Hai debiti con banche, finanziarie, Agenzia delle Entrate o fornitori e ti stai chiedendo qual è la strada migliore per uscirne? Meglio trattare un saldo e stralcio con i creditori o avviare una procedura di sovraindebitamento con l’aiuto del Tribunale?
Le due soluzioni hanno vantaggi diversi, ma anche limiti specifici. Scegliere quella giusta può fare la differenza tra affondare nei debiti o uscirne in modo sostenibile e definitivo.
Cos’è il saldo e stralcio?
È un accordo extragiudiziale in cui il creditore accetta di chiudere il debito con il pagamento di una somma ridotta, in un’unica soluzione o, in alcuni casi, anche a rate.
È una trattativa privata, volontaria, senza il coinvolgimento del giudice.
Cos’è la procedura di sovraindebitamento?
È una procedura legale prevista dal Codice della Crisi che consente, tramite il Tribunale, di ristrutturare o cancellare i debiti di persone fisiche non fallibili, ex imprenditori, autonomi, lavoratori o pensionati.
Offre protezione immediata contro pignoramenti, cartelle, decreti e azioni esecutive.
Quando conviene il saldo e stralcio?
– Hai un numero limitato di creditori
– Puoi offrire una somma concreta e immediata per chiudere
– I creditori sono disponibili alla trattativa
– I debiti non sono ancora sfociati in esecuzioni aggressive
– Vuoi evitare procedimenti giudiziari e risolvere in tempi brevi
Quando conviene la procedura di sovraindebitamento?
– Hai molti debiti con diversi soggetti
– Non riesci a pagare neppure una parte significativa del debito
– Subisci già pignoramenti, aste, blocchi o segnalazioni
– Non riesci a trovare un accordo con i creditori
– Hai un reddito o un patrimonio limitato da proteggere
– Vuoi pagare solo in base alle tue reali possibilità, con l’intervento del giudice
Quali sono i vantaggi del saldo e stralcio?
– Soluzione veloce e informale
– Non comporta segnalazioni ufficiali
– I creditori rinunciano al resto del debito
– Può chiudersi in poche settimane se c’è accordo
E i vantaggi della procedura di sovraindebitamento?
– Blocca tutte le azioni esecutive in corso
– È accessibile anche a chi non può offrire nulla subito
– Consente il pagamento rateale o anche l’esdebitazione totale se non si ha alcuna capacità contributiva
– È approvata dal giudice e vincolante per tutti i creditori
– Garantisce trasparenza, legalità e certezza del risultato
Quali sono i limiti del saldo e stralcio?
– Non è obbligatorio: il creditore può dire no
– Serve una disponibilità economica immediata
– Non protegge da azioni esecutive in corso
– Non cancella automaticamente i residui nei sistemi informativi (CRIF, centrale rischi)
E quelli del sovraindebitamento?
– È una procedura più lunga e tecnica
– Richiede la nomina di un gestore della crisi e il deposito in Tribunale
– Può comportare la liquidazione di beni, se prevista dal piano
– Serve la buona fede e una situazione di reale difficoltà economica
Cosa puoi ottenere con la scelta giusta?
– Con il saldo e stralcio: la chiusura rapida di debiti, anche con forti riduzioni
– Con il sovraindebitamento: la protezione legale, il pagamento solo del possibile e la liberazione completa dai debiti
Ogni situazione ha la sua strada migliore. Ma non scegliere da solo o di fretta: una scelta sbagliata può costarti anni di sacrifici inutili o il blocco totale del tuo patrimonio.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi da sovraindebitamento, trattative bancarie e difesa del patrimonio – ti aiuta a capire quando conviene il saldo e stralcio, quando è meglio il sovraindebitamento e quale strategia ti libera davvero dai debiti.
Hai debiti e vuoi sapere qual è la soluzione più adatta a te?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo insieme la tua esposizione debitoria, la tua situazione economica e ti diremo se puoi risolvere con una trattativa o se è meglio proteggerti subito con una procedura legale.
Introduzione
Trovarsi schiacciati dai debiti è una situazione che può riguardare sia privati cittadini (consumatori) sia imprenditori. In Italia esistono fondamentalmente due strade per cercare di risolvere una condizione di sovraindebitamento: da un lato la trattativa a saldo e stralcio con i creditori (cioè un accordo stragiudiziale di natura privatistica), dall’altro le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotte dalla legge e ora disciplinate nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, come modificato). Entrambe le soluzioni mirano, in ultima analisi, a permettere al debitore di liberarsi dei debiti pagando solo quanto effettivamente sostenibile, ma differiscono radicalmente per presupposti, modalità, tempi e costi. In questa guida, aggiornata a luglio 2025 con le più recenti novità normative e giurisprudenziali, esamineremo approfonditamente quando conviene optare per un saldo e stralcio e quando invece è preferibile avviare una procedura di sovraindebitamento. Il taglio è pratico e giuridico-avanzato: forniremo riferimenti normativi italiani aggiornati, sentenze recentissime della Corte di Cassazione e tabelle riepilogative, con un linguaggio tecnico ma divulgativo adatto sia ad avvocati e professionisti del settore, sia a privati cittadini e piccoli imprenditori indebitati. L’analisi sarà condotta dal punto di vista del debitore, evidenziando pro e contro di ciascuna soluzione, i requisiti di accesso, le tempistiche e i costi, e includendo esempi pratici e una sezione di domande e risposte frequenti.
Struttura della guida: Dopo aver definito cos’è un saldo e stralcio e come funziona la procedura di sovraindebitamento (nelle sue varie forme: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, ecc.), metteremo a confronto diretto le due opzioni, anche con tabelle riassuntive. Ci soffermeremo su tutti i tipi di debito (debiti bancari, finanziari, fiscali, verso privati, ecc.) e su come essi vengano trattati nelle diverse soluzioni. Saranno comparate le tempistiche (quanto tempo occorre per risolvere la crisi con l’una o l’altra via) e i costi procedurali. Infine, dedicheremo spazio a FAQ – Domande e Risposte comuni e ad alcune simulazioni pratiche di casi tipici (es. il consumatore sommerso dai debiti di carte di credito, l’imprenditore individuale con debiti fiscali e bancari, la famiglia indebitata con mutuo e finanziamenti, ecc.), per capire concretamente “quale conviene scegliere e quando”.
Prima di entrare nel vivo, una precisazione terminologica: la legge 27 gennaio 2012 n.3 (cosiddetta “legge salva-suicidi”) aveva originariamente introdotto nell’ordinamento italiano le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento per i debitori non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, ecc.). Dal 15 luglio 2022, tali procedure sono state integrate e razionalizzate nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Pertanto, nella guida useremo i termini aggiornati del CCII – ad esempio “ristrutturazione dei debiti del consumatore” al posto di “piano del consumatore”, “concordato minore” al posto di “accordo di composizione” – evidenziando comunque le corrispondenze con la vecchia terminologia per chiarezza storica. Le procedure rimangono concettualmente simili, ma con importanti novità a favore del debitore, di cui diremo (ad esempio: possibilità di procedura familiare, durata massima della liquidazione 3 anni con esdebitazione automatica, esdebitazione “a zero” per il debitore incapiente, ecc.).
Passiamo ora a esaminare in dettaglio ciascuna delle due alternative, iniziando dal saldo e stralcio, per poi affrontare le procedure di sovraindebitamento e infine confrontarle.
Cos’è il Saldo e Stralcio e come funziona
Definizione: Il saldo e stralcio è un accordo transattivo tra debitore e creditore in cui il debitore si impegna a pagare subito (o entro un termine breve) una somma di denaro inferiore al totale dovuto, e il creditore accetta tale pagamento come saldo finale, rinunciando a pretendere il resto (stralciando, cioè cancellando, il debito residuo). In termini semplici, tramite un saldo e stralcio il debitore “chiude” la propria posizione debitoria pagando solo una parte di quanto dovuto, ottenendo la liberazione dal debito residuo e la cancellazione delle eventuali segnalazioni negative (pignoramenti, sofferenze, ecc.) legate a quella posizione.
Caratteristiche giuridiche: Si tratta di una pratica stragiudiziale e volontaria, fondata sulla libertà contrattuale delle parti (artt. 1321 e 1965 c.c. – contratto e transazione). Non esiste un diritto del debitore al saldo e stralcio: il creditore non è obbligato ad accettare un pagamento parziale come definizione del debito. Solo se entrambe le parti riconoscono che questa soluzione è più vantaggiosa delle alternative (ad es. rispetto a proseguire azioni legali o concorsuali), allora possono concordarla. In altre parole, il saldo e stralcio è frutto di una negoziazione in cui il debitore cerca di far leva sull’interesse del creditore a incassare qualcosa subito e senza ulteriore spesa di tempo e costi, anziché rischiare di recuperare poco o nulla attraverso lunghe procedure esecutive o concorsuali.
Esempio tipico: un debitore in difficoltà deve €50.000 a una banca per un prestito non rimborsato. Invece di avviare o proseguire un pignoramento (con costi e incertezze), la banca potrebbe accettare, ad esempio, €20.000 immediatamente a saldo e stralcio, rinunciando a perseguire il restante debito di €30.000. Il debitore ottiene così la liberazione dal debito pagando il 40% del dovuto, e la banca evita le lungaggini e i rischi di un’azione esecutiva (dove magari, al netto delle spese, avrebbe recuperato ancora meno). Spesso queste transazioni avvengono quando il debitore non ha beni aggredibili di valore o quando comunque il creditore stima che la via giudiziale renderebbe poco: in tali casi “meglio poco ma sicuro, subito” (il saldo e stralcio) che “tutto ma forse nulla” (un pignoramento dall’esito incerto).
Vantaggi per il debitore: Il saldo e stralcio permette di: (a) chiudere definitivamente la posizione debitoria con un determinato creditore, evitando ulteriori azioni legali; (b) pagare meno del dovuto, con una riduzione che può essere significativa (a volte oltre il 50%); (c) ottenere in tempi brevi la cancellazione dalle banche dati dei “cattivi pagatori” (come la Centrale Rischi), sebbene in pratica l’aggiornamento delle segnalazioni di sofferenza avvenga di solito entro 12-36 mesi dal saldo. Dopo l’accordo, il debitore risulta “pulito” verso quel creditore e può gradualmente riacquistare capacità di accesso al credito. Si tratta quindi di una “seconda chance” rapida, senza passare dal tribunale.
Vantaggi per il creditore: Il creditore ottiene un pagamento immediato e certo (anche se parziale) ed evita le incognite e i costi di ulteriori azioni legali. Ad esempio, una banca sa che un’esecuzione immobiliare può durare anni e portare a recuperare una percentuale modesta del credito (in Italia mediamente un creditore ipotecario rientra in circa 4 anni nelle procedure esecutive, con ricavi spesso ridotti dalle svalutazioni d’asta). Accettando un saldo e stralcio, il creditore incassa subito ed evita spese legali, aste deserte, ribassi d’asta del 25% a ogni tentativo. È dunque una soluzione win-win in certe circostanze.
Limiti e considerazioni:
- Nessun effetto sui creditori non partecipanti: Il saldo e stralcio riguarda solo il rapporto tra quel debitore e quello specifico creditore. Se il debitore ha più debiti con soggetti diversi, dovrà negoziare separatamente con ciascuno. Può accadere che si raggiunga un accordo con alcuni creditori e non con altri. I creditori che non aderiscono conservano interamente i loro diritti: ad es. se ho cinque finanziarie creditrici e solo tre accettano un saldo e stralcio, le altre due potranno proseguire le azioni di recupero per l’intero credito. Questo è un limite rispetto alle procedure concorsuali, le quali invece mirano a vincolare tutti i creditori in un’unica soluzione omnicomprensiva (come vedremo, un accordo o un piano omologato dal giudice impone anche ai creditori dissenzienti la riduzione del credito, a certe condizioni). Dunque il saldo e stralcio è indicato soprattutto quando il numero di creditori è ristretto (uno solo o pochi), altrimenti diventa complicato ottenere l’adesione di tutti e risolvere completamente la crisi.
- Richiede liquidità immediata: Di norma il creditore concede lo stralcio a condizione che il debitore paghi l’importo pattuito in un’unica soluzione o in poche rate ravvicinate. Ciò implica che il debitore (o chi per lui, es. un familiare) deve avere disponibilità di una somma lump sum per chiudere l’accordo. Se il debitore non dispone di alcuna risorsa liquida significativa, sarà difficile convincere il creditore a transigere (in mancanza di pagamento, l’accordo non avrebbe senso). Nelle procedure di sovraindebitamento, invece, è possibile proporre il pagamento dilazionato nel tempo o la liquidazione di beni, senza necessità di un immediato versamento integrale (il che le rende praticabili anche senza liquidità iniziale, se c’è un progetto di rientro con redditi futuri).
- Nessuna tutela automatica contro azioni esecutive: Solo perché si sta negoziando un saldo e stralcio, il debitore non è protetto di per sé da pignoramenti o altre azioni. Il creditore potrebbe parallelamente continuare nell’esecuzione finché non c’è un accordo firmato e il pagamento. È prassi comunque che durante serie trattative il creditore sospenda temporaneamente le azioni (o concordi di rinviarle), ma non vi è alcun automatismo legale. Nelle procedure concorsuali, invece, la legge prevede sotto certe condizioni la sospensione o il blocco delle azioni esecutive individuali non appena la procedura è avviata o omologata (ad es. con l’omologa di un piano del consumatore è disposta la sospensione delle azioni esecutive dei creditori chirografari, e con l’apertura della liquidazione tutte le esecuzioni individuali si convertono nella procedura collettiva). Va segnalato che la Cassazione ha chiarito alcuni aspetti di coordinamento: presentare un piano di sovraindebitamento non impedisce ad un creditore di chiedere un decreto ingiuntivo (titolo esecutivo) durante la pendenza della procedura, poiché la mera presentazione non inibisce le azioni giudiziali di accertamento del credito – sarà solo dall’omologa in poi che l’azione esecutiva individuale rimane preclusa.
- Validità e prova dell’accordo: Il saldo e stralcio deve preferibilmente risultare per iscritto (ad esempio una scrittura privata firmata da creditore e debitore, o uno scambio di lettere/email PEC in cui il creditore accetta la somma X a tacitazione del dovuto). Ciò per evitare contestazioni future. Se il debitore paga senza un chiaro accordo liberatorio, rischia che il creditore poi chieda il saldo residuo. È bene inoltre che l’accordo preveda la “rinuncia agli atti” di eventuali cause o esecuzioni in corso (il creditore, ricevuto il pagamento concordato, deve depositare atto di rinuncia o far estinguere il procedimento esecutivo) e la cancellazione delle garanzie (es. un’ipoteca) se pertinenti. Dal punto di vista fiscale, l’importo stralciato (la quota di debito abbonata) per il debitore persona fisica non costituisce un reddito imponibile ai fini IRPEF – è una mera rinuncia del creditore (invece per un’azienda potrebbe configurarsi una sopravvenienza attiva tassabile, salvo esenzioni, ma qui ci focalizziamo sui debitori civili).
- Effetti su coobbligati e garanti: Un aspetto delicato è la sorte degli eventuali coobbligati (es. condebitori solidali, fideiussori) in caso di saldo e stralcio. Se il debitore principale chiude il debito con un accordo transattivo, il creditore normalmente libera anche i garanti, in quanto il debito principale viene estinto (non ci sono somme ulteriori da pretendere). È prudente che i garanti sottoscrivano l’accordo o comunque che sia specificato che la transazione libera tutti gli obbligati, per evitare future azioni verso di loro. In mancanza di ciò, vi potrebbe essere discussione sull’estensione ai coobbligati: in generale la liberazione di uno dei debitori solidali senza riserve libera anche gli altri (art. 1301 c.c.), ma il creditore potrebbe sostenere che l’accordo ha riguardato solo quel debitore e chiedere ai garanti il residuo – evenienza controversa e da scongiurare con una chiara pattuizione. In sintesi, se avete garanti, coinvolgeteli nel saldo e stralcio o assicuratevi che l’accordo citi espressamente la rinuncia del creditore verso chiunque obbligato per quello stesso debito.
