Pignoramento Esattoriale Presso Terzi: Cosa Fare

Hai ricevuto una comunicazione di pignoramento esattoriale presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e non sai come reagire? Il Fisco ha bloccato il tuo conto corrente, lo stipendio o somme a te dovute da clienti o committenti?

Il pignoramento presso terzi è una delle armi più forti in mano alla riscossione fiscale, ma non sempre è legittimo. Se agisci con tempestività puoi bloccarlo, ridurlo o perfino annullarlo, proteggendo le tue entrate e il tuo patrimonio.

Cos’è il pignoramento esattoriale presso terzi?
È l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ordina direttamente a una banca, al datore di lavoro o a un tuo debitore di versare a lei le somme dovute a te, a copertura dei debiti fiscali iscritti a ruolo. Non serve l’autorizzazione del giudice e può avvenire anche senza preavviso.

Quali somme possono essere pignorate presso terzi?
Conti correnti e depositi bancari, anche se cointestati
Stipendi e pensioni, nei limiti previsti dalla legge
Compensi professionali o fatture emesse
Canoni di locazione o crediti verso clienti
– Qualsiasi somma liquida ed esigibile che un terzo deve versarti

Quando il pignoramento esattoriale è illegittimo?
– Se non hai ricevuto correttamente la cartella esattoriale o gli atti precedenti
– Se le somme sono impignorabili (es. minimi vitali su pensioni, crediti non esigibili)
– Se il debito è prescritto
– Se l’importo pignorato è superiore ai limiti di legge
– Se non ti è stata data possibilità di rateizzare o contestare il debito

Come puoi difenderti da un pignoramento presso terzi?
Verifica tutta la documentazione ricevuta: cartelle, intimazioni, preavvisi. Controlla se i debiti sono ancora esigibili o già prescritti. Verifica se le somme pignorate rientrano tra quelle impignorabili (stipendio minimo, assegni familiari, indennità assistenziali). Se ci sono irregolarità, puoi proporre opposizione all’esecuzione o richiedere la sospensione del pignoramento. In alternativa, puoi rateizzare il debito fiscale e chiedere la revoca dell’atto. Se sei in grave crisi economica, puoi valutare l’accesso a una procedura di sovraindebitamento per bloccare ogni forma di esecuzione.

Cosa puoi ottenere con la strategia giusta?
– La sospensione immediata del pignoramento, se irregolare o sproporzionato
– La riduzione della somma da versare e il recupero parziale delle somme già trattenute
– La rateizzazione del debito fiscale, anche fino a 10 anni
– L’annullamento delle cartelle se prescritte, viziate o mai notificate
– La tutela del tuo stipendio, della tua pensione e dei tuoi crediti essenziali

Il pignoramento presso terzi può mettere in ginocchio la tua attività o la tua famiglia, ma non sei senza difese. Le azioni della riscossione devono rispettare limiti precisi, e spesso non lo fanno.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario ed esecuzioni esattoriali ti spiega come funziona il pignoramento fiscale presso terzi, quando è illegittimo e cosa fare per bloccarlo o rimediare.

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Introduzione

Il pignoramento esattoriale presso terzi è l’esecuzione forzata dei debiti tributari (e di debiti assimilati) attraverso il sequestro coattivo di somme di denaro o crediti che il debitore vanti verso terzi, ad esempio conti correnti o stipendi da parte del datore di lavoro. Si tratta di una specie speciale di pignoramento disciplinata dalle norme fiscali (D.P.R. 602/1973) che derogano in parte alle regole ordinarie del codice di procedura civile. L’atto di pignoramento viene emesso dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER) e notificato contemporaneamente al debitore e al terzo (banca o datore di lavoro), senza necessità di un’udienza preliminare, come previsto dall’art. 72-bis D.P.R. 602/1973. Il terzo pignorato è obbligato per legge a non disporre delle somme e a versare direttamente il credito all’Agente della Riscossione fino a copertura del debito.

