Avviso Di Accertamento A Panificio: Guida Dettagliata

Hai ricevuto un avviso di accertamento fiscale per il tuo panificio e non sai come muoverti? L’Agenzia delle Entrate ti contesta ricavi non dichiarati, incassi presunti o differenze tra acquisti di materie prime e vendite registrate?

Il settore dei panifici è spesso oggetto di accertamenti induttivi, basati su stime e presunzioni. Ma questo non significa che siano sempre legittimi: puoi difenderti, contestare le ricostruzioni e proteggere la tua attività.

Perché l’Agenzia delle Entrate controlla i panifici?
Gli accertamenti nascono da scostamenti tra acquisti di farina e vendite dichiarate, ricostruzioni teoriche basate sulla resa della materia prima, marginalità ritenute troppo basse rispetto agli standard del settore, dati dei corrispettivi telematici non coerenti con i movimenti bancari, segnalazioni o controlli incrociati con fornitori.

Cosa può contestarti il Fisco?
– Ricavi non dichiarati derivanti da vendite non documentate
– Fatture di acquisto non considerate congrue rispetto ai corrispettivi
– Applicazione di coefficienti presuntivi di resa (es. quanta farina produce quante pagnotte)
– Versamenti bancari ritenuti sospetti o non giustificati
– Irregolarità nei registri IVA, nei corrispettivi o nella trasmissione telematica

Quando l’accertamento può essere illegittimo?
– Se si basa su ricostruzioni presuntive non fondate su dati reali
– Se non è stato rispettato il contraddittorio preventivo
– Se i conteggi ignorano eventuali scarti, donazioni, cali fisiologici o pane invenduto
– Se l’accertamento è riferito a periodi ormai prescritti
– Se la contabilità è tenuta regolarmente ma non è stata presa in considerazione

Come puoi difenderti da un avviso di accertamento al tuo panificio?
Verifica attentamente il contenuto dell’avviso e le motivazioni dell’Agenzia. Controlla i registri IVA, i corrispettivi giornalieri e la documentazione degli acquisti. Ricostruisci con precisione le reali rese, considerando anche scarti, resi, pane invenduto o omaggi. Documenta l’andamento stagionale dell’attività e le variazioni del volume di affari. Partecipa al contraddittorio e presenta memorie difensive dettagliate. Se l’atto è infondato o sproporzionato, valuta il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.

Cosa puoi ottenere con una difesa efficace?
– L’annullamento totale o parziale dell’accertamento
– La riduzione delle imposte e delle sanzioni
– La sospensione dell’esecutività se impugni l’atto
– La tutela del tuo panificio da segnalazioni e danni economici
– La possibilità di chiudere la controversia con un accordo agevolato

Gestire un’attività artigianale come un panificio richiede impegno quotidiano. Essere oggetto di accertamento non significa essere in torto. Ma per difenderti serve una strategia chiara, documenti precisi e assistenza qualificata.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati tributaristi esperti in accertamenti induttivi nel settore alimentare e artigiano – ti spiega come reagire all’avviso di accertamento, quando contestarlo e come tutelare la tua attività.

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Introduzione

Un avviso di accertamento è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate contesta al contribuente (in questo caso il panificio) imposte non dichiarate o non versate, richiedendone il pagamento con sanzioni e interessi. Riceverlo non significa dover pagare subito: il contribuente/debitore deve verificare subito la regolarità formale dell’atto e può impugnarlo entro 60 giorni dalla notifica. Se non si ricorre entro tale termine, l’atto diventa definitivo e l’importo può essere iscritto a ruolo, dando avvio a misure esecutive (pignoramenti, fermo amministrativo, blocco del conto corrente, ecc.).