Saldo e stralcio di debiti fiscali: Una menzione a parte meritano i debiti verso il Fisco (Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione). Mentre un creditore privato è libero di negoziare una transazione su base volontaria, l’ente pubblico di riscossione non ha in generale il potere di accettare transazioni libere: non esiste un “concordato extragiudiziale” coi tributi al di fuori di specifiche normative. In altre parole, non è ammesso un saldo e stralcio “fai-da-te” dei debiti fiscali, salvo che intervenga una legge che lo consenta o che si segua una procedura concorsuale prevista dalla legge. Ad esempio, in anni recenti il legislatore ha introdotto varie “definizioni agevolate” (note anche mediaticamente come “pace fiscale”), quali: la rottamazione delle cartelle (pagamento integrale del capitale con stralcio di interessi e sanzioni), il saldo e stralcio delle cartelle per contribuenti in difficoltà (introdotto con la Legge di Bilancio 2019 per alcune persone fisiche con ISEE basso, prevedeva il pagamento di una percentuale ridotta del dovuto e l’annullamento del resto), lo stralcio automatico dei mini-debiti sotto una certa soglia (ad es. stralcio d’ufficio delle cartelle fino a €1.000 affidate fino al 2015, disposto dalla Legge di Bilancio 2023). Queste sono possibilità di saldo e stralcio legale che non dipendono da una contrattazione individuale, ma da norme di carattere generale con requisiti prestabiliti. Al di fuori di ciò, l’unica via per ottenere uno “sconto” sui debiti fiscali è utilizzare gli strumenti concorsuali (concordato preventivo per le imprese fallibili, accordi di ristrutturazione, o – per i soggetti di cui ci occupiamo qui – le procedure di sovraindebitamento) nei quali la legge ammette la falcidia del credito erariale sotto controllo del giudice (la cosiddetta transazione fiscale all’interno del piano/accordo). Riassumendo: se avete cartelle esattoriali elevate e l’Agenzia Entrate-Riscossione non può aderire ad un saldo e stralcio “privato”, valutate se rientrate in qualche definizione agevolata in vigore oppure considerate una procedura di sovraindebitamento, che consente di trattare anche quel tipo di debiti.
Quando conviene il saldo e stralcio: In base a quanto visto, il saldo e stralcio è consigliabile quando il numero di creditori è limitato e quando si dispone di (o si può reperire) una somma immediata sufficiente a soddisfarli almeno parzialmente. Tipicamente: un singolo debito importante (es. un mutuo in sofferenza con la banca) oppure pochi debiti medio-piccoli. È spesso la soluzione preferibile se si vuole evitare la pubblicità e la formalità di un procedimento giudiziario e se c’è margine di trattativa. Non richiede requisiti di meritevolezza o ammissione da parte di un giudice – conta solo la disponibilità del creditore. Può essere tentato anche dopo un primo insuccesso con altre procedure: ad esempio, se un piano del consumatore viene respinto dal tribunale o non omologato, nulla vieta di tornare al tavolo e proporre ai creditori un accordo transattivo informale (anzi, talvolta il rigetto del piano fa da leva per convincere i creditori che l’unica chance concreta di recupero è accordarsi stragiudizialmente). Viceversa, a volte è il passo preliminare: provare prima la via bonaria del saldo e stralcio e, se fallisce, allora ricorrere alla procedura di sovraindebitamento come ultima risorsa.
Nel paragrafo successivo, analizzeremo proprio queste procedure di sovraindebitamento previste dalla legge, per poi mettere a confronto i due approcci.
Cos’è la Procedura di Sovraindebitamento e quali forme prevede
La procedura di sovraindebitamento è un percorso legale e giudiziario attraverso cui un debitore non fallibile in persistente squilibrio economico (sovraindebitato in stato di crisi o insolvenza) può ristrutturare o cancellare i propri debiti sotto la supervisione del tribunale. L’obiettivo è duplice: da un lato consentire al debitore un “fresh start”, liberandolo dai debiti che non è in grado di pagare, dall’altro assicurare ai creditori il miglior soddisfacimento possibile data la situazione. In pratica, il debitore propone un piano per pagare i creditori in misura parziale, proporzionata alle sue effettive capacità, e ottiene l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) per la parte che eccede le sue possibilità.
Queste procedure, introdotte inizialmente dalla L.3/2012, sono ora disciplinate negli articoli 65-83 del Codice della Crisi (CCII) per quanto riguarda la composizione della crisi da sovraindebitamento, e negli artt. 268-283 CCII per la liquidazione controllata del sovraindebitato ed esdebitazione. A differenza del saldo e stralcio (accordo privato), qui c’è un impianto normativo preciso: l’accesso è riservato a specifici soggetti e condizioni, la procedura si svolge davanti al Tribunale competente, con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o di un professionista nominato, e le decisioni finali (omologazione del piano, apertura della liquidazione, esdebitazione) spettano al giudice. In altre parole, è il sistema “ufficiale” previsto per gestire le crisi da sovraindebitamento in modo collettivo e trasparente.
Chi può accedere: Le procedure di sovraindebitamento sono riservate ai debitori non assoggettabili al fallimento o ad altre procedure concorsuali maggiori. In pratica, come elenca il CCII (art. 65) e già prevedeva la L.3/2012, possono beneficiarne:
- le persone fisiche consumatori (privati che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionali);
- gli imprenditori minori (imprese sotto le soglie di fallibilità: ad esempio ditte individuali o società di piccole dimensioni non tenute al fallimento);
- gli imprenditori agricoli (tradizionalmente esclusi dal fallimento, ora espressamente inclusi qui);
- i lavoratori autonomi e professionisti (che non abbiano uno studio organizzato di dimensioni tali da essere considerati imprenditori fallibili);
- le start-up innovative (introdotte tra i beneficiari dal CCII);
- gli enti non commerciali e no-profit, e in generale tutti i debitori “civili” non soggetti a liquidazione giudiziale o amministrativa;
- inoltre, grazie alla riforma, più membri di una stessa famiglia indebitati possono accedere insieme con un’unica procedura familiare, se conviventi o se i debiti hanno origine comune (es. coniugi coobbligati, genitore e figlio garanti l’uno dell’altro, etc.). Questa possibilità, già prevista in via sperimentale dall’art. 7-bis L.3/2012, è confermata dall’art. 66 CCII, con il vantaggio di ridurre costi e atti duplicati.
Restano esclusi dal sovraindebitamento i soggetti per i quali esistono altre procedure: es. società di capitali medio-grandi (che devono ricorrere al concordato preventivo/fallimento), enti pubblici territoriali (che hanno procedure proprie di dissesto), grandi imprese insolventi (amministrazione straordinaria), ecc.
Tipologie di procedure: Attualmente il Codice della Crisi prevede quattro principali strumenti per il sovraindebitato (oltre alla citata procedura familiare, che è una modalità particolare):
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore – riservata alle persone fisiche consumatrici (non imprenditori). È l’evoluzione del “piano del consumatore” ex L.3/2012. Consente al consumatore di proporre un piano di pagamento parziale dei debiti, senza bisogno del voto dei creditori, ma sottoposto al vaglio di meritevolezza e convenienza da parte del giudice. Approfondiremo a breve.
- Concordato minore – pensato per debitori diversi dal consumatore (es. piccoli imprenditori, professionisti). Equivale al vecchio “accordo di composizione”, ma con novità. Richiede il consenso di una maggioranza di crediti per essere approvato (votazione dei creditori), e in caso di omologazione vincola anche i dissenzienti. Ne parleremo in dettaglio.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato – corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio”. In sostanza, il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni liquidabili; un liquidatore nominato dal tribunale li vende e distribuisce il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione; al termine, il debitore persona fisica ottiene la liberazione dai debiti residui (esdebitazione). È una procedura più “drastica” ma spesso inevitabile quando il debitore non ha prospettiva di pagare con un piano e/o i creditori non approvano un accordo.
- Esdebitazione del debitore incapiente – introdotta dal Codice della Crisi (art. 283 CCII) su impulso delle direttive UE. È una sorta di “esdebitazione a costo zero” concessa al debitore persona fisica totalmente incapiente, cioè che non ha alcuna utilità da offrire ai creditori nemmeno in futuro. In pratica, un soggetto meritevole ma privo di beni e con redditi appena sufficienti al sostentamento può ottenere dal tribunale la cancellazione dei propri debiti senza pagare nulla, immediatamente, impegnandosi solo a versare ai creditori eventuali sopravvenienze patrimoniali future rilevanti nei quattro anni successivi (se si verificano). È un rimedio di carattere eccezionale, utilizzabile una sola volta nella vita e con stringenti condizioni, pensato per dare un “fresh start” a chi è definitivamente nullatenente. Più avanti dettaglieremo anche questo istituto, per capire in quali casi invocarlo.
Vediamo ora sinteticamente come funzionano e quali requisiti hanno le prime tre procedure (Ristrutturazione dei debiti, Concordato minore, Liquidazione), evidenziando le differenze chiave, per poi parlare dell’esdebitazione speciale per l’incapiente.
Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore (ex “Piano del Consumatore”)
Questa procedura è riservata al debitore consumatore, ossia la persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi personali/familiari estranei all’attività imprenditoriale. Esempi: il privato cittadino sovraindebitato per prestiti, mutui, carte di credito, bollette, magari a seguito di perdita del lavoro o spese mediche, ecc. Non vi possono accedere coloro che hanno debiti derivanti da attività d’impresa (per quelli c’è il concordato minore, v. dopo).
Presupposti di ammissione: Il consumatore deve trovarsi in stato di sovraindebitamento (crisi o insolvenza conclamata) e soddisfare alcuni requisiti di onestà e correttezza. In particolare, non deve aver causato il sovraindebitamento con comportamento gravemente colposo, doloso o fraudolento, né aver già ottenuto un’esdebitazione in tempi recenti. Il CCII (art. 69) stabilisce che è precluso l’accesso se il consumatore: (i) ha già beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti; (ii) ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte (in qualsiasi tempo); (iii) ha determinato l’eccesso di debito con colpa grave, malafede o frode. Quest’ultima condizione – la cosiddetta “meritevolezza” – era già presente in L.3/2012 e resta fondamentale: il debitore deve dimostrare di non aver contratto debiti con leggerezza confidando di non pagarli o di aver agito in maniera scorretta. Non è necessario essere “irreprensibili”, ma non si deve aver violato il principio di buona fede. Ad esempio, un consumatore che avesse volutamente dilapidato il patrimonio o accumulato debiti sperperando potrebbe vedersi negato il piano. La Corte di Cassazione ha ribadito che, pur mancando un’espressa clausola di meritevolezza per alcuni istituti, è legittimo valutare come il debitore sia giunto alla situazione debitoria per giudicarne l’affidabilità e l’accesso alla procedura. In sentenza n. 30538/2024, la Cassazione ha sottolineato che anche in assenza di una previsione specifica di meritevolezza (nel caso di un accordo ex L.3/2012) è fondamentale considerare il comportamento pregresso del debitore ai fini dell’ammissibilità – segno che il sistema non tollera abusi da parte di chi deliberatamente ha creato il dissesto.
Oltre alla meritevolezza, la legge richiede che il consumatore non abbia omesso informazioni rilevanti o presentato documentazione incompleta. Tuttavia, se un piano viene omologato, eventuali carenze documentali non possono poi essere fatte valere contro il debitore: la Cass. 22900/2023 ha stabilito che, dopo l’omologa, l’incompletezza della documentazione non può essere imputata al consumatore né portare all’annullamento del piano, poiché si presume che OCC e giudice abbiano già verificato il tutto in fase di ammissione e omologa. Questo a tutela del debitore: una volta approvato il piano, non si torna indietro scaricando colpe sul debitore per documenti mancanti, essendo onere degli organi preposti controllare prima.
Contenuto del piano: Il consumatore, con l’ausilio dell’OCC, elabora un piano di ristrutturazione dei propri debiti. Il piano può prevedere le forme più varie di soddisfacimento: pagamento parziale e/o dilazionato dei creditori chirografari (senza garanzia), pagamento fino a un certo importo dei creditori privilegiati (ipotecari, pignoratizi, privilegiati) in funzione del valore dei beni, eventuale cessione di alcuni beni non essenziali, mantenimento di altri beni necessari. Non è richiesto il consenso dei creditori: diversamente dal concordato, qui i creditori non votano sul piano. Essi possono presentare osservazioni e opposizioni, ma l’ultima parola è del Tribunale, che omologa il piano se ritiene soddisfatti i requisiti di legge (meritevolezza, fattibilità e convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria). In pratica è una procedura “unilaterale”: il giudice può imporre ai creditori il piano anche contro la loro volontà, purché sia equo.
Trattamento dei creditori privilegiati: Una regola importante – e confermata anche nel nuovo CCII – è che i creditori muniti di garanzie reali o privilegio possono essere pagati parzialmente (falcidiati) fino a concorrenza del valore del bene su cui insiste la prelazione. Significa che se, ad esempio, ho un mutuo con ipoteca sulla casa di €200.000 e la casa vale €150.000, il piano può prevedere di dare alla banca €150.000 (o valore ricavabile) anziché €200.000, in quanto quella è la stima realistica del realizzo del credito in caso di liquidazione. Non è necessario pagare integralmente il credito privilegiato, ma almeno quanto il creditore otterrebbe liquidando la garanzia. Questa possibilità di “falcidia” dei crediti privilegiati era stata peraltro oggetto di contrasto in passato, risolto dalla Cassazione: con la sentenza n. 4270/2021 la Corte ha ribadito chiaramente che anche nella composizione da sovraindebitamento è legittimo prevedere la soddisfazione non integrale dei privilegiati, purché garantendo loro non meno di quanto avrebbero ricavato dalla vendita del bene in caso di liquidazione. Tale principio è ora normativamente acquisito. Inoltre, nel vecchio regime vi era un limite: la moratoria di 1 anno massimo per completare il pagamento dei crediti privilegiati. Il CCII ha eliminato il vincolo temporale e consente dilazioni più lunghe se sostenibili: già la Cassazione aveva ritenuto derogabile quel termine annuale (v. Cass. 17391/2020, 27544/2019) e ora il nuovo codice recepisce la possibilità, anche oltre un anno con consenso del creditore privilegiato. In altre parole, nel piano del consumatore il pagamento dei creditori garantiti può essere diluito oltre 12 mesi se ciò è accettato (implicitamente, nel caso consumer serve il giudice che valuti la fattibilità; nel concordato vedremo serve l’accordo del creditore per dilazioni oltre certi limiti).
C’è una particolarità ulteriore: il CCII consente che il consumatore mantenga la titolarità della propria prima casa con mutuo ipotecario in corso, a condizione che sia in regola con i pagamenti (o che il giudice lo rimetta in termini se era rimasto indietro). Ciò significa che se il consumatore non è in default sul mutuo prima casa, può scegliere di non toccare quel mutuo nel piano e continuare a pagarlo normalmente, proteggendo l’abitazione. Questa norma favorisce la conservazione dell’abitazione principale fuori dalla procedura, evitando che la banca debba intervenire. Se invece il mutuo casa è già in sofferenza, il debitore di solito dovrà includerlo nel piano (con possibilità di falcidia come detto, oppure prevedendo la vendita dell’immobile se non sostenibile).
Procedura e omologazione: L’iter prevede che il debitore depositi la proposta di piano tramite un OCC al tribunale competente. Non è obbligatorio l’avvocato per presentare l’istanza (l’assistenza legale è facoltativa in fase di deposito), anche se in pratica è fortemente consigliata data la complessità. L’OCC svolge una relazione di fattibilità e attestazione sulla veridicità dei dati e sulla stima del valore di eventuali beni, fondamentale per dare credibilità al piano. Dopo il deposito, il giudice fissa udienza, ordina eventuali comunicazioni ai creditori e valuta il piano. Se ritiene i presupposti rispettati, omologa il piano con decreto. In tale sede il giudice verifica in particolare che: il debitore sia meritevole (assenza frodi o colpe gravi), il piano sia fattibile e garantisca ai creditori una soddisfazione almeno pari a quella ricavabile dalla liquidazione (c.d. convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria). Questo è un punto chiave: il giudice confronta cosa prenderebbero i creditori se si vendesse tutto il patrimonio del debitore (liquidazione) con quanto viene offerto col piano; se il piano dà di meno, non può essere omologato perché svantaggioso. La Cassazione ha affermato che anche una soddisfazione irrisoria dei creditori chirografari può rendere inammissibile il piano per difetto di causa: ad esempio un piano che dà meno del 4% ai chirografari è stato rigettato, e la Cass. 28013/2022 ha condiviso che una percentuale “troppo bassa” può giustificare il rigetto (pur senza fissare una soglia numerica precisa, demandando al giudice di merito valutare caso per caso). Insomma, occorre offrire ai creditori quanto più possibile nelle proprie possibilità, altrimenti il piano rischia di essere respinto perché abusivo o ingiusto.
Se nessun creditore propone opposizione o se le opposizioni vengono respinte, il decreto di omologazione diventa definitivo. Da notare: la Cass. 34158/2024 ha chiarito che se il decreto di omologa del piano non viene notificato o comunicato formalmente ai creditori, allora il termine per proporre reclamo decorre non nei soliti 10 giorni ma nel termine “lungo” di 6 mesi dalla pubblicazione. Questo per garantire ai creditori ignari un adeguato lasso di tempo per impugnare. Dunque è importante curare le comunicazioni per far decorrere i termini brevi.
Una volta omologato, il piano del consumatore è vincolante per tutti i creditori anteriori, anche se non hanno dato consenso. Le azioni esecutive individuali restano bloccate e i creditori devono attendere l’attuazione del piano per ricevere quanto previsto. Durante l’esecuzione del piano, il debitore effettua i pagamenti nelle modalità e tempi stabiliti (spesso su un conto dedicato gestito dall’OCC o sotto controllo). Se il debitore rispetta integralmente il piano, al termine ottiene la esdebitazione di diritto: i debiti residui non pagati vengono cancellati. Va sottolineato che con il nuovo CCII la liberazione dai debiti residui per il debitore consumatore (e in genere per tutte le procedure da sovraindebitamento) è resa più immediata e automatica: non serve un’apposita istanza di esdebitazione, ma essa è concessa dal tribunale contestualmente o all’esito della procedura salvo che emergano ragioni ostative. Ciò costituisce un notevole miglioramento per il debitore rispetto al passato, in cui doveva presentare un’ulteriore richiesta di esdebitazione e sperare di ottenerla.