Il pignoramento presso terzi esattoriale si applica unicamente per crediti di natura pubblica (imposte, contributi, multe, ecc.) affidati all’agente della riscossione. I creditori privati (banche, fornitori, ecc.) non possono usare questa procedura speciale, ma devono ricorrere al pignoramento ordinario ex art. 543 c.p.c. In particolare, l’atto iniziale dell’espropriazione esattoriale è un provvedimento amministrativo complesso (il cd. “ordine di pagamento diretto”) che sostituisce la citazione giudiziale prevista dall’art. 543 c.p.c.. In base alla giurisprudenza, l’ordine di pagamento previsto dall’art. 72-bis D.P.R. 602/1973 è un atto di pignoramento che blocca subito le somme nel conto e trasferisce i crediti al creditore erariale senza passare dal giudice, accelerando notevolmente la procedura esecutiva.

Le norme di riferimento principali sono il codice di procedura civile (in particolare artt. 543-549 c.p.c. per il pignoramento presso terzi e artt. 545 e ss. c.p.c. sui limiti di pignorabilità) e il D.P.R. 602/1973 (Titolo II – riscossione coattiva). Tra le leggi di riforma recenti meritano menzione la legge di conversione del D.L. 193/2016 (che ha creato AdER in sostituzione di Equitalia) e la legge di bilancio 2025 (L. 207/2024), che hanno introdotto novità nell’accertamento esecutivo e nella fase iniziale del pignoramento. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito aspetti essenziali: ad esempio, la mancata notifica dell’atto al debitore rende inesistente l’esecuzione, oppure che in un conto cointestato il pignoramento colpisce in concreto solo la quota del titolare debitore (di solito il 50%).

Procedura del pignoramento esattoriale

  1. Formazione del titolo esecutivo. La procedura inizia con la formazione di un titolo esecutivo da parte dell’ente impositore. Di norma si tratta della cartella di pagamento, notificata al contribuente con intimazione a pagare entro 60 giorni. Se la cartella non viene pagata né impugnata nei termini, diventa titolo esecutivo valido. Dal 2020 per molti tributi (come IRPEF, IVA, IMU) l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, non contestato entro 60 giorni, ha di per sé valore esecutivo, rendendo superflua la cartella. Dal 2025 la L. 207/2024 ha esteso questa modalità anche a molti tributi locali e ha previsto semplificazioni per i Comuni, con un “pignoramento sprint” anche senza passare da cartella. Senza un titolo esecutivo valido (cartella o avviso accertativo divenuto esecutivo), qualsiasi atto pignorativo successivo sarebbe nullo.
  2. Decorso dei termini. Dopo la notifica della cartella (o dell’avviso di accertamento), deve trascorrere il termine di legge per il pagamento (di norma 60 giorni). L’agente della riscossione non può pignorare prima della scadenza di questo termine. Per debiti modesti (fino a circa 1.000 €) esiste una prassi interna di attesa di 120 giorni e invio di solleciti, prima di procedere con misure cautelative (c.d. “tregua fiscale”). Se il debitore non adempie, l’AdER può attivare la fase esecutiva.
  3. Ordine di pignoramento. Trascorsi i termini, AdER emette l’atto di pignoramento presso terzi, che funge anche da ordine di pagamento diretto al terzo pignorato. A differenza del pignoramento giudiziale, non viene emanato un precetto né si svolge un’udienza ante fissatam: l’atto è stipulato e sottoscritto dall’agente della riscossione (anche tramite stampati non sottoscritti da ufficiali giudiziari, ex art. 72-bis co.1‑bis DPR 602/73). L’atto viene notificato contemporaneamente al debitore e al terzo (ad es. la banca) e deve indicare l’importo del debito, i crediti tributari pretesi, e l’ordine al terzo di non disporre delle somme e di versarle direttamente ad AdER fino a concorrenza del credito.
  4. Effetti e obblighi del terzo pignorato. All’arrivo dell’ordine, il terzo (banca, Poste o datore di lavoro) è tenuto per legge a bloccare l’intero importo indicato nel conto e impedirne l’utilizzo da parte del correntista. Se non ottempera (ad es. non blocca o versa le somme), può essere considerato responsabile ai sensi dell’art. 72 co.2 DPR 602/1973 e dell’art. 546 c.p.c.: l’ente riscossore potrà sanzionare la banca e richiedere l’adempimento coattivo, fino a renderla direttamente responsabile del pagamento. In pratica, però, di solito la banca congela l’intera giacenza, anche in eccesso rispetto alla quota imputabile al debitore (questo per cautela, come confermano la Cassazione e le prassi bancarie).
  5. Dichiarazione del terzo e assegnazione delle somme. Il terzo pignorato deve comunicare all’agente di riscossione le somme che risultano dovute al debitore. Non essendoci udienza, l’assegnazione delle somme all’Agenzia avviene in via amministrativa, di norma alla scadenza di eventuali termini fissati nell’ordine (ad es. 60 giorni) o trascorsi i periodi di reddito futuro. In molti casi (stipendi, pensioni) il terzo invia un’autodichiarazione delle somme e Attende istruzioni. Concluse le fasi istruttorie (o decorsi i termini), l’AdER chiede al giudice dell’esecuzione un’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, che viene poi “trasferito” definitivamente all’erario senza un’ulteriore vendita all’asta. Se il debitore paga spontaneamente prima di quel momento, la procedura si estingue naturalmente.