In un panificio, l’accertamento fiscale può riguardare imposte dirette (IRPEF/IRES/Irap) o indirette (IVA). I verificatori fiscali possono avviare accertamenti documentali o ispettivi presso la sede aziendale. Gli elementi tipici che vengono analizzati sono la contabilità, i corresponsionali/cassa e le materie prime (farina, lievito, ecc.). Se emergono dati discordanti o anomalie gravi, può scattare un accertamento analitico-induttivo: la ricostruzione del reddito sulla base dei consumi di materie prime indispensabili (il cosiddetto “paninometro”), oppure (in presenza di irregolarità più gravi) l’accertamento induttivo ex art.39 co.2 DPR 600/1973. In ogni caso l’Ufficio deve motivare la pretesa (art. 3 Statuto del contribuente) e il contribuente ha diritto al contraddittorio preventivo (endoprocedimentale) prima che l’atto diventi definitivo.

Normativa di riferimento e premesse giuridiche

La disciplina principale degli accertamenti fiscali diretti si trova nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (art. 39), mentre per l’IVA nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (art. 54). In particolare, l’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR 600/73 consente all’Ufficio di procedere ad accertamenti analitici-induttivi anche quando la contabilità è formalmente tenuta, purché emergano presunzioni «gravi, precise e concordanti» che ne inficino la completezza. In pratica, il fisco può ricostruire i ricavi “oltre i registri” utilizzando elementi indiretti (come quantità di farina o lievito comprate) e valorizzandoli a prezzi di mercato. Similmente l’art. 54, comma 2, DPR 633/72 (IVA) ammette ricostruzioni induttive analoghe.

Il D.Lgs. 127/2015 e il D.Lgs. 156/2022 hanno rafforzato lo Statuto del contribuente (L. 212/2000) sull’obbligo del contraddittorio (art. 12 L. 212/2000). Di conseguenza, per tutti gli accertamenti analitico-induttivi e basati su studi/parametri, l’Agenzia è oggi tenuta a invitare il contribuente a un incontro in contraddittorio prima di notificare l’avviso definitivo. Inoltre il D.L. 193/2016, convertito in L. 225/2016, ha introdotto misure in tema di motivazione “rafforzata” degli avvisi. Norme recenti (D.L. 146/2021, c.d. decreto fiscale 2021) hanno incentivato la trattativa pre-contenziosa con il Fisco (riduzione sanzioni in caso di definizione collaborativa prima dell’iscrizione a ruolo).

Sul piano procedurale, la notifica dell’avviso di accertamento (art. 42 del DPR 600/73) deve rispettare i requisiti formali (firma, legittimazione dell’ufficio, termini di decadenza). Qualsiasi vizio di notifica o di forma può essere rilevante: ad esempio l’omissione della firma del funzionario o ritardi nella notifica possono rendere nullo il provvedimento. Il contribuente ha quindi interesse, alla ricezione dell’atto, a verificare immediatamente tali aspetti formali e a raccogliere ogni documento utile (fatture, scontrini, registri, libro giornale, ecc.) per difendersi.

Avviso di accertamento specifico al panificio: il “paninometro”

Nel settore della panificazione, l’accertamento più caratteristico è l’analitico-induttivo basato sui consumi di farina e lievito (c.d. paninometro). Questo metodo è giuridicamente legittimo: la Corte di Cassazione ha confermato che l’Ufficio può ricostruire i ricavi del panificio sulla base delle materie prime indispensabili. Ad esempio, nella sentenza Cassazione n. 21860/2018 si ricostruiva così la produzione di pane “fabbricabile”: da 49.000 kg di farina acquistata si stimavano 79.500 kg di pane prodotto, mentre da 795 kg di lievito si ottenevano 60.760 kg di pane. La differenza (18.740 kg di pane) veniva considerata venduto in nero, generando maggiori ricavi di €63.067. I giudici di legittimità hanno ritenuto lecita tale ricostruzione induttiva, sostenendo che le presunzioni sulle materie prime – insieme ad altri dati (prezzo unitario, saldi di cassa negativi, ecc.) – costituivano indizi “gravi, precisi e concordanti” di evasione. Solo se il contribuente dimostrasse di aver utilizzato parte della farina per altri prodotti o altre commistioni, la stima andrebbe corretta; in assenza di adeguata prova contraria l’accertamento è legittimo.