Revoca o annullamento del piano: Se però, dopo l’omologa, il debitore non rispetta le obbligazioni del piano senza giustificazione, o si scopre che ha agito con dolo o favorito fraudolentemente qualche creditore, allora il piano può essere revocato o risolto dal giudice su istanza dei creditori, e in tal caso i debiti non pagati tornano azionabili per intero. Fortunatamente, la legge (e la giurisprudenza) cerca di dare flessibilità: piccoli ritardi o lievi scostamenti possono essere tollerati, e l’OCC può chiedere modifiche del piano se circostanze sopravvenute lo rendono necessario (ad es. allungare i termini di pagamento per cause non imputabili al debitore). La Cassazione, in particolare, è intervenuta per distinguere gli atti davvero decisori da quelli meramente ordinatori: la sentenza 5157/2025 ha precisato che un decreto di omologa del piano non è impugnabile da soggetti che non erano parte nel giudizio (es. un garante estraneo alla procedura non può proporre ricorso in Cassazione contro l’omologa) in quanto la legittimazione spetta solo ai soggetti coinvolti formalmente. Questo per evitare contestazioni “esterne” tardive e dare certezza all’omologa. Inoltre, Cass. 22900/2023 ha ribadito che è sempre ammesso il ricorso per Cassazione contro provvedimenti decisori sul reclamo, consolidando il diritto di difesa delle parti in causa.
In sintesi, la ristrutturazione dei debiti del consumatore è uno strumento potente: consente al consumatore onesto ma sfortunato di proporre ai creditori uno sconto sul debito sotto controllo del giudice, mantenendo i beni indispensabili e pagando solo quanto può. Non richiede l’accordo dei creditori, ma deve essere equo e fattibile. Richiede un percorso in tribunale, ma offre al successo la cancellazione dei debiti residui e una vera ripartenza. Naturalmente comporta dei costi (compenso dell’OCC, eventuale legale) e un percorso formale non breve, di cui diremo più avanti.
Concordato Minore (ex “Accordo di Composizione” per i debitori non consumatori)
Il concordato minore è la procedura analoga alla ristrutturazione del consumatore, ma destinata ai debitori sovraindebitati che non sono persone fisiche consumatrici. Rientrano qui: piccoli imprenditori commerciali (imprenditori minori non fallibili), imprenditori agricoli, lavoratori autonomi con debiti professionali, start-up, enti privati non profit con debiti, e anche le persone fisiche che abbiano debiti da attività d’impresa cessata o da garanzie prestate (ad esempio, un ex imprenditore che ha chiuso la ditta ma è rimasto con debiti aziendali garantiti personalmente). In generale chiunque non sia consumatore puro può utilizzare il concordato minore.
Presupposti e requisiti: Anche qui vale lo stato di sovraindebitamento (crisi/insolvenza conclamata). Esistono cause ostative analoghe a quelle del consumatore: ad esempio, l’art. 77 CCII prevede che l’imprenditore o debitore non consumatore non possa accedere se ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di due volte in totale, o se ha causato il dissesto con grave colpa, frode o mala fede (criterio di meritevolezza simile a quello consumer). Inoltre, come per il consumatore, il debitore non deve aver commesso atti diretti a frodare i creditori (es. distrazioni di beni) o violazioni degli obblighi informativi. La verifica della meritevolezza qui non è compiuta in sede di omologa (non c’è un giudizio unilaterale del giudice sulla condotta), ma indirettamente influenza l’ammissibilità e la fattibilità: un piano inattendibile o proposto da un debitore che ha violato la legge potrebbe essere rigettato o non approvato dai creditori. Ad ogni modo, il CCII mantiene uno sbarramento anti-abuso anche nel concordato minore, allineato allo spirito di evitare che soggetti “spregiudicati” abusino delle procedure.
Proposta e contenuto: La proposta di concordato minore è molto simile a un concordato preventivo in miniatura. Il debitore propone ai propri creditori un accordo di ristrutturazione che può prevedere: il pagamento parziale dei crediti chirografari (in percentuale da stabilire), il pagamento parziale dei privilegiati commisurato al valore delle garanzie (come per il consumatore, è ammesso falcidiare i privilegiati purché ricevono almeno il valore dei beni dati in garanzia), eventuali classi di creditori, dilazioni di pagamento, cessione di beni, apporto di capitali di terzi, ecc. È ammessa la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica o interessi omogenei, a scelta del debitore, come strumento di flessibilità (ad esempio per trattare diversamente banche, fornitori, dipendenti). Il debitore può proporre anche il mantenimento dell’attività aziendale se c’è, magari pagando i debiti con i flussi futuri. Insomma, c’è libertà di architettura del piano, con il vincolo però che i creditori devono trovarlo più conveniente della liquidazione.
Approvazione da parte dei creditori: Diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori votano sulla proposta. Il meccanismo è il seguente: il tribunale, valutata l’ammissibilità, apre la procedura nominando un Giudice Delegato e un OCC o professionista gestore. Questi convoca i creditori (anche via PEC) per esprimere il voto sulla proposta. La legge richiede una maggioranza per l’approvazione: nel regime L.3/2012 era necessario il 60% dei crediti totali in favore. Con il CCII, la regola potrebbe essere stata ritoccata; fonti dottrinali suggeriscono sia ancora richiesta una maggioranza qualificata (forse 60% o 50%+1 dei crediti). In mancanza di certezza qui, consideriamo che in genere serve una forte adesione. Se ci sono classi di creditori, potrebbe applicarsi il criterio che deve votare sì la maggioranza dei crediti in almeno la maggioranza delle classi (sul modello del concordato preventivo). Inoltre, il CCII ha introdotto un principio di cram-down: il tribunale può omologare forzatamente il concordato minore anche senza il voto favorevole di eventuali creditori pubblici (Erario o enti previdenziali) se l’adesione di questi è determinante per la maggioranza ma la proposta a loro rivolta è più conveniente della liquidazione. In pratica, se il Fisco rifiuta irragionevolmente ma l’offerta che avrebbe è vantaggiosa, il giudice può bypassare il loro dissenso. Questo favorisce la fattibilità degli accordi quando uno o pochi creditori rilevanti (tipicamente il Fisco) non cooperano.
Omologazione e vincolo: Se la proposta ottiene la maggioranza richiesta, il giudice procede all’omologazione del concordato minore, verificando anch’egli che siano rispettate le condizioni di legge (assenza di cause di inammissibilità, correttezza della procedura di voto, convenienza per i creditori dissenzienti). La Cassazione ha stabilito ad esempio che in sede di omologa va controllato che se c’è un creditore privilegiato non soddisfatto integralmente, la proposta risulti comunque più vantaggiosa dell’alternativa liquidatoria per quel creditore. La sentenza n. 30543/2024 ha affermato che non si può omologare un accordo che paga un creditore privilegiato solo parzialmente senza verificare che così ottenga almeno quanto (o più di quanto) avrebbe ottenuto dalla liquidazione. Tale principio assicura che i privilegiati non vengano penalizzati oltre misura. In caso la proposta non raggiunga le maggioranze oppure il tribunale la giudichi inammissibile, la procedura viene chiusa senza omologa. È però importante notare che, secondo Cass. 30542/2024, se il tribunale dichiara una proposta inammissibile senza entrare nel merito, quel provvedimento non è definitivo e il debitore può presentare una nuova proposta corretta, senza nemmeno possibilità di ricorso per Cassazione contro la prima decisione (perché non decisoria sui diritti). Inoltre il legislatore col “Decreto Correttivo Ter” ha chiarito che è ammesso reclamo contro il decreto di inammissibilità di una proposta, per garantire un controllo di secondo grado. Insomma, il sistema incoraggia a dare al debitore più chance e a non bloccarlo al primo errore.
Una volta omologato, il concordato minore ha effetti vincolanti come il piano del consumatore: tutti i creditori anteriori sono obbligati a rispettarlo, anche se hanno votato contro o non hanno votato. Si estendono gli effetti anche ai creditori non votanti purché regolarmente convocati. Le eventuali azioni esecutive sospese vengono definitivamente sostituite dal concordato. Il debitore esegue il piano omologato (ad esempio paga le percentuali previste, eventualmente con la supervisione di un liquidatore per la vendita di beni se il concordato la prevede).
A completamento, ricordiamo che come garanzia di buona fede: il CCII (art. 80) prevede che il creditore finanziatore colpevole – cioè chi ha concesso credito sapendo che il debitore era incapace di rimborsare – non possa fare opposizione o reclamo all’omologa. Questa norma sanziona le banche o finanziarie che hanno aggravato il sovraindebitamento con prestiti imprudenti: se violano l’obbligo di valutare il merito creditizio (art. 124-bis TUB), perdono il diritto di impugnare l’omologa del piano. Ciò tutela il debitore meritevole e scoraggia prassi scorrette di concessione del credito.
Esdebitazione finale: Anche per il concordato minore, se il debitore esegue fedelmente quanto promesso, ottiene la esdebitazione per la parte di debito eccedente pagata. Ad esempio, se aveva €100.000 di debiti chirografari e ne paga 30.000 secondo il piano, i restanti 70.000 sono cancellati. L’esdebitazione anche qui è pressoché automatica a chiusura procedura, senza doverla chiedere ex post (salvo cause ostative). Se il debitore, invece, non adempie ingiustificatamente, il concordato viene risolto e i crediti risorgono per intero dedotto quanto eventualmente pagato, con possibilità per i creditori di agire (tenendo conto di eventuali prescrizioni nel frattempo).
In sintesi, il concordato minore è lo strumento per i debitori “non consumatori” per componere la crisi: richiede l’accordo di una maggioranza di creditori, quindi conviene quando c’è disponibilità al dialogo da parte di questi. È utile se si vuole evitare la liquidazione totale e magari conservare l’attività (per imprenditori) o alcuni beni, offrendo però ai creditori il massimo sostenibile. Rispetto al piano del consumatore è più complesso (c’è la fase del voto) ma consente anche a imprenditori di ridurre i debiti con effetto di esdebitazione, cosa altrimenti possibile solo col fallimento/esonero. In certe situazioni, il concordato minore potrebbe essere preceduto da tentativi di accordi stragiudiziali (saldo e stralcio multipli). Se questi falliscono, la procedura concorsuale offre un meccanismo per imporre la ristrutturazione ai dissenzienti, a condizione di ottenere un sufficiente consenso e l’intervento del giudice.
Liquidazione Controllata del Sovraindebitato (ex “Liquidazione del Patrimonio”)
La liquidazione controllata è la procedura concorsuale liquidatoria, equiparabile per un debitore civile a ciò che è il “fallimento” (ora liquidazione giudiziale) per un imprenditore fallibile. Tuttavia, nella liquidazione ex sovraindebitamento l’obiettivo è sì liquidare il patrimonio del debitore per soddisfare i creditori, ma con in più la finalità riabilitativa di concedere la liberazione dai debiti residui al debitore persona fisica. Si applica sia al consumatore sia agli altri debitori non fallibili, su base volontaria (o talvolta su conversione forzata di un piano/concordato non riuscito).
Quando si ricorre alla liquidazione: Spesso la liquidazione è l’extrema ratio: vi si ricorre quando il debitore non ha prospettive di offrire un piano soddisfacente o quando i creditori non approvano alcuna proposta, oppure quando il debitore stesso preferisce mettere tutto nelle mani di un liquidatore e chiudere la partita una volta per tutte. Ad esempio, se un consumatore possiede qualche bene ma non ha un reddito sufficiente per un piano di rientro, potrebbe optare direttamente per liquidare i beni e ottenere l’esdebitazione. Anche nei casi di insuccesso delle altre procedure, è prevista la conversione in liquidazione: se un piano del consumatore omologato viene revocato per inadempimento, il tribunale può aprire la liquidazione; se un concordato minore non viene approvato, il debitore può chiedere la liquidazione; se emergono atti di frode, ecc. La liquidazione può essere domandata dallo stesso debitore, oppure dai creditori o dal Pubblico Ministero, ma solo in circostanze specifiche (ad es. frodi del debitore) – la regola base è che parte volontariamente dal debitore.
Cosa comporta: Una volta aperta la liquidazione controllata dal tribunale, si determina un “cristallizzarsi” del patrimonio del debitore: tutti i beni esistenti alla data del decreto di apertura (eccetto quelli impignorabili per legge e quelli necessari al sostentamento minimo) entrano nella massa attiva da liquidare. Il tribunale nomina un Liquidatore (spesso un professionista iscritto all’albo dei curatori) e ordina ai creditori di presentare le loro domande di partecipazione al passivo entro un certo termine. Le azioni esecutive individuali dei creditori restano sospese e poi cessano definitivamente, convogliate nella procedura collettiva. Si forma lo stato passivo (l’elenco dei debiti ammessi, predisposto dal liquidatore e verificato dal giudice). Quindi il liquidatore procede a vendere i beni del debitore (con modalità simili a quelle fallimentari, anche tramite aste). Il ricavato, dedotte le spese di procedura, viene distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione: prima i creditori privilegiati fino a concorrenza della garanzia, poi i chirografari in proporzione pro-quota su eventuali somme residue.
Durata massima e fine della liquidazione: Una novità molto importante introdotta dal Codice della Crisi è il limite temporale: la liquidazione controllata deve concludersi entro 3 anni dall’apertura. Ciò evita procedure infinite: passati 3 anni, il debitore ha diritto di chiudere comunque la liquidazione (salvo proroghe giustificate in casi eccezionali). Al termine della liquidazione o comunque allo scadere di tale periodo, se il debitore è una persona fisica, scatta la esdebitazione di diritto (salvo diniego per irregolarità gravi). Infatti, il CCII stabilisce che non è più necessaria una specifica domanda di esdebitazione da parte del debitore: dopo tre anni, su istanza del liquidatore, il tribunale dichiara l’esdebitazione all’interno della procedura stessa. Questo implica che il debitore, cooperando e sopportando la liquidazione per 36 mesi, ottiene automaticamente la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. In passato, con la L.3/2012, occorreva attendere la chiusura formale e presentare istanza di esdebitazione, la quale poteva anche essere respinta se il debitore non aveva collaborato, ecc. Ora l’esdebitazione è resa più “perdonabile” come standard, riflettendo il principio europeo del fresh start.
Trattamento dei debiti particolari: Durante la liquidazione, tutti i debiti anteriori restano congelati e poi spazzati via dall’esdebitazione finale, salvo poche eccezioni. Una eccezione importante: le obbligazioni alimentari e i debiti da risarcimento per danni da fatti illeciti extracontrattuali potrebbero non essere soggetti a esdebitazione (questo era il caso nel fallimento, art. 282 CCII). In particolare, gli assegni di mantenimento dovuti all’ex coniuge o ai figli non possono essere falcidiati: la giurisprudenza e la dottrina concordano che essi non rientrano tra i debiti ordinari estinguibili. Quindi, attenzione: se il sovraindebitato ha debiti per alimenti non versati, quegli obblighi tendenzialmente rimangono (non vengono cancellati neppure a fine procedura, trattandosi di crediti di natura particolare). Anche le sanzioni penali, le multe per reati e in generale i debiti non pecuniari non sono oggetto di esdebitazione. Invece i debiti tributari sono inclusi a tutti gli effetti: l’Agenzia Entrate e altri enti partecipano come creditori privilegiati/chirografari e ricevono il riparto eventuale; la parte non soddisfatta rientra anch’essa nell’esdebitazione finale, salvo che per alcune componenti non condonabili per legge (ma in linea di principio la liberazione copre pure i tributi, fatto salvo quanto riscosso).
Vantaggi e svantaggi per il debitore: Il grande vantaggio è che anche chi non può offrire nulla o quasi ai creditori ottiene comunque la cancellazione dei debiti, a costo però di mettere in liquidazione tutti i propri beni. È un “sacrificio patrimoniale” totale, che tuttavia può valere la pena se il debitore non ha prospettive e vuole evitare strascichi. Durante la procedura il debitore è soggetto a limitazioni: ad esempio non può liberamente disporre dei beni, deve collaborare col liquidatore (fornire informazioni, documenti, indicare i cespiti), e può vedersi imposta una cessione di una parte del reddito disponibile se percepisce uno stipendio (oltre la parte necessaria al mantenimento). Non subisce però, a differenza del fallimento, stati di interdizione personale (il debitore civile non perde la capacità di agire né subisce l’inabilitazione ai pubblici uffici come accadeva ai falliti nel vecchio RD 267/42). Insomma, la liquidazione controllata è meno infamante del vecchio fallimento: l’obiettivo è più la liberazione del debitore che la “punizione”.
