Hai ricevuto un avviso di accertamento come creator su OnlyFans e non sai come difenderti? Ti contestano redditi non dichiarati, omissioni nei versamenti IVA o incongruenze tra quanto incassato sulla piattaforma e quanto riportato al Fisco?
L’Agenzia delle Entrate ha avviato controlli mirati sui content creator digitali, in particolare su chi riceve pagamenti da piattaforme estere come OnlyFans. Ma non tutti gli accertamenti sono legittimi, e puoi difenderti se l’atto presenta vizi, errori o si basa su presunzioni infondate.
Perché il Fisco controlla i creator su OnlyFans?
– Incrocio tra i dati delle piattaforme e le dichiarazioni dei redditi
– Movimentazioni bancarie anomale o non giustificate
– Flussi di denaro da Stripe, Paxum o altri intermediari esteri
– Presunta attività abituale e professionale non dichiarata
– Segnalazioni o verifiche sui social media e sui canali pubblici
Cosa può contestarti l’Agenzia delle Entrate?
– Redditi da lavoro autonomo o d’impresa non dichiarati
– Omissione del quadro RW per conti o crediti esteri
– Mancato versamento dell’IVA se l’attività è continuativa e organizzata
– Irregolarità nei contributi previdenziali
– Applicazione di sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta evasa
– In alcuni casi, rischio di accertamento penale se l’evasione supera le soglie
Quando un accertamento può essere contestato o annullato?
– Se manca la prova dell’abitualità o dell’organizzazione dell’attività
– Se il reddito era occasionale e non superava i limiti esenti
– Se non è stato notificato l’atto presupposto o manca il contraddittorio
– Se il reddito è già stato tassato all’estero e non vi è obbligo di nuova tassazione
– Se l’Agenzia ha ricostruito i redditi solo su basi presuntive o social
Come puoi difenderti da un avviso di accertamento da OnlyFans?
Analizza il contenuto dell’atto ricevuto. Verifica le somme contestate, le fonti dei pagamenti e i periodi fiscali coinvolti. Ricostruisci in dettaglio l’attività svolta:
– Periodicità dei contenuti
– Canali di incasso (banca, PayPal, Stripe)
– Rapporti con la piattaforma e condizioni contrattuali
Dimostra se si tratta di attività occasionale o marginale. Se hai già dichiarato tutto o hai agito in buona fede, documentalo. Partecipa al contraddittorio e presenta una memoria difensiva ben motivata. Se l’accertamento è infondato o sproporzionato, puoi fare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.
Cosa puoi ottenere con una difesa efficace?
– L’annullamento totale o parziale dell’avviso
– La riduzione delle imposte richieste e delle sanzioni
– L’esclusione di IVA e contributi non dovuti
– La possibilità di sanare tutto in forma agevolata o rateale
– La tutela del tuo conto e della tua attività digitale
Essere un creator su OnlyFans comporta obblighi fiscali, ma il Fisco deve rispettare le regole nella ricostruzione dei redditi. Non basta avere follower o contenuti pubblicati per parlare di reddito d’impresa.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati tributaristi esperti in fiscalità digitale e accertamenti su attività online ti spiega come difenderti da un accertamento da OnlyFans, quando puoi contestarlo e cosa fare per proteggere i tuoi incassi e la tua libertà online.
Hai ricevuto un avviso di accertamento come creator?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo l’attività svolta, i dati contestati, i flussi economici e ti diremo se puoi annullare l’avviso, ridurre le sanzioni o regolarizzare la tua posizione senza danni.
Introduzione
Negli ultimi anni la piattaforma OnlyFans – nota per consentire ai creatori di contenuti di guadagnare tramite abbonamenti dei follower – è finita sotto la lente del Fisco italiano. Numerosi creator attivi su OnlyFans hanno infatti ricevuto avvisi di accertamento dall’Agenzia delle Entrate, ossia contestazioni formali di imposte non pagate su redditi generati con la piattaforma. Si tratta di un fenomeno in crescita: la Guardia di Finanza, in collaborazione con l’Amministrazione finanziaria, ha intensificato i controlli sui guadagni online, portando alla luce casi di evasione fiscale anche rilevanti. Ad esempio, in un recente controllo la GdF di Ferrara ha scoperto una content creator per adulti che tra il 2018 e il 2023 aveva percepito 110.000 € da OnlyFans (e siti simili) senza dichiararli. Analogamente, nel 2024 è balzato agli onori delle cronache il caso di Mady Gio, celebre creator di contenuti espliciti, accusata di aver evaso circa 1,5 milioni di euro di ricavi OnlyFans trasferendo fittiziamente la residenza in Svizzera. In queste e altre situazioni, l’esito è stato l’emissione di avvisi di accertamento con richieste di pagamento di imposte, sanzioni e interessi, nonché – nei casi più gravi – l’avvio di procedimenti per reati tributari.
Di fronte a un avviso di accertamento legato ai redditi OnlyFans, come può difendersi efficacemente un creator? Questa guida, aggiornata a luglio 2025, intende fornire un quadro avanzato e dettagliato – con taglio giuridico ma divulgativo – sulle strategie difensive e sugli strumenti a disposizione del contribuente (dal punto di vista del debitore), tenendo conto della normativa italiana vigente, delle prassi amministrative più attuali e delle più recenti sentenze e fonti autorevoli in materia. Verranno analizzati gli obblighi fiscali e previdenziali per i creator, i possibili rilievi del Fisco (incluse questioni specifiche come l’IVA, il regime forfettario, i contributi INPS, il ruolo della Guardia di Finanza e la cosiddetta “tassa etica” del 25% sui contenuti pornografici) e le strategie difensive da adottare. Saranno incluse tabelle riepilogative per sintetizzare i punti chiave, una sezione di domande e risposte frequenti (FAQ) e alcune simulazioni pratiche di casi tipici, il tutto riferito al contesto italiano. L’obiettivo è offrire uno strumento utile sia a professionisti legali/tributari sia agli stessi creator (o piccoli imprenditori digitali) che vogliano comprendere a fondo come tutelarsi e mettersi in regola.
Avviso di accertamento: cos’è e perché riguarda i creator OnlyFans
L’avviso di accertamento è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate contesta formalmente al contribuente una maggiore imposta dovuta, a seguito di verifiche o controlli sul corretto adempimento degli obblighi fiscali. In sostanza, è un provvedimento impositivo motivato che quantifica imposte evase, interessi e sanzioni, invitando il contribuente a pagare (o a impugnare l’atto entro termini prestabiliti). Nel caso dei creator di OnlyFans, gli avvisi di accertamento tipicamente derivano da accertamenti in cui il Fisco ha rilevato omessa dichiarazione o dichiarazione infedele dei redditi generati tramite la piattaforma. Spesso il creator non aveva aperto partita IVA né dichiarato al Fisco tali guadagni, presumendo – erroneamente – che fossero difficilmente tracciabili o che potessero rientrare fra attività “occasionali” non soggette a tassazione ordinaria. Tuttavia, grazie a controlli incrociati e alle indagini della Guardia di Finanza, l’Amministrazione finanziaria è in grado di ricostruire questi flussi di reddito: ad esempio incrociando il tenore di vita mostrato sui social con le dichiarazioni presentate, o ottenendo direttamente dati sui compensi dalle piattaforme digitali (come avvenuto nel caso Mady Gio, dove OnlyFans ha comunicato alle autorità italiane compensi per circa 1,5 milioni di € nel 2021-22).
Va chiarito che, per legge, tutti i redditi percepiti da un residente fiscale in Italia sono tassabili in Italia, anche se provengono da piattaforme estere o da pagamenti effettuati dall’estero. OnlyFans è una società straniera (con sede nel Regno Unito) e i pagamenti ai creator italiani provengono da un soggetto estero, ma ciò non sottrae tali somme alla tassazione italiana: un creator fiscalmente residente in Italia deve dichiarare i compensi da OnlyFans come parte del proprio reddito imponibile, al pari di qualsiasi altro reddito prodotto. Inoltre, se l’attività svolta ha carattere abituale (come quasi sempre accade per chi guadagna cifre significative su OnlyFans), scatta l’obbligo di apertura della partita IVA e dell’osservanza di una serie di obblighi contabili, dichiarativi e contributivi. La mancata ottemperanza a tali obblighi è ciò che di norma dà origine all’accertamento.
In sintesi, un creator OnlyFans può ricevere un avviso di accertamento principalmente nei casi seguenti:
- Mancata dichiarazione dei redditi: il creator non ha indicato in dichiarazione (o non ha presentato affatto la dichiarazione) i compensi percepiti con OnlyFans. L’Agenzia delle Entrate, scoprendo il reddito occulto, emette accertamento per recuperare le imposte dovute su tali somme (IRPEF, addizionali, ecc.), oltre interessi e sanzioni per omessa dichiarazione (che possono arrivare dal 120% al 240% dell’imposta evasa, salvo riduzioni). Se l’imposta evasa supera certe soglie, scattano anche le denunce penali (ad es. dichiarazione infedele se l’imposta evasa supera 100.000 €, o omessa dichiarazione se l’imposta evasa supera 50.000 €) – come accaduto nel caso citato di Mady Gio.
- Errata qualificazione o regime fiscale: il creator potrebbe aver dichiarato i proventi ma in modo non corretto. Ad esempio, c’è chi ha considerato i guadagni OnlyFans come “redditi occasionali” quando in realtà l’attività era continuativa, oppure chi – pur avendo aperto una partita IVA – ha adottato un regime fiscale inadeguato. Un caso tipico è l’utilizzo improprio del regime forfettario oltre i limiti consentiti o in presenza di cause di esclusione. In tali situazioni, il Fisco può contestare l’inquadramento fiscale, riqualificando i redditi come lavoro autonomo abituale o attività d’impresa e ricalcolando le imposte. Ad esempio, sono noti accertamenti verso influencer che fatturavano tramite società per usufruire di aliquote più basse: l’Agenzia ha talvolta contestato l’abuso di diritto (come nel “caso Lamborghini”, dove una società schermo raccoglieva i proventi da social). Nel contesto OnlyFans, se il creator avesse creato una società estera fittizia o spostato la residenza all’estero per pagare meno tasse, il Fisco potrebbe contestare l’esterovestizione o la mancanza di reale espatrio fiscale, come avvenuto per Mady Gio (residente anagraficamente in Svizzera ma considerata fiscalmente in Italia).
- Mancato versamento di IVA o altre imposte indirette dovute: questo profilo, come vedremo, è un po’ particolare per OnlyFans. In generale, un lavoratore autonomo che svolge un’attività abituale di servizi in Italia deve applicare l’IVA sulle proprie prestazioni (salvo regimi agevolati come il forfettario). Nel caso di OnlyFans, però, la struttura dei pagamenti e la normativa UE attribuiscono l’obbligo di applicare l’IVA direttamente alla piattaforma (che funge da “soggetto prestatore” verso il consumatore finale). Ciò significa che il creator non fattura direttamente ai fan, bensì riceve una sorta di compenso al netto della commissione di OnlyFans, con quest’ultima che si occupa di addebitare l’IVA agli utenti (come stabilito dalla Corte di Giustizia UE nel 2023). Tuttavia, restano a carico del creator gli obblighi IVA connessi alla collaborazione con OnlyFans (ad esempio l’integrazione delle fatture estere o la comunicazione delle operazioni transfrontaliere, il cosiddetto esterometro, se dovute). Un avviso di accertamento potrebbe contestare, ad esempio, l’omessa autofatturazione o comunicazione delle provvigioni di OnlyFans, oppure – per periodi passati – il mancato assoggettamento a IVA di certe transazioni qualora non si riconoscesse il ruolo di “intermediario” della piattaforma. In un caso eclatante, l’Amministrazione ha emesso avvisi direttamente alla società OnlyFans per recuperare l’IVA sull’intero importo degli abbonamenti pagati dagli utenti (non solo sulla commissione trattenuta), e la piattaforma aveva tentato di opporsi mettendo in dubbio la norma europea di riferimento (art. 9-bis Reg. 282/2011), senza successo. Per il creator individuale, invece, l’attenzione si concentra più sull’imposta sul reddito e sulla eventuale “tassa etica” (imposta sostitutiva del 25% per i proventi da materiale pornografico).
Riassumendo, i creator OnlyFans sono diventati oggetto di accertamenti perché spesso si è ritenuto che non avessero spontaneamente adempiuto ai propri obblighi fiscali (dichiarativi e/o di versamento). L’avviso di accertamento rappresenta quindi il punto di arrivo dell’azione di controllo del Fisco, attraverso cui si formalizza la pretesa tributaria nei confronti del content creator. Di seguito esamineremo quali obblighi avrebbe dovuto rispettare un creator per evitare di incorrere in tali sanzioni e, soprattutto, quali rimedi e strategie può adottare dopo aver ricevuto un avviso, per difendersi o per attenuare le conseguenze.
Obblighi fiscali e contributivi dei creator OnlyFans in Italia
Prima di affrontare le modalità di difesa dall’accertamento, è fondamentale inquadrare quali sarebbero gli obblighi fiscali corretti per un creatore di contenuti su OnlyFans secondo la normativa italiana. Conoscere questi aspetti aiuta sia a prevenire futuri problemi, sia a individuare eventuali errori contestabili nell’avviso ricevuto. I principali profili da considerare sono: la qualificazione del reddito (occasionale o abituale), l’apertura della Partita IVA e la scelta del regime fiscale (ordinario o forfettario), gli adempimenti ai fini IVA (inclusa la gestione delle operazioni con l’estero), gli obblighi previdenziali INPS, e la particolare addizionale nota come “tassa etica” sui proventi da pornografia.
Reddito occasionale vs attività abituale/professionale
Un primo snodo cruciale è distinguere se l’attività del creator configuri un lavoro autonomo abituale (professionale) oppure una prestazione di natura occasionale. Questa distinzione determina infatti obblighi molto diversi:
- Prestazione occasionale: se il creator si limita a qualche contenuto sporadico, senza organizzazione e senza continuità, e ricava importi modesti, potrebbe in teoria rientrare nella fattispecie dei “redditi diversi” occasionali (art. 67 del TUIR, D.P.R. 917/86). In tale caso non servirebbe aprire Partita IVA, e i compensi andrebbero comunque dichiarati nel quadro RL del Modello Redditi o nell’apposita sezione del 730, come redditi derivanti da attività occasionali. L’occasionalità implica: mancanza di professionalità/abitualità, assenza di vincolo di subordinazione, e attività di durata limitata (solitamente intesa come non sistematica durante l’anno). Va però sottolineato che guadagni su OnlyFans difficilmente sono considerabili “occasionali” dal Fisco se si protraggono per mesi e con cadenza regolare (es. incassi mensili dagli abbonamenti) – l’attività di content creation online di norma richiede impegno continuativo e aggiornamenti costanti, dunque è facile ricadere nel concetto di lavoro autonomo abituale. Pertanto, l’utilizzo della categoria “redditi occasionali” andrebbe riservato solo a chi abbia davvero svolto un’attività estemporanea su OnlyFans (ad es. l’aver postato pochi contenuti in un breve periodo). In ogni caso, anche il reddito occasionale va dichiarato e tassato con l’IRPEF ordinaria (senza ritenuta d’acconto, salvo si passi per intermediari italiani) e, qualora superi certi importi, può innescare obblighi contributivi (vedi INPS più avanti).
- Attività abituale (lavoro autonomo/imprenditoriale): se il creator opera con sistematicità e per lucro, anche senza un’organizzazione aziendale complessa, l’attività è da considerarsi di natura professionale o imprenditoriale. In tal caso scatta l’obbligo di apertura della Partita IVA. Nel contesto di OnlyFans, generalmente si parla di lavoro autonomo assimilabile alle arti e professioni, poiché il creator offre un servizio personale (creazione e condivisione di contenuti digitali) dietro corrispettivo. Non trattandosi di una “impresa” commerciale classica (non c’è compravendita di beni, magazzino, ecc.), l’inquadramento più appropriato è quello di lavoratore autonomo (esercente un’arte o professione non ordinistica). Tale distinzione rileva ai fini IRPEF – il reddito sarà tassato come “reddito di lavoro autonomo” (art. 53 TUIR) – ma in concreto le aliquote IRPEF sono le stesse dei redditi d’impresa, cambia solo il quadro dichiarativo (RL vs RF) e qualche dettaglio. È importante notare che anche l’attività di produzione di contenuti per adulti rientra perfettamente nel concetto di lavoro autonomo: non esiste alcuna eccezione per cui le prestazioni di natura “sessuale” online possano essere condotte al di fuori del regime fiscale ordinario. Anzi, come vedremo, tali attività subiscono un’ulteriore imposizione (la tassa etica).
In base alla prassi dell’Agenzia, il discrimine tra occasionalità e abitualità può desumersi da vari elementi: la durata e frequenza delle prestazioni, l’ammontare dei compensi, l’esistenza o meno di un’organizzazione (anche minima) e lo scopo di lucro. Ad esempio, offrire contenuti su abbonamento mensile su OnlyFans per diversi mesi configura chiaramente abitualità, così come guadagni annui elevati (migliaia di euro) lasciano intendere un’attività economicamente significativa. Un riferimento utile è il limite di 5.000 € annui: per importi fino a 5.000 € si potrebbe ipotizzare un’attività occasionale (anche se non è un parametro rigido di legge, è usato in ambito contributivo), mentre oltre tale cifra è prudente considerare l’attività abituale. In ogni caso, il Fisco tende a qualificare come abituale qualsiasi attività su piattaforme digitali se è continuativa nel tempo. Già in passato la Cassazione e la giurisprudenza tributaria hanno sancito che perfino le vendite su eBay o le attività di influencing ripetute possono configurare esercizio d’impresa o lavoro autonomo se svolte con continuità e organizzazione, con conseguente obbligo di Partita IVA e tassazione ordinaria.