Altri elementi tipici controllati nel panificio sono i corrispettivi giornalieri e le giacenze di cassa. Una serie di saldi di cassa negativi giornalieri (incassi superiori alle vendite registrate) può indurre a ricercare vendite “nascoste”. In analogia con il paninometro, esistono per i ristoranti il c.d. tovagliometro o bottigliometro, che la Cassazione ha sempre ritenuto ammissibili quando correttamente calibrati. Per il panificio, non vi è limite all’uso del paninometro fintanto che il metodo si fonda su dati attendibili e contabili (ad es. quantità di farine e lieviti effettivamente fatturati) e su presunzioni adeguatamente motivate.

Naturalmente, un panificio può anche subire altri tipi di accertamento: ad es. nel caso di discordanza fra ricavi e imponibile dichiarato, o se risultano omessi contributi INPS oppure fatture emesse con errori. Anche in questi casi l’atto sarà un avviso di accertamento. L’accertamento “analitico” può essere pienamente motivato su irregolarità contabili o indizi di evasione anche non alimentari (ad es. pagamento di salari in nero).

Procedura di accertamento e difese del contribuente

Dal punto di vista del debitore (il panificio), il primo passo dopo la ricezione dell’avviso è verificarne la validità: controllare la tempestività della notifica e l’assenza di vizi di forma. Se riscontrato un vizio formale (ad es. mancanza di firma, mancata indicazione dell’ufficio che emette l’atto, ecc.), è possibile impugnare l’atto anche sulla base di tali errori, chiedendone l’annullamento. In caso contrario, l’atto è valido e va analizzata nel merito la pretesa fiscale.

Il contribuente ha diritto al contraddittorio endoprocedimentale (ex art. 12 L. 212/2000, D.L. 193/2016 e s.m.i.): l’Ufficio deve convocarlo per discutere prima di notificare l’atto definitivo, se l’accertamento si basa su presunzioni semplici (quali studi di settore, parametri, analitico-induttivo) e non è frutto di frode o violazione grave. In tale sede il panificio può produrre dati, documenti e memorie a dimostrazione della propria posizione, tentando di far modificare o ridurre l’accertamento. Se invece l’avviso è già notificato, il contribuente può sempre proporre ricorso davanti alla Commissione Tributaria provinciale competente entro 60 giorni. Nel ricorso si riportano i motivi di opposizione: vizi di notifica o di motivazione dell’atto, errori nei calcoli, difformità tra fatti e normativa applicata, violazioni di legge (ad es. assenza di autorizzazione di perquisizione ai sensi dell’art. 52 DPR 633/72). La risposta dell’Ufficio e del Giudice tributario dovranno dimostrare l’esistenza di presunzioni valide e adeguate a giustificare la rettifica.

Durante il contraddittorio e il giudizio, il contribuente deve raccogliere quante più prove documentali possibili (registri di magazzino, fatture di acquisto di farine/lievito, documenti di cassa, contratti con dipendenti). Ad esempio, se il panificio sostiene che parte della farina è stata venduta ad altri o utilizzata per prodotti diversi dal pane di consueta vendita, deve dimostrarlo con fatture o giacenze. Se esistono registrazioni di magazzino che giustificano scarti o merce invenduta, vanno tenute in considerazione. In alcuni casi il contribuente potrà dimostrare che la metodologia del paninometro è stata applicata con dati sbagliati (ad es. valore della farina impiegata o prezzi del pane non corretti).

Termini e conseguenze del mancato ricorso

Il termine ordinario per ricorrere è di 60 giorni dalla notifica dell’avviso. Se il contribuente non propone ricorso entro il termine, l’avviso diventa definitivo e l’importo richiesto può essere iscritto a ruolo per l’esecuzione coatta. In questo caso il debitore rischia pignoramenti di beni e somme, fermo del conto corrente o della patente (se previsto per certi debiti tributari), inasprimento delle sanzioni, ecc. In alcuni casi è possibile sfruttare strumenti deflativi: per esempio l’accertamento con adesione (art. 6 del DPR 542/1992) consente, entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso, di negoziare con l’Agenzia una riduzione di sanzioni e interessi (anche di 1/3) e di rateizzare il pagamento. Oppure si può valutare l’autotutela: se l’avviso presenta evidenti errori materiali (ad es. somma richiesta sbagliata), il contribuente può chiedere la correzione o l’annullamento in via amministrativa (art. 2 DLgs. 546/92). Qualora non vi siano alternative, l’unica strada è il ricorso giudiziale.