Diritti e limiti del debitore

Il debitore conserva alcune garanzie previste sia dalla legge speciale sia dal codice di procedura civile. In particolare rimangono valide le esenzioni e le quote di protezione sui redditi di lavoro e pensione, come stabilito dall’art. 545 c.p.c. e dalle norme fiscali richiamate (ad es. art. 72-ter DPR 602/73). In breve:

  • Limite “minimo vitale” e quote di stipendio/pensione. L’art. 545 c.p.c. dispone che dai crediti di lavoro (stipendio, pensione, pensione di reversibilità) può essere pignorata al massimo una certa percentuale, lasciando al debitore una parte minima. In generale, per i tributi (e in effetti per qualsiasi credito) vale la regola del 1/5: lo stipendio o la pensione possono essere sequestrati fino al 20% del netto mensile (salvo eccezioni speciali). Inoltre, è vietato pignorare il “minimo vitale” corrispondente all’ultimo stipendio o pensione accreditati: l’ultima mensilità rimane integralmente a disposizione del debitore.
  • Ulteriori limiti per conto corrente. Il D.Lgs. 83/2015 ha introdotto, nell’art. 545 c.p.c. comma 7 e 8 (coordinato con il DPR 602/73 art. 72-ter), la regola secondo cui le somme di stipendio/pensione già accreditate sul conto prima del pignoramento possono essere sequestrate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa €1.600, variabile annualmente). Ciò significa che, se al momento dell’atto pignorativo il conto conteneva l’ultima retribuzione o pensione, il debitore ha diritto a conservare la parte fino a quell’importo; invece, se i versamenti di stipendio/pensione arrivano sul conto il giorno stesso o dopo la notifica, si applicano le quote ordinarie (1/5 del netto). In pratica, su ogni accredito futuro l’Agente della riscossione (o successivamente il giudice) potrà trattenere solo la percentuale prevista (1/5, 1/7 o 1/10 a seconda dell’importo), lasciando il resto al debitore.
  • Somme diverse e immobilizzazioni. Altri depositi (ad es. rendite da affitti, compensi da lavoro autonomo, risparmi) non hanno quote speciali: in assenza di disposizioni limitative aggiuntive, essi possono essere pignorati integralmente fino a soddisfare il debito. Tuttavia anche qui restano in vigore eventuali esenzioni legali (es. assegno di mantenimento per figli, sussidi assistenziali ecc.). Se il conto risulta in rosso al momento del pignoramento (saldo ≤ €0), non vi è nulla da sequestrare: in base alla giurisprudenza la banca non ha obbligo di versare nulla perché non sussiste debito a suo carico. Eventuali versamenti successivi potrebbero però essere vincolati in sede di continuazione dell’esecuzione.
  • Conto cointestato. Se il conto pignorato è cointestato tra il debitore e altri soggetti (ad es. coniuge o socio), l’AdER può notificare l’atto anche senza coinvolgere tutti gli intestatari. In tal caso si applica la presunzione del codice civile (art. 1854 c.c.) che attribuisce a ciascun titolare quote uguali (di norma 50% ciascuno). La banca, come detto, blocca di regola l’intero importo, ma in concreto il vincolo colpisce solo la quota riferibile al debitore. La Cassazione ha chiarito che il creditore può sequestrare l’intero saldo, ma “il pignoramento avrà effetto solo limitatamente alla quota parte spettante al debitore, pari al 50%” salvo prova contraria. Perciò, in sede esecutiva (o con un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.) il cointestatario non debitore può far valere i suoi diritti e ottenere lo sblocco della propria metà. Ad esempio, se Mario e Luigi hanno un conto comune con €8.000 e Mario ha debiti fiscali, la banca congela €8.000; ma, in sede giurisdizionale, Luigi potrà chiedere di liberare la sua quota (4.000 €) e di limitare il pignoramento alla parte spettante a Mario.