Casi pratici d’uso: La liquidazione può essere indicata, ad esempio, per: (a) il debitore anziano che ha solo qualche bene (magari un immobile gravato da ipoteche) e nessun reddito sufficiente: vendendo il bene attraverso la procedura riesce a cancellare il resto dei debiti e vivere senza l’assillo di pignoramenti futuri; (b) il piccolo imprenditore che vuole chiudere la ditta e azzerare le esposizioni: versa quel poco attivo rimasto, fa liquidare il tutto e riparte da zero; (c) il consumatore nullatenente ma con debiti elevatissimi: paradossalmente per lui è utile attivare la liquidazione e far dichiarare l’incapienza, perché a fine triennio avrà pace dai creditori (anche se non c’è nulla da distribuire). Per questo ultimo caso però esiste l’alternativa dell’esdebitazione del debitore incapiente.
Esdebitazione del Debitore Incapiente (“a zero utilità”)
Questa misura è stata introdotta di recente (in vigore dal 2020, poi nel CCII art. 283) come strumento eccezionale: consente al debitore persona fisica, meritevole ma completamente privo di risorse, di ottenere l’esdebitazione immediata fuori da una tradizionale procedura liquidatoria. È stata soprannominata anche “esdebitazione a costo zero” proprio perché non c’è da liquidare nulla.
Chi può ottenerla: Il presupposto chiave è che il debitore non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né diretta né indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Ciò significa: niente beni vendibili, nessun reddito attuale oltre il minimo vitale, e neppure aspettative concrete di miglioramento nel breve periodo. In altre parole, deve essere un caso di completa incapienza economica. Oltre a questo, è richiesta la meritevolezza (assenza di frode e colpa grave) e valgono gli stessi limiti temporali sulle reiterazioni: non bisogna aver già beneficiato di esdebitazione dell’incapiente nei 5 anni precedenti, ecc. – ma trattandosi di una misura “una tantum” di solito la si concede una volta sola.
Procedura: Il debitore presenta ricorso al tribunale chiedendo la propria esdebitazione per incapienza, allegando una situazione economica aggiornata dalla quale risulta che non c’è proprio nulla da dare ai creditori. Viene nominato un OCC o gestore che verifica le dichiarazioni e relaziona su eventuali possibili utilità (anche indirette). Se il tribunale accerta che davvero non c’è attivo liquidabile, emette decreto di esdebitazione immediata dei debiti (tutti quelli esistenti alla data). Attenzione: l’esdebitazione dell’incapiente non include eventuali debiti futuri o contratti dopo (ovviamente), e come le altre non tocca debiti alimentari e obblighi risarcitori da illecito con dolo (questi rimangono). Inoltre, il debitore incapiente dovrà dichiarare sotto giuramento la verità di quanto esposto sulla sua situazione patrimoniale.
Obblighi post-esdebitazione: Nei quattro anni successivi al provvedimento, se per caso il debitore dovesse ricevere nuove disponibilità (es. una vincita, un’eredità, un aumento di reddito oltre il necessario) è tenuto a versare ai vecchi creditori parte di queste sopravvenienze, nella misura stabilita dal tribunale. Questo vincolo quadriennale tutela i creditori nel caso fortunato che il debitore esca dalla condizione di incapienza: non è un “lotto gratis” per sempre, ma una liberazione condizionata ad un eventuale contributo se le cose migliorano in tempi brevi. Scaduti i 4 anni, ogni obbligo cessa definitivamente.
Significato pratico: Questa misura riflette la consapevolezza che in certi casi il debitore non potrà mai pagare nulla e tenere aperte procedure o negargli la ripartenza non giova a nessuno. È un istituto di clemenza economica. Ad esempio, un 70enne nullatenente con solo la pensione minima e 200.000€ di vecchi debiti non pagati – farlo inseguire dai creditori è inutile; con l’esdebitazione incapiente potrà vivere la vecchiaia senza quel peso, e i creditori (che comunque non avrebbero recuperato nulla) vengono ufficialmente chiusi. Ovviamente la legge cerca di evitare che questo diventi un escamotage furbo: per questo la meritevolezza è valutata con rigore e si guarda che non vi siano stati atti in frode (ad esempio, se uno ha regalato i beni ai parenti per risultare nullatenente, non gli concederanno l’esdebitazione). Alcuni tribunali hanno già applicato questa norma: ad esempio, il Tribunale di Ferrara nel 2021 ha concesso l’esdebitazione a un debitore totalmente incapiente, chiarendo che è riservata a chi davvero non può soddisfare i creditori neanche in minima parte ed è “incolpevole” della sua insolvenza. Non è insomma un riparo per i furbi, ma un’ancora di salvezza per i disperati.
Va detto che l’esdebitazione incapiente non è una procedura concorsuale completa, ma più un provvedimento una tantum. Spesso un debitore incapiente potrebbe comunque avviare formalmente una liquidazione controllata e poi chiedere immediatamente la chiusura per mancanza di attivo ed esdebitazione. Il CCII gli permette di saltare direttamente a quest’ultima fase. In ogni caso, questa possibilità esiste solo per le persone fisiche (non per società o enti, che se incapienti semplicemente falliscono senza attivo e i debiti restano se c’è un fideiussore).
Conclusione sulle procedure: Abbiamo passato in rassegna i vari strumenti di sovraindebitamento. Riassumendo: le procedure concorsuali offrono soluzioni strutturate e sotto controllo giudiziario per ridurre i debiti (piano del consumatore, concordato minore) o per liquidare i beni con scarico finale dei debiti (liquidazione controllata, esdebitazione incapiente). Tutte mirano a bilanciare l’interesse del debitore ad avere un nuovo inizio con quello dei creditori a massimizzare il recupero possibile in quelle circostanze.
Nel prossimo capitolo, metteremo a confronto il saldo e stralcio con queste procedure, evidenziando differenze, vantaggi, svantaggi e criteri di scelta. Inoltre confronteremo tempistiche e costi in gioco, e forniremo tabelle riepilogative per una rapida panoramica.
Saldo e Stralcio vs Procedura di Sovraindebitamento: Differenze, Pro e Contro
Ora che abbiamo chiarito cosa sono e come funzionano sia il saldo e stralcio che le principali procedure di sovraindebitamento, possiamo confrontare direttamente le due opzioni. La scelta tra un approccio stragiudiziale (saldo e stralcio) e uno giudiziale (procedura ex L.3/2012 – CCII) dipende da molteplici fattori. Di seguito analizzeremo i principali aspetti comparativi: criteri di accesso, natura giuridica, debiti trattabili, tempi, costi, effetti sui creditori, percentuale di pagamento, conseguenze per il debitore, ecc. Troverete anche una tabella riassuntiva e poi alcuni esempi pratici.
Differenze chiave e criteri di scelta
1. Procedura/Formalità: Il saldo e stralcio è un semplice accordo privato tra debitore e creditore, non richiede l’intervento del tribunale né soggiace a norme predeterminate (oltre alle regole generali dei contratti). Può essere concluso con una scrittura privata o anche verbalmente (sconsigliato), con notevole flessibilità. Invece, la procedura di sovraindebitamento è un processo legale ben definito: va presentato un ricorso in tribunale, vi è l’intervento di un OCC e di un giudice, e il tutto segue le regole previste dalla legge. Quindi, se si vuole evitare a tutti i costi di “andare in tribunale”, il saldo e stralcio è l’unica via; al contrario, se serve uno strumento che abbia efficacia legale anche senza l’accordo di tutte le parti, allora bisogna passare dal giudice.
2. Soggetti coinvolti: Nel saldo e stralcio sono coinvolti solo il singolo debitore e il singolo creditore (o, al più, i creditori con cui di volta in volta si tratta, ma comunque ogni accordo è bilaterale). Nella procedura concorsuale invece vengono coinvolti tutti i creditori del debitore in un unico contesto. Questo è cruciale: se ho un problema di debiti diffuso (molti creditori), solo la procedura consente di affrontarli collettivamente e di imporre eventualmente uno stralcio generalizzato. Con i soli accordi individuali, c’è il rischio di dover inseguire decine di transazioni. Quindi per debiti diffusi e multipli la procedura è più sistematica; per uno o pochi debiti circoscritti, si può preferire il negoziato privato.
3. Requisiti di meritevolezza e accesso: Il saldo e stralcio non richiede requisiti soggettivi specifici: qualsiasi debitore, anche d’impresa o consumatore, solvibile o insolvente, può provare a negoziare. Non c’è un concetto di “meritevole” se non quello implicito: il creditore dovrà fidarsi e giudicare opportuno l’accordo. La procedura di sovraindebitamento, invece, richiede che il debitore versi in uno stato di sovraindebitamento (non deve essere in grado di pagare regolarmente i debiti) e inoltre richiede la assenza di comportamenti gravemente colpevoli o fraudolenti (meritevolezza). Quindi, se il debitore non è effettivamente insolvente ma solo vuole uno sconto, la procedura non è ammissibile – occorre la vera crisi. D’altro canto, se il debitore ha colpe gravi (es. ha fatto spese folli oltre le sue possibilità confidando nell’esdebitazione), il tribunale può negargli l’accesso, mentre un creditore privato potrebbe comunque accettare un saldo e stralcio per convenienza sua, a prescindere da come il debito è nato. In breve, la procedura richiede onestà e difficoltà reale, il saldo e stralcio è disponibile anche a chi è inadempiente per superficialità (sempre che il creditore accetti).
4. Tipologia di debiti trattabili: Il saldo e stralcio è possibile con qualunque tipo di debito privato (bancario, commerciale, ecc.) se c’è accordo. Con i debiti fiscali e contributivi invece, come detto, non si può fare un vero saldo e stralcio volontario a piacimento. Al massimo si può aderire alle definizioni agevolate previste per legge (rottamazioni, ecc.). Nella procedura, viceversa, tutti i debiti (salvo eccezioni come alimenti) vengono inclusi e possono essere falcidiati per legge. Questo significa che una persona carica di debiti verso l’erario, l’INPS, ecc., non troverà orecchie disponibili in Agenzia Entrate Riscossione per uno sconto ad personam, mentre in un piano di sovraindebitamento può includere anche quei debiti e ridurli legalmente. Quindi la presenza di forti debiti fiscali è quasi un fattore che spinge verso la procedura, a meno che si possa rientrare in qualche condono fiscale vigente.
5. Effetto vincolante sugli altri creditori: Un accordo di saldo e stralcio con un creditore non ha effetto sugli altri: ad esempio, se ho due banche creditrici e faccio saldo e stralcio con una, l’altra non è toccata e può proseguire richieste integrali. Nella procedura di sovraindebitamento, se ottengo l’omologa di un piano o concordato, esso si applica erga omnes a tutti i creditori anteriori (anche a quelli che magari non hanno partecipato attivamente) – tutti verranno soddisfatti solo nei termini previsti dal piano e non potranno pretendere oltre, né agire esecutivamente fuori da quanto stabilito. Questo è fondamentale se si vuole una soluzione complessiva e definitiva per tutti i debiti in un colpo solo. Con i soli accordi individuali, rischi di dover spegnere “incendi” uno alla volta, e magari mentre ne sistemi uno gli altri peggiorano (interessi, cause in corso).
6. Tempo necessario: In generale, un saldo e stralcio può essere raggiunto in tempi relativamente brevi – dipende dalla trattativa, ma a volte bastano poche settimane o mesi per negoziare, formalizzare l’accordo e pagare (specialmente se il debitore è proattivo e il creditore ricettivo). Non c’è un termine minimo, può chiudersi appena c’è accordo e fondi disponibili. Una procedura di sovraindebitamento invece ha tempi più lunghi e istituzionali: preparare la documentazione, passare dall’OCC (spesso qualche settimana per relazione), depositare in tribunale, attendere l’udienza e l’omologazione – ragionevolmente sono alcuni mesi (in media 4-6 mesi per ottenere un’omologa, a seconda del tribunale e della complessità). Poi, se parliamo di un piano del consumatore o concordato minore, la procedura si considera conclusa con l’omologa, ma l’esecuzione (pagamenti dilazionati) può durare anni (spesso i piani prevedono 4-5 anni di rate, talvolta anche di più, purché plausibili). Se parliamo di liquidazione controllata, la legge impone di chiudere entro 3 anni, ma può essere meno se il realizzo dei beni è rapido, o qualcosina di più se il giudice concede proroghe. Insomma, il saldo e stralcio è potenzialmente molto più rapido da avviare e concludere (paghi e finisce lì), mentre la procedura concorsuale è un percorso più prolungato. Ci sono casi in cui un accordo stragiudiziale è fallito dopo mesi di tentativi e si è dovuto comunque ripiegare sulla procedura, scontando così un doppio tempo; al contrario, casi in cui la procedura è durata tantissimo per complicazioni e un accordo privato avrebbe chiuso prima. È una valutazione caso per caso.
7. Costi e spese: Il saldo e stralcio non comporta costi formali oltre al pagamento concordato stesso. Può esserci da pagare eventualmente un compenso al professionista (avvocato, consulente) che aiuta nella negoziazione, ma non vi sono spese di giustizia o compensi istituzionali. Spesso i costi si limitano a qualche raccomandata/PEC e magari una parcella legale, comunque inferiori rispetto a un contenzioso o a una procedura. Nella procedura di sovraindebitamento, invece, bisogna considerare: il compenso dell’OCC (o del gestore nominato), che è fissato dal giudice in percentuale sul passivo e sull’attivo gestito, spesso qualche migliaio di euro almeno (può variare da tribunale a tribunale, talora rapportato a tariffe professionali); le spese vive di bollo, contributo unificato (per la domanda di composizione la legge esenta dal contributo unificato esecuzioni e procedure concorsuali minori, ma c’è un fondo spese OCC da anticipare spesso); l’eventuale onorario dell’avvocato che assiste il debitore; ed infine, se si fa una liquidazione, il compenso del liquidatore (anche quello percentuale sul ricavato). Tuttavia, molti di questi costi vengono pagati dilazionati o a esito: ad esempio, l’OCC spesso chiede un acconto iniziale e poi il resto viene pagato nell’ambito del piano stesso come credito prededucibile. Il Codice della Crisi richiede che la proposta indichi le spese di procedura e come saranno soddisfatte (solitamente una parte viene “pagata” dai creditori stessi nel senso che riduce quanto va a loro). In linea di massima comunque, il saldo e stralcio è più economico come spese collaterali, mentre la procedura comporta costi non trascurabili.
Esempio di ordine grandezza: per un debitore con €100.000 di debiti, la procedura potrebbe comportare 2-3 mila euro di onorario OCC, più l’avvocato. Se però quel debitore non ha soldi, spesso l’OCC si accontenta di essere pagato a conclusione col ricavato di vendita beni o con le prime rate del piano. Quindi è un costo spalmato. In un accordo stragiudiziale invece, se il debitore non ha soldi neanche per un piccolo acconto, difficilmente concluderà un saldo e stralcio perché comunque deve dare qualcosa subito al creditore.
8. Grado di riduzione del debito ottenibile: Qui dipende molto dal caso, ma in generale una procedura può portare alla cancellazione anche di percentuali altissime di debito, se la situazione del debitore è tale da non permettere più di tanto. La legge non impone percentuali minime di soddisfazione (salvo l’onere di essere superiore alla liquidazione). Abbiamo visto Cassazione confermare rigetti per pagamenti irrisori (<4%), ma non c’è un numero fisso. Ci sono casi di omologa di piani che pagavano il 10% ai chirografari, perfino casi (soprattutto con la liquidazione) dove i chirografari non prendono nulla e comunque il debitore viene esdebitato. Nel saldo e stralcio, invece, tutto dipende dalla controparte: se il creditore è disposto, si può anche ottenere riduzioni notevoli (ci sono esempi di banche che hanno accettato 20% o 30% a saldo). Ma normalmente un creditore difficilmente accetta percentuali bassissime a meno di rassegnarsi al fatto che il debitore è nullatenente (e a quel punto magari preferisce comunque un minimo che zero). Un’altra differenza: con la procedura il debitore deve offrire tutto il suo effettivo valore eccedente il necessario (non può tenere soldi da parte e offrire il 5% se in realtà potrebbe dare di più). Mentre in un accordo privato magari un debitore potrebbe anche spuntare uno sconto pur potendo in teoria pagare di più (ad esempio, se fa leva sulla convenienza del creditore, potrebbe ottenere uno stralcio anche se avrebbe magari parenti che potrebbero aiutarlo a pagare tutto – il creditore non lo sa). Dunque, la procedura richiede massima trasparenza: l’OCC esamina redditi, patrimoni e stabilisce cosa è il massimo pagabile assicurando dignità al debitore. Un creditore privato non ha lo stesso potere conoscitivo, quindi il debitore potrebbe talvolta ottenere un affare migliore se è abile. È però rischioso e spesso i creditori più strutturati chiedono comunque evidenze sulla situazione prima di accettare forti stralci.
