Come Sospendere Una Procedura Esecutiva Con La Procedura Di Sovraindebitamento

Hai subito un pignoramento o sei stato raggiunto da un atto esecutivo e non sai come fermarlo? Ti chiedi se esiste un modo per sospendere la procedura esecutiva e riprendere il controllo della tua situazione economica?

La legge ti offre uno strumento concreto e potente: la procedura di sovraindebitamento. Può bloccare pignoramenti, ipoteche e ogni forma di aggressione ai tuoi beni, anche se i debiti sono elevati.

Cos’è la procedura di sovraindebitamento?
È un meccanismo previsto dal Codice della Crisi che permette a persone fisiche, ex imprenditori, professionisti e pensionati di ristrutturare i propri debiti, ottenere sconti e sospendere le procedure esecutive in corso.

Chi può accedere alla procedura di sovraindebitamento?
– Persone fisiche non fallibili (ex artigiani, commercianti, lavoratori autonomi)
– Ex imprenditori che hanno cessato l’attività
– Consumatori con debiti da mutui, carte revolving, finanziamenti o tasse
– Pensionati e dipendenti colpiti da pignoramenti
– Garante o coobbligato che ha ricevuto richieste per debiti altrui

Come si può sospendere una procedura esecutiva con questa procedura?
– Si presenta un’istanza presso l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) territorialmente competente
– Si deposita una proposta di piano (accordo, liquidazione controllata o piano del consumatore)
– Contestualmente si può chiedere al Tribunale la sospensione delle esecuzioni in corso
– Il giudice valuta la fattibilità della proposta e può bloccare pignoramenti, aste e sequestri fino alla decisione sul piano
– Se il piano viene approvato, le azioni esecutive vengono definitivamente bloccate

Cosa puoi ottenere con la sospensione della procedura esecutiva?
– Il blocco immediato del pignoramento su stipendio, conto corrente, pensione o beni
– La sospensione delle aste immobiliari
– La protezione del tuo reddito minimo vitale
– Il tempo necessario per presentare un piano sostenibile
– La possibilità di ricominciare senza vivere sotto pressione

Quando la sospensione viene concessa?
– Se il piano è seriamente fondato e documentato
– Se non ci sono atti in frode ai creditori
– Se dimostri che stai agendo in buona fede
– Se c’è un’effettiva situazione di squilibrio economico non superabile con i mezzi ordinari

Come avviare la procedura e ottenere la sospensione?
– Raccogli i documenti: debiti, creditori, redditi, spese, situazione patrimoniale
– Rivolgiti a un avvocato o a un gestore della crisi iscritto presso un OCC
– Presenta l’istanza al Tribunale con la richiesta di sospensione urgente
– Attendi il decreto di sospensione che paralizza ogni azione esecutiva contro di te

Cosa puoi ottenere con la strategia giusta?
– La sospensione immediata delle esecuzioni in corso
– La riduzione del debito fino al 70-80% con un piano approvato dal giudice
– La possibilità di pagare in base alle tue reali possibilità
– La salvaguardia della tua casa, del tuo stipendio e della tua dignità
– La chiusura definitiva dei debiti e la possibilità di ripartire

Non aspettare che il pignoramento vada a segno. Ogni giorno può essere decisivo.
Con la procedura di sovraindebitamento puoi fermare l’esecuzione, difenderti legalmente e ottenere una vera seconda possibilità.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto dell’esecuzione e gestione del sovraindebitamento – ti spiega come sospendere una procedura esecutiva, quando il giudice può bloccarla e come presentare un piano sostenibile per liberarti dai debiti.

Se sei sotto pignoramento o hai ricevuto un atto esecutivo, richiedi una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo in fondo alla guida.
Valuteremo insieme la tua situazione e ti diremo se puoi ottenere subito la sospensione della procedura e presentare un piano per uscire dal sovraindebitamento.

Introduzione

Quando un debitore si trova schiacciato dai debiti e subisce procedure esecutive (pignoramenti di beni, stipendio, conto corrente, ecc.), una delle poche vie per ottenere sollievo immediato è avvalersi delle procedure di sovraindebitamento previste dalla legge. Queste procedure, introdotte originariamente con la Legge 3/2012 e oggi disciplinate nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019), permettono al debitore non fallibile (consumatore, piccolo imprenditore, professionista, etc.) di ristrutturare o liquidare i propri debiti in un contesto concorsuale, congelando nel frattempo le azioni esecutive individuali dei creditori. Dal punto di vista del debitore, ciò significa poter bloccare temporaneamente aste giudiziarie, pignoramenti in corso e nuove azioni, guadagnando tempo prezioso per presentare un piano di risanamento o altre soluzioni.

Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – esamina in dettaglio come sospendere una procedura esecutiva attraverso gli strumenti offerti dalla normativa sul sovraindebitamento. Analizzeremo tutte le procedure attualmente disponibili (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata e il nuovo istituto dell’esdebitazione dell’incapiente), evidenziando:

  • I riferimenti normativi e i più recenti aggiornamenti legislativi (incluso il coordinamento tra Legge 3/2012 e Codice della crisi, fino ai correttivi 2023-2024).
  • Le condizioni e modalità con cui ciascuna procedura consente la sospensione delle azioni esecutive in danno del debitore, con indicazione della durata e dell’ambito di tale sospensione.
  • La giurisprudenza più rilevante e aggiornata (Corte di Cassazione e tribunali) che ha interpretato tali strumenti, fornendo principi di diritto e casi pratici.
  • Tabelle riepilogative comparative per una rapida comprensione delle differenze tra le procedure.
  • Esempi concreti e simulazioni pratiche (ad esempio come salvare la casa da un’asta imminente tramite un piano di ristrutturazione dei debiti).
  • Una sezione Domande & Risposte per chiarire i dubbi più frequenti dal punto di vista del debitore.

Il tutto sarà esposto con un linguaggio giuridico accurato ma chiaro e divulgativo, adatto sia a professionisti legali (avvocati, gestori della crisi) sia a debitori non esperti che vogliono capire come tutelarsi. Iniziamo delineando il quadro normativo di riferimento e i principi generali in materia di sovraindebitamento e sospensione delle esecuzioni.

Normativa di riferimento e principi generali

Sovraindebitamento è la condizione in cui un debitore “non è in grado di adempiere alle obbligazioni assunte” con le risorse economicamente disponibili. Si tratta tipicamente di consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia (imprenditori minori), professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli e altri soggetti non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali fallimentari. Per tali debitori, dal 2012 il legislatore ha predisposto procedure ad hoc volte a comporre la crisi da sovraindebitamento, consentendo la liberazione dai debiti residui (esdebitazione) a determinate condizioni. La prima disciplina organica è stata la Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (nota come “legge sul sovraindebitamento” o “legge salva-suicidi”), poi confluita nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) emanato con D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14. Quest’ultimo è entrato in vigore in via definitiva il 15 luglio 2022, sostituendo la legge 3/2012 per le procedure avviate da quella data in poi. (Le procedure di sovraindebitamento pendenti prima di tale data restano disciplinate dalla legge 3/2012 in base alle norme transitorie, art. 390 CCII).

Le procedure di sovraindebitamento hanno natura concorsuale: coinvolgono cioè tutti i creditori in un contesto unitario sotto la supervisione del tribunale, analogamente a quanto avviene nel fallimento o concordato preventivo (destinati però ai debitori “fallibili”). Ciò comporta che, una volta aperta una procedura di sovraindebitamento, la regola generale è la sospensione o il divieto di prosecuzione delle azioni esecutive individuali da parte dei singoli creditori chirografari e privilegiati anteriori. Questo principio risponde all’esigenza di tutela collettiva dei creditori e di par condicio: le risorse del debitore vanno gestite in modo unitario nella procedura, evitando che un singolo creditore, con l’esecuzione individuale, si soddisfi a scapito degli altri. D’altro canto, si tratta di un sacrificio temporaneo dei diritti individuali dei creditori, giustificato solo se la procedura concorsuale offre serie prospettive di soddisfacimento (anche parziale) e di risanamento della situazione debitoria. Il legislatore dunque bilancia il favor debitoris (favor verso soluzioni collettive della crisi) con la necessità di prevenire abusi: la sospensione delle esecuzioni non è automatica in ogni caso, ma è concessa alle condizioni previste dalla legge, spesso su istanza del debitore e solo dopo una verifica iniziale di ammissibilità della procedura.

Un principio cardine in questo ambito, affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, è quello dell’equiordinazione dei giudici delle diverse procedure. Significa che il giudice della procedura concorsuale di sovraindebitamento non può “comandare” direttamente il giudice dell’esecuzione individuale, né dichiarare egli stesso l’improcedibilità o la nullità di una procedura esecutiva pendente. Può, per legge, emettere provvedimenti (come il divieto di iniziare/proseguire azioni esecutive) che creano le condizioni per la sospensione, ma la concreta gestione del fascicolo esecutivo resta attribuita al Giudice dell’Esecuzione (GE) competente. In pratica, il giudice concorsuale stabilisce il quadro concorsuale entro cui le esecuzioni individuali devono fermarsi, mentre spetta poi al giudice dell’esecuzione adottare l’atto formale di sospensione o chiusura del singolo processo esecutivo, ai sensi dell’art. 623 c.p.c.. Questo meccanismo garantisce il rispetto delle competenze funzionali dei due giudici e l’utilizzo corretto degli strumenti previsti dal codice di procedura civile (in particolare la sospensione “esterna” ex art. 623 c.p.c., distinta dalla sospensione “interna” ex art. 624 c.p.c. che opera in caso di opposizione all’esecuzione).

Dal punto di vista pratico, dunque, la mera pendenza di un ricorso per sovraindebitamento non blocca automaticamente le esecuzioni: il debitore deve attivarsi affinché il tribunale emetta un provvedimento ad hoc (decreto di apertura con misure protettive) e, successivamente, deve portare tale provvedimento all’attenzione del giudice dell’esecuzione perché sospenda la procedura esecutiva in corso. In assenza di ciò, il singolo creditore potrebbe legittimamente proseguire nell’azione esecutiva fino a che non intervenga la sospensione concorsuale. Ricordiamo inoltre che le misure protettive così ottenute hanno carattere temporaneo: il nuovo CCII ha fissato limiti di durata alle sospensioni, prevedendo che la durata complessiva delle misure protettive non possa eccedere 12 mesi (anche sommando eventuali proroghe). Ciò significa che, se la procedura di sovraindebitamento si protrae troppo a lungo senza giungere a omologazione, le tutele contro i pignoramenti potrebbero decadere trascorso un anno, salvo eventuali estensioni autorizzate nei limiti di legge.

Nei paragrafi seguenti esamineremo singolarmente le procedure di sovraindebitamento oggi disponibili per il debitore – piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata e esdebitazione del debitore incapiente – focalizzandoci sulle modalità con cui ciascuna consente la sospensione o il blocco delle esecuzioni in corso. Verranno evidenziate le differenze tra la disciplina previgente (legge 3/2012) e quella attuale (CCII), ove rilevanti, citando le norme applicabili e le pronunce più autorevoli.