Sanzioni e interessi

L’avviso di accertamento contiene tributi (imposte dovute), interessi di mora e sanzioni amministrative. Se il contribuente accetta in tutto o in parte l’accertamento (anche tacitamente, non impugnandolo), può usufruire di riduzioni delle sanzioni (p.es. definizione agevolata) o del ravvedimento operoso (per pagare in ritardo con sanzioni ridotte). Se invece si impugna con successo parte dell’atto, il Giudice potrà annullare quote di sanzioni e interessi relative. In ogni caso, l’Agenzia tende a calcolare interessi legali e commerciali sugli importi non versati, oltre a sanzioni che variano a seconda della violazione (da 120% a 200% dell’imposta evasa, a seconda dei casi). Tali somme aggiuntive si cumulano al debito principale, aggravando il carico.

Strategia del debitore: domande e risposte

  • D: Che cosa devo fare appena ricevo un avviso di accertamento?
    R: Verificare immediatamente la correttezza formale dell’atto (termine di decadenza rispettato, dati anagrafici corretti, firma del funzionario, notifica valida). Quindi raccogliere e organizzare la documentazione fiscale (scontrini, fatture, registri di magazzino, libro giornale) riferita al periodo accertato. Se l’atto appare legittimo, valutare l’opportunità di partecipare al contraddittorio preventivo oppure preparare un ricorso. In ogni caso intervenire entro 60 giorni per evitare la definitiva ingiunzione di pagamento.
  • D: Posso chiedere un incontro con l’Agenzia per discutere l’atto?
    R: Sì. Da qualche anno per legge l’Ufficio deve invitare il contribuente a un contraddittorio prima di notificare l’avviso, se l’accertamento si basa su indagini analitiche o studi/parametri (art. 12 L. 212/2000). In quel colloquio il titolare del panificio può sollevare dubbi, presentare documenti e tentare una conciliazione. È consigliabile approfittare di questa fase preventiva: un dialogo proficuo può chiarire errori di conteggio ed evitare di incorrere nelle pesanti conseguenze di un accertamento pienamente confermato.
  • D: Posso contestare subito l’accertamento senza ricorso?
    R: Formalmente, la contestazione legale si fa con ricorso alla Commissione Tributaria. Tuttavia l’Agenzia prevede alcuni istituti deflativi. Ad esempio, se si riconosce un errore nella dichiarazione, si può considerare il ravvedimento operoso per pagare sanzioni ridotte. Se invece l’atto è già notificato, l’unico rimedio contro vizi formali o sostanziali è il ricorso (o l’istanza di autotutela per errori materiali). Sospendere l’azione senza ricorrere può essere rischioso: l’importo può essere iscritto a ruolo e quindi esigibile coattivamente.
  • D: Il panificio è tenuto a dimostrare qualcosa?
    R: In generale, in un accertamento induttivo/inferenziale è l’Ufficio che ha l’onere di provare le anomalie (acquisti incoerenti, antieconomicità, ecc.), ma il contribuente deve smontarle offrendo prove di buona fede. Ad es., può documentare di aver venduto parte dei prodotti in modo tracciato (scontrini, fatture) oppure di avere giustificativi del consumo di materia prima (ricette con scarti, vendita a terzi). Se l’Ufficio ricostruisce ricavi maggiori (come nel paninometro), il contribuente deve indicare in che modo i dati utilizzati sono incompleti o errati. L’assenza di prova contraria rafforza l’accertamento delle presunzioni.
  • D: Che normativa cita l’Agenzia in questi casi?
    R: Normalmente negli avvisi si richiamano gli articoli del DPR 600/73 o del DPR 633/72 citati (es. art. 39 co. 1 lett. d, art. 54 co. 2). Potrebbero indicare anche l’uso di parametri fiscali (ex studi di settore) o altre disposizioni (ad es. accertamento analitico induttivo, prezzi di mercato, ecc.). È utile leggere con attenzione tutta la motivazione allegata. Se vengono menzionate leggi o sentenze, vale la pena verificare il loro contenuto; ad es. l’ordinanza Cass. n. 21860/2018 – spesso citata come “paninometro” – ne ha chiarito l’operatività.
  • D: Se ritengo ingiusto l’avviso, posso non pagarle imposte?
    R: Fino a che il giudice tributario non ha deciso, il debito non è definitivo. Se non si paga e non si ricorre, dopo 60 giorni l’Agenzia potrà iscrivere l’importo a ruolo e farsi coattivamente pagare. Se si contestano gli elementi dell’accertamento, è meglio ricorrere: durante il giudizio si può chiedere (se sussistono i presupposti) la sospensione cautelare dell’avviso. Ciò implica depositare una somma o fideiussione per il 20% del debito. In alternativa, con l’accertamento con adesione o la mediazione fiscale si cerca un accordo con sanzioni inferiori, evitando così il contenzioso completo.
  • D: Quali sanzioni rischia un panificio in questa situazione?
    R: Le sanzioni tributarie per violazioni contabili o omissioni variano: ad es. il 120%-200% delle imposte evase (art. 13 D.Lgs. 471/97, art. 2 D.Lgs. 74/2000) a seconda che la condotta sia lieve o dolosa. Se l’accertamento si basa su errori o superficialità, le sanzioni minime (120%) potrebbero essere ridotte a un terzo con l’adesione. Ci sono inoltre gli interessi legali sulle imposte non versate. Tutto ciò va considerato nel bilancio del contenzioso: il debitore imprenditore deve valutare se impugnare per far cadere l’atto o definire il debito per limitare le sanzioni.