Perché è rilevante ai fini difensivi? Perché uno dei possibili argomenti di difesa contro un avviso potrebbe essere dimostrare che l’attività era realmente occasionale, contestando quindi l’obbligo di partita IVA e magari facendo rientrare il caso in termini sanzionatori più favorevoli (ad esempio sanzioni per omessa dichiarazione di “redditi diversi” invece che per omessa IVA ecc.). Tuttavia, sarà onere del creator provare l’occasionalità, e ciò è difficile se i flussi di denaro erano regolari o se l’avviso di accertamento già contiene elementi che evidenziano la continuità (es. elenchi di pagamenti mensili ricevuti). Conviene dunque essere realisti: nella maggioranza dei casi, la difesa non punterà a negare la natura abituale dell’attività (se i fatti lo contraddicono), bensì ad altre strategie che vedremo (es. contestare il calcolo del reddito, ottenere riduzioni di sanzioni, ecc.).
Apertura della Partita IVA e scelta del regime fiscale (ordinario vs forfettario)
Se l’attività è abituale, il creator avrebbe dovuto aprire una Partita IVA ed emettere regolare documentazione fiscale per i compensi percepiti. L’apertura della P.IVA per un creator OnlyFans avviene tramite la compilazione e presentazione del modello AA9/12 all’Agenzia delle Entrate (direttamente online o tramite intermediario), scegliendo un codice ATECO appropriato. Non esiste un codice “OnlyFans” specifico, ma si può utilizzare ad esempio:
- ATECO “96.09.09 – Altre attività di servizi alla persona nca” o
- ATECO “90.03.09 – Altre creazioni artistiche e letterarie”, oppure
- codici relativi a produzione di contenuti web.
La scelta del codice incide anche sul coefficiente di redditività in caso di regime forfettario (come vedremo tra poco). Una volta aperta la P.IVA, il creator deve inquadrare la propria attività in uno dei regimi fiscali previsti per le partite IVA individuali:
- Regime ordinario semplificato: è il regime “normale” per professionisti e ditte individuali. Prevede contabilità (anche semplificata), liquidazione dell’IVA trimestrale o mensile, dichiarazione annuale IVA, tenuta dei registri, e la determinazione del reddito effettivo come differenza tra compensi incassati e spese deducibili sostenute (criterio di cassa per i professionisti). Il reddito è poi soggetto a IRPEF secondo gli scaglioni progressivi ordinari (23%, 25%, 35%, 43% per gli scaglioni 2025), oltre alle addizionali regionali e comunali. Le aliquote marginali IRPEF possono arrivare al 43% per redditi oltre ~50.000 €, quindi potenzialmente molto onerose per i top creator. Tuttavia, il vantaggio del regime ordinario è la possibilità di dedurre i costi inerenti all’attività: ad esempio, un creator potrebbe dedurre le spese per attrezzatura video, costumi di scena, servizi fotografici, provvigioni trattenute dalla piattaforma, eventuali canoni di software, etc., riducendo così il reddito imponibile. Inoltre, nel regime ordinario si scontano le imposte con le ordinarie detrazioni e deduzioni spettanti in base al reddito e alla situazione personale.
- Regime forfettario: è un regime agevolato, introdotto dalla L. 190/2014 e succ. mod., riservato alle persone fisiche titolari di P.IVA con ricavi fino a una certa soglia (attualmente 85.000 € annui di ricavi, elevata dalla Legge di Bilancio 2023). Molti piccoli imprenditori e professionisti optano per il forfettario per la sua flat tax al 15% (o 5% per i primi 5 anni se nuovi esercenti) e per la forte semplificazione contabile (niente IVA da addebitare né registri IVA, esonero da esterometro e altri adempimenti, contabilità minima). Nel regime forfettario il reddito imponibile non è calcolato sull’utile reale, bensì in modo forfettario: ai ricavi incassati si applica un coefficiente di redditività predeterminato in base al codice ATECO. Per la tipologia di attività dei creator OnlyFans, il coefficiente tipicamente applicabile è il 67% (usato per molte attività di servizi non classificate altrove). Questo significa che il 33% dei ricavi è forfettariamente considerato costo deducibile, e il restante 67% è tassato. Esempio: se un creator incassa 30.000 € l’anno e aderisce al forfettario, il reddito imponibile sarà 30.000 € * 67% = 20.100 €, e su questo pagherà il 15% (o 5%) di imposta sostitutiva. In cifre: 20.100 * 15% = 3.015 € di imposta (oppure 20.100 * 5% = 1.005 € se in startup). Dal 2020 in poi, i forfettari sono esonerati da IVA, non applicano l’IVA in fattura e non detrattono l’IVA sugli acquisti – una semplificazione notevole. Inoltre erano esonerati dall’esterometro e dall’e-fattura, anche se dal 2022 anche i forfettari con ricavi sopra 25.000 € sono tenuti alla fatturazione elettronica (e dal 2024 tale obbligo è generalizzato). In generale, il forfettario appare molto conveniente per chi ha poche spese (o comunque spese inferiori al forfettario “concesso”), e consente un forte abbattimento fiscale soprattutto per redditi bassi o medi. Ad esempio, Fiscozen calcola che le tasse complessive sui guadagni OnlyFans possono oscillare dal 5% al 43%, con il 5% tipico del forfettario start-up e il 43% negli scaglioni IRPEF più alti del regime ordinario. In regime ordinario, come detto, si pagherebbe dal 23% al 43% a seconda del reddito, mentre in forfettario è 15% (o 5%) sul 67% del fatturato.
Tabella 1: Confronto Regime Forfettario vs Regime Ordinario per creator OnlyFans
Caratteristica | Regime Forfettario | Regime Ordinario (semplificato) |
---|---|---|
Requisito di accesso | Ricavi anno precedente ≤ 85.000 €; nessuna partecipazione a società di persone; non aver avuto redditi di lavoro dipendente >30k (salvo cessato); ecc. | Nessun limite di ricavi (obbligatorio se >85k o se non si opta per forfettario). |
Aliquota fiscale | 15% imposta sostitutiva (5% per i primi 5 anni se nuovi) | Aliquote IRPEF progressive (23% fino a 15k; 25% 15-28k; 35% 28-50k; 43% oltre 50k). Addizionali regionali ~1-3% e comunali ~0,1-0,8%. |
Determinazione del reddito | Ricavi × coefficiente di redditività (es. 67% per attività di servizi vari). Il resto è forfettariamente considerato costo. Nessuna deduzione analitica di costi (tranne contributi INPS pagati). | Ricavi meno costi effettivi deducibili = reddito. Si possono dedurre spese inerenti documentate (attrezzature, costi auto con limiti, canoni, professionisti, percentuale di utenze se home office, ecc.). Contributi INPS dedotti dal reddito. |
IVA | Non si addebita IVA sulle fatture (esonerato). Non si detrae l’IVA sugli acquisti. Dal 2022 obbligo di fattura elettronica se ricavi >25k (ora per tutti dal 2024); prima, fatture cartacee. Obbligo di riportare in fattura la dicitura di esonero IVA ex art. 1 L.190/2014. | Si applica l’IVA ordinaria (22% sulla vendita di servizi in Italia). Tuttavia, nel caso OnlyFans, i creatori fatturano per lo più verso l’estero (OnlyFans UK) → operazioni non imponibili art. 7-ter DPR 633/72 (vedi sezione IVA). Devono registrare fatture, liquidare IVA se dovuta, presentare dichiarazione IVA annuale. |
Altri adempimenti | – Esonero da esterometro (fino al 2021) e da LIPE (liquidazioni IVA) perché non soggetti a IVA. Dal 2022: per operazioni attive estere, invio fattura elettronica codice 0000000 (in luogo di esterometro). – Esonero da ISA (indici sintetici affidabilità) e da IRAP. – Contabilità semplificata: tenere traccia incassi/pagamenti. | – Tenuta dei registri IVA vendite/corrispettivi e acquisti. Liquidazioni periodiche IVA (trimestrali per i trimestrali). Esterometro (fino 2021) o invio fatture elettroniche per operazioni estere (dal 2022). – Soggetto a ISA (per categorie previste) a fini premiali. – IRAP: dal periodo d’imposta 2022, le persone fisiche esercenti attività commerciali o arti/professioni sono esenti da IRAP (abolizione IRAP ditte individuali). Prima poteva essere dovuta se sussisteva autonoma organizzazione, ma molti creator individuali ne erano comunque esenti per mancanza di struttura. |
Come evidenziato nella tabella, il regime forfettario è estremamente vantaggioso per piccoli/medi creator (quelli entro gli 85k di ricavi), perché semplifica di molto gli adempimenti e generalmente riduce la tassazione (soprattutto se i costi effettivi sono bassi). Molti creator che si sono messi in regola lo hanno scelto, pagando solo il 5% o 15% sul 67% del loro incassato. Tuttavia, un elemento cruciale spesso trascurato è che il regime forfettario non esenta dalla “tassa etica” del 25% sui redditi pornografici: quella è un’addizionale che si applica in aggiunta anche ai forfettari (dettaglio che affronteremo a breve). Quindi un creator di contenuti pornografici, pur in forfettario, si trova a pagare comunque un 25% extra sul reddito, oltre al 15% (che però in presenza del 25% diventa di fatto un’imposizione totale del 40% sul reddito forfettario). È un aspetto che rende meno “leggero” il carico fiscale complessivo. Se invece i contenuti non sono considerati pornografici (ad esempio foto di piedi, semplici nudi artistici non espliciti, ecc.), allora non si applica quell’addizionale.
Dal punto di vista difensivo, comprendere il regime fiscale rilevante serve a verificare se l’Agenzia delle Entrate, nell’accertamento, ha fatto i calcoli correttamente: ad esempio, potrebbe aver ricostruito il reddito tassabile assumendo che il creator fosse in ordinario (tassando l’intero incasso come reddito netto), mentre la difesa potrebbe sostenere che l’interessato avrebbe avuto diritto al forfettario e quindi a tassare solo il 67% (ovviamente questa linea è complessa perché il regime forfettario è opzionale e andava comunicato; tuttavia, in sede di accertamento con adesione talvolta l’Ufficio può accordare il calcolo in via equivalente al forfettario se ciò risolve bonariamente la vertenza – non è un diritto, ma una possibilità di trattativa). Inoltre, se nell’avviso vengono negati costi per mancanza di prove, la difesa potrà eventualmente produrre documentazione di spese deducibili per abbassare l’imponibile (questo più che altro in contenzioso: in fase di avviso, l’Ufficio presume spesso reddito = ricavi se non c’era dichiarazione). Conoscere i parametri del regime forfettario è utile anche per calcolare quanto avrebbe pagato il contribuente se fosse stato in regola, e confrontarlo con quanto gli viene chiesto ora con sanzioni: a volte può aiutare a dimostrare la sproporzione delle penalità.
Esempio pratico: Tizio ha guadagnato 50.000 € lordi su OnlyFans nel 2021, senza dichiararli. L’Agenzia scopre tutto e gli notifica nel 2024 un avviso chiedendo ~30.000 € tra imposte e sanzioni. Come si arriva a quella cifra? Probabilmente l’Ufficio ha considerato 50.000 € interamente come reddito non dichiarato: IRPEF su 50k (circa 13.380 € considerando 43% sullo scaglione oltre 28k, + addizionali), tassa etica 25% di 50k = 12.500 €, più sanzione 150% sull’IRPEF evasa (~20k * 150% ≈ 20k) e interessi. Totale intorno a 13k+12.5k+20k = 45.5k, poi magari ridotto per adesione a ~30k. Se invece Tizio avesse operato in forfettario e dichiarato regolarmente: imponibile sarebbe stato 50k*67% = 33.500 €, imposta 15% = 5.025 €, più tassa etica 25% di 33.5k = 8.375 €, totale 13.400 €. Più i contributi INPS (diciamo ~26% di 33.5k = 8.700 €). Avrebbe pagato circa 22.100 € in tutto, senza sanzioni ovviamente. L’irregolarità gli è costata penali e interessi aggiuntivi. Questi numeri ipotetici servono a illustrare la dinamica: chi non dichiara paga poi molto di più per via delle sanzioni, oltre a perdere eventuali agevolazioni.
Aspetti IVA e operazioni con l’estero (Esterometro, servizi elettronici)
Un tema complicato è quello dell’IVA. Come anticipato, la posizione dei creator OnlyFans rispetto all’IVA è peculiare. Ricordiamo che OnlyFans trattiene tipicamente il 20% dei guadagni come commissione, lasciando ai performer il restante 80%. Ai fini contrattuali, il creator fornisce un servizio (i contenuti) che viene intermediato e venduto tramite la piattaforma. La normativa UE (Direttiva IVA art. 28 e Regolamento 282/2011 art. 9-bis) prevede che quando un servizio elettronico viene reso tramite un intermediario che interviene nelle transazioni, quest’ultimo si considera come se fosse il prestatore principale verso l’utente finale. OnlyFans, in quanto piattaforma digitale che gestisce pagamenti e termini del servizio, rientra in questa presunzione e pertanto viene considerata soggetto passivo IVA sull’intero importo pagato dall’utente. Tradotto: se un fan italiano paga 10 € al mese per abbonarsi al profilo di un creator, OnlyFans dovrebbe applicare l’IVA su quei 10 € (IVA al 22% se l’utente è in Italia) e riversarla al Fisco (attraverso il meccanismo del MOSS/OSS, essendo servizi elettronici B2C). OnlyFans poi girerà al creator circa 8 € (tolta la sua commissione e l’IVA dovuta). Questo meccanismo, confermato dalla sentenza Corte di Giustizia UE causa C-695/20 (28/02/2023), solleva i singoli creator dall’obbligo di gestire l’IVA nei confronti degli abbonati finali. In pratica, il creator non emette fattura al fan (spesso il fan è anonimo per lui), bensì la transazione fan⇄OnlyFans è gestita dalla piattaforma. OnlyFans, agendo come “committente” del servizio del creator, paga quest’ultimo al netto e potrebbe emettere un documento (anche se spesso i pagamenti periodici avvengono senza specifica fattura emessa da OnlyFans verso il creator).
Quindi il creator deve emettere fattura? Sì, ma verso OnlyFans (o la società gestore, tipicamente Fenix International Ltd con sede nel Regno Unito). Dal punto di vista del creator con P.IVA in Italia, i flussi che riceve da OnlyFans sono prestazioni di servizi verso un soggetto estero (UK). Nello specifico, trattasi di servizi resi a un soggetto passivo (OnlyFans) fuori UE: la prestazione rientra nelle regole generali di territorialità dei servizi B2B (art. 7-ter DPR 633/72), per cui non è soggetta a IVA in Italia (il luogo di tassazione è dove è stabilito il committente, quindi all’estero). In fattura si indicherà ad esempio “Operazione fuori campo IVA ex art. 7-ter D.P.R. 633/72 – Prestazione di servizi elettronici” per l’importo ricevuto (ad es. 800 € su 1.000 € pagati dagli utenti, se 20% trattenuto). Di conseguenza, il creator non addebita IVA a OnlyFans. OnlyFans d’altro canto si occuperà dell’IVA sui 1.000 € verso i vari paesi dei fan (presumibilmente attraverso OSS). Questo era un punto controverso fino al 2023, tanto che OnlyFans – di fronte ad accertamenti in alcuni Stati – sosteneva di non rientrare nella presunzione dell’art. 9-bis (cercando di limitare l’IVA solo alla sua commissione), ma come detto la Corte UE ha ribadito che deve pagare su tutto. Dunque oggi il quadro è chiaro.
Esterometro / comunicazione dati: Fino al 2021 compreso, i titolari di P.IVA italiani dovevano comunicare trimestralmente all’Agenzia delle Entrate i dati delle operazioni transfrontaliere (il cosiddetto Esterometro) relativamente a fatture emesse verso soggetti esteri o ricevute da soggetti esteri. Dal 1° luglio 2022, l’esterometro è stato abolito e sostituito dall’obbligo di utilizzare il Sistema di Interscambio (SdI) per inviare una sorta di “autofattura” elettronica o fattura elettronica anche per documentare le operazioni con controparti estere. In pratica, il creator forfettario (dal 2022 se soglia >25k e ormai per tutti) oppure ordinario deve trasmettere al SdI un documento di tipo TD01 o TD18 per i corrispettivi ricevuti da OnlyFans UK, in modo che l’Agenzia abbia contezza di quell’entrata. Se non lo fa, rischia una sanzione (2 € per fattura omessa comunicazione, max 400 € a trimestre, ridotti se si sana entro 15 giorni). Non enorme, ma comunque un inadempimento formale contestabile. Un avviso di accertamento però difficilmente verterà solo su questo: più probabile che contestino l’omessa fatturazione tout court e l’omessa dichiarazione del reddito. In sede difensiva, tuttavia, bisogna prestare attenzione: se l’Ufficio inserisce tra le violazioni anche l’IVA (ad es. applica una sanzione per “attività esercitata senza aver mai presentato dichiarazione IVA” o per “omessa fatturazione”), occorre valutare se ciò sia corretto, considerando che forse nessuna IVA era materialmente dovuta sulle operazioni (essendo non imponibili ex art. 7-ter). In genere, l’omessa dichiarazione IVA è sanzionata se c’era obbligo di presentarla: un professionista che effettua solo operazioni esenti o non imponibili comunque avrebbe dovuto presentare la dichiarazione IVA annuale (a meno che in regime forfettario, esonerato). Quindi un creator in regime ordinario che non ha aperto P.IVA è soggetto a sanzione per omessa dichiarazione IVA anche se l’IVA da versare era zero (si applica una sanzione fissa). In regime forfettario, non sorge obbligo di dichiarazione IVA, quindi su quel fronte specifico niente sanzione (ma se non aveva P.IVA affatto, non poteva formalmente aderire al regime).