Le opposizioni possibili

Il debitore dispone di strumenti difensivi giurisdizionali per contestare il pignoramento. In linea generale gli strumenti sono le opposizioni di esecuzione previste nel codice civile:

  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.). È l’azione da proporre quando si contesta il diritto stesso del creditore di iniziare l’esecuzione coattiva (ad es. pignoramento notificato dopo decorso ingiusto dei termini di legge). Viene utilizzata spesso in combinato disposto con l’opposizione agli atti esecutivi.
  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.). Si utilizza per far valere vizi formali e procedurali dell’atto di pignoramento o degli atti presupposti. Ad esempio il debitore può contestare: la mancata o irregolare notifica della cartella o dell’intimazione (presupposti necessari per esecuzione), la genericità o il difetto di motivazione del pignoramento, l’indicazione errata dell’importo o del titolo, nonché la violazione dei limiti di pignorabilità (superamento delle quote di stipendio/pensione). Tale opposizione va proposta al Tribunale ordinario (giudice dell’esecuzione) entro 20 giorni dalla notifica dell’atto viziato (c’è chi ritiene che, in caso di vizi di notifica, il termine decorra dalla conoscenza effettiva dell’atto). Se l’opposizione viene accolta, il giudice dichiara nullo l’atto viziato e ferma l’esecuzione. È un rimedio utilizzato, ad esempio, quando il pignoramento è generico e privo di dettagli (Cass. 26519/2017) o quando risulta privo di notifica della cartella (Cass. 32804/2023).
  • Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.). La propone il terzo estraneo all’esecuzione che subisce l’atto. Nel caso tipico del conto cointestato, il cointestatario non debitore può usare l’opposizione di terzo per rivendicare la sua quota. Questa va proposta entro 20 giorni dal momento in cui il terzo ha avuto conoscenza dell’atto (ad es. dalla comunicazione della banca) e mira a far escludere dal pignoramento la parte di denaro non dovuta dal debitore fiscale.

Il giudice dell’esecuzione (Tribunale ordinario) è competente per le opposizioni sui pignoramenti esattoriali. È consigliabile, al momento di proporre l’opposizione, chiedere anche la sospensione cautelare dell’assegnazione: così la banca manterrà bloccate le somme fino alla decisione, evitando che vengano versate all’erario prematuramente. Se il debitore ottiene l’annullamento del pignoramento (per vizi od eccesso), la banca è obbligata a rilasciare al debitore le somme trattenute.

Domande frequenti (Q&A)