Tabelle riepilogative

SituazioneAzione consigliata
Atto con vizi formali (firma mancante, notifica irregolare)Ricorso per annullamento dell’atto
Importo elevato ma contestabile (ad es. metodo sbagliato)Accertamento con adesione (riduzione sanzioni)
Avviso di accertamento ingiusto o infondatoRicorso alla C.T. entro 60 giorni dalla notifica
Accertamento chiuso da definizioni agevolate (es. rott. quater)Definizione agevolata del debito
Errore di calcolo o debito già pagatoIstanza di autotutela (correzione presso Ufficio)
Nessuna azione nei termini (ricorso non fatto)Iscrizione a ruolo e possibili esecuzioni (pignoramenti, fermi)
FaseScadenzaConseguenze se non rispettata
Ricorso in CommissioneEntro 60 giorni dalla notificaAtto diventa definitivo; esigibilità coatta
Conciliazione fiscale (adesione)Entro 60 giorni dalla ricezione dell’avvisoPerdita della possibilità di rateizzare e ridurre sanzioni
Contraddittorio preventivoVariabile (di norma prima della notifica dell’atto)Mancata partecipazione; possibile annullamento dell’atto se obbligatorio non svolto

Simulazione pratica

Caso esemplificativo: Il “Panificio Rossi” esercita attività artigianale. Per l’anno 2022 dichiara un fatturato di 50.000 euro, ma in sede di controllo l’Agenzia nota consumi di materie prime anomali: risultano 30.000 kg di farina acquistati, equivalenti (secondo i parametri fiscali) a 48.000 kg di pane prodotto. Dalla contabilità risulta invece solo 38.000 kg di pane venduto. L’Ufficio invia quindi un avviso di accertamento basato sul paninometro: calcola 10.000 kg di pane “in nero” non fatturato (48.000 – 38.000 kg). Applicando il prezzo medio di vendita (€3 al kg), accerta quindi 30.000 euro di ricavi omessi. Il Panificio Rossi si rivolge subito a un fiscalista. Esso scopre un vizio procedurale: gli ispettori, durante la verifica in azienda, hanno anche perquisito l’abitazione del titolare senza autorizzazione del PM (art. 52 DPR 633/72). Presenta quindi istanza di annullamento dell’accertamento per illegittimità dell’accesso domiciliare. Inoltre, raccoglie i documenti che attestano vendite all’ingrosso (es. a supermercati) non registrate nei corrispettivi normali. Decide quindi di presentare ricorso alla Commissione Tributaria, contestando tanto la legittimità dell’accesso quanto il calcolo dei ricavi in nero (sostenendo che parte del pane è stato venduto a prezzi diversi). In parallelo, valuta l’opportunità di concordare un accertamento con adesione: l’Ufficio in sede di conciliazione aveva già indicato 8.000 euro come maggiore imposta dovuta, frutto della metà del pane in nero stimato. Il Panificio potrebbe così limitare le sanzioni.