Operazioni con altre piattaforme o con clienti privati: Finora si è ipotizzato che i guadagni vengano solo da OnlyFans. Alcuni creator però potrebbero vendere contenuti privatamente o su altre piattaforme. Ad esempio, vendite dirette di video personalizzati inviati via email dietro pagamento su PayPal: in tal caso, se il cliente è un privato italiano, andava applicata l’IVA (22%) perché il creator qui è il prestatore diretto di un servizio elettronico a privato UE (Italia), soggetto a IVA italiana (magari tramite regime Moss se fosse stata una cosa sistematica cross-border in UE, ma in Italia verso italiano è IVA direttamente). Se il privato era estero extra-UE, il servizio elettronico B2C extra-UE non è imponibile in Italia (si paga eventualmente IVA nel paese del cliente, ma un piccolo operatore difficilmente apriva registrazioni OSS extra-UE per qualche vendita). In breve, è un ginepraio: tuttavia la maggior parte dei creator convoglia tutto su OnlyFans proprio per evitare di gestire fatturazione ai singoli fan. Quindi tipicamente l’IVA sui fan non è un problema del creator. Il problema IVA sorge piuttosto se il Fisco qualifica diversamente i rapporti: ma dopo la sentenza europea è difficile sostenere che il creator dovesse fatturare con IVA al fan. Più frequente è che contestino sanzioni formali (per non aver emesso fattura verso OnlyFans – fattura che comunque sarebbe senza IVA, ma formalmente va emessa).
In sintesi, il creator avrebbe dovuto:
- aprire P.IVA,
- emettere per ogni pagamento ricevuto da OnlyFans una fattura (anche cumulativa mensile) verso la società estera, senza IVA indicando norma di non imponibilità,
- inviarla elettronicamente al SdI (dal 2022 in poi) o riepilogarla in esterometro (prima del 2022),
- presentare le dichiarazioni annuali IVA (se in ordinario; se forfettario no) e Redditi,
- eventualmente iscriversi al VIES (database operatori intracomunitari) anche se UK post-Brexit non è UE, quindi no VIES necessario per UK.
Molti di questi adempimenti sono stati ignorati dai creator poi sanzionati. Nella fase di difesa, raramente si riesce a far cadere la pretesa principale (IRPEF evasa) con argomenti IVA, ma si può evitare duplicazioni: l’Ufficio talvolta tende a contestare ogni violazione (irpef evasa + iva evasa + indeducibilità costi, ecc.). Una buona strategia è evidenziare che OnlyFans ha assolto l’IVA dovuta sui compensi (quella verso gli utenti) e che l’IVA nazionale per il creator non era dovuta (prestazione extra-UE), chiedendo eventualmente l’archiviazione della parte di atto relativa all’IVA o almeno la non applicazione di sanzioni IVA. L’Agenzia delle Entrate in sede di adesione potrebbe rinunciare alla parte IVA se convinta che non ci sia imposta evasa (ma punterà comunque alle sanzioni per omessa fatturazione e dichiarazione).
Un altro aspetto da considerare: fatture per le commissioni di OnlyFans. OnlyFans trattiene una quota: da un punto di vista fiscale, quella è una spesa per il creator (un costo deducibile). In teoria, OnlyFans dovrebbe emettere una fattura per la commissione (20% + IVA sulla commissione?). Essendo la sede in UK (ora extra-UE), se il servizio di intermediazione fosse considerato prestato in Italia, il creator dovrebbe integrare la fattura estera con IVA tramite reverse charge interno. Ma attenzione: la Corte UE ha detto che OnlyFans agisce in nome proprio, quindi la commissione che trattiene è parte del suo margine come prestatore principale. Probabilmente OnlyFans non emette fattura separata al creator per la commissione; semplicemente paga il netto. Il creator quindi nella propria contabilità dichiarerebbe ricavo lordo e costo provvigione (simile ai rapporti agenziali). Nella pratica difensiva, potrebbe emergere il tema: l’Agenzia di solito ricostruisce i ricavi lordi (magari risalendo a quanti soldi hanno speso i fan) e li imputa al creator. Ma se OnlyFans ha già trattenuto 20%, quel 20% il creator non l’ha incassato: è un costo (provvigione). È fondamentale allora che in sede di accertamento si tenga conto delle commissioni trattenute. Ad esempio, se i fan hanno pagato 100.000 €, e il creator ne ha ricevuti 80.000 €, il reddito del creator dovrebbe essere calcolato su 80k di ricavi e possibilmente con 20k di costi (provvigioni OnlyFans) deducibili. Se il Fisco fa finta che 100k siano reddito netto, è sbagliato. Si deve insistere su questo punto portando magari documentazione dei payout netti ricevuti. In regime forfettario il discorso costi specifici non rileva (già forfait), ma in regime ordinario o in un calcolo equitativo va considerato. Nel caso Ferrara, la GdF ha parlato di “compensi per 110mila euro” ottenuti (presumibilmente netti) e avrà poi segnalato l’imposta sul 110k.
Contributi previdenziali INPS (Gestione Separata)
Accanto alle imposte, un altro obbligo spesso trascurato dai creator è quello previdenziale. Chi svolge lavoro autonomo abituale deve iscriversi alla gestione previdenziale di competenza e pagare i relativi contributi. Per i creator OnlyFans, non essendo in albi professionali specifici, l’iscrizione va fatta alla Gestione Separata INPS (prevista dalla L. 335/1995 art. 2 comma 26, per i lavoratori autonomi privi di cassa). La Gestione Separata copre tipicamente i freelance occasionali oltre soglia, i professionisti senza albo, i collaboratori, ecc. Nel caso in esame, un creator di contenuti rientra nella categoria dei liberi professionisti iscritti in via esclusiva alla GS.
- Quando scatta l’obbligo INPS? Formalmente, nel momento in cui l’attività diventa abituale (quindi coincide con l’apertura P.IVA, salvo casi di superamento soglia 5.000 € con prestazione occasionale). Infatti, se uno sostiene di essere occasionale ma poi supera 5.000 € annui di compensi totali da lavoro autonomo occasionale, per la parte eccedente 5.000 deve comunque iscriversi alla Gestione Separata e versare contributi (solo sulla parte eccedente). Questa regola dei 5.000 € è spesso ignorata: molti creator incassavano 10-20k occasionalmente senza sapere che oltre 5k di co.co.co. o prestazioni occasionali si sarebbe tenuti a versare il 33% oltre soglia. Per lavoro autonomo occasionale puro (non configurato come co.co.co), l’obbligo è dibattuto, ma l’INPS ritiene comunque di sì oltre 5k. In ogni caso, se l’attività è chiaramente abituale, bisogna iscriversi fin da subito a GS come professionista.
- Aliquota contributiva: L’aliquota per i professionisti iscritti solo alla Gestione Separata è attualmente del 26,23% sul reddito netto (nel 2023-2025). Tale aliquota include la contribuzione IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) al 25% e piccole aliquote aggiuntive (0,72% maternità, 0,51% ISCRO) per arrivare appunto intorno al 26,23%. Questa aliquota è in costante aumento negli ultimi anni (ad esempio era 25,72% nel 2022, 26,23% nel 2023, e rimane simile nel 2024/2025 secondo Circolare INPS n. 27/2024). Per i collaboratori e figure assimilate c’è un’aliquota maggiore (33% IVS + add-on, arrivando a ~34-35%), ma un creator OnlyFans non ha tipicamente un committente italiano che paga quota, quindi rientra tra i “professionisti senza cassa” (aliquota minore, contributo tutto a carico suo).
- Base imponibile contributiva: è il reddito fiscale di lavoro autonomo dichiarato (netto di spese, oppure forfettario se in quel regime). Anche i forfettari devono pagare contributi INPS sulla loro base imponibile al lordo dell’abbattimento forfettario? In realtà, per i forfettari, il reddito imponibile ai fini fiscali coincide con quello contributivo (considerato che non tengono contabilità analitica, si usa il reddito forfettario come base per i contributi, con l’unica eccezione che i contributi stessi versati sono deducibili dal reddito dell’anno successivo). Dunque un forfettario con 30k incassi e coeff. 67% avrà reddito imponibile 20.100 € e su questo paga ~26% = circa 5.226 € di contributi. Un ordinario con 30k incassi e magari 5k costi netti, reddito 25k, contributi ~6.500 €. Le differenze non sono enormi, ma vanno computate.
- Obblighi dichiarativi: i contributi dovuti si dichiarano nel quadro RR del Modello Redditi PF e si versano tramite F24 alle scadenze (16 giugno e 30 novembre acconti, 30 giugno saldo, di regola in parallelo alle imposte).
Se il creator non ha mai versato contributi e l’INPS viene a saperlo (spesso l’INPS lo viene a sapere dopo che l’Agenzia ha accertato fiscalmente i redditi, attraverso scambio di informazioni), potrebbe emettere avvisi di addebito contributivi per recuperare le somme dovute ai fini pensionistici. Questo è un fronte parallelo all’avviso di accertamento fiscale: quest’ultimo riguarda tasse, l’INPS invece recupera contributi con i propri atti (che diventano immediatamente esecutivi). Nell’esempio di Ferrara, è plausibile che dopo la segnalazione all’AE per l’imposta, vi sarà anche segnalazione all’INPS per contributi non versati. Lo stesso articolo del 2025 cita che i redditi non dichiarati sono stati quantificati e “segnalati all’Agenzia delle Entrate” per l’applicazione di un’imposta specifica, mentre non menziona esplicitamente l’INPS, ma ciò non esclude azioni successive.
Difendersi su questo fronte: un avviso di accertamento dell’Agenzia può indirettamente includere anche la contestazione della indebita deduzione dei contributi non versati. Se il creator in dichiarazione aveva indicato contributi previdenziali (magari per altre attività) li può dedurre; se non li ha versati, ovviamente no. Ma solitamente, in assenza di dichiarazione, il problema è non averli pagati. Nei ricorsi, le Commissioni Tributarie non giudicano sui contributi INPS (di competenza del giudice del lavoro), però possono emergere questioni di prescrizione o di quantificazione. In generale, i contributi GS prescrivono in 5 anni; l’INPS però tende ad attivarsi entro quel termine. Se arriva un avviso di addebito INPS, la difesa seguirà altre vie (ricorso amministrativo e poi giudice del lavoro). In questa guida restiamo focalizzati sul lato tributario, ma era doveroso menzionare l’esposizione contributiva.
Un creator previdente avrebbe dovuto iscriversi alla Gestione Separata e magari considerare la convenienza di versare contributi: ricordiamo che i contributi obbligatori versati all’INPS sono deducibili dal reddito imponibile IRPEF (o sottratti dal reddito forfettario). Quindi se uno versa, paga meno tasse. Chi non ha versato si trova a pagare più IRPEF (perché non ha dedotto nulla) e in più dovrà pagare i contributi arretrati con sanzioni civili. Perciò la negligenza è doppiamente dannosa. In sede di accertamento con adesione, talvolta l’Agenzia tiene conto che poi il soggetto dovrà pagare contributi su quel reddito, e può ridurre un po’ le pretese fiscali in ottica transattiva (non è formalizzato, ma può avvenire). Durante la difesa, è comunque opportuno mostrare volontà di regolarizzare anche l’aspetto INPS, magari iscrivendosi e versando il dovuto: questo può essere percepito positivamente dal giudice tributario, evidenziando la buona fede nel voler mettersi in regola integralmente.
La “tassa etica” del 25% sui proventi da materiale pornografico
Uno degli aspetti più insidiosi per i creator di contenuti per adulti è l’addizionale sui redditi derivanti da materiale pornografico, comunemente chiamata “tassa etica” o “porno-tax”. Si tratta, come già accennato, di un’imposta aggiuntiva rispetto a IRPEF/IRES, pari al 25% del reddito imponibile prodotto con attività pornografiche o di incitamento alla violenza. È stata introdotta originariamente dal DL 185/2008, art. 31, comma 3 (convertito in L. 2/2009), ed è in vigore dal 2009. Colpisce sia le persone fisiche (soggetti IRPEF) sia le società (soggetti IRES) che svolgono tali attività, ed è indeducibile ai fini delle stesse imposte sui redditi (cioè non può essere portata in diminuzione del reddito). In pratica è una sovraimposta secca del 25%. L’intento del legislatore era probabilmente dissuasivo (da qui il nome “etica”). I codici tributo per versarla sono dedicati (4003 per acconto, 4005 per saldo per soggetti IRPEF).
Chi è tenuto a pagarla? Secondo la norma e le interpretazioni ufficiali, la tassa etica si applica ai redditi derivanti da:
- produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico;
- produzione, distribuzione, vendita di materiale che incita alla violenza;
- trasmissioni televisive (o via media elettronici) intese a sollecitare la credulità popolare (es. cartomanti in TV con numeri a pagamento).
Nella nostra analisi interessa la prima categoria, quella pornografica. L’Agenzia delle Entrate (scadenziario fiscale) definisce i soggetti passivi come chi esercita attività di produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico. La definizione di “contenuti pornografici” ai fini fiscali è fornita dalla legge che la introdusse: sono considerate pornografiche tutte le opere (anche digitali, multimediali, online) in cui sono presenti immagini o scene di atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti. Dunque, per esempio, video erotici di nudo integrale senza atti sessuali potrebbero non rientrare (sono hard ma non “espliciti non simulati”). Materiale come film pornografici tradizionali rientra certamente; nel caso OnlyFans va valutato caso per caso il contenuto:
- se un creator pubblica video di rapporti sessuali reali (anche da solo o con partner, coinvolgendo atti espliciti), è chiaro che ricade nell’ambito pornografico;
- se pubblica semplici pose di nudo o contenuti fetish non sessualmente espliciti (es. piedi, bondage soft, topless, sexting non esplicito), questo potrebbe non rientrare tecnicamente nella definizione pornografica. Ad esempio, non sono considerati pornografici i contenuti come foto di piedi, come confermato esplicitamente da consulenti fiscali: “se vendi immagini e video dei tuoi piedi, non si tratta di contenuto pornografico… e di conseguenza non dovrai versare la tassa etica”. Similmente, prestazioni tipo camgirl con nudità ma senza atti sessuali completi potrebbero rivendicare di non essere pornografia ai fini tributari – ma su questo è un terreno grigio; l’Amministrazione potrebbe interpretare estensivamente.
I creator OnlyFans per adulti ricadono quasi tutti nel settore pornografico in senso lato, quindi l’Agenzia tende ad applicare l’addizionale del 25% su tutti i loro redditi. Ad esempio, nel clamoroso accertamento a Mady Gio citato, su 1,5 milioni di ricavi sono stati contestati anche 360.000 € di tassa etica non pagata (che corrisponde appunto al 25% di 1,44 milioni, a testimonianza che quei ricavi erano considerati di natura pornografica). Anche nel caso della camgirl di Ferrara per 110k, la GdF ha “segnalato all’Agenzia l’applicazione di una specifica imposta (25% sul reddito) prevista a carico di chi produce materiale per adulti” – cioè hanno segnalato la tassa etica. Quindi le fonti istituzionali confermano che l’orientamento è di far pagare questa addizionale a tutti i content creator erotici su piattaforme specifiche (OnlyFans è nominata come esempio esplicito di piattaforma il cui utilizzo ricade nella tassa etica, v. Quickfisco). Anche chi opera in regime forfettario ne è colpito: la legge non fa eccezioni, e l’Agenzia ha ribadito che anche i titolari di partita IVA forfettaria devono versarla. Non rileva nemmeno la forma giuridica: persone fisiche, società di persone, società di capitali – tutti, se producono redditi da pornografia, pagano il 25% in più.
Come si versa: la tassa etica si calcola sul reddito imponibile di quell’attività e si versa con le stesse scadenze di saldo e acconto delle imposte sui redditi (tipicamente saldo entro 30 giugno dell’anno successivo e acconti il 30 giugno e 30 novembre). Per i soggetti IRPEF (persone fisiche, società di persone) il versamento avviene in F24 usando i codici 4003 (acconto) e 4005 (saldo). Ad esempio, entro il 30 giugno 2025 bisognava pagare il saldo 2024 + acconto 2025. È un’addizionale che non ha franchigie né scaglioni: 25% secco sul reddito, il che porta la tassazione effettiva a livelli altissimi (es: se un individuo è in aliquota IRPEF 35% e deve anche il 25% addizionale, su quella parte paga il 60% in totale di imposte). Non a caso molti ignoravano la sua esistenza o cercavano di evitarla.