Le procedure di sovraindebitamento per bloccare le esecuzioni

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore

Il piano del consumatore, nell’attuale Codice della crisi denominato “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”, è la procedura destinata esclusivamente ai debitori persone fisiche consumatori. La definizione di consumatore nel CCII (art. 2, co.1 lett. e) ricalca quella del Codice del consumo: persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Si tratta quindi, tipicamente, di privati cittadini sovraindebitati per ragioni familiari, di consumo o di garanzie prestate, anche se svolgono un’attività d’impresa, purché i debiti oggetto del piano siano estranei a tale attività (ad esempio un artigiano che chiede un piano per debiti personali, non aziendali). Da notare che il CCII, a differenza della legge previgente, non richiede più che il consumatore abbia assunto obbligazioni “esclusivamente” per scopi estranei all’impresa – basta che i debiti da ristrutturare non siano connessi alla sua eventuale attività imprenditoriale. Questa apertura amplia la platea dei potenziali beneficiari. Inoltre, oggi possono accedere a un piano del consumatore anche soggetti prima esclusi come, ad esempio, i soci illimitatamente responsabili per i loro debiti personali estranei a quelli sociali.

Requisiti di ammissibilità: il debitore consumatore deve presentare, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di un professionista nominato dal tribunale, una proposta di piano dettagliata (art. 67 CCII). La proposta indica come intende ristrutturare i debiti – ad esempio tramite dilazioni di pagamento, stralcio parziale dei crediti, mantenimento dell’abitazione con pagamento del mutuo, ecc. – tenendo conto delle proprie disponibilità economiche e assicurando ai creditori una soddisfazione non inferiore a quella ricavabile in una liquidazione. Diversamente dall’accordo con i creditori, il piano del consumatore non richiede il voto favorevole dei creditori: questi vengono solo convocati e possono presentare opposizioni/osservazioni. Sarà il Tribunale a valutare la fattibilità e soprattutto la meritevolezza del debitore, omologando il piano se ritiene che il debitore abbia agito con correttezza e buona fede (assenza di frode o colpa grave nell’indebitamento) e che il piano offra il massimo soddisfacimento possibile in quelle condizioni (art. 69 CCII). Il concetto di meritevolezza – già presente nella legge 3/2012 – rimane un filtro cruciale: ad esempio un consumatore che abbia sperperato patrimonio o contratto debiti irresponsabilmente potrebbe vedersi negare l’omologazione.

Sospensione delle procedure esecutive: uno degli scopi principali del piano del consumatore è impedire che le azioni esecutive dei singoli creditori frustrino la fattibilità del piano stesso. Si pensi al caso di una famiglia indebitata la cui casa sta per essere venduta all’asta: il piano potrebbe prevedere di continuare a pagare il mutuo o vendere l’immobile a valore di mercato per soddisfare i creditori, soluzione vanificata se l’asta giudiziaria avvenisse immediatamente. Per questo motivo, la legge consente di ottenere una sospensione dei procedimenti esecutivi individuali pendenti che possano pregiudicare il piano. Tuttavia – ed è un punto fondamentale – nel piano del consumatore la sospensione non opera automaticamente fin dal deposito della domanda. A differenza del concordato “preventivo” delle imprese (dove un “automatic stay” scatta con il ricorso) e a differenza dell’accordo di composizione della crisi (dove sotto la vecchia legge l’effetto sospensivo scattava col decreto di apertura), per il piano del consumatore il legislatore ha previsto un meccanismo discrezionale e mirato.

In particolare, l’art. 12-bis, comma 2, della legge 3/2012 (oggi trasfuso nell’art. 70 CCII) stabiliva che: “Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice… può disporre la sospensione degli stessi” fino al momento in cui l’omologazione del piano diventa definitiva. Questa previsione, di natura eccezionale, è stata confermata dal nuovo art. 70, comma 4 CCII, con alcune estensioni. In base a tale norma vigente: con il decreto di apertura del procedimento, il giudice – su istanza del debitore – può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano; può altresì disporre il divieto di iniziare nuove azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del consumatore, nonché ulteriori misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento.

Da questa disposizione si ricavano vari punti importanti:

  • La sospensione non è automatica al solo presentarsi del ricorso. È necessario: (a) che il giudice apra la procedura emettendo il decreto di fissazione udienza ex art. 70 co.1 CCII (quindi dopo una verifica iniziale di ammissibilità della proposta e del piano); e (b) che il debitore ne faccia espressa istanza. Il CCII, in linea con un orientamento generale, ha reso necessaria l’istanza del debitore per attivare le misure protettive, mentre la legge 3/2012 consentiva al giudice di disporle anche d’ufficio (evenienza peraltro rara nella prassi, poiché il debitore aveva comunque convenienza a chiederle).
  • La sospensione può riguardare solo alcune specifiche esecuzioni in corso, ovvero quelle che il giudice ritiene, con valutazione prognostica, idonee a pregiudicare la concreta attuabilità del piano. Non è detto, dunque, che tutte le esecuzioni pendenti vengano sospese: il giudice dovrà elencarle analiticamente nel decreto di apertura, individuando i procedimenti che, se proseguissero, renderebbero impossibile o inutile il piano (ad esempio l’asta di un immobile che il piano intende destinare ai creditori). Questa natura mirata distingue il piano del consumatore: nel concordato minore, invece, la sospensione (se attivata) opera in modo generale su tutte le azioni esecutive dei creditori anteriori.
  • Oltre alle esecuzioni già pendenti, il giudice può vietare nuovi pignoramenti e sequestri da parte dei creditori durante la procedura. Si tratta di un’estensione introdotta dal CCII: sotto la legge 3/2012, infatti, il divieto non copriva le azioni non ancora intraprese né i sequestri conservativi, mentre ora la formulazione più ampia dell’art. 70 co.4 consente di inibire anche l’inizio di nuove azioni esecutive o cautelari durante la pendenza del piano. In pratica, una volta ottenuto il decreto di apertura con misure protettive, nessun creditore anteriore potrà né proseguire né iniziare esecuzioni sul patrimonio del consumatore (salvo eccezioni di legge, ad esempio forse per crediti impignorabili come gli alimenti, ma il CCII non ripropone più la clausola che escludeva i crediti impignorabili dalla sospensione).
  • La sospensione disposta col decreto di apertura ha efficacia temporale fino alla conclusione del procedimento (art. 70 co.4). Nella legge previgente, la prassi era di limitarla fino all’omologazione definitiva del piano. Il CCII espressamente prevede che il divieto possa durare “fino alla conclusione del procedimento”, il che in sostanza coincide con l’omologazione (in caso di omologazione negativa o di mancata omologa, la procedura termina e con essa cessano le misure protettive). Questo significa che, una volta concesso, il “blocco” dei pignoramenti può restare attivo per l’intera durata del piano consumatore, dalla fase iniziale sino alla sentenza di omologa, fermo restando il limite massimo di 12 mesi di cui si è detto (rinnovabile se del caso fino all’omologa, ma non oltre).
  • Se il giudice respinge l’istanza di sospensione (ad esempio perché ritiene che l’esecuzione pendente non pregiudichi il piano, o dubita dell’ammissibilità della proposta), il debitore può proporre reclamo al collegio contro tale diniego, secondo le forme dei procedimenti in camera di consiglio. In altre parole, esiste un rimedio per contestare la mancata concessione delle misure protettive, a tutela del debitore.

Alla luce di quanto sopra, il tempismo è fondamentale: il debitore consumatore che voglia bloccare un’asta o un pignoramento deve presentare il ricorso per piano del consumatore con congruo anticipo rispetto agli eventi esecutivi chiave, allegando subito l’istanza di sospensione. In alcuni casi, la giurisprudenza ha affrontato situazioni estreme in cui la richiesta di sospensione avviene prima ancora che il piano venga formalmente presentato. Ad esempio, ci si è chiesti se dopo la nomina dell’OCC ma prima del deposito del piano il giudice possa già emettere provvedimenti inibitori “atipici” per congelare un’esecuzione imminente. Una recente decisione (Tribunale di Pordenone, decreto 12 ottobre 2023) commentata in dottrina ha aperto uno spiraglio in tal senso, richiamando i principi generali di effettività della tutela e proporzionalità: pur nel silenzio dell’art. 70 CCII sul quando esercitare i poteri sospensivi, il giudice – secondo questa impostazione – potrebbe intervenire anche prima dell’udienza di apertura, in via d’urgenza, se la situazione lo richiede. Si tratta, beninteso, di una soluzione eccezionale e non pacifica: la tesi prevalente rimane che la sospensione ex lege decorra solo con il decreto di apertura a piano ammissibile. Tuttavia, questo dibattito dimostra la sensibilità crescente della giurisprudenza verso la necessità di evitare che un ritardo procedurale frustri definitivamente il diritto del debitore alla composizione della crisi.

Esempio pratico: un caso emblematico dell’efficacia del piano del consumatore nel bloccare un’esecuzione è offerto dalla vicenda decisa dal Tribunale di Lodi nel marzo 2024. Un debitore, proprietario della casa di abitazione gravata da mutuo, aveva una procedura esecutiva immobiliare pendente innanzi al Tribunale di Lodi, con vendita all’asta già fissata per il 20 marzo 2024. Per evitare la vendita forzata, il 4 marzo 2024 egli depositava un ricorso per l’ammissione al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ai sensi degli artt. 67 e ss. CCII, unitamente a un’istanza urgente di sospensione dell’esecuzione ex art. 70 co.4 CCII. Il giudice sovraindebitamento esaminava celermente la proposta e chiedeva alcune integrazioni al piano, che venivano depositate il 15 marzo. Quindi, con decreto del 19 marzo 2024 (comunicato la mattina del 20 marzo, giorno fissato per l’asta), il Tribunale dichiarava ammissibile il piano del consumatore e contestualmente disponeva “che fino alla conclusione del procedimento non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive… sul patrimonio del debitore (inclusa la procedura esecutiva n. 48/2022 Trib. Lodi)”. Immediatamente il provvedimento veniva depositato nel fascicolo dell’esecuzione immobiliare e, alle ore 10:34 del 20 marzo (appena 26 minuti prima dell’ora fissata per l’incanto), il Giudice dell’Esecuzione emetteva decreto di sospensione della procedura esecutiva. L’asta veniva così annullata in extremis e l’immobile sottratto alla vendita forzata. Questo caso – definito dagli avvocati dello studio legale coinvolto come “incredibile” per la tempestività con cui si è potuto operare – illustra perfettamente la sinergia necessaria: solo grazie a un lavoro rapido di predisposizione del piano, alla collaborazione del giudice concorsuale (che ha emesso il decreto la sera prima dell’asta) e alla reattività del GE (che ha subito sospeso la vendita) è stato possibile ottenere il temporaneo salvataggio della casa del debitore. “Temporaneo” perché naturalmente ora il debitore dovrà far omologare ed eseguire fedelmente il piano proposto (in questo caso, un piano quindicennale di rientro rateale sostenibile) per evitare che, in caso di mancata omologazione o inadempimento, la procedura esecutiva possa riattivarsi.