9. Impatto su beni e patrimonio: Nel saldo e stralcio generalmente il debitore può anche riuscire a conservare alcuni beni, se il creditore non ha garanzie su di essi e si accontenta del pagamento. Ad esempio, se Tizio ha due auto e qualche risparmio, potrebbe offrire soldi al creditore e tenersi l’auto. Il creditore guarderà più al pagamento che al resto (salvo che avesse garanzie). Nella procedura, invece, in base al tipo: nel piano del consumatore Tizio potrebbe anche tenere alcuni beni (specie quelli necessari, e la prima casa se in regola col mutuo), perché la procedura tutela la sopravvivenza dignitosa del debitore. Nel concordato pure, potrebbe prevedere di non liquidare tutto. Ma certamente nella liquidazione, come visto, tutti i beni vendibili vengono liquidati. Quindi il saldo e stralcio può essere una via per salvare ad esempio la casa: se un debitore riesce a trovare i soldi per fare un’offerta alla banca, può evitare l’asta e tenere l’immobile (spesso magari vendendo altrove o con aiuti). In un piano del consumatore pure può tentare di salvare la casa, ma se il mutuo è insostenibile e in arretrato, la casa finirà venduta in liquidazione o dovrà essere ceduta. Dunque, chi ha a cuore un certo bene (come l’abitazione di famiglia) a volte preferisce percorrere il saldo e stralcio, cercando magari di far subentrare un parente come acquirente: es. il figlio compra la casa all’asta (o prima dell’asta) pagando un tot alla banca con saldo e stralcio, e la casa rimane in famiglia. Questo genere di operazioni stragiudiziali è comune quando c’è un immobile pignorato: vendere a terzi o accordarsi con il creditore per un prezzo concordato invece di lasciar andare all’asta (cosiddetta “vendita con saldo e stralcio” per evitare la svalutazione d’asta).
10. Privacy e reputazione: Il saldo e stralcio è un accordo privato e confidenziale: i dettagli non diventano pubblici (salvo che se c’era un procedimento giudiziario pendente, l’accordo emergerà negli atti di causa come rinuncia, ma di solito non viene divulgato). Certo, il debitore era magari segnalato come moroso, ma a seguito del saldo e stralcio viene segnalato come “posizione chiusa a stralcio” e dopo un certo periodo la segnalazione è cancellata. La procedura concorsuale, invece, comporta una pubblicità legale: i provvedimenti di apertura e omologa sono pubblicati sul registro delle procedure (consultabile), e la cosa rimane agli atti del Tribunale. Ciò non vuol dire che viene divulgata sui giornali (tranne casi eclatanti), ma sicuramente è meno discreta di un accordo privato. Per un imprenditore, l’aver fatto un concordato minore è qualcosa che i partner commerciali potrebbero venire a sapere (le visure camerali forse non lo riportano come fanno per i fallimenti? Non immediatamente, ma comunque c’è traccia pubblica). Per un consumatore, la procedura salva la reputazione verso banche? In Centrale Rischi, risulta che i debiti sono stati stralciati per procedura concorsuale: quindi il rating creditizio probabilmente resta compromesso per un po’ (anche se la legge non vieta di ottenere nuovi crediti, le banche saranno prudenti). Comunque, l’aver risolto i debiti legalmente è meglio che essere un inadempiente cronico. In sintesi, il saldo e stralcio è più riservato, la procedura è più ufficiale e pubblica. Alcune persone preferiscono la prima per evitare lo “stigma” di passare dal giudice (anche se ormai il sovraindebitamento non ha lo stigma sociale che aveva un tempo il fallimento, tanto da essere soprannominata legge “salva suicidi” con intento positivo).
11. Garanzie di risultato: Con un saldo e stralcio, il risultato è garantito solo nella misura in cui l’accordo è concluso e il debitore paga. Non c’è un’autorità che “assiste”: se la controparte è scorretta e dopo aver incassato nega di aver concordato lo stralcio, il debitore deve poterlo provare e forse agire in giudizio per far valere l’accordo (da qui l’importanza di mettere tutto per iscritto). Con la procedura, invece, l’efficacia è garantita dal decreto del giudice: i creditori non possono tirarsi indietro dopo l’omologa, è un titolo esecutivo che impone quell’assetto. Quindi è più sicura legalmente. D’altra parte, se la procedura fallisce (non viene omologata per qualche ragione o viene revocata), il debitore rischia di aver perso tempo e magari peggiorato la situazione (ad esempio, c’è stato un ritardo e qualche creditore ha tentato di pignorare nel frattempo). In un saldo e stralcio, se la trattativa fallisce, non c’è un diretta aggravio legale (a parte tempo perso; però il creditore nel frattempo potrebbe aver portato avanti azioni se non erano sospese informalmente). Quindi in entrambe le vie c’è il pericolo dell’insuccesso, ma la procedura concorsuale, una volta avviata, di solito prevede la sospensione delle azioni appena depositata l’istanza (il giudice può sospendere le esecuzioni in corso in attesa dell’omologa su richiesta). Su questo la Cassazione ha precisato che il giudice del sovraindebitamento non può autonomamente sospendere una procedura esecutiva: occorre rivolgersi al giudice dell’esecuzione o utilizzare i rimedi di legge (art. 54 CCII per concordato preventivo e analogia per concordato minore). Comunque, c’è un ombrello legale, benché limitato, quando si è dentro la procedura, che un semplice negoziato non ha.
12. Ripetibilità nel tempo: Un debitore può teoricamente fare più accordi di saldo e stralcio in vita sua, con vari creditori e anche con lo stesso se ricasca in debito, non c’è un limite giuridico (c’è magari un limite pratico: i creditori non sempre si fidano di chi già ha fatto default in passato). Per le procedure concorsuali, invece, esistono precisi limiti: non si può ottenere l’esdebitazione se già avuta nei 5 anni prima, e non più di due volte in totale. Quindi, la legge disincentiva l’uso seriale del sovraindebitamento come scappatoia ripetuta. Se dunque un soggetto ha già beneficiato di un piano esdebitativo, dovrà attendere 5 anni per poterlo rifare. Questo significa che un secondo chance viene data, ma non troppe. Nel campo stragiudiziale invece nulla vieta che uno faccia più transazioni (finché trova accordi). Anche questo può essere un fattore: se uno ha già sfruttato la procedura una volta, la prossima volta potrebbe essere costretto a cercare accordi privati o, se grande imprenditore, un concordato preventivo.
Riassumiamo alcuni di questi punti in una tabella comparativa:
Aspetto | Saldo e Stralcio | Procedura di Sovraindebitamento (piano/concordato/liquidazione) |
---|---|---|
Natura | Accordo privato stragiudiziale tra debitore e singolo creditore. | Procedura giudiziaria collettiva regolata dalla legge. |
Soggetti coinvolti | Bilaterale (singolo creditore per accordo). Non vincola gli altri creditori. | Collettiva: coinvolge tutti i creditori del debitore in un’unica soluzione. Vincola dissenzienti dopo omologa. |
Requisiti di accesso | Nessuno formale. Debitore anche non insolvente può proporlo. Meritevolezza irrilevante di per sé (dipende dalla disponibilità del creditore). | Riservata a debitori non fallibili e insolventi. Richiede onestà (no dolo/frode) e assenza esdebitazioni recenti. Controllo di meritevolezza da parte del giudice e/o OCC. |
Tipi di debiti coinvolti | Qualsiasi debito privato. Per debiti fiscali volontario non ammesso (salvo definizioni agevolate per legge). | Tutti i debiti inclusi (privati e fiscali), eccetto obblighi alimentari e pochi altri non falcidiabili. |
Riduzione ottenibile | Variabile, dipende dalla trattativa. In pratica spesso 30-70% del dovuto, raramente <20% salvo casi estremi. | Potenzialmente anche molto elevata (es. pagamento 10% o nulla ai chirografari) purché sia il massimo sostenibile e >0 causa. Debiti residui sempre esdebitati se procedura completata. |
Chi decide | Le parti stesse: occorre il consenso del creditore alla proposta del debitore. | I creditori votano (nel concordato) o il giudice decide unilateralmente (piano cons.). Omologa del tribunale necessaria. |
Tempi | Rapidi, dipende dalla volontà delle parti: possibili accordi in poche settimane/mesi. | Più lunghi: 4-6 mesi per omologa (media). Esecuzione piano può durare anni; liquidazione max 3 anni. |
Costi | Bassi: nessun costo processuale. Solo eventuale compenso per assistenza legale. | Significativi: compenso OCC/liquidatore, spese procedura, contributo avvocato. Solitamente alcuni costi pagati all’interno del piano (prededuzione). |
Effetto su azioni esecutive | Nessun effetto automatico: se non concordato diversamente, il creditore (o altri) può proseguire esecuzioni finché accordo non concluso. | Effetto protettivo: dal deposito ricorso il giudice può sospendere esecuzioni in corso; con l’omologa/apertura liquidazione, tutte le azioni individuali sono bloccate. |
Garanzie legali | Basato sulla fiducia e buona fede. Necessario atto scritto chiaro per evitare contestazioni. | Atto dell’autorità: l’omologa è un titolo esecutivo, vincolante e certo. Meno margine d’incertezza su esito (se omologato). |
Conservazione dei beni | Possibile conservare beni (se creditore non ne chiede liquidazione). Accordo può riguardare solo pagamento monetario. | Piano può escludere alcuni beni (es. prima casa se mutuo regolare), ma generalmente si destinano beni eccedenti ai creditori. Liquidazione comporta vendita di tutti i beni disponibili. |
Esdebitazione (cancellazione residuo) | Implicita solo se accordo lo prevede (di solito sì). Limitata a quel creditore. Altri debiti restano. | Prevista dalla legge per tutti i debiti residui una volta eseguito il piano/liquidazione. Effetto erga omnes, debitore liberato completamente (eccetto debiti esclusi per legge). |
Impatto su credit scoring | Segnalazione “saldo a stralcio” nelle banche dati, rimane per 1-3 anni poi cancellata. In futuro il creditore potrebbe essere diffidente ma nessun registro pubblico generale. | Procedura iscritta nei registri giudiziari pubblici. Debitore noto come “esdebitato”. Banche possono considerarlo un precedente concorsuale (influisce su merito di credito), ma è comunque un soggetto riabilitato legalmente. |
Ripetibilità | Poter essere ripetuto con vari creditori e anche più volte (non formalmente limitato, salvo fiducia mercato). | Limitato: non più di una procedura ogni 5 anni e massimo due esdebitazioni in vita. |
Adatto a | Poche posizioni debitorie, debitore con possibilità di reperire liquidità immediata, volontà di trattare evitando formalità. | Situazioni di insolvenza estese con molti creditori; presenza di debiti esattoriali; necessità di protezione legale; debitore senza liquidità immediata ma con reddito futuro o beni da liquidare; debitori che cercano un esito definitivo “pulito” anche se più lungo/costoso. |
(Tabella 1 – Confronto tra accordo saldo e stralcio e procedure di sovraindebitamento)
Vantaggi e svantaggi riepilogativi per il debitore
Riassumiamo in forma di elenco i principali pro e contro di ciascuna soluzione dal punto di vista del debitore:
Saldo e Stralcio – Vantaggi:
- Semplicità e rapidità: iter negoziale snello, accordo raggiungibile in tempi brevi. Niente lungaggini burocratiche.
- Costi ridotti: non si pagano oneri procedurali o compensi ufficiali, solo l’importo concordato e (eventualmente) modeste spese legali.
- Flessibilità: si può modellare l’accordo a piacere delle parti, includendo clausole personalizzate (es. tempi di pagamento, liberazione garanti, ecc.).
- Riservatezza: la vicenda rimane privata, senza pubblicità su registri. Meno stigma sociale.
- Possibilità di salvare beni importanti: se si trova un accordo monetario, il debitore può evitare di vendere beni a cui tiene (es. casa, auto) – mentre in tribunale spesso quei beni sarebbero messi a disposizione dei creditori.
- Nessun requisito formale di merito: anche debitori che hanno commesso imprudenze possono tentare un saldo e stralcio; conta solo convincere il creditore.
- Gravami pendenti facilmente rimossi: in un accordo stragiudiziale, il creditore di solito si impegna a cancellare ipoteche, pignoramenti e rinunciare a cause, ripulendo la posizione del debitore subito dopo il pagamento.
Saldo e Stralcio – Svantaggi:
- Necessità di liquidità immediata: quasi sempre bisogna avere (o procurarsi) una somma subito disponibile per pagare l’accordo. Se non si ha nulla, è difficilmente praticabile.
- Nessuna garanzia di successo: il creditore può rifiutare o chiedere importi troppo alti. Non c’è modo di “forzare” l’accordo se non c’è volontà reciproca.
- Non risolve il problema se i creditori sono tanti: può essere impossibile ottenere l’adesione di tutti, e basta uno che resti fuori per avere ancora un contenzioso aperto. In pratica gestisce il debito in modo frammentato, non olistico.
- Rischio durante le trattative: a meno che il creditore non sospenda volontariamente le azioni, il debitore è esposto a pignoramenti mentre prova a trattare.
- Il peso psicologico di negoziare: molti debitori non sanno come approcciare i creditori o temono di essere maltrattati nella contrattazione; serve spesso assistenza esperta per ottenere buoni risultati, il fai-da-te può portare a errori (ad es. ammettere responsabilità o impegnarsi su importi comunque non sostenibili).
- Accordo circoscritto: può liberare dal debito con quel creditore, ma la posizione creditizia rimane segnata negativamente finché non vengono sistemate tutte – ad es. se hai 5 sofferenze e ne sistemi 3, le altre 2 continuano a renderti “cattivo pagatore”. Solo a completamento di tutto ritroverai piena solvibilità.
- Possibilità di rimpianti: se un creditore accetta troppo facilmente, magari avresti potuto offrire anche meno; se rifiuta, forse hai scoperto le tue carte (ad es. dichiarando di poter pagare il 50%) e poi userà quell’informazione contro di te in giudizio. La negoziazione ha componenti strategiche non banali.
Procedure di Sovraindebitamento – Vantaggi:
- Soluzione definitiva globale: consente di affrontare tutti i debiti insieme. Una volta omologata e completata, il debitore è liberato da ogni pendenza residua in un colpo solo.
- Forza vincolante e protezione giudiziaria: i creditori vengono obbligati a rispettare il piano/decreto, cessa ogni azione esecutiva individuale e si evita l’aggressione disordinata del patrimonio. Il debitore è protetto dal “ombrello” del tribunale durante il processo.
- Riduzioni potenzialmente molto elevate: se la situazione lo giustifica, il debitore può pagare anche percentuali minime del dovuto e ottenere comunque l’esdebitazione (purché sia il massimo possibile per lui). Non serve raggiungere accordi al ribasso con ciascuno, decide il giudice su criteri oggettivi di sostenibilità.
- Includono debiti “difficili” (Erario, ecc.): l’unico modo per abbattere debiti fiscali e contributivi in assenza di sanatorie statali è tramite queste procedure, che permettono falcidie anche su cartelle esattoriali con il benestare giudiziale.
- Possibilità di dilazione nel tempo: a differenza del saldo e stralcio (che di solito chiede pagamento immediato), un piano concordato può scaglionare i pagamenti su anni, sfruttando redditi futuri del debitore. Questo rende fattibile rientri graduali senza avere tutto subito.
- Trasparenza e imparzialità: un OCC supervisiona e garantisce che la divisione dell’“incasso” tra i creditori sia equa secondo la legge (privilegi, ecc.). Il debitore non deve gestire trattative separate, c’è un professionista che organizza il tutto, alleviando anche lo stress.
- Benefici legali paralleli: ad esempio, avviando la procedura, si possono sospendere trattenute sullo stipendio come la cessione del quinto, dare respiro immediato; oppure, con la procedura aperta, i termpi di prescrizione delle pretese si congelano e i creditori non possono intraprendere nuove cause (se lo fanno, spesso vengono dichiarate improcedibili come per i decreti ingiuntivi durante il piano).
- Giurisprudenza favorevole al debitore onesto: le più recenti sentenze mostrano una tendenza a permettere al debitore più possibilità di riproporre piani corretti, a non imputare a lui errori procedurali non suoi, e in generale a facilitare la buona riuscita per chi agisce lealmente. Il sistema concorsuale ha finalità di recupero e non punitive.
Procedure di Sovraindebitamento – Svantaggi:
- Procedimento lungo e complesso: bisogna predisporre una notevole documentazione (elenco completo creditori, inventario beni, relazione particolareggiata OCC, indicazione cause sovraindebitamento, ecc.), seguire fasi processuali, comparire in tribunale. È un percorso che può essere stressante e dura diversi mesi o anni fino alla completa esdebitazione.
- Costi professionali: bisogna mettere in conto compensi e spese per l’OCC (o gestore) e per il legale. Anche se parte viene assorbita nel piano, spesso un acconto iniziale all’OCC è richiesto. Questi costi sono uno sforzo ulteriore per chi già è in crisi. Non di rado i debitori faticano a trovare i soldi per avviare la procedura proprio per l’acconto OCC.
- Perdita di controllo sul patrimonio: una volta avviata la procedura, il debitore non può più disporre liberamente dei beni: in particolare in liquidazione, li affida al liquidatore e spesso li dovrà lasciare vendere anche se a malincuore (es. perdita della casa di proprietà, autovettura, ecc., salvo beni essenziali). Anche nel piano, se certi beni sono superflui, è bene offrirli per aumentare la fattibilità – insomma c’è un sacrificio patrimoniale più ragionato e spinto che non nell’accordo privato (dove se il creditore non sa di un tuo bene nascosto, potresti persino tenerlo; in tribunale devi dichiarare tutto!).