Strategie difensive sulla tassa etica: Questo è un campo dove c’è margine per contestare se l’attività rientrasse davvero nella definizione. Un creator può sostenere, ove vero, che i suoi contenuti non configurano “atti sessuali espliciti non simulati” e quindi chiedere l’esclusione dall’addizionale. Per esempio, se una ragazza vende foto di nudo artistico e mai pornografia hard, si potrebbe eccepire l’errata applicazione della tassa etica nell’avviso. Bisogna portare prove o descrizioni dei contenuti – operazione delicata ma possibile (magari mostrando che il profilo era incentrato su modeling erotico soft). D’altra parte, se nei messaggi privati faceva video espliciti su richiesta, l’Agenzia potrebbe averlo scoperto (a volte potrebbero acquisire qualche contenuto a campione, non si può escludere operazioni sotto copertura, ma generalmente si basano sui flussi di denaro).
C’è poi una possibile linea di contestazione giuridica: alcuni autori hanno definito la tassa etica una “sovrimposizione” singolare, potenzialmente discutibile dal punto di vista costituzionale (profilo di uguaglianza e capacità contributiva). Tuttavia, ad oggi, non risultano pronunce della Corte Costituzionale che l’abbiano eliminata. Essa è stata pagata per anni per esempio dalle società che distribuiscono film per adulti, e i giudici l’hanno considerata legittima come scelta discrezionale del legislatore di colpire certi settori (un po’ come le accise su tabacco o alcolici). Quindi una difesa basata sull’incostituzionalità è poco probabile che porti frutto in una singola controversia (dovrebbe sollevarla un giudice tributario con rinvio alla Consulta, non semplice). Invece, sul piano pratico conviene negoziare: la tassa etica, essendo un tributo autonomo, in sede di accertamento con adesione potrebbe, ad esempio, essere ridotta a titolo transattivo (non c’è norma per ridurla, ma l’Ufficio può sempre rivedere parzialmente le pretese se convinto). Oppure, se proprio il contribuente non ha liquidità, si potrebbe rateizzare anche quella insieme alle imposte.
Importante: La tassa etica non si cumula ulteriormente di sanzioni “proprie”: in generale, se uno non la versa, è come omesso versamento di addizionale, sanzione 30% del non versato. Però negli avvisi spesso includono la somma dovuta e applicano sanzione per omesso versamento. Se l’accertamento è per omessa dichiarazione, il 25% andava dichiarato e versato, quindi rientra nel quadro sanzionatorio generale. Quindi attenzione a possibili doppi calcoli (tecnicamente sarebbe sanzione su imposta base e su addizionale).
Riassunto: per un creator di contenuti pornografici, essere in regola significava anche ricordarsi di questa imposta aggiuntiva e versarla a parte. Quasi nessuno dei creator “indipendenti” lo ha fatto, vuoi per ignoranza o per scelta. L’accertamento fiscale però non dimentica: come si vede dai casi, aggiungono quel 25% come parte del recupero. Pertanto, la difesa deve tener conto di tale importo: spesso rappresenta una fetta enorme della pretesa complessiva. A volte cercare un accordo può implicare chiedere la remissione (o quantomeno la non applicazione retroattiva massima) di questa tassa, magari patteggiando su IRPEF e sanzioni. Bisogna vedere la disponibilità dell’Ufficio caso per caso.
Rischi per i creator in caso di inadempimento: controlli, sanzioni e conseguenze penali
Chiariti gli obblighi, vediamo cosa accade quando tali obblighi non vengono rispettati e quali rischi concreti si prospettano per i creator OnlyFans inadempienti.
La prima fase è quella dei controlli. Negli ultimi tempi, come notato, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno intensificato le verifiche sul mondo degli influencer e dei content creator digitali. Spesso l’input arriva dalla constatazione di spese elevate o stile di vita incoerente rispetto ai redditi dichiarati: questo è un classico campanello di allarme per il Fisco (analisi del tenore di vita). Ad esempio, la GdF di Varese ha avviato un’indagine su Mady Gio proprio notando che, a fronte di interviste in cui dichiarava guadagni milionari, al Fisco risultavano solo poche decine di migliaia di euro dichiarati. Un altro canale è l’intelligence web: monitoraggio di social network, piattaforme e siti web dove i creator spesso pubblicizzano i loro profili a pagamento. Anche l’intermediario finanziario può essere fonte di segnalazione: se i pagamenti di OnlyFans affluiscono su conti correnti italiani, l’Agenzia può chiedere estratti conto e notare entrate ricorrenti dall’estero non giustificate.
Un fattore recente è l’uso di algoritmi e banche dati incrociate: a partire dal 2024 il Fisco italiano sta sperimentando sistemi avanzati di analisi dei dati finanziari e social (ad esempio il progetto “VeRa” o simili) per scovare redditi sommersi. Anche senza addentrarsi in dettagli tecnici, è noto che il Fisco ha accesso all’Archivio dei Conti Correnti e può fare analisi incrociate di movimenti bancari. Un flusso continuo di bonifici da una società estera potrebbe far scattare un controllo.
Quando un creator viene individuato come sospetto evasore, la procedura tipica è: la Guardia di Finanza esegue un’ispezione o verifica fiscale, spesso inviando prima un questionario o una convocazione al contribuente per chiedere chiarimenti. In alcuni casi mediatici (es. Ferrara, Varese) c’è proprio un’attività di verifica con censimento di tutti i movimenti economici del soggetto. La GdF può anche eseguire perquisizioni (se ipotizza reati fiscali gravi, con autorizzazione della magistratura) e sequestrare documenti o supporti digitali, ma per un lavoratore autonomo la strada normale è la verifica amministrativa.
Durante la verifica, il contribuente può trovarsi davanti a un Processo Verbale di Constatazione (PVC) redatto dai militari, dove vengono elencate le violazioni riscontrate (es: “il soggetto Caio, negli anni 2019-2021, ha percepito proventi non dichiarati per € X, come da documentazione acquisita – estratti conto, dati comunicati da OnlyFans – e non ha versato l’IVA né l’addizionale del 25% ecc.”). Il PVC viene poi trasmesso all’Agenzia delle Entrate, la quale – dopo 60 giorni in cui il contribuente può presentare memorie difensive – emette l’avviso di accertamento. Questo è il percorso tipico quando c’è di mezzo la GdF.
In altri casi, l’Agenzia può procedere da sé con un controllo da tavolo (desk), specialmente se dispone già delle informazioni finanziarie. Ad esempio, se dall’anagrafe tributaria emergono accrediti esteri ricorrenti non giustificati, può inviare un invito al contraddittorio o direttamente un avviso. Talora l’Agenzia inizia con un avviso bonario o lettera di compliance: una comunicazione non impositiva in cui segnala al contribuente una possibile anomalia (es: “abbiamo notato accrediti sul tuo conto non presenti in dichiarazione, vuoi regolarizzare?”). Questo succede soprattutto per importi non enormi o situazioni borderline. Se il contribuente ignora o non chiarisce, allora arriva l’avviso formale.
Sanzioni amministrative: Nel momento in cui viene accertata un’imposta non pagata, scattano sanzioni tributarie. Le principali in questo contesto sono:
- Omessa dichiarazione dei redditi: sanzione dal 120% al 240% dell’imposta dovuta (minimo €250). Ad esempio, se evasi 10.000 € di IRPEF, la sanzione base sarà tra 12.000 € e 24.000 €. Se però paghi entro certi termini con acquiescenza, puoi avere riduzioni (fino a 1/3).
- Dichiarazione infedele (se dichiaravi qualcosa ma meno del dovuto): sanzione dal 90% al 180% della maggiore imposta.
- Omessa dichiarazione IVA: se obbligato, sanzione 120% – 240% dell’IVA dovuta (minimo 500 €). Se però in concreto l’IVA era a credito o non dovuta, c’è una sanzione fissa (250-1000 €).
- Omessa fatturazione o documentazione: per ogni operazione non fatturata (o non documentata) si applica il 100% dell’IVA corrispondente all’importo (se l’IVA sarebbe stata dovuta) o, se l’operazione è non imponibile/esente, il 6% dell’importo non fatturato. Nel nostro caso, non avendo il creator addebitato IVA, potrebbe essere 6% dell’importo non fatturato (queste sanzioni sono spesso ricalcolate in adesione in modo forfettario).
- Omessa presentazione esterometro/comunicazioni: 2 € per fattura (max 1.000 € anno).
- Omesso versamento d’imposta (IRPEF, addizionali, IVA): sanzione 30% di ogni importo non versato, ma qui di solito si contestano come omessa dichiarazione, più grave.
- Sanzione tassa etica: è assimilata a omesso versamento di addizionale, quindi 30% di quanto non versato, ma se l’atto principale è omessa dichiarazione ti fanno quella.
Queste sanzioni amministrative possono essere ridotte in caso di definizione agevolata o conciliazione, come vedremo. Nel 2023 il governo ha introdotto una sanatoria per le sanzioni da avvisi relativi al 2019-20 (pagamento 1/18), ma era applicabile solo in certi casi e scadenze ormai passate. Nel 2025 non vi sono (al momento) condoni attivi per queste violazioni, se non le regole ordinarie.
Conseguenze penali: Se gli importi evasi superano soglie penalmente rilevanti, il creator può incorrere in reati tributari ex D.Lgs. 74/2000:
- Dichiarazione infedele (art.4): omessa dichiarazione di redditi imponibili per imposta evasa > 100.000 € e > 10% del dichiarato (o >2 mln di imponibile sottratto). Pena fino a 3 anni.
- Omessa dichiarazione (art.5): se non si presenta dichiarazione pur essendovi obbligo e l’imposta evasa > 50.000 € per imposta (IRPEF o IVA). Pena fino a 4 anni.
- Omesso versamento IVA (art.10-ter): se IVA dovuta e non versata > 250.000 €. Non si applica di solito qui perché il creator non addebitava IVA.
- Emissione fatture false (art.8) o altri reati potrebbero emergere solo se il creator avesse architettato frodi (non comune: di solito è mera omissione).
- Riciclaggio o autoriciclaggio: se i proventi illecitamente sottratti al Fisco vengono reimpiegati per ostacolare la tracciabilità, si potrebbe contestare autoriciclaggio, ma è ipotesi estrema e accade se i soldi vengono occultati tramite complessi giri (ad es. spostarli su conti esteri fittizi, criptovalute, ecc.).
Nei casi noti: Mady Gio è stata denunciata per dichiarazione infedele riguardo all’anno 2022. La camgirl di Ferrara con 110k su 5 anni probabilmente non supera i 50k di un anno, dunque forse no reato (dipende, se non dichiarava proprio, in 2018 o 2019 potrebbe essere >50k? Pare 110k totali in 5 anni, quindi <50k annuo). Elettra Lamborghini caso società: lì la denuncia era per dichiarazione fraudolenta tramite altri artifici (usare società per nascondere ricavi personali).
La pendenza penale complica la difesa: se c’è procedimento penale, ogni eventuale definizione fiscale non estingue automaticamente il reato (a differenza di altri Paesi, in Italia pagare il dovuto dopo non cancella il reato, salvo specifiche cause di non punibilità come adesione integrale ai PVC prima di notifica – rarissimo caso). Tuttavia, il D.Lgs.74/2000 prevede attenuanti o cause di esclusione della punibilità se si pagano i debiti prima di apertura formale del dibattimento (per alcuni reati). Un avvocato penalista dovrà valutare. Per il nostro scopo, basti sapere che se c’è rischio penale, il contribuente potrebbe avere interesse a saldare il dovuto rapidamente per evitare guai (es. per omessa dichiarazione, se si paga interamente il debito tributario prima che inizi il processo penale, la pena può essere diminuita e c’è possibilità di patteggiamento). Inoltre, se la pretesa fiscale viene annullata o ridotta in sede tributaria, ciò può riflettersi sul procedimento penale (perché magari l’imposta evasa scende sotto soglia). Quindi difendersi bene sul piano tributario è doppiamente importante.
Guardia di Finanza: Il ruolo della GdF è quindi duplice: polizia tributaria che fa emergere l’evasione e redige il PVC, e polizia giudiziaria che segnala all’autorità giudiziaria eventuali reati. Spesso, come nel caso di Varese, appena riscontrano l’evasione fanno scattare la denuncia penale contestualmente. Dal punto di vista del creator, subire un’indagine GdF è molto serio: conviene collaborare, fornire documenti, evitare atteggiamenti ostruzionistici (che potrebbero aggravare la posizione). Se vengono chiesti chiarimenti, rispondere magari assistiti da un commercialista/avvocato per evitare ammissioni sbagliate ma al contempo dimostrare la volontà di regolarizzare. In alcuni casi, la GdF può suggerire al contribuente di fare un ravvedimento operoso prima che l’accertamento sia notificato (se l’hanno solo invitato a comparire). Ma se già stendono un PVC, il ravvedimento non è più ammesso per quell’annualità.
Sommario sanzioni e rischi in tabella per chiarezza:
Tabella 2: Sanzioni amministrative e penali – redditi OnlyFans non dichiarati
Violazione | Sanzione amministrativa | Presupposti penali |
---|---|---|
Omessa dichiarazione di redditi (IRPEF) | 120% – 240% dell’imposta evasa (min €250). Riducibile 1/3 con acquiescenza (entro 60gg pagamento integrale). | Reato se imposta evasa > €50.000 per anno. Pena 1.5–4.5 anni (art.5 D.Lgs.74/2000). Estinzione se si paga tutto il dovuto prima del dibattimento (causa speciale non punibilità introdotta nel 2019 per art.5). |
Dichiarazione infedele (dichiarata ma meno del dovuto) | 90% – 180% imposta non versata. | Reato se imposta evasa > €100.000 e imponibile occultato > 10% di quanto dichiarato (o >€2 mln imponibile). Pena max 3 anni (art.4). |
Omessa dichiarazione IVA | 120% – 240% IVA dovuta (min €500) se c’era obbligo. Se IVA dovuta = 0 (es. tutte operazioni non imponibili) allora sanzione €250–1000 per omissione formale. | Reato di omessa dichiarazione IVA se evasa > €50.000 (stessa soglia art.5). Nel caso OnlyFans, di solito IVA evasa non c’è (non incassata) quindi non configurabile. |
Omesso versamento addizionale 25% (tassa etica) | 30% dell’importo non versato (equiparata a omesso versamento imposta). Spesso però contestata come parte di omessa dichiarazione, quindi già inclusa. | Non autonomo, ma contribuisce a superare soglie di imposta evasa. Es: se 40k IRPEF evasa + 15k tassa etica evasa = 55k, supera soglia 50k per art.5. |
Omessa fatturazione operazione (verso OnlyFans o verso clienti) | 100% dell’IVA se operazione imponibile; se operazione non imponibile, 5%–10% dell’importo non fatturato (min €500). Normativa: art.6 D.Lgs.471/97. | Non specifico. Se emissione di fatture false su operazioni inesistenti, art.8 D.Lgs.74/2000, ma qui il problema è fatture mancate. No rilevanza penale per omissione documentale, a meno che si configuri occultamento di scritture (art.10 se distrugge documenti). |
Altre violazioni formali (esterometro, registri) | 2 € per fattura omessa in esterometro (max €400/trimestre); omessa tenuta registri: sanzione €1.000–8.000 (spesso condonata se si ricostruisce). | Nessuna rilevanza penale diretta. |
Evasione rilevante sistematica | – | Se importi molto elevati, possibili misure cautelari: sequestro preventivo per equivalente dei beni fino all’ammontare dell’evasione penalmente contestata. Ad esempio a Mady Gio potrebbero sequestrare beni per 1,5 mln. |
Guardia di Finanza può inoltre proporre all’Agenzia il sequestro amministrativo cautelare dei beni del contribuente ex art.22 D.Lgs.472/97 (cautela sui crediti erariali). In genere, però, questo avviene dopo la notifica dell’atto se si teme incapienza. Nei casi noti, non risultano ancora sequestri, ma è una possibilità per importi grossi.
In definitiva, un creator OnlyFans che non si è messo in regola rischia non solo di dover pagare tutte le imposte arretrate con interessi, ma anche sanzioni molto alte e in alcuni casi problemi penali. Questo è il “bastone”; tuttavia esiste anche la “carota” sotto forma di strumenti deflattivi del contenzioso e opportunità di difesa per ridurre il danno. Nel prossimo capitolo vedremo come difendersi attivamente dopo aver ricevuto l’avviso di accertamento.
Procedura dell’accertamento e strumenti di difesa del contribuente
Ricevere un avviso di accertamento non significa dover subire passivamente qualsiasi richiesta: l’ordinamento tributario italiano prevede per il contribuente una serie di possibilità per difendersi o comunque giungere a una definizione meno onerosa della pretesa fiscale. In questa sezione esporremo l’iter tipico dopo la notifica di un avviso di accertamento a un creator OnlyFans e le opzioni disponibili: dall’accertamento con adesione al ricorso in Commissione Tributaria (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado), fino ad eventuali definizioni agevolate o conciliazioni. Forniremo un quadro pratico dei tempi, delle procedure e delle strategie consigliate.
