

Il settore agricolo è particolarmente esposto a crisi di liquidità, eventi imprevisti e difficoltà di accesso al credito. Ma la legge prevede strumenti concreti per proteggere il tuo patrimonio e ristrutturare i debiti.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

  • 📂 Analizza l’intera situazione debitoria dell’azienda, inclusi crediti fiscali e previdenziali
  • 📌 Verifica la possibilità di accesso alla procedura di composizione negoziata o di sovraindebitamento
  • ✍️ Redige istanze per sospendere pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi
  • ⚖️ Ti assiste nel piano di ristrutturazione dei debiti o nella liquidazione controllata dell’impresa
  • 🌾 Ti supporta nella tutela del fondo agricolo e nella difesa dell’impresa familiare

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

  • ✔️ Avvocato esperto in crisi d’impresa nel settore primario
  • ✔️ Consulente per la difesa di imprenditori agricoli, coltivatori diretti e aziende familiari
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia, con esperienza in procedure per aziende agricole

Conclusione

Anche un’impresa agricola in difficoltà può risollevarsi se guidata con competenza e visione.
Con la giusta assistenza puoi bloccare le azioni esecutive, rinegoziare i debiti e proteggere il frutto del tuo lavoro.

📞 Contatta subito l’Avvocato Giuseppe Monardo per una consulenza riservata: la salvezza della tua azienda agricola comincia da qui.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!