In sintesi, il piano del consumatore offre al debitore persona fisica la chance di bloccare subito i pignoramenti e impostare un percorso di ristrutturazione del debito sotto controllo giudiziale, senza necessità di accordo coi creditori, ma richiede requisiti stringenti di meritevolezza e sostenibilità del piano. È uno strumento particolarmente indicato per tutelare beni essenziali (come la prima casa) da azioni esecutive imminenti, proponendo soluzioni alternative più vantaggiose per i creditori rispetto alla liquidazione forzata. Va però utilizzato con tempestività e correttezza, poiché il beneficio della sospensione delle esecuzioni è condizionato dall’effettiva perseguibilità e ammissibilità del piano. Se il piano non viene omologato (ad esempio perché il giudice ritiene il debitore non meritevole, o il piano non fattibile), le protezioni decadono e i creditori potranno riprendere le esecuzioni sospese. Analogamente, dopo l’omologazione, il debitore dovrà rispettare puntualmente i pagamenti previsti: in caso di inadempimento rilevante, il tribunale può revocare l’omologazione e i creditori riacquisteranno il diritto di agire esecutivamente per i residui (salve eventuali somme già incassate secondo il piano).

Concordato minore (accordo di composizione dei debiti)

Il concordato minore è la nuova denominazione, nel Codice della crisi, della procedura di composizione concordata della crisi da sovraindebitamento. Esso ha sostituito il precedente “accordo di composizione dei debiti” della legge 3/2012 e si rivolge principalmente ai debitori non consumatori – tipicamente imprenditori minori, cioè sotto le soglie di fallibilità (art. 2, co.1 lett. d CCII), imprenditori agricoli, start-up innovative, liberi professionisti, ditte individuali o anche società di persone che non superano i limiti dimensionali per il fallimento. In generale, qualsiasi debitore sovraindebitato diverso dal consumatore può valutare il concordato minore, a meno che non opti per la liquidazione controllata.

Il concordato minore è una procedura concorsuale in senso stretto, perché richiede l’adesione dei creditori a una proposta di concordato. In pratica, il debitore propone un accordo di ristrutturazione presentando un piano che può prevedere pagamento parziale dei crediti, dilazioni, garanzie di terzi, cessione di beni, ecc. (in modo simile a un concordato preventivo). I creditori vengono convocati e votano sulla proposta: perché l’accordo sia approvato occorre il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti ammessi al voto (percentuale prevista dalla legge 3/2012, confermata nel CCII) salvo differenti maggioranze qualificate stabilite per categorie di creditori. Se la maggioranza approva, il tribunale verifica legalità e fattibilità e omologa il concordato minore rendendolo vincolante per tutti i creditori anteriori (anche dissenzienti). Se la maggioranza non si raggiunge, la procedura di concordato minore non può essere omologata e il debitore dovrà eventualmente ripiegare su una liquidazione controllata o altra soluzione.

Dal punto di vista dei requisiti soggettivi, il concordato minore a differenza del piano del consumatore non richiede la “meritevolezza” del debitore riguardo alle cause dell’indebitamento. Il CCII ha eliminato ogni filtro morale esplicito in tal senso per l’accesso a concordato minore e liquidazione controllata (come evidenziato anche dalla dottrina): in altre parole, anche il debitore che ha avuto comportamenti imprudenti o colposi può proporre un concordato minore. Saranno i creditori stessi, attraverso il voto, a decidere se fidarsi della proposta. Restano comunque cause ostative specifiche (ad esempio l’aver già ottenuto un’omologazione nei 5 anni precedenti, oppure l’aver subito condanne per determinati reati tributari o fallimentari, che possono precludere l’accesso).

Effetti sulle azioni esecutive: nel concordato minore la questione della sospensione delle esecuzioni è stata impostata dal legislatore in modo diverso rispetto al piano del consumatore. Occorre distinguere tra la disciplina previgente e quella attuale:

  • Sotto la legge 3/2012, vigeva un effetto automatico generale: l’art. 10, comma 2, lett. c) stabiliva che nel decreto di apertura dell’accordo il giudice “dispone che… non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore… da parte dei creditori chirografari o privilegiati anteriori”, fino alla definitività del decreto di omologazione. Era inoltre previsto che eventuali esecuzioni intraprese in violazione di tale divieto fossero colpite da nullità. Questa norma replicava in sostanza la regola del concordato preventivo (art. 168 l.fall.), estendendo un “automatic stay” a protezione dell’accordo di composizione: dal giorno dell’apertura (non già dal mero deposito del ricorso) tutte le esecuzioni individuali pendenti o future dovevano fermarsi, senza bisogno di una specifica istanza del debitore né di valutazioni discrezionali del giudice. L’unica eccezione espressa riguardava i crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c. (es. alimenti): la sospensione non operava per tali crediti.
  • Nel Codice della crisi (CCII), l’effetto sospensivo per il concordato minore esiste ma con alcune differenze procedurali: l’art. 78, comma 2, lett. d) prevede che con il decreto di apertura, su richiesta del debitore, il tribunale dispone che fino all’omologazione definitiva non possano iniziare o proseguire azioni esecutive individuali né acquisire prelazioni sul patrimonio del debitore. Quindi la novità è che il debitore deve espressamente richiedere la sospensione (non è più automatica d’ufficio). Per il resto, l’effetto è analogo a prima: una volta emesso il decreto di apertura con la relativa clausola, tutte le procedure esecutive individuali (presenti e future) restano congelate fino all’esito del concordato minore. Inoltre, a differenza della legge 3/2012, il CCII non esclude più i crediti impignorabili dal novero: l’art. 78 CCII non contiene l’esenzione che prima limitava l’effetto sospensivo, per cui teoricamente anche un’azione per crediti alimentari o similari resterebbe sospesa (trattandosi comunque di ipotesi residuali, data l’impignorabilità di base di certi crediti). In definitiva, nel concordato minore vigente la sospensione è meno “automatica” (va domandata) ma, una volta concessa, è onnicomprensiva come in passato.
  • Decorrenza: come accennato, sotto il CCII la tutela scatta con il decreto di apertura. Diversamente dal concordato preventivo delle imprese (dove già la pubblicazione della domanda ai sensi dell’art. 54 CCII rende improseguibili le azioni esecutive), qui il deposito del ricorso non è di per sé sufficiente a bloccare i pignoramenti. Ciò è confermato dall’espressa previsione che l’effetto sospensivo discende dal decreto di apertura del procedimento. Quindi, fino a quando il tribunale non abbia emesso tale decreto (ad esempio perché sta esaminando la proposta, o ha chiesto integrazioni), il debitore rimane esposto alle esecuzioni in corso – a meno che si riesca a ottenere provvedimenti urgenti atipici, come visto sopra in via eccezionale.
  • Durata: la sospensione perdura fino alla definitiva omologazione del concordato minore. Se l’omologazione viene negata o il debitore rinuncia prima, la protezione decade a quel momento. Attenzione però al limite generale dei 12 mesi: se per qualsiasi ragione tra apertura e omologazione trascorressero più di 1 anno (ad esempio per rinvii, opposizioni, ecc.), occorrerà verificare la necessità di proroga o l’eventuale cessazione delle misure protettive ai sensi dell’art. 8 CCII.
  • Rapporti con il giudice dell’esecuzione: come accennato nei principi generali, il provvedimento del giudice concorsuale che apre il concordato minore non cita singole esecuzioni ma stabilisce un divieto generale. Sarà poi compito del GE, informato dell’apertura del concordato, dichiarare sospesa la specifica procedura esecutiva pendente. La Corte di Cassazione ha chiarito questo meccanismo: il giudice delegato non può “sospendere” con riferimento ad uno specifico processo esecutivo pendente, ma la causa di improseguibilità temporanea derivante dal divieto generale va azionata dal giudice dell’esecuzione ex art. 623 c.p.c.. In pratica, il tribunale fallimentare emette un divieto concorsuale generalizzato, che costituisce una “causa esterna di sospensione”; quindi il GE, una volta ricevuta l’istanza del debitore corredata dal decreto di apertura, adotta il provvedimento di sospensione nel suo procedimento, verificando semplicemente l’effettiva sussistenza di questa causa esterna. Non ha spazio per sindacare oltre: il GE non può rifiutarsi di sospendere se c’è un concordato aperto e pendente, può solo prendere atto e sospendere (o dichiarare improcedibile, se si arriva ad omologa). La Cassazione ha anche sottolineato che il giudice dell’esecuzione, durante la sospensione ex art. 623 c.p.c., può compiere atti conservativi volti a mantenere l’integrità patrimoniale; ad esempio può disporre la riduzione del pignoramento ai sensi dell’art. 496 c.p.c. (se il pignoramento era eccessivo rispetto al debito) anche mentre l’esecuzione è sospesa, poiché tale intervento non confligge con la ragione della sospensione.
  • Se l’esecuzione forzata è già in fase avanzata o conclusa: una questione delicata è cosa accade se un bene del debitore viene venduto all’asta prima o proprio durante l’apertura della procedura concorsuale. La legge (art. 187-bis disp. att. c.p.c.) prevede che la vendita forzata resta valida anche se la procedura esecutiva viene successivamente estinta o sospesa. Pertanto, l’aggiudicatario acquista comunque il bene; tuttavia, il ricavato di quella vendita non viene distribuito ai creditori in sede esecutiva, bensì deve essere girato alla procedura concorsuale (concordato minore) affinché sia distribuito secondo le regole concorsuali. In sostanza, si salva la sostanza della tutela collettiva: la liquidazione del bene viene “acquisita” dal concorso, mentre l’acquirente non perde l’immobile. Se invece l’aggiudicazione non è ancora avvenuta, ma c’è solo la pubblicazione dell’asta, la sospensione impedirà che la vendita si tenga finché dura la protezione.

In definitiva, il concordato minore consente di bloccare tutte le azioni esecutive dei creditori una volta aperta la procedura, similmente a un piccolo “concordato preventivo”, sebbene richieda il consenso dei creditori per essere attuato. Dal punto di vista del debitore, è lo strumento indicato quando si ha una pluralità di creditori da soddisfare in modo concordato (magari anche creditori con garanzie) e si vuole evitare la liquidazione integrale del patrimonio. Ad esempio, un imprenditore individuale potrebbe proporre un concordato minore offrendo ai creditori una percentuale sui crediti, da pagare grazie alla continuità aziendale o a finanziamenti terzi: in tal caso, l’apertura del concordato sospenderebbe i pignoramenti sui beni aziendali, permettendo di proseguire l’attività durante la trattativa. Bisogna però convincere una maggioranza di creditori ad aderire. Se l’operazione riesce, con l’omologazione tutti i creditori (anche quelli che avevano avviato esecuzioni) saranno vincolati a quanto previsto nel concordato e non potranno più agire individualmente per le pretese anteriori (le procedure esecutive pendenti verranno chiuse per cessata materia del contendere). Se invece l’accordo non passa, la sospensione si rivelerà solo temporanea: il debitore dovrà affrontare nuovamente i creditori, verosimilmente optando per la liquidazione controllata come ultima risorsa.