  • D: Sono stato escluso dalla notifica del pignoramento. L’atto è efficace?
    R: No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata notifica dell’atto di pignoramento al debitore esecutato determina l’inesistenza dell’intero procedimento esecutivo. In altre parole, senza la notifica personale al debitore il pignoramento non può ritenersi avviato. Il debitore può segnalare questo vizio con un’opposizione ex art. 617 c.p.c., che costituirà un “fatto sopravvenuto” che estingue l’azione esecutiva.
  • D: Quali sono i beni o le somme impignorabili nel mio caso?
    R: Le limitazioni ordinarie valgono anche in sede esattoriale. In particolare, lo stipendio, il salario e la pensione del debitore possono essere pignorati solo per la parte eccedente i minimi stabiliti: a) l’ultimo stipendio/pensione accreditati non possono essere toccati; b) per le retribuzioni/pensioni già presenti sul conto prima del pignoramento, è impignorabile fino al triplo dell’assegno sociale (circa €1.600); c) per gli accrediti successivi (stipendi futuri), si applica la quota ordinaria dell’art. 545 c.p.c. (tipicamente il 1/5 del netto). Le somme diverse (affitti, compensi, risparmi) non hanno quote speciali e possono essere sequestrate integralmente, salvo ulteriori tutele particolari. Se il conto era in rosso al momento del pignoramento, non esistono somme da vincolare (Cass. 6393/2015).
  • D: Il pignoramento è diventato inefficace se il giudice non l’ha convalidato?
    R: Diversamente dall’esecuzione immobiliare, nel pignoramento presso terzi dell’ente pubblico non è richiesta alcuna convalida giudiziale preventiva: l’ordinanza del giudice (di assegnazione) scaturisce solo successivamente. Tuttavia, l’AdER deve presentare l’atto al tribunale entro determinati termini (art. 50 DPR 602/1973 prevede un anno dalla notifica della cartella). La mancata iscrizione a ruolo entro tale termine rende inefficace l’esecuzione, come affermato dalla Cassazione. In ogni caso, l’assenza di convalida preventiva non preclude al debitore di opporsi successivamente su vizi formali o sostanziali attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione.
  • D: Come faccio a calcolare la quota sequestrabile del mio stipendio?
    R: Innanzitutto individua la tua retribuzione netta mensile. Se l’ultimo stipendio era già accreditato sul conto al momento del pignoramento, calcola il triplo dell’assegno sociale vigente (2024: €534 * 3 ≈ €1.602): fino a tale importo nessuno può essere sequestrato. Solo l’eccedenza, cioè l’importo superiore a €1.602, può essere pignorata. Se invece il tuo stipendio verrà accreditato sul conto dopo l’atto di pignoramento, allora vale la regola ordinaria: potrà essere sequestrato soltanto il 20% (1/5) di quel netto, e il resto resterà a tua disposizione. Ricorda infine che l’ultima mensilità in assoluto non può essere mai toccata.
  • D: Posso evitare il pignoramento pagando a rate o chiedendo un saldo e stralcio?
    R: Sì, esistono strumenti deflattivi come la rateizzazione prevista dall’art. 19 D.P.R. 602/1973 o la cosiddetta “rottamazione” dei debiti che consentono di sospendere o far decadere l’esecuzione se si aderisce a piani di regolarizzazione. Se riesci a concordare con l’agenzia di riscossione un piano di dilazione del pagamento, l’esecuzione pignorativa verrà sospesa. Se il debito è stato rottamato (opzione “saldo e stralcio” o similari), l’agente decadrà dalla riscossione coattiva. In ogni caso conviene valutare l’impugnazione se ci sono vizi procedurali: a volte i tribunali concedono la sospensione anche in presenza di opposizione, evitando che tu subisca il distacco dei fondi prima della decisione.
  • D: Il conto è cointestato con un mio familiare. È vero che viene bloccato tutto?
    R: All’arrivo del pignoramento, la banca congela l’intero saldo, perché l’atto esecutivo non distingue i titolari. Tuttavia, come detto, in base all’art. 1854 c.c. ciascun contitolare si presume titolare del 50%. La Cassazione (ord. 7873/2020) ha confermato che, pur sequestrando formalmente l’intero conto, il vincolo grava solo sulla metà “appartenente” al debitore fiscale. Quindi il coniuge/partitario non debitore può proporre un’opposizione di terzo per far liberare la sua quota. In sede pratica, se ad esempio sono su un conto cointestato €10.000 e uno dei due è debitore, l’AdER potrà ottenere al massimo €5.000 (50%) in via esecutiva. Il resto dovrà essere svincolato una volta accertata l’irrilevanza della parte non debitoria.
  • D: Quali sono i termini per impugnare?
    R: L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) deve essere proposta entro 20 giorni dalla notifica del pignoramento (termine breve). È importante agire subito, richiedendo anche la sospensione dell’esecuzione, per evitare di consegnare le somme all’Erario prima della decisione del giudice. Il termine per l’opposizione ex art. 615 c.p.c. (quando prevista) è anch’esso di 20 giorni dall’inizio dell’esecuzione forzata. L’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) si propone entro 20 giorni dalla conoscenza dell’atto da parte del terzo. In generale, il giudice competente è quello ordinario (Tribunale) presso cui sarebbe iscritto il giudizio di esecuzione, come confermato da Cass. 13913/2017.