- Stigma/percezione: seppur attenuato rispetto al passato, per alcuni il dover ricorrere a una procedura concorsuale è motivo di imbarazzo. Soprattutto piccoli imprenditori possono temere effetti negativi sui rapporti d’affari: dover dire “ho fatto un concordato” potrebbe allarmare fornitori o banche per il futuro. Anche se la legge prevede pubblicità ridotta, la voce può circolare a livello locale.
- Rigidità legale: una volta omologato un piano, il debitore deve rispettarlo scrupolosamente. Se per qualsiasi ragione non riesce più a pagare come promesso (a meno che non sia una lieve modifica tollerabile o che non ottenga una modifica dal giudice), rischia la risoluzione e di tornare al punto di partenza. C’è quindi un impegno pluriennale a rispettare la tabella di marcia. Con un saldo e stralcio, invece, paghi e fine, non hai obblighi futuri (ma anche lì se rateizzato privatamente e non paghi una rata, l’accordo spesso prevede decadenza e ritorno al debito originario).
- Intervento di terzi decisori: il destino non è più nelle sole mani del debitore – occorre convincere o i creditori (nel concordato) o il giudice (nel piano). C’è l’alea che un giudice possa valutare diversamente la meritevolezza o la convenienza e respingere la proposta anche se il debitore l’ha fatta in buona fede. Insomma, si sottostà al giudizio altrui. Nel saldo e stralcio, conti solo tu e la controparte.
- Non adatto a debiti di modesta entità: per chi ha debiti relativamente piccoli (es. qualche migliaio di euro), la procedura può essere sproporzionata come impegno. Un saldo e stralcio sarebbe più logico per chiudere rapidamente. Difatti, statistiche OCC mostrano che i debiti nelle procedure sono di solito ingenti; se uno ha solo 5.000€ di debito consumer, la legge gli permette di fare il piano, ma il costo e il tempo non giustificano, a meno di situazioni peculiari.
- One shot limitato: come detto, non si può abusarne. Se una persona ricade nei debiti entro pochi anni, potrebbe non poter accedere di nuovo subito. Quindi è davvero un’arma da giocare bene, come un “colpo in canna” unico in un lustro.
In quali casi conviene l’una o l’altra
Quando conviene il Saldo e Stralcio:
- Pochi creditori (idealmente uno o due). Ad es. unico debito con la banca: più semplice cercare un accordo che imbarcarsi nella procedura.
- Debitore con accesso a fondi immediati (propri o di terzi). Se puoi offrire subito una cifra consistente (anche non enorme ma appetibile: di solito almeno il 20-30% del dovuto, dipende), prova il saldo e stralcio.
- Rapporto col creditore ancora gestibile: se non siete ai ferri corti e magari il creditore è aperto (es. una finanziaria specializzata in recuperi stragiudiziali, o un fornitore con cui vuoi mantenere rapporti), l’accordo è preferibile.
- Esigenza di salvare un bene da esecuzione imminente: esempio tipico, casa all’asta. Un saldo e stralcio con la banca (magari supportato da un acquirente che compra l’immobile) evita l’asta e potrebbe permettere di evitare l’intera procedura concorsuale. Questo scenario è comune nelle consulenze immobiliari: la vendita con saldo e stralcio è spesso la soluzione migliore per chi è pignorato.
- Debiti non eccessivi o comunque affrontabili con uno sconto ragionevole: se devi €20.000 e magari con l’aiuto di un familiare puoi pagarne €10.000, non ha senso fare un sovraindebitamento (costoso e lungo). Un accordo informale conviene.
- Debitore non “meritevole” ma con qualcosa da offrire: se temi che un giudice vedrebbe male la tua condotta (es. hai fatto spese di lusso indebite) e potresti essere escluso dalla procedura, forse l’unica carta è convincere tu il creditore con un’offerta concreta, perché in tribunale rischieresti un no.
- Urgenza di risolvere per tornare presto “pulito”: se hai opportunità future (es. vuoi tornare a chiedere un mutuo entro un paio d’anni) e puoi chiudere subito i debiti con transazioni, il saldo e stralcio ti consente di ricostruire la tua storia creditizia più rapidamente. La procedura ti esdebiterebbe ma lascerebbe un segno pubblico e comunque i tempi sarebbero più lunghi prima di poter riaccedere al credito.
Quando conviene la Procedura di Sovraindebitamento:
- Tanti creditori e importo complessivo ingente: se sei sommerso di debiti eterogenei (banche, finanziarie, fisco, privati) per decine o centinaia di migliaia di euro, difficilmente metterai d’accordo tutti privatamente. La procedura è concepita per queste situazioni complesse.
- Presenza rilevante di debiti fiscali/contributivi: come spiegato, con Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione non c’è trattativa libera. Se il grosso del debito è verso lo Stato, la via concorsuale (piano o concordato con transazione fiscale) è l’unico modo per ridurre sanzioni o parte del carico (a meno di aderire a rottamazioni, ma spesso quelle chiedono comunque il capitale intero).
- Nessuna liquidità immediata ma reddito modesto continuativo: se non hai soldi da offrire subito, ma magari potresti pagare qualcosa a rate in 4-5 anni, un piano del consumatore ti consente di farlo e intanto bloccare i creditori. Un creditore isolato in genere non accetta “ti pago un po’ al mese per 5 anni poi stop debito” perché preferisce il decreto ingiuntivo e pignorarti lo stipendio. Invece col piano puoi imporlo e assicurarti di pagare un importo sostenibile.
- Debitore proprietario di beni ma fortemente indebitato oltre il loro valore: se hai patrimonio ma i debiti lo superano, la liquidazione controllata può essere lo strumento: vendi tutto e pulisci i debiti. Un accordo privato qui come funzionerebbe? Dovresti vendere i beni tu e poi convincere creditori a stralciare residuo – possibile se pochi creditori, ma se sono molti, conviene affidarsi alla liquidazione giudiziale per dividerli a norma di legge.
- Situazioni in cui i creditori hanno già attivato esecuzioni multiple: se hai già pignoramenti, cause ecc. da più parti, la procedura le accorpa e le ferma. Continuare con transazioni uno a uno magari non è più possibile perché il tempo è scaduto. Meglio presentare un ricorso di sovraindebitamento e chiedere al giudice di sospendere le aste in corso: ad esempio, Cass. 22715/2023 (ord. 26 luglio 2023) ha chiarito che il giudice del sovraindebitamento non può di sua iniziativa sospendere l’esecuzione, ma il debitore può ottenere tutela chiedendolo al giudice competente dell’esecuzione, evidenziando che è in corso la procedura concorsuale. Spesso i tribunali coordinano le cose per evitare dispersioni.
- Debiti superiori a valore di mercato dei beni con possibili atti revocabili: se hai fatto atti come donazioni per proteggere beni, sappi che in un accordo privato il creditore ipotecario considererà anche quelli: Cass. 4613/2023 ha stabilito che nel valutare se il pagamento offerto a un creditore ipotecario è pari almeno al ricavabile in liquidazione, bisogna considerare anche il valore di eventuali beni donati che il creditore potrebbe aggredire revocandoli. Questo scenario tecnico è per dire: la procedura e la giurisprudenza tentano di portare dentro anche beni sottratti. In ogni caso, se la situazione è ingarbugliata legalmente, il concordato o la liquidazione la affrontano in modo ordinato e definitivo, piuttosto che lasciare al creditore di inseguirti magari con azione revocatoria singolarmente.
- Debitore nullatenente e disperato: se proprio non hai nulla e sei sommerso di debiti, la procedura offre l’ancora dell’esdebitazione incapiente. Un accordo privato è impossibile (non hai niente da dare). Con la legge, puoi almeno chiedere clemenza e ottenerla.
- Desiderio di legittimazione e closure formale: alcuni debitori preferiscono avere un decreto che sancisce la fine dei debiti, anche moralmente. Con le procedure, esci con un provvedimento del tribunale che attesta la tua esdebitazione. Questo può darti sicurezza e un senso di “riabilitazione” che un accordo privato, magari non comunicato a nessuno, non dà ufficialmente (a meno di ottenere dal tribunale un documento di avvenuta conciliazione, ma non esiste un certificato di “debit free” se non l’esdebitazione). Ad esempio, un imprenditore che vuole tornare a fare impresa con la fedina economica pulita potrebbe preferire la procedura per essere formalmente esdebitato, piuttosto che solo aver fatto accordi privati di cui però non c’è traccia certificata della liberazione.
Esempi pratici e simulazioni
Per comprendere meglio come scegliere tra saldo e stralcio e procedura di sovraindebitamento, presentiamo alcune simulazioni pratiche di casi tipo, esaminando quale soluzione risulterebbe più vantaggiosa o percorribile in ciascuno, dal punto di vista del debitore.
Caso 1: Il consumatore con debiti di varia natura (carte di credito, prestiti personali, bollette)
- Scenario: Maria, impiegata 40enne, ha perso il lavoro per alcuni mesi e nel frattempo ha accumulato debiti: €25.000 su due carte di credito, €10.000 di prestito personale con una finanziaria, €5.000 di bollette arretrate e spese condominiali. Ora ha riottenuto un impiego con stipendio €1.300 mensili, ma la somma dei debiti (€40.000) è ingestibile col suo reddito (ha anche due figli a carico). Non ha immobili né altri beni di valore, vive in affitto, possiede solo un’auto di modesto valore.
- Analisi: Maria ha molti creditori (banche, finanziaria, gestore utenze, condominio). Non ha somme per offrire un saldo e stralcio consistente upfront. Potrebbe racimolare forse €5.000 chiedendo ai parenti, ma con €5.000 difficilmente convincerebbe tutti a rinunciare a €35.000 di crediti. Se ne soddisfa uno, gli altri restano. Inoltre, i creditori finanziari potrebbero procedere con decreto ingiuntivo e pignoramento di 1/5 dello stipendio (con 1/5 di €1.300, cioè €260 al mese, in qualche anno potrebbero recuperare, ma Maria non avrebbe abbastanza per mantenere i figli).
- Soluzione consigliata: Procedura di Ristrutturazione dei debiti del consumatore. Maria è proprio il soggetto ideale: persona fisica, sovraindebitata senza colpa grave (ha perso il lavoro, non ha fatto spese folli di lusso), meritevole di aiuto. Può proporre un piano del consumatore in cui, ad esempio, offre di pagare €260 al mese (il quinto del suo stipendio) per 5 anni, distribuendo circa €15.600 tra i creditori, equivalenti a circa il 39% del totale debiti, e chiedendo l’esdebitazione del resto. L’OCC valuterà che con €260/mese Maria può ancora mantenere la famiglia essendo la sua capacità attuale. I creditori chirografari non possono opporsi oltre misura se il giudice valuta che è il massimo che lei può dare senza scendere sotto il minimo vitale. Maria con l’omologa eviterebbe il pignoramento (anzi, se un pignoramento su stipendio era partito, verrebbe sospeso e poi revocato). Dopo 5 anni di pagamento regolare, verrebbe esdebitata di qualunque importo residuo (in questo caso ~€24.400 verrebbero cancellati). Un saldo e stralcio qui non funziona bene, perché i creditori sono troppi e Maria non ha liquidità subito. Avrebbe senso solo se uno dei creditori, ad esempio la finanziaria, accettasse €5.000 su €10.000 per chiudere – ma resterebbero gli altri. E anche se riuscisse con tutti, dovrebbe trovare accordi multipli, tempi stretti e comunque raccogliere più soldi di quanti ne può. Quindi: procedura vince nettamente.
Caso 2: Il piccolo imprenditore con debiti bancari e fiscali
- Scenario: Luigi è titolare di una ditta individuale (artigiano) che ha cessato l’attività. Ha debiti per €80.000 con una banca (scoperto di conto garantito da ipoteca su un piccolo capannone di sua proprietà), €50.000 con fornitori vari, e circa €100.000 di debiti verso Agenzia Entrate Riscossione (IVA non versata, contributi INPS e qualche multa). In totale €230.000. Il capannone vale circa €60.000 sul mercato, ed è l’unico bene immobile di Luigi; lui inoltre possiede una seconda auto, ma la casa di abitazione è intestata alla moglie. Luigi ora lavora come dipendente con stipendio €1.500 mensili.
- Analisi: Abbiamo un mix di debiti privati (banca, fornitori) e debiti erariali significativi. La banca ha ipoteca su capannone quindi è privilegiata, i fornitori sono chirografari, il Fisco ha vari privilegi su parte del credito (IVA ha privilegio generale, contributi pure) e parte chirografario (multe). Se si facesse un saldo e stralcio, come potrebbe Luigi muoversi? Potrebbe tentare di vendere il capannone e offrire il ricavato pro-quota: supponiamo vendesse a €60.000 e desse €60k alla banca che ha ipoteca (il debito di €80k verrebbe parzialmente soddisfatto, la banca potrebbe acconsentire a chiudere per €60k? Forse sì se stima che all’asta ricaverebbe anche meno al netto spese), resterebbero però zero per fornitori e Fisco. Fornitori e Fisco difficilmente accettano zero. Forse Luigi, con quell’entrata, potrebbe anche offrire qualcosina a loro, ma €60k non basterebbe: se dessimo €60k equamente, la banca ipotecaria non accetterebbe ridursi da €80k a, poniamo, €30k. E l’Agenzia Entrate non può transare liberamente. Quindi la via stragiudiziale appare impraticabile.
- Soluzione: Una procedura di sovraindebitamento, probabilmente il Concordato minore (poiché Luigi è imprenditore, anche se cessato, non un consumatore; inoltre ha debiti fiscali rilevanti che in un piano consumer sarebbero comunque possibili da falcidiare ma la procedura adatta è concordato minore). Luigi presenterebbe una proposta dove: il capannone viene venduto nell’ambito del concordato (valutato €60k), il ricavato destinato in primis alla banca ipotecaria (che dunque riceverebbe i suoi €60k, ovvero il 75% del credito, soddisfatta in via privilegiata), i restanti debiti (€170k tra fornitori e fisco) verrebbero soddisfatti con, ad esempio, i futuri risparmi di Luigi: può offrire di destinare €300 al mese del suo stipendio per 4 anni (circa €14.400) da ripartire tra chirografari. Quindi fornitori e Fisco chirografario avrebbero circa l’8% (14.4k su 170k). Questa percentuale è bassa ma se dimostra che il capannone è l’unico asset e €300 è il massimo che può risparmiare, il tribunale potrebbe valutarla comunque come congrua rispetto alla liquidazione (liquidazione darebbe €60k alla banca, i fornitori e fisco avrebbero quasi niente perché privilegio fisco prenderebbe parte di quell’asta residua se c’è, ma direi la banca piglia tutto il valore ipoteca, resterebbe nulla). Quindi l’8% forse è addirittura più di quello che avrebbero in liquidazione (dove fornitori avrebbero 0). Dunque il concordato è conveniente e può essere approvato con il voto dei creditori: la banca avrà tutto l’interesse (concordato le dà €60k subito dalla vendita, meglio di attendere aste), i fornitori e l’Agenzia Entrate, benché prendono spiccioli, in liquidazione prenderebbero zero, quindi anche loro dovrebbero razionalmente votare sì, o comunque il giudice potrebbe omologare con cram-down sul Fisco dimostrando convenienza. Luigi al termine venderà il capannone, pagherà le rate concordate, e otterrà l’esdebitazione del resto (all’incirca €155k di debito cancellati). Nessun accordo stragiudiziale potrebbe dargli ciò, perché l’Agenzia Entrate non può accordare quell’8% di sconto in via privata e i fornitori non sarebbero coordinati. Quindi chiaramente la procedura concorsuale vince. Alternativamente Luigi potrebbe valutare la liquidazione controllata: il liquidatore vende il capannone (€60k alla banca), e alla fine Luigi chiederebbe esdebitazione. In liquidazione, però, Luigi potrebbe temere che perdesse anche qualcosa d’altro (es. la seconda auto, se non indispensabile, e un quinto stipendio per 4 anni potrebbe comunque andarsene in mano al liquidatore). Il concordato minore invece gli permette di progettare lui la soluzione destinando €300 che lui stesso propone (in liquidazione sarebbe il liquidatore a prendergli magari €260 mensili come pignoramento dello stipendio). Quindi il concordato è preferibile perché Luigi conserva più controllo e l’esdebitazione è comunque assicurata a fine esecuzione.
Caso 3: Il debitore con ipoteca sulla casa di abitazione
- Scenario: Chiara, 50 anni, ha un mutuo sulla prima casa residuo di €150.000, ma per difficoltà economiche è in ritardo di 8 rate. La banca ha avviato la procedura di esecuzione immobiliare. La casa vale circa €180.000, però venduta all’asta rischia di essere aggiudicata per meno (base d’asta €135.000 e potrebbe scendere). Chiara ha anche altri debiti minori: €8.000 di carte di credito e €5.000 con un fornitore privato. Il suo reddito è ripreso da poco (nuovo lavoro) ma non abbastanza da pagare le rate arretrate e i debiti extra.