Liquidazione controllata del debitore sovraindebitato

La liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) rappresenta, in ambito sovraindebitamento, l’equivalente della procedura fallimentare (liquidazione giudiziale) per i soggetti non fallibili. È erede della “liquidazione dei beni” prevista dalla legge 3/2012 (artt. 14-ter e ss.) e consiste nella liquidazione concorsuale del patrimonio del debitore ad opera di un liquidatore nominato dal tribunale, con successiva ripartizione del ricavato tra i creditori. Può accedervi sia un debitore consumatore sia un imprenditore minore o altro soggetto non fallibile, e può essere richiesta dallo stesso debitore (in via principale, o come conversione di un precedente piano/accordo non andato a buon fine) oppure dai creditori o dall’OCC in casi tassativi. Spesso è considerata l’ultima spiaggia, quando non sia praticabile un piano di rientro o un accordo con i creditori.

Effetti sulle esecuzioni individuali: la liquidazione controllata riprende integralmente il principio di base del fallimento secondo cui, aperta la procedura, nessun creditore individuale può perseguire autonomamente il patrimonio del debitore. L’art. 270, comma 5 CCII rinvia infatti espressamente all’art. 150 CCII, il quale a sua volta corrisponde al vecchio art. 51 legge fall.. In virtù di tale rinvio, dal giorno della sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione controllata, nessuna azione esecutiva individuale (né cautelare) può essere iniziata o proseguita sui beni del debitore, salvo diversa disposizione di legge. Dunque, l’effetto è automativo e generale: tutte le procedure esecutive pendenti si stoppano immediatamente, e i creditori anteriori non possono avviarne di nuove, poiché l’intero patrimonio viene spossessato in capo al Liquidatore giudiziale nominato dal tribunale.

Vediamo più in dettaglio:

  • La decorrenza del blocco coincide con la pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione controllata (che per le procedure minori fa le veci della sentenza di fallimento). Da quel momento in poi, eventuali pignoramenti notificati sono inefficaci e quelli in corso non possono proseguire.
  • Quanto alle esecuzioni pendenti alla data di apertura, il CCII prevede un meccanismo particolare: il liquidatore ha facoltà di subentrare nelle procedure esecutive già in corso. Ciò significa che, se lo ritiene opportuno, il liquidatore può prendere in mano un’esecuzione già avviata (ad esempio un’asta su un immobile del debitore) e portarla a termine nell’interesse della massa dei creditori. In questo modo, l’attività esecutiva svolta non viene sprecata ma confluisce nella procedura concorsuale (il bene venduto, il ricavato ripartito nella liquidazione concorsuale). Se invece il liquidatore non subentra, la procedura esecutiva pendente diviene improseguibile in via definitiva (viene chiusa), salvo che si tratti di un’esecuzione che per legge può proseguire anche in pendenza di concorso. Su quest’ultimo punto occorre precisare: la regola generale è il blocco totale, ma possono esservi eccezioni legali – ad esempio in ambito fallimentare è noto che alcune azioni in materia di lavoro o di credito alimentare possono proseguire. Nel sovraindebitamento tali eccezioni sono poche, ma il CCII per sicurezza richiama “salvo diversa disposizione di legge”. Inoltre, in parallelo a quanto accade nel fallimento, il CCII chiarisce che il divieto di prosecuzione vale anche per i crediti post-apertura (sorti durante la procedura), rafforzando l’idea che tutte le pretese debbano concentrarsi nel concorso (i crediti sorti in corso di liquidazione, se non pagati, potranno semmai essere insinuati al passivo come prededucibili, ma non si può pignorare separatamente).

In sintesi, una volta aperta la liquidazione controllata, il debitore perde la disponibilità dei suoi beni (che passano sotto gestione del liquidatore) e i creditori non possono più procedere individualmente. Le eventuali esecuzioni in corso vengono assorbite o chiuse. Questo contesto consente di gestire la liquidazione in modo ordinato e paritario: i beni verranno venduti dal liquidatore e il ricavato distribuito secondo le cause di prelazione e proporzionalmente tra i chirografari.

Per fare un parallelismo: la liquidazione controllata sta al sovraindebitamento come il fallimento sta all’insolvenza dell’imprenditore fallibile. Ne condivide l’impianto e gli effetti sugli atti individuali. Infatti, come efficacemente riassunto in dottrina, “a differenza dell’accordo e del piano del consumatore, che presentano analogie con le soluzioni concordate, la liquidazione del patrimonio mutua lo stesso impianto del fallimento”.

Dal punto di vista del debitore, la liquidazione controllata ha aspetti positivi e negativi. Da un lato, blocca immediatamente tutti i pignoramenti e dà sollievo dalle azioni dei creditori (che confluiscono nella procedura): ad esempio, se un consumatore sommerso dai debiti chiede liquidazione, potrà vedere sospesi i pignoramenti sullo stipendio e sulle proprietà appena il tribunale dichiara aperta la procedura. Inoltre, il CCII ha reso la liquidazione più “breve”: oggi la liquidazione controllata non può durare oltre 3 anni (salvo proroghe di massimo 1 anno per realizzo di beni difficilmente liquidabili), trascorsi i quali il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione residua. In sostanza, vi è una luce in fondo al tunnel: una durata massima predefinita per evitare che la procedura si protragga sine die. D’altro lato, la liquidazione comporta la perdita dei beni del debitore: tutto il patrimonio viene liquidato, compresa l’eventuale casa di abitazione (non essendoci più, nel CCII, la regola della legge 3/2012 che vietava la liquidazione dell’unico immobile di proprietà se adibito ad abitazione civile – tale protezione è stata eliminata). Pertanto, un debitore che voglia salvare la casa o altri beni specifici dovrebbe tentare la via di un piano o concordato; se questi falliscono, la liquidazione sarà l’esito pressoché inevitabile, con la vendita forzata di tutti i beni per soddisfare i creditori.

Una volta terminata la liquidazione controllata (ossia venduti i beni e ripartito l’attivo, o decorso il triennio massimo), il debitore persona fisica ha diritto all’esdebitazione dei debiti residui, cioè alla cancellazione di tutte le obbligazioni non soddisfatte (artt. 278-279 CCII), salve le eccezioni di legge (ad esempio debiti da obblighi alimentari, risarcimenti per danni da illecito e sanzioni penali/amministrative inestensibili). Il CCII ha snellito anche questo passaggio: diversamente dalla legge 3/2012, l’esdebitazione post-liquidazione oggi può essere concessa d’ufficio dal tribunale con decreto di chiusura, senza bisogno di una separata istanza del debitore, purché non ricorrano cause ostative (comportamenti fraudolenti, violazione degli obblighi di collaborazione, ecc.). In pratica, se il debitore ha cooperato lealmente e non ci sono state obiezioni da parte di creditori o rilievi del liquidatore, ottiene automaticamente il “fresh start” a fine procedura. Ciò attua il principio della seconda opportunità per il debitore sfortunato, bilanciando il sacrificio della perdita del patrimonio con la prospettiva di ripartire senza debiti.

Esdebitazione del debitore incapiente (“a costo zero”)

Una delle novità più significative introdotte dal Codice della crisi, recependo anche istanze sociali, è l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII). Si tratta di una procedura speciale – non pienamente concorsuale, in verità, perché non prevede alcun concorso né soddisfacimento dei creditori – rivolta al debitore persona fisica che sia totalmente privo di beni o redditi (il cosiddetto “incapiente”) ma meritevole di ottenere comunque la liberazione dai debiti. In altre parole, è uno strumento di esdebitazione immediataa costo zero” per chi si trova in condizioni di indigenza assoluta. Prima della riforma, un tale debitore sarebbe rimasto intrappolato a vita nei suoi debiti, poiché non poteva accedere ad alcuna procedura (non avendo attivo da liquidare né capacità di proporre un piano). Ora, invece, se il soggetto dimostra di essere onesto ma sfortunato, la legge gli consente di cancellare i debiti e avere una seconda chance.

Presupposti: può chiedere l’esdebitazione incapiente il debitore persona fisica che:

  • Non ha beni né patrimonio liquidabile né sufficienti redditi futuri per offrire utilità ai creditori (neanche parziali). In pratica deve risultare che, pur volendo, il debitore non potrebbe pagare nulla ai creditori. Ad esempio, nulla proprietà intestate, nessun risparmio significativo, e un reddito al più pari al minimo vitale. Il CCII individua parametri oggettivi (agganciati all’assegno sociale e all’ISEE) per definire quando un reddito è talmente basso da considerare il debitore incapiente. Tali parametri sono stati affinati con il Terzo Correttivo (D.Lgs. 13 ottobre 2022 n. 169 e successivamente D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136): attualmente, si considera incapiente il debitore il cui reddito disponibile sia inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale rapportato al suo nucleo familiare, dedotte le spese essenziali, e privo di cespiti.
  • È meritevole: anche qui si richiede assenza di frode o colpa grave. In particolare il debitore non deve aver contratto debiti con dolo o colpa grave prevedendo di non pagarli, né aver commesso atti in frode ai creditori (vendite simulate di beni, ecc.). Inoltre non deve aver già ottenuto in passato un’esdebitazione di questo tipo (il beneficio è una tantum o comunque ripetibile solo dopo molti anni).

Procedura: l’istanza si propone al tribunale con l’ausilio di un OCC o professionista nominato, allegando una relazione che documenta la situazione economica nullatenente del debitore. È prevista una procedura semplificata e gratuita: dal 2021 è stato istituito un Fondo pubblico a copertura delle spese, per cui al debitore incapiente non è richiesto di pagare compensi all’OCC né contributi (vengono coperti dallo Stato). Questa gratuità è fondamentale per rendere accessibile l’istituto anche a chi, per definizione, non ha denaro. Il tribunale, valutate le prove e sentiti eventualmente i creditori (che possono eccepire ad es. la non veridicità dell’incapienza o comportamenti scorretti), emette un decreto con cui, se accoglie la domanda, dichiara inesigibili tutti i debiti del richiedente (eccetto quelli esclusi per legge, come obblighi di mantenimento, debiti per sanzioni penali/amministrative e risarcimenti da fatti illeciti extra-contrattuali).

Effetti: il provvedimento di accoglimento ha l’effetto di liberare immediatamente il debitore da tutti i debiti non pagati. I creditori non possono più pretendere nulla e devono chiudere eventuali procedure di recupero. In pratica il debitore “riparte da zero, pulito e legalmente protetto”. Questo include ovviamente il blocco definitivo di qualunque procedura esecutiva o recuperatoria: se ad esempio c’era un pignoramento stipendiale in corso, dovrà cessare; se c’erano decreti ingiuntivi o cause di recupero, perdono efficacia in quanto il credito non è più esigibile.