Esito ipotetico: In Commissione Tributaria Regionale (ricorso n. CTP/12345/2024), i giudici accolgono il motivo di nullità per la perquisizione abusiva: dichiarano inammissibile l’atto derivante dalle prove raccolte illegalmente. L’amministrazione propone allora di correggere l’atto: da 30.000 € di ricavi contestati si scende a 15.000 € riconosciuti, riducendo così l’imposta e le sanzioni. Il Panificio deve quindi valutare se accettare la conciliazione (per es. definizione di 15.000 € con sanzioni ridotte) oppure proseguire il giudizio sperando di eliminare del tutto l’accertamento residuo.

Questo esempio mostra come il debole legale (perquisizione illegittima, mancanza di autorizzazione) e le prove raccolte (documenti di vendita) vengano utilizzati dal contribuente per difendersi, pur avendo inizialmente ricevuto un avviso fondato sul paninometro. La strategia del debitore/panificio consiste nel mettere in discussione tanto la metodologia del fisco (correttezza dei dati usati) quanto la regolarità formale del procedimento (rispetto degli obblighi autorizzativi e procedurali).

Conclusioni

Un avviso di accertamento al panificio richiede azione immediata e mirata: ogni passaggio (dal contraddittorio alla presentazione del ricorso) deve essere ben pianificato dal punto di vista del contribuente. Il titolare/il debitore deve cooperare attivamente durante il procedimento tributario, fornendo documenti e spiegazioni. Grazie alle recenti riforme, il contraddittorio endoprocedimentale offre una possibilità di confronto prima dell’atto finale: sfruttarlo può evitare lunghe controversie. Se però si arriva al contenzioso, è fondamentale impugnare con argomenti solidi (vizi di notifica, metodi infondati, violazioni procedurali) e supportati da prove documentali.

I riferimenti normativi (DPR 600/73, DPR 633/72, Statuto del contribuente, ecc.) e le pronunce giurisprudenziali (es. Cass. 21860/2018 sul paninometro, Cass. ord. 612/2020 su accessi e presunzioni) delineano i confini legittimi dell’accertamento. Da ultimo, il contribuente/debitore deve valutare anche gli strumenti deflativi: in presenza di un atto fondato, la definizione agevolata o l’adesione possono evitare il contenzioso a costi elevati.

Fonti e riferimenti normativi principali (aggiornati a luglio 2025):

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (art. 39, comma 1, lett. d) – disciplina dell’accertamento analitico-induttivo.
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (art. 54, comma 2) – disciplina analoga per l’IVA.
  • Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), artt. 2 (diritti del contribuente) e 12 (contraddittorio endoprocedimentale).
  • D.Lgs. 127/2015 e D.Lgs. 156/2022 – attuazione della delega fiscale, confermano obbligo di contraddittorio preventivo negli accertamenti analitici-induttivi.
  • Cassazione Civile n. 21860 del 7.9.2018 – conferma la legittimità del paninometro (analitico-induttivo basato su farina e lievito).
  • Cassazione Civile ordinanza n. 612 del 15.1.2020 – cenni alla legittimità degli atti di verifica (accessi, accertamenti induttivi) e accoglimento di motivi del contribuente.
  • Circolari Agenzia Entrate e norme attuative (contraddittorio, adesione, ravvedimento) aggiornate al 2025.

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Conclusione

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