- Opzione 1 – Saldo e Stralcio: Chiara potrebbe cercare un compratore per la casa e offrire alla banca una transazione: ad esempio, un investitore è disposto a pagare €140.000 per la casa. La banca potrebbe accettare €140.000 a saldo del mutuo (rinunciando a €10.000 circa) pur di evitare l’asta, perché incasserebbe subito e sicuramente. In tal caso, la casa viene venduta, la banca ottiene €140k, l’ipoteca viene cancellata e Chiara esce dall’esecuzione. Rimane però senza casa (dovrà andare in affitto) e con comunque il debito residuo del mutuo teoricamente estinto dall’accordo (quel 10k stralciato non lo deve più). Rimangono i debiti di carte e fornitore: ma con i €140k incassati, Chiara magari può destinare qualcosa anche a loro, oppure con la vendita riesce a ricavare qualche extra (dipende se c’erano spese legali, comunque poniamo che quell’investitore oltre 140k paghi anche le spese, Chiara forse non ricava nulla perché era tutta ipoteca). Comunque, potrebbe poi negoziare con le finanziarie a parte con piccoli importi. È una strada fattibile se trova l’acquirente, e di solito gli investitori immobiliari cercano proprio questi casi (stralciare con la banca e acquisire l’immobile sottovalutato).
- Opzione 2 – Procedura: Chiara potrebbe presentare un Piano del consumatore. Poiché la casa è prima casa, la legge le consente, se è in regola con mutuo, di tenerla fuori, ma lei è in arretrato quindi non è in regola; potrebbe chiedere al giudice di riammetterla in termini pagando le rate arretrate diluite nel piano (il CCII prevede qualcosa del genere). Potrebbe proporre di riprendere il pagamento regolare del mutuo e trattare solo gli altri debiti con una piccola falcidia. Ma qui il problema è che già il mutuo è alto e lei non riesce a onorarlo interamente. Forse allora conviene la liquidazione controllata: il liquidatore venderebbe la casa, realizzerebbe ~€140-150k, paga la banca, il residuo (se qualcosa) va agli altri creditori e poi Chiara esdebitata. Il punto è che con la liquidazione, Chiara di sicuro perde la casa e viene venduta magari all’asta (con possibili ribassi). Con l’accordo privato, forse spunta un prezzo migliore (un investitore può offrire di più di quanto andrebbe all’asta iniziale). Quindi, in questo caso, paradossalmente conviene tentare prima il saldo e stralcio con la banca: se riesce, recupera più valore dalla casa e riduce il debito efficacemente. Dopo aver sistemato la banca, rimarrebbero €13k di chirografari. Chiara, con la casa venduta, può anche valutare un mini-piano per quelli, oppure semplicemente accordarsi separatamente (con €2k potrebbe stralciare l’8k di carte, ad esempio). Dato che i residui sono piccoli, meglio evitare procedura.
- Conclusione: per Chiara, la priorità è salvare il valore della casa e fermare l’asta. Il saldo e stralcio con vendita volontaria appare l’arma migliore. La procedura è un paracadute se non trova accordo: potrebbe depositare un piano del consumatore e chiedere la sospensione della vendita all’asta (molti tribunali lo concedono in attesa di omologa). Ma poi il piano si baserebbe comunque sulla vendita dell’immobile nel mercato libero – quindi non cambia molto se non che ha l’ombrello del tribunale per vendere con calma. Tuttavia, vendere con calma può far spuntare prezzo pieno (€180k) e pagare tutti i debiti (150 mutuo +13k altri =163k, fattibile con 180k prezzo). In tal caso addirittura niente esdebitazione serve perché si paga tutto. Ma allora non serve procedura.
- Strategia integrata: 1) Provare accordo stragiudiziale con la banca e acquirente privato. 2) Se asta imminente e non c’è accordo in tempo, presentare ricorso per piano chiedendo sospensione, così da guadagnare tempo per vendere privatamente (il tribunale di solito lo permette se c’è prospettiva seria di vendita). 3) Completare vendita e pagare creditori. 4) Far omologare eventualmente il piano se serve per esdebitazione residua. In definitiva, un mix. Ma sicuramente il saldo e stralcio qui è molto rilevante.
Caso 4: Debitore “incapiente” totale
- Scenario: Paolo, 30 anni, un passato di disoccupazione e problemi di salute, ha accumulato €60.000 di debiti (prestiti personali, bollette non pagate, qualche multa) durante anni difficili. Attualmente non ha un lavoro fisso (fa lavoretti saltuari in nero), vive in casa dei genitori, non ha proprietà né auto. Nessuna banca gli presterebbe soldi per chiudere i debiti, e la famiglia è a reddito basso quindi non può aiutarlo in maniera significativa. Paolo di fatto non potrebbe offrire niente ai creditori oggi.
- Analisi: Questo è un caso estremo di insolvenza totale. Nessun creditore accetterebbe un saldo e stralcio a zero (ovviamente). E Paolo non ha elementi per un accordo (non possiede beni da liquidare, né prospettiva di ottenere presto). L’unica strada è quella legale.
- Soluzione: Paolo dovrebbe valutare l’Esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII. Può presentare istanza dimostrando che non ha alcuna utilità da offrire e che la sua insolvenza non è dovuta a frodi. Se, ad esempio, la sua situazione è dovuta a sfortune (malattia, spese mediche) e non ha nascosto beni, il tribunale potrebbe concedergli l’esdebitazione immediata cancellando i €60.000. Impegnerà Paolo a segnalare eventuali vincite o miglioramenti di reddito nei 4 anni successivi per dare qualcosa ai creditori se capita. Ma di base Paolo ripartirebbe da zero. Un eventuale procedura di liquidazione controllata in questo caso sarebbe uno spreco di tempo e risorse (non c’è nulla da liquidare, se non i costi procedurali inutili). Il saldo e stralcio è impossibile. Quindi la legge ha creato questa scorciatoia proprio per Paolo.
- Nota: Questo istituto è l’unica soluzione quando il debitore è completamente privo di risorse. Infatti, prima se ne parlava: per far un saldo e stralcio comunque devi dare qualcosa, per far un piano devi avere almeno redditi futuri da mettere. Se non c’è niente, l’art.283 è la via – se i requisiti morali ci sono.
Dai casi visti, emerge una regola pratica: tentare il saldo e stralcio quando si ha un potere contrattuale (denaro o beni da offrire subito e pochi interlocutori), altrimenti preferire la procedura concorsuale quando il problema è più vasto e il debitore ha bisogno di legge per uscirne. In certe situazioni, come mostrato, le due vie possono anche integrarsi in sequenza: il debitore può provare prima le trattative stragiudiziali e, solo se falliscono, ripiegare sulla procedura. Questo a volte porta anche i creditori a più miti consigli: ad esempio, se sanno che se non accettano l’accordo il debitore andrà in procedura e loro forse prenderanno di meno, potrebbero accettare. Una sentenza della Cassazione del 2024 (n. 30543/2024) evidenzia proprio che se una proposta non soddisfa un privilegiato a sufficienza, il giudice deve permettere al debitore di correggerla e riprovare. Ciò indica che c’è spazio di manovra: un creditore bancario spesso preferisce trattare che finire in un concordato dove comunque gli verrebbe offerto solo il valore di realizzo. Quindi, un consiglio per i debitori è: valutare con un professionista tutte le alternative e magari usare la minaccia credibile della procedura come leva negoziale. Esempio: “Caro creditore, se non troviamo un accordo, io farò un piano del consumatore e il giudice ti darà anche meno. Conviene pure a te prendere questo saldo e stralcio ora”. Questo ragionamento è concreto e molti creditori informati sanno che la legge salva-debiti esiste e preferiscono un uovo oggi (transazione) alla gallina domani (incerta in procedura).
Domande Frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande comuni sul tema, con risposte concise, per chiarire gli ultimi dubbi pratici.
- D: Che cos’è esattamente un accordo a saldo e stralcio?
R: È un accordo transattivo in cui il creditore accetta di chiudere la posizione debitoria a fronte di un pagamento parziale immediato da parte del debitore. In pratica il debitore paga una parte del dovuto (saldo) e il resto viene cancellato (stralcio). Serve un consenso esplicito di entrambe le parti, di solito formalizzato per iscritto. Dopo il pagamento concordato, il creditore rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa sul residuo del debito. - D: In cosa consiste invece la procedura di sovraindebitamento?
R: È un procedimento giudiziario rivolto ai debitori non fallibili in grave difficoltà economica, che consente di ristrutturare o azzerare i debiti sotto il controllo del tribunale. Si può trattare di un piano di rientro (ristrutturazione) per consumatori, di un concordato minore per piccoli imprenditori, o di una liquidazione dei beni. L’obiettivo finale è ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti che il debitore non è in grado di pagare, offrendo comunque ai creditori il miglior soddisfacimento possibile date le sue condizioni. - D: Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
R: Possono accedervi i debitori “civili” non soggetti a fallimento: persone fisiche (consumatori), imprenditori minori, professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli, enti non commerciali, eredi di imprenditore fallibile, ecc.. In generale chiunque non possa essere dichiarato fallito o sottoposto a liquidazione giudiziale tradizionale. È necessario però essere in stato di sovraindebitamento (crisi o insolvenza conclamata) e rispettare i requisiti di onestà (non aver agito con frode o colpa grave). Chi è stato già esdebitato nei 5 anni precedenti o più di due volte in totale è escluso. - D: Se ho anche un’attività d’impresa (piccola), posso fare il piano del consumatore o devo fare il concordato minore?
R: Dipende. Il piano del consumatore è riservato a debiti contratti fuori attività d’impresa. Se i tuoi debiti derivano in parte da attività professionale o di impresa, devi ricorrere al concordato minore per includerli. Tuttavia, se hai sia debiti personali che debiti di impresa, c’è la possibilità di presentare un’unica procedura combinata (specie ora con il Codice della Crisi, è tutto nel cappello del concordato minore, eventualmente con classi di creditori consumatori e creditori imprenditoriali). In pratica, un soggetto che è insieme consumatore e imprenditore minore potrebbe dover impostare la domanda come concordato minore per includere tutto. È bene farsi assistere dall’OCC per capire la categoria giusta. - D: Quali debiti si possono inserire in una procedura di sovraindebitamento?
R: Tendenzialmente tutti i debiti del debitore, sia verso privati che verso enti pubblici (banche, finanziarie, fornitori, affitti, bollette, tributi, contributi, cartelle esattoriali, multe). Sono esclusi solo quei debiti che per legge non possono essere toccati, ad esempio le obbligazioni alimentari (mantenimento familiare), e in sede di esdebitazione finale non si liberano eventuali debiti per risarcimenti dovuti a fatti illeciti con dolo (es. multe penali, danni per reati). Ma ad esempio i debiti fiscali si possono includere: la loro riduzione è ammessa secondo legge (devono ricevere almeno quanto avrebbero in un fallimento), e con l’omologa anche lo Stato è vincolato alla falcidia. - D: È vero che con la procedura di sovraindebitamento si possono cancellare anche i debiti con Equitalia/Agenzia Entrate?
R: Sì, rientrano nella procedura e possono essere soggetti a falcidia ed esdebitazione. Naturalmente, per ridurre un debito fiscale privilegiato nel piano occorre offrire almeno il valore che quel credito avrebbe ricavato liquidando i beni su cui insiste (in pratica non penalizzare il Fisco più del dovuto). Per la parte chirografaria (es. sanzioni, interessi non garantiti) si può anche prevedere di non pagarla affatto. Una volta completata la procedura, la parte non pagata viene annullata e il debitore non la deve più. Ad esempio, in diverse pronunce i tribunali hanno omologato piani dove si tagliavano sanzioni e interessi tributari quasi integralmente. Attenzione: questo vale dentro la procedura concorsuale; al di fuori, come detto, non si può semplicemente negoziare un saldo col Fisco. Quindi il sovraindebitamento è lo strumento per gestire anche cartelle esattoriali insostenibili. - D: Cosa succede se un creditore non è d’accordo con il piano o il concordato? Può bloccarlo?
R: Nella Ristrutturazione dei debiti del consumatore i creditori non hanno potere di veto: possono fare osservazioni, ma se il giudice valuta il piano conforme alla legge (e vantaggioso per loro rispetto alla liquidazione), lo omologa anche con tutti i creditori contrari. Nel Concordato minore, invece, serve il voto favorevole di una maggioranza di crediti (es. 60%) per approvarlo. Quindi alcuni creditori dissenzienti possono teoricamente far mancare la maggioranza e far saltare l’accordo. Tuttavia, il CCII ha introdotto meccanismi per evitare abusi: ad esempio, se il Fisco ha peso decisivo ma la proposta per il Fisco è conveniente, il tribunale può omologare anche se il Fisco ha votato no (cram-down). In generale, se manca la maggioranza il concordato non viene omologato, ma il debitore può passare alla liquidazione controllata come alternativa. Una volta omologato (piano o concordato), nessun creditore può chiamarsi fuori: anche chi era contrario deve sottostare e incasserà solo quanto previsto. Può solo impugnare per gravi vizi di legittimità, ma non sul merito di aver ricevuto poco (se la legge è stata rispettata). - D: Quante volte posso avvalermi di queste procedure?
R: Non di frequente. Si mira a dare una “seconda opportunità”, ma non a permettere abusi seriali. In particolare, la legge stabilisce che un debitore già esdebitato (cioè già liberato dai debiti in passato via procedura) non possa accedere di nuovo per 5 anni. E comunque non più di due volte in totale nella vita. Ci sono anche restrizioni se un precedente piano è stato revocato per dolo o inadempimento: in quel caso può essere precluso un nuovo tentativo. Invece non c’è formalmente un limite a quanti saldo e stralcio si possano fare (a parte la pazienza dei creditori…). Ma naturalmente, se uno ha risolto i debiti con un saldo e stralcio e poi ricade, i creditori futuri saranno molto più diffidenti nel fare altri sconti. - D: Cosa succede ai miei beni durante la procedura? Perdo tutto?
R: Dipende dalla procedura e dal piano. No, non necessariamente perdi tutto. Nel piano del consumatore o concordato minore, spetta al debitore proporre come gestire i beni: si può prevedere di liquidare solo alcuni beni e tenerne altri se giustificato. Ad esempio, il Codice consente al consumatore di mantenere la casa di abitazione se è in regola col mutuo. E comunque nessuna procedura ti toglie i beni impignorabili (es. effetti personali, stipendi minimi, strumenti di lavoro essenziali). In un concordato minore puoi decidere di vendere certi asset non vitali per pagare i creditori e conservare ciò che serve a proseguire l’attività (macchinari, ecc. – con accordo dei creditori). La liquidazione controllata, al contrario, comporta la messa in vendita di tutti i beni di valore vendibile (esclusi impignorabili) da parte del liquidatore. In sostanza: se vuoi salvare certi beni, meglio tentare un piano/concordato includendo invece altri valori per soddisfare i creditori. Se vai in liquidazione dovrai sacrificare tutto il sacrificabile, in cambio della totale liberazione. Va detto che la legge tiene conto anche del bene del debitore: ad esempio, è previsto che possano essere esclusi dalla liquidazione beni di scarso valore o il cui ricavato servirebbe poco ai creditori ma la cui perdita sarebbe un grave disagio per il debitore (questo con prudenza, ma c’è margine di umanità). In ogni caso, un accordo saldo e stralcio con un creditore potrebbe farti conservare beni che invece in procedura dovresti cedere – però resta da vedere se quell’accordo è fattibile. - D: Durante la procedura di sovraindebitamento, i creditori possono pignorare lo stipendio o altre cose?
R: No, una volta ammessa la procedura sono bloccati i pignoramenti individuali. Più precisamente, con il deposito del ricorso il debitore può chiedere misure protettive: il tribunale può disporre la sospensione delle esecuzioni in corso fino all’omologa. Dopo l’omologazione di un piano o apertura liquidazione, per legge nessun creditore può iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Quindi niente nuovi pignoramenti di stipendio, niente aste di immobili (quelle pendenti vengono annullate o proseguono sotto l’egida del liquidatore). I debiti saranno pagati solo secondo la procedura. Unico neo: se presenti il piano, fino al decreto di ammissione è possibile che un creditore corra al giudice per fare un decreto ingiuntivo. Ma come detto la Cassazione ha stabilito che un decreto ingiuntivo in pendenza di procedura è ammesso (perché il credito va accertato), ma poi quell’ingiunzione non potrà essere eseguita se il piano viene omologato. E se il piano fallisce, il creditore si era portato avanti col titolo. Insomma, durante la procedura c’è un effetto “stay” come si dice: tregua alle azioni esecutive, in attesa di vedere se si risolve collettivamente. - D: Il saldo e stralcio mi pulisce la storia creditizia? Posso chiedere nuovi prestiti subito dopo?