Va sottolineato che la natura di questa misura è diversa da un piano o concordato: non c’è una fase di sospensione temporanea delle esecuzioni in attesa di omologa di un piano, perché qui non c’è nulla da omologare con i creditori. C’è solo il giudizio del tribunale sull’istanza di esdebitazione. Pertanto, il debitore che presenti la domanda di esdebitazione incapiente potrebbe – nel corso del procedimento – comunque dover fronteggiare azioni esecutive. La legge non prevede espressamente un’automatica sospensione pendente lite. È tuttavia ragionevole che, una volta che i creditori siano informati della pendenza dell’istanza e della probabile inesigibilità dei crediti, o il tribunale o gli stessi giudici dell’esecuzione accordino rinvii o sospensioni basate su questa prospettiva. In mancanza di un dettato normativo chiaro, si dovrebbe far ricorso ai poteri generali: ad esempio il debitore può presentare al GE un’istanza di sospensione ex art. 623 c.p.c., deducendo come “causa esterna” la probabile definizione favorevole della procedura di esdebitazione (analogamente a come si fa in attesa di omologazione di un accordo). Non risultano ancora pronunce di legittimità specifiche sul punto, data la novità, ma per analogia la tutela dovrebbe essere concessa, attesa l’irrevocabilità degli effetti dell’eventuale accoglimento.

Una volta ottenuto il decreto di esdebitazione incapiente, il debitore è definitivamente libero dai debiti pregressi. Ci sono però alcuni obblighi postumi: se entro un certo periodo il debitore dovesse migliorare la propria condizione economica in modo significativo, è tenuto a farlo presente e i creditori potrebbero ottenere un pagamento parziale. In particolare, l’art. 283 CCII prevedeva originariamente un periodo di 4 anni dalla concessione dell’esdebitazione, durante il quale se comparivano “utilità rilevanti” in capo al debitore (ad es. una vincita, un’eredità, un aumento reddituale consistente), egli avrebbe dovuto versarle ai creditori fino a concorrenza del 50% dei crediti rimasti o comunque nei limiti di soddisfarli al 10%. Il Terzo correttivo del 2024 ha modificato queste soglie: ha ridotto a 3 anni il periodo di rilevanza delle sopravvenienze e rivisto i criteri di “utilità rilevanti”. In sostanza, se entro 3 anni dall’esdebitazione il debitore incapiente riesce ad ottenere risorse non previste (oltre una certa soglia), dovrà pagare ai creditori una parte di quanto ricevuto, altrimenti rischia la revoca del beneficio. Questo meccanismo evita che l’esdebitazione a costo zero si trasformi in un ingiusto arricchimento del debitore per pura fortuna successiva, e insieme rassicura i creditori che, se il debitore torna abbiente entro poco tempo, non l’hanno perso per sempre.

Da notare che l’esdebitazione incapiente non coinvolge affatto i creditori in un voto o in un concorso – infatti alcuni autori notano che non è una procedura concorsuale vera e propria, bensì un “procedimento di esdebitazione puro”. È un provvedimento di carattere eccezionale, con finalità spiccatamente sociali: evitare che persone fisiche fortemente indebitate ma senza risorse restino emarginate ed eternamente esposte alle pretese dei creditori, favorendo il loro reinserimento economico. Proprio per questa sua natura, la legge bilancia in modo rigoroso i requisiti di accesso (solo debitori “onorabilissimi ma sfortunatissimi”) e, come detto, limita temporalmente la possibilità di ripetere il beneficio. Se un debitore ottiene l’esdebitazione incapiente, difficilmente potrà averne un’altra in futuro; analogamente, se in passato aveva già beneficiato di un’esdebitazione dopo liquidazione, potrebbe non essere ammesso a quella incapiente.

Esempio pratico: immaginiamo un debitore cinquantenne, ex piccolo imprenditore, che a seguito di fallimento della sua ditta individuale (o di una crisi economica personale) ha accumulato 200.000 € di debiti residui verso banche e fornitori, ma ora è disoccupato, senza immobili né auto, e vive con un modesto sussidio. Questo soggetto non ha margine per proporre un piano (nessun reddito da offrire) né ha beni per la liquidazione. Grazie all’art. 283 CCII può chiedere l’esdebitazione incapiente: il tribunale, verificato che nulla può essere ricavato per i creditori e che i debiti non derivano da frodi, può emettere decreto che lo libera integralmente dai 200.000 € di debiti. Da quel momento, qualsiasi tentativo di pignoramento o recupero da parte dei creditori cessa immediatamente perché il credito stesso è estinto di diritto. Il debitore potrà così cercare lavoro e ricostruirsi una posizione senza l’angoscia dei debiti pregressi. Se, poniamo, entro 2 anni trova un buon lavoro o riceve una piccola eredità, dovrà segnalarlo: supponiamo che in due anni metta da parte 20.000 €; essendo una somma non enorme in rapporto ai 200.000 € originari (meno del 10%), probabilmente non scatterà alcun obbligo (dipende dalle soglie di legge). Se invece vincesse alla lotteria 100.000 €, sarebbe tenuto a pagare una certa quota ai vecchi creditori (secondo i parametri fissati dal giudice). Passati 3 anni, qualsiasi sopravvenienza non avrà più rilievo e i creditori non potranno reclamare nulla per il passato.

In conclusione, l’esdebitazione incapiente è uno strumento di chiusura delle posizioni debitorie senza pagamento, destinato a casi estremi di sovraindebitamento senza via d’uscita. Non serve direttamente a sospendere le esecuzioni – le fa cessare definitivamente con l’annullamento dei debiti – ma lo trattiamo in questa guida perché fa parte integrante delle soluzioni al sovraindebitamento introdotte dal CCII e perché, dal punto di vista del debitore, rappresenta comunque un modo per porre fine ai pignoramenti (in modo definitivo). È importante sottolineare che si tratta di una misura relativamente nuova (in vigore dal 2022, migliorata nel 2023-2024 con l’istituzione del Fondo di garanzia e l’affinamento dei criteri) e che viene concessa con molta attenzione dai tribunali, data la sua portata derogatoria (i creditori vengono completamente sacrificati sull’altare della seconda chance). Ma laddove ne ricorrano i presupposti, costituisce davvero una rinascita per il debitore onesto ma totalmente insolvente.

Di seguito, una tabella riepilogativa confronta le principali caratteristiche delle procedure di sovraindebitamento descritte, in particolare per quanto attiene alla sospensione delle azioni esecutive dal punto di vista del debitore:

ProceduraSoggetti ammessiApprovazioneSospensione esecuzioniDurata della sospensioneRiferimenti normativi
Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti)Consumatori (persone fisiche con debiti personali)Non richiede voto dei creditori (omologa giudiziale se piano ammissibile e debitore meritevole)Su istanza del debitore, discrezionale e mirata: il giudice nel decreto di apertura può sospendere specifiche esecuzioni pendenti che pregiudicano il piano; inoltre può vietare nuovi pignoramenti. Non automatico al deposito.Fino alla conclusione del procedimento (omologa); comunque max 12 mesi salvo proroghe.Art. 12-bis co.2 L.3/2012; Art. 70 co.4 CCII.
Concordato minore (ex accordo di composizione)Debitori non consumatori non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, ecc.)Richiede voto favorevole dei creditori (>= 60% crediti) e omologa tribunaleSu istanza del debitore, generale: il giudice nel decreto di apertura sospende tutte le esecuzioni individuali pendenti e vieta di avviarne di nuove. Effetto analogo a concordato preventivo, ma attivato solo se richiesto.Fino all’omologazione definitiva (di regola); anche qui soggetto al limite massimo 12 mesi di misure protettive.Art. 10 co.2 lett. c L.3/2012; Art. 78 co.2 lett. d CCII.
Liquidazione controllata (ex liquidazione patrimonio)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o no); può accedere volontariamente o su conversione/istanza creditoriN/A (sentenza di apertura da parte del tribunale)Automatica ex lege: dalla sentenza di apertura nessun creditore può iniziare/proseguire esecuzioni. Il liquidatore può subentrare in quelle pendenti o farle cessare. Paragonabile al fallimento (art. 51 l.fall.)Dalla data di apertura fino a chiusura della procedura. Se liquidazione dura >3 anni, comunque i creditori rimangono bloccati (salvo eccezioni di legge) poiché i debiti residui verranno poi esdebitati.Art. 14-quinquies L.3/2012; Art. 150 e 270 CCII.
Esdebitazione incapiente (procedura di beneficio immediato)Persona fisica priva di patrimonio e reddito (incapiente) in buona fedeNon richiede voto né accordo (decisione del tribunale)Non c’è una fase di sospensione temporanea: l’accoglimento cancella i debiti, rendendo impossibili tutte le azioni esecutive presenti o future. Durante la pendenza della domanda, eventuali esecuzioni possono essere sospese dal GE per causa esterna (in attesa della decisione).Definitiva (debiti estinti). Eventuali esecuzioni pendenti vengono chiuse dopo il decreto di esdebitazione.Art. 283 CCII (introdotto dal D.Lgs. 14/2019; modifiche D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).

(Legenda: CCII = D.lgs. 14/2019 Codice della crisi; L.3/2012 = Legge 27/1/2012 n.3; GE = Giudice dell’Esecuzione.)

Coordinamento tra procedura concorsuale di sovraindebitamento ed esecuzione forzata

È opportuno a questo punto approfondire il coordinamento pratico tra la procedura di sovraindebitamento (piano, concordato o liquidazione) e le singole procedure esecutive che si intendono sospendere o bloccare. Dal punto di vista del debitore, capire questo coordinamento significa sapere cosa fare affinché il provvedimento di sospensione concorsuale abbia effetto concreto sull’asta o sul pignoramento pendente.

Come già richiamato, vige il principio per cui il giudice concorsuale (quello del sovraindebitamento) e il giudice dell’esecuzione (del tribunale dove pende il pignoramento) sono autorità equiordinate e con competenze distinte. Il giudice della procedura di sovraindebitamento può vietare in via generale le azioni esecutive (in virtù della legge concorsuale: art. 70 co.4, art. 78 co.2, art. 150 CCII, etc.), ma non può calare quel divieto direttamente dentro uno specifico fascicolo esecutivo dichiarandolo improcedibile o annullando atti esecutivi. La Cassazione ha affermato chiaramente che “non si rinviene alcuna norma che autorizzi il giudice concorsuale a disporre direttamente e specificamente delle sorti della [procedura esecutiva individuale]” e che il nostro ordinamento “è improntato al principio dell’equiordinazione… senza che l’uno possa interferire nelle prerogative attribuite all’altro”.