Notifica dell’avviso di accertamento e termini per agire
L’avviso di accertamento viene normalmente notificato al contribuente tramite PEC (se ha un domicilio digitale attivo) oppure tramite raccomandata A/R o ufficiale giudiziario. Dal 1° gennaio 2022 l’avviso di accertamento è divenuto anche esecutivo decorsi i termini di impugnazione: ciò significa che, passati 60 giorni dalla notifica senza che il contribuente paghi o presenti ricorso, l’atto diventa titolo per procedere alla riscossione coattiva (affidato all’Agente della Riscossione senza ulteriore notifica di cartella). Quindi i 60 giorni successivi alla notifica sono cruciali: in quel periodo bisogna decidere come reagire. Le possibili vie entro tale termine sono:
- Presentare istanza di accertamento con adesione (se si vuole provare a negoziare con l’ufficio una riduzione delle somme);
- Presentare ricorso alla Commissione Tributaria competente (se si vuole contestare formalmente l’atto in giudizio);
- Pagare l’importo (integralmente o con acquiescenza, eventualmente chiedendo un pagamento rateale).
Analizziamo queste opzioni in dettaglio.
Accertamento con adesione: negoziare col Fisco
L’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997) è uno strumento che consente al contribuente di instaurare un contraddittorio con l’ufficio che ha emesso l’atto, al fine di giungere – eventualmente – a un accordo transattivo sulle somme dovute. In pratica, presentando una istanza di adesione si chiede all’Agenzia delle Entrate di sospendere i termini del ricorso (per max 90 giorni) e di fissare un incontro. Durante l’incontro, il contribuente (e/o il suo difensore) può portare elementi a proprio favore, contestare i calcoli e cercare di convincere l’ufficio ad una rideterminazione più equa dell’imponibile e delle sanzioni. Se si raggiunge un accordo, viene redatto un atto di adesione con le nuove somme concordate, su cui si applica per legge una riduzione delle sanzioni: le sanzioni, infatti, vengono ridotte ad 1/3 del minimo previsto. Ad esempio, per omessa dichiarazione (minimo 120%), la sanzione in adesione diventa 40%.
Nel contesto OnlyFans, l’adesione potrebbe essere molto utile per:
- Far riconoscere deduzioni di costi o riduzioni di imponibile che nell’accertamento standard non erano state considerate. Es: come detto, l’Agenzia potrebbe aver tassato il lordo transato dagli utenti; in sede di adesione si può argomentare che occorre dedurre le commissioni della piattaforma, eventuali costi documentati (fotografo, attrezzature, etc.).
- Concordare l’esclusione o la riduzione di alcune sanzioni. Ad esempio, se l’ufficio è convinto che la tassa etica vada applicata ma il contribuente versa in difficoltà, potrebbe accettare di applicare la sanzione minima su di essa oppure di rinunciare a contestare le violazioni formali minori.
- Rimodulare eventualmente l’annualità o applicare cause di non punibilità per alcune annualità (a volte, se più anni, l’ufficio può chiuderne alcuni e lasciarne fuori altri se conviene ad entrambi, entro limiti).
- Ottenere la rateazione automatica prevista dall’adesione: le somme concordate si possono rateizzare fino a 8 rate trimestrali (16 se importo oltre 50.000 €). La prima rata va versata entro 20 giorni dalla firma, le altre a seguire ogni 3 mesi.
È importante sottolineare che presentare l’istanza di adesione sospende il termine per il ricorso per 90 giorni (più i 60 originari): quindi in totale si può guadagnare tempo (fino a 150 giorni dall’avviso) prima di dover eventualmente ricorrere. Questa sospensione scatta una sola volta e solo se l’istanza è presentata entro 60 giorni dalla notifica dell’accertamento. Dunque, un tipico approccio difensivo è: presentare istanza di adesione per prendere tempo e vedere l’atteggiamento dell’Agenzia. Anche se non si vuole concludere un accordo a qualsiasi costo, vale la pena tentare di strappare condizioni migliori. Se poi la proposta dell’ufficio non soddisfa, si può sempre rinunciare a firmare e procedere col ricorso (il fatto di aver chiesto adesione non pregiudica il diritto al ricorso successivo).
Nella negoziazione, è bene essere preparati: portare documentazione, prospetti di calcolo alternativi, ad esempio far vedere che tassare come lavoro autonomo “ordinario” l’intero importo senza costi porta a un assurdo, mentre se venisse adottato un criterio forfettario (es. 67% redditività) sarebbe più equo. Talvolta, gli uffici accettano di rideterminare il reddito con metodi induttivi più favorevoli se il contribuente mostra collaborazione. L’importante è non far percepire la richiesta come infondata: se uno dice “voglio pagare zero tasse”, nessun funzionario aderirà; ma se si porta un discorso credibile (es. “riconosciamo di aver guadagnato 80k netti, ma contestiamo che tutti fossero imponibili perché c’erano costi e perché parte dei contenuti non erano pornografici soggetti a tassa etica”), c’è spazio di discussione.
E se si raggiunge l’accordo? L’atto di adesione firmato chiude ogni pendenza per quegli anni e materie, e preclude il ricorso. Il contribuente deve pagare le somme dovute (o la prima rata) entro 20 giorni. In caso di mancato pagamento, l’adesione decade e l’ufficio può iscrivere a ruolo le somme intere iniziali (meno complicazioni). Quindi va onorato il pagamento. Però di solito se uno aderisce è perché ha un piano finanziario o magari può chiedere un prestito. In caso di rateazione, il mancato pagamento di una rata oltre la tolleranza di 7 giorni fa decadere la dilazione.
Ricorso in Commissione Tributaria (Corte di Giustizia Tributaria)
Se non si addiviene ad adesione, o se si ritiene che l’accertamento sia infondato in fatto o in diritto, il passo successivo è presentare ricorso al giudice tributario. Dal 2023, le Commissioni Tributarie hanno cambiato nome: ora sono le Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado, ma la funzione è la medesima. Il ricorso deve essere notificato entro 60 giorni (se l’adesione non è stata chiesta; se si è chiesta adesione, i 60 gg decorrono di nuovo dopo i 90 di sospensione, quindi fino a 150 giorni potenzialmente).
Nel ricorso, il contribuente (di norma assistito da un difensore abilitato – commercialista, avvocato o esperto tributario iscritto) solleva le motivazioni di contestazione dell’atto. Queste possono essere di merito (es: “i redditi accertati sono inferiori a quanto sostenuto, ecco le prove”) e/o di legittimità (es: “l’avviso è nullo perché carente di motivazione” o “perché notificato oltre i termini decadenziali”).
Termini di decadenza: l’Agenzia può notificare avvisi di accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui andava presentata la dichiarazione (per i redditi 2018, entro il 31/12/2024). Se la dichiarazione è omessa, il termine si estende di un anno (diventa il sesto anno successivo). Ad esempio, per redditi 2018 non dichiarati, decadenza al 31/12/2025; per redditi 2019, al 31/12/2026, e così via. Verificare i termini è sempre doveroso: se l’avviso arriva tardivo, è nullo. Nel 2023 c’è stata per alcune annualità la proroga Covid (i termini 2020 sono slittati). Dunque è improbabile che l’ufficio sbagli i termini, ma va controllato.
Motivi di impugnazione tipici per un creator OnlyFans potrebbero essere:
- Sbagliata qualificazione del reddito: ad esempio, il ricorrente potrebbe sostenere che trattavasi di redditi occasionali e non c’era obbligo di IVA e P.IVA. Se convincente, la sanzione di omessa dichiarazione potrebbe ridursi (perché per redditi diversi occasionali la sanzione è del 60% e non 120%, per dire).
- Errore nel calcolo dell’imponibile: si contesta che l’ufficio ha considerato proventi lordi e non ha tenuto conto di costi deducibili, come la commissione OnlyFans, spese di produzione, ecc. Qui si allegano eventuali documenti (ricevute di spese, bonifici a terzi) per provare costi. Anche se tali costi non erano stati registrati, in sede contenziosa il giudice può ammetterli se prova certa. Ad esempio, se produco estratti conto che mostrano che su 100k incassati ne ho girati 30k a collaboratori (moderatori, fotografi) con ritenuta, questi costi vanno sottratti.
- Non applicabilità della tassa etica: come sopra, si argomenta che i contenuti non rientrano nella definizione di pornografia tassabile, quindi quell’addizionale non va pagata. Si potrebbero portare testimonianze o screenshot che la natura era diversa. Il giudice valuterà sul filo del rasoio, ma c’è chance se il contenuto era borderline.
- Vizi procedurali: ad esempio, mancato rispetto del termine dei 60 giorni tra PVC GdF e atto (lo Statuto contribuenti prevede che se c’è PVC da GdF, l’Agenzia attenda 60 gg prima di emettere l’atto, salvo urgenza). Se hanno notificato subito l’avviso senza attendere i 60 gg, il contribuente può eccepire la nullità (spesso è vizio relativo, sanabile, ma a volte porta annullamenti).
- Difetto di motivazione: l’avviso deve spiegare chiaramente le ragioni e gli elementi su cui si fonda. Se, ipoteticamente, arrivasse un atto del tipo “accertiamo 100k di ricavi non dichiarati – paga tot”, senza spiegare come hanno determinato 100k, potrebbe essere considerato nullo per difetto di motivazione (art. 42 DPR 600/73). Ma di solito scrivono almeno “visto estratto conto xy con bonifici da Fenix International”. Qualora mancassero tali dettagli, è un ottimo motivo di ricorso.
- Sproporzione e profili sanzionatori: si può chiedere al giudice la disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa (a volte invocato per casi nuovi come tassazione di influencer, dove fino a poco tempo regnava confusione). Non è garantito, ma si può provare a dire: “Fino al 2021 era incerto come inquadrare questa attività, il contribuente era in buona fede” – qualche giudice mite potrebbe ridurre le sanzioni. Inoltre il D.Lgs.472/97 consente al giudice di ridurre la sanzione se manifestamente eccessiva rispetto alla gravità (principio di proporzionalità).
- Richiesta di sospensione: contestualmente al ricorso (o poco dopo) si può chiedere al giudice una sospensiva dell’atto, motivando che l’esecuzione (cioè la riscossione) immediata recherebbe un danno grave e che il ricorso ha fumus (probabilità di successo). Ad esempio, se l’Agenzia inizia a bloccare conti prima che il ricorso sia deciso, la sospensiva può fermarli. Spesso, presentando ricorso entro 60gg e avviando dialogo, la riscossione la mettono in attesa almeno fino alla pronuncia di primo grado.
Il processo tributario dura del tempo (in media 1-2 anni per il primo grado). Nel frattempo, se non c’è sospensiva, l’Agenzia può chiedere il pagamento di 1/3 degli importi contestati anche con ricorso pendente, trascorsi 60 giorni (questo perché l’atto è esecutivo parzialmente). Dunque spesso, per evitare cartelle nel frattempo, conviene pagare 1/3 delle imposte (senza sanzioni) a titolo provvisorio. Se poi si vince, verrà rimborsato. Se si perde, prima dell’appello bisogna pagare un ulteriore 1/3.
Il giudizio di primo grado può confermare l’atto, annullarlo o ridurlo. Ad esempio, Commissioni potrebbero dire: “riconoscere che i costi di provvigione vanno dedotti, quindi accoglie parzialmente il ricorso, rideterminando il reddito a X” – in tal caso l’Agenzia rifarà i calcoli e notificherà un nuovo importo dovuto.
Dopo il primo grado, c’è appello (secondo grado) entro 60 giorni dalla sentenza. Poi eventualmente ricorso in Cassazione su punti di diritto. Questa è la via giudiziaria completa, che però può durare diversi anni. Non di rado, conviene trovare un accordo prima (vedi oltre su conciliazione).
Conciliazione giudiziale e definizioni agevolate
Anche a processo avviato, esistono opportunità di definizione concordata:
- Conciliazione giudiziale: è possibile in primo o secondo grado, prima della sentenza, trovare un accordo con l’ufficio che viene formalizzato davanti al giudice. È simile all’adesione, ma avviene in sede di processo. Comporta una riduzione delle sanzioni al 40% del minimo (se conciliazione in primo grado). Ad esempio, se non si è fatto in tempo l’adesione, ma poi a processo l’ufficio e contribuente si accordano su una cifra, si stende un verbale di conciliazione e le sanzioni sono ridotte (non tanto quanto l’adesione che è 1/3 ≈33%, qui 40%, comunque buono). Rateizzabile in 8 rate trimestrali anche qui.
- Definizione agevolata liti pendenti: periodicamente il legislatore apre finestre per chiudere le liti fiscali con sconti. Nel 2023, ad esempio, con la “Tregua Fiscale” legge 197/2022, era possibile definire le liti pendenti al 31/1/23 pagando solo il valore del tributo senza sanzioni e interessi (o percentuali minori se vinta in parte). Un contribuente con ricorso pendente poteva aderire. Se in futuro (2025-2026) ci saranno analoghe misure, un creator potrà sfruttarle. Al momento, la finestra 2023 è chiusa: occorre monitorare possibili nuove edizioni.
- Rottamazione cartelle: se malauguratamente l’avviso è diventato cartella esattoriale perché non impugnato o dopo giudizio, c’è la possibilità di rottamare (pagare senza sanzioni e interessi di mora) se rientra nelle date. Ad esempio, la rottamazione-quater 2023 includeva i carichi affidati entro giugno 2022. Un avviso 2025 non sarebbe incluso per ora.
In generale, il consiglio è di non arrivare alle cartelle: meglio risolvere prima, quando c’è ancora spazio di manovra.
Tempistiche riassuntive e opzioni:
Tabella 3: Timeline difesa dopo avviso di accertamento
Giorno 0 | Notifica avviso di accertamento. (Apertura termini 60 gg per reagire) |
---|---|
Entro 30-40 giorni | (Opzionale) Valutazioni interne, raccolta documenti, eventuale pre-istanza per accesso agli atti (per vedere incartamenti). |
Entro 60 giorni | Presentazione istanza di accertamento con adesione (sospende termini ricorso per 90 gg) oppure deposito diretto di ricorso tributario (se si salta adesione). Se si presenta adesione, attendere convocazione. |
+90 giorni | Periodo di sospensione per adesione. In questo lasso: incontro con ufficio, eventuale accordo. Se si raggiunge accordo: firmare atto, versare entro 20 gg. Se non si raggiunge accordo: il contribuente ha 30 giorni dalla fine dei 90 per fare ricorso (i 60 iniziali ripartono, in pratica). |
Fino a 150 giorni circa | Termine ultimo per presentare ricorso se prima c’era adesione senza esito. |
Dopo il ricorso | L’atto diventa esecutivo parziale: l’Agenzia può esigere 1/3 delle imposte accertate. Spesso lo iscrive a ruolo e arriva una comunicazione di pagamento (ma non è una cartella, è l’intimazione dell’avviso stesso). Per evitare azioni, si può pagare il terzo provvisoriamente (o chiedere al giudice sospensione). |
6-24 mesi | Fase del giudizio di primo grado. Possibilità di conciliazione giudiziale in qualsiasi momento prima della decisione. Se conciliazione: versare importi concordati (sanzioni ridotte 40%) in 20 gg o rate. Se no conciliazione: attendere sentenza. |
Sentenza primo grado | Se favorevole al contribuente (annulla atto): l’Agenzia può appellare. Intanto, se avevi pagato il terzo, hai diritto al rimborso (può voler tempo). Se sfavorevole o solo parzialmente vittoriosa: valutare appello entro 60 gg. Nel frattempo, occorre versare un ulteriore importo (altri 2/3 delle imposte residue) salvo sospensione in appello. |
Appello (secondo grado) | Analogo a primo grado, con minori possibilità di conciliazione (ancora possibile ma sanzioni ridotte al 50% del minimo se in appello). Durata altri 1-2 anni. Sentenza appello definisce merito. |
Cassazione | Eventuale, solo su diritto. Tempi lunghi (3-5 anni). Non sospende di norma l’esecutività (bisogna aver pagato tutto il dovuto a quel punto, altrimenti il Fisco procede). Se in Cassazione si vince, le somme versate verranno restituite con interessi. |
È evidente che la strada giudiziaria completa è faticosa e costosa (anche di spese legali). Ecco perché spesso conviene trovare un accordo prima, a meno che l’accertamento sia totalmente errato e insostenibile. Nel caso di creator OnlyFans, raramente l’accertamento sarà completamente sbagliato – magari l’importo può essere ridotto, ma qualcosa da pagare c’è. Quindi una combinazione di adesione/accordo e parziale ricorso può essere la strategia più efficiente.
Strategie difensive e consigli pratici (punto di vista del debitore)
In questa sezione affrontiamo alcuni consigli pratici su come un creator OnlyFans possa impostare la propria difesa, tenendo conto di quanto discusso finora. L’approccio deve essere sia tecnico (giuridico-contabile) sia strategico, considerando anche la situazione finanziaria e personale del contribuente (il “debitore” di imposte).
Ecco alcune linee guida:
- 1) Analizzare nel dettaglio l’avviso di accertamento: appena ricevuto l’atto, occorre leggerlo attentamente e capire cosa viene contestato e su quali basi. Verificare per ogni annualità: i totali dei compensi individuati dal Fisco, le imposte calcolate (IRPEF, addizionali, IVA, tassa etica), l’elenco delle violazioni (omessa dichiarazione, altro) e le prove indicate (es: “dati acquisiti da OnlyFans, estratti conto…”). Solo conoscendo esattamente l’impianto accusatorio si può decidere cosa contestare. Se qualche riferimento non è chiaro, si può fare istanza di accesso agli atti per ottenere copia del PVC della GdF o di documenti allegati.