Tabelle riepilogative

Limiti di pignorabilità su conto corrente (stipendio/pensione)

Somma accreditataPignorabilità (parte del credito)Riferimenti normativi
Stipendio/pensione già presente sul conto prima del pignoramentoSolo l’eccedenza rispetto a 3× assegno sociale (circa €1.600 nel 2025)Art. 545 c.p.c., art. 72-ter DPR 602/1973
Stipendio/pensione accreditati dal giorno stesso o dopo il pignoramentoQuote ordinarie dell’art. 545 c.p.c. (es. 1/5 del netto mensile)Art. 545 c.p.c., art. 72-ter DPR 602/1973
Ultimo stipendio/pensione accreditati (in ogni caso)100% impignorabile – resta sempre libero (minimo vitale)Art. 545 c.p.c. comma 8; art. 72 DPR 602/1973
Altri crediti/differenze (affitti, risparmi, bonus, ecc.)Pignorabili integralmente fino a soddisfazione del debito (nessun limite fissato da art. 545 c.p.c.)Art. 543-545 c.p.c. (in mancanza di ulteriori norme speciali)

Esempio pratico: Tizio riceve il 5 luglio un pignoramento su un conto in cui sono già accreditati €2.000 di stipendio del mese. Il termine decorre immediatamente (non è necessario un precetto). Poiché il suo ultimo stipendio accreditato era di €2.000, di cui €1.602 rientrano nel “minimo vitale” (triplo assegno sociale) non pignorabile, l’AdER potrà sequestrare solo €398 (cioè €2.000–€1.602). Se invece il pignoramento fosse giunto il 5 agosto, dopo l’accredito, si applicherebbe la quota ordinaria del 1/5: in tal caso la banca tratterrebbe €400 (20% di 2.000) e restituirebbe €1.600 a Tizio.

Conclusioni

Il pignoramento esattoriale presso terzi è uno strumento molto efficace per il Fisco, ma il debitore conserva comunque tutele fondamentali. Conoscere la procedura, i termini e i limiti (come le quote di legge su stipendi/pensioni) consente di intervenire tempestivamente per tutelarsi. Appena ricevuto l’atto, è consigliabile consultare un legale per valutare eventuali irregolarità formali (come la mancata notifica) e per predisporre le opportune opposizioni giudiziali. In alcuni casi, una rapida opposizione può far annullare il pignoramento e sbloccare le somme trattenute. Altre volte è preferibile cercare subito una soluzione deflattiva (piano di rateizzazione, revoca dell’agente di riscossione). In ogni caso, un’azione tempestiva e informata è fondamentale per difendere i propri diritti di debitore esecutato.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice di procedura civile: art. 543 e ss. (pignoramento presso terzi); art. 545 c.p.c. (limiti di pignorabilità); artt. 546-548 c.p.c. (obblighi del terzo); artt. 615, 617, 619 c.p.c. (opposizioni).
  • D.P.R. 29/9/1973 n. 602: art. 49 (iscrizione a ruolo e inizio esecuzione forzata); art. 72 (pignoramento crediti); art. 72-bis (ordine di pagamento diretto, pignoramento esattoriale senza udienza); art. 72-ter (limiti di pignoramento su conto corrente).
  • Legge 11/2016 (conv. DL 193/2016) – istituzione Agenzia Entrate-Riscossione e novità procedurali.
  • Legge 207/2024 (Legge di Bilancio 2025) – riforma dell’accertamento esecutivo e pignoramenti “sprint” per tributi locali.
  • Cass. Civ. Sez. III, sent. 27/11/2023 n. 32804 – nullità del pignoramento in caso di mancata notifica al debitore.
  • Cass. Civ. Sez. III, ord. 14/08/2020 n. 7873 – pignoramento conto cointestato: effetto limitato alla quota del debitore (50%).
  • Cass. Civ. Sez. III, sent. 30/03/2015 n. 6393 – conto corrente con saldo negativo: pignoramento inefficace.
  • Cass. Civ. Sez. III, sent. 24/05/2017 n. 26519 – pignoramento generico privo di indicazioni dettagliate: nullo (richiede particolare attenzione nel contenuto dell’atto).
  • Ulteriori riferimenti: agenzia delle Entrate-Riscossione (linee guida e circolari interne), prassi operative (d.l. 83/2015, norme antimora).

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