Come si attua dunque la sospensione? In pratica attraverso una cooperazione procedurale:

  1. Il giudice concorsuale emette il proprio decreto di apertura della procedura di sovraindebitamento in cui dispone la sospensione o il divieto delle azioni esecutive ai sensi di legge (abbiamo visto i vari scenari: art. 70 co.4 per il piano, art. 78 co.2 lett. d per il concordato minore, art. 150-270 per la liquidazione, ecc.). Questo decreto individua il perimetro del divieto (generale o riferito a certe esecuzioni, a seconda dei casi).
  2. Il debitore, tramite il suo avvocato o OCC, deve poi prontamente notificare o depositare copia di tale decreto nel fascicolo di ogni procedura esecutiva pendente che lo riguarda. In genere si deposita un’istanza al Giudice dell’Esecuzione, allegando il decreto concorsuale e chiedendo la sospensione ex art. 623 c.p.c. per “causa di sospensione derivante da legge”. L’art. 623 c.p.c., infatti, consente al GE di sospendere il processo esecutivo quando ricorre una causa di sospensione prevista dalla legge o ravvisata fuori dal processo (la cosiddetta sospensione esterna).
  3. Il Giudice dell’Esecuzione, ricevuta l’istanza, verifica l’esistenza e validità del provvedimento concorsuale e dispone a sua volta la sospensione della procedura esecutiva pendente, richiamando l’art. 623 c.p.c. e il decreto concorsuale. La Cassazione spiega che il provvedimento del GE è “meramente ricognitivo” dei presupposti di legge sopravvenuti. In altre parole, il GE non deve valutare nel merito la convenienza del piano o l’urgenza – deve solo prendere atto che per legge quella esecuzione non può proseguire, e formalizzare il tutto con un’ordinanza di sospensione.
  4. A questo punto, la procedura esecutiva è ufficialmente sospesa. Ciò comporta, ad esempio, che se era fissata un’asta, essa viene rinviata sine die o comunque oltre la data di presumibile fine della sospensione; se c’erano pignoramenti in atto (su stipendio, conto, ecc.), il loro corso viene congelato. Attenzione: sospesa non vuol dire estinta. La procedura rimane pendente ma ferma, in attesa dell’esito della procedura di sovraindebitamento.
  5. Esito finale: se la procedura di sovraindebitamento si conclude con successo (omologazione del piano/concordato o chiusura positiva della liquidazione), generalmente la conseguenza è che le azioni esecutive sospese diventano improcedibili in modo definitivo. Ad esempio, con l’omologazione di un piano del consumatore o di un concordato minore, i creditori devono rinunciare a perseguire individualmente il debitore per quei crediti perché sono soddisfatti secondo il piano omologato. In pratica, l’esecuzione sospesa non riprenderà più: su istanza del debitore o d’ufficio verrà dichiarata improcedibile/estinta, oppure semplicemente archiviata per cessata materia del contendere (il debito originario è ristrutturato). Viceversa, se la procedura di sovraindebitamento fallisce (non omologazione o revoca dell’omologazione per inadempimento), i creditori potranno chiedere al GE di revocare la sospensione e riattivare l’esecuzione. In base all’art. 623 c.p.c., la sospensione è temporanea: qualora venga meno la causa che l’ha determinata (es. viene rigettato il piano), su istanza di parte il GE dichiara la ripresa dell’azione esecutiva. Non occorre ricominciare da capo: la procedura proseguirà dal punto in cui era stata interrotta (ad esempio fissando una nuova data d’asta). L’unica eccezione è se nel frattempo è decorso molto tempo e magari il pignoramento è divenuto inefficace per altra causa (perché ad esempio trascorsi più di 3 anni senza istanze di vendita, art. 497 c.p.c., ma la sospensione stessa normalmente sospende anche questi termini per la durata del concorso).

Un ulteriore elemento di coordinamento riguarda i riparti già effettuati o atti esecutivi compiuti prima della sospensione. Se, ad esempio, l’asta si è tenuta e l’immobile aggiudicato, come visto l’aggiudicazione è confermata (non viene travolta dalla procedura concorsuale). Il custode o il delegato alla vendita provvederà però, su indicazione del GE, a depositare le somme ricavate anziché distribuirle, e tali somme saranno poi messe a disposizione del concorso. Similmente, se prima della sospensione erano già state accantonate somme da un pignoramento presso terzi (es. stipendi accantonati), il GE deciderà se trattenerle in attesa: in molti casi, all’esito positivo del sovraindebitamento, quelle somme vengono consegnate al liquidatore o al debitore secondo il piano; se invece il piano salta, potranno essere assegnate ai creditori e l’esecuzione riprende.

Crediti con garanzia reale: un accenno meritano infine i creditori muniti di pegno o ipoteca (es. la banca con ipoteca sulla casa). Questi creditori, pur partecipando alle procedure di sovraindebitamento, mantengono in parte i loro diritti di prelazione. In particolare, in un piano del consumatore o concordato minore, il trattamento di un creditore ipotecario può prevedere la soddisfazione integrale o parziale del suo credito ma in misura non inferiore al valore di mercato del bene dato in garanzia (per rispettare la regola della best interest test – nessun creditore può ricevere meno di quanto otterrebbe liquidando il pegno/ipoteca). Se il piano non prevede la vendita del bene ipotecato e il pagamento integrale del creditore, quest’ultimo potrà opporsi. Tuttavia, durante la pendenza della procedura, anche i creditori garantiti rientrano nel divieto di iniziare o proseguire esecuzioni (salvo abbiano già escusso il bene prima). Ad esempio, la banca con mutuo ipotecario su casa, se il piano del consumatore prevede di mantenere la casa e pagare rate sostenibili (magari allungando il mutuo), dovrà sospendere il pignoramento già iniziato e aderire alla soluzione proposta, a meno che non contesti la fattibilità o la convenienza per sé. Solo se il piano non viene omologato, potrà riprendere la via esecutiva. In liquidazione controllata, invece, il creditore ipotecario vedrà il bene venduto dal liquidatore: la sospensione dell’esecuzione individuale è compensata dal fatto che avrà soddisfazione preferenziale sul ricavato in sede concorsuale (la prelazione si trasferisce sul prezzo ottenuto, come in fallimento).

In conclusione, per un debitore è fondamentale, dopo aver avviato la procedura di sovraindebitamento, seguire attivamente anche le procedure esecutive pendenti, assicurandosi che i provvedimenti di sospensione vengano recepiti dai vari giudici dell’esecuzione. Il coordinamento tra i due mondi (concorso ed esecuzione individuale) è solitamente ben oliato: i tribunali, specie dopo le pronunce della Cassazione nel 2023, sono consapevoli del reciproco ruolo. Non di rado gli stessi giudici dell’esecuzione, saputo informalmente di un ricorso ex L.3/2012 o ex CCII in arrivo, dispongono d’ufficio un breve rinvio dell’asta in attesa che il debitore ottenga il provvedimento dal collegio concorsuale. Tuttavia, nulla va lasciato al caso: è onere del debitore (e del suo difensore) presentare tempestive istanze di sospensione ex art. 623 c.p.c. nei singoli procedimenti esecutivi, allegate della copia conforme del decreto di apertura della procedura concorsuale. Solo così il blocco dei pignoramenti da “teorico” diventa effettivo.

Va ribadito che tali meccanismi operano nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento disciplinate dalla legge 3/2012 e dal CCII. Al di fuori di questo ambito, l’ordinamento prevede solo misure occasionali di sospensione dell’esecuzione: ad esempio l’art. 624 c.p.c. in caso di opposizione all’esecuzione, o alcune norme speciali (come l’art. 41 TUB introdotto nel 2016 che consente un rinvio della vendita della casa pignorata se il debitore trova un acquirente o ottiene rinegoziazione del mutuo). Ma sono fattispecie diverse, non oggetto di questa trattazione. Qui ci siamo focalizzati sul coordinamento concorsuale, che dal 2012 ad oggi è divenuto uno strumento centrale per gestire situazioni di sovraindebitamento civile. Le pronunce più recenti della Corte di Cassazione (es. Cass. 8799/2023, Cass. 22715/2023) hanno fissato principi chiari: solo il giudice delegato del piano del consumatore può sospendere le esecuzioni pendenti nominativamente (data la norma eccezionale), mentre negli altri casi spetta al giudice dell’esecuzione disporre il provvedimento di sospensione, una volta rilevato il divieto generale imposto dal giudice concorsuale. Ciò garantisce ordine e rispetto dei ruoli, evitando sia abusi del debitore (che non può ottenere “paralisi” immotivate se non rispetta l’iter di legge) sia conflitti di competenza tra giudici.

Domande frequenti (FAQ)

D: Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
R: Possono accedere tutte le persone fisiche e imprese sotto-soglia che non rientrano nelle procedure fallimentari ordinarie. In particolare: il consumatore (persona fisica con debiti di natura privata), l’imprenditore minore (ditta individuale o società di persone che non supera i limiti dimensionali dell’art. 2 CCII), gli imprenditori agricoli, le start-up innovative, i professionisti e in genere gli enti non commerciali sovraindebitati. Sono inclusi anche i soci illimitatamente responsabili per debiti estranei all’attività sociale e, a certe condizioni, le società semplici (considerate non fallibili). Restano invece esclusi gli enti e imprese soggetti a liquidazione giudiziale (fallimento) per dimensione o natura (es. società di capitali sopra soglia). In ogni caso è necessario lo stato di sovraindebitamento definito dalla legge: incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

D: Ho un pignoramento immobiliare in corso: come posso bloccare la vendita all’asta?
R: Se rientri tra i soggetti sovraindebitati, la strada è presentare prima possibile un ricorso per l’ammissione a una delle procedure di composizione della crisi (piano del consumatore se i debiti sono personali, oppure concordato minore se hai un’attività). Nel ricorso andrà inserita un’istanza urgente di sospensione della procedura esecutiva ex art. 70 co.4 CCII (per il piano) o art. 78 co.2 (per il concordato). Il tribunale nominerà un OCC e fisserà un’udienza; cerca di far pervenire al giudice tutte le informazioni prima dell’asta (eventualmente chiedendo al delegato alla vendita un breve rinvio, motivato dal fatto che hai avviato la procedura di sovraindebitamento). Se il decreto di apertura con la sospensione arriva in tempo, potrai depositarlo al Giudice dell’Esecuzione che sospenderà l’asta. Nella vicenda reale descritta sopra (Trib. Lodi 2024), il decreto di sospensione del GE è arrivato mezz’ora prima dell’asta, quindi fino all’ultimo c’è speranza purché l’iter sia stato avviato. Alternativamente, se non hai i requisiti per un piano o un accordo (ad es. perché non puoi pagare nulla), potresti optare per la liquidazione controllata: in tal caso, dal momento in cui il tribunale dichiara aperta la liquidazione, la vendita all’asta viene sospesa per legge. Tuttavia, considera che in liquidazione la casa sarà comunque venduta, solo in sede concorsuale e con eventuale distribuzione più equa del ricavato. Nel piano del consumatore invece potresti salvare la casa prevedendo di continuare a pagarci il mutuo o altre soluzioni per tenerla.

D: Posso evitare che i creditori procedano al pignoramento dei miei beni una volta presentata la domanda?
R: Sì, ma non automaticamente. Devi chiedere al tribunale misure protettive. Se presenti un ricorso per sovraindebitamento (piano o concordato), contestualmente o successivamente puoi depositare un’istanza di sospensione/gelata delle azioni esecutive ai sensi delle norme viste. Il tribunale, se la tua proposta è ammissibile, emetterà un decreto di protezione che vieta l’inizio di nuovi pignoramenti dal giorno della pubblicazione del decreto. Ciò significa che eventuali creditori che non ti avevano ancora pignorato, una volta informati dell’apertura della procedura, non potranno avviare esecuzioni mentre la procedura è in corso. Questa protezione dura però per il periodo della procedura (massimo 12 mesi salvo estensioni); se la procedura non va a buon fine, passato quel periodo i creditori riacquistano la facoltà di pignorare.