- 2) Valutare la sostenibilità economica delle richieste: se le somme chieste sono molto alte rispetto alle proprie possibilità, va considerato che difendersi può ridurle ma fino a un certo punto. Spesso è utile iniziare a mettere da parte fondi o cercare soluzioni di pagamento (dilazioni, finanziamenti) perché, anche vincendo alcune battaglie legali, pagare qualcosa sarà inevitabile. In particolare, se ci sono reati tributari ipotizzati, trovare le risorse per pagare il dovuto è prioritario per evitare guai penali (pagando prima del processo si può andare verso l’estinzione o pene minori). Se la cifra è enorme e non pagabile, si può valutare lungo termine ipotesi come saldo e stralcio in futuro o fallimento personale, ma è l’extrema ratio. Prima, tentare di trattare.
- 3) Reperire e organizzare le prove a proprio favore: fin da subito, raccogliere tutta la documentazione possibile sui ricavi e costi della propria attività. Scaricare l’estratto conto completo per gli anni contestati, evidenziando le entrate da OnlyFans (Fenix Intl) e altre entrate eventualmente già tassate. Recuperare eventuali ricevute di pagamento di spese legate all’attività: fatture di fotografi, affitto di studi, spese marketing, bollette internet, acquisti di attrezzature (telefoni, webcam), costumi, trucco, sex toys, etc. Ogni spesa che si può collegare all’attività può servire a dimostrare costi deducibili (nel regime ordinario) o comunque l’entità dell’attività. Se si era creato un sito web proprio, anche le spese del dominio, hosting, sono costi. Raccogliere screenshot o materiali che possano provare la natura dei contenuti: se si sostiene che non erano pornografici espliciti, avere esempi pubblici (ovviamente quelli leciti da mostrare) che diano un’idea al giudice. Attenzione: non serve allegare materiale pornografico in Commissione! Bastano descrizioni o eventuali testimonianze; meglio evitare di depositare cose imbarazzanti. Ma quantomeno preparare una relazione che spieghi il tipo di contenuti forniti (es: “nel periodo contestato mi sono limitata a foto di nudo soft e video di posa erotica, senza atti sessuali; non ho prodotto film pornografici”). Questa è una dichiarazione che, se non smentita da prove contrarie del Fisco, può essere creduta.
- 4) Valutare la possibilità del ravvedimento operoso per anni non ancora accertati: se l’avviso copre ad esempio 2019-2021 e nel frattempo il 2022-2023 sono anch’essi irregolari ma non ancora contestati, c’è la possibilità di “metterci una pezza” facendo un ravvedimento operoso su di essi. Il ravvedimento consiste nel presentare una dichiarazione tardiva e pagare spontaneamente imposte e sanzioni ridotte. Questo può servire per vari motivi: mostrare pentimento e cooperazione (utile se poi vi fossero procedimenti penali, come attenuante), evitare un secondo avviso per gli anni successivi, e magari rientrare in un eventuale condono se appare (chi è in contenzioso per troppi anni rischia più problemi). Il ravvedimento ha sanzioni comunque del 30% ridotto a 1/8 (3,75%) se entro un anno, o 1/7 (circa 4,29%) se oltre un anno ma prima accertamento. Quindi si pagherebbe un po’ di sanzione ma molto meno di un futuro atto. Ovviamente questa mossa va ponderata con un fiscalista: se l’importo è grande e non si hanno soldi, ravvedere altri anni potrebbe essere impossibile. Ma se, ad es., il 2022 è anch’esso un anno con reddito, ravvedendolo potrebbe ridurre di un anno il contenzioso.
- 5) Curare gli aspetti formali e procedurali: come evidenziato, errori formali del Fisco possono essere armi difensive. Controllare se l’avviso è firmato da funzionario competente, se la notifica è stata corretta, se c’è stato il rispetto dei 60 giorni post-PVC. Un avvocato tributarista sa scovare questi vizi. Anche se a volte i giudici li considerano sanabili, altre volte portano all’annullamento. Ad esempio, un avviso di accertamento privo di motivazione sufficiente non può essere “sanato” in giudizio – in tal caso il ricorrente otterrebbe annullamento pieno (anche se spesso poi l’ufficio reitera l’accertamento integrando motivazione, ma se i termini sono scaduti non può più farlo).
- 6) Negoziare un piano di pagamento con Agenzia Riscossione: se l’avviso diventa definitivo (perché non impugnato o dopo sentenza passata in giudicato), il debito sarà affidato all’Agente della Riscossione (ex Equitalia, ora ADER). A quel punto, la via è chiedere una rateizzazione amministrativa fino a 8 anni (72 rate mensili) se il debito supera certe soglie (fino a 120k euro generalmente si ottiene facile). Anche prima, durante adesione, come detto c’è rate di 8 trimestrali. L’importante è non lasciar accumulare interessi di mora e aggio: muoversi subito. Se proprio non si può pagare, evitare di intestarsi beni mobili registrati o immobili, perché verrebbero iscritti fermi o ipoteche. Nei casi estremi di incapienza totale, valutare l’esdebitazione tramite legge sul sovraindebitamento (oggi Codice della Crisi d’Impresa: piano del consumatore o liquidazione del patrimonio). È l’ultima spiaggia: i debiti fiscali possono essere inseriti in un piano di ristrutturazione con taglio di parte del debito se il giudice l’approva. Questo però è ipotizzabile solo a fine contenzioso, quando c’è certezza del debito e impossibilità di pagare interamente.
- 7) Considerare un cambio di residenza fiscale futuro con prudenza: alcuni creator, vedendo la pressione fiscale italiana, potrebbero pensare di trasferirsi all’estero (in paesi a bassa tassazione) per il futuro. È una strategia di tax planning lecita se genuina (cioè se realmente ci si trasferisce e si tagliano i legami con l’Italia). Tuttavia, farlo mentre si ha un contenzioso in corso può insospettire ulteriormente l’amministrazione (che potrebbe poi seguirti con l’assistenza internazionale) e, se fatto in modo fittizio, peggiora la situazione (come Mady Gio ha sperimentato: la GdF ha smontato la sua residenza svizzera fittizia e ciò è diventato elemento a suo sfavore). Quindi, se si valuta l’espatrio, farlo dopo aver sistemato i debiti pregressi, e in modo da risultare inattaccabile (es: trasferirsi veramente, non mantenere domicilio e famiglia in Italia, etc.). Comunque, anche all’estero, gli obblighi fiscali su redditi futuri andranno seguiti secondo le regole di lì; e in Italia rimarrà il debito pregresso da gestire (eventualmente pagandolo col tempo, salvo accordi bilaterali – l’Italia può inseguire in UE facilmente, extra-UE meno).
- 8) Comunicare con rispetto e trasparenza con l’amministrazione: nell’interazione con i funzionari (in sede di adesione o conciliazione) è importante mantenere un atteggiamento collaborativo e non conflittuale. Mostrarsi pentiti dell’errore, disposti a pagare il giusto ma semplicemente incapaci di reggere importi esorbitanti, può umanizzare la situazione. A volte gli operatori hanno margini discrezionali e li usano anche in base all’atteggiamento del contribuente. Se uno arriva arrogante o minaccia, otterrà poca flessibilità; se invece riconosce le proprie mancanze ma chiede solo equità e respiro, potrebbe trovare orecchie più attente. Ad esempio, evidenziare le difficoltà economiche (documentabili) e magari allegare un piano in cui si propone di pagare gradualmente tutto, può convincere l’ufficio che un accordo è meglio che spingere il contribuente al fallimento personale (dove lo Stato poi incasserebbe zero).
Riassumendo, la strategia difensiva migliore sarà un mix di contestazione intelligente (dei punti deboli dell’accertamento) e adesione responsabile ai punti innegabili, cercando di minimizzare le sanzioni e massimizzare le dilazioni. Ogni caso è a sé: un creator con redditi piccoli magari può puntare più sull’annullamento totale (se effettivamente occasionali), mentre chi ha guadagni alti non dichiarati dovrà piuttosto puntare a un “patteggiamento” fiscale.
Nel prossimo capitolo, presentiamo una sezione di domande e risposte frequenti, per chiarire i dubbi più comuni in materia, seguita da alcune simulazioni pratiche illustrative.
Domande e Risposte frequenti (FAQ)
D: Ho guadagnato dei soldi su OnlyFans. Devo dichiararli?
R: Sì. Qualsiasi somma guadagnata, anche online, va dichiarata al Fisco se sei fiscalmente residente in Italia. Se l’attività è stata occasionale e di importo modesto, puoi dichiararla come reddito diverso (prestazione occasionale) nel quadro RL del modello Redditi o nel 730. Se invece l’attività è continuativa/abituale, devi aprire Partita IVA e dichiarare il reddito come lavoro autonomo (oppure come reddito d’impresa, ma di solito è lavoro autonomo). Non dichiarare affatto questi redditi espone al rischio di un accertamento per omessa dichiarazione, con imposte, interessi e pesanti sanzioni. Anche somme piccole tecnicamente vanno dichiarate; certo, più sono alte più è probabile un controllo, ma anche 5.000 € non dichiarati sono soggetti a tassazione (e se scoperti, sanzioni). Meglio prevenire: se non l’hai fatto, valuta un ravvedimento prima che ti scoprano.
D: Devo aprire la Partita IVA per OnlyFans? Quando diventa obbligatoria?
R: Diventa obbligatoria quando l’attività cessa di essere puramente occasionale e assume carattere di abitualità o professionalità. Non c’è un numero esatto di giorni o un importo fisso oltre cui scatta automaticamente, ma come linee guida: se pubblichi contenuti regolarmente, hai abbonati mensili o comunque un flusso di entrate ricorrenti, sei considerato attività abituale – quindi sì, serve aprire P.IVA. Anche l’entità conta: sotto qualche migliaio di euro l’anno si può sostenere l’occasionalità, oltre è difficile. Diciamo che se superi i 5.000 € annui, di sicuro conviene aprire P.IVA (anche perché oltre 5.000 € scatterebbe comunque l’obbligo contributivo alla Gestione Separata). Aprire la P.IVA è una pratica semplice (tramite modulo AA9/12 online), e poi potrai scegliere il regime forfettario se ne hai i requisiti, che ti semplifica le cose.
D: Quale regime fiscale è più conveniente per i creator di OnlyFans?
R: Nella maggior parte dei casi, il regime forfettario è il più conveniente, a patto di rispettarne i requisiti (ricavi ≤ 85.000 €, nessuna partecipazione in società, ecc.). Il forfettario ti tassa solo sul 67% dei ricavi, con aliquota 15% (o 5% start-up), e ti esonera dall’IVA e da molti adempimenti. Per chi ha costi molto bassi, è ideale. Ad esempio, su 30.000 € incassati paghi circa 3.000 € di imposta (5% su 20.100 € imponibili). In regime ordinario, invece, saresti tassato con IRPEF progressiva 23-43%, deducendo però i costi effettivi. Può convenire l’ordinario solo se hai tantissimi costi deducibili (es. produci contenuti con un team a pagamento, affitti location, ecc. e i costi erodono il 70-80% dei ricavi). Anche in quel caso, però, spesso il forfettario rimane competitivo fino a un certo livello di ricavi. Occhio però: regime forfettario non ti esime dalla tassa etica 25% se fai porno. Quella la paghi comunque a parte. Quindi un creator pornografico in forfettario pagherà 15% sul 67% + 25% sul 100% (in pratica un 40% circa sul reddito forfettario).
D: Devo applicare l’IVA ai miei abbonati OnlyFans?
R: No, tu direttamente no, perché le transazioni con gli abbonati sono gestite da OnlyFans. OnlyFans fa pagare gli utenti (applicando l’IVA dovuta al paese dell’utente) e poi ti versa la tua quota. Tu come creator, se hai P.IVA, emetti fattura a OnlyFans (soggetto estero) senza IVA per via dell’operazione con l’estero. Quindi tu non aggiungi IVA sui prezzi per i fan. OnlyFans di fatto “si occupa” dell’IVA sugli abbonamenti (grazie alle norme UE su piattaforme elettroniche). Tieni presente però che se vendi servizi o contenuti fuori da OnlyFans direttamente a clienti italiani, allora dovresti applicare l’IVA su quelle vendite (a meno che tu sia in regime forfettario, dove sei esonerato dall’addebitarla). Ma limitatamente a OnlyFans, il creator italiano non applica IVA nelle sue fatture a OnlyFans (operazione fuori campo IVA ex art.7-ter). Dovrai però rispettare le comunicazioni: fino al 2021, l’esterometro trimestrale; dal 2022, l’emissione di fattura elettronica (TD01 o TD18) per comunicare l’operazione con l’estero. In pratica: niente IVA da riscuotere dai fan, ma comunque qualche adempimento formale verso il Fisco per dichiarare i ricavi percepiti.
D: I compensi di OnlyFans sono considerati redditi esteri? Devo fare il Quadro RW (monitoraggio)?
R: I compensi che percepisci da OnlyFans, se incassati su un conto italiano, di fatto li dichiari come redditi prodotti in Italia (perché l’attività la svolgi in Italia). Non devi fare il Quadro RW per quelli, perché il RW serve per attività finanziarie detenute all’estero o investimenti esteri. Se i soldi di OnlyFans li fai accreditare su un conto estero intestato a te, allora dovresti dichiarare quel conto nel quadro RW (essendo una disponibilità estera) e indicare i flussi come trasferimenti. Ma se come la maggior parte finiscono su un conto italiano o PayPal riconducibile a IBAN italiano, niente monitoraggio. Anche se la fonte è una società estera, il reddito è “worldwide” tassato in Italia, senza bisogno di complicazioni da convenzioni (il Regno Unito ha convenzione con Italia, ma essendo tu residente tassano comunque qui e non c’è doppia imposizione perché OnlyFans non ti tassa alla fonte). Quindi in pratica dichiari tutto nel quadro RL/RE del reddito, nessun credito estero né RW a meno di depositi all’estero.
D: Devo pagare i contributi INPS sui redditi di OnlyFans? Anche se è solo online?
R: Sì, se l’attività è abituale devi iscriverti alla Gestione Separata INPS come libero professionista e versare i contributi (circa 26% del reddito netto). Anche se lavori “solo online”, è pur sempre lavoro autonomo. Solo se l’attività fosse del tutto occasionale (e sotto 5.000 € anno) potresti evitare l’iscrizione. Ma se superi i 5.000 €, dovresti comunque versare contributi sulla parte eccedente anche come occasionale. In generale, una volta aperta P.IVA, l’INPS è obbligatoria. I contributi GS li paghi con F24 alle scadenze delle imposte (saldo e acconti) e li puoi dedurre dal reddito l’anno seguente. Se hai anche un altro lavoro da dipendente, potresti essere esente (perché già coperto da altra previdenza; in tal caso l’aliquota scende al 24% e quei contributi andranno a gestione separata senza quota pensionistica). Non trascurare l’INPS: evadere i contributi comporta debiti con INPS che poi ingiunge il pagamento con interessi di mora pesanti. Ed eventualmente la pensione ne risente (anche se su redditi piccoli l’impatto pensionistico è basso, però consideralo un “pagare per copertura sanitaria e futura”). Se ti arriva un avviso del Fisco, aspettati eventualmente anche comunicazioni INPS relative; a volte però INPS dorme e conviene contattarli per sistemare volontariamente prima che accumuli sanzioni civili.
D: Cos’è questa storia della “tassa etica” al 25%? Riguarda anche me?
R: La “tassa etica” è un’addizionale sui redditi da materiale pornografico, pari al 25%. Se tu produci contenuti pornografici in senso stretto (atti sessuali espliciti, non simulati, tra adulti) e guadagni con quelli, allora sì, sei tenuto a pagarla (anche se sei in forfettario o se sei un privato, chiunque realizzi tali proventi). Se invece i tuoi contenuti sono erotici ma non espliciti, potresti rientrare fuori dalla definizione di pornografia tassabile. È una zona grigia: in dubbio, l’Agenzia tende ad applicarla. Ad esempio, è stato richiesto a famose creator di pagare centinaia di migliaia di euro di tassa etica sui loro ricavi. Quindi devi valutare onestamente il tuo caso: se effettivamente vendi video/foto di sesso esplicito, legalmente dovresti versare quel 25% in più. Va versata alle stesse scadenze IRPEF (saldo, acconti) con codici tributo appositi. Di fatto porta via un quarto del guadagno. Non c’è un minimo di esenzione: anche se guadagni 100 €, sarebbero 25 € di tassa etica. È dura da digerire, ma è la legge attuale. Se ritieni di non rientrarci (es. vendi solo foto dei piedi, o lingerie non esplicita), puoi motivare l’esclusione. In caso di contestazione, potrai far valere che il contenuto non integrava la definizione di pornografico (magari fornendo esempi o descrizioni come prove). Attenzione che la tassa etica si applica anche alle società: se avevi creato una ditta o società per incassare i proventi, cambia poco, c’è come addizionale IRES sempre 25%. Dunque non si scappa cambiando forma. L’unica è cambiare settore (contenuti non adult) oppure ridurre il peso ricorrendo a paesi esteri (ma se resti residente in Italia, no).