R: Quando chiudi un debito a saldo e stralcio, la Centrale Rischi (CRIF, Experian, ecc.) viene aggiornata con l’esito di “saldo a stralcio” o “transazione parziale”. Questa è comunque un’informazione negativa (significa che il debito non è stato pagato integralmente come da contratto). Tipicamente, le segnalazioni di sofferenza poi permangono per alcuni mesi/anni anche dopo la chiusura, dopodiché vengono cancellate automaticamente. Per esempio, nelle banche dati dei sistemi di informazioni creditizie, un saldo a stralcio viene visibile per 12 mesi dalla data di aggiornamento se il debito era già in sofferenza. Quindi, non potrai ottenere prestiti immediatamente appena stralci, dovrai attendere la cancellazione o almeno mostrare un miglioramento. Tuttavia, la tua posizione è migliore di prima (prima eri a sofferenza aperta, poi sei a sofferenza chiusa). Con la procedura di sovraindebitamento, la situazione è simile o peggiore: comparirà che sei stato in procedura concorsuale, cosa che le banche vedono male per un po’. Non c’è una regola fissa, ma è ragionevole aspettarsi almeno un paio d’anni di “digiuno creditizio” dopo aver risolto i debiti, per ricostruire la tua affidabilità. La legge non ti proibisce di indebitarti di nuovo (salvo che non puoi accedere a un’altra esdebitazione per 5 anni), ma gli istituti saranno prudenti. - D: Devo per forza farmi assistere da un avvocato o da qualcuno in queste procedure?
R: Per un semplice saldo e stralcio, non c’è obbligo legale di assistenza – potresti teoricamente trattare tu col creditore. In pratica, però, è altamente consigliato farsi assistere da un professionista (avvocato o società di gestione debiti), perché sanno come condurre la trattativa, redigere l’accordo scritto e tutelare i tuoi interessi (es. inserire la clausola di rinuncia a pretese future, ecc.). Per la procedura di sovraindebitamento, la legge attuale dice che la domanda può essere presentata dal debitore anche senza firma di un difensore (art. 68 CCII), quindi tecnicamente potresti depositare da solo tramite l’OCC. Tuttavia, la figura dell’OCC è obbligatoria: devi rivolgerti a un Organismo di Composizione della Crisi o a un professionista gestore nominato dal tribunale. Quello è un “tutor” che di fatto ti assiste nel predisporre il piano/accordo. Oltre all’OCC, spesso è utile avere anche un avvocato, specie se ci sono opposizioni dei creditori o udienze delicate. Quindi, nella pratica, sì, avrai un team di supporto (OCC + eventuale legale). Tieni conto che i costi di questi soggetti poi rientrano nelle spese della procedura, ma è bene discuterne prima (di solito l’OCC chiede un fondo spese iniziale, come dicevamo). - D: Cosa succede se dopo aver iniziato la procedura non riesco a rispettare il piano?
R: Se il piano è già omologato e poi tu non paghi come previsto, i creditori o l’OCC possono chiedere al tribunale la risoluzione/revoca del piano. In tal caso, perdi i benefici: i debiti tornano esigibili al netto di quanto eventualmente hai pagato, e i creditori possono riprendere le azioni. Spesso il tribunale in caso di revoca converte in liquidazione: cioè nomina un liquidatore per vendere quel che resta del tuo patrimonio e cercare di soddisfare i creditori, poi eventualmente ti esdebita (se il fallimento è stato dovuto a sfortuna e non a dolo). Ad esempio, se un piano del consumatore dura 5 anni e dopo 2 anni smetti di pagare senza motivo, è probabile che venga revocato e tu finisca in liquidazione per i restanti debiti. Se invece la difficoltà è temporanea o parziale, potresti chiedere una modifica del piano al giudice (il CCII consente adeguamenti se circostanze oggettive lo rendono necessario, per tutelare sia te che i creditori). Quindi, comunicare subito tramite l’OCC i problemi è fondamentale. In sintesi: non prendere impegni che non puoi mantenere; meglio un piano conservativo ma sostenibile, che uno troppo ottimistico e poi crolla. Il sistema comunque non è punitivo se sei in buona fede: Cass. 30542/2024 sottolinea che il debitore in difficoltà non viene bloccato al primo errore, può riprovare con una proposta corretta. Ma se l’errore è non eseguire, lì c’è meno tolleranza. - D: E se un saldo e stralcio privato fallisce (il creditore ci ripensa dopo aver preso i soldi)?
R: Questo non dovrebbe succedere se l’accordo è ben fatto. Per questo insisto sulla forma scritta con clausola di liberazione definitiva. Poniamo però un caso: paghi e il creditore continua a chiedere soldi. Se hai un documento firmato che quel pagamento “soddisfa ogni credito residuo”, tu sei a posto; se il creditore fa causa o continua il pignoramento, tu lo esibisci al giudice e la pretesa viene respinta (l’accordo transattivo è opponibile in giudizio). Se invece non hai prove scritte chiare, potresti dover intraprendere tu un’azione legale (arrivando a dimostrare magari testimoni alla mano che c’era accordo, ma è complicato). Quindi la miglior prevenzione è: mettere tutto per iscritto e fare pagamenti tracciabili, e magari farsi firmare dal creditore quietanza con dicitura “a saldo e stralcio e nulla più a pretendere”. Così sei coperto. La transazione è un contratto, se l’altra parte non lo rispetta, tu puoi citarla in giudizio per inadempimento contrattuale, chiedendo anche i danni. Ma ovviamente l’ideale è evitare di arrivare a contenzioso dopo la transazione, perché ne vanificherebbe in parte lo scopo. Fortunatamente, casi di creditori che “ci ripensano” dopo aver formalmente accettato sono rari, perché si giocano la credibilità legale (un giudice li sanzionerebbe). Sta al debitore assicurarsi che l’accordo sia cristallino. - D: Dopo la procedura, i debiti sono veramente cancellati al 100%? C’è possibilità che qualcuno torni a chiedere soldi?
R: Se la procedura termina con un decreto di esdebitazione, esso fa stato: tutti i crediti concorsuali (antecedenti) non soddisfatti sono estinti definitivamente. Quindi legalmente nessuno potrà pretenderli. I creditori ricevono comunicazione del provvedimento e non possono agire oltre. C’è però un’eccezione: se emergesse che hai ottenuto l’esdebitazione con dolo o frode (tipo hai nascosto un grosso bene, o hai mentito su dati rilevanti), il decreto di esdebitazione può essere revocato su istanza di creditori entro determinate tempistiche e condizioni (credo entro l’anno se scoprono l’inghippo). Quindi, onestà paga: se hai giocato pulito, nessuno ti tocca più; se hai barato, rischi di perdere il beneficio. Altra cosa: i coobbligati e fideiussori non beneficiano dell’esdebitazione (vale solo per il debitore che l’ha ottenuta). Quindi, se tu avevi un garante, il creditore dopo la procedura potrebbe rifarsi sul garante per la parte non pagata (per questo a volte i garanti partecipano alla stessa procedura famigliare, per pulirsi anche loro). Un saldo e stralcio invece di solito libera anche il garante se così si conviene, ma anche lì bisogna stare attenti a scriverlo. In conclusione, post-procedura sei libero dai debiti a tuo nome; post-saldo e stralcio sei libero dal singolo debito transatto; in entrambi i casi è definitivo, salvo rare eccezioni legali.
Conclusioni
Abbiamo esplorato in dettaglio le due strade principali per affrontare situazioni di sovraindebitamento dal punto di vista del debitore: l’accordo a saldo e stralcio e le procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata). La scelta tra l’una e l’altra dipende da vari fattori, riassumibili in poche domande chiave che il debitore dovrebbe porsi:
- Quanti creditori ho e di che tipo? Pochi e privati → forse meglio negoziare singolarmente. Molti e tra cui l’Erario → necessario procedere legalmente.
- Ho risorse liquide o beni immediatamente monetizzabili da offrire? Sì (ad esempio un aiuto familiare, un immobile vendibile) → posso tentare saldo e stralcio. No, ho solo reddito futuro → devo per forza passare da un piano concorsuale per pagare a rate ed esdebitarmi.
- Quanto tempo voglio/posso aspettare per risolvere? Ho fretta di chiudere (ad es. per evitare un fallimento personale di credibilità) → accordo privato se attuabile. Posso programmare negli anni e preferisco un esito certo anche se lungo → procedura.
- Sono disposto a sottoporre la mia situazione al giudizio di un tribunale? Se no (per ragioni personali) → cerco soluzioni private, consapevole però dei limiti. Se sì → approfitto della legge fatta apposta.
- C’è il rischio di perdere beni importanti? Con il saldo e stralcio potrei salvare ad esempio la casa se riesco a rifinanziare, con la procedura potrei doverla vendere. Bilanciare cosa è più prioritario.
Spesso il percorso migliore è un approccio graduale e combinato: provare la via stragiudiziale, e tener pronta l’alternativa giudiziale. Un consulente legale esperto può aiutare a condurre entrambe le cose in parallelo: ad esempio, mettendo pressione ai creditori con la bozza di un piano di sovraindebitamento (dicendo “se non accettate, presenteremo questo in tribunale”), oppure viceversa sospendendo temporaneamente le azioni esecutive grazie al deposito di un ricorso, per avere il tempo di chiudere vendite e accordi transattivi.
Dal punto di vista normativo, la cornice italiana ad oggi (luglio 2025) offre al debitore sovraindebitato strumenti efficaci e consolidati. Le novità introdotte dal Codice della Crisi e i suoi correttivi, come abbiamo visto, hanno potenziato le tutele: durata limitata delle liquidazioni (3 anni), esdebitazione dell’incapiente, possibilità di procedure familiari, incentivo a banche e finanziarie a comportarsi responsabilmente (pena la perdita del diritto di opposizione), etc. Inoltre, la giurisprudenza recente della Corte di Cassazione fornisce linee-guida importanti: dalla necessità di assicurare ai privilegiati almeno il valore di liquidazione, al principio che l’omologa di un piano non può essere impugnata da estranei, fino all’invito a non penalizzare il consumatore per defaillance formali se OCC e giudice hanno già controllato. Tutto questo concorre a rendere l’opzione concorsuale sempre più affidabile per chi ne ha bisogno.
D’altro canto, la soluzione del saldo e stralcio rimane un’arte negoziale che in molti casi permette di risparmiare tempo e anche denaro, specie quando la controparte è collaborativa. È spesso utilizzata in contesti come le esecuzioni immobiliari (per evitare aste lunghe e svalutanti), e in generale quando ci sono fondi terzi (es. parenti) disposti ad aiutare il debitore a patto di chiudere subito. Un accordo ben congegnato può offrire quella flessibilità creativa che nessuna procedura standardizzata potrà mai replicare al 100%.
In definitiva, dal punto di vista del debitore conviene sempre valutare la convenienza delle opzioni sul tavolo caso per caso e, se possibile, sfruttare il meglio di entrambe: ad esempio, usare la procedura per includere creditori ostici (come il Fisco) mentre parallelamente si fanno accordi stragiudiziali con altri creditori minori per snellire il tutto. Nulla vieta infatti, ad esempio, di pagare fuori procedura un piccolo creditore se conviene farlo, e poi procedere solo coi grandi. Serve strategia e assistenza professionale.
Ricordiamo infine che l’obiettivo primario di entrambe le soluzioni è comune: permettere a persone e famiglie schiacciate dai debiti di ritrovare la dignità e ripartire da zero, evitando il lavoro nero, l’usura o – nei casi più tragici – gesti disperati. La normativa italiana sul sovraindebitamento (la “salva suicidi”) e la pratica del saldo e stralcio sono due facce di questa medaglia: la prima istituzionale, garantita dallo Stato; la seconda lasciata all’iniziativa privata ma alimentata comunque dalla logica economica (win-win). Scegliere l’una o l’altra dipende dalle circostanze, ma in ogni caso il debitore oggi ha strumenti di cui avvalersi.
Il consiglio è di non aspettare troppo a lungo: come rilevano gli studi OCC, molti debitori arrivano a chiedere aiuto quando ormai la situazione è deteriorata e l’unica via è liquidare tutto. Agire tempestivamente permette invece magari di salvare qualcosa e di proporre soluzioni migliori. Monitorare i segnali di crisi e intervenire con un piano (privato o giudiziale) prima che i debiti lievitino ulteriormente fa la differenza fra una ristrutturazione riuscita e un fallimento personale disastroso.
In questo senso, conoscere le differenze tra saldo e stralcio e procedura di sovraindebitamento – come si spera faccia questa guida – è il primo passo per decidere consapevolmente quale strada intraprendere per tornare finalmente liberi dai debiti.
Fonti
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (“Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”). Testo normativo introduttivo delle procedure di sovraindebitamento per debitori civili.
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), come modificato dai D.Lgs. 147/2020, 83/2022, 83/2022 (“Correttivo bis”) e 136/2024 (“Correttivo ter”). Artt. 65–83 (procedure di composizione del sovraindebitamento) e 268–283 (liquidazione controllata ed esdebitazione).
- Corte di Cassazione, sentenza n. 4613/2023 del 14/02/2023 – principio sull’“alternativa liquidatoria” nell’accordo ex L.3/2012: il pagamento offerto al creditore ipotecario deve essere confrontato col valore anche di beni alienati ma revocabili, che il creditore potrebbe aggredire se non ci fosse l’omologazione.
- Corte di Cassazione, sentenza n. 4270/2021 – conferma la legittimità di falcidiare i creditori privilegiati nelle procedure di sovraindebitamento, pagando almeno il valore di mercato dei beni su cui insiste la prelazione.
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 28013/2022 – chiarisce che un piano del consumatore che offre ai chirografari una soddisfazione “irrisoria” può essere dichiarato inammissibile per difetto di causa, demandando al giudice di merito valutare caso per caso quando la percentuale sia troppo bassa.
- Corte di Cassazione, sentenza n. 22900/2023 – stabilisce che dopo l’omologa di un piano del consumatore, eventuali lacune della documentazione non possono essere fatte valere contro il debitore: il controllo di completezza spetta a OCC e giudice prima dell’omologa.
- Corte di Cassazione, sentenza n. 30543/2024 – in un accordo ex L.3/2012 che soddisfa parzialmente un credito privilegiato, l’omologa è possibile solo previa verifica che la proposta sia più conveniente della liquidazione alternativa. Inoltre, il debitore può ripresentare una proposta corretta se la prima è dichiarata inammissibile (non essendo decisione definitiva).
- Corte di Cassazione, sentenza n. 30542/2024 – chiarisce che la dichiarazione di inammissibilità di un piano/accordo (senza esame di merito) non è una decisione definitiva, quindi il debitore può riproporre una nuova domanda corretta; non è ammesso ricorso per Cassazione contro il primo provvedimento in quanto non decisorio. Contestualmente si cita il “Decreto Correttivo Ter” 2023 che ha esplicitato la reclamabilità del provvedimento di inammissibilità e reso più chiari i criteri di ammissibilità.
- Corte di Cassazione, sentenza n. 5157/2025 – (richiamata da Pianodebiti.it) afferma che il provvedimento di omologa del piano del consumatore non è impugnabile con reclamo/ricorso da chi non è stato parte nel giudizio di omologazione, enfatizzando il legame tra diritto di difesa e partecipazione formale al processo.
- Tribunale di Ferrara, decreto 28.7.2021 (esempio di esdebitazione incapiente accordata). Evidenzia che la procedura di cui all’art. 283 CCII è riservata al sovraindebitato incolpevole privo di qualunque utilità da offrire, e viene concessa come beneficio eccezionale, con eventuale condizione di versare ai creditori sopravvenienze entro 4 anni.
- Confcommercio – Rottamazione quater, scadenze 2025 (marzo 2023). Cita che oltre alla rottamazione esistono altre misure come il saldo e stralcio delle cartelle riservato a determinate categorie, evidenziando la natura limitata e condizionata di tali provvedimenti.
- Camera di Commercio di Frosinone-Latina – Le diverse procedure (Crisi da sovraindebitamento). Sito istituzionale OCC: spiega sinteticamente concordato minore, requisiti (ad es. non può accedervi chi già esdebitato 5 anni prima o 2 volte – in linea con art. 80 CCII), effetti, ecc.
Saldo e Stralcio o Procedura di Sovraindebitamento? Fatti Consigliare da Studio Monardo
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Ma quale conviene davvero? La risposta dipende dalla tua situazione personale, patrimoniale e reddituale.
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- ⚖️ Valuta se puoi chiudere con un saldo e stralcio extra-giudiziale o se è più conveniente accedere alla procedura legale di sovraindebitamento
- ✍️ Ti assiste nella trattativa con i creditori per ottenere forti sconti a saldo e stralcio
- 🔐 Redige e deposita il piano di ristrutturazione o il piano del consumatore presso l’Organismo di Composizione della Crisi
- 🔁 Ti segue fino all’esdebitazione definitiva, se non sei più in grado di pagare nulla
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
- ✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e crisi da sovraindebitamento
- ✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
- ✔️ Consulente legale per debitori privati, autonomi, ex imprenditori e famiglie in difficoltà
Conclusione
Il saldo e stralcio può essere rapido ma richiede disponibilità economica immediata.
La procedura di sovraindebitamento è più strutturata, ma ti consente di bloccare le azioni esecutive e pagare solo ciò che puoi.
In entrambi i casi, serve una strategia giuridica su misura.
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