D: Durante la sospensione, i creditori possono comunque agire in altri modi?
R: Il divieto disposto dal giudice comprende sia le azioni esecutive (pignoramenti mobiliari, immobiliari, presso terzi) sia le azioni cautelari (ad esempio sequestri conservativi). Dunque nessuna nuova iniziativa di aggressione al patrimonio può essere intrapresa. Inoltre, per effetto concorsuale, dal deposito del ricorso sospende (ai soli fini del concorso) anche il decorso degli interessi sui crediti chirografari: in pratica, gli interessi maturati durante la procedura non saranno dovuti ai creditori chirografari (come già avviene nel fallimento). I creditori tuttavia possono presentarsi nella procedura concorsuale per far valere le proprie ragioni: ad esempio nel piano del consumatore potranno depositare opposizioni sostenendo che la proposta non li soddisfa abbastanza, o nel concordato minore potranno votare contro. Possono anche proporre reclamo contro il decreto di sospensione se ritengono che non vi fossero i presupposti. Ma non possono sottrarsi al divieto di procedere in via individuale: se violassero il divieto (ad esempio tentando comunque un pignoramento), tale atto sarebbe giuridicamente nullo e inopponibile (come espressamente previsto per l’accordo/minore e derivabile in via interpretativa anche per il piano). In pratica, la protezione è effettiva a 360 gradi, salvo le eccezioni già viste (azioni per crediti impignorabili, eventualmente).

D: Quanto dura la sospensione delle esecuzioni?
R: Dura al massimo fino al termine della procedura concorsuale in corso. Nel caso di piano del consumatore, il giudice tipicamente la concede fino all’omologazione definitiva del piano; nel concordato minore, parimenti fino all’omologa; nella liquidazione controllata, fino alla chiusura (che coincide con la fine di tutte le operazioni di liquidazione). Tuttavia, come più volte ricordato, il CCII impone un limite di 12 mesi alla durata complessiva delle misure protettive. Ciò vuol dire che se, per ipotesi, tra apertura e omologa trascorrono più di 12 mesi, la sospensione delle esecuzioni non può protrarsi oltre (salvo casi eccezionali di frazionamento su più fasi, ma comunque sommando non più di 12 mesi). Questo per evitare che un debitore rimanga troppo a lungo sotto “scudo” senza definire la propria situazione. Nella prassi, molte procedure di sovraindebitamento si chiudono entro l’anno; se così non fosse, il debitore può chiedere al tribunale una proroga delle misure protettive (entro i limiti) oppure, decorso il termine, i creditori – autorizzati dal giudice se ravvisano inerzia – potrebbero tornare a incalzare. In ogni caso, se la procedura va a buon fine, come detto, non si torna più indietro (le esecuzioni poi verranno chiuse del tutto).

D: Cosa succede se il mio piano o concordato non viene omologato?
R: In tal caso la sospensione viene meno. Il decreto di apertura che l’aveva disposta cessa di avere effetto una volta che la procedura è chiusa con esito negativo (omologa respinta o improcedibilità dichiarata). Tecnicamente, la sospensione concessa ex art. 70/78 CCII decade e il creditore potrà chiedere al GE di riprendere l’esecuzione. Spesso non serve nemmeno un formale provvedimento di revoca: il creditore presenta al GE la prova che la procedura di sovraindebitamento è stata archiviata e il GE fissa nuova udienza per proseguire. A quel punto, tutto torna come prima (tenendo conto, però, del tempo trascorso: se l’asta era stata sospesa, andrà rifissata; se i termini ex art. 497 c.p.c. erano sospesi, riprendono a decorrere). È importante comprendere che la protezione offerta dal concorso è condizionata al suo successo: niente omologa, niente scudo duraturo. Il debitore dunque deve utilizzare la sospensione ottenuta per adoperarsi a far approvare il piano/accordo. Se vede che la procedura concorsuale si mette male (ad es. i creditori non votano il concordato, o emergono ostacoli insormontabili), può valutare di passare ad altre soluzioni (es. chiedere la conversione in liquidazione controllata) per non restare scoperto. Ricordiamo anche che qualora il debitore abusasse dello strumento – ad esempio presentando un ricorso solo per bloccare i creditori, senza vera volontà di definire un piano – il tribunale può dichiarare inammissibile la domanda per mancanza di buona fede, e in tal caso la sospensione viene revocata immediatamente (o addirittura negata in origine). La legge, insomma, tutela il debitore diligente, non chi voglia solo prendere tempo in malafede.

D: La sospensione delle esecuzioni blocca anche le azioni di riscossione dello Stato (es. Agenzia Entrate Riscossione)?
R: Sì, le procedure di sovraindebitamento coinvolgono tutti i creditori, sia privati che pubblici, chirografari o privilegiati, per i debiti sorti prima della procedura. Dunque anche il Fisco, l’Inps, i Comuni per multe, ecc. rientrano a pieno titolo. Unico limite: i debiti esclusi per legge dalla falcidia rimangono tali (ad es. l’IVA e ritenute non versate non possono essere stralciate nel piano per obbligo UE, ma possono comunque essere dilazionate). Pertanto, se hai cartelle esattoriali e pignoramenti dell’Agente della Riscossione in corso, anch’essi saranno sospesi dalla procedura concorsuale. Agenzia delle Entrate Riscossione verrà informata dall’OCC e non potrà procedere con fermi amministrativi, ipoteche o pignoramenti una volta scattate le misure protettive. Da notare che negli Organismi di Composizione della Crisi spesso c’è un rappresentante proprio dell’ADER per facilitare la gestione dei crediti fiscali. Quindi la risposta è: sì, anche le azioni esecutive erariali vengono sospese, e le cartelle confluiscono nel piano/concordato. Se poi la procedura fallisce, riprenderanno (salvo nel frattempo siano decorsi termini di prescrizione, ma la sospensione li interrompe).

D: Se non ho davvero nulla da offrire ai creditori, mi conviene comunque avviare una procedura?
R: In tal caso la procedura adatta è l’esdebitazione del debitore incapiente. Non avendo nulla, un piano sarebbe bocciato perché non offre utilità; un concordato idem; una liquidazione ricaverebbe zero. La legge però, come visto, permette dal 2022 di cancellare i debiti ai meritevoli completamente nullatenenti. Quindi se rientri in questa situazione (nessun bene, reddito al minimo vitale) e sei in buona fede, sì, ti conviene presentare istanza di esdebitazione ex art. 283 CCII. Otterrai il completo sollievo dai debiti (e dunque fine di ogni pretesa esecutiva) con un procedimento relativamente veloce e gratuito, purché tu collabori a dimostrare la tua condizione. Devi però essere consapevole che: 1) è un beneficio che puoi chiedere una sola volta e straordinario, quindi usalo come extrema ratio; 2) per i 3 anni successivi dovrai “rigare dritto” segnalando ogni miglioramento economico perché, se dovessi nascondere ad es. un’eredità ricevuta, rischieresti sanzioni e revoca del beneficio; 3) alcuni debiti non si cancellano comunque (multe, mantenimenti, etc., come da legge). A livello di vantaggio, comunque, passare da avere debiti per esempio 100.000 € a zero debiti è enorme: potrai tornare a lavorare, aprire un conto, senza la paura che ti portino via quel poco che guadagni in futuro. Quindi se ti trovi in queste tristi circostanze, la legge 3/2012 prima e ora il CCII hanno previsto questa àncora di salvezza. A giugno 2025 è stato anche attivato un Fondo pubblico che copre le spese dell’esdebitazione incapienti: significa che non dovrai pagare né OCC né contributo unificato, lo Stato finanzia la procedura proprio per aiutare chi è in miseria a liberarsi dei debiti. Questo riflette l’attenzione del legislatore verso i casi socialmente più delicati.

D: Dopo aver ottenuto la sospensione e poi l’omologazione del mio piano/concordato, cosa devo fare riguardo alle vecchie esecuzioni?
R: Una volta omologato il piano o concordato, tu come debitore dovrai adempiere regolarmente gli impegni presi (pagare le rate, cedere i beni promessi, ecc.). Per quanto riguarda le vecchie procedure esecutive sospese, sarà opportuno – magari con l’assistenza dell’OCC o dell’avvocato – presentare al Giudice dell’Esecuzione un’istanza per farle dichiarare estingui o chiudere per intervenuta omologazione. Di solito si allega il decreto di omologa e si chiede l’estinzione del pignoramento per cessata materia del contendere (il credito è ora regolato dal piano omologato). In molti casi il GE prende atto d’ufficio: ad esempio, se c’era un’asta immobiliare sospesa e nel frattempo nel piano concordato si prevede la vendita dell’immobile tramite liquidatore, il GE dopo aver ricevuto notizia dell’omologa può emettere ordinanza di estinzione della procedura esecutiva. In altre situazioni, se la procedura concorsuale prevede che quel bene resti al debitore (es. la casa nel piano del consumatore), il debitore chiederà al GE di cancellare il pignoramento e chiudere il caso, esibendo l’omologa definitiva. In sintesi, devi “tirare le fila”: la sospensione in sé non chiude formalmente le cause esecutive, quindi occorre un passaggio finale per definirle alla luce dell’esito concorsuale. È anche una forma di tutela tua: avrai così la certezza che nessun residuo pignoramento pendente possa essere riattivato impropriamente. Tieni presente che, se nel frattempo alcuni creditori erano stati parzialmente soddisfatti prima della sospensione (es. assegni pignorati accantonati), queste somme verranno considerate in conto nel piano. Se erano state distribuite, il creditore dovrà imputarle. Insomma, con l’omologa si volta pagina: le azioni individuali pregresse vengono soppiantate dalla soluzione collettiva. Da quel momento, per ogni problema di pagamento si tornerà semmai davanti al tribunale che ha omologato (ad esempio per risolvere il piano in caso di inadempimento significativo su istanza dei creditori).

D: Se non riesco a pagare tutte le rate del piano concordato e la procedura viene revocata, posso riaprire le esecuzioni in modo controllato?
R: Purtroppo, se vien meno l’omologazione per tuo inadempimento, i creditori riacquistano i loro diritti individuali. In teoria potresti tentare di riaprire un’altra procedura di sovraindebitamento, ma la legge lo consente solo a certe condizioni (non puoi abusare reiterando procedure; in genere c’è un limite di 5 anni per riproporre un piano o concordato dopo un’omologazione già avuta). Se il tuo piano omologato viene risolto per inadempimento, i creditori potranno riprendere i pignoramenti dal punto in cui erano stati lasciati. In qualche caso, se l’inadempimento è parziale e il residuo debito non è enorme, potresti trovare accordi stragiudiziali con i creditori per evitare di tornare all’asta. Ma legalmente, la revoca dell’omologa ti riporta quasi al punto di partenza (salvo che avrai meno debito se nel frattempo hai pagato qualche rata, ma avrai perso il beneficio del saldo e stralcio). Una possibilità prevista dal CCII è che, in caso di risoluzione del concordato minore o cessazione degli effetti del piano del consumatore, tu possa contestualmente chiedere l’apertura della liquidazione controllata per liquidare i beni residui e ottenere comunque l’esdebitazione a fine liquidazione. Questa è una strada da considerare: ad esempio, non riesci a sostenere le rate del piano? Puoi “capitolare” chiedendo la conversione in liquidazione dei beni, così almeno blocchi di nuovo le esecuzioni e alla fine ottieni l’esdebitazione ordinaria (ma perderai i beni). Insomma, c’è sempre un piano B, ma con costi. La lezione è: configura piani realistici e sostenibili, così da portarli a termine e consolidare la tua liberazione dai debiti senza recidive di esecuzioni.