D: Ho ricevuto un avviso di accertamento per 3 anni di redditi OnlyFans non dichiarati. Cosa devo fare subito?
R: Come prima cosa, segnati la data di notifica e calcola i 60 giorni entro cui reagire. Poi, come suggerito, analizza l’atto in dettaglio o portalo subito a un commercialista/avvocato tributarista. Niente panico: 60 giorni sono un po’ di tempo per organizzare la difesa. Verifica se puoi usare l’accertamento con adesione (di solito sì, a meno che sia un atto “parziale” immediato) – in tal caso conviene presentare l’istanza di adesione magari verso il 30°-40° giorno, per avere tempo di prepararti e insieme sospendere i termini. Nel frattempo, inizia a raccogliere i documenti di cui parlavamo: estratti conto, eventuali spese, e calcola tu quale pensi sia il reddito reale su cui avresti dovuto pagare. Poi fatti fare (o fai) due conti: quanto avresti pagato se in regola e quanto ti chiedono ora. Questo ti aiuta a capire se l’ufficio ti sta caricando molte sanzioni o importi in più. In parallelo, valuta la capacità finanziaria: hai risparmi per coprire qualcosa? Puoi far fronte a un accordo magari di pagare 20-30k? Oppure le cifre sono troppo alte e dovrai rateizzare a lungo? Queste considerazioni sono pratiche ma fondamentali per decidere la strategia. Infine, non ignorare l’atto – se lasci passare 60 giorni senza fare nulla, diventa definitivo e poi arriverà la cartella. Quindi muoviti entro i termini: o adesione o ricorso. E paga un consulto a un esperto se la questione è rilevante, perché da solo potresti perdere opportunità difensive.
D: Posso evitare di pagare dichiarando fallimento o facendo sparire i soldi?
R: Tentare di far “sparire” i soldi per non pagare il Fisco è estremamente pericoloso. Se sposti attivi o li occulti quando c’è un debito col Fisco in essere, rischi il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11 D.Lgs.74/2000) se il debito supera 50.000 €: basta vendere beni simulatamente o creare ad arte situazioni per non pagare, e ti possono perseguire (pena fino a 4 anni). Quindi no, non conviene fare i furbi su questo. Dichiarare fallimento personale: tecnicamente una persona fisica non “fallisce” se non è imprenditore, ma esiste la procedura di sovraindebitamento dove puoi proporre di pagare una parte e far esdebitare il resto. Tuttavia, i giudici approvano solo se offri tutto il possibile: se si scopre che hai nascosto del patrimonio, salta. Ed è una procedura lunga e non garantita. Meglio trattare col Fisco onestamente. L’Agenzia delle Entrate Riscossione spesso è disponibile a lunghe rateizzazioni (anche 10 anni) se uno è in difficoltà, purché dimostri di voler pagare. Se proprio non hai nulla, dopo 10 anni il debito potrebbe prescriversi, ma in quei 10 anni potresti avere vita finanziaria difficile (fermi amministrativi, pignoramenti su conti, ecc.). Quindi cercare di “farla franca” raramente funziona senza conseguenze. Mettiti nell’ottica di risolvere il problema, non di scappare da esso (a meno di emigrare in modo genuino e aspettare che l’Italia non riesca a riscuotere all’estero – ma se resti in UE, ti trovano lo stesso).
D: Ho tenuto nascosti i miei guadagni perché pensavo fosse un’area grigia o perché non sapevo come fare. Questo vale come scusa?
R: Purtroppo l’ignoranza della legge fiscale non esonera dalle sanzioni. Capibile che molti creator fossero giovani o inesperti e non si siano resi conto degli obblighi – e in effetti la normativa per influencer e content creator è stata poco pubblicizzata. Però dal punto di vista legale, non sapere di dover pagare tasse non ti esime dal pagarle né ti toglie le penalità. In sede di giudizio, si può invocare l’obiettiva incertezza normativa per chiedere clemenza sulle sanzioni (soprattutto sulla questione particolare come la tassa etica, che pochi conoscevano). A volte i giudici riducono le sanzioni se ritengono che il contribuente potesse essere in buona fede per un dubbio normativo. Ma non è garantito. L’Agenzia difficilmente rinuncia alle sanzioni di suo, a meno che aderisci (riducendole per legge). Quindi non fare affidamento su “non lo sapevo” come difesa principale. Può servire semmai a evitare il penale: la mancanza di dolo grave può convincere i magistrati a scegliere sanzioni minori o patteggiamenti. Ma alla fine le imposte andranno pagate. D’ora in poi, comunque, sai come funziona: conviene mettersi in regola e dormire tranquilli.
D: Ci sono state sentenze o casi simili che possano aiutare il mio caso?
R: Sì, ci sono state diverse pronunce e vicende riguardanti tassazione di nuovi lavori digitali. Per esempio:
- Una sentenza del Tribunale di Roma del 2024 (n. 2615/2024) ha equiparato una particolare attività di influencer a quella di un agente di commercio dal punto di vista previdenziale. Questo inquadramento è specifico (riguardava una influencer che promuoveva brand, dunque assimilata a un procacciatore d’affari tenuto a contributi Enasarco). Non è direttamente applicabile a OnlyFans (dove vendi il tuo prodotto, non quello altrui), ma dimostra l’attenzione giurisprudenziale nel trovare il giusto inquadramento a influencer e creator.
- Sul fronte fiscale, la Corte di Giustizia UE (causa C-695/20, 2023) ha chiarito il ruolo delle piattaforme come soggetti tenuti all’IVA sui servizi elettronici. Questo indirettamente aiuta i creator italiani perché evita che l’Agenzia pretenda l’IVA da loro sugli abbonamenti (lo deve fare OnlyFans). Quindi, se ti contestassero IVA sui ricavi da fan, puoi citare quella sentenza: la piattaforma è l’intermediario-soggetto passivo IVA, il creator no.
- Ci sono state decisioni di Commissioni Tributarie che hanno annullato accertamenti per vizi di forma. Ad esempio, se un avviso era privo di motivazione adeguata, è stato annullato. Oppure la Cassazione da tempo sancisce che per applicare l’IRAP (imposta regionale) a un autonomo serve la prova di un’organizzazione: molti avvisi che chiedevano IRAP a professionisti senza dipendenti sono stati annullati. Nel tuo caso, se ti chiedessero IRAP per anni antecedenti al 2022 (quando IRAP era teoricamente dovuta se organizzati) potresti far leva su quella giurisprudenza (Cass., sez. un., n.9451/2016) per dire che lavoravi da solo, senza struttura, quindi niente IRAP. Dal 2022 IRAP ditte individuali è abolita.
- Sul fronte “tassa etica”, non risultano ancora sentenze di merito di commissioni tributarie note al pubblico, probabilmente perché è un tema relativamente nuovo nei contenziosi (ora sta emergendo con OnlyFans). Ci sono però commenti dottrinali critici verso questa addizionale, che potrebbero in futuro sfociare in eccezioni di incostituzionalità. Per ora, un giudice tributario potrebbe valutarne l’applicabilità caso per caso (magari decidendo in favore del contribuente se ritiene che quell’addizionale violi qualche principio nel caso concreto).
In definitiva, il tuo difensore potrà utilizzare precedenti e sentenze per sostenere le tesi difensive (ad esempio citare che “in passato i giudici hanno equiparato situazioni simili a… quindi chiediamo stesso trattamento”). La materia dei creator digitali è in evoluzione, quindi ogni nuovo caso fa un po’ giurisprudenza a sé. Si può dire che c’è una tendenza a far rientrare questi redditi nel sistema ordinario (niente esenzioni speciali), ma anche una certa comprensione nel correggere gli eccessi dell’Agenzia quando calca troppo la mano.
D: Quanto potrà costarmi in totale risolvere la situazione con il Fisco?
R: Dipende ovviamente da quanto hai guadagnato e da come andrà la difesa. Dando un’idea: se hai incassato, poniamo, 100.000 € netti in un paio d’anni e non hai dichiarato nulla, potresti ritrovarti a dover pagare intorno ai 50.000-70.000 € tra imposte e sanzioni (stima spannometrica: 100k reddito → ~30k IRPEF+addizionali, +25k tassa etica, + magari 20k di sanzioni ridotte in adesione = ~75k, meno qualcosa se emergono costi). Se ti va bene in adesione o conciliazione, forse chiudi per 50k, rateizzabili. Se invece hai guadagnato cifre minori, tipo 20.000 €, potresti chiudere con 10-15k. Se parliamo di mega cifre (es. 1 milione € come la famosa influencer), lì i numeri sono nell’ordine di centinaia di migliaia di euro, come abbiamo visto (1,5 mln → 360k tassa etica + evasioni IRPEF in scaglioni alti, tot oltre 700k facilmente). Ogni caso ha la sua storia: l’importante è capire che l’onere delle sanzioni/pene spesso quasi raddoppia il dovuto. In adesione uno sconto notevole è sulla sanzione (da 120% a 40% ad es.), quindi conviene per limitare il costo totale. Ovviamente andranno aggiunti i costi di assistenza professionale (onorari del difensore) – ma considera che spesso un buon professionista riesce a farti risparmiare ben più del suo compenso nel negoziare col Fisco. Dunque fa parte dell’investimento per risolvere il problema.
D: Dopo aver sistemato questo contenzioso, come posso evitare problemi in futuro?
R: Regolarizzandoti. Apri la P.IVA se non l’hai fatto, scegli il regime più adatto e fai le dichiarazioni ogni anno. Se resti in regime forfettario, ricordati di versare la tassa etica (se si applica) entro il 30 giugno e 30 novembre ogni anno. Conserva una parte dei guadagni per pagare tasse e contributi: un errore comune è spendere tutto quando arriva e poi non aver liquidità per le tasse. Fatti aiutare da un commercialista: ormai molti studi sanno gestire i creator e influencer. Ad esempio, potrai dedurre tutte le spese che sostieni per creare i contenuti (risparmiando sulle imposte). Chiarisci con lui anche questioni particolari: se inizi altre attività (sponsorizzazioni, vendere merchandising, etc.), tutte vanno considerate nel reddito. Emissione di fatture: se in forfettario ora c’è l’obbligo di fattura elettronica per tutte le operazioni (incluso quelle con estero), fatti impostare un sistema per farlo (es. tramite portali tipo Fatture e Corrispettivi). Insomma, gestisci la tua attività come un piccolo business. Così eviterai futuri accertamenti. Inoltre, tieni sempre qualcosa da parte perché potresti ricevere controlli per quelli passati (es. se hai regolarizzato dal 2022 in poi ma non 2021, potresti ancora ricevere avviso per 2021). Pianifica le finanze con prudenza. Ultimo consiglio: non vedere il Fisco come un nemico da ingannare ma come un socio scomodo a cui dare una quota – è spiacevole, ma fa parte del fare soldi in regola. Tra l’altro, se mai dovessi richiedere mutui, aprire società, ecc., essere pulito fiscalmente è un grande vantaggio (nessuna segnalazione, DURC regolare, ecc.). In sintesi: mettersi in regola conviene, e i soldi che paghi in tasse sono sempre minori di quelli che potresti pagare in sanzioni se evadi.
Simulazioni pratiche e casi esemplificativi
Per rendere più concreto tutto quanto esposto, proponiamo ora alcune simulazioni pratiche di casi tipici riguardanti creator OnlyFans e il loro rapporto col Fisco. Si tratta di esempi ipotetici (ma realistici) che illustrano scenari e possibili esiti, con calcoli di massima delle imposte e delle sanzioni. Lo scopo è aiutare a capire numericamente cosa comportano certe scelte.
Caso 1: Creator occasionale vs abituale
Alice è una studentessa universitaria che nel 2024 ha aperto un profilo OnlyFans dove ha caricato qualche foto provocante senza nudità. Ha ricavato in totale 3.000 € da una decina di utenti. Non ha aperto P.IVA pensando fosse un extra sporadico. Cosa dovrebbe fare e cosa rischia?
- Scenario A (regolarizzazione volontaria): Trattandosi di importo modesto e attività limitata, Alice può qualificare i 3.000 € come reddito occasionale. Deve comunque dichiararli nel suo 730/2025 (redditi 2024) come “redditi diversi” e pagherà IRPEF su 3.000 € (supponiamo che non abbia altri redditi, quindi sta nel primo scaglione 23% → circa 690 € di IRPEF dovuta, più un’inezia di addizionali). Non serve P.IVA. Non serve tassa etica perché i contenuti non erano pornografici. Non servono contributi INPS perché sotto 5.000 €. Quindi la vicenda si chiude con lei che paga meno di 700 € e resta in regola.
- Scenario B (inadempienza scoperta dal Fisco): Supponiamo che non dichiari nulla e che nel 2026 l’Agenzia se ne accorga (magari incrociando dati di PayPal). Le mandano un avviso per omessa dichiarazione 2024 su 3.000 €. Le contesteranno IRPEF evasa ~690 €, e applicheranno sanzione minima 120% = 828 € (120% di 690). Più interessi di ~50 €. Totale circa 690+828+50 = 1.568 €. Probabilmente non applicheranno tassa etica se capiscono che non era porno. In teoria la sanzione minima per omessa dichiarazione è 250 €, quindi verrebbe comunque 250 € se il 120% di 690 è inferiore (in realtà 120% di 690 = 828 > 250, quindi 828). Se fa acquiescenza (paga subito), sanzione ridotta a 1/3 = 276 €. Quindi potrebbe definire pagando ~690+276+50 = 1.016 €. È quasi il 34% del guadagno originario (anziché il 23%). Non ha reati penali perché l’imposta evasa (690) è sotto 50k. Immaginiamo però che le arrivi avviso per 3.000 €, probabilmente l’Agenzia potrebbe anche limitarsi a un avviso bonario chiedendole solo imposte e sanzione fissa minima per errore (non è un caso su cui sprecare troppe risorse). Morale: su cifre piccole la differenza non è enorme, ma conviene dichiarare e pagare 690 subito anziché trovarsi a pagarne 1.000 e passa dopo con scocciature.
Caso 2: Creator professionista in forfettario vs evasore scoperto
Bob è un creator di gaming e cosplaying su OnlyFans, senza contenuti porno (solo foto esclusive in cosplay e chat con fan). Nel 2023 ha guadagnato 20.000 € netti dalla piattaforma. Avrebbe tutti i requisiti per il regime forfettario. Con un commercialista, come sarebbe andata? E se invece non ha dichiarato nulla e viene accertato?
- In regola (forfettario): Bob apre P.IVA a inizio 2023, regime forfettario. Codice ATECO con coefficiente 67%. Ricavi 20.000 €, reddito imponibile = 20.000 * 67% = 13.400 €. Aliquota imposta 15% (non startup): imposta = 2.010 €. Niente IVA da versare. Contributi INPS gestione separata: 26% di 13.400 = 3.484 € (deducibili in parte l’anno dopo). Tassa etica: non applicabile perché contenuti non pornografici. Totale dovuto anno: 2.010 + 3.484 = 5.494 €. Effettivo prelievo sul lordo = ~27%. Bob a giugno 2024 pagherà ~2.010 € (imposta) + 3.484 (contributi) tra saldo e acconti. Nessuna sanzione, tranquillo.
- Non dichiarato, accertato nel 2025: Il Fisco scopre i 20k. Qualifica l’attività come abituale (era per tutto il 2023), dunque dovevi avere P.IVA. L’avviso contesta omessa dichiarazione 2023 su 20k. Poiché i contenuti non sono pornografici, non applica tassa etica. Calcolo Agenzia: ricavi 20.000 considerati reddito imponibile (magari senza costi se tu non hai elementi). IRPEF dovuta su 20k = circa 3.800 € (23% sui primi 15k = 3.450, 25% su restanti 5k = 1.250, totale 4.700, ma togliamo detrazioni base? Diciamo 3.8k come stima). Addizionali region/comun ~200 €. Totale imposte ~4.000 €. Sanzione omessa dichiarazione 120% su 4.000 = 4.800 €. Interessi poniamo 200 €. Totale = 4.000+4.800+200 = 9.000 €. In adesione può ottenere sanzione a 40% = 1.600 invece di 4.800, quindi scenderebbe a 5.800 €. Però l’Agenzia potrebbe anche concedere di ricalcolare l’imponibile forfettariamente (se lui lo richiede in adesione): imponibile 13.400, IRPEF 2.010, sanzioni su 2.010 (anziché 4k) 120% = 2.412, ridotto 1/3 = 804, + interessi. Verrebbe 2.010+804+100 = ~2.914 €. + contributi INPS non versati: l’INPS chiederà 3.484 € + sanzioni civili (magari +500). Dunque alla fine Bob pagherebbe ~2.9k al fisco + ~4k all’INPS = ~6.9k. Quindi confrontando: 5.5k se regolare vs 6.9k dopo accertamento (ammesso adesione e successo parziale). E un sacco di problemi in più. Se andasse peggio (nessun riconoscimento forfettario e sanzioni piene): 9k fisco + 4k INPS = 13k, cioè più del doppio di quanto avrebbe pagato in regola. Nessun penale comunque (4k evasi, soglia 50k non superata).
Caso 3: Creator di contenuti pornografici – impatto della tassa etica
Chiara è una creator 30enne che produce video espliciti con il partner su OnlyFans. Nel 2021 ha incassato 50.000 € netti. Non ha dichiarato nulla. Nel 2024 riceve avviso per il 2021. Proviamo a calcolare l’esito.
- L’Agenzia la considera reddito da lavoro autonomo non dichiarato di 50k. IRPEF su 50k: su 15k al 23%, su 13k al 25%, su 22k al 35%, su residuo (0, perché 50k finisce scaglione 35%) – calcoliamo: 15k23%=3.450; 13k25%=3.250; 22k35%=7.700. Tot IRPEF ~14.400 €. Addizionali, stima 2% = 1.000 €. Quindi imposte dirette ~15.400 €. Tassa etica 25% di 50k = 12.500 €. Totale imposte + addizionali + etica = 27.900 €. Sanzione omessa dichiarazione: 120% su IRPEF+addizionali (tralasciando su tassa etica che sarebbe altro 30% omesso versamento) = 120% di 15.400 = 18.480 €. Sanzione su tassa etica 30% di 12.500 = 3.750 € (o se includono come parte di infedele, può essere 120% anche su quella: 15k, ma credo la trattino separata). Interessi ~1.200 €. Quindi somma potenziale: imposte 27.900 + sanzioni ~22.230 + interessi ~1.200 = 51.330 €. Più eventuale sanzione IVA se contestassero fatture (ma direi glissano se considerano extra-UE). In adesione, sanzione IRPEF ridotta a 1/3: 6.160, sanzione tassa etica ridotta forse al 1/3 del 30%? O possono ridurla al 10%? Comunque ~1.250. Totale diventerebbe: 27.900 + 7.410 + 1.200 = 36.510 €. Più contributi INPS su 50k: 26% di 50k = 13.000 € (con sanzioni e interessi, supponiamo 15k). Totale esborso ~51.500 €. Se invece fosse stata in regola (P.IVA forfettario, ad esempio): reddito 50k67%=33.5k, imposta 15% = 5.025, tassa etica 25% su 33.5k = 8.375, INPS 26% su 33.5k = 8.710. Totale = 22.110 €. Quindi l’evasione le costa ~2,3 volte di più (51k vs 22k) e in più rischia reato: l’imposta evasa era 15.400 IRPEF + 12.500 tassa etica = 27.900 > 50k, quindi omessa dichiarazione penalmente rilevante. Avrà processo penale, con pena potenziale fino a 4 anni (probabile patteggiamento con pena sospesa se risarcisce). Avrà stress, spese legali. E magari se non può pagare tutto subito, sequestro beni. Morale: in un’attività porno con 50k ricavi, la differenza tra dichiarare e non è abissale non solo in soldi ma in tranquillità. Questo caso ricalca su scala minore proprio quello di Mady Gio, che con 1,5 mln ricavi s’è trovata 360k tassa etica e oltre 1 mln contestati: il suo penale è scattato per 2022 dichiarazione infedele oltre soglia.
Caso 4: Strategia di difesa in un caso reale semplificato
Immaginiamo Davide, creator adulto, ha avviso per 2019 e 2020 con imponibili non dichiarati di 80k e 100k rispettivamente. È sposato, niente figli, proprietario di un’auto. Non ha mezzo milione sul conto; potrà al massimo racimolare 50k vendendo l’auto e chiedendo prestito. Come potrebbe procedere?
- Davide si rivolge a un tributarista. Vede che l’Agenzia gli contesta circa 180k di imponibili totali e ha calcolato 50k di IRPEF+add.li, 45k di tassa etica, sanzioni 120% di ~60k, totale atto 155k. Con interessi siamo lì sui 160k. Importo enorme per lui.
- Strategia: presentano istanza di adesione. Nella memoria, evidenziano che Davide in quei due anni ha speso almeno 30k in collaboratori (ha le ricevute di bonifici a due modelle che comparivano nei video) e in attrezzature. Chiedono dunque di abbattere l’imponibile di 30k complessivi. Propongono di definire il reddito a 150k totali. Chiedono inoltre la riduzione massima di sanzioni. L’ufficio, vista la collaborazione, accetta di eliminare 30k reddito e rifare i conti: imposte su 150k ~42k IRPEF, tassa etica 37.5k, sanzioni 1/3 di 120% = 40% su IRPEF (16.8k) e 1/3 di 30% su etica (2.5k). Totale nuovo: 42+37.5+16.8+2.5 = 98.8k, + interessi facciamo ~100k tondi. Rateizzano in 8 rate trimestrali: 12.5k a trimestre (circa 4.17k al mese) per due anni. Davide stringe la cinghia ma può, con i nuovi guadagni (dichiari ora in forfettario), farcela. Nel frattempo, niente penale perché l’imposta evasa era scesa sotto soglie (42k IRPEF + 37.5k etica = 79.5k, però occhio ancora sopra 50k, ma potrebbe provare a dire che la tassa etica non è base penale; in verità 42k IRPEF evasa > 50k no, sotto soglia, quindi no omessa, però dichiarazione infedele soglia 100k evasa no, quindi direi no penale alla fine). Quindi salva anche la fedina.
- Ecco, questa simulazione mostra che con un buon accordo l’esborso si può quasi dimezzare rispetto all’iniziale e spalmare, rendendo possibile superare la crisi. Se Davide avesse ignorato l’avviso, sarebbe partito il recupero coattivo di 160k, con rischio di ipoteche su casa, stipendi/pignoramenti ecc., e comunque penale per omessa dichiarazione (perché 50k soglia IRPEF superata ampiamente prima del negozio). Trattando, l’ha scampata più “economicamente”.
Ogni situazione reale è diversa, ma questi esempi aiutano a capire quanti fattori entrano in gioco: regime fiscale scelto, presenza di costi deducibili, entità e natura dei contenuti (tassa etica sì/no), condotta nella fase di accertamento. La difesa migliore resta la prevenzione: essere in regola. Ma se ormai l’avviso c’è, bisogna usare tutte le leve possibili per ridurre danni – che è fattibile, come visto.
Tabelle riepilogative finali
Per concludere questa guida, presentiamo alcune ultime tabelle di riepilogo che condensano i punti salienti in forma schematica, utile per una consultazione rapida.
Tabella 4: Obblighi fiscali & contributivi per creator OnlyFans (sintesi)
Profilo | Occasionale (no P.IVA) | Professionale (P.IVA regime forfettario) | Professionale (P.IVA regime ordinario) |
---|---|---|---|
Dichiarazione redditi | Sì, Modello Redditi/730 se > €0 (Quadro RL “redditi diversi”). | Sì, Modello Redditi PF (Quadro LM per forfettario + RB, RL altri redditi). | Sì, Modello Redditi PF (Quadro RE o RG a seconda se professionista o impresa). |
Imposizione diretta | IRPEF ordinaria 23-43% sugli importi (no deduzioni costi tranne eventualmente 5% forfettario se prestaz. occasionali art.67 c.1 lett.l). | Imposta sostitutiva 15% (o 5%) sul 67% dei ricavi. Nessuna deduzione analitica costi (solo contributi INPS versati). | IRPEF progressiva 23-43% sul reddito = ricavi – costi deducibili. Deduzioni e detrazioni IRPEF personali applicabili. |
IVA | Non applicabile (soggetto privo di P.IVA non emette fattura). Se attività occasionale, l’IVA non è dovuta purché non si configuri commercio abituale. | Esonerato da IVA (no addebito ai clienti, no detrazione). Però per vendite verso estero, obbligo fattura elettronica (TD17/18) per comunicare operazione. | Soggetto ad IVA. Nel caso OnlyFans: fatture a OnlyFans non imponibili ex art.7-ter (reverse charge UK). Se vendite dirette a privati italiani -> IVA 22%. Obbligo liquidazioni e dich. IVA annuale. |
INPS | Se sotto €5.000 anno: nessun obbligo (no contributi, né iscrizione). Se > €5.000: tecnicamente gestione separata per eccedenza (26% su parte eccedente). Spesso ignorato, ma normativamente previsto. | Gestione Separata INPS, aliquota ~26% su reddito forfettario. Versamento con F24 a giugno e nov (saldo/acconti). Contributi deducibili dal reddito (anno seguente nel forfettario unico costo deducibile). | Gestione Separata INPS, aliquota ~26% su reddito professionale netto (se senza altra copertura). Versamento con F24 (giugno/nov). Contributi dedotti dal reddito nell’anno di competenza. |
Tassa etica 25% | Sì, se materiale pornografico > addizionale su reddito anche se occasionale. Da versare su F24 entro 30/6 saldo anno precedente. | Sì, se contenuti pornografici, 25% su reddito imponibile forfettario. Versamento saldo/acconti (codici tributo dedicati). | Sì, se contenuti pornografici, 25% su reddito netto dichiarato. Stesse scadenze e modalità. |
Tabella 5: Difesa dall’accertamento – opzioni e effetti
Strumento | Termine per attivarlo | Benefici | Considerazioni |
---|---|---|---|
Istanza accertamento con adesione | Entro 60 gg dalla notifica avviso (meglio non ultimo giorno per aver tempo) | – Sospende termini ricorso 90 gg. – Apre dialogo con ufficio, possibile rideterminare imponibile. – Sanzioni ridotte a 1/3 del minimo in caso di accordo. – Rateizzazione 8 rate trimestrali (16 rate se importo > €50k). | Se non si trova accordo, si può comunque fare ricorso dopo (i 60 gg ripartono). Richiede atteggiamento collaborativo. Pagare la prima rata entro 20 gg dalla firma è obbligatorio (pena decadenza adesione). |
Ricorso tributario (Corte Giust. Trib. 1° grado) | Entro 60 gg notifica (o 150 gg se adesione presentata e 90 gg trascorsi) | – Possibilità di far valere vizi e ragioni davanti a giudice terzo. – Possibile sospensione giudiziale esecuzione (se si dimostra danno grave e fumus). – Conciliazione possibile con sanzioni ridotte 40% in 1° grado. | Processo può durare anni. Costi di lite (contributo unificato, parcella legale). Bisogna versare 1/3 imposte dopo ricorso (a garanzia) salvo sospensione. Esito incerto; appello possibile. |
Acquiescenza (pagamento senza ricorso) | Entro 60 gg dalla notifica avviso (pagando intero importo dovuto) | – Riduzione sanzioni a 1/3 (se avviso emesso in adesione) o 1/3 delle irrog. (per avvisi post 2016 si applica rid. a 1/3 sanzioni se paghi e non ricorri). | Occorre liquidità immediata per pagare tutto entro 60 gg. Per importi elevati raramente fattibile. Si rinuncia a ogni contestazione (atto definitivo). |
Definizione agevolata liti pendenti | Variabile, se prevista da legge speciale (es. scadenza 30/6/2023 per liti al 1/1/23) | – Pagamento imposte senza sanzioni/interessi (o percentuale di esse) a seconda grado giudizio. – Chiude la controversia definitivamente. | Disponibile solo se legislatore l’ha attivata e se rientri nelle date/condizioni. Se importi alti, servono fondi comunque. |
Rottamazione cartelle (se accertamento è divenuto cartella) | Finestra definita da legge (es. Domanda entro 30/6/23 per cartelle fino 2017) | – Stralcio sanzioni e interessi di mora, paghi solo imposta + interessi legali. – Rateizzabile in 18 rate 5 anni. | Solo per carichi già affidati ad agente riscossione. Se avviso non pagato diventa cartella di solito dopo 60 gg + 30. Necessario che il carico rientri tra quelli definibili (dipende dall’anno e norme). |
Tabella 6: Sanzioni tributarie rilevanti (D.Lgs. 471/97)
Violazione | Sanzione ordinaria | Riduzioni possibili |
---|---|---|
Omessa dichiarazione redditi | 120% – 240% imposta evasa (min €250) | – Adesione/Conciliazione: 1/3 del minimo (ossia 40% imposta). – Acquiescenza: 1/3 sanzione irrogata. – Ravvedimento: se spontaneo entro un anno, 1/8 minima (15% imposta); oltre anno ma prima avviso, 1/7 (circa 17.14%). |
Dichiarazione infedele | 90% – 180% imposta evasa | – Adesione/Conciliazione: 1/3 min (30%). – Ravvedimento: 1/6 (15%) entro avviso. |
Omessa fatturazione operazione imponibile | 100% dell’IVA relativa (min €500) | – Adesione: 1/3 min (33% IVA). – Se operazione comunque tracciata e imposta assolta dal cessionario, riducibile o cumulabile con sanzione omessa dichiarazione. |
Omessa fatturazione operazione non imponibile | 5% – 10% dell’importo (min €500) | – Adesione: 1/3 min (≈1.67%). |
Omesso versamento tributo (IRPEF, addiz, IVA) | 30% importo non versato | – Ravvedimento: 1/10 (3%) entro 30gg; 1/8 (3.75%) entro 1 anno; 1/5 (6%) oltre anno prima contestazione. – Definizioni e conciliazioni non riducono questo, perché di solito non c’è processo su omesso versamento puro (si paga e basta). |
Tassa etica non versata | 30% importo (come addizionale IRPEF non versata) | – Non specifiche riduzioni extra. – Possibile adesione su dichiarazione omessa che la include -> 1/3 (quindi 10% effettivo). |
(Nota: le riduzioni su adesione/conciliazione si riferiscono al minimo edittale. In caso di omessa dichiarazione il minimo è 120% quindi 1/3 = 40%. In caso infedele min 90% -> 30%, etc.)
Conclusione: La vicenda dei creator OnlyFans e del Fisco italiano rappresenta un caso emblematico di come l’ordinamento tributario si applichi – a volte in modo severo e con normative datate (come la “porno-tax” nata per altri contesti) – anche alle nuove professioni digitali. Per chi si trova a fronteggiare un avviso di accertamento, è fondamentale comprendere i propri diritti e doveri e utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione per ridurre il carico fiscale e sanzionatorio entro limiti equi. Come abbiamo visto, difendersi è possibile: occorre un mix di conoscenza tecnica, negoziazione e – non ultima – collaborazione dove opportuno, mostrando all’Amministrazione la volontà di rientrare nella legalità fiscale. Questa guida, aggiornata a luglio 2025, ha cercato di fornire un quadro completo e avanzato della materia. Data l’evoluzione costante (normativa e giurisprudenziale), chiunque affronti un caso concreto farebbe bene a consultare professionisti qualificati e le fonti ufficiali più recenti, per adattare le strategie al contesto aggiornato.
L’auspicio è che, con una maggiore informazione e magari interventi normativi modernizzanti, in futuro meno creator digitali si trovino spiazzati di fronte al Fisco, e che si possa conciliare la libertà di intraprendere online con un corretto adempimento degli obblighi, senza incorrere in situazioni debitorie insostenibili. In ogni caso, se siete – come si suol dire – “nella stessa barca”, ricordate che non siete soli: la casistica cresce e con essa l’esperienza difensiva, e spesso con buon senso e buona fede si possono risolvere anche i problemi più complessi con il Fisco. Informatevi, fatevi assistere e non arrendetevi: c’è sempre modo di difendersi, e (quasi) sempre una via d’uscita negoziata.
Fonti (Bibliografia e riferimenti normativi)
- Agenzia delle Entrate – Scadenzario Fiscale: “Soggetti IRPEF: versamento della c.d. Tassa Etica” – portale AgenziaEntrate.gov.it, scadenza 30 giugno 2025.
- Agenzia delle Entrate – Circolare n. 27/E del 30/01/2024 (INPS) – aliquote contributive Gestione Separata 2024/25 – INPS.it.
- Censi S. & A. Magliaro – “Da OnlyFans a Meta: le problematiche IVA delle piattaforme social”, in rivista il fisco n.12/2023, pag. 1121 e segg. – (analisi del caso OnlyFans vs HMRC, Corte di Giustizia UE C-695/20).
- Corte di Giustizia UE, Grande Sezione – sentenza 28/02/2023, causa C-695/20 (Fenix Intl vs HMRC) – Presunzione art.9-bis Reg.282/2011 (OnlyFans soggetto passivo IVA sull’intero importo).
- Tribunale di Roma, sez. lavoro – sentenza n. 2615/2024 – caso Influencer come agente di commercio, inquadramento previdenziale e contributi Enasarco dovuti – commento su Rivista Diritto Tributario.
- D.Lgs. 74/2000 (reati tributari) – artt.4,5,10-ter,11 etc. (soglie penali per dichiarazione infedele/omessa) – v. caso pratico Mady Gio con denuncia per dichiarazione infedele.
- D.Lgs. 471/1997 (sanzioni tributarie) – art.1 (dichiarazione infedele/omessa), art.6 (omessa fatturazione), art.13 (omesso versamento).
- DL 185/2008 conv. L.2/2009, art.31 c.3 – Addizionale 25% materiale pornografico (c.d. tassa etica).
- Statuto del Contribuente (L.212/2000) – art.12 c.7 (60 gg per osservazioni dopo PVC) – rilevante per eventuale vizio se non rispettato.
- Sentenza Cass. SS.UU. n. 18184/2021 – (nuova definizione natura sanzioni tributarie, ma nello specifico qua meno rilevante) – e principi su IRAP (Cass. 9451/2016) escludendo IRAP professionisti senza struttura (utilizzabile se contestassero IRAP).
- Circolare AE 14/E/2019 – su economia digitale, possibili riferimenti (non sicuro citabile, genericamente forse su fiscalità influencer).
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