Conclusioni

La normativa sul sovraindebitamento, soprattutto dopo la riforma organica del Codice della crisi d’impresa (in vigore dal 2022 e oggetto di ulteriori miglioramenti fino al 2025), offre al debitore civile una cassetta degli attrezzi completa per affrontare situazioni finanziarie disperate evitando gli effetti più dirompenti delle esecuzioni forzate individuali. Siamo passati da un’epoca in cui il debitore “insolvente civile” era condannato a subire pignoramenti a vita senza vie d’uscita, a un sistema moderno in cui – se il debitore è onesto e trasparente – può ottenere una sospensione delle azioni dei creditori, negoziare una soluzione equilibrata e persino, nei casi estremi, essere esdebitato integralmente.

Dal punto di vista dell’avvocato o consulente legale, è fondamentale conoscere a fondo questi strumenti per poter consigliare al cliente la strategia migliore: ad esempio, valutare se proporre un piano del consumatore per salvare l’abitazione familiare o se un concordato minore sia più adatto a ristrutturare i debiti di un piccolo imprenditore garantendo continuità aziendale. Ogni procedura ha i suoi pro e contro, i suoi requisiti di accesso e i suoi effetti sulle esecuzioni – come abbiamo visto, differiscono in automaticità, estensione, durata della sospensione, necessità o meno di consenso dei creditori. La scelta va calibrata sul caso concreto (tipo di debiti, patrimonio disponibile, urgenza di bloccare certe azioni, prospettive di reddito) e va attuata con tempestività: spesso il fattore tempo è decisivo per riuscire a ottenere il provvedimento di sospensione prima che il danno (ad es. la vendita all’asta) sia irreparabile.

Dal punto di vista del debitore sovraindebitato, il messaggio chiave è di non aspettare passivamente l’espropriazione dei propri beni, ma informarsi e attivarsi per tempo. Le procedure di sovraindebitamento richiedono impegno (predisporre documentazione finanziaria, collaborare con l’OCC, eventualmente affrontare il giudizio dei creditori o del tribunale sul proprio operato), ma offrono in cambio l’opportunità di uscire dal tunnel. In particolare, ottenere la sospensione delle procedure esecutive dà un immediato sollievo psicologico ed economico: si pensi al debitore che riacquista la disponibilità integrale del suo stipendio perché il pignoramento viene sospeso, o che può evitare lo sfratto dalla casa pignorata grazie al congelamento dell’esecuzione e magari rinegoziare il mutuo nel piano. Queste misure evitano soluzioni traumatiche e permettono di lavorare con calma a un accordo. È però cruciale sfruttare bene questa “tregua”: la sospensione non è un regalo, ma una chance per dimostrare la fattibilità di una soluzione alternativa.

Inoltre, l’evoluzione normativa recente – con l’introduzione dell’esdebitazione incapienti finanziata dallo Stato – mostra una tendenza a voler davvero concedere una seconda opportunità ai debitori sinceramente incapaci ma meritevoli, in linea con i principi europei di fresh start. Questo comporta anche responsabilità: la buona fede è data per presupposta e dev’esserci, altrimenti i benefici decadono e possono emergere anche conseguenze penali (ad es. se un debitore nasconde beni per farsi dichiarare incapiente, compie un reato). La legalità paga: un debitore che dichiara tutto, coinvolge tutti i creditori, e offre tutto il possibile, verrà molto probabilmente tutelato dal giudice con la sospensione delle azioni esecutive e infine liberato dal peso dei debiti.

In conclusione, “sospendere una procedura esecutiva con la procedura di sovraindebitamento” non è uno slogan ma un percorso normativamente delineato e collaudato nella pratica: va intrapreso con l’assistenza di professionisti specializzati (avvocati, OCC) e con la consapevolezza che si tratta di un procedimento giudiziario complesso. Ma i vantaggi sono enormi: dal blocco immediato di pignoramenti e aste, fino alla possibile esdebitazione totale. Questa guida, con fonti normative aggiornate al 2025 e riferimenti giurisprudenziali recenti, mira ad essere uno strumento utile per orientare debitori e operatori del diritto nel compiere scelte informate e consapevoli in situazioni di grave crisi debitoria.

Ricordiamo sempre che ogni caso ha le sue peculiarità: le fonti vanno adattate al caso concreto e spesso la differenza la fanno i dettagli (ad es. la presenza di un creditore ipotecario, il tipo di reddito del debitore, eventuali atti pregressi contestabili). La speranza è che, grazie a queste procedure, il debitore onesto possa negoziare con i creditori soluzioni sostenibili, anziché subire passivamente l’esecuzione, e che dall’altro lato i creditori ottengano una soddisfazione più razionale e spesso anche più alta di quella – aleatoria – ricavabile dalle esecuzioni singole (dove, è noto, le aste portano a realizzi bassi e tempi lunghi). In fondo, come spesso sottolineano i giudici delegati a queste procedure, “salvare la casa conviene a tutti”: conviene al debitore, ma conviene anche ai creditori che possono ricevere pagamenti migliori tramite un piano concordato rispetto a quanto otterrebbero svendendo i beni sul mercato forzato.

L’auspicio, dunque, è che tali strumenti continuino ad essere perfezionati e soprattutto divulgati: molti debitori esitano per paura o per scarsa conoscenza, e arrivano a muoversi quando ormai i giochi esecutivi sono fatti. Invece, con un’adeguata informazione (anche grazie a guide come questa), si può agire per tempo e trasformare una situazione di sovraindebitamento in un percorso di risanamento e liberazione dai debiti. La legge fornisce la mappa, ma il debitore – affiancato dal suo avvocato – deve avere il coraggio di intraprendere il viaggio.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3“Disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento”. Normativa istitutiva delle procedure di sovraindebitamento (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione dei beni). Ha introdotto la possibilità di sospendere le esecuzioni individuali (artt. 10, 12-bis, 14-quinquies). Abrogata dal CCII per le procedure nuove, rimane applicabile ai procedimenti pendenti ante 15/07/2022.
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14“Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”. Riordina la materia delle procedure concorsuali, incluse le procedure di sovraindebitamento (Titolo IV, artt. 65-91 per piano del consumatore e concordato minore; artt. 268-277 per liquidazione controllata; artt. 278-283 per esdebitazione del sovraindebitato). Prevede espressamente la sospensione delle azioni esecutive su istanza del debitore nel piano del consumatore (art. 70 co.4) e nel concordato minore (art. 78 co.2 lett. d), nonché il divieto automatico di iniziativa individuale nella liquidazione controllata (art. 150, richiamato dall’art. 270). Ha introdotto l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283).
  • D.Lgs. 13 ottobre 2022, n. 149 (c.d. “Decreto correttivo al CCII”) e D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (terzo correttivo) – Interventi correttivi al Codice della crisi. Hanno affinato in particolare la disciplina dell’esdebitazione incapiente, riducendo da 4 a 3 anni il periodo di rilevanza delle sopravvenienze e introducendo un Fondo pubblico per coprire i costi delle procedure di esdebitazione a favore dei debitori incapienti.
  • Codice di procedura civile, art. 623 – Disposizione che regola la sospensione del processo esecutivo per cause esterne. È la norma su cui il giudice dell’esecuzione si basa per sospendere una procedura esecutiva pendente quando sopravviene un fatto esterno che impedisce temporaneamente di proseguirla (es: apertura di concorso, accordo tra le parti, ecc.). Fondamentale per raccordare il provvedimento del giudice concorsuale con l’esecuzione individuale.
  • Cassazione Civile, Sez. III, 28 marzo 2023, n. 8799 – Pronuncia di legittimità che chiarisce la funzione della sospensione “esterna” ex art. 623 c.p.c.. Massima ufficiale: “La sospensione ‘esterna’ dell’esecuzione ex art. 623 c.p.c. ha effetto meramente conservativo, impedendo la progressione del procedimento esecutivo e quindi precludendo gli atti di liquidazione del bene pignorato”. Precisa che durante tale sospensione il GE può comunque adottare provvedimenti di gestione, come la riduzione del pignoramento, se del caso.
  • Cassazione Civile, Sez. III, 26 luglio 2023, n. 22715 – Pronuncia chiave sulle interferenze tra esecuzione forzata e procedure di sovraindebitamento (fattispecie: accordo ex L.3/2012 proposto da società semplice e impatto su esecuzione contro il socio). Stabilisce il principio generale dell’equiordinazione dei giudici e afferma che, salvo il caso particolare del piano del consumatore (dove la legge consente al GD di sospendere specifiche esecuzioni pendenti), spetta al giudice dell’esecuzione disporre la sospensione ex art. 623 c.p.c., una volta verificata la pendenza di una procedura di sovraindebitamento. Conferma inoltre che nel concordato minore (ex accordo) il divieto di azioni esecutive disposto dal giudice delegato col decreto di apertura ha portata generale e non specifica.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 19 agosto 2024, n. 22914 – (Richiamata in dottrina, massimata in termini generali) Ha ribadito il principio per cui l’apertura di una procedura di sovraindebitamento non impedisce al creditore ipotecario di iniziare o proseguire l’esecuzione immobiliare se la procedura non prevede alcuna utilità per quel creditore. In sostanza, conferma che il creditore munito di ipoteca su un bene estraneo al piano, non soddisfatto in alcun modo, può far valere la sua garanzia. È una pronuncia che evidenzia la necessità di includere i creditori privilegiati nel concorso offrendo loro almeno il valore di realizzo del bene, altrimenti rischiano di essere autorizzati a procedere (caso peculiare).
  • Tribunale di Pordenone, 12 ottobre 2023 – Decreto (commentato da Perago-Bardaro 2024) che ha ammesso la sospensione “atipica” di un’esecuzione immobiliare su istanza del debitore prima della presentazione del piano del consumatore, basandosi su principi costituzionali di effettività della tutela. Provvedimento innovativo che però resta isolato e fondato su circostanze eccezionali.
  • Tribunale di Lodi, 19 marzo 2024 – Decreto di ammissione di un piano del consumatore con cui è stata disposta la sospensione urgente di una procedura esecutiva immobiliare a poche ore dall’asta già fissata. Vicenda esemplare di coordinamento tra giudice della crisi (che emette il divieto di prosecuzione) e giudice dell’esecuzione (che, ricevuto il provvedimento alle ore 10:34 del giorno dell’asta, sospende la vendita).

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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